Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Emirati Arabi Uniti
Serie: Schede Paese politico-parlamentare    Numero: 29
Data: 14/06/2011
Descrittori:
EMIRATI ARABI UNITI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

 

                                                                                                                             n. 29 – 14 giugno 2011

Emirati Arabi Uniti                    

 


Il quadro istituzionale

Dal punto di vista della forma di Stato e di governo, gli Emirati Arabi Uniti sono una federazione di monarchie, vale a dire i sette emirati di Dubai, Abu Dhabi, Shariah, Reisal Khaimah, Aiman, Fujarah, Quwain. Il ruolo di Capo dello Stato è esercitato collettivamente dal Consiglio supremo che riunisce i sette emiri, eleggendo al suo interno un presidente, che esercita il ruolo di Presidente della Federazione, assegnato fin da principio all’Emirato di Dubai, e un vice-presidente, che esercita le funzioni di primo ministro, con un mandato di cinque anni. Il Consiglio supremo nomina il Consiglio dei ministri ed esercita il potere legislativo.

Esiste, come organo parzialmente elettivo, il Consiglio Federale Nazionale, composto da 40 membri, 20 elettivi e 20 nominati dal Presidente della Federazione. I membri elettivi sono eletti per due anni a suffragio universale maschile e femminile (la cittadinanza degli Emirati Arabi Uniti è però detenuta da una minoranza di residenti, solo  6.689 persone).

Nel dicembre 2008 è stata annunciata la trasformazione del Consiglio federale nazionale in organo pienamente legislativo e totalmente legislativo, elevandone la durata in carica da due a quattro anni. Tuttavia, contestualmente, il mandato del Consiglio federale in carica al momento della riforma è stato prolungato di due anni.

Per Freedom House, gli Emirati Arabi Uniti rappresentano uno “Stato non libero”, non in possesso dello status di “democrazia elettorale”, mentre il Democracy Index 2010 dell’Economist Intelligence Unit lo definisce “regime autoritario” (cfr. infra “Indicatori internazionali sul paese”).

Per quanto concerne le libertà politiche e civili, osservatori indipendenti rilevano la totale assenza di competizione politica: l’assegnazione delle posizioni all’interno della struttura governativa è legata indissolubilmente agli interessi economici e ai legami tribali. Non sono previsti partiti politici nel paese.

Nonostante alcuni osservatori internazionali abbiano rilevato un’ottima predisposizione ad accogliere media stranieri nel Paese, la libertà di stampa è tenuta costantemente sotto controllo e il codice penale persegue ogni forma di giornalismo ostile al governo. I siti internet relativi a contenuti pornografici, droga, alcool e atteggiamenti omosessuali, così come il gioco d’azzardo, sono filtrati e censurati dal governo. La libertà di riunione e di associazione è sottoposta a controlli e limitazioni. Non possono essere effettuate manifestazioni pubbliche senza autorizzazione preventiva da parte del Governo. La Costituzione riconosce l’Islam come religione ufficiale del paese e, sia pure annoverando alcuni episodi di restrizione, il governo segue una politica di tolleranza nel culto privato di altre fedi.

 

La situazione politica

Presidente della Federazione è Khalifa bin Zayed Al-Nuhayyan (n. 1948), mentre il Primo Ministro del Consiglio Federale Nazionale è Muhammad bin Rashid Al-Maktum (n. 1949), che ricopre contemporaneamente anche la carica di Vice Presidente della Federazione.

I sette emirati hanno risentito delle ripercussioni dovute alla crisi finanziaria internazionale: in particolare l’emirato di Dubai ha dovuto ricorrere ad un prestito di 10 miliardi di dollari da parte di Abu Dhabi, per far fronte alla crisi del settore finanziario e allo scoppio della bolla immobiliare dello scorso dicembre.

Finora, gli Emirati Arabi Uniti sono stati toccati solo marginalmente dalle proteste che stanno interessando il Nord Africa e il Medio Oriente, pur mantenendo un forte interessamento agli equilibri regionali, come dimostrato dall’intervento delle forze emiratine in Bahrain.

Di seguito, si riporta una cronologia degli avvenimenti negli emirati, dallo scoppio della crisi nordafricana a oggi:

11 marzo: nuove misure per contenere i rialzi dei prezzi alimentari e scongiurare il rischio di proteste simili a quelle scoppiate in altri paesi del mondo arabo. Nel frattempo il governatore della Banca Centrale ha smentito un’eventuale fuga di capitali finanziari dovuti all’ondata di proteste che hanno coinvolto i paesi vicini agli Emirati.

14 marzo: 500 poliziotti degli Emirati Arabi Uniti raggiungono il Bahrein con l’obiettivo di aiutare la famiglia regnante a ristabilire l’ordine.

21 marzo: il Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC), di cui fanno parte gli Emirati, definisce l’operazione militare in Libia “un intervento teso a proteggere la popolazione da un bagno di sangue”.

22 marzo: gruppi di attivisti hanno chiesto alle autorità degli Emirati Arabi Uniti di indagare sul possibile trasferimento nella regione del tesoro dell’ex presidente egiziano Mubarak e di quello tunisino Ben Ali, deposti in seguito alla protesta popolare nei rispettivi paesi. Contemporaneamente, gli Emirati hanno annunciato il non impiego di loro forze militari in Libia a causa di disaccordi con l’Occidente sulla situazione in Bahrain. Inizialmente, gli Emirati avevano previsto di schierare in Libia due squadre di aerei. A oggi, la partecipazione alla no-fly zone sulla Libia è limitata all’assistenza umanitaria.

18 aprile: il ministro degli Esteri del Bahrein annuncia che le forze saudite e quelle degli Emirati Arabi lasceranno il Paese solo quando la 'minaccia' rappresentata dall'Iran sarà considerata terminata, lasciando intendere che le truppe del Golfo potrebbero rimanere nel Paese per qualche tempo.

19 aprile: Numerosi attivisti per i diritti umani degli Emirati Arabi, cosi come degli altri paesi del Golfo, hanno esortato con un comunicato i propri governi a liberare le centinaia di dimostranti arrestati nella regione durante le proteste anti regime, chiedendo l'immediata attuazione di un piano globale di riforme politiche.

26 aprile: cinque attivisti degli Emirati Arabi Uniti sono stati fermati nelle ultime ore dalle autorità di Dubai perché sospettati di 'istigazione a delinquere' e di aver 'insultato' i leader politici del Paese.

8 maggio: Il ministro degli Esteri iraniano compie una visita ad Abu Dhabi per colloqui con le autorità degli Emirati arabi uniti sulla situazione nella regione, in cui da settimane sono sfociate tensioni tra Teheran e le monarchie arabe del Golfo.

 


Indicatori internazionali sul paese[1]

Libertà politiche e civili: “Stato non libero”, diritti politici: 6, libertà civili: 5  (Freedom House); “Regime Autoritario” 148 su 167 (Economist)

Indice della libertà di stampa: 86  su 178

Libertà di Internet 2009: “Filtraggio” pervasivo per quanto riguarda i temi sociali e gli strumenti informatici, sostanziale per le questioni politiche e selettivo per i conflitti e la sicurezza (OpenNet Initiative)

Libertà religiosa: assenza di eventi significativi (ACS); Islam religione di stato, tolleranza verso altre religioni ma divieto di proselitismo pubblico (USA)

Libertà economica: 47 su 179 (Heritage Foundation)

Corruzione percepita: 28  su 178

Variazione PIL 2009: -3,1 per cento

 

Servizio Studi – Analisi dei temi di politica estera nell’ambito dell’Osservatorio di Politica internazionale

( 06 6760-4939 – *st_affari_esteri@camera.it

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File: ES0573paese.doc



[1]    Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); la condizione della libertà di Internet secondo Open Net Iniziative; la condizione della libertà economica secondo l’Heritage Foundation il tasso di crescita del PIL come riportato dal Fondo Monetario internazionale; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulterioriinformazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla nota esplicativa presente in Le elezioni programmate nel periodo febbraio-aprile 2011 (documentazione e ricerche n. 85, 9 febbraio 2011).