Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||
Titolo: | Arabia Saudita | ||
Serie: | Schede Paese politico-parlamentare Numero: 18 | ||
Data: | 14/06/2011 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari |
n. 18 – 14 giugno 2011
Arabia
Saudita
Il quadro istituzionale
Dal punto
di vista della forma di governo, l’Arabia Saudita è una monarchia assoluta,
retta dalla dinastia saudita. Non esiste infatti una Costituzione scritta e la
legge islamica (Sharia) è la fonte legislativa principale, mentre tre decreti
reali del 1° marzo 1992 hanno stabilito una legge fondamentale dell’ordinamento
del Regno, definendo gli organi di governo locale e centrale. A livello
centrale è presente un consiglio
consultivo (Majlis Al Shura)
attualmente composto (a seguito dell’ultima riforma del 2005) da centocinquanta
membri maschi di nomina reale, scelti tra “uomini di scienza ed esperienza”,
più il presidente. Il Consiglio è però privo di poteri legislativi, nelle mani
del monarca e del governo. Il potere esecutivo è esercitato dal consiglio dei
ministri. Le funzioni di primo ministro sono esercitate dal re, assistito da
uno o più vice-primi ministri. Il re ha potere di veto sulle decisioni del
consiglio dei ministri entro 30 giorni. I decreti del 1° marzo 1992 hanno
stabilito anche gli organi di governo municipali. Nell’ottobre 2003 il governo
ha annunciato che elezioni a livello locale si sarebbero svolte per la prima
volta nel 2004, con l’impegno a far seguire le elezioni nelle città maggiori e
quelle di parte del consiglio consultivo. Le elezioni locali, a suffragio solo
maschile, si sono poi svolte nel 2005. Le successive elezioni locali, previste
per il 2009, sono state posticipate di due anni.
Secondo Freedom House, l’Arabia Saudita è uno “Stato non libero”, non in possesso del requisito di “democrazia elettorale”, mentre il Democracy Index 2010 dell’Economist Intelligence Unit la indica come “regime autoritario”.
Per quel che concerne l’esercizio concreto delle libertà politiche e civili, fonti internazionali indicano come la costituzione di partiti politici di associazioni in Arabia Saudita risulti proibita (movimenti di opposizione sono presenti solo in esilio all’estero, in particolare a Londra, mentre agli inizi del 2004 sono stati arrestati i promotori di un’associazione indipendente per la tutela dei diritti umani). Anche la libertà di stampa e di manifestazione del pensiero risulterebbe limitata dallo stretto controllo governativo di tutti gli organi di stampa, la cui proprietà sarebbe riconducibile in larga parte ad esponenti della famiglia reale. Secondo fonti internazionali, il governo filtra i siti internet legati ai gruppi politici di opposizione, ai diritti umani, gli omosessuali e qualsiasi contenuto religioso che offenda i musulmani; i blogger vengono spesso arrestati.
Secondo Human Rights Watch, susciterebbe particolare preoccupazione la condizione dei diritti delle donne in Arabia Saudita. Il sistema giuridico saudita prevede infatti una sorta di tutela legale dei familiari maschi sulle donne, in base al quale queste non possono lavorare, studiare, sposarsi, viaggiare o sottoporsi a determinati trattamenti medici senza l’autorizzazione del familiare maschio.
L’Islam sunnita è religione di Stato e la legge richiede che tutti i cittadini sauditi siano musulmani; il culto pubblico delle altre religioni è proibito ed anche quello dell’islam sciita e dei riti sufi è soggetto a restrizioni; nell’ottobre 2009 è stata proibita la costruzione di moschee sciite. Per quanto la legislazione saudita consenta ai non musulmani il culto privato, questo risulta soggetto in concreto a restrizioni.
La situazione politica
Dal punto di vista della forma di governo, l’Arabia Saudita è una monarchia assoluta, retta dalla dinastia saudita. Non esiste infatti una Costituzione scritta e la legge islamica (Sharia) è la fonte legislativa principale, mentre tre decreti reali del 1° marzo 1992 hanno stabilito una legge fondamentale dell’ordinamento del Regno, definendo gli organi di governo locale e centrale. A livello centrale è presente un consiglio consultivo (Majlis Al Shura) attualmente composto (a seguito dell’ultima riforma del 2005) da centocinquanta membri maschi di nomina reale, scelti tra “uomini di scienza ed esperienza”, più il presidente. Il Consiglio è però privo di poteri legislativi, nelle mani del monarca e del governo. Il potere esecutivo è esercitato dal consiglio dei ministri. Le funzioni di primo ministro sono esercitate dal re, assistito da uno o più vice-primi ministri. Il re ha potere di veto sulle decisioni del consiglio dei ministri entro 30 giorni. I decreti del 1° marzo 1992 hanno stabilito anche gli organi di governo municipali. Nell’ottobre 2003 il governo ha annunciato che elezioni a livello locale si sarebbero svolte per la prima volta nel 2004, con l’impegno a far seguire le elezioni nelle città maggiori e quelle di parte del consiglio consultivo. Le elezioni locali, a suffragio solo maschile, si sono poi svolte nel 2005. Le successive elezioni locali, previste per il 2009, sono state posticipate di due anni.
Secondo Freedom House, l’Arabia Saudita è uno “Stato non libero”, non in possesso del requisito di “democrazia elettorale”, mentre il Democracy Index 2010 dell’Economist Intelligence Unit la indica come “regime autoritario”.
Per quel che concerne l’esercizio concreto delle libertà politiche e civili, fonti internazionali indicano come la costituzione di partiti politici di associazioni in Arabia Saudita risulti proibita (movimenti di opposizione sono presenti solo in esilio all’estero, in particolare a Londra, mentre agli inizi del 2004 sono stati arrestati i promotori di un’associazione indipendente per la tutela dei diritti umani). Anche la libertà di stampa e di manifestazione del pensiero risulterebbe limitata dallo stretto controllo governativo di tutti gli organi di stampa, la cui proprietà sarebbe riconducibile in larga parte ad esponenti della famiglia reale. Secondo fonti internazionali, il governo filtra i siti internet legati ai gruppi politici di opposizione, ai diritti umani, gli omosessuali e qualsiasi contenuto religioso che offenda i musulmani; i blogger vengono spesso arrestati.
Secondo Human Rights Watch, susciterebbe particolare preoccupazione la condizione dei diritti delle donne in Arabia Saudita. Il sistema giuridico saudita prevede infatti una sorta di tutela legale dei familiari maschi sulle donne, in base al quale queste non possono lavorare, studiare, sposarsi, viaggiare o sottoporsi a determinati trattamenti medici senza l’autorizzazione del familiare maschio.
L’Islam sunnita è religione di Stato e la legge richiede che tutti i cittadini sauditi siano musulmani; il culto pubblico delle altre religioni è proibito ed anche quello dell’islam sciita e dei riti sufi è soggetto a restrizioni; nell’ottobre 2009 è stata proibita la costruzione di moschee sciite. Per quanto la legislazione saudita consenta ai non musulmani il culto privato, questo risulta soggetto in concreto a restrizioni.
Indicatori internazionali sul paese[1]:
Libertà politiche e civili: “Stato non libero”, diritti politici: 7, libertà civili: 6 (Freedom House); “regime autoritario”, 160 su 167 (Economist)
Indice della libertà di stampa: 157 su 178
Libertà di internet 2009: filtraggio sostanziale per i temi politici, pervasivo per le tematiche sociali e gli strumenti di Internet, selettivo per quanto riguarda i conflitti e la sicurezza (OpenNet Initiative)
Libertà religiosa: gravi violazioni e violenza da parte delle istituzioni (ACS); mancanza di riconoscimento e protezione nella legislazione e gravi restrizioni nella pratica (USA)
Libertà economica: 54 su 179 (Heritage Foundation)
Corruzione percepita: 50 su 178
Variazione PIL 2009: + 0.6 per cento
Variazione PIL 2009: + 0.6 per cento
Fonti: The Statesman’s Yearbook 2011, Freedom House, Human Rights Watch, Arab Reform Bulletin –Carnegie endowment for international peace, Brookings Institution, Economist Intelligence Unit, agenzie di stampa
[1]Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); il tasso di crescita del PIL come riportato dall’Economist Intelligence Unit; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla nota esplicativa presente in Le elezioni programmate nel periodo febbraio-aprile 2011 (documentazione e ricerche n. 85, 9 febbraio 2011).