Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||||
Titolo: | Intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali - A.C. 1415-B - Schede di lettura e riferimenti normativi | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 28 Progressivo: 6 | ||||
Data: | 16/06/2010 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia | ||||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali A.C. 1415-B |
Schede di lettura e riferimenti normativi |
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n. 28/6 |
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16 giugno 2010 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Giustizia ( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it |
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Per l’esame degli AA.C. 1611 e abb. “Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali”, sono stati predisposti i seguenti dossier: n. 28 Schede di lettura n. 28/0 Elementi per l’istruttoria legislativa) n. 28/1 Testo a fronte n. 28/2, Elementi per l’esame in Assemblea n. 28/3 Sintesi del contenuto dell’emendamento del Governo n.
28/4 (parte I e II) Iter al Senato
(A.S. 1611 e abb.)
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Il presente dossier si riferisce in particolare alle disposizioni del disegno di legge modificate dal Senato e fornisce una sintetica descrizione delle parti non modificate. |
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I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. |
File: GI0033g.doc |
INDICE
L’astensione del giudice e la sostituzione del PM (art. 1, commi 1 e 2)
Le comunicazioni dei difensori (art. 1, comma 3)
I divieti di pubblicazione (art. 1, commi 4-8)
Le ulteriori modifiche al codice di procedura penale
Le modifiche alle norme di attuazione del c.p.p. (art. 1, commi 24-26, comma 30)
Le modifiche al codice penale (art. 1, comma 27)
La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (art. 1, comma 28)
Le modifiche alla legge sulla stampa (art. 1, comma 29)
Modifiche alla legge n. 140 del 2003 (art. 1, commi 31 e 32)
Spese per le intercettazioni telefoniche e ambientali (art. 1, commi 30, 33, 34 e 35)
Abrogazione dell’art. 13 del decreto-legge n. 152 del 1991 (art. 1, comma 36)
Modifiche al Codice della privacy (art. 1, comma 37)
Il regime transitorio (art. 1, commi 39-42)
Riferimenti normativi
Codice penale (art. 241, 256, 257, 379-bis, 416-ter, 419, 600-ter, 600-quinquies, 614, 617 e 684)
Codice di procedura penale (Artt. 36, 51, 53, 103, 114, 115, 192, 195, 203, 240, 266-271, 292, 293, 295, 329, 335, 380 e 407)
Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (art. 89, 129, 147)
L. 8 febbraio 1948, n. 47. Disposizioni sulla stampa. (art. 8)
D.L. 13 maggio 1991, n. 152, conv. con mod. Legge 12 luglio 1991, n. 203 Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa (Art. 13)
D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231. Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n. 300. (Art. 25 novies)
L. 20 giugno 2003, n. 140. Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato. (artt. 4 e 6)
D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109. Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonchè modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera f), della L. 25 luglio 2005, n. 150 (Art. 2)
L’articolo 1, comma 1, non modificato dal Senato, novella l’art. 36 c.p.p., in materia di astensione obbligatoria del giudice.
Esso aggiunge al comma 1 una nuova lettera h-bis), che prescrive l'obbligo di astensione del giudice nei casi in cui egli abbia "pubblicamente rilasciato dichiarazioni concernenti il procedimento affidatogli".
Il comma 2, modificato dal Senato, novella l’art. 53, comma 2, c.p.p. relativo ai casi in cui il PM viene sostituito senza il suo consenso.
L’art. 53, comma 2, c.p.p. disciplina i casi di sostituzione del PM, prevedendo che il capo dell’ufficio cui il PM appartiene provvede alla sostituzione del magistrato nei casi di grave impedimento personale, di rilevanti esigenze di servizio e per motivi di opportunità legati alla posizione personale del magistrato nei casi previsti dal sopra descritto art. 36, comma 1, lettere a), b), d) ed e), c.p.p.. In tutti gli altri casi è necessario il consenso del PM per la sua sostituzione.
La disposizione, alla lettera a), introduce i seguenti due nuovi casi di sostituzione obbligatoria del PM:
§ il PM ha rilasciato pubblicamente dichiarazioni relative al procedimento affidatogli (è infatti richiamata la sopra descritta lettera h-bis) dell'art. 36, comma 1, c.p.p.);
§ il PM risulta iscritto nel registro delle notizie di reato di cui all’art. 335 c.p.p. per il reato di illecita rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale di cui è titolare (reato previsto dall'art. 379-bis c.p. novellato dal successivo comma 27). In tal caso deve essere sentito il capo dell'ufficio competente ai sensi dell'art. 11 c.p.p., con la finalità, esplicitata nel corso dell’esame al Senato, di valutare la effettiva sussistenza di ragioni oggettive per provvedere alla sostituzione.
Sul punto, si ricorda che la Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati, esaminata la disposizione sotto il profilo del principio del giudice naturale previsto dall'art. 25 Cost., aveva invitato la Commissione giustizia a valutare l'opportunità di subordinare l'ipotesi di sostituzione del magistrato disposta dall'art. 1, comma 2, lettera a), del disegno di legge ad una valutazione in merito alla rilevanza, serietà e gravità dei fatti (seduta del 17 febbraio 2009).
La lettera b), non modificata, prevede che sia il procuratore generale a procedere alla sostituzione se il capo dell’ufficio e il magistrato assegnatario:
- risultino indagati per il suddetto reato di rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale, ovvero
- abbiano rilasciato dichiarazioni pubbliche in merito al procedimento.
La lettera c), infine, aggiunta nel corso dell’esame al Senato, inserisce nell’art. 53 c.p.p. il comma 2-bis, in base al quale di ogni iscrizione di magistrati nel registro delle notizie di reato per il reato di illecita rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale, il procuratore della Repubblica informa immediatamente il capo dell'ufficio presso cui il magistrato indagato presta servizio ovvero il procuratore generale nell'ipotesi che indagati risultino il capo dell'ufficio e il magistrato assegnatario.
Il comma 3, non modificato, interviene sull’art. 103 c.p.p., che disciplina le garanzie di libertà del difensore.
La lettera a), novellando il comma 5, estende il divieto di intercettazione di comunicazioni del difensore ivi contenuto al caso di intercettazione eseguita su utenza diversa da quella in uso al difensore o agli altri soggetti incaricati.
La lettera b) introduce nel medesimo art. 103 c.p.p. un nuovo comma 5-bis, ai sensi del quale, ferma restando l'eventuale responsabilità penale, costituiscono illecito disciplinare l'annotazione, l'informativa, anche verbale, e l'utilizzazione delle conversazioni o comunicazioni del difensore.
I commi da 4 a 8 novellano gli artt. 114 e 115 c.p.p., relativi al divieto di pubblicazione di atti di indagine.
Rispetto al testo approvato dalla Camera, è stata modificata esclusivamente la parte relativa al divieto di pubblicazione e diffusione dei nomi e delle immagini dei magistrati relativamente ai procedimenti e processi penali loro affidati (nuovo comma 6-ter). La modifica è legata a ragioni di coordinamento con il nuovo testo dell’art. 147 disp. att..
In particolare, il testo approvato dalla Camera, escludeva l’applicazione del divieto (oltre che nei casi in cui, ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, la rappresentazione dell’avvenimento non possa essere separata dall’immagine del magistrato) anche nell’ipotesi di cui all’art. 147, comma 1, disp. att. c.p.p., ossia quando il giudice, con il consenso delle parti, avesse autorizzato la ripresa fotografica o audiovisiva ovvero la trasmissione televisiva del dibattimento; il testo approvato dal Senato richiama invece l’intero art. 147 (e non solo il comma 1), ricomprendendo – quale ulteriore ipotesi di esclusione del divieto – anche il caso di cui al comma 2 della medesima disposizione (novellato dal successivo comma 26 dell’articolo 1 del disegno di legge) ovvero il caso in cui tale ripresa sia autorizzata dal Presidente della Corte d’appello, anche senza il consenso delle parti, in presenza di un interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento.
Il testo approvato dalla Camera, invece, prevedeva la soppressione del comma 2 dell’art. 147 disp. att. c.p.p.
Si riassumono brevemente le ulteriori modifiche agli artt. 114 e 115 c.p.p., in materia di pubblicazione di atti di indagine su cui non è intervenuto il Senato.
Il comma 4 aggiunge al comma 2 dell'art. 114 c.p.p. un nuovo periodo, ai sensi del quale gli atti non più coperti da segreto possono essere pubblicati per riassunto. In base al testo vigente del comma 2 dell’art. 114 c.p.p. tali atti non possono essere pubblicati, neanche in parte, fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare; in base al comma 7 della medesima disposizione è sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto.
Il comma 5 introduce nell'art. 114 c.p.p. i nuovi commi 2-bis e 2-ter, che delineano una disciplina speciale rispettivamente per gli atti e i documenti relativi a conversazioni (e ai dati riguardanti il traffico telefonico e telematico) o comunicazioni e per le richieste di misure cautelari e le relative ordinanze.
Mentre, ai sensi dell'art. 114, comma 2, come riformulato dal comma 4 del disegno di legge in esame, durante le indagini preliminari si potrà dare conto per riassunto di tutti gli atti che non siano più coperti da segreto, ciò non sarà possibile per la documentazione e gli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, ai quali (anche se non più coperti da segreto) si applicherà un divieto assoluto di pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare (nuovo comma 2-bis); per quanto riguarda le richieste e le ordinanze emesse in materia di misure cautelari, il nuovo comma 2-ter ne vieta la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, prevedendo tuttavia la possibilità di pubblicazione nel contenuto dopo che la persona sottoposta alle indagini o il suo difensore abbiano avuto conoscenza dell'ordinanza del giudice, fatta eccezione per le parti che riproducono la documentazione e gli atti di cui al comma 2-bis (relativi a intercettazioni e tabulati).
Si segnala che l’art. 684 c.p., novellato dal comma 27, lettera f), del disegno di legge, non modificato dal Senato, sanziona la pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale con l'arresto fino a trenta giorni o l'ammenda da 1.000 a 5.000 euro.
Il comma 7 sostituisce il comma 7 dell’art. 114 c.p.p., prevedendo:
- il divieto di pubblicazione “in ogni caso” (quindi anche dopo la conclusione delle indagini o dell'udienza preliminare) degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui è stata ordinata la distruzione ai sensi degli artt. 269 e 271 c.p.p.
- il divieto di pubblicazione anche parziale o per riassunto, della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni telematiche riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini, di cui sia stata disposta l’espunzione ai sensi dell'art. 268, comma 7-bis, c.p.p. (introdotto dal comma 12, lettera e), del disegno di legge in esame).
La violazione dei divieti di cui al comma 7 è sanzionata dall’articolo 617 c.p., novellato dal comma 27, lett. d), non modificato dal Senato, con la reclusione da sei mesi a 3 anni.
Il comma 8 modifica l'art. 115, comma 2, c.p.p., in materia di illecito disciplinare costituito dalla violazione del divieto di pubblicazione, che attualmente prevede che il PM informi il titolare del potere disciplinare di ogni violazione del divieto di pubblicazione commesso da pubblici impiegati o persone che esercitino una professione per la quale è necessaria una speciale abilitazione dello Stato (la categoria di persone così individuata comprende sia i giornalisti che i magistrati e la polizia giudiziaria come il personale degli uffici giudiziari, gli avvocati ecc.).La disposizione in esame sostituisce il suddetto comma 2 dell’art. 115, apportandovi le seguenti modifiche: (1) l'obbligo di informativa scatta già al momento dell'iscrizione nel registro degli indagati; (2) il soggetto competente ad effettuare l'informativa è il procuratore della Repubblica (e non il singolo PM); (3) l'informativa va effettuata immediatamente; (4) l'organo titolare del potere disciplinare, nei successivi trenta giorni, ove siano state verificate la gravità del fatto e la sussistenza di elementi di responsabilità e sentito il presunto autore del fatto, deve disporre la sospensione cautelare dal servizio o dall'esercizio della professione fino a tre mesi.
Il comma 10, attraverso la sostituzione integrale dell’articolo 266 c.p.p., interviene sui presupposti di ammissibilità delle intercettazioni.
Il testo approvato dalla Camera non modificava l'attuale catalogo di reati per i quali sono consentite le intercettazioni; il testo del Senato aggiunge invece alla lista dei reati intercettabili il reato di Atti persecutori (Stalking), contemplato dall’articolo 612-bis c.p. (art. 266, comma 1, lett. f)
Il testo approvato dal Senato conferma, senza modifiche, l’estensione del regime previsto per l’ammissibilità delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche anche all’acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni (i c.d. "tabulati telefonici") e all’"intercettazione di immagini" mediante riprese televisive (art. 266, comma 1, alinea).
Esso interviene invece con modifiche in materia di intercettazioni ambientali, ovvero di intercettazione di comunicazioni tra presenti (art. 266, comma 2).
Nella sua formulazione attuale, l'art. 266, comma 2, c.p.p. prevede che le intercettazioni ambientali siano consentite in tutti i casi in cui sono consentite quella telefoniche, prevedendo tuttavia che qualora l'intercettazione debba essere effettuata presso l'abitazione di una persona o altro luogo di privata dimora (art. 614 c.p.), essa è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa.
Si segnala che il comma 27, lett. b) del disegno di legge modifica l’art. 614 c.p., sostituendo, con portata estensiva, il riferimento ai “luoghi di privata dimora” con quello ai “luoghi privati”.
Il primo periodo del comma 2, su cui non è intervenuto il Senato, rispetto al testo vigente elimina il riferimento ai luoghi di cui all’art. 614 c.p.; da ciò deriva l’ammissibilità delle intercettazioni ambientali, a prescindere dal luogo in cui sono effettuate, solo nel caso in cui vi sia fondato motivo di ritenere che in tale luogo si stia svolgendo l’attività criminosa (ed esclusivamente con riferimento ai reati per i quali sono consentite le intercettazioni telefoniche).
Rispetto a tale limitazione di ordine generale, il Senato ha introdotto un’eccezione applicabile soltanto alle operazioni da eseguire in luoghi diversi da quelli di cui all’art. 614 c.p. (ovvero, in base al testo novellato di tale disposizione, abitazione o altri luoghi privati), nei casi in cui:
a) l'intercettazione può consentire l'acquisizione di elementi fondamentali per l'accertamento del reato per cui si procede;
b) dall'intercettazione possano emergere indicazioni rilevanti per impedire la commissione di taluno dei reati indicati nel comma 1.
In tali ipotesi, anche a prescindere dalla sussistenza di un fondato motivo per ritenere che in tale luogo si stia svolgendo l’attività criminosa, il pubblico ministero, con decreto eventualmente reiterabile, ricorrendone i presupposti, dispone le operazioni per non oltre tre giorni, secondo le modalità indicate nell'art. 267, comma 3 bis (introdotto dal successivo comma 11, lett. d).
Tale disposizione, su cui infra, disciplina l’ipotesi di proroga delle operazioni di intercettazione oltre i termini massimi indicati dal comma 3; la proroga è rimessa ad un decreto eventualmente reiterabile del PM da trasmettere al tribunale, anche per via telematica, per la convalida.
Il comma 11, modificato dal Senato, novella l’art. 267 c.p.p., che disciplina i presupposti e le forme del provvedimento.
Per quanto riguarda le forme del provvedimento che autorizza le intercettazioni (art. 267, comma 1, alinea), rispetto al testo approvato dalla Camera, il Senato conferma:
§ in relazione alla richiesta del PM, la necessità dell'assenso scritto del Procuratore della Repubblica ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato appositamente delegati. Il Senato esplicita che tale assenso costituisce contenuto della richiesta del PM e rappresenta condizione di ammissibilità della richiesta;
§ la competenza del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, che decide in composizione collegiale;
§ la sua natura di decreto motivato contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile;
§ con riferimento al contenuto del decreto, il testo del Senato prevede che il tribunale dia conto, con autonoma valutazione, dei presupposti per l’autorizzazione delle intercettazioni, che devono essere espressamente e analiticamente indicati.
Con riferimento a tale ultimo profilo, il testo Camera prevedeva invece l’indicazione espressa ed analitica degli elementi su cui si fondavano le inderogabili esigenze per cui si procede e precisava, oltre che la necessità di un’autonoma valutazione del giudice, che tali elementi non dovevano essere limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo procedimento.
Per quanto riguarda i presupposti, il Senato ha sostanzialmente modificato la disciplina introdotta dalla Camera.
Il testo vigente dell’art. 267, comma 1, c.p.p. prevede, in generale, i seguenti presupposti:
a) sussistenza dei gravi indizi di reato;
b) assoluta indispensabilità dell'intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini.
Salvo quanto previsto per i reati di particolare allarme sociale di cui all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater (su cui infra), il testo approvato dalla Camera rendeva più stringenti tali presupposti, richiedendo:
a) la sussistenza di evidenti indizi di colpevolezza;
b) l'assoluta indispensabilità dell'intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini;
c) la sussistenza di specifiche e inderogabili esigenze relative ai fatti per i quali si procede, fondate su elementi espressamente e analiticamente indicati nel provvedimento, non limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo procedimento e frutto di un'autonoma valutazione da parte del giudice.
Esso, inoltre, conteneva una speciale disciplina applicabile ai procedimenti contro ignoti, che: prevedeva la richiesta della persona offesa per l'autorizzazione a disporre le intercettazioni sulle utenze o nei luoghi nella disponibilità della stessa, "al solo fine di identificare l'autore del reato"; consentiva l'acquisizione dei tabulati telefonici, al solo fine di identificare le persone presenti sul luogo del reato o nelle immediate vicinanze di esso.
Rispetto al testo approvato dalla Camera, il testo del Senato sopprime la disciplina speciale applicabile ai procedimenti contro ignoti, conferma il presupposto, previsto anche dalle norme vigenti, secondo cui le operazioni devono essere assolutamente indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini e apporta novità sostanziali agli altri presupposti richiesti per autorizzare tali operazioni.
In primo luogo, sostituisce il riferimento agli “evidenti indizi di colpevolezza” con quello ai “gravi indizi di reato”, così come nella disposizione vigente (art. 267, comma 1, lett. a). Rispetto al testo vigente, tuttavia, in base al novellato comma 1-bis dell’art. 267 c.p.p., il testo Senato prevede che nella valutazione dei gravi indizi di reato si applichino, oltre che le disposizioni di cui all’art. 203 c.p.p., anche quelle di cui agli artt. 192, commi 3 e 4, e 195, comma 7.
L’art. 203 c.p.p., al comma 1, prevede che il giudice non può obbligare gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria nonché il personale dipendente dai servizi per le informazioni e la sicurezza militare o democratica a rivelare i nomi dei loro informatori. Se questi non sono esaminati come testimoni, le informazioni da essi fornite non possono essere acquisite né utilizzate; il comma 1-bis prevede che l'inutilizzabilità operi anche nelle fasi diverse dal dibattimento, se gli informatori non sono stati interrogati né assunti a sommarie informazioni.
L’art. 192, ai commi 3 e 4, prevede che le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità; tale disposizione si applica anche alle dichiarazioni rese da persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall'articolo 371 comma 2 lettera b)[1].
L’art. 195, comma 7, prevede l’inutilizzabilità della testimonianza di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame.
In secondo luogo, il Senato introduce alcune disposizioni relative alla disponibilità delle utenze (rispetto alle quali possono essere autorizzate le intercettazioni di comunicazioni o acquisiti i tabulati) e dei luoghi (nei quali possono essere autorizzate le intercettazionidi immagini mediante riprese visive).
Con riferimento alle intercettazioni di comunicazioni, il Senato richiede che le utenze siano intestate o effettivamente e attualmente in uso:
§ a soggetti indagati;
§ a soggetti diversi che, sulla base di specifici atti di indagine, risultano a conoscenza dei fatti per i quali si procede e sussistono concreti elementi per ritenere che le relative conversazioni o comunicazioni siano direttamente attinenti ai medesimi fatti.
Rispetto all’acquisizione dei tabulati, precisa che l’intestazione o l’effettivo uso delle utenze può anche non essere attuale.
Nei casi infine di intercettazioni di immagini mediante riprese visive, richiede l’appartenenza o l’effettivo e attuale uso dei luoghi:
§ a soggetti indagati;
§ a soggetti diversi che, sulla base di specifici atti di indagine, risultano a conoscenza dei fatti per i quali si procede e sussistono concreti elementi per ritenere che le relative condotte siano direttamente attinenti ai medesimi fatti.
Con riferimento, infine, alla disciplina dei casi d’urgenza, il testo del Senato si limita a modificare i termini per la comunicazione dal PM al tribunale del decreto che dispone le operazioni (da 24 ore a tre giorni) e dei termini entro cui il tribunale deve convalidare il decreto (da 48 ore a tre giorni).
In base al testo vigente dell’art. 267, comma 3, la durata delle operazioni di intercettazione non può superare i 15 giorni, ma può essere prorogata dal giudice con decreto motivato per periodi successivi di 15 giorni, qualora ne permangano i presupposti. Il codice non prevede quindi un termine di durata massima delle intercettazioni, che possono essere teoricamente disposte durante tutto il periodo di durata delle indagini preliminari.
Il testo approvato dalla Camera introduceva invece un limite massimo di durata, fissato in un periodo di 30 giorni (anche non continuativo), e prevedeva la possibilità di due successive proroghe, ciascuna per un periodo fino a 15 giorni, anche non continuativi:
§ la prima da parte del tribunale su richiesta motivata del PM;
§ la seconda nel caso in cui fossero emersi nuovi elementi, specificamente indicati nel provvedimento di proroga.
La durata massima delle operazioni non poteva quindi superare i 60 giorni.
Rispetto a tale disciplina, il testo del Senato prevede:
ü la possibilità di un’ulteriore proroga – anch’essa fino a quindici giorni, anche non continuativi - quando, sulla base di specifici atti di indagine, emerge l'esigenza di impedire che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, ovvero che siano commessi altri reati.
Il termine massimo di durata delle operazioni di intercettazioni risulta quindi di 75 giorni.
ü che il PM, scaduto tale termine massimo, possa disporre le operazioni per non oltre tre giorni, con decreto eventualmente reiterabile ricorrendone i presupposti.
Tale proroga è limitata al caso in cui dalle indagini emerga che le operazioni di cui all'art. 266 possono consentire l'acquisizione di elementi fondamentali per l'accertamento del reato per cui si procede o che da esse possono emergere indicazioni rilevanti per impedire la commissione di taluno dei reati indicati nel comma 1 dell'articolo 266.
Per quanto riguarda la procedura, la disposizione prevede la trasmissione, anche per via telematica, degli atti rilevanti al tribunale ai fini della convalida e rinvia alle modalità previste dal comma 2 per il caso di urgenza.
Il richiamato comma 2, nel testo novellato (cfr. sopra), prevede che nei casi di urgenza il PM possa disporre le operazioni di intercettazione con decreto motivato contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile; tale decreto va comunicato immediatamente e comunque non oltre tre giorni al tribunale. Il tribunale, entro tre giorni dalla richiesta, decide sulla convalida con decreto, motivato contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile. In mancanza di convalida le intercettazioni non possono essere proseguite e i risultati di esse non possono essere utilizzati.
Si segnala che, in base al comma 19 (introdotto dal Senato), che novella il comma 3 dell’art. 295 c.p.p., il limite di durata massima delle intercettazioni non si applica alle operazioni di ricerca del latitante.
La disciplina speciale recata dal nuovo comma 3-ter dell’art. 267 c.p.p. in relazione ai reati di grave allarme sociale di cui all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p., non è stata modificata dal Senato, salvo che per l’esplicitazione della sua applicabilità alle operazioni di cui all’art. 266 c.p.p. (che comprendono, oltre che le intercettazioni, anche l’acquisizione dei tabulati telefonici e l’acquisizione di immagini mediante riprese visive).
In sintesi, in base a tale disciplina:
- l’autorizzazione a disporre l'intercettazione di comunicazioni, le riprese visive e l'acquisizione dei tabulati è data se vi sono "sufficienti indizi di reato" (da valutare ai sensi dell’art. 203 c.p.p.);
- la durata massima delle operazioni è aumentata a 40 giorni, e può essere prorogata dal tribunale con decreto motivato per periodi successivi di 20 giorni, qualora permangano i presupposti, entro i termini di durata massima delle indagini preliminari. Nei casi di urgenza, alla proroga provvede direttamente il PM ai sensi del comma 2;
- le intercettazioni ambientali sono consentite anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi ove sono disposte si stia svolgendo l’attività criminosa.
Tale nuova disciplina riprende, con alcune differenze, la disciplina attualmente prevista dall'art. 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, di cui il comma 36 del disegno di legge in esame dispone l'abrogazione. Le differenze, attengono tra l’altro al più ampio ambito di applicazione di tale ultima disposizione (che si riferisce ai delitti di criminalità organizzata e di minaccia col mezzo del telefono).
Il Senato non è intervenuto sulle ulteriori modifiche all’art. 267 c.p.p. recate dal testo Camera (nuovo comma 3-quater e commi 4 e 5).
In base al nuovo comma 3-quater(comma 3-ter nel testo della Camera) dell’art. 267, nel decreto che dispone l'intercettazione il PM deve indicare l’ufficiale di polizia giudiziaria responsabile del corretto adempimento delle operazioni, nei casi in cui lo stesso PM non vi proceda personalmente.
La novella al comma 4 è volta a precisare che nei casi di cui al comma 3-ter (indagini relative ai reati di grave allarme sociale di cui all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p), il PM e l'ufficiale di polizia giudiziaria possono farsi coadiuvare da agenti di polizia giudiziaria.
Il comma 5, nel testo novellato, interviene sugli adempimenti relativi alle annotazioni nel registro delle intercettazioni. Esso precisa che il registro è tenuto in ogni procura della Repubblica (invece che nell'ufficio del PM) e fa obbligo di annotarvi, secondo un ordine cronologico, la data e l'ora di emissione e la data e l'ora di deposito in cancelleria o in segreteria dei decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni, oltre che - come già previsto attualmente - l'inizio e il termine delle operazioni relative a ciascuna intercettazione (come già attualmente prescritto).
Il Senato ha parzialmente modificato la nuova disciplina dell’esecuzione delle operazioni di intercettazione contenuta nell’art. 268 c.p.p.
Le modifiche attengono, in particolare:
§ al comma 4: viene precisato che spetta al PM il deposito in segreteria dei verbali e delle registrazioni e viene aumentato da 5 a 15 giorni il periodo minimo nel quale i verbali e le registrazioni devono restare depositati in segreteria;
§ al nuovo comma 6-bis: il testo del Senato limita l’operatività del divieto di stralcio prima del deposito di cui al comma 4 alle registrazioni e ai verbali attinenti al procedimento.
In relazione a tale disposizione, il Procuratore nazionale antimafia, nel corso della seduta della Commissione parlamentare antimafia del 25 febbraio 2009, ha evidenziato un problema tecnico: "... a volte le intercettazioni accertano dei reati sui quali le indagini devono proseguire; esse però devono essere stralciate perché non pertinenti al procedimento per cui sono state disposte le indagini. Se c'è l'obbligo di depositare gli atti e questi non possono essere stralciati prima del deposito, come si può evitare che la difesa venga a conoscenza di queste intercettazioni? Anche in questo caso si tratta di un problema semplice: basta prevedere questa possibilità oppure ritardare il deposito per la difesa, bisogna però fare sempre in modo che quest'ultima non ne venga a conoscenza prima che si possa compiere l'indagine per il reato emerso da quelle intercettazioni".
§ al nuovo comma 7-bis: viene ulteriormente limitato l’ambito di applicazione del divieto di trascrizione da esso contemplato, richiedendosi che le parti di conversazioni di cui è vietata la trascrizione riguardino “esclusivamente” fatti, circostanze e persone estranei alle indagini.
Il testo novellato del comma 1 dell’art. 268 c.p.p. conferma che le comunicazioni intercettate sono registrate e che delle operazioni è redatto verbale (come già attualmente previsto), aggiungendo che i verbali ed i supporti delle registrazioni sono custoditi nell'archivio riservato disciplinato dall'art. 269 c.p.p.
La novella al comma 2 amplia il contenuto del verbale (che attualmente si limita a dar conto, anche sommariamente, del contenuto delle comunicazioni intercettate), precisando che esso deve recare: l'indicazione degli estremi del decreto che ha disposto l'intercettazione; la descrizione delle modalità di registrazione; l'annotazione del giorno e dell'ora di inizio e di cessazione dell'intercettazione. Nel medesimo verbale sono altresì annotati cronologicamente, per ogni comunicazione intercettata, i riferimenti temporali della comunicazione e quelli relativi all'ascolto, la trascrizione sommaria del contenuto, nonché i nominativi delle persone che hanno provveduto alla loro annotazione. La disposizione riprende il contenuto dell'attuale comma 1 dell'art. 89 disp. att. c.p.p.
Il testo novellato del comma 3 concentra a livello distrettuale le operazioni di registrazione: le operazioni di registrazione saranno compiute per mezzo degli impianti installati nei centri di intercettazione telefonica istituiti presso ogni distretto di corte di appello; le operazioni di ascolto saranno compiute mediante gli impianti installati presso la competente procura della Repubblica o, previa autorizzazione del PM, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati per le indagini.
Il nuovo comma 3-terattribuisce ai procuratori generali presso la corte di appello e ai procuratori della Repubblica territorialmente competenti i poteri di gestione, vigilanza, controllo e ispezione, rispettivamente, sui centri di intercettazione e sui punti di ascolto.
Il comma 4, su cui interviene il testo del Senato, conferma che i verbali e le registrazioni devono essere immediatamente trasmessi al PM e che questi, entro 5 giorni dalla conclusione delle operazioni, deve depositarli in segreteria insieme con i decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione. Le novità previste dal disegno di legge rispetto al testo vigente sono le seguenti: il tempo durante il quale i verbali e le registrazioni devono restare depositati in segreteria non può essere inferiore a 15 giorni; la proroga viene disposta dal tribunale (e non dal giudice), su istanza delle parti, qualora essa sia necessaria tenuto conto del "loro numero" e del numero e della complessità delle intercettazioni.
Il comma 5 viene riformulato con la precisazione che: il soggetto competente ad autorizzare il PM a ritardare il deposito è il tribunale; l'autorizzazione deve essere motivata; il termine ultimo per il deposito è la data di emissione dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari (attualmente, si parla della chiusura delle indagini preliminari).
Il testo novellato del comma 6 chiarisce che i difensori delle parti ricevono immediatamente avviso che, entro il termine di cui ai commi 4 e 5, possono prendere visione dei verbali e dei decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione, confermando altresì la facoltà di ascoltare le registrazioni e di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. Viene introdotto il riferimento alla facoltà di prendere visione delle videoregistrazioni. Viene inoltre vietato il rilascio di copia dei verbali, dei supporti e dei decreti.
Il nuovo comma 6-bis, nel testo modificato dal Senato, vieta lo stralcio delle registrazioni e dei verbali attinenti al procedimento ai sensi del comma 4.
Il nuovo comma 6-ter ridisegna il procedimento di stralcio, prevedendo, in particolare, un’udienza innanzi al tribunale in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 127 c.p.p..
Il testo novellato del comma 7 attribuisce al tribunale la competenza a disporre la trascrizione integrale delle registrazioni (ovvero la stampa in forma intellegibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche), specificando che tali operazioni sono disposte nei soli casi in cui il tribunale le ritenga necessarie ai fini della decisione da assumere.
Il nuovo comma 7-bis, modificato dal Senato, stabilisce che è sempre vietata la trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti esclusivamente fatti, circostanze e persone estranee alle indagini e prevede che il tribunale in ogni caso dispone che i nomi o i riferimenti identificativi di soggetti estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni.
Il testo novellato del comma 8 attribuisce ai difensori la facoltà di estrarre copia delle trascrizioni e di fare eseguire la trasposizione delle registrazioni su supporto informatico (la disciplina vigente prevede la trasposizione su nastro magnetico). La disposizione ribadisce inoltre, analogamente a quanto già attualmente previsto, che in caso di intercettazione di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, i difensori possono richiedere copia su idoneo supporto dei flussi intercettati ovvero copia della stampa delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite
Il comma 13, non modificato dal Senato, novella i commi 1, 2 e 3 dell'art. 269 c.p.p., in materia di conservazione della documentazione.
Il testo novellato del comma 1 stabilisce che i verbali ed i supporti contenenti le registrazioni sono conservati integralmente in un apposito archivio riservato tenuto presso l'ufficio del PM che ha disposto l'intercettazione, con divieto di allegazione, anche solo parziale, al fascicolo. Il testo attuale della disposizione si limita a prevedere che i verbali e le registrazioni sono conservati integralmente presso il PM che ha disposto l'intercettazione
Le modifiche al comma 2 dello stesso art. 269 c.p.p. sono volte a precisare che le registrazioni – da conservare fino a sentenza non più soggetta ad impugnazione – sono successivamente distrutte nelle forme di cui al comma 3.
Infine, ai commi 2 e 3 (in coerenza con quanto previsto dal comma 11 del disegno di legge) viene attribuita al tribunale la competenza a disporre la distruzione della documentazione non necessaria per il procedimento a tutela della riservatezza.
Il comma 14, modificato dal Senato, novella l’art. 270 c.p.p., in materia di utilizzazione delle intercettazioni in altri procedimenti.
Rispetto al testo approvato dalla Camera, il testo Senato estende l’ambito delle eccezioni al divieto di utilizzare i risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali le intercettazioni sono state disposte.
Il vigente comma 1 dell'art. 270 c.p.p. vieta l’utilizzazione delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali sono state disposte, salvo che dette intercettazioni risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza.
Il testo approvato dalla Camera circoscriveva la deroga a tale principio ai casi in cui l’utilizzazione delle intercettazioni disposte in procedimenti diversi risultasse indispensabile per l'accertamento dei delitti di grave allarme sociale di di cui agli artt. 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), c.p.p., e a condizione che esse non fossero state dichiarate inutilizzabili nel procedimento in cui sono state disposte.
Il testo del Senato aggiunge il riferimento all’accertamento dei seguenti delitti:
§ alcuni delitti contro la personalità internazionale dello Stato e in particolare: Attentati contro l'integrità, l'indipendenza e l'unità dello Stato (art. 241 c.p.); Procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato (art. 256 c.p.); Spionaggio politico o militare (art. 257 c.p.);
§ scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter);
§ devastazione e saccheggio (art. 419);
§ commercio di materiale pornografico, realizzato utilizzando minori di 18 anni (art. 600-ter, secondo comma);
§ turismo sessuale (art. 600-quinquies)
I commi 15 e 16 novellano l’art. 271 c.p.p. (modificando il comma 1 e aggiungendo il comma 1-bis), relativo al divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge o qualora non siano state osservate specifiche disposizioni.
Le modifiche apportate dal Senato al comma 1 sono di mero coordinamento con la soppressione delle novelle all’art. 270-bis(relativo alle comunicazioni di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e ai servizi di informazione per la sicurezza), introdotte dalla Camera, su cui infra.
Le modifiche al comma 1 estendono i casi di inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, prevedendola nel caso di mancata osservanza oltre che delle disposizioni previste dalla norma vigente (artt. 267 e 268, commi 1 e 3) anche delle seguenti disposizioni: art. 268, comma 5 (caso in cui il tribunale autorizza il PM a ritardare il deposito in segreteria dei verbali e delle registrazioni non oltre la data di emissione dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari); art. 268, comma 6, c.p.p. (avviso ai difensori in merito all'avvenuto deposito; divieto di rilascio di copia dei verbali, dei supporti e dei decreti); art. 268, comma 6-bis, c.p.p. (divieto di disporre lo stralcio delle registrazioni e dei verbali attinenti al procedimento ai sensi del comma 4 della medesima disposizione).
Il comma 1-bis introduce un ulteriore divieto di utilizzazione delle intercettazioni, nel caso in cui in udienza preliminare o nel dibattimento il fatto risulti diverso (il testo Camera faceva, invece, riferimento ad una diversa qualificazione del fatto) e, in relazione al nuovo fatto, non si rientri nelle ipotesi previste dall’art. 266 c.p.p. con riferimento all’ammissibilità delle intercettazioni.
Si segnala che nel corso dell’esame al Senato è stato soppresso il comma 14 del testo approvato dalla Camera, che recava la sostituzione integrale dell’art. 270-bisin materia di comunicazioni di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e ai servizi di informazione per la sicurezza.
La novella interveniva sul procedimento applicabile nel caso di acquisizione tramite intercettazioni di comunicazioni di servizio di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) o ai servizi di informazione per la sicurezza (AISE e AISI) (al fine in particolare dell’accertamento se taluna di queste informazioni fosse coperta dal segreto di Stato) e disciplinava l’ipotesi in cui le operazioni di cui all’art. 266 c.p.p. dovessero essere disposte su utenze riconducibili ai medesimi.
Il comma 9, introdotto dal Senato, novella l’art. 240, comma 2, c.p.p., estendendo la disciplina prevista per gli atti relativi ad intercettazioni illegali e per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni anche ai documenti, supporti ed atti relativi alle riprese e registrazioni fraudolente di cui all’articolo 616-bis del codice penale (introdotto dal successivo comma 27, lett. c), salvi i casi in cui la punibilità è esclusa ai sensi del secondo comma del medesimo articolo.
In base alla disciplina vigente, il PM dispone l'immediata secretazione e la custodia in luogo protetto di tali documenti, dei quali è vietato effettuare copia in qualunque forma e in qualunque fase del procedimento e il cui contenuto non può essere utilizzato; il PM entro quarantotto ore chiede al GIP di disporre la distruzione di tali documenti, disposta a seguito di procedimento in camera di consiglio; delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale.
Il comma 17, non modificato dal Senato, incide sull’articolo 292 c.p.p. relativo al contenuto delle ordinanze che dispongono misure cautelari.
In particolare viene aggiunto un comma 2-quater all’art. 292 c.p.p., che prevede che l’ordinanza che autorizza una misura cautelare possa fare riferimento solo al contenuto delle intercettazioni e non riportare il loro testo integrale; il testo integrale delle intercettazioni va inserito in apposito fascicolo da allegare agli atti.
Il comma 18, parzialmente modificato dal Senato, novella il comma 3 dell’art. 293 c.p.p. (relativo agli adempimenti esecutivi delle misure cautelari), introducendo un periodo aggiuntivo che attribuisce ai difensori la facoltà di prendere visione del contenuto integrale dell’intercettazione richiamata per l’applicazione delle misure cautelari.
La modifica si limita a sopprimere il riferimento al fatto che il richiamo dell’intercettazione nell’ambito dell’ordinanza che dispone la misura cautelare sia “per contenuto” (che peraltro già è previsto dal testo novellato dell’art. 292 c.p.p.).
I commi 20 e 21, non modificati dal Senato, novellano l’artt. 329 c.p.p. in materia di atti coperti dal segreto.
La novella al comma 1 è volta a precisare che il segreto copre non solo gli atti bensì tutta l'attività d’indagine compiuta dal PM e dalla polizia giudiziaria (comma 19).
Il comma 2, nel testo novellato, stabilisce che la eventuale autorizzazione alla pubblicazione di singoli atti o di parti di essi sia disposta non più dal PM ma dal giudice, su richiesta del primo (comma 20).
Il comma 22, parzialmente modificato dal Senato, introduce nel codice di procedura penale il nuovo art. 329-bis, relativo all’obbligo del segreto per le intercettazioni.
Il comma 1 dell’articolo aggiuntivo, non modificato dal Senato, prevede che siano sempre coperti da segreto i verbali, le registrazioni e i supporti relativi alle conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche custoditi nell’archivio riservato previsto dall'art. 269 c.p.p., che non siano stati acquisiti al procedimento.
Il comma 2, modificato dal Senato:
§ prevede l’operatività del segreto anche per i documenti che contengono dati inerenti a intercettazioni illecitamente formati o acquisiti e i documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni, se non acquisiti al procedimento;
§ limita il segreto sino alla chiusura delle indagini preliminari per i medesimi documenti, qualora essi siano stati acquisiti al procedimento; rispetto al testo della Camera, il Senato ha eliminato la precisazione dell’acquisizione al procedimento come corpo del reato.
Il comma 23, non modificato dal Senato, novella l’art. 380, comma 2, lett. m), c.p.p., integrando la lista dei reati per cui è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.
Il testo novellato dell’art. 380 c.p.p. prevede l’arresto obbligatorio in flagranza anche per il delitto di associazione per delinquere finalizzata a commettere particolari ipotesi di furto aggravato, furto in abitazione e furto con strappo. Ciò comporterà l'utilizzabilità, nei procedimenti per l'accertamento dei suddetti delitti, dei risultati delle intercettazioni disposte in altri procedimenti.
Si ricorda infatti che l'art. 270 c.p.p., come modificato dal comma 14 del disegno di legge in esame, prevede che, in deroga alla regola generale, i risultati delle intercettazioni potranno essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali le intercettazioni sono state disposte qualora risultino indispensabili per l'accertamento, fra l'altro, dei delitti di cui all'art. 407, comma 2, lettera a), c.p.p.; quest'ultimo, al numero 7, prevede appunto i delitti di cui all'art. 416 c.p. (associazione per delinquere) nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza.
Il comma 24 novella l’art. 89 disp. att. c.p.p., in materia di verbale e nastri registrati delle intercettazioni.
Rispetto al testo approvato dalla Camera è stato soppresso il comma 2-ter, introdotto dalla Camera, in conseguenza della soppressione, nel testo del Senato, delle modifiche all’art. 270-bis c.p.p.in materia di comunicazioni di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e ai servizi di informazione per la sicurezza.
Il comma 2-ter dell’art. 89 disp.att.c.p.p. del testo Camera prevedeva infatti che in relazione alle informazioni, documenti, supporti e atti relativi alle operazioni di cui all'art. 270-bis, si applicassero le disposizioni in materia di protezione e tutela dei documenti e materiali classificati ovvero coperti da segreto di Stato.
Le altre modifiche all’art. 89, su cui non è intervenuto il Senato, riguardano i seguenti profili:
- il comma 1 viene abrogato e il suo contenuto sostanzialmente trasferito nell'art. 268, comma 2, c.p.p. ad opera del comma 12, lettera a), del disegno di legge in esame;
- il comma 2 non prevede più che le registrazioni siano contenute su nastro, bensì, genericamente su supporto e che tali supporti non contengano solo le registrazioni, ma anche i flussi di comunicazioni informatiche o telematiche;
- lo stesso comma 2 prevede che l’involucro che contiene i nastri delle registrazioni riporti anche il numero che risulta dal registro delle notizie di reato:
- il comma aggiuntivo 2-bis prevede la designazione - da parte del procuratore della Repubblica – di un funzionario responsabile del servizio intercettazioni nonché della tenuta sia del registro sia dell’archivio riservato delle intercettazioni;
Il comma 25, non modificato dal Senato, novella l’art. 129 c.p.p., in materia di informazioni sull’azione penale.
La prima novella, al comma 1, integra il contenuto delle notizie che - in caso di esercizio dell’azione penale nei confronti di un impiegato dello Stato o di altro ente pubblico - il PM procedente deve fornire all'autorità da cui l'impiegato dipende. Oltre alla notizia dell'imputazione, il PM dovrà menzionare anche le norme di legge che si ritengono violate nonché la data e luogo del fatto.
Con le ulteriori modifiche all’art. 129, come recita la relazione al provvedimento in esame “si provvede a recepire il risultato degli accordi intercorsi tra Stato e Chiesa”:
- il riformulato comma 2 individua le autorità ecclesiastiche che, in relazione alle cariche ricoperte, sono destinatarie delle informazioni sull’avvio dell’azione penale verso ecclesiastici o religiosi del culto cattolico;
- tali autorità ecclesiastiche sono determinate dai nuovi commi 2-ter e 2-quater: le informazioni sono fornite al cardinale Segretario di Stato, quando invece siano indagati o imputati sacerdoti secolari e assimilati le informazioni sono fornite all’ordinario diocesano nella cui circoscrizione territoriale ha sede la procura procedente;
- il nuovo comma 2-bis riproduce il contenuto dell'attuale comma 3-bis (di cui si dispone contestualmente l'abrogazione), aggiungendovi la previsione che gli obblighi informativi all’autorità ecclesiastica cattolica sussistono anche nei casi di applicazione di altre misure cautelari personali nonché di invio dell’informazione di garanzia.
Il comma 26, modificato dal Senato, novella il comma 2 dell’art. 147 disp. att. c.p.p., in materia di riprese audiovisive dei dibattimenti.
Il testo approvato dalla Camera eliminava la facoltà del giudice, prevista dalla disposizione vigente, di autorizzare in tutto o in parte la ripresa fotografica, fonografica o audiovisiva ovvero la trasmissione radiofonica o televisiva del dibattimento anche senza il consenso delle parti, in presenza di un interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento. Il Senato ha ripristinato tale previsione, rimettendo tuttavia la competenza ad autorizzare la ripresa al Presidente della Corte d’appello.
Il comma 30, non modificato dal Senato, introduce il nuovo art. 90-bis nell’ambito delle disp. att. c.p.p., in materia di Spese di gestione e di amministrazione in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali
Tale disposizione prevede una relazione da parte di ciascun procuratore della Repubblica da trasmettere al Ministro della giustizia entro il 31 marzo di ogni anno relativa alle spese di gestione e di amministrazione per le intercettazioni effettuate nell'anno precedente. La relazione è successivamente trasmessa dal Ministro della giustizia alla Corte dei conti, ai fini del controllo sulla gestione di cui alla legge 14 gennaio 1994, n. 20.
Il comma 27, alla lettera a), modificata dal Senato, sostituisce l’art. 379-bis c.p., in tema di rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale.
Le modifiche apportate dal Senato consistono, oltre che nella garanzia dell’applicazione di eventuali più gravi fattispecie di reato, nell’aumento da cinque a sei anni del massimo della reclusione per la rivelazione illecita di segreti inerenti ad un procedimento penale da parte di chi ne sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio o servizio.
Attualmente, l'art. 379-bis c.p. punisce con la reclusione fino a 1 anno, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque riveli indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per avere partecipato o assistito ad un atto del procedimento stesso. La stessa pena si applica alla persona che, dopo avere rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal PM ai sensi dell'art. 391-quinquies c.p.p..
Il disegno di legge in esame, nel testo modificato dal Senato, prevede, salvo che il fatto costituisca più grave reato, la reclusione da 1 a 6 anni per chiunque indebitamente riveli notizie inerenti ad atti o a documentazione del procedimento penale coperti dal segreto, dei quali sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio o servizio svolti in un procedimento penale, o ne agevoli comunque la conoscenza (primo comma). Viene conferita rilevanza penale anche alla rivelazione ed alla agevolazione colpose, per le quali è prevista la reclusione fino ad un anno (secondo comma). Il terzo comma riproduce senza innovazioni sostanziali l'attuale secondo periodo del primo comma dell'art. 379-bis c.p. Le pene sono aumentate se il fatto concerne comunicazioni di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o ai servizi di informazione per la sicurezza (quarto comma). La competenza per i reati previsti dalla disposizione è determinata ai sensi dell'art. 11 c.p.p. (che disciplina la competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati) (quinto comma).
La lettera b), non modificata dal Senato, novella l’art. 614 c.p., in tema di violazione di domicilio.
Il disegno di legge interviene sul primo comma dell’art. 614 c.p., per sostituire l’espressione "luogo di privata dimora" con l’espressione "luogo privato", il che determina un’estensione dell’ambito applicativo della fattispecie penale della violazione di domicilio.
La lett. c), introdotta dal Senato, inserisce nel codice penale il nuovo reato di Riprese e registrazioni fraudolente (art. 616-bis), punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
La nuova fattispecie di reato, punibile a querela della persona offesa, consiste nella condotta di chi fraudolentemente effettua riprese o registrazioni di comunicazioni e conversazioni a cui partecipa, o comunque effettuate in sua presenza e ne fa uso senza il consenso degli interessati (primo comma).
Si segnala che il parere reso dalla Commissione affari costituzionali del Senato nella seduta del 28 aprile, conteneva un’osservazione nella quale si segnalava l’opportunità di verificare la congruità e la ragionevolezza della sanzione prevista.
La disposizione prevede i seguenti casi di esclusione della punibilità:
a) uso delle riprese o registrazioni nell'ambito di un procedimento innanzi all'autorità amministrativa ovvero giudiziaria ordinaria o amministrativa o nell'ambito di un procedimento volto alla definizione di una controversia;
b) effettuazione delle riprese o registrazioni nell'ambito delle attività di difesa della sicurezza dello Stato;
c) effettuazione delle riprese o registrazioni ai fini della attività di cronaca da giornalisti appartenenti all'ordine professionale.
Le altre modifiche al codice penale (lett. d-h)
La lettera d), non modificata dal Senato, attraverso una novella all’art. 617 c.p., punisce con la reclusione da sei mesi a 3 anni la pubblicazione di intercettazioni di cui è stata ordinata la distruzione o riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini di cui sia stata disposta l'espunzione (in violazione dell’art. 114, comma 7, c.p.p.)
La lettera e), parzialmente modificata dal Senato, inserisce nel codice penale il nuovo art. 617-septies, rubricato “Accesso abusivo ad atti del procedimento penale”.
La norma sanziona con la reclusione da 1 a 3 anni chiunque illecitamente prende cognizione di atti del procedimento penale coperti dal segreto. Il Senato ha aggiunto l’aggravante del fatto commesso dal pubblico ufficiale o da incaricato di pubblico servizio, al quale si applica la reclusione da due a sei anni.
Le lettere f) e g), non modificate dal Senato, novellano la contravvenzione prevista dall’art. 684 c.p., in tema di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale.
L’art. 684 c.p. punisce attualmente con l'arresto fino a trenta giorni o con l'ammenda da 51 a 258 euro chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa d'informazione, atti o documenti di un procedimento penale, di cui sia vietata per legge la pubblicazione.
Il disegno di legge in esame prevede:
- l’inasprimento della sanzione pecuniaria (ammenda da 1.000 a 5.000 euro);
- l'arresto fino a trenta giorni o l'ammenda da 1.000 a 5.000 euro anche per chi viola il divieto di cui al nuovo comma 6-ter dell'art. 114 c.p.p., dall’art. 1, comma 6 del disegno di legge in esame (divieto di pubblicazione e diffusione dei nomi e delle immagini dei magistrati relativamente ai procedimenti e processi penali loro affidati);
- un’aggravante per l’ipotesi in cui la pubblicazione riguardi intercettazioni (ammenda da 2.000 a 10.000 euro, sempre in alternativa all'arresto fino a trenta giorni).
La lettera h), anch’essa non modificata dal Senato, introduce nel codice penale il nuovo art. 685-bis, recante la contravvenzione di omesso controllo in relazione alle operazioni di intercettazione.
La nuova disposizione prevede, salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, l’ammenda da euro 500 a euro 1.032 euro per i soggetti di cui:
- all'art. 268, comma 3-ter, c.p.p. (procuratori generali presso la corte d'appello e procuratori della repubblica territorialmente competenti);
- all'art. 89, comma 2-bis, disp. att. c.p.p. (funzionario responsabile del servizio di intercettazione, della tenuta del registro riservato delle intercettazioni e dell'archivio riservato nel quale sono custoditi i verbali e i supporti),
che omettono di esercitare il controllo necessario ad impedire la indebita cognizione di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di altre forme di telecomunicazione, di immagini mediante riprese visive e della documentazione del traffico della conversazione o comunicazione stessa di cui all’art. 266, comma 1, c.p.p.
Il comma 28, modificato dal Senato, estende l’applicazione della disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (contenuta nel d.lgs. n. 231 del 2001) ad illeciti penali connessi a violazioni di disposizioni contenute nel disegno di legge in esame[2].
Il testo della Camera inseriva nel decreto legislativo 231/2001 l’art. 25-novies, rubricato “Responsabilità per il reato di cui all'articolo 684 del codice penale”, in forza del quale laddove fosse accertata l’arbitraria pubblicazione di atti di un procedimento penale, il giudice doveva applicare all’ente la sanzione pecuniaria da 250 a 300 quote.
Le modifiche apportate dal Senato, da un lato, mirano a porre rimedio ad un errore di numerazione degli articoli già contenuto nel testo vigente del d.lgs. n. 231 del 2001, che reca due art. 25-novies, l’uno rubricato Delitti in materia di violazione del diritto d’autore, l’altro Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria.
Il testo trasmesso, senza incidere sul relativo contenuto, rinumera come art. 25-deciesl’attuale art. 25-novies (Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria).
L’articolo 25-undeciescorrisponde con sostanziali modifiche al testo introdotto dalla Camera dell’art. 25-novies (Responsabilità per il reato di cui all’articolo 684 del codice penale). A parte la sostituzione della rubrica, che diventa Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, il testo del Senato:
- estende la responsabilità dell’ente alla commissione del reato di cui all’art. 617, quarto comma, c.p. (pubblicazione di intercettazioni di cui è stata ordinata la distruzione o riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini di cui sia stata disposta l'espunzione), prevedendo l’applicazione all’ente della sanzione pecuniaria da 100 a 300 quote;
- riduce la sanzione pecuniaria (da 100 a 200 quote in luogo della sanzione da 250 a 300 quote, prevista dal testo Camera) applicabile all’ente nel caso del reato di cui all’art. 684 c.p. (arbitraria pubblicazione di atti di un procedimento penale).
Il comma 29, parzialmente modificato dal Senato, novella l’art. 8 della legge sulla stampa (legge 8 febbraio 1948, n. 47) in tema di diritto di rettifica.
La modifica del Senato è limitata alla precisazione che, in materia di diritto di rettifica, il riferimento alla pubblicazione sui siti informatici comprende anche i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica.
La modifica è stata motivata con la circostanza che il riferimento ad un termine generico come "siti informatici", sembrava porre l'obbligo di rettifica a carico, piuttosto che degli autori dei contenuti diffamatori, dei gestori di piattaforme che ospitano contenuti realizzati da terzi.
La lettera a) del comma 29 inserisce un nuovo comma, dopo il terzo all’art. 8 della legge 47/1948, con il quale dispone che per le trasmissioni radiofoniche o televisive, il diritto di rettifica si esercita ai sensi dell’art. 32 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177), già T.U. della radiotelevisione. L’art. 32 del Testo unico disciplina l’esercizio del diritto di rettifica in relazione a telegiornali e giornali radio. La disposizione, ricalcando quando previsto dalla legge sulla stampa, prevede che la rettifica sia effettuata entro 48 ore dalla data di ricezione della richiesta, in fascia oraria e con il rilievo corrispondenti a quelli della trasmissione che ha dato origine alla lesione degli interessi. Trascorso detto termine senza che la rettifica sia stata effettuata, l'interessato può rivolgersi all’autorità giudiziaria ovvero, se l’emittente contesta il diritto alla rettifica, all’Autorità delle comunicazioni che si pronuncerà entro 5 giorni. Lo stesso nuovo comma dispone che per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, la rettifica sia pubblicata entro 48 ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferisce. La lettera b), novellando l’attuale comma 4 dell’art. 8, precisa che la pubblicazione della rettifica non deve essere accompagnata da commenti. La lettera c) inserisce un ulteriore comma, dopo il quarto, con il quale disciplina l’esercizio del diritto di rettifica in relazione alla stampa non periodica. In particolare, prevede che l'autore dello scritto (o, in mancanza, l’editore o, in mancanza, lo stampatore) debba provvedere, su richiesta della persona offesa, alla pubblicazione della rettifica, a proprie spese, su massimo 2 quotidiani a tiratura nazionale indicati dall’offeso. Tale pubblicazione dovrà essere effettuata entro 7 giorni dalla richiesta, con idonea collocazione e caratteristica grafica e deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto che l'ha determinata. La lettera d) coordina la disposizione dell’attuale quinto comma, relativa all’azione a tutela del diritto di rettifica, con le modifiche apportate al resto dell’art. 8. La lettera e) inserisce un ulteriore comma, dopo il quinto, per prevedere che il ricorso al tribunale a garanzia dell’effettività del diritto di rettifica sia consentito anche all’autore della pubblicazione quando altri (direttore responsabile del quotidiano/periodico o responsabile della trasmissione) si rifiutino di pubblicare la rettifica richiesta. |
I commi 31 e 32, introdotti dal Senato,novellano gli articoli 4 e 6 della legge 140/2003, recante Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato.
Il comma 31 introduce nell’articolo 4:
- il comma 4-bis, che estende la necessità dell’autorizzazione della Camera di appartenenza (prevista per l’esecuzione delle intercettazioni o l’acquisizione di tabulati di comunicazioni nei confronti di un parlamentare) anche al caso in cui tali operazioni debbono essere eseguite nei confronti di soggetti diversi dai parlamentari se, da qualsiasi atto d’indagine, emerge che tali operazioni sono finalizzate ad accedere, anche indirettamente, alla sfera di comunicazione del parlamentare;
- il comma 4-ter, che prevede l’inserimento e la conservazione dei verbali e dei supporti di tali intercettazioni in apposita sezione dell’archivio riservato tenuto presso l’ufficio del PM di cui all’art. 269 c.p.p. (nel testo novellato dall’art. 1, comma 13, del disegno di legge).
Il parere reso il 28 aprile del 2010 dalla 1a Commissione del Senato contiene un’osservazione con la quale “per quanto attiene l'autorizzazione a procedere con riguardo a intercettazioni indirette o casuali, si invita a valutare la coerenza delle disposizioni ivi previste con il quadro legislativo di riferimento, anche in considerazione di recenti pronunce della Corte costituzionale in materia”.
In proposito si ricorda che, come chiarito dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 390 del 2007 e n. 113 del 2010, la disciplina dell’autorizzazione preventiva, delineata dall’art. 4 della legge n. 140 del 2003 in attuazione dell’art. 68, terzo comma, Cost. “deve trovare applicazione «tutte le volte in cui il parlamentare sia individuato in anticipo quale destinatario dell’attività di captazione»: dunque, non soltanto quando siano sottoposti ad intercettazione utenze o luoghi appartenenti al soggetto politico o nella sua disponibilità (intercettazioni «dirette»), ma anche quando lo siano utenze o luoghi di soggetti diversi, che possono tuttavia «presumersi frequentati dal parlamentare» (intercettazioni «indirette»). In altre parole, ciò che conta «non è la titolarità o la disponibilità dell’utenza captata, ma la direzione dell’atto di indagine»: «se quest’ultimo è volto, in concreto, ad accedere nella sfera delle comunicazioni del parlamentare, l’intercettazione non autorizzata è illegittima, a prescindere dal fatto che il procedimento riguardi terzi o che le utenze sottoposte a controllo appartengano a terzi». La disciplina dell’autorizzazione successiva, prevista dall’impugnato art. 6, si riferisce, per converso, unicamente alle intercettazioni «casuali» (o «fortuite»): rispetto alle quali, cioè – «proprio per il carattere imprevisto dell’interlocuzione del parlamentare» – «l’autorità giudiziaria non potrebbe, neanche volendo, munirsi preventivamente del placet della Camera di appartenenza»”.
Il comma 32 inserisce nell’articolo 6 il comma 6-bis applicabile ai verbali e ai supporti delle registrazioni di intercettazioni di conversazioni disposte nel corso di procedimenti penali riguardanti terzi, ma alle quali abbiano preso parte parlamentari, nonché ai tabulati acquisiti nel corso dei medesimi procedimenti. Tali documenti e supporti devono immediatamente essere trasmessi al procuratore della Repubblica, che ne dispone l’inserimento in apposita sezione dell’archivio riservato di cui all’art. 269 c.p.p.. Dell’esistenza di tale materiale, se non già distrutto per la sua irrilevanza, è data riservata comunicazione al parlamentare al termine delle indagini preliminari.
I commi 30, 33, e 35 in materia di spese per intercettazioni non sono stati modificati dal Senato.
Il comma 30 introduce nelle norme di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271) il nuovo art. 90-bis, che prevede, che ciascun procuratore della Repubblica entro il 31 marzo di ogni anno trasmetta al Ministro della giustizia una relazione annuale sulle spese di gestione e di amministrazione per le intercettazioni effettuate nell'anno precedente. La relazione è successivamente trasmessa dal Ministro alla Corte dei conti, ai fini del controllo sulla gestione di cui alla legge 14 gennaio 1994, n. 20. Il comma 33 prevede uno stanziamento complessivo massimo di spesa per il servizio riguardante le operazioni di intercettazione ripartito per ciascun distretto di Corte di appello; lo stanziamento è stabilito dal Ministro della giustizia con decreto, sentito il CSM. Spetta, poi, al procuratore generale presso la Corte di appello provvedere alla ripartizione dello stanziamento tra le singole procure del distretto. Eventuali deroghe al limite di spesa, su richiesta del procuratore capo, possono essere approvate dal procuratore generale, per comprovate sopravvenute esigenze investigative. Il comma 35 reca la clausola di invarianza finanziaria riferita allo stanziamento complessivo per le intercettazioni. |
Durante l’esame al Senato è stato, invece, aggiunto un comma 34 che, a fini di contenimento della spesa per intercettazioni, ha stabilito che, con decreto dei Ministri della giustizia, dello sviluppo economico e per la pubblica amministrazione e innovazione, da adottare entro 120 gg. dall’entrata in vigore della legge in esame, siano stabilite le tariffe per la fornitura dei servizi d’intercettazione da parte delle società telefoniche.
Il comma 36, non modificato dal Senato, abroga l’art. 13 del D.L. 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa), convertito dalla legge 12 luglio 1991, n. 203.
L'abrogazione dell’art. 13 è prevista a fini di coordinamento con le modifiche apportate dal comma 11, lett. d) dell’art. 1 del disegno di legge in esame all’art. 267 c.p.p., in particolare mediante l'inserimento del nuovo comma 3-ter (svolgimento delle operazioni di cui all’art. 266 c.p.p. in relazione ai reati di grave allarme sociale di cui all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater), il cui ambito di applicazione, come si è rilevato sopra, solo parzialmente coincide con quello della disposizione abrogata. |
Il comma 37, non modificato dal Senato, novella gli artt. 139 e 170 del D.Lgs 196 del 2003.
La lettera a)del comma 37novella l’art. 139 del Codice della privacy, in tema di codice di deontologia relativo ad attività giornalistiche. Essa interviene sul comma 5 di tale disposizione che attualmente stabilisce che, in caso di violazione delle prescrizioni contenute nel codice di deontologia, il Garante può vietare il trattamento, ai sensi dell'art. 143, comma 1, lettera c), del Codice stesso. La novella stabilisce che: - alternativamente al divieto, il Garante può disporre il blocco del trattamento ai sensi dell'art. 143, comma 1, lettera c), del Codice; - l'intervento del Garante può avere luogo non solo nel caso di violazione delle prescrizioni contenute nel codice di deontologia, ma anche in caso di violazione delle norme generali sul trattamento dei dati (art. 11 del Codice della privacy) o delle norme specifiche relative al trattamento per finalità giornalistiche (art. 137 del Codice della privacy). La stessa lettera a) del comma 37 aggiunge all'art. 139 i nuovi commi 5-bis, 5-ter e 5-quater. In forza del nuovo comma 5-bis, il Garante può a tutela dell’interessato, imporre la pubblicazione o diffusione (per intero o per estratto) in una o più testate della decisione che accerta la violazione. Ai sensi del nuovo comma 5-ter, nell’ambito del procedimento che conduce alla decisione del Garante, il Consiglio nazionale, il Consiglio dell'Ordine dei giornalisti competente, eventuali associazioni rappresentative di editori, possono far pervenire documenti e la richiesta di essere sentiti. Il comma 5-quater prevede che la pubblicazione o diffusione della citata decisione del Garante sia effettuata gratuitamente e nel rispetto delle modalità fissate dallo stesso Garante. Se la pubblicazione deve essere effettuata anche su testate diverse da quella che ha commesso la violazione, per le modalità e le spese si osservano le disposizioni del regolamento sulle procedure istruttorie dell’Antitrust in materia di pubblicità ingannevole e comparativa (viene richiamato l'art. 15 del D.P.R. 11 luglio 2003, n. 284). La lettera b), con finalità di coordinamento con le modifiche descritte, novella l’art. 170 del Codice (Inosservanza di provvedimenti del Garante), così da prevedere la reclusione da 3 mesi a 2 anni - oltre che nei casi già attualmente previsti - per chiunque, essendovi tenuto, non osserva un provvedimento del Garante. Nell’elenco dei provvedimenti la cui violazione comporta responsabilità penale viene inserito il provvedimento di cui al sopra richiamato art. 139, comma 5-bis. |
Il comma 38, introdotto dal Senato, novella l’art. 2 del d.lgs. n. 109 del 2006, relativo agli illeciti disciplinari dei magistrati.
La disposizione aggiunge al comma 1 del citato art. 2 la lett. h-bis), che prevede come nuova tipologia di illecito disciplinare compiuto dal magistrato nell’esercizio delle funzioni “l’inserimento nella motivazione di un provvedimento giudiziario di circostanze relative a fatti personali di terzi estranei, che non rilevano a fini processuali”.
La disciplina transitoria, contenuta nei commi 39-42, è stata sostanzialmente modificata dall’altro ramo del Parlamento.
Il testo approvato dalla Camera espressamente escludeva l’applicazione delle nuove disposizioni ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore.
Il regime transitorio contenuto nel testo approvato dal Senato prevede al comma 39, rispetto ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della legge, la regola dell’inapplicabilità delle nuove disposizioni alle operazioni di intercettazione per le quali è già stato emesso il provvedimento di autorizzazione o di proroga. Il secondo periodo della medesima disposizione pone un’eccezione rispetto a tale regola: fatta salva la validità delle operazioni precedentemente disposte, le stesse non possono ulteriormente proseguire, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per un tempo superiore alla durata massima stabilita nell'articolo 267 del codice di procedura penale (ovvero, nel testo novellato, 75 giorni con possibilità di successive proroghe per periodi non superiori a tre giorni, ai sensi dell’art. 267, comma 3-bis).
Il comma 40 prevede l’applicazione anche ai procedimenti pendenti della nuova disciplina in materia di:
ü divieto di pubblicazione di atti di indagine (art. 114 c.p.p.; non è richiamata, invece, la novella all’art. 115, in materia di illecito disciplinare conseguente alla violazione del divieto di pubblicazione);
ü divieto di trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti esclusivamente fatti, circostanze e persone estranee alle indagini ed espunzione dalla trascrizioni dei nomi o dei riferimenti identificativi di soggetti estranei alle indagini (art. 268, comma 7-bis);
ü atti coperti dal segreto e obblighi di segreto per le intercettazioni (artt. 329 e 329-bis);
ü informazioni sull’azione penale nel caso in cui essa sia esercitata nei confronti di un impiegato dello Stato o di altro ente pubblico o nei confronti di un ecclesiastico (art. 129 disp. att. c.p.p.);
ü riprese audiovisive dei dibattimenti (art. 147 disp. att. c.p.p.).
Salvo quanto previsto dai commi 39 e 40, per le disposizioni di natura processuale opera la regola generale del tempus regit actum, in applicazione del principio più generale della irretroattività della legge fissato dall’art. 11 preleggi; da tale regola deriva l’applicazione della legge vigente al momento del compimento dell’atto processuale.
Con specifico riferimento alle norme processuali, la giurisprudenza ha chiarito che attraverso un’espressa disposizione transitoria, è possibile derogare al principio tempus regit actum.
In particolare, la Corte di cassazione (Cass., sez. I, n. 3173 del 2000) ha affermato che le norme processuali valgono soltanto per l’avvenire e, in assenza di diverse disposizioni transitorie, non hanno effetto retroattivo. In materia probatoria, sempre la Cassazione (Cass., sez. III, n. 2879 del 1979) ha ritenuto norme processuali quelle che attengono ai modi e ai termini della loro assunzione (appartengono invece al diritto sostanziale quelle che disciplinano l’efficacia e i limiti della loro ammissibilità, i vincoli inerenti alla loro disponibilità e l’eventuale valore legale).
La Corte costituzionale ha ritenuto legittime deroghe, attraverso espresse disposizioni transitorie, al principio tempus regit actum, affermando tuttavia che tali deroghe incontrano un limite nel principio di ragionevolezza e negli altri valori costituzionali.
In generale sull’art. 11 prel., la Corte ha affermato che il divieto di retroattività della legge ha valore costituzionale solo per la legge penale; al di fuori di essa, il legislatore può emanare norme interpretative o innovative con efficacia retroattiva, purché essa trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non sia in contrasto con altri valori costituzionali (Corte cost., n. 376 del 2004).
Si segnala, inoltre, Corte cost. n. 120 del 1975, in materia di intercettazioni, che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale di una norma transitoria che prevedeva l’invalidazione di intercettazioni autorizzate e assunte prima della data di entrata in vigore della legge; in quel caso, la Corte ritenne che tale disposizione andava incontro ad una sua precedente pronuncia e che non risultava una volontà del legislatore di derogare al principio tempus regit actum. In tale occasione, la Corte, incidentalmente, affermò che “l'interpretazione contraria, implicante l'eccezionale invalidazione a posteriori di talune prove ritualmente assunte secondo la legge dell'epoca, contrasterebbe (…) con il principio costituzionale di eguaglianza, discriminando tra prova e prova senza validi motivi” (l’ordinanza di rimessione aveva posto anche la questione della disparità di trattamento tra più imputati, per alcuni dei quali le prove legittimamente acquisite sarebbero state colpite da nullità assoluta).
In base, infine, al comma 41, le disposizioni di cui all'articolo 267, comma 1, del codice di procedura penale, nella parte relativa all'attribuzione della competenza ad autorizzare le operazioni di intercettazione al tribunale del capoluogo del distretto e alla composizione collegiale dello stesso, acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge. Fino a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni precedentemente vigenti.
Il differimento dell’applicazione di tale disciplina non è direttamente riferito anche alla competenza a convalidare il decreto emesso dal PM in caso di urgenza (comma 2 dell’art. 267) e il decreto di proroga delle operazioni di intercettazione (commi 3 e 3-bis dell’art. 267); mentre il comma 2 e, indirettamente, il comma 3-bis (relativo alla proroga per periodi di 3 giorni) dell’art. 267 richiamano il tribunale indicato nel comma 1, analogo richiamo non è previsto nel comma 3 (relativamente alla proroga per periodi di 15 giorni).
È stata, infine riprodotta senza modifiche, al comma 42, la previsione contenuta nel testo della Camera secondo la quale le nuove disposizioni in tema di svolgimento delle operazioni di intercettazione attraverso impianti installati presso ogni distretto di corte d’appello (comma 3 dell’art. 268) trovano applicazione decorsi tre mesi dalla pubblicazione del decreto con il quale il Ministro della giustizia dispone l'entrata in funzione dei centri di intercettazione telefonica.
Codice penale
(art. 241, 256, 257, 379-bis, 416-ter, 419, 600-ter, 600-quinquies, 614, 617 e
684)
LIBRO SECONDO
DEI DELITTI IN PARTICOLARE
TITOLO I
Dei delitti contro la personalità dello Stato (1)
Capo I
Dei delitti contro la personalità internazionale dello Stato
Art. 241.
Attentati contro l'integrità, l'indipendenza e l'unità dello Stato. (2)
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato [c.p. 4] o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza o l'unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l'esercizio di funzioni pubbliche (2).
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(1) Vedi l'art. 1, D.L. 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, in L. 6 febbraio 1980, n. 15, per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica.
(2) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 24 febbraio 2006, n. 85.
Il testo del presente articolo, in vigore prima della sostituzione disposta dalla citata legge n. 85 del 2006, era il seguente: «Chiunque commette un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza dello Stato, è punito con la morte.
Alla stessa pena soggiace chiunque commette un fatto diretto a disciogliere l'unità dello Stato, o a distaccare dalla madre Patria una colonia o un altro territorio soggetto, anche temporaneamente, alla sua sovranità.».
Vedi gli artt. 11 e 43, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, di approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e l'art. 15 della L.Cost. 11 marzo 1953, n. 1, nonché l'art. 9, primo comma, L. 18 aprile 1975, n. 110, per il controllo delle armi, munizioni ed esplosivi e la L. 5 giugno 1989, n. 219 recante nuove norme in tema di reati ministeriali e di reati previsti dall'articolo 90 della Costituzione.
L'art. 3, L. 8 agosto 1977, n. 533, in materia di ordine pubblico, così dispone: «Nel corso del procedimento per i reati concernenti le armi e gli esplosivi, nonché per quelli previsti dagli artt. 241, 285, 286 e 306 c.p. e dalla L. 20 giugno 1952, n. 645 e successive modificazioni, l'autorità giudiziaria dispone sempre, con decreto motivato, il sequestro dell'immobile, che sia sede di enti, associazioni o gruppi, quando in tale sede siano rinvenuti armi da sparo, esplosivi o ordigni esplosivi o incendiari, ovvero quando l'immobile sia pertinente al reato. Non può essere nominato custode dell'immobile sequestrato l'indiziato o l'imputato dei reati, per cui si procede, né persona aderente agli enti, associazioni o gruppi suddetti. Nella flagranza del reato, gli ufficiali di pubblica sicurezza procedono allo stesso modo trasmettendo, nelle quarantotto ore, il processo verbale all'autorità giudiziaria, indicata nel primo capoverso dell'art. 238 c.p.p. Quando il procedimento è definito con sentenza di condanna è sempre ordinata la confisca dell'immobile di cui al primo comma, se appartenente al condannato. Nel corso del procedimento il giudice deve disporre la restituzione dell'immobile sequestrato non appartenente all'imputato a chi provi di averne diritto, sempre che il mantenimento del sequestro non sia necessario per il procedimento».
Vedi, anche, la L. 22 dicembre 1980, n. 932, recante provvidenze a favore dei perseguitati politici e razziali. L'art. 5, secondo comma, L. 29 maggio 1982, n. 304 (terroristi pentiti), per la difesa dell'ordinamento costituzionale, così dispone: «Se il colpevole di uno dei delitti previsti dagli articoli 241, 276, 280, 283, 284, 285, 286, 289 e 295 del codice penale coopera efficacemente ad impedire l'evento cui gli atti da lui commessi sono diretti soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso». La decadenza da questi benefici in caso di false o reticenti dichiarazioni è regolata dall'art. 10 della stessa legge n. 304 del 1982, il cui art. 12 limita la applicazione del provvedimento solo ai reati che siano stati commessi o la cui permanenza sia iniziata entro il 31 gennaio 1982, purché i comportamenti cui è condizionata la loro applicazione vengano tenuti entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della legge (3 giugno 1982), termine differito di ulteriori centoventi giorni, con l'art. 1 del D.L. 1 ottobre 1982, n. 695, convertito nella L. 29 novembre 1982, n. 882. Vedi gli artt. 9-17, D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito con modificazioni in L. 15 marzo 1991, n. 82, in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e protezione di coloro che collaborano con la giustizia. Vedi l'art. 8, L. 18 febbraio 1987, n. 34, sulla dissociazione dal terrorismo.
Art. 256.
Procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato.
Chiunque si procura notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato o, comunque, nell'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete è punito con la reclusione da tre a dieci anni [c.p. 7, n. 1, 29, 32, 262, 302, 311, 312].
Agli effetti delle disposizioni di questo titolo, fra le notizie che debbono rimanere segrete nell'interesse politico dello Stato sono comprese quelle contenute in atti del Governo, da esso non pubblicati per ragioni d'ordine politico, interno o internazionale.
Se si tratta di notizie di cui l'Autorità competente ha vietato la divulgazione, la pena è della reclusione da due a otto anni.
Si applica la pena di morte (1) se il fatto ha compromesso la preparazione o l'efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari [c.p. 364].
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(1) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita, dall'art. 1, D.Lgs.Lgt. 10 agosto 1944, n. 224, che ad essa ha sostituito la pena dell'ergastolo.
Art. 257.
Spionaggio politico o militare.
Chiunque si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato, o comunque, nell'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete [c.p. 256] è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni [c.p. 7, n. 1, 29, 32, 255, 268, 302, 311, 312].
Si applica la pena di morte (1):
1. se il fatto è commesso nell'interesse di uno Stato in guerra con lo Stato italiano [c.p. 242];
2. se il fatto ha compromesso la preparazione o l'efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari [c.p. 364].
-----------------------
(1) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita, dall'art. 1, D.Lgs.Lgt. 10 agosto 1944, n. 224, che ad essa ha sostituito la pena dell'ergastolo.
Art. 379-bis.
Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque rivela indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per avere partecipato o assistito ad un atto del procedimento stesso, è punito con la reclusione fino a un anno. La stessa pena si applica alla persona che, dopo avere rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 391-quinquies del codice di procedura penale (1).
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(1) Articolo aggiunto dall'art. 21, L. 7 dicembre 2000, n. 397 (Gazz. Uff. 3 gennaio 2001, n. 2).
Art. 416-ter.
Scambio elettorale politico-mafioso.
La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della erogazione di denaro (1).
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(1) Articolo aggiunto dall'art. 11-ter, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356, recante provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa. Il delitto previsto in questo articolo, consumato o tentato, è attribuito al tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell'art. 33-bis del codice di procedura penale, a decorrere dalla sua entrata in vigore. Vedi, anche, l'art. 39, L. 3 agosto 2007, n. 124, sulla disciplina del segreto di Stato.
Art. 419.
Devastazione e saccheggio.
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 285, commette fatti di devastazione o di saccheggio è punito con la reclusione da otto a quindici anni [c.p. 28, 29, 285].
La pena è aumentata [c.p. 64] se il fatto è commesso su armi [c.p. 585], munizioni o viveri esistenti in luogo di vendita o di deposito [c.p. 78, n. 1].
Art. 600-ter.
Pornografia minorile.
Chiunque, utilizzando minori degli anni diciotto, realizza esibizioni pornografiche o produce materiale pornografico ovvero induce minori di anni diciotto a partecipare ad esibizioni pornografiche è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 25.822 a euro 258.228 (1).
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645 (2).
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164 (3).
Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità [c.p. 600-sexies] (4) (5) (6).
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(1) Comma così sostituito dall'art. 2, L. 6 febbraio 2006, n. 38.
Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Chiunque sfrutta minori degli anni diciotto al fine di realizzare esibizioni pornografiche o di produrre materiale pornografico è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 25.822 a euro 258.228.».
(2) Comma così modificato dall'art. 2, L. 6 febbraio 2006, n. 38.
Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 25.822 a euro 258.228.».
(3) Comma così sostituito dall'art. 2, L. 6 febbraio 2006, n. 38.
Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, consapevolmente cede ad altri, anche a titolo gratuito, materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 1.549 a euro 5.164».
(4) Comma aggiunto dall'art. 2, L. 6 febbraio 2006, n. 38.
(5) Articolo aggiunto dall'art. 3, L. 3 agosto 1998, n. 269. I delitti previsti in questo articolo, consumati o tentati, puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell'art. 33-bis del codice di procedura penale, a decorrere dalla sua entrata in vigore. Vedi, anche, l'art. 9, L. 16 marzo 2006, n. 146. L'indulto concesso con L. 31 luglio 2006, n. 241 non si applica per i delitti previsti dal presente comma, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1 della stessa legge.
(6) Per l'aumento della pena per i delitti non colposi di cui al presente titolo commessi in danno di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale, vedi l’art. 36, comma 1, L. 5 febbraio 1992, n. 104, come sostituito dal comma 1 dell’art. 3, L. 15 luglio 2009, n. 94.
Art. 600-quinquies.
Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile.
Chiunque organizza o propaganda viaggi finalizzati alla fruizione di attività di prostituzione a danno di minori o comunque comprendenti tale attività è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 15.493 a euro 154.937 [c.p. 600-sexies] (1) (2).
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(1) Articolo aggiunto dall'art. 5, L. 3 agosto 1998, n. 269. I delitti previsti in questo articolo, consumati o tentati, puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell'art. 33-bis del codice di procedura penale, a decorrere dalla sua entrata in vigore. Vedi, anche, l'art. 9, L. 16 marzo 2006, n. 146. L'indulto concesso con L. 31 luglio 2006, n. 241 non si applica per i delitti previsti dal presente articolo, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1 della stessa legge.
(2) Per l'aumento della pena per i delitti non colposi di cui al presente titolo commessi in danno di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale, vedi l’art. 36, comma 1, L. 5 febbraio 1992, n. 104, come sostituito dal comma 1 dell’art. 3, L. 15 luglio 2009, n. 94.
Art. 614.
Violazione di domicilio (1).
Chiunque s'introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni [c.p. 29] (2).
Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l'espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa [c.p. 120; c.p.p. 336].
La pena è da uno a cinque anni [c.p. 32; c.p.p. 50], e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose [c.p. 392], o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato [Cost. 14; c.p. 585] (3).
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(1) Le pene stabilite per i delitti previsti in questo articolo sono aumentate da un terzo alla metà se il fatto è commesso da persona sottoposta ad una misura di prevenzione (art. 7, L. 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro la mafia). Aumenti di pena sono previsti, anche, dall'art. 1, L. 25 marzo 1985, n. 107, sulla repressione dei reati contro le persone internazionalmente protette. La cognizione per questo reato appartiene al pretore, anche, nell'ipotesi di violazione di domicilio aggravata ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 614 del codice penale; secondo quanto dispone l'art. 31, ultimo comma c.p.p.
(2) Comma così modificato dal comma 24 dell’art. 3, L. 15 luglio 2009, n. 94.
Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Chiunque s'introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione fino a tre anni.».
(3) Per l'aumento della pena per i delitti non colposi di cui al presente titolo commessi in danno di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale, vedi l’art. 36, comma 1, L. 5 febbraio 1992, n. 104, come sostituito dal comma 1 dell’art. 3, L. 15 luglio 2009, n. 94.
Art. 617.
Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche.
Chiunque, fraudolentemente, prende cognizione (1) di una comunicazione o di una conversazione, telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o comunque a lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni o delle conversazioni indicate nella prima parte di questo articolo.
I delitti sono punibili a querela della persona offesa [c.p. 120; c.p.p. 336]; tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato (2) (3).
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(1) Vedi l'art. 93, primo comma, L. 22 aprile 1941, n. 633, sulla protezione del diritto d'autore e l'art. 286, D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni.
(2) Articolo così sostituito dall'art. 2, L. 8 aprile 1974, n. 98, sulla tutela della riservatezza e della libertà e segretezza delle comunicazioni. Vedi, anche, l'art. 9 della stessa legge.
(3) Per l'aumento della pena per i delitti non colposi di cui al presente titolo commessi in danno di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale, vedi l’art. 36, comma 1, L. 5 febbraio 1992, n. 104, come sostituito dal comma 1 dell’art. 3, L. 15 luglio 2009, n. 94.
Art. 684.
Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale.
Chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa d'informazione, atti o documenti di un procedimento penale, di cui sia vietata per legge la pubblicazione è punito con l'arresto fino a trenta giorni o con l'ammenda da euro 51 a euro 258 [c.p. 262, 326] (1).
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(1) Articolo così sostituito dall'art. 45, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.
Codice di procedura penale
(Artt. 36, 51, 53, 103, 114, 115, 192, 195, 203, 240, 266-271, 292, 293, 295,
329, 335, 380 e 407)
Art. 36.
Astensione.
1. Il giudice ha l'obbligo di astenersi:
a) se ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli;
b) se è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private ovvero se il difensore, procuratore o curatore di una di dette parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge;
c) se ha dato consigli o manifestato il suo parere sull'oggetto del procedimento fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie;
d) se vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private;
e) se alcuno dei prossimi congiunti di lui o del coniuge è offeso o danneggiato dal reato o parte privata;
f) se un prossimo congiunto di lui o del coniuge svolge o ha svolto funzioni di pubblico ministero;
g) se si trova in taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dagli articoli 34 e 35 e dalle leggi di ordinamento giudiziario (1);
h) se esistono altre gravi ragioni di convenienza.
2. I motivi di astensione indicati nel comma 1 lettera b) seconda ipotesi e lettera e) o derivanti da incompatibilità per ragioni di coniugio o affinità, sussistono anche dopo l'annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
3. La dichiarazione di astensione è presentata al presidente della corte o del tribunale, che decide con decreto senza formalità di procedura [c.p.p. 125].
4. Sulla dichiarazione di astensione del presidente del tribunale decide il presidente della corte di appello; su quella del presidente della corte di appello decide il presidente della corte di cassazione (2).
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(1) Vedi il R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, sull'ordinamento giudiziario.
(2) Comma così sostituito dall'art. 172, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188. La Corte costituzionale con sentenza 13-20 aprile 2000, n. 113 (Gazz. Uff. 26 aprile 2000, n. 18 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. Vedi, anche, l'art. 10, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. Il testo del comma precedentemente in vigore così disponeva: «4. Sulla dichiarazione di astensione del pretore decide il presidente del tribunale; su quella del presidente del tribunale decide il presidente della corte di appello; su quella del presidente della corte di appello decide il presidente della corte di cassazione».
Art. 51.
Uffici del pubblico ministero. Attribuzioni del procuratore della Repubblica distrettuale (1).
1. Le funzioni di pubblico ministero [Cost. 107] sono esercitate (2):
a) nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado, dai magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale [o presso la pretura] (3);
b) nei giudizi di impugnazione dai magistrati della procura generale presso la corte di appello o presso la corte di cassazione.
2. Nei casi di avocazione [c.p.p. 372, 412], le funzioni previste dal comma 1 lettera a) sono esercitate dai magistrati della procura generale presso la corte di appello.
Nei casi di avocazione previsti dall'articolo 371-bis, sono esercitate dai magistrati della Direzione nazionale antimafia (4).
3. Le funzioni previste dal comma 1 sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente a norma del capo II del titolo I [c.p.p. 4].
3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto comma, 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474, 600, 601, 602, 416-bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (5).
3-ter. Nei casi previsti dal comma 3-bis e dai commi 3-quater e 3-quinquies, se ne fa richiesta il procuratore distrettuale, il procuratore generale presso la corte di appello può, per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato dal procuratore della Repubblica presso il giudice competente (6).
3-quater. Quando si tratta di procedimenti per i delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (7).
3-quinquies. Quando si tratta di procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617-bis, 617-ter, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 640-ter e 640-quinquies del codice penale, le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), del presente articolo sono attribuite all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (8).
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(1) Rubrica così sostituita dall'art. 3, comma primo, D.L. 20 novembre 1991, n. 367, per il coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, convertito, con modificazioni in L. 20 gennaio 1992, n. 8. Questa disposizione entra in vigore il 22 novembre 1991 (art. 16) e si applica solo ai procedimenti iniziati successivamente a questa data (art. 15).
(2) Vedi gli artt. 70 sgg., R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, sull'ordinamento giudiziario. Vedi, anche, l'art. 50, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.
(3) Le parole tra parentesi quadre sono state soppresse dall'art. 175, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188.
(4) L'ultimo periodo di questo comma è stato aggiunto con l'art. 3, comma primo del D.L. 20 novembre 1991, n. 367, sul coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, convertito, con modificazioni con la L. 20 gennaio 1992, n. 8. Questa disposizione entra in vigore dalla data di pubblicazione del decreto di entrata in funzione della Direzione Nazionale Antimafia (art. 16) e si applica solo ai procedimenti iniziati successivamente a questa data (art. 15). Vedi l'art. 110, ultimo comma, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, sull'ordinamento giudiziario. Con D.M. 5 gennaio 1993 (Gazz. Uff. 13 febbraio 1993, n. 36) è stata fissata al 15 gennaio 1993 la data di entrata in funzione della Direzione Nazionale Antimafia.
(5) Comma aggiunto dall'art. 3, primo comma, D.L. 20 novembre 1991, n. 367, per il coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, convertito, con modificazioni con la L. 20 gennaio 1992, n. 8 e poi così modificato dall'art. 5, L. 19 marzo 2001, n. 92, dall'art. 6, L. 11 agosto 2003, n. 228 e dal comma 4 dell’art. 15, L. 23 luglio 2009, n. 99, con i limiti indicati nel comma 5 dello stesso art. 15. Vedi, anche, l'art. 16 della citata legge n. 228 del 2003, il sesto comma dell'art. 157 del codice penale e l'art. 9, L. 16 marzo 2006, n. 146.
Il testo del presente comma in vigore prima della modifica disposta dalla citata Legge n. 99/2009, era il seguente: «3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto comma, 600, 601, 602, 416-bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.».
Il testo del presente comma in vigore prima della modifica disposta dalla citata legge n. 228 del 2003, era il seguente: «3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416-bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.».
Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla legge n. 92 del 2001 era il seguente: «3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416-bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.».
(6) Comma aggiunto dall'art. 3, primo comma, D.L. 20 novembre 1991, n. 367, convertito in legge, con modificazioni, con L. 20 gennaio 1992, n. 8, e poi così modificato dal numero 1) della lettera 0a) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito in legge, con modificazioni, con L. 24 luglio 2008, n. 125.
Il testo del presente comma in vigore prima della modifica disposta dal citato D.L. n. 92 del 2008 era il seguente:
«Nei casi previsti dal comma 3-bis, se ne fa richiesta il procuratore distrettuale, il procuratore generale presso la corte di appello può, per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato dal procuratore della Repubblica presso il giudice competente.».
(7) Le disposizioni del presente comma - aggiunto dall'art. 10-bis, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438 e così modificato dal numero 2) della lettera 0a) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito in legge, con modificazioni, con L. 24 luglio 2008, n. 125 - si applicano solo ai procedimenti iniziati successivamente alla sua entrata in vigore (19 dicembre 2001, n.d.r.). Vedi, anche, il sesto comma dell'art. 157 del codice penale.
Il testo del presente comma in vigore prima della modifica disposta dal citato D.L. n. 92 del 2008 era il seguente:
« Quando si tratta di procedimenti per i delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. Si applicano le disposizioni del comma 3-ter.».
(8) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 18 marzo 2008, n. 48, che ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica. Sui limiti dell'applicabilità delle disposizioni del presente comma vedi il comma 1-bis del citato articolo 11, aggiunto dall'art. 12-bis, D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito in legge, con modificazioni, con L. 24 luglio 2008, n. 125.
Art. 53.
Autonomia del pubblico ministero nell'udienza. Casi di sostituzione.
1. Nell'udienza, il magistrato del pubblico ministero esercita le sue funzioni con piena autonomia.
2. Il capo dell'ufficio provvede alla sostituzione del magistrato nei casi di grave impedimento, di rilevanti esigenze di servizio e in quelli previsti dall'articolo 36 comma 1 lettere a), b), d), e). Negli altri casi il magistrato può essere sostituito solo con il suo consenso.
3. Quando il capo dell'ufficio omette di provvedere alla sostituzione del magistrato nei casi previsti dall'articolo 36 comma 1 lettere a), b), d), e), il procuratore generale presso la corte di appello designa per l'udienza un magistrato appartenente al suo ufficio.
Art. 103.
Garanzie di libertà del difensore.
1. Le ispezioni e le perquisizioni negli uffici dei difensori sono consentite solo:
a) quando essi o altre persone che svolgono stabilmente attività nello stesso ufficio sono imputati, limitatamente ai fini dell'accertamento del reato loro attribuito;
b) per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o per ricercare cose o persone specificamente predeterminate.
2. Presso i difensori e gli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, nonché presso i consulenti tecnici non si può procedere a sequestro di carte o documenti relativi all'oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato (1).
3. Nell'accingersi a eseguire una ispezione, una perquisizione o un sequestro nell'ufficio di un difensore, l'autorità giudiziaria a pena di nullità avvisa il consiglio dell'ordine forense del luogo perché il presidente o un consigliere da questo delegato possa assistere alle operazioni. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia del provvedimento.
4. Alle ispezioni, alle perquisizioni e ai sequestri negli uffici dei difensori procede personalmente il giudice ovvero, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero in forza di motivato decreto di autorizzazione del giudice.
5. Non è consentita l'intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite (2).
6. Sono vietati il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenza tra l'imputato e il proprio difensore in quanto riconoscibile dalle prescritte indicazioni, salvo che l'autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato (3).
7. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall'articolo 271, i risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, eseguiti in violazione delle disposizioni precedenti, non possono essere utilizzati [c.p.p. 191].
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(1) Comma così modificato dall'art. 1, L. 7 dicembre 2000, n. 397 (Gazz. Uff. 3 gennaio 2001, n. 2). Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «2. Presso i difensori e i consulenti tecnici non si può procedere a sequestro di carte o documenti relativi all'oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato».
(2) Comma così modificato dall'art. 1, L. 7 dicembre 2000, n. 397 (Gazz. Uff. 3 gennaio 2001, n. 2). Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «5. Non è consentita l'intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite».
(3) La Corte costituzionale, con sentenza 1-19 giugno 1998, n. 229 (Gazz. Uff. 1 luglio 1998, n. 26 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente comma, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.
Art. 114.
Divieto di pubblicazione di atti e di immagini (1)
1. E' vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto [c.p.p. 329] o anche solo del loro contenuto.
2. E' vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare [c.p.p. 424].
3. Se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per il dibattimento, se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, e di quelli del fascicolo del pubblico ministero [c.p.p. 433], se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello. E' sempre consentita la pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni [c.p.p. 500, 501, 503, comma 3] (2).
4. E' vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti del dibattimento celebrato a porte chiuse nei casi previsti dall'articolo 472 commi 1 e 2. In tali casi il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione anche degli atti o di parte degli atti utilizzati per le contestazioni. Il divieto di pubblicazione cessa comunque quando sono trascorsi i termini stabiliti dalla legge sugli archivi di Stato (3) ovvero è trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza irrevocabile e la pubblicazione è autorizzata dal ministro di grazia e giustizia.
5. Se non si procede al dibattimento, il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi può offendere il buon costume o comportare la diffusione di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il segreto nell'interesse dello Stato (4) ovvero causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti private. Si applica la disposizione dell'ultimo periodo del comma 4.
6. E' vietata la pubblicazione delle generalità e dell'immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni. È altresì vietata la pubblicazione di elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla identificazione dei suddetti minorenni. Il tribunale per i minorenni, nell'interesse esclusivo del minorenne, o il minorenne che ha compiuto i sedici anni, può consentire la pubblicazione (5).
6-bis. E' vietata la pubblicazione dell'immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta (6).
7. E' sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto.
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(1) Rubrica così sostituita dall'art. 14, L. 16 dicembre 1999, n. 479. Il testo precedentemente in vigore così disponeva: «Divieto di pubblicazione di atti».
(2) La Corte Costituzionale, con sentenza 20-24 febbraio 1995, n. 59 (Gazz. Uff. 1 marzo 1995, n. 9 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, limitatamente alle parole: «del fascicolo per il dibattimento, se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, e di quelli».
(3) Vedi l'art. 21, D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, recante norme sull'ordinamento degli archivi dello Stato.
(4) Vedi, anche, la L. 24 ottobre 1977, n. 801, sulla disciplina del segreto di Stato.
(5) Comma così modificato dall'art. 10, comma 8, L. 3 maggio 2004, n. 112. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «6. E' vietata la pubblicazione delle generalità e dell'immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni. Il tribunale per i minorenni, nell'interesse esclusivo del minorenne, o il minorenne che ha compiuto i sedici anni, può consentire la pubblicazione».
(6) Comma aggiunto dall'art. 14, L. 16 dicembre 1999, n. 479.
Art. 115.
Violazione del divieto di pubblicazione.
1. Salve le sanzioni previste dalla legge penale [c.p. 684], la violazione del divieto di pubblicazione previsto dagli articoli 114 e 329 comma 3 lettera b) costituisce illecito disciplinare quando il fatto è commesso da impiegati dello Stato o di altri enti pubblici ovvero da persone esercenti una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato.
2. Di ogni violazione del divieto di pubblicazione commessa dalle persone indicate nel comma 1 il pubblico ministero informa l'organo titolare del potere disciplinare.
Art. 192.
Valutazione della prova.
1. Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione [c.p.p. 125, comma 3, 606, comma 1, lett. e] dei risultati acquisiti e dei criteri adottati.
2. L'esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti [c.c. 2729].
3. Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato [c.p. 110, 113] o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell'articolo 12 sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità.
4. La disposizione del comma 3 si applica anche alle dichiarazioni rese da persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall'articolo 371 comma 2 lettera b) (1).
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(1) La Corte costituzionale, con sentenza 11-17 luglio 2000, n. 294 (Gazz. Uff. 26 luglio 2000, n. 31 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 192, comma 4, c.p.p. in riferimento agli artt. 3 e 101, secondo comma, Cost.
Art. 195.
Testimonianza indiretta.
1. Quando il testimone si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice, a richiesta di parte, dispone che queste siano chiamate a deporre.
2. Il giudice può disporre anche di ufficio l'esame delle persone indicate nel comma 1.
3. L'inosservanza della disposizione del comma 1 rende inutilizzabili [c.p.p. 191] le dichiarazioni relative a fatti di cui il testimone abbia avuto conoscenza da altre persone, salvo che l'esame di queste risulti impossibile per morte, infermità o irreperibilità.
4. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni con le modalità di cui agli articoli 351 e 357, comma 2, lettere a) e b). Negli altri casi si applicano le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 del presente articolo (1).
5. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche quando il testimone abbia avuto comunicazione del fatto in forma diversa da quella orale.
6. I testimoni non possono essere esaminati su fatti comunque appresi dalle persone indicate negli articoli 200 e 201 in relazione alle circostanze previste nei medesimi articoli, salvo che le predette persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano in altro modo divulgati.
7. Non può essere utilizzata [c.p.p. 191] la testimonianza di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame.
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(1) Comma così sostituito dall'art. 4, L. 1 marzo 2001, n. 63. La Corte Costituzionale, con sentenza 29-30 luglio 2008, n. 305 (Gazz. Uff. 6 agosto 2008, n. 33 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità del presente comma, ove interpretato nel senso che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non possono essere chiamati a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese dai testimoni soltanto se acquisite con le modalità di cui agli artt. 351 e 357, comma 2, lettere a) e b), cod. proc. pen., e non anche nel caso in cui, pur ricorrendone le condizioni, tali modalità non siano state osservate. Precedentemente la stessa Corte, con sentenza 14-26 febbraio 2002, n. 32 (Gazz. Uff. 6 marzo 2002, n. 10 - Prima serie speciale), aveva dichiarato: a) non fondata la questione di legittimità del presente comma, in riferimento all'art. 3 Cost.; b) la manifesta inammissibilità della questione di legittimità del presente comma, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost.; c) la manifesta inammissibilità della questione di legittimità del presente comma in riferimento agli art. 3, 24 e 111 Cost. L'art. 26 della citata legge n. 63 del 2001 ha così disposto: «Art. 26. 1. Nei processi penali in corso alla data di entrata in vigore della presente legge si applicano le disposizioni degli articoli precedenti salvo quanto stabilito nei commi da 2 a 5.
2. Se il procedimento è ancora nella fase delle indagini preliminari, il pubblico ministero provvede a rinnovare l'esame dei soggetti indicati negli articoli 64 e 197-bis del codice di procedura penale, come rispettivamente modificato e introdotto dalla presente legge, secondo le forme ivi previste.
3. Le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare, se già acquisite al fascicolo per il dibattimento, sono valutate a norma dei commi 3, 4, 5 e 6 del previgente articolo 500 del codice di procedura penale.
4. Quando le dichiarazioni di cui al comma 3 sono state rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del difensore, si applica la disposizione del comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge 7 gennaio 2000, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2000, n. 35, soltanto se esse siano state acquisite al fascicolo per il dibattimento anteriormente alla data del 25 febbraio 2000. Se sono state acquisite successivamente, si applica il comma 1-bis dell'articolo 526 del codice di procedura penale, come introdotto dall'articolo 19 della presente legge.
5. Alle dichiarazioni acquisite al fascicolo per il dibattimento, e già valutate ai fini delle decisioni, si applicano nel giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione le disposizioni vigenti in materia di valutazione della prova al momento delle decisioni stesse». Il testo del comma precedentemente in vigore - di cui la Corte costituzionale, con sentenza 22-31 gennaio 1992, n. 24 (Gazz. Uff. 5 febbraio 1992, n. 6 - Prima serie speciale), aveva dichiarato, fra l'altro, l'illegittimità - era il seguente: «4. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni».
Art. 203.
Informatori della polizia giudiziaria e dei servizi di sicurezza.
1. Il giudice non può obbligare gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria nonché il personale dipendente dai servizi per le informazioni e la sicurezza militare o democratica a rivelare i nomi dei loro informatori. Se questi non sono esaminati come testimoni, le informazioni da essi fornite non possono essere acquisite né utilizzate [c.p.p. 191].
1-bis. L'inutilizzabilità opera anche nelle fasi diverse dal dibattimento, se gli informatori non sono stati interrogati né assunti a sommarie informazioni (1).
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(1) Comma aggiunto dall'art. 7, L. 1 marzo 2001, n. 63. L'art. 26 della stessa legge n. 63 del 2001 ha così disposto: «Art. 26. 1. Nei processi penali in corso alla data di entrata in vigore della presente legge si applicano le disposizioni degli articoli precedenti salvo quanto stabilito nei commi da 2 a 5.
2. Se il procedimento è ancora nella fase delle indagini preliminari, il pubblico ministero provvede a rinnovare l'esame dei soggetti indicati negli articoli 64 e 197-bis del codice di procedura penale, come rispettivamente modificato e introdotto dalla presente legge, secondo le forme ivi previste.
3. Le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare, se già acquisite al fascicolo per il dibattimento, sono valutate a norma dei commi 3, 4, 5 e 6 del previgente articolo 500 del codice di procedura penale.
4. Quando le dichiarazioni di cui al comma 3 sono state rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del difensore, si applica la disposizione del comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge 7 gennaio 2000, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2000, n. 35, soltanto se esse siano state acquisite al fascicolo per il dibattimento anteriormente alla data del 25 febbraio 2000. Se sono state acquisite successivamente, si applica il comma 1-bis dell'articolo 526 del codice di procedura penale, come introdotto dall'articolo 19 della presente legge.
5. Alle dichiarazioni acquisite al fascicolo per il dibattimento, e già valutate ai fini delle decisioni, si applicano nel giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione le disposizioni vigenti in materia di valutazione della prova al momento delle decisioni stesse.».
Art. 240.
Documenti anonimi ed atti relativi ad intercettazioni illegali.
1. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti nè in alcun modo utilizzati [c.p.p. 191], salvo che costituiscano corpo del reato [c.p.p. 253, comma 2] o provengano comunque dall'imputato [c.p.p. 237].
2. Il pubblico ministero dispone l'immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato effettuare copia in qualunque forma e in qualunque fase del procedimento ed il loro contenuto non può essere utilizzato (1).
3. Il pubblico ministero, acquisiti i documenti, i supporti e gli atti di cui al comma 2, entro quarantotto ore, chiede al giudice per le indagini preliminari di disporne la distruzione (2).
4. Il giudice per le indagini preliminari entro le successive quarantotto ore fissa l'udienza da tenersi entro dieci giorni, ai sensi dell'articolo 127, dando avviso a tutte le parti interessate, che potranno nominare un difensore di fiducia, almeno tre giorni prima della data dell'udienza (3).
5. Sentite le parti comparse, il giudice per le indagini preliminari legge il provvedimento in udienza e, nel caso ritenga sussistenti i presupposti di cui al comma 2, dispone la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al medesimo comma 2 e vi dà esecuzione subito dopo alla presenza del pubblico ministero e dei difensori delle parti (4).
6. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell'avvenuta intercettazione o detenzione o acquisizione illecita dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 2 nonchè delle modalità e dei mezzi usati oltre che dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto degli stessi documenti, supporti e atti (5)(6).
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(1) Vedi, anche, l'art. 4, D.L. 22 settembre 2006, n. 259, convertito in legge, con modificazioni, con L. 20 novembre 2006, n. 281.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 22 aprile-11 giugno 2009, n. 173 (Gazz. Uff. 17 giugno 2009, n. 24 - Prima Serie speciale), ha dichiarato: a) l'illegittimità dell'art. 240, commi 4 e 5, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede, per la disciplina del contraddittorio, l'applicazione dell'art. 401, commi 1 e 2, dello stesso codice; b) l'illegittimità dell'art. 240, comma 6, cod. proc. pen., nella parte in cui non esclude dal divieto di fare riferimento al contenuto dei documenti, supporti e atti, nella redazione del verbale previsto dalla stessa norma, le circostanze inerenti l'attività di formazione, acquisizione e raccolta degli stessi documenti, supporti e atti; c) inammissibile la questione di legittimità dell'art. 240, commi 3, 4, 5 e 6, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 24, 111, primo, secondo e quarto comma, e 112 Cost.; d) inammissibile la questione di legittimità dell'art. 240, commi 3, 4, 5 e 6, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 24, primo e secondo comma, 111, primo, secondo e quarto comma, e 112 Cost.
(3) La Corte costituzionale, con sentenza 22 aprile-11 giugno 2009, n. 173 (Gazz. Uff. 17 giugno 2009, n. 24 - Prima Serie speciale), ha dichiarato: a) l'illegittimità dell'art. 240, commi 4 e 5, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede, per la disciplina del contraddittorio, l'applicazione dell'art. 401, commi 1 e 2, dello stesso codice; b) l'illegittimità dell'art. 240, comma 6, cod. proc. pen., nella parte in cui non esclude dal divieto di fare riferimento al contenuto dei documenti, supporti e atti, nella redazione del verbale previsto dalla stessa norma, le circostanze inerenti l'attività di formazione, acquisizione e raccolta degli stessi documenti, supporti e atti; c) inammissibile la questione di legittimità dell'art. 240, commi 3, 4, 5 e 6, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 24, 111, primo, secondo e quarto comma, e 112 Cost.; d) inammissibile la questione di legittimità dell'art. 240, commi 3, 4, 5 e 6, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 24, primo e secondo comma, 111, primo, secondo e quarto comma, e 112 Cost.
(4) La Corte costituzionale, con sentenza 22 aprile-11 giugno 2009, n. 173 (Gazz. Uff. 17 giugno 2009, n. 24 - Prima Serie speciale), ha dichiarato: a) l'illegittimità dell'art. 240, commi 4 e 5, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede, per la disciplina del contraddittorio, l'applicazione dell'art. 401, commi 1 e 2, dello stesso codice; b) l'illegittimità dell'art. 240, comma 6, cod. proc. pen., nella parte in cui non esclude dal divieto di fare riferimento al contenuto dei documenti, supporti e atti, nella redazione del verbale previsto dalla stessa norma, le circostanze inerenti l'attività di formazione, acquisizione e raccolta degli stessi documenti, supporti e atti; c) inammissibile la questione di legittimità dell'art. 240, commi 3, 4, 5 e 6, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 24, 111, primo, secondo e quarto comma, e 112 Cost.; d) inammissibile la questione di legittimità dell'art. 240, commi 3, 4, 5 e 6, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 24, primo e secondo comma, 111, primo, secondo e quarto comma, e 112 Cost.
(5) La Corte costituzionale, con sentenza 22 aprile-11 giugno 2009, n. 173 (Gazz. Uff. 17 giugno 2009, n. 24 - Prima Serie speciale), ha dichiarato: a) l'illegittimità dell'art. 240, commi 4 e 5, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede, per la disciplina del contraddittorio, l'applicazione dell'art. 401, commi 1 e 2, dello stesso codice; b) l'illegittimità dell'art. 240, comma 6, cod. proc. pen., nella parte in cui non esclude dal divieto di fare riferimento al contenuto dei documenti, supporti e atti, nella redazione del verbale previsto dalla stessa norma, le circostanze inerenti l'attività di formazione, acquisizione e raccolta degli stessi documenti, supporti e atti; c) inammissibile la questione di legittimità dell'art. 240, commi 3, 4, 5 e 6, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 24, 111, primo, secondo e quarto comma, e 112 Cost.; d) inammissibile la questione di legittimità dell'art. 240, commi 3, 4, 5 e 6, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 24, primo e secondo comma, 111, primo, secondo e quarto comma, e 112 Cost.
(6) Articolo così sostituito dall'art. 1, D.L 22 settembre 2006, n. 259, convertito in legge, con modificazioni, con L. 20 novembre 2006, n. 281. Vedi, anche, l'art. 3 dello stesso decreto.
Il testo del presente articolo, come sostituito dal citato art. 1 prima delle modifiche disposte dalla legge di conversione, era il seguente: «Documenti anonimi ed atti relativi ad intercettazioni illegali.
1. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti nè in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall'imputato.
2. L'autorità giudiziaria dispone l'immediata distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo si provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato eseguire copia in qualunque forma. Il loro contenuto non costituisce in alcun modo notizia di reato, nè può essere utilizzato a fini processuali o investigativi.
3. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell'avvenuta intercettazione o detenzione e dell'acquisizione, delle sue modalità e dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto delle stesse.».
Il testo in vigore prima della sostituzione disposta dal citato decreto-legge n. 259 del 2006 era il seguente: «Documenti anonimi.
1. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall'imputato.».
Libro III
Prove
Titolo III
Mezzi di ricerca della prova
Capo IV
Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni
Art. 266.
Limiti di ammissibilità.
1. L'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche [c.p.p. 295] e di altre forme di telecomunicazione è consentita nei procedimenti relativi ai seguenti reati [Cost. 15; c.p.p. 103] (1):
a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4;
b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4;
c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope;
d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive;
e) delitti di contrabbando;
f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono (2);
f-bis) delitti previsti dall'articolo 600-ter, terzo comma, del codice penale, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1 del medesimo codice (3).
2. Negli stessi casi è consentita l'intercettazione di comunicazioni tra presenti. Tuttavia, qualora queste avvengano nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale, l'intercettazione è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa (4).
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(1) Vedi gli artt. 615-bis, 617, 617-bis, 623-bis c.p. In materia di criminalità mafiosa vedi l'art. 16, L. 13 settembre 1982, n. 646; il D.L. 6 settembre 1982, n. 629, convertito in L. 12 ottobre 1982, n. 726, nonché l'art. 25-ter, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356.
(2) Lettera così modificata prima dall'art. 8, L. 7 marzo 1996, n. 108, che ha inserito le parole da «usura» a «finanziaria» e poi dal comma 5 dell'art. 9, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Legge comunitaria 2004 - cheha inserito le parole «abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato,».
(3) Lettera aggiunta dall'art. 12, L. 3 agosto 1998, n. 269 e poi così modificata dall'art. 13, L. 6 febbraio 2006, n. 38.
Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «f-bis) delitti previsti dall'articolo 600-ter, terzo comma, del codice penale;».
(4) La Corte costituzionale, con sentenza 26 febbraio-11 marzo 1993, n. 81 (Gazz. Uff. 17 marzo 1993, n. 12 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità dell'art. 266 c.p.p., in riferimento all'art. 15 Cost. La stessa Corte, con sentenza 11-24 aprile 2002, n. 135 (Gazz. Uff. 2 maggio 2002, ediz. straord. - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità degli artt. 189 e 266-271 del codice di procedura penale e, segnatamente, dell'art. 266, comma 2, dello stesso codice, in riferimento agli artt. 3 e 14 Cost.; con sentenza 7-16 maggio 2008, n. 149 (Gazz. Uff. 21 maggio 2008, n. 22 - Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità del presente comma, in riferimento agli artt. 13, primo e secondo comma, 14, primo e secondo comma, e 15 Cost.; con sentenza 30 novembre-4 dicembre 2009, n. 320 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2009, n. 49 - Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità degli artt. 234, 266 e seguenti del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 2, 15, 24 e 117, primo comma, Cost.
Art. 266-bis.
Intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche.
1. Nei procedimenti relativi ai reati indicati nell'articolo 266, nonché a quelli commessi mediante l'impiego di tecnologie informatiche o telematiche, è consentita l'intercettazione del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici ovvero intercorrente tra più sistemi (1).
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(1) Articolo aggiunto dall'art. 11, L. 23 dicembre 1993, n. 547, che modifica ed integra le norme del codice penale e del codice di procedura penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica. La Corte costituzionale, con sentenza 11-24 aprile 2002, n. 135 (Gazz. Uff. 2 maggio 2002, ediz. straord. - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità degli artt. 189 e 266-271 del codice di procedura penale e, segnatamente, dell'art. 266, comma 2, dello stesso codice, in riferimento agli artt. 3 e 14 Cost. La stessa Corte, con sentenza 30 novembre-4 dicembre 2009, n. 320 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2009, n. 49 - Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità degli artt. 234, 266 e seguenti del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 2, 15, 24 e 117, primo comma, Cost.
Art. 267.
Presupposti e forme del provvedimento.
1. Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'art. 266. L'autorizzazione è data con decreto motivato quando vi sono gravi indizi di reato e l'intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini (1).
1-bis. Nella valutazione dei gravi indizi di reato si applica l'articolo 203 (2).
2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone l'intercettazione con decreto motivato, che va comunicato immediatamente e comunque non oltre le ventiquattro ore al giudice indicato nel comma 1. Il giudice, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida con decreto motivato. Se il decreto del pubblico ministero non viene convalidato nel termine stabilito, l'intercettazione non può essere proseguita e i risultati di essa non possono essere utilizzati.
3. Il decreto del pubblico ministero che dispone l'intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni. Tale durata non può superare i quindici giorni, ma può essere prorogata dal giudice con decreto motivato per periodi successivi di quindici giorni, qualora permangano i presupposti indicati nel comma 1.
4. Il pubblico ministero procede alle operazioni personalmente ovvero avvalendosi di un ufficiale di polizia giudiziaria.
5. In apposito registro riservato tenuto nell'ufficio del pubblico ministero sono annotati, secondo un ordine cronologico, i decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l'inizio e il termine delle operazioni (3).
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(1) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 281 (Gazz. Uff. 26 agosto 1998, n. 34 - Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità del presente comma, in riferimento all'art. 3, primo comma, Cost.
(2) Comma aggiunto dall'art. 10, L. 1 marzo 2001, n. 63. L'art. 26 della stessa legge ha così disposto: «Art. 26. 1. Nei processi penali in corso alla data di entrata in vigore della presente legge si applicano le disposizioni degli articoli precedenti salvo quanto stabilito nei commi da 2 a 5.
2. Se il procedimento è ancora nella fase delle indagini preliminari, il pubblico ministero provvede a rinnovare l'esame dei soggetti indicati negli articoli 64 e 197-bis del codice di procedura penale, come rispettivamente modificato e introdotto dalla presente legge, secondo le forme ivi previste.
3. Le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare, se già acquisite al fascicolo per il dibattimento, sono valutate a norma dei commi 3, 4, 5 e 6 del previgente articolo 500 del codice di procedura penale.
4. Quando le dichiarazioni di cui al comma 3 sono state rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del difensore, si applica la disposizione del comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge 7 gennaio 2000, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2000, n. 35, soltanto se esse siano state acquisite al fascicolo per il dibattimento anteriormente alla data del 25 febbraio 2000. Se sono state acquisite successivamente, si applica il comma 1-bis dell'articolo 526 del codice di procedura penale, come introdotto dall'articolo 19 della presente legge.
5. Alle dichiarazioni acquisite al fascicolo per il dibattimento, e già valutate ai fini delle decisioni, si applicano nel giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione le disposizioni vigenti in materia di valutazione della prova al momento delle decisioni stesse.».
(3) Vedi, anche, l'art. 13, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, in L. 12 luglio 1991, n. 203, recante provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza del buon andamento dell'attività amministrativa.
La Corte costituzionale, con sentenza 11-24 aprile 2002, n. 135 (Gazz. Uff. 2 maggio 2002, ediz. straord. - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità degli artt. 189 e 266-271 del codice di procedura penale e, segnatamente, dell'art. 266, comma 2, dello stesso codice, in riferimento agli artt. 3 e 14 Cost. La stessa Corte, con sentenza 30 novembre-4 dicembre 2009, n. 320 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2009, n. 49 - Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità degli artt. 234, 266 e seguenti del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 2, 15, 24 e 117, primo comma, Cost.
Art. 268.
Esecuzione delle operazioni.
1. Le comunicazioni intercettate sono registrate e delle operazioni è redatto verbale.
2. Nel verbale è trascritto, anche sommariamente, il contenuto delle comunicazioni intercettate.
3. Le operazioni possono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica. Tuttavia, quando tali impianti risultano insufficienti o inidonei ed esistono eccezionali ragioni di urgenza, il pubblico ministero può disporre, con provvedimento motivato, il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria.
3-bis. Quando si procede a intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche, il pubblico ministero può disporre che le operazioni siano compiute anche mediante impianti appartenenti a privati (1).
4. I verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, essi sono depositati in segreteria insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero, salvo che il giudice non riconosca necessaria una proroga.
5. Se dal deposito può derivare un grave pregiudizio per le indagini, il giudice autorizza il pubblico ministero a ritardarlo non oltre la chiusura delle indagini preliminari (2).
6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine fissato a norma dei commi 4 e 5, hanno facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. Scaduto il termine, il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti, che non appaiano manifestamente irrilevanti, procedendo anche di ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione. Il pubblico ministero e i difensori hanno diritto di partecipare allo stralcio e sono avvisati almeno ventiquattro ore prima (3).
7. Il giudice dispone la trascrizione integrale delle registrazioni ovvero la stampa in forma intellegibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche da acquisire, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie. Le trascrizioni o le stampe sono inserite nel fascicolo per il dibattimento (4).
8. I difensori possono estrarre copia delle trascrizioni e fare eseguire la trasposizione della registrazione su nastro magnetico. In caso di intercettazione di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche i difensori possono richiedere copia su idoneo supporto dei flussi intercettati, ovvero copia della stampa prevista dal comma 7 (5)(6).
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(1) Comma aggiunto dall'art. 12, primo comma, L. 23 dicembre 1993, n. 547, che modifica ed integra le norme del codice penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica.
(2) Vedi gli artt. 405-415 c.p.p.
(3) I commi 6, 7 e 8 sono stati così sostituiti dall'art. 12, secondo comma, L. 23 dicembre 1993, n. 547, che modifica ed integra le norme del codice penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica. Il testo precedente così disponeva: «6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine fissato a norma dei commi 4 e 5, hanno facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni. Scaduto il termine, il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni, indicate dalle parti, che non appaiano manifestamente irrilevanti, procedendo anche di ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione. Il pubblico ministero e difensori hanno diritto di partecipare allo stralcio e sono avvisati almeno ventiquattro ore prima.
7. Il giudice dispone la trascrizione integrale delle registrazioni da acquisire, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie. Le trascrizioni sono inserite nel fascicolo per il dibattimento.
8. I difensori possono estrarre copia delle trascrizioni e fare eseguire la trasposizione della registrazione su nastro magnetico».
(4) I commi 6, 7 e 8 sono stati così sostituiti dall'art. 12, secondo comma, L. 23 dicembre 1993, n. 547, che modifica ed integra le norme del codice penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica. Il testo precedente così disponeva: «6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine fissato a norma dei commi 4 e 5, hanno facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni. Scaduto il termine, il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni, indicate dalle parti, che non appaiano manifestamente irrilevanti, procedendo anche di ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione. Il pubblico ministero e difensori hanno diritto di partecipare allo stralcio e sono avvisati almeno ventiquattro ore prima.
7. Il giudice dispone la trascrizione integrale delle registrazioni da acquisire, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie. Le trascrizioni sono inserite nel fascicolo per il dibattimento.
8. I difensori possono estrarre copia delle trascrizioni e fare eseguire la trasposizione della registrazione su nastro magnetico».
(5) I commi 6, 7 e 8 sono stati così sostituiti dall'art. 12, secondo comma, L. 23 dicembre 1993, n. 547, che modifica ed integra le norme del codice penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica. La Corte costituzionale, con sentenza 11-24 aprile 2002, n. 135 (Gazz. Uff. 2 maggio 2002, ediz. straord. - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità degli artt. 189 e 266-271 del codice di procedura penale e, segnatamente, dell'art. 266, comma 2, dello stesso codice, in riferimento agli artt. 3 e 14 Cost. Il testo dei commi 6, 7 e 8 precedente alla suddetta sostituzione così disponeva: «6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine fissato a norma dei commi 4 e 5, hanno facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni. Scaduto il termine, il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni, indicate dalle parti, che non appaiano manifestamente irrilevanti, procedendo anche di ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione. Il pubblico ministero e difensori hanno diritto di partecipare allo stralcio e sono avvisati almeno ventiquattro ore prima.
7. Il giudice dispone la trascrizione integrale delle registrazioni da acquisire, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie. Le trascrizioni sono inserite nel fascicolo per il dibattimento.
8. I difensori possono estrarre copia delle trascrizioni e fare eseguire la trasposizione della registrazione su nastro magnetico».
(6) La Corte costituzionale, con sentenza 8-10 ottobre 2008, n. 336 (Gazz. Uff. 15 ottobre 2008, n. 43 - Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità del presente articolo, nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate. La stessa Corte, con sentenza 30 novembre-4 dicembre 2009, n. 320 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2009, n. 49 - Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità degli artt. 234, 266 e seguenti del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 2, 15, 24 e 117, primo comma, Cost.
Art. 269.
Conservazione della documentazione.
1. I verbali e le registrazioni sono conservati integralmente presso il pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione.
2. Salvo quanto previsto dall'articolo 271 comma 3, le registrazioni sono conservate fino alla sentenza non più soggetta a impugnazione [c.p.p. 648]. Tuttavia gli interessati, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, al giudice che ha autorizzato o convalidato l'intercettazione. Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127 (1).
3. La distruzione, nei casi in cui è prevista, viene eseguita sotto controllo del giudice. Dell'operazione è redatto verbale (2).
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(1) La Corte costituzionale, con sentenza 15-30 dicembre 1994, n. 463 (Gazz. Uff. 4 gennaio 1995, n. 1 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità del presente comma, ultima proposizione, nella parte in cui impone l'applicazione del rito camerale disciplinato dall'art. 127 c.p.p. alla decisione del giudice per le indagini preliminari sulla richiesta del pubblico ministero, avanzata contestualmente all'istanza di archiviazione, volta alla distruzione della documentazione attinente a intercettazioni telefoniche, in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 11-24 aprile 2002, n. 135 (Gazz. Uff. 2 maggio 2002, ediz. straord. - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità degli artt. 189 e 266-271 del codice di procedura penale e, segnatamente, dell'art. 266, comma 2, dello stesso codice, in riferimento agli artt. 3 e 14 Cost. La stessa Corte, con sentenza 30 novembre-4 dicembre 2009, n. 320 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2009, n. 49 - Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità degli artt. 234, 266 e seguenti del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 2, 15, 24 e 117, primo comma, Cost.
Art. 270.
Utilizzazione in altri procedimenti.
1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza [c.p.p. 380] (1).
2. Ai fini della utilizzazione prevista dal comma 1, i verbali e le registrazioni delle intercettazioni sono depositati presso l'autorità competente per il diverso procedimento. Si applicano le disposizioni dell'articolo 268 commi 6, 7 e 8.
3. Il pubblico ministero e i difensori delle parti hanno altresì facoltà di esaminare i verbali e le registrazioni in precedenza depositati nel procedimento in cui le intercettazioni furono autorizzate (2).
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(1) La Corte costituzionale, con sentenza 11-23 luglio 1991, n. 366 (Gazz. Uff. 31 luglio 1991, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 270, primo comma, c.p.p., in riferimento agli artt. 3 e 112 Cost.; successivamente la stessa Corte, con sentenza 10-24 febbraio 1994, n. 63 (Gazz. Uff. 2 marzo 1994, n. 10, Prima serie speciale), ha dichiarato: a) non fondata la questione di legittimità costituzionale del presente comma in riferimento all'art. 3 Cost.; b) manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale del presente comma in riferimento agli artt. 2, 24, 101 secondo comma, 111 e 112 Cost.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 11-24 aprile 2002, n. 135 (Gazz. Uff. 2 maggio 2002, ediz. straord. - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità degli artt. 189 e 266-271 del codice di procedura penale e, segnatamente, dell'art. 266, comma 2, dello stesso codice, in riferimento agli artt. 3 e 14 Cost. La stessa Corte, con sentenza 30 novembre-4 dicembre 2009, n. 320 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2009, n. 49 - Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità degli artt. 234, 266 e seguenti del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 2, 15, 24 e 117, primo comma, Cost.
Art. 270-bis.
Comunicazioni di servizio di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e ai servizi di informazione per la sicurezza.
1. L’autorità giudiziaria, quando abbia acquisito, tramite intercettazioni, comunicazioni di servizio di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o ai servizi di informazione per la sicurezza, dispone l’immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti tali comunicazioni.
2. Terminate le intercettazioni, l’autorità giudiziaria trasmette al Presidente del Consiglio dei Ministri copia della documentazione contenente le informazioni di cui intende avvalersi nel processo, per accertare se taluna di queste informazioni sia coperta da segreto di Stato.
3. Prima della risposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, le informazioni ad esso inviate possono essere utilizzate solo se vi è pericolo di inquinamento delle prove, o pericolo di fuga, o quando è necessario intervenire per prevenire o interrompere la commissione di un delitto per il quale sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. Resta ferma la disciplina concernente la speciale causa di giustificazione prevista per attività del personale dei servizi di informazione per la sicurezza.
4. Se entro sessanta giorni dalla notificazione della richiesta il Presidente del Consiglio dei Ministri non oppone il segreto, l’autorità giudiziaria acquisisce la notizia e provvede per l’ulteriore corso del procedimento.
5. L’opposizione del segreto di Stato inibisce all’autorità giudiziaria l’utilizzazione delle notizie coperte dal segreto.
6. Non è in ogni caso precluso all’autorità giudiziaria di procedere in base ad elementi autonomi e indipendenti dalle informazioni coperte dal segreto.
7. Quando è sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri, qualora il conflitto sia risolto nel senso dell’insussistenza del segreto di Stato, il Presidente del Consiglio dei Ministri non può più opporlo con riferimento al medesimo oggetto. Qualora il conflitto sia risolto nel senso della sussistenza del segreto di Stato, l’autorità giudiziaria non può acquisire né utilizzare, direttamente o indirettamente, atti o documenti sui quali è stato opposto il segreto di Stato.
8. In nessun caso il segreto di Stato è opponibile alla Corte costituzionale. La Corte adotta le necessarie garanzie per la segretezza del procedimento (1).
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(1) Articolo aggiunto dall'art. 28, L. 3 agosto 2007, n. 124. La Corte costituzionale, con sentenza 30 novembre-4 dicembre 2009, n. 320 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2009, n. 49 - Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità degli artt. 234, 266 e seguenti del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 2, 15, 24 e 117, primo comma, Cost.
Art. 271.
Divieti di utilizzazione.
1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati [c.p.p. 191] qualora le stesse siano state eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge o qualora non siano state osservate le disposizioni previste dagli articoli 267 e 268 commi 1 e 3.
2. Non possono essere utilizzate le intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni delle persone indicate nell'articolo 200 comma 1, quando hanno a oggetto fatti conosciuti per ragione del loro ministero, ufficio o professione, salvo che le stesse persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano in altro modo divulgati [c.p.p. 103, commi 5 e 7].
3. In ogni stato e grado del processo il giudice dispone che la documentazione delle intercettazioni previste dai commi 1 e 2 sia distrutta, salvo che costituisca corpo del reato [c.p.p. 253, comma 2] (1).
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(1) La Corte costituzionale, con sentenza 11-24 aprile 2002, n. 135 (Gazz. Uff. 2 maggio 2002, ediz. straord. - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità degli artt. 189 e 266-271 del codice di procedura penale e, segnatamente, dell'art. 266, comma 2, dello stesso codice, in riferimento agli artt. 3 e 14 Cost. La stessa Corte, con sentenza 30 novembre-4 dicembre 2009, n. 320 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2009, n. 49 - Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità degli artt. 234, 266 e seguenti del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 2, 15, 24 e 117, primo comma, Cost.
Art. 292.
Ordinanza del giudice.
1. Sulla richiesta del pubblico ministero il giudice provvede con ordinanza.
2. L'ordinanza che dispone la misura cautelare contiene, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio:
a) le generalità dell'imputato o quanto altro valga a identificarlo;
b) la descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate;
c) l'esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato;
c-bis) l'esposizione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, l'esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all'articolo 274 non possono essere soddisfatte con altre misure;
d) la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da compiere, allorché questa è disposta al fine di garantire l'esigenza cautelare di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 274;
e) la data e la sottoscrizione del giudice (1).
2-bis. L'ordinanza contiene altresì la sottoscrizione dell'ausiliario che assiste il giudice, il sigillo dell'ufficio e, se possibile, l'indicazione del luogo in cui probabilmente si trova l'imputato (2).
2-ter. L'ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore dell'imputato, di cui all'articolo 358, nonché all'articolo 327-bis (3).
3. L'incertezza circa il giudice che ha emesso il provvedimento ovvero circa la persona nei cui confronti la misura è disposta esime gli ufficiali e gli agenti incaricati dal darvi esecuzione (4).
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(1) Comma così sostituito dall'art. 9, L. 8 agosto 1995, n. 332. La precedente formulazione in cui le parole tra parentesi quadre erano state soppresse dall'art. 5, secondo comma, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, in L. 12 luglio 1991, n. 203, recante provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza del buon andamento dell'attività amministrativa e la lettera e) era stata così sostituita dall'art. 5, secondo comma, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, con la L. 12 luglio 1991, n. 203, in materia di lotta alla criminalità organizzata, così disponeva:
«2. L'ordinanza che dispone la misura cautelare contiene a pena di nullità:
a) le generalità dell'imputato o quanto altro valga a identificarlo [e, se possibile, l'indicazione del luogo in cui probabilmente egli si trova];
b) la descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate;
c) l'esposizione delle specifiche esigenze cautelari [c.p.p. 274] e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta [c.p.p. 273], con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi della loro rilevanza;
d) la fissazione della durata della misura, quando questa è disposta al fine di garantire l'acquisizione o la genuinità della priva;
e) la data e la sottoscrizione del giudice».
(2) Comma aggiunto dall'art. 5, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, in L. 12 luglio 1991, n. 203, riguardante la lotta contro la criminalità organizzata.
(3) Comma aggiunto dall'art. 9, L. 8 agosto 1995, n. 332 e poi così modificato dall'art. 6, L. 7 dicembre 2000, n. 397 (Gazz. Uff. 3 gennaio 2001, n. 2). Il testo precedentemente in vigore così disponeva: «2-ter. L'ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore dell'imputato, di cui all'articolo 358, nonché all'articolo 38 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie».
(4) Vedi, anche, la L. 22 aprile 2005, n. 69 sul mandato d'arresto europeo.
Art. 293.
Adempimenti esecutivi.
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 156, l'ufficiale o l'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto la custodia cautelare consegna all'imputato copia del provvedimento e lo avverte della facoltà di nominare un difensore di fiducia, informa immediatamente il difensore di fiducia eventualmente nominato ovvero quello di ufficio designato a norma dell'articolo 97 e redige verbale di tutte le operazioni compiute. Il verbale è immediatamente trasmesso al giudice che ha emesso l'ordinanza e al pubblico ministero.
2. Le ordinanze che dispongono misure diverse dalla custodia cautelare sono notificate all'imputato.
3. Le ordinanze previste dai commi 1 e 2, dopo la loro notificazione o esecuzione, sono depositate nella cancelleria del giudice che le ha emesse insieme alla richiesta del pubblico ministero e agli atti presentati con la stessa. Avviso del deposito è notificato al difensore (1).
4. Copia dell'ordinanza che dispone una misura interdittiva è trasmessa all'organo eventualmente competente a disporre l'interdizione in via ordinaria.
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(1) Nel presente comma 3, primo periodo, le parole «insieme alla richiesta del pubblico ministero e agli atti presentati con la stessa» sono state aggiunte dall'art. 10, L. 8 agosto 1995, n. 332. La Corte costituzionale, con sentenza 17-24 giugno 1997, n. 192 (Gazz. Uff. 2 luglio 1997, n. 27 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui non prevede la facoltà per il difensore di estrarre copia, insieme all'ordinanza che ha disposto la misura cautelare, della richiesta del pubblico ministero e degli atti presentati con la stessa.
Art. 295.
Verbale di vane ricerche.
1. Se la persona nei cui confronti la misura è disposta non viene rintracciata e non è possibile procedere nei modi previsti dall'articolo 293, l'ufficiale o l'agente redige ugualmente il verbale, indicando specificamente le indagini svolte, e lo trasmette senza ritardo al giudice che ha emesso l'ordinanza.
2. Il giudice, se ritiene le ricerche esaurienti, dichiara, nei casi previsti dall'articolo 296, lo stato di latitanza.
3. Al fine di agevolare le ricerche del latitante, il giudice o il pubblico ministero, nei limiti e con le modalità previste dagli articoli 266 e 267, può disporre l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione. Si applicano, ove possibile, le disposizioni degli articoli 268, 269 e 270.
3-bis. Fermo quanto disposto nel comma 3 del presente articolo e nel comma 5 dell'articolo 103, il giudice o il pubblico ministero può disporre l'intercettazione di comunicazioni tra presenti quando si tratta di agevolare le ricerche di un latitante in relazione a uno dei delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis nonché dell'articolo 407, comma 2, lettera a), n. 4) (1).
3-ter. Nei giudizi davanti alla Corte d'assise, ai fini di quanto previsto dai commi 3 e 3-bis, in luogo del giudice provvede il presidente della Corte (2).
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(1) Comma aggiunto dall'art. 4, primo comma, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356, recante modifiche al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa e, successivamente, così modificato dall'art. 6, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438. Il testo in vigore prima di quest'ultima modifica era il seguente: «3-bis. Fermo quanto disposto nel comma 3 del presente articolo e nel comma 5 dell'articolo 103, il giudice o il pubblico ministero può disporre l'intercettazione di comunicazioni tra presenti quando si tratta di agevolare le ricerche di un latitante in relazione a uno dei delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis».
(2) Comma aggiunto dall'art. 1, L. 14 febbraio 2006, n. 56.
Art. 329.
Obbligo del segreto. (1)
1. Gli atti d'indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.
2. Quando è necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può, in deroga a quanto previsto dall'articolo 114, consentire, con decreto motivato, la pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso, gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero.
3. Anche quando gli atti non sono più coperti dal segreto a norma del comma 1, il pubblico ministero, in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, può disporre con decreto motivato:
a) l'obbligo del segreto per singoli atti, quando l'imputato lo consente o quando la conoscenza dell'atto può ostacolare le indagini riguardanti altre persone;
b) il divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni (2).
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(1) Vedi gli artt. 97-103, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, recante il testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, l'art. 6, D.L. 28 dicembre 1993, n. 544, in materia di cooperazione con il Tribunale internazionale competente per gravi violazioni del diritto umanitario commesse nei territori della ex Jugoslavia, convertito, con modificazioni, con la L. 14 febbraio 1994, n. 120 e il comma 3 dell'art. 143, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, come sostituito dal comma 30 dell'art. 2, L. 15 luglio 2009, n. 94.
(2) Deroga al divieto previsto in questa lettera è stabilita dall'art. 4, L. 30 giugno 1994, n. 430.
Art. 380.
Arresto obbligatorio in flagranza.
1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto [Cost. 13] di chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo [c.p. 43], consumato o tentato [c.p. 56], per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni.
2. Anche fuori dei casi previsti dal comma 1, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto di chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o tentati:
a) delitti contro la personalità dello Stato previsti nel titolo I del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;
b) delitto di devastazione e saccheggio previsto dall'articolo 419 del codice penale;
c) delitti contro l'incolumità pubblica previsti nel titolo VI del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni;
d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall'articolo 600 [c.p. 600], delitto di prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-bis,[c.p. 600-bis] primo comma, delitto di pornografia minorile previsto dall'articolo 600-ter, [c.p. 600-ter] commi primo e secondo, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-quinquies del codice penale (1);
d-bis) delitto di violenza sessuale previsto dall'articolo 609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, e delitto di violenza sessuale di gruppo previsto dall'articolo 609-octies del codice penale (2);
e) delitto di furto quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall’articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533, o taluna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 625, primo comma, numeri 2), prima ipotesi, 3) e 5), del codice penale, salvo che ricorra, in questi ultimi casi, la circostanza attenuante di cui all’articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale (3);
e-bis) delitti di furto previsti dall'articolo 624-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui all'articolo 62 [c.p. 62], primo comma, numero 4), del codice penale (4);
f) delitto di rapina previsto dall'articolo 628 del codice penale e di estorsione previsto dall'articolo 629 del codice penale;
g) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (5);
h) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell'art. 73 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che ricorra la circostanza prevista dal comma 5 del medesimo articolo (6);
i) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni (7);
l) delitti di promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall'articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17 [della associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416-bis comma 2 del codice penale] (8), delle associazioni di carattere militare previste dall'articolo 1 della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2, della legge 20 giugno 1952, n. 645, delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'art. 3, comma 3, della L. 13 ottobre 1975, n. 654 (9);
l-bis) delitti di partecipazione, promozione, direzione e organizzazione della associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416-bis del codice penale (10);
m) delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere prevista dall'articolo 416 commi 1 e 3 del codice penale [c.p. 416], se l'associazione è diretta alla commissione di più delitti fra quelli previsti dal comma 1 o dalle lettere a), b), c), d), f), g), i) del presente comma.
3. Se si tratta di delitto perseguibile a querela, l'arresto in flagranza è eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all'ufficiale o all'agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l'avente diritto dichiara di rimettere la querela, l'arrestato è posto immediatamente in libertà (11).
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(1) Lettera così modificata prima dall'art. 11, L. 3 agosto 1998, n. 269 e poi dall'art. 12, L. 6 febbraio 2006, n. 38.
Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla citata legge n. 38 del 2006 era il seguente: «d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall'articolo 600 [c.p. 600], delitto di prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-bis, primo comma,[c.p. 600-bis] delitto di pornografia minorile previsto dall'articolo 600-ter, commi primo e secondo,[c.p. 600-ter] e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-quinquies del codice penale;».
Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla suddetta legge n. 269 del 1998 così disponeva: «d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall'articolo 600 del codice penale».
(2) Lettera aggiunta dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 2, D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2009, n. 38.
(3) Lettera prima modificata dall'art. 10, L. 26 marzo 2001, n. 128 e poi così sostituita dalla lettera a) del comma 25 dell’art. 3, L. 15 luglio 2009, n. 94.
Il testo in vigore prima della sostituzione disposta dalla citata legge n. 94/2009 era il seguente: «e) delitto di furto, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533 quella prevista dall'articolo 625, primo comma, numero 2), prima ipotesi, del codice penale, salvo che, in quest'ultimo caso, ricorra la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale».
Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla suddetta legge n. 128 del 2001 era il seguente: «e) delitto di furto, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533 o taluna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 625 comma 1 numeri 1, 2 prima ipotesi e 4 seconda ipotesi del codice penale.». Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 8-16 febbraio 1993, n. 54 (Gazz. Uff. 24 febbraio 1993, n. 9 - Prima serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità nella parte in cui prevedeva l'arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di furto aggravato ai sensi dell'art. 625 c.p., primo comma, n. 2, prima ipotesi, nel caso in cui ricorresse la circostanza attenuante prevista dall'art. 62 c.p., n. 4.
(4) Lettera aggiunta dall'art. 10, L. 26 marzo 2001, n. 128.
(5) Lettera così sostituita dall'art. 10, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, recante provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza del buon andamento dell'attività amministrativa. La Corte costituzionale, con sentenza 1-8 giugno 1992, n. 260 (Gazz. Uff. 17 giugno 1992, n. 26 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 380, secondo comma, lett. g), del c.p.p., in relazione all'art. 5, ultimo comma, della L. 18 aprile 1975, n. 110 recante norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi, in riferimento all'art. 3 della Cost.
(6) Lettera così sostituita dall'art. 2, D.L. 8 agosto 1991, n. 247, recante modificazioni del testo unico, in materia di sostanze stupefacenti o psicotrope, approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, relativo all'arresto in flagranza.
(7) Lettera così modificata dall'art. 13, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155.
Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «i) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni».
In precedenza l'art. 2, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 aveva aggiunto, dopo la parola«terrorismo», le seguenti: «anche internazionale». La legge di conversione 15 dicembre 2001, n. 438, di conversione del citato decreto-legge, ha però soppresso il suddetto articolo 2. Vedi gli artt. 21 e 29, L. 18 aprile 1975, n. 110, di integrazione della disciplina per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi; l'art. 1, D.L. 15 dicembre 1979, n. 625, per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica, nonché l'art. 11, L. 29 maggio 1982, n. 304, sulla difesa dell'ordinamento costituzionale.
(8) Le parole tra parentesi quadre sono state soppresse dall'art. 4, sesto comma, lettera a), D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356, recante modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti contro la criminalità mafiosa.
(9) Lettera così modificata dall'art. 6, comma 2-bis, D.L. 26 aprile 1993, n. 122, in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa. Il testo precedente alla modifica del 1993 così disponeva: «l) delitti di promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall'articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17 [della associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416-bis comma 2 del codice penale], delle associazioni di carattere militare previste dall'articolo 1 della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2, L. 20 giugno 1952, n. 645».
(10) Lettera aggiunta dall'art. 4, sesto comma, lettera b), D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356, recante modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti contro la criminalità mafiosa.
(11) Le disposizioni relative all'arresto in flagranza non si applicano al procedimento penale davanti al giudice di pace, ai sensi dell'art. 2, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.
Art. 407.
Termini di durata massima delle indagini preliminari.
1. Salvo quanto previsto all'articolo 393 comma 4, la durata delle indagini preliminari non può comunque superare diciotto mesi.
2. La durata massima è tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano:
a) i delitti appresso indicati:
1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale, 291-ter, limitatamente alle ipotesi aggravate previste dalle lettere a), d) ed e) del comma 2, e 291-quater, comma 4, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 (1);
2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello stesso codice penale [c.p. 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, 630];
3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (2);
4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma e 306, secondo comma, del codice penale (3) (4);
5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (5);
6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;
7) delitto di cui all'articolo 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza (6);
7-bis) dei delitti previsto dagli articoli 600, 600-bis, comma 1, 600-ter, comma 1, 601, 602, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'articolo 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale, nonché dei delitti previsti dall’articolo 12, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni (7);
b) notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese (8);
c) indagini che richiedono il compimento di atti all'estero [c.p.p. 727, 728, 729];
d) procedimenti in cui è indispensabile mantenere il collegamento tra più uffici del pubblico ministero a norma dell'articolo 371 (9).
3. Salvo quanto previsto dall'articolo 415-bis, qualora il pubblico ministero non abbia esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati [c.p.p. 191] (10).
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(1) Numero così sostituito dall'art. 5, L. 19 marzo 2001, n. 92. Vedi, anche, il comma 6 dell'art. 17, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155.
Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale».
(2) I delitti indicati nel presente numero sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale ai sensi di quanto previsto dall'art. 33-bis c.p.p. Vedi, anche, il comma 6 dell'art. 17, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155.
(3) I delitti indicati nel presente numero sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale ai sensi di quanto previsto dall'art. 33-bis c.p.p. Vedi, anche, il comma 6 dell'art. 17, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155.
(4) Numero così modificato prima dall'art. 1, D.L. 5 aprile 2001, n. 98, convertito in legge dall'art. 1, L. 14 maggio 2001, n. 196 e poi dall'art. 1, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438. Gli artt. 3 e 4 del citato D.L. n. 374/2001 hanno disposto che, nei procedimenti per i delitti previsti dal presente numero, si applicano le disposizioni di cui all'art. 13, D.L. 13 maggio 1991, n. 152 e all'art. 10, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419. Il testo in vigore prima di quest'ultima modifica era il seguente: «4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma, 270-bis, secondo comma, e 306, secondo comma, del codice penale». A questo testo l'art. 2 del citato D.L. n. 374 del 2001 aveva aggiunto, dopo la parola «terrorismo», le seguenti: «anche internazionale». La legge di conversione 15 dicembre 2001, n. 438 ha però soppresso il suddetto articolo 2. Il testo in vigore prima della modifica disposta dal citato D.L. n. 98/2001 era il seguente: «4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni».
(5) I delitti indicati nel presente numero sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale ai sensi di quanto previsto dall'art. 33-bis c.p.p. Vedi, anche, l'art. 24-ter, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, aggiunto dal comma 29 dell'art. 2, L. 15 luglio 2009, n. 94.
(6) Lettera così sostituita, da ultimo, dall'art. 21, L. 8 agosto 1995, n. 332. Vedi gli artt. 72, 73 e 74, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, recante il testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dai relativi stati di tossicodipendenza. Il testo precedente, come sostituito dall'art. 6, comma terzo, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni, con L. 7 agosto 1992, n. 356, così disponeva: «a) i delitti indicati nell'articolo 275 comma 3 nonché il delitto previsto dall'articolo 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza».
(7) Numero aggiunto dall'art. 3, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4 e poi così modificato dall'art. 6, L. 11 agosto 2003, n. 228 e dal comma 27 dell’art. 1, L. 15 luglio 2009, n. 94.
Il presente numero si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del suddetto D.L. n. 341 del 2000, ai sensi dell'art. 5 dello stesso decreto.
Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla citata legge n. 94/2009 era il seguente: «7-bis) dei delitti previsto dagli articoli 600, 600-bis, comma 1, 600-ter, comma 1, 601, 602, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'articolo 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale».
Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla suddetta legge n. 228 del 2003 era il seguente: «7-bis) dei delitti previsto dagli articoli 600-bis, comma 1, 600-ter, comma 1, 601, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'articolo 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale».
(8) L'art. 1, L. 28 settembre 1998, n. 336 (Gazz. Uff. 30 settembre 1998, n. 228), ha disposto che, nei procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore, aventi ad oggetto i reati di cui agli articoli 285 e 422 del codice penale, commessi anteriormente alla data di entrata in vigore del codice di procedura penale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, il termine di durata massima delle indagini preliminari è di tre anni ove ricorra l'ipotesi di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 407 del codice di procedura penale. Il termine di durata massima delle indagini preliminari per le suddette ipotesi di reato è stato poi aumentato: a quattro anni dall'art. 1, D.L. 27 settembre 1999, n. 330 (Gazz. Uff. 27 settembre 1999, n. 227), convertito in legge dall'art. 1, L. 23 novembre 1999, n. 438 (Gazz. Uff. 26 novembre 1999, n. 278); a cinque anni dall'art. 9, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4 e a sei anni dall'art. 13, D.L. 25 ottobre 2002, n. 236, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 27 dicembre 2002, n. 284.
(9) Vedi l'art. 12, comma quarto e quinto, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, in L. 12 luglio 1991, n. 203, recante provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza del buon andamento dell'attività amministrativa, nonché l'art. 8, D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, recante nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia.
(10) Comma così modificato dall'art. 17, L. 16 dicembre 1999, n. 479. Il testo precedentemente in vigore così disponeva: «3. Qualora il pubblico ministero non abbia esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati».
Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice
di procedura penale
(art. 89, 129, 147)
Art. 89.
Verbale e nastri registrati delle intercettazioni.
1. Il verbale delle operazioni previsto dall'articolo 268 comma 1 del codice contiene l'indicazione degli estremi del decreto che ha disposto l'intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, l'annotazione del giorno e dell'ora di inizio e di cessazione della intercettazione nonché i nominativi delle persone che hanno preso parte alle operazioni.
2. I nastri contenenti le registrazioni, racchiusi in apposite custodie numerate e sigillate, sono collocati in un involucro sul quale sono indicati il numero delle registrazioni contenute, il numero dell'apparecchio controllato, i nomi, se possibile, delle persone le cui conversazioni sono state sottoposte ad ascolto e il numero che, con riferimento alla registrazione consentita, risulta dal registro delle intercettazioni previsto dall'articolo 267 comma 5 del codice.
Art. 129.
Informazioni sull'azione penale.
1. Quando esercita l'azione penale nei confronti di un impiegato dello Stato o di altro ente pubblico, il pubblico ministero informa l'autorità da cui l'impiegato dipende, dando notizia dell'imputazione. Quando si tratta di personale dipendente dai servizi per le informazioni e la sicurezza militare o democratica, ne dà comunicazione anche al comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato.
2. Quando l'azione penale è esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico, l'informazione è inviata all'Ordinario della diocesi a cui appartiene l'imputato.
3. Quando esercita l'azione penale per un reato che ha cagionato un danno per l'erario, il pubblico ministero informa il procuratore generale presso la Corte dei conti, dando notizia della imputazione.
3-bis. Il pubblico ministero invia la informazione contenente la indicazione delle norme di legge che si assumono violate anche quando taluno dei soggetti indicati nei commi 1 e 2 è stato arrestato o fermato ovvero si trova in stato di custodia cautelare (1).
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(1) Comma aggiunto dall'art. 20, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, recante disposizioni integrative e correttive della disciplina processuale penale e delle norme ad essa collegate.
Art. 147.
Riprese audiovisive dei dibattimenti.
1. Ai fini dell'esercizio del diritto di cronaca, il giudice con ordinanza, se le parti consentono, può autorizzare in tutto o in parte la ripresa fotografica, fonografica o audiovisiva ovvero la trasmissione radiofonica o televisiva del dibattimento, purché non ne derivi pregiudizio al sereno e regolare svolgimento dell'udienza o alla decisione.
2. L'autorizzazione può essere data anche senza il consenso delle parti quando sussiste un interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento.
3. Anche quando autorizza la ripresa o la trasmissione a norma dei commi 1 e 2, il presidente vieta la ripresa delle immagini di parti, testimoni, periti, consulenti tecnici, interpreti e di ogni altro soggetto che deve essere presente, se i medesimi non vi consentono o la legge ne fa divieto.
4. Non possono in ogni caso essere autorizzate le riprese o le trasmissioni dei dibattimenti che si svolgono a porte chiuse a norma dell'articolo 472 commi 1, 2 e 4 del codice.
L. 8 febbraio 1948, n. 47.
Disposizioni sulla stampa.
(art. 8)
(1) (2)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 20 febbraio 1948, n. 43.
(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:
- Ministero delle finanze: Circ. 27 agosto 1998, n. 209/E;
- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 18 dicembre 1996, n. 7664.
(omissis)
Art. 8.
Risposte e rettifiche.
Il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell'agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale.
Per i quotidiani, le dichiarazioni o le rettifiche di cui al comma precedente sono pubblicate, non oltre due giorni da quello in cui è avvenuta la richiesta, in testa di pagina e collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono.
Per i periodici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, non oltre il secondo numero successivo alla settimana in cui è pervenuta la richiesta, nella stessa pagina che ha riportato la notizia cui si riferisce.
Le rettifiche o dichiarazioni devono fare riferimento allo scritto che le ha determinate e devono essere pubblicate nella loro interezza, purché contenute entro il limite di trenta righe, con le medesime caratteristiche tipografiche, per la parte che si riferisce direttamente alle affermazioni contestate.
Qualora, trascorso il termine di cui al secondo e terzo comma, la rettifica o dichiarazione non sia stata pubblicata o lo sia stata in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo e quarto comma, l'autore della richiesta di rettifica, se non intende procedere a norma del decimo comma dell'articolo 21, può chiedere al pretore, ai sensi dell'articolo 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la pubblicazione.
La mancata o incompleta ottemperanza all'obbligo di cui al presente articolo è punita con la sanzione amministrativa da lire 15.000.000 a lire 25.000.000 (9).
La sentenza di condanna deve essere pubblicata per estratto nel quotidiano o nel periodico o nell'agenzia. Essa, ove ne sia il caso, ordina che la pubblicazione omessa sia effettuata (10).
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(9) La sanzione originaria della multa è stata sostituita con la sanzione amministrativa dall'art. 32, L. 24 novembre 1981, n. 689, e così elevata dall'art. 114, primo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, secondo comma, della stessa legge.
(10) Così sostituito dall'art. 42, L. 5 agosto 1981, n. 416.
D.L. 13 maggio 1991, n. 152, conv. con mod. Legge 12 luglio
1991, n. 203
Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di
trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa
(Art. 13)
(1)
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 13 maggio 1991, n. 110 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 12 luglio 1991, n. 203 (Gazz. Uff. 12 luglio 1991, n. 162). Il comma 2 dello stesso articolo ha, inoltre, disposto che restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge 13 novembre 1990, n. 324, 12 gennaio 1991, n. 5, e 13 marzo 1991, n. 76, non convertiti in legge.
(omissis)
Capo VII - Modifiche alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni
Art. 13.
1. In deroga a quanto disposto dall'articolo 267 del codice di procedura penale, l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 dello stesso codice è data, con decreto motivato, quando l'intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione ad un delitto di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono in ordine ai quali sussistano sufficienti indizi. Nella valutazione dei sufficienti indizi si applica l'articolo 203 del codice di procedura penale (37). Quando si tratta di intercettazione di comunicazioni tra presenti disposta in un procedimento relativo a un delitto di criminalità organizzata e che avvenga nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale, l'intercettazione è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi predetti si stia svolgendo l'attività criminosa (38).
2. Nei casi di cui al comma 1, la durata delle operazioni non può superare i quaranta giorni, ma può essere prorogata dal giudice con decreto motivato per periodi successivi di venti giorni, qualora permangano i presupposti indicati nel comma 1. Nei casi di urgenza, alla proroga provvede direttamente il pubblico ministero; in tal caso si osservano le disposizioni del comma 2 dell'articolo 267 del codice di procedura penale.
3. Negli stessi casi di cui al comma 1 il pubblico ministero e l'ufficiale di polizia giudiziaria possono farsi coadiuvare da agenti di polizia giudiziaria (39).
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(37) Periodo aggiunto dall'art. 23, L. 1° marzo 2001, n. 63.
(38) Periodo aggiunto dall'art. 3-bis, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
(39) Così sostituito dalla legge di conversione 12 luglio 1991, n. 203.
(omissis)
D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle
società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma
dell'articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n. 300.
(Art. 25 novies)
(1)
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 19 giugno 2001, n. 140.
Art. 25-novies.
Delitti in materia di violazione del diritto d’autore.
1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dagli articoli 171, primo comma, lettera a-bis), e terzo comma, 171-bis, 171-ter, 171-septies e 171-octies della legge 22 aprile 1941, n. 633, si applica all’ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.
2. Nel caso di condanna per i delitti di cui al comma 1 si applicano all’ente le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non superiore ad un anno. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 174-quinquies della citata legge n. 633 del 1941 (25).
L. 20 giugno 2003, n. 140.
Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonché in
materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato.
(artt. 4 e 6)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 21 giugno 2003, n. 142.
(2) Vedi, anche, la L. 23 luglio 2008, n. 124.
Art. 4.
1. Quando occorre eseguire nei confronti di un membro del Parlamento perquisizioni personali o domiciliari, ispezioni personali, intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni, sequestri di corrispondenza, o acquisire tabulati di comunicazioni, ovvero, quando occorre procedere al fermo, all'esecuzione di una misura cautelare personale coercitiva o interdittiva ovvero all'esecuzione dell'accompagnamento coattivo, nonché di misure di sicurezza o di prevenzione aventi natura personale e di ogni altro provvedimento privativo della libertà personale, l'autorità competente richiede direttamente l'autorizzazione della Camera alla quale il soggetto appartiene.
2. L'autorizzazione è richiesta dall'autorità che ha emesso il provvedimento da eseguire; in attesa dell'autorizzazione l'esecuzione del provvedimento rimane sospesa.
3. L'autorizzazione non è richiesta se il membro del Parlamento è colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza ovvero si tratta di eseguire una sentenza irrevocabile di condanna.
4. In caso di scioglimento della Camera alla quale il parlamentare appartiene, la richiesta di autorizzazione perde efficacia a decorrere dall'inizio della successiva legislatura e può essere rinnovata e presentata alla Camera competente all'inizio della legislatura stessa (18).
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(18) La Corte costituzionale, con ordinanza 19-23 novembre 2007, n. 389 (Gazz. Uff. 28 novembre 2007, n. 46, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 6, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 68, secondo e terzo comma, 111, secondo e terzo comma, e 112 della Costituzione.
(omissis)
Art. 6.
1. Fuori dalle ipotesi previste dall'articolo 4, il giudice per le indagini preliminari, anche su istanza delle parti ovvero del parlamentare interessato, qualora ritenga irrilevanti, in tutto o in parte, ai fini del procedimento i verbali e le registrazioni delle conversazioni o comunicazioni intercettate in qualsiasi forma nel corso di procedimenti riguardanti terzi, alle quali hanno preso parte membri del Parlamento, ovvero i tabulati di comunicazioni acquisiti nel corso dei medesimi procedimenti, sentite le parti, a tutela della riservatezza, ne decide, in camera di consiglio, la distruzione integrale ovvero delle parti ritenute irrilevanti, a norma dell'articolo 269, commi 2 e 3, del codice di procedura penale.
2. Qualora, su istanza di una parte processuale, sentite le altre parti nei termini e nei modi di cui all'articolo 268, comma 6, del codice di procedura penale, ritenga necessario utilizzare le intercettazioni o i tabulati di cui al comma 1, il giudice per le indagini preliminari decide con ordinanza e richiede, entro i dieci giorni successivi, l'autorizzazione della Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene o apparteneva al momento in cui le conversazioni o le comunicazioni sono state intercettate (19) (20).
3. La richiesta di autorizzazione è trasmessa direttamente alla Camera competente. In essa il giudice per le indagini preliminari enuncia il fatto per il quale è in corso il procedimento, indica le norme di legge che si assumono violate e gli elementi sui quali la richiesta si fonda, allegando altresì copia integrale dei verbali, delle registrazioni e dei tabulati di comunicazioni (21).
4. In caso di scioglimento della Camera alla quale il parlamentare appartiene, la richiesta perde efficacia a decorrere dall'inizio della successiva legislatura e può essere rinnovata e presentata alla Camera competente all'inizio della legislatura stessa (22).
5. Se l'autorizzazione viene negata, la documentazione delle intercettazioni è distrutta immediatamente, e comunque non oltre i dieci giorni dalla comunicazione del diniego (23) (24).
6. Tutti i verbali, le registrazioni e i tabulati di comunicazioni acquisiti in violazione del disposto del presente articolo devono essere dichiarati inutilizzabili dal giudice in ogni stato e grado del procedimento (25) (26) (27).
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(19) La Corte costituzionale, con sentenza 19-23 novembre 2007, n. 390 (Gazz. Uff. 28 novembre 2007, n. 46, Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità dei commi 2, 5 e 6 del presente articolo, nella parte in cui si stabilisce che la disciplina ivi prevista si applichi anche nei casi in cui le intercettazioni debbano essere utilizzate nei confronti di soggetti diversi dal membro del Parlamento, le cui conversazioni o comunicazioni sono state intercettate.
(20) La Corte costituzionale, con sentenza 7-21 aprile 2005, n. 163 (Gazz. Uff. 27 aprile 2005, n. 17, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, commi 2, 3, 4, 5 e 6, e dell'art. 7, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione.
(21) La Corte costituzionale, con sentenza 7-21 aprile 2005, n. 163 (Gazz. Uff. 27 aprile 2005, n. 17, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, commi 2, 3, 4, 5 e 6, e dell'art. 7, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione.
(22) La Corte costituzionale, con sentenza 7-21 aprile 2005, n. 163 (Gazz. Uff. 27 aprile 2005, n. 17, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, commi 2, 3, 4, 5 e 6, e dell'art. 7, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione.
(23) La Corte costituzionale, con sentenza 19-23 novembre 2007, n. 390 (Gazz. Uff. 28 novembre 2007, n. 46, Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità dei commi 2, 5 e 6 del presente articolo, nella parte in cui si stabilisce che la disciplina ivi prevista si applichi anche nei casi in cui le intercettazioni debbano essere utilizzate nei confronti di soggetti diversi dal membro del Parlamento, le cui conversazioni o comunicazioni sono state intercettate.
(24) La Corte costituzionale, con sentenza 7-21 aprile 2005, n. 163 (Gazz. Uff. 27 aprile 2005, n. 17, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, commi 2, 3, 4, 5 e 6, e dell'art. 7, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione.
(25) La Corte costituzionale, con sentenza 19-23 novembre 2007, n. 390 (Gazz. Uff. 28 novembre 2007, n. 46, Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità dei commi 2, 5 e 6 del presente articolo, nella parte in cui si stabilisce che la disciplina ivi prevista si applichi anche nei casi in cui le intercettazioni debbano essere utilizzate nei confronti di soggetti diversi dal membro del Parlamento, le cui conversazioni o comunicazioni sono state intercettate.
(26) La Corte costituzionale, con sentenza 7-21 aprile 2005, n. 163 (Gazz. Uff. 27 aprile 2005, n. 17, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, commi 2, 3, 4, 5 e 6, e dell'art. 7, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione.
(27) La Corte costituzionale, con ordinanza 19-23 novembre 2007, n. 389 (Gazz. Uff. 28 novembre 2007, n. 46, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 6, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 68, secondo e terzo comma, 111, secondo e terzo comma, e 112 della Costituzione.
(omissis)
D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109.
Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni
e della procedura per la loro applicabilità, nonchè modifica della disciplina
in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio
dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera f), della L. 25
luglio 2005, n. 150
(Art. 2)
(1)
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 marzo 2006, n. 67.
(omissis)
Art. 2.
Illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni.
1. Costituiscono illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni:
a) fatto salvo quanto previsto dalle lettere b) e c), i comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;
b) l'omissione della comunicazione, al Consiglio superiore della magistratura, della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati dall'articolo 29 del presente decreto;
c) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;
d) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell'ambito dell'ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori;
e) l'ingiustificata interferenza nell'attività giudiziaria di altro magistrato;
f) l'omessa comunicazione al capo dell'ufficio, da parte del magistrato destinatario, delle avvenute interferenze;
g) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile;
h) il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile;
i) [il perseguimento di fini estranei ai suoi doveri ed alla funzione giudiziaria] (4);
l) l'emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge;
m) l'adozione di provvedimenti adottati nei casi non consentiti dalla legge, per negligenza grave e inescusabile, che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali;
n) la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario o sui servizi organizzativi e informatici adottate dagli organi competenti (5);
o) l'indebito affidamento ad altri di attività rientranti nei propri compiti;
p) l'inosservanza dell'obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l'ufficio in assenza dell'autorizzazione prevista dalla normativa vigente se ne è derivato concreto pregiudizio all'adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità;
q) il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni; si presume non grave, salvo che non sia diversamente dimostrato, il ritardo che non eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell'atto;
r) il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato all'attività di servizio;
s) per il dirigente dell'ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio, l'omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti;
t) l'inosservanza dell'obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione legittima dell'organo competente;
u) la divulgazione, anche dipendente da negligenza, di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonchè la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere indebitamente diritti altrui;
v) pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti con provvedimento non soggetto a impugnazione ordinaria, quando sono dirette a ledere indebitamente diritti altrui nonchè la violazione del divieto di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 (6).
z) [il tenere rapporti in relazione all'attività del proprio ufficio con gli organi di informazione al di fuori delle modalità previste dal decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera d) e 2, comma 4, della legge 25 luglio 2005, n. 150] (7);
aa) il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio ovvero il costituire e l'utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati;
bb) [il rilasciare dichiarazioni ed interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura] (8);
cc) l'adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;
dd) l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti a lui noti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell'ufficio, della sezione o del collegio;
ee) l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come da ultimo modificati dall'articolo 29 del presente decreto, ovvero delle situazioni che possono dare luogo all'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati dagli articoli 26, comma 1 e 27 del presente decreto;
ff) l'adozione di provvedimenti non previsti da norme vigenti ovvero sulla base di un errore macroscopico o di grave e inescusabile negligenza (9);
gg) l'emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile.
2. Fermo quanto previsto dal comma 1, lettere g), h), i), l), m), n), o), p), cc) e ff), l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare (10);
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(4) Lettera abrogata dall'art. 1, comma 3, lettera b), numero 1), L. 24 ottobre 2006, n. 269.
(5) Lettera così modificata dal comma 2 dell'art. 3-quater, D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, aggiunto dalla relativa legge di conversione.
(6) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 3, lettera b), numero 2), L. 24 ottobre 2006, n. 269.
(7) Lettera abrogata dall'art. 1, comma 3, lettera b), numero 3), L. 24 ottobre 2006, n. 269.
(8) Lettera abrogata dall'art. 1, comma 3, lettera b), numero 4), L. 24 ottobre 2006, n. 269.
(9) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 3, lettera b), numero 5), L. 24 ottobre 2006, n. 269.
(10) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 3, lettera c), L. 24 ottobre 2006, n. 269.
(omissis)
[1] Tale disposizione riguarda i reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza.
[2] Il decreto legislativo 231/2001 prevede che per una serie di reati espressamente individuati possano essere applicate alla persona giuridica - mediante accertamento giudiziale - oltre a sanzioni interdittive anche sanzioni di natura pecuniaria, applicate per quote in un numero non inferiore a cento né superiore a mille. L'importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.548 euro. Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente, nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione. L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a). L’articolo 6 prevede specifiche ipotesi nelle quali l’ente può non essere ritenuto responsabile dell’illecito.