Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||||
---|---|---|---|---|---|
Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||||
Titolo: | Conferenza dei Presidenti delle Commissioni competenti in materia di giustizia e affari interni dei Parlamenti dell'UE - Nicosia, 23 - 24 settembre 2012 | ||||
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 108 | ||||
Data: | 18/09/2012 | ||||
Descrittori: |
|
Camera dei deputati
XVI LEGISLATURA
Documentazione per le Commissioni
riunioni interparlamentari
Conferenza dei Presidenti delle Commissioni competenti
in materia di giustizia e affari interni dei Parlamenti dell’UE
Nicosia, 23 - 24 settembre 2012
n. 108
18 settembre 2012
Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)
I capitoli “Le politiche in materia di asilo in Italia” e “Le politiche in materia di immigrazione e integrazione in Italia” sono stati curati dal Servizio Studi, Dipartimento Istituzioni (' 066760.9475)
________________________________________________________________
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
I N D I C E
La politica dell’Unione europa in materia di asilo
· Il Sistema comune europeo di asilo
· La revisione del sistema di Dublino.
· Strumenti della cooperazione pratica
· La politica di asilo nell’ambito dell’approccio globale all’immigrazione.
· Strumenti finanziari 2014-2020
Le politiche in materia di asilo in Italia
· Il diritto di asilo e lo status di rifugiato
· Interventi recenti e prospettive future
· Le misure di protezione temporanea
L’integrazione dei cittadini di paesi terzi soggiornanti legalmente nel territorio dell’UE
· L’Agenda europea per l'integrazione
Le politiche in materia di immigrazione e integrazione in italia
· Le dimensioni del fenomeno migratorio
· I principi delle politiche migratorie
· L’integrazione e la cittadinanza
Il nuovo quadro giuridico UE per la protezione dei dati personali
La Conferenza si articola in tre sessioni dedicate, rispettivamente, ai seguenti temi:
· la realizzazione del Sistema comune europeo di asilo entro il 2012:
· la costruzione di una società inclusiva attraverso l’integrazione dei cittadini di paesi terzi legalmente soggiornanti nel territorio dell’Unione europea: sfide e migliori pratiche;
· la riforma del quadro giuridico dell’Unione in materia di protezione dei dati personali: la tutela del diritto alla privacy nell’era digitale, attraverso regole moderne per la protezione dei dati.
Per quanto riguarda la prima sessione, si ricorda che in base all’articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), “l'Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo (….) volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento. Detta politica deve essere conforme alla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e al protocollo del 31 gennaio 1967 relativi allo status dei rifugiati, e agli altri trattati pertinenti”. Nel rispetto di tali principi, la realizzazione di un Sistema comune europeo di asilo (CEAS-Common european Asylum System) entro il 2012, basato su una procedura comune e uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto l'asilo o la protezione sussidiaria, costituisce uno dei principali impegni sanciti dal Consiglio europeo nel Programma di Stoccolma per lo spazio di libertà sicurezza e giustizia 2010-2014.
La particolare pressione a cui sono stati recentemente esposti alcuni Stati membri mediterranei in seguito ai cambiamenti politici nel Nord Africa ha ulteriormente sollecitato la riflessione sulla necessità che tutti gli aspetti della politica europea di immigrazione e asilo siano fondati sul principio di solidarietà e equa ripartizione delle responsabilità, anche sul piano finanziario, secondo quanto stabilito dalll’articolo 80 TFUE[1].
La realizzazione del Sistema europeo comune di asilo ha richiesto innanzitutto l’avvio di un processo di revisione del quadro normativo UE vigente (il cd. Sistema di Dublino), volta a uniformare gli standard di accoglienza, limitare il fenomeno ancora esistente delle domande multiple (c.d. “asylum shopping”[2]) e offrire maggiore assistenza agli Stati membri più fortemente esposti.
A tal fine, è tuttora in corso, presso le istituzioni UE, l’esame delle proposte di modifica del cd. regolamento Dublino II[3] sulla determinazione dello Stato competente al trattamento delle domande di asilo, e delle direttive relative a norme di accoglienza[4] e procedure di concessione e revoca della protezione[5]: Una ulteriore proposta di regolamento riguarda il funzionamento della banca dati EURODAC e la sua utilizzazione da parte delle autorità di contrasto.
Particolarmente impegnativi sono apparsi finora i negoziati sulle modifiche al cd. regolamento Dublino II recante criteri per l’individuazione dello Stato membro competente al trattamento di una domanda di asilo, soprattutto a causa dello scarso favore manifestato da molti Stati membri in merito alla proposta della Commissione europea di inserire nel regolamento un meccanismo di emergenza. Il meccanismo di emergenza dovrebbe consentire la sospensione dei trasferimenti ai sensi della procedura Dublino verso lo Stato membro competente sia nei casi di particolare pressione sul medesimo Stato che disponga di capacità limitate di accoglienza e assorbimento sia laddove sussista il rischio che, a seguito di un trasferimento, il richiedente non benefici di norme di protezione adeguate nello Stato membro competente. Al fine di pervenire ad un accordo, nella riunione dell’8 giugno 2012 il Consiglio giustizia e affari interni ha proposto l’introduzione, in alternativa o parallelamente al meccanismo di emergenza, di un meccanismo di allarme rapido, di preparazione e di gestione delle crisi. Tale meccanismo sarebbe volto a valutare il funzionamento pratico dei regimi nazionali in materia di asilo, assistere gli Stati membri in stato di necessità ed evitare crisi in materia di asilo e si concentrerebbe pertanto sull'adozione di misure intese a evitare lo sviluppo delle crisi in materia di asilo piuttosto che affrontarne le conseguenze a posteriori.L’Italia si sarebbe espressa favorevolmente sia sul meccanismo di allarme rapido che sul meccanismo di emergenza. La Presidenza cipriota si è impegnata a promuovere il raggiungimento di un accordo, in vista dell’esame del testo in seconda lettura da parte del Parlamento europeo, che dovrebbe avere luogo nella plenaria del 21 novembre 2012.
Oltre che sulla revisione dell’attuale quadro giuridico, la realizzazione del Sistema europeo comune di asilo si baserà sul rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri, attraverso il pieno sviluppo delle potenzialità di strumenti già esistenti, quali l’Ufficio europeo di sostegno all’asilo e il Programma comune per il reinsediamento dei rifugiati[6], e l’introduzione di nuovi meccanismi, quali il sistema di ricollocazione interna[7].
A tale proposito si segnala che sia il Parlamento europeo, nella risoluzione sul programma di Stoccolma adottata il 25 novembre 2009, che il Governo italiano, in particolare nel corso del Consiglio giustizia e affari interni del giugno 2009, hanno segnalato l’opportunità che i meccanismi di ricollocazione interna abbiano carattere obbligatorio e non volontario, come nelle previsioni della Commissione europea.
Importanza fondamentale per la politica europea di asilo è riconosciuta al dialogo con i paesi terzi e agli accordi specifici per il partenariato con l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (ACNUR).
Per quanto riguarda la seconda sessione, merita segnalare che, nonostante l'elaborazione e l'attuazione delle politiche di integrazione siano di competenza e responsabilità degli Stati membri, le istituzioni UE sono tenute a svolgere un ruolo di promozione e sostegno, ai sensi dell’articolo 79, par. 4 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. In questo quadro, la Commissione europea ha recentemente presentato la comunicazione “Agenda europea per l'integrazione” (COM(2011)455) nella quale, tenendo conto delle esperienza già acquisita a livello di Unione e Stati membri, propone raccomandazioni e ambiti di intervento. Il 15 maggio 2012, la Commissione europea ha approvato il Programma Annuale 2012 per l’Italia a valere sul Fondo europeo per l'Integrazione di cittadini di Paesi Terzi (FEI)[8]. Il programma mette a disposizione oltre 34 milioni di euro per promuovere interventi di carattere nazionale e territoriale in favore degli immigrati, incentrati sul tema del dialogo interculturale, della mediazione sociale e del confronto tra popolazione migrante e società di accoglienza.
Relativamente alla terza sessione, si ricorda che il 25 gennaio 2012 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte volte all’istituzione di un nuovo quadro giuridico europeo per la protezione dei dati personali nell’Unione europea, comprendente:
Si segnala che sulla proposta di regolamento COM(2012)11 la XIV Commissione politiche dell’Unione europea ha adottato un parere motivato per violazione del principio di sussidiarietà. E’ attualmente in corso l’esame di merito presso la II Commissione giustizia
In base ai dati forniti da Eurostat[9] e dalla Commissione europea nella relazione annuale su immigrazione e asilo persentata il 30 maggio 2012(COM(2012)250), il numero dei richiedenti asilo avrebbe registrato nel 2011 un aumento del 16,8% rispetto al 2010, raggiungendo un totale superiore a 302 mila unità e mettendo alla prova i sistemi di asilo di vari Stati membri. In termini assoluti, il maggior numero di richiedenti protezione internazionale si riscontrerebbe in Italia (4225 richieste in più rispetto allo stesso periodo del 2010), Belgio (2255) e Francia (1925). In termini relativi, Malta si confermerebbe il paese con il maggior numero di richiedenti rispetto al numero di abitanti (secondo le elaborazioni Eurostat 3820 richiedenti per milione di abitanti), avendo registrato, in conseguenza della crisi nel Nord Africa, un numero di richieste 56 volte maggiore che nel secondo trimestre 2010(1.595 richieste rispetto alle 25 dello stesso periodo del 2010).
I richiedenti asilo proverrebbero principalmente dall'Afghanistan (28 mila), dalla Federazione russa (18 200), dal Pakistan (15 700), dall'Iraq (15 200) e dalla Serbia (13 900). Nel 25% dei casi, riguardati 59.465 persone, le richieste di protezione sarebbero state accolte in prima istanza (28.995 rifugiati, 21.400 beneficiari di protezione sussidiaria, 9 065 beneficiari di protezione per motivi umanitari).
L’impegno dell’Unione europea nella realizzazione di una politica di asilo comune che superi definitivamente le divergenze ancora esistenti tra i diversi ordinamenti nazionali è sancito, come ricordato in precedenza, dall’articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Il c.d. programma di Stoccolma per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia 2010-2014 ha fissato come obiettivo la creazione entro il 2012 di un Sistema comune europeo di asilo (CEAS-Common european Asylum System), basato su una procedura comune di asilo e uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto l'asilo o la protezione sussidiaria e da realizzare attraverso la modifica degli strumenti legislativi attualmente vigenti. Accanto agli interventi legislativi necessari all’istituzione di un sistema giuridico comune, il programma di Stoccolma impegna le istituzioni UE e gli Stati membri al potenziamento della cooperazione tra i servizi nazionali di asilo, in particolare attraverso l’elaborazione di meccanismi di reinsediamento e, in prospettiva, di ricollocazione, dei beneficiari di protezione internazionale e la piena operatività dell’Ufficio europeo di sostegno all’asilo.
Importanza fondamentale è infine riconosciuta al dialogo con i paesi terzi e agli accordi specifici per il partenariato con l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (ACNUR).
La realizzazione del Sistema comune europeo di asilo entro la fine del 2012, costitusce l’esito ultimo di un processo di progressivo avvicinamento delle legislazioni nazionali in materia le cui tappe sono state delineate nei programmi pluriennali per lo spazio di libertà sicurezza e giustizia, succedutisi a partire dal 1999. La prima fase del processo (1999-2004, con i programmi pluriennali di Tampere e dell’Aia) ha comportato l'adozione di un importante numero di strumenti giuridici che istituiscono norme minime comuni circa le condizioni di accoglienza per richiedenti asilo (direttiva 2003/9/CE), le procedure di asilo (direttiva2005/85/CE) e i requisiti per l'attribuzione della qualifica di persona bisognosa di protezione internazionale (direttiva 2004/83/CE), ma anche norme per la determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo (il cosiddetto "sistema di Dublino"). Il cd sistema di Dublino, attualmente in vigore,si basa essenzialmente sul Regolamento (CE) n. 343/2003 (regolamento Dublino II) volto a determinare quale Stato membero sia competente ad esaminare una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri dell’Unione europea. Attraverso il regolamento è stato integrato nel quadro giuridico dell’unione il contenuto della preesistente Convenzione di Dublino[10] relativa alla competenza degli Stati membri nel trattamento delle domande.
La seconda fase del processo, attualmente in corso e recante la definitiva realizzazione di un sistema comune europeo di asilo prevede, come già ricordato, la revisione della citata normativa vigente.
Al fine di realizzare il Sistema comune europeo di asilo,che permetta di garantire elevati e uniformi standard di accoglienza e limitare il fenomeno ancora esistente delle domande multiple (c.d. “asylum shopping”[11]) e offrire maggiore assistenza agli Stati membri più fortemente esposti, sono attualmente all’esame delle istituzioni UE le seguenti proposte legislative:
· proposta di regolamento che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo (COM(2008)820) (rifusione del regolamento CE n. 343/2003, cd. regolamento Dublino II), L’esame della proposta in seconda lettura da parte del Parlamento europeo è previsto per il 21 novembre 2012;
· proposta modificata di direttiva relativa a procedure per la concessione e la revoca dello status conferito dalla protezione internazionale (COM(2011)319) (rifusione della direttiva 2005/85/CE);
· proposta modificata di direttiva recante norme per l’accoglienza dei richiedenti asilo (COM(2011)320) (rifusione della direttiva 2003/9/CE);
· proposta modificata di regolamento che istituisce l'"EURODAC" per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento (CE) n. [.../...] (Dublino II) e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto (COM(2012)254).
Si ricorda inoltre che l’11 maggio 2011 è stata approvata la direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio che estende ai beneficiari di protezione internazionale l’ambito applicazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo.
Oltre alla revisione del quadro giuridico esistente, la realizzazione di un Sistema comune europeo di asilo richiede la piena esplicazione delle potenzialità degli strumenti per la cooperazione pratica già esistenti, quali l’Ufficio europeo di sostegno all’asilo e il Programma comune per il reinsediamento dei rifugiati, o in via di istituzione, come il sistema di riallocazione interna. L’importanza di tali strumenti è stata ribadita nelle Conclusioni del Consiglio dell’8 marzo 2012 su un quadro comune per una reale e concreta solidarietà nei confronti degli Stati membri i cui sistemi di asilo subiscono particolari pressioni, anche a causa di flussi migratori misti.
Tra le misure di cooperazione pratica si segnala che dal giugno 2011 è operativo l’Ufficio europeo di sostegno all’asilo con sede a La Valletta (Malta).
Istituito con il Regolamento (UE) n.439/2010 l’Ufficio ha le seguenti finalità:
- facilitare, coordinare e rafforzare la cooperazione pratica in materia di asilo fra gli Stati membri e contribuire a una migliore attuazione del Sistema europeo comune di asilo;
- fornire un sostegno operativo efficace agli Stati membri i cui sistemi di asilo e accoglienza sono sottoposti ad una pressione particolare, facendo appello a tutte le risorse utili a sua disposizione, che possono includere il coordinamento delle risorse fornite dagli Stati membri alle condizioni previste dal regolamento stesso;
- prestare assistenza scientifica e tecnica in relazione alle politiche e alla legislazione dell'Unione in tutti i settori che hanno ripercussioni dirette o indirette sull’asilo, in quanto fonte indipendente di informazioni su tutte le questioni rientranti in tali ambiti.
L’Unione europea si è inoltre dotata di un programma comune per favorire il reinsediamento dei rifugiati .Tale meccanismo, finanziato dal Fondo europeo per i rifugiati[12] è stato illustrato dalla Commissione europea nella comunicazione sull’istituzione di un programma comune di reinsediamento (COM(2009)447), presentata nel settembre 2009 Il programma si riferisce esclusivamente ai reinsediamenti negli Stati membri UE, su base volontaria, di persone che già beneficiano di protezione internazionale in un Paese terzo e non riguarda pertanto la redistribuzione interna (ricollocazione) dei rifugiati tra Stati membri UE.
Nel giugno 2009 la Commissione ha avviato il progetto pilota EUREMA (EU Relocation Malta Project – Progetto UE di ricollocazione da Malta), cofinanziato dal Fondo europeo per i rifugiati per un importo di circa 2 milioni di euro, per la ricollocazione di 260 beneficiari di protezione internazionali dall’isola di Malta in altri Stati membri, su base volontaria. Al progetto, conclusosi nell’estate 2011, hanno partecipato dieci Stati membri (Francia, Germania, Regno Unito, Portogallo, Lussemburgo, Ungheria, Polonia, Slovenia, Slovacchia e Romania).
Oltre che ad alleggerire la pressione sull’isola, il progetto pilota ha costituito l’occasione per verificare la possibilità di istituire un vero e proprio meccanismo permanente UE di ricollocazione interna, che, su base volontaria, permetta di ridistribuire in termini di maggiore equità tra i diversi Stati membri i beneficiari di protezione internazionale presenti in Stati membri particolarmente esposti al fenomeno, al fine ultimo di garantire standard di accoglienza costantemente adeguati in tutto il territorio dell’Unione europea. Una proposta relativa all’istituzione di tale meccanismo dovrebbe essere presentata dalla Commissione europea nel corso del 2012[13].
A tale proposito si segnala che sia il Parlamento europeo, nella risoluzione sul programma di Stoccolma adottata il 25 novembre 2009, che il Governo italiano, in particolare nel corso del Consiglio giustizia e affari interni del giugno 2009, hanno segnalato l’opportunità che i meccanismi di ricollocazione interna abbiano carattere obbligatorio.
Nella risoluzione dell’11 settembre 2012 sul rafforzamento della solidarietà all'interno dell'UE in materia di asilo, il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a includere nella sua futura proposta legislativa un " criterio di ripartizione unionale" per la ricollocazione dei beneficiari di protezione internazionale, che tenga conto degli interessi dei beneficiari, delle capacità d'integrazione e di indicatori oggettivi per gli Stati membri, quali il PIL, la popolazione e la superficie.
La primavera araba e gli eventi verificatisi nel 2011 nel Mediterraneo meridionale hanno confermato la necessità che l'Unione europea adotti una politica di migrazione coerente e globale, fondata su una rinnovata cooperazione con i paesi terzi.
Per gestire l’emergenza umanitaria causata dall’improvviso afflusso di migranti e di rifugiati nei paesi confinanti con la Libia, la Commissione europea ha destinato 40 dei 102 milioni di euro concessi in tutto dall’Unione europea – Commissione e Stati membri insieme – per evacuare e rimpatriare i cittadini di paesi terzi e per offrire assistenza alle persone in stato di necessità in Libia e nei paesi vicini. Ciò è stato possibile anche grazie alla cooperazione con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM), l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), il Comitato internazionale della Croce rossa (ICRC) e altre organizzazioni internazionali. La Commissione europea ha sottolinato che l’intervento dell’Unione è stato di vitale importanza nel ridurre la pressione esercitata dal numero elevatissimo di sfollati accolti da Tunisia ed Egitto sulle capacità ricettive di tali paesi.
L’Unione europea ha inoltre previsto un programma di protezione regionale rivolto a Egitto, Libia e Tunisia, allo scopo di aumentare la possibilità di assistere i rifugiati che si trovano in tali paesi e di sviluppare, a livello locale, la legislazione e la capacità amministrativa necessarie a gestire questa situazione conformemente alle norme internazionali, e includente anche una politica di reinsediamento dei rifugiati.
Accanto alle iniziative dirette ad affrontare l’emergenza, nella comunicazione del 24 maggio 2011 “Dialogo con i paesi del Sud del Mediterraneo per la migrazione, la mobilità e la sicurezza” (COM(2011)292),la Commissione europea ha presentato proposte politiche e misure operative di lungo termine che investono gli ambiti della migrazione, della mobilità, dell’integrazione e della protezione internazionale. In seguito alla piena approvazione di tali proposte da parte del Consiglio europeo del 23-24 giugno, l'Unione ha avviato all'inizio di ottobre 2011, dialoghi in materia di migrazione, mobilità e sicurezza con la Tunisia e il Marocco e iniziato i preparativi necessari per un dialogo con l'Egitto. Seguiranno dialoghi dello stesso tipo con altri paesi del Mediterraneo meridionale, in particolare con la Libia, non appena la situazione politica lo permetterà.
Il “Dialogo con i paesi del Sud del Mediterraneo per la migrazione, la mobilità e la sicurezza” rientra a pieno titolo tra gli strumenti dell’Approccio globale in materia di migrazione, che costituisce l’orientamento politico generale in materia, elaborato dall’Unione europea a partire dal 2005.
A tale proposito si ricorda che il documento “Approccio globale in materia di migrazione: azioni prioritarie incentrate sull'Africa e il Mediterraneo”, fu adottato nel 2005, in attuazione del programma dell’Aia per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia 2005-2009. L’approccio globale mira a formulare politiche coerenti ed integrate che abbraccino tutte le fasi del fenomeno (cause di fondo, politiche in materia di ingresso e ammissione, politiche in materia di integrazione e rimpatrio) facendo convergere le attività di differenti settori (sviluppo, affari sociali e impiego, relazioni esterne, giustizia e affari interni) e promuovendo una stretta collaborazione con i paesi d’origine e di transito, ispirata ai principi di solidarietà e condivisione delle responsabilità. E’ del 18 novembre scorso la comunicazione “L’approccio globale in materia di migrazione e mobilità” (COM(2011)743), nella quale i principi già delineati nel 2005 vengono aggiornati alla luce dell’evoluzione normativa dell’Unione europea e dei recenti cambiamenti nel Mediterraneo del Sud.
I programmi di sostegno alle politiche di asilo rientrano nellìambito del settore affari interni. L’impegno finanziario dell’Unione europea per gli affari interni è indicato nella Comunicazione “Costruire un’Europa aperta e sicura: il budget Affari interni per il periodo 2014-2020” COM(2011)749, presentata dalla Commissione europea il 15 novembre scorso:
Dotazione complessiva 2014-2020 |
10,911 miliardi di euro |
Fondo “ Asilo e immigrazione” |
3,869 miliardi di euro |
Fondo per la sicurezza interna, compresi i nuovi sistemi di informazione su larga scala |
4,648 miliardi di euro |
Sistemi informatici attuali (tra cui SIS II e VIS) |
822 milioni di euro |
Agenzie (Europol, Frontex, BEA, Cepol et OEDT) |
1, 572 miliardi di euro |
Rispetto alle prospettive finanziarie 2007-2013, la Commissione aumenta la dotazione complessiva (10.911 milioni di euro a fronte dei 6.449 milioni di euro per il periodo 2007-2013. L’importo non riguarda solo la spesa legata ai programmi finanziari, ma anche il finanziamento dei sistemi di tecnologie dell’informazione su larga scala e delle agenzie dell’Unione che operano nel settore degli affari interni) e semplifica la struttura degli strumenti di spesa riconducendo gli interventi a due soli programmi, rispetto agli attuali sei[14]
· il Fondo “Asilo e immigrazione”, strumento unicoche sosterrà azioni in materia di asilo e di migrazione, integrazione di cittadini di paesi terzi e rimpatrio;
· il Fondo per la sicurezza interna, che si sostanzia in due strumenti finanziari distinti, volti a fornire sostegno rispettivamente alle iniziative nell'ambito delle frontiere esterne e alle iniziative riguardanti la cooperazione di polizia.
In particolare, la proposta di regolamento COM(2011)751 che istitusce il Fondo “Asilo e immigrazione”, presentata il 15 novembre 2011, prevede una dotazione pari a 3, 869 miliardi di euro. Il Fondo è inteso a contribuire ai seguenti obiettivi specifici: rafforzare e sviluppare il regime europeo comune di asilo; favorire l’immigrazione legale verso l’Unione in funzione dei bisogni economici e sociali degli Stati membri e promuovere l’integrazione effettiva dei richiedenti asilo e dei beneficiari di protezione internazionale; promuovere strategie di rimpatrio eque ed efficaci e la riammissione effettiva nei paesi di origine; approfondire la solidarietà e la condivisione delle responsabilità tra Stati membri, in particolare in favore degli Stati più esposti al flusso di immigrati e richiedenti asilo, anche attraverso il finanziamento di azioni volte al reinserimento o alla ricollocazione di richiedenti o beneficiari di protezione internazionale.
Il diritto di asilo è tra i diritti fondamentali dell’uomo riconosciuti dal nostro ordinamento.
L’articolo 10, terzo comma, della Costituzione prevede, infatti, che lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Anche se i due termini sono spesso usati come sinonimi, l’istituto del diritto di asilo non coincide con quello del riconoscimento dello status di rifugiato, per il quale non è sufficiente che nel Paese di origine siano generalmente conculcate le libertà fondamentali, ma il singolo richiedente deve aver subito, o avere il fondato timore di poter subire, specifici atti di persecuzione.
Il dettato costituzionale sul diritto di asilo non è stato attuato, mancando ancora una legge organica che ne stabilisca le condizioni di esercizio, anche se la giurisprudenza ha stabilito la possibilità di riconoscere il diritto di asilo allo straniero anche in assenza di una disciplina apposita[15] .
Il riconoscimento dello status di rifugiato è, invece, entrato nel nostro ordinamento con l’adesione alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951[16], che definisce lo status di rifugiato, e alla Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990, sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri della Comunità europea[17].
Nella XV legislatura la materia ha avuto una regolamentazione dettagliata ad opera di due decreti legislativi, il n. 251/2007 e 25/2008, entrambi di recepimento della normativa comunitaria: il primo della direttiva 2004/83/CE (la cosiddetta direttiva “qualifiche”), il secondo della direttiva 2005/85/CE (cosiddetta direttiva “procedure”).
Anche l’attuazione dell’art. 10 Cost. è stata oggetto di alcuni progetti di legge esaminati dalla I Commissione (Affari costituzionali) della Camera senza, però, che si giungesse alla loro approvazione.
La nuova disciplina sostituisce pressoché interamente quella recata dal D.L. 416/1989[18] (la cosiddetta “legge Martelli”) che originariamente aveva ad oggetto sia la condizione giuridica degli immigrati, sia dei rifugiati. Nel 1998 la parte relativa all’immigrazione è stata abrogata e sostituita dal testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e le norma sulla condizione dello straniero (il D.Lgs. 286 del 1998[19]). Della legge Martelli rimaneva in vigore unicamente la parte concernente i rifugiati, contenuta nell’art. 1, successivamente modificato dalla L. 189/2002[20].
Quest’ultima legge (la cosiddetta “legge Bossi-Fini”), oltre a intervenire sulla disciplina generale dell’immigrazione, attraverso una profonda revisione del testo unico del 1998, ha integrato le disposizioni sul diritto di asilo contenute nella legge Martelli.
Si trattò di un esplicito intervento di carattere transitorio adottato in attesa di una disciplina organica dell’intera materia. Si ricorda, infatti, che all’epoca erano in corso di discussione in ambito UE le proposte che hanno poi originato le due direttive sui rifugiati.
Obiettivo della legge era soprattutto di risolvere il problema dell’abuso delle richieste di asilo, presentate per eludere le norme sull’immigrazione. La legge ha anticipato alcuni contenuti presenti nella nuova disciplina, quali l’istituzione delle commissioni territoriali e l’introduzione di una procedura semplificata per le domande di asilo.
Come si è detto, la riforma introdotta dai due provvedimenti di attuazione sostituisce la normativa contenuta nella legge Martelli (come modificata dalla Bossi Fini) che viene quasi completamente abrogata.
I due decreti legislativi affrontano aspetti diversi della materia: il D.Lgs. 251/2007 (di attuazione della direttiva “qualifiche”) disciplina, da una lato, l’insieme dei diritti e delle prerogative di coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato o il riconoscimento della protezione sussidiaria e, dall’altro, le norme minime relative alla loro attribuzione: criteri e modalità di valutazione della domanda, requisiti per il riconoscimento dello status, fra cui l’individuazione degli atti e dei motivi di persecuzione da considerare ai fini del riconoscimento, criteri per l’esclusione o la cessazione dello status.
Queste ultime disposizioni, sono strettamente collegate con l’oggetto principale del D.Lgs. 25/2008 (di recepimento della direttiva “procedure”), ossia i procedimenti di presentazione e di esame della domanda di protezione, nonché le procedure di revoca e cessazione della protezione e le garanzie attribuite al richiedente in ogni fase del procedimento. Il provvedimento, inoltre, regolamenta i procedimenti e le modalità di impugnazione delle decisioni da parte del richiedente asilo.
In particolare, il procedimento prevede che le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato sono presentate agli uffici di polizia di frontiera all’atto di ingresso o alle questure se il richiedente risiede già nel territorio nazionale (art. 3 D.Lgs. 25/2008). Le domande sono poi trasmesse alle Commissioni territoriali competenti che decidono in ordine al loro accoglimento. Nel corso dell’esame della domanda, il richiedente ha diritto a rimanere nel territorio dello Stato (art. 7 D.Lgs. 25/2008).
Come accennato, una parte residuale della legge Martelli rimane in vigore: si tratta del sistema di accoglienza e protezione, sia dei richiedenti asilo, sia dei rifugiati, che continua a trovare fondamento negli articoli 1, sexies (sistema di protezione) e 1-septies (finanziamento del sistema di protezione) del decreto legge 416/1989, introdotti dalla legge “Bossi-Fini”.
Ulteriori disposizioni in materia di accoglienza sono contenuti nel decreto legislativo n. 140/2005[21], anch’esso di derivazione comunitaria.
Inoltre, altre disposizioni in materia di rifugiati si rinvengono nel testo unico sull’immigrazione, quali il divieto di espulsione e di respingimento degli stranieri (non refoulement) che possono essere oggetto di persecuzione nel proprio Paese (art. 19 T.U.) e il riconoscimento del diritto al ricongiungimento familiare anche per i rifugiati (art. 29-bis del T.U., introdotto dal D.Lgs. 5/2007[22]).
Nella attuale legislatura il procedimento di riconoscimento dello status di rifugiato di cui al D.Lgs. 25/2008 è stato modificato in più punti dal D.Lgs. 159/2008.
Il provvedimento fa parte del “pacchetto sicurezza” approvato dal Consiglio dei ministri tenutosi a Napoli il 21 maggio 2008: una serie di misure legislative in materia di sicurezza dove ampio spazio è dedicato alle disposizioni volte a contrastare l’immigrazione clandestina e a fare fronte a questioni di ordine e sicurezza pubblica connesse con il fenomeno migratorio.
L’intervento normativo, come emerge dalla relazione illustrativa dello schema trasmesso alle Camere per il parere, è stato predisposto al fine di evitare l’uso strumentale della domanda di asilo come mezzo per permanere in Italia senza essere in possesso dei requisiti.
Tra le modifiche principali alla disciplina previgente si ricorda l’introduzione della possibilità da parte del prefetto di stabilire un luogo di residenza ove il richiedente asilo possa circolare e il trasferimento del potere di nomina delle commissioni territoriali per l’esame delle domande dal Presidente del Consiglio al Ministro dell’interno.
Inoltre, lo straniero che risulta già destinatario di un provvedimento di espulsione o di respingimento, nel caso in cui presenti domanda di protezione internazionale, deve rimanere nel centro di identificazione ed espulsione nel quale si trova (si tratta degli ex centri di permanenza temporanea e assistenza, così ridenominati dal D.L. 92/2008).
Anche la legge sulla sicurezza (L. 15 luglio 2009 n. 94, Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), uno dei pilastri del pacchetto, reca una disposizione che incide sul procedimento di riconoscimento dello status di rifugiato: si prevede la possibilità per il Ministro dell’interno di partecipare al giudizio in caso di ricorso giurisdizionale avverso le decisioni relative alle domande di riconoscimento (art. 1, comma 13).
Nel maggio 2009 il Ministro dell’interno pro tempore è intervenuto al Senato sulle questioni dell’immigrazione e dell’asilo, anche per fornire informazioni sui respingimenti di immigrati clandestini su imbarcazioni intercettate in acque internazionali avvenuti nei giorni precedenti .
Il Ministro ha dichiarato che la politica che il Governo persegue è in linea con gli impegni contenuti nel Patto europeo sull'immigrazione e sul diritto di asilo, firmato nell'ottobre 2008, i cui principi sono: organizzare l'immigrazione legale, tenendo conto delle priorità, dei bisogni e delle capacità di accoglienza stabilite da ciascun Stato membro e favorirne l'integrazione; combattere l'immigrazione clandestina assicurando il ritorno degli stranieri in posizione irregolare nel Paese di origine; rafforzare l'efficacia dei controlli alle frontiere dell'Unione europea; costruire un'Europa dell'asilo; creare un partenariato globale con i Paesi di origine e di transito degli immigrati che favorisca le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo.
Tra le questioni che l’Italia ritiene prioritarie il Ministro ha ricordato l'individuazione di meccanismi di garanzia del diritto d'asilo Unione europea-UNHCR al di fuori del territorio dell'Unione, in particolare nei Paesi del Nord-Africa e l’applicazione da parte comunitaria, in particolare per i richiedenti asilo, del principio del burden sharing, principio di solidarietà per l'accoglienza e la distribuzione dei richiedenti asilo su tutto il territorio dell'Unione europea.
Ciò anche in considerazione del significativo aumento delle domande di asilo presentate nel 2008 che pongono l’Italia al quarto posto della classifica mondiale.
Per quanto riguarda l’azione del Governo, il Ministro ha ricordato il potenziamento delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale (da 7 a 15) per ridurre i tempio di definizione delle domande e l’aumento degli stanziamenti per il Fondo nazionale asilo passati da 21 milioni del 2008 a 30 milioni del 2009, di cui una parte limitata di provenienza comunitaria.
I servizi di assistenza e di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati sono svolti principalmente dagli enti locali.
La L. 189/2002 ha soppresso la corresponsione di un contributo di prima assistenza per 45 giorni da parte del Ministero dell’interno in favore dei richiedenti asilo privi di mezzi (art. 1, comma 7, DL 416/1989).
In luogo di tale contributo l’articolo 1-sexies del medesimo D.L. 416/1989 (introdotto dall’art. 32 della legge 189/2002), disciplina un sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati:
· consentendo agli enti locali di accogliere nell’àmbito dei servizi di accoglienza da essi apprestati i richiedenti asilo privi di mezzi di sussistenza, ove non ricorrano le condizioni (previste dai precedenti articoli 1-bis e 1-ter) di trattenimento nei centri di identificazione (comma 1);
· prevedendo (commi 2 e 3) forme di sostegno finanziario apprestate dal Ministero dell’interno e poste a carico di un fondo ad hoc (Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo) istituito dal successivo articolo 1-septies;
· prevedendo l’attivazione (ad opera del Ministero dell’interno) e l’affidamento, mediante convenzione, all’ANCI di un servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali che prestano i servizi di accoglienza (commi 4-6).
Il D.L. 195/2002, art. 2, comma 8, chiarisce che i soggetti destinatari dei servizi di accoglienza richiamati all’articolo 1-sexies del D.L. 416/1989, sono gli stranieri titolari di permesso umanitario di cui all’articolo 5, comma 6, del testo unico. Ai sensi del citato articolo 5, comma 6, è possibile disporre il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno sulla base di convenzioni o accordi internazionali quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, “salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”.
Il Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo (art. 1-septies) destinato a finanziarie le iniziative degli enti locali è alimentato da:
· apposite risorse iscritte nel bilancio di previsione del Ministero dell’interno;
· assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati[23];
· donazioni private.
Le disponibilità del Fondo sono assegnate annualmente con decreto del Ministro dell’interno, e sono destinate alle iniziative dei comuni e province, in misura non superiore all’80% del costo complessivo di ciascuna iniziativa territoriale (artt. 1-sexies e 1- septies D.L. 416/1989).
Con il decreto del Ministro dell’interno del 23 luglio 2003 si è provveduto alla prima ripartizione tra i comuni del fondo per un importo complessivo di circa 9 milioni di euro per l’esercizio 2003, per il 2004 lo stanziamento è stato di 9,7 milioni di euro (decreti 25 maggio e 26 novembre 2004.[24]
Con decreto del capo del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione 25 maggio 2006 (non pubblicato in Gazzetta ufficiale) è stata fissata la capacità ricettiva massima del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati per l'anno 2007. Il provvedimento fissa la misura di posti n. 2.350 (di cui una parte riservata per le categorie più vulnerabili individuate dall’art. 6, co. 1 del precedente D.M. 28 novembre 2005, come modificato dal D.M. 27 giugno 2007).
Per il 2008 l’importo assegnato è di circa 21 milioni (D.M. 10 aprile 2008) e per 2009 di 29,4 milioni (D.M. 8 maggio 2009).
Il sistema nazionale di accoglienza ha trovato il suo completamento con l’adozione del D.Lgs. 140/2005 di attuazione della disciplina comunitaria in materia di accoglienza dei richiedenti asilo[25].
Si prevede che l’accoglienza dei richiedenti asilo privi di mezzi di sussistenza sia disposta preferibilmente presso i servizi attivati dagli enti locali e, in caso di indisponibilità, nei centri di identificazione o nei centri di accoglienza allestiti ai sensi della legge 563/1995 (cosiddetta “legge Puglia”). Agli interessati è rilasciato il permesso di soggiorno. Qualora dopo sei mesi non sia stata adottata le decisione sulla domanda di asilo, il permesso di soggiorno è rinnovato per sei mesi e consente di svolgere attività lavorativa.
Nel caso di profughi che lasciano il proprio Paese non a causa di misure di discriminazione individuale cui siano stati sottoposti, bensì al verificarsi di gravi eventi (guerra civile, violenze generalizzate, aggressioni esterne, catastrofi naturali ecc.) non è prevista nel nostro ordinamento la possibilità di richiedere il riconoscimento dello status di rifugiato.
Tuttavia, il testo unico sull’immigrazione consente di far fronte a emergenze umanitarie causate da eventi eccezionali. In tali circostanze è possibile per il Governo determinare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri gli interventi di protezione temporanea necessari per accogliere in maniera tempestiva e adeguata le popolazioni sfollate che dovessero raggiungere in massa il territorio italiano (art. 20, D.Lgs. 286/1998).
Tale disposizione è stata applicata per la prima volta nel 1999 in occasione della crisi che ha interessato i territori dell’area balcanica, in seguito della quale sono giunti in Italia circa 30.000 stranieri di diversa etnia (kosovari, serbi, montenegrini).
Per oltre 18.000 di loro era stato previsto con il D.P.C.M. 12 maggio 1999 il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione temporanea e l’assistenza in strutture individuate o realizzate nel territorio nazionale con oneri a carico del Ministero dell’interno.
Gli altri 12.000 circa avevano presentato domanda di riconoscimento dello status di rifugiato.
In base alle statistiche demografiche relative al 2010 (dati Eurostat), gli stranieri residenti nei 27 Stati membri dell'UE sarebbero 32,4 milioni (6,5% della popolazione totale), 12,3 milioni dei quali cittadini UE-27 residenti in un altro Stato membro e 20,1 milioni cittadini di paesi non UE-27 (4% della popolazione totale).
Il Trattato di Lisbona ha fornito una base giuridica esplicita per agevolare le politiche di integrazione. L’articolo 79, par 4 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, pur escludendo qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri, riconosce al Parlamento europeo e al Consiglio, la facoltà di stabilire, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, misure volte ad incentivare e sostenere l’azione degli Stati membri al fine di favorire l’integrazione dei cittadini di paesi terzi[26] regolarmente soggiornanti nel territorio.
La strategia Europa 2020 e il programma di Stoccolma per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia 2010-2014, riconoscono tutte le potenzialità dell'immigrazione ai fini di un'economia sostenibile e competitiva e individuano come chiaro obiettivo politico la reale integrazione degli immigrati regolari, sostenuta dal rispetto e dalla promozione dei diritti umani. L'Analisi annuale della crescita 2011 (COM(2011)11, allegato 2, relazione macroeconomica) passa in rassegna gli interventi necessari affinché l'Unione possa progredire verso il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020, sottolinea la necessità di riforme urgenti per migliorare le competenze di cittadini nazionali e immigrati e creare incentivi al lavoro.
In tale quadro il 20 settembre 2011 la Commissione europa ha presentato la comunicazione “Agenda europea per l'integrazione” (COM(2011)455) nella quale, tenendo conto delle esperienza già acquisita a livello di Unione e Stati membri, individua le sfide che l'integrazione pone all'Europa e propone raccomandazioni e ambiti di intervento.
La Commissione sottolinea la sussistenza dei seguenti ostacoli ad una efficace integrazione: i livelli occupazionali tuttora bassi della forza lavoro immigrata, soprattutto femminile; la crescente disoccupazione e gli alti tassi di forza lavoro immigrata sovra qualificata; il rischio crescente di esclusione sociale; le disparità in termini di rendimento scolastico; l'apprensione pubblica per la scarsa integrazione.
Per far fronte a tali sfide irrisolte, la Commissione raccomanda azioni in tre settori chiave: l'integrazione tramite la partecipazione; più azione a livello locale; coinvolgimento dei paesi di origine.
In particolare la Commissione europea raccomanda agli Stati membri di:
· organizzare corsi di lingua che rispondano alle esigenze evolutive degli immigrati nelle diverse fasi del processo di integrazione;
· predisporre programmi introduttivi per i nuovi arrivati, come corsi di lingua e di educazione civica. Questi programmi dovrebbero tener conto dei bisogni specifici delle immigrate per promuoverne la partecipazione al mercato del lavoro e l'indipendenza economica;
· perfezionare i metodi per il riconoscimento delle qualifiche e delle competenze dei migranti;
· favorire la partecipazione degli immigrati con politiche attive del mercato del lavoro;
· concentrare gli sforzi nei sistemi educativi conferendo a insegnanti e dirigenti scolastici le competenze necessarie per gestire la diversità, assumendo insegnanti con un passato di immigrazione e favorendo la partecipazione dei figli di immigrati all'educazione e assistenza della prima infanzia;
· predisporre misure per attuare nella pratica il principio della parità di trattamento e prevenire la discriminazione istituzionale e forme quotidiane di discriminazione;
· rimuovere gli ostacoli alla partecipazione politica degli immigrati e coinvolgere di più i rappresentanti degli immigrati nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche e dei programmi di integrazione.
Un'altra componente correlata è quella del ricongiungimento familiare.In tale contesto, nel novembre 2011 la Commissione europea ha lanciato una consultazione pubblica riguardante i modi per sviluppare questo tipo di migrazione senza perdere di vista l'obiettivo della direttiva 2003/86/CE e in particolare tutelando il diritto fondamentale alla vita familiare. Sulla base dei contributi ricevuti, la Commissione deciderà le prossime iniziative.
Per quanto riguarda il coinvolgimento dei paesi di origine, la Commissione europea ritiene che essi dovrebbero impegnarsi in tre ambiti specifici:
· Misure a sostegno dell'integrazione prima della partenza
Prima della partenza, i paesi d'origine possono venire incontro ai migranti informandoli, ad esempio, sui visti necessari o sui permessi di soggiorno e offrendo loro corsi di lingua o formazioni professionali che ne sviluppino le competenze.
· Contatti costruttivi tra diaspore e paesi d'origine
Le rimesse e il trasferimento di competenze, innovazione e conoscenze possono incentivare investimenti sostenibili nei paesi d'origine favorendone lo sviluppo. Importante inoltre la promozione di una strategia più dinamica a favore dell'imprenditoria transnazionale.
· Migrazione circolare e sviluppo dei paesi d'origine
Si dovrebbero definire un quadro di diritti per incentivare la migrazione temporanea e circolare, che garantisca uno status giuridico chiaro e faciliti la mobilità. I partenariati per la mobilità con i paesi terzi potrebbero diventare l'ambito in cui promuovere iniziative di integrazione negli Stati membri intese a beneficio anche dei paesi d'origine.
Con la decisione Decisione C(2012)3117 del 15 maggio 2012, la Commissione europea ha approvato il Programma Annuale 2012 per l’Italia del Fondo europeo per l'Integrazione di cittadini di Paesi Terzi (FEI). Il programma mette a disposizione oltre 34 milioni di euro per promuovere interventi di carattere nazionale e territoriale in favore degli immigrati, incentrati sul tema del dialogo interculturale, della mediazione sociale e del confronto tra popolazione migrante e società di accoglienza. Alcuni progetti saranno selezionati con avviso pubblico, mentre, in casi debitamente giustificati, le sovvenzioni saranno concesse senza invito a presentare proposte.
Nel programma Annuale 2012 sono previste 8 azioni:
· formazione linguistica ed educazione civica (dotazione totale pari a 22 milioni di euro, di cui 16,5 contributo UE)
L’azione intende promuovere la conoscenza della lingua italiana da parte dei cittadini di paesi terzi,anche ai fini dell’innalzamento dei livelli di istruzione e dello sviluppo e potenziamento delle competenze chiave di cittadinanza, nella prospettiva di una loro piena integrazione linguistica e sociale.
· orientamento al lavoro e sostegno all’occupabilità ( dotazione totale pari a 3 milioni di euro, di cui 2,25 contributo UE);
L’azione è finalizzata a promuovere l’occupabilità al lavoro di cittadini di Paesi terzi vulnerabili o in condizione di disagio occupazionale, tramite servizi di informazione, orientamento al lavoro e valorizzazione delle competenze informali, attraverso l’attivazione di servizi individuali personalizzati e finalizzati alla promozione dell’occupazione.
· progetti giovanili (dotazione totale pari a 6 milioni di euro, di cui 4,5 contributo UE);
L’azione intende realizzare interventi rivolti a minori e giovani di Paesi terzi, per sostenerli nel loro processo di crescita personale ed integrazione sociale, in particolare per favorire l’inserimento scolastico dei minori stranieri, attivare percorsi di accoglienza e sostegno per i minori stranieri non accompagnati, e coinvolgere le famiglie dei ragazzi nel processo di integrazione.
· informazione, comunicazione e sensibilizzazione (dotazione totale pari a 2,5 milioni di euro, di cui 1,875 contributo UE)
L’azione intende promuovere la conoscenza dei diritti, dei doveri e delle opportunità rivolte ai cittadini di Paesi terzi, nonché sensibilizzare cittadini stranieri ed italiani favorendo la conoscenza ed il rispetto reciproci.In particolare, si intende: realizzare un portale per l'integrazione; ideare una campagna informativa sull'accordo di integrazione e sui nuovi adempimenti che interessano i cittadini stranieri; migliorare l’integrazione sociale e professionale degli stranieri nei luoghi di lavoro, ridurre gli infortuni, divulgare la cultura della Responsabilità Sociale d’Impresa e trasmettere la cultura della sicurezza nel mondo del lavoro.
· mediazione interculturale (dotazione totale pari a 2,2 milioni di euro, di cui 1,65 contributo UE).
Si intendono attivare servizi di mediazione interculturale e linguistica per favorire l’efficacia della comunicazione e promuovere l’accesso dei cittadini di paesi terzi ai pubblici servizi.
· mediazione sociale e dialogo interculturale (dotazione totale pari a 4 milioni di euro, di cui 3 contributo UE).
L’azione intende promuovere interventi di mediazione sociale e gestione dei conflitti sociali in ambito locale e urbano, favorendo la conoscenza ed accettazione reciproca tra società d’accoglienza e collettività straniere.
· capacity building (dotazione totale pari a 5 milioni di euro, di cui 2,5 contributo UE).
L’azione intende migliorare i livelli di gestione ed erogazione dei servizi pubblici ed amministrativi rivolti ai cittadini di Paesi terzi;
· Scambio di esperienze e buone pratiche (dotazione totale pari a 1 milione di euro, di cui 500 mila euro contributo UE).
L’azione ha lo scopo di promuovere il confronto tra le politiche di integrazione, con focus trasversali specifici nei settori dell’inclusione finanziaria dei cittadini stranieri e della tutela dei minori sottoposti a procedimento penale.
Sono stati infine previsti circa 3 milioni di euro per l'assistenza tecnica relativa alle attività di preparazione, gestione, monitoraggio, valutazione, informazione e controllo dei progetti.
Gli stranieri regolari (tra comunitari ed extracomunitari) presenti nel nostro Paese sfiorano ormai la soglia dei cinque milioni. Infatti, secondo le stime dell’Istituto nazionale di statistica, sono 4 milioni 859 mila gli stranieri residenti nel nostro Paese alla fine del 2011[27].
Dopo anni di costante aumento, nell’ultimo periodo si registra un rallentamento dell’incremento della presenza straniera: rispetto al 1° gennaio 2011 l’incremento è 289 unità, inferiore a quello registrato nell’anno precedente (328 mila unità).
I dati dell’ISTAT si riferiscono agli stranieri iscritti all’anagrafe della popolazione residente e che presentano, quindi, caratteristiche insediative stabili. A questi devono aggiungersi gli stranieri regolarmente presenti ma che non hanno fatto richiesta o che non sono stati ancora registrati all’anagrafe. Se si tiene conto anche dei soggiornanti non residenti o non ancora registrati, il numero di stranieri regolari avrebbe, già nel corso del 2010, raggiunto i 5 milioni, attestandosi a 4 milioni 968 mila[28]. Secondo altre stime sarebbe stata superata anche la cifra di 5 milioni[29].
Secondo i dati ISTAT l’incidenza dei cittadini stranieri sulla popolazione complessiva è dell’8%, che consente ormai di annoverare l’Italia tra i grandi Paesi europei di immigrazione accanto a Germania, Spagna, Francia e Regno Unito.
Da rilevare che il saldo migratorio (+ 261 mila unità) consente al nostro Paese di mantenere un tasso di incremento della popolazione positivo (+ 224 mila unità) che altrimenti sarebbe negativo: infatti, a fronte di tale incremento, la popolazione di origine italiana scende sotto il 56 milioni (- 65 mila unità). Di particolare rilievo il forte tasso di nascita di bambini stranieri: su 556 mila bambini nati in Italia del 2011, il 18% proviene da donne straniere.
Nel lungo periodo il peso decisivo della presenza straniera nell’evoluzione demografica del Paese dovrebbe mantenrsi costante: secondo le stime del’lISTAT nel 2065 la popolazione residente in Italia si dovrebbe attestare a 61,3 milioni con una oscillazione, dovuta a variabili demografici, da un minimo di 53,4 milioni ad un massimo di 69,1 milioni. Con una dinamica naturale negativa per 11,5 milioni (28,5 milioni di nascite contro 40 milioni di decessi) e di una dinamica migratoria positiva per 12 milioni (17,9 milioni di ingressi contro 5,9 milioni di uscite)[30].
Accanto alla presenza regolare degli stranieri, è diffuso il fenomeno dell’immigrazione irregolare. Ovviamente, non ci sono stime ufficiali sul numero totale dei clandestini. Come accennato, un recente studio ipotizza una presenza irregolare in Italia di circa 433 persone all’inizio del 2011[31].
Per quanto concerne gli sbarchi di clandestini sulle coste italiane, dopo una fase di sostanziale diminuzione dei flussi, si è registrata nel 2011 una forte ripresa degli sbarchi legata alle crisi del Paesi del Nord Africa. Sono 62.692 gli stranieri sbarcati sulle coste italiane nel 2011 e 2.025 dal 1° gennaio al 9 maggio del 2012[32]. Si registra dunque una diminuzione nei primi mesi di quest’anno dei flussi: dal 1° gennaio al 6 aprile 2011 gli sbarchi nella sola Sicilia sono stati 390 per un totale di 25.867 persone, in gran parte tunisini[33].
Le politiche in materia di gestione dell’immigrazione economica in Europa si sono realizzate principalmente attorno a tre modelli: il modello francese di tipo assimilazionista, quello multicultarista britannico e quello tedesco basato sul concetto del lavoratore ospite (Gasterbeiter). Ciascuno dei modelli trae origine dalle modalità con cui in questi tre Paesi si è posta la questione migratoria e presentano ognuno aspetti positivi e negativi.
Il nostro Paese, forse perché solamente di recente è diventato meta di importanti flussi migratori, e anche a causa di una lunga tradizione di emigrazione, non ha aderito in modo preciso a nessuno di questi modelli e la nostra gestione delle politiche migratorie potrebbe essere descritta come di tipo empirico, ossia improntata alla adozione delle misure di volta in volta ritenute necessarie.
Comunque si possono riconoscere alcuni punti definiti nelle politiche migratorie italiane, soprattutto a partire dalla fine degli anni ’90, quando viene superata una gestione emergenziale del fenomeno migratorio, allora agli inizi, caratterizzata da provvedimenti di necessità e urgenza, in favore di un quadro normativo più stabile e strutturato.
I princìpi fondamentali che sono alla base della normativa che viene formandosi attorno a quegli anni sono essenzialmente tre:
· la programmazione dei flussi migratori;
· il contrasto all’immigrazione clandestina;
· la concessione di una ampia serie di diritti volti all’integrazione degli stranieri regolari.
Nella legislatura in corso, soprattutto nei primi due anni, ha prevalso una azione volta a garantire l’ordine e la sicurezza pubblica con il contrasto all’immigrazione clandestina. Non sono mancate misure finalizzate a favorire l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati regolari che sembrano caratterizzare in modo più deciso la seconda parte della legislatura.
Per la prima volta, con il nuovo Governo insediatosi nel novembre 2011, è stato nominato un Ministro senza portafoglio per la cooperazione internazionale e l’integrazione nella persona di Andrea Riccardi[34].
Il Ministro, illustrando le linee programmatiche nel corso dell'audizione alla Commissione Affari Costituzionali della Camera l’11 gennaio 2012, ha sottolineato la necessità di passare da una considerazione emergenziale dell'immigrazione alla maturazione dell'idea di integrazione. Tra le questioni affrontate dal Ministro, la concessione della cittadinanza dei minorenni, figli di cittadini stranieri; l’insegnamento dell’italiano agli immigrati; la graduazione dei costi di permesso di soggiorno.
Tra i primi atti del nuovo Governo in materia di integrazione si ricorda la Strategia nazionale d’inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti presentato il 28 febbraio 2012[35]. Il piano attua la comunicazione della Commissione europea del 5 aprile 2011 “Quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020” nella quale sollecita gli Stati membri, in proporzione all'entità della popolazione Rom che vive sui rispettivi territori e tenendo conto dei loro diversi punti di partenza, ad adottare o sviluppare un'impostazione globale per l'integrazione dei Rom.
In generale, la strategia nazionale in materia di politiche per l’integrazione degli immigrati è riassunta nel Piano per l’integrazione nella sicurezza, promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali del precedente Governo e approvato dal Consiglio dei ministri il 10 giugno 2010[36]. Il Piano, individua le principali linee di azione e gli strumenti da adottare al fine di promuovere un efficace percorso di integrazione, nel rispetto delle prerogative e delle competenze dei diversi attori istituzionali interessati, nonché delle procedure previste a legislazione vigente. Il Piano si accompagna all’accordo di integrazione, previsto dal primo Pacchetto sicurezza, da sottoscrivere al momento della richiesta del permesso di soggiorno. Il cosiddetto permesso di soggiorno a punti è diventato operativo dopo l’approvazione del relativo regolamento di attuazione[37].
Di particolare rilievo alcune proposte di legge esaminate alla Camera che modificano la disciplina della cittadinanza al fine di adeguarla alle crescenti dimensioni del fenomeno migratorio. Alcune di queste ampliano le possibilità di acquisizione della cittadinanza per i cittadini stranieri nati in Italia. La I Commissione della Camera ha approvato un testo unificato delle proposte di legge (A.C. 103-A). Il 12 gennaio 2010 l’Assemblea ha tuttavia deciso di rinviare il testo in commissione per un approfondimento dell’esame.
Tra le innovazioni previste da tale testo si segnalano: la subordinazione del diritto all'acquisto della cittadinanza da parte dello straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto senza interruzioni fino alla maggiore età, alla frequenza con profitto di scuole riconosciute sino all'assolvimento delle diritto-dovere all'istruzione e alla formazione; la subordinazione del diritto all'acquisto della cittadinanza da parte dello straniero alla stabile residenza decennale e ad un percorso di cittadinanza, caratterizzato dal possesso del permesso CE per soggiornanti di lungo periodo e mantenimento dei requisiti di reddito, alloggio e assenza di carichi pendenti per esso necessari, dalla frequenza di un corso di un anno sulla storia e la cultura italiana e la Costituzione, dall’effettiva integrazione sociale e rispetto delle leggi e della Costituzione e dal rispetto degli obblighi fiscali; l’estensione della disciplina del giuramento a tutti i casi di acquisto della cittadinanza.
Il 14 giugno 2012 ha ripreso l’esame delle proposte di legge che riguardano esclusivamente la concessione della cittadinanza dei minori stranieri, si tratta delle proposte di legge C. 2431, C. 2684 e C. 2904, alle quali è stata abbinata la pdl C. 42369.
Di particolare rilievo in materia di lavoro l’emanazione di due decreti legislativi, entrambi di recepimento di normative comunitarie.
Il primo è finalizzato ad incentivare l’accesso al lavoro di immigrati altamente qualificati e istituisce la cosidetta carta blu UE che conferisce a tali lavoratori uno status particolare (D.Lgs. 108/2012 che attua la direttiva 2009/50/CE).
Il secondo inasprisce le sanzioni nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (D.Lgs. 109/2012 di attuazione della direttiva 2009/52/CE).
Il decreto 109/12 prevede anche una disposizione transitoria volta a permettere ai datori di lavoro di dichiarare l’esistenza di rapporti di lavoro irregolari pregressi.
Fino alla conclusione del procedimento di regolarizzazione saranno sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore per le specifiche violazioni. L’art.5, comma1, del provvedimento dispone infatti - entro 20 giorni dalla sua entrata in vigore – l’adozione di un decreto attuativo a firma del ministro dell’Interno, di concerto con il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, con il ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione e con il ministro dell’Economia e delle Finanze, contenente le modalità di presentazione della domanda ed i limiti di reddito del datore di lavoro, richiesti per l’emersione del rapporto.
La dichiarazione di emersione potrà essere fatta dai datori di lavoro italiani, comunitari e stranieri lungo soggiornanti che, alla data del 9 agosto occupano irregolarmente alle proprie dipendenze da almeno tre mesi, e continuano ad occupare alla data di presentazione della dichiarazione di emersione lavoratori stranieri che si trovano in Italia ininterrottamente almeno dal 31 dicembre 2011 o precedentemente.
La dichiarazione potrà essere presentata, dal 15 settembre al 15 ottobre 2012, secondo le modalità che saranno stabilite dal decreto.
Sono esclusi dalla procedura i rapporti di lavoro a tempo parziale, fatto salvo quanto previsto, in materia di lavoro domestico e di sostegno al bisogno familiare, dal comma 8 della disposizione transitoria.
La precedente regolarizzazione risale al 2009, quando per i lavoratori occupati irregolarmente nelle sole attività di assistenza personale o del lavoro domestico, è stata prevista la possibilità di regolarizzare la loro posizione lavorativa (decreto-legge 78/2009, art. 1-ter)[38]. L’intervento ha riguardato sia i lavoratori stranieri (con o senza permesso di soggiorno), sia i lavoratori italiani. Dal 1° al 30 settembre 2009 i datori di lavoro hanno potuto presentare una dichiarazione di emersione, previo pagamento di un contributo forfetario di 500 euro per ciascun lavoratore. Secondo i dati diffusi dal Ministero dell'interno sono state presentate quasi 300.000 domande[39].
Si ricorda, inoltre, che nell’ambito del cosiddetto decreto semplificazione e sviluppo (decreto-legge 5/2012) sono state adottate alcune disposizioni relative alla semplificazione delle procedure di assunzione di lavoratori extra UE e di documentazione amministrativa per gli immigrati[40].
Nel corso della fase di elaborazione della direttiva 2009/52 sul lavoro irregolare, le Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera avevano impegnato il Governo a sostenere, in sede di Consiglio dell'Unione europea alcune modifiche e integrazioni al testo della proposta[41].
Sempre alla Camera, nell’aprile 2010 erano state discusse alcune mozioni incentrate sulle politiche migratorie e di integrazione, e per il contrasto al lavoro irregolare. Tutte le mozioni sono accomunate dalla richiesta di moltiplicare gli sforzi per combattere lo sfruttamento dei lavoratori stranieri[42].
La I Commissione Affari costituzionali della Camera ha esaminato un’altra proposta di direttiva europea, questa volta in materia di disciplina del lavoro straniero stagionale. Nel documento finale, approvato nella seduta del 25 novembre 2010, la Commissione ha espresso la necessità di:
· elevare i termini massimi di validità del permesso di soggiorno per lavoro stagionale (che nella proposta di direttiva e pari a 6 mesi e nella legislazione nazionale a 9 mesi) in considerazione delle specificità del comparto agricolo italiano;
· dettagliare più puntualmente la disciplina sanzionatoria nei confronti dei datori di lavoro inadempienti;
· inserire tra i motivi del rifiuto o revoca del permesso di soggiorno anche la minaccia alla sicurezza dello Stato.
Riguardo all’attività amministrativa, si segnala che il Governo nel 2012 non ha prorogato, come era stato fatto in preceddenza, il regime transitorio per l'accesso al mercato del lavoro dei cittadini rumeni e bulgari, che poneva alcune limitazioni in materia di accesso al lavoro subordinato.
Per quanto riguarda la definizione annuale delle quote di ingresso dei lavoratori (il cosiddetto decreto flussi) negli ultimi due anni (2011 e 2012), a causa della crisi economica, sono stati autorizzati esclusivamente gli ingressi dei lavoratori stagionali.
Il 25 gennaio 2012 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte volte all’istituzione di un nuovo quadro giuridico europeo per la protezione dei dati personali nell’Unione europea, comprendente:
· la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio COM(2012)11 concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la libera circolazione di tali dati (regolamento generale sulla protezione dei dati) che abroga la direttiva 95/46/CE
Il pacchetto di proposte, in linea con le indicazioni del Programma di Stoccolma per lo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia per il periodo 2010-2014, intende rafforzare la tutela dei dati personali nell’UE, sostituendo la normativa vigente con strumenti giuridici maggiormente vincolanti:
Il contenuto delle proposte[43]
Rispetto alla direttiva 95/46/CE, la proposta di regolamento generale sulla protezione dei dati comprendente sette capi e 34 articoli, la proposta di regolamento riorganizza il contenuto, ampliandolo notevolmente e declinandolo in ben 91 articoli. Le principali modifiche alla direttiva riguardano:
- la previsione che il consenso dell'interessato per l'utilizzo dei propri dati personali debba essere manifesto ed esplicito, in tal modo escludendosi l'eventualità di un consenso tacito.
- l’introduzione di garanzie quando si tratti di dati personali che riguardino minori.
- Il rafforzamento del diritto alla cancellazione dei dati personali, quando siano venute meno le ragioni che ne consentivano l'utilizzo e l’introduzione del diritto d'oblio;
- l’introduzione del diritto alla portabilità dei dati, vale a dire il diritto di trasferire i propri dati tra diversi sistemi elettronici senza che il responsabile del trattamento possa impedirlo;
- l’introduzione di disposizioni volte a dettagliare in termini più accurati il diritto di non essere sottoposto a «profilazioni», tecnica quest'ultima che è largamente utilizzata nelle attività commerciali realizzate in via informatica ma che rischia di incidere pesantemente sulla sfera giuridica dei soggetti interessati;
- la sostituzione dell’obbligo di notifica alle autorità di controllo previsto indiscriminatamente dalla disciplina vigente con un obbligo di notifica e comunicazione mirata alle sole operazioni di trattamento che presentino rischi particolari per la sfera giuridica del soggetto interessato;
- la previsione dell’obbligo di notificare e comunicare entro termini prestabiliti delle eventuali violazioni dei dati personali;
- l'istituzione della figura obbligatoria del responsabile della protezione dei dati personali per il settore pubblico e per le imprese che abbiano almeno 250 dipendenti;
- le disposizioni volte a disciplinare il trasferimento dei dati personali verso paesi terzi od organizzazioni internazionali. La proposta di regolamento prevede che il trasferimento debba essere subordinato alla preventiva adozione, da parte della Commissione, di una decisione che verifichi l'adeguatezza del livello di protezione accordato dallo Stato destinatario delle informazioni. È peraltro previsto che anche in assenza di una decisione della Commissione si possa procedere al trasferimento purché si verifichino talune circostanze che nella proposta di regolamento sono puntualmente indicate;
- l’attribuzione alle autorità di controllo, del potere di irrogare sanzioni amministrative nel caso di violazione degli obblighi previsti. In proposito occorre valutare se le misure prospettate quando si tratti di imprese (fino al 2 per cento del fatturato annuo);
- l'istituzione del Comitato europeo per la protezione dei dati composto dai responsabili delle autorità di controllo dei diversi Stati membri e dal Garante europeo della protezione dei dati. L'istituzione di questo organismo, che subentrerebbe al cosiddetto gruppo «articolo 29», risponde all'obiettivo di rafforzare il coordinamento tra i diversi Stati membri.
La proposta di direttiva COM(2012)10 è diretta a disciplinare la materia del trattamento dei dati personali a fini di prevenzione e indagine, accertamento e perseguimento di reati ovvero di esecuzioni e sanzioni penali. I contenuti della proposta di direttiva corrispondono in larga parte a quelli della proposta di regolamento, fatto salvo il minor dettaglio derivante dalla natura dello strumento giuridico prescelto che implica quasi inevitabilmente l'attribuzione a ciascuno Stato membro di un certo margine di discrezionalità per la definizione di alcuni specifici profili.
Il pacchetto di proposte è stato oggetto di esame da parte della Camera dei deputati. Relativamente alla proposta di regolamento generale sulla protezione dei dati (COM(2011)11), il 4 aprile 2012 la XIV Commissione Politiche dell’Unione europea ha adottato un parere motivato per violazione del principio di sussidiarietà. In particolare la XIV Commissione ha sottolineato che la proposta di regolamento presenta in più parti evidenti profili di criticità in primo luogo, in quanto la materia trattata costituisce oggetto di disciplina costituzionale o comunque investe i principi fondamentali degli ordinamenti nazionali; in secondo luogo, in quanto la definizione di standard omogenei può sacrificare regimi nazionali più favorevoli, con conseguente rischio di una attenuazione delle garanzie esistenti. La XIV Commissione ha inoltre ritenuto in contrasto con il principio di sussidiarietà:
· l’attribuzione in capo alla Commissione europea di poteri amplissimi attraverso il conferimento pressoché generalizzato, ai sensi dell’articolo 87, della facoltà di adottare atti delegati su quasi tutti i profili più rilevanti oggetto della proposta di regolamento;
· la previsione dell’articolo 51 in base alle quali, qualora il responsabile del trattamento sia stabilito in più Stati membri, l’autorità competente del luogo di stabilimento principale del responsabile del trattamento acquisisce il ruolo di « sportello unico » in tutti gli Stati membri ( tale previsione potrebbe privare i cittadini della possibilità di rivolgersi all’autorità di controllo del proprio Stato membro, con il rischio di rendere più difficoltoso l’effettivo esercizio dei diritti ad essi spettanti;
· l’assenza di puntuali definizioni per quanto concerne istituti e fattispecie di particolare rilievo, come nel caso del « diritto all’oblio » di cui all’articolo così come nel caso delle limitazioni alla portata degli obblighi e dei diritti relativi al trattamento dei dati personali
Sul pacchetto e’ attualmente in corso l’esame di merito presso la II Commissione giustizia.
[1] Tale esigenza è stata da ultrimo ribadita nelle conclusioni del Consiglio dell’8 marzo 2012 su un “Quadro comune per una reale e concreta solidarietà nei confronti degli Stati membri i cui sistemi di asilo subiscono particolari pressioni, anche a causa di flussi migratori misti” e nella risoluzione sul rafforzamento della solidarietà all'interno dell'UE in materia di asilo, approvata dal Parlamento europeo lo scorso 11 settembre.
[2] Dal settembre 2003 al dicembre 2005, EURODAC ha rilevato che il 12% circa delle richieste di asilo erano state presentate da persone che avevano già presentato una richiesta simile in un altro stato membro.
[3] Regolamento CE n. 343/2003
[4] Direttiva 2003/9/CE
[5] Direttiva 2005/85/CE
[6] Con il termine “re insediamento” si intende il trasferimento nel territorio dell’UE; su base volontaria, di persone che abbiano già ottenuto lo status di rifugiati o altre forme di protezione internazionale presso paesi terzi. L’Unione europea si è già dotata di un meccanismo in materia.
[7] Con il termine “ricollocazione” si intende la redistribuzione di rifugiati o beneficiari di protezione internazionale da uno Stato membro UE ad altro Stato membro UE. La Commissione sta elebarando una proposta in materia.
[8] Il “Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi”, con dotazione pari a 825 milioni di euro per il periodo 2007-2013 è stato istituito con decisione del Consiglio 2007/435/CE del 25 giugno 2007).
[9] Comunicato stampa di Eurostat n. 16/2012, marzo 2012.
[10] Convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle comunità europee - Convenzione di Dublino, pubblicata in GU C 254 del 19 agosto 1997.
[11] Dal settembre 2003 al dicembre 2005, EURODAC ha rilevato che il 12% circa delle richieste di asilo erano state presentate da persone che avevano già presentato una richiesta simile in un altro stato membro.
[12] Il “Fondo europeo per i rifugiati” 2008- 2013 è stato istituito con la decisione 573/2007/CE del 7 maggio 2007 nell’ambito del programma quadro “Solidarietà e gestione dei flussi migratori”. Ha una dotazione complessiva pari a 699,3 milioni di euro.
[13] Si veda, in particolare, la Comunicazione sul rafforzamento della solidarietà all’interno dell’UE in materia di asilo COM(2011)835 del 2 dicembre 2011.
[14] “Fondo europeo per i rifugiati” (2008-2013) (decisione 573/2007/CE), con dotazione pari a 699,3 milioni di euro;
“Fondo per le frontiere esterne” (decisione 574/2007/CE), con dotazione 1820 milioni di euro;
“Fondo europeo per il rimpatrio” (2008-2013) (decisione 575/2007/CE), con dotazione pari a 676 milioni di euro;
“Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi” (decisione 2007/435/CE), con dotazione pari a 825 milioni di euro;
Programma specifico “Prevenzione e lotta contro la criminalità” (decisione 2007/125/GAI), con dotazione pari a 605,6 milioni di euro;
Programma specifico “Prevenzione, preparazione e gestione delle conseguenze in materia di terrorismo” (decisione 2007/124/GAI), con dotazione pari a 139,4 milioni di euro.
[15] Corte di Cassazione, Sez. unite civili, sentenza 26 maggio 1997, n. 4674.
[16] La Convenzione di Ginevra è stata ratificata dall’Italia con la legge 24 luglio 1954, n. 722, Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951. Anche le modifiche apportate alla Convenzione dal Protocollo di New York sono state recepite nel nostro ordinamento con la legge 14 febbraio 1970, n. 95.
[17] La Convenzione è stata ratificata con la L. 23 dicembre 1992, n. 523, Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, con processo verbale, fatta a Dublino il 15 giugno 1990.
[18] D.L. 30 dicembre 1989, n. 416 (conv. con mod. in L. 28 febbraio 1990, n. 39), Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato. Si tratta della prima legge organica in materia di immigrazione e di asilo, successivamente abrogata dalla L. 40/1998 (ora confluita nel testo unico in materia di immigrazione), ad eccezione dell’art. 1, tuttora vigente, recante la disciplina dell’esercizio del diritto di asilo. Fino al 1998, dunque, sia la disciplina dell’immigrazione, sia quella relativa al diritto di asilo erano contenute in un unico provvedimento normativo; a partire da quella data la normativa in materia di immigrazione si è consolidata nel testo unico, mentre il diritto di asilo ha continuato a trovare il suo fondamento normativo in un provvedimento di carattere emergenziale come il D.L. 416/1989.
[19] D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero.
[20] L. 30 luglio 2002, n. 189, Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.
[21] D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140, Attuazione della direttiva 2003/9/CE che stabilisce norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri.
[22] D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5, Attuazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento familiare.
[23] Il 28 settembre 2000, il Consiglio dell’Unione Europea ha istituito il Fondo Europeo per i Rifugiati (Decisione del Consiglio Europeo n. 2000/596/CE, cd. “Decisione FER”), per sostenere le azioni degli Stati membri dell’Unione in merito alle condizioni di accoglienza, integrazione e rimpatrio volontario di richiedenti asilo, rifugiati e profughi. La Decisione introduce un nuovo sistema di gestione degli interventi, che affida a ciascuno Stato membro il compito di individuare, sulla base della situazione esistente nei singoli Paesi, le carenze nel campo dell’accoglienza, dell’integrazione e del rimpatrio volontario e le azioni da intraprendere per far fronte alle specifiche esigenze riscontrate a livello nazionale, attraverso la predisposizione di un apposito programma di attuazione FER. Le risorse finanziarie del FER vengono ripartite fra gli Stati membri, ai quali viene affidata la responsabilità dell’attuazione delle azioni che beneficiano del sostegno comunitario e quindi la selezione, la sorveglianza, il controllo e la valutazione dei singoli progetti. In Italia, l’Autorità Responsabile è il Ministero dell’Interno.
[24] Corte dei conti, Relazione concernente l’indagine di controllo sulla «Gestione delle risorse previste in connessione al fenomeno dell’immigrazione. Regolamentazione e sostegno all’immigrazione. Controllo dell’immigrazione clandestina, Programma di controllo 2004, 11 marzo 2005, pag. 78-79.
[25] D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140, Attuazione della direttiva 2003/9/CE che stabilisce norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri.
[26] Per cittadini di paesi terzi si intendono i migranti provenienti da paesi esterni all'Unione e che non hanno la cittadinanza di uno Stato membro. Fanno parte di questo gruppo sia i nati in un paese non dell'Unione, sia i nati nell'Unione che però non hanno la cittadinanza di uno Stato membro.
[27] ISTAT, Indicatori demografici. Stime per l’anno 2011, 27 gennaio 2012.
[28] Caritas/Migrantes, Dossier statistico immigrazione 2011, ottobre 2011, pag. 12. Nel 2009 la stima dei soggiornanti era di 4,919 milioni e di 4,329 milioni nel 2008.
[29] L’ultimo rapporto dell’ISMU valuta in 5,4 milioni il numero degli stranieri al 1° gennaio 2011 comprendendovi però anche gli irregolari (443 mila unità, 11mila in meno rispetto ai 454 stimati al 1° gennaio 2010). ISMU, Diciassettesimo rapporto sulle migrazioni 2011, Milano 2011.
[30] ISTAT, Il futuro demografico del Paese, Previsioni regionali della popolazione residente al 2065, 28 dicembre 2011.
[31] ISMU, Diciassettesimo rapporto sulle migrazioni 2010, p. 8.
[32] Camera dei deputati, Intervento del Sottosegretario Ruperto in risposta all’interpellanza urgente n. 2-01434, seduta del 10 maggio 2012,
[33] Camera dei deputati, Informativa urgente del Governo sulle misure adottate in relazione all'eccezionale flusso di immigrazione verso l'isola di Lampedusa (seduta del 7 aprile 2011).
[34] DPCM 13 dicembre 2011, Delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri al Ministro senza portafoglio per la cooperazione internazionale e l’integrazione prof. Andrea Riccardi.
[37] DPR 14 settembre 2011, n. 179.
[38] D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (convertito L. 102/2009), Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali
[39] http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/16/0033_Report_Conclusivo_-_Dichiarazione_di_Emersione.pdf
[40] D.L. 9 febbraio 2012, n. 5 (conv. L. 4 aprile 2012, n. 35), Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo (art. 17).
[41] Seduta del 26 novembre 2008, esame della Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE. COM(2007)249 def.
[42] Camera dei deputati, seduta dell’8 aprile 2010. Sono state approvate le mozioni Pezzotta ed altri n. 1-00354, Pisicchio ed altri n. 1-00355 e Santelli, Caparini ed altri n. 1-00356, nei rispettivi testi riformulati, respinta la mozione Livia Turco ed altri n. 1-00326 e votata per parti separate la mozione Donadi ed altri n. 1-00353.
[43] Per ulteriori approfondimenti sulla materia, si rinvia al dossier RUE ES120 “Nuovo quadro giuridico per la protezione dei dati personalinell’Unione europea”.