Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Missione nei Balcani occidentali (Kosovo, Macedonia, Serbia, Bosnia-Erzegovina)
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 121
Data: 26/02/2010
Descrittori:
MISSIONI INTERNAZIONALI DI PACE   PENISOLA BALCANICA
POLITICA ESTERA     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Missione nei Balcani occidentali

(Kosovo, Macedonia,Serbia,Bosnia-Erzegovina)

 

 

 

 

 

 

n. 121

 

 

 

26 febbraio 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Esteri

( 066760-3855– * st_affari_esteri@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Rapporti Internazionali

( 066760-3948 – * cdrin1@camera.it

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Difesa

( 066760-4172– * st_difesa@camera.it

 

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: ES0402.doc

 


INDICE

Programma della missione

§      Commissione Esteri, Missione nei Balcani occidentali (1-3 marzo 2010)3

Schede di lettura

Sviluppi del quadro politico nei Balcani occidentali7

§      Kosovo  7

§      Ex Repubblica jugoslava di Macedonia (FYROM)11

§      Repubblica di Serbia  14

§      Repubblica di Bosnia-Erzegovina  16

Le missioni militari nei Balcani19

L’Unione europea e i Balcani occidentali24

(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)24

§      Il Processo di stabilizzazione ed associazione  25

§      Il pacchetto allargamento e le relazioni periodiche  28

§      La comunicazione del 5 marzo 2008  37

Scheda politico istituzionale

(a cura del Servizio Rapporti internazionali)

§      Kosovo  49

§      Ex Repubblica jugoslava di Macedonia  63

§      Repubblica di Serbia  73

§      Repubblica di Bosnia-Erzegovina  83

Relazioni parlamentari tra Italia e i paesi dei Balcani occidentali

(a cura del Servizio Rapporti internazionali)

§      Kosovo  97

§      Ex Repubblica jugoslava di Macedonia  103

§      Repubblica di Serbia  111

§      Bosnia-Erzegovina  123

Profili biografici (a cura del Servizio Rapporti internazionali)

§      Jakup Krasniqi, President of the Assembly of Kosovo  135

§      Skender Hyseni, Minister of Foreign Affairs of Republic of Kosovo  137

§      Trajko Veljanoski, President of the Assembly of the republic of Macedonia  139

§      Antonio Milososki, Minister of Foreign Affairs of the Republic of Macedonia  141

§      Haris Silajdžić, Member of the BiH Presidency  143

§      Nebojša Radmanović, Member of the BiH Presidency  144

§      Željko Komšić, Member of the BiH Presidency  145

§      Slavica Djukic Dejanovic, Presidente del Parlamento della Repubblica di Serbia  146

§      Dragoljub Micunovic, Presidente della Commissione Affari esteri148

§      Laszlo Varga, Presidente della Commissione parlamentare per l’Integrazione Europea  150

§      Bernhard Bair, Commander EUFOR   151

Kosovo

§      International Crisis Group, 12 maggio 2009, Europe Report n. 200 ‘’Serb Integration in Kosovo: Taking the Plunge’’ (introduzione), La sfida dell’integrazione, in: www.osservatoriobalcani.org, 04.06.2009  157

§      T. Lazarević, Oltre il muro, in: www.osservatoriobalcani.org, 12.08.2009  160

§      V. Kasapolli, Firme contese, in: www.osservatoriobalcani.org, 31.08.2009  164

§      V. Kasapolli, Scontro per Pristina, in: www.osservatoriobalcani.org, 11.11.2009  168

§      V. Kasapolli, Test elettorale, in: www.osservatoriobalcani.org, 19.11.2009  173

§      V. Kasapolli, L'azzardo di Thaci, in: www.osservatoriobalcani.org, 27.11.2009  176

§      T. Lazarević, Com'è profondo l'Ibar, in: www.osservatoriobalcani.org, 10.12.2009  180

§      F. Gradari, Kosovo tra reale e virtuale, in: www.osservatoriobalcani.org, 14.01.2010  184

§      P.P. Proto, La tormentata strada del Kosovo verso l’Ue , in: www.affarinternazionali.it 16.02.2010  189

Macedonia

§      G. Merlicco, La disputa del nome tra Atene e Skopje, in: www.affarinternazionali.it, 27.05.2009  195

§      R. Karajkov, Ad un passo dalla meta, in: www.osservatoriobalcani.org, 20.10.2009  198

§      R. Karajkov, Aria di veto, in: www.osservatoriobalcani.org, 03.12.2009  201

Serbia

§      A. Nuhefendić, Autunno diplomatico, in: www.osservatoriobalcani.org, 28.08.2009  207

§      A. Mijalković, Serbia: eurottimismo, in: www.osservatoriobalcani.org, 21.10.2009  210

§      D. Nenadić, L'alleato Medvedev, in: www.osservatoriobalcani.org, 23.10.2009  215

§      A. Armellini, La strada europea della Serbia, in: www.osservatoriobalcani.org, 17.11.2009  219

§      A. Mijalković, Disgelo, in: www.osservatoriobalcani.org, 09.12.2009  223

§      A. Armellini, Toc toc, in: www.osservatoriobalcani.org, 24.12.2009  226

§      M. Abram, L’anno della Juogosfera, in: www.osservatoriobalcani.org, 12.01.2010  228

§      D. Nenadić, La  232

§      C. Ferrara, Contro la mafia, in: www.osservatoriobalcani.org, 01.02.2010  235

Bosnia-Erzegovina

§      C. Solioz, Dayton 2, in: www.osservatoriobalcani.org, 21.10.2009  241

§      A. Nuhefendić, Autunno diplomatico, in: www.osservatoriobalcani.org, 24.11.2009  244

§      A. Cellino, Bosnia, è il tempo delle scelte, in: www.affarinternazionali.it, 25.11.2009  247

§      R. Bastianelli, Il rebus delle riforme in Bosnia-Erzegovina, in: www.affarinternazionali.it, 27.11.2009  250

§      A. Rossini, Etnopoli, in: www.osservatoriobalcani.org, 29.01.2010  254

 


Programma della missione

 


CAMERA DEI DEPUTATI

COMMISSIONE ESTERI

 

Missione nei Balcani occidentali

 

Bozza di programma

Volo di Stato

(1-3 marzo 2010)

 

 

1 marzo 2010

 

Partenza da Roma (ore 9)- Arrivo a Pristina (ore 10) e breve sosta in ambasciata

§         Incontro con il Presidente dell’Assemblea Jakup Krasniqi

§         Incontro con la Commissione Esteri

§         Incontro con il Ministro degli Esteri Skender Hyseni

 

 

Trasferimento aereo a Jakova (ore 13.30)

Briefing con il comando italiano di KFOR

Visita a Decani dei luoghi sacri ortodossi

 

Volo per Skopje (ore 19)

 

Cena offerta dalla Commissione esteri del Parlamento macedone – Pernottamento

 

2 marzo 2010

§         Incontro con il Presidente del Parlamento Velijanovski

§         Incontro con il Ministro degli esteri Antonio Milososki

§         Incontro con la Commissione esteri del Parlamento macedone

 

 

Volo per Belgrado (ore 13)

§         h. 16: Incontro con il Presidente del Parlamento Slavica Djukic-Dejanovic

§         h. 16.40: Incontro con il Presidente della Commissione esteri Dragoljub Micunovic

§         h. 19: Inaugurazione della mostra “Metamorfosi fiorentine” presso l’Istituto italiano di cultura

§         Cena presso la Residenza dell’Ambasciatore Varricchio

 

Pernottamento a Belgrado

 

 

 

 

3 marzo 2010

 

 

 

Volo per Sarajevo (ore 9):

§         h. 10.30: Incontro con i membri della Presidenza Tripartita (Haris Silajdzic, Nebojsa Radmanovic; assente Zeliko Komsic per impegni all’estero)

§         h. 12: Incontro presso l’Assemblea Parlamentare con i membri del Joint Collegium (Camera dei Rappresentanti/Camera dei Popoli) della Commissione Esteri.

§         h. 13: Colazione presso la Residenza italiana

§         h.14.30 Incontri presso la Missione militare europea EUFOR a Camp Butmir

 

 

 

Volo di rientro a Roma (ore 15)

 

 

 


Schede di lettura

 


Sviluppi del quadro politico nei Balcani occidentali

Kosovo

Pur in un quadro che vede l’intera area balcanica ancora in cerca di una piena stabilizzazione e inclusione nei processi di integrazione europea a vent’anni dalla disintegrazione della Jugoslavia, le maggiori incertezze riguardano il Kosovo. Dopo circa dieci anni di amministrazione internazionale Pristina ha unilateralmente dichiarato l’indipendenza dalla Serbia il 17 febbraio del 2008. L’indipendenza è stata subito riconosciuta dagli Usa e dalla maggior parte dei paesi europei (Italia inclusa); la Serbia continua però a considerare il Kosovo parte integrante del suo territorio nazionale, come del resto riconosce anche la risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, approvata nel 1999 nell’ambito degli accordi che hanno messo fine ai bombardamenti della Serbia da parte della Nato. Molti Stati, tra cui Russia e Cina, paesi con diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sono solidali con Belgrado.

Ad oggi i paesi che hanno riconosciuto il Kosovo ammontano a 65, con un trend dei riconoscimenti in netta flessione nel 2009 rispetto all’anno precedente, probabilmente a seguito del ricorso alla Corte internazionale di giustizia, l’organo dell’Onu incaricato di regolamentare le controversie tra gli Stati cui Belgrado ha chiesto di pronunciarsi sulla legittimità dell’indipendenza proclamata unilateralmente da Pristina. La Corte ha iniziato a esaminare il caso il 1° dicembre 2009 e il suo parere, peraltro non vincolante, è atteso per i prossimi mesi. 

Come è noto, cinque paesi membri dell’Unione europea non sono disposti a riconoscere il nuovo Stato senza un previo avallo dell’Onu, per timore di alimentare movimenti separatisti interni. Questi paesi – Spagna, Grecia, Romania, Slovacchia e Cipro – non sembrano disposti a rivedere la propria posizione in assenza di un accordo tra le parti, nonostante le pressioni da parte degli altri Stati membri e del Parlamento europeo, che a febbraio 2009 ha adottato una risoluzione in cui chiede che il Kosovo sia riconosciuto da tutti gli stati membri.

L’assetto istituzionale del paese rimane contrassegnato da fragilità ed all’interno del territorio kosovaro Pristina esercita un’autorità limitata sia dall’importante ruolo svolto dagli attori internazionali, fra cui gli Usa e l’Ue, sia dall’incapacità di controllare le aree a maggioranza serba. In seguito alle ostilità dei nazionalisti albanesi, la gran parte dei serbo-kosovari si è spostata nei distretti settentrionali, dove hanno dato vita a istituzioni autonome che non riconoscono l’autorità di Pristina. Le tensioni tra le due comunità restano forti soprattutto nell’area di Mitrovica, ma discriminazioni e violenze ai danni dei non albanesi si registrano anche altrove.

La fragilità economica del Kosovo, dove l’economia non ha fatto progressi nonostante gli ingenti sforzi finanziari della comunità internazionale (quasi tre miliardi di dollari tra 2000 e 2007) incrementa le capacità di reclutamento delle organizzazioni criminali e il paese continua a costituire un crocevia per attività illecite di vario genere.

In tale difficile contesto l’Unione europea sta profondendo un grande impegno per normalizzare la situazione del Kosovo. Oltre a partecipare alle missioni della Nato (KFOR) e dell’Onu (UNMIK), i paesi membri hanno dato il via nel 2008 alla missione di polizia e amministrazione civile e giudiziaria Eulex (European Union Rule of Law Mission in Kosovo), che ha il compito di migliorare la sicurezza e promuovere il rispetto dello stato di diritto e che, dopo un periodo di transizione, avrebbe dovuto sostituire l'UNMIK.

Tuttavia, al momento, non è stato raggiunto alcun accordo tra l’Onu, che ritiene ancora valido il proprio mandato e l’Unione Europea, ed il passaggio di poteri è nei fatti bloccato.

Il 9 ottobre 2009 il quotidiano di Belgrado Polityka ha riportato dichiarazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, che ha confermato il permanere della missione Unmik in Kosovo sulla base della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza affermando che “il nostro contributo, in coordinamento con l'Unione europea, è sostanziale. L'Unmik continuerà a cooperare con tutte le altre componenti sul campo, anche dopo un suo ridimensionamento''; in Kosovo – ha proseguito il Segretario Generale – “non ci sono termini per un ritiro (dell'Onu)”.

Il 15 novembre 2009 le elezioni in Kosovo per il rinnovo di 36 amministrazioni locali hanno visto la netta affermazione dei partiti di governo, il Partito democratico del Kosovo (PDK), del Premier Hashim Thaci e la Lega democratica del Kosovo (LDK), fondata dallo scomparso Ibrahim Rugova e guidato attualmente dal presidente Fatmir Sejdiu. Ampio l'astensionismo nelle enclaves serbe nel nord del paese, dove la maggioranza delle municipalità è sostenuta economicamente da Belgrado; al contrario le comunità serbe del sud hanno partecipato al voto.

Il 27 gennaio 2010 hanno preso il via a Pristina colloqui tra rappresentanti del governo del Kosovo e una delegazione della Commissione europea in vista di una possibile liberalizzazione dei visti per i cittadini del Kosovo verso i Paesi dell'area Schengen. La posizione italiana su tale tema, favorevole ma esigente rispetto ai progressi che Pristina è chiamata a compiere in termini di lotta alla corruzione, di organizzazione della magistratura e rafforzamento dei diritti umani, è stata ribadita dal sottosegretario agli esteri sen. Alfredo Mantica, in occasione della sua visita in Bosnia e Kosovo all’inizio di febbraio 2010. Quanto al tema dell’indipendenza del Kosovo, che il nostro Paese ritiene un processo irreversibile mentre la piena sovranità di Pristina è ormai ''una strada obbligata'', il sottosegretario ha sollecitato la giovane Repubblica balcanica evitare di irrigidirsi nei confronti di Belgrado e a prodursi in  pazienza e dialogo con particolare riguardo alla zona di Mitrovica, nel nord del Kosovo, dove vive una maggioranza serba e dove Belgrado mantiene proprie strutture parallele.

Il 4 febbraio 2010 la comunità dei serbi del Kosovo ha respinto il piano per l'integrazione del nord del paese nel resto delle strutture istituzionali kosovare, messo a punto dal Rappresentante internazionale Pieter Feith. Fonti di Belgrado hanno riferito che nel corso di un’assemblea svoltasi a Kosovska Mitrovica, la città del Kosovo settentrionale divisa in due dal fiume Ibar, una parte serba a nord e una albanese a sud, i serbi del Kosovo hanno approvato un documento nel quale si auspica che Belgrado difenda gli interessi nazionali dei serbi e rafforzi le istituzioni serbe in Kosovo.

Il piano per il Kosovo settentrionale - dove più massiccia è la presenza di popolazione serba - prevede di integrare nel resto del paese le strutture parallele (scuole, ospedali) create dai serbi con l'appoggio politico ed il sostegno finanziario di Belgrado. L’8 febbraio il piano ha avuto l’avallo del Gruppo internazionale sul Kosovo, promosso dall’UNHCR,, provocando l’immediata reazione di Belgrado, che lo ha respinto.

Il 17 febbraio 2010, secondo anniversario della proclamazione di indipendenza del Kosovo dalla Serbia, in un discorso pronunciato dinanzi al Parlamento riunito in sessione straordinaria e riportato da fonti di agenzia, il presidente del Kosovo Fatmir Seydiu ha denunciato la ''politica aggressiva'' di Belgrado nei confronti di Pristina riferendosi anche alle strutture di governo parallele create dalla popolazione serba, e finanziate e sostenute dalle autorità di Belgrado, strutture che ''impediscono ai cittadini serbi di integrarsi nella vita sociale e istituzionale del Kosovo''.

Lo stesso giorno, in un’intervista al quotidiano belgradese Danas, il ministro degli Esteri serbo Vuk Jeremic ha sottolineato che negli ultimi due anni l’attività diplomatica della Serbia è riuscita preservare la pace e la stabilità in Kosovo, mantenendo al minimo il numero di riconoscimenti dell'indipendenza di Pristina.

Nel discorso tenuto a Belgrado il 18 febbraio ai rappresentanti della società civile, Catherine Ashton, ha ribadito che il “Kosovo è parte integrante della strategia comunitaria dei Balcani occidentali. L’Unione può aver lasciato la questione dello status ai singoli Stati membri ma è chiaro che il futuro del Kosovo è europeo”.

E’ importante concludere sottolineando che è in corso il processo di riduzione del contingente militare italiano impegnato nella missione KFOR in Kosovo. La ''riconfigurazione'' del contingente italiano, iniziato nel gennaio scorso, con l'approvazione da parte dell'Alleanza Atlantica di una progressiva riduzione della forza Kfor da 15.000 a 10.000 unità.

Secondo quanto affermato dallo Stato Maggiore della Difesa, “si tratta di un adeguamento dello strumento militare all'attuale situazione in Kosovo che, considerati i notevoli progressi conseguiti, rende ora possibile ridurre dal punto di vista quantitativo il livello delle forze impegnate, senza compromettere le capacita' di risposta ad eventuali minacce. La protezione dei luoghi che identificano la cultura e le tradizioni locali costituisce uno dei principali compiti di KFOR. In tale contesto, il contingente italiano continuera' ad assicurare, senza riduzione degli assetti dedicati, la salvaguardia di quattro luoghi di culto della Chiesa serbo-ortodossa: il monastero di Visoky in Decane, il monastero di Goriok, il monastero di Budisavic ed il Patriarcato di Pec”.

 


Ex Repubblica jugoslava di Macedonia (FYROM)

Il quadro politico macedone continua a presentare forti tensioni, come ha dimostrato la breve guerra civile del 2001 che vide contrapporsi elementi della guerriglia di etnia albanese alle forze dell'esercito regolare macedone. In effetti la Macedonia ricorda per molti profili la vicenda del Kosovo, in quanto nel paese, a fronte di una maggioranza di due terzi di macedoni slavi, vive una popolazione di lingua ed etnia albanese pari al 25% del totale, che nelle zone nord-occidentali, dove è concentrata, costituisce una netta maggioranza.

Alla stregua di quelli del Kosovo, gli albanesi macedoni hanno sempre rivendicato una forte autonomia, che in alcune frange non trascurabili prefigura una vera e propria secessione. Le fazioni albanesi più moderate, in alternativa, hanno richiesto e in parte ottenuto che la lingua albanese sia considerata in posizione di parità con quella macedone.

Gli accordi di Ocrida, che misero fine al conflitto del 2001, non hanno però impedito che la maggioranza macedone slava resistesse alla completa parificazione della lingua albanese, anche per non aprire un varco ad una minoranza che in realtà mostra forti tassi di incremento demografico, assolutamente non paragonabili a quelli macedoni, che sono invece più o meno allineati alla media europea. In effetti dal 1953 al 2002 la percentuale di albanesi sulla popolazione macedone è esattamente raddoppiata, dal 12,5% al 25,2%. Si ricordi che un’analoga dinamica aveva portato progressivamente nel Kosovo i serbi a costituire una ristretta minoranza. Si individuano, pertanto, anche in Macedonia linee di separazione etnica, seppure talvolta sotto traccia, tanto nella vita pubblica che in quella privata, nonché il fiorire di opposti nazionalismi nelle due comunità.

La precaria stabilità interetnica è stata turbata, nell’autunno 2009, dalla pubblicazione della prima Enciclopedia macedone dell’Accademia delle Scienze di Skopje. Annunciata come una conquista storica, frutto del lungo lavoro di una squadra di esperti, l’opera ha generato malcontento e manifestazioni di piazza da parte di molti albanesi - che hanno duramente contestato l’immagine offerta dall’Enciclopedia che li descrive come rozzi nomadi e montanari ed attribuisce ad elementi americani e inglesi l'addestramento dei guerriglieri che avevano dato vita al breve conflitto del 2001 – ed è stata criticata, per il manifesto pregiudizio ideologico, anche da una parte degli intellettuali macedoni. Conseguentemente, all'inizio di novembre 2009, l'Accademia nazionale delle scienze e delle arti ha deciso di commissionare il rifacimento completo dell'opera, al quale dovranno partecipare anche studiosi e scienziati delle minoranze macedoni.

Un altro elemento di tensione del tutto specifico della Macedonia, è la questione della denominazione ufficiale del paese, che dal 1991 provoca un grave contrasto con la Grecia; per Atene, infatti, per la quale il termine Macedonia deve designare solo e soltanto la propria regione settentrionale, Skopje dovrebbe adottare un nome composito, in cui compaia un riferimento geografico, come ‘Macedonia Settentrionale. In questo caso, la tensione con la Grecia si risolve in un forte rallentamento dell'integrazione euro-atlantica della Macedonia, la quale ad esempio, a differenza di Croazia e Albania, pur avendo maturato tutti i requisiti non ha ancora potuto entrare a far parte della NATO, mentre la Grecia minaccia di esercitare analogo diritto di veto per quanto concerne il cammino di integrazione nell'Unione europea.

Va tuttavia sottolineato che, il 14 ottobre 2009, l’allora Commissario europeo per l’allargamento, Olli Rehn ha dato via libera all'apertura dei negoziati di adesione della Macedonia all'Unione europea - senza che peraltro la minaccia del veto greco sia minimamente diminuita.  Proprio il mantenimento del veto sul nome della Macedonia da parte della Grecia alla riunione dei Ministri degli esteri svoltasi a Bruxelles l’8 dicembre 2009, infatti, ha ancora una volta bloccato l'avvio dei colloqui di adesione per la Fyrom alla Ue; una nuova data per l’avvio dei negoziato dovrà essere discussa durante l’attuale semestre di presidenza spagnola.Nonostante le pressioni da parte degli Stati Uniti e dei paesi europei, non è in vista una soluzione di questa annosa controversia.

Per i macedoni il riconoscimento del loro stato come “Macedonia” è una questione di dignità nazionale, mentre è improbabile che Atene faccia marcia indietro dopo aver speso così tanto capitale politico e diplomatico per difendere il suo punto di vista.

Il 19 febbraio scorso si è recato a Skopje il nuovo Commissario europeo all’allargamento, Stefan Fuele, che ha esortato Macedonia e Grecia ad appianare i contrasti e a trovare una via d'uscita dall'impasse che blocca il cammino di Skopje verso l’Unione europea. Nei prossimi giorni è prevista una missione nei due paesi del mediatore delle Nazioni Unite nel negoziato fra Macedonia e Grecia, Matthew Nimetz.

Un fattore positivo del quadro politico macedone è rappresentato dal superamento dell'annosa disputa di confine tra Macedonia e Kosovo; i due paesi a metà ottobre 2009 hanno raggiunto un accordo, subito ratificato dai rispettivi Parlamenti, tale da aprire la strada allo stabilimento di piene relazioni diplomatiche. Alle positive reazioni dei rappresentanti dell'Unione europea degliStati Uniti nel Kosovo hanno fatto riscontro le vibrate proteste di Belgrado, che naturalmente, non riconoscendo minimamente l’indipendenza di Pristina, non accetta che i kosovari stipulino intese sui confini con nessuno degli Stati vicini. In particolare, il Ministro degli Esteri serbo, Vuk Jeremic, ha prospettato un nuovo ulteriore peggioramento delle relazioni con la Macedonia, la quale aveva riconosciuto l'indipendenza del Kosovo nell'ottobre 2008, ma poi aveva dato vita ad un parziale riavvicinamento con Belgrado.

Dal 19 dicembre 2009 i cittadini della Macedonia, al pari di quelli di Serbia e Montenegro, possono entrare liberamente nell'area Schengen senza più bisogno del visto, un'esigenza molto sentita nei diversi Stati balcanici come concreto segno di avvicinamento all'integrazione europea: questo importante obiettivo è stato sottolineato dalla baronessa Ashton nella già richiamata missione nell’area dei Balcani occidentali.

Il 5 aprile 2009 gli elettori macedoni hanno scelto come loro presidente, nel turno di ballottaggio, Gjorge Ivanov, in carica dal 12 maggio successivo. Ivanov godeva dell’appoggio del partito di maggioranza, l’Organizzazione rivoluzionaria – Partito democratico per l’unità nazionale macedone (VMRP-DPMNE), guidato dal Primo Ministro Nikola Gruevski, di centro-destra.


Repubblica di Serbia

Il 7 luglio 2008 la Serbia ha varato il nuovo Governo filo-europeista del Premier Mirko Cvetkovic, il quale, presentando il suo programma in Parlamento, ha affermato che la coalizione, che include anche il Partito socialista - un tempo guidato da Slobodan Milosevic - ha individuato sei priorità: la ripresa dei negoziati con l’Unione europea, il rilancio economico, la lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione, la cooperazione con il Tribunale internazionale dell’Aja per l’ex Jugoslavia, una politica sociale responsabile e il proseguimento della lotta diplomatica contro l’indipendenza del Kosovo, che ha contribuito all’inasprimento dei rapporti tra Belgrado e Bruxelles.

La Serbia ed i serbi kosovari, infatti, non hanno accettato la proclamazione unilaterale d’indipendenza di Pristina e non hanno riconosciuto la nuova Costituzione.

L’8 ottobre 2008 l’Assemblea generale dell’ONU ha dato parere favorevole al ricorso della Serbia alla Corte internazionale di Giustizia dell’Aja in merito alla validità giuridica della dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 17 febbraio 2008.

Dopo una latitanza durata tredici anni, nel luglio 2008 Radovan Karadzic è stato arrestato a Belgrado dalle forze di sicurezza serbe. Il leader dei serbi di Bosnia fino al 1996 deve rispondere delle accuse di genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità, omicidi e stupri di massa, trattamento inumano di civili. L’arresto di Karadzic è sempre stato una delle condizioni per l’avvicinamento della Serbia all’UE e la “pietra miliare” nel processo di integrazione europea, come affermato dai Ministri degli esteri dei 27 paesi membri (23 luglio 2008).

I servizi segreti serbi (BIA) hanno sottolineato, il 13 gennaio 2010, la loro volontà di dispiegare ogni sforzo e di impiegare tutti i mezzi a loro disposizione per catturare Ratko Mladic e Goran Hadzic, gli ultimi due ricercati dal Tribunale penale dell'Aja per i crimini nella ex Jugoslavia (Tpi). Ratko Mladic è l'ex capo militare dei serbi di Bosnia, responsabile del massacro di Srebrenica nel luglio 1995 mentre Goran Hadzic è l'ex leader politico dei serbi di Croazia.

Entrambi sono accusati di genocidio e crimini contro l'umanità. Come è noto, proprio alla consegna al tribunale dell’Aja di Ratko Mladic è vincolato l’assenso olandese all’attuazione all’Accordo di Associazione e stabilizzazione (ASA) tra Ue e Serbia firmato nel 2008, sostenuta da diversi paesi dell’Ue, tra i quali l’Italia.

In occasione del vertice intergovernativo tra Italia e Serbia, svoltosi il 13 novembre 2009 alla presenza dei capi di governo e di numerosi ministri dei due Paesi, l’Italia ha confermato il via libera alla candidatura di Belgrado nell’UE.

Il 12 novembre 2009 il Parlamento europeo ha votato a favore della liberalizzazione dei visti per i cittadini della ex Repubblica iugoslava di Macedonia, del Montenegro e della Serbia. La decisione finale adottata dal Consiglio dell'Unione europea il 30 novembre ha stabilito l’entrata in vigore delle nuove regole per l’ingresso nei paesi dell’area Schengen dal 19 dicembre 2009.

Il 1° febbraio 2010 è entrato in vigore l'Accordo interinale (Interim Agreement) sugli scambi e sulle questioni commerciali tra la Comunità europea e la Repubblica di Serbia che prevede l'istituzione di una zona di libero scambio tra l'UE e la Serbia e regola alcuni aspetti importanti della vita economica, in particolare nel settore della concorrenza e degli aiuti di Stato.

Il 22 dicembre 2009 il Presidente serbo Boris Tadic - la cui coalizione pro-europea si è rafforzata dopo l’avvio della liberalizzazione dei visti e con l’entrata in vigore dell’Interim Agreement - ha ufficialmente presentato la domanda di adesione della Serbia all’Unione europea al Primo ministro svedese Fredrik Reinfeldt, il cui Paese ha detenuto la presidenza di turno fino al 31 dicembre 2009.

La presentazione della domanda di adesione è stata definita da Catherine Ashton, nella tappa a Belgrado della sua missione nei Balcani occidentali (17-19 febbraio scorsi) “una prova dell’impegno del Governo e del popolo serbi verso l’integrazione europea e verso i nostri comuni valori.” Gli osservatori ritengono che il lungo e non facile processo di integrazione porterà all’adesione tra il 2014 e il 2018; come è noto, infatti, già sulla trasmissione alla Commissione, che deve predisporre il previsto parere, della domanda di adesione, la posizione di taluni paesi comunitari (Germania, Olanda e Belgio) è prudente rispetto alla possibilità di procedere in tal senso prima dello sblocco del processo di ratifica dell’ASA, a sua volta, come dianzi richiamato, condizionato dall’Olanda alla consegna di Mladic.

Oltre alla collaborazione con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia pesa sui rapporti tra la Serbia e l’Ue – che peraltro nel 2009 hanno incrementato i rapporti commerciali - la questione dell’indipendenza del Kosovo.

Il quadro appare assai problematico: da un lato, infatti, taluni analisti, sottolineando che i dirigenti serbi hanno escluso la possibilità di barattare il Kosovo con l’adesione all’Ue, rilevano che la graduale integrazione della Serbia nelle strutture dell’Unione avrebbe anche l’effetto di attenuare il potenziale destabilizzante delle tensioni in Kosovo, incoraggiando le autorità serbe a svolgere un ruolo moderatore; d’altro canto, tuttavia, desta preoccupazione la rivitalizzazione del dossier kosovaro nel contesto politico interno, dal momento che le autorità di Belgrado hanno ipotizzato, a fronte di un parere (per quanto solo consultivo) loro favorevole da parte della Corte internazionale di giustizia sulla validità giuridica dell’indipendenza del Kosovo, la promozione di una risoluzione da parte dell’Assemblea Generale dell’Onu a sostegno di tale parere.

La questione potrebbe intralciare il percorso europeo della Serbia dal momento che taluni stati membri, come Francia e Germania, ritengono che la prospettiva europea della Serbia vada condizionata al grado di collaborazione fornito da Belgrado nel contesto kosovaro. Questa posizione non è sostenuta dal Governo italiano.

Repubblica di Bosnia-Erzegovina

La Bosnia Erzegovina rappresenta allo stato attuale l’area dei Balcani occidentali che desta le maggiori preoccupazioni in termini di sicurezza e prospettive di stabilità. La ripartizione della popolazione in tre distinti gruppi etnico-religiosi (musulmano-bosniaci pari a quasi la metà della popolazione, serbo-bosniaci e croato-bosniaci rispettivamente pari a un terzo e a un sesto della popolazione) richiama alla mente le matrici etniche e religiose che furono alla base dei conflitti balcanici della prima metà degli Anni Novanta, proseguiti con la crisi del Kosovo alla fine del decennio.

In base agli accordi di Dayton (Ohio) del 1995, che posero fine al conflitto nell’area bosniaca, il paese è caratterizzato attualmente da una forma istituzionale che può definirsi confederale, basata da una parte sulla Repubblica serba di Bosnia (Republika Srpska-RS), e dall’altra sulla Federazione croato-bosniaca. Il carattere confederale dell'assetto del paese è connesso alla notevole debolezza delle istituzioni centrali della Bosnia-Erzegovina, debolezza cui ha sino ad ora supplito la figura del Rappresentante speciale dell’Unione Europea - attualmente il diplomatico austriaco di origini slovene Valentin Inzko - dotato di  prerogative molto ampie (i cosiddetti “Bonn Powers”), quali il potere di annullare leggi, imporne di nuove e destituire anche titolari di cariche elettive.

L'assetto costituzionale della Bosnia-Erzegovina non è tale da poter evitare un'elevata frammentazione nelle funzioni di direzione politica, derivante dal fatto che, a suo tempo, nel prendere atto dello status quo esistente alla fine del conflitto bosniaco, gli accordi di Dayton dovettero prevedere l’articolazione delle cariche istituzionali in riferimento ai principali gruppi etnico-religiosi. In tale contesto va rilevato, inoltre, che all'interno di ciascuno di tali gruppi predominano gli elementi più nazionalisti, evidentemente ritenuti capaci, tra l’altro, di una più aggressiva negoziazione con le controparti.

Il quadro politico del paese è caratterizzato da una sostanziale paralisi per la difficoltà delle due entità che la compongono nel trovare una linea comune d'azione per l'attuazione delle riforme necessarie a far avanzare il paese verso l'integrazione europea.

Lo scenario appare monopolizzato dalla campagna in vista del doppio appuntamento elettorale di ottobre 2010 - quando si terranno le elezioni sia presidenziali che politiche - da cui deriva una situazione di stallo decisionale che ostacola il difficile il percorso di stabilizzazione interno ed il mancato progresso del dialogo interetnico e delle riforme costituzionali non consente il rilancio del processo di avvicinamento del Paese alla Ue e alla Nato.

Su proposta dell’Unione europea e degli Stati Uniti, i responsabili delle tre comunità avevano accettato di definire una revisione della Costituzione entro la fine di ottobre 2009, per rilanciare il percorso di integrazione euro- atlantica. I negoziati – che si sono svolti a Butmir, nei pressi di Sarajevo - non hanno portato però al raggiungimento di un’intesa tra i rappresentanti delle tre componenti etniche sul pacchetto di riforme costituzionali (rispetto alle quali il premier serbo-bosniaco Dodik è fortemente contrario), finalizzate ad assicurare il corretto funzionamento dell’apparato istituzionale.

In tale scenario la già infuocata campagna elettorale rischia di focalizzarsi su temi cari alla retorica nazionalista - con conseguente pericolo di incremento della tensione interetnica - e non sulla prospettiva europea ed atlantica del paese.

Le auspicate riforme, ossia il raggiungimento, allo stato non ancora verificatosi, dei parametri fissati dalla Comunità internazionale (i così detti 5+2), nonché l’approvazione delle modifiche costituzionali necessarie al corretto funzionamento dell’apparato istituzionale, comporterebbero la cessazione dell'Ufficio del Rappresentante speciale, nato con gli accordi di Dayton.

Proprio il mancato rispetto dei 5 obiettivi e delle 2 condizioni[1] previsti per la chiusura dell’OHR, ritenuta condizione per valutare una possibile domanda di adesione all’Ue, sono stati tra le principali preoccupazioni espresse nel Progress Report del 14 ottobre 2009 della Commissione Ue, che ha chiesto un maggiore impegno nel processo di riforma, con particolare riferimento alle modifiche costituzionali.

Il Consiglio europeo quindi, nelle “Conclusioni sulla strategia di allargamento” adottate il 7-8 dicembre scorso, ha esortato le autorità locali ad intensificare gli sforzi per l’approvazione delle necessarie modifiche costituzionali.

L'agenzia di stampa bosniaca Fena ha reso noto, il 10 febbraio, che il Parlamento confederale ha chiesto al governo di avviare una procedura al fine di emendare la Costituzione e la legge elettorale, discriminatorie verso le minoranze secondo un recente giudizio della Corte europea per i diritti dell'uomo, e di farlo prima che vengano indette le elezioni politiche previste per il prossimo ottobre.

Eventuali rischi di secessione sono stati fortemente stigmazzati dall’Alto Rappresentante e Vice Presidente della Commissione europea, Catherine Ashton che, nel corso della richiamata missione del 17-19 febbraio, ha affermato che l’UE non accetterà mai la scomposizione della Bosnia-Erzegovina che dovrà essere accolta nell’Unione come uno stato funzionale all’interno del quale opereranno forti entità federali.

Un ulteriore elemento al centro del dibattito politico, generatore di tensione interna e di preoccupazione della comunità internazionale per il suo potenziale destabilizzante di un quadro già surriscaldato dalla campagna elettorale è rappresentato dall’intenzione di indire un referendum preannunciata in Parlamento, pur senza fornire approfondimenti, dal premier della Republika Srpska, Milorad Dodik; la consultazione sarebbe finalizzata a tutelare gli accordi di Dayton ed a consentire al corpo elettorale di pronunciarsi sulle misure esecutive dell’Alto Rapprsentante.

Il 10 febbraio 2010 l’Assemblea della Republika Srpska (RS), infatti, ha approvato un disegno di legge di riforma della normativa referendaria proposto dal governo guidato da Milorad Dodik; al voto non hanno partecipato i deputati bosniaci musulmani, che avevano abbandonato l'aula all’inizio del dibattito definendo la legge anticostituzionale e contraria all'accordo di Dayton e preannunciando che, durante l’esame del provvedimento alla Camera dei popoli (il secondo ramo del Parlamento confederale) sarà invocato l’interesse vitale, che comporterebbe il deferimento dell’esame della legittimità del provvedimento normativo alla Corte costituzionale.

La Bosnia ancora non è ammessa al regime di liberalizzazione dei visti (i punti ancora in sospeso riguardano la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, la gestione dell'immigrazione e delle frontiere e la mancanza del passaporto biometrico); tuttavia, come rammentato da ultimo anche dall’Ambasciatore italiano a Sarajevo, Raimondo de Cardona, il 18 febbraio scorso: “l’Unione europea sta lavorando alla liberalizzazione dei visti entro l'estate prossima”.

Quanto all’integrazione atlantica, la NATO non ha dato seguito alla richiesta di Sarajevo di entrare nel Membership Action Plan, lo strumento ufficiale per il cammino di adesione verso la piena appartenenza all’Alleanza Atlantica, presentata formalmente il 2 ottobre 2009 dal presidente bosniaco di turno, Zeljko Komsic.

Si rammenta, infine, che il 18 novembre 2009 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione 1895 ha prorogato di dodici mesi il mandato di EUFOR Althea, la missione europea di stabilizzazione per la Bosnia-Erzegovina.


 

Le missioni militari nei Balcani

Nelle vicende dei Balcani sono intervenute le principali organizzazioni internazionali: l’ONU, la NATO, l’Unione europea, la UEO, l’OSCE. L’Italia ha partecipato a tutte le più importanti missioni militari che si sono avvicendate nei Balcani in relazione alle diverse crisi e nelle diverse aree[2].

In particolare, l’Italia è stata presente in Bosnia-Erzegovina fin dal dicembre 1995 nell’ambito della missione NATO IFOR/SFOR. La missione aveva il compito di garantire il rispetto degli accordi di pace di Dayton che avevano concluso la guerra civile bosniaca degli anni 1992-1995.

L’Italia ha altresì garantito la sua presenza in Kosovo nell’ambito della missione NATO KFOR e di quella dell’ONU UNMIK a partire dal giugno 1999. Le due missioni erano finalizzate a garantire il rispetto degli accordi con l’allora repubblica di Jugoslavia che avevano consentito la conclusione delle operazioni militari NATO intraprese per far cessare le violenze nella provincia autonoma del Kosovo nella primavera 1999. In particolare, UNMIK costituisce un’amministrazione civile provvisoria per la regione del Kosovo per favorire un suo progressivo recupero di autonomia.

 

Sempre nel contesto balcanico, l’Italia ha inoltre partecipato alle missioni NATO succedutesi in Macedonia per il rispetto dell’accordo dell’agosto 2001 che poneva fine alle violenze interetniche dei sei mesi precedenti: si tratta della missione Essential Harvest per la raccolta delle armi dei ribelli albanesi in Macedonia, svoltasi tra il 23 agosto ed il 22 settembre 2001, e della missione Amber Fox per il sostegno agli osservatori dell’OSCE e della UE incaricati di monitorare l’attuazione dell’accordo di pace, svoltasi tra il settembre 2001 ed il giugno 2002. Nel giugno 2002 è stato costituito il NATO Headquarters Skopije, che ha ereditato i compiti di Amber Fox.

 

La presenza militare internazionale nell’area ha poi subito una riorganizzazione alla fine del 2004, quando l’Unione europea, nell’ambito dello sviluppo della politica europea di sicurezza e difesa (PESD), è succeduta alla NATO nella conduzione della missione internazionale in Bosnia-Erzegovina e la missione europea EUFOR-Althea ha preso il posto della missione SFOR. Alla missione Althea si affianca anche la missione di polizia dell’Unione europea EUPM, già attiva dal gennaio 2003.

Conseguentemente al passaggio di consegne alla missione EUFOR-Althea in Bosnia-Erzegovina, la NATO ha provveduto alla riorganizzazione della sua presenza nell’area, attraverso l’unificazione di tutte le operazioni in un unico contesto operativo, denominato Joint Enterprise: in questo sono ricomprese le attività della missione KFOR, quelle connesse alla necessaria interazione NATO-UE e quelle dei NATO Headquarters di Skopije, Tirana e Sarajevo. In particolare:

-          KFOR, che, come già si è ricordato, è stata avviata nel giugno 1999, è chiamata a svolgere compiti di controllo dei confini tra il Kosovo e la Serbia ed a svolgere compiti di ordine pubblico e controllo del territorio; per le attività di gestione dell’ordine pubblico KFOR si avvale della missione MSU (Multinational Specialized Unit), posta alle dirette dipendenze del comandante KFOR e composta prevalentemente di personale dell’Arma dei carabinieri;

-          NATO-Headquartes Skopije è stata costituita il 17 giugno 2002, ereditando i compiti della missione Amber Fox (v. sopra) ha la responsabilità delle attività NATO in Macedonia (Former Yugoslavian Republic of Macedonia), con la finalità di rendere le strutture di quel paese pienamente integrate in quelle euro atlantiche;

-          NATO Headquarters Tirana ha avuto inizio il 17 giugno 2002, con il compito di assistere le autorità albanesi nelle attività di controllo dei confini e contrasto ai traffici illeciti e garantire il monitoraggio delle linee di comunicazione (dall’aprile 2009, a seguito dell’ingresso dell’Albania nella NATO, la missione è stata ridenominata MAIL-T Military Accession and Integration Liaison – Tirana);

-          NATO Headquarters Sarajevo ha avuto inizio nel dicembre 2004, al momento dell’insediamento della missione EUFOR-Althea al fine di garantire il mantenimento di una presenza NATO in Bosnia Erzegovina, con il compito di fornire assistenza alla riforma della difesa della Bosnia-Erzegovina, nell’ambito del programma Partnership for Peace cui la Bosnia ha aderito nel dicembre 2006.

Da ultimo nell’area dei Balcani occidentali è intervenuta la missione dell’Unione europea EULEX Kosovo. La missione è stata istituita dall’Azione comune 2008/124/PESC del Consiglio dell’Unione europea del 4 febbraio 2008 e dispiegata dal dicembre 2008. Con la promozione della missione, che coincideva con la dichiarazione di indipendenza unilaterale della repubblica del Kosovo, l’Unione europea intende supervisionare il trasferimento di poteri dall’amministrazione civile internazionale UNMIK ad istituzioni create in base ad un accordo politico, con una particolare attenzione al mantenimento dell’ordine pubblico. 

L’Italia ha inoltre avviato forme di cooperazione con l’Albania nell’ambito della missione DIE e della missione “Bilaterale interni”. Entrambe le missioni fanno seguito all’accordo intergovernativi di cooperazione nel settore della difesa e della sicurezza del 1997 tra Italia e Albania

 

Il contributo italiano

L’Italia è attualmente presente con le seguenti modalità[3] nelle missioni operanti nell’area dei Balcani occidentali (per indicazioni sui quantitativi di personale militare impiegato nelle diverse missioni si rinvia alla tabella sotto):

Missione Joint Enterprise

Nell’ambito di Joint Enterprise l’Italia è presente in KFOR con un contributo italiano articolato in vari comandi/Enti tra i quali la Multinational Task Force-West (MNTF-W) a livello di Brigata, in unità elicotteri ed unità di supporto logistico, nella Multinational Specialized Unit, nel reparto distaccato del reparto mobile di supporto dell’Aereonautica militare a Dakovica; l’Italia è inoltre presente con proprio personale presso il Comando KFOR.

L’Italia ha inoltre propri rappresentanti nei Comandi NATO Headquarters Skopje, NATO Headquarters Sarajevo e MAIL-T

EULEX Kosovo

Nell’ambito di l’Italia ha autorizzato la presenza di personale dell’Arma dei Carabinieri impiegato in incarichi di Staff e nell’ambito della Special Police Unit (SPU), oltre a personale della Guardia di Finanza e del Ministero di Giustizia.

UNMIK

L’Italia è presente in UNMIK con unità dei carabinieri, della Guardia di finanza e della polizia di Stato.

Attualmente al vertice della missione, con l’incarico di rappresentante speciale del Segretario generale dell’Onu  è l’italiano Lamberto Zannier.

Althea

Il contingente italiano nella missione Althea opera presso le seguenti articolazioni della missione: la integrated police unit, il quartier generale della missione, il Regional coordination center di Sarajevo e i Liaison Observation Teams di Sarajevo, Sokolac, Visegrad e Pale.

L’Italia ha esercitato con il generale Castagnotto il comando di Althea fino al dicembre 2009; l’attuale comandante è l’austriaco Bair.

EUPM

L’Italia è presente in EUPM con un nucleo composto da personale dell’Arma dei Carabinieri.

DIE

La delegazione italiana esperti è attualmente composta da militari appartenenti alle Forze armate e da personale tecnico della Marina militare per la gestione di un radar di sorveglianza costiera sull’isola di Saseno.

Bilaterale Interni

La missione vede coinvolte unità dell’Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza e della Polizia di Stato ed è articolata in nuclei distinti: uno centrale, uno di frontiera marittima ed uno territoriale (con aree di intervento principali a Tirana, Durazzo e Valona).

 

Unità impiegate

Sulla proroga del finanziamento alla partecipazione italiana alle missioni internazionali nell’area dei Balcani occidentali è intervenuto da ultimo l’articolo 5, comma 3, del decreto-legge n. 1 del 2010 (attualmente all’esame del Parlamento per la conversione in legge). La disposizione prevede un’autorizzazione di spesa complessiva di 70.756.756.000 euro per il periodo dal 1° gennaio 2010 al 30 giugno 2010. Nella tabella sotto si riportano le unità autorizzate per le diverse missioni in coerenza con le disposizioni del decreto-legge n. 1 del 2010, raffrontate con quelle relative al provvedimento precedente di proroga (il decreto-legge n. 152 del 2009, convertito dalla legge n. 197 del 2009). Si deve precisare che i quantitativi sono ricavati dalle relazioni tecniche ai due provvedimenti (si vedano l’A.S. n. 1850 e l’A.C. n. 3097); essi non indicano pertanto la presenza effettiva nelle diverse missioni ma quella media per il periodo considerato come desumibile in coerenza con l’autorizzazione di spesa

 

Ciò premesso si evidenzia 9. Tale riduzione è stata peraltro annunciata da ultimo nelle comunicazioni rese dai Ministri degli esteri e della Difesa alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato nella seduta del 10 dicembre 2009. In quella occasione, infatti il Ministro della difesa ha evidenziato, con riferimento in particolare al Kosovo, che dalle circa 1900 unità presenti al dicembre 2009 si prevede di arrivare a 1400 unità nel giugno 2010 ed a 600 unità nell’ottobre 2010.

 

 

 

Missione

Descrizione

Unità autorizzate dal D.L. 152/2009

Unità autorizzate dal D.L. 1/2010

Joint Enterprise

Missione della NATO (in corso dalla fine del 2004), che concorre al mantenimento della sicurezza nell’area, coordinando le attività delle missioni KFOR e MSU in Kosovo (presenza italiana da giugno 1999)

1.920

1.441

NATO HQ Skopje

NATO Headquarters Skopje, di supporto alle attività di monitoraggio in FYROM, cura i rapporti tra NATO e autorità macedoni (dal giugno 2002)

NATO HQ Sarajevo

Missione Headquarters Sarajevo NATO di supporto alle attività di monitoraggio in Bosnia-Erzegovina, cura i rapporti tra NATO e autorità bosniache (dal dicembre 2004)

MAIL-T

Missione NATO (ex NATO HQ) a Tirana di supporto alle Forze armate albanesi dopo l’ingresso dell’Albania nella NATO (dall’aprile 2009)

EULEX Kosovo

Missione dell'Unione europea di supporto alle autorità kosovare nei settori di polizia, giudiziario e doganale; in corso dal dicembre 2008

UNMIK

Missione dell’ONU, costituita nel 1999, con il compito di formare e sostenere l’amministrazione civile del Kosovo; ha ceduto parte delle sue attività alla missione EULEX

1

1

Althea

Missione dell’Unione europea in Bosnia-Erzegovina, che dal dicembre 2004 ha sostituito la missione SFOR della NATO; la missione contribuisce al mantenimento delle condizioni di sicurezza necessarie al consolidamento della pace nell’area.

280

250

EUPM

Missione dell'Unione europea di assistenza e riorganizzazione delle Forze di Polizia della Bosnia-Erzegovina ed il mantenimento della stabilità nell’area (dal gennaio 2003).

19

19

DIE

Delegazione italiana di esperti per la cooperazione bilaterale con le Forze armate albanesi ed il sostegno alla loro riorganizzazione (dall’ottobre 1997).

29

21

Bilaterale Interni

Missione in Albania finalizzata all'opera di addestramento delle Forze di polizia albanesi (in corso dall’ottobre 1997); coopera alla riorganizzazione delle strutture di polizia albanesi attraverso un ufficio di collegamento interforze costituito nel 2002 in Albania.

59

59

 

 


 

L’Unione europea e i Balcani occidentali
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Come ribadito in più occasioni dalle istituzioni europee, la prossima fase del processo di allargamento dovrebbe riguardare i paesi dei Balcani occidentali che, già in occasione del Consiglio europeo tenutosi a Feira il 19 e 20 giugno 2000, sono stati definiti “candidati potenziali all’adesione all’Unione europea”.

L’impegno in favore di una concretizzazione della prospettiva europea dei paesi dei Balcani occidentali è per altro confermato nel programma dei 18 mesi presentato il 22 dicembre 2009 dalle Presidenze spagnola, belga e ungherese. Secondo quanto indicato nel programma “l'UE continuerà a rafforzare la prospettiva europea dei Balcani occidentali mediante il processo di stabilizzazione e associazione e l'Agenda di Salonicco e contribuirà alla stabilità e prosperità della regione attivando tutti gli strumenti di cui dispone”.

I Balcani occidentali sono stati indicati come una delle maggiori priorità dell’UE anche dall’Alto rappresentante per la PESC, Catherine Ashton, che si è recata in visita ufficiale in Bosnia-Erzegovina, Serbia e Kosovo dal 17 al 19 febbraio 2010.

L’Unione europea ha inoltre manifestato il proprio sostegno ai paesi della regione anche in occasione della recente crisi economica e finanziaria internazionale, inserendoli nel Piano europeo di ripresa economica presentato dalla Commissione il 26 novembre 2008[4] e approvato dal Consiglio europeo di dicembre 2008. A tal fine, nell’ambito dello strumento finanziario di preadesione (IPA), la Commissione ha creato uno specifico “pacchetto di risposta alla crisi”, con uno stanziamento di 120 milioni di euro (che dovrebbero raggiungere i 500 milioni di euro in forma di prestiti da parte delle istituzioni finanziarie internazionali). Si ricorda che i paesi dei Balcani occidentali beneficiano a partire dal 27 febbraio 2009 dell’iniziativa avviata da BERS, BEI e Banca mondiale che hanno deciso di mettere a disposizione della regione 24,5 miliardi di euro con l’obiettivo di sostenere il settore bancario e imprenditoriale – con particolare riguardo alle piccole e medie imprese - colpito dalla crisi finanziaria globale.

Il Processo di stabilizzazione ed associazione

Attualmente le relazioni tra l’Unione europea e i paesi dei Balcani occidentali[5] si svolgono prevalentemente nel quadro del Processo di stabilizzazione ed associazione (PSA), istituito nel 1999. Il processo è la cornice entro cui diversi strumenti sostengono gli sforzi compiuti da questi paesi nella fase di transizione verso democrazie ed economie di mercato stabili; come già anticipato, nel lungo periodo la prospettiva è quella della piena integrazione nell’Unione europea, sulla base delle previsioni del Trattato sull’Unione europea e dei criteri di Copenaghen.

I principali elementi dell’impegno di lungo termine nella regione sono stati proposti in una comunicazione della Commissione del 26 maggio 1999[6] ed approvati dal Consiglio il 21 giugno dello stesso anno. Successivamente, il Vertice di Zagabria del 24 novembre 2000 con la dichiarazione finale ha suggellato il PSA, ottenendo il consenso della regione su un insieme definito di obiettivi e condizioni. Gli strumenti che compongono il processo di stabilizzazione ed associazione, formalizzati in quell’occasione, sono stati successivamente arricchiti da elementi ispirati al processo di allargamento nel giugno 2003, con l’approvazione da parte del Consiglio europeo della cosiddetta “Agenda di Salonicco”. Elaborata sulla base di una comunicazione della Commissione di maggio 2003[7]l’Agenda propone una serie di iniziative per sostenere e migliorare il processo di integrazione europeo, tra le quali in particolare: promozione della cooperazione parlamentare, anche con la creazione di commissioni parlamentari congiunte con tutti i paesi aderenti al PSA; istituzione dei partenariati europei, ispirati ai partenariati per l’adesione relativi ai paesi candidati; rafforzamento delle istituzioni, attraverso l’utilizzo dello strumento del gemellaggio[8] e la fornitura di un’assistenza tecnica ulteriore; promozione del dialogo politico e della cooperazione nel settore della politica estera e di sicurezza comune; partecipazione dei paesi della regione alle agenzie e ai programmi comunitari; cooperazione nella lotta al crimine organizzato.

Lo stato di avanzamento del processo viene costantemente seguito dalla Commissione che, attraverso la pubblicazione di una relazione annuale, fornisce indicazioni sui progressi realizzati dai paesi dei Balcani occidentali rispetto alla situazione dell’anno precedente. Tale relazione rappresenta l’indicatore principale per valutare se ciascun paese sia pronto per una relazione più stretta con l’UE.

Le componenti principali del PSA sono quattro: accordi di stabilizzazione ed associazione, elevato livello di assistenza finanziaria, misure commerciali e dimensione regionale.

a) Accordi di stabilizzazione ed associazione

Lo strumento operativo del PSA è costituito dalla stipula, con ciascun paese della regione, di un accordo di stabilizzazione ed associazione (ASA), basato sul rispetto dei principi democratici e degli elementi fondanti del mercato unico europeo.

Per ciascun paese, la Commissione è chiamata a valutare l’opportunità di avviare i negoziati per un accordo di stabilizzazione ed associazione sulla base di diversi criteri: il grado di compatibilità con le condizioni poste dal PSA; il funzionamento generale del paese; l’esistenza di una politica commerciale unitaria; i progressi nelle riforme settoriali.

A tale proposito si segnala che accordi di stabilizzazione ed associazione sono già in vigore con la Croazia[9], con la ex Repubblica iugoslava di Macedonia[10] e – dal 1° aprile 2009 - con l’Albania[11] e sono stati firmati con il Montenegro (15 ottobre 2007)[12] e la Bosnia Erzegovina (16 giugno 2008)[13]. Il 29 aprile 2008 – a margine della riunione del Consiglio affari generali e relazioni esterne - UE e Serbia hanno firmato l’accordo di stabilizzazione ed associazione che, come deciso dal Consiglio, verrà sottoposto ai parlamenti di tutti gli Stati membri per la ratifica. Inoltre, il Consiglio ha ribadito che la piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia "é un elemento essenziale" dell'ASA. Contestualmente è stato firmato un accordo interinale, che di norma consente l’applicazione immediata di alcune disposizioni prima dell’entrata in vigore dell’accordo vero e proprio. Nel caso della Serbia, invece, l’attuazione dell’accordo interinale è stata subordinata alla piena cooperazione con il tribunale dell’Aja. Soltanto il 1° febbraio 2010, a seguito della valutazione positiva del procuratore generale del Tribunale penale per la ex Iugoslavia, è stata data attuazione all’accordo interinale.

La situazione del Kosovo non consente al momento di negoziare alcun accordo.

 

 

b) Assistenza finanziaria.

Per il periodo 2000-2006 l’UE ha stanziato in favore dei Balcani occidentali circa cinque miliardi di euro[14]. L’assistenza comunitaria, originariamente destinata agli interventi relativi alle infrastrutture ed alle misure di stabilizzazione democratica (ivi compresi gli aiuti ai profughi), ha gradualmente spostato l’accento sul potenziamento istituzionale e sulle iniziative in materia di giustizia e affari interni.

A partire dal 1° gennaio 2007 l’assistenza finanziaria ai paesi dei Balcani occidentali viene fornita attraverso il nuovo strumento di preadesione, denominato IPA, che sostituisce i precedenti programmi.

Come risulta dal quadro finanziario multiannuale predisposto dalla Commissione per il periodo dal 2007 al 2012, i paesi dei Balcani occidentali beneficeranno di assistenza per un totale di circa 5,17 miliardi di euro, di cui: 1.183,6 milioni di euro alla Serbia; 167 al Montenegro; 465,1 al Kosovo; 550,3 alla Bosnia Erzegovina e 498 all’Albania[15]. Saranno considerati particolarmente prioritari la costruzione dello Stato, lo Stato di diritto, la riconciliazione, la riforma amministrativa e giudiziaria, la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata e le riforme economiche.

c) Misure commerciali.

Nel marzo 2000, il Consiglio europeo ha dichiarato che la conclusione di accordi di stabilizzazione e di associazione con i paesi dei Balcani occidentali doveva essere preceduta da una liberalizzazione asimmetrica degli scambi. Conformemente a questa dichiarazione, il regolamento del Consiglio n. 2007/2000 del 18 settembre 2000 prevede misure commerciali eccezionali, stabilendo che i prodotti originari dei paesi della regione possono essere importati nella Comunità senza restrizioni quantitative e in esenzione dai dazi doganali o da altre imposte di effetto equivalente.

Il 22 febbraio 2010, in vista della scadenza di tale regime preferenziale - fissata al 31 dicembre 2010 - la Commissione ha presentato una proposta di regolamento volta a prolungare il sistema fino al 2015. La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrà essere approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

d) Dimensione regionale.

Il PSA non è semplicemente un processo bilaterale tra l’UE e ciascun paese della regione. Già in occasione del Vertice UE-Balcani di Zagabria del 2000, le Parti hanno posto una grande enfasi sulla centralità della cooperazione regionale nell’ambito del processo.

In materia di cooperazione regionale, i principali obiettivi della politica dell’UE sono:

·         incoraggiare i paesi della regione a sviluppare relazioni reciproche comparabili a quelle esistenti tra gli Stati membri;

·         creare una rete di accordi bilaterali di libero scambio, eliminando qualsiasi barriera alla circolazione dei beni nella regione;

·         integrare gradualmente i Balcani occidentali nelle reti infrastrutturali della vicina Europa in materia di trasporti, energia, gestione delle frontiere;

·         promuovere la collaborazione tra i paesi della regione in materia di crimine organizzato, immigrazione e altre forme di traffico illegale.

 

Il pacchetto allargamento e le relazioni periodiche

Il 14 ottobre 2009 la Commissione ha presentato l’annuale pacchetto allargamento, composto dalla comunicazione Strategia dell’allargamento 2009-2010 (COM (2009) 533), e dalle relazioni sui progressi compiuti dai singoli paesi, candidati e potenziali candidati nel periodo di riferimento (1° ottobre 2008-30 settembre 2009).

Sui documenti della Commissione il 26 novembre 2009 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione, di cui si dà conto per gli aspetti specifici a livello di singolo paese e per gli aspetti generali alla fine del presente capitolo.

Bosnia-Erzegovina

Secondo la Commissione, la Bosnia-Erzegovina ha compiuto progressi molto limitati per quanto riguarda la conformità con i criteri politici: il clima politico interno si è deteriorato ed è tuttora caratterizzato da una retorica incendiaria e da minacce al buon funzionamento delle istituzioni; l'attuazione delle riforme è stata rallentata dalla mancanza di consenso e di volontà politica e dalla complessità del quadro istituzionale. Secondo la Commissione, perché la Bosnia-Erzegovina progredisca ulteriormente verso l'Unione europea, occorre che i dirigenti politici raggiungano un'intesa in merito alla direzione del paese. In particolare, il paese deve assolutamente raggiungere gli obiettivi e soddisfare le condizioni fissati per la chiusura dell'ufficio dell'Alto rappresentante (OHR): la relazione segnala che l'Unione europea potrà prendere in considerazione un'eventuale domanda di adesione all'UE soltanto quando l'OHR sarà stato chiuso; per parte sua, prima che la Commissione possa raccomandare di concederle lo status di paese candidato, la Bosnia-Erzegovina deve riformare il suo quadro istituzionale per consentire il buon funzionamento delle istituzioni.

In particolare in materia di democrazia e Stato di dirittosi registrano pochi progressi per quanto riguarda la riforma costituzionale e la creazione di strutture statali più funzionali ed efficienti; il parlamentodella Bosnia-Erzegovina risente tuttora della mancanza di risorse tecniche e umane adeguate, a cui si aggiunge una cooperazione insufficiente con il Consiglio dei ministri e con i parlamenti delle entità. Il funzionamento delle istituzioni governative, a tutti i livelli, ha continuato a essere ostacolato dalle tensioni politiche interne nonché dalla frammentazione e dal mancato coordinamento nella definizione delle politiche. La Commissione segnala che è stato realizzato qualche progresso nel settore della pubblica amministrazione e nel potenziamento del sistema giudiziario, di cui tuttavia occorre rafforzare ulteriormente indipendenza, responsabilità ed efficienza. Modesti anche i progressi nella lotta alla corruzione, che regna tuttora in molti settori e costituisce un problema serio.

Secondo la Commissione, la Bosnia-Erzegovina ha registrato progressi limitati anche per quanto riguarda l'allineamento della sua legislazione e delle sue politiche agli standard europei: si osserva qualche progresso in settori come i trasporti, le dogane, la fiscalità, l'istruzione e la cultura nonché per diverse questioni inerenti alla giustizia, alla libertà e alla sicurezza. Il paese dovrà impegnarsi in modo particolare per quanto riguarda la circolazione delle merci, delle persone e dei servizi, le politiche sociali e occupazionali, gli aiuti di Stato, l'energia e l'ambiente.

Nel riconoscere che la Bosnia-Erzegovina ha compiuto alcuni progressi in materia di sicurezza e gestione delle frontiere, il Parlamento europeo rileva tuttavia con crescente preoccupazione l'instabilità del clima politico e la mancanza di una visione comune condivisa da entrambe le entità. A tal fine il PE esorta il Consiglio a perseverare, con il sostegno della comunità internazionale, negli sforzi per portare avanti un dialogo con i leader politici in Bosnia-Erzegovina al fine di aiutare il paese e i suoi popoli a restare sul cammino verso l'integrazione europea. Nel sottolineare l'importanza di creare una struttura costituzionale più sostenibile che permetta alle istituzioni del paese di funzionare in modo più efficace, il PE prende atto dei più recenti sforzi diplomatici congiunti da parte della Presidenza del Consiglio, della Commissione e dell'amministrazione statunitense e raccomanda ulteriori negoziati in cui si tenga conto di precedenti accordi tra politici in Bosnia-Erzegovina. Infine, il PE richiama alla necessità di associare più strettamente i parlamentari e la società civile al consolidamento di un paese sostenibile.

Ex Repubblica iugoslava di Macedonia

La relazione della Commissione rileva che le elezioni presidenziali e locali del 2009 sono risultate conformi alla maggior parte degli standard internazionali ed è stata attuata la maggior parte delle raccomandazioni formulate dall’OSCE in occasione di precedenti elezioni. È migliorato il dialogo politico: la coalizione di governo è stabile, il clima politico è maggiormente improntato alla cooperazione e il parlamento è più efficiente. Le priorità fondamentali per quanto riguarda la riforma della polizia, il sistema giudiziario, la pubblica amministrazione e la corruzione sono state ampiamente conseguite. Su queste basi, e in considerazione dei progressi generali in materia di riforme, la Commissione ritiene che il paese soddisfi in misura sufficiente i criteri politici e ha pertanto deciso di raccomandare l'apertura di negoziati di adesione.

Il Consiglio dell’8 dicembre 2009 ha preso atto della raccomandazione positiva sull’avvio dei negoziati di adesione pubblicata dalla Commissione ed ha convenuto di ritornare sulla questione nel corso della Presidenza spagnola.

Per quanto riguarda la capacità di assumere gli obblighi che comporta l’adesione, secondo la Commissione l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia ha compiuto buoni progressi, specialmente in materia di trasporti, dogane e fiscalità, nonché di giustizia, libertà e sicurezza; minori progressi si registrano in alcuni altri settori quali energia, ambiente e occupazione e politica sociale. Occorre tuttavia un impegno costante per consolidare la capacità amministrativa ai fini dell’attuazione e dell’applicazione della normativa.

Il Parlamento europeo si congratula con l'ex Repubblica iugoslava di Macedoniaper i progressi realizzati e chiede al Consiglio di agire conformemente alla raccomandazione della Commissione circa l'apertura dei negoziati di adesione con il paese. Il PE auspica inoltre che si riescano a trovare soluzioni soddisfacenti per entrambe le parti riguardo alle questioni in sospeso con i paesi vicini, compresa la questione del nome del paese tuttora non risolta con la Grecia. Gli eurodeputati invitano le autorità a perseverare negli sforzi di riforma, in particolare per quanto riguarda la pubblica amministrazione e il sistema giudiziario, la politica anticorruzione, i diritti delle donne e le relazioni interetniche.

Sulla ex Repubblica iugoslava di Macedonia il Parlamento europeo si è espresso anche il 10 febbraio 2010 in una risoluzione approvata a larga maggioranza in cui reitera il suo invito al Consiglio a confermare la raccomandazione della Commissione "senza ulteriore ritardo", in vista del vertice di marzo 2010, e "si aspetta l'avvio dei negoziati nel prossimo futuro". I deputati accolgono peraltro con favore l'iniziativa del nuovo governo greco di proporre il traguardo del 2014, "quale data-obiettivo simbolica e avente valore d'incitamento, per l'adesione dei paesi dei Balcani occidentali all'UE". Ritornando sulla questione del nome del paese, il Parlamento europeo incoraggia i governi della ex Repubblica iugoslava di Macedonia e della Grecia a "raddoppiare gli sforzi al più alto livello al fine di trovare una soluzione soddisfacente per entrambe le parti alla questione del nome, sotto gli auspici delle Nazioni Unite". In tale contesto, l'Unione europea "dovrebbe essere pronta a fornire assistenza nel processo negoziale".

Kosovo

Secondo la Commissione il Kosovo ha compiuto qualche progresso in materia di criteri politici e, nel secondo anno dopo la dichiarazione di indipendenza, si è dotato di istituzioni che svolgono il loro compito in collaborazione con le pertinenti organizzazioni internazionali. Tuttavia, vi è un'effettiva necessità di rafforzare la capacità della pubblica amministrazione e dell'assemblea; occorrono inoltre consistenti sforzi per attuare la riforma del settore giudiziario e per incrementare la lotta alla corruzione, alla criminalità organizzata e al riciclaggio di denaro. Su un piano pratico, la collaborazione con la missione dell'UE per lo Stato di diritto (EULEX) non è ai livelli degli impegni politici assunti e deve essere migliorata in molti settori che rientrano nel suo mandato.

Nella relazione si rileva che la situazione della sicurezza in Kosovo è stabile, ma fragile: nonostante numerosi episodi di violenza, l'ordine pubblico è stato mantenuto. Le autorità del Kosovo non esercitano tuttavia un controllo totale sull'intero territorio del paese, in particolare nella parte settentrionale; continuano infatti ad operare strutture parallele e recentemente si sono anche tenute elezioni suppletive comunali parallele. Secondo la Commissione è necessario che il governo del Kosovo integri meglio tutte le comunità, in particolare i serbi kosovari, e consolidi lo stato di diritto giovandosi del sostegno di EULEX; d’altro canto, occorre che la comunità serba del Kosovo stabilisca un rapporto più costruttivo con le istituzioni kosovare, così da ottimizzare i vantaggi derivanti dal sostegno dell'UE e dalla prospettiva europea.

Il Parlamento europeo plaude all'intenzione della Commissione di rafforzare le relazioni con il Kosovo, studiando tra l'altro la possibilità di far partecipare il Kosovo ai programmi comunitari; si aspetta che il processo di decentramento sia concluso entro la fine dell'anno in modo da assicurare la rappresentanza politica per tutti gli abitanti del Kosovo e in particolare per la minoranza serba. Il PE invita le autorità kosovare a perseverare negli sforzi volti a migliorare e garantire il rispetto dei diritti delle minoranze; plaude allo svolgimento generalmente pacifico e regolare delle elezioni locali del 15 novembre 2009 e riconosce gli sforzi esplicati dalla Commissione elettorale centrale per la loro preparazione; si compiace inoltre del buon tasso di partecipazione, che ha raggiunto livelli senza precedenti, dei serbi del Kosovo e vede in ciò un elemento incoraggiante che indica la volontà della comunità serba del Kosovo di assumersi le proprie responsabilità nelle istituzioni del Kosovo. Il PE plaude al conseguimento da parte della missione EULEX KOSOVO di una piena capacità operativa tale da consentirle di adempiere al proprio mandato di promuovere lo stato di diritto, l'ordine pubblico e la sicurezza all'insegna della trasparenza e dell'assunzione di responsabilità in tutto il Kosovo e di spianare la strada all'integrazione del Kosovo nell'Unione, se soddisferà le condizioni e i requisiti necessari.

Serbia

Per quanto riguarda la Serbia, la relazione rileva che il paese ha compiuto buoni progressi a livello complessivo e ha dimostrato il suo impegno ad avvicinarsi all'UE, predisponendo una tabella di marcia per l'applicazione unilaterale delle disposizioni dell'accordo interinale con l'UE e intraprendendo riforme politiche cruciali in linea con gli standard europei. A parere della Commissione, la Serbia si è inoltre sforzata di attuare un programma ambizioso per l'integrazione con l'Europa. La relazione segnala che il paese ha la capacità amministrativa per compiere progressi notevoli in direzione dell'UE e deve avvalersi di questa capacità per portare avanti il programma di riforme, conseguendo risultati tangibili in settori prioritari come il potenziamento dello stato di diritto. La Commissione rileva inoltre che è ulteriormente migliorata la cooperazione del paese con l’ex Tribunale penale per la ex Iugoslavia (ICTY), benché Ratko Mladić e Goran Hadzić siano ancora latitanti. In ogni caso, data la costante cooperazione con l'ICTY e il rinnovato impegno della Serbia nel processo di integrazione con l'Europa, la Commissione ritiene che l'accordo interinale debba ora essere applicato dall'UE[16].

Per quanto riguarda i criteri politici, la relazione segnala che il Governo serbo si è dimostrato relativamente stabile e attivo nel predisporre la legislazione in un’ampia gamma di aree e nell’attuare un programma nazionale per l’integrazione europea. Il lavoro del Parlamento serbo è inoltre migliorato grazie alla revisione del regolamento e all’adozione di una nuova legge sui partiti politici, mentre non è stata ancora aggiornata la legislazione in materia di elezioni. Come anticipato, la Commissione rileva che la Serbia ha buone capacità amministrative nella pubblica amministrazione e in particolare l’ufficio serbo per l’integrazione europea funziona bene. Secondo la Commissione il paese ha fatto progressi nella lotta contro la corruzione, arrivando anche all’arresto di molti sospetti, mentre sforzi sostenuti sono necessari nella lotta al crimine organizzato e nell’assicurare un sistema giudiziario indipendente, affidabile ed efficiente. Vi sono stati inoltre miglioramenti nel quadro legale ed istituzionale per la tutela dei diritti umani e la protezione delle minoranze e i diritti civili e politici sono generalmente protetti. La relazione rileva che nonostante ciò vi sono stati alcuni incidenti, con attacchi fisici e minacce a giornalisti, difensori dei diritti umani e popolazione omosessuale, bisessuale e transgender, i cui responsabili non sono stati assicurati alla giustizia.

Come segnalato dalla Commissione, la Serbia continua a non riconoscere l’indipendenza del Kosovo: il governo ha mantenuto strutture parallele in Kosovo e organizzato elezioni suppletive locali, nello stesso tempo scoraggiando i serbi kosovari dal partecipare alle elezioni municipali organizzate dalle autorità kosovare. D’altra parte, il governo serbo ha avviato la cooperazione con la missione EULEX in Kosovo, benché tali sforzi necessitino di essere rafforzati specialmente per quanto riguarda l'intervento di EULEX nella zona settentrionale del Kosovo.

Il Parlamento europeo prende atto con soddisfazione dei progressi compiuti dalla Serbia, e in particolare dell’applicazione unilaterale dell'accordo interinale che, condotta sullo sfondo della crisi finanziaria, evidenzia l'impegno del paese ad avanzare verso l'adesione all'Unione. Nel chiedere alla Serbia di cooperare pienamente con il Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia, il PE accoglie con favore la relazione presentata il 4 giugno 2009 dal procuratore capo del Tribunale, in cui si afferma che la Serbia ha compiuto ulteriori progressi in termini di cooperazione, e attribuisce importanza al fatto che presso la Camera per i crimini di guerra del Tribunale distrettuale di Belgrado continuino a tenersi azioni giudiziarie. Gli eurodeputati plaudono inoltre alla firma da parte delle autorità serbe del protocollo di polizia con la missione dell'Unione europea sullo stato di diritto in Kosovo (EULEX KOSOVO) e invitano la Serbia ad intensificare ulteriormente la sua cooperazione con la missione, specialmente per quanto concerne le operazioni di quest'ultima nel Kosovo settentrionale. Nel deplorare l'invito rivolto dalle autorità serbe ai serbi del Kosovo a boicottare le elezioni locali del 15 novembre 2009, il PE esorta la Serbia ad adottare un approccio costruttivo volto a incoraggiare la partecipazione attiva della comunità serba del Kosovo nelle istituzioni locali.

Albania

La Commissione definisce incoraggiante il quadro complessivo delle relazioni tra Albania e Unione europea, che – come anticipato - ha chiesto di aderire all'UE nell’aprile 2009. A tale proposito, la Commissione si dichiara pronta ad elaborare il suo parere non appena il Consiglio glielo chiederà[17].

In merito ai profili politici, la Commissione rileva che l’Albania ha registrato ulteriori progressi verso la democrazia e lo stato di diritto. In particolare, le elezioni parlamentari di giugno 2009 hanno rispettato la maggior parte degli standard internazionali. Il paese continua inoltre a giocare un ruolo costruttivo nel mantenimento della stabilità regionale e nella promozione di buone relazioni con gli altri paesi dei Balcani occidentali e con gli Stati dell’UE confinanti. La relazione segnala tuttavia che restano ancora da migliorare: il rispetto dello stato diritto; l’indipendenza delle istituzioni, con particolare riguardo al sistema giudiziario; il rafforzamento della capacità amministrativa. Sebbene inoltre si sia registrato qualche progresso, la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata rimane una delle problematiche principali.

Secondo la relazione, l’Albania ha fatto progressi nell’allineamento delle sue politiche e della sua legislazione agli standard europei, in particolare nei settori della libera circolazione dei beni, dell’energia e delle politiche in favore delle piccole e medie imprese. Limitati sarebbero invece i progressi in altre aree, quali tutela dei diritti di proprietà intellettuale, agricoltura, controlli veterinari e fitosanitari. Secondo la Commissione risultati tangibili sono inoltre necessari in particolare per quanto riguarda crimine organizzato, traffico di droga e riciclaggio di denaro.

Nella risoluzione approvata il 26 novembre 2009, il Parlamento europeo riconosce i progressi compiuti dall'Albania, in particolare per quanto concerne il processo di rilascio di carte d'identità e i miglioramenti nel quadro giuridico e amministrativo del processo elettorale, come emerso dalle ultime elezioni nazionali; esorta l'opposizione a cessare di boicottare il parlamento e la invita ad assolvere all'obbligo che le incombe di rappresentare i propri elettori in parlamento; invita il governo e l'opposizione a trovare una base comune per dare seguito alle ultime elezioni parlamentari; incoraggia le autorità dell'Albania a proseguire negli sforzi di riforma a favore del progresso economico e sociale dei suoi cittadini, in modo che il paese possa avanzare sul cammino dell'adesione all'Unione europea.

Croazia

Per quanto riguarda la Croazia – che ha avviato i negoziati di adesione all’UE nel 2005 – la relazione segnala che il paese ha proseguito nelle principali riforme politiche e ha compiuto progressi nella maggior parte dei settori, ivi inclusi sforzi intensificati nello stato di diritto. Secondo la Commissione è tuttavia necessario che la Croazia si impegni nel proseguimento dei processi di riforma, in particolare per quanto riguarda il sistema giudiziario e la pubblica amministrazione; nella lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata; nella promozione dei diritti delle minoranze, compreso il rientro dei profughi; nel proseguimento dei processi per crimini di guerra e nel miglioramento dell'accesso ai documenti per il Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia.

La Commissione rileva che la Croazia ha migliorato la propria capacità di assumere gli obblighi che comporta l’adesione. Il paese ha continuato a compiere passi avanti per conformarsi ai criteri dell’UE eha conseguito un buon livello di allineamento con le norme europee in gran parte dei settori.Nella maggior parte dei settori si sono registrati buoni progressi, prevalentemente in terminidi allineamento legislativo, ma anche per quanto riguarda lo sviluppo della capacitàamministrativa. Resta però ancora molto da fare, soprattutto per quanto concerne l’ulterioreconsolidamento delle strutture e delle capacità amministrative indispensabili per applicarecorrettamente l’acquis. Occorrerà altresì vigilare per garantire che i tagli di bilancio necessarinell’ambito della recessione economica non incidano sproporzionatamente sui preparativi perl’adesione all’UE.

La Commissione è del parere che, se la Croazia soddisferà in tempo tutti i parametri restanti, i negoziati di adesione potrebbero concludersi nel 2010.

Il Parlamento europeo esprime la propria soddisfazione per i continui progressi registrati da parte della Croazia nell'adempimento dei criteri di adesione all'Unione nonché degli obblighi che l'adesione comporta e valuta positivamente l'accordo bilaterale per la risoluzione della controversia sui confini con la Slovenia, che ha dato un impulso all'apertura di ulteriori capitoli nel processo di adesione. A tale proposito il PE ritiene che i negoziati di adesione possano essere conclusi entro la metà del 2010, a patto che la Croazia intensifichi i suoi sforzi e ottemperi a tutti i criteri e parametri di riferimento necessari, tra i quali la piena cooperazione con l’ex Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia.

Montenegro

Il quadro generale delle relazioni tra UE e Montenegro è positivo. La Commissione ricorda in particolare che, come richiesto dal Consiglio, sta preparando il parere sulla richiesta di adesione presentata dal paese nel dicembre 2008.

Secondo la relazione, il Montenegro ha registrato ulteriori progressi verso la conformità con i criteri politici e ha portato avanti il completamento del suo quadro giuridico rafforzando nel contempo la propria capacità amministrativa e istituzionale. Nel complesso la costituzione è stata applicata correttamente. La riforma giudiziaria è proseguita, iniziando a dare risultati. Il sistema giudiziario e la procura, tuttavia, subiscono ancora pressioni politiche. Occorre portare avanti con determinazione la lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata, che restano problemi seri. Il rafforzamento della capacità amministrativa rimane un obiettivo fondamentale. Il consenso politico sulle questioni connesse all'UE è ancora forte. Occorre migliorare la capacità del parlamento di esaminare la legislazione e di sorvegliare l'attuazione delle riforme.

Il Montenegro ha proseguito l'allineamento con gli standard europei. Si osservano buoni progressi per quanto riguarda la tutela dei consumatori, la ricerca, alcuni settori del mercato interno e determinati aspetti del settore giustizia, libertà e sicurezza. È stato compiuto qualche progresso in materia di libera circolazione dei capitali, dogane e fiscalità, occupazione, agricoltura e sviluppo rurale, energia e statistiche così come per gli altri aspetti del settore giustizia, libertà e sicurezza. Occorre però mantenere un impegno costante in questi ambiti. Si sono registrati progressi disomogenei per quanto riguarda l'ambiente, i trasporti, la società dell’informazione e i media. I progressi sono limitati in materia di accreditamento e valutazione della conformità, metrologia, vigilanza del mercato e politica industriale.

Il Parlamento europeo riconosce i progressi compiuti dal Montenegro e lo elogia per i suoi risultati, in particolare per il regolare svolgimento delle recenti elezioni e per le solide prestazioni della sua economia, esortandolo a perseverare nei suoi sforzi di riforma.

Risoluzione del Parlamento europeo

Nella citata risoluzione del 26 novembre 2009, il Parlamento europeo:

·       sottolinea che la piena collaborazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY) costituisce per i paesi dei Balcani occidentali una condizione fondamentale per progredire verso l'adesione all'Unione, ma ritiene ugualmente importante che i risarcimenti per i crimini di guerra siano visti dalla società in questi paesi come un passo essenziale per rendere giustizia alle vittime e facilitare la riconciliazione regionale;

·       pone in risalto l'importanza di relazioni di buon vicinato come presupposto della stabilità e della cooperazione regionali e di un processo di allargamento che proceda senza ostacoli; invita pertanto tutti i paesi interessati ad adoperarsi al massimo per risolvere nelle fasi iniziali del processo di allargamento i disaccordi con i paesi loro vicini;

·       rileva con preoccupazione i problemi economici che la regione dei Balcani occidentali si trova ad affrontare come conseguenza della crisi finanziaria, sottolineando che la situazione è particolarmente difficile dati gli elevati livelli di povertà e disoccupazione in alcuni dei paesi in questione; invita dunque la Commissione e i paesi stessi a compiere ogni sforzo possibile per mitigare gli effetti della crisi, in particolare sui membri più vulnerabili della società;

·       sottolinea l'importanza della cooperazione regionale nei Balcani occidentali quale condizione importante per il processo di allargamento e al contempo quale elemento vitale del processo di riconciliazione, favorendo i contatti interpersonali; ricorda inoltre i benefici di tale cooperazione in termini di aumento dei volumi commerciali e di rafforzamento della sicurezza energetica grazie alla diversificazione di fornitori, fonti e rotte di approvvigionamento, nonché in termini di politiche ambientali e di lotta contro la criminalità organizzata e i traffici illeciti;

·       invita tutti i paesi interessati a compiere un maggiore sforzo nel campo dei diritti delle donne e della parità tra i sessi, in particolare per quanto riguarda la lotta contro la violenza di genere, la promozione dell'accesso ai rimedi giurisdizionali per le discriminazioni di genere e l'incoraggiamento della partecipazione politica delle donne;

·       considera essenziale incoraggiare una maggiore partecipazione della società civile e delle organizzazioni non governative (ONG) a livello sia centrale che locale e migliorare il sostegno e i finanziamenti alle ONG, favorire la loro partecipazione alla pianificazione e all'utilizzazione dello strumento per la società civile creato nell'ambito dello strumento di assistenza preadesione (IPA), nonché migliorare il dialogo sociale sul mercato del lavoro;

·       invita i paesi della regione a compiere maggiori sforzi per migliorare la situazione delle minoranze etniche, in particolare dei rom; sottolinea che i rom sono sovente vittime di discriminazione e in particolare che la loro partecipazione ai processi decisionali, al mercato del lavoro e al sistema scolastico ufficiale dovrebbe essere considerevolmente incrementata;

·       nel sottolineare l'importanza cruciale del processo di liberalizzazione dei visti per i paesi dei Balcani occidentali, accoglie con favore le misure adottate dalle autorità di Bosnia-Erzegovina ed Albania per accelerare il soddisfacimento delle condizioni fissate nella tabella di marcia quanto al regime di esenzione dall'obbligo di visto e le esorta a portare avanti i preparativi affinché siano rispettati tutti i criteri pertinenti, di modo che la liberalizzazione dei visti per i cittadini di detti paesi possa applicarsi a partire dal luglio 2010; ritiene inoltre che la Commissione, entro i limiti delle sue competenze e tenuto conto della risoluzione 1244 del 10 giugno 1999 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dovrebbe avviare il dialogo sui visti con il Kosovo quanto prima possibile, al fine di predisporre una tabella di marcia per la facilitazione e la liberalizzazione dei visti sul modello di quelle definite per i paesi dei Balcani occidentali;

·       sollecita tutti i paesi della regione ad adottare o ad applicare efficacemente, quanto prima possibile, provvedimenti legislativi sul divieto di discriminazione, specialmente alla luce del fatto che molti casi di minacce, aggressioni, intimidazioni o discriminazioni ai danni di persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali non vengono denunciati e perseguiti.

La comunicazione del 5 marzo 2008

Nel quadro del Processo di stabilizzazione ed associazione, il 5 marzo 2008 la Commissione ha presentato la comunicazione “Balcani occidentali: rafforzare la prospettiva europea[18], con cui ha proposto nuove iniziative e ha potenziato quelle esistenti per sostenere lo sviluppo politico ed economico dei paesi della regione. Tra le iniziative proposte si segnalano:

·       maggiore sostegno allo sviluppo della società civile e al dialogo. La Commissione ha deciso di istituire un nuovo fondo nell’ambito dello strumento finanziario IPA che abbraccerà i seguenti settori: diritti umani, uguaglianza di genere, inclusione sociale, salute, ambiente, cultura e protezione dei consumatori. Il fondo finanzierà tre tipi di attività: sostegno alle iniziative locali di capacity building; promozione dei contatti fra gruppi di giornalisti, giovani politici, leader dei sindacati, insegnanti e le istituzioni dell’UE; sostegno ai partenariati e alle reti fra organizzazioni della società civile, sindacati, partner sociali e organizzazioni professionali nei paesi beneficiari e loro controparti nell’UE. Una conferenza della società civile di inaugurazione del nuovo fondo si è tenuta a Bruxelles il 17 e 18 aprile 2008;

·       rafforzamento della cooperazione regionale. La Commissione continuerà a sostenere i diversi quadri di cooperazione, tra i quali l’Accordo di libero scambio dell’Europa centrale (CEFTA)[19]; il Trattato sull’energia[20], lo spazio aereo comune[21]. Sulla base della proposta della Commissione e dopo l’approvazione da parte del Consiglio del mandato negoziale, sono stati avviati nel giugno 2008 i negoziati per un trattato sulla comunità dei trasporti. Obiettivo del trattato è quello di istituire un mercato delle infrastrutture e dei trasporti terrestri e marittimi e di allineare la legislazione dei paesi della regione all’acquis comunitario in materia;

·       azioni transfrontaliere coordinate per fronteggiare eventuali disastri nella regione, come evidenziato dai vasti incendi verificatisi nell’estate del 2007;

·       ulteriore apertura di programmi e agenzie europei alla partecipazione dei paesi dei Balcani occidentali, per favorire contatti e cooperazione tra istituzioni scientifiche ed educative, in materia di scienza e ricerca, istruzione, cultura, giovani, occupazione e temi sociali, protezione dell’ambiente, giustizia;

·       l’incremento del numero delle borse di studio per gli studenti dei Balcani occidentali che vengono a studiare in Europa;

·       l’eliminazione dei visti per i cittadini dei Balcani occidentali che viaggiano in Europa. Come primo passo verso la liberalizzazione dei visti, la Commissione ha negoziato con i paesi dei Balcani occidentali degli accordi di facilitazione del visto e di riammissione firmati a settembre 2007 ed entrati in vigore il 1° gennaio 2008 (l’accordo di riammissione con l’Albania è già in vigore dal 1° maggio 2006). La Commissione ha successivamente inaugurato con tutti i paesi della regione dialoghi in materia di liberalizzazione dei visti, arrivando alla definizione di tabelle di marcia che fissano le condizioni per l’abolizione delle richieste di visto. Quattro i temi chiave presi in considerazione nelle tabelle di marcia: certezza dei documenti, immigrazione illegale, ordine pubblico e sicurezza. La velocità del processo verso la liberalizzazione dei visti dipende da ciascun paese. Sulla base dei progressi realizzati da ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Serbia e Montenegro e su invito del Consiglio, il 15 luglio 2009 la Commissione ha presentato una proposta di modifica del regolamento 539/2001[22] volta ad eliminare il regime dei visti nei confronti dei cittadini provenienti dai tre paesi. La proposta - esaminata il 12 novembre 2009 dal Parlamento europeo, che l’ha approvata con alcuni emendamenti – è stata adottata dal Consiglio giustizia e affari interni del 30 novembre. Di conseguenza, a partire dal 1° gennaio 2010 i cittadini di ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Montenegro e Serbia possono viaggiare senza visto nell’area Schengen. Per quanto riguarda Albania e Bosnia Erzegovina, secondo la Commissione i due paesi accusano ancora lacune nella lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione, nelle procedure di rilascio dei passaporti e nella gestione dell'immigrazione e delle frontiere. Se il ritmo delle riforme resterà invariato e saranno rispettate tutte le condizioni, la Commissione potrà considerare di presentare una nuova proposta, entro la metà del 2010, che comprenda anche questi paesi.

Aspetti relativi allo sviluppo economico dei paesi della regione

Nella citata comunicazione di marzo 2008, la Commissione segnala le diverse iniziative messe in campo per contribuire al potenziamento dello sviluppo economico in corso, che si aggiungono alla consistente assistenza finanziaria fornita dall’UE nonché alla politica commerciale adottata nei confronti dei paesi dei Balcani occidentali.

A tale proposito si ricordano oltre alle misure commerciali eccezionali concesse (vedi paragrafo Il Processo di stabilizzazione ed associazione) anche le previsioni contenute negli accordi di stabilizzazione ed associazione in materia di liberalizzazione del commercio di beni (con l’obiettivo finale di arrivare progressivamente ad un’area di libero scambio su base di reciprocità ma in maniera asimmetrica) nonché il sostegno fornito dall’UE ai paesi dei Balcani occidentali anche in ambito multilaterale, promuovendo l’estensione del citato CEFTA e la partecipazione all’Organizzazione mondiale del commercio[23].

Tra le iniziative avviate dalla Commissione si segnalano:

·       il sostegno alla stabilizzazione e alle riforme economiche nella regione. A tale proposito la Commissione segnala in particolare che i paesi candidati hanno elaborato programmi economici di preadesione che contengono le loro proposte di riforma; da dicembre 2006, inoltre, i paesi candidati potenziali preparano programmi economici e finanziari annuali che vengono valutati dalla Commissione; la Commissione intrattiene un dialogo economico bilaterale regolare con i paesi in questione;

·       la cooperazione con le istituzioni finanziarie internazionali. La Commissione si è impegnata a migliorare il coordinamento con la Banca europea per gli investimenti (BEI), la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) e le altre istituzioni finanziarie internazionali (IFI) che sostengono la modernizzazione e lo sviluppo nei Balcani occidentali. A novembre 2007, la Commissione ha inoltre deciso, di concerto con la BEI, la BERS e la Banca per lo sviluppo del Consiglio d'Europa, di creare una linea di credito per i progetti infrastrutturali nei Balcani occidentali. La linea di credito - partita con una dotazione di 16 milioni di euro - contribuisce alla preparazione di progetti d'investimento per i trasporti, l'energia, l'ambiente e le infrastrutture sociali, da finanziare mediante sovvenzioni e prestiti. Il 21 ottobre 2009, la Commissione, la BEI, la BERS e la Banca per lo sviluppo del Consiglio d'Europa, insieme alle altre IFI e agli altri donatori, hanno raggiunto un accordo sull’istituzione di un quadro per gli investimenti nei Balcani occidentali, onde rafforzare l'armonizzazione e la cooperazione per gli investimenti a favore dello sviluppo socioeconomico della regione[24];

·       il sostegno alle piccole e medie imprese. Dal 2006 la Commissione partecipa al Fondo europeo per l’Europa sudorientale (EFSE)[25]chefornisce strumenti di credito alle banche commerciali e alle istituzioni finanziarie non bancarie per sostenere lo sviluppo delle microimprese e venire in aiuto alle famiglie[26]. Sono state inoltre organizzate diverse attività, tra cui valutazioni strategiche e riunioni regionali, nell'ambito della Carta europea delle piccole imprese[27], che è stata prorogata fino al 2009 per i Balcani occidentali. Si stanno integrando i paesi della regione nella Enterprise Europe Network, la nuova rete dell'UE che fornisce servizi di supporto alle PMI. La Commissione sta infine valutando la fattibilità di iniziative future a sostegno delle piccole imprese nella regione;

·       il sostegno alla politica dell'occupazione e alle questioni sociali. Negli ultimi due anni sono state attuate, con l'aiuto della Commissione, diverse iniziative regionali in materia di politica dell'occupazione, questioni sociali e dialogo sociale.In primo luogo, nell'ambito del "processo di Bucarest"[28] sono proseguiti i riesami delle politiche occupazionali di ciascun paese e si è iniziato a occuparsi della salute e della sicurezza sul lavoro nonché della creazione di reti fra i servizi di collocamento pubblici. Sono state inoltre organizzate diverse riunioni e conferenze regionali in materia di occupazione, dialogo sociale e protezione sociale: ad ottobre 2007, i ministri dei Balcani occidentali competenti in materia di occupazione, lavoro e affari sociali hanno concordato priorità strategiche comuni ("conclusioni di Budva"). I ministri degli affari sociali hanno inoltre firmato una dichiarazione sul coordinamento dei regimi previdenziali ("dichiarazione di Tirana");

·       energia.La Commissione rileva come l'approvvigionamento energetico sia di fondamentale importanza per lo sviluppo economico dell'Europa sudorientale. A tal fine ricorda la rilevanza del citato trattato sulla Comunità dell’energia, entrato in vigore a luglio 2006, con l’obiettivo di creare un quadro normativo e di mercato stabile, in grado di attrarre gli investimenti destinati alla generazione di elettricità e alle reti di trasmissione e di distribuzione. Nel 2007 è stata istituita, in collaborazione con le IFI e nel quadro dello strumento IPA, una nuova linea di credito per l'efficienza energetica, che la Commissione intende potenziare.

Al tema delle relazioni economiche e commerciali con i Balcani occidentali è dedicata la risoluzione che il Parlamento europeo ha approvato il 13 gennaio 2009 in cui, nel ribadire la prospettiva europea della regione e nel constatare i progressi compiuti nell’ambito del processo di stabilizzazione e associazione:

-   chiede alla Commissione e agli Stati membri di dotare l'IPA di risorse finanziarie aggiuntive;

-   invita il Consiglio e la Commissione a fornire agli Stati della regione l'assistenza tecnica economica ed amministrativa mediante personale qualificato, in collaborazione con le organizzazioni internazionali e regionali impegnate nelle questioni economiche concernenti i Balcani occidentali, al fine di rafforzare le strutture pubbliche locali, creare una base economica più efficiente e diversificata e migliorare la penetrazione di prodotti locali nei mercati esteri, e nell'Unione europea in particolare;

-   sottolinea la necessità di garantire un maggiore sostegno allo sviluppo delle infrastrutture;

-   sottolinea l'importanza di perseguire lo sviluppo della cooperazione energetica nella regione, mediante il potenziamento delle capacità di interconnessione tra gli Stati membri confinanti e i paesi partner dell'Unione europea; accoglie con favore l'avvio di grandi progetti di trasporto sub-regionali come "l'asse sud-orientale", che faciliterà l'inserimento in termini reali dei paesi dei Balcani occidentali nella più ampia rete di trasporto dell'energia che collega l'Unione europea con la Turchia e i paesi del Caucaso; invita la Commissione e i paesi dei Balcani occidentali a rendere disponibili risorse finanziarie sufficienti per la modernizzazione delle infrastrutture, con particolare riferimento al settore logistico, e ad attuare le riforme necessarie per accrescere la dinamicità e competitività del settore;

-   sottolinea la necessità di fornire un maggior sostegno allo sviluppo delle piccole e medie imprese (PMI) sulla base della Carta europea per le piccole imprese, sottoscritta da tutti i paesi dei Balcani occidentali;

-   ritiene indispensabili, ai fini dello sviluppo economico dei paesi della regione, una riforma sostanziale dei loro sistemi bancari e assicurativi, l'istituzione di un efficiente sistema di microcredito e il miglioramento della regolamentazione e della supervisione delle attività bancarie, in modo da costituire la base per una graduale apertura dei loro mercati finanziari;

-   sottolinea la necessità di aumentare e inasprire i controlli doganali, allo scopo di combattere le attività di contrabbando, contraffazione e pirateria di beni, dal momento che tali prassi, oltre alle mancate entrate che ne derivano, comportano considerevoli rischi per la salute degli abitanti sia dell'Unione europea che dei paesi dei Balcani occidentali.

Il 24 aprile 2009 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul consolidamento della stabilità e della prosperità nei Balcani occidentali.

In particolare il Parlamento europeo:

-   invita i parlamenti degli Stati membri ad approvare rapidamente gli accordi di stabilizzazione e di associazione che sono attualmente in fase di ratifica;

-   esprime la sua solidarietà con i paesi dei Balcani occidentali nel contesto della crisi economica globale e ribadisce il suo sostegno al consolidamento economico e sociale della regione; accoglie pertanto con favore la recente proposta della Commissione di estendere il piano europeo di ripresa economica ai Balcani occidentali e la esorta a rimanere vigile e, se necessario, ad adottare misure adeguate per garantire un proseguimento regolare del processo di stabilizzazione e associazione;

-    sottolinea l’importanza di lavorare ad una riduzione di tutti gli ostacoli tariffari e non tariffari agli scambi all’interno della regione e tra i Balcani e l’UE, quale priorità fondamentale per promuovere lo sviluppo economico e l’integrazione regionale;

-   in considerazione delle gravi interruzioni dell'approvvigionamento energetico dei paesi dei Balcani occidentali in seguito alla recente  controversia tra Russia e Ucraina, chiede che vengano diversificate le rotte di transito e che venga migliorata l'interconnessione delle reti energetiche nella regione con l'aiuto di finanziamenti dell'Unione europea,

-   esorta la Commissione a sostenere la realizzazione di un adeguato sistema intermodale per i trasporti fra l'Unione europea e i paesi dell'area dei Balcani occidentali, in particolare attraverso la realizzazione del corridoio paneuropeo di trasporto VII;

Aspetti relativi allo Stato di diritto

Nella comunicazione “Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2009-2010” del 14 ottobre 2009, la Commissione ha ribadito come l'applicazione dello Stato di diritto, in particolare attraverso la riforma giudiziaria e la lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata, abbia un carattere prioritario nell’ambito delle condizioni che gli Stati interessati dalla politica di allargamento devono soddisfare ai fini dell’adesione all’Unione europea. In questo quadro, la comunicazione analizza la situazione attuale nei paesi dei Balcani occidentali e in Turchia, suggerendo linee di azione per il prossimo futuro.

In linea con il consenso rinnovato sull'allargamento, e tenendo conto dell'esperienza acquisita nel corso del quinto allargamento, lo Stato di diritto viene considerato una priorità della Strategia, alla quale i paesi interessati devono confrontarsi fin dalle prime tappe del processo di adesione. La Commissione rileva che, grazie all'assistenza dell'UE sono stati realizzati alcuni progressi, con l'introduzione di norme e strutture efficaci per combattere la corruzione e la criminalità organizzata. Circa 80 milioni di euro di assistenza dell'IPA nel 2009 sono stati destinati al potenziamento del sistema giudiziario e all'applicazione della legge. La Commissione ha condotto missioni di verifica inter pares con esperti degli Stati membri riguardanti il sistema giudiziario, la lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata nei paesi candidati, e conta di intensificare tali missioni. Le riforme sono state incentivate dal ricorso ai parametri nei negoziati di adesione e dal dialogo sulla liberalizzazione dei visti.

La Commissione ha continuato a sostenere la cooperazione a livello regionale tra i sistemi giudiziari, tra le forze di polizia e tra i pubblici ministeri nella lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione. I paesi dei Balcani occidentali devono aumentare la cooperazione giudiziaria nell'ambito della regione per garantire un funzionamento efficace dei loro sistemi giudiziari. A questo proposito la Commissione ritiene particolarmente importante affrontare il problema dell'impunità per i crimini di guerra e altri reati gravi: i paesi dovrebbero rivedere le limitazioni vigenti nei rispettivi quadri legislativi per l'estradizione dei loro cittadini e il trasferimento dei procedimenti.

La Commissione continuerà a sostenere i paesi partner nella lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata, settori in cui, nonostante l’impegno profuso, i paesi dei Balcani occidentali continuano ad avere notevoli difficoltà. Per quanto riguarda la corruzione, la Commissione ritiene che un'attenzione particolare debba essere rivolta a settori quali gli appalti pubblici e la privatizzazione, il sistema giudiziario, il finanziamento dei partiti politici e la trasparenza nell'ambito nella pubblica amministrazione e del governo. La Commissione giudica essenziale poter contare su un potere giudiziario indipendente e imparziale e su pubblici ministeri specializzati nella lotta contro la corruzione e i reati a essa correlati, nonché su una polizia e un quadro amministrativo depoliticizzati e professionali; in settori come gli appalti pubblici, i diritti di proprietà intellettuale, il controllo finanziario, l'audit e la lotta contro la frode occorre una legislazione appropriata ed effettivamente applicata.

La Commissione considera necessario un impegno supplementare nella lotta contro la criminalità organizzata, che resta un problema in tutta la regione: le autorità preposte all'applicazione della legge dovranno divenire più efficaci e collaborare tra loro al fine di sconfiggere le organizzazioni criminali internazionali.

Un ulteriore approfondimento dei temi connessi alla cooperazione nell’area di giustizia libertà e sicurezza è contenuto nella comunicazione “Rafforzare la prospettiva europea dei Balcani occidentali” del marzo 2008 e nel documento di lavoro “Le attività a livello regionale nei Balcani occidentali” del 3 febbraio 2009 (SEC(2009)128).

La comunicazione, in particolare, sottolinea che la cooperazione e le riforme in materia di giustizia, libertà e sicurezza (soprattutto per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione, la riforma della magistratura e della polizia e il rafforzamento della gestione delle frontiere) rivestono particolare importanza per i Balcani occidentali, figurando tra le priorità della loro agenda europea e assicura che a questo settore continuerà ad essere destinata una quota rilevante dell'assistenza comunitaria per la regione.

Il documento di lavoro ribadisce che i Balcani occidentali costituiscono un'area prioritaria per Europol e, a tale proposito, segnala che:

-   Dal 2007 sono in vigore accordi strategici tra Europol e rispettivamente Albania e Bosnia-Erzegovina; l’accordo tra Europol e l'ex Repubblica jugoslava di Macedonia è in vigore dal marzo 2008;

-   accordi analoghi sono stati firmati nel settembre 2008 con il Montenegro e la Serbia;

-   dal 2006 è in vigore un accordo operativo di maggiore portata tra Europol e la Croazia. La Croazia ha inoltre concluso un accordo di cooperazione con Eurojust a novembre 2007.

Ricordando che l'UE sostiene una stretta cooperazione tra Europol e il Centro regionale per la lotta alla criminalità transfrontaliera della SECI[29], con sede a Bucarest, la Commissione ha suggerito la conclusione di un accordo di cooperazione tra le due organizzazioni, una volta che sarà stata adottata una nuova convenzione SECI in corso di negoziazione, contenente norme sulla protezione dei dati personali[30].

Durante la presidenza slovena dell’UE è stata avviata l’elaborazione da parte dei paesi dei Balcani occidentali, con l’aiuto del centro SECI e di Europol, di valutazioni della minaccia rappresentata dalla criminalità organizzata nell'Europa sudorientale (SEE-OCTASouth East Europe Organised Crime Threat Assessments), i cui primi risultati sono stati esposti al Consiglio Giustizia e affari interni di giugno 2008. Successivamente il SECI ha predisposto un piano di azione, anche sulla base dei questionari inviati ai paesi interessati, con l’identificazione delle priorità comuni, approvato a Brdo nell’ottobre 2008. Il centro SECI ha inoltre coordinato numerose  operazioni transfrontaliere contro il traffico di droga.

L’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX) sta potenziando la cooperazione con numerosi paesi della regione sulla base di intese operative (con Albania, Serbia e Fyrom  da febbraio 2009, Montenegro, da giugno 2009).

 

 


Scheda politico istituzionale

(a cura del Servizio Rapporti internazionali)


 

 

KOSOVO[31]

 

Map of Kosovo

 

Dati generali

Superficie

10.877 Kmq

Capoluogo

Pristina

Abitanti

2.500.000 (stime KFOR 2006)

 

Confessioni religiose

 

mussulmana (albanesi), ortodossa (serbi), cattolica

Composizione etnica

 

Albanesi 88%, Serbi 7%, altri 5%

Lingue ufficiali

serbo ed albanese

 


CENNI STORICI

Nel 1999 il Kosovo è stato affidato all’amministrazione transitoria delle Nazioni Unite. La base giuridica per il dispiego della United Nations Interim Administration Mission in Kosovo (UNMIK) era rappresentata dalla Risoluzione n. 1244 del Consiglio di Sicurezza ONU, che lasciava però irrisolta la questione del futuro status del Kosovo. Con la stessa risoluzione si autorizzava l’ingresso in Kosovo di un contingente militare a guida NATO (la KFOR).

Nel novembre 2005 hanno preso avvio, a Vienna, i negoziati per arrivare ad una soluzione definitiva. In particolare, la vicenda ha attraversato due fasi negoziali: la prima condotta dall’Inviato Speciale delle Nazioni Unite per il Kosovo (UNOSEK), Martti Ahtisaari, ex Presidente finlandese, nel 2006; la seconda svolta da team, formato da Unione Europea, Russia e USA (Troika), incaricato di facilitare ulteriori negoziati tra Belgrado e Pristina sul futuro del Kosovo, tra settembre e dicembre 2007; entrambe sotto l’egida delle Nazioni Unite.

Martti Ahtisaari ha portato avanti numerosi incontri con i gruppi negoziali di Belgrado e Pristina e con i partner internazionali. Il 26 marzo 2007, dopo oltre un anno di negoziati, il Presidente Ahtisaari ha presentato il proprio Piano al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. 

Il Piano prevede una serie di condizioni per un Kosovo stabile, duraturo e multietnico, proiettato verso le strutture euro-atlantiche e in grado di contribuire alla stabilità regionale. Nella fattispecie, esso delinea una serie di condizioni di garanzia per le minoranze (tra cui nuove regole di autogoverno), la protezione della eredità religiosa e culturale e la rappresentanza democratica, assegnando competenze particolarmente estese alle Autorità di Pristina e quote di responsabilità ampie in capo alla Comunità Internazionale per quanto concerne i settori nevralgici della polizia e della giustizia.

Nell’aprile 2007 una fact-finding mission del Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha svolto incontri a Bruxelles, Belgrado, Pristina e Vienna.

Il 29 luglio 2007, preso atto del permanere delle diverse posizioni all’interno del CdS sul Kosovo e del conseguente accordo, all’interno dei 6 membri del Gruppo di Contatto (USA; UK, Russia, Francia, Germania, Italia) di portare avanti il processo, l’Alto Rappresentate per la Politica estera dell’Unione Europea, Javier Solana, ha nominato l’Ambasciatore Wolfgang Ischinger, un diplomatico tedesco, rappresentante dell’UE nella Troika team, formato da Unione Europea, Russia e USA, incaricato di facilitare ulteriori negoziati tra Belgrado e Pristina sul futuro del Kosovo.

Il 1° agosto 2007, il Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, ha espresso il proprio compiacimento per l’iniziativa presa dal Gruppo di Contatto, affermando che: “…la comunità internazionale deve trovare una soluzione che sia opportuna nei tempi, affronti i principali problemi di tutte le comunità che vivono in Kosovo, e fornisca una quadro chiaro dello status del Kosovo. Lo status quo non è più sostenibile”. Ban Ki-Moon ha annunciato quindi che il Gruppo di Contatto avrebbe presentato il suo rapporto entro il 10 dicembre 2007.

La Troika non ha prodotto un risultato tangibile, ma ha avviato un dialogo con Belgrado e tra Belgrado e Pristina che mirava a favorire, in un secondo tempo, un accordo di cooperazione Serbia/Kosovo su questioni concrete, quali la collaborazione transfrontaliera, i rapporti tra le minoranze serbe in Kosovo e Belgrado, questioni commerciali, ecc.. Il rapporto conclusivo della Troika è stato presentato il 4 dicembre 2007; in esso si affermava che .”… le parti hanno discusso una vasta serie di opzioni, quali la piena indipendenza, un’indipendenza “sorvegliata”, la divisione territoriale, l’autonomia, una soluzione confederale .. ma le parti non sono state in grado di trovare un accordo sullo status finale del Kosovo. Nessuna delle parti è stata disposta a cedere posizioni sulla fondamentale questione della sovranità del Kosovo”.

Il 17 febbraio 2008 il Kosovo si è dichiarato indipendente.

Si ricorda che a seguito di ciò, la Serbia ha presentato una risoluzione all'Assemblea Generale dell'Onu, che l’ha approvata l'8 ottobre 2008, nella quale si chiedere un parere legale (che non è cogente) sull'indipendenza del Kosovo alla Corte Internazionale di Giustizia a L'Aja.  Con 77 voti a favore, 6 contrari e ben 74 astensioni l'Assemblea Generale ha approvato un breve testo che chiede alla Corte di rispondere alla seguente domanda: ''La dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte delle istituzioni provvisorie del governo del Kosovo e' in accordo col diritto internazionale?''. In tale contesto l'UE non ha presentato una posizione comune a causa delle divergenze tra i vari paesi. L'Ue si e' quindi presentata al voto divisa: Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia e Spagna, tutti con problemi di minoranze, hanno appoggiato la richiesta serba. L'Italia come il resto dei paesi dell'Unione, si e' astenuta. La più netta opposizione alla richiesta di Belgrado e' giunta dall'Albania e dagli Stati Uniti, che hanno votato no assieme ai quattro piccoli Paesi (Isole Marshall, Micronesia, Nauru e Palau) che sistematicamente si allineano con Washington. Secondo gli Stati Uniti, la risoluzione sul parere legale ''non e' necessaria e non aiuta'', visto che ''l'indipendenza del Kosovo e' irreversibile'', ha spiegato la rappresentante Usa.

La Corte internazionale di Giustizia il 1° dicembre 2009 ha dato il via all'Aja alle audizioni pubbliche relative alla questione.


 


Principali cariche

Presidente della Repubblica

Fatmir SEJDIU (LDK Lega Democratica del Kosovo) dal febbraio 2006

Primo Ministro

Hashim THACI (PDK Partito Democratico del Kosovo) dal 9 gennaio 2008

Presidente dell’Assemblea

Jakup KRASNIQI (PDK Partito Democratico del Kosovo) dal gennaio 2008

Ministro degli esteri

Skender HYSENI

Amministratore delle Nazioni Unite

(Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite)

Lamberto ZANNIER (dal giugno 2008)

Rappresentante Speciale dell’UE e International Civilian Representative (ICR)

Pieter Feith (dal febbraio 2008)

 

SCADENZE ELETTORALI

 

Prossime elezioni politiche

                               2011

 

 

 

QUADRO ISTITUZIONALE

 

L’Assemblea parlamentare kosovara ha dichiarato l’indipendenza del Paese il 17 febbraio 2008; in seguito ha approvato la nuova costituzione della Repubblica del Kosovo, entrata in vigore il 15 giugno 2008.

Si ricorda che nella Dichiarazione di indipendenza, l’Assemblea del Kosovo si è impegnata a rispettare gli accordi del Piano Ahtisaari[32], invitando una presenza internazionale a garantire il rispetto degli accordi, così come previsto dal Piano dell’Inviato Speciale ONU. Inoltre, le condizioni contenute nel citato Piano sono state recepite nella Costituzione della Repubblica del Kosovo, approvata dall’Assemblea il 9 aprile 2008, e in successive leggi di attuazione.

Un ruolo di rilievo è accordato all’International Steering Group (ISG)[33] che, secondo il Piano Ahtisaari, opera quale foro multilaterale per l’elaborazione e la supervisione delle linee politiche del nuovo Stato. L’ISG vigila sul grado di avanzamento del Piano, ha la facoltà di certificarne la “piena attuazione”, nomina l’International Civilian Representative (ICR) e ne indirizza l’azione.

Il 28 febbraio 2008 l’ISG ha provveduto a nominare l’International Civilian Representative (ICR), che è assistito in loco dall’International Civilian Office (ICO), con il compito di assicurare l’attuazione, da parte del Governo del  Kosovo, delle condizioni previste dal Piano Ahtisaari e di sostenere il processo di integrazione europea del Kosovo. Il Rappresentante Speciale dell’UE, l’olandese Pieter Feith, è stato nominato ICR: con la formula del “doppio cappello” si è inteso garantire una gestione efficace e coesa delle presenze internazionali sul terreno, con enfasi specifica sul ruolo centrale dell’UE.

Il Kosovo è una repubblica parlamentare.

Parlamento

L’Assemblea legislativa (Kuvendi/Skupština) ha 120 membri per un mandato di quattro anni, 100 eletti con sistema proporzionale e 20 in rappresentanza delle minoranze etniche (10 serbi, 4 rom, ashkali e egiziani, 3 bosniaci, 2 turchi e 1 gorani).

L’Assemblea ha il potere di adottare leggi e risoluzioni nelle materie ad essa riservate; spetta inoltre all’Assemblea eleggere il Presidente e il Primo Ministro (il cui nome è proposto dal Presidente); può sfiduciare il governo. Il Parlamento può essere sciolto nel caso in cui non si riesca a formare un governo nei tempi previsti (ovvero entro 60 giorni dalla nomina del Premier); se i 2/3 dei componenti votano a favore del dissolvimento e nel caso in cui non riesca ad eleggere il Presidente della Repubblica nei tempi previsti.

L’iniziativa legislativa è riconosciuta in capo a ciascun membro del Parlamento, al Governo ed in casi specifici al Presidente della Repubblica. E’ prevista anche l’iniziativa popolare. Per le modifiche costituzionali è necessario il voto dei  2/3 dei componenti.

Il Presidente della Repubblica

Il Presidente del Kosovo viene eletto dal Parlamento e mantiene la carica per cinque anni. Il Presidente rappresenta l’unità della nazione; ha funzioni essenzialmente rappresentative.

Il Governo

Il Governo è formato dal Primo Ministro e dai ministri; Il Primo ministro, designato dal Presidente della Repubblica dopo le elezioni politiche su indicazione del partito o della coalizione vincitrice, si presenta al Parlamento per ottenere la fiducia. Si segnala che almeno un ministro deve provenire dalla comunità serba del kosovo e uno da un’altra comunità. Il governo è responsabile nei confronti del Parlamento. E’ previsto l’istituto della sfiducia.

 

 

 

QUADRO POLITICO

 

Il Governo in carica

A seguito delle ultime elezioni nel novembre 2007, segnate dal boicottaggio della minoranza serba, si è costituita una coalizione di governo formata dal LDK del defunto Presidente Rugova e dal PDK di Hashim Thaci, leader storico dell’UCK (armata di liberazione del Kosovo). Il nuovo Governo ha ereditato una situazione economica marcata da forti elementi di crisi e dipendenza dagli aiuti internazionali, fino ad oggi posta in secondo piano dalla priorità assoluta, ovvero l’indipendenza (dichiarata il 17 febbraio 2008).

La priorità del Governo Thaci è costituita dal consolidamento internazionale del nuovo status del Paese. A febbraio 2010, 65 Stati (tra cui 22 membri UE) hanno riconosciuto il Kosovo. Per quanto concerne le organizzazioni internazionali, Pristina fa parte dal giugno 2009 della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale.

 

Elezioni del 17 novembre 2007 e composizione del Parlamento

Le elezioni del novembre 2007 hanno decretato la scomparsa del Partito ORA di Veton Surroi, l’eterno outsider che non e’ mai riuscito a consolidare la sua aura di uomo onesto e politico di professione in un corrispondente successo elettorale, e il confinamento a ruolo di opposizione marginale del neo-formato LDD (principale scissione dell’LDK) dell’ex Presidente del Parlamento Nexhat Dacie, dell’AAK di Ramush Haradinaj, ex Primo Ministro reduce dall’assoluzione da tutte le accuse di crimini contro l’umanità da parte del Tribunale Internazionale per l’Ex Jugoslavia. Sorprendente affermazione invece (circa 13% del voto) per il nuovo partito l’AKR di Bexhet Pacolli, il magnate svizzero-kosovaro che ha promesso di dedicare le proprie risorse al risanamento dell’economia più che alla politica.

Le formazioni serbo-kosovare, salvo rarissime eccezioni, hanno disertato il voto e di conseguenza l’Assemblea e la vita politica kosovara, nonostante il margine politico loro offerto loro dalla Constitutional Framework (10 seggi parlamentari riservati su 120, più quelli eventualmente ottenuti col voto).


 

Partiti e coalizioni

%

Seggi

totale

serbi

minoranze

Partito democratico del Kosovo  (PDK)

34.3

37

Lega Democratica del Kosovo (LDK)

22.6

25

Nuova Alleanza del Kosovo (AKR)

12.3

13

Democratic League of DardaniaAlbanian Christian Democratic Party of Kosova (LDD)

10.0

11

Alleanza per il futuro del Kosovo (AAK)

9.6

10

Partito Riformista ORA

4.1

0

Partito della Giustizia

1.7

0

Altri

5.4

*

*

*

Turkish Democratic Party of Kosovo

1

2

Democratic Ashkali Party of Kosovo

1

2

Vakat Coalition

1

2

Independent Liberal Party

3

Serb Democratic Party of Kosovo and Metohija

3

Party of Democratic Action

1

1

Serb People's Party

1

New Democracy

1

Civic Initiative of Gora

1

Serb Kosovo-Metohija Party

1

New Democratic Initiative of Kosovo

1

Union of Independent Social Democrats of Kosovo and Metohija

1

United Roma Party of Kosovo

1

TOTALE

100%

100

10

10

 

Fonte: Commissione Elettorale Centrale

Oltre alla minoranza serba (10 seggi) gli altri 10 sono quelli riservati a Rom, Ashkali, Egiziani (4 seggi: PDAK 2, IRDK 1, PRBK 1); Bosniaci (3 seggi: Vakat Coalition 2, SDA 1); Turchi (2 seggi: KDTP 2) e Gorani: 1 seggio (GIG 1).

Si segnala che le elezioni municipali (15 novembre - 13 dicembre 2009) si sono svolte in un’atmosfera tranquilla e hanno registrato una buona partecipazione generale (45,6% dei votanti), con un incoraggiante coinvolgimento della comunità serba (tra il 15 e il 25%) ad eccezione delle tre municipalità del Nord (al di sotto dell’1%) dove il boicottaggio serbo era stato del resto ampiamente previsto).

Il quadro politico post-elettorale, pur confermando grosso modo gli attuali equilibri di forza tra i vari partiti in Parlamento, è tuttora caratterizzato dai rapporti tesi e problematici tra i due partiti della coalizione di maggioranza – il PDK del Premier Thaci e l’LDK del Presidente della Repubblica Sejdiu – che già nel corso della campagna elettorale avevano a lungo battagliato fino ad alimentare seri dubbi sulla stabilità del governo nel prossimo futuro.

La situazione sul terreno si mantiene stabile pur se gli equilibri permangono fragili. Momenti di tensione si sono registrati nel Nord, a maggioranza serba, a causa di incidenti in relazione al reinsediamento di famiglie di etnia albanese (aprile 2009) e di blocchi stradali e proteste contro il personale Eulex operante ai punti doganali 1 e 31 confinanti con la Serbia (giugno 2009). Non si registrano particolari sviluppi nel dialogo tra Pristina e Belgrado per definire misure relative alla gestione delle zone a maggioranza serba, sui delicati temi di polizia, dogane e frontiere. Per quanto concerne il quadro delle presenze internazionali, le Nazioni Unite hanno approvato un ulteriore forte ridimensionamento degli effettivi UNMIK, in linea con il raggiungimento della piena operatività di Eulex, dichiarata il 6 aprile 2009.

 

 

PRESENZE INTERNAZIONALI IN KOSOVO

 

UNMIKAl termine dell’intervento della NATO nella Repubblica Federale di Jugoslavia (RFJ), il Consiglio di Sicurezza ha adottato il 10 giugno 1999 la Risoluzione 1244 con la quale ha autorizzato l’ingresso in Kosovo di un contingente militare a guida NATO (KFOR) ed ha istituito la United Nations Interim Administration Mission in Kosovo (UNMIK). Sulla base della risoluzione 1244, UNMIK ha il compito di garantire la ricostruzione ed il funzionamento dell’amministrazione civile - intesa in senso lato - coordinando a tal fine le attività di altre Organizzazioni Internazionali. Il Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell’ONU - e capo di UNMIK - costituisce la più alta autorità civile con il potere di nominare i funzionari dell’Amministrazione provvisoria kosovara e di rimuoverli nel caso in cui essi agiscano in maniera incompatibile con i principi e gli scopi stabiliti con la Risoluzione 1244. Dal 20 giugno 2008 l’italiano Lamberto Zannier e’ l’attuale SRSG. A giugno 2009 è stato approvato un piano di ulteriore forte riduzione degli organici UNMIK in linea con la piena operatività raggiunta da Eulex (vedi sotto).

NATO Kosovo Force (KFOR) La Kosovo Force nasce da un “Accordo Tecnico - Militare” siglato il 9 giugno 1999 tra le forze NATO, l’Esercito Jugoslavo ed il Governo dell’allora Repubblica Federale di Jugoslavia. La KFOR conta oggi circa 10.000 militari appartenenti a quasi 40 nazioni (anche non appartenenti alla NATO). Il Quartiere Generale della KFOR si trova a Pristina. Il Comandante della KFOR è dall’8 settembre 2009 il Generale tedesco Markus Bentler. KFOR ha il compito di garantire la sicurezza; attuare l'accordo tecnico militare con la RFJ; ristabilire le condizioni ambientali per il ritorno dei profughi e dei rifugiati; garantire le condizioni che permettano di trasferire alla Missione civile internazionale ed alle Istituzioni di Autogoverno provvisorio la responsabilità per la tutela dell'ordine e della sicurezza. Il contingente italiano in seno a KFOR è di 1.250 uomini (secondo maggior contributore dopo la Germania). Tra i suoi compiti vi è anche quello, particolarmente apprezzato, di protezione a siti religiosi e culturali serbo-ortodossi di grande importanza quali il Patriarcato di Pec e il Monastero di Visoki Decani. In considerazione del progressivo miglioramento del quadro politico e di sicurezza kosovaro negli ultimi mesi, il Consiglio Atlantico dell’11-12 giugno 2009, riunito a livello di Ministri della Difesa, ha avviato un processo di graduale riconfigurazione di KFOR verso una “deterrence posture”. Ciò avverrà in più fasi: la prima fase si è conclusa a febbraio 2010 (Transition Gate One) e KFOR si è stabilizzata a 10.200 effettivi. L’ulteriore configurazione di Kfor sarà determinata sulla base delle condizioni sul terreno e dovrà essere approvata dal livello politico (Consiglio Atlantico).

EULEX Approvata nell’aprile 2008, è la più imponente missione civile in ambito PESD nella sua storia con oltre 2.000 funzionari. EULEX è strutturata in tre componenti: Polizia (che copre oltre il 75% del totale delle unità previste), Giustizia (circa il 12%) e Dogane (poco più dell’1%). Il resto della missione riguarda l’amministrazione e, più in generale, il supporto alla missione stessa. L’Italia è tra i principali contributori con 198 funzionari con posizioni di rilievo, tra cui quella di capo della componente Giustizia (dott. Perduca) e di capo delle Unità Speciali di Polizia (Colonnello Comitini dei Carabinieri). Il mandato della missione prevede l’assistenza alle autorità kosovare nello sviluppo di istituzioni giudiziarie, di polizia, doganali e amministrative, oltre ad una serie limitata di poteri esecutivi in alcune aree, fra cui crimini inter-etnici, di guerra e finanziari, terrorismo, crimine organizzato e corruzione. Il capo missione è l’ex Generale francese Yves De Kermabon, già Comandante della missione NATO KFOR nel 2005-2006. La missione ha raggiunto la piena capacità operativa il 6 aprile 2009.

ISG/ICR/ICO Previsto dal Piano Ahtisaari, l’International Steering Group (ISG)raggruppa i paesi più impegnati in Kosovo ed opera quale centro di elaborazione e di supervisione delle linee di condotta per la gestione del nuovo Stato. Dotato di poteri incisivi, l’ISG nomina l’International Civilian Representative (ICR) al quale conferisce specifici poteri, tra cui quello di istituire un International Civilian Office (ICO). L’ISG formula le linee direttive ed indirizza l’azione dell’ICR, da cui riceve rapporti periodici; approva il bilancio dell’ICO; nel monitorare il grado di avanzamento del Piano Ahtisaari in Kosovo, esso ha la facoltà di certificare la sua piena attuazione.

L’attuale ICR è l’olandese Pieter Feith che ricopre anche l’incarico di Rappresentante speciale della UE.

OMIK Approvata il 1° luglio 1999, è la più grande fra le missioni Osce sul campo (gli operatori internazionali sono 262). Il suo obiettivo è di promuovere il rispetto dei diritti umani e la costruzione della democrazia, dello stato di diritto e una buona amministrazione. La missione opera sul campo attraverso una divisione del Kosovo in 5 aree a livello regionale (individuate sulla base della situazione politica, etnica e il livello di sviluppo economico), a loro volta suddivise in 33 municipalità. Il capo della missione è l’Ambasciatore austriaco Werner Almhofer.


Allegato

 

 

List of countries that have recognized the independence of the Republic of Kosovo[34]

 

Nr.

Country

Date of Recognition

1.

United Kingdom

18 February 2008

2.

France

18 February 2008

3.

United States

18 February 2008

4.

Turkey

18 February 2008

5.

Albania

18 February 2008

6.

Afghanistan

18 February 2008

7.

Costa Rica

18 February 2008

8.

Australia

1 9 February 2008

9.

Senegal

19 February 2008

10.

Latvia

20 February 2008

11.

Germany

20 February 2008

12.

Estonia

21 February 2008

13.

Italy

21 February 2008

14.

Denmark

21 February 2008

15.

Luxembourg

21 February 2008

16.

Peru

22 February 2008

17.

Belgium

24 February 2008

18.

Poland

26 February 2008

19.

Switzerland

27 February 2008

20.

Austria

28 February 2008

21.

Ireland

29 February 2008

22.

Sweden

4 March 2008

23.

Netherlands

4 March 2008

24.

Iceland

5 March 2008

25.

Slovenia

5 March 2008

26.

Finland

7 March 2008

27.

Japan

18 March 2008

28.

Canada

18 March 2008

29.

Monaco

19 March 2008

30.

Hungary

19 March 2008

31.

Croatia

19 March 2008

32.

Bulgaria

20 March 2008

33.

Liechtenstein

25 March 2008

34.

South Korea

28 March 2008

35.

Norway

28 March 2008

36.

Marshal Islands

17 April 2008

37.

Nauru

23 April 2008

38.

Burkina Faso

24 April 2008

39.

Lithuania

6 May 2008

40.

San Marino

11 May 2008

41.

Republika Çeke

21 May 2008

42.

Liberia

30 May 2008

43.

Sierra Leone

13 June 2008

44.

Kolumbia

6 August 2008

45.

Belize

7 August 2008

46.

Malta

21 August 2008

47.

Samoa

15 September 2008

48.

Portugaly

7 October 2008

49.

Montenegro

09 October 2008

50.

Macedonia

09 October 2008

51.

United Arab Emirates

14 October 2008

52.

Malaysia

14 October 2008

53.

Micronesia

05 December 2008

54.

Panama

16 January 2009

55.

Republic of Maldives

19 February 2009

56.

Republic of Palau

9 March 2009

57.

Republic of Gambia

9 April 2009

58.

The Kingdom of Saudi Arabia

20 April 2009

59.

Union of the Comoros

19 May 2009

60.

The Kingdom of Bahrain

19 May 2009

61.

Hashemite Kingdom of Jordan

8 July 2009

62.

Dominican Republic

11 July 2009

63

New Zealand

9 November 2009

64

Malati

19 December 2009

65

Repubblica islamica della Mauritania

12 January 2010


 

 

 

EX REPUBBLICA JUGOSLAVA DI MACEDONIA *[35]

 

 

 

 

Map of Macedonia, The Former Yugoslav Republic of

 

 

*Sulla denominazione ufficiale del Paese è ancora presente un contenzioso con la Grecia per l’uso del termine “Macedonia”, dal momento che il Paese ellenico sostiene che per “Macedonia” si deve intendere esclusivamente l’omonima regione settentrionale greca, dove vive una consistente minoranza slavo-macedone; Atene teme infatti possibili rivendicazioni di tipo territoriale, storico, culturale e linguistico sulla Grecia settentrionale (che comprende una vasta porzione dell’antica Macedonia).Nel 1993 Skopje divenne membro delle Nazioni Unite: il Consiglio di Sicurezza riconobbe «provvisoriamente» il paese con il nome «Ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia» (Fyrom - Former Yugoslav Republic Of Macedonia), invitando le due parti a raggiungere una soluzione condivisa, sotto gli auspici de Segretario Generale. I negoziati, sotto il patrocinio dell'ONU, per una soluzione della questione, sono cominciati a fine 1995, ma allo stato attuale, la controversia non ha ancora trovato una soluzione definitiva.

La Grecia ha messo in chiaro che la Macedonia non potrà essere ammessa alla Nato o all'Unione Europea prima che l'annosa questione del nome trovi una soluzione. Nel novembre 2008, a seguito del veto posto dalla Grecia all’ingresso della Macedonia nella Nato al summit di Bucarest nell’aprile 2008, la Macedonia ha deciso di sottoporre la questione alla Corte Internazionale di Giustizia de L’Aja, presentando un'istanza contro la Grecia, nella quale Atene è accusata di aver violato l’art. 11 dell'Accordo ad interim del 1995, laddove si dice che: “Atene accetta di non opporsi alla richiesta di adesione da parte della FYROM, con tale denominazione, a organismi o istituzioni internazionali in cui la Grecia è membro”. La Corte Internazionale con una ordinanza del 20 gennaio 2009 ha fissato la data del 20 luglio 2009 per la presentazione di un memoriale da parte della FYROM e il 20 gennaio 2010 per la presentazione di un contro-memoriale da parte della Grecia.

Oltre cento Paesi hanno riconosciuto Skopje con il suo nome costituzionale, tra cui anche tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (Cina, Russia e Stati Uniti). La posizione italiana al riguardo resta legata all’orientamento dell’UE, che si basa a sua volta sulle risoluzioni ONU n. 817 e 845 del 1993, e riconosce il Paese come “Ex Repubblica jugoslava di Macedonia” (in inglese Former Yugoslav Republic of Macedonia – abbreviato FYROM), in attesa che le parti interessate giungano ad una soluzione consensuale sotto gli auspici delle Nazioni Unite. Nei contatti bilaterali diretti con interlocutori macedoni, tuttavia, è prassi utilizzare la denominazione “Repubblica di Macedonia”.

 

CENNI STORICI

Il territorio dell'attuale Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia ha fatto parte, durante i secoli, di antichi imperi (antico Regno di Macedonia, Impero romano e Impero romano d’Oriente) e di numerosi Stati (stati medioevali di Bulgaria e di Serbia). Nel XV secolo la regione venne conquistata dall'Impero ottomano.

La storia recente della Macedonia prende avvio nel 1946 allorquando la Macedonia diviene una repubblica autonoma all’interno della Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia guidata da Tito.

Nel settembre 1991 la Macedonia dichiara la propria indipendenza dalla Federazione Jugoslava a seguito di un referendum popolare (74% di voti favorevoli). In conseguenza delle pressioni del Governo greco[36], timoroso di possibili rivendicazioni territoriali sulla Grecia settentrionale, al Paese è provvisoriamente imposto nelle sedi internazionali il nome di Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia (Former Yugoslav Republic of Macedonia - FYROM). Nell’aprile 1993 la FYROM è ufficialmente entrata a far parte delle Nazioni Unite.

La Macedonia è l’unico Stato nato pacificamente dalla dissoluzione dell’ex – Jugoslavia. Fin dalla proclamazione della Repubblica, la comunità albanese (circa il 25% della popolazione) ha rivendicato maggiori diritti (l’uso della lingua albanese, pari opportunità nella pubblica amministrazione, adeguata presenza nelle forze di polizia), provocando forti attriti con la componente slavo-macedone. Le tensioni si sono intensificate a partire dall’intervento NATO in Kosovo del 1999, che ha avuto implicazioni economiche negative per Skopje (le sanzioni contro la Repubblica Federale di Jugoslavia l'hanno tagliata fuori dalle rotte commerciali internazionali) e a seguito dell’arrivo di più di 200 mila profughi kosovari.

Nel gennaio 2001 una profonda crisi ha minacciato l’integrità territoriale del Paese, la più difficile a partire dall’indipendenza. Gruppi ribelli di etnia albanese hanno optato per la lotta armata, compiendo una serie di atti terroristici ai danni delle forze armate e di polizia macedoni. Il 13 agosto 2001, dopo sei mesi di scontri, i leader dei quattro principali partiti - sotto l’egida dell’allora Presidente della Repubblica Trajkovski, e grazie all’opera dei due inviati dell’UE e degli Stati Uniti - hanno firmato l’Accordo di OHRID, poi recepito nella Costituzione emendata nel 2001, che garantisce maggiori diritti civili e politici alla minoranza albanese (l’uso della lingua albanese, l’inserimento nelle forze di polizia, pari opportunità nelle cariche della Pubblica Amministrazione), consentendo l’avvio di una fase di riconciliazione nazionale. Nel 2004 il Parlamento approva le leggi che ridefiniscono i confini regionali e concedono all’etnia albanese maggiore autonomia nelle aree in cui è maggioritaria.

 

 

DATI GENERALI

Superficie

25.333 kmq  (meno di un decimo del territorio italiano)

Capitale

SKOPJE (600.000 abitanti)

Abitanti

2.066.718

Tasso crescita popolazione

0,26%

Aspettativa di vita

74, 68 anni

Composizione etnica

Macedoni (64,2%); Albanesi (25,2%); Turchi (3,9%); Rom (2,7%); Valacchi (1,8%)

Religioni praticate

Cristiano-Ortodossa (64,7%); Musulmana (33,3%)Cristiani Cattolici (2%)

Lingue

Macedone (lingua ufficiale); l’albanese si affianca come lingua ufficiale nelle municipalita’ in cui e’ parlato da oltre il 20% della popolazione. Altre lingue minoritarie sono il turco, il romani, il serbo e il macero-rumeno.

 

 

CARICHE DELLO STATO

Presidente della Repubblica

Gorge IVANOV (VRMO-DPMNE[37])
in carica dal 12 maggio 2009 al posto di Branko Crvenkovski[38]

Presidente del Parlamento

Trajko VELJANOSKI (VMRO-DPMNE)
dal giugno 2008

Primo Ministro

Nikola GRUEVSKI (VMRO-DPMNE)
dal 27 agosto 2006, riconfermato nel giugno 2008

Ministro degli Affari esteri

Antonio MILOSOSKI (VMRO-DPMNE)

 

 

 

Scadenze elettorali

 

Parlamento: 2012

 

 

 

QUADRO POLITICO

 

 

Il governo del Premier Gruevski (già a capo dell’esecutivo nel governo precedente) è un governo di coalizione formato dal VMRO-DPMNE (centro destra) che nelle elezioni politiche anticipate del 1° giugno 2008 ha conquistato la maggioranza assoluta dei seggi (63 su 120) e dal DUI (Unione Democratica per l’Integrazione) partito di etnia albanese principale sostenitore delle elezioni anticipate.

Pur potendo contare sulla maggioranza assoluta, il VRMO ha cooptato nella coalizione di governo il DUI, al fine di formare un Esecutivo in grado di riavviare il processo di riforme e consentire il proseguimento del percorso euro-atlantico della Macedonia[39]. L'alleanza tra VMRO e DUI permette in principio alla coalizione governativa di contare su 81 seggi in Parlamento (su 120).

 

Composizione del Parlamento (Sobranie) elezioni del 1° giugno 2008[40]

 

PARTITI[41]

SEGGI

VRMO-DPMNE (Organizzazione Rivoluzionaria Interna di Macedonia – Partito Democratico di Macedonia Unità nazionale) - “For a better Macedonia” Coalition[42]

63 (48,78%)

“SUN –Coalition for Europe[43]

 

27 (23,64%)

Democratic Union for Integration (DUI) di etnia albanese (leader Ali Ahmeti)

18 (12,82%)

Democratic Party of the Albanians (DPA) del leader Menduh Thaci

11 (8,26%)

Party for European Future (PEI)

1 (1,47%)

 

TOTALE

120

Le donne elette sono 34, ovvero il 28,33%.

Le elezioni anticipate sono maturate in un contesto politico che ha visto, nel marzo 2008, il ritiro dalla coalizione di governo, di cui faceva parte, del DPA che chiedeva nuovi diritti per la comunità albanese e in  segno di protesta per il mancato riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo (riconoscimento poi avvenuto il 9 ottobre 2008) e la sconfitta, avvenuta in sede NATO, per il veto opposto dalla Grecia all’ingresso della Macedonia. Il DUI ha quindi presentato una mozione sostenendo che l’attuale governo non era in grado di negoziare il nuovo nome con la Grecia. Lo stesso Primo Ministro Gruevski ha sottolineato la necessità di una maggioranza più forte in parlamento per portare avanti l’ingresso del suo paese nella NATO e nell’UE. L’Unione dei Social democratici (SDSM) e il Nuovo Partito Social Democratico (NSDP) non hanno condiviso la proposta di uno scioglimento anticipato che però è passata in Parlamento.

Tra i principali partiti all’opposizione si trovano l’Unione Social Democratica di Macedonia (SDSM) del Presidente uscente Crvenkovski (partito a capo della coalizione SUN che ha ottenuto 27 seggi) di centro-sinistra che sostiene politiche economiche liberiste e la cooperazione con la comunità internazionale. I socialdemocratici sono considerati dei moderati ed hanno un atteggiamento conciliatorio nei confronti delle minoranze etniche. Vi è inoltre il Partito Democratico degli Albanesi (DPA), che è un partito etnico (alleato al VMRO-DPMNE nel precedente governo Gruevski); il DPA  ha subito una scissione interna che ha portato alla nascita di un terzo partito albanese, “Nuova Democrazia”, guidato dall’ex Ministro della Salute Selmani che ha registrato un sorprendente risultato personale (terzo) alle elezioni presidenziali dell’aprile 2009.

Il partito di governo, il VMRO, si è confermato maggioritario nel paese anche in occasione delle elezioni presidenziali del 22 marzo-1 aprile 2009 che hanno visto l’elezione del candidato VMRO Gjorgje Ivanov al secondo turno con il 63% dei voti[44]. Il rafforzamento del VMRO è stato confermato anche a livello locale con un marcato successo nelle contemporanee elezioni amministrative(la stessa Skopje è guidata da un esponente del VRMO-DPMNE). Sul fronte albanese il DUI si invece confermato partito di riferimento per l’etnia albanese, ai danni del DPA di Thaci. Al contempo si è registrato il forte ridimensionamento del partito socialdemocratico di Crvenkovski

I problemi di dialogo tra maggioranza e opposizione, le difficoltà della precedente maggioranza di governo a far avanzare l’agenda delle riforme, il clima registratosi sia durante la campagna elettorale che nelle fasi di voto, hanno evidenziato la precarietà dell’assetto politico-istituzionale macedone ove permangono ostacoli significativi alla realizzazione della convivenza tra etnie slavo-macedone ed albanese. Secondo alcuni osservatori, le difficoltà di attuazione dell’Accordo di Ohrid rafforzano la percezione di una divisione del Paese in due entità su base etnica. Se da una parte, la questione del nome, che vede Skopje confrontarsi con Atene, l’indipendenza del Kosovo, il mancato ingresso di Skopje nella Nato a seguito del veto posto nel vertice di Bucarest, hanno esacerbato ancor più il clima politico allontanando l’avvio del negoziato per l’adesione all’UE da tempo sollecitato da parte macedone, dall’altra, in generale, si osserva che la situazione politica del paese si è andata stabilizzando anche grazie al ruolo svolto dalla comunità internazionale e dalle missioni che hanno operato nel paese fin dalla dichiarazione di indipendenza.

Il cambio di governo in Grecia con una maggiore flessibilità mostrata – almeno in principio – da Papandreu e l’abolizione del regime dei visti Schengen da parte dell’UE a favore dei cittadini macedoni – misura vivamente richiesta dall’elettorato e resa operativa dal 19 dicembre 2009 – sembrano  tuttavia aver creato le premesse per un minimo spiraglio al negoziato condotto dal mediatore ONU, l’americano Nimetz.

 

 

 

QUADRO ISTITUZIONALE

 

 

 

Forma di governo

 

Repubblica parlamentare. La Costituzione attualmente in vigore è stata approvata il 17 novembre 1991 (emendata il 15 novembre 2001 a seguito degli accordi di Orhid).

 

Parlamento

 

Il Parlamento (Sobranie) è monocamerale e viene rinnovato ogni quattro anni. E’ formato da 120 deputati eletti con sistema proporzionale. Secondo l’art. 69 Cost. le deliberazioni dell’Assemblea sono adottate a maggioranza dei voti, in presenza della maggioranza dei suoi componenti. L’iniziativa legislativa spetta a ciascun deputato, al Governo e ad almeno 10.000 elettori.

All’interno del Parlamento opera un Consiglio per le relazioni interetniche composto dal Presidente del Parlamento e da 2 membri per ciascuna delle componenti etniche del paese. Il Consiglio valuta lequestioni di carattere interetnico ed esprime pareri e proposte che l’Assemblea è tenuta a considerare.

Le modifiche alla Costituzione possono essere proposte dal Presidente della Repubblica, dal Governo, da almeno 30 deputati o da 150.000 elettori. Tali modifiche devono essere approvate dai due terzi dei componenti dell’Assemblea.

La Corte costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato.

 

Presidente della Repubblica

 

Il Presidente della Repubblica è direttamente eletto dai cittadini per un mandato di cinque anni e può essere rieletto una sola volta. Per passare al primo turno il candidato deve ottenere la maggioranza dei voti degli aventi diritto, in caso contrario entro 14 giorni è previsto il ballottaggio. Nel secondo turno, in base ad una recente modifica costituzionale, il quorum è di partecipazione è stato ridotto al 40% (rispetto al 50% previsto).

I compiti del Capo dello Stato macedone sono essenzialmente rappresentativi. Il Presidente nomina comunque il governatore della Banca centrale, è Comandante in capo delle Forze armate e presiede il Consiglio per la sicurezza della Repubblica;  può, inoltre, inviare messaggi alle Camere; promulga le leggi; può concedere la grazia; nomina i rappresentanti diplomatici; accredita e riceve i rappresentanti diplomatici dei paesi esteri. Spetta al Presidente della Repubblica affidare al candidato del partito che ha la maggioranza nel Parlamento l’incarico di formare il Governo.

Il Presidente può rinviare una legge all’Assemblea, prima della sua promulgazione. Qualora venisse approvata a maggioranza il Presidente è tenuto a promulgarla.

Il Presidente della Repubblica può essere messo in stato di accusa per gravi violazioni alla Costituzione dal Parlamento, a maggioranza di due terzi.

 

Governo

 

Il Governo è composto dal Primo Ministro, dal Vice Primo Ministro e dai Ministri. Questi non possono essere parlamentari. Entro 20 giorni dall’incarico il Premier in pectore sottopone il programma e la composizione del suo governo all’Assemblea che gli concede la fiducia a maggioranza dei voti.

Il Parlamento può sfiduciare il Governo su proposta di almeno 20 deputati e la mozione si ritiene approvata se ottiene il voto della maggioranza dei componenti dell’Assemblea. In caso di sfiducia il Governo deve rassegnare le dimissioni. 


REPUBBLICA DI SERBIA[45]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DATI GENERALI 2009

Superficie

88.361 KM

Capitale

BELGRADO

Abitanti

7.379.339  aspettative di vita: 74 anni

Gruppi etnici

serbi 82,9%, ungheresi 3,9%, rom 1,4%, jugoslavi 1,1%, bosniacchi 1,8%, montenegrini 0,9%, altri 8% (censimento 2002)

Religioni

serbo- ortodossa 85%, cattolica 5,5%, protestante 1,1%, musulmana 3,2%, altre, 2,6% (censimento 2002)

Lingua

serbo 88.3% (ufficiale), ungherese 3.8%, bosniacco 1.8%, rom 1.1%, altro 4.1%

Tasso di alfabetizzazione

96,4%

 

 

 

PRINCIPALI CARICHE DELLO STATO

Presidente della Repubblica

Boris TADIC (rieletto alle elezioni del febbraio 2008) (Partito Democratico DS)

Presidente dell’Assemblea Nazionale

Sig.ra Slavica DJUKIC – DEJANOVIC (Partito socialista serbo Sps) dal 25 giugno 2008

Primo Ministro

Mirko Cvetkovic (Partito Democratico DS)

Primo Vice Primo Ministro e Ministro dell’Interno

Ivica DACIC (leader del Partito socialista serbo Sps)

Vice Primo Ministro per l’integrazione UE e Ministro dello Sviluppo scientifico e tecnologico

Bozidar DJELIC (Partito democratico DS)

Vice Primo Ministro e Ministro dell’Economia e dello sviluppo regionale

Mladjan DINKIC (leader del G 17 Plus)

Vice Primo Ministro

Jovan KRKOBABIC (leader del Partito dei pensionati uniti Pups)

Ministro degli Affari Esteri

Vuk JEREMIC (Partito Democratico DS)

Ministro della Giustizia

Snezana MALOVIC (Partito Democratico DS)

Ministro della Difesa

Dragan SUTANOVAC (Partito Democratico DS)

                                                                    


 

Scadenze elettorali

 

Politiche

2012 (le ultime sono state elezioni anticipate: 11 maggio 2008)

Presidenziali

2013 (le ultime si sono svolte nel febbraio del 2008)

 

 

QUADRO POLITICO

 

Il Governo in carica

Il 7 luglio 2008, dopo i lunghi negoziati seguiti alle elezioni legislative dell'11 maggio 2008, il nuovo governo filoeuropeo serbo ha ricevuto la fiducia del Parlamento con 127 voti favorevoli su 250.

Le dimissioni anticipate del governo precedente (ancora un governo di coalizione guidato da Kostunica e formato da Partito democratico DS del filoeuropeo Tadic, dai DSS di Kostunica, dal Partito Nuova Serbia e dal G17) sono state causate da una divergenza netta rispetto alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 17 febbraio 2008 (sulla questione dell’indipendenza del Kosovo, si veda la scheda relativa a questo paese). L’allora Premier Kostunica aveva affermato che il riconoscimento del Kosovo da parte di qualsiasi Stato dell’UE sarebbe stato illegale e chiedeva l’immediata rottura dei rapporti con l’UE. Il Presidente Tadic sosteneva invece che l’indipendenza del Kosovo non doveva essere collegata con l’adesione della Serbia all’UE. Il 4 marzo Kostunica e il leader nella Nuova Serbia hanno annunciato l’intenzione di presentare una risoluzione in Parlamento che condizionava ogni prosieguo dei negoziati con l’UE con il riconoscimento da parte di quest’ultima della piena integrità territoriale serba. Il Presidente del Parlamento ha tuttavia rinviato la discussione della risoluzione chiedendo di ricevere l’opinione del governo sulla proposta. L’8 marzo Kostunica ha rassegnato le dimissioni dichiarando di non potersi fidare più dei suoi partners di governo.

L'esecutivo guidato da Mirko Cvetkovic e' una coalizione formata dalla “Lista per la Serbia europea” da una parte composta da partiti filoeuropei - quali il Partito Democratico (DS) del Presidente Tadic, il movimento tecnocratico-liberista G17 Plus, la Lega socialdemocratica di Vojvodina (Lsv), il Partito Democratico di Sangiaccato-Sandzak (Sdp)[46] e il Movimento per il Rinnovamento serbo (Spo) - e dall'altra dal Partito Socialista serbo (Sps), del defunto presidente jugoslavo Milosevic, dal Partito dei pensionati uniti della Serbia (Pups) e dal Partito Serbia unita (Js). Per raggiungere la maggioranza in Parlamento contribuiscono anche i deputati delle minoranze etniche ad eccezione della Coalizione albanese della Valle di Presevo. La maggioranza può contare, quindi,  su 127 voti contro i 123 dell’opposizione.

 

Pur restando critico sulla volontà riformista dell'esecutivo, anche il leader del Partito Liberal Democratico (LDP), Cedomir Jovanovic, si e' dichiarato pronto a sostenere caso per caso i provvedimenti che saranno proposti dal Governo.

Mirko Cvetkovic ha dichiarato nel suo discorso al Parlamento che: "l'appartenenza all'Ue rappresenta l'interesse prioritario della Serbia e dei suoi cittadini", e che "l'obiettivo del governo è che la Serbia ottenga lo status di candidato all'adesione all'Ue". A tale scopo il Governo serbo ha fatto rientrare gli Ambasciatori nelle capitali UE che hanno riconosciuto il Kosovo con l’esigenza di dare un forte impulso alle proprie aspirazioni di avvicinamento a Bruxelles. Belgrado applica unilateralmente l’Accordo di Stabilizzazione ed Associazione (ASA) dal gennaio 2009[47] ed presentato la domanda di adesione alla UE il 22 dicembre 2009. Nel contesto Belgrado ha ottenuto già due successi rilevanti con l’entrata in vigore dell’Accordo ad interim (parte commerciale dell’ASA)[48] e l’ottenimento dell’abolizione del regime di visti Schengen dal 19 dicembre 2009[49]. L’irreversibilità dell’orientamento europeista della Serbia è stata confermata anche con atti di completa rottura con il passato, tra cui spicca il trasferimento di Radovan Karadzic al Tribunale Penale Internazionale all’Aja, il 30 luglio 2008. La piena collaborazione tra la Serbia ed il Tribunale costituisce la condizione essenziale per lo sblocco da parte di Bruxelles del percorso europeo della Serbia (sulla questione pesa la rigida posizione olandese - vedi infra). Pur continuando ad essere delicato, l’equilibrio trovato dall’attuale maggioranza, che governa grazie a quattro voti in più in Parlamento, sembra tenere anche a causa delle divisioni dell’opposizione a seguito della scissione interna al Partito Radicale con l’uscita del Vice Presidente Nikolic.

Sei i pilastri operativi dell’esecutivo, composto di 25 ministeri: un futuro europeo alla Serbia, sviluppo economico, rafforzamento delle politiche sociali, lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione, cooperazione con il Tribunale internazionale dell’Aja, il rifiuto dell'indipendenza del Kosovo (sempre indicato a Belgrado come provincia autonoma del Kosovo e Metohija). Belgrado, infatti, continua ad essere fermamente opposta all’indipendenza di Pristina che cerca di contrastare con il ricorso in essere presso la Corte Internazionale dell’Aja sulla legittimità della dichiarazione di indipendenza di Pristina. L’art. 182 della Costituzione afferma che nella Repubblica di Serbia vi sono la Provincia Autonoma della Vojvodina e la Provincia Autonoma di  Kosovo e Metohija. La situazione sul terreno si mantiene stabile pur se gli equilibri permangono fragili.

La mozione di sfiducia del 18 dicembre 2008

E’ mancato il numero legale ed è quindi caduta nel nulla la mozione di sfiduciapresentata al Parlamento contro il governo di Cvetkovic dalle opposizioni nazionaliste. L'iniziativa era stata avanzata congiuntamente dal Partito radicale serbo (Srs), dal Partito democratico serbo (Dss) dell'ex premier Vojislav Kostunica e dal partito Nuova Serbia (Ns), in polemica contro la linea dell'esecutivo sul Kosovo, ritenuta troppo dialogante, e in contestazione del via libera dato alla missione Ue in Kosovo, Eulex, che ne riconoscerebbe, a loro avviso,  implicitamente l'indipendenza. L'iniziativa non è andata a buon fine a conclusione di un lungo dibattito iniziato il 18 dicembre 2008 e conclusosi nel cuore della notte. A far mancare il numero legale sono state le stesse opposizioni, consapevoli di non avere i numeri e soddisfatte per aver potuto sfruttare per alcune ore la  tribuna della diretta tv. La maggioranza è rimasta compatta, nonostante i dissidi innescati nelle ultime settimane da uno dei partner minori della coalizione, il G17 del Ministro dell'Economia, Mladjan Dinkic, rispetto a un accordo energetico con la Russia fondato sulla cessione della compagnia petrolifera pubblica serba Nis a Gazprom. Accordo contestato nei termini attuali da Dinkic, e difeso invece a spada tratta dal resto degli alleati, quale elemento complementare alla strategia di avvicinamento all'UE.

L’autonomia della Vojvodina

La Vojvodina ha adottato il 14 dicembre 2009 con una sessione speciale dell'assemblea legislativa locale un nuovo statuto che dota la provincia etnicamente mista della Serbia (e con una forte presenza ungherese) di maggiore autonomia sul piano economico, legislativo e politico. I nazionalisti serbi hanno contestato lo statuto definendolo 'separatista' ed i loro rappresentanti nel parlamento provinciale hanno boicottato la sessione. Come il Kosovo, la Vojvodina era stata dotata di un'ampia autonomia da Tito con la costituzione del 1974, autonomia poi revocata nel 1989 da Slobodan Milosevic. La popolazione ungherese rappresenta il 15% di quella totale della provincia settentrionale serba ed in diversi comuni gli ungheresi sono la maggioranza assoluta degli abitanti. A favore dello statuto hanno votato 86 parlamentari dell'assemblea, esponenti della coalizione guidata dal DS, mentre hanno votato contro tre deputati della lista di opposizione DSS-NS. I radicali serbi (SRS) e i rappresentanti del movimento serbo SNS non hanno preso parte alla sessione, denunciando uno statuto che - hanno detto - rappresenta un atto separatista che portera' alla disintegrazione della Serbia.

Lo statuto era stato approvato dal parlamento serbo il 30 novembre 2009 (passato con 138 voti a favore e 23 contrari su 250 parlamentari), un passaggio necessario per consentire il voto in Vojvodina. Il governo difende la 'devolution' alla Vojvodina, iscrivendola nel contesto di una riforma filo-Ue. Per i nazionalisti, invece, si crea uno “Stato nello Stato” che permetterà alla provincia di reclamare l'indipendenza, come il Kosovo. Secondo il testo, la Vojvodina non potrà concludere accordi internazionali, ma solo accordi regionali. Inoltre, non vi è alcun riferimento al fatto che la Vojvodina possa determinare le proprie entrate, ma, come la Costituzione richiede, le entrate saranno determinate dalla legge speciale. Viene rimosso dal testo che Novi Sad è la capitale della Vojvodina, ed è inserito il termine di "principale centro amministrativo della provincia". Infine, l'articolo 1 dello statuto recita: "La Vojvodina è parte integrante della Serbia".

Elezioni presidenziali del febbraio 2008

Il 3 febbraio 2008 si è svolto il secondo turno delle elezioni Presidenziali. Il Presidente in carica Boris Tadic, leader del Partito Democratico DS, è stato riconfermato con il 50,6% dei voti, riportando una significativa affermazione sul candidato radicale Nikolic (47,7%), leader del Partito Radicale Serbo SRS. La netta affermazione di Tadic, cui è mancato al ballottaggio l’appoggio del Primo Ministro Kostunica, ha mutato gli equilibri della coalizione governativa (DS, DSS, G17+) e ha spianato la strada ad elezioni politiche anticipate per una resa dei conti tra il DS di Tadic e i DSS.

Composizione del Parlamento (monocamerale)

L’11 maggio 2008 si sono svolte le elezioni politiche anticipate, dovute alle dimissioni dell’ex Premier Kostunica a marzo. I risultati hanno visto la vittoria del blocco europeista del Presidente Boris Tadic, che ha avuto il 38,4% dei voti (102 seggi sui 250 del Parlamento). Confermati anche i 78 seggi del Partito radicale di Tomislav Nikolic (Srs, ultranazionalista), con il 29,45% dei voti, e i 30 seggi del Partito democratico di Serbia dell’ex Premier Vojislav Kostunica (Dss, nazional-conservatore), con l'11,61% dei voti. Il Partito socialista di Ivica Dacic ha avuto il 7,58% dei voti e 20 seggi e il Partito liberal-democratico di Cedomir Jovanovic il 5,24% dei voti e 13 seggi. L'affluenza alle urne è stata del 61,35%. La composizione del Parlamento all’indomani delle elezioni era la seguente:


 

PARTITO

SEGGI

 

Lista Per una Serbia europea-Boris Tadic (Partito Democratico DS, liberali del G17, Rinnovamento Serbo, più due partiti regionali: il Partito democratico del Sangiaccato-Sandzak e la Lega social-democratica di  Vojvodina)

102

Partito Socialista serbo – Partito pensionati uniti - Serbia Unita (SPS-PUPS-JS)

20

Partito radicale serbo (SRS)

78

Partito democratico di Serbia (DSS) e New Serbia (NS)

30

Partito liberal-democratico (Ldp)

13

Coalizione ungherese

4

Lista bosniaca per Sandzak-Sangiaccato europea

2

Coalizione albanese della Valle di Presevo

1

TOTALE

250

 

Nel settembre 2008 il Vice Presidente del Partito Radicale Serbo (SRS) nonché due volte candidato presidenziale Tomislav Nikolic è uscito dal partito ed ha formato il Partito Progressista Serbo (SNS) nell’ottobre 2008. Al giugno 2009 il Partito Progressista Serbo (SNS) conta 21 seggi mentre il SRS ha mantenuto  57 seggi.

Alle elezioni amministrative anticipate, che si sono tenute il 7 giugno 2009 in due sobborghi belgradesi, Zemun e Voždovac, e a Kosjerić, comune della Serbia occidentale, il Partito progressista (SNS) di Tomislav Nikolić è stato il vero vincitore. Se gli elettori hanno penalizzato moderatamente il Partito democratico (DS), i radicali di Šešelj hanno invece subito una vera e propria disfatta. A Zemun, un tempo roccaforte dei radicali, l’SNS ha preso il 33, 99% dei voti, il DS ha ottenuto il 27,71%, il Partito radicale serbo (SRS) il 10%.

 


 

QUADRO ISTITUZIONALE

 

Sistema politico

 

La Serbia è una Repubblica Parlamentare. Il 5 giugno 2006 è stata proclamata la nascita della Repubblica di Serbia, Stato successore dell’Unione di Serbia e Montenegro. L’8 novembre 2006 è stata promulgata la nuova Costituzione della Repubblica di Serbia, dopo l’esito positivo referendum popolare del 28-29 ottobre. L’Unione, disciolta a seguito della dichiarazione d’indipendenza del Montenegro del 3 giugno 2006, era nata il 4 febbraio 2003, sulle ceneri della Repubblica Federale di Jugoslavia (RFJ), fondata da Slobodan Milosevic nel 1992, dopo il crollo della vecchia federazione di Josip Broz Tito e la secessione di Slovenia, Croazia, Bosnia e Macedonia.

 

Presidente della Repubblica

 

Il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale per 5 anni. Rappresenta l’unità della Nazione. I suoi poteri formali sono limitati. Promulga le leggi; propone al Parlamento il candidato Premier dopo aver consultato i principali partiti. E’ comandante in capo delle Forze Armate. Ha un potere di veto nei confronti delle leggi del Parlamento che può essere superato con il voto della maggioranza dei componenti.

 

Parlamento

 

L'Assemblea Nazionale della Repubblica di Serbia (Narodna skupština) è composta da 250 membri, che vengono eletti per un mandato di 4 anni con sistema proporzionale e soglia di sbarramento del 5% (non è previsto sbarramento per i partiti politici rappresentativi delle minoranze etniche). L’elettorato attivo e passivo è di 18 anni. Il Parlamento svolge le consuete funzioni legislative, di indirizzo e controllo sul governo. Spetta al Parlamento inoltre eleggere, tra gli altri, i giudici della Corte Costituzionale, il Presidente della Corte Suprema di Cassazione, il Governatore della Banca centrale.

Il Presidente della Repubblica può sciogliere il Parlamento su proposta del Governo; inoltre essa viene sciolta se non riesce a varare un governo entro 90 giorni dalla sua costituzione. 

Il Parlamento può sfiduciare l’intero governo o singoli ministri su presentazione di una mozione sottoscritta da almeno 60 deputati e votata dalla maggioranza dei componenti.

 

Governo

 

Il Governo, guidato da un Primo Ministro, deve ottenere la fiducia del Parlamento all’atto della sua costituzione. Il candidato Premier presenta infatti al Parlamento il suo programma di governo e la squadra dei ministri; il Parlamento vota simultaneamente sul programma, sul Primo Ministro e sui Ministri: la fiducia è concessa se si ottiene la maggioranza dei voti dei componenti.

Si segnala che il sito ufficiale del Governo serbo ha un link per la lingua italiana.

 


REPUBBLICA DI BOSNIA ERZEGOVINA[50]

Bosna i Hercegovina (BiH)


 

DATI GENERALI 2009

Superficie

51.129 kmq (un sesto del territorio italiano)

Capitale

SARAJEVO (800.000 abitanti)

Abitanti

4.613.310

Composizione etnica

bosniacci* (48%), serbi (37,1%), croati (14,3%) altri (0,6%)

Religioni praticate

musulmani (40%), ortodossi (31%), cattolici (15%), altri (14%)

Lingua

bosniaco, serbo, croato

Tasso di crescita della popolazione

0,33%

Aspettativa di vita

78,5 anni

* Il termine bosniacco è stato recentemente introdotto per riferirsi ai mussulmani-bosniaci in quanto l’uso della qualifica religiosa di “musulmano” è considerata impropria per indicare una etnia.

 

CENNI STORICI

Parte della Repubblica Federativa Socialista Jugoslava (1945 – 1991), ex Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (1919), la Bosnia – Erzegovina ha dichiarato la propria indipendenza nel 1992,  a seguito dei risultati del referendum del mese di  marzo. Il 6 aprile, l’allora CEE e gli USA riconobbero la Bosnia; il 22 maggio questa divenne membro delle Nazioni Unite. Il conflitto (1992-1995) scoppiato tra le diverse etnie (croata, bosniacco - musulmana, serba) con stragi, stupri e deportazioni, in uno scenario di pulizia etnica culminato nel luglio del 1995 nel massacro di Srebrenica, costato la vita a circa 8.000 civili bosniaci, è terminato in seguito all’intervento dell’ONU e delle forze della NATO. Gli Accordi di Dayton del 21 novembre 1995  che hanno posto fine alla guerra, hanno definito anche il nuovo assetto istituzionale del Paese (vedi infra).

 

 

 

CARICHE DELLO STATO

 

In Bosnia-Erzegovina vi sono due livelli di amministrazione: una superiore, seppure debole, che riguarda lo Stato centrale ovvero la Repubblica di Bosnia-Erzegovina – BiH, e una inferiore, di fatto più forte, che riguarda le cosiddette Entità che sono: la Federazione di Bosnia Erzegovina e la Repubblica Sprska. Ciascuna Entità ha la propria Costituzione e i propri organismi statuali.

Giova ricordare altresì che la più alta autorità civile del Paese è costituita dall’Alto Rappresentante in Bosnia-Erzegovina (vedi infra) il cui ruolo si è però gradualmente  indebolito a causa anche dei continui attacchi da parte autorità politiche del Paese.

L’Alto Rappresentante è altresì Rappresentante Speciale dell’UE in Bosnia-Erzegovina. Il mandato di Rappresentante Speciale dell’UE trova il suo fondamento nella politica UE rispetto alla Bosnia Erzegovina, che prevede in particolare l’obiettivo di promuovere l’attuazione dell’Accordo di Dayton e del  Processo di Stabilizzazione e Associazione per portare il paese nell’UE. Il Rappresentante Speciale dell’UE presenta i suoi rapporti al Consiglio dei ministri dell’Unione europea, attraverso l’Alto  Rappresentante Ue per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza.

 


 

 

Alto Rappresentante nonché Rappresentante Speciale dell’UE in Bosnia-Erzegovina

 

 

Valentin INZKO (austriaco) (dal marzo 2009)

 

Bosnia-Erzegovina (BiH)

Presidenza tripartita a turno (a rotazione ogni otto mesi)

eletti alle presidenziali 2006

Željko Komšić, dal 6 luglio 2009, attualmente in carica (croato, SDP, Partito Social Democratico);

Nebojša Radmanović (serbo, SNSD Alleanza dei Social Democratici Indipendenti);

Haris Silajdžić(bosniacco, Partito per la Bosnia Erzegovina SBIH)

Presidente della Camera dei Rappresentanti

(2006-2010)

Milorad Zivkovic (da settembre 2009 a maggio 2010)

La presidenza ruota ogni 8 mesi nel corso della legislatura; Milorad Zivkovic (serbo) è stato preceduto da Beriz Belkic (bosniacco) e da Niko Lozancic (croato)

Presidente della Camera dei Popoli

(2006-2010)

Sulejman Tihic (bosniacco, SDA)dal 13 novembre 2009 al 13 luglio 2010

La presidenza ruota ogni 8 mesi nel corso della legislatura; oltre a Tihic, della Presidenza fanno parte Ilija Filipovic (croato) e Dušanka Majkić (serba, eletta nel febbraio 2009 in sostituzione di Mladen Ivanic).

Presidente del Consiglio

NIKOLA SPIRIC dal 2006 (serbo, Alleanza dei Social Democratici Indipendenti SNSD)

Ministro degli Esteri

Sven Alkalaj (bosniacco)dal febbraio 2007 (SBIH)

 

 

 

SCADENZE ELETTORALI

Presidenziali

2010

Politiche

ottobre 2010

 

Federazione di Bosnia-Erzegovina (FBiH)

(Entità croata e bosniacco-musulmana)

Presidente

Borjana KrišTo(croata HDZ)

Primo Ministro

MUSTAFA MUJEZINOVIC (bosniacco SDA) da giugno 2009

Camera dei Rappresentanti (140 membri)

Camera dei Popoli (80 membri)

 

SAFET SOFTIĆ (bosniacco)

 

 

STJEPAN KREŠIĆ (croato)

 

 

Repubblica Srpska (RS)

(Entità serba)

Presidente

RAJKO KUZMANOVIC (SNSD) dal dicembre 2007

Primo Ministro

MILORAD DODIK (SNSD)

 

Presidente

Assemblea nazionale

(monocamerale, 83 membri, per 4 anni)

si segnala che in seno ad essa, a seguito di una riforma costituzionale del 2002, è stato insediato un Consiglio dei popoli di 28 membri eletti dal corpo elettorale per 4 anni in rappresentanza delle principali etnie ovvero: 8 croati, 8 serbi, 8 bosniacchi, 1 montenegrino, 1 ucraino, 1 sloveno, 1 ebreo. Leggi e regolamenti che riguardano gli interessi delle etnie devono essere approvati anche da tale organo.

iGOR RADOJICIC (SNSD)

 

 

 

 

 

QUADRO POLITICO

 

 

Governo in carica

Nel dicembre 2007 è stato di nuovo affidato a Nikola Spiric (serbo, del Partito nazionalista moderato serbo SNSD) l’incarico di guidare il governo centrale del paese. Si tratta di un governo di coalizione tra due partiti bosniacchi SDA e SBiH, due serbi SNSD e SDP, due croati HDZ-HNZ e HZ1990 e il partito multietnico People’s Party. Spiric si era dimesso nel novembre 2007 in seguito ad una profonda crisi politico-istituzionale, scatenata dalle riforme dell'allora Alto Rappresentante, Miroslav Lajcak. Le  misure, che puntavano a snellire i processi decisionali, sono state percepite dalla leadership serbo-bosniaca come una minaccia per l'esistenza dell'entità serba[51]. La crisi istituzionale, che si preannunciava grave, è rientrata, grazie all'intervento dell'UE e al raggiungimento dell'intesa tra Lajcak e il serbo-bosniaco Dodik, Capo del Governo della Repubblica Srpska. Le riforme sono state quindi accettate con qualche modifica minore.

Il nuovo esecutivo, che vede riconfermati i ministri del precedente, ha ottenuto la fiducia del Parlamento il 20 febbraio 2008.

Nella fattispecie con Decisione del 19 ottobre 2007 l’Alto Rappresentante, in virtù dei poteri a lui conferiti, ha avanzato proposte di modifica dei meccanismi decisionali del Governo bosniaco. Esse prevedono, tra le altre, che, al fine di garantire la tenuta delle riunioni del Consiglio dei Ministri, in caso di assenza temporanea del Presidente spetti ad un Vice Presidente la facoltà di convocare tale organo; inoltre stabiliscono che la riunione abbia comunque luogo qualora sia presente la maggioranza dei componenti (per evitare che il lavoro del CdM sia bloccato a causa dell’assenteismo dei componenti di un popolo costituente). In merito al processo decisionale, si distinguono le questioni rispetto alle quali la decisione finale spetta al Parlamento: in questo caso la decisione deve essere presa in seno al CdM dalla maggioranza dei presenti e non più dalla maggioranza dei componenti; e quelle rispetto alle quali il CdM decide in ultima istanza: in questo caso, le decisioni sono assunte all’unanimità dei membri presenti e votanti (e non, quindi, dei componenti).

La riforma di Lajcak era vista – come già evidenziato – dai serbi come un tentativo di ridurre l’influenza e i diritti della Repubblica Srpska; essi temevano che la riforma avrebbe rotto il delicato equilibrio fra le rappresentanze dei tre popoli costituenti, permettendo a rappresentanti di due popoli di mettere sistematicamente in minoranza i rappresentanti del terzo. L’Alto Rappresentante il 3 dicembre 2007 ha ufficialmente presentato una interpretazione autentica della precedente decisione, dove si chiarisce che le modifiche non incidono sulla composizione del CdM e sulla equa rappresentanza dei popoli costituenti di Bosnia Erzegovina, ma che mirano ad assicurarsi che nessuno dei membri del CdM possa bloccare il lavoro dell’organo per assenze non giustificate, garantendo la capacità decisionale[52].

 

Composizione della Camera dei Rappresentanti (Predstavnicki Dom)

Elezioni ottobre 2006

 

Political Group

Total of seats

Federation B. & H.

Republika Srpska

Party of Democratic Action (SDA)

9

8

1

Party for Bosnia-Herzegovina (SBiH)

8

7

1

Party of Independent Social Democrats (SNSD)

7

0

7

Social Democratic Party of Bosnia and Herzegovina (SDP)

5

5

0

Serb Democratic Party (SDS)

3

0

3

Croatian Democratic Union-Croatian National Union (HDZ-HNZ)

3

3

0

Croatians Together (HDZ 1990)

2

2

0

Party of Democratic Progress (PDP)

1

0

1

Patriotic Party (BPS Sefer Halilovic)

1

1

0

People's Party Working for Prosperity (NS)

1

1

0

Democratic People's Community

1

1

0

Democratic People's Alliance (DNS)

1

0

1

TOTALE

42

 

 

 

Composizione della Camera dei Popoli (Dom Naroda)

Rinnovo 2007

 

Repubblica Sprska

5 in rappresentanza dei serbo-bosniaci

designati dall’Assemblea Nazionale

Federazione di Bosnia-Erzegovina

5 in rappresentanza dei croato-bosniaci designati dalla Camera dei Popoli

Federazione di Bosnia-Erzegovina

5 in rappresentanza dei musulmano-bosniaci

designati dalla Camera dei Popoli

TOTALE

15

 

 

QUADRO ISTITUZIONALE DELLA BIH

 

 

SISTEMA POLITICO

Gli Accordi di Dayton del 21 novembre 1995 hanno sancito l’integrità e la sovranità della Bosnia-Erzegovina creando “artificiosamente” uno Stato centrale “Repubblica di Bosnia-Erzegovina”, che dovrebbe rappresentare il momento di sintesi delle due Entità in cui è diviso il territorio:

·         la Federazione di Bosnia-Erzegovina, croato–bosniacco/musulmana (51% del territorio e costituita da 10 cantoni),

·         la Repubblica Srpska, serba (49% del territorio e formata da 63 comuni).

Con gli stessi Accordi è entrata in vigore la Costituzione della Bosnia Erzegovina, che è parte integrante degli Accordi di Dayton (Annesso IV). La Costituzione di Dayton risponde all’esigenza di garantire la sicurezza delle tre parti o etnie  definite dalla Costituzione “popoli costituenti” (bosniacchi e croati della Federazione di Bosnia Erzegovina, e i serbi della Republika Srpska) e di soddisfarne le rivendicazioni di potere. L’assetto istituzionale, artificioso e complesso, è caratterizzato da una elevata decentralizzazione e da una divisione su base etnica di pressoché tutte le istituzioni dello Stato centrale. Le istituzioni “statali” centrali della BiH sono: una Presidenza tripartita; un Parlamento composto da una Camera dei Rappresentanti e da una Camera dei Popoli; un Consiglio dei Ministri; una Corte Costituzionale ed una Banca Centrale. La Presidenza tripartita è composta da tre membri, esponenti dei tre gruppi etnici maggioritari, che ricoprono la carica di Presidente a rotazione ogni 8 mesi. Rientrano nella competenza delle istituzioni centrali della Bosnia-Erzegovina la politica estera, doganale e monetaria, la politica migratoria (ivi compresi rifugiati e asilo politico), la realizzazione e gestione di strutture di comunicazione comuni e internazionali e il controllo del traffico aereo. Nel settore della difesa è prevista invece una competenza propria delle due Entità, che dovranno tuttavia essere dotate di forze militari bilanciate.

Di fatto, le debolissime istituzioni centrali non riescono a trasmettere un senso di unità al Paese e a portare al superamento delle due entità così come dimostrato anche dalla mancata approvazione della riforme costituzionali nel 2006.

Peraltro, la classe politica locale perpetua e alimenta le divisioni etnico-religiose che le permettono di restare al potere, e ostacola le riforme sfruttando la debolezza del governo centrale.

L’assetto istituzionale delle due singole Entità è stabilito dalle rispettive Costituzioni, che prevedono per entrambe un Presidente e due Vice Presidenti, un Parlamento (bicamerale per la Federazione e monocamerale per la Repubblica Sprska) ed un Governo.

Per quanto riguarda il Distretto di Brcko, situato nel Nord del Paese al confine con la Croazia, questo beneficia, ai sensi dell’Arbitrato interno del 1999, di un elevato grado di autonomia rispetto al resto del Paese anche sotto il profilo economico e fiscale. Il Distretto è stato ufficialmente stabilito l’8 marzo 2000[53].

Gli Accordi di Dayton hanno anche previsto l’invio di una iniziale forza multilaterale di 60.000 uomini, l’IFOR (Implementation Force), nel 1996 divenuta SFOR (Stabilization Force), guidate dalla NATO, cui è subentrata il 2 dicembre 2004 la missione europea EUFOR (oggi 2.200 uomini) impegnata nell’operazione ALTHEA.

Sempre in base agli Accordi è stata istituita la figura dell’Alto Rappresentante per la Bosnia - Erzegovina al quale sono attribuiti compiti di monitoraggio e supervisione dell’applicazione dell’Annesso 10 degli Accordi di Dayton (Aspetti civili), nonché poteri, c.d. poteri di Bonn, di imposizione di provvedimenti legislativi e di rimozione di pubblici funzionari (compresi Presidenti, primi ministri, giudici e sindaci) che ostacolino l’attuazione del processo di pace. La nomina dell’Alto Rappresentante è effettuata dallo “Steering Board” del “Peace Implementation Council - PIC”, un organo composto da 55 Stati ed organizzazioni internazionali  (di cui l’Italia è membro permanente) ed approvata ufficialmente dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L’Alto Rappresentante è al contempo Rappresentante Speciale dell’Unione Europea per la Bosnia – Erzegovina, e lavora con la popolazione, le istituzioni statali e la comunità internazionale per assicurare il pacifico processo di democratizzazione del Paese e la futura integrazione nelle strutture euroatlantiche. L’attuale Alto Rappresentante è l’austriaco Valentin Inzko che ha assunto la carica dall’aprile 2009.

PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA

La Presidenza della Repubblica è esercitata a rotazione con turni di otto mesi dai tre Presidenti, uno per ogni etnia, eletti direttamente dal corpo elettorale ogni quattro anni. Qualora venga meno uno dei membri della Presidenza, la Camera dei Rappresentanti provvede ad eleggere il sostituto. Alla Presidenza fa capo la politica estera; essa nomina inoltre gli Ambasciatori e il Presidente del Consiglio dei Ministri centrale.

PARLAMENTO[54]

La Bosnia-Erzegovina ha un parlamento bicamerale: la Camera dei Rappresentanti (Predstavnicki Dom), composta da 42 seggi, e la Camera dei Popoli (Dom Naroda), composta da 15 seggi.

I deputati della Camera dei Rappresentanti provengono in misura di due terzi (28 membri) dalla Federazione croato-bosniaca, mentre i restanti 14 dalla Repubblica Sprska, e sono eletti a suffragio diretto ogni quattro anni con sistema proporzionale.

I 15 membri della Camera dei Popoli sono indirettamente eletti ogni quattro anni. L'Assemblea Nazionale della Repubblica Sprska elegge i 5 membri in rappresentanza della comunità serba, mentre l'Assemblea dei Popoli della Federazione croato-bosniaca ne designa 5 per ciascuna delle due etnìe (croata e bosniaca).

I disegni di legge devono essere approvati da entrambi i rami del Parlamento.

 

 

GOVERNO

La guida del Governo centrale è affidata al Presidente del Consiglio dei Ministri, la cui nomina spetta alla Presidenza e deve essere approvata dalla Camera dei Rappresentanti. Il Governo centrale deve avere lo stesso numero di ministri croati, serbi e bosniacchi.

 

 

POLITICA INTERNA

 

La Bosnia ed Erzegovina (BiH) vive una prolungata fase di stasi politica. Permangono difficoltà strutturali economiche e finanziarie, associate ad una riduzione degli aiuti internazionali, unitamente ai conflitti sociali e le rivalità interetniche che restano accesi; la criminalità organizzata (in particolare il traffico d’armi) rappresenta tuttora uno dei problemi principali; la diffusa corruzione intacca la fiducia dei cittadini nella classe politica del Paese.

Dopo il rafforzamento delle forze nazionaliste in ciascuna componente etnica del Paese scaturito dalle elezioni politiche del 1° ottobre 2006 (rinnovo di Presidenza tripartita, Assemblee delle due Entità, deputati delle Camere dei Cantoni), il paese ha vissuto momenti difficili per le crescenti difficoltà di dialogo tra le varie componenti etniche e tra i principali partiti politici. A farne le spese è il processo di avvicinamento all’Unione Europea che, nonostante la firma dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione (ASA) con l’UE, avvenuta il 16 giugno 2008, stenta a decollare. Sebbene la prossima scadenza elettorale (rinnovo del Parlamento bosniaco) sia solo nell’ottobre 2010, il clima politico registra accesi toni da campagna elettorale.

Al centro dell’attenzione vi è il dibattito sui futuri assetti internazionali in Bosnia. Il Peace Implemention Council-Steering Board (PIC-SB), infatti, ha deciso – in linea di principio - di chiudere l’Ufficio dell’Alto Rappresentante (OHR), peraltro tale decisione è stata più volte annunciata anche in passato, per passare ad un nuovo assetto delle presenza internazionali nel Paese incentrato su un ruolo rafforzato della UE (RSUE con mandato rafforzato), coerentemente con la prospettiva europea del Paese.

La chiusura dell’OHR e la collegata transizione verso una gestione UE rafforzata è soggetta al conseguimento di cinque obiettivi: a) soluzione della questione della separazione delle proprietà tra Stato centrale e Entità; b) soluzione del problema delle proprietà della Difesa; c) conclusione della agenda di Brcko; d) definizione delle questioni pendenti relative alla ristrutturazione del sistema fiscale; e) consolidamento dello Stato di diritto (approvazione di norme relative ai crimini di guerra, agli stranieri ed al diritto d’asilo, alla riforma della giustizia); e al soddisfacimento di due condizioni: 1) firma dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione con l’UE e 2) positiva valutazione della situazione in Bosnia basata sulle prescrizioni di Dayton. La prima condizione è stato raggiunta con al firma dell’ASA il 16 giugno 2008. Rimane da raggiungere l’obiettivo relativo alla divisione delle proprietà pubbliche (cui e' legata quella della proprietà dei beni immobili della Difesa). L’OHR ha completato la raccolta tutti i dati di inventario necessari (l’Italia ha contribuito finanziariamente all’operazione) per l’annesso ad un eventuale accordo tra le forze politiche che tuttavia stenta a maturare. Da ultimo il 18 dicembre 2009 i leader dei partiti SNSD Dodik e HDZ BiH Covic hanno dichiarato di aver trovato un’intesa in base alla quale la proprietà venga attribuita su base funzionale allo Stato e in via residuale alle Entità e ai Cantoni.

Ma il vero nodo politico è la riforma costituzionale. Sulla questione si confrontano due opposte visioni del futuro della BiH: da una parte, il bosniacco Silajdzic vorrebbe erodere i poteri della Republika Srpska nell’ambito di un progetto di centralizzazione dello Stato; dall’altra, il serbo Dodik mira al mantenimento degli assetti di Dayton e se possibile ad una forzatura interpretativa che favorisca il trasferimento di competenze alla Republika Srpska[55]. Lo stesso campo interno bosniacco è diviso però tra le posizioni del partito di maggiormente rappresentativo dell’etnia, SDA di Tihic, e lo SBiH di Silajdzic.

Nell’ottobre 2009 per superare l’impasse politica e anche per abbassare la tensione intorno all’Alto Rappresentante,  USA e UE hanno deciso di promuovere un pacchetto minimo di riforme “Processo di Butmir[56]” che possa permettere alla Bosnia Erzegovina di migliorare la propria efficacia in risposta alle sfide poste dai processi di integrazione europea ed atlantica. Nonostante tale sforzo congiunto, non è stato possibile fino ad ora coagulare il consenso dei diversi leaders politici bosniaci sul “pacchetto”; e l’avvio della campagna elettorale in vista delle consultazioni politiche dell’autunno 2010 riduce ulteriormente i margini per eventuali positivi sviluppi a breve scadenza[57].


Relazioni parlamentari tra Italia e i paesi dei Balcani occidentali

(a cura del Servizio Rapporti internazionali)

 


 

 

RAPPORTI PARLAMENTARI CON IL KOSOVO

 

 

 

RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE

 

Ambasciatore d’Italia a Pristina

 

Ambasciatore del Kosovo in Italia

Incaricato d'Affari con Lettere Credenziali, GIFFONI MICHAEL LOUIS

Incaricato d’Affari con Lettere Credenziali, ALBERT PRENKAJ, (dal 7 novembre 2008)

PARLAMENTO

Presidente dell’Assemblea

Jakup KRASNIQI

 

XVI LEGISLATURA

 

Incontri delle Commissioni

In preparazione della missione della Commissione affari esteri nei Balcani occidentali dal 1 al 3 marzo 2010, il 17 febbraio 2010 si è svolta, presso la medesima Commissione, l’audizione del Sottosegretario Mantica sulla situazione dei Balcani Occidentali. In riferimento alla situazione in Kosovo è stato evidenziato come alle recenti elezioni amministrative abbia partecipato anche la minoranza serba, pur permanendo una situazione critica con la Serbia, che ha modificato i distretti di tribunale, nominando giudici anche a Mitrovica, nel Nord del Kosovo.

Il 22 settembre 2009 ha avuto luogo un incontro tra il Presidente della Commissione Affari Esteri, onorevole Stefani, e l’Incaricato d’Affari della Repubblica del Kosovo, Albert Prenkaj. I due interlocutori si sono soffermati sulle ragioni dell’indipendenza, sulla struttura istituzionale attuale e ruolo degli organismi internazionali, la missione Eulex e i rapporti con la Serbia. L’Incaricato d’Affari ha segnalato che l'ambasciata del Kosovo è attiva dal 3 novembre 2008 e che l'attività principale è rivolta alla ricerca di riconoscimento dello Stato del Kosovo come indipendente e sovrano.

Si segnala che il 4 giugno 2008 presso la Commissione esteri sono stati resi noti i risultati della missione a Bruxelles (26-27 maggio 2008) in occasione della Riunione interparlamentare sui Balcani occidentali a cui hanno partecipato, in rappresentanza della Camera, Fiamma Nirenstein (PdL) e Mario Barbi (PD); al centro dei lavori della Riunione si è collocato il nodo kosovaro.

 

Altri incontri

Il 30 settembre 2009 il Presidente della Delegazione parlamentare dell’OSCE on. Riccardo Migliori, ha incontrato l'Incaricato d'Affari della Repubblica del Kosovo, Albert Prenkaj.

 

Sedi multilaterali

LA CONFERENZA DI TIRANA. Si segnala che il Parlamento albanese dal 7 all’8 dicembre 2009 ha organizzato una conferenza sul tema “Rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza per un piu’ rapido ingresso in Unione Europea dell’Europa Sud Orientale”. La Camera dei deputati è stata rappresentata da Renato Farina (PdL).

Alla Conferenza sono stati invitati parlamentari di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Kosovo, Macedonia, Moldavia, Montenegro, Romania e Serbia, nonché rappresentanti di Austria, Grecia, Italia, Turchia, Unione Europea e Stati Uniti[58]. L’evento intendeva creare l’occasione per promuovere programmi regionali comuni, studiare ulteriori misure legislative ed incentivare i Governi ad intensificare la collaborazione in materia di sicurezza dei confini, lotta al crimine organizzato, terrorismo, traffico internazionale ed altre forme di criminalità transnazionale. La parte albanese ha proposto altresì l’istituzione di una nuova Assemblea parlamentare dell’Europa Sudorientale, composta da delegazioni dei Parlamenti dei Paesi dell’area (a tale proposta non è stato dato ulteriore sviluppo a seguito della mancanza del quorum di delegazioni necessario per l’approvazione).

 

Attività parlamentare

DISEGNI DI LEGGE

AS 2002/AC 3097 (approvato il 9 febbraio 2010 dalla Camera; approvato dal Senato, con modificazioni, il 25 febbraio; ritrasmesso alla Camera A.C. 3097-B).

"Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° gennaio 2010, n. 1, recante disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processsi di pace e di stabilizzazione, nonche' delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e disposizioni urgenti per l'attivazione del Servizio europeo per l'azione esterna e per l'Amministrazione della Difesa"

·         Al capo I, art.2, comma 2, è autorizzata, a decorrere dal 1º gennaio 2010 e fino al 30 giugno 2010, la spesa di euro 500.000 per la partecipazione italiana al Fondo fiduciario della NATO destinato al rafforzamento della gestione autonoma della sicurezza in Kosovo.

·         Al capo II, art. 5, comma 3 è autorizzata, a decorrere dal 1 gennaio 2010 e fino al 30 giugno 2010, la spesa di euro 70.756.756 per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni nei Balcani, tra cui:

·         Multinational Specialized Unit (MSU), European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX Kosovo), Security Force Training Plan in Kosovo;

·         al comma 19 è autorizzata, per lo stesso periodo, la spesa di euro 851.070 per la proroga della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione denominata European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX Kosovo) e di euro 30.700 per la proroga della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione denominata United Nations Mission in Kosovo (UNMIK),

·         al comma 24 è autorizzata, a decorrere dal 1 gennaio 2010 e fino al 30 giugno 2010, la spesa di euro 444.400 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione denominata European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX Kosovo),

·         al comma 26 è autorizzata, a decorrere dal 1 gennaio 2010 e fino al 30 giugno 2010, la spesa di euro 220.700 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alle unità di coordinamento interforze denominate Joint Multimodal Operational Units (JMOUs) costituite in Afghanistan e negli Emirati Arabi Uniti, di cui all'articolo 2, comma 24, del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197 e di euro 68.644 per la partecipazione alla JMOU costituita in Kosovo.

·         Al comma 27 è autorizzata, a decorrere dal 1 gennaio 2010 e fino al 30 giugno 2010, la spesa di euro 265.861 per la proroga della partecipazione di sei magistrati collocati fuori ruolo, personale del Corpo della polizia penitenziaria e personale amministrativo del Ministero della giustizia alla missione denominata European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX Kosovo), di cui di cui all'articolo 2, comma

 

ATTI DI INDIRIZZO E CONTROLLO

Si segnala l’interrogazione a risposta immediata in Commissione 5-02144 presentata dall’on. Stefano Stefani il 24 novembre 2009, sulla protezione internazionale dei luoghi sacri ortodossi in Kosovo e alla quale il governo ha risposto il 25 novembre 2009.

Nella risposta data il Governo ha evidenziato gli ultimi, positivi sviluppi del quadro politico e di sicurezza nella regione. La demarcazione delle frontiere kosovaro-macedoni e la conclusione dell'accordo Serbia EULEX, hanno contribuito ad un allentamento della tensione in Kosovo. Sotto il profilo della sicurezza, è stata segnalata l’importanza dell'istituzione delle forze di sicurezza kosovare, la cui capacità operativa iniziale è stata raggiunta nel settembre scorso, in conformità di una graduale riconfigurazione di KFOR in una presenza cosiddetta «di deterrenza». I comandi militari della NATO hanno avviato la prima fase (Transition Gate One) del piano che porterà ad una graduale riduzione di KFOR nel corso del 2010 fino al raggiungimento del livello di presenza minima della missione militare della NATO nel Paese.

Il Governo ha però ribadito che la graduale riduzione dell'impegno italiano e della comunità internazionale procede di pari passo con la stabilizzazione delle condizioni politiche generali e di sicurezza, e che verranno comunque monitorati con la massima attenzione gli sviluppi sul terreno. È un impegno che il Governo ha confermato anche in occasione del Vertice Italia-Serbia (13 novembre 2009) ribadendo l'intenzione di continuare a conferire massima attenzione - in coordinamento con gli alleati e i partner che contribuiscono alla missione KFOR - al mantenimento della sicurezza nelle aree a maggioranza serba e dove sono ubicati i siti religiosi.

Giova segnalare altresì l’interpellanza 2-00138 presentata al Senato da Mauro del Vecchio (PD)  il 26 novembre 2009 il cui iter è ancora in corso; nel testo si fa riferimento alla presenza della KFOR e al suo interno di un contingente italiano che, nel settore di competenza, ha contribuito a salvaguardare i principali luoghi di culto della regione, quali il monastero di Decani e il patriarcato di Pec, e, soprattutto, ha garantito la protezione della comunità serba di Gorazdevac; evidenziando che:

·         la situazione in Kosovo non può ad avviso degli interpellanti considerarsi normalizzata, in quanto la sicurezza della minoranza serba e delle chiese serbo-ortodosse nell'area di competenza del contingente italiano dipendono, come più volte ribadito anche dai più importanti rappresentanti di quella comunità, dalla presenza dei militari italiani;

·         il Primo ministro serbo Tadic, in occasione della recente visita in Italia, ha ribadito l'importanza della forza multinazionale per la sicurezza della comunità serba;

·         a giudizio degli interpellanti un eventuale ritiro del contingente italiano dovrebbe essere dettato da un'approfondita valutazione politica sulla situazione dell'area e non da ragioni di bilancio e, soprattutto, essere concertato nelle opportune sedi multilaterali,

si chiede di sapere:

·         se rispondano a verità le notizie circolanti relative ad un progressivo disimpegno del contingente italiano dal Kosovo, che si avvierebbe, entro circa un anno, al termine della propria missione;

·         in caso affermativo, come si ritenga possibile garantire l'incolumità della comunità serba nelle enclave nonché l'integrità dei luoghi di culto serbo-ortodossi che, al ritiro del contingente italiano, sarebbero, molto probabilmente, oggetto di attacchi;

·         se i Ministri in indirizzo non ritengano opportuno informare il Parlamento in merito ad una problematica, quale la salvaguardia dei diritti delle minoranze nei Balcani ed in particolare nel Kosovo, che ha sempre visto l'Italia pienamente coinvolta ed attiva.

 

In merito si segnala l’Ordine del Giorno 9/3016/1 presentato dall’onorevole Franco Gidoni il 17 dicembre 2009 e accolto dal governo il quale con riferimento alla riduzione della presenza NATO in Kosovo (missione KFOR) e di conseguenza delle forze italiane assegnate a KFOR impegna il Governo ad assicurare ogni impegno ed iniziativa nazionale, nel quadro della missione KFOR, per la tutela dei siti storici religiosi serbi in Kosovo, prevedendo una pianificazione della riduzione della nostra presenza nella regione e la conseguente ridislocazione delle truppe che non pregiudichi la sicurezza dei siti e delle comunità coinvolte.

 

Il 22 gennaio 2009 la Commissione esteri ha approvato la Risoluzione n. 7-00107 presentata dall’on. Stefani Stefano nella quale, tra l’altro, si impegna il governo a  contribuire al buon esito della missione EULEX in Kosovo.

Si segnala inoltre che il 21 luglio 2009 la Commissione esteri ha approvato la risoluzione n. 7-00194 presentata dall’on. Stefani Stefano e riformulata in 8-00049 nella quale si fa riferimento, tra l’altro, all'impegno rivolto ad assicurare adeguato sostegno economico al Kosovo; nel testo si impegna quindi il Governo, tra l’altro, ad operare attivamente in tutte le sedi internazionali affinché l'Unione europea non venga meno agli impegni presi per l'integrazione di tutti i Paesi dei Balcani occidentali, a partire dai Paesi già candidati all'adesione.

 

 

legislature precedenti

Si segnala che nel corso della precedente legislatura, la XV,  vi sono state due missioni della Commissione affari esteri in Kosovo nel dicembre 2007 e nell’ottobre 2006. Nel corso delle missioni vi sono stati incontri con i rappresentati delle istituzioni kosovare, con rappresentanti della minoranza serba e con l’allora Speciale Rappresentante del Segretario Generale in Kosovo.

Nel novembre 2006 l’allora Presidente della Commissione Affari esteri, on. Umberto Ranieri, ha incontrato il Primo Ministro del Kosovo Agim Ceku. Successivamente, nel marzo 2007 l’on. Umberto Ranieri, ha incontrato il Presidente dell'Assemblea del Kosovo, Kole Berisha, accompagnato da una delegazione.

Per quanto concerne la XIV legislatura, giova ricordare che nel febbraio 2004 l’allora Presidente della Camera, on. Pier Ferdinando Casini, aveva ricevuto il Primo Ministro del Kosovo, Bajram Rexhepi.

Inoltre, nell’ aprile 2004 il Presidente e il Vice Presidente della Commissione Affari Esteri, onn. Gustavo Selva e Umberto Ranieri, avevano effettuato una visita in Serbia e Montenegro e in Kosovo. In Kosovo i due parlamentari avevano incontrato il Presidente Rugova ed il Primo Ministro Bajram Rexhepi.

Una delegazione della Commissione Difesa si era recata in visita dal 10 al 11 dicembre 2001 presso il contingente italiano impegnato in Kosovo. Oltre al Presidente On. Luigi Ramponi, avevano partecipato alla missione gli onn. Ciro Alfano, Franco Angioni, Federico Bricolo e Giuseppe Cossiga.


 

 

RAPPORTI PARLAMENTARI CON LA EX REPUBBLICA JUGOSLAVA DI MACEDONIA (FYROM)

 

 

 

Ambasciatore d’Italia a Skopje

Ambasciatore dell’Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia a Roma

Donatino MARCON (dal 2006)

Velibor ATANASOVSKI TOPALOSKI (dal 14 dicembre 2009)

 

Presidente dell’Assemblea della Repubblica

Trajko VELJANOSKI (VMRO-DPMNE[59])
(dal
giugno 2008)

 

XVI Legislatura

 

Si ricorda che i ministri dell'interno dell'Unione europea hanno formalmente accettato, il 30 novembre 2009, di eliminare, dal 19 dicembre 2009, l'obbligo di visto imposto ai cittadini della Ex Repubblica jugoslava di Macedonia, della Serbia e del Montenegro per entrare nello spazio Schengen.

 

Corrispondenza

Il 18 novembre 2009 il Presidente dell’Assemblea della Repubblica macedone, Trajko Veljanoski ha inviato al Presidente Fini una lettera nella quale si chiede il supporto italiano ai fini dell’avvio dei negoziati di adesione del suo Paese all’UE. 

Il 14 agosto 2008, il Presidente dell’Assemblea della Repubblica macedone, Trajko Veljanoski, ha inviato al Presidente Fini una lettera sulle condizioni degli appartenenti alla minoranza macedone nella Repubblica ellenica e sulla posizione assunta a questo riguardo dalla Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI), nella quale si annuncia inoltre l’adozione di una risoluzione da parte della neoeletta Assemblea macedone su tale problema. Successivamente, il 29 agosto, il Presidente Veljanoski ha inoltrato una seconda missiva al Presidente della Camera, alla quale è allegata la menzionata risoluzione, adottata il 27 agosto 2008 dal Parlamento macedone, riguardante le discriminazioni subìte in Grecia da questa minoranza durante la Seconda guerra mondiale e la guerra civile. Tali documenti sono stati trasmessi, per opportuna informazione, agli uffici della Commissione Affari esteri.

 

Incontri bilaterali

Il 22 maggio 2009 il Presidente della Camera Fini ha incontrato il Presidente della FYROM, Gjorgje Ivanov. I due interlocutori hanno parlato del processo di integrazione euro-atlantica della Macedonia e, in tale quadro, del contenzioso con la Grecia per la questione del nome della repubblica balcanica la cui soluzione, secondo Ivanov, dovrebbe trovare il consenso popolare. Nel corso del colloquio, da parte del Presidente Fini è stata ribadita l’opportunità di promuovere l’adesione dei Balcani all’Unione europea mentre il Presidente Ivanov ha messo in evidenza le difficoltà di una veloce soluzione della questione del nome (rispetto alla quale ha chiesto al Presidente greco di organizzare un vertice bilaterale).

Il 28 aprile 2009 una delegazione di parlamentari macedoni, guidata dal Vice Presidente del Parlamento, Rafis Aljiti, ha incontrato il  Vice Presidente della Camera dei deputati, Antonio Leone. Nel corso dell’incontro il Vicepresidente macedone, dopo aver espresso le sue condoglianze per i morti causati dal terremoto in Abruzzo (tra cui anche cittadini macedoni), ha evidenziato la necessità di promuovere la realizzazione del Corridoio VIII e di sostenere l’ingresso della Macedonia nell’UE. Ha quindi evidenziato il problema del nome con la Grecia pur auspicando una rapida soluzione al contenzioso che sta bloccando anche l’ingresso nella NATO. Ha infine ringraziato l’Italia per il supporto dato al suo paese.

Si ricorda che la delegazione aveva in precedenza incontrato i responsabili dell’Ufficio Stampa della Camera con i quali ha approfondito i profili relativi alla gestione del canale satellitare.

 

Incontri delle Commissioni

In preparazione della missione della Commissione affari esteri nei Balcani occidentali dal 1 al 3 marzo 2010, il 17 febbraio 2010 si è svolta, presso la medesima Commissione, l’audizione del Sottosegretario Mantica sulla situazione dei Balcani Occidentali. In riferimento alla FYROM, è stata evidenziata la questione del contenzioso con la Grecia sul nome “Macedonia”. L’Italia ha invitato anche il Ministro degli Esteri greco a risolvere tale problema . Il Sottosegretario ha ricordato, inoltre, come il 19 dicembre 2009 sia avvenuta la liberalizzazione dei visti.

 

Cooperazione multilaterale

La Macedonia invia proprie delegazioni alle Assemblee parlamentari del Consiglio d'Europa, della UEO (come partner associato assimilato), della NATO (come membro associato), dell'OSCE, dell'INCE.

Il Parlamento macedone è coinvolto, inoltre, nelle iniziative parlamentari legate al Corridoio VIII.  Si ricorda, in proposito, che il 4 e il 5 febbraio 2009 il Parlamento albanese ha ospitato l’incontro tra le Commissioni trasporti dei Parlamenti di Albania, Bulgaria, Macedonia e della Camera dei deputati italiana sul progetto del Corridoio VIII.

Per l’Italia era presente una delegazione della IX Commissione della Camera dei deputati, costituita dai deputati Costantino Boffa e Luigi Lazzari. Al termine dell’incontro interparlamentare è stata approvata una Dichiarazione Congiunta, volta a sollecitare l’avvio delle procedure per la realizzazione del corridoio, anche attraverso l’invio di una lettera da parte dei Presidenti dei Parlamenti coinvolti alle Istituzioni europee.

COSAP. Il Parlamento macedone prende parte alla “Conferenza delle Commissioni parlamentari per l’integrazione europea degli Stati che partecipano al Processo di Stabilizzazione e Associazione – COSAP[60]” la cui ultima riunione, la V, ha avuto luogo a Belgrado il 23 e 24 novembre 2009. La Camera è stata rappresentata dall’on. Alessandro Maran. Al termine della riunione è stata approvata una dichiarazione congiunta.

LA CONFERENZA DI TIRANA. Si segnala che una delegazione del Parlamento macedone ha partecipato alla riunione organizzata dal Parlamento albanese dal 7 all’8 dicembre 2009 sul tema “Rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza per un piu’ rapido ingresso in Unione Europea dell’Europa Sud Orientale”. La Camera dei deputati è stata rappresentata da Renato Farina (PdL).

Alla Conferenza sono stati invitati parlamentari di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Kosovo, Macedonia, Moldavia, Montenegro, Romania e Serbia, nonché rappresentanti di Austria, Grecia, Italia, Turchia, Unione Europea e Stati Uniti[61]. L’evento intendeva creare l’occasione per promuovere programmi regionali comuni, studiare ulteriori misure legislative ed incentivare i Governi ad intensificare la collaborazione in materia di sicurezza dei confini, lotta al crimine organizzato, terrorismo, traffico internazionale ed altre forme di criminalità transnazionale. La parte albanese ha proposto altresì l’istituzione di una nuova Assemblea parlamentare dell’Europa Sudorientale, composta da delegazioni dei Parlamenti dei Paesi dell’area (a tale proposta non è stato dato ulteriore sviluppo a seguito della mancanza del quorum di delegazioni necessario per l’approvazione).

 

 

Monitoraggio elettorale

 

Si segnala che l'on. Riccardo Migliori (PdL) ha partecipato alla missione di osservazione delle elezioni parlamentari del 1° giugno 2008, nell'ambito della delegazione dell'OSCE.

L’on. Claudio D’Amico (LNP) ha partecipato alla missione di osservazione delle elezioni presidenziali del 22 marzo 2009.

 

Cooperazione amministrativa

Il Parlamento macedone è stato coinvolto del “Progetto Balcani Occidentali“ curato dall’IPALMO e a cui ha collaborato l’Amministrazione della Camera dei deputati.Il progetto dal titolo: “Contributo alla modernizzazione e alla democratizzazione dei Parlamenti di Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Serbia e Montenegro”, è stato realizzato con finanziamenti del Ministero degli affari esteri, a valere sui fondi della legge n. 84 del 2001, recante “Disposizioni per la partecipazione italiana alla stabilizzazione, alla ricostruzione e allo sviluppo dei Paesi dell’area balcanica”. Il progetto era finalizzato alla formazione della rappresentanza parlamentare e della dirigenza amministrativa delleAssemblee di Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Montenegro e Serbia.

Nell’ambito del Progetto, dal 12 al 15 marzo 2008 si è svolta una missione a Skopje di un funzionario della Camera dei Deputati, per la fase di avvio del “Progetto Balcani Occidentali“ curato dall’IPALMO e a cui ha collaborato l’Amministrazione della Camera dei deputati. Successivamente dal 19 al 23 maggio 2008 funzionari della Camera hanno partecipato ad un incontro seminariale in Macedonia incentrato sull’analisi delle funzioni principali e dei processi decisionali dei Parlamenti, con particolare riferimento all’esperienza italiana. Il progetto si è concluso a Roma nella settimana dal 21 al 25 luglio 2008, con un seminario di formazione riservato ad un gruppo selezionato di deputati e di funzionari parlamentari.

A conclusione dei lavori, il 25 luglio 2008, si è svolta una tavola rotonda, coordinata dal Presidente della Camera, su “I Parlamenti nei processi di stabilizzazione ed integrazione europea e mediterranea” alla quale ha partecipato, in rappresentanza dell’Assemblea macedone, l’on. Liljana Popovska.

 

UIP (Unione Interparlamentare)

La sezione di amicizia Italia-Europa sud-orientale (Albania, Bosnia-Erzegovina, Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Serbia, Montenegro, Cipro e Bielorussia), è presieduta per la XVI legislatura dall'on. Claudio D'Amico (LNP).

 

Disegni di legge di ratifica di trattati internazionali all’esame del Parlamento

Non vi sono, allo stato attuale, ddl di ratifica riguardanti la Repubblica di Macedonia.

Si segnala la legge n. 197/09 del 29 dicembre 2009, “Conversione in legge del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, recante disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonchè delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia.

Al capo II, art. 2 comma 15, si autorizza per l’anno 2009 la spesa di 23.788 per la posa in opera a titolo gratuito, a cura del Ministero della difesa, di materiali di addestramento a favore delle Forze armate della ex Repubblica jugoslava di Macedonia.

Legge n. 98/09 del 10 luglio 2009, Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla Forza multinazionale di pace per l'Europa Sud-orientale, con cinque annessi, firmato a Skopje il 26 settembre 1998, del Protocollo aggiuntivo firmato ad Atene il 12 gennaio 1999, del secondo Protocollo aggiuntivo, con annessi, firmato a Bucarest il 30 novembre 1999, del terzo Protocollo aggiuntivo firmato ad Atene il 21 giugno 2000, del quarto Protocollo aggiuntivo, con allegati, firmato a Roma l'11 dicembre 2002.

Tale Accordo si colloca nell'ambito della politica governativa in materia di cooperazione con le strutture della difesa di altri Paesi. Esso si applica, con i relativi successivi quattro Protocolli aggiuntivi, ai Paesi firmatari (Albania, Bulgaria, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Grecia, Italia, Romania e Turchia; Croazia, Slovenia, Stati Uniti d'America, Ucraina e dall’ottobre 2009 Bosnia-Erzegovina ne fanno parte con lo status di osservatore); e impegna le citate Nazioni a contribuire, con la Forza multinazionale, alla sicurezza e alla stabilità della regione dell'Europa Sud-orientale nel contesto del Southern Europe Defence Ministerial (SEDM), del Consiglio del partenariato euroatlantico e nello spirito del Partenariato per la pace (PfP). 

 

ATTI DI INDIRIZZO E CONTROLLO

Il 21 luglio 2009 la Commissione Affari Esteri ha approvato all’unanimità la risoluzione Stefani e altri 7-00194 riformulata con il numero 8-00049 sull'integrazione europea dei Balcani occidentali. nella quale si impegna il Governo, tra l’altro, a promuovere il celere completamento del processo di liberalizzazione dei visti per i cittadini dell'Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Serbia e Montenegro, e ad incoraggiare Albania e Bosnia a proseguire nell'attuazione delle misure richieste nelle rispettive Road Map.

Il 28 ottobre 2009 la Commissione Trasporti e la Commissione attività produttive hanno approvato all’unanimità la risoluzione Boffa  n. 7-00139 riformulata con il numero 8-00052 sullo sviluppo del Corridoio VIII (Bari-Varna) (Italia, Albania, Repubblica di Macedonia e Bulgaria).

La risoluzione sottolinea, tra l’altro, la rilevanza politica del Corridoio VIII quale strumento per favorire l'ulteriore sviluppo dell'integrazione europea dei Paesi  balcanici; evidenziando altresì l'interesse del nostro Paese a sostenerne la realizzazione per incrementare i volumi di scambio con i paesi  dell'Europa sud-orientale; impegna il Governo, tra l’altro, a:

-                assicurare il pieno coinvolgimento dell'Italia nelle fasi di progettazione e realizzazione delle opere infrastrutturali lungo il Corridoio VIII;

-                a garantire il collegamento tra il Corridoio VIII e il Corridoio I delle Reti transeuropee di trasporto Berlino-Palermo;

-                a promuovere tutte le iniziative utili ad adottare un contesto giuridico che permetta nei confronti degli Stati del Corridoio VIII la riduzione o l'eliminazione delle barriere non materiali e la semplificazione delle procedure della documentazione, per quanto concerne in particolare l'attraversamento delle frontiere;

-                a reperire le risorse finanziarie necessarie per assicurare la prosecuzione dell'attività del Segretariato del Corridoio VIII.

 

XV LEGISLATURA

Per quanto concerne la precedente legislatura, si segnalano gli incontri dell’allora Presidente della Camera, Fausto Bertinotti con il Presidente del Parlamento della ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Ljiubisa Georgievski (maggio 2007)[62] e con il Presidente della Repubblica macedone, Branko Crvenkovski, (maggio 2006).

Le prospettive euro-atlantiche della Macedonia e dei Balcani, il rafforzamento delle relazioni bilaterali con l’Italia e la riattivazione dei progetti del Corridoio 8 sono stati i temi dell’incontro. Da parte macedone era stata poi sollecitata una presa di posizione del Parlamento italiano sulla questione del nome del paese (così come hanno fatto il Bundestag e la Camera dei Comuni). Su tale questione il Presidente Bertinotti ha ricordato che si è discusso alla Camera, ma si è voluto mantenere un equilibrio con le esigenze del quadro comunitario.

A livello di Commissioni, si ricorda, inoltre, che nel marzo 2007, l’allora Presidente della Commissione Affari esteri, Umberto Ranieri, ha ricevuto il Ministro degli esteri macedone, Antonio Milososki, insieme alla Presidente della Commissione Parlamentare per Affari Europei, Flora Kadriu.

Il Ministro degli esteri macedone ha, tra l’altro, sottolineato come il regime dei visti sia penalizzante per la società civile macedone: in pratica per un “visto Schengen” i cittadini sono costretti a pagare due volte, e ciò, ha sostenuto, a causa dell’atteggiamento greco. Ha poi ringraziato l’Italia per l’appoggio in sede NATO. Sugli equilibri nei Balcani, ha sostenuto che è importante incoraggiare le aspirazioni europee della Serbia. Ha quindi ringraziato l’Italia per l’uso del nome Macedonia nelle relazioni bilaterali. Milososki ha poi ricordato che in Macedonia sono impegnati esperti italiani per il miglioramento della legislazione in materia di lotta alla corruzione. La Macedonia ha ottimi rapporti con i propri vicini e conta molto sui lavori del Corridoio n.8. Infine, ha sostenuto che sulla questione del nome anche la Grecia, che rappresenta comunque il maggior investitore estero in Macedonia, sta cercando una soluzione diplomatica che salvi la dignità della parti in causa.


 

 

RAPPORTI PARLAMENTARI CON LA SERBIA

 

 

RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE

Ambasciatore d’Italia a Belgrado

 

Ambasciatore di Serbia in Italia

Armando VARRICCHIO (dal marzo 2009)

Sig.ra Sanda RASKOVIC IVIC (dal dicembre 2007)

 

PARLAMENTO

 

Presidente dell’Assemblea Nazionale

Sig.ra Slavica DJUKIC – DEJANOVIC (Partito socialista serbo Sps) dal 25 giugno 2008

 

Il 28 luglio 2008 sono state ripristinate le piene relazioni diplomatiche tra Italia e Serbia, con il rientro a Roma dell'Ambasciatore Raskovic-Ivic. Il 22 febbraio 2008, infatti, a seguito del riconoscimento del Kosovo da parte dell’Italia, Belgrado aveva ritirato l’Ambasciatore a Roma.

 

XVI Legislatura

 

Il 10 maggio 2010 è prevista la missione del Presidente della Camera Fini in Serbia.

 

Incontri bilaterali

Il 12 novembre 2009 il Presidente Fini ha incontrato il Presidente della Repubblica serba, Boris Tadic[63].

La collaborazione con il Tribunale penale internazionale dell’Aja[64], il processo di adeguamento normativo serbo (approvazione di oltre 200 leggi) ai fini dell’adesione all’UE, la lotta al crimine organizzato, la crisi economica e la liberalizzazione dei visti sono stati i temi al centro del colloquio. I due interlocutori si sono soffermati anche sulla questione dell’indipendenza del Kosovo, sui rapporti Croazia-Serbia[65] e sul ruolo della Serbia nella stabilizzazione dei Balcani. Il Presidente Tadic ha sottolineato l’importanza che la Serbia annette al supporto italiano per il processo di adesione UE per il forte legame tra i due paesi e ha chiesto di considerare la Serbia il proprio partner strategico nei Balcani. Il Presidenti Fini, ha tra l’altro, richiamato la proposta del Premier greco Papandreou di completare l’adesione all'UE dei Balcani Occidentali entro la fine del 2014 (anniversario dell’attentato di Sarajevo) proponendo di lanciare la proposta assieme agli altri colleghi dei Parlamenti dell’UE.  

Il 23 gennaio 2009 il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha incontrato il Ministro degli Affari Esteri serbo, Vuk Jeremic. Nel corso dell’incontro sono stati affrontati i temi dell’integrazione della Serbia nell’UE e della ratifica dell’accordo ASA.

 

Incontri delle Commissioni

In preparazione della missione della Commissione affari esteri nei Balcani occidentali dal 1 al 3 marzo 2010, il 17 febbraio 2010 si è svolta, presso la medesima Commissione, l’audizione del Sottosegretario Mantica sulla situazione dei Balcani Occidentali. In riferimento alla situazione in Serbia, si è ricordata la liberalizzazione dei visti con l’UE, avvenuta il 19 dicembre 2009, e gli ottimi rapporti che legano questo paese e l’Italia, che sostiene il governo Tadic ed i suoi obiettivi europeisti.

Il 21 dicembre 2009 il Presidente del Comitato permanente sulla politica estera dell'Unione europea della Commissione Affari esteri, Giorgio La Malfa, e Alessandro Maran, capogruppo del partito Democratico nella Commissione Affari esteri, hanno incontrato  il Vice Primo Ministro Bozidar Djelic, accompagnato dall'Ambasciatore Sanda Raskovic-Ivic. Il Presidente La Malfa ha manifestato apprezzamento per i progressi recentemente compiuti dalla Serbia nell'avvicinarsi agli standard europei e ha ricordato che "la Serbia puo' contare sull'amicizia dell'Italia che ha fatto del processo di integrazione europea dei Balcani occidentali una sua priorita' di politica estera”. L’on. La Malfa ha poi ricevuto una delegazione di cittadini serbi, accompagnati dal vice primo ministro Djelic, che hanno fatto tappa a Roma nel corso del loro primo viaggio in Europa senza visti[66].

Il 10 dicembre 2009 il Presidente della Commissione esteri, Stefano Stefani, ha ricevuto il Vescovo Teodosije e il monaco Andrei del monastero cristiano ortodosso di Visoki Decani in Kosovo, accompagnati dall’Ambasciatore serbo in Italia, Raskovic Ivic. Nel corso dell’incontro il vescovo ha in particolare espresso preoccupazione per l’annunciato ritiro del contingente italiano della KFOR insediato a Camp Sparta, una base militare posta a protezione del monastero stesso. Egli ha infatti sottolineato che il monastero si trova ai confini con l’Albania e distante dalle enclaves serbe della ex provincia; ha sostenuto quindi di temere l’impossessamento del terreno da parte degli albanesi kosovari e di temere per l’esistenza stessa del monastero (attorno al quale i monaci stanno costruendo un muro). Sulla questione dei Monasteri si veda infra atti di indirizzo e controllo.

Il  28 aprile 2009 il Presidente della Commissione Esteri, Stefano Stefani, ha incontrato l’Ambasciatore d’Italia a Belgrado, S.E. Armando Varricchio. Temi del colloquio i rapporti bilaterali Serbia-Italia e la prospettiva di adesione della Serbia all’UE.

Il 10 e 11 dicembre 2008 ha avuto luogo la missione in Serbia[67] della Commissione affari esteri della Camera, guidata dal Presidente Stefano Stefani e composta dai deputati Alessandro Maran (PD) e Enrico Pianetta (Pdl). La delegazione ha incontrato la Presidente del Parlamento Slavica Djukic-Dejanovic, il Ministro degli esteri, Vuk Jeremic, il Ministro per il Kosovo, Goran Bogdanovic, il Primo Ministro, Mirko Cvetkovic, il Presidente della Commissione Esteri, Dragoljub Micunovic, il Presidente della Commissione Integrazione Europea, Lazlo Varga, il Vice Primo Ministro con delega all'integrazione UE, Bozidar Djelic, e il Consigliere diplomatico del Presidente della Repubblica, Jovan Ratkovic .

In particolare, il Ministro degli esteri Jeremic ha ribadito che la Serbia è pronta ad entrare nell'UE ma che è delusa da alcune posizioni intransigenti all'apertura come quella assunta dall'Olanda. Quest’ultima, infatti, sostenuta dal Belgio, si oppone allo “scongelamento” dell’accordo di pre-adesione all'UE, ovvero dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione (ASA) - quantomeno nella sua parte commerciale (Accordo interinale) - siglato nell’aprile 2008 tra Belgrado e Bruxelles, chiedendo la “piena collaborazione” di Belgrado con il Tribunale Penale Internazionale dell'Aia (Tpi) e la consegna degli ultimi due super ricercati per crimini di guerra, Goran Hadzic e Ratko Mladic. A conclusione dell’incontro il Presidente Stefani si è impegnato a sostenere l’ingresso della Serbia nell’UE, anche attraverso la presentazione in Commissione Affari esteri di un’apposita risoluzione, poi effettivamente presentata e approvata il 22 gennaio 2009 (cfr. infra).

Il 16 settembre 2008 il Presidente della Commissione Difesa, Edmondo Cirielli, ha ricevuto il Segretario di Stato alla Difesa serbo, Dusan Spasojevic. Il colloquio, svoltosi alla presenza dell'Ambasciatore serbo a Roma, Sanda Raskovic-Ivic, si è incentrato in particolare sulle prospettive di rafforzamento delle relazioni italo-serbe nel settore della difesa[68].

Il 10 giugno 2008 il Presidente della Commissione Affari esteri, Stefano Stefani, ha ricevuto l’allora Ambasciatore d’Italia a Belgrado, Alessandro Merola. All’incontro era presente anche il Presidente della Commissione Bilancio, Giancarlo Giorgetti.

Nel corso dell’incontro (svoltosi mentre la Serbia viveva una fase particolarmente delicata della sua politica interna, all’indomani delle elezioni politiche del maggio 2008 e nell’incapacità di formare un governo), l’Ambasciatore Merola ha sottolineato la difficoltà della situazione politica interna serba; ha quindi ricordato la validità della politica del precedente governo Prodi nella regione che mirava a non avere guerre di confine e a superare le esclusioni entrando nel Comitato ristretto. Merola ha poi fatto cenno al problema di uno sbocco al mare della Serbia e ha successivamente ricordato il ruolo della Chiesa ortodossa che ha una grande influenza nel Paese. Si è inoltre fatto riferimento alla situazione economica del Paese, dove, ha sottolineato l’Ambasciatore, vi è un grosso investimento della FIAT pari a 700 milioni di euro, che si inserisce nel processo di privatizzazione in atto nel Paese e che vede coinvolte anche le Assicurazioni Generali e la Telecom. Nel comparto petrolifero vi è invece un accordo con la Russia così come per le linee aeree. A conclusione dell’incontro, l’Ambasciatore ha invitato il Presidente Stefani ad effettuare una missione in Serbia che dovrebbe prevedere, secondo l’Ambasciatore, anche un incontro con i rappresentanti del Partito radicale (che alle ultime elezioni hanno ottenuto  il 30% dei voti) ed ha altresì esortato a creare il gruppo di amicizia italo-serbo. Ha infine ricordato che l’Ambasciata a Belgrado, fino alla fine dell’anno, è punto di contatto NATO.

Si segnala che il 4 giugno 2008 presso la Commissione esteri sono stati resi noti i risultati della missione a Bruxelles (26-27 maggio 2008) in occasione della Riunione interparlamentare sui Balcani occidentali a cui hanno partecipato, in rappresentanza della Camera, Fiamma Nirenstein (PdL) e Mario Barbi (PD); al centro dei lavori della Riunione si è collocato il nodo kosovaro.

 

Sedi multilaterali

La Serbia invia delegazioni alle Assemblee parlamentari del Consiglio d'Europa, dell'OSCE e dell'InCE. Gode inoltre dello status di invitato speciale presso l’Assemblea parlamentare della UEO.

·              Si segnala che il 28 aprile 2009 il Presidente della Delegazione italiana, presso l’Assemblea parlamentare dell’OSCE, Riccardo Migliori, ha incontrato l'Ambasciatore della Repubblica di Serbia, S.E. Sanda Raskovic-Ivic.

·              Si ricorda che, a latere della riunione dell’Assemblea Parlamentare dell’INCE, che si è svolta a Chisinau dal 17 al 18 novembre 2008 sotto la presidenza moldova, la delegazione italiana, guidata dalla Presidente, Laura Ravetto, ha incontrato la delegazione serba composta dal Presidente della delegazione Mr. Ivan Jovanovic (Partito Democratico del Presidente Tadic) e da Paja Momcilovic (Partito Radicale serbo). Nel corso dell’incontro, è stato sottolineato da entrambe le parti l’interesse a rafforzare la cooperazione bilaterale; Jovanovic, dopo aver sottolineato l’importanza che essi annettono all’INCE, ha evidenziato le aspirazioni europeiste del Paese e gli sforzi fatti per adeguarsi agli standards UE; Jovanovic ha quindi sollevato la questione dell’Accordo transitorio sul commercio con la Serbia (intese commerciali che fanno parte dell'Accordo di stabilizzazione ed associazione (ASA) tra i Ventisette e Belgrado) la cui attuazione è stata bloccata dall’Olanda in nome della non piena collaborazione della Serbia con il TPI. La Presidente Ravetto ha, in merito, fatto presente l’impegno dell'Italia a favore dell'attuazione immediata degli accordi con la Serbia (soprattutto quello interinale di libero scambio) e a promuovere un’azione di opportuno sostegno.

Per quanto concerne i rapporti con la NATO, si segnala che la Serbia è membro associato dell’Assemblea parlamentare della NATO e dal 14 dicembre 2006 partecipa al Partenariato per la pace dell’Alleanza atlantica.

IAI. La Serbia  partecipa alla dimensione parlamentare dell’Iniziativa Adriatico Ionica, nata con la I° Riunione dei Presidenti delle Assemblee parlamentari dei Paesi membri, riunitasi a Zara nell’aprile 2001, su invito del Presidente del Parlamento croato[69], allo scopo di promuovere l’armonizzazione delle legislazioni nazionali nelle materie di cooperazione, nonchè l'adeguamento delle medesime legislazioni all'acquis comunitario, favorendo il Processo di Stabilizzazione e Associazione. L’Iniziativa prevede una riunione[70] annuale dei Presidenti dei Parlamenti coinvolti, presso il paese che detiene la presidenza di turno. Ad oggi si sono svolte 7 riunioni.

Il 4 maggio 2009, si è svolta ad Atene – durante il turno di presidenza greca – la VII Conferenza, alla quale ha partecipato, in rappresentanza del Parlamento italiano, il Vice Presidente Antonio Leone, e per la Serbia la Presidente dell’Assemblea Nazionale Slavica Djukic – Dejanovic. La Conferenza si è articolata in tre sessioni di lavoro, vertenti sui seguenti temi: Sfide ambientali ed Energia; Prospettive e Possibilità di Sviluppo Regionale nella Regione Adriatico-Ionica ampliata; Sviluppo di Forme di Turismo nella Regione.

Durante la Presidenza italiana (dal 1° giugno 2009 al 30 maggio 2010) il Parlamento italiano organizzerà il 29 aprile 2010 la VIII Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti della Iniziativa adriatico-ionica.

 

COSAP. Il Parlamento serbo prende parte alla “Conferenza delle Commissioni parlamentari per l’integrazione europea degli Stati che partecipano al Processo di Stabilizzazione e Associazione – COSAP[71]” la cui  ultima riunione, la V, ha avuto luogo a Belgrado il 23 e24 novembre 2009. La Camera è stata rappresentata dall’on. Alessandro Maran. Al termine della riunione è stata approvata una dichiarazione congiunta.

 

LA CONFERENZA DI TIRANA Si segnala che dal 7 all’8 dicembre 2009 ha avuto luogo a Tirana una conferenza sul tema “Rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza per un piu’ rapido ingresso in Unione Europea dell’Europa Sud Orientale”, organizzatadal Parlamento albanese. La Camera è stata rappresentata dall’on. Renato Farina.

Alla Conferenza sono stati invitati parlamentari di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Kosovo, Macedonia, Moldavia, Montenegro, Romania e Serbia, nonché rappresentanti di Austria, Grecia, Italia, Turchia, Unione Europea e Stati Uniti. L’evento voleva essere l’occasione per promuovere programmi regionali comuni, studiare ulteriori misure legislative ed incentivare i Governi ad intensificare la collaborazione in materia di sicurezza dei confini, lotta al crimine organizzato, terrorismo, traffico internazionale ed altre forme di criminalità transnazionale. La Serbia non ha partecipato[72]. La parte albanese aveva proposto altresì l’istituzione di una nuova Assemblea parlamentare dell’Europa Sudorientale, che dovrebbe riunire delegazioni dei Parlamenti dei Paesi dell’area. A causa della mancanza di alcune delegazioni non si è potuto provvedere al varo della suddetta assemblea.

 

MONITORAGGIO ELETTORALE

L’on. Andrea Rigoni (PD-U)ha partecipato al monitoraggio elettorale delle elezionipolitiche anticipate dell’11 maggio 2008, in rappresentanza dell’Assemblea parlamentare del CdE.

Nella XV legislatura una delegazione parlamentare italiana, composta dai deputati Teresio Delfino (UDC), Gianni Farina (Ulivo) e Riccardo Migliori (AN), aveva partecipato, il 21 gennaio 2007, al monitoraggio delle elezioni legislative in Serbia.

 

Cooperazione amministrativa

La Camera è impegnata in alcune iniziative di assistenza tecnica, avviate già nel corso della XIV legislatura, rivolte, tra gli altri, ai Parlamenti di alcuni Paesi di “giovane democrazia” dell’Europa sud-orientale, accomunate dall’esigenza di dare vita a strutture tecnico-amministrative a supporto delle funzioni parlamentari.

Con il Parlamento della Repubblica serba si è instaurata una cooperazione a livello amministrativo che si è concretizzata in una missione di studio presso la Camera, dal 19 al 21 luglio 2004, del Capo di Gabinetto del Presidente di quella Assemblea e di un funzionario del medesimo ufficio: la missione è stata incentrata sul tema del “Ruolo del Presidente della Camera ed autonomia dell’Istituzione parlamentare”. Tale cooperazione è proseguita, dal 12 al 16 dicembre 2005, con una ulteriore missione di studio rivolto ad un gruppo di funzionari parlamentari serbi, guidati dal Segretario generale dell’Assemblea nazionale.

 

Il Progetto "Azione Balcani occidentali"

Un recente e significativo programma multilaterale di cooperazione è stato avviato nel gennaio 2008 con il Progetto “Azione Balcani occidentali”, promosso dall’IPALMO, in collaborazione con il Master in Istituzioni parlamentari e storia costituzionale della Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Roma “La Sapienza”, finalizzato alla formazione della rappresentanza parlamentare e della dirigenza amministrativa delle Assemblee di Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Montenegro e Serbia.

L’Amministrazione della Camera, che ha aderito a tale progetto, ha quindi inviato alcuni funzionari, avvalendosi di propri contatti diretti con le Amministrazioni parlamentari dei Paesi balcanici, in missione in tali paesi; vi sono stati infatti incontri seminariali in Albania (31 marzo - 4 aprile), Bosnia-Erzegovina (5 - 9 maggio; 12- 16 maggio), Macedonia (19-23 maggio), Montenegro (31 marzo-4 aprile) e Serbia (9-14 giugno).

I seminari di formazione si sono incentrati sull’analisi – sviluppata da docenti universitari e da funzionari della Camera – delle funzioni principali e dei processi decisionali dei Parlamenti, con particolare riferimento all’esperienza italiana.

Il progetto si è concluso nella settimana dal 21 al 25 luglio 2008, con un seminario di formazione riservato ad un gruppo selezionato di deputati e di funzionari parlamentari coinvolti nei singoli seminari e si è articolata in un modulo che si è tenuto presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma ed in un modulo ospitato dalla Camera. Gli incontri alla Camera sono stati focalizzati sul ruolo del Presidente e funzione degli organi di vertice amministrativo a tutela dell’autonomia organizzativa del Parlamento e sul rapporto tra Assemblee parlamentari e potere esecutivo nel processo d’integrazione comunitaria.

A questi incontri hanno partecipato le cinque delegazioni delle Assemblee impegnate nel progetto, composte da deputati e funzionari dei rispettivi Parlamenti, i docenti universitari coinvolti nell’iniziativa, funzionari della Camera e numerosi deputati italiani: l’on. Stefani, Presidente della Commissione Affari esteri, l’on. Pescante, Presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea, l’on. Riccardo Migliori, Presidente della Delegazione italiana presso l’Assemblea dell’OSCE, l’on. Laura Ravetto, Presidente della Delegazione italiana presso l’Assemblea dell’INCE, l’on. Sandro Gozi, l’on. Paolo Guzzanti, l’on. Enrico La Loggia, l’on. Gianluca Pini, l’on. Lapo Pistelli e l’on. Roberto Zaccaria.

La Tavola rotonda del 25 luglio 2008, coordinata dal Presidente della Camera Fini,su “I Parlamenti nei processi di stabilizzazione ed integrazione europea e mediterranea”, ha chiuso i lavori del seminario. Si segnala che la Presidente dell’Assemblea nazionale serba, Slavica Djukic Dejanovic è intervenuta alla riunione, ed hanno altresì partecipato la Presidente del Parlamento albanese, Jozefina Topalli, il Presidente del Parlamento montenegrino, Ranko Krivokapic, due rappresentanti dell’Assemblea macedone e l’on. Velimir Jukic, in rappresentanza della Camera dei rappresentanti bosniaca.

 

Unione Interparlamentare - UIP

La Sezione di amiciziaItalia-Europa Sud Orientale (Albania, Bosnia-Erzegovina, Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Serbia, Montenegro, Croazia e Slovenia, Bielorussia e Cipro) presieduta dall’on. Claudio D’Amico (LnP), è in via di ricostituzione.

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Nel Parlamento serbo è stato costituito nel giugno 2009 il gruppo di amicizia serbo-italiano composto da 24 deputati appartenenti alle varie forze politiche.

 

Attività legislativa

Disegni di legge di ratifica

Non vi sono allo stato attuale disegni di legge di ratifica relativi alla Serbia. In particolare, non è ancora stato presentato alle Camere il ddl relativo alla ratifica dell’Accordo di stabilizzazione ed associazione (ASA) tra l’Unione europea e la Serbia, firmato nell’aprile 2008.

Atti di indirizzo e controllo

Il 21 luglio 2009 la Commissione Affari Esteri ha approvato all’unanimità la risoluzione Stefani e altri 7-00194, riformulata con il numero 8-00049, sull'integrazione europea dei Balcani occidentali. nella quale si impegna il Governo, tra l’altro, a:

-    promuovere il celere completamento del processo di liberalizzazione dei visti per i cittadini dell'Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Serbia e Montenegro, e ad incoraggiare Albania e Bosnia a proseguire nell'attuazione delle misure richieste nelle rispettive Road Map;

-    a condurre con convinzione un'azione di tipo politico-diplomatico volta a rimuovere i veti posti all'entrata in vigore dell'Accordo interinale tra l'Unione europea e la Serbia.

In precedenza, il 22 gennaio 2009 la Commissione Affari Esteri ha approvato all’unanimità la risoluzione Stefani e altri 7-00107, sull’integrazione della Serbia nell’UE. In particolare la risoluzione impegna il Governo a:

-    sostenere sul piano bilaterale il consolidamento della democrazia serba e lo sviluppo sociale ed economico del paese;

-    promuovere l'integrazione europea della Serbia, rendendo possibile l'applicazione in via provvisoria dell'ASA e consentendo il riconoscimento ai cittadini serbi di un accesso facilitato all'area Schengen;

-    continuare l'azione in corso in seno al CAGRE per il conseguimento dell'unanimità ai fini dell'entrata in vigore dell'ASA, accelerando l'occasione in cui la Serbia possa acquisire lo status di paese candidato;

-    presentare il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dell'ASA;

-    contribuire al buon esito della missione EULEX.

Il Sottosegretario Scotti, presente alla discussione in Commissione, ha espresso, a nome del Governo, parere favorevole sulla risoluzione, evidenziando come la Serbia sia centrale ai fini della stabilizzazione democratica dell’intera regione balcanica. Ha altresì segnalato l’importante ruolo che l’Italia deve svolgere ai fini di una piena integrazione del Paese nell’UE, sottolineando che a questo punto spetta all’Europa dare un segnale positivo alla Serbia, che negli ultimi mesi in particolare ha dimostrato di voler perseguire l’obiettivo europeo in via prioritaria.

 

Per quanto riguarda la protezione dei siti religiosi ortodossi presenti in Kosovo si segnala l’interrogazione a risposta immediata in Commissione 5-02144 presentata dal Presidente Stefano Stefani il 24 novembre 2009, alla quale il governo ha risposto il 25 novembre 2009.

Nella risposta data il Governo ha evidenziato gli ultimi, positivi sviluppi del quadro politico e di sicurezza nella regione. La demarcazione delle frontiere kosovaro-macedoni e la conclusione dell'accordo Serbia EULEX, hanno contribuito ad un allentamento della tensione in Kosovo. Sotto il profilo della sicurezza, è stata segnalata l’importanza dell'istituzione delle forze di sicurezza kosovare, la cui capacità operativa iniziale è stata raggiunta nel settembre scorso, in conformità di una graduale riconfigurazione di KFOR in una presenza cosiddetta «di deterrenza». I comandi militari della NATO hanno avviato la prima fase (Transition Gate One) del piano che porterà ad una graduale riduzione di KFOR nel corso del 2010 fino al raggiungimento del livello di presenza minima della missione militare della NATO nel Paese.

Il Governo ha però ribadito che la graduale riduzione dell'impegno italiano e della comunità internazionale procede di pari passo con la stabilizzazione delle condizioni politiche generali e di sicurezza, e che verranno comunque monitorati con la massima attenzione gli sviluppi sul terreno. È un impegno che il Governo ha confermato anche in occasione del Vertice Italia-Serbia (13 novembre 2009) ribadendo l'intenzione di continuare a conferire massima attenzione - in coordinamento con gli alleati e i partner che contribuiscono alla missione KFOR - al mantenimento della sicurezza nelle aree a maggioranza serba e dove sono ubicati i siti religiosi.

 

Giova segnalare altresì l’interpellanza 2-00138 presentata al Senato da Mauro del Vecchio (PD)  il 26 novembre 2009 il cui iter è ancora in corso; nel testo si fa riferimento alla presenza della KFOR e al suo interno di un contingente italiano che, nel settore di competenza, ha contribuito a salvaguardare i principali luoghi di culto della regione, quali il monastero di Decani e il patriarcato di Pec, e, soprattutto, ha garantito la protezione della comunità serba di Gorazdevac; evidenziando che:

·         la situazione in Kosovo non può ad avviso degli interpellanti considerarsi normalizzata, in quanto la sicurezza della minoranza serba e delle chiese serbo-ortodosse nell'area di competenza del contingente italiano dipendono, come più volte ribadito anche dai più importanti rappresentanti di quella comunità, dalla presenza dei militari italiani;

·         il Primo ministro serbo Tadic, in occasione della recente visita in Italia, ha ribadito l'importanza della forza multinazionale per la sicurezza della comunità serba;

·         a giudizio degli interpellanti un eventuale ritiro del contingente italiano dovrebbe essere dettato da un'approfondita valutazione politica sulla situazione dell'area e non da ragioni di bilancio e, soprattutto, essere concertato nelle opportune sedi multilaterali,

si chiede di sapere:

·         se rispondano a verità le notizie circolanti relative ad un progressivo disimpegno del contingente italiano dal Kosovo, che si avvierebbe, entro circa un anno, al termine della propria missione;

·         in caso affermativo, come si ritenga possibile garantire l'incolumità della comunità serba nelle enclave nonché l'integrità dei luoghi di culto serbo-ortodossi che, al ritiro del contingente italiano, sarebbero, molto probabilmente, oggetto di attacchi;

·         se i Ministri in indirizzo non ritengano opportuno informare il Parlamento in merito ad una problematica, quale la salvaguardia dei diritti delle minoranze nei Balcani ed in particolare nel Kosovo, che ha sempre visto l'Italia pienamente coinvolta ed attiva.


 

 

RAPPORTI PARLAMENTARI CON LA BOSNIA-ERZEGOVINA

 

 

    RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE

Ambasciatore d’Italia a Sarajevo

 

Ambasciatore della Bosnia Erzegovina in Italia

RAIMONDO DE CARDONA (da giugno 2009)

 

BRANKO KESIC (da gennaio 2009)

 

PARLAMENTO

 

Presidente Camera dei Rappresentanti

 

Milorad Zivkovic(da settembre 2009 a maggio 2010)[73]

 

 

Corrispondenza

 

Si segnala che con lettera del 29 ottobre 2008, l’allora Speaker della Camera dei Rappresentanti Niko Lozancic, nel ringraziare il supporto italiano alla Bosnia Erzegovina ai fini dell’integrazione euro-atlantica del Paese, chiedeva la pronta ratifica da parte del Parlamento italiano dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione tra la Bosnia Erzegovina e l’Unione Europea.

Al riguardo, si fa notare che il relativo disegno di legge diRatifica ed esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Bosnia-Erzegovina, dall'altra, con Allegati, Protocolli e Atto finale con dichiarazioni allegate, fatto a Lussemburgo il 16 giugno 2008 è stato presentato al Senato il 15 dicembre 2009.

 

Incontri delle Commissioni

 

In preparazione della missione della Commissione affari esteri nei Balcani occidentali dal 1 al 3 marzo 2010, il 17 febbraio 2010 si è svolta, presso la medesima Commissione, l’audizione del Sottosegretario Mantica sulla situazione dei Balcani Occidentali. In riferimento alla Bosnia, si è espressa preoccupazione per la situazione di stallo, che ancora non consente la riforma della Costituzione a 15 anni dagli accordi di Dayton, ad esempio, eliminando la figura dell’Alto Rappresentante. Del resto le tre anime che convivono nella BiH non risultano ancora integrate tra di loro, ma anzi sembrano differenziarsi sempre più, a fronte della modernizzazione della Repubblica di Sprska.

Il 4 novembre 2009 una delegazione della Commissione bicamerale per la difesa e la sicurezza del Parlamento della Bosnia-Erzegovina ha avuto un incontro con la Commissione Difesa nell’ambito di una missione in Italia che prevedeva incontri anche con la Commissione Difesa del Senato e con il Dipartimento della Protezione civile. L’obiettivo della visita è stato quello di approfondire l’approccio italiano nei settori della sicurezza, difesa e della protezione civile alla luce dei processi di riforma in corso in Bosnia–Erzegovina. La delegazione era guidata dal Vicepresidente della Commissione Slobodan Saraba (SDS, serbo) e composta dall’on. Hazim Rancic (SDA, bosniacco) e Vinko Zoric (HDZ, croato).

Il 17 giugno 2009 il Presidente della Commissione Affari Esteri, onorevole Stefani, ha incontrato il Vice Ministro degli Affari Esteri di Bosnia ed Erzegovina Ana Trisic-Babic.

Nel corso dell’incontro sono state in generale richiamate le difficoltà connesse all’ingresso dei Balcani, e nella fattispecie della Bosnia Erzegovina, nell’UE (in Bosnia l'83 % della popolazione è favorevole all'ingresso nell'Unione Europea); da parte del Vice Ministro è stata inoltre richiamata la  questione dei visti e quella relativa al ruolo dell’Alto Rappresentante Internazionale, che a suo avviso costituisce un ostacolo e sul cui futuro auspica una riflessione con le autorità europee.

Il 18 marzo 2009 il Presidente della Commissione Affari esteri, on. Stefano Stefani, ha ricevuto l'Ambasciatore di Bosnia-Erzegovina, Branko Kesic. I due interlocutori si sono soffermati sulla articolata organizzazione istituzionale del paese e sull’attualità politica con le connesse problematiche etniche. Hanno inoltre affrontato le prospettive di integrazione europea del paese ed i rapporti bilaterali.

Il 5 febbraio 2009 una delegazione della Commissione difesa della Camera si è recata in missione a Sarajevo per una visita al contingente italiano impegnato nell’operazione “ALTHEA”.

 

 

Sedi multilaterali

La Bosnia-Erzegovina invia delegazioni alle Assemblee parlamentari del Consiglio d’Europa (di cui è diventata membro effettivo il 24 aprile 2002), dell’OSCE, dell’INCE. E’ inoltre membro associato dell’Assemblea Parlamentare della NATO.

·         Il 24 settembre 2009 il Presidente della Delegazione italiana presso l’OSCE, on. Riccardo Migliori, ha incontrato l'Ambasciatore della Bosnia-Erzegovina in Italia, S.E. Branko Kesic.

·         Si segnala che dal 19 al 21 ottobre 2008 si è svolta una visita alla Missione OSCE in Bosnia-Erzegovina. Vi hanno partecipato gli onn. Riccardo Migliori (PDL) e la sen. Laura Allegrini (PDL).

Il Parlamento bosniaco partecipa inoltre all’Iniziativa Adriatico-Ionica - IAI (Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Italia, Montenegro, Serbia e Slovenia), di cui l’Italia ha assunto la presidenza dal giugno 2009.

Il 4 maggio 2009 ha avuto luogo ad Atene, presso il Parlamento greco, la VII riunione dei Presidenti dei Parlamenti che partecipano all’Iniziativa Adriatico-Ionica. Alla riunione - aperta da Dimitrios Sioufas, allora Presidente del Parlamento Greco, che ha esercitato la Presidenza di turno della IAI - ha partecipato il Vice Presidente della Camera dei Deputati, Antonio Leone. La Bosnia è stata rappresentata da Milorad Zivcovic, Primo Vice Presidente della Camera dei Rappresentanti. La riunione è stata dedicata a: sfide ambientali e energia, sviluppo regionale, sviluppo del turismo nella regione.

Durante la Presidenza italiana (dal 1° giugno 2009 al 30 maggio 2010) il Parlamento italiano organizzerà il 29 aprile 2010 la VIII Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti della Iniziativa adriatico-ionica.

COSAP. Il Parlamento bosniaco prende parte alla “Conferenza delle Commissioni parlamentari per l’integrazione europea degli Stati che partecipano al Processo di Stabilizzazione e Associazione – COSAP[74]” la cui  ultima riunione, la V, ha avuto luogo a Belgrado il 23 e 24 novembre 2009. La Camera è stata rappresentata dall’on. Alessandro Maran.

 

LA CONFERENZA DI TIRANA Si segnala che dal 7 all’8 dicembre 2009 ha avuto luogo a Tirana una conferenza sul tema “Rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza per un piu’ rapido ingresso in Unione Europea dell’Europa Sud Orientale”, organizzatadal Parlamento albanese. La Camera è stata rappresentata dall’on. Renato Farina.

Alla Conferenza sono stati invitati parlamentari di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Kosovo, Macedonia, Moldavia, Montenegro, Romania e Serbia, nonché rappresentanti di Austria, Grecia, Italia, Turchia, Unione Europea e Stati Uniti[75]. L’evento voleva essere l’occasione per promuovere programmi regionali comuni, studiare ulteriori misure legislative ed incentivare i Governi ad intensificare la collaborazione in materia di sicurezza dei confini, lotta al crimine organizzato, terrorismo, traffico internazionale ed altre forme di criminalità transnazionale. La parte albanese aveva proposto altresì l’istituzione di una nuova Assemblea parlamentare dell’Europa Sudorientale, che dovrebbe riunire delegazioni dei Parlamenti dei Paesi dell’area. A causa della mancanza di alcune delegazioni non si è potuto provvedere al varo della suddetta assemblea.

 

Cooperazioneamministrativa

Il Progetto "Azione Balcani occidentali"

Il Parlamento della Bosnia–Erzegovina ha fatto parte del gruppo di Parlamenti di alcuni paesi balcanici, che sono stati oggetto del progetto formativo Azione Balcani occidentali”. Si è trattato di un programma multilaterale di cooperazione avviato nel gennaio 2008 e promosso dall’IPALMO, in collaborazione con la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Roma “La Sapienza”, finalizzato alla formazione della rappresentanza parlamentare e della dirigenza amministrativa delle Assemblee di Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Montenegro e Serbia. L’Amministrazione della Camera ha aderito a tale progetto sviluppando propri moduli formativi.

Da marzo a giugno 2008 si è svolta la fase didattica del progetto, articolata in cinque seminari tenutisi presso i cinque Parlamenti, che ha coinvolto funzionari della Camera, nonché giuristi e politologi italiani e dei Paesi partecipanti. In particolare, i funzionari dell’Amministrazione della Camera, avvalendosi di propri contatti diretti con le Amministrazioni parlamentari dei Paesi balcanici, hanno svolto seminari in Albania (31 marzo - 4 aprile), Bosnia-Erzegovina (5 - 9 maggio; 12- 16 maggio), Macedonia (19-23 maggio), Montenegro (31 marzo-4 aprile) e Serbia (9-14 giugno). I seminari di formazione si sono incentrati sull’analisi – sviluppata da docenti universitari e da funzionari della Camera – delle funzioni principali e dei processi decisionali dei Parlamenti, con particolare riferimento all’esperienza italiana.

Il progetto si è concluso nella settimana dal 21 al 25 luglio 2008, con un seminario di formazione che ha coinvolto le cinque delegazioni delle Assemblee impegnate nel progetto, composte da deputati e funzionari dei rispettivi Parlamenti, i docenti universitari coinvolti nell’iniziativa, funzionari della Camera e numerosi deputati italiani.

Si segnala che l’on. Velimir Jukic, è intervenuto, in rappresentanza della Camera dei rappresentanti bosniaca, il 25 luglio 2008 alla Tavola rotonda che ha concluso il progetto.

La tavola rotonda, coordinata dal Presidente della Camera, Fini, ha avuto come titolo: “I Parlamenti nei processi di stabilizzazione ed integrazione europea e mediterranea”, ed ha visto la presenza  del Presidente del Parlamento albanese, Jozefina Topalli, del Presidente del Parlamento montenegrino, Ranko Krivokapic, del Presidente dell’Assemblea nazionale serba, Slavica Djukic Dejanovic e dell’on. Liljana Popovska, in rappresentanza dell’Assemblea macedone.

Si ricorda infine che nella XIV legislatura ha avuto luogo uno stage di formazione effettuato, dal 20 al 25 giugno 2005, da una delegazione di funzionari della Camera dei Rappresentanti bosniaca incentrato sul sistema delle Commissioni parlamentari ed il ruolo dei Gruppi parlamentari.


 

Unione Interparlamentare - UIP

La Sezione di amiciziaItalia-Europa Sud Orientale (Albania, Bosnia-Erzegovina, Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Serbia, Montenegro, Croazia e Slovenia, Bielorussia e Cipro) presieduta dall’on. Claudio D’Amico, è in via di ricostituzione.

 

Attività legislativa

AS.1933 Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Bosnia-Erzegovina, dall'altra, con Allegati, Protocolli e Atto finale con dichiarazioni allegate, fatto a Lussemburgo il 16 giugno 2008.

Assegnato alla 3ª Commissione permanente (Affari esteri, emigrazione) in sede referente il 5 febbraio 2010.

 

AC.3097 / AS.2002  Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° gennaio 2010, n. 1, recante disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonche' delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e disposizioni urgenti per l'attivazione del Servizio europeo per l'azione esterna e per l'Amministrazione della Difesa

Approvato dalla Camera il 9 febbraio 2010; concluso l'esame da parte delle commissioni  riunite 3ª (Affari esteri, emigrazione) e 4ª (Difesa) del Senato il 23 febbraio 2010, approvato dall’Assemblea, con modificazioni, il 25 febbraio; ritrasmesso alla Camera (A.C. 3097-B).

·         Al Capo II, art.5, comma 4, si autorizza, a decorrere dal 1º gennaio 2010 e fino al 30 giugno 2010, la spesa di euro 14.504.482 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell’Unione europea in Bosnia-Erzegovina, denominata ALTHEA, nel cui ambito opera la missione denominata Integrated Police Unit (IPU).

·         Al comma 21 si autorizza, per lo stesso periodo, la spesa di euro 658.982 per la proroga della partecipazione di personale dell’Arma dei carabinieri e della Polizia di Stato alla missione in Bosnia-Erzegovina, denominata European Union Police Mission (EUPM; al comma 29, la spesa di euro 48.485 per la partecipazione di un magistrato collocato fuori ruolo alla missione in Bosnia-Erzegovina, denominata European Union Police Mission (EUPM).

Legge n. 197/09 del 29 dicembre 2009

“Proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia”

·         La legge autorizzava, a decorrere dal 1° novembre 2009 e fino al 31 dicembre 2009, la spesa di euro 5.156.192 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina, denominata Althea, (la missione ha l’obiettivo di contribuire al mantenimento delle condizioni di sicurezza per l’attuazione dell’accordo di pace di Dayton, aprendo la strada all’integrazione nell’Unione europea) nel cui ambito opera la missione denominata Integrated Police Unit (IPU).

·         Per lo stesso periodo, la spesa di euro 283.410 per la proroga della partecipazione di personale dell'Arma dei carabinieri e della Polizia di Stato alla missione in Bosnia-Erzegovina, denominata European Union Police Mission (EUPM).

 

Legge 3 agosto 2009, n. 108

"Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 181 del 6 agosto 2009.

·         La legge autorizzava, a decorrere dal 1º luglio 2009 e fino al 31 ottobre 2009, la spesa di euro 11.030.043 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina, denominata ALTHEA. Nel suo ambito opera la missione Integrated Police Unit (IPU),con il compito di sviluppare capacità nei settori dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché di supportare i compiti civili connessi con gli accordi di pace.

·         Si autorizzava inoltre per lo stesso periodo, la spesa di euro 492.409 per la proroga della partecipazione di personale dell'Arma dei carabinieri e della Polizia di Stato alla missione in Bosnia-Erzegovina, denominata European Union Police Mission (EUPM).

 

Legge 24 febbraio 2009, n. 12.

“Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali”

 

Legge n. 98/09 del 10 luglio 2009, Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla Forza multinazionale di pace per l'Europa Sud-orientale, con cinque annessi, firmato a Skopje il 26 settembre 1998, del Protocollo aggiuntivo firmato ad Atene il 12 gennaio 1999, del secondo Protocollo aggiuntivo, con annessi, firmato a Bucarest il 30 novembre 1999, del terzo Protocollo aggiuntivo firmato ad Atene il 21 giugno 2000, del quarto Protocollo aggiuntivo, con allegati, firmato a Roma l'11 dicembre 2002[76].

 

Atti di indirizzo e controllo

Il 21 luglio 2009 la Commissione Affari Esteri ha approvato all’unanimità la risoluzione Stefani e altri 7-00194 riformulata con il numero 8-00049 sull'integrazione europea dei Balcani occidentali, nella quale si impegna il Governo, tra l’altro, a:

-           promuovere il completamento del processo di liberalizzazione dei visti per i cittadini dell'Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Serbia e Montenegro, e ad incoraggiare Albania e Bosnia a proseguire nell'attuazione delle misure richieste nelle rispettive Road Map;

-           a proseguire celermente il percorso di ratifica degli Accordi di Stabilizzazione ed Associazione con il Montenegro e la Bosnia-Erzegovina.

 


Profili biografici
(a cura del Servizio Rapporti internazionali)