Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||
Titolo: | Equo compenso nel settore giornalistico - A.C. 3555-B - Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Note per la I Commissione affari costituzionali Numero: 465 | ||
Data: | 27/11/2012 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni |
28 novembre 2012 |
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n. 465 |
Equo compenso nel settore giornalistico
A.C. 3555-B
Elementi
per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale |
Numero del progetto di legge |
3555-B |
Titolo |
Equo compenso nel settore giornalistico |
Iniziativa |
Parlamentare |
Iter al Senato |
Sì |
Numero di articoli |
5 |
Date: |
|
adozione quale testo base |
22 novembre 2012 |
richiesta di parere |
22 novembre 2012 |
Commissione competente |
VII (Cultura) |
Sede e stato dell’iter |
In corso di esame in sede legislativa |
Iscrizione nel programma dell’Assemblea |
No |
La proposta di legge, già approvata dalla
Camera e modificata dal Senato, introduce
norme volte a promuovere l’equo compenso
nel lavoro giornalistico, con riferimento alle retribuzioni dei giornalisti iscritti all’albo di cui all’art. 27 (rectius: 26) della L. 69/1963, titolari di un rapporto di lavoro non
subordinato in quotidiani e periodici,
anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive (i
c.d. free
lance).
Rispetto
al testo approvato dalla Camera, le
modifiche apportate dal Senato sono state motivate con un adeguamento alle
novità introdotte dalla legge n. 92 del
2012, di riforma del mercato del lavoro.
Il
provvedimento si compone, nel testo modificato dal Senato, di 5 articoli.
L’articolo 1 reca finalità, definizioni e ambito applicativo dell’intervento, che si
propone in attuazione dell’art. 36, primo comma, della Costituzione.
In
particolare, per compenso equo si intende la corresponsione di
una remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto,
tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della
prestazione, nonché della coerenza con i trattamenti previsti dalla
contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari
di un rapporto di lavoro subordinato.
Rispetto al testo dell’art. 1 approvato dalla Camera, è stata, in
particolare, sostituita l’espressione “equità retributiva” con l’espressione
“equo compenso” [1] ed è
stato eliminato il riferimento ai “requisiti minimi” della stessa equità
retributiva. Con riferimento a tale eliminazione, la sottocommissione per i
pareri della 5a Commissione del Senato, il 7 novembre
La
retribuzione del lavoro dei giornalisti con contratto di lavoro subordinato è
regolata dal Contratto collettivo nazionale (CCNL del
Per
quanto attiene, invece, alle prestazioni
professionali autonome dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro
non subordinato (e, quindi, non regolate dal contratto collettivo nazionale),
l’ultimo Tariffario (Compensi minimi per le prestazioni
professionali giornalistiche nei quotidiani, nei periodici, anche telematici,
nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive) che definisce i compensi minimi in relazione alle
diverse tipologie di attività prestate (notizia, articolo, servizio,
fotografia, collaborazioni, ecc.) è stato adottato con la delibera dell’Ordine
nazionale dei giornalisti n. 101 del 20 dicembre 2006.
In
particolare, il punto A) del Titolo VIII prevede che “Il presente tariffario
indica cifre minime, al lordo delle ritenute fiscali di legge, al di sotto
delle quali l’Ordine dei Giornalisti ritiene che non sia possibile andare,
stabilendo in tal caso la incongruità del compenso. In ogni caso la
determinazione dell’effettivo ammontare dei corrispettivi deve tenere conto
della qualità del committente, dei compiti in concreto demandati al
giornalista, dell’impegno necessario, del tempo richiesto”.
L’articolo 2 prevede l’istituzione, entro
30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, della Commissione per la valutazione dell’equo
compenso nel lavoro giornalistico.
Essa è composta di 7 membri: in particolare, è presieduta
dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con
delega per l’informazione, la comunicazione e l’editoria ed è composta da un
rappresentante per ciascuno dei seguenti soggetti: Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, Ministero dello sviluppo economico, Consiglio nazionale
dell'ordine dei giornalisti, Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti
italiani (INPGI), organizzazioni sindacali dei giornalisti comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale, organizzazioni sindacali dei datori di
lavoro e dei committenti comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale nel settore delle imprese di quotidiani e periodici, anche
telematici, agenzie di stampa ed emittenti radiotelevisive.
L’elenco è costantemente
aggiornato.
Si rileva, tuttavia, che, in relazione al termine di
durata della Commissione, non appare chiaro a chi competerà l’aggiornamento
dell’elenco previsto al comma 3, lett. b), dopo la cessazione della stessa
Commissione.
Si ricorda in proposito che l’art. 12, comma
Non è, inoltre, chiaro con quale tipologia di atto sarà
formalizzata la definizione del compenso equo (si veda, infra, quanto prevedeva
il testo approvato dalla Camera).
Infine, non è esplicitata la tipologia di atto con il
quale si procederà alla nomina della Commissione.
Al riguardo si ricorda che l’art. 2 del D.L. 223/2006 (L. 248/2006) prevede, in primo luogo, che “in
conformità al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di
libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché al fine di
assicurare agli utenti un'effettiva facoltà di scelta nell'esercizio dei propri
diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, sono abrogate tutte le disposizioni legislative
e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero
professionali e intellettuali l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime
ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli
obiettivi perseguiti” (comma 1). Inoltre, dispone che “le disposizioni
deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina che contengono le
prescrizioni di cui al comma 1 sono adeguate, anche con l'adozione di misure a
garanzia della qualità delle prestazioni professionali, entro il 1° gennaio
2007. In caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data, le norme in contrasto con quanto previsto
dal comma 1 sono in ogni caso nulle”
(comma 3).
Infine, ai componenti della
Commissione non è corrisposto alcun compenso, emolumento, indennità o rimborso
spese.
Rispetto al testo dell’art. 2 approvato dalla Camera, le novità
principali riguardano:
-
la composizione
della Commissione (il testo approvato dalla Camera prevedeva che
-
la definizione di
termini per l’istituzione e per la cessazione della Commissione;
-
l’eliminazione della
previsione di intervento di un DPCM per la definizione dell’equo compenso a
seguito del lavoro della Commissione[2].
Ai
sensi dell’articolo
Al riguardo si evidenzia che non appare chiaro il
funzionamento del meccanismo descritto - con particolare riferimento
all’annualità interessata dalla decadenza e dalla ricostituzione del diritto
all’accesso - alla luce del fatto che i contributi all’editoria sono erogati su
base annua.
Sull’argomento
si ricorda, peraltro, che l’art. 29, co. 3, del D.L. 201/2011 (L. 214/2011) ha
disposto la cessazione del sistema di erogazione dei contributi diretti di cui
alla L. 250/1990 dal 31.12.2014, con riferimento alla “gestione
Di fatto, il primo intervento
normativo è stato operato con norma primaria: è, infatti, intervenuto il D.L.
63/2012 (L. 103/2012), che si è posto quale disciplina transitoria, nelle more
della “ridefinizione delle forme di sostegno all’editoria”, affidata ad un
disegno di legge delega, attualmente in corso di esame (A.C. 5270).
In particolare, per quanto qui
più direttamente interessa, il D.L. 63/2012 ha ridefinito i requisiti per
l’accesso ai contributi, al fine di razionalizzare l’uso delle risorse
attraverso meccanismi in grado di correlare il contributo erogato agli
effettivi livelli di vendita e di occupazione professionale delle imprese
editoriali (art. 1).
Lo stesso articolo 3, inoltre,
prevede che il patto contenente condizioni contrattuali in violazione dell’equo
compenso è nullo.
Il testo dell’art. 3 approvato dalla Camera
prevedeva che a decorrere dal 1° gennaio 2012 l’iscrizione nell’elenco era
requisito necessario per l’accesso a qualsiasi contributo pubblico a favore
dell’editoria.
Non era poi espressamente prevista la nullità
del patto contenente condizioni contrattuali in violazione dell’equo compenso.
L’articolo 4, introdotto dal Senato,
dispone la presentazione alle Camere, da parte del Presidente del Consiglio, di
una relazione annuale sull’attuazione
della legge.
L’articolo 5 dispone che dall’attuazione della legge non devono
derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (invarianza finanziaria).
Le norme contenute nella
proposta di legge possono essere ricondotte alle materie di potestà legislativa esclusiva statale ordinamento civile, di
cui all’articolo 117, secondo comma, lett. l),
Cost., e sistema tributario e contabile dello Stato, di cui all’articolo
117, secondo comma, lett. e), Cost.
Può essere altresì richiamata la
materia di potestà concorrente Stato-regioni professioni, di cui
all’articolo 117, terzo comma, Cost.
Sulla
questione delle tariffe minime,
Sulla medesima questione è intervenuta anche l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust), la quale nel documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sul Settore degli ordini professionali (conclusa il 15 gennaio 2009, IC34)[3] ha ricordato, in via generale, che regolamentazioni restrittive possono essere giustificate in quanto proporzionali, in ragione degli interessi pubblici connessi con l’esercizio di una determinata professione. In ogni caso, le limitazioni alla libertà di iniziativa economica dei professionisti, di derivazione sia normativa che pattizia (anche per le professioni che incidono su interessi pubblici), devono essere effettivamente funzionali ed indispensabili per la tutela di interessi pubblici. In tal senso l’Autorità ha ricordato che la verifica della necessità e della proporzionalità delle limitazioni della concorrenza tra professionisti impone che le restrizioni devono essere “oggettivamente necessarie per raggiungere un obiettivo di interesse generale chiaramente articolato e legittimo e devono costituire il meccanismo meno restrittivo della concorrenza atto a raggiungere tale obiettivo”.
L’Autorità ha peraltro
sottolineato che “tra le restrizioni all’esercizio delle professioni
intellettuali, l’adozione di tariffe uniformi minime e fisse sono quelle che
destano maggiori preoccupazioni, in quanto le restrizioni di prezzo riducono
significativamente la concorrenza tra i professionisti ed impediscono ai
fruitori dei servizi professionali di remunerare i servizi offerti con prezzi
competitivi derivanti dal libero gioco della concorrenza”. Con specifico
riferimento all’attività giornalistica,
nel documento citato l’Antitrust ha evidenziato la necessità di rimuovere il vigente Tariffario (v. par. Contenuto), in quanto un sistema di
tariffe obbligatorie risulta lesivo
della concorrenza.
All’art. 1, co. 1, appare più corretto fare riferimento all’art. 26
della L. 69/1963, in quanto l’art. 27, come si è visto, disciplina solo il
contenuto dell’albo.
Mentre all’art. 1, co. 1, e all’art. 2, co. 3, sia
nell’alinea che nella lett. a), si fa
riferimento ai quotidiani e ai periodici, anche telematici, nella lett. b) dello stesso co. 3 sembrerebbe che
l’aggettivo “telematici” sia riferito solo ai periodici.
All’art. 2, co. 1, è necessario sostituire le parole “Sottosegretario
di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’informazione, la comunicazione
e l’editoria”, con le parole “con il Presidente del Consiglio dei Ministri
ovvero, se nominato, con il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del
Consiglio dei Ministri con delega all'informazione, alla comunicazione e
all'editoria” (si veda, in tal senso, l’art. 3 della L. 128/2011, relativa al
prezzo dei libri).
All’art. 2, co. 3, non appare coerente che si preveda lo stesso termine
(due mesi dall’insediamento della Commissione) per la definizione del compenso
equo, nonché per la redazione dell’elenco delle imprese che garantiscono il
rispetto dello stesso compenso equo.
Servizio Studi – Dipartimenti Istituzioni e Cultura |
( 066760-9475 – * st_istituzioni@camera.it |
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera
sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli
organi parlamentari e dei parlamentari. |
File: cost465-AC3555_B.doc
[1]
Nella seduta della 11a Commissione del
Senato del
[2]
Il DPCM doveva intervenire entro 60 giorni dalla
data di entrata in vigore della legge: si trattava, peraltro, di un termine
incongruente in relazione all’assenza di un termine per l’istituzione della
Commissione e alla previsione che la stessa definisse i requisiti minimi di
equità retributiva entro tre mesi dal suo insediamento (la questione era stata
segnalata anche nel parere reso dalla Commissione Affari costituzionali).