Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||||||
Titolo: | Prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione A.C. 4434 - Legge 6 novembre 2012, n. 190 - Lavori preparatori - Iter alla Camera (A.C. 4434) - (Esame in sede referente, consultiva e indagine conoscitiva) - Parte terza | ||||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 513 Progressivo: 1 | ||||||||
Data: | 05/12/2012 | ||||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
II-Giustizia | ||||||||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Disposizioni per la prevenzione
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Legge 6 novembre 2012, n. 190 Lavori preparatori Iter alla Camera (A.C. 4434) |
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n. 513/1 |
(parte terza) |
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5 dicembre 2012 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni ( 066760-3855 / 066760-9475 – * st_istituzioni@camera.it |
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I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. |
File: ac0660a3 |
INDICE
Camera dei deputati
Progetti di legge
§ A.C. 4434, (Governo), Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione 5
§ A.C. 3380, (on. Di Pietro ed altri), Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, nonché disposizioni in materia di incandidabilità e di ineleggibilità alle cariche di deputato, di senatore e di membro del Parlamento europeo e disposizioni concernenti le cause ostative all'assunzione di incarichi di governo 17
§ A.C. 3850, (on. Ferranti ed altri), Modifiche al codice penale e altre disposizioni per il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato, nonché disposizioni in materia di incandidabilità, di ineleggibilità e di decadenza dalle cariche elettive negli enti locali31
§ A.C. 4382, (on. Giovanelli ed altri), Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione nonché per la funzionalità e la razionalizzazione delle spese della pubblica amministrazione e delega al Governo in materia di economicità e trasparenza nell'esecuzione delle opere pubbliche 53
§ A.C. 4501, (on. Torrisi ed altri), Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione 65
§ A.C. 4516, (on. Garavini), Modifiche al codice penale e al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per il contrasto della corruzione e del traffico di influenze 77
§ A.C. 4906, (on. Ferranti ed altri), Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato 91
Esame in sede referente
- Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia)
Seduta del 7 luglio 2011 111
Seduta del 14 luglio 2011 119
Seduta del 21 luglio 2011 123
Seduta del 28 luglio 2011 125
Indagine conoscitiva nell’ambito dell’esame
dei progetti di legge A.C. 4434 e abb.
Seduta del 13 settembre 2012 (Audizione di rappresentanti di Cittadinanzattiva, di Transparency International Italia e dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE)) 131
Seduta del 14 settembre 2011 (Audizione del dott.L: Giampaolino (presidente della Corte dei conti), dei Rappresentnati della Banca d’Italia, del prof. F. Merloni (Ord. di Diritto amministrativo presso l’Università di Perudia, del pfor. B.G. Mattarella (Ord. di Diritto amministrativo presso l’università d Siena, del prof. L. Vamdelli (Ord. di Diritto amministrativo presso l’Unviersità di Bologna e del prof. C.F. grosso (Ord. di Diritto penale presso l’Università di Torino) 145
Esame in sede referente
- Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia)
Seduta del 15 settembre 2011 177
Seduta del 20 settembre 2011 179
Seduta del 21 settembre 2011 251
Seduta del 22 settembre 2011 255
Seduta del 27 settembre 2011 263
Seduta del 29 settembre 2011 271
Seduta dell’11 ottobre 2011 279
Seduta del 12 ottobre 2011 287
Seduta del 18 ottobre 2011 291
Seduta del 25 ottobre 2011 297
Seduta del 26 ottobre 2011 301
Seduta del 3 novembre 2011 305
Seduta dell’8 novembre 2011 311
Seduta del 13 dicembre 2011 315
Seduta del 2 febbraio 2012 319
Seduta del 15 febbraio 2012 321
Seduta del 16 febbraio 2012 323
Seduta del 15 marzo 2012 327
Seduta del 17 aprile 2012 333
Seduta dell’8 maggio 2012 343
Seduta del 10 maggio 2012 375
Seduta del 15 maggio 2012 385
Seduta del 17 maggio 2012 391
Seduta del 22 maggio 2012 403
Seduta del 24 maggio 2012 415
Esame in sede consultiva
§ Pareri resi alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e (II Giustizia)
- Comitato per la legislazione
Seduta del 22 settembre 2011 419
- III Commissione (Affari esteri)
Seduta del 21 settembre 2011 425
Seduta del 5 ottobre 2011 427
Seduta del 23 maggio 2012 429
- VI Commissione (Finanze)
Seduta del 21 settembre 2011 431
Seduta del 5 ottobre 2011 439
Seduta del 23 maggio 2012 441
- VIII Commissione (Ambiente)
Seduta del 20 settembre 2011 451
Seduta del 23 maggio 2012 455
Seduta del 24 maggio 2012 457
- X Commissione (Attività produttive)
Seduta del 21 settembre 2011 459
Seduta del 23 maggio 2012 463
- XI Commissione (Lavoro pubblico e privato)
Seduta del 21 settembre 2011 467
Seduta del 28 settembre 2011 469
Seduta del 12 ottobre 2011 471
Seduta del 9 novembre 2011 473
Seduta del 24 maggio 2012 475
- XII Commissione (Affari sociali)
Seduta del 27 settembre 2011 477
Seduta del 28 settembre 2011 479
Seduta del 19 ottobre 2011 481
Seduta del 23 maggio 2012 483
Seduta del 24 maggio 2012 485
- XIV Commissione (Politiche Unione europea)
Seduta del 20 settembre 2011 487
Seduta del 21 settembre 2011 491
Seduta del 27 settembre 2011 493
Seduta del 23 maggio 2012 495
- Commissione parlamentare per le questioni regionali
Seduta del 28 settembre 2011 503
Seduta del 23 maggio 2012 507
§ Pareri resi all’Assemblea
- V Commissione (Bilancio)
Seduta del 30 maggio 2012 511
Seduta del 31 maggio 2012 517
Seduta del 6 giugno 2012 523
Seduta del 7 giugno 2012 525
N. 4434
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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DISEGNO DI LEGGE |
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APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 15 giugno 2011 (v. stampato Senato n. 2156) presentato dal ministro della giustizia (ALFANO) di concerto con il ministro dell'interno (MARONI) con il ministro per le riforme per il federalismo (BOSSI) con il ministro per la semplificazione normativa (CALDEROLI) e con il ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione (BRUNETTA) ¾ |
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Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione |
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Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica il 16 giugno 2011
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disegno di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Autorità nazionale anticorruzione. Piano nazionale anticorruzione). 1. In attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, la presente legge individua, in ambito nazionale, l'Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. 2. La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, opera quale Autorità nazionale anticorruzione, ai sensi del comma 1. In particolare, la Commissione: a) collabora con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti; b) approva il Piano nazionale anticorruzione predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica, di cui al comma 4, lettera c); c) esercita la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5; d) riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno, sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia. 3. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera c), la Commissione può esercitare poteri ispettivi chiedendo notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani di cui ai commi 4 e 5. 4. Il Dipartimento della funzione pubblica, anche secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: a) coordina l'attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale; b) promuove e definisce norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, coerenti con gli indirizzi, i programmi e i progetti internazionali; c) predispone sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni centrali di cui al comma 5 il Piano nazionale anticorruzione, anche al fine di assicurare l'attuazione coordinata delle misure di cui alla lettera a); d) definisce modelli standard delle informazioni e dei dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata. 5. Le pubbliche amministrazioni centrali definiscono e trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica: a) propri piani di azione che forniscono una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici; b) gli interventi organizzativi per presidiare il rischio di cui alla lettera a); c) procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari.
Art. 2. (Trasparenza dell'attività amministrativa). 1. La trasparenza dell'attività amministrativa, che costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, secondo quanto previsto all'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, è assicurata mediante la pubblicazione, sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali. 2. Fermo restando quanto stabilito nell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dall'articolo 3 della presente legge, nell'articolo 54 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nell'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e nell'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, le amministrazioni pubbliche assicurano i livelli essenziali di cui al comma 1 con particolare riferimento ai procedimenti di: a) autorizzazione o concessione; b) scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati; d) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all'articolo 24 del citato decreto legislativo n. 150 del 2009. 3. Le amministrazioni provvedono altresì al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali attraverso la tempestiva eliminazione delle anomalie. 4. Ogni amministrazione pubblica rende noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze ai sensi dell'articolo 38 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano. 5. Le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica di cui all'articolo 65, comma 1, del codice di cui al citato decreto legislativo n. 82 del 2005, e successive modificazioni, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase. 6. Con uno o più decreti dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e le
relative modalità di pubblicazione, nonché le indicazioni generali per l'applicazione dei commi 4 e 5. Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice di cui al citato decreto legislativo n. 163 del 2006. 7. La mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni di cui al comma 6 costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198, ed è comunque valutata ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.
Art. 3. (Modifiche all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165). 1. All'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 7, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse»; b) il comma 11 è sostituito dal seguente: «11. Entro quindici giorni dall'erogazione del compenso per gli incarichi di cui al comma 6, i soggetti pubblici o privati comunicano all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici»; c) al comma 12, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo, ove previsto»; d) dopo il comma 16-bis è aggiunto il seguente: «16-ter. I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni». 2. Le disposizioni di cui all'articolo 53, comma 16-ter, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dal comma 1, lettera d), del presente articolo, non si applicano ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 4. (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti). 1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, il pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia. 2. Salvi gli obblighi di denuncia previsti dalla legge, l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, fino alla contestazione dell'addebito disciplinare.
Art. 5. (Attività d'impresa particolarmente esposte a rischio d'inquinamento mafioso). 1. Ai fini dell'applicazione delle norme vigenti in materia di controlli antimafia in relazione alle attività d'impresa, mediante gli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio d'inquinamento mafioso, sono definite come particolarmente esposte a tale rischio le seguenti attività: a) trasporto di materiali a discarica conto terzi; b) trasporto e smaltimento di rifiuti a conto terzi; c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; e) noli a freddo di macchinari; f) fornitura di ferro lavorato; g) noli a caldo, qualora il relativo contratto non sia assimilabile al subappalto, ai sensi dell'articolo 118, comma 11, del codice di cui al citato decreto legislativo n. 163 del 2006; h) autotrasporti conto terzi; i) guardianìa dei cantieri. 2. L'indicazione delle attività di cui al comma 1 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze. 3. I decreti di cui al comma 2 sono adottati previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione alle Camere dei relativi schemi. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, i decreti possono essere comunque adottati. 4. Dall'applicazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Art. 6. (Princìpi generali per regioni ed enti locali). 1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, nonché gli enti locali adeguano, compatibilmente con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia, i propri ordinamenti alle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 5 della presente legge.
Art. 7. (Modifiche all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20). 1. All'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, dopo il comma 1-quinquies, sono inseriti i seguenti: «1-sexies. Nel giudizio di responsabilità, l'entità del danno all'immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente. 1-septies. Nei giudizi di responsabilità aventi ad oggetto atti o fatti di cui al comma 1-sexies, il sequestro conservativo di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, è concesso in tutti i casi di probabile attenuazione della garanzia del credito erariale».
Art. 8. (Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi). 1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo contenente un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane. 2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 provvede al riordino e all'armonizzazione della vigente normativa ed è adottato secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi: a) ferme restando le disposizioni del codice penale in materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici, prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale; b) in aggiunta a quanto previsto nella lettera a), prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti nel libro II, titolo II, capo I, del codice penale e, se del caso, per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni; c) prevedere la durata dell'incandidabilità di cui alle lettere a) e b); d) prevedere che l'incandidabilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale; e) coordinare le disposizioni relative all'incandidabilità con le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di elettorato attivo; f) prevedere che le condizioni di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore siano applicate altresì all'assunzione delle cariche di governo; g) operare una completa ricognizione della normativa vigente in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico di cui al citato decreto legislativo n. 267 del 2000, presidente e componente degli organi delle comunità montane, determinata da sentenze definitive di condanna; h) valutare per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione della lettera a) e della lettera i), l'introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da delitti di grave allarme sociale; i) individuare, fatta salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali, le ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli organi politici di vertice delle regioni, conseguenti a sentenze definitive di condanna; l) prevedere l'abrogazione espressa della normativa incompatibile con le disposizioni del decreto legislativo di cui al comma 1; m) disciplinare le ipotesi di sospensione e decadenza di diritto dalle cariche di cui al comma 1 in caso di sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi successiva alla candidatura o all'affidamento della carica. 3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato.
Art. 9. (Modifiche al codice penale). 1. Al libro II, titolo II, del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 314, primo comma, la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «quattro»; b) all'articolo 316, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»; c) all'articolo 316-bis, le parole: «da sei mesi a quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a cinque anni»; d) all'articolo 316-ter, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»; e) all'articolo 318, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»; f) all'articolo 318, secondo comma, le parole: «fino a un anno» sono sostituite dalle seguenti: «fino a un anno e sei mesi»; g) all'articolo 319, le parole: «da due a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da tre a sei anni»; h) all'articolo 319-ter, primo comma, le parole: «da tre a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a otto anni»; i) nel capo I, dopo l'articolo 335-bis, è aggiunto il seguente: «Art. 335-ter. – (Circostanze aggravanti). – Per i delitti previsti dal presente capo, le pene per il solo pubblico ufficiale sono aumentate in caso di atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione ovvero commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee»; l) all'articolo 354, le parole: «sino a sei mesi o con la multa fino a euro 516» sono sostituite dalle seguenti: «fino a un anno»; m) all'articolo 356, primo comma, le parole: «da uno a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a sei anni».
Art. 10. (Clausola di invarianza). 1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 2. Le amministrazioni competenti provvedono allo svolgimento delle attività previste dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
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N. 3380
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d'iniziativa dei deputati DI PIETRO, PALOMBA, DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, BARBATO, CAMBURSANO, CIMADORO, DI GIUSEPPE, DI STANISLAO, FAVIA, ANIELLO FORMISANO, MESSINA, MONAI, MURA, LEOLUCA ORLANDO, PALADINI, PALAGIANO, PIFFARI, PORCINO, RAZZI, ROTA, SCILIPOTI, ZAZZERA ¾ |
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Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, nonché disposizioni in materia di incandidabilità e di ineleggibilità alle cariche di deputato, di senatore e di membro del Parlamento europeo e disposizioni concernenti le cause ostative all'assunzione di incarichi di governo |
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Presentata il 9 aprile 2010
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Onorevoli Colleghi! — Il fenomeno della corruzione all'interno della pubblica amministrazione, in un momento quale quello attuale caratterizzato da una gravissima crisi economica, rischia di incidere in maniera ancora più pesante sullo sviluppo economico del Paese, costituendo una vera e propria tassa immorale e occulta pagata con soldi prelevati dalle tasche dei cittadini contribuenti.
Altre gravissime conseguenze prodotte dalla corruzione sono quelle sul piano dell'immagine, della moralità e della fiducia nella pubblica amministrazione stessa da parte dei cittadini, delle imprese, degli osservatori e degli investitori stranieri: si pensi, pur con le dovute cautele, al «Corruption perception index» dell'associazione non governativa Transparency international, che pone l'Italia al 63o posto in graduatoria, subito dopo la Turchia e a pari merito con l'Arabia Saudita. Il Consiglio d'Europa nell'ottobre 2009 ha dichiarato molto seria la situazione italiana. Questi fattori costituiscono un ulteriore costo non monetizzabile per la collettività e rischiano di ostacolare (soprattutto, ma non solo, nell'Italia meridionale) gli investimenti esteri, minando al contempo la fiducia nelle istituzioni.
A diciotto anni di distanza da «tangentopoli», la questione morale è ritornata prepotentemente sulla scena, come testimonia il moltiplicarsi di notizie riguardanti gravi ipotesi di illecito, come ad esempio le recenti indagini della magistratura fiorentina su alcuni «grandi eventi» della Protezione civile.
L'impatto economico della corruzione è molto alto. A fronte di una stima, più o meno corretta, di 50-60 miliardi di euro l'anno, che equivarrebbe, se corretta, a una «tassa occulta» di circa 1.000 euro l'anno a persona, l'Italia ha fatto ancora troppo poco in questo campo e, al di là dell'impatto economico e giuridico, esiste un impatto ancora maggiore sul piano dell'immagine e della questione morale.
La Corte dei conti denuncia da tempo il ritorno del malaffare, facendo emergere che il problema non è soltanto nel rapporto tra etica e politica ma è anche negli ingranaggi ordinari degli appalti pubblici e nel rapporto farraginoso tra cittadino e burocrazia. Nel frattempo la corruzione sembra essere diventata un vero e proprio «sistema» per spezzare il quale sono necessarie da subito regole chiare e severe che dettino requisiti stringenti per le candidature a cariche elettive, per l'assunzione degli incarichi di governo e per la possibilità di concorrere alle gare pubbliche per appalti, forniture e opere nella pubblica amministrazione.
Dunque diventa più che mai indispensabile che si proceda all'ampliamento del regime delle ineleggibilità e delle incompatibilità, per i soggetti titolari di cariche elettive pubbliche e di governo – centrali e periferiche – condannati per i reati di corruzione.
La presente proposta di legge, dall'articolo 1 all'articolo 15, riprende la proposta in materia di reati contro la pubblica amministrazione elaborata dal pool «Mani pulite» a settembre del 1994, subito dopo il periodo di «tangentopoli», ancora oggi di stretta attualità, una proposta condivisa da molti politici e da buona parte della dottrina.
Si prevede, in particolare, la soppressione della figura della concussione: l'attuale forma esplicita (cioè l'attuale concussione mediante violenza o minaccia) verrebbe a costituire un'aggravante speciale dell'estorsione. Invece, la forma induttiva verrebbe ricompresa in un'unica, ampia fattispecie di corruzione che si estenderebbe fino alla corruzione impropria, con un indifferenziato trattamento sanzionatorio.
La proposta di legge adotta, inoltre, una logica premiale, con l'intento di fare fronte ad alcune difficoltà processuali e probatorie: viene infatti ipotizzata una speciale causa di non punibilità per il corruttore che entro tre mesi, o comunque prima dell'inizio del procedimento penale, denunci il fatto corruttivo e collabori con l'autorità giudiziaria, nonché metta a disposizione delle autorità giudiziarie una somma pari a quanto versato o ricevuto.
I vantaggi pratici e le semplificazioni probatorie sarebbero indubbi: ogni prestazione indebita che il privato effettui verso il pubblico ufficiale comporterebbe la punibilità di entrambi (salva la richiesta violenta o minacciosa da parte del pubblico ufficiale, la quale configurerebbe un'estorsione e quindi la punibilità per il solo pubblico ufficiale), senza la necessità di ulteriori indagini volte a chiarire la «posizione» dei vari soggetti. La non punibilità garantita al corruttore pentito consentirebbe, inoltre, di spezzare quell'omertà che rende impenetrabili gli accordi corruttivi, data la consapevolezza che si sarà comunque puniti.
La presente proposta di legge, inoltre, si prefigge di impedire la candidatura a deputato o a senatore di persone condannate in via definitiva per un delitto non colposo, prevedendo, altresì, cause ostative all'assunzione di incarichi di governo.
Non si tratta solo della «questione morale», ma piuttosto dell'adozione di un insieme di regole di deontologia democratica, che rappresentino per i cittadini la garanzia di avere un Parlamento «pulito»; perché si tratta di parlamentari, donne e uomini, che rappresentano i cittadini, persone che sono pagate per fare gli interessi della nazione, non i loro, né tanto meno quelli dei partiti di provenienza. Come ci si può presentare di fronte al Paese con un plotone di persone condannate elette in Parlamento?
Per questo, la presente proposta di legge, all'articolo 16, si propone di impedire la candidatura a deputato o a senatore di persone condannate in via definitiva per un delitto non colposo.
All'articolo 17 si dispone che quanto previsto all'articolo 16 si applica a qualsiasi altro incarico con riferimento al quale, in virtù di specifiche disposizioni di legge, l'elezione o la nomina è di competenza dell'Assemblea, del Presidente o dell'Ufficio di presidenza della Camera dei deputati o del Presidente o del Consiglio di presidenza del Senato della Repubblica.
Il testo della presente proposta di legge prevede, inoltre, agli articoli 18 e 19, l'introduzione di strumenti idonei a rafforzare il sistema di esclusione del soggetto incandidabile dalla competizione elettorale.
La semplice nullità dell'elezione non sembra idonea a restituire al momento elettorale quelle garanzie legate al suo svolgimento e ai suoi risultati che la presenza in lista di soggetti incandidabili inevitabilmente potrebbe alterare. In altri termini, l'esclusione del soggetto incandidabile ormai già eletto lascerebbe immutate le alterazioni che la sua presenza in lista e nella competizione elettorale potrebbe avere determinato, anche sul piano dei risultati complessivi.
Il sistema è quello già previsto dal testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.
Gli articoli 22 e seguenti del medesimo testo unico già disciplinano, infatti, alcune ipotesi di esclusione dalle liste di candidati ineleggibili (ad esempio perché non iscritti nelle liste elettorali).
Per ridurre il più possibile l'eventualità che soggetti incandidabili partecipino comunque alle competizioni elettorali si sono, quindi, previste l'obbligatorietà di presentare per ciascun candidato una dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, comprovante l'insussistenza delle cause di incandidabilità (sanzionata penalmente dal successivo articolo 76 del medesimo testo unico, in caso di dichiarazioni mendaci), nonché l'estensione del potere di esclusione di liste o di candidati già contemplata all'articolo 22 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, alle ipotesi precedentemente disciplinate.
L'articolo 20 modifica invece, nello stesso senso, le norme per l'elezione del Senato della Repubblica. Gli articoli 21 e 22 recano disposizioni in merito all'incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia. L'articolo 23, infine, introduce cause ostative all'assunzione di incarichi di governo.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. 1. L'articolo 317 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 317. – (Corruzione e concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Con la stessa pena è punito il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che riceve per sé o per un terzo denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio. La condanna importa l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici».
Art. 2. 1. L'articolo 318 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 318. – (Pene per il corruttore). – Chiunque dà o promette denaro o altra utilità non dovuti a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto dell'ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, è punito con la reclusione da tre a otto anni».
Art. 3. 1. L'articolo 319 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 319. – (Confisca del prezzo o profitto della corruzione). – Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 317 è sempre ordinata la confisca di una somma pari a quanto ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio. Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 318 è sempre ordinata la confisca di una somma pari al profitto conseguito dal corruttore in forza dell'atto contrario al dovere di ufficio. Si presume che il profitto sia pari a quanto erogato, salva la prova che sia stato maggiore. Le somme confiscate ai sensi del presente articolo sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni».
Art. 4. 1. L'articolo 320 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 320. – (Termini di prescrizione). – Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso per ottenere l'occultamento o la mancata persecuzione di reati, il termine di prescrizione per i reati occultati, non ancora decorso, ricomincia a decorrere per intero dal momento della consumazione del delitto di corruzione. Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso in relazione ad accertamenti tributari, il termine di prescrizione, non ancora decorso, per i debiti tributari che avrebbero potuto essere oggetto di accertamento ricomincia a decorrere dal momento della consumazione del delitto predetto e l'accertamento deve essere rinnovato entro il termine di sei mesi dalla sentenza di condanna, anche non definitiva».
Art. 5. 1. Nel caso di condanna per violazione dei divieti di cui all'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e all'articolo 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659, e successive modificazioni, è ordinata la confisca, ai sensi dell'articolo 240 del codice penale o dell'articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, di una somma pari a quanto erogato, a carico di chi ha ricevuto la somma. 2. Le somme confiscate ai sensi del comma 1 sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni.
Art. 6. 1. L'articolo 321 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 321. – (Causa di non punibilità per la corruzione). – Non è punibile chi abbia commesso il fatto previsto dall'articolo 317, secondo comma, o dall'articolo 318, qualora, prima che la notizia di reato sia stata iscritta nel registro generale a suo nome e comunque entro tre mesi dalla sua commissione, spontaneamente lo denunci, fornendo indicazioni utili per l'individuazione degli altri responsabili. La non punibilità del corrotto è altresì subordinata alla condizione che, nello stesso termine di cui al primo comma, egli versi o renda comunque irrevocabilmente disponibile all'autorità giudiziaria una somma pari a quanto ricevuto».
Art. 7. 1. Le sanzioni previste dall'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e dall'articolo 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659, e successive modificazioni, non si applicano nei confronti di chi, entro tre mesi dalla consumazione del reato o dell'illecito amministrativo, spontaneamente denuncia il fatto fornendo indicazioni utili per l'individuazione degli altri responsabili. 2. Per chi ha ricevuto somme in violazione dei divieti di cui al comma 1 la non punibilità è altresì subordinata alla condizione che entro il termine di cui al medesimo comma renda irrevocabilmente disponibile all'autorità giudiziaria una somma pari a quanto ricevuto, ovvero, per la parte in cui la somma sia stata utilizzata nell'interesse di altri, dia indicazioni che consentano di individuare l'effettivo beneficiario.
Art. 8. 1. La causa di non punibilità prevista dall'articolo 321 del codice penale, come da ultimo sostituito dall'articolo 6 della presente legge, si applica anche ai reati contro la pubblica amministrazione, ai reati contro la fede pubblica, al reato previsto dall'articolo 648 del codice penale, ai reati previsti dagli articoli 2621 e 2622 del codice civile e ai reati previsti dal titolo II del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, e successive modificazioni, i quali siano stati commessi al fine di realizzare o di occultare il reato di corruzione o di illecito finanziamento di partiti politici, o di assicurarne il profitto, purché di tali reati vi sia stata piena confessione nei tempi e alle condizioni indicati dalle disposizioni citate. 2. La non punibilità del ricettatore è altresì subordinata alla condizione che, nel termine previsto dall'articolo 321 del codice penale, come da ultimo sostituito dall'articolo 6 della presente legge, versi o renda comunque irrevocabilmente disponibile all'autorità giudiziaria il denaro o le cose ricettate. 3. La causa di non punibilità di cui al comma 1 rende inapplicabili le sanzioni amministrative conseguenti al reato tributario.
Art. 9. 1. La non punibilità è dichiarata dal giudice per le indagini preliminari con sentenza di non luogo a procedere, ovvero dal giudice del dibattimento. 2. La sentenza di non luogo a procedere pronunciata dal giudice per le indagini preliminari può essere appellata dal pubblico ministero davanti alla corte d'appello. 3. Quando risulta che la causa di non punibilità è stata applicata per effetto di dichiarazioni false o reticenti, il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto la sentenza è stata pronunciata richiede la revoca della sentenza di non luogo a procedere o la revisione della sentenza pronunciata nel dibattimento, nelle forme previste dal codice di procedura penale.
Art. 10. 1. Dopo l'articolo 445 del codice di procedura penale è inserito il seguente: «Art. 445-bis. – (Applicazione della pena su richiesta per i reati più gravi). – 1. La richiesta di cui all'articolo 444 può essere presentata anche quando la pena, calcolata secondo i criteri indicati nella citata disposizione, sia superiore a due anni di reclusione, ma non superiore a tre anni e sei mesi di reclusione. In tal caso non si applica l'articolo 445, comma 1».
Art. 11. 1. All'articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale, dopo le parole: «, nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli» sono inserite le seguenti: «317, 318,».
Art. 12. 1. L'articolo 32-quater del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 32-quater. – (Casi nei quali alla condanna consegue l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione). – Ogni condanna per i delitti previsti dagli articoli 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 320, 321, 322, 322-bis, 353, 355, 356, 416, 416-bis, 437, 501, 501-bis, 640, secondo comma, numero 1), 640-bis e 644 commessi in danno o in vantaggio di un'attività imprenditoriale o comunque in relazione a essa importa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione». 2. L'articolo 322 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 322. – (Istigazione alla corruzione). – Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio, per indurlo a compiere, a omettere o a ritardare un atto del suo ufficio ovvero a compiere un atto contrario ai doveri di ufficio soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dall'articolo 318, ridotta di un terzo. Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione in denaro o altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall'articolo 317, secondo comma, soggiace alla pena prevista dal medesimo articolo 317, ridotta di un terzo». 3. L'articolo 323-bis del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 323-bis – (Circostanza attenuante). – Se i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 322, 322-bis e 323 sono di particolare tenuità le pene sono diminuite fino alla metà». 4. Gli articoli 317-bis, 319-bis e 319-ter del codice penale sono abrogati.
Art. 13. 1. Non si applicano le pene previste per i reati di corruzione e di illecito finanziamento ai partiti politici, nonché per i reati connessi ai sensi dell'articolo 8, commessi anteriormente alla data del 30 agosto 1994, a colui il quale, prima che il singolo fatto o i singoli fatti gli siano stati specificamente contestati in un atto dell'autorità giudiziaria e comunque entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, spontaneamente denuncia il fatto o i fatti, fornendo indicazioni utili per l'individuazione dei responsabili. La non punibilità del corrotto, del ricettatore e di colui che ha ricevuto somme in violazione dei divieti in materia di finanziamenti di partiti politici è altresì subordinata alla condizione che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, versi o renda comunque irrevocabilmente disponibile all'autorità giudiziaria una somma pari a quanto ricevuto ovvero, nel caso di violazione dei divieti in materia di finanziamenti di partiti politici, per la parte in cui la somma sia stata utilizzata nell'interesse di altri, dia indicazioni che consentano di individuare l'effettivo beneficiario. 2. Nei casi previsti dal comma 1 si applica la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici, per una durata determinata discrezionalmente dal giudice entro i limiti previsti dal codice penale. Non si applicano le disposizioni che prevedono la sospensione ovvero la cancellazione dagli albi professionali. Il pubblico ministero che ha ricevuto la dichiarazione di cui al comma 1 relativa ai reati di corruzione informa l'amministrazione interessata per le determinazioni di sua competenza.
Art. 14. 1. Le disposizioni dell'articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale, come modificato, da ultimo, dall'articolo 11 della presente legge, si applicano, per i reati di cui agli articoli 317 e 318 del codice penale, come da ultimo sostituiti dagli articoli 1 e 2 della presente legge, solo per i fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della medesima legge.
Art. 15. 1. Nei confronti di coloro per i quali è stata pronunziata la sentenza di cui all'articolo 9, nonché nei confronti delle società o delle imprese in nome e per conto delle quali essi hanno operato, non si applicano le sanzioni amministrative e la soprattassa prevista dalle leggi vigenti in materia finanziaria, limitatamente alle somme sottratte a imposizione in sede della spontanea denuncia di cui all'articolo 321 del codice penale, come da ultimo sostituito dall'articolo 6 della presente legge.
Art. 16. (Introduzione degli articoli 6-bis e 6-ter del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361). 1. Dopo l'articolo 6 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, sono inseriti i seguenti: «Art. 6-bis. – 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per un delitto non colposo. 2. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati al comma 1, emessi nei confronti di deputati in carica, sono comunicati alla Camera dei deputati per la pronuncia della decadenza. 3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna. 4. L'eventuale elezione di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla. Art. 6-ter. – 1. La perdita delle condizioni di eleggibilità comporta la decadenza dalla carica di deputato. Essa è dichiarata dalla Camera dei deputati entro sessanta giorni dalla notizia di condanna definitiva». 2. La rubrica del capo II del titolo II del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, è sostituita dalla seguente: «Candidabilità ed eleggibilità».
Art. 17. (Ambito applicativo dell'articolo 6-bis, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361). 1. Le disposizioni previste dal comma 1 dell'articolo 6-bis del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, introdotto dall'articolo 16 della presente legge, si applicano a qualsiasi altro incarico con riferimento al quale, in forza di specifiche disposizioni di legge, l'elezione o la nomina è di competenza dell'Assemblea, del Presidente o dell'Ufficio di presidenza della Camera dei deputati o del Presidente o del Consiglio di presidenza del Senato della Repubblica.
Art. 18. (Modifica all'articolo 20 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361). 1. All'articolo 20 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Unitamente alla documentazione di cui al secondo comma devono essere presentate le dichiarazioni sostitutive rese dai candidati ai sensi dell'articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni, comprovanti l'insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all'articolo 6-bis del presente testo unico».
Art. 19. (Modifica all'articolo 22 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361). 1. All'articolo 22, primo comma, numero 5), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e di quelli per i quali non sia stata presentata la dichiarazione sostitutiva comprovante l'insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all'articolo 6-bis o per i quali tale dichiarazione risulti non veritiera».
Art. 20. (Modifica all'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533). 1. All'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «1-bis. Non possono essere candidati alle elezioni politiche e non possono comunque ricoprire la carica di senatore coloro che rientrano nelle fattispecie previste dall'articolo 6-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361».
Art. 21. (Introduzione dell'articolo 4-bis della legge 24 gennaio 1979, n. 18). 1. Dopo l'articolo 4 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni, è inserito il seguente: «Art. 4-bis. – 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per un delitto non colposo. 2. Per tutti gli effetti disciplinati dal comma 1 del presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna».
Art. 22. (Modifica all'articolo 12 della legge 24 gennaio 1979, n. 18). 1. Dopo il settimo comma dell'articolo 12 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, è inserito il seguente: «Ogni candidato, unitamente alla dichiarazione di accettazione della candidatura, deve presentare la dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni, comprovanti l'insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all'articolo 4-bis della presente legge. L'ufficio elettorale circoscrizionale cancella dalle liste i nomi dei candidati per i quali manca la dichiarazione sostitutiva di cui al periodo precedente».
Art. 23. (Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo). 1. Non possono ricoprire incarichi di governo coloro nei confronti dei quali è stato disposto il decreto di cui all'articolo 429 del codice di procedura penale per reati non colposi. 2. Agli effetti del presente articolo, per titolari di incarichi di governo si intendono il Presidente del Consiglio dei ministri, i Vice Presidenti del Consiglio dei ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i Sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400. 3. L'eventuale nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla e gli atti eventualmente compiuti dal titolare dell'incarico di governo sono nulli e inefficaci, fatta salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità. I medesimi effetti si determinano qualora le cause ostative di cui al citato comma 1 intervengano successivamente all'assunzione di uno degli incarichi di governo di cui al comma 2.
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N. 3850
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d'iniziativa dei deputati FERRANTI, ANDREA ORLANDO, AMICI, CAVALLARO, CIRIELLO, CUPERLO, D'ANTONA, FERRARI, FIANO, MELIS, NACCARATO, PICIERNO, SAMPERI, TENAGLIA, TIDEI, TOUADI ¾ |
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Modifiche al codice penale e altre disposizioni per il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato, nonché disposizioni in materia di incandidabilità, di ineleggibilità e di decadenza dalle cariche elettive negli enti locali |
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Presentata il 10 novembre 2010
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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge riproduce il testo di un disegno di legge presentato al Senato della Repubblica dal gruppo Partito democratico, a prima firma Finocchiaro (atto Senato n. 2174), ed è diretta a rendere più efficace l'azione di contrasto e di prevenzione della corruzione e, in generale, del malaffare nella pubblica amministrazione e nel settore privato.
La corruzione rappresenta un fenomeno in costante ascesa nel nostro Paese. Nel solo 2009, come può evincersi dai dati forniti dalla Corte dei conti in sede di inaugurazione dell'anno giudiziario, l'entità delle condanne emesse dalla magistratura contabile nei confronti di pubblici dipendenti, per illeciti contabili legati a fatti di corruzione, dimostra come tale forma di malaffare nella pubblica amministrazione rappresenti la quarta fonte di danno erariale in ordine di importanza. Sempre nel corso dell'ultimo anno le denunce per corruzione presentate al Corpo della guardia di finanza sono cresciute del 229 per cento, mentre quelle per concussione del 153 per cento. Tale incremento non può del resto essere attribuito, se non in minima parte, a una maggiore propensione alla denuncia da parte dei cittadini, apparendo invece verosimilmente imputabile, in misura prevalente, all'estensione del fenomeno corruttivo. La corruzione, infatti, come reato a concorso necessario in cui nessuno dei concorrenti ha interesse che sia scoperto, è sempre stato e rimane uno dei reati più difficili da scoprire.
Tra i fattori principali di questa tendenza all'espansione del fenomeno corruttivo (e più in generale dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione) deve essere certamente annoverata la mancata percezione, nella collettività, del reale disvalore di tali reati e della loro incidenza sulla gestione della cosa pubblica, strettamente connessa alla debolezza di una pregnante cultura della legalità nel nostro Paese, accompagnata, e anzi consolidata, proprio da un'insufficiente e inadeguata azione di contrasto del fenomeno corruttivo in particolare.
Sebbene, infatti, sia stato ormai unanimemente riconosciuto in sede internazionale che la corruzione ostacola lo sviluppo economico e contrasta con i princìpi di buon governo e di etica della politica e che, specie se di livello «sistemico», finisce con il costituire una minaccia per lo Stato di diritto, la democrazia, il principio di eguaglianza e la libera concorrenza, nonostante le richieste sovranazionali di sanzioni proporzionate, adeguate e dissuasive nei confronti della corruzione, nel nostro Paese non è stata intrapresa, fino ad ora, un'azione di contrasto efficace. Infatti, pur rispetto a un fenomeno apparso dilagante già negli anni novanta (periodo della cosiddetta «Tangentopoli»), la risposta sanzionatoria ha continuato a essere incerta e improntata ad assoluta mitezza. Al riguardo, i dati sulle condanne definitive documentano la sostanziale impunità dei delitti di corruzione: nell'87,6 per cento dei procedimenti penali sono state inflitte pene fino a due anni di reclusione (area della sospendibilità condizionale); nell'8,8 per cento dei casi, pene tra due e tre anni (area delle misure alternative, ad esempio l'affidamento in prova ai servizi sociali); soltanto nel 3,5 per cento dei casi sono state irrogate pene superiori a tre anni, eseguibili in forma detentiva, per cui solo a quest'ultima esigua quota di condanne è affidato l'effetto deterrente tipico della sanzione penale.
La lotta alla corruzione e ai reati che normalmente si pongono con essa in rapporto di interdipendenza funzionale (falso in scritture contabili, reati fiscali, riciclaggio e autoriciclaggio) costituisce, invece, uno degli obiettivi politico-criminali prioritari a livello europeo e internazionale, tanto che le principali convenzioni in materia esprimono la preoccupazione per le conseguenze generate da pratiche corruttive diffuse: cattiva allocazione delle risorse pubbliche, alterazione delle regole sulla concorrenza, sistemi fiscali regressivi, riduzione degli investimenti diretti esteri. Si tratta di fattori che sono in grado di esercitare una funzione frenante sullo sviluppo economico del Paese e che richiedono un adeguato mutamento del quadro normativo in materia. Ciò è tanto più urgente se solo si considera che quando la corruzione della pubblica amministrazione si salda con la criminalità organizzata può costituire lo strumento sicuro al quale l'impresa mafiosa riesce a passare dalla gestione dei mercati illegali alla gestione dei mercati legali.
Se davvero l'Italia intende, onorando peraltro in tal modo gli obblighi assunti in sede internazionale, porsi in linea con il perseguimento di tali importanti obiettivi di politica criminale, ma anche di politica economica e sociale – data, appunto, la riconosciuta devastante ricaduta delle pratiche corruttive sul sistema sociale ed economico –, è necessario mettere mano rapidamente ad alcune irrimandabili modifiche normative, rivedendo, innanzitutto, la materia della corruzione nel settore pubblico, introducendo reati quali il traffico di influenze illecite e la corruzione nel settore privato e analogamente – posto che chi vuole corrompere ha necessità di disporre di fondi neri – intervenendo sulla struttura dei reati fiscali e del falso in bilancio. Infatti, in conseguenza del decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, sono state ridotte le pene per il falso in bilancio, prevedendo soglie di non punibilità altissime e dando così vita a una sorta di impunità per «modica quantità» di fondi neri, e, soprattutto, per le società il reato è stato reso perseguibile a querela di parte, querela che, parte offesa, creditore o azionista difficilmente presenteranno contro gli amministratori, il primo perché difficilmente a conoscenza del reato, il secondo perché di solito è il mandante e il beneficiario del reato. Per quanto riguarda i reati fiscali, poi, occorre intervenire sui fattori che favoriscono l'evasione e l'elusione e in particolare sulla falsa fatturazione, posto che dal 2000 l'uso di fatture per operazioni inesistenti è punito solo se supera una certa soglia e se si riverbera sulla dichiarazione dei redditi. Occorre, infine, combattere efficacemente il riciclaggio e introdurre la punibilità del cosiddetto «autoriciclaggio», in linea con le legislazioni di altri Paesi e con direttive europee.
È utile ricordare che la proposta di legge si colloca in un panorama articolato di strumenti che sono stati adottati in sede internazionale negli ultimi venti anni.
A partire dalla seconda metà degli anni novanta, infatti, l'obiettivo della lotta alla corruzione nei suoi differenti aspetti si è imposto all'attenzione della comunità internazionale – sia a livello mondiale che a livello di singoli Stati – che ha percepito l'estrema pericolosità per la democrazia, per il diritto, per le libertà fondamentali e per il progresso socio-economico di tali pratiche illegali. Pertanto, l'adeguamento dell'ordinamento interno che si propone con la presente proposta di legge risponde anche alla necessità di rendere omogenei a livello internazionale gli strumenti di contrasto del fenomeno corruttivo e di facilitare la collaborazione tra i vari Paesi. Esso, peraltro, si impone oggi a maggior ragione in seguito alla ratifica da parte dell'Italia, con la legge 3 agosto 2009, n. 116, della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 a Merida. Tale Convenzione, difatti, – recepita integralmente anche ai fini dell'esecuzione con l'articolo 2 della legge di ratifica – impone agli Stati firmatari il rafforzamento delle misure sostanziali e processuali volte a prevenire e a combattere la corruzione in modo sempre più efficace, chiedendo di «ricercare, perseguire e giudicare effettivamente» i responsabili di fatti corruttivi e di adoperarsi perché i relativi procedimenti giudiziari si svolgano in modo tale da «ottimizzare l'efficacia di misure di individuazione e di repressione di tali reati» e prevedendo che «ciascuno Stato Parte fissa, nell'ambito del proprio diritto interno, un lungo termine di prescrizione entro il quale i procedimenti» per i reati previsti dalla Convenzione «possono essere avviati».
Con la presente proposta di legge, perciò, anche al fine di recepire le indicazioni provenienti dagli organismi internazionali dei quali l'Italia fa parte, si è proceduto a una serie di modifiche del quadro normativo che si ritiene fondamentali per poter perseguire le condotte di corruzione nella pubblica amministrazione con la necessaria efficacia.
A tal fine si è ritenuto necessario – oltre a dotare gli inquirenti di strumenti investigativi fondamentali, quali la possibilità di disporre attività di contrasto sotto copertura – ridefinire il quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione in una maniera più aderente alle diverse forme di manifestazione di illegalità che si esplicano nell'ambito delle attività della pubblica amministrazione nel nostro Paese, ponendo attenzione, tra l'altro e in particolare, a individuare strumenti che possano contribuire a rompere quel «muro di omertà» tra corrotto e corruttore – sulla cui base si spiega l'elevata cifra oscura che caratterizza tali delitti – che rende estremamente difficile accertare simili illeciti. Pertanto, oltre a una più generale revisione della disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione, la presente proposta di legge introduce una notevole riduzione di pena per l'imputato che si adopera fornendo una concreta e fattiva collaborazione per la ricostruzione dei fatti, per l'individuazione o la cattura degli altri responsabili o per il recupero delle somme versate o delle altre utilità trasferite.
In linea generale, quindi, si rileva che con le innovazioni normative proposte si ridisegna, sostanzialmente, il quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione, trasferendo la condotta di concussione per costrizione all'interno di quelle di estorsione e la condotta di concussione per induzione all'interno della nuova fattispecie di corruzione, la quale ricomprende in sé il disvalore penale degli articoli 318, 319 e 321 del codice penale vigenti, prevedendo in ogni caso anche la punibilità del corruttore. Data l'enorme difficoltà che spesso si incontra nell'individuare – una volta accertato nel corso dell'indagine che il pubblico ufficiale ha ricevuto congrue o notevoli somme di denaro e la persona che gliele ha corrisposte – gli atti dell'ufficio posti in essere per conto della persona che ha corrisposto le somme, è stata introdotta, nell'articolo 319 del codice penale, anche la punibilità delle dazioni di denaro o di altre utilità fatte comunque al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio in ragione della funzione esercitata. Si è voluto così punire la condotta di coloro che, in cambio di denaro o di altre utilità, a volte versate loro periodicamente, si mettono praticamente al servizio di chi è interessato a ottenere che gli stessi operino, al momento giusto, in violazione dei doveri di fedeltà, imparzialità e onestà, o di leggi, regolamenti o circolari. La norma riguarda, quindi, un'ipotesi di un pubblico ufficiale che si attiva (o che non si attiva) in ragione della sua funzione dietro corrispettivo. È stata anche abolita la distinzione tra atti (o attività) d'ufficio e atti (o attività) contrari ai doveri d'ufficio, essendo ugualmente censurabile la condotta del pubblico ufficiale che riceve denaro o altre utilità, come è censurabile chi le offre, in quanto egli ne trae sempre vantaggio in relazione agli altri che si comportano onestamente. Né è senza significato che la distinzione ha sempre offerto agli indagati il pretesto per allungare i tempi di definizione dei processi. In base alla modifica apportata sarà il giudice, in concreto, nell'applicazione della pena, a tener conto dell'atto o dell'attività compiuti o richiesti. Inoltre, si è previsto un sensibile inasprimento delle sanzioni penali per i reati più gravi contro la pubblica amministrazione, anche nel minimo edittale, per evitare che l'applicazione generalizzata di attenuanti determini la concreta inefficacia della sanzione. L'apparato sanzionatorio in vigore, infatti, risulta inadeguato rispetto alla gravità dei comportamenti e all'impatto sociale ed economico di reati di tale tipo e, a causa del sistema prescrizionale introdotto dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 (cosiddetta «legge ex Cirielli»), rischia, di fatto, di impedire l'accertamento giudiziario dei reati di corruzione.
Si è, quindi, provveduto, da un lato, a razionalizzare la normativa vigente, semplificando la classificazione delle condotte criminose e la valutazione del disvalore penale di ognuna di esse, e, dall'altro lato, si è conferita rilevanza anche a quelle condotte le quali, pur emblematiche di una particolare offensività nei confronti del buon andamento della pubblica amministrazione e idonee a ingenerare dubbi sulle sue effettive imparzialità ed efficienza, non risultano, tuttavia, in alcun modo sanzionate all'interno del sistema penale italiano. È stata, pertanto, introdotta la fattispecie del traffico di influenze illecite, in seguito meglio descritta – misura questa, peraltro, prevista specificamente anche dalla Convenzione penale sulla corruzione fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 – volta a punire la condotta dei soggetti che si propongono come intermediari nel disbrigo di faccende corruttive, nonché di quelli che ne ricercano la collaborazione. Questa previsione si fonda su un aggiornamento della lettura del fenomeno corruttivo. Infatti, spesso oggi la tradizionale forma bilaterale della corruzione si spezza in due parti: la retribuzione è ricevuta dall'intermediario, mentre l'attività amministrativa illecita è svolta da un diverso soggetto; in un'altra occasione, poi, l'intermediario restituirà il favore ricambiando l'attività posta in essere dal pubblico ufficiale.
La differenza con la «vecchia» corruzione è evidente e può essere paragonata alla differenza che passa tra un semplice baratto e una più sofisticata triangolazione: si inserisce una nuova figura di intermediario e il soggetto che riceve la retribuzione è diverso da quello che compie l'attività amministrativa «di favore».
Si è poi inteso individuare – parallelamente a quanto sperimentato nell'ambito dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata – uno strumento utile all'emersione del fenomeno corruttivo, così diffusamente pervasivo del tessuto economico-sociale e del sistema istituzionale del nostro Paese. A tal fine è stata prevista, con riferimento ai reati di corruzione e di corruzione in atti giudiziari, la possibilità di una forte riduzione di pena (fino a due terzi) nei casi in cui si determini da parte dell'imputato una concreta e fattiva collaborazione.
Parallelamente, al fine di contrastare fenomeni di corruttela e di malaffare nel settore privato, oggi non esaustivamente tipizzati in fattispecie incriminatrici, si propone di introdurre, nel libro secondo, titolo VIII, del codice penale, al capo II relativo ai delitti contro l'industria e il commercio, il delitto di corruzione nel settore privato (estensibile agli enti in virtù del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231), consistente nella condotta di induzione, sollecitazione o ricezione di denaro o di altra utilità, o nell'accettazione della relativa promessa, per compiere od omettere un atto in violazione di un dovere, qualora ne derivino o possano derivarne distorsioni della concorrenza nel mercato ovvero danni economici all'ente o a terzi, anche attraverso una non corretta aggiudicazione o una scorretta esecuzione di un contratto. Anche in tal caso è stata prevista una diminuzione di pena in caso di concreta collaborazione da parte dell'imputato. L'introduzione di tale fattispecie incriminatrice risponde, peraltro, all'esigenza di dare piena attuazione alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato.
Analizzando nel dettaglio le norme della presente proposta di legge, si rileva anzitutto che, l'articolo 1, comma 1, opera, alle lettere a) e b), dei raccordi normativi necessari dato il nuovo assetto dei delitti contro la pubblica amministrazione previsto. Pertanto, in risposta a tali esigenze di armonizzazione, il riferimento alle abrogate disposizioni in materia di concussione e di corruzione, contenuto negli articoli 32-quater e 32-quinquies del codice penale (che individuano le ipotesi di applicazione, rispettivamente, delle pene accessorie dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione e dell'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego con amministrazioni pubbliche), è stato sostituito con il richiamo alle nuove disposizioni in materia di corruzione, di corruzione in atti giudiziari e di estorsione ai sensi dell'articolo 629 del codice penale, aggiungendo inoltre la previsione dell'applicazione della pena accessoria dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione anche nell'ipotesi del reato di peculato previsto dall'articolo 314 (novellato articolo 32-quater) e prevedendo che l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego con pubbliche amministrazioni sia contemplata nell'ipotesi di condanna per un tempo non inferiore a due anni (un anno in meno rispetto all'attuale previsione) per i delitti di peculato, di corruzione, di corruzione in atti giudiziari e di estorsione (novellato articolo 32-quinquies).
La lettera c), in coerenza con la razionalizzazione operata dalla proposta di legge, provvede a innalzare le pene previste per il reato di peculato (novellato articolo 314) portandole a quattro anni nel minimo e a dodici anni nel massimo e prevedendo per tale reato sempre la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, uniformandolo, così, sotto il profilo delle pene, alle nuove previsioni che la presente proposta di legge introduce per il reato di corruzione, mentre la lettera d) abroga gli articoli 317, 317-bis, 318, 320, 321 e 322-bis del codice penale.
La lettera e) introduce la nuova fattispecie unica del delitto di corruzione (novellato articolo 319 del codice penale). Tale fattispecie sancisce la punibilità del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio che indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto o di un'attività del suo ufficio o servizio, ovvero al compimento di un atto o di un'attività contrari ai doveri dell'ufficio o del servizio, o comunque in ragione della funzione esercitata, con la reclusione da quattro a dodici anni e prevedendo in ogni caso la punibilità anche del corruttore.
Tra gli obiettivi della proposta di legge vi è, infatti, anche quello di rispondere alle osservazioni reiterate nei confronti del nostro Paese dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) secondo cui sarebbe necessario modificare la normativa vigente nell'ordinamento italiano in materia di reati contro la pubblica amministrazione, in particolare per quanto concerne la punibilità, nell'ambito delle operazioni economiche internazionali, del soggetto che indebitamente offra o prometta denaro per conseguire un vantaggio ingiusto. Nella nostra legislazione questa condotta corrisponde allo schema della corruzione propria, la quale prevede la punibilità del pubblico funzionario e del privato che si avvantaggia della condotta contraria ai doveri d'ufficio. Il codice penale, però, prevede anche l'ipotesi di cui all'articolo 317 (concussione), ai sensi del quale la punibilità del privato è esclusa se lo stesso è stato costretto o indotto alla dazione predetta dal pubblico funzionario; la norma in questione non distingue tra condotte rivolte al conseguimento di un vantaggio indebito o meno, prevedendo in ogni caso la punibilità del solo pubblico ufficiale.
L'OCSE ha più volte fatto rilevare nelle raccomandazioni rivolte all'Italia e agli altri Stati Parte che deve essere assicurata la punibilità di tutte le ipotesi sussumibili nello schema della corruzione, quanto meno sotto il profilo dell'ingiusto vantaggio conseguito dal privato, essendo irrilevante a questo scopo l'eventuale costrizione o induzione asseritamente subita dal soggetto a opera del pubblico ufficiale. Peraltro, anche la citata Convenzione penale di Strasburgo impone di rivedere la non punibilità del concusso – quanto meno nelle ipotesi di concussione per induzione – poiché richiede di assoggettare a sanzione penale la promessa, l'offerta o la dazione, diretta o indiretta, di un vantaggio indebito a uno dei propri funzionari pubblici, per sé o per altri, perché compia o si astenga dal compiere un atto nell'esercizio delle sue funzioni. In questo quadro la soluzione più ragionevole è apparsa essere quella di unificare le fattispecie di concussione per induzione e di corruzione propria e impropria, antecedente e susseguente, applicando la stessa pena al corrotto e al corruttore, e di ricondurre la fattispecie di concussione per costrizione al delitto di estorsione.
Il sistema trova, quindi, una sua intrinseca coerenza attraverso le ulteriori modifiche apportate alla disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione sempre con il comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge.
La lettera f) introduce, all'articolo 319-bis del codice penale, la «riparazione pecuniaria» in favore della pubblica amministrazione cui appartenga il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio colpevole, in misura pari all'importo dato o promesso al corrotto, senza pregiudizio del diritto della pubblica amministrazione al risarcimento del danno.
Le modifiche introdotte alle misure delle pene previste per il reato di cui all'articolo 319 impongo, in considerazione peraltro della particolare gravità del reato di corruzione in atti giudiziari di cui all'articolo 319-ter del medesimo codice, una coerente modifica e l'innalzamento delle pene previste per le relative condotte (lettera g)).
La lettera h) contiene la nuova formulazione dell'istigazione alla corruzione (novellato articolo 322 del codice penale), coerente con l'unificazione delle fattispecie corruttive.
La lettera i) prevede, poi, delle necessarie correzioni nei richiami effettuati all'articolo 322-ter ad articoli novellati o soppressi dalla presente proposta di legge e provvede, inoltre, a estendere la confisca per equivalente prevista dal primo comma dell'articolo 322-ter, anche al profitto (oltre che al prezzo) del reato allo scopo di potenziare le misure patrimoniali di contrasto ai delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione e di dare piena attuazione alla decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005.
Alla lettera l) si sono poi previste delle circostanze attenuanti comuni e speciali sostituendo l'articolo 323-bis del codice penale. Al primo comma dell'articolo 323-bis si è prevista una circostanza attenuante per l'ipotesi di particolare tenuità dei fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 319, 319-ter, 322, 323, 346 e 513-ter. L'innalzamento della pena per il delitto di corruzione e l'unificazione di tutte le possibili fattispecie a essa riconducibili hanno, infatti, imposto la previsione di tale circostanza onde poter consentire di adeguare la pena inflitta al caso concreto. Il medesimo articolo provvede, poi, al secondo comma, con riferimento alle sole fattispecie di cui agli articoli 319 e 319-ter ad aumentare fino a due terzi i possibili effetti di riduzione della pena nei casi in cui l'imputato si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o di altre utilità trasferite, nei casi in cui, cioè, si determini da parte dell'imputato una concreta e fattiva collaborazione.
Al fine di evitarne, però, possibili strumentalizzazioni, si è introdotta un'aggravante a efficacia speciale alla fattispecie di calunnia, applicabile alle ipotesi in cui il reato sia commesso in una dichiarazione rilevante agli effetti delle circostanze previste dal secondo comma dell'articolo 323-bis (lettera q)).
La lettera m) introduce delle circostanze aggravanti (novellato articolo 335-ter del codice penale) relative alle ipotesi in cui taluno dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione sia commesso nell'ambito della gestione di calamità naturali o di grandi eventi (a esse parificate dall'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401), ovvero al fine di conseguire indebitamente contributi, finanziamenti o altre erogazioni concessi dallo Stato, da altri enti pubblici o dall'Unione europea, al fine di rimarcare il particolare disvalore che tali condotte assumono in ragione del contesto in cui si svolgono ovvero delle finalità a esse sottese.
Si è inoltre provveduto a novellare l'articolo 346 del codice penale, tenuto conto in particolare di quanto previsto anche dalla più volte citata Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo, che impone la punizione sia dell'erogatore sia del ricevente somme di denaro o di utilità diverse per l'esercizio di vantata influenza impropria su un pubblico funzionario (trading in influence), e tenuto conto che tale fattispecie coincide solo parzialmente con il reato di millantato credito previsto dall'articolo 346 del codice penale perché richiede la punizione anche del soggetto erogatore, nonché la necessità dell'estensione della punibilità della condotta di credito vantato anche nei confronti di un incaricato di un pubblico servizio non impiegato (lettera n)). Di conseguenza, la rubrica è stata modificata denominando la figura criminosa, in luogo di «millantato credito», «traffico di influenze illecite».
Inoltre, per quanto riguarda lo statuto penale dei funzionari internazionali, la legge 29 settembre 2000, n. 300, limita la rilevanza ai fini della punibilità secondo la legge italiana, da una parte, ai soli fatti che coinvolgano funzionari dell'Unione europea e funzionari degli Stati membri dell'Unione europea e, dall'altra, quando si tratta di funzionari di altre organizzazioni internazionali o di Stati esterni all'Unione europea, ai soli fatti collegati a operazioni economiche internazionali: pertanto si è provveduto a equiparare in via generale alle figure del pubblico ufficiale e dell'incaricato di un pubblico servizio le persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti nell'ambito di Stati esteri ovvero di organizzazioni internazionali, assicurando così la tutela penale di tali funzionari anche in quanto persone offese nel quadro di altre ipotesi criminose. A ciò provvedono le lettere o) e p), che modificano, rispettivamente, gli articoli 357 e 358 del codice penale. Viene in questo modo superata la frammentaria disciplina introdotta dalla citata legge n. 300 del 2000.
La lettera r), al fine di contrastare fenomeni di corruttela e di malaffare nel settore privato responsabili dell'ulteriore diffusione della cultura dell'illegalità nel nostro Paese – ma oggi non ancora esaustivamente tipizzati in fattispecie incriminatrici ad hoc –, introduce nel codice penale il delitto di corruzione nel settore privato (articolo 513-ter), mentre le norme necessarie alla corrispondente estensione della responsabilità degli enti per tale reato sono previste dall'articolo 8, comma 1, lettera b), della proposta di legge.
La lettera s) riconduce espressamente l'attuale ipotesi di concussione per costrizione al fenomeno dell'estorsione, prevedendo una specifica circostanza aggravante, con pena da sei a venti anni di reclusione, per il caso in cui «la violenza o minaccia è commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni» (articolo 629, terzo comma, del codice penale, introdotto dalla presente proposta di legge).
Il nuovo assetto dei delitti contro la pubblica amministrazione ha poi determinato la necessità di intervenire – per evidenti esigenze di armonizzazione – sulle norme contenenti espliciti richiami ai delitti stessi, di volta in volta considerati quale presupposto per l'applicazione di pene accessorie, di ipotesi particolari di confisca, di cause ostative alla candidatura o al mantenimento di cariche elettive e di particolari disposizioni in materia di rapporto di lavoro con pubbliche amministrazioni.
Pertanto, in risposta a tali esigenze di armonizzazione, il riferimento alle abrogate disposizioni in materia di concussione e di corruzione è stato sostituito:
a) all'articolo 133, comma 1-bis, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, che, introdotto dalla legge 27 marzo 2001, n. 97, è relativo alla notifica all'amministrazione di appartenenza del decreto che dispone il giudizio emesso – in relazione a uno dei predetti reati – nei confronti di dipendenti di pubbliche amministrazioni, enti pubblici o enti a prevalente partecipazione pubblica (articolo 2 della proposta di legge);
b) all'articolo 12-sexies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, il quale individua i titoli di reato – tra i quali già figura l'estorsione (e pertanto se ne è omesso il richiamo) – che impongono la confisca obbligatoria dei beni di cui il condannato non possa giustificare la provenienza (articolo 3, comma 1, lettera a), della proposta di legge);
c) all'articolo 12-sexies, comma 2-bis, del citato decreto-legge n. 306 del 1992 (introdotto dall'articolo 1, comma 220, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), che individua i titoli di reato per i quali, in caso di confisca di beni, trovano applicazione le norme in materia di gestione e di devoluzione finale dei beni stessi contenute nella legislazione antimafia (in particolare, negli articoli 2-nonies, 2-decies e 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575). In questo caso, il richiamo al delitto di estorsione aggravata è stato limitato alle sole ipotesi finora riconducibili alla concussione per costrizione (articolo 629, terzo comma), in quanto il legislatore del 2006, nell'introdurre il comma 2-bis dell'articolo 12-sexies del citato decreto-legge n. 306 del 1992, ha preso in considerazione – nell'ambito delle numerose fattispecie delittuose implicanti la confisca obbligatoria di cui al comma 1 – unicamente i reati contro la pubblica amministrazione (articolo 3, comma 1, lettera b), della proposta di legge);
d) agli articoli 58, comma 1, lettera b), e 59, comma 1, lettera a), del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, rispettivamente dedicati all'individuazione delle cause ostative alla candidatura a cariche elettive in comuni, province eccetera, e delle ipotesi di sospensione e decadenza di diritto da tali cariche (articolo 4, comma 1, lettere a) e b), della proposta di legge);
e) all'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, in materia di trasferimento a altro ufficio del dipendente di amministrazioni o di enti pubblici o di enti a prevalente partecipazione pubblica nei confronti del quale sia stato disposto il rinvio a giudizio (articolo 5 della proposta di legge);
f) all'articolo 2 del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993, n. 461, che prevede quali soggetti attivi della nuova ipotesi di possesso ingiustificato di valori, in quella sede introdotta, gli imputati di uno dei delitti contro la pubblica amministrazione previsti e puniti nei vigenti articoli da 314 a 326 del codice penale. Anche in questo caso, l'esclusivo riferimento ai predetti reati ha indotto a inserire il richiamo all'articolo 629 del codice penale, limitatamente alle ipotesi finora riconducibili alla concussione per costrizione (terzo comma dell'articolo 629; articolo 6 della presente proposta di legge).
Il disposto dell'articolo 133, comma 1-bis, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo n. 271 del 1989, e degli articoli 58, comma 1, lettera b), e 59, comma 1, lettera a), del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, nonché dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001, è stato infine integrato con l'espresso riferimento agli articoli 322, 346 e 513-ter del codice penale, allo scopo di conferire autonoma rilevanza, ai fini rispettivamente previsti dalle norme in questione, anche alle fattispecie: dell'istigazione alla corruzione (articolo 322), destinata a sanzionare nell'ottica della presente proposta di legge le condotte precedentemente qualificabili come tentata concussione per induzione; del traffico di influenze illecite (articolo 346), destinata a sua volta a sanzionare le condotte precedentemente qualificabili come millantato credito e corruzione nel settore privato (articolo 513-ter), delitto questo introdotto dalla presente proposta di legge. Inoltre va precisato che, per quanto riguarda il riferimento all'articolo 346, è integrato anche il disposto dell'articolo 12-sexies, commi 1 e 2-bis, del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 356 del 1992, e dell'articolo 2 del decreto-legge n. 369 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 461 del 1993.
L'articolo 8, comma 1, lettera a) della proposta di legge, apporta le necessarie modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, conseguenti al nuovo assetto conferito alla disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione. È, infatti, integralmente sostituito l'articolo 25, modificando i riferimenti normativi ivi previsti e riunendo in due unici gruppi le sanzioni da irrogare nei confronti degli enti, ed è prevista, inoltre, in coerenza con quanto previsto dal novellato articolo 323-bis del codice penale, una diminuente per coloro che, in relazione ai delitti di cui agli articoli 319, 319-ter e 346 dello stesso codice, forniscano all'autorità investigativa o giudiziaria indicazioni determinanti ai fini del sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite. Inoltre, in considerazione della necessità di rafforzare la responsabilità da reato degli enti di cui al citato decreto legislativo, in ragione della sua idoneità a prevenire e contrastare la tendenza alla commissione di reati sotto lo «scudo» della persona giuridica, la si estende anche al delitto di corruzione privata di cui si propone l'introduzione (articolo 8, comma 1, lettera b)) e si prevede una diminuente per coloro che forniscano all'autorità investigativa o giudiziaria indicazioni determinanti ai fini del sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite anche in relazione a tale delitto (articolo 8, comma 1, lettera b), numero 2)).
L'articolo 9 della proposta di legge, al fine di estendere le possibilità di accertamento dei reati contro la pubblica amministrazione e degli illeciti a essi connessi, prevede la sospensione del corso della prescrizione degli illeciti amministrativi e tributari dal momento della consumazione del delitto di corruzione fino al momento dell'esercizio dell'azione penale per tale delitto allorché lo stesso sia stato commesso per ottenerne l'occultamento o il mancato perseguimento.
Tenuto conto, poi, delle difficoltà che normalmente s'incontrano nell'accertamento di questo particolare genere di condotte criminose, si è presa in considerazione l'opportunità di prevedere specifiche misure per la raccolta delle prove. Si è quindi ritenuto opportuno prevedere la possibilità di utilizzare agenti infiltrati, di realizzare, cioè, operazioni sotto copertura analogamente a quanto è già previsto in materia di turismo sessuale, stupefacenti o riciclaggio (articolo 10, comma 1); scelta questa che peraltro non appare scindibile, data la delicatezza di tale modo di procedere, da quella della specializzazione degli organi di polizia da impiegare. La norma interviene sulla legge 16 marzo 2006, n. 146, la quale reca, all'articolo 9, una disciplina unitaria per quasi tutte le ipotesi di operazioni sotto copertura, e si inserisce nel solco della stessa prevedendo, con l'introduzione della lettera b-bis) del comma 1 dell'articolo 9, una specifica causa di non punibilità per «gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai reati di cui agli articoli 319, 319-ter, 346 e 629, terzo comma, del codice penale, commessi nell'ambito di associazioni a delinquere, anche transnazionali, compiono le attività di cui alla lettera a), ovvero promettono od offrono denaro o altra utilità ovvero, anche attribuendosi qualità di un altro pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, simulano di accettarne la promessa o la consegna, direttamente o per interposta persona».
La presente proposta di legge prevede, inoltre, all'articolo 10, commi 2 e 3, due autonome ipotesi di revisione, a seguito di dichiarazioni false o reticenti, per le sentenze emesse, rispettivamente, o per la commissione del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale, o ritenuta la circostanza attenuante di cui all'articolo 323-bis, comma secondo, del codice penale. In tali casi, il procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto la sentenza è stata pronunciata è obbligato a chiederne la revisione, onde rimediare per quanto possibile alle conseguenze della condotta illecita sull'esito del procedimento penale.
Al fine di consentire l'effettiva procedibilità del giudizio di revisione, inoltre, si è previsto che, quanto alle sentenze emesse sulla base di false dichiarazioni, «il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del fatto fino alla pronuncia della sentenza di revisione». Quanto, invece, alle sentenze emesse per la commissione del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale, «il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale fino alla pronuncia definitiva di condanna o di applicazione della pena per il medesimo reato»; attraverso tale disciplina si conseguirà, pertanto, l'obiettivo di annullare gli eventuali effetti giudiziari favorevoli delle condotte corruttive, consentendo la revisione delle sentenze oggetto di mercimonio anche nei casi in cui sia stata già dichiarata la prescrizione del reato oggetto del procedimento.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Modifiche al codice penale). 1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 32-quater, dopo le parole: «per i delitti previsti dagli articoli» è inserita la seguente: «314,», le parole: «317, 318, 319, 319-bis, 320, 321,» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter,» e dopo le parole: «501-bis,» sono inserite le seguenti: «629,»; b) all'articolo 32-quinquies, le parole: «per un tempo non inferiore a tre anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «per un tempo non inferiore a due anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 319, 319-ter, 322 e 629»; c) all'articolo 314: 1) al primo comma, le parole: «da tre a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dodici anni»; 2) è aggiunto, in fine, il seguente comma: «La condanna per i fatti previsti dal primo comma comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici»; d) gli articoli 317, 317-bis, 318, 320, 321 e 322-bis sono abrogati; e) l'articolo 319 è sostituito dal seguente: «Art. 319. – (Corruzione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che indebitamente, anche mediante induzione, riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto o di attività del suo ufficio o servizio ovvero al compimento di un atto o di attività contrari ai doveri di ufficio o del servizio, o comunque in ragione della funzione esercitata, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. La pena di cui al primo comma si applica, nei casi ivi previsti, a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio denaro o altra utilità. La condanna per i fatti previsti dal presente articolo comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici»; f) l'articolo 319-bis è sostituito dal seguente: «Art. 319-bis. – (Riparazione pecuniaria). – Con la sentenza di condanna, ovvero con la sentenza di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati previsti dagli articoli 314, 319, 319-ter e 629, terzo comma, è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio appartiene, ovvero, nel caso di cui all'articolo 319-ter, in favore dell'amministrazione della giustizia, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno»; g) l'articolo 319-ter è sostituito dal seguente: «Art. 319-ter. – (Corruzione in atti giudiziari). – Se i fatti indicati nell'articolo 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo si applica la pena della reclusione da quattro a dodici anni. Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da cinque a quindici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni. La stessa pena prevista per i fatti di cui ai commi primo e secondo si applica a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio denaro o altra utilità. La condanna per i fatti di cui al presente articolo comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici»; h) l'articolo 322 è sostituito dal seguente: «Art. 322. – (Istigazione alla corruzione). – Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio nei casi di cui all'articolo 319 soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dall'articolo 319, ridotta di un terzo. Se l'offerta o la promessa è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dal medesimo articolo 319-ter, primo comma, ridotta di un terzo. Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità nei casi indicati dall'articolo 319 è punito, qualora la sollecitazione non sia accolta, con la pena stabilita dall'articolo 319, ridotta di un terzo. Se la sollecitazione è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dal medesimo articolo 319-ter, primo comma, ridotta di un terzo»; i) all'articolo 322-ter: 1) al primo comma, la parola: «320» è sostituita dalla seguente: «319-ter», le parole: «anche se commessi dai soggetti indicati nell'articolo 322-bis, primo comma,» sono soppresse e dopo le parole: «a tale prezzo» sono aggiunte, in fine, le seguenti: «ovvero al profitto»; 2) al secondo comma, le parole: «per il delitto previsto dall'articolo 321, anche se commesso ai sensi dell'articolo 322-bis, secondo comma,» e le parole: «o agli altri soggetti indicati nell'articolo 322-bis, secondo comma» sono soppresse; l) l'articolo 323-bis è sostituito dal seguente: «Art. 323-bis. – (Circostanze attenuanti comuni e speciali). – Se i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 319, 319-ter, 322, 323, 346 e 513-ter sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici. Per i delitti previsti dagli articoli 319 e 319-ter, nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita fino a due terzi»; m) nel capo I del titolo II del libro secondo, dopo l'articolo 335-bis, è aggiunto, in fine, il seguente: «Art. 335-ter. – (Circostanze aggravanti). – Per i delitti previsti dal presente capo, le pene sono aumentate in caso di atti o attività commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dall'Unione europea, o al fine di turbare la gara nei pubblici incanti, nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni o comunque in procedure per l'affidamento di contratti pubblici ai sensi dell'articolo 3, commi da 37 a 41, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ovvero qualora il fatto sia commesso nell'ambito di procedimenti relativi alla gestione di calamità naturali, catastrofi o grandi eventi di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401»; n) l'articolo 346 è sostituito dal seguente: «Art. 346. – (Traffico di influenze illecite). – Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità, quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena di cui al primo comma si applica, nei casi ivi previsti, a chi versa o promette denaro o altra utilità. La condanna comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, ovvero adduce di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali»; o) all'articolo 357, dopo il primo comma è inserito il seguente: «Agli effetti della legge penale, sono altresì pubblici ufficiali coloro i quali esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali nell'ambito di Stati esteri o di organizzazioni pubbliche internazionali»; p) all'articolo 358, dopo il primo comma è inserito il seguente: «Agli effetti della legge penale, sono altresì incaricati di un pubblico servizio coloro i quali esercitano attività corrispondenti a quelle degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di Stati esteri o di organizzazioni pubbliche internazionali»; q) all'articolo 368 è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Le pene previste dai commi primo, secondo e terzo, in relazione all'ipotesi di reclusione superiore a cinque anni, sono aumentate fino a due terzi quando il delitto è stato commesso mediante una dichiarazione rilevante agli effetti dell'applicazione delle circostanze di cui al secondo comma dell'articolo 323-bis»; r) dopo l'articolo 513-bis è inserito il seguente: «Art. 513-ter. – (Corruzione nel settore privato). – È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque, nell'esercizio di un'attività professionale ovvero di direzione di un ente di diritto privato, di lavoro alle dipendenze dello stesso o comunque di prestazione della sua opera in favore del medesimo, indebitamente induce, sollecita o riceve, per sé o per un terzo, direttamente o tramite un intermediario, denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa, per compiere od omettere un atto, in violazione di un dovere, qualora dal fatto derivino o possano derivare distorsioni della concorrenza nel mercato ovvero danni economici all'ente o a terzi, anche attraverso la scorretta aggiudicazione o la scorretta esecuzione di un contratto. Per violazione di un dovere ai sensi del primo comma si intende qualsiasi comportamento sleale che costituisca una violazione di un obbligo legale, di normative professionali o di istruzioni professionali ricevute o applicabili nell'ambito dell'attività dell'ente. La pena di cui al primo comma si applica anche a chi, nell'esercizio di un'attività professionale ovvero di direzione di un ente di diritto privato, di lavoro alle dipendenze dello stesso o comunque di prestazione della sua opera in favore del medesimo, dà, offre o promette il denaro o altra utilità di cui al primo comma. Per i delitti di cui al presente articolo, nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti ovvero per il sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite, la pena è diminuita fino alla metà»; s) all'articolo 629 è aggiunto, in fine, il seguente comma: «La pena di cui al secondo comma si applica quando la violenza o minaccia è commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni. In ogni caso si applica la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici».
Art. 2. (Modifica all'articolo 133 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271). 1. All'articolo 133, comma 1-bis, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322, 346, quarto comma, e 629, terzo comma,».
Art. 3. (Modifiche all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356). 1. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, le parole: «317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis, 325» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322, 325, 346» e dopo la parola: «416-bis» è inserita la seguente: «513-ter»; b) al comma 2-bis, le parole: «317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis e 325» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322, 325, 346 e 629, terzo comma,».
Art. 4. (Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267). 1. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 58, comma 1, lettera b), le parole: «317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio)» sono sostituite dalle seguenti: «319 (corruzione), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 322 (istigazione alla corruzione), 346 (traffico di influenze illecite), 513-ter (corruzione nel settore privato) e 629 (estorsione)»; b) all'articolo 59, comma 1, lettera a), le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322, 325, 346, 513-ter e 629».
Art. 5. (Modifica all'articolo 3 della legge 27 marzo 2001, n. 97). 1. All'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322, 346, quarto comma, e 629, terzo comma,».
Art. 6. (Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993, n. 461). 1. All'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993, n. 461, le parole: «317, 318, primo comma, 319, 319-ter, 320, 321, 323, secondo comma, e 326, terzo comma, prima parte,» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322, 323, secondo comma, 326, terzo comma, primo periodo, 346, quarto comma, e 629, terzo comma,».
Art. 7. (Modifica all'articolo 159 della legge 16 febbraio 1913, n. 89). 1. All'articolo 159, comma 3, della legge 16 febbraio 1913, n. 89, e successive modificazioni, le parole: «concussione, corruzione, furto, appropriazione indebita aggravata, peculato, truffa e calunnia» sono sostituite dalle seguenti: «corruzione, furto, appropriazione indebita aggravata, peculato, truffa, calunnia ed estorsione».
Art. 8. (Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231). 1. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni: a) l'articolo 25 è sostituito dal seguente: «Art. 25. – (Corruzione e traffico di influenze illecite). – 1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 319, 322 e 346, primo, secondo e quarto comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote. 2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 319-ter e 346, quinto comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote. 3. Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi 1 e 2 si applicano all'ente anche quando tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 357, secondo comma, e 358, secondo comma, del codice penale. 4. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 1 e 2 del presente articolo si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno. 5. In relazione ai delitti di cui agli articoli 319, 319-ter e 346 del codice penale, le sanzioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo sono diminuite fino alla metà qualora taluna delle persone di cui all'articolo 5, comma 1, fornisca all'autorità investigativa o giudiziaria indicazioni determinanti ai fini del sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite»; b) all'articolo 25-bis.1: 1) al comma 1, lettera b), dopo la parola: «513-bis» è inserita la seguente: «, 513-ter»; 2) è aggiunto, in fine, il seguente comma: «2-bis. In relazione al delitto di cui all'articolo 513-ter del codice penale, la sanzione di cui al comma 1, lettera b), del presente articolo è diminuita fino alla metà qualora taluna delle persone di cui all'articolo 5, comma 1, fornisca all'autorità investigativa o giudiziaria indicazioni determinanti ai fini del sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite».
Art. 9. (Prescrizione degli illeciti amministrativi e tributari connessi al delitto di corruzione). 1. Quando è stato commesso un delitto di corruzione in occasione o comunque in relazione ad accertamenti tributari, contestazioni o irrogazioni delle relative sanzioni, ovvero per ottenere l'occultamento o il mancato perseguimento di violazioni amministrative, le decadenze previste per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione non si verificano dal momento della consumazione del predetto delitto fino al momento dell'esercizio dell'azione penale. 2. Sono altresì sospesi, nel periodo indicato al comma 1, i termini di prescrizione degli illeciti amministrativi, nonché i termini di prescrizione previsti per il diritto alla riscossione delle sanzioni irrogate.
Art. 10. (Attività di contrasto e norme processuali). 1. All'articolo 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146, e successive modificazioni, è aggiunta, in fine, la seguente lettera: «b-bis) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai reati di cui agli articoli 319, 319-ter, 346 e 629 del codice penale, commessi nell'ambito di associazioni per delinquere, anche transnazionali, compiono le attività di cui alla lettera a), ovvero promettono od offrono denaro o altra utilità, ovvero, anche attribuendosi qualità di un altro pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, simulano di accettarne la promessa o la consegna, direttamente o per interposta persona». 2. Quando è accertato, con sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena, che è stata pronunciata sentenza per il reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale, il procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto quest'ultima sentenza è stata pronunciata ne chiede la revisione. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo IV del libro nono del codice di procedura penale. In tali casi il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale fino alla pronuncia definitiva di condanna o di applicazione della pena per il medesimo reato. 3. Quando risulta che è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, ritenuta la circostanza attenuante di cui all'articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale, per effetto di dichiarazioni false o reticenti, il procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto la sentenza è stata pronunciata ne chiede la revisione. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo IV del libro nono del codice di procedura penale. In caso di accoglimento della richiesta di revisione il giudice riforma la sentenza di condanna e determina la nuova misura della pena. In caso di revoca della sentenza di applicazione della pena, la corte ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice che l'ha pronunciata. In tali casi il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del fatto fino alla pronuncia della sentenza di revisione.
Art. 11. (Clausola di invarianza finanziaria). 1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
Art. 12. (Entrata in vigore). 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
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N. 4382
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d'iniziativa dei deputati GIOVANELLI, ANDREA ORLANDO, MELIS, AGOSTINI, AMICI, BELLANOVA, BERRETTA, BOCCI, BOCCUZZI, BOFFA, BOSSA, BRAGA, BRANDOLINI, CAPODICASA, CARELLA, MARCO CARRA, CASTAGNETTI, CAVALLARO, CENNI, CODURELLI, CORSINI, CUPERLO, DAL MORO, D'ANTONA, DE BIASI, DE PASQUALE, D'INCECCO, FEDI, FERRARI, FIANO, FONTANELLI, FRONER, GARAVINI, GATTI, GHIZZONI, GINOBLE, GNECCHI, GOZI, LAGANÀ FORTUGNO, LARATTA, LENZI, LOVELLI, LUCÀ, MARANTELLI, MARCHI, MARCHIGNOLI, MARGIOTTA, MARIANI, CESARE MARINI, MARTELLA, MATTESINI, MAZZARELLA, GIORGIO MERLO, MIGLIOLI, MISIANI, MOGHERINI REBESANI, MOTTA, MURER, NACCARATO, NARDUCCI, OLIVERIO, PEDOTO, MARIO PEPE (PD), PICCOLO, PIZZETTI, POLLASTRINI, POMPILI, PORTA, QUARTIANI, RAMPI, ROSATO, ROSSOMANDO, RUBINATO, SAMPERI, SANI, SBROLLINI, SCHIRRU, SIRAGUSA, TOUADI, TRAPPOLINO, TULLO, LIVIA TURCO, VANNUCCI, VELO, VICO, VILLECCO CALIPARI, VIOLA, ZACCARIA, ZAMPA, ZUCCHI, ZUNINO ¾ |
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Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione nonché per la funzionalità e la razionalizzazione delle spese della pubblica amministrazione e delega al Governo in materia di economicità e trasparenza nell'esecuzione delle opere pubbliche |
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Presentata il 25 maggio 2011
Onorevoli Colleghi! — L'Italia vive, ormai da troppo tempo, le conseguenze di un assetto politico e istituzionale instabile, segnato da una crisi del rapporto fra politica e società, dal conflitto e dal mancato equilibrio fra poteri dello Stato e da elementi degenerativi dell'etica pubblica.
Il nostro Paese ha quindi di fronte a sé la sfida della promozione di una nuova credibilità della politica e delle istituzioni, di una riforma degli assetti istituzionali e dello stesso sistema giudiziario, della promozione di un'etica della responsabilità che, a partire dalle competenze, promuova serietà, rigore e sobrietà.
Le istituzioni sono chiamate a promuovere un nuovo spirito civico, nonché il senso dello Stato, della solidarietà e della promozione dell'interesse collettivo del Paese, richiamandosi al più che mai attuale articolo 54 della Costituzione («I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore»).
La corruzione rappresenta un fenomeno in costante ascesa nel nostro Paese. Come può evincersi dai dati forniti dalla Corte dei conti, l'entità delle condanne emesse dalla magistratura contabile nei confronti di pubblici dipendenti, per illeciti contabili legati a fatti di corruzione, dimostra che questa forma di malaffare nella pubblica amministrazione rappresenta la quarta fonte di danno erariale in ordine d'importanza. Tale incremento non può del resto essere attribuito, se non in minima parte, a una maggiore propensione alla denuncia da parte dei cittadini, apparendo invece verosimilmente imputabile, in misura prevalente, all'estensione del fenomeno corruttivo. La corruzione, infatti, come reato a concorso necessario in cui nessuno dei concorrenti ha interesse che sia scoperto, è sempre stata e rimane uno dei reati più difficili da scoprire. Tra i fattori principali di questa tendenza all'espansione del fenomeno corruttivo (e più in generale dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione) deve essere certamente annoverata la mancata percezione, nella collettività, del reale disvalore di tali reati e della loro incidenza sulla gestione della cosa pubblica, strettamente connessa alla debolezza di una pregnante cultura della legalità nel nostro Paese, accompagnata e, anzi, consolidata proprio da un'insufficiente e inadeguata azione di contrasto del fenomeno corruttivo in particolare. Sebbene, infatti, sia stato ormai unanimemente riconosciuto in sede internazionale che la corruzione ostacola lo sviluppo economico e contrasta con i princìpi di buon governo e di etica della politica e che, specie se di livello «sistemico», essa finisce con il costituire una minaccia per lo Stato di diritto, per la democrazia e per i princìpi di eguaglianza e di libera concorrenza, nonostante le richieste sovranazionali di sanzioni proporzionate, adeguate e dissuasive nei confronti della corruzione, nel nostro Paese non è stata intrapresa, fino ad ora, un'azione di contrasto efficace. La lotta alla corruzione e ai reati ad essa connessi in rapporto di interdipendenza funzionale costituisce, invece, uno degli obiettivi politici prioritari a livello europeo e internazionale, tanto che le principali convenzioni in materia esprimono la preoccupazione per le conseguenze generate da pratiche corruttive diffuse: cattiva allocazione delle risorse pubbliche, alterazione delle regole della concorrenza, sistemi fiscali regressivi, riduzione degli investimenti diretti esteri. Si tratta di fattori in grado di esercitare una funzione frenante sullo sviluppo economico del Paese e che richiedono un adeguato mutamento del quadro normativo in materia. Ciò è tanto più urgente se solo si considera che, quando la corruzione della pubblica amministrazione si salda con la criminalità organizzata, essa può costituire lo strumento sicuro con il quale l'impresa mafiosa riesce a passare dalla gestione dei mercati illegali alla gestione dei mercati legali.
L'azione di contrasto della corruzione in primo luogo deve misurarsi con la promozione dell'etica pubblica e di una cultura diffusa della legalità. In questo quadro s'impone una riforma delle leggi vigenti, in particolare attraverso un generale ripensamento delle forme di contrasto della corruzione. Nel mondo odierno, è ormai di tutta evidenza che le sanzioni economiche (se applicate in forma adeguata e prontamente ed efficacemente eseguite) hanno l'effetto di rafforzare l'efficacia deterrente delle sole sanzioni detentive che, anche per le farragini di un sistema processuale complesso e ridondante, sono spesso lontane nell'applicazione e remote dall'immaginario stesso di chi ne sarebbe potenzialmente destinatario.
Un sistema sanzionatorio moderno e rapido (unito a sanzioni detentive) che possa applicarsi anche nelle fasi intermedie del processo (indagini e gradi di giudizio), un sistema che valorizzi e che premi la desistenza e la restituzione sarebbe certo più efficace.
Occorre poi rimuovere le condizioni che facilitano la corruzione, a partire dalle gestioni speciali, terreno privilegiato dell'illegalità attraverso cui è agevole favorire oscure consorterie. Energia, appalti, grandi eventi, ruolo assunto dalla protezione civile: un «regime di eccezione» svincolato dal principio di legalità, che ha violato la divisione dei poteri, i controlli e le garanzie, mentre l'assetto ordinario della pubblica amministrazione è stato trascurato o, con malaccorti interventi, reso più farraginoso. Bisogna invertire la tendenza. La corruzione si combatte anche con la semplificazione dei modelli organizzativi, con regole e controlli interni efficaci che tutelino rispetto ai rischi di un uso distorto delle risorse, con un'effettiva separazione tra politica e amministrazione e con un rigido regime di incompatibilità che spezzi qualsiasi commistione tra politica, amministrazione, interessi privati e giustizia.
L'articolo 1 della proposta di legge interviene sul codice di procedura penale aumentando il periodo previsto per le misure interdittive. Viene infatti stabilito che, nel caso si proceda per uno dei delitti contro la pubblica amministrazione (articoli 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale), le misure interdittive perdano efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione, anziché dopo i due mesi previsti negli altri casi.
L'articolo 2 introduce invece modifiche al regime delle sanzioni di cui all'articolo 25 del decreto legislativo n. 231, del 2001.
È infatti previsto che, nel caso di condanna per uno dei delitti contro la pubblica amministrazione, la società di cui è o è stato amministratore o legale rappresentante, al momento dei fatti, il privato concorrente nel reato con il pubblico ufficiale o con l'incaricato di pubblico servizio, è iscritta in un albo speciale formato dalle persone giuridiche non ammesse a contrattare con la pubblica amministrazione, a partecipare agli appalti pubblici e a essere destinatarie di contributi o di finanziamenti pubblici.
L'articolo 3 riguarda invece la disciplina della gestione commissariale delle emergenze. È dunque previsto che i commissari siano nominati esclusivamente per fare fronte a esigenze non prevedibili né programmabili e che le strutture deputate a fronteggiare l'emergenza devono avvalersi di norma esclusivamente di personale di ruolo delle pubbliche amministrazioni ovvero, in caso di particolari necessità e con riferimento al periodo strettamente necessario, di personale utilizzato con contratto di somministrazione di lavoro.
Si prevede, inoltre, che l'azione della protezione civile si sviluppi sulla base di una programmazione annuale e di accordi quadro e che, qualora sia necessario acquisire beni e servizi non ricompresi negli accordi quadro, il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri possa far ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA).
L'articolo 4 introduce nuove disposizioni concernenti il regime delle incompatibilità per i titolari di incarichi pubblici.
L'articolo 5 è dedicato alla disciplina degli arbitrati con le pubbliche amministrazioni. Prima di tutto è previsto che la nomina degli arbitri per la risoluzione di controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione avviene nel rispetto dei princìpi di pubblicità e di rotazione. Successivamente è stabilito che gli arbitri devono essere scelti esclusivamente tra i dirigenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni nell'ambito delle loro ordinarie attività, qualora la controversia si svolga fra due amministrazioni, per evitare il conferimento di onerosi e non sempre particolarmente trasparenti incarichi a soggetti esterni. Qualora, invece, la controversia abbia luogo fra una pubblica amministrazione e un privato, l'arbitro individuato dalla pubblica amministrazione è scelto fra i dirigenti di ruolo, per i medesimi motivi.
L'articolo 6 stabilisce il trattamento economico dei dirigenti pubblici titolari degli incarichi di cui agli articoli 4 e 5.
L'articolo 7 riguarda il regime delle incompatibilità dei magistrati e degli avvocati dello Stato, stabilendo che, al fine di garantire un efficace svolgimento delle funzioni giurisdizionali e di difesa, i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati dello Stato non possono ricoprire incarichi in uffici di organi politici o incarichi di gestione all'interno di pubbliche amministrazioni o, ove consentito, in società a totale o parziale partecipazione pubblica, per più di sessanta mesi ogni decennio.
Al rientro nell'amministrazione di appartenenza, è altresì previsto che i medesimi soggetti non possano trattare questioni riferibili alle amministrazioni presso le quali hanno svolto incarichi nel biennio precedente ovvero a soggetti da queste vigilate e che, durante il collocamento fuori ruolo, non possano assumere altri incarichi oltre quelli per i quali è stato disposto il collocamento fuori ruolo.
L'articolo 8 dispone che le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, compresi il Ministero della difesa e il Ministero degli affari esteri compatibilmente con le loro esigenze istituzionali, acquistano tutti i beni e i servizi necessari al loro funzionamento aderendo alle convenzioni stipulate dalla società CONSIP Spa ovvero facendo ricorso al MEPA. L'esperienza fin qui condotta ha mostrato che il rapporto tra la CONSIP Spa e il complesso delle amministrazioni pubbliche è fatto di luci e di ombre ma, se si guarda all'esperienza delle sole pubbliche amministrazioni centrali, la spesa in concreto erogata a seguito di procedure della CONSIP Spa ha riguardato il 2,9 per cento dei consumi intermedi (valore che sale al 5 per cento se si considerano le sole spese per acquisto di beni e di servizi dei Ministeri). Ciononostante, le gare espletate dalla CONSIP Spa riescono a ottenere ribassi sulle forniture nell'ordine del 20 per cento rispetto al prezzi normali di mercato. Questo dato indica, ove ce ne fosse bisogno, le potenzialità insite nel modello, richiamate dalla stessa Corte dei conti nell'ultima relazione sulla gestione finanziaria della CONSIP Spa.
L'articolo 9 delega il Governo ad adottare un decreto legislativo volto ad accrescere l'efficienza, l'economicità e la trasparenza delle procedure di realizzazione delle opere pubbliche nonché l'efficacia delle procedure di controllo per il contrasto della corruzione in tale settore, attribuendo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti funzioni di vigilanza e di controllo sulla realizzazione delle infrastrutture e delle opere pubbliche di valore superiore a 5.278.000 euro, prevedendo, in particolare: l'obbligo, a carico dell'amministrazione procedente, di trasmettere al Ministero la documentazione necessaria per il controllo dell'idoneità della progettazione, dell'adeguatezza delle previsioni di spesa, della correttezza delle procedure di svolgimento delle gare per la loro esecuzione e delle fasi della loro realizzazione e collaudo, fermi restando i controlli di legittimità e contabili previsti dall'ordinamento; l'attribuzione al Ministero medesimo della facoltà di chiedere l'integrazione della documentazione trasmessa e di formulare rilievi motivati nonché il potere di eseguire verifiche e accertamenti, anche nel corso dell'esecuzione dell'opera ed entro un anno dalla data del suo collaudo, avvalendosi, ove necessario, del concorso di altre amministrazioni, compreso il Corpo della guardia di finanza. Viene inoltre prevista la predisposizione di metodi e strumenti per la comparazione dei costi delle opere pubbliche nonché un sistema di controllo della durata delle opere pubbliche mediante la trasmissione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti delle informazioni concernenti la loro utilizzazione, il loro stato, gli interventi di manutenzione straordinaria eseguiti, la demolizione o il rifacimento integrale delle medesime. Tra i princìpi e i criteri direttivi cui il Governo dovrà attenersi nell'adozione del decreto viene prevista inoltre la rotazione nella titolarità degli uffici dirigenziali dell'amministrazione centrale e periferica delle infrastrutture e dei trasporti, attinenti alla programmazione e alla realizzazione delle opere pubbliche, all'affidamento degli appalti e allo svolgimento delle gare, con una durata massima non superiore a un quadriennio, non immediatamente rinnovabile, per la permanenza nel medesimo incarico o sede.
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Art. 1. (Modifica all'articolo 308 del codice di procedura penale). 1. Dopo il comma 2 dell'articolo 308 del codice di procedura penale è inserito il seguente: «2-bis. Nel caso si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale, le misure interdittive perdono efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche al di là di sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303».
Art. 2. (Modifiche all'articolo 25 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231). 1. All'articolo 25 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 2, dopo le parole: «di cui agli articoli» sono inserite le seguenti: «314, 316,»; b) dopo il comma 5 è aggiunto il seguente: «5-bis. Nei casi di condanna per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis e 316-ter del codice penale ovvero per uno dei delitti indicati nei commi da 1 a 4 del presente articolo, la società di cui è o è stato amministratore o legale rappresentante, al momento dei fatti, il privato concorrente del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, è iscritta in un albo speciale formato dalle persone giuridiche non ammesse a contrattare con la pubblica amministrazione, a partecipare agli appalti pubblici e a essere destinatarie di contributi o di finanziamenti pubblici. La società rimane iscritta nell'albo speciale per l'intera durata della corrispondente sanzione interdittiva irrogata dal giudice. Al termine di essa si procede alla cancellazione».
Art. 3. (Gestione commissariale delle emergenze). 1. I commissari di cui all'articolo 5, comma 4, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, possono essere nominati esclusivamente per fare fronte a esigenze non prevedibili né programmabili. 2. Le strutture deputate ad affrontare l'emergenza si avvalgono di personale di ruolo delle pubbliche amministrazioni ovvero, in caso di particolari necessità e con riferimento al periodo strettamente necessario, di personale utilizzato con contratto di somministrazione di lavoro. 3. Al fine di disporre delle dotazioni necessarie ad affrontare le eventuali emergenze, il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, di seguito denominato «Dipartimento», adotta atti di programmazione annuale e, sulla base degli stessi, conclude accordi quadro ai sensi dell'articolo 59 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni. 4. Al fine di soddisfare le specifiche esigenze del Dipartimento, la società Concessionaria servizi informativi pubblici (CONSIP Spa), d'intesa con il medesimo Dipartimento, predispone un'apposita area del Mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA). 5. Il ricorso al MEPA da parte del Dipartimento è strumentale all'acquisizione di beni e di servizi non ricompresi negli accordi quadro stipulati ai sensi del comma 3. 6. Il comma 5 dell'articolo 5-bis del decreto-legge 7 settembre 2001 n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, è abrogato.
Art. 4. (Regime delle incompatibilità per i dirigenti pubblici). 1. Al di fuori dei casi espressamente individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, i dirigenti delle pubbliche amministrazioni non possono ricoprire altri incarichi di natura gestionale, ovvero svolgere funzioni di revisione, di controllo o di consulenza se non in rappresentanza dell'amministrazione di appartenenza. 2. Il conferimento degli incarichi ammessi ai sensi del comma 1 avviene tenendo conto: a) dell'esperienza professionale già maturata; b) dei risultati conseguiti rispetto ai programmi e agli obiettivi già assegnati; c) del principio di rotazione. 3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuate le sanzioni disciplinari da irrogare in caso di violazione di quanto previsto dal presente articolo.
Art. 5. (Arbitrati relativi alle pubbliche amministrazioni). 1. La nomina degli arbitri per la risoluzione di controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione avviene nel rispetto dei princìpi di pubblicità e di rotazione e secondo le modalità previste dai commi 2 e 3. 2. Qualora la controversia si svolga tra due pubbliche amministrazioni, gli arbitri sono individuati esclusivamente tra dirigenti dello Stato. Qualora la controversia abbia luogo tra una pubblica amministrazione e un privato, l'arbitro individuato dalla pubblica amministrazione è scelto tra dirigenti dello Stato. 3. Gli incarichi conferiti ai sensi del comma 2 sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nel sito internet istituzionale dell'amministrazione di appartenenza.
Art. 6. (Trattamento economico dei dirigenti pubblici titolari di incarichi). 1. L'incremento della retribuzione derivante dall'esecuzione degli incarichi di cui agli articoli 4 e 5 non può superare il 20 per cento della retribuzione lorda onnicomprensiva percepita nell'anno precedente il conferimento dell'incarico ovvero la nomina ad arbitro.
Art. 7. (Regime degli incarichi dei magistrati e degli avvocati dello Stato). 1. Al fine di garantire un efficace svolgimento delle funzioni giurisdizionali e di difesa, i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati dello Stato non possono ricoprire incarichi in uffici di organi politici o incarichi di vertice o di gestione in pubbliche amministrazioni, comprese le autorità amministrative indipendenti, o, ove consentito, incarichi in società a totale o a parziale partecipazione pubblica, per più di sessanta mesi ogni decennio. Il periodo può essere superiore solo nel caso in cui una specifica disposizione di legge stabilisca una durata maggiore per il singolo incarico conferito. Non è in ogni caso ammissibile una durata superiore a sessanta mesi ogni decennio che derivi da una successione di incarichi. 2. In ogni caso, i soggetti di cui al comma 1, all'atto del conferimento dell'incarico, sono collocati fuori ruolo dall'organo competente. 3. Il trattamento economico, fondamentale e accessorio, riconosciuto ai soggetti di cui al comma 1 è esclusivamente quello previsto per l'incarico conferito ed è integralmente corrisposto dall'amministrazione presso la quale l'incarico stesso è svolto, senza alcun onere per l'amministrazione di appartenenza. 4. Al rientro nell'amministrazione di appartenenza, i soggetti di cui al comma 1 non possono trattare questioni riferibili alle amministrazioni presso le quali hanno svolto incarichi nel biennio precedente ovvero a soggetti da queste vigilate. 5. Durante il periodo di collocamento fuori ruolo, funzionale all'espletamento dell'incarico affidato, i soggetti di cui al comma 1 non possono assumere incarichi ulteriori e differenti rispetto a quelli per i quali è stato disposto il collocamento fuori ruolo.
Art. 8. (Razionalizzazione delle spese di funzionamento). 1. Il Ministero dell'economia e delle finanze, avvalendosi della società CONSIP Spa, predispone, sulla base delle informazioni trasmesse dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, ai sensi dell'articolo 2, comma 569, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, un piano di razionalizzazione della spesa volto all'ottimale utilizzo delle risorse necessarie al funzionamento degli apparati amministrativi statali centrali e periferici. 2. Il piano di razionalizzazione di cui al comma 1 è redatto secondo princìpi di efficienza, di razionalità e di economicità, in modo da assicurare la complessiva e graduale riduzione delle spese di funzionamento delle amministrazioni interessate, ivi comprese le spese di amministrazione generale. 3. Il piano di razionalizzazione di cui al comma 1, definito e approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, è trasmesso alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari entro il 30 giugno di ogni anno. 4. Le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, compresi il Ministero della difesa e il Ministero degli affari esteri compatibilmente con le loro esigenze istituzionali, acquistano tutti i beni e i servizi necessari al loro funzionamento aderendo alle convenzioni stipulate dalla società CONSIP Spa per conto del Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, ovvero facendo ricorso al MEPA. 5. Al fine di dare attuazione a quanto previsto dal comma 4, la società CONSIP Spa, entro il 31 dicembre 2012, provvede a potenziare l'offerta di beni e di servizi disponibili sul MEPA.
Art. 9. (Delega al Governo in materia di economicità e trasparenza nell'esecuzione delle opere pubbliche). 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante disposizioni volte ad accrescere l'efficienza, l'economicità e la trasparenza delle procedure di realizzazione delle opere pubbliche nonché l'efficacia delle procedure di controllo per il contrasto della corruzione in tale settore, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi stabiliti al comma 3. 2. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 è trasmesso alle Camere per l'espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunziano entro sessanta giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può essere comunque adottato. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsti dal comma 1 o successivamente, quest'ultimo è prorogato di novanta giorni. 3. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) attribuzione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, salve le competenze ad esso spettanti in materia di reti infrastrutturali d'interesse nazionale, di funzioni di vigilanza e di controllo sulla realizzazione delle infrastrutture e delle opere pubbliche di valore superiore all'importo previsto dall'articolo 28, comma 1, lettera c), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, mediante: 1) l'obbligo, a carico dell'amministrazione procedente, di trasmettere al Ministero la documentazione necessaria per il controllo dell'idoneità della progettazione, dell'adeguatezza delle previsioni di spesa, della correttezza delle procedure di svolgimento delle gare per la loro esecuzione e delle fasi della loro realizzazione e collaudo, fermi restando i controlli di legittimità e contabili previsti dall'ordinamento; 2) l'attribuzione al Ministero della facoltà di chiedere l'integrazione della documentazione trasmessa e di formulare rilievi motivati; 3) l'attribuzione al Ministero del potere di eseguire verifiche e accertamenti, anche nel corso dell'esecuzione dell'opera ed entro un anno dalla data del suo collaudo, avvalendosi, ove necessario, del concorso di altre amministrazioni, compreso il Corpo della guardia di finanza; b) predisposizione di metodi e strumenti per la comparazione dei costi delle opere pubbliche di cui alla lettera a), articolati in forme sintetiche secondo le diverse tipologie di opere e analiticamente per le diverse categorie di costi di realizzazione, nonché su base territoriale; c) predisposizione di un sistema di controllo della durata delle opere pubbliche di cui alla lettera a), mediante la trasmissione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti delle informazioni concernenti la loro utilizzazione, il loro stato, gli interventi di manutenzione straordinaria eseguiti, la demolizione o il rifacimento integrale delle medesime; d) previsione della rotazione nella titolarità degli uffici dirigenziali dell'amministrazione centrale e periferica delle infrastrutture e dei trasporti, attinenti alla programmazione e alla realizzazione delle opere pubbliche, all'affidamento degli appalti e allo svolgimento delle gare, con una durata massima non superiore a un quadriennio, non immediatamente rinnovabile, per la permanenza nel medesimo incarico o sede. 4. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, con la procedura e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi stabiliti dal presente articolo, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive delle disposizioni del medesimo decreto legislativo. 5. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono adottate le modificazioni al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 2008, n. 211, in materia di organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, conseguenti all'attuazione delle disposizioni emanate ai sensi del presente articolo. |
N. 4501
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d'iniziativa dei deputati
TORRISI, CASSINELLI, DISTASO, FUCCI, PIANETTA ¾ |
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Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione |
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Presentata il 12 luglio 2011
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Onorevoli Colleghi! — La lotta alla corruzione è tema di estremo rilievo sia a livello nazionale che internazionale. Intensa è ovunque l'azione avviata contro la corruzione e in tale prospettiva i Paesi industrializzati aderenti all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) hanno modificato, in maniera coordinata, la propria legislazione rendendo così perseguibile penalmente la corruzione di pubblici ufficiali stranieri in tutti i Paesi firmatari della convenzione della stessa OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali.
Dal 4 luglio 2001 sono pienamente efficaci in Italia le norme penali introdotte in esecuzione della convenzione dell'OCSE del 17 dicembre 1997; più precisamente dal 25 ottobre 2000 è in vigore il nuovo articolo 322-bis del codice penale che prevede l'applicabilità delle disposizioni degli articoli 321 (pene per il corruttore) e 322, secondo comma, del medesimo codice penale (istigazione alla corruzione) a coloro che esercitano le funzioni di pubblici ufficiali e di incaricati di pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri od organizzazioni pubbliche internazionali.
Con la Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, del 9 dicembre 2003 (ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116) si inasprisce ulteriormente il contrasto alla corruzione internazionale, con particolare riguardo dei Paesi poveri e in via di sviluppo.
In particolare, nella legge di attuazione interna si estendono gli ambiti penali dell'articolo 322-bis del codice penale (peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione dei membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri).
Sono introdotti nel codice di procedura penale gli articoli 740-bis e 740-ter per normare la devoluzione a uno Stato estero delle cose confiscate al fine di agevolare il contrasto al depauperamento delle risorse spesso trafugate all'estero dai corruttori. Da ultimo, è prevista la designazione dell'Autorità nazionale anticorruzione e dell'autorità centrale di riferimento.
Ancora nell'azione di contrasto condotta a livello internazionale contro tale fenomeno criminale, nell'ambito del Consiglio d'Europa, è istituito il Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO) – di cui l'Italia fa parte dal 2007 – organismo che, tra le altre raccomandazioni formulate, ha invitato il nostro Paese ad adottare efficaci politiche di prevenzione della corruzione e, tra queste, quella di un Piano nazionale anticorruzione e a riferirne al Consiglio d'Europa entro il 31 gennaio 2011.
Tutto ciò per evitare che la corruzione rischi di divenire ambientale, endemica, un evento quasi consuetudinario, con il pericolo, estremamente grave, di determinare, nel tempo, una sorta di perversa abitudine alla corruttela e a tutte le cupe realtà che le sono connesse.
La riflessione sulle ripercussioni negative della corruzione per lo Stato e la coscienza dell'elevato disvalore sociale del fatto impongono la predisposizione di un'efficace strategia di contrasto del fenomeno rispetto alle nuove manifestazioni e all'evoluzione dei comportamenti corruttivi, influenzati anche dalla crescita e dallo sviluppo economici.
L'analisi e l'individuazione delle cause e delle diverse forme di manifestazione di questa dilagante forma di criminalità, la considerazione delle conseguenze della «corruzione» (intesa in senso ampio), in termini di costi, di sottrazione di risorse, di rinuncia a opportunità e, più in generale, di effetti distorsivi per la stessa vita democratica del Paese, richiedono una reazione forte ed efficace delle istituzioni. Evidentemente, sebbene siano stati compiuti passi significativi attraverso gli interventi legislativi degli ultimi anni – soprattutto quelli adottati in attuazione delle norme internazionali richiamate – la pericolosità sociale di questa forma di criminalità – spesso sommersa e di difficile individuazione – la diffusività del fenomeno – che ha, addirittura, determinato gli organismi internazionali a equiparare tale tipologia di reati (quelli cioè riconducibili al fenomeno corruttivo) a quelli più gravi propri del crimine organizzato – richiedono una più incisiva azione a livello normativo (oltre che ovviamente su tutti gli altri fronti).
Già diversi progetti di legge sono stati presentati nelle precedenti legislature nel perseguimento di tale finalità e anche allo scopo di dare attuazione alla convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo del 27 gennaio 1999.
Tuttavia, pur nel valorizzare le innovazioni più significative contenute nei precedenti progetti di legge, occorre tenere conto delle riforme legislative, nel frattempo intervenute, con le quali si è data attuazione alle citate convenzioni dell'OCSE e dell'ONU, ciò al fine di predisporre un intervento normativo il più possibile completo e armonico con il sistema vigente.
Pertanto, recependo appieno le indicazioni degli organismi internazionali dei quali anche l'Italia è Stato membro, si impone una rielaborazione della disciplina dei reati contro la pubblica amministrazione nella prospettiva della realizzazione di un contrasto sempre più efficace al fenomeno dilagante della corruzione.
L'articolo 1 della presente proposta di legge propone, innanzitutto, di realizzare l'unificazione dei reati di corruzione e di concussione (limitatamente all'ipotesi della concussione per induzione) con la conseguente creazione di un'unica figura di reato, denominata «corruzione», che prevede la punibilità del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che riceve indebitamente, per sé o per altri, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa, in relazione al compimento o all'omissione di un atto del suo ufficio o, comunque, in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni o alla sua attività.
Ai fini dell'integrazione della nuova fattispecie di reato non rileva che la dazione o la promessa derivino da «induzione» del pubblico ufficiale ovvero dalla concertazione di entrambe le parti.
Ciò in ragione della necessità di superare lo schema anacronistico e meno consono al disvalore sociale che nell'attuale contesto storico assume la condotta dell'originario soggetto passivo del delitto di concussione per induzione.
Invero, è sempre più difficile individuare il limen tra concussione per induzione e la corruzione, circostanza che ha dato luogo, sovente, a sforzi ermeneutici sfociati in pronunzie giurisprudenziali contraddittorie.
Occorre, quindi, tenere conto del mutamento realizzatosi, con il passare degli anni, nel rapporto tra il cittadino e il pubblico amministratore laddove il metus, il timore reverenziale suscitato dal pubblico ufficiale, viene meno di fronte all'interesse preminente di realizzare ingenti e facili guadagni.
Ovviamente resta ferma l'ipotesi della violenza o minaccia del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che nella nuova formulazione è ricompresa nella figura di reato dell'estorsione aggravata come si espliciterà di seguito.
Se è, dunque, agevole ravvisare il metus publicae potestatis, elemento della fattispecie di concussione, quando la volontà del privato sia coartata dall'esplicita minaccia di un danno, diviene sempre più difficile rinvenire l'ineffabile elemento della coartazione psicologica quando non sia avanzata un'esplicita ed aperta pretesa che consenta di stabilire se il pubblico ufficiale di fatto abbia agito in modo da ingenerare nella vittima la fondata convinzione di dover sottostare alle sue decisioni per evitare il pericolo di subire un pregiudizio.
Al contrario, accade spesso – con riferimento agli episodi di concussione per induzione che hanno ad oggetto la dazione di somme di denaro – che il preteso concusso rivesta un ruolo, per la sua particolare condizione economica, che gli conferisce, addirittura, una posizione di preminenza rispetto a quella del pubblico ufficiale e, certamente, non può sostenersi che in capo al «concusso» possa determinarsi quello stato di timore tale da escludere la libera autodeterminazione della volontà.
Invero, guardando al rapporto tra le volontà dei soggetti – quello tra «concussore per induzione» e soggetto passivo della concussione per induzione – esso è divenuto, ormai, nella realtà concreta un rapporto paritario che implica la libera convergenza delle medesime volontà verso la realizzazione di un comune obiettivo illecito.
In questo modo assume rilevanza penale una condotta altrimenti non punibile, quella, cioè, di colui che si lascia «indurre» a dare o a promettere, al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio, denaro od altra utilità, traendone indebiti vantaggi a scapito dell'interesse pubblico generale.
Peraltro, il giudice nel determinare la pena potrà – tenendo conto di tutte le modalità di realizzazione della condotta e delle circostanze di essa – operare una scelta che gli consentirà di spaziare tra il minimo e il massimo edittali.
Nella proposizione di una fattispecie unica del delitto di corruzione sono ricomprese tutte le condotte originariamente distinte negli articoli 318, 319 e 319-ter del vigente codice penale, con il superamento delle distinzioni tra corruzione propria, impropria, antecedente e susseguente, ritenute tutte condotte egualmente gravi e parimenti offensive dell'identico bene protetto dalla norma incriminatrice; mentre sono previsti degli aggravamenti di pena ascendenti se il fatto sia commesso in relazione all'omissione o al ritardo di un atto dovuto; se l'omissione o il ritardo dell'atto dovuto, ovvero il compimento dell'atto contrario ai doveri d'ufficio, sono diretti a favorire o a danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo.
Inoltre, rispettando la distinzione già operata nella vigente previsione normativa, la pena è ulteriormente aumentata se dal fatto consegua l'ingiusta condanna di taluno a pena detentiva superiore a due anni.
Se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni.
Ma ciò che è importante evidenziare è che il nuovo reato di corruzione prevede delle pene di gran lunga superiori rispetto a quelle attuali, sempre nella prospettiva, in attuazione delle direttive degli organismi internazionali, di assicurare una risposta dello Stato sufficientemente repressiva nei confronti di una tipologia di delitti che costituiscono un serio pericolo per l'economia nazionale e internazionale e per il rispetto dei princìpi di democrazia e di libertà.
La nuova pena prevede invero, nella forma semplice del reato, la condanna da due a otto anni – a fronte di quella attuale che va da sei mesi a tre anni – con un aumento nelle ipotesi aggravate di cui ai commi successivi da un terzo alla metà fino alla pena per l'ipotesi più grave di cui all'ultimo comma della reclusione da sei a venti anni, nel caso in cui dal fatto derivi l'ingiusta condanna di taluno alla pena della reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo (mantenendo in questo caso le previsioni sanzionatorie del codice penale vigente).
In tal modo, peraltro, si realizza anche un maggiore equilibrio tra le pene previste per la fattispecie semplice di reato di cui al primo comma e quella di cui all'ultimo comma, rispetto all'eccessiva sperequazione sussistente nell'attuale disciplina normativa.
Nel nuovo assetto normativo è proposta, inoltre, una doverosa differenziazione delle sanzioni tra corrotto e corruttore che rispecchi, nel modo più adeguato, il diverso disvalore sociale della condotta del primo rispetto a quella del secondo, in ragione della diversa posizione giuridica ricoperta laddove, nel primo caso, maggiore è l'aspettativa dei consociati di affidabilità e di liceità della condotta, in virtù del ruolo da questi ricoperto in seno all'ordinamento giuridico (articolo 54 della Costituzione). L'unificazione in un unico nuovo reato di «corruzione» delle attuali figure della concussione per induzione e della corruzione, infine, rende necessaria una specifica e diversa regolamentazione dell'attuale ipotesi della concussione per costrizione: al riguardo, la presente proposta di legge propone di ricondurre tale ipotesi nell'ambito del delitto di estorsione (articolo 629 del codice penale), come ipotesi aggravata dalla qualità dell'agente di pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio.
Nel tentativo di realizzare una proposta normativa il più possibile aderente alle esigenze consequenziali al mutamento della società civile ed ai pericoli derivanti dalla perpetrazione reiterata di condotte illecite che per meri fini utilitaristici minano costantemente l'apparato istituzionale dello Stato, sono state previste pene più gravi per il delitto di corruzione con una forbice piuttosto ampia tra minimo e massimo edittale delle pene rispettivamente stabilite per il corrotto e per il corruttore.
L'articolo 2 della proposta di legge, che sostituisce l'articolo 318 del codice penale, rubricandolo: «Pene per il corruttore», ha previsto, innanzitutto, la punibilità del corrotto, originariamente soggetto passivo del reato di concussione per induzione, e delle sanzioni differenziate per il corruttore rispetto a quelle del corrotto.
Rimane, altresì, sostanzialmente identica la previsione delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 319-bis, ora articolo 319 (articolo 3 della proposta di legge), così come la previsione di «riparazione pecuniaria» in favore della pubblica amministrazione cui appartenga il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio colpevole, in misura pari all'importo dato o promesso al corrotto, senza pregiudizio del diritto della pubblica amministrazione al risarcimento del danno, contemplato nell'originario articolo 319-ter, ora articolo 319-bis (articolo 4 della proposta di legge), con la sostituzione della nomenclatura degli articoli di riferimento sempre, ovviamente, in conseguenza della nuova riformulazione.
L'articolo 6 della proposta di legge riformula l'articolo 322 del codice penale in tema di istigazione alla corruzione prevedendo un inasprimento di pene per coordinare tale figura di reato con il nuovo assetto normativo dato alla materia della corruzione anche in ragione degli aumenti di pena previsti per le altre ipotesi delittuose.
Rimane sostanzialmente inalterato, inoltre, l'articolo 322-ter (articolo 7 della proposta di legge) concernente la confisca dei beni che costituiscono profitto o il prezzo del reato, che prevede la sola sostituzione dei riferimenti agli articoli la cui numerazione varia in conseguenza della precedente riformulazione.
Con l'articolo 8 della proposta di legge – che sostituisce il secondo comma dell'articolo 629 del codice penale – l'originario delitto di concussione (come si accennava in precedenza) è inquadrato nella fattispecie estorsiva come forma aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, con conseguente previsione di pene più gravi da sei a venti anni rispetto a quella vigente da quattro a dodici anni, proprio in ragione dell'elevato e più grave disvalore sociale che vuole conferirsi alla condotta del concussore.
Nel quadro delle modifiche apportate al codice penale, da ultimo, – anche e soprattutto tenendo in considerazione le indicazioni contenute nella citata convenzione penale di Strasburgo, in corso di ratifica (atto Senato n. 850), che impone la punizione sia di colui che elargisce che di colui che riceve denaro o altre utilità per l'esercizio di vantata influenza su un pubblico funzionario – è stata prevista una nuova ipotesi di reato che sostituisce quella originaria del millantato credito.
La nuova fattispecie è più ampia rispetto al reato di millantato credito attualmente disciplinato dall'articolo 346 del codice penale (ora sostituito dall'articolo 9 della proposta di legge), in quanto è prevista la punibilità anche del soggetto erogatore, nonché la necessità dell'estensione della punibilità della condotta di credito vantato anche nei confronti di incaricato di pubblico servizio non impiegato.
Pertanto, è attribuita penale rilevanza a condotte non punibili secondo le previsioni vigenti. La nuova fattispecie è denominata in luogo di «millantato credito», «traffico di influenze illecite», ipotesi a dire il vero proposta nei precedenti progetti di legge di ratifica della citata convenzione di Strasburgo.
L'articolo 10 della proposta di legge introduce, infine, con il nuovo articolo 360-bis del codice penale, sia per il corrotto sia per il corruttore, una speciale circostanza attenuante, sempre nella finalità di perseguire il fenomeno corruttivo nella maniera più efficace possibile. Invero – ritenendo la previsione di un'eventuale impunità (sia pure proposta in altri progetti di legge) eccessiva e, comunque, iniqua per il fatto che nei confronti di un soggetto pur sempre autore di un grave reato non fosse applicata alcuna sanzione – è parso più opportuno «premiare» una condotta collaborativa che consentisse di individuare non solo l'autore del reato ma anche il patrimonio realizzato illecitamente mediante la perpetrazione di tali condotte illecite, contemplando così una diminuzione di pena, dalla metà ai due terzi, per chi denuncia il fatto prima che il giudice per le indagini preliminari, in seguito al deposito della richiesta di rinvio a giudizio, abbia emesso il decreto di fissazione dell'udienza preliminare.
L'articolo 11 della proposta di legge introduce nel codice penale l'articolo 629-bis che prevede la nuova fattispecie di concussione per costrizione.
Gli articoli 12 e 13 della proposta di legge recano invece norme di coordinamento conseguenti all'introduzione dell'articolo 629-bis del codice penale: in particolare è aggiunto il richiamo al citato articolo 629-bis rispettivamente negli articoli 317-bis e 322-bis.
Da ultimo, in conseguenza del nuovo assetto dei delitti contro la pubblica amministrazione per esigenze di coordinamento e di armonizzazione, negli ulteriori articoli (articoli da 14 a 19) sono state previste modifiche di alcune norme del codice penale (oltre quelle in precedenza richiamate) e di leggi speciali contenenti espliciti richiami ai delitti contro la pubblica amministrazione: si tratta di modifiche consistenti nella mera sostituzione degli articoli richiamati in ragione della nuova denominazione.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. 1. L'articolo 317 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 317. – (Corruzione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che riceve indebitamente, per sé o per altri, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa, in relazione al compimento o all'omissione di un atto del suo ufficio o comunque in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni o alla sua attività, è punito con la reclusione da due a otto anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso in relazione all'omissione o al ritardo di un atto dovuto ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; l'aumento è da un terzo alla metà se l'omissione o il ritardo dell'atto dovuto, ovvero il compimento dell'atto contrario ai doveri d'ufficio, sono diretti a favorire o a danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo. Nel caso di cui al primo comma, la pena è ulteriormente aumentata se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno a pena detentiva superiore a due anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni».
Art. 2. 1. L'articolo 318 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 318. – (Pene per il corruttore). – Chiunque indebitamente dà o promette a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio, anche se a seguito di sollecitazione o induzione del medesimo, denaro o altra utilità in relazione al compimento o all'omissione di un atto del suo ufficio o comunque in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni o alla sua attività, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso in relazione all'omissione o al ritardo di un atto dovuto ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; l'aumento è da un terzo alla metà se l'omissione o il ritardo dell'atto dovuto ovvero il compimento dell'atto contrario ai doveri d'ufficio sono diretti a favorire o a danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo. Nel caso di cui al primo comma, la pena è ulteriormente aumentata se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno a pena detentiva superiore a due anni. Quando la dazione o la promessa è effettuata per un atto d'ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio, il corruttore è punito con la pena della reclusione da tre mesi a un anno. La pena per il corruttore è diminuita fino alla metà quando lo stesso è indotto alla dazione o alla promessa al solo fine di evitare il pericolo di un danno ingiusto».
Art. 3. 1. L'articolo 319 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 319. – (Circostanze aggravanti). – La pena è aumentata se il fatto di cui agli articoli 317 e 318 ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni ovvero la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio appartiene».
Art. 4. 1. L'articolo 319-bis del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 319-bis. – (Riparazione pecuniaria). – Con la sentenza di condanna, ovvero con la sentenza di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati previsti dagli articoli 317 e 318, nonché per il reato previsto dall'articolo 629, secondo comma, è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore della amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio appartiene, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno».
Art. 5. 1. L'articolo 320 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 320. – (Corruzione di persona incaricata di pubblico servizio). – Le disposizioni di cui agli articoli 317, 318, 319 e 319-bis si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato. In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore a un terzo».
Art. 6. 1. L'articolo 322 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 322. – (Istigazione alla corruzione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, per compiere od omettere un atto del suo ufficio, o comunque in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni o alla sua attività, chiede, per sé o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne sollecita la promessa, è punito, qualora la richiesta o sollecitazione non sia accolta, con la reclusione da due a sette anni. Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio per indurlo a compiere od omettere un atto del suo ufficio o comunque in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni o alla sua attività, è punito, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, con la reclusione da uno a quattro anni. Le pene previste sono aumentate se il fatto è commesso in relazione all'omissione o al ritardo di un atto dovuto ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; l'aumento è da un terzo alla metà se l'omissione o il ritardo dell'atto dovuto ovvero il compimento dell'atto contrario ai doveri d'ufficio sono diretti a favorire o a danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo».
Art. 7. 1. All'articolo 322-ter del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: «dagli articoli da 314 a 320» sono sostituite dalle seguenti: «dagli articoli da 314 a 317 e dall'articolo 629-bis»; b) al secondo comma, le parole: «dall'articolo 321» sono sostituite dalle seguenti: «dall'articolo 318».
Art. 8. 1. Il secondo comma dell'articolo 629 del codice penale è sostituito dal seguente: «La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 1.032 a euro 3.098 se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio abusando della sua qualità o dei suoi poteri ovvero se concorre taluna delle circostanze indicate nel quarto comma dell'articolo 628».
Art. 9. 1. L'articolo 346 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 346. – (Traffico di influenze illecite). – Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o per l'incaricato di pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni e con la multa da euro 600 a euro 4.000. Nei casi di cui al primo comma, chi versa o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 516 a euro 3.098. La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adduce di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali. Se i fatti previsti dal primo e dal secondo comma sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici».
Art. 10. 1. Al capo III del titolo II del libro secondo del codice penale, dopo l'articolo 360 è aggiunto il seguente: «Art. 360-bis. – (Circostanza attenuante) – La pena prevista per i delitti di cui agli articoli 317, 318 e 346 è diminuita fino a due terzi qualora l'autore del fatto, prima che sia emesso il decreto di fissazione dell'udienza preliminare, fornisca indicazioni utili all'individuazione degli altri responsabili e al sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite».
Art. 11. 1. Dopo l'articolo 629 del codice penale è inserito il seguente: «Art. 629-bis. – (Concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe con violenza o minaccia taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni».
Art. 12. 1. All'articolo 317-bis del codice penale, le parole: «per i reati di cui agli articoli 314 e 317» sono sostituite dalle seguenti: «per i reati di cui agli articoli 314 e 629-bis».
Art. 13. 1. All'articolo 322-bis, primo comma, alinea, del codice penale, le parole: «e 322, terzo e quarto comma,» sono sostituite dalle seguenti: «, 322, terzo e quarto comma, e 629-bis».
Art. 14. 1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 32-quater, le parole: «317, 318, 319-bis, 320, 321 e 322-bis» sono soppresse e dopo le parole: «501-bis,» sono inserite le seguenti: «629, secondo comma,»; b) all'articolo 32-quinquies, le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «318, 322, 322-bis e 629, secondo comma,»; c) gli articoli 319-ter e 321 sono abrogati.
Art. 15. 1. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 58, comma 1, lettera b), le parole: «317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio)» sono sostituite dalle seguenti: «317 (corruzione), 322 (istigazione alla corruzione) 322-bis (peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri) e 629 (estorsione)»; b) all'articolo 59, comma 1, lettera a), le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «318, 322, 322-bis e 629».
Art. 16. 1. All'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «318, 322, 322-bis e 629, secondo comma,».
Art. 17. 1. All'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993, n. 461, le parole: «317, 318, primo comma, 319, 319-ter, 320, 321, 323, secondo comma, e 326, terzo comma, prima parte,» sono sostituite dalle seguenti: «318, 323, secondo comma, 326, terzo comma, prima parte, e, limitatamente ai fatti commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni, 629, secondo comma,».
Art. 18. 1. All'articolo 159, comma 3, della legge 16 febbraio 1913, n. 89, e successive modificazioni, le parole: «truffa e calunnia» sono sostituite dalle seguenti: «truffa, calunnia ed estorsione».
Art. 19. 1. L'articolo 25 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è sostituito dal seguente: «Art. 25. – (Corruzione e traffico di influenze illecite) – 1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 318, 322, 322-bis e 346, primo, secondo e quarto comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote. 2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 317, secondo comma, e 346, quinto comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote. 3. Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi 1 e 2 si applicano all'ente anche quando tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 357, secondo comma, e 358, secondo comma, del codice penale». |
N. 4516
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d'iniziativa del deputato GARAVINI ¾ |
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Modifiche al codice penale e al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per il contrasto della corruzione e del traffico di influenze |
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Presentata il 18 luglio 2011
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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge apporta le necessarie modifiche alle norme vigenti, anche mediante l'introduzione di nuove fattispecie penali atte a rendere più efficace l'azione di prevenzione e di contrasto delle condotte illecite di corruzione nella pubblica amministrazione, un fenomeno in costante aumento nel nostro Paese, sempre più dilagante e pervasivo. La corruzione, secondo i dati forniti dalla Corte dei conti in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2009, rappresenta la quarta fonte di danno erariale. Le denunce al Corpo della guardia di finanza per reati legati alla corruzione sono cresciute del 229 per cento e quelle per concussione sono aumentate del 153 per cento. Il fenomeno, soprattutto per quanto riguarda i reati di corruzione, concussione e abuso d'ufficio, continua a presentare carattere di estrema gravità.
La corruzione ha finito per diventare una «tassa occulta» che costa all'economia e ai cittadini italiani circa 60 miliardi di euro l'anno, un volume pari a due manovre finanziarie, un obolo di circa 1.000 euro a testa per ogni italiano, neonati compresi. Questa è la stima contenuta nel primo Rapporto al Parlamento del Servizio anticorruzione e trasparenza (SAeT), nell'ambito del Dipartimento della funzione pubblica – Presidenza del Consiglio dei ministri. Un'enorme massa di denaro sottratto ai cittadini che, nell'attuale contesto di crisi economica, rende il fenomeno ancora più allarmante.
Il fenomeno della corruzione ha radici solide in Italia, rispetto ad altri Paesi europei, un dato che emerge anche dalle rilevazioni di Transparency international, un organismo sovranazionale indipendente che studia il fenomeno a livello globale. Dalla sua ultima rilevazione di febbraio 2010, su 180 Paesi si evince che l'Italia ha perso nuove posizioni nella graduatoria della corruzione nel settore pubblico: nel 2007 era al 41o posto, nel 2008 al 55o e nel 2009 al 63o posto; in due anni il nostro Paese è drammaticamente sprofondato di 22 posti. Con il suo 63o posto è peggiore della Turchia, di Capo Verde e del Botswana.
La corruzione ostacola lo sviluppo economico, contrasta con i princìpi di buon governo e di etica della politica, priva i cittadini delle risorse atte a garantire servizi pubblici essenziali e minaccia il principio di uguaglianza e di libera concorrenza. La lotta alla corruzione nei suoi differenti aspetti, a partire dagli anni novanta, si è imposta all'attenzione della comunità internazionale che ne ha percepito l'estrema pericolosità non solo per il progresso socio-economico ma anche per la democrazia, per il diritto e per le libertà fondamentali.
Le fattispecie penali vigenti nel nostro ordinamento in materia di corruzione necessitano di una profonda revisione, soprattutto per quanto riguarda l'apparato sanzionatorio, inadeguato rispetto alla gravità dei comportamenti e all'impatto sociale ed economico di reati integranti la corruzione, la concussione, l'appropriazione indebita aggravata, il peculato, la truffa e l'estorsione.
Nonostante il nostro Paese abbia vissuto un momento drammatico a causa del dilagare del fenomeno corruttivo negli anni novanta (cosiddetta «tangentopoli»), la risposta sanzionatoria nei confronti di tali comportamenti illeciti ha continuato a essere troppo mite e in taluni casi incerta. Particolare elemento di preoccupazione deriva poi dal rischio del venire meno di una risposta repressiva certa, anche a causa dell'introduzione di previsioni di riduzione dei termini di prescrizione previsti dalla cosiddetta «legge Cirielli» (legge 5 dicembre 2005, n. 251), tali da impedire, di fatto, l'accertamento giudiziario dei reati di corruzione.
Da molti anni il tema della lotta alla corruzione è stato affrontato in sede europea. La Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, impone a ciascuno Stato contraente di prevedere nel proprio ordinamento giuridico efficaci rimedi in favore dei soggetti che hanno sofferto danni in conseguenza di atti di corruzione, sia sotto il profilo della tutela giudiziale dei loro diritti e interessi, sia sotto quello sostanziale del risarcimento del danno. Tale Convenzione costituisce l'esito di molteplici iniziative assunte dal Consiglio d'Europa per fronteggiare il fenomeno della corruzione.
Muovendo dalle riflessioni maturate in seno alla 19a Conferenza dei Ministri europei della giustizia, tenutasi a Malta nel giugno 1994, il Consiglio d'Europa si è attivato contro la corruzione sia con l'istituzione nel 1994 del Gruppo multidisciplinare sulla corruzione (GMC), sia con l'adozione, nel 1996, di un articolato Programma d'azione contro la corruzione (Programme of Action against Corruption – PAC), che costituisce il fondamento giuridico delle attività consiliari in tale direzione. Lo sviluppo di queste attività si è realizzato gradualmente per tappe, tra le quali rileva il secondo vertice dei Capi di Stato e di Governo dell'ottobre 1997 con il menzionato Programma, che ha ricevuto un decisivo impulso politico, facendo della lotta alla corruzione uno degli obiettivi prioritari ed essenziali del Consiglio.
In seguito, la 21a Conferenza dei Ministri europei della giustizia, svoltasi a Praga (1997), ha adottato la risoluzione n. 1 sul collegamento tra corruzione e crimine organizzato, nella quale si sottolinea come la corruzione, ostacolando lo sviluppo economico e mettendo a repentaglio la stabilità delle istituzioni democratiche, rappresenti un grave impedimento all'affermazione della preminenza del diritto, della democrazia e dei diritti dell'uomo, dell'equità e della giustizia sociale. In tale occasione si raccomanda di dare pronta attuazione al PAC anche attraverso la predisposizione di uno strumento internazionale volto in particolare a disciplinare il risarcimento dei danni sofferti in conseguenza di fatti di corruzione.
Il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha adottato, il 6 novembre 1997, la risoluzione 97(24), concernente venti princìpi guida per la lotta contro la corruzione. Il principio 17 indica espressamente, quale necessità prioritaria, la previsione di una disciplina civilistica regolante, in particolare, l'aspetto dei rimedi giudiziali per la tutela di diritti e di interessi pregiudicati da atti di corruzione. Alla Conferenza di Chisinau (giugno 1999), i Ministri europei della giustizia hanno adottato la risoluzione n. 3 sulla lotta contro la corruzione, che sollecita il Comitato dei Ministri ad adottare la Convenzione civile sulla corruzione da aprire alla firma prima della fine del 1999.
Anche la Convenzione penale sulla corruzione, siglata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo il 27 gennaio 1999, contiene una definizione di nozione di corruzione analoga a quella presente nella Convenzione civile, delineando, pertanto, un processo di adeguamento e di coordinamento della nozione di corruzione rinvenibile attualmente nel nostro ordinamento con quella tratteggiata in sede internazionale.
La presente proposta di legge intende rispondere alle raccomandazioni rivolte dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) al nostro Paese e agli altri Stati parte circa la necessità di modificare la normativa vigente in materia di reati contro la pubblica amministrazione, in particolare per quanto concerne la punibilità, nell'ambito delle operazioni economiche internazionali, del soggetto che indebitamente offra o prometta denaro per conseguire un vantaggio ingiusto.
L'OCSE ha richiamato la necessità di assicurare la punibilità di tutte le ipotesi sussumibili nello schema della corruzione, anche sotto il profilo dell'ingiusto vantaggio conseguito dal privato, essendo irrilevante a questo scopo l'eventuale costrizione o induzione subita dal soggetto ad opera del pubblico ufficiale (vedi le conclusioni del Working Group on Bribery in International Business Transactions con riferimento allo stato di attuazione in Italia delle disposizioni della Convenzione dell'OCSE).
Le nuove forme di illecito commesse nell'ambito dei rapporti tra pubblico e privato richiedono, secondo la normativa europea, la punibilità anche dell'intermediario privato e l'attribuzione di una maggiore rilevanza del reato di corruzione tra privati, necessità confermata dall'emersione di un diverso atteggiarsi del fenomeno corruttivo e che ricade solo in parte nelle vecchie configurazioni di corruzione e concussione conosciute dal codice penale italiano vigente. Un'esigenza richiamata anche dalla Corte di cassazione che, in una sentenza del 2006, assolveva il giudice Squillante (caso IMI-SIR) in quanto «il caso in esame è inquadrabile nel “traffico di influenza”, di cui parla la Convenzione penale europea del 1999 sulla corruzione non ancora ratificata nel nostro ordinamento».
La necessità di introdurre fattispecie penali capaci di sanzionare condotte di corruzione e di malaffare nel settore privato diventa sempre più stringente ed è in linea con quanto previsto dalla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato, il cui recepimento era previsto nella legge comunitaria 2007 (legge 25 febbraio 2008, n. 34). A tale fine, la presente proposta di legge mira a introdurre il reato di corruzione in affari privati (articolo 319-quater del codice penale introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera g), della proposta di legge).
Le innovazioni normative proposte, da un lato, provvedono a razionalizzare la normativa vigente, semplificando la classificazione delle condotte criminose e la valutazione del disvalore penale di ognuna di esse, conferendo rilevanza anche a quelle condotte che, pur emblematiche di una particolare offensività nei confronti del buon andamento della pubblica amministrazione, non risultano tuttavia in alcun modo sanzionate all'interno del sistema penale italiano; dall'altro provvedono a un inasprimento delle sanzioni penali per i reati più gravi contro la pubblica amministrazione, anche nel minimo edittale, per evitare che l'applicazione generalizzata di attenuanti determini la concreta inefficacia della sanzione. Al contempo, e per controbilanciare l'inasprimento della risposta penale e contribuire a far emergere le condotte corruttive, si è inteso introdurre una forte riduzione di pena per l'imputato che decida di collaborare fattivamente al fine di ricostruire i fatti, catturare altri responsabili o permettere il recupero delle somme versate o delle altre utilità trasferite.
La presente proposta di legge mira a ridisegnare il quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione, trasferendo la condotta di concussione per costrizione (articolo 317 del codice penale) all'interno di quelle previste e punite dall'articolo 629 del codice penale (estorsione) e la condotta di concussione per induzione all'interno della nuova fattispecie di corruzione, la quale ricomprende in sé il disvalore penale degli articoli 318, 319 e 321 del codice penale vigente, prevedendo in ogni caso anche la punibilità del corruttore.
Tutte le pene edittali proposte tengono conto dell'obbligo, contenuto nell'articolo 19 della Convenzione, di prevedere, nei confronti dei reati previsti dallo strumento internazionale, «sanzioni e misure efficaci, proporzionate e dissuasive, che includano (...) sanzioni privative della libertà».
L'articolo 2 della Convenzione impone di rivedere la non punibilità del concusso – quanto meno nelle ipotesi di concussione per induzione – poiché richiede di assoggettare a sanzione penale la promessa, l'offerta o la dazione, diretta o indiretta, di un vantaggio indebito a uno dei propri funzionari pubblici, per sé o per altri, perché compia o si astenga dal compiere un atto nell'esercizio delle sue funzioni.
Per tali ragioni la soluzione prospettata dalla presente proposta di legge è quella di unificare le fattispecie di concussione per induzione, corruzione propria e impropria, antecedente e susseguente, e di ricondurre la fattispecie di concussione per costrizione al delitto di estorsione.
L'articolo 1, comma 1, della presente proposta di legge apporta alcune modifiche in materia di concussione e di corruzione, con riferimento in particolare agli articoli 32-quater e 32-quinquies del codice penale, che individuano le ipotesi di applicazione, rispettivamente, delle pene accessorie dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione e dell'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego con amministrazioni pubbliche.
Si procede alla sostituzione del richiamo alle nuove disposizioni in materia di corruzione, corruzione in atti giudiziari ed estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma, del codice penale (articolo 1, comma 1, lettere a) e b), della proposta di legge).
L'articolo 1, comma 1, lettera d), della proposta di legge provvede ad abrogare gli articoli 317, 318, 319-bis, 320, 321 e 322-bis del codice penale, mentre la lettera e) del comma 1 dello stesso articolo introduce la nuova fattispecie unica del delitto di corruzione e concussione (articolo 319 riformulato del codice penale).
Il nuovo articolo 319 prevede la punibilità del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio o servizio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o del servizio, con la reclusione da quattro a dodici anni. Nel medesimo articolo sono previste le stesse pene per il corruttore, il quale è punito per la promessa o la dazione di cui sopra; se queste ultime condotte sono finalizzate a remunerare un atto dell'ufficio o del servizio già compiuti dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio, la pena nei confronti del corruttore è, invece, quella, più lieve, della reclusione da tre mesi a un anno.
Tale sistema sanzionatorio consente di stigmatizzare in maniera più evidente le condotte del funzionario pubblico che riceva denaro o altra utilità in relazione agli atti del proprio ufficio, mentre prevede un trattamento sanzionatorio più lieve nei confronti del privato, nei casi in cui l'atto sia stato già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio (condotta attualmente priva di sanzione penale).
L'articolo 319 prevede, inoltre, una specifica diminuzione di pena (fino alla metà) per il caso in cui il corruttore sia indotto alla dazione o alla promessa al solo fine di evitare il pericolo di un danno ingiusto; tale disposizione consente di valorizzare adeguatamente le peculiarità di tutte quelle situazioni in cui il privato, pur non risultando – materialmente o psicologicamente – costretto alla dazione indebita, pur tuttavia è alla stessa indotto a opera del pubblico ufficiale, dell'incaricato di pubblico servizio o della particolare situazione sussistente nell'ambito della pubblica amministrazione di riferimento (condizione già individuata da giurisprudenza e dottrina come «concussione ambientale»). In tali casi, quindi, è apparso opportuno dare il giusto risalto a tale condizione psicologica soggettiva del privato, la quale, pur non raggiungendo il livello di una vera e propria coartazione della volontà, ne costituisce comunque una limitazione. L'applicabilità della circostanza attenuante viene, tuttavia, circoscritta al solo caso in cui la condotta sia stata finalizzata a evitare il pericolo di un danno ingiusto, non apparendo opportuno che della stessa possa beneficiare anche chi, pur in un contesto di particolare diffusione del fenomeno corruttivo, tenda al raggiungimento di profitti o vantaggi a lui altrimenti non spettanti.
Il sistema, delineato dalla nuova fattispecie, di cui all'articolo 319 del codice penale riformulato, trova una sua intrinseca coerenza attraverso le seguenti modifiche:
la nuova formulazione della corruzione in atti giudiziari (articolo 319-ter del codice penale, come sostituito dalla lettera f) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge) è coerente con l'unificazione delle fattispecie corruttive, configurandosi la corruzione in atti giudiziari quale reato più grave fra le condotte corruttive;
la nuova fattispecie della corruzione in affari privati (articolo 319-quater del codice penale, introdotto dalla lettera g) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge) viene introdotta in aderenza alle previsioni di cui agli articoli 7 e 8 della Convenzione penale che contemplano, rispettivamente, la corruzione attiva e la corruzione passiva nel settore privato;
l'istigazione alla corruzione (articolo 322 del codice penale, come sostituito dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge), nel caso che il corruttore non riesca a portare a termine il suo proposito, viene riformulata in termini più semplici;
con l'introduzione dell'articolo 322-quater del codice penale viene configurata ex novo l'istigazione alla corruzione in affari privati (lettera i) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge);
la riformulazione dell'attuale articolo 323-bis del codice penale (circostanza attenuante) provvede ad aumentare i possibili effetti di riduzione della pena prevista per i casi di particolare tenuità, nei casi in cui si determini una concreta e fattiva collaborazione da parte dell'imputato; l'innalzamento della pena per il delitto di corruzione e l'unificazione di tutte le possibili fattispecie a essa riconducibili hanno reso necessaria la previsione di tale circostanza per consentire di adeguare la pena inflitta al caso concreto;
l'introduzione della nuova fattispecie di «traffico di influenze illecite» (articolo 346 del codice penale come sostituito dalla lettera m) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge).
Per quanto attiene alla previsione del reato di traffico d'influenza (uno degli aspetti più innovativi contenuti anche nella citata Convenzione europea) le disposizioni europee impongono la punizione sia dell'erogatore quanto del ricevente somme di danaro o utilità diverse per l'esercizio di una vantata influenza impropria su un pubblico funzionario (trading in influence).
Il trading in influence (reato sanzionato in molti Paesi, tra cui Gran Bretagna, Belgio, Paesi Bassi, Finlandia, Svezia, Norvegia, Portogallo e Grecia) mira a punire la condotta di chi prende elargizioni e tangenti per far ottenere a chi versa soldi o favori da un pubblico ufficiale e, in sostanza, funge da intermediario. Il nuovo reato risponde alla necessità di punire condotte corruttive diverse dal passato, caratterizzate da una triangolazione sofisticata dove si inseriscono una nuova figura di intermediario e il soggetto che riceve la retribuzione, un soggetto diverso da quello che compie l'attività amministrativa di favore. Può, infatti, accadere che chi firma l'atto contrario ai doveri d'ufficio non riceva denaro o favori e che chi riceva somme di denaro o favori non firmi nulla, con il risultato che tale condotta risulti difficilmente punibile. La fattispecie coincide solo parzialmente con il reato di millantato credito attualmente previsto dall'articolo 346 del codice penale, perché richiede la punizione anche del soggetto erogatore, nonché la necessità dell'estensione della punibilità della condotta di credito vantato anche nei confronti di incaricato di pubblico servizio non impiegato. Per tale ragione la proposta di legge provvede a novellare l'articolo 346 del codice penale, ridenominando la figura criminosa come «traffico di influenze illecite», in sostituzione di «millantato credito», allo scopo di contemplare tutte le fattispecie incriminatrici secondo le previsioni della Convenzione stessa.
Inoltre, allo scopo di recuperare la possibilità di emersione del fenomeno corruttivo è stata introdotta la previsione di speciali circostanze attenuanti (articolo 346-ter del codice penale, introdotto dalla lettera n) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge e secondo comma dell'articolo 323-bis del codice penale, introdotto dalla lettera l) del comma 1 dell'articolo 1 della proposta di legge), in base alle quali la pena prevista per i delitti di corruzione, concussione e traffico di influenze illecite è diminuita fino a due terzi qualora l'autore del fatto, prima che sia esercitata l'azione penale, fornisca indicazioni utili all'individuazione degli altri responsabili e al sequestro delle somme o altre utilità trasferite.
La presente proposta intende poi intervenire anche sullo statuto penale dei funzionari internazionali, intervenendo sulla disciplina vigente (la legge 29 settembre 2000, n. 300) che si presenta come limitata e frammentaria. Infatti, quest'ultima limita la rilevanza ai fini della punibilità secondo la legge italiana da una parte ai soli fatti che coinvolgano funzionari dell'Unione europea e funzionari degli Stati membri dell'Unione e, dall'altra, quando si tratta di funzionari di altre organizzazioni internazionali o di Stati esterni all'Unione, ai soli fatti collegati a operazioni economiche internazionali, mentre la Convenzione di Strasburgo adotta un approccio più generale. Per tali ragioni la disposizione introdotta dalla presente proposta di legge (articolo 346-bis del codice penale, introdotto dalla lettera n) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge) è volta a equiparare in via generale alle figure del pubblico ufficiale e dell'incaricato di pubblico servizio le persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti nell'ambito di Stati esteri ovvero di organizzazioni internazionali, in modo da assicurare la tutela penale di tali funzionari anche in quanto persone offese nel quadro di altre ipotesi criminose.
Infine, la lettera o) del comma 1 dell'articolo 1 intende rafforzare l'attuale fattispecie contenuta nell'articolo 416-ter (Scambio elettorale politico-mafioso), estendendo la configurazione del fenomeno corruttivo e di scambio elettorale mafioso non solo nei confronti di chi ottiene ma anche di chi si adoperi affinché si raggiunga l'illecito e lo scambio corruttivo in oggetto, ma soprattutto si estendono le fattispecie corruttive mafiose anche alle ipotesi di promessa di voti non scambiate necessariamente con un corrispettivo in denaro ma anche mediante altre utilità, tali da soddisfare le esigenze o le richieste in favore delle organizzazioni criminali di stampo mafioso (come molte vicende recenti corruttive segnalano).
Il nuovo assetto dei delitti contro la pubblica amministrazione determina, poi, l'esigenza di modificare le norme contenenti espliciti richiami ai delitti stessi, di volta in volta considerati quale presupposto per l'applicazione di pene accessorie, di ipotesi particolari di confisca, di cause ostative alla candidatura o al mantenimento di cariche elettive e di particolari disposizioni in materia di rapporto di lavoro con amministrazioni pubbliche. A tal fine l'articolo 2 della presente proposta di legge apporta le necessarie modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, conseguenti al nuovo assetto conferito alla disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione, sostituendo integralmente l'articolo 25 del predetto decreto, modificando tutti i riferimenti normativi ivi previsti e riunendo in due soli gruppi le sanzioni da irrogare nei confronti degli enti.
Accanto al necessario intervento legislativo di adeguamento delle disposizioni vigenti in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, si ritiene necessaria un'armonizzazione del sistema, anche intervenendo nell'ambito di una revisione dei delitti contro il patrimonio, per punire finalmente chi reimpiega il denaro ricavato da un reato da lui stesso commesso e per rafforzare le misure di contrasto del riciclaggio.
In tale direzione la proposta di legge interviene per rafforzare il contrasto dei reati di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, introducendo la fattispecie di «autoriciclaggio». Si tratta di un'attività non ancora sanzionata penalmente in Italia, mentre lo è già negli Stati Uniti d'America, in Francia e perfino in Svizzera, nonostante che rappresenti uno dei più importanti canali di utilizzazione dei proventi dei delitti posti in essere dal crimine organizzato. A tal fine le lettere p) e q) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge intervengono sugli articoli 648-bis (riciclaggio) e 648-ter (riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) del codice penale, sopprimendo la clausola di riserva «Fuori dei casi di concorso nel reato», in modo da consentire l'autonoma rilevanza penale dell'autoriciclaggio e di attribuire rilevanza penale anche nei confronti dell'autore o del complice del reato presupposto, attualmente non punibile per il reato di riciclaggio, mentre lo è il terzo estraneo al reato presupposto che cooperi con il reo. Mediante l'introduzione di un comma finale si prevede che le disposizioni sul riciclaggio si applichino anche nei confronti della persona che ha concorso nel reato presupposto, ad eccezione degli atti di godimento che non eccedano l'uso dei beni secondo la naturale destinazione, ovvero in caso di utilizzo del denaro, dei beni o delle altre utilità provento del reato presupposto per finalità non speculative, imprenditoriali o commerciali.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Modifiche al codice penale). 1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 32-quater, le parole: «317, 318,», le parole: «319-bis, 320, 321,» e le parole: «322-bis» sono soppresse e dopo le parole: «501-bis,» sono inserite le seguenti: «629, secondo comma,»; b) all'articolo 32-quinquies, le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter e 629, secondo comma,»; c) all'articolo 317-bis, le parole: «per il reato di cui agli articoli 314 e 317» sono sostituite dalle seguenti: «per il reato di cui all'articolo 314»; d) gli articoli 317, 318, 319-bis, 320, 321 e 322-bis sono abrogati; e) l'articolo 319 è sostituito dal seguente: «Art. 319. – (Corruzione e concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio o servizio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o del servizio, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. La stessa pena di cui al primo e al secondo comma si applica a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio denaro o altra utilità. Se la dazione o la promessa sono effettuate per un atto d'ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno. La pena per il corruttore è diminuita fino alla metà quando lo stesso è indotto alla dazione o alla promessa al solo fine di evitare il pericolo di un danno ingiusto»; f) l'articolo 319-ter è sostituito dal seguente: «Art. 319-ter. – (Corruzione in atti giudiziari). – Se i fatti di cui all'articolo 319 sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio è punito con la reclusione da cinque a dodici anni. La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. La stessa pena di cui al primo e al secondo comma si applica a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio denaro o altra utilità. Se la dazione o la promessa sono effettuate per un atto d'ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale, si applica la pena della reclusione da sei mesi a un anno»; g) dopo l'articolo 319-ter è inserito il seguente: «Art. 319-quater. – (Corruzione in affari privati). – I dipendenti, i consulenti e i collaboratori di una società che indebitamente ricevono, per sé o per terze persone, denaro o altra utilità o ne accettano la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di atti rientranti nei propri incarichi e funzioni, ovvero al compimento di atti contrari ai propri doveri, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni. Se il reato di cui al primo comma è commesso da amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci o liquidatori, si applica la pena della reclusione da due a otto anni. La condanna importa l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese. La stessa pena di cui al primo comma si applica a chi dà o promette ai dipendenti, ai consulenti o ai collaboratori di una società denaro o altra utilità. Quando la dazione o la promessa viene effettuata per un atto già compiuto, si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni. Nei casi di cui al secondo comma, chi dà o promette agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci o ai liquidatori denaro o altra utilità è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Quando la dazione o la promessa è effettuata per un atto già compiuto, si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni»; h) l'articolo 322 è sostituito dal seguente: «Art. 322. – (Istigazione alla corruzione). – Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio nei casi di cui all'articolo 319 soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dal medesimo articolo 319, terzo comma, ridotta di un terzo. Se l'offerta o la promessa è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dal medesimo articolo 319-ter, terzo comma, ridotta di un terzo. Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità nei casi indicati dal medesimo articolo 319 è punito, qualora la sollecitazione non sia accolta, con la pena stabilita dall'articolo 319, primo comma, ridotta di un terzo. Se la sollecitazione è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dall'articolo 319-ter, primo comma, ridotta di un terzo»;
i) dopo l'articolo 322-ter è inserito il seguente: «Art. 322-quater. – (Istigazione alla corruzione in affari privati). – Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità ai dipendenti, ai consulenti, ai collaboratori, agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci o ai liquidatori soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alle pene stabilite dal medesimo articolo 319-quater, commi quarto e quinto, ridotte di un terzo. I dipendenti, i consulenti, i collaboratori, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che sollecitano una promessa o dazione di denaro o altra utilità nei casi indicati dall'articolo 319-quater sono puniti, qualora la sollecitazione non sia accolta, con le pene rispettivamente stabilite dal medesimo articolo 319-quater, commi primo e secondo, ridotte di un terzo»; l) all'articolo 323-bis è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Per i delitti previsti dagli articoli 319, 319-ter e 319-quater, nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita fino a due terzi»; m) l'articolo 346 è sostituito dal seguente: «Art. 346. – (Traffico di influenze illecite). – Chiunque, affermando di essere in condizione di esercitare un'illecita influenza su un pubblico ufficiale o su un incaricato di pubblico servizio in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto dell'ufficio o del servizio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o del servizio, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, quale prezzo per l'influenza esercitata o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a sei anni. Se la dazione o la promessa è effettuata per un atto di ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio, il corruttore è punito con la pena della reclusione da tre mesi a un anno. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che afferma di essere in condizione di esercitare un'illecita influenza su un pubblico ufficiale o su un incaricato di pubblico servizio riveste a sua volta la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio. Nel caso di cui al terzo comma, la condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali. Se i fatti previsti dal primo e dal secondo comma sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici»; n) dopo l'articolo 346 sono inseriti i seguenti: «Art. 346-bis. – (Soggetti punibili per i reati di corruzione e traffico di influenze illecite). – Ai fini della punibilità per i reati di corruzione e di traffico di influenze illecite, le disposizioni di cui agli articoli 357 e 358 si applicano anche a tutti i soggetti che esercitano funzioni di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio o attività ad esse corrispondenti nell'ambito di Stati esteri, dell'Unione europea o di organizzazioni pubbliche internazionali. Art. 346-ter. – (Circostanza attenuante specifica per il reato di traffico di influenze illecite). – La pena prevista per il delitto di cui agli articoli 346 e 346-bis è diminuita fino a due terzi qualora l'autore del fatto, prima che sia esercitata l'azione penale nei suoi confronti, fornisca indicazioni utili all'individuazione degli altri responsabili e al sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite»; o) l'articolo 416-ter del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 416-ter. – (Scambio elettorale politico-mafioso). – La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene o si adopera per far ottenere la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio dell'erogazione di denaro o di qualunque altra utilità, ovvero in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa di cui all'articolo 416-bis o di suoi associati»; p) all'articolo 648-bis: 1) al primo comma, le parole: «Fuori dei casi di concorso nel reato,» sono soppresse; 2) è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nei confronti della persona che ha concorso nel reato presupposto, salvo che per gli atti di godimento che non eccedano l'uso dei beni secondo la loro naturale destinazione ovvero in caso di utilizzo del denaro, dei beni o delle altre utilità provento del reato presupposto per finalità non speculative, imprenditoriali o commerciali»; q) all'articolo 648-ter, primo comma, le parole: «dei casi di concorso nel reato e» sono soppresse.
Art. 2. (Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231). 1. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni: a) l'articolo 25 è sostituito dal seguente: «Art. 25. – (Corruzione e traffico di influenze illecite). – 1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 319, 322 e 346, primo, secondo e terzo comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote. 2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 319-ter, 319-quater e 346, quinto comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote. 3. Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi 1 e 2 si applicano all'ente anche quando tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 357, secondo comma, e 358, secondo comma, del codice penale. 4. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 1 e 2 del presente articolo si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno. 5. In relazione ai delitti di cui agli articoli 319, 319-ter, 319-quater e 346 del codice penale, le sanzioni di cui ai commi 1 e 2 sono diminuite fino alla metà qualora taluna delle persone di cui all'articolo 5, comma 1, del presente decreto legislativo fornisca all'autorità investigativa o giudiziaria indicazioni determinanti ai fini del sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite»; b) all'articolo 25-bis.1: 1) al comma 1, lettera b), le parole: «513-bis e» sono sostituite dalle seguenti: «319-quater, 513-bis e»; 2) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: «2-bis. In relazione al delitto di cui all'articolo 513-bis del codice penale, la sanzione di cui al comma 1, lettera b), è diminuita fino alla metà qualora taluna delle persone di cui all'articolo 5, comma 1, del presente decreto legislativo fornisca all'autorità investigativa o giudiziaria indicazioni determinanti ai fini del sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite».
Art. 3. (Entrata in vigore). 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
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N. 4906
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati FERRANTI, ANDREA ORLANDO, FIORONI, VENTURA, VILLECCO CALIPARI, SAMPERI, ROSATO, LUCÀ, NACCARATO, BRANDOLINI, D'INCECCO, LARATTA, CODURELLI, TIDEI, MARCHI, MATTESINI, MARCO CARRA, MIOTTO, FONTANELLI, VELO, BOCCI, GINOBLE, SANI, RUBINATO, VERINI, TRAPPOLINO, CAUSI, SBROLLINI, IANNUZZI, SERENI ¾ |
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Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato |
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Presentata il 25 gennaio 2012
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Onorevoli Colleghi! — Recenti studi e pubblicazioni hanno confermato che la corruzione degli apparati della pubblica amministrazione è ancora un fenomeno endemico nel nostro Paese. Ogni anno la collettività paga un prezzo elevatissimo alla corruzione e agli altri reati contro la pubblica amministrazione, quantificabile in cifre di molti milioni di euro. Non è il solo costo. Lo sviamento delle funzioni amministrative altera i meccanismi della competizione fra imprese, favorendone alcune a danno di altre a prescindere dalle effettive qualità imprenditoriali. Ne risente complessivamente l'economia, che risulta così gravemente danneggiata. Il tradimento delle funzioni amministrative non ha solo un costo economico, ma anche un costo sociale, in quanto riduce la trasparenza dell'azione amministrativa e la fiducia dei cittadini nell'efficace operare della pubblica amministrazione.
Per queste ragioni, la lotta alla corruzione deve costituire una priorità nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata. La presente proposta di legge mira a fornire alcuni strumenti che possono rafforzare il tasso di efficienza dell'azione di contrasto a queste forme criminose.
L'intervento normativo che proponiamo si articola nei seguenti punti fondamentali:
1) eliminazione del reato di concussione e correlativo ampliamento delle fattispecie di violenza e di corruzione;
2) introduzione del reato di corruzione per svolgimento della funzione;
3) introduzione del reato di traffico di influenze;
4) ampliamento del reato di corruzione tra privati;
5) allungamento dei termini di prescrizione;
6) inasprimento sanzionatorio di molte delle fattispecie dei reati contro la pubblica amministrazione;
7) previsione di un'ipotesi di riparazione pecuniaria;
8) previsione di un'attenuante per la collaborazione.
Tra questi punti fondamentali, il punto più qualificante della proposta di legge è senz'altro costituito dalla previsione di una fattispecie di corruzione sganciata dal compimento di un atto dell'ufficio e legata invece allo sviamento della funzione. Essa risponde alle molte difficoltà applicative manifestatesi in sede giurisprudenziale e coglie al tempo stesso, sul piano della realtà criminologica, l'emergere di nuove prassi corruttive.
Estremamente rilevante è anche la previsione della nuova fattispecie del traffico di influenze.
Essenziali per un'efficace lotta alla corruzione sono anche l'allungamento dei termini di prescrizione e l'inasprimento delle ipotesi di sanzioni accessorie.
L'odierna fattispecie di concussione è eliminata. Essa crea infatti non pochi problemi interpretativi specie in relazione al confine con la figura limitrofa della corruzione.
La concussione si articola in due forme: l'una, per costrizione, affine all'estorsione dal cui alveo trae origine (Manzini, «Trattato di diritto penale italiano», V, Torino, 1982, pagina 204); l'altra, per induzione, somigliante a una forma qualificata di truffa (Padovani, «Il confine conteso», in Rivista italiana di diritto processuale penale, 1999, pagina 1302). Ed è soprattutto la seconda che, come si dirà, pone non pochi problemi applicativi. La proposta di legge mira, per un verso, a trasferire le forme di concussione per costrizione nell'ambito della fattispecie di estorsione, di cui quelle forme costituiscono un'ipotesi speciale e più grave; per altro verso, i comportamenti di concussione per induzione sono fatti refluire nell'ambito della fattispecie di corruzione, alla quale più naturalmente appartengono.
Diversamente dalla corruzione, reato a concorso necessario che prevede la punibilità di entrambi i paciscenti dell'accordo corruttivo, nella concussione la punizione è confinata al solo pubblico ufficiale, il quale abbia coartato, in modo più (costrizione) o meno (induzione) vigoroso, la volontà del privato. La dazione del privato dipende dunque dalla percezione del metus publicae potestatis da parte del privato.
Nella prassi accade sovente che il privato, di cui si sia scoperta un'indebita dazione al pubblico ufficiale, si difenda trincerandosi dietro la figura della concussione, per sfuggire alla sanzione penale in cui invece incorrerebbe ove fosse ritenuto il corruttore. E proprio qui si annida uno dei problemi più spinosi dell'attuale sistema dei delitti contro la pubblica amministrazione: la sottile linea di confine, tra le opposte posizioni di correo e di vittima, del soggetto privato che dia od offra una dazione indebita al pubblico ufficiale, che può anche prestarsi ad un uso strumentale in sede giudiziaria: ad esempio, qualificare inizialmente il reato come concussione per indurre il privato a parlare, rompendo l'opacità omertosa che contraddistingue gli episodi di dazione indebita, per poi riqualificare il reato come corruzione (Grosso, «Nodi controversi in tema di riforma dei delitti di corruzione e concussione», in Cassazione penale, 1999, 1377). Quasi immancabilmente i processi per corruzione tendono a rivivere l'annoso quesito della precisa linea di delimitazione fra concussione e corruzione. Per discernere tra le due fattispecie la giurisprudenza sembra essersi in prevalenza attestata su un criterio riferito allo stato psicologico del soggetto privato coinvolto, a seconda che questi abbia aderito alle richieste del pubblico ufficiale per effetto del timore, metus publicae potestatis, indotto dall'agente pubblico (concussione) o in forza di una scelta volontaria mirata a ottenere un vantaggio (corruzione). (Zannotti, «I delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione: inefficienze attuali e prospettive di riforma», in cassazione penale, 2004, 1819). La linea di confine fra le due fattispecie viene così poggiata su un elemento psicologico di difficile verifica empirica, creando così non poche incertezze soprattutto nel rapporto tra concussione per induzione e corruzione.
Con la scelta giurisprudenziale di fondare l'essenza della concussione sulla condizione psicologica del privato, la giurisprudenza finisce spesso per intendere «l'induzione come una sorta di forma “minore” o “larvata” di costrizione», rendendo la concussione per induzione una «figura cieca», che «vaga su un confine che le è ignoto» (Padovani, «Il confine conteso», citato).
Quando, dunque, la condotta del pubblico agente non sia stata propriamente costrittiva, ma sia stata blandamente o subdolamente suggestiva, è difficile capire, in base alle disposizioni vigenti, se ci si trovi sul versante della corruzione o della concussione, con evidenti implicazioni sull'ampiezza della punibilità.
Non si tratta però solo una questione di incertezza applicativa. La concussione per induzione non è solo una figura sfocata, ma è pure discutibile nel suo stesso fondamento. Se il privato viene invitato, blandamente spinto alla dazione da parte del pubblico ufficiale, sembra difficile sostenere che si sia materializzato quel metus che anestetizza la volontà colpevole nell'atto della dazione indebita, che il privato sia stato coartato nella volontà.
La giurisprudenza si è spesso spinta ad allargare le maglie del metus, anche per tenere conto di fenomeni sistemici di abuso da parte della pubblica amministrazione nei confronti dei privati (basti pensare all'estremo giuridico della «concussione ambientale»), ma questa è una china che non va assecondata. Dietro alla volontà prava del pubblico ufficiale vi è spesso un comportamento connivente dei privati, i quali meritano così di essere qualificati come corruttori. Il messaggio che il legislatore penale deve mandare ai privati è semplice: quando abbiano scelta, ossia quando non siano costretti per violenza o minaccia, non devono mai piegarsi alle suggestioni illecite provenienti da un pubblico ufficiale.
Tutte le volte in cui la concussione non si manifesti in una forma di violenza o di minaccia, non si può affermare che il privato sia stato coartato. Il pericolo altrimenti è quello di giungere a ritenere che ogni offerta illecita proveniente da un pubblico ufficiale integri una costrizione.
Quando la concussione non assume le predette forme di violenza o minaccia essa non è altro che una forma di patto corruttivo in cui l'iniziativa è assunta dal pubblico ufficiale e a cui aderisce il privato.
Per queste ragioni la proposta di legge si muove nel senso di trasferire le ipotesi di corruzione per induzione nell'ambito del reato di corruzione. La modifica proposta si armonizza, tra l'altro, con le previsioni dell'articolo 322, commi terzo e quarto, del codice penale, che puniscono come istigazione alla corruzione le condotte del pubblico ufficiale il quale solleciti una promessa o una dazione di denaro da un privato per un atto d'ufficio o per un atto contrario ai doveri d'ufficio. Allo stato odierno della legislazione, queste previsioni riescono infatti di difficile spiegazione, poiché tali condotte non possono evidentemente ritenersi svincolate da quell'abuso di qualità del pubblico ufficiale che costituisce invece la nota caratterizzante del delitto di concussione (Padovani, «il confine conteso», citato).
Per un altro verso, la proposta di legge trasferisce le ipotesi di concussione per costrizione nell'ambito del reato di estorsione, da cui storicamente origina. Rispetto al reato di estorsione, la concussione per costrizione è infatti caratterizzata dalla nota ulteriore del provenire la violenza o la minaccia da un pubblico ufficiale. All'articolo 629 del codice penale è così aggiunto un ulteriore comma che punisce le forme odierne di concussione per costrizione come forma di estorsione aggravata ai sensi del medesimo articolo 629, secondo comma, punibile con la reclusione da sei a venti anni. Si prevede inoltre la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Lo spostamento ha l'effetto anche di rendere più coerenti le previsioni sanzionatorie. Ad oggi il minimo edittale della fattispecie di estorsione (cinque anni) è superiore al minimo edittale previsto per la fattispecie di concussione (quattro anni). È opportuno invece che il minimo edittale delle forme di concussione per induzione sia superiore a quello di un'estorsione, proprio per la maggiore gravità del comportamento posto in essere.
Come si è appena detto, nella fattispecie della corruzione viene fatta rientrare anche la dazione (o promessa di dazione) che origini da un'induzione del comportamento del pubblico ufficiale, situazione che nella legislazione vigente configura un'ipotesi di concussione per induzione.
Per il resto si è sostanzialmente confermato l'impianto della normativa vigente, pur prevedendo un generalizzato incremento di pene. Viene così mantenuta la distinta punibilità delle forme di corruzione propria (per atto contrario ai doveri di ufficio, articolo 319 del codice penale) da quelle di corruzione impropria (per atto conforme ai doveri d'ufficio). Così pure è confermata la scelta odierna di escludere la punibilità del privato per la corruzione impropria susseguente (articolo 321 del codice penale che non richiama l'articolo 318, secondo comma, del medesimo codice), così come la scelta di non prevedere l'istigazione per la corruzione susseguente (propria o impropria) (l'articolo 322, commi uno e due, del codice penale).
Non si poteva però ignorare che le maggiori difficoltà della prassi giudiziaria sono spesso legate alla difficoltà di provare il collegamento tra la dazione (o la promessa) e un determinato atto dell'ufficio (contrario o conforme ai doveri del pubblico ufficiale, da compiere o già compiuto). Alle difficoltà giurisprudenziali si deve aggiungere l'emergere, nella realtà criminologica delle prassi corruttive, della cosiddetta «iscrizione a libro paga del pubblico ufficiale», anche denominata «corruzione a futura memoria» (Fiandaca, «Esigenze e prospettive di riforma dei reati di corruzione e concussione», in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2000, 883). Per affrontare questi punti era già stata proposta in dottrina «una riscrittura delle fattispecie di corruzione che allenti o attenui il rapporto stretto tra utilità indebita e uno specifico atto» (Fiandaca, «Esigenze e prospettive di riforma dei reati di corruzione e concussione», in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2000, 883).
Del resto, scelte non dissimili sono già state compiute in altri ordinamenti: in Germania i paragrafi 331, comma 1, e 333, comma 1, del codice penale (StGB) puniscono la dazione concessa «per lo svolgimento della funzione» («für die Dienstausübung»). In Spagna, il codice penale, dopo aver sanzionato la corruzione per un atto dell'ufficio, punisce all'articolo 422 la dazione che sia effettuata al pubblico ufficiale «in considerazione del suo incarico o funzione» («en consideración a su cargo o función»). In Inghilterra il Bribery Act 2010 punisce condotte corruttive riferite in generale alla funzione o all'attività («function or activity»), senza perciò un necessario riferimento a uno specifico atto. Peraltro, il Bribery Act 2000 punisce la dazione e, sul versante passivo, la ricezione di un vantaggio quando la dazione o la ricezione del vantaggio «costituisca di per sé un esercizio improprio della funzione o dell'attività» («would itself constitute the improper performance of the relevant function or activity»).
In anni recenti la giurisprudenza ha già cercato di muoversi in questa direzione, attenuando il nesso fra utilità e specifico atto. Alcune sentenze hanno sostenuto che per la configurabilità del delitto di cui all'articolo 319 del codice penale «occorre avere riguardo non ai singoli atti, ma all'insieme del servizio reso al privato, con la conseguenza che, se anche ogni atto, di per sé considerato, corrisponde ai requisiti di legge, l’asservimento della funzione, per denaro od altra utilità, agli interessi del privato, integra gli estremi del reato in questione, realizzandosi in tal modo la violazione del dovere di imparzialità, assistito da tutela costituzionale» (Cassazione penale, sezione III, 21 giugno 2005, Marangon e altri, in Giurisprudenza italiana, 2006, pagina 578).
Per quanto animate dal tentativo di ovviare alle difficoltà pratiche e di offrire la giusta punizione a nuove forme di prassi corruttive, le soluzioni giurisprudenziali costituiscono una copertura del dato letterale. Problemi del genere devono essere affrontati e risolti in sede legislativa.
Peraltro si deve tenere ben presente una differenza: un conto è cercare di ovviare alle difficoltà pratiche di individuare un atto preciso dell'ufficio cui la dazione sia collegata; altro conto è rispondere all'emergere di ipotesi di un «pubblico ufficiale a libro paga del privato», ossia di asservimento duraturo e continuativo della funzione.
Nel primo caso, partendo dalla constatazione che la stessa accettazione dell'utilità (o della promessa) da parte del privato (e, sul versante attivo, l'offerta del privato al pubblico ufficiale) costituisce di per sé un comportamento meritevole di sanzione, si può introdurre – sulla falsariga dell'esempio spagnolo e tedesco – una fattispecie punita più lievemente che punisca la corruzione «in relazione allo svolgimento della funzione» (Per Palazzo, audizione presso la Commissione giustizia della Camera dei deputati, dattiloscritto, pagina 3, la corruzione per la funzione non può ricevere «un trattamento sanzionatorio elevato proprio per la tenuità del suo disvalore»).
Nel secondo caso, invece, quando l'accordo corruttivo sia finalizzato ad «asservire continuativamente, in tutto o in parte, la funzione» la pena deve essere più severa di quella ordinariamente prevista per la corruzione (Per Fiandaca, «Esigenze e prospettive di riforma dei reati di corruzione e concussione», in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2000, 883, l'ipotesi dell'ufficiale «a libro paga» esprime «un disvalore comparativamente più accentuato rispetto a quello della corruzione tradizionale»).
In questa direzione si muovono le disposizioni proposte. Si introduce nel codice penale un nuovo articolo, l'articolo 319-quater, composto di due commi. Nel primo comma si punisce la corruzione «per lo svolgimento della funzione», ossia a prescindere dal collegamento con uno specifico atto d'ufficio, sanzionata con una pena più tenue della corruzione tradizionale. Nel secondo comma si sancisce invece la punibilità dell’«asservimento della funzione», in cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio si è accordato con il privato per essere stabilmente a disposizione di quest'ultimo.
La proposta di legge sostituisce l'articolo 346 del codice penale, attualmente rubricato «Millantato credito», prevedendo la più ampia fattispecie del «traffico di influenze» (trading in influence), che l'articolo 12 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo del 27 gennaio 1999 e l'articolo 18 della Convenzione dell'Organizzazione della Nazioni Unite contro la corruzione adottata il 31 ottobre 2003 e resa esecutiva dalla legge n. 116 del 2009 (cosiddetta «Convenzione di Merida») impongono di reprimere.
Rispetto al millantato credito, la fattispecie del traffico di influenze punisce ambedue le parti dell'accordo: non solo chi riceve o si fa promettere una dazione per la mediazione verso il pubblico ufficiale, ma anche chi sollecita la mediazione, versando o promettendo un'utilità. Le pene previste sono superiori a quelle dell'attuale fattispecie di millantato credito. Si prevede, inoltre, un aumento di pena se il mediatore è egli stesso un pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, ovvero se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di un'attività giurisdizionale.
La proposta di legge introduce anche l'articolo 513-ter del codice penale, che punisce la corruzione nel settore privato.
L'esigenza di sanzionare le forme corruttive anche al di fuori del settore pubblico viene da diverse fonti europee: non solo dalle già citate Convenzione di Strasburgo (articoli 7 e 8) e Convenzione di Merida (articolo 21), ma anche dall'Unione europea.
Il nostro ordinamento già conosce forme di punizione della corruzione privata (articoli 2634 e 2635 del codice civile), ma si tratta di ipotesi confinate a precise situazioni.
Con la presente proposta di legge si introduce una fattispecie capace di sanzionare a «360 gradi» la corruzione nel settore privato: si prevede infatti che sia punito colui che, nell'esercizio di un'attività professionale ovvero di direzione di un ente di diritto privato, di lavoro alle dipendenze dello stesso o comunque di prestazione della sua opera in favore del medesimo, indebitamente induce, sollecita o riceve, per sé o per un terzo, direttamente o tramite un intermediario, denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa, per compiere od omettere un atto, in violazione di un dovere, qualora dal fatto derivino o possano derivare distorsioni alla concorrenza nel mercato ovvero danni economici all'ente o a terzi, anche attraverso la scorretta aggiudicazione o la scorretta esecuzione di un contratto.
Oltre all'inasprimento delle pene per le diverse forme di corruzione è previsto anche un innalzamento delle pene relative ai reati di peculato e di indebita percezione di erogazione a danno dello Stato.
La proposta di legge prevede, inoltre, un allungamento dei termini di prescrizione per i reati volti a fronteggiare la corruzione. Tali termini appaiono oggi troppo brevi, specie alla luce della difficoltà di scoprire la notizia di reati che trovano il proprio completamento nell'omertà degli autori e delle notevoli complessità di investigazione e di accertamento processuale.
Va ricordato che preoccupazione per la brevità dei termini prescrizionali è stata espressa anche dal rapporto sull'Italia del Group of States against corruption (GRECO) (Evaluation Report on Italy, Joint First and Second Evaluation Round, GRECO, 43rd Plenary Meeting, Strasburgo, 29 giugno – 2 luglio 2009, pagina 15, paragrafo 55). Nel rapporto si sottolinea il rischio che molti processi contro fenomeni corruttivi possano essere bloccati dalla prescrizione e che questo possa compromettere l'efficacia dell'azione repressiva. E, recentemente, lo stesso GRECO ha formulato all'Italia proprio la raccomandazione di condurre uno studio sull'impatto effettivo della prescrizione nei processi penali contro la corruzione.
In quest'ottica si prevede che il termine massimo di prescrizione sia raddoppiato per i reati contro la pubblica amministrazione e anche che, nei confronti del condannato per un delitto di corruzione, sia sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio appartiene, fermo restando l'obbligo ulteriore di risarcire il danno. È introdotta, inoltre, un'attenuante per l'imputato che collabori con la giustizia. L'obiettivo è quello di rompere il fronte di solidarietà omertosa che unisce il corrotto e il corruttore. Tale collaborazione consiste nell'adoperarsi per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori e può estrinsecarsi nel fornire elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura di altri responsabili o, ancora, nel facilitare il sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite. La diminuzione prevista può giungere fino alla metà della pena, a seconda dell'entità effettiva della collaborazione prestata.
PROPOSTA DI LEGGE ¾¾¾
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Art. 1. (Eliminazione del reato di concussione e ampliamento della fattispecie del reato di corruzione) 1. L'articolo 317 del codice penale è abrogato. 2. All'articolo 318 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, dopo le parole: «che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve,» sono inserite le seguenti: «anche mediante induzione,»; b) al secondo comma, dopo le parole: «che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve» sono inserite le seguenti: «, anche mediante induzione,». 3. All'articolo 319 del codice penale, dopo la parola: «riceve,» sono inserite le seguenti: «anche mediante induzione,». 4. All'articolo 629 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente comma: «La pena di cui al secondo comma si applica anche quando la violenza o minaccia è commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni. In tale caso si applica la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici». 5. All'articolo 32-quater del codice penale, dopo la parola: «501-bis,» è inserita la seguente: «629,».
Art. 2. (Corruzione per lo svolgimento della funzione) 1. Dopo l'articolo 319-ter del codice penale è inserito il seguente: «Art. 319-quater. – (Corruzione per lo svolgimento della funzione). – Fuori dei casi previsti dagli articoli 318 e 319, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa, in relazione allo svolgimento della funzione è punito con la pena dalla reclusione da due a cinque anni. Se l'accettazione dell'utilità o della sua promessa è finalizzata ad asservire continuativamente, in tutto o in parte, la funzione si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni». 2. All'articolo 321 del codice penale, dopo le parole: «nell'art. 319-ter,» sono inserite le seguenti: «nell'articolo 319-quater». 3. Dopo il secondo comma dell'articolo 322 del codice penale è inserito il seguente: «Fuori dei casi di cui ai commi primo e secondo, se l'offerta o promessa è fatta per influire sullo svolgimento della funzione del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio si applica la pena stabilita dall'articolo 319-quater, primo comma ridotta di un terzo. Se l'offerta o promessa è volta a ottenere l'asservimento in tutto o parte della funzione del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio si applica la pena stabilita dall'articolo 319-quater, secondo comma, ridotta di un terzo». 4. All'articolo 323-bis del codice penale, dopo la parola: «319,» è inserita la seguente: «319-quater,». 5. All'articolo 32-quater del codice penale, dopo la parola: «319-bis», sono inserite le seguenti: «319-ter, 319-quater,». 6. All'articolo 12-sexies del decreto- legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, dopo la parola: «319-ter,» è inserita la seguente: «319-quater,»; b) al comma 2-bis, dopo la parola: «319-ter,» è inserita la seguente: «319-quater,». 7. All'articolo 25 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono approvate le seguenti modificazioni: a) al comma 2 dopo le parole: «319-ter, comma 1,» è inserita la seguente: «319-quater»; b) al comma 3, le parole: «ai sensi dell'articolo 319-bis» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi degli articoli 319-bis 319-ter e 319-quater»; c) dopo il comma 4 è inserito il seguente: «4-bis. La sanzione è diminuita fino alla metà qualora talune delle persone di cui all'articolo 5, comma 1, forniscano all'autorità investigativa o giudiziaria indicazioni determinanti per la ricostruzione dei fatti ovvero ai fini del sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite».
Art. 3. (Traffico di influenze). 1. L'articolo 346 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 346. – (Traffico di influenze). – Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o di doverne soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità, quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o per l'incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena di cui al primo comma si applica, nei casi ivi previsti, a chi versa o promette denaro o altra utilità. La condanna comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, ovvero adduce di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono altresì aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di un'attività giurisdizionale».
Art. 4. (Corruzione nel settore privato). 1. Dopo l'articolo 513-bis del codice penale è inserito il seguente: «Art. 513-ter. – (Corruzione nel settore privato). – È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque, nell'esercizio di un'attività professionale ovvero di direzione di un ente di diritto privato, di lavoro alle dipendenze dello stesso o comunque di prestazione della sua opera in favore del medesimo, indebitamente induce, sollecita o riceve, per sé o per un terzo, direttamente o tramite un intermediario, denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa, per compiere od omettere un atto, in violazione di un dovere, qualora dal fatto derivino o possano derivare distorsioni alla concorrenza nel mercato ovvero danni economici all'ente o a terzi, anche attraverso la scorretta aggiudicazione o la scorretta esecuzione di un contratto. Per violazione di un dovere ai sensi del primo comma si intende qualsiasi comportamento sleale che costituisca una violazione di un obbligo legale, di normative professionali o di istruzioni professionali ricevute o applicabili nell'ambito dell'attività dell'ente. La pena di cui al primo comma si applica anche a chi, nell'esercizio di un'attività professionale ovvero di direzione di un ente di diritto privato, di lavoro alle dipendenze dello stesso o comunque di prestazione della sua opera in favore del medesimo, dà, offre o promette denaro o altra utilità. Per i delitti di cui al presente articolo, nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite, la pena è diminuita fino alla metà. La condanna alla reclusione per una pena superiore a tre anni comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Nel caso di condanna è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale prezzo». 2. All'articolo 32-quater del codice penale, dopo la parola: «501-bis,» è inserita la seguente: «513-ter,». 3. All'articolo 25-bis.1 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, lettera b), dopo la parola: «513-bis» è inserita la seguente «513-ter»; b) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: «2-bis. In relazione al delitto di cui all'articolo 513-ter del codice penale, la sanzione di cui al comma 1, lettera b), è diminuita fino alla metà qualora talune delle persone di cui all'articolo 5, comma 1, forniscano all'autorità investigativa o giudiziaria indicazioni determinanti per la ricostruzione dei fatti ovvero ai fini del sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite». 4. L'articolo 2635 del codice civile è abrogato.
Art. 5. (Prescrizione). 1. Al sesto comma dell'articolo 157 del codice penale, dopo le parole: «sono raddoppiati» sono inserite le seguenti: «per i reati contro la pubblica amministrazione e».
Art. 6. (Pene interdittive). 1. Dopo il primo comma dell'articolo 29 del codice penale è inserito il seguente: «La condanna alla reclusione superiore a due anni per uno dei delitti previsti dal libro II, titolo II, capo I, comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici». 2. All'articolo 32-quater del codice penale, dopo le parole: «per i delitti previsti dagli articoli» è inserita la seguente: «314», e dopo le parole: «317, 318, 319-bis,» è inserita la seguente: «319-ter,».
Art. 7. (Aumento delle pene). 1. All'articolo 314 del codice penale, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: «da tre a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dodici anni»; b) è aggiunto, in fine, il seguente comma: «La condanna per i fatti previsti dal primo comma comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici». 2. Al primo comma dell'articolo 316-ter, del codice penale, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a cinque anni». 3. All'articolo 318 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma le parole «da uno a quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a quattro anni»; b) al secondo comma, le parole: «fino a un anno» sono sostituite dalle seguenti: «fino a due anni». 4. All'articolo 319 del codice penale, le parole: «da due a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a otto anni». 5. Al primo comma dell'articolo 319-ter, del codice penale, le parole: «da tre a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dodici anni».
Art. 8. (Riparazione pecuniaria). 1. Dopo l'articolo 319-ter del codice penale è inserito il seguente: «Art. 319-quater. – (Riparazione pecuniaria). – Con la sentenza di condanna ovvero con la sentenza di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati previsti dagli articoli 314, 319, 319-ter e 629, terzo comma, è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio appartiene, ovvero, nel caso di cui all'articolo 319-ter, in favore dell'amministrazione della giustizia, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno».
Art. 9. (Confisca). 1. Al primo comma dell'articolo 322-ter del codice penale, dopo le parole: «per un valore corrispondente a tale prezzo» sono aggiunte le seguenti «o profitto».
Art. 10. (Circostanza attenuante per il collaboratore). 1. All'articolo 323-bis del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Per i delitti previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 321, 322 e 322-bis, nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita fino alla metà».
Art. 11. (Circostanze aggravanti). 1. Al primo comma dell'articolo 316-ter del codice penale le parole: «o dalle Comunità europee» sono sostituite dalle seguenti: «o dall'Unione europea, ovvero al fine di turbare la gara nei pubblici incanti, nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni o comunque in procedure per l'affidamento di contratti pubblici ai sensi dell'articolo 3, commi da 37 a 41, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ovvero qualora il fatto sia commesso nell'ambito di procedimenti relativi alla gestione delle calamità naturali, di catastrofi o di grandi eventi di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401».
Art. 12. (Misure cautelari interdittive). 1. Dopo il comma 2 dell'articolo 308 del codice di procedura penale è inserito il seguente: «2-bis. Quando si procede per un delitto contro la pubblica amministrazione, le misure interdittive previste dagli articoli 289 e 290 perdono efficacia quando sono decorsi: a) sei mesi dall'inizio della loro esecuzione, se si procede per un reato punito con la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; b) dodici mesi dall'inizio della loro esecuzione, se si procede per un reato punito con la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni. Ove ricorrano situazioni di concreto e attuale pericolo per l'acquisizione o per la genuinità della prova, il giudice può disporre la rinnovazione di tali misure anche oltre i limiti di cui al presente comma, comunque nel rispetto dei limiti previsti dal comma 1». |
COMMISSIONI RIUNITE
I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
e II (Giustizia)
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Resoconto di giovedì 7 luglio 2011
SEDE REFERENTE
Giovedì 7 luglio 2011 - Presidenza del presidente della I Commissione Donato BRUNO. - Intervengono il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo e il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Andrea Augello.
La seduta comincia alle 14.20.
Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.
C. 4434 Governo, approvato dal Senato.
(Esame e rinvio - abbinamento delle proposte di legge C. 3380 e C. 4382).
Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.
Donato BRUNO, presidente, comunica che risultano assegnate alle Commissioni riunite I e II le proposte di legge C. 3380 Di Pietro ed altri «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, nonché disposizioni in materia di incandidabilità e di ineleggibilità alle cariche di deputato, di senatore e di membro del Parlamento europeo e disposizioni concernenti le cause ostative all'assunzione di incarichi di governo» e C. 4382 Giovanelli ed altri «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione nonché per la funzionalità e la razionalizzazione delle spese della pubblica amministrazione e delega al Governo in materia di economicità e trasparenza nell'esecuzione delle opere pubbliche».
Sulla base di quanto convenuto nella seduta dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite I e II di giovedì 30 giugno, ne propone il loro abbinamento al disegno di legge C. 4434 del Governo.
Le Commissioni concordano.
Jole SANTELLI (PdL), relatore per la I Commissione, ricorda che il disegno di legge che le Commissioni si accingono ad esaminare reca disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. Questo provvedimento risulta da stralci effettuati dal Senato sul testo presentato dal Governo il 4 maggio 2010.
In particolare, dal testo originario sono stati stralciati gli articoli 7 (relativo ai controlli negli enti locali e confluito nell'atto Senato 2156-bis), 8 (recante modifiche agli articoli 234, 236 e 239 del testo unico sugli enti locali e confluito nell'atto Senato 2156-ter) e 9 (recante delega in materia di fallimento politico e modifica all'articolo 247 del testo unico sugli enti locali confluito nell'atto Senato 2156-quater).
Per la parte di competenza della I Commissione, si soffermerà sugli articoli 1, 2, 3, 6 e 8, illustrandone il contenuto.
Il provvedimento si pone come attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione del 2003 (cosiddetta Convenzione di Merida), nonché degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione del 1999, che richiedono, sostanzialmente, che in ogni ordinamento vi siano uno o più organi, specializzati, incaricati di prevenire la corruzione, con i quali le autorità preposte alle indagini e al perseguimento di reati cooperino.
A tal fine, l'articolo 1 del disegno di legge, ampiamente modificato nel corso dell'esame al Senato, individua l'autorità nazionale competente a coordinare l'attività di contrasto della corruzione nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche - Civit di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 150 del 2009. È così modificata l'attuale distribuzione delle competenze in questa materia, poiché la Civit si sostituisce nel ruolo di Autorità nazionale anticorruzione al Dipartimento della funzione pubblica, che tale ruolo ricopre secondo la normativa vigente. Il testo individua anche le funzioni degli altri organi incaricati di funzioni di prevenzione e contrasto dell'illegalità, delineando una collaborazione tra la Civit, il Dipartimento della funzione pubblica e le pubbliche amministrazioni centrali.
Tra i compiti della Civit vi è quello di riferire al Parlamento sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno.
Residuano in capo al Dipartimento della funzione pubblica importanti funzioni normative, esecutive e di coordinamento, tra cui la predisposizione del Piano nazionale anticorruzione, sulla base dei singoli piani predisposti e trasmessi dalle pubbliche amministrazioni centrali. Il Dipartimento svolge le sue funzioni «anche secondo le linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri». Poiché la disciplina, la composizione e le funzioni del Comitato non sono altrimenti individuate, vi è da ritenere che siano comprese nel rinvio alla fonte secondaria.
L'articolo 2 reca norme concernenti la trasparenza dell'attività amministrativa, con specifico riferimento ai procedimenti amministrativi. Si prevede che la trasparenza - che ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 150 del 2009 è livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione - sia assicurata attraverso pubblicazione, sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi.
In tema di pubblicazione su siti istituzionali, occorre ricordare alcune disposizioni già vigenti: l'articolo 6, comma 2, lettera b), del decreto legge 70 del 2011 (già esaminato dalla Camera e trasmesso al Senato) che già prevede che, entro novanta giorni dall'entrata in vigore, le pubbliche amministrazioni pubblichino sui propri siti istituzionali, per ciascun procedimento amministrativo ad istanza di parte che rientra nelle proprie competenze, l'elenco degli atti e documenti che l'istante ha l'onere di produrre a corredo dell'istanza, tranne che in caso di atti o documenti la cui presentazione in allegato alla domanda sia prevista da norme di legge, regolamento o da (altri) atti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale; l'articolo 54 del decreto legislativo 82 del 2005, Codice dell'amministrazione digitale (Cad), che prevede il contenuto obbligatorio dei siti delle pubbliche amministrazioni, nonché l'articolo 57 del medesimo Cad che già stabilisce l'obbligo di rendere disponibile per via telematica l'elenco della documentazione richiesta per i singoli procedimenti; l'articolo 3-bis della legge n. 241 del 1990 che prevede che, per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l'uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati.
L'articolo 2 richiede che le pubbliche amministrazioni assicurino i livelli essenziali di trasparenza con particolare riferimento a specifici procedimenti: autorizzazione o concessione; scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi; concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati; concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni in carriera. Inoltre, le pubbliche amministrazioni devono rendere noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze e dichiarazioni e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano. Ancora, le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.
Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2 si prevede l'emanazione di uno o più decreti ministeriali e la mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni individuate da tali atti costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 198 del 2009 e, dunque, presupposto per la cosiddetta azione di gruppo (class action) contro la pubblica amministrazione. Ciò è, altresì, valutato ai sensi dell'articolo 21 decreto legislativo 165 del 2001 (in materia di responsabilità dirigenziale) così come eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.
L'articolo 3 modifica l'articolo 53 del decreto legislativo 165 del 2001 in tema di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi di dipendenti pubblici prevedendo che: per l'autorizzazione a svolgere incarichi, l'amministrazione di appartenenza verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse; i soggetti pubblici o privati comunicano all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici entro 15 giorni dall'erogazione; le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati; i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto di pubbliche amministrazioni non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione. Sono nulli i contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione ed è vietato ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni.
L'articolo 6 contiene una clausola di adeguamento alle disposizioni degli articoli da 1 a 5 per le regioni e province autonome di Trento e Bolzano, ivi compresi gli enti regionali e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, nonché per gli enti locali. È fatta salva la compatibilità con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia.
L'articolo 8 reca una delega, con termine annuale, che autorizza il Governo ad adottare un testo unico per disciplinare - in caso di sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, come si evince, oltre che dalla rubrica dell'articolo, dal contenuto del comma 2 recante i principi e i criteri direttivi della delega - l'incandidabilità a diverse cariche elettive e di governo a livello centrale, regionale e locale, nonché il divieto di ricoprire alcune cariche elettive e di governo proprie degli enti locali.
L'incandidabilità, che ha natura temporanea, riguarda le elezioni politiche, regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, ma non quelle europee. Il divieto riguarda le cariche di presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi; presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni; consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 267 del 2000); presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane.
L'oggetto della delega non si esaurisce nel comma 1, perché disposizioni relative all'oggetto si rinvengono anche nei commi che definiscono i principi e criteri direttivi. Così sono previste anche fattispecie di divieto all'assunzione di cariche, ai sensi della lettera g) del comma 2, ulteriori rispetto a quelle previste dal comma 1, quali quelle riguardanti assessori e consiglieri comunali e provinciali, presidente e componenti dei consigli circoscrizionali; poi, ai sensi della lettera f) del comma 2, si prevede che le cause di incandidabilità previste per deputati e senatori si applichino anche con riferimento alle cariche di governo (Presidente del Consiglio dei ministri, Ministri, Viceministri e Sottosegretari). Vi è anche il divieto di assunzione di cariche di governo degli enti locali, quali presidente di provincia; sindaco; assessore provinciale e comunale. Invece il divieto non sembrerebbe riguardare il presidente della circoscrizione, né i membri della (laddove istituita) giunta circoscrizionale (la lettera g) del comma 2 si riferisce a presidente e componente del consiglio circoscrizionale).
La finalità del testo unico è individuata nel riordino e nell'armonizzazione della normativa vigente, nonché nel coordinamento delle norme sull'incandidabilità con quelle in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di voto attivo. Sembra quindi trattarsi di un testo unico meramente compilativo, ma i dettagliati principi e criteri direttivi di cui al comma 2 prevedono l'adozione di disposizioni fortemente innovative del quadro normativo vigente (in particolare, le lettere da a) a f) che introducono l'incandidabilità di deputati e senatori).
L'incandidabilità parlamentare dovrebbe essere inquadrata nella normativa ordinaria vigente, che prevede solo cause di ineleggibilità e di incompatibilità alla carica di deputato e senatore, nonché due cause di incandidabilità introdotte con legge ordinaria: si tratta di quella derivante dall'obbligo di residenza per la presentazione della candidatura nella circoscrizione Estero e di quella, prevista, in via transitoria, per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia per assicurare le cosiddette «quote rosa». Tuttavia, alla base di entrambi questi istituti vi sono precise disposizioni che sembrerebbero assicurarne la «copertura» costituzionale: l'articolo 56 e l'articolo 57 della Costituzione che prevedono l'elezione di 12 deputati e di 6 senatori nella circoscrizione Estero, l'articolo 48 della Costituzione che affida alla legge la definizione di stabilire le modalità per assicurare l'effettività del diritto di voto all'estero e l'articolo 51 della Costituzione, modificato nel 2003, che stabilisce la promozione, con appositi provvedimenti, delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive.
Dalla Costituzione (articoli 56 e 58) si ricava che non sono candidabili coloro che non sono nella condizione di elettore e non hanno raggiunto l'età anagrafica consentita; inoltre, dall'articolo 48 della Costituzione, risultano cause di incandidabilità il possesso della (sola) cittadinanza straniera o l'apolidia e l'essere stato escluso dall'elettorato attivo per incapacità civile, condanna penale irrevocabile e indegnità morale.
In ogni caso, la lettera a) del comma 2, fatte salve le norme penalistiche relative all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, dispone la non candidabilità (temporanea) alla carica di deputato o senatore di coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale. La lettera b) prevede l'incandidabilità per coloro che sono stati condannati in via definitiva, con una pena di almeno 2 anni, per i delitti previsti dal libro II, titolo II, capo I del codice penale; si tratta dei delitti contro la pubblica amministrazione, quali peculato, malversazione, concussione, corruzione ecc.. Questa lettera prevede poi la facoltà di congiungere, in sede di attuazione della delega, ai fini dell'incandidabilità, le condanne per delitti contro la p.a. ad «altri delitti» con massimo edittale superiore a tre anni. Tuttavia non sembra chiaro il criterio che dovrebbe ispirare l'intervento normativo da realizzare. Infatti, la suddetta facoltà non è circoscritta da alcuna indicazione, essendo formulata con la locuzione generica «se del caso»; inoltre, non risulta se la condanna per altri delitti debba essere aggiuntiva o alternativa rispetto a quella per i delitti in precedenza indicati dalla stessa lettera.
La lettera d) stabilisce che l'incandidabilità operi anche nel caso di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 codice di procedura penale (patteggiamento), ma non è prevista analoga disposizione per il divieto di assunzione di cariche di cui al comma 1 e al comma 2 lettera g).
La lettera f) prevede che le cause di incandidabilità a deputato e senatore si applicano anche all'assunzione delle cariche di Governo (Presidente del Consiglio dei ministri, Ministri, Viceministri e Sottosegretari) alle medesime condizioni. Dal momento che i membri del Governo possono essere scelti non solo tra i membri delle Camere, il testo potrebbe essere riformulato facendo riferimento, anziché alle condizioni di incandidabilità, al divieto di ricoprire cariche di governo, anche in analogia alla definizione utilizzata nel comma 1 e nella rubrica dell'articolo.
La lettera g) prevede che il testo unico operi una completa ricognizione delle disposizioni vigenti in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali, nonché in materia di divieto a ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore provinciale e comunale, consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico degli enti locali (decreto legislativo 267 del 2000) e presidente e componente degli organi delle comunità montane. La lettera h) prevede la possibilità di introdurre ulteriori ipotesi di incandidabilità ma il criterio di delega si limita ad evocare le condanne derivanti da delitti di grave allarme sociale lasciando indeterminata, e quindi alla scelta del legislatore delegato, l'individuazione di tali delitti.
Occorre dire poi che, a differenza dell'incandidabilità parlamentare, l'ordinamento vigente (articolo 58 del testo unico degli enti locali decreto legislativo 267 del 2000) già prevede alcune cause ostative alla candidatura negli enti locali derivanti da condanna definitiva.
Per le incandidabilità regionali la lettera i) affida al legislatore delegato l'individuazione, in caso di sentenze definitive di condanna, di ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli «organi politici di vertice delle regioni» (presumibilmente organi esecutivi).
Generali criteri di delega sono contenuti nella lettera l) che prevede l'abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili con quelle recate dal testo unico e nella lettera m) che prevede l'ipotesi di incandidabilità sopravvenuta, in caso di condanna definitiva per delitti non colposi che sopraggiunga in un momento successivo alla candidatura (in caso di cariche elettive) o all'affidamento della carica (in caso di cariche non elettive). Il principio di delega prevede che in questi casi si proceda alla sospensione o alla decadenza di diritto dalla carica, senza specificare quando applica l'una o l'altre delle due fattispecie, anche se sembrerebbe plausibile l'applicazione della sospensione in caso di cariche elettive e della decadenza per le cariche non elettive (di governo). In ogni caso, la sospensione dei parlamentari andrebbe letta alla luce dell'articolo 66 della Costituzione che prevede la competenza delle Camere per il giudizio, oltre che dei titoli di ammissione dei suoi componenti, sia delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.
In base al comma 3 lo schema di testo unico è trasmesso alle Camere che esprimono il parere attraverso le competenti commissioni per materia e per i profili finanziari entro 60 giorni e, decorso tale termine, il testo unico può essere comunque emanato anche in assenza dei pareri.
Angela NAPOLI (FLpTP), relatore per la II Commissione, per quanto concerne le disposizioni più specificamente riconducibili agli ambiti di competenza della Commissione giustizia, si segnalano gli articoli 4, 5, 7 e 9.
L'articolo 4 - introdotto nel corso dell'esame al Senato - mira a tutelare il pubblico dipendente che - fuori dei casi di responsabilità per calunnia o diffamazione - denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro (comma 1).
L'espressione «condotte illecite» appare riferibile sia a reati che ad illeciti disciplinari.
Viene, infatti, disposto che il segnalante non può esser licenziato, o sottoposto a misure discriminatorie avente effetto sulle condizioni di lavoro per motivi, direttamente o meno, collegati alla denuncia presentata.
Fatti salvi gli obblighi legali di denuncia (il riferimento è ai pubblici dipendenti che rivestono anche la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) è fatto divieto alla Pubblica Amministrazione di rivelare l'identità del segnalante - in assenza del consenso di quest'ultimo - fino alla contestazione dell'illecito disciplinare (comma 2).
Si segnala che analoga disposizione a tutela del dipendente pubblico è contenuta nell'articolo 9 della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, ed attualmente in corso di ratifica parlamentare. Il provvedimento, approvato dal Senato è ora all'esame della Commissione esteri della Camera (atto Camera 3737).
L'articolo 5, introdotto dal Senato, individua una serie di attività d'impresa particolarmente esposte al rischio di inquinamento mafioso.
L'elenco delle attività può essere modificato con decreto ministeriale (adottato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze), previo parere delle commissioni parlamentari competenti.
È inoltre prevista una clausola di invarianza finanziaria.
La disposizione è finalizzata all'«applicazione delle norme vigenti in materia di controlli antimafia in relazione alle attività d'impresa, mediante gli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio d'inquinamento mafioso».
Il riferimento è alle cosiddette white list, introdotte dall'articolo 4, comma 13, del Decreto legge n. 70 del 2011 (cosiddetto decreto-sviluppo), in corso di conversione, ovvero l'elenco, presso le prefetture, di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, cui possono rivolgersi gli esecutori dei lavori, servizi e forniture per i subappalti e subcontratti successivi ai contratti pubblici.
Va segnalata, peraltro, l'opportunità di coordinare la disposizione in questione con l'articolo 101, comma 8, del cosiddetto Codice antimafia, schema di decreto legislativo attualmente all'esame della Commissione giustizia della Camera per il parere.
L'articolo 7 reca disposizioni in materia di danno all'immagine della pubblica amministrazione, mediante novella dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, che disciplina il giudizio di responsabilità amministrativa.
In particolare, il comma 1 prevede due nuovi commi 1-sexies e 1-septies all'articolo 1 della legge 20 del 1994.
Con il primo, è introdotta una presunzione relativa sulla quantificazione del danno all'immagine della Pubblica amministrazione. Si dispone, infatti, qualora sia stato commesso un reato contro la pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato, l'entità del danno all'immagine della amministrazione derivante da tale reato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro del valore di altra utilità che sia stata indebitamente percepita dal dipendente.
Con la seconda novella, che introduce il comma 1-septies dell'articolo 1 legge 20 del 1994, si prevede che nei giudizi di responsabilità amministrativa per il danno all'immagine - nell'ipotesi di probabile attenuazione della garanzia patrimoniale del credito erariale - su richiesta del procuratore regionale, sia sempre concesso dal presidente della sezione della Corte dei conti competente sul merito del giudizio, il sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto, comprese somme e cose allo stesso dovute.
Il provvedimento cautelare è assunto con decreto motivato che il giudice, può - con ordinanza - confermare, modificare o revocare alla successiva udienza di comparizione. Contro l'ordinanza è ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 669-terdecies del codice di procedura civile davanti alla sezione giurisdizionale della Corte di conti.
L'articolo 9 novella il titolo II del codice penale, relativo ai delitti contro la pubblica amministrazione.
In particolare, le lettere da a) ad h) aumentano le pene attualmente previste dal codice penale per una serie di delitti contro la pubblica amministrazione (peculato, peculato mediante profitto dell'errore altrui, malversazione a danno dello Stato, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, corruzione per un atto d'ufficio, corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, corruzione in atti giudiziari).
L'innalzamento da tre a quattro anni di reclusione del minimo edittale previsto per il reato di peculato (articolo 314 c.p.) rende più difficile l'applicazione dell'articolo 317-bis (Pene accessorie), laddove prevede, per i reati di peculato e concussione, l'applicazione dell'interdizione temporanea, anziché perpetua, dai pubblici uffici quando per circostanze attenuanti viene inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni.
La lettera i) introduce, a chiusura del capo relativo ai delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A., una nuova circostanza aggravante (articolo 335-ter, codice penale), ad effetto comune riferita a chi riveste la qualifica di pubblico ufficiale.
Tale nuova circostanza inasprisce le pene per delitti previsti nel Capo I: in caso «atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione»; se i fatti sono commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dall'Unione europea. La nuova circostanza aggravante non si applica invece agli incaricati di pubblico servizio.
Le lettere l) ed m) intervengono sulla disciplina dei delitti dei privati contro la PA per innalzare la pena attualmente prevista per le fattispecie di astensione dagli incanti e di frode nelle pubbliche forniture.
Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.45.
COMMISSIONI RIUNITE
I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
e II (Giustizia)
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Resoconto di giovedì 14 luglio 2011
Giovedì 14 luglio 2011. - Presidenza del presidente della II Commissione Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la semplificazione normativa Francesco Belsito.
La seduta comincia alle 14.05.
Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.
C. 4434 Governo, approvato dal Senato, C. 3380 Di Pietro e C. 4382 Giovanelli.
(Seguito dell'esame e rinvio).
Le Commissioni proseguono l'esame dei provvedimenti, rinviato il 7 luglio 2011.
Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che nella scorsa seduta si è proceduto all'abbinamento delle proposte di legge C. 3380 Di Pietro e C. 4382 Giovanelli al disegno di legge C. 4434 del Governo, sul quale i relatori hanno svolto la relazione. Oggi pertanto si procederà all'integrazione della relazione illustrando le proposte di legge abbinate successivamente.
Avverte che a seguito di tale abbinamento le Presidenze delle Commissioni I e II hanno chiesto che la proposta di legge C. 3850 Ferranti assegnata alla Commissione giustizia venisse assegnata alle Commissioni riunite al fine dell'abbinamento ai progetti di legge C. 4434, C. 3380 e C. 4382.
Invita quindi i relatori ad integrare le rispettive relazioni.
Donato BRUNO, presidente della I Commissione, in sostituzione del relatore per la I Commissione, onorevole Santelli, avverte che l'illustrazione delle proposte di legge abbinate riguarderà i profili di interesse della Commissione affari costituzionali, mentre la collega Angela Napoli illustrerà le parti di competenza della Commissione giustizia.
Per quanto riguarda la proposta di legge C. 3380 Di Pietro e altri, questa reca una articolata disciplina in materia di incandidabilità al fine di impedire la candidatura a deputato o a senatore di soggetti condannati in via definitiva per un delitto non colposo. Prevede inoltre una serie di cause ostative all'assunzione di incarichi di Governo.
In particolare, l'articolo 16 sancisce la non candidabilità a deputato o senatore delle persone condannate in via definitiva per un delitto non colposo.
L'articolo 17 dispone che quanto previsto all'articolo 16 si applica a qualsiasi altro incarico con riferimento al quale, in virtù di specifiche disposizioni di legge, l'elezione o la nomina è di competenza dell'Assemblea, del Presidente o dell'Ufficio di presidenza della Camera dei deputati o del Presidente o del Consiglio di presidenza del Senato della Repubblica.
Agli articoli 18 e 19, è previsto l'obbligo di presentare, per ciascun candidato, una dichiarazione attestante l'insussistenza delle cause di incandidabilità, ferme le sanzioni penali previste dalla legislazione vigente in caso di attestazioni mendaci.
È inoltre previsto che l'ufficio centrale circoscrizionale disponga l'esclusione, entro il giorno successivo alla scadenza del termine stabilito per la presentazione delle liste, dei candidati per i quali non sia stata presentata la dichiarazione sostitutiva comprovante l'insussistenza delle cause di incandidabilità o per i quali tale dichiarazione risulti non veritiera.
L'articolo 20 modifica nello stesso senso le norme per l'elezione del Senato della Repubblica.
Gli articoli 21 e 22 recano disposizioni in merito all'incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia.
L'articolo 23, infine, introduce cause ostative all'assunzione di incarichi di governo. In particolare, è previsto che non possano ricoprire incarichi di Governo coloro nei confronti dei quali è stato adottato, per reati non colposi, il decreto che dispone il giudizio, ai sensi dell'articolo 429 del codice di procedura penale.
L'eventuale nomina di coloro che si trovano nella condizione ostativa è nulla e gli atti eventualmente compiuti sono nulli e inefficaci, fatta salva ogni ulteriore eventuale responsabilità. I medesimi effetti si determinano qualora la causa ostativa intervenga successivamente all'assunzione di un incarico di governo.
Venendo alla proposta di legge C. 4382 Giovanelli e altri, questa, all'articolo 3, interviene sulla disciplina della gestione commissariale delle emergenze, prevedendo che i commissari possano essere nominati esclusivamente per fare fronte a esigenze non prevedibili né programmabili e che le strutture deputate a fronteggiare l'emergenza debbano avvalersi di norma esclusivamente di personale di ruolo delle pubbliche amministrazioni ovvero, in caso di particolari necessità e con riferimento al periodo strettamente necessario, di personale utilizzato con contratto di somministrazione di lavoro.
Si prevede inoltre che l'azione della protezione civile si sviluppi sulla base di una programmazione annuale e di accordi quadro e che, qualora sia necessario acquisire beni e servizi non ricompresi negli accordi quadro, il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri possa far ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA).
L'articolo 4 introduce nuove disposizioni concernenti il regime delle incompatibilità per i titolari di incarichi pubblici. In particolare, è previsto che, salvo i casi da individuare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, i dirigenti delle pubbliche amministrazioni non possono ricoprire altri incarichi di natura gestionale ovvero svolgere funzioni di revisione, di controllo o di consulenza, se non in rappresentanza dell'amministrazione di appartenenza. Il conferimento degli incarichi ammessi avviene tenendo conto dell'esperienza professionale già maturata; dei risultati conseguiti rispetto ai programmi e agli obiettivi già assegnati; e del principio di rotazione. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono stabilite le sanzioni disciplinari da irrogare in caso di violazione di questa disposizione.
L'articolo 5 prevede che la nomina degli arbitri per la risoluzione di controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione avviene nel rispetto dei princìpi di pubblicità e di rotazione e che gli arbitri devono essere scelti esclusivamente tra i dirigenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni nell'ambito delle loro ordinarie attività, qualora la controversia si svolga fra due amministrazioni, per evitare il conferimento di incarichi a soggetti esterni. Qualora, invece, la controversia abbia luogo fra una pubblica amministrazione e un privato, l'arbitro individuato dalla pubblica amministrazione è scelto fra i dirigenti di ruolo.
L'articolo 6 prevede che l'incremento della retribuzione del dirigente legata agli incarichi esterni o agli arbitrati non possa superare il 20 per cento della sua retribuzione lorda onnicomprensiva dell'anno precedente.
L'articolo 7 prevede che i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati dello Stato non possano ricoprire incarichi in uffici di organi politici o incarichi di gestione all'interno di pubbliche amministrazioni o, dove consentito, in società a totale o parziale partecipazione pubblica, per più di sessanta mesi ogni decennio. Al rientro nell'amministrazione di appartenenza, è altresì previsto che i medesimi soggetti non possano trattare questioni riferibili alle amministrazioni presso le quali hanno svolto incarichi nel biennio precedente ovvero a soggetti da queste vigilate e che, durante il collocamento fuori ruolo, non possano assumere altri incarichi oltre quelli per i quali è stato disposto il collocamento fuori ruolo.
L'articolo 8 dispone che le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, compresi il Ministero della difesa e il Ministero degli affari esteri compatibilmente con le loro esigenze istituzionali, acquistino tutti i beni e i servizi necessari al loro funzionamento aderendo alle convenzioni stipulate dalla società CONSIP Spa ovvero facendo ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione.
L'articolo 9 delega il Governo ad adottare un decreto legislativo volto ad accrescere l'efficienza, l'economicità e la trasparenza delle procedure di realizzazione delle opere pubbliche nonché l'efficacia delle procedure di controllo per il contrasto della corruzione in tale settore, attribuendo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti funzioni di vigilanza e di controllo sulla realizzazione delle infrastrutture e delle opere pubbliche di valore superiore a 5.278.000 euro.
Per quanto riguarda, infine, la proposta di legge C. 3850 Ferranti, il suo contenuto, al di là della finalità generale, è riconducibile principalmente alla competenza della Commissione giustizia.
Angela NAPOLI (FLpTP), relatore per la II Commissione, rileva che la proposta di legge C. 3380 Di Pietro, come si legge nella relazione illustrativa, prevede, dall'articolo 1 all'articolo 15, una rielaborazione della materia relativa ai reati contro la pubblica amministrazione. Prevede, in particolare, la soppressione della figura della concussione: l'attuale forma esplicita (cioè l'attuale concussione mediante violenza o minaccia) verrebbe a costituire un'aggravante speciale dell'estorsione. Invece, la forma induttiva verrebbe ricompresa in un'unica, ampia fattispecie di corruzione che si estenderebbe fino alla corruzione impropria, con un indifferenziato trattamento sanzionatorio. Viene anche ipotizzata una speciale causa di non punibilità per il corruttore che entro tre mesi, o comunque prima dell'inizio del procedimento penale, denunci il fatto corruttivo e collabori con l'autorità giudiziaria, nonché metta a disposizione delle autorità giudiziarie una somma pari a quanto versato o ricevuto.
La proposta di legge, inoltre, interviene in modo sostanziale in tema di incandidabilità e incompatibilità.
La proposta di legge C. 4382 Giovanelli interviene, all'articolo 1, sul codice di procedura penale aumentando il periodo previsto per le misure interdittive. Viene infatti stabilito che, nel caso si proceda per uno dei delitti contro la pubblica amministrazione, le misure interdittive perdano efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione, anziché dopo i due mesi previsti negli altri casi.
L'articolo 2 introduce invece modifiche al regime delle sanzioni di cui all'articolo 25 del decreto legislativo n. 231 del 2001. È infatti previsto che, nel caso di condanna per uno dei delitti contro la pubblica amministrazione, la società di cui è o è stato amministratore o legale rappresentante, al momento dei fatti, il privato concorrente nel reato con il pubblico ufficiale o con l'incaricato di pubblico servizio, è iscritta in un albo speciale formato dalle persone giuridiche non ammesse a contrattare con la pubblica amministrazione, a partecipare agli appalti pubblici e a essere destinatarie di contributi o di finanziamenti pubblici.
La proposta di legge interviene anche in materia di gestione commissariale delle emergenze (articolo 3) nonché di incompatibilità per i titolari di incarichi pubblici e per i magistrati e gli avvocati dello Stato (articoli 3 e 7).
L'articolo 5 è invece dedicato alla disciplina degli arbitrati con le pubbliche amministrazioni, introducendo modifiche, ispirate al principio di trasparenza, in tema di nomina degli arbitri per la risoluzione di controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione.
È stata altresì abbinata la proposta di legge C. 3850 Ferranti che prevede, in primo luogo, un nuovo assetto della disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione.
Come si legge nella relazione di accompagnamento, tale proposta di legge, anche al fine di recepire le indicazioni provenienti dagli organismi internazionali, oltre a dotare gli inquirenti di strumenti investigativi fondamentali (quali la possibilità di disporre attività di contrasto sotto copertura), prevede una ridefinizione del quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione, ponendo attenzione anche a individuare strumenti che possano contribuire a rompere il «muro di omertà» tra corrotto e corruttore (quale la riduzione di pena per l'imputato che si adopera fornendo una concreta e fattiva collaborazione).
La proposta di legge C. 3850 Ferranti prevede, in primo luogo, un nuovo assetto della disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione. In linea generale, si ridisegna il quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione, trasferendo la condotta di concussione per costrizione all'interno di quelle di estorsione e la condotta di concussione per induzione all'interno della nuova fattispecie di corruzione, la quale ricomprende in sé il disvalore penale degli articoli 318, 319 e 321 del codice penale vigenti, prevedendo in ogni caso anche la punibilità del corruttore.
Viene anche introdotta, nell'articolo 319 del codice penale, la punibilità delle dazioni di denaro o di altre utilità fatte comunque al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio in ragione della funzione esercitata. La norma riguarda, quindi, l'ipotesi di un pubblico ufficiale che si attiva (o che non si attiva) in ragione della sua funzione, dietro corrispettivo.
Viene anche abolita la distinzione tra atti (o attività) d'ufficio e atti (o attività) contrari ai doveri d'ufficio e si prevede un sensibile inasprimento delle sanzioni penali per i reati più gravi contro la pubblica amministrazione, anche nel minimo edittale, per evitare che l'applicazione generalizzata di attenuanti determini la concreta inefficacia della sanzione.
Si introduce la fattispecie del traffico di influenze illecite, volta a punire la condotta dei soggetti che si propongono come intermediari nel disbrigo di faccende corruttive, nonché di quelli che ne ricercano la collaborazione.
Al fine di contrastare fenomeni di corruttela e di malaffare nel settore privato, si propone di introdurre, nel libro secondo, titolo VIII, del codice penale, al capo II relativo ai delitti contro l'industria e il commercio, il delitto di corruzione nel settore privato (estensibile agli enti in virtù del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231), consistente nella condotta di induzione, sollecitazione o ricezione di denaro o di altra utilità, o nell'accettazione della relativa promessa, per compiere od omettere un atto in violazione di un dovere, qualora ne derivino o possano derivarne distorsioni della concorrenza nel mercato ovvero danni economici all'ente o a terzi, anche attraverso una non corretta aggiudicazione o una scorretta esecuzione di un contratto.
Al fine di estendere le possibilità di accertamento dei reati contro la pubblica amministrazione e degli illeciti a essi connessi, si prevede la sospensione del corso della prescrizione degli illeciti amministrativi e tributari dal momento della consumazione del delitto di corruzione fino al momento dell'esercizio dell'azione penale per tale delitto allorché lo stesso sia stato commesso per ottenerne l'occultamento o il mancato perseguimento (articolo 9).
La proposta di legge interviene, infine, in materia di revisione delle sentenze (articolo 10).
Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 15.
COMMISSIONI RIUNITE
I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
e II (Giustizia)
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Resoconto di giovedì 21 luglio 2011
SEDE REFERENTE
Giovedì 21 luglio 2011. - Presidenza del presidente della I Commissione, Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.
La seduta comincia alle 14.10.
Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.
C. 3380 Di Pietro, C. 3850 Ferranti, C. 4382 Giovanelli e C. 4434 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).
Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 14 luglio 2011.
Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
COMMISSIONI RIUNITE
I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
e II (Giustizia)
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Resoconto di giovedì 28 luglio 2011
Giovedì 28 luglio 2011. - Presidenza del presidente della II Commissione Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.
La seduta comincia alle 13.35.
Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.
C. 4434 Governo, approvato dal Senato, C. 3380 Di Pietro, C. 4382 Giovanelli, C. 3850 Ferranti e C. 4516 Garavini.
(Seguito dell'esame e rinvio - Abbinamento delle proposte di legge C. 4516 Garavini e C. 4501 Torrisi).
Le Commissioni proseguono l'esame dei provvedimenti, rinviato il 21 luglio 2011.
Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che ai progetti di legge C. 4434 Governo, approvato dal Senato, C. 3380 Di Pietro, C. 4382 Giovanelli, e C. 3850 Ferranti sono state abbinate le proposte di legge C. 4516 Garavini e C. 4501 Torrisi, che saranno illustrate dall'onorevole Angela Napoli, relatore per la II Commissione, anche a nome del relatore per la I Commissione, onorevole Santelli.
Angela NAPOLI (FLpTP), relatore per la II Commissione, rileva come la proposta di legge Garavini C. 4516, che si compone di 3 articoli, miri a ridisegnare il quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione, trasferendo la condotta di concussione per costrizione (articolo 317 del codice penale) all'interno di quelle previste e punite dall'articolo 629 del codice penale (estorsione) e la condotta di concussione per induzione all'interno della nuova fattispecie di corruzione, la quale ricomprende in sé il disvalore penale degli articoli 318, 319 e 321 del codice penale vigente, prevedendo in ogni caso anche la punibilità del corruttore.
Segnala, in particolare, il nuovo articolo 319 caratterizzato da un sistema sanzionatorio che consente di stigmatizzare in maniera più evidente le condotte del funzionario pubblico che riceva denaro o altra utilità in relazione agli atti del proprio ufficio, mentre prevede un trattamento sanzionatorio più lieve nei confronti del privato, nei casi in cui l'atto sia stato già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio (condotta attualmente priva di sanzione penale). Si prevede, inoltre, una specifica diminuzione di pena per il caso in cui il corruttore sia indotto alla dazione o alla promessa al solo fine di evitare il pericolo di un danno ingiusto.
Segnala altresì il nuovo articolo 346 relativo al reato di traffico di influenze illecite, che mira a punire la condotta di chi prende elargizioni e tangenti per far ottenere a chi versa soldi o favori da un pubblico ufficiale e, in sostanza, funge da intermediario.
La proposta in esame intende poi intervenire anche sullo statuto penale dei funzionari internazionali. Il nuovo articolo 346-bis del codice penale è quindi volto ad equiparare in via generale alle figure del pubblico ufficiale e dell'incaricato di pubblico servizio le persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti nell'ambito di Stati esteri ovvero di organizzazioni internazionali.
La proposta intende, inoltre, rafforzare l'attuale fattispecie contenuta nell'articolo 416-ter (Scambio elettorale politico-mafioso), estendendo la configurazione del fenomeno corruttivo e di scambio elettorale mafioso non solo nei confronti di chi ottiene ma anche di chi si adoperi affinché si raggiunga l'illecito e lo scambio corruttivo in oggetto, ma soprattutto si estendono le fattispecie corruttive mafiose anche alle ipotesi di promessa di voti non scambiate necessariamente con un corrispettivo in denaro ma anche mediante altre utilità, tali da soddisfare le esigenze o le richieste in favore delle organizzazioni criminali di stampo mafioso.
Il nuovo assetto dei delitti contro la pubblica amministrazione determina, poi, l'esigenza di apportare le necessarie modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
La proposta di legge interviene, infine, anche per rafforzare il contrasto dei reati di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, introducendo la fattispecie di «autoriciclaggio».
Osserva quindi come la proposta di legge Torrisi C. 4501, che si compone di 19 articoli, sia volta ad introdurre una rielaborazione della disciplina dei reati contro la pubblica amministrazione, conforme alle indicazione degli organismi internazionali.
L'articolo 1 propone, innanzitutto, di realizzare l'unificazione dei reati di corruzione e di concussione (limitatamente all'ipotesi della concussione per induzione) con la conseguente creazione di un'unica figura di reato, denominata «corruzione», che prevede la punibilità del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che riceve indebitamente, per sé o per altri, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa, in relazione al compimento o all'omissione di un atto del suo ufficio o, comunque, in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni o alla sua attività. Ai fini dell'integrazione della nuova fattispecie di reato non rileva che la dazione o la promessa derivino da «induzione» del pubblico ufficiale ovvero dalla concertazione di entrambe le parti. Resta ferma l'ipotesi della violenza o minaccia del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che nella nuova formulazione è ricompresa nella figura di reato dell'estorsione aggravata.
Il nuovo reato di corruzione prevede delle pene superiori rispetto a quelle attuali. Nel nuovo assetto normativo è proposta, inoltre, una differenziazione delle sanzioni tra corrotto e corruttore.
Segnala, in particolare, che l'articolo 6 della proposta di legge riformula l'articolo 322 del codice penale in tema di istigazione alla corruzione, prevedendo un inasprimento di pene per coordinare tale figura di reato con il nuovo assetto normativo dato alla materia della corruzione anche in ragione degli aumenti di pena previsti per le altre ipotesi delittuose.
Con l'articolo 8, che sostituisce il secondo comma dell'articolo 629 del codice penale, l'originario delitto di concussione è inquadrato nella fattispecie estorsiva come forma aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, con conseguente previsione di pene più gravi.
Si introduce la nuova fattispecie denominata «traffico di influenze illecite» che è più ampia rispetto al reato di millantato credito, in quanto è prevista la punibilità anche del soggetto erogatore, nonché la necessità dell'estensione della punibilità della condotta di credito vantato anche nei confronti di incaricato di pubblico servizio non impiegato.
L'articolo 10 introduce, inoltre, con il nuovo articolo 360-bis del codice penale, sia per il corrotto sia per il corruttore, una speciale circostanza attenuante: è parso opportuno «premiare» una condotta collaborativa che consentisse di individuare non solo l'autore del reato ma anche il patrimonio realizzato illecitamente.
Manlio CONTENTO (PdL), intervenendo in merito al disegno di legge C. 4434 Governo, ricorda che come proprio in questa legislatura si sia ratificata la Convenzione ONU contro la corruzione (legge 3 agosto 2009, n. 116), di cui il presente provvedimento costituisce un'attuazione almeno per quanto concerne l'articolo 1 volto ad individuare l'autorità nazionale anticorruzione e il relativo piano nazionale.
La scelta è stata quella di attribuire detta funzione alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche. Si tratta di un'indicazione che è emersa dal dibattito al Senato che ha posto l'accento sulla necessità che l'autorità nazionale goda di una più accentuata indipendenza e terzietà rispetto all'esecutivo e alla pubblica amministrazione.
Se i poteri conferiti alla Commissione risultano sostanzialmente in linea con la Convenzione, andrebbe invece chiarito in che modo si esplichino i poteri ispettivi di cui al comma 3 pur correttamente attribuiti alla medesima. Trattandosi, infatti, di una funzione delicata parrebbe opportuno chiarire se la Commissione possa eseguire le ispezioni direttamente, anche delegandone le attività ad uno dei suoi componenti o se, allo scopo, si avvalga della collaborazione del dipartimento della funzione pubblica e, in tal caso, come e sulla base di quali disposizioni.
Esprime apprezzamento per l'inclusione del principio di trasparenza tra i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili (articolo 2). Ritiene, tuttavia, che andrebbe valutata la possibilità di esplicitare che detto principio, sulla base di quanto previsto al comma 2, va chiaramente esteso anche all'attività di consulenza professionale così come potrebbe ricomprendere le nomine o le designazioni in società partecipate o, comunque, in sodalizi ove l'indicazione spetta agli enti, e allorché si tratti di incarichi retribuiti. Se è vero che, in tali casi, pare prevalere l'aspetto fiduciario, non sembra inutile fare in modo che le pubbliche amministrazioni rendano noto il profilo dei soggetti individuati allo scopo.
Intende, inoltre, chiedere al Governo se sia in grado di riferire circa l'osservanza del divieto previsto dal vigente comma 7 dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 153 del 2001, soprattutto in relazione alle sanzioni finora irrorate per la violazione del dovere di preventiva autorizzazione allo svolgimento di incarichi retribuiti da parte dei dipendenti pubblici.
Sull'articolo 4 evidenzia come le eccezioni riferite alla calunnia o alla diffamazione non sembrino contemplare tutti i casi di attribuzione non veritiera di un illecito.
Quanto all'articolo 5, nel ribadire la necessità di una decisione definitiva di chiarezza circa la scelta della white list ovvero della black list, rileva l'incongruenza dell'apposizione di un termine annuale per l'aggiornamento del decreto ministeriale di cui al comma 2, posto che l'evidenza potrebbe mostrarsi anche durante l'anno.
In ordine alla delega al Governo sull'insindacabilità e sul divieto di ricoprire cariche elettive, di cui all'articolo 8, dopo aver ricordato l'esclusione dei deputati europei, pone la questione dell'insindacabilità alla carica di deputato sottolineando come l'articolo 65 non la contempli tra le ipotesi in relazione alle quali si rinvia al legislatore ordinario per la relativa disciplina; né la legittimità della categoria dell'incompatibilità può ricavarsi dalle ipotesi previste nella Costituzione dal momento che, anzi, esse depongono in senso contrario e cioè per escludere che le medesime possano, in via estensiva, essere ricondotte al ricordato articolo 65. Precisa di condividere la necessità di impedire l'elezione al Parlamento di coloro che sono stati condannati per gravi reati, ma che ha comunque inteso sottoporre il tema giuridico all'esame delle Commissioni. Sottolinea l'improprietà della locuzione «se del caso» di cui alla lettera b) della comma 1, che andrebbe eliminata ed evidenzia la correttezza dell'osservazione circa le cariche di Governo affidate a membri estranei al Parlamento.
Quanto alle disposizioni che aumentano la pena per reati contro la pubblica amministrazione invita a riflettere circa gli effetti che derivano da un eccessivo aumento dei minimi di pena che rischia, in alcuni casi, di impedire al giudice un'appropriata graduazione della sanzione. Ritiene, invece, auspicabile l'aumento dei massimi anche per gli effetti sulla prescrizione.
Ritiene che l'esame nei provvedimenti in titolo potrebbe costituire l'occasione adatta per affrontare, una volta per tutte, un serio dibattito sul tema del reato di concussione, che alcuni vorrebbero eliminare. Quanto invece al tema del cosiddetto «autoriciclaggio», introdotto da talune proposte di legge abbinate, sottolinea come si tratti di una fattispecie molto difficile da delineare e ritiene che si debbano valutare molto attentamente le conseguenze che possono derivare dalla sua introduzione nell'ordinamento. Ricorda, infine, come sia sostanzialmente sospesa e in attesa di una definizione anche la delicata questione del concorso nei reati a partecipazione necessaria.
Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.
COMMISSIONI RIUNITE
I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
e II (Giustizia)
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Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
Seduta di martedì 13 settembre 2011
Audizione di rappresentanti di Cittadinanzattiva, di Transparency International Italia e dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva attinente all'esame dei progetti di legge C. 4434 Governo, approvato dal Senato, C. 3380 Di Pietro, C. 4382 Giovanelli, C. 3850 Ferranti, C. 4516 Garavini e C. 4501 Torrisi, recanti disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, l'audizione di rappresentanti di Cittadinanzattiva, di Transparency International Italia e dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE).
Do la parola ai nostri ospiti, a partire dal rappresentante di Cittadinanzattiva, Vittorino Ferla. Invito gli auditi a consegnare agli uffici eventuali documenti scritti, in modo che si possano riprodurre e mettere in distribuzione.
VITTORINO FERLA, Rappresentante di Cittadinanzattiva. Buongiorno a tutti e grazie per l'invito a questa audizione.
Cittadinanzattiva è da diversi anni impegnata sul versante della lotta agli sprechi e alla corruzione nelle amministrazioni pubbliche, in particolare sul tema della trasparenza e della valutazione dell'efficacia dell'azione pubblica. Da questo punto di vista, il nostro contributo anche al percorso di riforma avviato con il decreto legislativo n. 150 del 2009 è stato importante.
In questo senso, ci pare utile lo sforzo che viene fatto con il disegno di legge del Governo, rispetto al quale, tuttavia, non possiamo fare a meno di esprimere alcune osservazioni critiche. A nostro avviso, già in questa fase, dopo un paio di anni dalla riforma Brunetta, il processo sembra essersi impantanato e il cammino in qualche modo interrotto. Lo dico non soltanto alla luce delle valutazioni delle organizzazioni civiche che seguono il processo di applicazione, ma anche alla luce dello stesso seminario organizzato dalla CiVIT (Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche) nello scorso marzo, che ha fatto il punto della situazione rispetto all'attuazione della riforma.
In particolare, una serie di questioni riguarda l'attuazione del citato decreto legislativo n. 150 del 2009, e soprattutto i lavori della Commissione. È evidente che i tagli della manovra finanziaria dello scorso anno hanno fortemente limitato l'attuazione della riforma: è complicato immaginare un sistema premiale per i meritevoli; alcuni pezzi di amministrazioni pubbliche sembrano essersi già sganciati dai controlli di legge. Peraltro, pare ancora esservi un conflitto fra il ruolo degli organismi di valutazione indicati da quella riforma e il tradizionale sistema di controlli corporativi in commissioni paritetiche.
Questo è un punto di debolezza molto rilevante, che inevitabilmente si ripercuote anche sull'approvazione del disegno di legge di cui parliamo questa mattina.
La seconda questione riguarda il ruolo della CiVIT. Un primo punto rilevante che ha a che fare anche con il disegno di legge in oggetto riguarda il tema dell'indipendenza della Commissione. È molto importante che il disegno di legge individui come obiettivo l'istituzione di un'autorità nazionale anticorruzione, anche in applicazione del diritto internazionale, ma allo stesso tempo non possiamo non segnalare il fatto che l'autorità nazionale anticorruzione deve essere un organismo indipendente, cosa che non potrà essere nel momento in cui questa autorità coinciderà con la CiVIT.
Apprezziamo certamente l'idea che non si moltiplichino gli enti pubblici, ma allo stesso tempo, se è corretto concentrare queste competenze, quindi anche quelle della lotta anticorruzione all'interno della CiVIT, non possiamo fare a meno di sottolineare una carenza di fondo insita nella natura della Commissione, ossia il fatto che la stessa non è indipendente dal Governo.
Questo ha significato che anche nel processo che noi abbiamo sotto gli occhi, in questi due anni, la selezione dei commissari è stata inevitabilmente sottoposta alle tradizionali logiche lottizzatorie da parte dei partiti. La Commissione si è concentrata soprattutto su un'attività di ordine formale, in particolare con l'emanazione di delibere su regolamenti e norme, l'adempimento di atti burocratici, ma è assente un approccio manageriale, manca una capacità di governo del sistema. La cosa ci preoccupa anche in vista delle nuove competenze che alla CiVIT verrebbero affidate. È mancato fino ad oggi un serio coinvolgimento dei cittadini e si tratta di un aspetto per noi, ovviamente, rilevante. Su questo punto ritornerò più avanti.
C'è un elemento di ulteriore preoccupazione. Le Commissioni sono certamente a conoscenza del fatto che la CiVIT, purtroppo, sta lavorando anche in condizioni di organico ridotto per le dimissioni di due commissari. Nel caso del professor Micheli, non si è trattato di dimissioni senza significato; al contrario, a queste dimissioni sono state date motivazioni abbastanza precise che, in qualche modo, ricalcano le osservazioni fin qui condotte, con riguardo dunque alla scarsa efficacia ed efficienza di questa Commissione e con molti dubbi sul lavoro e sulla reale produttività della stessa. Questo è un punto di cui non possiamo tacere nel momento in cui si discute di questo disegno di legge.
Gli stessi commissari della CiVIT hanno «confessato», nel corso dell'ultimo seminario condotto: «abbiamo le scarpe strette». Questa espressione significa sostanzialmente che ci sono una serie di problemi che vanno colti. In particolare, meno della metà delle amministrazioni pubbliche, fino ad oggi, ha realizzato i piani per la trasparenza; questo evidentemente non è un buon viatico, in vista del fatto che bisognerà fare lo stesso lavoro sul piano della lotta alla corruzione, e soprattutto ci dice qualcosa in termini di accountability. A nostro avviso, è necessario che vi siano degli strumenti che in qualche modo stabiliscano un sistema di premi e sanzioni per le amministrazioni virtuose e non virtuose. Allo stesso tempo, mancano strumenti per la raccolta delle segnalazioni dei cittadini. Se questo è un tema di cruciale rilevanza nell'ambito della trasparenza delle amministrazioni pubbliche, a maggior ragione crediamo possa diventarlo nell'ambito della lotta alla corruzione, ed è evidente il nesso fra i due temi. Sotto questo profilo, invitiamo le Commissioni a valutare strumenti ulteriori da introdurre nel disegno di legge relativi al coinvolgimento dei cittadini, in particolare attraverso la raccolta di segnalazioni.
Non ci sono chiari i rapporti che intercorreranno fra Dipartimento della funzione pubblica e autorità anticorruzione. Lo sottolineiamo anche alla luce della mancata indipendenza nella selezione dei commissari e, comunque, nella nomina della CiVIT. Inevitabilmente vi saranno una serie di conflitti di competenze e di attribuzione, con il forte rischio che l'autorità anticorruzione sia semplicemente uno strumento per la ratifica di piani e iniziative che saranno sostanzialmente realizzati dal Dipartimento della funzione pubblica.
In questo senso, siccome nel disegno di legge si fa nuovamente riferimento al tema della trasparenza dell'attività amministrativa, che è normato già in altre leggi dello Stato, noi vogliamo esprimere alcune perplessità rispetto al tema dell'accesso totale alle informazioni, che è dichiarato ma non è reale, in particolare quando si fa riferimento ai soli portatori di interesse rispetto alle informazioni. Noi chiediamo che l'accesso debba essere davvero totale per tutti i cittadini e non abbia le restrizioni e le limitazioni che allo stato attuale ancora esistono.
C'è il forte rischio, in altri termini, che questo accesso alle informazioni sia alla fine sempre filtrato da una selezione che viene fatta a monte dalle amministrazioni pubbliche; viceversa, noi riteniamo che l'informazione debba vertere anche sull'attività e non soltanto sul prodotto finale. Bisognerà pubblicare i provvedimenti, ma allo stesso tempo è molto importante che la trasparenza sia presente fin dal momento della formazione dell'atto. Questo è un tema cruciale, su cui probabilmente queste Commissioni potrebbero fare un supplemento di riflessione, proprio per intervenire sui limiti della riforma Brunetta, di cui adesso ovviamente abbiamo qualche contezza, essendo trascorsi due anni dall'approvazione.
Tengo a sottolineare ancora che nella parte relativa all'affidamento di lavori, forniture e servizi, quindi nella parte relativa agli appalti, credo possa essere utile valutare anche l'introduzione di strumenti di controllo e di partecipazione civica. Noi riteniamo che vi siano diversi esempi, anche recenti - basti pensare, per esempio, alla ricostruzione post-terremoto dell'Aquila - in cui probabilmente un coinvolgimento dei cittadini fin dall'inizio, anche nella ricostruzione, nel ripensamento dei lavori, sarebbe stato cruciale. Come organizzazione di cittadini e di consumatori, riteniamo ovviamente che questo sia rilevante anche in ambiti meno clamorosi: basti pensare, per esempio, alla fornitura di servizi, a tutta la partita che si gioca a livello di aziende sanitarie locali, a livello del mondo della sanità. Stiamo parlando di un tema evidentemente cruciale, poiché sappiamo che il 70 per cento del budget delle regioni è dedicato a questo ambito. Non c'è qui il tempo per approfondire questo tema, sul quale peraltro voi siete ovviamente avvertiti, ma proprio per questo motivo vale la pena di stabilire strumenti di osservazione, di coinvolgimento, di partecipazione dei cittadini nel momento dell'affidamento degli appalti e nei lavori successivi.
Faccio ancora un riferimento ad alcune delle questioni sollevate, per esempio, anche dalla Corte dei conti, in particolare la questione strettamente legata al tema della lotta alla corruzione, quella relativa alla riforma della giustizia. Noi riteniamo che il rischio di interruzione dei processi, il rischio dei termini di prescrizione brevi e via dicendo non siano un sostegno alla lotta alla corruzione. In questo senso, ci piace segnalare in questa sede il fatto che nella finanziaria del 2007 è stata approvata una norma che riguarda la confisca e l'uso sociale dei beni dei corrotti - questo è stato, peraltro, il frutto di un'iniziativa delle organizzazioni civiche, che poi ha trovato accoglienza in Parlamento - ma ad oggi l'attuazione di quella norma è sostanzialmente sospesa. Si tratta di una norma importante perché, da una parte, offre degli strumenti di lotta alla corruzione e, dall'altra, strumenti di recupero di risorse sottratte alla comunità che possono essere utilmente reinvestite. Credo che un impegno, nel disegno di legge, a una piena attuazione di quella norma e ad una estensione dei poteri ispettivi anche all'attuazione di quella norma sia rilevante.
Un ultimo punto riguarda il tema dell'audit civico. Da anni siamo impegnati nella valutazione civica dei servizi ai cittadini. Crediamo che questo sia uno strumento rilevante perché apre le finestre e le porte delle amministrazioni pubbliche al controllo dei cittadini. Si tratta di azioni virtuose, importanti, che hanno una ricaduta non soltanto sul piano della qualità dei servizi offerti e sull'efficacia dell'azione amministrativa, ma anche sulla trasparenza dei processi e di quelle azioni che in molti casi sono realizzate alla fine proprio per migliorare la qualità e le condizioni di vita dei cittadini.
Ci impegniamo a inviare alle Commissioni un testo scritto che raccolga questi suggerimenti. Grazie.
QUINTILIANO VALENTI, Rappresentante di Transparency International Italia. Buongiorno. Sono Quintiliano Valenti, vicepresidente di Transparency International. È con me il collega professor Zaniboni, con il quale dividerò l'intervento. Io parlerò in termini più generali, mentre il professor Zaniboni parlerà più in particolare dei problemi che interessano le Commissioni.
Noi definiamo la corruzione come l'abuso del potere istituzionale per vantaggi privati. Il problema della corruzione è un problema generale, mondiale, che non può essere risolto nell'ambito di un singolo Stato. La soluzione, se mai ci sarà, o la riduzione dei fenomeni di corruzione la si potrà ottenere - ne siamo convinti - in un contesto internazionale.
Noi siamo il Paese dei favori e delle raccomandazioni. Per Transparency International i favori e le raccomandazioni sono atti corruttivi, quindi occorre fare un cambio culturale notevolissimo se si vuole risolvere il problema.
La corruzione entra anche nei fenomeni finanziari che ci stanno assillando ultimamente. Dobbiamo pensare che, per esempio, un cambiamento dei nostri indici di percezione della corruzione influenza direttamente il costo del debito, quindi il costo globale per l'azienda Italia; un quarto di punto di variazione del currency CDs comporta un costo, per l'azienda Italia, di 4 miliardi di euro. Quando noi valutiamo il grado di corruzione di un Paese, questa valutazione entra nei rating dei vari istituti bancari e in conseguenza penalizza o premia il Paese.
Noi siamo i rappresentanti della società civile che si sono occupati della corruzione in maniera formale, standardizzata, da circa venti anni. Abbiamo visto che per combattere il fenomeno bisogna prima poterlo misurare.
Quanto alle dimensioni della corruzione, in particolare, per quanto riguarda l'Italia, dare un numero che quantifichi cosa vuol dire la corruzione oggi è estremamente difficile. Noi ci asteniamo dal darlo, però sappiamo che in Italia esiste questo problema culturale, una corruzione endemica che è estremamente difficile da combattere.
Noi sappiamo che per risolvere un problema dobbiamo prima misurarlo. I nostri indici di misurazione (Corruption perception index, Bribery index e Global corruption report) sono documenti noti a livello mondiale che sono stati da noi emessi.
Come ci comportiamo per il contrasto alla corruzione? Innanzitutto abbiamo un approccio preventivo, vale a dire cerchiamo di incoraggiare nelle scuole il ritorno all'etica dei comportamenti come elemento di studio. Inoltre, abbiamo una serie di indicazioni di dettaglio, che però valgono per la generalità dei processi, le business practice per il contrasto della corruzione. In ogni processo c'è la fase di concezione fino alla parte realizzativa; noi analizziamo queste fasi e per ognuna di esse cerchiamo di individuare l'aspetto preventivo e l'aspetto sanzionatorio. Quando un'azienda ha adottato questo sistema di business practice di Transparence international, automaticamente i rischi aziendali sono posti sotto controllo, dunque si ha un effetto sulla bottom line, sul risultato economico dell'iniziativa.
In Italia abbiamo in essere una collaborazione con ANCI e SAET, che prevede la diffusione di questi concetti, inclusi i patti di integrità, che sono un nuovo metodo della contrattualistica generale.
Dicevo prima che i problemi della corruzione si risolvono se li mettiamo in un contesto internazionale, mondiale. Noi abbiamo ratificato la Convenzione UNCAC (United Nations Convention against corruption).
Siamo oggetto di controlli da parte del GRECO, il gruppo europeo di Stati contro la corruzione; il mio collega elaborerà le nostre raccomandazioni riguardo a questo controllo.
Abbiamo la necessità e ci appelliamo a tutti voi perché le azioni che ci sono richieste a livello internazionale, e che abbiamo già ratificato, abbiano il seguito adeguato per un'applicazione di dettaglio che ci dia la credibilità necessaria per non incorrere in quelle penalizzazioni finanziarie che adesso sono estremamente severe.
Bauman diceva che l'etica è quell'approccio mentale di una mente calcolatrice dopo aver fatto bene i propri conti. In altre parole, a lungo termine l'etica, l'anticorruzione pagano, non sono un costo, anzi danno un ritorno, ma bisogna crederci ed essere credibili verso le autorità internazionali che si muovono con noi.
In Italia stiamo raccomandando di rivedere le attività nelle amministrazioni dello Stato, individuare i punti negativi presenti, cercare di pianificare queste operazioni di pulizia e di diffusione dell'etica, in modo da ottenere sulla scena internazionale una credibilità e una reputazione che sono fondamentali per l'azienda Italia in questo particolare momento.
Lascerei la parola al professor Zaniboni.
PRESIDENTE. Mi scusi, professor Zaniboni. La pregherei di contenere il suo intervento in tempi ristretti, poiché le Commissioni devono svolgere altre audizioni. La ringrazio.
EUGENIO ZANIBONI, Rappresentante di Transparency International Italia. Grazie, presidente.
Il nostro vicepresidente ha sottolineato il contesto internazionale in cui va collocato il disegno di legge in discussione. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un fenomeno che è stato quantificato dalla Corte dei conti, solo due anni fa, in 50-60 miliardi di euro.
Noi ci siamo chiesti se questo disegno di legge corrisponda alle esigenze del Paese in questo momento. Da un lato, è vero che il fenomeno della corruzione interessa tutti gli Stati e può essere combattuto soltanto a livello internazionale. Non dimentichiamo che l'articolo 83 del Trattato di Lisbona inserisce la corruzione tra i reati gravi su cui direttamente in Europa si può prendere una decisione sul da farsi.
Abbiamo anche ratificato, come si è detto, la Convenzione UNCAC del 2003 contro la corruzione, che è molto importante. Abbiamo avuto soltanto due mesi fa la visita del GRECO che ci ha detto che ben sette raccomandazioni non sono state prese in considerazione dall'Italia. Poiché l'8 ottobre avremo un'altra visita e il tempo stringe, noi chiediamo semplicemente di adempiere in maniera precisa e puntuale alle raccomandazioni del GRECO, l'organo europeo che si occupa di corruzione.
Quali sono, in sintesi, le raccomandazioni? Innanzitutto, codice di condotta per i politici e per i ministri. Inoltre, norma sul conflitto di interesse; in particolare, noi chiediamo di prevedere norme - non sono presenti in questo disegno di legge - che riguardano il fenomeno delle Revolving Doors o «pantouflage»: si assume un incarico al privato al termine dell'esercizio di un incarico pubblico che può nascondere un fenomeno di corruzione.
Inoltre, chiediamo di rafforzare il fenomeno che noi chiamiamo delle «vedette civiche», in inglese whistleblower. Un articolo inserito al Senato, l'articolo 4, prevede una sorta di immunità soltanto per il dipendente pubblico e non si vede per quale motivo questa previsione non si debba estendere anche al privato.
La corruzione nel settore privato è fondamentale e c'è una convenzione, non ancora ratificata dall'Italia, che potrebbe risolvere molti problemi. Chiediamo di rafforzare il ruolo dell'autorità prevista - e ci associamo, in questo, a quanto si diceva prima sulla possibile non totale indipendenza dell'autorità CiVIT - sul piano investigativo, perché la Convenzione UNCAC ci chiede anche di nominare un'autorità con poteri investigativi, inquirenti in questo settore.
Inoltre, ed è l'aspetto che forse ci sta più a cuore, dalle statistiche sappiamo che nell'84 per cento dei reati finanziari che giungono a compimento di tutti e tre i gradi di giudizio le condanne non sono eseguite per prescrizione.
Il GRECO ci chiede di ampliare - come la convenzione ONU chiede a tutti gli Stati in maniera perentoria - i termini di prescrizione e di decadenza per i reati finanziari, ivi compresa la corruzione. Grazie.
VINCENZO BONIFATI, Rappresentante dell'ANCE. L'ANCE valuta molto positivamente questo provvedimento e ritiene che costituisca un passo in avanti per il contrasto alla corruzione. In particolare, noi siamo interessati all'articolo 5, che tratta un argomento che abbiamo dibattuto più volte e che per il settore dell'edilizia nel nostro Paese è di vitale importanza. Abbiamo distribuito un documento per cercare di essere molto chiari su questo punto.
Di fronte alla riconosciuta inefficacia della certificazione antimafia, il Parlamento, l'Esecutivo e le autorità preposte al controllo del territorio stanno da tempo compiendo un'attenta riflessione sugli strumenti più efficaci per impedire l'infiltrazione della criminalità organizzata nell'economia. Lo stesso obiettivo è perseguito dalle imprese che, a loro volta, hanno il bisogno di proteggersi dai tentativi criminali delle organizzazioni mafiose.
Premesso che non è intenzione dell'ANCE proporre alcuna sostituzione o modifica delle normali procedure di controllo antimafia attualmente in vigore, si ritiene però necessario ampliare gli strumenti di controllo a disposizione delle autorità concentrando l'attenzione su quelle attività nelle quali risulta più frequente l'incidenza delle organizzazioni criminali.
La realtà dimostra, infatti, che l'infiltrazione malavitosa riguarda principalmente i sub-contratti a valle dei contratti principali, non fosse altro perché il fenomeno mafioso si manifesta attraverso il controllo capillare del territorio, mediante l'esercizio di specifiche attività economiche, commerciali e imprenditoriali, di facile accesso e non particolarmente complesse, anche per fini di riciclaggio. Si tratta di quelle attività strutturalmente radicate sul territorio e potenzialmente idonee a intercettare qualsiasi intervento, pubblico o privato, nelle specifiche zone di influenza di ogni singola organizzazione criminale.
Per tali attività, quindi, appare necessario creare a livello prefettizio, in ciascun ambito territoriale, un elenco dei soggetti per i quali sia escluso il tentativo di infiltrazione mafiosa e tra i quali le imprese operanti in quello stesso territorio possano scegliere il proprio partner commerciale.
Questa strada, che l'ANCE percorre insieme a Confindustria e che è stata condivisa sin dal maggio 2009 anche dalla Procura nazionale antimafia, è stata accolta dal Governo nei provvedimenti per la ricostruzione post-terremoto in Abruzzo, per i lavori relativi all'Expo 2015 e per il Piano straordinario delle carceri, ed è contenuta nell'articolo 5 del disegno in esame già approvato dal Senato il 15 giugno 2011. Si tratta della definizione delle «attività di impresa particolarmente esposte al rischio di inquinamento mafioso» e la loro elencazione finalizzata alla definizione degli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio di inquinamento mafioso previsti da ultimo dall'articolo 4, comma 13, del decreto-legge 13 maggio 2001, n. 70 convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, il cosiddetto «decreto sviluppo».
L'articolato normativo del disegno di legge in esame, già approvato dal Senato, reca all'articolo 5 la definizione delle «attività d'impresa particolarmente esposte a rischio di inquinamento mafioso», con la loro elencazione, finalizzata alla definizione degli elenchi di fornitori, prestatori di servizi e via dicendo, così come da ultimo sempre previsto all'articolo 4, comma 13, del citato decreto-legge n. 70 del 2011.
Si tratta di una norma che ha subìto una profonda modificazione rispetto alla sua originale impostazione, che definiva l'istituzione degli elenchi di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso. Si rammenta, infatti, che l'iniziale definizione rispetto alla quale, come ANCE, avanzammo dubbi di efficacia per la sua portata eccessivamente generica e per la mancanza di specifiche previsioni operative, è stata oggetto di numerose proposte di modifica, alcune delle quali sembravano rispondere pienamente all'esigenza di definire un percorso che avrebbe condotto a istituire elenchi davvero funzionanti e in grado di porre una barriera forte e credibile tra il mondo delle imprese e quello della criminalità organizzata.
Alcune di queste proposte, oltre a istituire gli elenchi di imprese non soggette a rischio di infiltrazione mafiosa operanti nei settori maggiormente esposti a tale rischio, disponevano correttamente che l'iscrizione di tali elenchi costituisse condizione per l'esercizio della relativa attività. Queste proposte emendative prevedevano, inoltre, che gli iscritti negli elenchi fossero periodicamente assoggettati agli accertamenti di cui agli articoli 10, commi 7 e 8, del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n, 252, che riguarda esattamente il tentativo di infiltrazione mafiosa.
In questo modo, lo strumento che oggi, attraverso l'articolo 5, trova un avvio solo formale, avrebbe potuto da subito rappresentare uno strumento operativo a disposizione della magistratura e delle forze dell'ordine. L'assoluta necessità di creare una frattura netta tra il mondo imprenditoriale e le pressioni della criminalità organizzata ha spinto le massime autorità preposte al controllo del territorio a interrogarsi su quali fossero i momenti più esposti a tale preoccupante fenomeno.
Recentemente, sulla scia di numerosissime evidenze provenienti dai massimi organi di controllo, il Ministero dell'interno nella propria direttiva del 23 giugno del 2010 afferma che l'infiltrazione malavitosa tende ad annidarsi in attività che si pongono a valle dell'aggiudicazione e che interessano in maniera particolare il ciclo degli inerti e degli altri settori collaterali.
Si tratta, in altre parole, di attività strutturalmente radicate sul territorio e potenzialmente idonee a intercettare qualsiasi intervento nelle specifiche zone di influenza di ogni singola organizzazione criminale.
Naturalmente richiamarsi a tale assunto non intende dimostrare, al contrario, l'estraneità al problema dell'infiltrazione per le imprese di costruzioni, per le quali continuerebbero a vigere i controlli attualmente previsti dall'ordinamento, quale la certificazione antimafia e le informative, laddove previste. È però del tutto evidente che se il tema è quello dell'efficacia delle azioni di contrasto alla criminalità organizzata, altrettanto ovvia appare la necessità di concentrare gli sforzi sulle attività maggiormente esposte a rischio mafioso. Si tratta di quelle attività, ampiamente identificate dal Ministro dell'interno con la direttiva sopra ricordata, per le quali le prefetture sono sollecitate a effettuare controlli periodici per accertarne l'estraneità dalla criminalità organizzata.
Peraltro, le stesse attività appaiono correttamente richiamate dal ricordato articolo 5 del disegno di legge in esame, così come approvato in Senato, ai fini dell'applicazione delle norme vigenti in materia di controlli antimafia da attuarsi mediante gli elenchi di fornitori sopra ricordati e via dicendo.
In estrema sintesi, si tratta di quelle attività che si pongono a valle dell'aggiudicazione degli appalti per la realizzazione di opere pubbliche, tra le quali tutte quelle legate al ciclo del calcestruzzo e degli inerti, i cottimi, i noli a caldo e a freddo, lo smaltimento in discarica dei rifiuti di lavorazione, l'attività di cava.
Tuttavia, tale disposizione, nel testo approvato al Senato, risulta essere assai generica, tanto da porsi più come norma di principio piuttosto che come strumento operativo. Infatti, non vi è alcun riferimento alle modalità con le quali dovrà essere effettuato il controllo degli operatori iscritti nell'elenco da parte delle prefetture, né in relazione al contenuto della verifica né alla periodicità della verifica stessa né alle conseguenze derivanti dall'esito negativo degli accertamenti.
Manca, infine, l'indicazione della obbligatorietà dell'iscrizione negli elenchi ai fini dell'esercizio delle attività indicate nella norma. Questo elemento appare particolarmente importante, poiché l'esperienza relativa alle previsioni legislative di cosiddette «white list», non obbligatorie ma facoltative, e in particolare quelle concernenti la ricostruzione dell'Abruzzo, non ha prodotto risultati significativi.
Inoltre, l'obbligatorietà dell'iscrizione negli elenchi per l'esercizio di attività che comunque sono già sottoposte a provvedimenti di tipo autorizzatorio dalle amministrazioni per altri aspetti, avrebbe come conseguenza quella di evitare un doppio regime fra gli appalti pubblici e privati. Per i primi, infatti, l'appaltatore sceglierebbe i propri sub-contraenti soltanto nelle liste controllate dalla prefettura, mentre negli appalti privati, che sono la maggioranza degli investimenti nel settore, l'appaltatore non avrebbe alcuna garanzia, sotto il profilo dell'assenza di penetrazione malavitosa, nella scelta dei propri contraenti.
La natura sostanziale dell'articolo 5 del disegno di legge trova il suo naturale completamento con un'altra norma sulle white list recata dall'articolo 4, comma 13, del citato decreto Sviluppo. Con tale articolo, infatti, viene disposto che presso ogni prefettura sia istituito l'elenco dei fornitori e prestatori di servizi; viene altresì disposto che «la prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco».
Le modalità di istituzione degli elenchi e dei controlli da parte delle prefetture vengono rimandate a un regolamento da emanarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge. Ricordo che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'attuazione della ricostruzione dell'Abruzzo ancora non è stato emanato.
Anche questa disposizione presenta alcune limitazioni che rischiano di comprometterne l'efficacia. In primo luogo, la formulazione appare eccessivamente generica nell'indicazione delle attività economiche che saranno oggetto degli elenchi. Tuttavia, sotto questo profilo, in un'interpretazione logico-sistematica, la disposizione del decreto-legge n. 70 del 2011 andrà integrata con quella dell'articolo 5 del disegno di legge anticorruzione, una volta approvato, con la conseguenza che tali elenchi si dovranno intendere previsti per gli specifici settori individuati dallo stesso articolo 5 del disegno di legge anticorruzione.
Il secondo limite delle disposizioni del decreto-legge n. 70 del 2011 riguarda la facoltatività e non l'obbligatorietà delle iscrizioni agli elenchi, con le conseguenze che abbiamo già ricordato. Come si vede, la normativa sulle white list contenuta nei due provvedimenti legislativi rimane ancora incompleta e lacunosa. Al fine di risolvere tali lacune, appare necessario superare il doppio livello normativo creato e ricondurre la materia delle white list a una trattazione unitaria rivedendo l'articolo 5 del provvedimento in esame alla Camera, nel senso di prevedere un collegamento certo con la norma di cui al decreto sviluppo e prevedendo che l'iscrizione negli elenchi delle prefetture della provincia in cui l'impresa ha sede è condizione essenziale per l'esercizio della relativa attività.
Sin dalla loro introduzione nell'ordinamento giuridico, avvenuta con la disposizione per la ricostruzione dell'Abruzzo, dei lavori Expo 2015 e per il Piano straordinario carceri, le white list hanno subìto forti ritardi nella fase attuativa e hanno visto il susseguirsi di formulazioni incomplete e inefficaci che ne hanno fortemente limitato la portata. Tra le principali criticità riscontrate, si segnala ad esempio l'eccessiva estensione dei soggetti da iscrivere negli elenchi che la norma inserita nel decreto-legge Abruzzo prevedeva. A questo proposito, l'ANCE ha ripetutamente proposto una loro limitazione solo ai settori a maggior rischio di infiltrazione, come successivamente identificati con la direttiva Maroni del 23 giugno 2010.
Un altro limite delle liste, nella loro forma attuale, sussiste nel loro carattere facoltativo, rispetto al quale abbiamo opposto la necessità di prevedere l'obbligatorietà per i soggetti che intendono operare in quelle determinate attività economiche.
Il risultato di queste problematiche è la sostanziale inefficacia delle liste fino ad ora costituite, al punto che taluni, da un'osservazione del tutto superficiale dei dati finora disponibili, sollevano dubbi sulla loro reale validità, senza soffermarsi sulle cause effettive di tale insuccesso.
Per chi ha seguito con attenzione la genesi e l'evoluzione dello strumento si tratta, purtroppo, della cronaca di una morte annunciata. Di fronte alle difficoltà osservate, non riusciamo a individuare una chiara volontà a rendere lo strumento veramente efficace e in grado di difendere le imprese dai tentativi di infiltrazione criminale. Tutto questo ci preoccupa perché non riusciamo a promuovere un confronto franco e trasparente nel merito dei reali problemi, ma possiamo soltanto assistere al costante depotenziamento e indebolimento della misura.
Ci sfuggono, infatti, le motivazioni che portano a ripensamenti rispetto a un testo normativo, con la conseguenza di stravolgerne spesso il significato iniziale. Appare indispensabile tornare all'idea originale. È necessario che le white list siano riferite alle sole attività d'impresa particolarmente esposte al rischio di inquinamento mafioso e che l'iscrizione a tali elenchi sia condizione essenziale per l'esercizio della relativa attività. È inoltre necessario che vengano da subito previste le modalità con cui dovranno essere eseguiti i controlli periodici da parte delle prefetture. Si tratta di previsioni già contenute nell'emendamento presentato al Senato a firma del senatore Vizzini.
A tale proposito, presidente, noi abbiamo predisposto una proposta di emendamento che, se lei lo autorizza, vorremmo lasciare agli atti delle Commissioni, per rendere più chiara la volontà che abbiamo espresso nella nostra audizione. Grazie.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.
RAFFAELE VOLPI. Signor presidente, intendo prima di tutto ringraziare gli auditi. Porrò una domanda brevissima e una considerazione altrettanto breve su una situazione che ho avuto modo di verificare.
Innanzitutto, immagino che Transparency International creda molto negli indicatori che utilizza, quindi oggi i suoi rappresentanti si saranno trovati a disagio nel venire in questo contesto di corrotti. Ciò detto, rispetto all'attività di lobbying vi chiedo che posizione avete. Cito un esempio molto pratico: se come parlamentare, piuttosto che come consigliere regionale, vengo contattato da un'associazione di categoria, ad esempio l'ANCE, nel momento in cui si tratta di produrre una legge regionale che riguarda il territorio, come considera questa circostanza Transparency International? E come viene valutata la possibilità dell'associazionismo di categoria di intervenire sulla formazione delle leggi?
MARIO TASSONE. A Transparency International vorrei chiedere quale tipo di affidabilità riconosce al GRECO. Lo chiedo perché qualche informazione in mio possesso si discosta da entusiasmi diffusi anche attraverso questo documento.
Inoltre, nel documento che Transparency International ha messo a disposizione delle Commissioni si parla di settori considerati più corrotti. Nel rapporto 2010 spiccano i partiti politici, il Parlamento, seguiti dai pubblici ufficiali. Anche a questo proposito, quale affidabilità riconoscete a questa informazione? Mi sembra un rapporto che si affida a luoghi comuni, anche perché non c'è dubbio che i pubblici ufficiali abbiano molto più potere rispetto al Parlamento. E cosa significa «Parlamento»? È un dato generico?
Vorrei capire chi ha responsabilità maggiore per quanto riguarda un'azione criminosa legata alla criminalità organizzata: il capo dell'ufficio tecnico o l'assessore?
Concludo rivolgendo una domanda al mio amico ingegner Bonifati. Come Commissione antimafia abbiamo avuto più volte le visite graditissime dei presidenti della Confindustria Luca di Montezemolo ed Emma Marcegaglia (molto brava perché dice agli altri quello che devono fare ma non ci ha ancora detto cosa intende fare Assindustria per tanti problemi di carattere economico), che ci hanno assicurato che c'era un gruppo interno di lavoro soprattutto prendendo lo spunto dalla vicenda Lo Bello.
Sulle white list sono d'accordo con lei, ingegner Bonifati. Le racconto, a beneficio anche colleghi della I Commissione presenti, una vicenda: la Commissione antimafia, all'antivigilia dello scoppio della vicenda P3 o P4, si recò ad audire il procuratore antimafia, l'allora prefetto Gabrielli, ora capo della protezione civile, i quali riferirono che tutto andava bene, ma dopo tre giorni scoppiò il caso. In quell'occasione non ci dissero nemmeno che c'era un problema, quindi come vedete queste liste sono un fatto molto relativo.
Quale gruppo esiste di controllo reale? Ad esempio, si fanno o non si fanno i controlli sul calcestruzzo depotenziato? I collaudi sono seri oppure si risolvono semplicemente con la cena o il pranzo con l'imprenditore o l'industriale edile, tanto per intenderci?
ORIANO GIOVANELLI. Innanzitutto voglio ringraziare gli auditi per il loro contributo e rassicurarli che come Partito democratico prendiamo molto sul serio il lavoro sia di Transparency International sia di Cittadinanzattiva, ma anche di ANCE, che frequenta maggiormente, per altri aspetti, queste sedi di interlocuzione con il mondo delle istituzioni.
Per quanto riguarda le considerazioni svolte dal rappresentante di Cittadinanzattiva, poiché anch'io attribuisco al ruolo attivo dei cittadini una valenza particolarmente considerevole per il contrasto del fenomeno corruttivo, chiedo se vi siano esperienze legislative concrete anche di altri Paesi europei che in qualche modo si possono attagliare al nostro ordinamento per rendere efficace una norma che possa essere inserita in questo provvedimento.
Per quanto riguarda le considerazioni esposte da Transparency International, intendo dire che, con riferimento ai sette punti non ancora soddisfatti dalla normativa presentata dal Governo e dalla maggioranza, molti sono presenti nei provvedimenti dell'opposizione. Vorrei sapere se questi provvedimenti sono stati esaminati, dal momento che nessuno ha fatto riferimento alle proposte di legge presentate dai gruppi di opposizione, che sono abbinate all'esame del disegno di legge approvato dal Senato.
PIERLUIGI MANTINI. Siamo sicuri che l'autorità da rafforzare debba essere solo la CiVIT e non anche l'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che è sostanzialmente priva di poteri? Parliamo di tutti i casi di omissione di gara o di gravi alterazioni delle gare.
Ricordo, come ho fatto in altre occasioni, che l'autorità di vigilanza ha solo poteri sanzionatori per l'omissione delle informazioni da parte delle stazioni appaltanti. Ora, è piuttosto ridicolo istituire un grande sistema di osservatori regionali, nazionali e via dicendo per poi sanzionare l'eventuale omissione di informazioni. Forse, quindi, si dovrebbe riorientare su questa authority la possibilità di intervenire in via preventiva sulle gravi omissioni o violazioni delle regole di concorrenza, di gara, che peraltro sono il principale veicolo della corruzione.
In secondo luogo, non ho sentito finora - anche, forse, per la configurazione dei soggetti auditi - sottolineare la necessità dell'abolizione di questa distinzione tutta italiana tra corruzione e concussione. Questo, invece, è un tema che a pieno titolo dovrebbe rientrare in queste misure di riforma, come sollecitato anche dall'Europa.
PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.
Vorrei far presente all'onorevole Volpi che la lobbying negli Stati europei è un punto ancora controverso, nel senso che a Londra...
RAFFAELE VOLPI. Non ho chiesto questo. Vorrei essere preciso. Ho chiesto qual è la percezione, rispetto ai vostri parametri di giudizio, del rapporto fra un consigliere regionale e un'associazione di categoria, nel momento in cui tale associazione sollecita interessi che sono ovviamente legittimi. Vorrei capirlo, perché generalizzare il rapporto mi sembra che sia troppo facile. Dove inizia il momento in cui c'è qualcosa di diverso? Voi come potete misurarlo?
QUINTILIANO VALENTI, Rappresentante di Transparency International Italia. Si guarda all'esistenza o meno di interessi privati in queste relazioni. Se ci sono vantaggi privati nella transazione, tale transazione non è accettabile da noi.
Le volevo far presente, onorevole Volpi, però, che è una sorta di lobbying: il 40 per cento della capitalizzazione che c'è a Londra è supportato da lobbying. Un lobbying compiuto in un dato modo piuttosto che in un altro, senza questo interesse personale privato, è accettabile.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA I COMMISSIONE ROBERTO ZACCARIA
EUGENIO ZANIBONI, Rappresentante di Transparency International Italia. Vorrei aggiungere alcune brevi considerazioni, Se normalmente i parlamentari sono stati sempre espressione del territorio e le liste vengono bloccate e praticamente si perde il contatto col territorio, è normale che si creino associazioni esponenziali che si rivolgono come società civile.
D'altronde, se andate a leggere il primo capitolo della Convenzione dell'UNCAC, quello che parla della partecipazione della società civile ai processi contro la corruzione, quindi di un coinvolgimento educativo della società civile, è normale che poi noi dobbiamo trovare alcuni interlocutori.
Ringrazio anche l'onorevole Giovanelli, perché ci ha edotto sulla presenza di altre proposte di legge, dei quali non abbiamo avuto conoscenza. Noi siamo a disposizione di tutti coloro che vogliono essere coadiuvati nelle scelte per quanto riguarda l'istruzione - andiamo nelle scuole - e la formazione anche a livello più specialistico e legislativo.
Per quanto riguarda il GRECO, ci è stata posta una domanda specifica. Si tratta di organismi indipendenti creati all'interno delle convenzioni. La convenzione, una volta ratificata, non rimane nel vuoto, ma ha alcuni meccanismi di implementazione. Si creano Commissioni in cui ciascuno Stato ha un proprio componente, che visitano a rotazione gli Stati e verificano qualità e quantità dell'implementazione della convenzione oggetto d'esame in quel Paese.
Dopodiché, passa un dato periodo di tempo e viene elaborato un paper, un report, che noi abbiamo sottoposto all'attenzione delle Commissioni e che può essere un utile strumento di consultazione, su cui viene specificato rispetto ai punti previsti dalla convenzione - in questo momento l'Italia è sotto i riflettori; abbiamo ricordato che dal 3 al 7 ottobre ci sarà un'altra visita - sono stati realizzati solo determinati punti e quali restano da fare. Non c'è alcun interesse specifico a favorire uno Stato piuttosto che un altro, perché si tratta di parametri oggettivi.
Ci è stata posta anche una domanda rispetto al CPI (Corruption Perception Index), l'indice di percezione della corruzione elaborato da un'università tedesca. Esso si affina nel corso del tempo; sono tecniche affinate ormai da quindici anni. Inoltre, tiene conto soprattutto di questionari inviati a tutti i livelli, dal vertice della società fino alle classi meno abbienti, sulla percezione della corruzione nel proprio Paese.
È un indice che va affinato. Può essere criticato, ma comunque viene ritenuto attendibile. Grazie.
Noi siamo assolutamente favorevoli all'inasprimento di questi controlli, che non riguardano la volontà dell'esecutore delle opere, perché chi controlla la fornitura del calcestruzzo è chi ha il possesso del ciclo della cava. Questo è uno dei meccanismi che abbiamo spiegato negli atti depositati presso la Commissione antimafia in un'epoca non sospetta, perché sono passati tre anni, ovvero come avviene la produzione del cemento depotenziato.
Chi ha il possesso della cava nei trenta chilometri di raggio intorno alla cava stessa detiene il controllo assoluto della fornitura di tutto ciò che deriva dai materiali inerti della cava, calcestruzzo compreso, perché una betoniera non può percorrere più di un'ora con il calcestruzzo preconfezionato al suo interno, altrimenti esso si ammalora e non può essere gettato.
Il motivo di interesse della criminalità organizzata nell'accaparrarsi questa specifica attività è quello di agire proprio sul depotenziamento del calcestruzzo. Voi immaginate che un impianto di calcestruzzo produce alcune centinaia di migliaia di metri cubi l'anno: basta mettere mezzo quintale di cemento in meno per ogni metro cubo di calcestruzzo e potete rendervi conto di quali siano i numeri in gioco senza dover minacciare nessuno, se non magari il capo cantiere, anche all'insaputa dell'imprenditore o del titolare dell'azienda.
Spesso parliamo di aziende, come nel caso degli episodi accaduti per la realizzazione della Salerno-Reggio Calabria, quotate in Borsa, strutturate, di grandi dimensioni, dove diventa sostanzialmente impossibile il controllo delle singole forniture, a meno che non vengano messi in piedi meccanismi di controllo a monte.
Il cemento depotenziato è sofisticato, non solo perché è difficile controllarlo, ma anche perché spesso con le betoniere vengono portati anche i cubetti - così si chiamano i misuratori per la prova di schiacciamento del calcestruzzo - col dosaggio giusto. In tale ambito si innesca anche un altro meccanismo di intimidazione nei confronti del personale di cantiere, che per paura, per le intimidazioni subite, non lo comunicano nemmeno ai propri superiori. Negli atti dei collaudi vengono allegate le prove di schiacciamento sui cubetti di calcestruzzo di quella relativa fornitura che sono assolutamente regolari. Sono, però, i cubetti a essere a norma del calcestruzzo richiesto, non il calcestruzzo che viene gettato, non solo nel dosaggio, ma anche nella qualità.
PRESIDENTE. Mi scusi, ma le Commissioni devono svolgere altre audizioni. Lei ha la possibilità di fornire ulteriori documenti scritti, oltre a quelli che sono già a disposizione delle Commissioni.
VINCENZO BONIFATI, Rappresentante dell'ANCE. Mi scusi, presidente, lei ha perfettamente ragione e chiedo scusa se insisto, ma la questione delle infiltrazioni mafiose nel nostro settore rappresenta un cancro per l'attività produttiva del Paese.
PRESIDENTE. Gli altri auditi parleranno sullo stesso argomento.
PRESIDENTE. La invito a limitarsi a concludere la sua replica.
VINCENZO BONIFATI, Rappresentante dell'ANCE. Presidente, mi sto limitando a guardare ciò che sta succedendo nella proliferazione di provvedimenti che sono assolutamente in contrasto tra di loro.
PRESIDENTE. La ringrazio.
VITTORINO FERLA, Rappresentante di Cittadinanzattiva. Svolgo solo alcuni flash. Concordo con quanto affermava l'onorevole Mantini rispetto all'aumento dei poteri delle Autorità di vigilanza sui contratti di lavori pubblici.
Rispetto alle indicazioni dell'onorevole Giovanelli, noi non abbiamo tracciato una mappatura della normativa a livello internazionale sul tema «cittadini e trasparenza», ma certamente possiamo presentare due o tre esempi.
La questione del diritto di accesso è sicuramente molto più ampia negli altri Paesi, con la disponibilità di informazione per i cittadini in generale e non soltanto per coloro direttamente interessati al provvedimento. Per esempio, vige l'obbligo da parte dei ministri di rispondere in Parlamento nel caso in cui la Corte dei conti segnali sprechi particolari nell'ambito di un dato ministero. Ciò avviene, per esempio, in Gran Bretagna.
Nei Paesi anglosassoni vige invece la trasparenza totale dei reclami nell'ambito degli ospedali pubblici. Essa ovviamente in prima battuta riguarda i servizi, ma sappiamo bene che presenta inevitabilmente ricadute rispetto ai costi di tali servizi, dunque degli appalti e dei processi che stanno alla base di questi temi.
Si tratta in generale di rimettere a sistema alcune norme. Penso, per esempio, al comma 461 della legge finanziaria per il 2008 relativo alla valutazione delle amministrazioni pubbliche, o ancora alla confisca e all'uso sociale dei beni dei corrotti, una norma rimasta sostanzialmente inapplicata, anche perché probabilmente non si celebrano i processi.
Penso anche, per esempio, agli organismi indipendenti di valutazione. È piuttosto singolare che nella riforma Brunetta si preveda comunque un generico coinvolgimento dei cittadini, ma quando poi la CiVIT procede a definire i criteri per l'individuazione di soggetti che partecipano ai nuclei di valutazione non c'è alcun riferimento all'eventuale presenza di rappresentanti del mondo della società civile, delle organizzazioni dei cittadini, che, invece, sarebbero rilevanti nella valutazione dell'azione pubblica. Grazie.
PRESIDENTE. Vi chiedo ancora scusa, ma abbiamo tempi ristretti a causa dei lavori dell'Assemblea e rischiamo di non poter sentire gli altri auditi. Vi ringrazio dei vostri contributi; comunque, chi lo riterrà opportuno, potrà trasmettere alla presidenza testi scritti integrativi.
Volevo precisare che, nella lettera di convocazione inviata agli auditi si faceva riferimento a tutti i provvedimenti in tema di lotta alla corruzione all'esame delle Commissioni e oggetto dell'indagine conoscitiva.
Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo la seduta per cinque minuti.
La seduta, sospesa alle 11,10, è ripresa alle 11,15.
COMMISSIONI RIUNITE
I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
e II (Giustizia)
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Seduta di mercoledì 14 settembre 2011
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA II COMMISSIONE FULVIO FOLLEGOT
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione del Presidente della Corte dei conti, dottor Luigi Giampaolino.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva attinente all'esame dei progetti di legge C. 4434 Governo, approvato dal Senato, C. 3380 Di Pietro, C. 4382 Giovanelli, C. 3850 Ferranti, C. 4516 Garavini e C. 4501 Torrisi, recanti disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, l'audizione del presidente della Corte dei conti, dottor Luigi Giampaolino.
Avverto che il procuratore nazionale antimafia, dottor Pietro Grasso, impossibilitato per impegni istituzionali a prendere parte all'audizione, ha trasmesso un documento che è già in distribuzione.
Sono presenti, per quanto riguarda la Corte dei conti, il dottor Luigi Giampaolino, presidente, il dottor Maurizio Meloni, presidente di sezione, il dottor Ermanno Granelli, consigliere, il dottor Luigi Caso, magistrato capo di gabinetto, il dottor Roberto Marletta dell'ufficio stampa e il dottor Bucci.
Do, quindi, la parola al dottor Giampaolino, presidente della Corte dei conti, che ringrazio sentitamente per la disponibilità, nonostante importanti impegni istituzionali, a essere sentito dalle Commissioni.
LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. Grazie, presidente. Era non solo doveroso, ma necessario intervenire e la Corte è grata per l'audizione odierna su questo provvedimento, sul quale la Corte, in verità, nella sua precedente versione ha già avuto modo di esprimere alcune considerazioni di carattere generale.
La Corte è particolarmente interessata a manifestare il suo pensiero e, quindi, a dare il proprio ausilio al Parlamento perché le sue funzioni nel nostro ordinamento in un dato senso sovraintendono l'oggetto di questo provvedimento, che è quello della prevenzione della corruzione.
La custodia della legalità, che con il controllo preventivo la Costituzione assegna alla Corte, la tutela e la garanzia del corretto uso delle pubbliche risorse, la rendicontazione che essa deve rendere al Parlamento e per esso al Paese, il giudizio di responsabilità che chiude il sistema e che chiama in causa tutti coloro i quali arrecano danno allo Stato, offrono una cornice di fondo in cui questo provvedimento ben si inserisce.
Soprattutto con riguardo a quest'ultimo aspetto dei giudizi di responsabilità ciò è tanto più valido se si pensa che la giurisprudenza nella clausola generale dell'ingiustizia del danno ha fatto riferimento non solo ai nocumenti patrimoniali che si arrecano allo Stato e per esso alla società, ma anche a tutti gli altri valori che la Costituzione tutela e, in particolare, a quelli che riguardano la pubblica amministrazione.
L'efficienza, il buon andamento e altri elementi sono inseriti anche in norme che molto conviene richiamare, come l'articolo 54 della Costituzione, in cui è prescritto che i pubblici funzionari debbano servire con onore e dignità. Sono tutti beni e valori che rappresentano lo sfondo e l'empireo entro il quale si colloca anche questo provvedimento.
Esso, in particolare, ha una sua valenza agli occhi della Corte, perché, soprattutto nella sua originaria versione, che viene mantenuta nel testo approvato dal Senato, si caratterizza, se è consentita un'osservazione, per il concentrarsi su talune specifiche fattispecie più che non per il tracciare un disegno generale, perché per la prima volta nella storia del nostro ordinamento non affronta il problema della corruzione e della prevenzione della corruzione sotto l'aspetto penalistico.
L'innovazione, in verità, deriva da documenti e da dettati internazionali, ma essi vengono in adesione a ciò che da tempo la dottrina amministrativa aveva auspicato e che la stessa dottrina penalistica più recente aveva, se non invocato, quanto meno indicato. Mi riferisco alla necessità che le gravi patologie vengano affrontate nell'ambito dell'amministrazione con rimedi amministrativi e non, come era frequente nel nostro ordinamento, con l'inasprimento ulteriore della tutela penale, quindi con una lettura essenzialmente penalistica del fenomeno.
Il provvedimento attuale, come osservavo, presenta specifiche indicazioni a questo fine, ma va sottolineata e - oserei dire - difesa l'impostazione di misure da trovare innanzitutto nell'ambito della stessa pubblica amministrazione.
L'articolo 1 del disegno di legge si fa carico, in attuazione della convenzione internazionale e della convenzione penale, di istituire un'Autorità indipendente. Più che istituire la norma usa l'espressione «individua l'Autorità in un organo già preesistente», come era già nella versione dell'originario disegno di legge governativo. Si tratta di un organo essenzialmente inquadrato nell'ambito dell'amministrazione, i cui connotati di indipendenza e di autonomia dalla stessa erano dubbi.
In verità, in una visione altamente amministrativa della problematica si sarebbe pur potuto prevedere che l'amministrazione in se stessa disponesse di alcuni organi i quali potessero affrontare le tematiche che si vogliono trattare.
Ometto tutte le considerazioni che nella parte conclusiva del documento scritto consegnato alla presidenza sono state riportate in ordine alla peculiarità e alla gravità del fenomeno della corruzione, che assume nei calcoli delle nostre procure generali fino a un terzo del computo complessivo dei danni di cui si risponde davanti alla Corte. Intendo solo richiamare l'importanza del provvedimento che soprattutto per questi aspetti viene in rilievo.
Ritornando al discorso, nulla avrebbe potuto vietare che nell'ambito della stessa amministrazione si fossero trovati organi idonei a porre in essere tali rimedi amministrativi, ma il dettato internazionale vuole l'indipendenza dell'organo e noi anche nella prima audizione svolta al Senato abbiamo invocato sempre maggiore indipendenza dell'organo.
L'individuazione, per usare il termine impiegato dalla norma, dell'organo previsto dà, però, luogo a un'aporia, perché non fa che richiamare la disciplina del decreto legislativo n. 150 del 2009 e, quindi, la stessa formazione e gli stessi requisiti professionali dei componenti di quest'Autorità forse andrebbero rivisti ai fini dei compiti che tale Autorità riveste.
Si è usato un termine ad hoc che, nel triplice significato che esso può avere nel nostro ordinamento, in questo contesto assume quello di essere organo preposto alla cura di un interesse cui il Parlamento attribuisce particolare importanza, sì che l'enuclea quasi dall'ordinamento amministrativo e lo sottopone all'attenzione particolare attraverso un organo specifico, che, peraltro, riferisce al medesimo Parlamento, avendo quindi un contatto diretto con il Parlamento, circostanza che lo distingue anche dalla precedente versione nella quale la Commissione riferiva, invece, al Governo.
Passi avanti con la nuova formulazione sono stati, dunque, compiuti, ma passi ulteriori si potrebbero fare. Non sarebbe stato del tutto controproducente, ove l'amministrazione abbia in sé stessa i requisiti dell'imparzialità e dell'autorevolezza, che essa ponesse in essere propri rimedi e proprie azioni. Ciò è previsto nel comma 4 dell'articolo 1, dove il Dipartimento della funzione pubblica riprende la sua funzione di trovare e indicare rimedi per tutte le amministrazioni.
Ovviamente ciò ha riguardo soltanto verso le amministrazioni centrali, perché uno dei problemi di fondo di questo provvedimento, al pari di altri che riguardano l'organizzazione, è quello dei rapporti tra la legislazione, nazionale e regionale, e l'autonomia statutaria dei comuni.
La problematica è affrontata solo con riguardo alle regioni a Statuto speciale nell'articolo 6, se non vado errato, peraltro con un titolo che sarebbe opportuno rettificare, in quanto ha riguardo soltanto per tali regioni.
Senza dubbio i poteri della Commissione possono essere migliorati, ma l'importante è che essa abbia i suoi contatti con il Parlamento. Analogamente, i poteri del Dipartimento potrebbero essere ulteriormente incrementati, mentre sono da condividere gli obblighi che si prevedono nel comma 5, tra cui, in particolare, quello delle procedure appropriate per la selezione e la formazione, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, dei dipendenti chiamati a operare nei settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo negli stessi settori la rotazione dei dirigenti e dei funzionari.
Se è consentita un'osservazione di carattere personale, questo è uno dei punti fondamentali della lotta alla corruzione, ossia la provvista dei pubblici funzionari, la selezione nel momento della loro immissione in servizio e la loro rotazione.
Sulla trasparenza avrei ben poco avrei da osservare, se non per sottolineare come si è dovuto far ricorso alla lettera m) dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, per costituire una norma che si imponga con cogenza immediata a tutti i protagonisti dell'ordinamento stesso. Per i procedimenti che vengono individuati noi ci permetteremo di aggiungere la necessità di fare riferimento anche ai procedimenti posti in essere con norme derogatorie - mi riferisco alle famose ordinanze derogatorie - dove cioè il principio di legalità a cui, come rilevavo all'inizio, la Corte è particolarmente preposta e che è il primo sbarramento a ogni forma di corruzione, oltre a essere il centro di un sistema democratico, dal momento che l'Esecutivo, rispettando la legge, rispetta anche i dettati del Parlamento, ricordando che al rapporto tra Esecutivo e Parlamento è preposta l'azione della Corte dei conti, in molte di queste ordinanze viene a essere attutito, se non del tutto pretermesso.
Anche statisticamente questo è uno dei settori che più ha dato luogo a fattispecie penali di cui la Corte si è molto occupata nelle sue relazioni al Parlamento e sulle quali mi permetto di richiamare l'attenzione, perché molte delle questioni che rappresentano lo scenario sul quale si muove il provvedimento si rinvengono nelle relazioni che la Corte consegna al Parlamento ogni anno nella sua rendicontazione.
Leggendo le pagine delle relazioni con la visione generale dell'andamento delle pubbliche amministrazioni, soprattutto per quelle centrali per quanto riguarda il Parlamento nazionale, ma anche per quelle regionali, molte azioni trovano una loro rappresentazione, su cui mi è consentito richiamare l'attenzione.
Mi permetterei di indicare la necessità di implementare l'elencazione di tutta l'attività posta in essere con norme derogatorie e anche di aggiungere le opere segretate, sulle quali la Corte ha depositato espliciti, puntuali e mirati referti al Parlamento.
Con riguardo all'articolo 3, che richiama sostanzialmente l'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001, si tratta di una norma che canonizza in modo necessario, ma che potrebbe risultare severo, il comportamento deontologico dei pubblici funzionari. La norma si chiude con la disciplina di fenomeni patologici, quali possono essere quelli di pubblici funzionari che, in occasione del loro servizio o a causa della loro attività, contraggono rapporti di lavoro con le imprese o con altri soggetti.
Sono ipotesi estreme, che in un rapporto di lavoro e di impiego delle pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto trovare la propria prevenzione innanzitutto nella deontologia, nella costruzione e nello svolgimento del rapporto e poi in atti preventivi.
Nel disegno di legge si prevede la nullità di questi contratti, il che suona un po' discordante con tutta l'impostazione del provvedimento, al secondo comma dell'introdotto 16-bis, che non prevede la retroattività della disposizione.
Come è noto alle Commissioni, la disciplina del diritto transitorio in merito alla retroattività prevede un canone, al di là delle formule che si usano su diritti quesiti e rapporti esauriti. Il canone è quello dell'importanza del valore che il legislatore vuole attribuire al valore che introduce nell'ordinamento. Se si vuole introdurre il valore che questi contratti sono del tutto «ripugnanti», per usare una parola che mi viene spontanea, a uno svolgimento corretto del pubblico rapporto, non si vede perché poi debbano rimanere in vita nonostante questo giudizio di disvalore, che è implicito nell'ordinamento, ma che qui viene canonizzato.
L'articolo 4 suona a sua volta come la tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti. Per quello che è un dovere vi è la necessità di una tutela e su questo punto non vi sono osservazioni da svolgere.
Sull'articolo 5, che riguarda le attività di imprese particolarmente esposte al rischio di inquinamento mafioso, esso strettamente dovrebbe essere fuori tema, ma il fenomeno è talmente grave che non può non essere richiamato. Sono tutte attività che anche in altre sedi ho avuto modo di constatare essere oggetto di questi pericoli, per cui si ritiene necessario inserire in un provvedimento che attiene alla corruzione un fenomeno criminale quale quello della mafia.
Dell'articolo 6 ho parlato, richiamando l'attenzione sulla necessità di adeguare il titolo al reale contenuto del testo.
L'articolo 7 riguarda particolarmente la Corte dei conti. Vi si quantifica il danno all'immagine. Senza dubbio è operazione che la Corte non può non vedere con favore, perché elimina ogni possibilità di incertezza. Certamente la Corte vorrebbe che fosse richiamata l'attenzione sul fatto che l'intervento non sia limitato ai soli reati contro la pubblica amministrazione e il danno all'immagine dell'amministrazione stessa. Anche da altre forme di reato derivano gravi pregiudizi per il presentarsi dell'amministrazione quale essa deve essere, ossia protagonista di valori e di interessi pubblici nell'ordinamento.
Noto la necessità, come rilevo nel documento scritto, che la formula di probabile attenuazione venga sostituita con quella più tecnica dell'articolo 671 del Codice di procedura civile.
Infine, nell'articolo 8 vi è la delega per l'incompatibilità, per il divieto di ricoprire incarichi e per l'incandidabilità. È una norma di notevole rilievo, che è poi rimessa alla delega, ma richiamo l'attenzione sulla necessità di provvedere a una sua armonizzazione o comunque di tener presente quanto è previsto anche nell'ultimo dei decreti delegati sul federalismo, quello premiale e sanzionatorio, dove ipotesi di questo genere sono contemplate.
PRESIDENTE. Grazie, dottor Giampaolino. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
GUIDO MELIS. Ringrazio il presidente Giampaolino, che ci ha fornito un quadro molto puntuale e interessante. Pongo tre domande che nascono dalle sue considerazioni.
Lei ha sfiorato all'inizio, con molto garbo, un tema e ha affermato che sarebbe stato meglio forse tornare al disegno originario del provvedimento, non concentrandosi tanto su specifiche fattispecie, ma cercando di inquadrare, così mi è sembrato di capire, un disegno generale.
Si tratta di un'osservazione forse a margine, ma piuttosto consistente. Volevo chiederle se lei non ritiene di darci un suggerimento sul disegno generale. Quali sono i punti che, secondo lei, in un provvedimento che vuole affrontare in maniera definitiva il tema della corruzione amministrativa, mancano e che dovrebbero invece sorreggerlo? La critica mi sembra di quelle da non tenere in secondo piano.
Il secondo è un tema eterno di questa fase legislativa, cioè se istituire Autorità speciali o ricondurre l'amministrazione pubblica al suo ordinario e corretto funzionamento, se ricorrere a soggetti esterni che obblighino l'amministrazione a essere virtuosa od operare dentro l'amministrazione perché essa ritrovi quei meccanismi che, secondo me, un tempo aveva.
Uno dei problemi che noi abbiamo di fronte, presidente Giampaolino, non so se lei è d'accordo con me, è che noi per anni e per decenni abbiamo demolito i controlli ispettivi o li abbiamo ridotti a puri controlli formali, dove un tempo invece tali controlli erano incisivi, tempestivi e puntuali e funzionavano come veri e propri avvisatori della corruzione prima che il fatto corruttivo si verificasse, quando l'anomalia cominciava a manifestarsi.
La demolizione sistematica, per ragioni molto complesse e che ora non abbiamo il tempo di approfondire, in parte dovute anche alla cultura dell'amministrazione nel suo farsi sempre più apparato formale e sempre meno apparato capace di entrare negli aspetti sostanziali dell'attività, ha generato una condizione per cui l'amministrazione è indifesa nei confronti del fatto corruttivo, soprattutto quando viene a contatto con grandi interessi che presentano una capacità di penetrazione molto forte e che hanno alle loro spalle apparati di sostegno molto consistenti.
Non sarebbe il caso, piuttosto che perseguire questa via, che il nostro legislatore da tanto tempo persegue e che ogni volta lo induce a costituire un'Autorità speciale e ad affidarle poteri che poi normalmente vengono esercitati o in maniera molto opinabile o non vengono esercitati affatto, di allestire un progetto di ricostituzione di questa rete interna di avvisatori della pubblica amministrazione?
Il terzo tema riguarda la Corte dei conti, che in questi anni sta svolgendo, a mio avviso, un ruolo virtuoso e importantissimo. Le vostre relazioni sono di grandissimo rilievo e sono uno dei documenti più significativi tra quelli prodotti nell'ambito degli apparati pubblici. Tuttavia, presidente Giampaolino, lei non ignora che c'è stata una discussione - anche questa ormai ultradecennale - sulla conformazione della Corte, sui suoi poteri, sulla sua composizione.
Si è anche sostenuto autorevolmente che, rispetto all'evoluzione degli interessi privati che vengono a contatto con la pubblica amministrazione e rispetto alla trasformazione della società italiana che sta sullo sfondo, la Corte dovrebbe avere un'impronta (lo dirò in maniera certamente inesatta) meno giuridico-formale e più capace di apprezzare il fatto economico. Dovrebbe quindi avere al suo interno anche competenze di questo tipo.
Mi interessa molto conoscere la sua opinione in merito.
ANGELA NAPOLI. Presidente Giampaolino, lei ha premesso e poi ribadito la bontà di questo progetto, così come pervenuta dal Senato, in particolare per quanto riguarda l'approccio alla problematica legata all'impostazione prevalentemente di ordine amministrativo e non penalistico.
Le chiedo in primo luogo se si sente sicuro di poter accertare o fare affidamento sull'imparzialità dell'amministrazione centrale. In secondo luogo, se la corruzione è un reato e se all'interno della stessa è possibile l'infiltrazione della criminalità organizzata, in molti casi accertata, come si può reprimere e non prevenire - il discorso della prevenzione è un altro - il reato di corruzione solo facendo affidamento sugli interventi amministrativi, escludendo l'ambito penale?
PIERLUIGI MANTINI. Anch'io ringrazio molto il presidente Giampaolino. Condivido naturalmente l'approccio in base al quale forse sarebbe utile una macro-fattispecie dal punto di vista penale che riunisca corruzione e concussione, così come ci viene raccomandato anche in sede europea. Al di là dei ritocchi e degli strumenti penalistici, sono però molto importanti tutta la parte amministrativa preventiva e i rimedi.
Toccherò un solo punto, fidando sulla ben nota, acclarata e autorevolissima esperienza del Presidente Giampaolino anche nell' Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici di lavori, servizi e forniture. Lo faccio in modo quasi maniacale - devo dire la verità a me stesso - perché in più occasioni ho sollecitato la riflessione su questo tema. Io trovo che, al di là dell'autorità sulla corruzione, della CiVIT e di altri aspetti che pure sono stati sottolineati, non c'è dubbio che alcuni rimedi interni alle pubbliche amministrazioni siano necessari.
Che gli uffici si occupino anche di best practice, come la rotazione dei funzionari, dovrebbe essere una norma di buona efficienza e di attenzione al tema. Sono strumenti necessari al funzionamento vitale del corpo amministrativo. Poi occorre anche l'authority indipendente, quale punto di riferimento.
Trovo, però, che alcune materie siano più importanti di altre. La corruzione si annida - e perciò penso che la concussione sia ormai un reato sfocato - non tanto negli atti dovuti, cioè negli atti amministrativi vincolati, quanto nell'attività discrezionale, nel fare o non fare la gara, nell'affidare commesse di vario tipo, appalti, servizi opere e altro o in certe decisioni di natura urbanistica. È lì che si ha merce di scambio.
Ritengo ancora inappropriato che alcune autorità, come l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, non abbiano alcun potere, se non di bloccare o ritardare, quantomeno di segnalare anomalie in corso d'opera. Ogni qual volta dovrebbe svolgersi una gara o una gara europea e questo non avviene o c'è una grave anomalia in una gara europea bisognerebbe intervenire subito. Nove volte su dieci quel fenomeno, portato agli estremi, determina danni per lo Stato e probabilmente nasconde anche fenomeni corruttivi.
Uno dei rimedi da considerare in questo disegno di legge è anche quello di assegnare alle autorità indipendenti, e forse anche all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, quanto meno un potere di intervento preventivo sulle gravi anomalie in assenza di gare e gare europee con lesione del principio di concorrenza, con l'obbligo di riesame da parte della stazione appaltante che sta sbagliando.
Vorrei la sua opinione su questo punto.
MARILENA SAMPERI. Anch'io ringrazio il presidente della Corte dei conti. Per valutare le misure adottate nel provvedimento credo che dobbiamo partire dalla consapevolezza della gravità del fenomeno che stiamo analizzando. Ho letto in una relazione della Corte dei conti che la quantificazione, il costo per lo Stato e per i cittadini del fenomeno della corruzione è pari a 70 miliardi l'anno. È una cifra che lei conferma?
DONATELLA FERRANTI. Ringrazio il presidente Giampaolino. Ho avuto modo di leggere il contenuto della sua audizione al Senato e ho notato alcune critiche sicuramente più ferme rispetto al disegno di legge. Soprattutto in merito all'indipendenza della CiVIT il testo è stato migliorato, anche se non definitivamente a nostro avviso.
Per noi è importante capire la sua posizione. Lei ha mosso alcune critiche ancora attuali. Mentre prima era previsto un completo asservimento e inquadramento dell'autorità nell'ambito della Presidenza del Consiglio e del Dipartimento della funzione pubblica, attualmente l'autorità sembrerebbe avere una parvenza di indipendenza.
Però, occorre verificare i criteri di nomina dei membri della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche che diventa Autorità nazionale anticorruzione. I requisiti di nomina sono di derivazione della Presidenza del Consiglio.
Perlomeno noi dell'opposizione non vorremmo approvare un provvedimento roboante, dando vita alla solita autorità che in realtà non possiede poteri effettivi per incidere su questo fenomeno che vogliamo aggredire anche in via di prevenzione e in via amministrativa, ma non solo.
Sarebbe meglio evitare di affermare che questo provvedimento mira alla prevenzione e alla repressione della corruzione e dell'illegalità attraverso un'autorità che di fatto nei suoi componenti non è sganciata dall'esecutivo. Inoltre mi chiedo come si potrebbe attuare il coordinamento. Quali sono i suoi suggerimenti concreti sia per i requisiti di nomina, sia per i rapporti con il Dipartimento della funzione pubblica, sia per i poteri di questa autorità?
Al comma 3 dell'articolo 1 si dispone che la Commissione può esercitare poteri ispettivi chiedendo notizie, informazioni, atti e documenti e ordina la rimozione dei comportamenti. A mio avviso, per esempio, dovrebbe essere verificato che l'ordine sia stato eseguito ed eseguito in maniera adeguata. Come lei sa, l'esercizio dell'attività amministrativa può assumere tante sfumature.
Vorrei entrare nel vivo di questa Autorità nazionale anticorruzione, di questa Commissione che ha anche il ruolo di autorità, anche se io avrei preferito organismi interni a ciascuna pubblica amministrazione. Questi «macchinoni» esterni sono sempre fonte di incarichi, ma difficilmente penetrano nei meandri della pubblica amministrazione centrale e periferica.
Vorrei sapere quali sono, in concreto, i suoi suggerimenti per migliorare, se è possibile, questo disegno di legge.
FRANCESCO PAOLO SISTO. Condivido la chiusa della relazione scritta del presidente Giampaolino e il convincimento che prevenire è meglio che combattere. Non è certamente con il rafforzamento formale delle sanzioni, soprattutto nei rapporti fra la giurisdizione contabile e quella penale, che si possono raggiungere dei risultati.
Alla fine della relazione lei afferma che «la programmazione delle azioni di verifica, attraverso la quale i settori che saranno sottoposti a controllo sono resi noti, rende meno incisivo l'effetto di deterrenza». In altre parole, questo tipo di programmazione o meglio la mancanza di una randomizzazione dei controlli vanificherebbe l'incisività dei controlli stessi.
Volevo chiederle, premesso che il metodo è sempre più importante del merito, come suggerirebbe di rendere eventualmente più efficaci i controlli preventivi, che a mio avviso possono costituire un giusto bilanciamento fra l'intervento della magistratura contabile, gli equilibri interni della pubblica amministrazione, così da sfatare il rischio, qualche volta astratto qualche volta più concreto, di mancanza di imparzialità e di lesione dell'articolo 97 della Costituzione, e soprattutto i rapporti con il procedimento penale.
Credo che sia vano rincorrere una sorta di sinergia che non tenga conto delle diverse competenze. Il principio dei vasi comunicanti deve essere comunque rispettoso delle competenze di ciascuno. Non si può pretendere che il giudice contabile ponga rimedio alle carenze del sistema penale e non si può pretendere che il giudice penale intervenga a piedi uniti sulla tipologia della magistratura contabile.
Le chiederei come questi controlli preventivi, che come ripeto reputo più importanti degli interventi di tipo repressivo, possano essere migliorati.
PRESIDENTE. Do la parola al presidente Giampaolino per la replica.
LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. Prenderei spunto dalle ultime parole dell'onorevole Sisto. La magistratura contabile non può sostituirsi alle carenze del giudice penale, e ancor più ambedue le magistrature non devono sostituirsi alle carenze dell'amministrazione. Questo è il leit motiv della relazione.
L'onorevole Melis mi ha rivolto una velata critica nel senso che a suo avviso sarebbe stato preferibile un quadro di carattere più generale. Se lei mi chiede come si sarebbe potuto costruire un provvedimento per sommi capi le direi che questo provvedimento avrebbe dovuto fare leva su quattro punti: sulla eticità da riportare nell'ambito dell'amministrazione, sugli apparati informatici, sui controlli di legittimità e di merito da riprendere, sulla chiave di chiusura della responsabilità dei funzionari. Un provvedimento siffatto avrebbe avuto un respiro tutto nell'ambito dell'amministrazione, e qui rispondo anche all'onorevole Napoli.
È vero che la tutela penale è sempre necessaria, ma è necessaria per le ipotesi estreme. L'antico sistema era che l'amministrazione trovasse in se stessa i suoi rimedi, sicché l'irrompere - mi sia consentito il termine, ma rende l'idea - del giudice penale (benché, come si sa, a tutto ci si abitua), dovrebbe essere l'eccezione. Anche per le malattie è preferibile l'intervento clinico, l'intervento fisiologico, la cura all'intervento chirurgico, che è molto più incisivo e molto più grave per un organismo, a parte tutte le problematiche che attengono all'uso della strumentazione che è data dal processo.
Questo avrebbe dovuto essere un quadro generale fondato sull'articolo 53 della Costituzione nella sua declinazione del rapporto di impiego, non visto tanto sotto l'aspetto del rapporto di lavoro e di controprestazione, quanto nel rifacimento dei principi e dei valori, ivi compresa la riviviscenza di uno dei primi rimedi, cioè il potere disciplinare. Il venir meno del rimedio disciplinare è una delle considerazioni da fare.
Un'altra riguarda un punto che era contenuto nel provvedimento originario, vale a dire la banca dati. L'apporto degli strumenti informatici è di grande importanza nella materia. La banca dati dei contratti e delle sovvenzioni potrebbe essere di notevole aiuto.
Infine, i controlli. Senza dubbio, con l'attutirsi del principio di legalità che il nostro ordinamento ha conosciuto per ragioni varie, che qui non è il caso di ripercorrere e che loro conoscono meglio di me, sono venuti meno anche i controlli nell'ambito amministrativo, e non soltanto quelli di legittimità.
Un altro dei problemi è quello dell'attutirsi del rapporto organico del funzionario con l'amministrazione. Il rapporto organico crea la presenza del funzionario con l'amministrazione e per esso con l'immedesimazione dell'interesse pubblico che esso deve conoscere. L'indicazione di funzionari avulsi alla luce della legge sulla dirigenza, i quali perdono la stessa contrattualizzazione di alcuni rapporti di lavoro, e più a monte la privatizzazione del rapporto di impiego rappresentano l'attutirsi di alcuni valori che andrebbero ripresi.
Per quanto riguarda il tema del rapporto autorità-amministrazione che è stato ripreso da molti, il caso di specie è dovuto alla convenzione dell'ONU, perciò l'autorità è imposta, ma a dire il vero ci si è quasi rassegnati a questa possibilità. Io mi auguro che l'amministrazione possa rivivere in se stessa e trovare l'autorevolezza per svolgere questi compiti.
Questo è il terzo tipo di autorità - non terza specie - che l'ordinamento conosce. Alcune autorità sono un complesso di interessi; altre sono quelle di mercato; infine ci sono autorità che sono poste a tutela di interessi che a un certo momento il legislatore o l'ordinamento ritiene di particolare tutela. Come ho detto prima, quasi il Parlamento richiama se stesso, donde la relazione da fare. Ed era il problema dei lavori pubblici e della corruzione di allora.
Senza dubbio non può esserci autorità senza poteri. Quanto meno, il riesame invocato in alcuni interventi è il minimo effetto dell'efficacia che possono avere tali provvedimenti.
L'onorevole Melis mi rivolge una domanda circa la Corte dei conti a cui mi starebbe molto a cuore rispondere. Io vedo nella Corte dei conti un corpus di giuristi ed economisti che possano svolgere le funzioni che l'ordinamento ad essa assegna. È stato esaltato per ragioni varie il momento giuridico e giurisdizionale della Corte, e non voglio dire giustizialista che sarebbe una patologia. Invece, gli ultimi documenti - è qui presente il presidente delle Sezioni riunite, Meloni - che abbiamo offerto al Parlamento, tra cui il rapporto sul coordinamento, sono apporti di una professionalità purtroppo ancora limitata nell'ambito della Corte. Mi auguro che in una riforma della Corte possa prevedersi un cambiamento in tal senso.
Risponderò velocemente alle altre domande che mi sono state poste.
Settanta miliardi sono una quantificazione fatta dalla procura in base a rapporti della guardia di finanza. Quella è l'indicazione e la confermo.
Per quanto riguarda i dubbi dell'onorevole Ferranti sulle nomine, riteniamo che l'indipendenza di questa autorità sia un passo avanti. Devo richiamare l'attenzione sul fatto che, seppure di nomina governativa, le commissioni parlamentari esprimono il loro parere a maggioranza dei due terzi. La verifica dei requisiti professionali è la prima garanzia dell'indipendenza dei soggetti, e questo è rimesso in buona parte al Parlamento.
Sul tema dei controlli preventivi e della randomizzazione sollevato dall'onorevole Sisto ho detto che tutto si muove nell'ambito amministrativo, intendendo con questo rimedi organizzatori e quindi l'autorità. Tuttavia, vi sono anche rimedi amministrativi procedimentali, come il Piano nazionale anticorruzione. È un momento importante, così come l'individuazione dei settori di particolare pericolo. La previsione «diagnostica» di alcuni fenomeni è molto rilevante.
Questo non dovrebbe far venire meno i controlli randomizzati, come si usa dire. Come ho affermato all'inizio, uno dei rimedi consiste nei controlli, anzitutto quelli interni alle amministrazioni, il che presuppone anche la ricostruzione per alcuni aspetti sia del rapporto di lavoro sia dello stesso rapporto organizzatorio generale, nonché i controlli della Corte, perché per gli atti più importanti il limite della legge, la legalità, cioè l'espressione del Parlamento, trovi il suo riscontro, per gli altri, come dice il mio collega Granelli riprendendo l'indicazione di carattere generale, l'accountability, cioè si renda conto di quello che si è fatto.
PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Giampaolino per il suo intervento e per il contributo scritto e dichiaro chiusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti della Banca d'Italia.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva attinente all'esame dei progetti di legge C. 4434 Governo, approvato dal Senato, C. 3380 Di Pietro, C. 4382 Giovanelli, C. 3850 Ferranti, C. 4516 Garavini e C. 4501 Torrisi, recanti disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, l'audizione di rappresentanti della Banca d'Italia.
Abbiamo con noi - e li ringraziamo - il dottor Luigi Donato, capo del servizio rapporti esterni e affari generali di vigilanza, e la dottoressa Magda Bianco, dirigente del servizio studi di struttura economica e finanziaria.
Do quindi la parola al dottor Luigi Donato.
LUIGI DONATO, Capo del servizio rapporti esterni e affari generali di vigilanza della Banca d'Italia. Facciamo riferimento innanzitutto alla precedente audizione che abbiamo svolto sulla stessa materia presso il Senato. Affronteremo quindi molto rapidamente una serie di punti e cercheremo di riprendere qualche argomento che riteniamo fondamentale anche per il prosieguo dei lavori parlamentari. Tenteremo soprattutto di valorizzare il nostro punto di vista come autorità di vigilanza e come autorità che studia il sistema economico e finanziario del nostro paese. L'approccio sarà quindi di tipo economico.
Questo ci porta soprattutto a svolgere una valutazione di fondo rispetto alla visione che ci sembra giusto avere del fenomeno della corruzione. La corruzione non è concepita solamente come effetto di una distorsione o di una deviazione all'interno della pubblica amministrazione, ma come qualcosa che colpisce il sistema economico a più livelli e in maniera molto perniciosa e grave. Nelle nostre considerazioni questo ci porterà a segnalare l'importanza di vedere nella corruzione dal punto di vista penalistico un reato plurioffensivo.
Detto questo, gli effetti distorsivi della corruzione colpiscono tutti gli agenti del mercato. Riducono l'efficacia dell'azione pubblica nonché la capacità dei governi di controllare l'andamento dell'economia e i fallimenti del mercato; riducono anche la fiducia dei cittadini; segnalerei soprattutto che, in particolare in questa fase, incidono negativamente sul consenso necessario per realizzare le manovre di risanamento fiscale. Questo è un aspetto che forse, dal nostro punto di vista, vale la pena di segnalare e su cui insistere particolarmente, ossia la necessità, in una fase come quella attuale, che l'intervento sul tema della corruzione sia fortemente calibrato e che l'attenzione sia massima proprio per la circostanza della situazione esterna che caratterizza questa fase della nostra vita economica e politica.
Sul caso italiano rispetto al tema della corruzione sicuramente pesano due fattori molto forti, che sono, da un lato, quello dell'elevata presenza della criminalità organizzata e, dall'altro, quello dell'eccesso normativo e degli oneri burocratici. Su questi temi ci siamo soffermati nella precedente audizione, a cui facciamo riferimento.
Segnaleremo tre filoni di strumenti su cui insistere: la trasparenza dei rapporti della pubblica amministrazione e gli utenti; la diffusione di informazioni strutturate relative ai settori più esposti, la necessità di utilizzare anche meccanismi che rendano conveniente deviare dall'accordo corruttivo, se del caso pensando anche, per esempio, a programmi di clemenza; infine, la necessità di controlli efficaci e soprattutto di un impianto sanzionatorio efficace e credibile.
Un punto di partenza ulteriore può essere il far riferimento al rapporto di valutazione del GRECO del Consiglio d'Europa, soprattutto con riguardo all'ultimo documento, il Compliance Report del 2011, il quale aggiorna la situazione che era stata delineata dal Consiglio d'Europa sull'Italia nel 2009, quando si era fatto soprattutto riferimento ad alcune carenze e il GRECO segnalava 22 raccomandazioni al nostro Paese.
I nodi critici che sono rimasti e che il Compliance Report del giugno scorso accentua riguardano l'accesso alle informazioni, gli standard etici per i membri del Governo, la disciplina del conflitto di interessi e la tutela degli informatori.
Da questo punto di vista possiamo segnalare che, invece, su un punto il GRECO ha espresso un giudizio favorevole ed è quello relativo alla compliance del nostro sistema antiriciclaggio. È un punto che segnaliamo, sia perché la Banca d'Italia, come voi sapete, è fortemente impegnata sul campo dell'antiriciclaggio nei confronti del sistema bancario e presso la Banca d'Italia è collocata l'unità di informazione finanziaria, sia per i forti nessi esistenti tra l'antiriciclaggio e la lotta alla corruzione.
Il GRECO nell'ultimo rapporto ha dato atto della congruità degli interventi che sono stati realizzati in Italia da diversi punti di vista. In particolare, posso segnalare la circostanza per cui la Banca d'Italia ha emanato nel 2010 gli indicatori di anomalia per le operazioni sospette, un aggiornamento sulla base dell'esperienza degli ultimi anni. È stata introdotta a maggio 2011 la procedura di segnalazione telematica delle operazioni sospette e, quindi, si è intervenuti anche sulle procedure.
Per quanto riguarda più direttamente il tema della corruzione, vi sono stati due interventi molto forti da parte della Banca. Nell'ottobre 2009 sono state date indicazioni alle banche di prestare attenzione sul funzionamento dei cosiddetti punti delicati, quelli per l'esecuzione dei contratti pubblici connessi agli interventi di costruzione delle aree interessate dal sisma abruzzese, e nel luglio 2010 sono state date ulteriori indicazioni dettagliate di carattere tecnico con riguardo all'erogazione e all'impiego di finanziamenti pubblici per l'ipotesi che vi si annidino casi di corruzione.
Sono stati compiuti forti miglioramenti sulla tracciabilità dei flussi finanziari ed è stato strutturata dall'anno scorso la nuova configurazione dell'Archivio unico informatico presso tutti gli intermediari. Esso consente sia controlli ex ante, sia controlli successivi.
In questi giorni sono entrate in vigore le nuove procedure e i controlli dettati dalla Banca d'Italia in materia di antiriciclaggio a tutti gli intermediari.
Con riguardo al punto della corruzione segnalo che un aspetto particolarmente delicato è quello dell'adeguata verifica della clientela, cioè della circostanza che le banche devono valutare ex ante i rischi esistenti nell'avere un rapporto con un dato soggetto relativamente, in particolare, alle sue caratteristiche economiche e finanziarie.
Nella normativa vigente è previsto che vi sia una valutazione rafforzata, un'adeguata verifica rafforzata, per coloro che sono definiti PEPs, cioè le persone politicamente esposte. Secondo questa normativa, sono, però, le persone politicamente esposte di altri Paesi.
Nella nostra riflessione introdurre regole di controllo ex ante per tutti i soggetti esposti al rischio di corruzione in un Paese come il nostro sarebbe un'opera molto complessa e soprattutto un'opera che non sembra in grado di dare risultati specifici, vale a dire di stabilire che per tutti i soggetti potenzialmente a rischio vi siano procedure di adeguata verifica rafforzata.
È preferibile sicuramente il sistema attuale, che è quello di lasciare alle banche, con le indicazioni del caso sul piano tecnico, il compito di effettuare valutazioni ex post delle diverse operazioni. Tra queste operazioni è evidente che la non congruità di disponibilità finanziarie da parte di un soggetto che riveste determinate cariche e che non dà di per sé un risultato particolarmente straordinario dal punto di vista economico costituisce un fattore di rischio e, quindi, di segnalazione di operazione sospetta. Si tratta di un ingranaggio che ha avuto una riprova nei fatti per alcune vicende giudiziarie che sono scaturite o sono state rafforzate dalla segnalazione di operazioni sospette.
Lascerei alla dottoressa Bianco il compito di svolgere alcune riflessioni più specifiche sull'intervento di riforma. Concluderemo poi con due brevissime notazioni sul campo strettamente penalistico.
MAGDA BIANCO, Dirigente del servizio studi di struttura economica e finanziaria della Banca d'Italia. Svolgo alcune osservazioni molto sintetiche sull'intervento di riforma nel disegno di legge approvato dal Senato, modificato rispetto al disegno di legge originario che avevamo commentato in precedenza.
Un'osservazione generale, che riprende quella che ha svolto poco fa il dottor Donato, è che riteniamo molto importante un intervento in questa materia in un momento in cui tutte le misure che offrono ricadute in termini di crescita sono particolarmente importanti in generale nel nostro sistema e anche come meccanismo all'esterno per rafforzare la nostra credibilità sul piano internazionale.
Crediamo che questo sia un intervento importante e che vada approvato con grande urgenza. Esso deve essere accompagnato, come affermavamo all'inizio, da interventi sui fattori di contesto, alcuni dei quali molto difficili da affrontare come la criminalità organizzata, ma altri su cui si può agire e su cui qualcosa si sta facendo. Mi riferisco all'intervento sugli oneri burocratici a carico delle imprese e sulla semplificazione normativa. Sul primo fronte si è agito in parte con la manovra e occorre procedere in quella direzione.
Sulle misure specifiche contenute nel disegno di legge abbiamo alcune indicazioni per alcuni versi preliminari e comunque molto sintetiche.
La prima riguarda la scelta di attribuire le competenze dell'Autorità nazionale anticorruzione alla CiVIT, che riteniamo migliorativa rispetto alle scelte contenute nel testo precedente, in quanto organismo indipendente. Le raccomandazioni del Consiglio d'Europa deponevano per un'Autorità ancora più indipendente e capiamo che ci sono alcuni trade-off in questo caso. La costituzione di autorità nuove e completamente indipendenti è costosa e difficile in un sistema in cui ogni intervento richiede un finanziamento.
Affidare l'incarico alla CiVIT comunque pone sicuramente al momento un problema di risorse da dedicare a questo compito impegnativo, che addirittura richiede compiti aggiuntivi. Si porrà un problema, ma se ne aggiunge uno anche sul sistema delle nomine, che forse va rafforzato per rendere effettivamente la CiVIT in misura maggiore un'Autorità indipendente, con un sistema più simile a quello delle altre Autorità.
Come osservavamo ancora in precedenza, occorre in ogni caso una valutazione delle molte richieste che in quest'ambito direttamente dalla CiVIT o attraverso la funzione pubblica vengono rivolte alla pubblica amministrazione per evitare il rischio di introdurre ulteriori adempimenti che rimangano puramente formali, come il Piano annuale anticorruzione. Sono tutti meccanismi importanti, che devono essere disciplinati in modo adeguato perché non siano un'aggiunta al Piano triennale per la trasparenza e al Piano triennale per la performance e non diventino per la pubblica amministrazione solo ulteriori oneri burocratici da adempiere in modo puramente formale.
La gestione di queste molteplici richieste, ciascuna delle quali svolge una sua funzione, alla pubblica amministrazione va coordinata per evitare che essa si trovi un eccesso di oneri burocratici da gestire in modo puramente formale.
Come asseriva il dottor Donato, la questione della trasparenza, nella pubblica amministrazione per noi è importantissima ed è un meccanismo fondamentale per combattere la corruzione. Le disposizioni contenute nell'articolo 2 sono rilevanti e vanno nella direzione giusta. Anche secondo quanto riporta il Compliance Report del GRECO forse non sono ancora sufficienti e adeguate. Sia pure in presenza di previsioni normative, le quali dovrebbero imporre meccanismi di trasparenza, non sempre le disposizioni vengono completamente rispettate o comunque incontrano ostacoli soprattutto a livello locale nelle pubbliche amministrazioni. Forse occorrerebbe un rafforzamento sia della disciplina, sia delle possibilità di sanzioni per i responsabili delle procedure che non adempiono adeguatamente alla disponibilità di informazioni in modo da assicurare sufficiente trasparenza almeno sulle procedure che riguardano i diretti interessati.
Sul conflitto di interessi la disciplina è adeguata. Riteniamo che anche questo sia un miglioramento significativo della situazione esistente, la quale richiedeva sicuramente un intervento, soprattutto in merito alla disciplina del conflitto di interessi per i soggetti che escono dalle pubbliche amministrazioni. Anche in questo caso occorre una cautela sia in difetto, sia in eccesso. È un problema importante, non facilissimo da affrontare e che richiede una disciplina attenta perché sia effettivamente efficace e consenta di tenere conto di tutte le situazioni potenzialmente in conflitto di interessi, senza naturalmente eccedere e finire per diventare un aggravio e un peso per situazioni, che, invece possono essere fisiologiche.
Un'altra questione che riteniamo apprezzabile è l'introduzione di un meccanismo di protezione degli informatori, dei cosiddetti whistleblower, che non era presente in precedenza. Se è apprezzabile l'introduzione, forse anche in questo caso la norma rischia, però, di essere un po' generica e, quindi, di non offrire una tutela effettiva ed efficace per i soggetti che agiscono da informatore e di non prevenire possibilità di elusione.
Non viene ancora presa in considerazione una questione che avevamo suggerito in precedenza, ossia la possibilità di introdurre programmi di clemenza, non solo di informazione, ma di rottura dei meccanismi collusivi tra corrotto e corruttore.
Sull'articolo 5 condividiamo l'approccio alla white list nei settori particolarmente a rischio con una precisazione. Temiamo che un elenco preciso dei settori non sia comunque un elenco esaustivo. Si afferma che poi l'elenco verrà aggiornato, però occorre almeno chiarire che è un elenco esemplificativo, ma che ovviamente ci sono altre attività che possono essere esposte al rischio di infiltrazione.
Sottolineiamo poi l'importanza che le banche dati che si creano, in questo caso con le white list, in questi settori si parlino fra di loro, per esempio con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, che era prevista all'interno del vecchio disegno di legge e che adesso è stata scorporata. Non si deve correre il rischio, che abbiamo visto in tanti altri settori, di creare banche dati localizzate e a volte disperse sul territorio, che non si parlano e che, quindi, non svolgono efficacemente la funzione che era loro attribuita.
Sul fronte della repressione si esprimerà Luigi Donato.
LUIGI DONATO, Capo del servizio rapporti esterni e affari generali di vigilanza della Banca d'Italia. Svolgo due rapidissime battute. In realtà, nel passaggio dai due rami del Parlamento non vi è stato un rafforzamento dell'apparato sanzionatorio. Tornerei sulla mia indicazione iniziale dell'importanza, dal nostro punto di vista, di concepire la corruzione innanzitutto come un reato plurioffensivo e, quindi, di non limitarla alla mera difesa della pubblica amministrazione. A noi sembra che il danno maggiore sia nei confronti dell'economia.
Andrebbe forse valorizzato questo profilo di turbativa dell'ordinato funzionamento di sviluppo dell'economia, configurandolo come una terza gamba di altri reati molto più gravi, quali l'associazione a delinquere di stampo mafioso e l'ingresso nell'economia legale da parte dell'economia criminale e la stessa turbativa dell'illecita concorrenza.
Guardando questi reati, si capisce che il danno della corruzione è forse anche maggiore, ma che l'attenzione da un punto di vista penale non è uguale. Segnalo, per esempio, che da un punto di vista economico non ha molto senso prevedere una gradazione di gravità per cui il peculato è un reato molto più grave della corruzione. Da un punto di vista economico non si giustifica questa attuale situazione di ventaglio sanzionatorio.
Riprendo altre due rapidissime annotazioni che abbiamo svolto al Senato. Ci sembrano anguste le nozioni di pubblico ufficiale e di atto d'ufficio. Riportandoli in un mondo moderno, in cui i confini e gli atti si sono complicati, ci sembra che andrebbe avviata, se possibile, una riflessione per allargare questi due concetti, che sono determinanti per l'applicazione delle norme penali, in relazione anche alla Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione, la quale prevede una nozione molto più ampia di quella italiana.
L'ultimissima annotazione riguarda la condotta del pubblico ufficiale infedele, che viene attualmente sanzionata esclusivamente rispetto all'infedeltà nei confronti della pubblica amministrazione. È assente una sanzione specifica, un punto di attacco per quanto riguarda il comportamento finanziario, quindi la fase finanziaria. Ritorniamo su una richiesta che è già stata avanzata dal Governatore della Banca d'Italia nel luglio 2009 alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia, quella dell'introduzione di un reato di autoriciclaggio.
Al di là dell'importanza di uno strumento del genere per entrare nella dinamica finanziaria di forme di criminalità veramente perniciose come quelle della corruzione, si pone anche il fatto che nella normativa di prevenzione, quella amministrativa del decreto legislativo n. 231 del 2007, la condotta di autoriciclaggio è rilevante per tutto l'apparato di interventi, di controlli e di segnalazioni di operazioni sospette e anche addirittura di sanzioni, sia pure amministrative.
Questo doppio binario andrebbe risolto nel senso che un passaggio davvero strategico sicuramente, a nostro giudizio, sarebbe l'introduzione dell'autoriciclaggio anche nella prospettiva di contrastare i fatti di corruzione.
PRESIDENTE. Grazie, dottor Donato. Se non ci sono domande, ringraziamo i rappresentanti della Banca d'Italia, anche per il contributo scritto che invieranno alla presidenza nei prossimi giorni.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione del professor Francesco Merloni, ordinario di diritto amministrativo presso l'Università di Perugia, del professor Bernardo Giorgio Mattarella, ordinario di diritto amministrativo presso l'Università di Siena, del professor Luciano Vandelli, ordinario di diritto amministrativo presso l'Università di Bologna, e del professor Carlo Federico Grosso, ordinario di diritto penale presso l'Università di Torino.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva attinente all'esame dei progetti di legge C. 4434 Governo, approvato dal Senato, C. 3380 Di Pietro, C. 4382 Giovanelli, C. 3850 Ferranti, C. 4516 Garavini e C. 4501 Torrisi, recanti disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, l'audizione del professor Francesco Merloni, ordinario di diritto amministrativo presso l'Università di Perugia, del professor Bernardo Giorgio Mattarella, ordinario di diritto amministrativo presso l'Università di Siena, del professor Luciano Vandelli, ordinario di diritto amministrativo presso l'Università di Bologna, e del professor Carlo Federico Grosso, ordinario di diritto penale presso l'Università di Torino.
Do la parola agli auditi, ad iniziare dal professor Francesco Merloni, ordinario di diritto amministrativo presso l'Università di Perugia.
FRANCESCO MERLONI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università di Perugia. Grazie, presidente. Con il professor Vandelli, come credo sia noto alle Commissioni, abbiamo curato di recente un lavoro sulla corruzione amministrativa e, quindi, ci soffermeremo soprattutto sui profili di contrasto alla corruzione con strumenti interni alle pubbliche amministrazioni, strumenti di diritto amministrativo. Nel nostro lavoro ci sono anche proposte relative agli strumenti penalistici. Eventualmente avremo modo di intervenire anche su questo tema, ma ovviamente noi non siamo esperti di diritto penale e, quindi, non ci soffermeremo particolarmente su questo punto.
Mi soffermerei intanto sui profili di carattere generale del disegno di legge del Governo per sottolineare un'impressione in rapporto al lavoro che noi abbiamo svolto di valutazione e di definizione del fenomeno della corruzione, ossia quello di una sostanziale insufficienza del disegno di legge, perché la lotta alla corruzione, proprio per la sua dimensione, non può ridursi a interventi che, presi individualmente, possono anche manifestare una qualche efficacia, quando però il problema a noi appare di sistema.
Per portare un esempio su cui nel nostro libro noi insistiamo, a nostro giudizio la lotta alla corruzione dovrebbe avere un andamento di lungo periodo e toni analoghi alla lotta alla mafia. Occorre mettere in piedi alcuni strumenti di sistema che facciano capire a tutti i funzionari pubblici - eventualmente torneremo sulla nozione di funzionario pubblico - che lo Stato ha deciso realmente di non scherzare più con il fenomeno della corruzione e che per farvi fronte esiste una vasta serie di strumenti, che non si esaurisce nella repressione penale, perché ovviamente la repressione penale non può che colpire alcune emergenze del fenomeno corruttivo, mentre, come sappiamo, il fenomeno corruttivo è diffuso nel corpo stesso dell'amministrazione. Noi dobbiamo fare in modo che i funzionari sappiano, nel comportarsi in alcuni modi, di trovare o una sanzione di tipo disciplinare o una sanzione di tipo penale o addirittura la riprovazione degli appartenenti alla stessa categoria dei pubblici funzionari. Per esempio, dobbiamo lavorare sul senso etico dei pubblici funzionari.
Da questo punto di vista, le innovazioni che si introducono sono largamente insufficienti. Occorre, come ci chiedono le convenzioni internazionali, non individuare semplicemente un Piano nazionale anticorruzione o un'Autorità anticorruzione, ma dimostrare che si ha in mente una politica anticorruzione seria e di lungo periodo.
Inizialmente mi soffermerei su due profili che mi sembrano i più problematici. Il primo è rappresentato dagli aspetti finanziari. La clausola di invarianza che viene indicata a noi sembra del tutto sproporzionata rispetto al tema della corruzione. La corruzione, secondo la quantificazione della Corte dei conti, pesa per 70 miliardi di euro l'anno. Pensare di sconfiggerla a costi invariati a noi appare francamente poco credibile. Ci rendiamo conto ovviamente dei problemi della finanza pubblica, però io segnalerei un punto: è possibile immaginare, salvo un costo iniziale di attivazione di alcuni strumenti, che la politica anticorruzione si autofinanzi, vale a dire che possa essere finanziata da tutte le sanzioni disciplinari pecuniarie che possono essere irrogate a funzionari pubblici o a corruttori privati, tutte destinate poi a rafforzare la politica anticorruzione?
Da questo punto di vista la clausola di invarianza, che è si ripete un po' stancamente, in questo caso non avrebbe giustificazione, se vogliamo dare il segnale al corpo dei potenziali corruttori che si vuole fare sul serio.
Dal punto di vista organizzativo il disegno di legge adotta una soluzione, ossia fare della CiVIT l'Autorità anticorruzione. La mia personale impressione è che essa non sia in grado di svolgere questo compito, cioè che non sia in grado di svolgere il compito di Autorità nazionale anticorruzione, non che non possa avere compiti in materia di lotta alla corruzione. In particolare, per come la CiVIT è nata ed è stata costituita, la vedrei bene come strumento che lavora sui funzionari pubblici, molto meno come uno strumento di coordinamento della lotta penale alla corruzione. Non ne ha gli strumenti.
Porto solo un esempio, con due riferimenti stranieri. Il Committee on Standards in Public Life inglese è uno strumento di grandissimo prestigio, che esprime pareri al Parlamento e alle pubbliche amministrazioni sui comportamenti corretti dei pubblici funzionari. È uno strumento che è stato considerato largamente utilizzato nella stessa concezione di quali debbano essere i comportamenti corretti nella pubblica amministrazione.
Le Commissions de déontologie francesi sono commissioni che esprimono pareri vincolanti sulle autorizzazioni ai funzionari ad assumere incarichi presso altri soggetti, soprattutto privati. Il problema ovviamente è il conflitto potenziale di interessi tra lo svolgimento di una funzione pubblica e la presa d'interessi privati.
La CiVIT potrebbe essere uno strumento analogo alla Commission de déontologie e curare e rendere omogeneo il comportamento delle pubbliche amministrazioni nel concedere le autorizzazioni relative agli incarichi esterni. La CiVIT può essere valorizzata limitatamente come Autorità anticorruzione. Io penso che non ci sia un'alternativa a una vera e propria autorità di governo che si ponga il problema del coordinamento complessivo della lotta alla corruzione da parte di tutte le pubbliche amministrazioni e la CiVIT non mi sembra attrezzata. Già per i compiti che ho indicato andrebbe comunque rafforzata rispetto all'estremamente fragile struttura amministrativa di cui dispone adesso.
Accanto ad autorità indipendenti e autorità di governo, a mio giudizio, se vale il parallelo che ho fatto all'inizio con l'Autorità antimafia, dovrebbe costituirsi anche una Commissione parlamentare bicamerale. La lotta alla corruzione, secondo me, costituisce una priorità del tutto paragonabile alla mafia per attacco all'imparzialità della pubblica amministrazione e ai costi del funzionamento delle amministrazioni e, quindi, anche il Parlamento, secondo il nostro giudizio, dovrebbe dotarsi di uno strumento che verifichi costantemente l'attuazione della legislazione anticorruzione ed eventualmente sia in grado di aggiornare costantemente la qualità di tale legislazione.
Ci sono poi questioni particolari, che però penso possano essere oggetto più di domande da parte delle Commissione.
BERNARDO GIORGIO MATTARELLA, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università di Siena. Svolgerò alcune osservazioni generali sul disegno di legge e poi alcune specifiche su singoli articoli.
Per quanto riguarda le osservazioni generali, a me sembra che questo disegno di legge abbia l'approccio giusto nella prevenzione alla corruzione, perché la lotta alla corruzione si compie, in primo luogo, come asseriva il professor Merloni, con misure amministrative preventive, quindi con una strategia molto ampia e articolata e non soltanto con una strategia di repressione penale.
Vorrei ricordare, ma sicuramente le Commissioni lo conoscono, un documento, a mio parere, prezioso e ancora molto attuale, della Camera, il rapporto del 1996 del Comitato di studio sulla prevenzione della corruzione presieduto da Sabino Cassese, che contiene indicazioni piuttosto concrete, in parte recepite in questi quindici anni dalle norme, in parte assai palesemente smentite, in parte in attesa di essere attuate.
A mio parere, l'approccio giusto per la prevenzione della corruzione mi sembra seguito in questo disegno di legge, che però - anche in questo caso concordo con il professor Merloni - mi sembra incompleto. Contiene poche questioni e potrebbe essere molto arricchito, anche utilizzando i contenuti delle altre proposte di legge in discussione.
La mia principale osservazione sempre generale su questo disegno di legge è che esso si occupa molto di corruzione amministrativa e molto poco di corruzione politica, mentre, come dimostrano anche le cronache degli ultimi mesi o anni, la corruzione politica non è meno importante. Io ritengo che il Parlamento dovrebbe anche occuparsi della classe politica.
Svolgo alcuni esempi. Nel disegno di legge c'è una disciplina della trasparenza amministrativa, che peraltro è in buona parte ripetitiva o esplicativa di norme già vigenti. La trasparenza amministrativa va benissimo, ma perché non comprendervi anche la trasparenza dell'attività e degli interessi della classe politica?
Lo scandalo dei rimborsi per i parlamentari britannici di un paio d'anni fa è scoppiato perché sul sito internet del Parlamento britannico è possibile verificare come questi rimborsi vengono spesi. Se qualcosa del genere fosse possibile anche in Italia sarebbe sicuramente un passo avanti.
Altro esempio: nel disegno di legge è contenuta una disciplina dell'incandidabilità. Perché non rivedere anche la disciplina dell'ineleggibilità e delle incompatibilità parlamentari che risale agli anni Cinquanta ed è molto antiquata? Perché non introdurre una disciplina del conflitto di interessi dei parlamentari?
Mi è capitato di dirlo altre volte ad altri vostri colleghi. I parlamentari sono quasi gli unici funzionari pubblici in Italia a non essere soggetti ad alcuna norma sul conflitto di interessi. L'altra categoria di funzionari pubblici non soggetta ad alcuna norma sul conflitto di interessi è quella dei componenti degli uffici di staff, i capi di gabinetto, i capi degli uffici legislativi, i consulenti vari che, come pure le cronache hanno dimostrato, si trovano in una situazione particolare.
Un altro elemento che manca in questo disegno di legge è una disciplina dei conflitti di interessi, delle regole di comportamento e dell'incompatibilità di coloro che lavorano negli uffici di diretta collaborazione dei politici.
Sempre per quanto riguarda la sfera politica, forse sarebbe utile anche qualche intervento in materia di spoil system, di rapporto fra politica e dirigenza amministrativa. Ahimè, la tendenza legislativa anche recentissima è quella piuttosto di accentuare lo spoil system e indebolire i controlli reciproci fra politica e amministrazione. La mia principale osservazione generale è che questo disegno di legge si occupa lodevolmente di corruzione amministrativa, ma si occupa poco di corruzione politica.
Mancano poi alcune cose che si sono perse un po' per strada, come per esempio le previsioni in materia di appalti pubblici e quelle relative ai poteri informativi dell'autorità, ma immagino che dei poteri dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici abbia parlato il presidente Giampaolino. Manca un aspetto che è contenuto in un'altra proposta di legge, e cioè la disciplina dei contratti in deroga, dei contratti di emergenza, delle gestioni straordinarie o commissariali; e manca la disciplina degli incarichi esterni dei dirigenti amministrativi o dei magistrati e così via.
Una serie di altre idee potrebbero essere tratte, come ripeto, dal rapporto del 1996 del Comitato Cassese. Per esempio, mi pare importante intervenire per rafforzare i corpi tecnici dello Stato. Viene infatti continuamente lamentata la debolezza dell'amministrazione come contraente nel bandire, nell'aggiudicare e nel seguire l'esecuzione dei contratti.
Come ultima osservazione generale, direi che dal punto di vista del coordinamento legislativo alcune di queste norme, piuttosto che stare in una legge a sé stante, potrebbero confluire in altre leggi vigenti. Dal punto di vista dell'ordine normativo sarebbe preferibile. Per esempio, se si tratta di attribuire nuovi poteri alla CiVIT, invece di avere una legge a sé stante, sarebbe meglio emendare il decreto legislativo n. 150 del 2009.
Svolgo alcune rapide osservazioni su singole previsioni. Per quanto riguarda l'Autorità nazionale anticorruzione, anch'io penso che questo sia un passo avanti rispetto alla situazione attuale. Si chiariscono, forse non del tutto, i rapporti fra la CiVIT e la struttura anticorruzione del Dipartimento della funzione pubblica, ma io farei un passo in più. Sono abbastanza d'accordo con quanto diceva prima il professor Merloni, soprattutto per quanto riguarda le dotazioni di mezzi della CiVIT, che attualmente sono assolutamente ridotte. A questo proposito vorrei ricordare che la struttura anticorruzione dell'Unione europea, l'OLAF, costa 100 milioni di euro l'anno, ma ne recupera più di 300. È vero quindi che la prevenzione della corruzione è una politica che si autofinanzia.
Come dicevo, forse si potrebbe fare qualche passo in più nel senso di attribuire ulteriori poteri alla CiVIT, soprattutto poteri di impulso per promuovere e stimolare iniziative delle amministrazioni. In questo momento, con l'attuazione del decreto n. 150 del 2009 le pubbliche amministrazioni devono predisporre programmi per la trasparenza e per l'integrità, e normalmente le amministrazioni hanno un approccio molto burocratico, come diceva prima la dottoressa Bianco. Fanno ciò che sono costrette a fare, non inventano niente. Ci vuole qualcuno che le stimoli a introdurre nuove misure di prevenzione della corruzione.
Per quanto riguarda l'articolo 2 sulla trasparenza, ripeto che non dice molto di più rispetto a norme già esistenti. Forse potrebbe dire di più nel senso di introdurre per alcuni tipi di procedimenti, quali le autorizzazioni, quanto ci chiede la direttiva servizi, imporre cioè alle amministrazioni un obbligo di assistenza nei confronti dei privati per spiegare come la legge va applicata, come vengono normalmente interpretate le previsioni legislative.
Per quanto riguarda l'articolo 3 e le modifiche al Testo unico sul pubblico impiego, sono un po' scettico circa l'accrescimento del flusso di nuove informazioni che dovrebbero affluire presso il Dipartimento della funzione pubblica. L'esperienza dimostra che più informazioni ci sono meno sono utilizzate. Sarei quindi più selettivo.
Allo stesso modo - e qui condivido quanto diceva la dottoressa Bianco - mi sembra un po' vago l'ambito di applicazione della norma, che pure è importante, sulle restrizioni successive all'impiego.
Non ho particolari osservazioni sugli articoli 4 e 5, che mi sembrano utili. Ho invece qualche dubbio di legittimità costituzionale sull'articolo 6, cioè sui principi generali per le regioni e gli enti locali. Mi sembra che questo possa essere al massimo un buon consiglio, perché in materia di organizzazione amministrativa regioni ed enti locali decidono da soli le proprie regole.
Per quanto riguarda l'articolo 8, come ripeto, mi parrebbe utile approfittare dell'occasione per disciplinare non solo l'incandidabilità, come è giusto fare, ma anche l'ineleggibilità e l'incompatibilità, e magari anche introdurre un meccanismo di controllo più efficace sull'applicazione delle norme sull'incandidabilità che, come l'esperienza dimostra, vengono spesso violate.
Sono abbastanza scettico, infine, sull'inasprimento delle sanzioni penali. Mi sembra che nella prevenzione della corruzione non siano le sanzioni penali a mancare, quanto semmai il fatto che non vengono mai applicate. Forse inasprirle potrebbe addirittura contribuire a renderne poco probabile l'irrogazione.
LUCIANO VANDELLI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università di Bologna. Ne approfitto per consegnarle, presidente, il volume a cui faceva riferimento il professor Merloni, a cui aggiungo un volume sui controlli e la lotta alla corruzione.
Mi inserisco nel solco aperto dai professori Merloni e Mattarella. Io credo che in buona misura questo disegno di legge muova passi nella direzione giusta. Naturalmente penso che nessuno si illuda che questo problema possa essere affrontato con un progetto di legge. Mi piacerebbe che il provvedimento si chiamasse «prime disposizioni», per dare la sensazione di una politica di lungo periodo che si apre con un'attenzione costante del Parlamento su questi temi.
Mi piacerebbe che si avviasse un circuito di regole, monitoraggio sull'andamento delle regole, revisione e integrazione delle stesse, con un processo in progress che cerchi di seguire tutti i vari rami e filoni di questo tema, che ha un'ampiezza di approcci davvero straordinaria.
Da questo punto di vista faccio presente che tra le altre cose occorrerebbe monitorare quanto si muove nei vari ambiti di produzione legislativa. Anche la manovra ci interessa vistosamente, e farò un solo esempio. Il tema dei controlli dei revisori presso gli enti è trattato nella manovra che si sta votando in questi giorni alla Camera secondo criteri che prevedono per le regioni, attraverso un meccanismo indiretto, un elenco di revisori dotati di certi requisiti professionali dal quale si effettua un'estrazione. Questa impostazione riguarderebbe le sole regioni, mentre ad esempio negli enti locali sono i consigli comunali a eleggere i propri revisori.
Mi pare che ci sia un'esigenza di coerenza e coesione nell'ordinamento che andrebbe monitorata in tutti i vari risvolti. E ci sono disposizioni vigenti, secondo me importantissime, che vengono largamente disattese. Ne cito soltanto una che a mio avviso sarebbe un grande strumento e una grande occasione di correttezza amministrativa. Si tratta di uno degli articoli fondamentali della legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo, l'articolo 12.
In base a questa norma qualunque beneficio, qualunque sussidio, qualunque contributo destinato a un privato non può mai essere erogato se non preceduto da parametri e criteri di carattere generale. Nessuno potrebbe prendere qualcosa dalle pubbliche amministrazioni se esse non avessero deciso i criteri; a quel punto un dirigente, applicando gli indirizzi generali per qualunque soggetto dell'ordinamento, adotterebbe quei criteri per tutti. Questo è uno dei precetti più disattesi del nostro ordinamento, e mi pare che nessuno stia monitorando il meccanismo.
Aggiungo soltanto un commento - ci sarebbero ovviamente molte cose da dire - sul tema della trasparenza a cui è stato fatto riferimento. Userò termini molti netti, chiedo scusa per la approssimazione. Io credo che ormai, a parte il tema dell'accesso ai documenti e alle informazioni, per quanto riguarda i provvedimenti siamo in una fase nuova. L'accesso è uno strumento vecchio.
Fino al 1990 la nostra amministrazione era tutta chiusa e riservata; vigeva un principio di riservatezza. Nel 1990 irrompe l'accesso per i soggetti interessati. Oggi, secondo me, per i provvedimenti non è più l'ora di consentire soltanto ai soggetti interessati di visionare ciò che è pubblico. I provvedimenti amministrativi dovrebbero essere pubblicati sui siti delle pubbliche amministrazioni e resi accessibili a chiunque e non solo a chi deve dimostrare alla pubblica amministrazione di possedere un titolo giuridico, un diritto garantito dall'ordinamento, un interesse legittimo specifico. Poter accedere a queste informazioni deve essere un diritto civico per chiunque faccia parte dell'ordinamento.
Dedico un accenno, facendo comunque riferimento a cose già dette dai colleghi Merloni e Mattarella, a questo, ahimè, disordinatissimo spoil system. Io credo che dovremmo fare semplicemente chiarezza su un punto: possiamo avere, anche opportunamente, una fascia di posizioni fiduciarie, ma quella fascia deve corrispondere a una funzione di indirizzo, di direttiva, di orientamento, di regolazione, di programmazione. I provvedimenti puntuali appartengono alla dirigenza, a cui si accede con pubblico concorso.
Sul tema delle nomine vorrei offrire un'indicazione che serva anche come strumento. Il problema è una selezione trasparente con responsabilizzazione e ricorso a criteri certi. Per essere concreto e breve, accennerò all'esperienza del Comune di Bologna, dove gli incarichi da assegnare sono stati pubblicati sul sito del comune con invito alle persone interessate a presentare il proprio curriculum. Si trattava di 23 posizioni; sono arrivati circa 500 curricula di vario tipo, molto interessanti, anche da parte di molti giovani.
Questi curricula sono stati esaminati da un gruppo di tre persone particolarmente autorevoli, le quali - si trattava di nomine tutte quante spettanti al sindaco - hanno presentato un proprio report al sindaco, indicando per ciascuna posizione i curricula che parevano più attinenti e più idonei. Su questa base il sindaco ha proceduto alle nomine. Gli indirizzi che erano stati approvati dal Consiglio comunale lasciavano la responsabilità, com'è per legge, al sindaco, che avrebbe potuto discostarsi da queste indicazioni. Nei fatti - ed è tutto pubblicato sul sito del comune di Bologna - è risultato che 21 posizioni su 23 riflettono pienamente le indicazioni di quei saggi.
Credo che sia stata un'esperienza interessante. Il comune di Milano, a quanto mi risulta, sta mettendo in atto un procedimento molto simile. Credo che potrebbe essere un'indicazione anche per il legislatore.
CARLO FEDERICO GROSSO, Professore ordinario di diritto penale presso l'Università di Torino. Io sono un professore di diritto penale, però sono d'accordo con chi ha affermato poco fa che il diritto penale è l'estrema ratio nell'affrontare il tema della corruzione e che in prima battuta bisogna utilizzare gli strumenti amministrativi di controllo, monitoraggio e trasparenza.
Sono stato amministratore locale per tanto tempo, moltissimi anni fa, e poi consigliere regionale. Fin da allora mi sono sempre battuto perché il controllo, la programmazione e la trasparenza diventassero un valore in nome del principio che è stato testé enunciato: non ci deve essere un diritto individuale d'accesso, bensì la pubblicizzazione dei dati, in modo che l'amministrazione sia trasparente, una casa di vetro.
Questo disegno di legge mi sembra che cominci a porre alcuni dati estremamente positivi in questa direzione. Forse - e sono d'accordo con chi mi ha preceduto - è il primo passo e si potrebbe andare ancora più in là, però il mio giudizio è positivo. Ben venga l'Autorità nazionale anticorruzione, anche se la sua istituzione corrisponde a un obbligo di legge. Molto bene anche la trasparenza intesa come pubblicizzazione dei dati, in modo che chiunque possa accedere agli stessi; si tratterà poi evidentemente di verificare come questa pubblicizzazione sarà realizzata. Positivo anche quanto stabilito in alcuni degli articoli successivi, come ad esempio la tutela del funzionario che pubblicizza certe pratiche scorrette.
Bisogna andare in questa direzione. Forse il nostro Paese è un po' in ritardo. Come diceva a ragione chi mi ha preceduto, io ricordo che prima degli anni Novanta c'era la segretezza ed era molto difficile riuscire a convincere le pubbliche amministrazioni a pubblicizzare le informazioni, anche perché probabilmente allora mancavano gli strumenti informatici idonei.
Detto questo, a me sembra che il punto più carente di questo disegno di legge sul terreno non penale riguardi il tema della incandidabilità. Io sarei molto più incisivo sia sul tema dell'incandidabilità sia sul tema della disciplina complessiva delle incompatibilità e ineleggibilità.
Ritengo che anche l'aggancio alla sentenza penale definitiva di condanna potrebbe essere superato in via cautelare. È vero che c'è la presunzione di non colpevolezza, ma se sussiste una sentenza ben motivata di primo grado sul piano della cautela si potrebbe anticipare il momento in cui valutare se consentire o meno a un soggetto privato di adire a cariche pubbliche, in considerazione di ciò che purtroppo molte volte è accaduto.
Dato che sono un penalista, vorrei soffermarmi specificamente su quello che io stesso ritengo essere forse il terreno meno interessante, ma comunque importante, dell' intervento penale. A me sembra che su questo piano si individuino le carenze maggiori del disegno di legge. È stato giustamente sollevato il dubbio che elevare le sanzioni non serva. Anch'io sono dell'idea che le sanzioni penali non debbono necessariamente essere elevate, c'è però un punto da considerare. Il punto fondamentale è che bisognerebbe mantenere o portare a livelli adeguati soprattutto i minimi sanzionatori per evitare quel fenomeno di ampia impunità che è stato denunciato precedentemente.
Direi che le norme penali di questo disegno di legge vengono effettivamente incontro a questa esigenza poiché aumentano le sanzioni penali prestando molta attenzione a incrementare gli attuali limiti minimi. Mi sembra però che l'aumento delle sanzioni penali e dei limiti minimi non sia il discorso fondamentale. Credo che bisognerebbe cominciare davvero a pensare - e mi rimangio qui quanto ho sostenuto per anni - di utilizzare con decisione lo strumento premiale nell'ambito del contrasto alla corruzione sul terreno penale.
Ricordo che ai tempi di Tangentopoli Di Pietro, con l'ausilio di un importante professore di diritto penale, il professor Federico Stella dell'Università Cattolica, aveva elaborato un progetto di legge su cui allora ero stato estremamente critico perché ero sempre stato molto sospettoso nei confronti di un'utilizzazione massiccia del pentimento. Ci possono essere dei motivi per cui pentirsi e un individuo potrebbe collaborare non dicendo il vero. Il pentimento presenta una serie di problemi e mi pareva che in materia di corruzione questi problemi potessero essere rilevanti.
Tuttavia, di fronte all'estensione del fenomeno corruttivo, può darsi che oggi utilizzare questo strumento possa rappresentare una scommessa. Se si concedessero non soltanto diminuzioni di pena ma anche forme di non punibilità a colui che entro certi termini denuncia, collabora, fa emergere fenomeni di corruzione, può darsi che alla fine i conti tutto sommato tornino.
Ammesso che il Parlamento decidesse di imboccare questa strada, che in questo progetto di legge non è stata assolutamente considerata, e la si sperimentasse, se per certi versi gli effetti fossero negativi, si potrebbe sempre tornare indietro. Però sarebbe il caso di provare.
Quando si era sotto l'incalzare del terrorismo, la scommessa sul pentitismo ha portato risultati rapidi e immediati. La collaborazione di giustizia ha prodotto grandi risultati anche in materia di contrasto alla criminalità organizzata, anche se in quel settore, come sappiamo, ci si è trovati di fronte a difficoltà e a dover fare i conti con una serie di collaborazioni inquietanti. La magistratura ha comunque cercato di gestire questi fenomeni. Io credo che oggi come oggi, di fronte al dilagare del fenomeno, la scommessa debba essere accettata. Questa problematica dovrebbe quindi essere introdotta nel provvedimento, tentando di trovare una sua disciplina.
Forse bisognerebbe avere il coraggio di introdurre anche nuove fattispecie di reato, così da evitare e contrastare forme di corruzione indiretta. Ho osservato che in altre proposte di legge presentati da alcune forze politiche, ma non nel disegno di legge approvato dal Senato, si prevede di introdurre il reato di traffico di influenze. In effetti col traffico di influenze si potrebbero contrastare efficacemente fenomeni triangolari e trasversali di accordi corruttivi che sfuggono all'attuale disciplina. Credo che colpire tutto ciò che sfugge all'attuale disciplina sia in questo momento storico assolutamente importante.
Allo stesso modo si potrebbe pensare di estendere le incriminazioni per corruzione all'attività privata. Questa è una richiesta che molti penalisti fanno da anni. La corruzione nella gestione di impresa è un fenomeno molto pesante anche dal punto di vista economico. Anche questo aspetto, secondo me, dovrebbe essere affrontato con decisione.
Ci sono poi alcuni dettagli tecnici su cui sono un po' perplesso, come per esempio la semplificazione. Abolire la concussione, creare un delitto di estorsione più grave se vi è violenza e ricondurre tutto alla corruzione se c'è mera induzione potrebbe essere una soluzione pratica, che eviterebbe una serie di situazioni difficili nel momento dell'accertamento processuale. Tutto sommato anche qui si potrebbe sperimentare.
Una volta si era addirittura provato a estendere la concussione, allargando il reato più grave alla cosiddetta concussione ambientale. Quella sarebbe una linea del tutto opposta perché si amplierebbe la corruzione. Sarebbe una buona cosa soprattutto se questa iniziativa fosse correlata all'introduzione del riconoscimento a chi collabora con la giustizia in modo da far emergere il fenomeno corruttivo.
C'è un ultimo punto che mi sembra importante. I tempi della giustizia sono quelli che sono. L'attuale limite prescrizionale della corruzione è estremamente risicato. Molto sovente i reati di corruzione vanno in prescrizione. Sette anni e mezzo sono obiettivamente pochi per certi fenomeni corruttivi, così come sette anni e mezzo sono quisquilie per certi reati economici. Secondo me, un'attenzione all'allungamento dei tempi della prescrizione con riferimento a questo tipo di reati sarebbe assolutamente importante.
Il diritto penale interviene sempre nel momento repressivo. È meno importante, ma il diritto penale come prevenzione agisce nella misura in cui «fa paura». Oggi ho l'impressione che le norme sui delitti contro la pubblica amministrazione siano deboli; dato lo sfaldamento dei nostri processi penali, l'allungamento dei tempi, ciò che comunque può capitare e il fatto che in ogni caso la galera rimane qualcosa di molto lontano, bisognerebbe cercare di ricostituire questa prevenzione generale. Allungare la prescrizione potrebbe essere un modo, come pure elevare i minimi edittali.
Concludo con due considerazioni. Ci sono alcuni reati di contorno che andrebbero valorizzati, ad esempio la falsa fatturazione perché si crea il «nero» che è la premessa della corruzione. Il falso in bilancio è un nervo scoperto. L'attuale disciplina del falso in bilancio è ridicola. Nessuno viene più condannato per falso in bilancio. Questa potrebbe essere un'occasione, perché si tratta di un reato attraverso il quale si creano possibilità per fenomeni corruttivi. Anche inquadrare questi problemi in un eventuale intervento coordinato di materie di tipo penale per la lotta alla corruzione mi sembra importante.
Vorrei terminare con una provocazione, forse un'eresia. Ricordo che tanti anni fa esisteva un reato che è stato molto criticato, tanto che il Parlamento l'ha abrogato. Mi riferisco al diritto di interesse privato in atti d'ufficio. Si diceva che fosse un reato elastico, un reato pericoloso per i pubblici amministratori. Sono stato un pubblico amministratore per dieci anni e l'interesse privato in atti d'ufficio mi terrorizzava.
Questo reato prevedeva una sanzione abbastanza elevata e consentiva le intercettazioni. La magistratura penale molte volte contestava l'interesse privato, il che era facile a farsi, e iniziava a indagare nella ricerca della corruzione.
Non suggerisco di tornare a un sistema del genere, che in astratto è barbaro, ma di trovare meccanismi per far riemergere la questione. L'interesse privato è stato abrogato ed è stato sostituito dall'abuso di atto d'ufficio. Dopodiché il Parlamento con voto unanime ha praticamente abrogato tale reato. Oggi più nessuno è condannato per abuso di atto d'ufficio; occorrono il dolo intenzionale e la violazione di legge.
Forse si potrebbe ripensare la questione, tornando indietro. Mi rendo conto che pronuncio un'eresia perché magari ci si trova su un terreno garantistico, ma, nel momento in cui il fenomeno corruttela diventa così inquinante per la vita pubblica, abbandonare alcuni livelli, alcune tacche di garanzia per rendere più incisiva la prevenzione, con la paura, potrebbe anche essere utile.
Quest'ultima è una mera provocazione, mentre le altre considerazioni che ho svolto non intendono esserlo.
PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
GUIDO MELIS. Nel ringraziare gli auditi, volevo porre una domanda che pesca un po' fuori dal disegno di legge.
In particolare, nella proposta di legge Giovanelli ed altri ci sono tre temi che volevo sollevare e che non sono stati toccati, anche se uno è stato sfiorato dal professor Mattarella. Mi riferisco allo spoil system. Vorrei sapere se voi ritenete che in materia di spoil system la revisione di questo sistema di governo della dirigenza, in particolare amministrativa, non dovrebbe essere affrontato più di petto dentro un provvedimento contro la corruzione.
Il secondo tema, che ha molto a che fare con lo spoil system e che noi affrontiamo nella proposta di legge Giovanelli, riguarda i capi di gabinetto. Uno dei fenomeni è dato dalle carriere che si formano per i cosiddetti gabinettisti, per cui ci sono magistrati, prevalentemente del Consiglio di Stato, ma anche di altre magistrature, che passano da un incarico all'altro, rimanendo estranei ai propri mondi di appartenenza, ma al tempo stesso costituendo un legame con quei mondi e rappresentando un tramite tra politica e attività che dovrebbero essere terze, funzioni giurisdizionali che dovrebbero essere terze. Nella nostra proposta di legge prevediamo un limite alla possibilità di essere capi di gabinetto o di stare nei gabinetti per la magistratura amministrativa e ordinaria. Mi piacerebbe sentire se qualcuno di loro può rispondere a questa sollecitazione.
Il terzo tema è rappresentato dagli arbitrati, un altro grande fenomeno nel quale, secondo me, alligna, se non altro, la possibilità della corruzione. Anche in tale ambito non sarebbe il caso di introdurre paletti molto seri, soprattutto per chi sta nelle magistrature? Grazie.
PIERLUIGI MANTINI. La mia domanda è se si ritiene utile l'istituzione di codici etici nella pubblica amministrazione, fermi restando tutti i limiti che essi presentano anche nella tradizione statunitense? Si tratta di uno strumento che non è stato molto usato nella nostra pubblica amministrazione e a cui collegare anche un potere disciplinare.
Che cosa pensate poi delle white list? Questo meccanismo, che è molto praticato in punti vivi dell'esperienza recente - non a caso sono state citate la ricostruzione in Abruzzo, Expo e l'emergenza carceraria - rischia di essere ritenuto una soluzione efficace, tanto che l'articolo 5, come ci informa l'ANCE, andrebbe rafforzato e che le white list dovrebbero essere obbligatorie.
Io nutro un dubbio, però, nel senso che mi spaventa la parola white. Noi abbiamo di fatto una certificazione antimafia rafforzata, alcuni controlli in più, rischi di lesione del principio di concorrenza, perché non ci si può rivolgere al mercato secondo le regole europee di trasparenza e di gare, ma solo a coloro che sono iscritti nell'elenco, ma non è garantito da alcuna parte che chi è iscritto in quell'elenco sia veramente white. Anche oggi c'è una difficoltà a contrattare per chi avesse carichi pendenti o situazioni non trasparenti. Si rischia con questo strumento di santificare una sorta di lista chiusa, un rimedio che in effetti tale non è e, nonostante questo strumento sia piuttosto di moda, le mie perplessità restano e volevo conoscere il vostro parere.
La considerazione finale è che voi - mi riferisco soprattutto ai professori e ai colleghi di diritto amministrativo per la loro formazione - parlate di un'amministrazione che è figlia della legge n. 241 del 1990, della separazione tra politica e gestione, in cui lo spoil system è un po' eccezionale, in cui l'accesso agli atti diventa un diritto civico e non a caso, come giustamente propone il professor Vandelli.
È tutto molto giusto, però quella pubblica amministrazione è molto a rischio, e lo sappiamo, per politiche di segno diverso, spoil system compreso, ma non solo per politiche di una parte di Governo. È molto a rischio nella nostra società, tanto che i fenomeni corruttivi si annidano nei meccanismi discrezionali delle pubbliche amministrazioni.
Ritorno sul tema di maggiori misure e severità sulle gare che non si bandiscono e che vengono occultate, nonché sul principio di concorrenza sulle grandi scelte. La riqualificazione delle grandi aree non può dipendere dalla rendita di posizione; dovrebbero esserci meccanismi che prevedano sempre una richiesta minima pubblica, un progetto di fattibilità pubblico, e poi meccanismi di gara e di confronto concorrenziale.
È il caso di Sesto, per capirci, ma tutta l'Italia è attraversata da misure di riqualificazione di aree dismesse. Quelle scelte non possono rimanere criptiche, mentre magari cerchiamo di incutere il regime di terrore, reintroducendo l'interesse privato in atto d'ufficio o il mercimonio della funzione, che esiste in altri Paesi. Per carità, si potrebbe fare.
Mi rivolgo al professor Grosso: il caso Verdini, la richiesta di autorizzazione delle intercettazioni, su cui io ho votato sì, riguarda un'imputazione di tentato abuso d'ufficio. Mi pare che il professor Grosso abbia fatto un sorriso, ma è la storia della nostra Repubblica, la nostra storia. Cerchiamo di misurare il vecchio problema del dito e della luna: non vorrei che si creasse una sorta di Stato di terrore, dimenticandoci, invece, i pochi ambiti su cui si potrebbe incidere.
ROBERTO ZACCARIA. I ringraziamenti sono di rito, ma sono sentiti, perché i vostri contributi ci hanno segnalato problemi importanti. Sono emerse diverse questioni. Io non sono un penalista, ma parto da questo discorso, che è stato introdotto dal professor Mattarella e poi sviluppato dal professor Grosso.
Ieri abbiamo sentito il professor Palazzo, il quale si era esercitato per cercare di portare una razionalità in questa materia. Il problema è che esso non si risolve con le norme penali e che comunque le norme penali che ci sono, se le analizziamo, per un motivo o per l'altro, non riescono bene a essere applicate. Il professor Grosso oggi ha parlato della prescrizione, di alcune fattispecie di reato, non solo dell'interesse privato ma anche dell'abuso d'ufficio. Proprio sull'abuso ufficio ieri il professor Palazzo ci riferiva che alcune fattispecie penali, se potessero avere maggiore incisività, potrebbero essere uno strumento finale per reprimere alcuni comportamenti, mentre in realtà sono norme scritte sulla sabbia, sono poco utilizzabili. Capisco il problema di non inasprire le pene, ma se poi, per alcuni motivi, tutto il sistema penale specifico non riesce bene a essere attivato, anche quello si pone come elemento di preoccupazione.
Peraltro, il professor Palazzo ha fatto anche un riferimento alla Costituzione, parlando dell'articolo 54 sulla disciplina e l'onore, concetti che non possono restare soltanto come ammonimenti morali, ma che devono avere una strumentazione che li renda effettivi. Con riferimento agli strumenti premiali si era parlato della possibilità di costruire una circostanza attenuante di carattere generale che potesse lavorare anche in queste situazioni.
Un'altra questione che apprezzo riguarda i conflitti di interesse che coinvolgono i politici. Sfondiamo una porta aperta per alcuni di noi, nel momento in cui manca la norma madre. Nella scorsa legislatura la Commissione affari costituzionali aveva costruito, qualcuno può sostenere tardivamente, un sistema di conflitti di interesse molto ampio e significativo, che poi avrebbe portato ad affrontare e a rivisitare le norme su ineleggibilità, incompatibilità e incandidabilità. Abbiamo materiale vecchio, ma anche questa è una notazione importante.
Anche in relazione agli strumenti che vengono adombrati, come la CiVIT, noi siamo pieni di autorità indipendenti; in I Commissione stiamo svolgendo anche un'indagine conoscitiva per cercare di capire se si debba porre un po' di ordine in questa materia, perché non c'è provvedimento legislativo che non veda in queste Autorità la salvezza generale. Non ci si pone il problema neanche dell'indipendenza effettiva. Siamo di nuovo messi male, se affidiamo tutto a organismi che poi non godono dell'indipendenza necessaria.
Oggi è stato audito anche il presidente della Corte dei conti. Anche la Corte dei conti riveste certamente un ruolo importante, però a volte un problema di indipendenza si pone anche al suo interno, non è una questione secondaria.
Il professor Vandelli sostiene che va bene che il provvedimento sia considerato il primo passo e che ci possiamo anche ragionare. Il problema è, però, che, se il primo passo non va nella direzione giusta, ma è un po' ondeggiante, è come quando si deve prendere un bivio. All'inizio due strade di un bivio sono vicine, però, se si cammina su una strada che può essere insufficiente, anche il primo passo potrebbe andare in una direzione sbagliata.
DONATELLA FERRANTI. Vorrei porre alcune domande solo al professor Grosso, anche perché altri argomenti sono stati trattati dai colleghi che mi hanno preceduto, ringraziando comunque tutti per essere venuti e per averci dato spunti interessanti di riflessione.
Come premessa credo di aver compreso da tutti gli interventi come sicuramente, anche se alcuni in parte affermano che si va nella direzione giusta, questo provvedimento, se non adeguatamente rimpinguato, modificato e rettificato, sia forse un'occasione mancata. Se non viene perfezionato con una convergenza di emendamenti che verranno discussi e, ci auguriamo, accettati anche dalla maggioranza, si rimane in un inizio di azione che può essere molto poco efficace.
Professor Grosso, lei ha avuto la possibilità, insieme alle altre, di valutare anche la nostra proposta, la C. 3850, che si pone nell'ottica penalistica, ossia di quella parte che manca al disegno governativo e che, secondo noi, anche se sicuramente non è la prima parte di azione di uno Stato, è comunque una parte essenziale.
Nel ringraziarla degli spunti di riflessione che ci ha offerto, volevo sapere con maggiore precisione se lei ritiene utile o no dal punto vista sistematico superare la distinzione, cui ha accennato, attualmente esistente tra corruzione in atto di ufficio o per attività contrarie all'ufficio e quella tra corruzione e concussione? Ieri sotto questo profilo il professor Palazzo ci ha rappresentato una «pericolosità» di lasciare troppo poi alla discrezionalità del giudice nell'accertamento, in una macroconfigurazione della corruzione che assorba le figure che esistono attualmente e che noi abbiamo sintetizzato nel nuovo articolo 319 del codice penale, l'articolo 1 della nostra proposta. C'era una perplessità ieri da parte del professor Palazzo, anche se riconosceva che ciò avrebbe consentito, sotto il profilo proprio delle indagini, di avere un'agilità o comunque una maggior speditezza proprio nelle fasi di accertamento.
Volevo poi avere una sua opinione su quella che noi abbiamo configurato come riparazione pecuniaria, cioè sull'imporre comunque un rientro di somme pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto a prescindere dal risarcimento dei danni che possa essere incamerato dall'amministrazione lesa nel suo prestigio.
Quali potrebbero essere a suo avviso le misure per rendere più efficace la deterrenza delle forme di corruzione, con riferimento non soltanto all'applicazione della pena e, quindi, al limite di pena edittale aumentato nel minimo o nel massimo, ma anche alle misure interdittive e alle misure cautelari reali? Lei ha accennato alla forma del pentitismo e all'introdurre meccanismi, come è avvenuto per il terrorismo ed esiste per la mafia. Noi nella nostra proposta ci siamo limitati a prevedere una circostanza del genere speciale e attenuante che riduce di molto la pena per chi dà concreti aiuti alla raccolta di elementi decisivi. Ovviamente è diversa la forma del prevedere un'ipotesi di non punibilità, che crea molti problemi in questo ambito, gli stessi che ci sono sicuramente con riguardo al terrorismo e alla mafia. In quest'ambito francamente ci destano alcune perplessità in più.
Aggiungo un'ulteriore domanda, che potrebbe essere rivolta anche agli altri professori, nel caso in cui lo ritenessero opportuno. Mi colpisce nel disegno governativo la parte in cui si cerca di dare protezione a colui che all'interno dell'amministrazione si fa coraggio e denuncia il fenomeno. Mi sembra - ma vorrei un suggerimento in più - che, sebbene nel disegno governativo sia prevista una protezione, questa sia un po' generica e non efficace e vorrei capire se ci possono essere strumenti più idonei per far sì che ci sia una sollecitazione concreta al rispetto delle regole e un'effettiva situazione di protezione per il dipendente. Grazie.
PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.
CARLO FEDERICO GROSSO, Professore ordinario di diritto penale presso l'Università di Torino. Ringrazio l'onorevole Ferranti per le sue domande. Effettivamente ero stato generico su questi aspetti perché non avevo capito che avrei potuto anche affrontare il tema relativo alle proposte di legge che sono abbinati al disegno di legge approvato dal Senato.
Svolgo una premessa in riferimento al dominio del terrore. Forse il diritto penale è il dominio del terrore e la sostanza è la sua assenza, soprattutto con riferimento ai reati di una data gravità. In questa prospettiva io pensavo a un incremento dei minimi edittali, perché l'azione penale diventasse, dato che la corruzione è un fenomeno, a mio avviso, molto grave, uno strumento penale con valore incisivo.
Io sono, in linea di principio, favorevole alla sostituzione delle pene detentive con pene alternative, salvo per i fenomeni che si ritengono di primaria importanza sul terreno criminale, in quanto aggrediscono beni fondamentali. Ho l'impressione che la corruzione appartenga a questo ambito.
Quanto all'interesse privato, lanciavo una provocazione, evidentemente per attirare l'attenzione sul fenomeno. È stato ricordato dall'onorevole Zaccaria che ieri il mio collega professor Palazzo aveva giustamente indicato la mancanza ormai di una norma di chiusura, come c'era una volta. Una volta esisteva l'interesse privato in atti d'ufficio e addirittura l'abuso innominato. Pur con tanti disguidi e con tante difficoltà per gli amministratori, funzionavano come valvola di sicurezza per tutto ciò che non rientrava nei fenomeni più gravi, ma oggi tutto ciò non c'è più, queste fattispecie sono state abrogate nella sostanza e c'è un vuoto. Bisogna verificare come colmare questo vuoto senza dare troppo spazio alla discrezionalità giudiziale a danno degli amministratori. Forse è un problema irrisolvibile, però vale la pena di ripensarci.
Passo alle domande puntuali. Sui punti specifici del vostro progetto, onorevole Ferranti, come ho affermato, io sono assolutamente favorevole all'abrogazione della concussione e alla dicotomia del fenomeno in estorsione qualificata dalla qualità di pubblico ufficiale e assolvimento della concussione per induzione nella corruzione. È una semplificazione molto rilevante.
Anch'io nutro notevoli perplessità sulla creazione di una fattispecie unica di corruzione che coinvolga sia la corruzione in atti d'ufficio, sia quella con riferimento ad atti contrari ad atti d'ufficio, sia l'eventuale corruzione con riferimento alla funzione esercitata, la nuova fattispecie amplificata che si tende a introdurre anche sul piano della codificazione, oltre che su quello giurisprudenziale. Ho paura che si deleghi alla magistratura una scelta eccessiva sulla selezione della pena. Preferirei la tipizzazione con pene più definite e con la magistratura più vincolata alle scelte del Parlamento, perché tutte le volte che il Parlamento abdica a favore della magistratura nelle scelte politiche il fenomeno mi preoccupa, perché si intorbidiscono i rapporti fra poteri dello Stato. Su questo punto avrei alcune perplessità.
Per quanto concerne la norma sulla riparazione pecuniaria sono d'accordo, mi sembrerebbe un incentivo molto forte, un'ulteriore modalità di contrasto.
Per quanto riguarda l'aspetto della premialità, tutto sommato, se si imbocca questa strada, io sarei ancora più coraggioso e arriverei, selezionando e studiando i casi, anche a riconoscere forme di non punibilità e non soltanto forme di circostanze attenuanti generali, seguendo il modello che il Parlamento ha già adottato a partire dalla normativa sul terrorismo, quando si è affrontato il problema con riferimento a quel fenomeno, vedendo che cosa capita quando il modello dovesse essere sperimentato.
Per quanto riguarda le sanzioni ulteriori rispetto a quella detentiva, sono favorevole. Si introducono ulteriori elementi di terrorismo, ma ho l'impressione che «a mali estremi, estremi rimedi». Forse è un giudizio falsato da pregiudizi, però imboccherei la strada con attenzione. Voi siete più bravi di me e avete un'esperienza molto più specifica per valutare come operare in questo settore, però l'idea tutto sommato la condivido, come sanzione non sostitutiva, ma aggiuntiva, data la gravità del fenomeno nel momento in cui lo si vuole combattere anche sul piano della prevenzione.
Sulla protezione del funzionario, non credo che sia un problema. Oggettivamente i funzionari possono essere intimiditi e avere paura. È possibile che questa normativa sia effettivamente inadeguata sul piano della tutela, però non abbandonerei il principio. Cercherei, invece, di rafforzare la tutela sul piano dell'incisività.
Come ultima battuta, prima si faceva cenno al fenomeno dell'arbitrato. È un discorso particolare. Ricordo che quando sono stato vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura abbiamo affrontato di petto il problema con riferimento alla magistratura ordinaria e abbiamo vietato che i magistrati ordinari facessero arbitrati. Allora erano ammessi a fare gli arbitrati i componenti della Corte di appello di Roma, un'assoluta stravaganza per la magistratura ordinaria, che noi abbiamo vietato. Auspicavamo che fosse vietata anche per i consiglieri di Stato, perché si tratta di una forma di corruzione implicita. È evidente, è una follia che i magistrati siano distolti dal loro lavoro per svolgere un'attività di giustizia privata lautamente pagata.
È un aspetto molto particolare, ma ha attirato la mia attenzione, perché tanti anni fa ci avevo ragionato a lungo e contiene tanti aspetti specifici su cui occorre ragionare. Io credo che il divieto sia assolutamente essenziale.
FRANCESCO MERLONI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università di Perugia. Svolgo un flash sulla questione, su cui non sono stato direttamente interpellato, delle misure premiali e sul tema dell'interdizione. Il tema dell'interdizione va visto anche sotto il profilo dell'affidamento dell'imparzialità del funzionario.
Quando il funzionario ha dichiarato di aver commesso una corruzione, pur con tutta la premialità che si vuole, non può rientrare nella pubblica amministrazione, non può essere più funzionario. Su questo punto l'interdizione va mantenuta come pena autonoma, commisurata alla gravità soprattutto dell'attacco che tale funzionario fa all'apparire imparziale. Questo mi sembra fondamentale.
CARLO FEDERICO GROSSO, Professore ordinario di diritto penale presso l'Università di Torino. Scusi se la interrompo. Una volta la sospensione condizionale della pena non si estendeva alla pena accessoria.
FRANCESCO MERLONI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università di Perugia. Esattamente. Sotto il profilo della garanzia dell'imparzialità non solo nell'essere, ma nell'apparire imparziale la premialità deve essere comunque disgiunta dall'interdizione, che deve invece essere proporzionata alla gravità del comportamento e quindi all'incidenza dell'imparzialità sul mancato affidamento.
Sul tema dello spoil system mi limito a dire che di per sé non è corruzione. Il problema è come limitarlo e delimitarlo preventivamente. La Corte costituzionale già ci dice molte cose abbastanza precise, e forse una legge dovrebbe adottare in via definitiva il criterio per cui, come affermava il professor Vandelli, chi è chiamato ad assumere provvedimenti amministrativi non può essere soggetto a spoil system. Esso ha uno spazio nelle pubbliche amministrazioni, ma deve essere predeterminato dalla legge. I provvedimenti organizzativi di un ministero, ad esempio, dovrebbero quindi stabilire quali siano gli spazi di spoil system.
Detto questo, coloro che saranno nominati sulla base di un criterio fiduciario - che è giusto che ci sia seppure entro certi limiti - saranno scelti da un lato con criteri basati sulla fiduciarietà (di un direttore generale o di dipartimento o del segretario generale di un ministero ci si deve poter fidare), ma dall'altro con criteri di professionalità che permettano di delimitare le scelte. In procedimenti come quelli adottati dal Comune di Bologna la fiduciarietà è fatta precedere da forme selettive basate su requisiti di tipo professionale e di competenza.
Mi sembra, per esempio, che la legge potrebbe introdurre questo come principio generale valido per tutte le pubbliche amministrazioni.
BERNARDO GIORGIO MATTARELLA, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università di Siena. Rispondo molto rapidamente alle domande dell'onorevole Melis, con cui concordo su tutto. Per quanto riguarda lo spoil system, sono assolutamente d'accordo anche con quanto diceva il professor Merloni e aggiungerei che non si tratta solo di «fare pulizia» tra le norme di spoil system, come la Corte costituzionale ha cominciato a fare, ma forse un buon passo sarebbe eliminare del tutto le norme che consentono incarichi dirigenziali a soggetti esterni. Bisogna prendere atto che non hanno funzionato bene.
Concordo sulla disciplina dei capi di gabinetto; sarei contrario invece a vietare del tutto ai magistrati amministrativi di assumere cariche negli uffici di staff, ma sono favorevole a limitarle. Sono anche d'accordo sugli arbitrati di cui ha parlato il professor Grosso.
Rispetto alle domande poste dall'onorevole Mantini, convengo sull'utilità di ampliare il ricorso a codici etici, ma si tratta di una materia nella quale le amministrazioni pubbliche hanno bisogno di essere stimolate. Lo fanno se devono. Una dimostrazione è data dai codici etici delle università: fino a pochi mesi fa ne erano stati adottati due o tre, adesso che sono obbligatori per legge tutte le università stanno provvedendo, a volte con risultati interessanti. Una norma forse servirebbe.
Sulla questione della white list non sono un esperto, ma condivido le preoccupazioni dell'onorevole Mantini. Mi rendo conto che sono provvedimenti necessari, ma sono anche estremamente discrezionali e di fatto non sindacati dai giudici. Anche qui una disciplina legislativa analitica potrebbe essere d'ausilio.
Per quanto riguarda le domande dell'onorevole Zaccaria, risponderei solo sulla questione della CiVIT e delle autorità indipendenti. Io non sono convinto che sia proprio necessaria un'autorità indipendente in materia di corruzione. Credo che le norme internazionali che ce lo impongono siano fatte su misura per ordinamenti che non hanno una magistratura indipendente come l'abbiamo noi. Però un'autorità indipendente dobbiamo crearla e soprattutto nella prospettiva della disciplina del conflitto di interessi forse è utile. Le discipline del conflitto di interessi che funzionano bene, come quelle americane e canadesi, sono infatti quelle in cui esiste un soggetto autorevole e indipendente dal potere politico che individua la soluzione del conflitto.
Infine, per quanto riguarda la norma sui whistleblower, coloro che denunciano, sono d'accordo sul fatto che potrebbe essere arricchita stabilendo non soltanto che denunciare la corruzione non è una colpa, ma che è addirittura un merito. Visto che, per esempio, abbiamo messo in piedi un sistema di valutazione dei dipendenti pubblici, perché non tenere conto di queste condotte ai fini dell'inserimento nella fascia più alta?
LUCIANO VANDELLI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università di Bologna. Sono già stati trattati vari punti. Seguendo la Corte costituzionale, credo che una disciplina complessiva generale dello spoil system che si applichi a tutte le pubbliche amministrazioni dovrebbe prevedere una delimitazione ai massimi livelli e soltanto nei casi previsti dalla legge, requisiti precisi e predeterminati, non stabiliti nel momento in cui il titolare del potere di nomina esercita il potere, limiti rigorosi ai contratti esterni, perché molto spesso allo spoil system si mescola il fenomeno dell'attribuzione di incarico a dirigenti interni rispetto a persone arruolate appositamente al di fuori della pubblica amministrazione e da ultimo poteri e funzioni da attribuire ai funzionari soggetti a spoil system distinguendo nettamente i ruoli.
In materia di arbitrati, credo che nel nostro ordinamento ci sia un punto dolente. In sostanza si riconosce di avere una giustizia che non soddisfa la domanda al punto tale da dover anche mettere a disposizione propri dipendenti e propri magistrati per formare e favorire una via alternativa più rapida ed efficiente. Temo che un fenomeno di questo genere non sia rimediabile in un breve periodo. Ritengo quanto meno importante che, laddove ci sia la presenza di un funzionario pubblico e in particolare di un magistrato, questo non sia mai su richiesta di parti private e nemmeno di parti pubbliche, ma sia designato dagli organi di autogoverno o comunque all'esterno del collegio.
PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 12,15.
COMMISSIONI RIUNITE
I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
e II (Giustizia)
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Resoconto di giovedì 15 settembre 2011
SEDE REFERENTE
Giovedì 15 settembre 2011. - Presidenza del presidente della I Commissione Donato BRUNO.
La seduta comincia alle 13.50.
Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.
C. 4434 Governo, approvato dal Senato, C. 3380 Di Pietro, C. 3850 Ferranti, C. 4382 Giovanelli, C. 4501 Torrisi e C. 4516 Garavini.
(Seguito dell'esame e rinvio - Adozione del testo base).
Le Commissioni proseguono l'esame dei provvedimenti, rinviato il 28 luglio 2011.
Donato BRUNO, presidente, ricorda che l'esame del provvedimento è iniziato il 7 luglio scorso e che, dopo la conclusione della discussione di carattere generale, è stata svolta, nelle giornate di martedì e mercoledì scorsi, un'indagine conoscitiva di approfondimento. Ricorda, quindi, che, secondo quanto convenuto nell'ambito dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, le commissioni devono procedere oggi all'adozione del testo base. Ricorda, infine, che, in base al calendario dei lavori dell'Assemblea, l'inizio della discussione del provvedimento in Aula avrà luogo lunedì 26 settembre.
Angela NAPOLI (FLpTP), relatore per la II Commissione, esprime perplessità sul testo del disegno di legge C. 4434, come modificato dal Senato, ritenendone preferibile l'originaria formulazione. Rileva inoltre come al citato disegno di legge siano state abbinate numerose proposte di legge che contengono indicazioni e soluzioni interessanti. Prende atto, tuttavia, di come l'inserimento del provvedimento nel calendario dell'Assemblea a partire dal 26 settembre prossimo determini una ristrettezza di tempi che non consente di percorrere la via preferibile che, a suo giudizio, sarebbe la costituzione di un comitato ristretto per l'elaborazione di un testo unificato. Pertanto, sia pure con le dette perplessità, propone di adottare come testo base il disegno di legge C. 4434 Governo, approvato dal Senato. Jole SANTELLI (PdL), relatore per la I Commissione, si associa alla proposta di adottare come testo base il disegno di legge C. 4434 Governo, approvato dal Senato.
Mario TASSONE (UdCpTP) osserva che, dal momento che il testo trasmesso dal Senato è giudicato insufficiente dalle stesse relatrici, queste avrebbero dovuto, a suo avviso, proporre l'adozione, come testo base, di un testo unificato delle proposte in esame o comunque di un nuovo testo.
Donato BRUNO, presidente, ricorda che l'adozione del testo base non preclude l'elaborazione di un nuovo testo da parte delle Commissioni in sede referente; anzi, essa è il presupposto per l'avvio della fase emendativa, con la quale un nuovo testo viene elaborato. Una volta adottato il testo base, quindi, ciascuno, comprese le relatrici, potrà proporre le modifiche che ritiene necessarie.
Donatella FERRANTI (PD) ritiene che le perplessità manifestate dalle relatrici sul disegno di legge C. 4434 avrebbero dovuto comunque condurre all'elaborazione di un testo unificato. Sottolinea, in particolare, come il testo del citato disegno di legge, ridondante nel titolo, sia in realtà molto superficiale nel contenuto prevedendo, ad esempio, nelle disposizioni di diritto penale sostanziale, solo qualche inasprimento delle pene a carico del corruttore, a fronte di un fenomeno, come quello della corruzione, che nel tempo si è evoluto, assumendo dimensioni intollerabili. Preannuncia quindi il voto contrario del proprio gruppo sulla proposta di adottare quale testo base il disegno di legge C. 4434, approvato dal Senato.
Federico PALOMBA (IdV) dichiara di condividere i rilievi dell'onorevole Tassone ed evidenzia come la proposta di legge C. 3380 Di Pietro sia, a suo giudizio, più completa ed adeguata rispetto a quella che oggi si propone di adottare come testo base. Preannuncia quindi il voto contrario del proprio gruppo sulla proposta di adottare quale testo base il disegno di legge C. 4434, approvato dal Senato.
Angela NAPOLI (FLpTP), relatore per la II Commissione, dopo avere ribadito di non condividere il testo del disegno di legge C. 4434 Governo, approvato dal Senato, e come i tempi a disposizione delle Commissioni non consentano di costituire un comitato ristretto per l'elaborazione di un testo unificato, chiarisce che la proposta di adottare come testo base il citato disegno di legge appare una scelta obbligata. Ricorda peraltro come, una volta adottato il testo base, si apra la fase dell'esame degli emendamenti, preannunciando quindi la presentazione di proposte emendative che saranno volte a migliorare e correggere il testo base medesimo.
Nessun altro chiedendo di intervenire, le Commissioni deliberano di adottare come testo base per il seguito dell'esame il disegno di legge C. 4434.
Donato BRUNO, presidente, ricorda che si era convenuto, nell'ambito degli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, di fissare alle ore 12 di lunedì prossimo, 19 settembre, il termine per la presentazione di emendamenti al testo base. Peraltro, essendo stata richiesta dai rappresentanti di alcuni gruppi una posticipazione di tale termine, propone di differirlo alle ore 16 dello stesso giorno.
Le Commissioni concordano.
Donato BRUNO, presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.10.
COMMISSIONI RIUNITE
I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
e II (Giustizia)
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Resoconto di martedì 20 settembre 2011
Martedì 20 settembre 2011. - Presidenza del presidente della II Commissione Giulia BONGIORNO. - Intervengono il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Andrea Augello.
La seduta comincia alle 11.15.
Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.
C. 4434 Governo, approvato dal Senato, C. 3380 Di Pietro, C. 3850 Ferranti, C. 4382 Giovanelli, C. 4501 Torrisi e C. 4516 Garavini.
(Seguito dell'esame e rinvio).
Le Commissioni proseguono l'esame dei provvedimenti, rinviato il 15 settembre 2011.
Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che sono stati presentati emendamenti e articoli aggiuntivi sul provvedimento in esame (vedi allegato).
Ricorda che il calendario dei lavori dell'Assemblea prevede l'inizio della discussione del provvedimento in Aula per lunedì prossimo, 26 settembre; che, per poter rispettare questo termine, le Commissioni dovranno concludere il proprio esame, conferendo il mandato ai relatori, entro giovedì; e che, a questo fine, occorre che l'esame degli emendamenti e degli articoli aggiuntivi si concluda al più tardi entro la mattina di domani, così da permettere alle Commissioni competenti in sede consultiva di lavorare tra domani e dopodomani.
Quindi, con riferimento all'ammissibilità delle proposte emendative, ricorda, in generale, che, ai sensi dell'articolo 89 del regolamento, la presidenza della Commissione ha la facoltà di negare l'accettazione e lo svolgimento di articoli aggiuntivi ed emendamenti che «siano relativi ad argomenti affatto estranei all'oggetto della discussione».
Alla luce di tale criterio, comunica, d'intesa con il presidente Bruno, che sono da considerarsi inammissibili, in quanto relativi ad argomenti affatto estranei alla discussione, i seguenti articoli aggiuntivi: 7.02 Vincenzo Antonio Fontana, che attribuisce poteri sanzionatori pecuniari alla Corte dei conti in caso di concessione illegittima di benefici per invalidità civile; 7.04 Vincenzo Antonio Fontana, che attribuisce la giurisdizione esclusiva alla Corte dei conti in tema di contenzioso tra Stato ed enti o tra enti in materie di contabilità pubblica; 9.08 Di Pietro, che prevede la costituzione di squadre investigative internazionali comuni, riproponendo il testo della proposta di legge C.1776 Di Pietro, che è all'esame della Commissione giustizia in abbinamento con le proposte di legge C. 4262, approvata dal Senato, e C. 2506 Garavini; 9.011 Ferranti, che prevede l'esclusione dell'applicazione dell'istituto della sospensione condizionale della pena in relazione all'imposta evasa o non versata.
Comunica inoltre che gli articoli aggiuntivi Rao 2.02 e Rao 8.02 sono stati ritirati dal presentatore e che le relatrici hanno presentato l'emendamento 1.50 (vedi allegato).
Dà quindi la parola alle relatrici e al rappresentante del Governo per l'espressione del parere sugli emendamenti presentati.
Angela NAPOLI (FLpTP), relatore per la II Commissione, fatto presente che il termine per la presentazione di emendamenti è scaduto soltanto ieri alle ore 16 e che gli emendamenti sono numerosi, complessi e tutti meritevoli di attenzione in quanto costruttivi, invita la presidenza a valutare l'opportunità di chiedere al Presidente della Camera e alla Conferenza dei Presidenti dei gruppi il rinvio di una settimana dell'inizio della discussione del provvedimento in Assemblea per dar modo alle relatrici di valutarli con il necessario approfondimento.
Jole SANTELLI (PdL) relatore per la I Commissione, considerato che il tempo a disposizione delle Commissioni per esaminare gli emendamenti è oggettivamente troppo limitato, il che finirebbe per imporre il rinvio dei problemi al Comitato dei nove, concorda con la relatrice Angela Napoli sull'opportunità di chiedere un rinvio di una settimana dell'inizio dell'esame del provvedimento in Assemblea, in modo da poter approfondire con la dovuta attenzione le proposte contenute negli emendamenti. Aggiunge che le relatrici sono pronte ad esprimere il parere sugli emendamenti e articoli aggiuntivi riferiti agli articoli 1 e 2 e che, a tal fine, hanno ripartito gli emendamenti tra loro a seconda che essi rechino norme inerenti all'attività della pubblica amministrazione oppure a modifiche al codice penale.
Giulia BONGIORNO, presidente, chiede al rappresentante del Governo quale sia la posizione dell'Esecutivo rispetto alla richiesta formulata dalle relatrici.
Il sottosegretario Andrea AUGELLO, d'intesa col sottosegretario Caliendo, dichiara che il Governo si rimette alla decisione che sarà presa dalle Commissioni ed assicurerà il proprio contributo ai lavori parlamentari nel rispetto dei tempi che saranno stabiliti. Aggiunge che il Governo ha valutato gli emendamenti presentati, compatibilmente col tempo avuto a disposizione fin qui, ed è pronto ad esprimere il parere sugli emendamenti riferiti agli articoli 1 e 2.
Sesa AMICI (PD) sottolinea che gli emendamenti presentati dal suo gruppo tendono al miglioramento del testo base, del quale la stessa relatrice per la II Commissione ha evidenziato l'insufficienza rispetto ai fini perseguiti dal provvedimento. Il suo gruppo è pertanto favorevole al rinvio di una settimana dell'inizio della discussione in Aula, a condizione che il tempo guadagnato sia effettivamente impiegato per la valutazione degli emendamenti presentati e che la richiesta di rinvio non si riduca a una manovra meramente dilatoria.
Pierluigi MANTINI (UdCpTP), premesso che il suo gruppo giudica urgente il provvedimento in esame, che è molto atteso in Italia e sui mercati internazionali, dichiara di comprendere le ragioni delle relatrici, le quali hanno manifestato l'esigenza di disporre di più tempo per l'esame dei numerosi emendamenti presentati, i quali - come da loro riconosciuto - non hanno intento ostruzionistico, ma tendono a migliorare il testo. Il suo gruppo è pertanto favorevole alla richiesta di rinvio di una settimana dell'inizio della discussione in Assemblea.
Manlio CONTENTO (PdL) dichiara che il suo gruppo concorda sull'opportunità di chiedere il rinvio di una settimana dell'inizio della discussione del provvedimento in Assemblea, in quanto gli emendamenti presentati sono effettivamente numerosi e complessi. Considerato peraltro che molti emendamenti presentati prospettano interventi su aspetti dell'attività della pubblica amministrazione non considerati dal testo trasmesso dal Senato, esprime l'avviso che, per evitare di disperdersi tra le numerose proposte, le Commissioni dovrebbero assumere come ambito di intervento quello già stabilito da quel testo, senza ampliare eccessivamente. Nel contempo, ritiene che alcune proposte emendative siano condivisibili: fa presente, ad esempio, che l'articolo 8 reca una disposizione la quale rischia di sovrapporsi ad una analoga norma contenuta nel codice antimafia prossimo all'entrata in vigore e che analoghi problemi di coordinamento sono all'attenzione dei colleghi componenti del Comitato per la legislazione.
In conclusione ritiene che un approfondimento degli emendamenti presentati sia senz'altro utile, ma a condizione di circoscrivere le modifiche entro il perimetro definito dal testo del Senato.
David FAVIA (IdV) dichiara che il suo gruppo è favorevole alla richiesta di rinvio di una settimana dell'inizio della discussione del provvedimento in Assemblea, a condizione che essa serva davvero a un più serio esame degli emendamenti presentati e al miglioramento del testo del Senato, che, ad avviso del suo gruppo, è debole e può essere rafforzato sotto numerosi aspetti, alla luce delle indicazioni provenienti dall'ONU, dalla Corte dei conti e dai soggetti ascoltati nelle audizioni. Sottolinea che si tratta di una legge urgente, anche perché certi problemi della amministrazione pubblica italiana hanno anche un riverbero nocivo sui mercati internazionali.
Nicola MOLTENI (LNP), intervenendo a nome del proprio gruppo, dopo aver sottolineato l'estrema importanza del provvedimento, dichiara di condividere la richiesta formulata dai relatori di un rinvio di una settimana per l'inizio dell'esame in Assemblea. Ritiene che questo tempo aggiuntivo debba essere utilizzato per un'attenta valutazione degli emendamenti, alcuni dei quali contengono importanti indicazioni per migliorare il provvedimento. Deve quindi risultare chiaro che la richiesta di rinvio non abbia alcuno scopo dilatorio. Condivide peraltro anche i rilievi dell'onorevole Contento, ritenendo estremamente importante che si ponga attenzione a coordinare le norme previste dal provvedimento in esame con quelle già vigenti.
Donatella FERRANTI (PD) dichiara di apprezzare la serietà delle relatrici, che evidentemente hanno preso coscienza del fatto che il provvedimento in esame è inidoneo allo scopo. Si associa quindi alla richiesta di rinvio dell'inizio dell'esame in Assemblea, purché vi sia l'impegno ad un confronto costruttivo e, in particolare, a verificare l'apporto costruttivo fornito dagli emendamenti presentati dai gruppi di opposizione, che hanno lo scopo di adeguare il provvedimento anche alle richieste che provengono dall'Europa. Condivide le osservazioni dell'onorevole Contento, sottolineando, con particolare riferimento all'articolo 5, l'esigenza di coordinare la relativa disciplina con quella del codice antimafia che sta per essere varato.
Giulia BONGIORNO, presidente, dopo aver ricordato come la programmazione dei lavori delle Commissioni debba tenere conto della programmazione del lavori dell'Assemblea, prende atto, anche a nome del Presidente della I Commissione, onorevole Donato Bruno, della richiesta di rinvio dell'esame in Assemblea avanzata dalle relatrici e sostanzialmente condivisa dai gruppi presenti in Commissione. Ritiene in ogni caso essenziale che l'eventuale rinvio dell'esame in Assemblea sia funzionale ad un confronto costruttivo e ad un esame più approfondito del provvedimento.
Rilevato che i relatori ed il Governo hanno dichiarato la disponibilità, allo stato, ad esprimere i pareri sugli articoli 1 e 2, chiede se vi siano interventi sul complesso degli emendamenti riferiti a questi due articoli.
Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI), intervenendo sugli articoli 1 e 2, evidenzia alcuni temi che ritiene essenziali per la prevenzione dei fenomeni di corruzione e che costituiscono l'oggetto di alcuni suoi emendamenti.
Sottolinea in primo luogo l'importanza non solo della trasparenza ma anche la leggibilità di ciò che avviene nelle amministrazioni pubbliche, poiché non tutto ciò che è trasparente è anche comprensibile. Suggerisce pertanto che le attività di monitoraggio riguardino anche i costi delle opere e dei servizi, dal momento che vi possono essere procedure apparentemente corrette che tuttavia hanno un esito anomalo. Un controllo che abbia ad oggetto anche i costi unitari può quindi fare emergere queste anomalie.
Ricorda quindi come una delle maggiori cause dei fenomeni corruttivi o, comunque, della devianza dell'esercizio delle funzioni pubbliche sia rappresentata dalla dilatazione dello spoil system. In tale contesto evidenzia come sia forse sfuggito l'impatto estremamente negativo dell'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 138 del 2011, che introduce una forma di spoil system assolutamente generalizzata, totalmente priva di contraddittorio e garanzie, che opererà presumibilmente fino al momento in cui non sarà dichiarata incostituzionale.
Pierluigi MANTINI (UdCpTP) richiama l'attenzione dei relatori sulla ratio dell'articolo 1 e sulla necessità di precisare i compiti e rafforzare i poteri dell'Autorità ivi prevista in relazione a specifiche funzioni. Cita in primo luogo la predisposizione e attuazione di codici etici della pubblica amministrazione. Ritiene inoltre che occorra rafforzare i poteri dell'Autorità anche nell'area del monitoraggio delle più evidenti violazioni della normativa comunitaria in materia di concorrenza ed affidamento di lavori e servizi. L'Autorità dovrebbe inoltre avere il compito di dettare principi e criteri sulla rotazione dei dirigenti pubblici.
Con specifico riferimento all'articolo 2 ritiene che si dovrebbe affermare il principio secondo il quale, decorso il termine per emanare il provvedimento amministrativo, l'istante possa certificare, assumendo tutte le responsabilità del caso, la conformità della propria iniziativa alla legge e procedere. A suo giudizio l'affermazione di questo principio potrebbe prevenire fenomeni di concussione.
David FAVIA (IdV) per quanto riguarda gli articoli 1 e 2 del provvedimento in esame, chiede alle relatrici di valutare con particolare attenzione gli emendamenti presentati dal suo gruppo, che attengono a due questioni di particolare rilievo. Si riferisce, in primo luogo, al fatto che l'Autorità nazionale anticorruzione, da individuare ai sensi della Convenzione ONU del 31 ottobre 2003, deve avere caratteristiche di indipendenza ed essere dotata di poteri autonomi. Non ritiene dunque in linea con la predetta Convenzione individuare nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) la suddetta Autorità.
Rileva come una ulteriore questione riguardi la necessità di far rientrare nell'alveo proprio delle competenze della protezione civile alcuni aspetti che sono andati molto oltre. Ricorda come anche la Corte dei conti abbia sottolineato l'esigenza di una maggiore attenzione per quanto attiene alle ordinanze derogatorie. Il suo gruppo chiede in particolare di rivedere l'assegnazione dei grandi eventi, che non hanno una connessione diretta con la gestione delle situazioni emergenziali di competenza della protezione civile.
Evidenzia dunque l'esigenza di ripensare le funzioni della protezione civile anche alla luce dei recenti fatti di cronaca e delle indagini giudiziarie in corso.
Donatella FERRANTI (PD) chiede se i pareri che esprimeranno le relatrici debbano intendersi come definitivi o interlocutori, alla luce del nuovo calendario dei lavori per l'esame del provvedimento che le Commissioni hanno prospettato.
Giulia BONGIORNO, presidente, fa presente che, come convenuto, nella seduta odierna saranno espressi i pareri delle relatrici e del Governo sugli emendamenti riferiti agli articoli 1 e 2. Nelle successive sedute saranno esaminati i predetti emendamenti.
Jole SANTELLI (PdL), relatore per la I Commissione, rileva preliminarmente che, come anticipato, si concentrerà, nell'espressione dei pareri, sugli emendamenti che riguardano i profili di carattere amministrativo del provvedimento, mentre gli aspetti di carattere penale saranno valutati dalla relatrice per la II Commissione.
Per quanto riguarda l'emendamento Favia 1.8, esprime parere contrario poiché si propone di ripristinare la figura dell'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione che il disegno di legge in esame intende superare. Esprime poi parere contrario sull'emendamento Mantini 1.1 poiché sembra ledere il principio di autodichia delle singole amministrazioni laddove attribuisce alla CIVIT il «potere di predisporre e curare l'adozione e l'attuazione del codice etico delle pubbliche amministrazioni».
Esprime parere favorevole sull'emendamento Lanzillotta 1.5. Raccomanda poi l'approvazione dell'emendamento 1.50 delle relatrici, che consente di esplicitare il modo in cui la CIVIT è chiamata a svolgere il potere ispettivo che il disegno di legge in esame le attribuisce.
Esprime parere contrario sull'emendamento Mantini 1.2, evidenziando come il rischio sotteso al provvedimento in esame sia quello di incidere su una serie troppo ampia di materie. L'emendamento in esame coinvolge le competenze dell'Autorità sui lavori pubblici e rischia di portare alla definizione di un provvedimento monstrum. L'auspicio delle relatrici è invece quello di mantenersi lungo il percorso già delineato con il provvedimento in esame così da evitare confusione e sovrapposizioni.
Esprime parere contrario sull'emendamento Zaccaria 1.9 che rischia di caricare la CIVIT di un eccessivo numero di competenze, snaturando la configurazione di tale organismo. La CIVIT ha già infatti numerose competenze ed ha una dotazione di personale di circa 30 persone. Non appare dunque condivisibile attribuirle anche le funzioni di espressione di pareri, proprie degli altri organismi di consultazione del Governo.
Esprime parere contrario sull'emendamento Mantini 1.3, ritenendo pleonastico prevedere espressamente in una legge l'obbligo di collaborare con l'autorità giudiziaria.
Esprime parere contrario sull'emendamento Ferranti 1.10, ritenendo anomalo prevedere che il presidente sia individuato nel decreto del Presidente della Repubblica secondo la procedura ivi prevista anziché, come di norma avviene, nominato dai componenti stessi della Commissione.
Invita il presentatore dell'emendamento Mantini 1.4 a riformulare il proprio emendamento nel senso di aggiungere al comma 4 dell'articolo 1 la seguente lettera e): «definisce principi e criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione». Tale formulazione consente di evitare che la rotazione diventi un criterio di carattere generale e che attenga invece ai settori particolarmente esposti alla corruzione.
Esprime parere contrario sull'articolo aggiuntivo Mantini 1.01 al fine di evitare, come già evidenziato, un eccessivo ampliamento dell'ambito applicativo del provvedimento.
Esprime parere contrario sull'emendamento Ferranti 2.15. Per quanto riguarda l'emendamento Lanzillotta 2.6, invita la presentatrice a riformularlo come singoli emendamenti poiché attualmente si prevedono ampie e diversificate modifiche a varie parti del provvedimento in esame. In tal modo potranno essere approfonditi distintamente i singoli aspetti e si riserva pertanto di esprimere il proprio parere in un successivo momento.
Invita la presentatrice a ritirare l'emendamento Lo Moro 2.2 per evitare il rischio di sovrapposizioni con la normativa esistente, ferma restando l'opportunità di un approfondimento in seno al Comitato per la legislazione. Esprime parere contrario sull'emendamento Ferranti 2.16; esprime altresì parere contrario sull'emendamento Maiani 2.17 che riguarda più specificamente il codice degli appalti.
Esprime parere contrario sull'emendamento 2.2 della relatrice per la II Commissione ed esprime parere contrario sull'emendamento Ferranti 2.18. Esprime parere contrario sull'emendamento Maiani 2.19, riservandosi comunque di rivedere il proprio parere una volta chiarito dalle proponenti lo spirito effettivo dell'emendamento.
Esprime parere contrario sull'emendamento Mantini 2.4. Invita la presentatrice a ritirare l'emendamento Lo Moro 2.3.
Per quanto riguarda gli identici emendamenti Ferranti 2.20 e Favia 2.7 e gli identici emendamenti Mantini 2.5 e 2.1 della relatrice per la II Commissione, rileva che essi sostanzialmente sono volti a modificare il verbo «possono» con quello «devono». Si tratta di un profilo già esaminato nel corso dell'esame del provvedimento presso il Senato su cui era stato, in un primo momento, espresso parere favorevole ma che era stato poi rivisto alla luce del parere contrario della Commissione bilancio ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione. Alla luce di tali considerazioni esprime parere contrario su tali emendamenti.
Invita la presentatrice dell'emendamento Lo Moro 2.4 a ritirarlo. Esprime parere contrario sull'articolo aggiuntivo Favia 2.03. Per quanto riguarda l'articolo aggiuntivo 2.01 della relatrice per la II Commissione, ritiene vi possano essere delle perplessità sotto il profilo costituzionale nel prevedere che due terzi dei compensi dei magistrati per incarichi autorizzati dal CSM possano essere trattenuti. È comunque favorevole a prevedere disposizioni che evitino l'attribuzione ai magistrati di incarichi extragiudiziari.
Sottolinea come la questione affrontata dall'articolo aggiuntivo Ferranti 2.010 sia di particolare delicatezza. Esprime in ogni modo parere contrario sullo stesso, a prescindere dal merito. Ricorda infatti che lo stesso argomento è affrontato in una risoluzione del collega Giovanelli e in una proposta di legge assegnata alle Commissione I e VIII.
Esprime infine parere contrario sugli articoli aggiuntivi Ferranti 2.011 e 2.012.
Angela NAPOLI (FLpTP), relatore per la II Commissione, per quanto riguarda gli emendamenti che investono maggiormente i profili di carattere penale, propone un accantonamento degli emendamenti 01.1, 01.2 e 01.3 da lei presentati. Rileva infatti che il disegno di legge del Governo, adottato come testo base dalle Commissioni, privilegia una distinzione tra i due aspetti della prevenzione e della repressione. Personalmente, ha ritenuto opportuno proporre emendamenti per premettere alcune disposizioni che attengono alla repressione penale: peraltro, preso atto di quanto emerso, propone di accantonarli così da poter svolgere ulteriori valutazioni ed approfondimenti.
Concorda poi sul parere espresso dalla collega Santelli, relatrice per la I Commissione, ad eccezione del parere espresso sugli emendamenti da lei presentati, di cui raccomanda l'approvazione.
Il sottosegretario Andrea AUGELLO esprime parere conforme a quello della relatrice Santelli. Per quanto riguarda l'emendamento Lanzillotta 2.6, sul quale è stata prospettata la possibilità di una riformulazione, rileva come assumono particolare interesse le disposizioni previste alle lettere da a) a c) che devono tuttavia essere armonizzate con l'articolo 62 del codice dell'amministrazione digitale che stabilisce che tutte le informazioni siano contenute in una banca dati presso l'Autorità, che sono dunque immediatamente acquisibili e comparabili.
Donatella FERRANTI (PD) prende atto che nei pareri espressi emerge un atteggiamento che appare di chiusura rispetto alle proposte emendative di maggior rilievo presentate dai vari gruppi. Ritiene tale atteggiamento incomprensibile rispetto ad un provvedimento che mira proprio all'effettività del principio di trasparenza ed in tale direzione vanno emendamenti quali quelli che riguardano le ordinanze in deroga o la secretazione delle procedure di affidamento dei contratti pubblici. Auspica dunque che vi possano essere ulteriori ed adeguati approfondimenti della questione che riguarda l'applicazione del principio di trasparenza nella pubblica amministrazione.
Giulia BONGIORNO, presidente, fa quindi presente che, come concordato, la seduta delle Commissioni riunite I e II sul provvedimento in esame sarà rinviata alla giornata di domani, alle ore 9, per discutere nel merito degli emendamenti presentati con riferimento agli articoli 1 e 2 ed avviare le votazioni.
Andrea ORLANDO (PD), intervenendo sull'ordine dei lavori, ritiene inaccettabile che la relatrice per la I Commissione abbia espresso, con riferimento all'articolo aggiuntivo Ferranti 2.010, un parere per relationem: motivando cioè il parere contrario con la circostanza che la questione affrontata da un emendamento è all'esame di un'altra Commissione nell'ambito di un provvedimento ad hoc.
Jole SANTELLI (PdL), relatore per la I Commissione, rileva come fornire una motivazione dettagliata dei pareri espressi su ogni singolo emendamento sia un atto di cortesia istituzionale da parte delle relatrici. Avrebbe anche potuto esprimere le proprie valutazioni senza fornire ulteriori specificazioni ed auspica che i colleghi tengano conto dell'atteggiamento dimostrato.
Andrea ORLANDO (PD) ribadisce che, a suo avviso, l'espressione di un parere attraverso il rinvio ad un altro provvedimento non mette le Commissioni nelle condizioni di procedere alla votazione.
Giulia BONGIORNO, presidente, rileva come, sotto il profilo formale, il parere espresso dalla relatrice è chiaro ed è un parere contrario. Rinvia quindi il seguito della discussione alla seduta di domani.
La seduta termina alle 12.30
ALLEGATO
Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. C. 4434 Governo, approvato dal Senato, C. 3380 Di Pietro, C. 3850 Ferranti, C. 4382 Giovanelli, C. 4501 Torrisi e C. 4516 Garavini.
EMENDAMENTI E ARTICOLI AGGIUNTIVI
ART. 1.
Premettere il seguente articolo:
Art. 01.
1. L'articolo 317 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 1. 317. - (Corruzione e concussione). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto o di attività del suo ufficio, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.
La condanna comporta l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici».
01. 1.Il Relatore per la II Commissione.
Premettere il seguente articolo:
Art. 01.
1. L'articolo 318 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 1. 318. - (Pene per il corruttore). - Chiunque indebitamente dà o promette a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio, anche se a seguito di sollecitazione o induzione del medesimo, denaro o altra utilità in relazione al compimento o all'omissione di un atto del suo ufficio o comunque in relazione alla sua qualità, alte sue funzioni o alla sua attività, è punito con la reclusione da tre a otto anni».
01. 2.Il Relatore per la II Commissione.
Premettere il seguente articolo:
Art. 01.
L'articolo 319 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 1. 319. - (Confisca del prezzo o profitto della corruzione o concussione). - Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 317 è sempre ordinata la confisca di una somma pari a quanto ricevuto dal pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio. Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 318 è sempre ordinata la confisca di una somma pari al profitto conseguito dal corruttore in forza dell'atto contrario al dovere di ufficio.
Le somme confiscate ai sensi del presente articolo sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni».
01. 3.Il Relatore per la II Commissione.
Dopo il comma 1, inserire i seguenti:
1-bis. All'articolo 68 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 6, la lettera a) è abrogata;
b) al comma 6-bis, le parole: «lettere a) e b)» sono sostituite dalle seguenti: «lettera b)».
1-ter. L'articolo 6 della legge 3 agosto 2009, n. 116, è sostituito dal seguente:
«Art. 6. - (Autorità nazionale anti-corruzione). - 1. È designato quale autorità nazionale, ai sensi dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, l'Alto Commissario per la prevenzione e il contratto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione e nel settore privato.
1-quater. Al soggetto di cui al comma 1 sono assicurate autonomia e indipendenza nell'attività».
1-quinquies. L'Alto Commissario istituito ai sensi dell'articolo 1 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, assume la denominazione di «Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione e nel settore privato».
Conseguentemente, al comma 2 e ovunque compaiano nel testo, sostituire le parole: Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche o la Commissione, rispettivamente, con le seguenti: l'Alto Commissario per la prevenzione ed il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione e nel settore privato e l'Alto Commissario».
1. 8. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba.
Al comma 2, lettera b), aggiungere, in fine, le seguenti parole: e predispone e cura l'adozione e l'attuazione del codice etico delle pubbliche amministrazioni.
1. 1. Mantini.
Al comma 2, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:
b-bis. analizza le cause e i fattori della corruzione e individua interventi che ne possano favorire la prevenzione e il contrasto.
1. 5. Lanzillotta.
Apportare le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, lettera c), sono inserite, in fine, le seguenti parole: «e sul rispetto delle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa dettate dall'articolo 2 della presente legge e dalle altre disposizioni legislative vigenti;
b) il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera c), la Commissione, esercita poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, ordina l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani di cui ai commi 4 e 5 e dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa di cui all'articolo 2 della presente legge e alle altre disposizioni legislative, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza summenzionati. La Commissione e le amministrazioni interessate danno notizia, sui rispettivi siti istituzionali, dei provvedimenti adottati ai sensi del presente comma».
1. 50.Le Relatrici.
Al comma 2, lettera c), aggiungere, in fine, le seguenti parole: e sui casi di evidente violazione del principio di concorrenza e delle normative europee e nazionali in materia di lavori, forniture e servizi.
1. 2. Mantini.
Al comma 2, dopo la lettera c), inserire le seguenti:
c-bis) esprime pareri agli organi dello Stato e a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento, ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico. Sono considerati pubblici funzionari tutti i soggetti cui si applica la definizione dell'articolo 357 del codice penale così come modificato dall'articolo 9, comma 1, lettera n) della presente legge;
c-ter) esprime pareri vincolanti in materia di autorizzazioni, di cui all'articolo 53 del decreto legislativo, allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali, con particolare riferimento all'applicazione del comma 16-ter, introdotto dall'articolo 3, comma 1, lettera d) della presente legge».
1. 9. Zaccaria, Melis, Ferranti, Bressa, Giovanelli.
Al comma 2, dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
e) collabora con l'autorità giudiziaria per la raccolta di notizie e informazioni relative ai procedimenti penali che riguardano i delitti di corruzione.
1. 3. Mantini.
Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
«2-bis. 1. Il comma 3, dell'articolo 13, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, è così modificato:
a) il primo e il secondo periodo sono sostituiti dai seguenti: La Commissione è organo collegiale composto da un Presidente e quattro esperti di elevata professionalità, anche estranei all'amministrazione con comprovate competenze in Italia e all'estero, sia nel settore pubblico che in quello privato in tema di servizi pubblici, management, misurazione della performance, gestione e valutazione del personale, nonché nell'attività di controllo di legittimità dell'azione amministrativa e nelle materie di responsabilità penale ed erariale. I componenti sono nominati, tenuto conto del principio delle pari opportunità di genere, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro della Giustizia, previo parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti, indicandone anche il Presidente;
b) le parole: «i componenti» sono sostituite, ove ricorrono, dalle parole «il Presidente e i componenti»;
c) il quinto periodo è soppresso.
1. 10. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.
Al comma 4, dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
e) definisce principi e criteri per assicurare il principio della rotazione dei dirigenti.
1. 4. Mantini.
Dopo l'articolo 1 aggiungere il seguente:
Art. 1-bis.
1. L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, prevista dall'articolo 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modifiche, segnala con urgenza alla stazione appaltante e alle magistrature competenti i fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di applicazione distorta della normativa sui contratti pubblici, con particolare riguardo ai contratti dei commissari straordinari nelle attività dichiarate di emergenza, ai sensi delle normative vigenti, di importo superiore a 200.000 euro.
2. La violazione per colpa grave delle norme previste dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modifiche, in materia di concorrenza e trasparenza nell'affidamento di appalti di opere, servizi e forniture, di valore superiore a 200.000 euro, comporta responsabilità per danno erariale, da calcolarsi in via equitativa, per la compromissione del principio di concorrenza ed efficienza dei mercati e di imparzialità della pubblica amministrazione.
1. 01. Mantini.
ART. 2.
Al comma 1, sopprimere le parole da: nel rispetto fino a: dati personali.
2. 15. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.
Al comma 1, aggiungere, in fine, i seguenti periodi:
«Sui siti internet delle amministrazioni pubbliche sono altresì pubblicati i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. Tali informazioni sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall'Autorità degli appalti e di servizi nelle pubbliche amministrazioni che ne cura altresì la raccolta sul proprio sito al fine di consentirne una agevole comparazione».
2. 60.Lanzillotta.
Al comma 2, sopprimere le parole da: Fermo restando fino a: n. 150,.
2. 50. Lo Moro.
Al comma 2 dopo le parole: le amministrazioni pubbliche inserire le seguenti: anche quelle che si avvalgono di procedure di urgenza atte a fronteggiare situazioni di emergenza o volte a garantire la sicurezza.
2. 16. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.
Al comma 2, alla lettera b), aggiungere infine le seguenti parole:
A tal fine gli affidamenti di lavori servizi e forniture in economia o con procedura negoziata senza bando di importo superiore a 40.000 euro sono comunque preceduti da un avviso preventivo pubblicato sul sito internet della stazione appaltante. Per gli affidamenti di importo pari o inferiore a 40.000 euro è sufficiente la pubblicazione dell'esito della procedura.
2. 17. Mariani, Ferranti.
Dopo il comma 2, aggiungere, il seguente:
2-bis. Al fine di incrementare la trasparenza e favorire l'emergere delle migliori pratiche in seno alle pubbliche amministrazioni i bandi, durante la fase di pubblicazione sui siti istituzionali, potranno essere oggetto di osservazioni sui contenuti dei capitolati e sulle procedure adottate da parte degli interessati. Le amministrazioni interessate trasmettono entro sessanta giorni dall'aggiudicazione i risultati della gara, le osservazioni pervenute nella fase di pubblicazione e le valutazioni su ciascuna di esse formulate dal responsabile del procedimento. L'Autorità per i profili di propria competenza elabora e pubblica a sua volta, le proprie osservazioni sui procedimenti esaminati.
2. 2.Il Relatore per la II Commissione. Dopo il comma 2, inserire il seguente:
2-bis. Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano anche ai procedimenti posti in essere nell'ambito di normative derogatorie, quali i provvedimenti attuativi delle ordinanze di protezione civile.
2. 18. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.
Dopo il comma 2, inserire il seguente:
2-bis. Le stazioni appaltanti possono inserire negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito il rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità quale causa di esclusione dalla gara.
2. 19. Mariani, Ferranti.
Dopo il comma 2 inserire il seguente:
«2-bis. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano anche ai procedimenti realizzati in deroga alle procedure ordinarie».
2. 61.Lanzillotta.
Al comma 3, aggiungere infine le seguenti parole: nel rispetto del principio secondo cui trascorso inutilmente il termine di sessanta giorni dalla domanda, l'istante può certificare la conformità legale e dare inizio all'attività.
2. 4. Mantini.
Al comma 3 aggiungere, infine, il seguente periodo:
«I risultati del monitoraggio sono consultabili sul sito internet di ciascuna amministrazione».
2. 62.Lanzillotta.
Sopprimere il comma 5.
2. 3. Lo Moro.
Al comma 5, sostituire la parola: possono con la seguente: devono.
2. 20. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.
Al comma 5 sostituire le parole: possono con la seguente: devono.
2. 7. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba.
Al comma 5, sostituire le parole: possono rendere con la seguente: rendono.
2. 5. Mantini.
Al comma 5 sostituire le parole: possono rendere con la seguente: rendono.
2. 1. Il Relatore per la II Commissione.
Al comma 5 sostituire le parole: possono rendere con la seguente: rendono.
2. 63.Lanzillotta.
Al comma 6, sopprimere l'ultimo periodo.
2. 40. Lo Moro.
Dopo l'articolo 2 aggiungere il seguente:
Art. 2-bis.
1. Al fine di garantire l'esercizio imparziale delle funzioni amministrative e di rafforzare la separazione tra organi di indirizzo politico e organi amministrativi e la reciproca autonomia, la CIVIT, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge:
1) opera una ricognizione delle posizioni dirigenziali che nelle amministrazioni statali, regionali o comunali, nonché nelle aziende e società partecipate dello Stato e dagli altri enti pubblici sono attribuite:
a) a persone, anche esterne alla pubblica amministrazione, individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione;
b) a dirigenti della pubblica amministrazione sulla base di contratti il cui mancato rinnovo non sia subordinato alla previa valutazione dei risultati conseguiti;
2) formula proposte per limitare la discrezionalità nelle nomine pubbliche.
2. Su tale base il Governo, è delegato ad adottare entro i successivi sei mesi un decreto legislativo che:
a) per ciascuna delle amministrazioni di cui al comma precedente, limiti le posizioni funzionali attribuite sulla base delle procedure di cui alle lettere a) e b) del precedente comma a quelle apicali di diretto raccordo tra l'organo di indirizzo politico e gli organi e gli uffici delle amministrazioni;
b) per gli enti, aziende o società di cui al comma precedente, ivi comprese quelle del settore sanitario, disciplini procedure di selezione e di nomina degli amministratori e dei dirigenti che garantiscano pubblicità, partecipazione, comparazione meritocratica dei curricula da parte di valutatori indipendenti, equilibrio di genere. Il Decreto legislativo di cui al presente comma è adottato previo parere delle competenti commissioni parlamentari da esprimersi entro trenta giorni dalla richiesta.
3. Il comma 18 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 138 del 2011 è abrogato.
2. 060.Lanzillotta.
Dopo l'articolo 2 inserire il seguente:
Art. 2-bis.
(Misure per il rafforzamento della trasparenza nelle procedure eccezionali).
1. Le disposizioni di trasparenza di cui all'articolo 2, si applicano anche ai procedimenti posti in essere nell'ambito di normative emergenziali derogatorie rispetto alla disciplina generale.
2. All'articolo 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo la lettera c), è inserita la seguente:
c-bis) le ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri emanate ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225»;
b) al comma 2, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Per le ordinanze di cui alla lettera c-bis) del comma 1, il termine di cui al primo periodo è ridotto a sette giorni; in ogni caso l'organo emanante ha facoltà, con motivazione espressa, di dichiararle provvisoriamente efficaci».
3. Alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) All'articolo 2, comma 1, lettera c), le parole: «altri eventi che, per intensità ed estensione,» sono sostituite dalle seguenti: «altri eventi non prevedibili che, per intensità ed estensione,»;
b) all'articolo 5, comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le ordinanze sono emanate di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze»;
c) all'articolo 5, comma 5, sono aggiunti i seguenti periodi: «I contratti di lavori, servizi e le forniture stipulati in esecuzione di ordinanze di protezione civile sono trasmessi entro dieci giorni dalla relativa stipulazione all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, di lavori, servizi e forniture per i controlli previsti dall'articolo 6, comma 7, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. L'Autorità provvede entro trenta giorni dalla ricezione, alle attività di competenza, comprese quelle di cui al comma 9 del medesimo articolo 64. Qualora rilevi ipotesi di danno erariale, l'Autorità effettua immediata segnalazione alla competente Procura regionale della Corte dei Conti».
d) All'articolo 5, comma 5-bis, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al penultimo periodo, le parole «e all'ISTAT» sono sostituite dalle seguenti: «, all'ISTAT e alla competente sezione regionale della Corte dei Conti»;
b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Al fine di garantire la trasparenza dei flussi finanziari e della rendicontazione di cui al presente comma sono vietati giro fondi tra le contabilità speciali aperte per l'attuazione degli interventi di emergenza, salvo che non siano espressamente autorizzati da norma di legge».
4. Al decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito nella legge 9 novembre 2001 n. 401, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1 dell'articolo 5 sono soppresse le parole: «e da altri grandi eventi»; b) è abrogato il comma 5 dell'articolo 5-bis.
5. All'articolo 4 del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90, convertito, con modificazioni dalla legge 26 luglio 2005, n. 152, il comma 2 è abrogato.
6. L'articolo 14 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, è abrogato.
7. È abrogato il comma 4-novies dell'articolo 4 del decreto legge 25 gennaio 2010, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42.
2. 03. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba.
Dopo l'articolo 2 inserire il seguente:
Art. 2-bis.
(Compensi per gli incarichi extra giudiziari dei magistrati).
1. È vietato ai magistrati di ogni ordine e grado ai quali siano stati conferiti dall'organo di autogoverno o dallo stesso autorizzati incarichi extra istituzionali ricevere direttamente alcun compenso dalle amministrazioni o organismi presso i quali espletano le relative attività.
2. Le amministrazioni e gli organismi versano il compenso (ivi inclusi i rimborsi spesa) relativo agli incarichi di cui al primo comma all'amministrazione di appartenenza dei magistrati destinatari degli incarichi, le quali provvedono a corrisponderlo ai magistrati interessati nel limite di un terzo del totale dell'importo attribuito come compenso complessivo, per ciascun anno solare.
3. Le somme eccedenti il limite di cui al comma precedente sono versate nei fondi perequativi eventualmente previsti dai rispettivi ordinamenti magistratuali o, in mancanza di tali fondi, in un capitolo dell'Amministrazione riguardante l'assistenza e la previdenza del personale di magistratura.
4. Il presente articolo non si applica agli incarichi di docenza presso Università o altri soggetti pubblici.
2. 01.Il relatore per la II Commissione.
Dopo l'articolo 2 aggiungere il seguente:
Art. 2-bis.
(Secretazione delle procedure di affidamento dei contratti pubblici).
1. All'articolo 16, comma 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, la lettera d-bis è abrogata.
2. All'articolo 17 del Codice degli appalti pubblici, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 è sostituito dal seguente:
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro competente sono individuate le opere, i servizi e le forniture da considerarsi segreti ai sensi del regio-decreto 11 luglio 1941, n. 1161 e della legge 3 agosto 2007, n. 124, o di altre norme vigenti, oppure eseguibili con speciali misure di sicurezza».
b) al comma 4 le parole: «e sempre che la negoziazione con più di un operatore economico sia compatibile con le esigenze di segretezza». sono soppresse.
2. 010. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.
Dopo l'articolo 2 inserire il seguente:
Art. 2-bis.
(Ripristino del controllo preventivo di legittimità sulle ordinanze di protezione civile da parte della Corte dei Conti).
1. L'articolo 14 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito con la legge 14 luglio 2008, n. 123, è abrogato.
2. 011. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.
Dopo l'articolo 2 inserire il seguente articolo:
Art. 2-bis.
1. All'articolo 5-bis del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, il comma 5 è abrogato».
2. 012. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.
ART. 3.
Prima del comma 1, premettere i seguenti:
«01. All'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i commi 5-bis e 6 dell'articolo 19 sono abrogati. Gli incarichi conferiti in base ai suddetti commi cessano entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge e non possono essere rinnovati.
02. Dopo il comma 2 dell'articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è aggiunto il seguente comma:
2-bis. Tutto il personale operante presso gli uffici di cui al comma 2 non può esercitare l'industria o il commercio né svolgere attività professionale. Anche se non dipendente di una pubblica amministrazione, è tenuto al rispetto del Codice di comportamento di cui all'articolo 54. Il dirigente dell'ufficio competente per la gestione del personale vigila sul rispetto delle previsioni di questo articolo. In caso di violazione, propone l'avvio del procedimento disciplinare o propone al vertice politico la revoca dell'incarico.
Conseguentemente, dopo il comma 2, aggiungere il seguente comma:
2-bis. Alla fine del comma 5 dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono aggiunte le seguenti parole:
«Sono comunque definite specifiche norme di comportamento per il personale degli uffici di diretta collaborazione di cui all'articolo 14, comma 2, e al personale addetto a funzioni ispettive e all'attività contrattuale.».
3. 15. Melis, Zaccaria, Ferranti, Bressa, Giovanelli.
Al comma 1, dopo la lettera a), inserire la seguente: a-bis.) dopo il comma 7, è aggiunto il seguente: «7-bis. L'omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei Conti».
3. 16. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.
Al comma 1, lettera d), capoverso 16-ter, aggiungere, infine, le seguenti parole: ed è prevista la restituzione dei compensi eventualmente percepiti ed accertati ad essi riferiti.
3. 17. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.
Sopprimere il comma 2.
3. 1. Lanzillotta.
Al comma 2, sopprimere la parola: non.
3. 18. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.
Dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:
3. Il comma 3 dell'articolo 53, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è abrogato.
4. Fino all'adozione di una apposita legge che individui compiutamente gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato, restano vigenti i regolamenti adottati sulla base dell'articolo 58, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, trasfuso nell'articolo 53, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, abrogato dalla presente legge.
5. Il comma 4 dell'articolo 53, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è così sostituito:
«4. Fino all'adozione di una apposita legge che individui compiutamente gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato, tali soggetti:
a) possono assumere incarichi nei soli casi espressamente previsti dalla legge;
b) non possono ricoprire incarichi in uffici di organi politici o incarichi di vertice o di gestione in pubbliche amministrazioni, comprese le autorità amministrative indipendenti, o, ove consentito, incarichi in società a totale o a parziale partecipazione pubblica, per più di sessanta mesi ogni decennio; il periodo può essere superiore solo nel caso in cui una specifica disposizione di legge stabilisca una durata maggiore per il singolo incarico conferito; non è in ogni caso ammissibile una durata superiore a sessanta mesi ogni decennio che derivi da una successione di incarichi;
c) in ogni caso, all'atto del conferimento dell'incarico sono collocati fuori ruolo dall'organo competente o in aspettativa non retribuita;
d) il trattamento economico fondamentale e accessorio ad essi riconosciuto è esclusivamente quello previsto per l'incarico conferito ed è integralmente corrisposto dall'amministrazione presso la quale l'incarico stesso è svolto, senza alcun onere per l'amministrazione di appartenenza;
e) al rientro nell'amministrazione di appartenenza, non possono trattare questioni riferibili alle amministrazioni presso le quali hanno svolto incarichi nel biennio precedente ovvero a soggetti da queste vigilate;
f) durante il periodo di collocamento fuori ruolo, funzionale all'espletamento dell'incarico affidato, non possono assumere incarichi ulteriori e differenti rispetto a quelli per i quali è stato disposto il collocamento fuori ruolo;
g) il periodo di aspettativa non retribuita e di fuori ruolo non viene valutato ai fine dell'anzianità di servizio».
3. 2. Vassallo.
Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-bis. Dopo l'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inserito il seguente: Art. 54-bis. - (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti). - 1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, il pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.
2. Salvi gli obblighi di denuncia previsti dalla legge, l'identità del segnalante non può essere rilevata, senza il suo consenso, fino alla contestazione dell'addebito disciplinare».
Conseguentemente, sopprimere l'articolo 4.
3. 19. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro. <