Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento lavoro | ||||||
Titolo: | Crisi: occasione per un nuovo welfare Interventi in materia sociale dello Stato, delle regioni e dell'Unione europea | ||||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 85 | ||||||
Data: | 14/09/2009 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | XI-Lavoro pubblico e privato |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimenti Lavoro, Affari sociali, Ambiente, Attività produttive, Finanze, Istituzioni e Affari regionali ( 066760-4884 – * st_lavoro@camera.it |
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I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati
alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi
parlamentari e dei parlamentari. |
File: LA0196.doc |
INDICE
§ L’assetto delle competenze nel nuovo Titolo V della Costituzione
§ La riforma del Titolo V e il modello costituzionale di welfare
§ Distribuzione del reddito e povertà in Italia
§ Autorizzazione, accreditamento e convenzionamento nella «sussidiarietà orizzontale»
§ Il bonus straordinario in favore dei nuclei familiari
§ Fondo di credito per i nuovi nati e acquisto latte artificiale
§ Interventi per le famiglie colpite dal sisma della regione Abruzzo
Interventi in materia di lavoro e sostegno del reddito
§ Ulteriori interventi di sostegno al reddito
§ Ulteriori disposizioni in materia contributiva
§ Provvedimenti attualmente all’esame del Parlamento
§ Provvedimenti regionali recanti misure di sostegno al reddito
Interventi nel settore della casa
§ Finanziamenti agevolati per l'acquisto della prima casa
§ Agevolazioni per i mutui prima casa
§ Misure per contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali
§ Risoluzione per una politica organica della casa
§ Misure per promuovere la ristrutturazione edilizia
§ Sportello unico per le attività produttive
§ Accesso al credito e sostegno finanziario
§ Internazionalizzazione delle imprese
§ Piano straordinario per l’efficienza e il risparmio energetico
§ Misure per le PMI dell’Abruzzo
Interventi dell’Unione europea
L’impegno dell’Unione europea nel contrasto alla povertà
§ La relazione 2009 sull’inclusione sociale
§ 2010 - Anno europeo della lotta alla povertà
Le politiche dell’UE in materia di welfare
§ Il ciclo di governance 2008-2010
§ Raccomandazioni per le politiche economiche e dell’occupazione
Sistema produttivo, piccole e medie imprese
§ Nuovo strumento di microfinanziamento per l’occupazione
§ Tutela della maternità e paternità, genitorialità responsabile
§ Interventi economici a sostegno del nucleo familiare
Interventi nel settore della casa: alcune esperienze regionali
La legge di revisione del Titolo V (riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, introdotta con la legge costituzionale n. 3 del 2001) ha profondamente rivisto il complessivo sistema dei rapporti tra Stato, regioni ed enti locali.
Al modello della Costituzione del
Il nuovo articolo 117 Cost., inoltre, delinea una nuova configurazione della funzione legislativa tra Stato e regioni, finalizzata ad un “rilancio” della fonte legislativa regionale. La funzione legislativa cessa di essere prerogativa primaria dello Stato: ha luogo anzi un’inversione del criterio di riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni, che comporta:
§ un primo elenco di materie la cui disciplina è demandata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma), il quale cessa così di essere soggetto a competenza generale per divenire soggetto a competenza enumerata;
§ un secondo elenco di materie “di legislazione concorrente”, in cui “spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato” (art. 117, terzo comma).
§ una norma di chiusura, secondo cui la potestà legislativa su ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato spetta alle Regioni (competenza generale “residuale”: art. 117, quarto comma).
Il sistema di riparto delle competenze normative è completato dal principio di attribuzione della potestà regolamentare, che vede una riduzione della competenza statale, ampliandosi quella delle Regioni e degli enti locali: allo Stato spetta emanare i regolamenti nelle materie riservate alla sua competenza esclusiva, salva la possibilità di delega alle Regioni, mentre alle Regioni è attribuita la potestà regolamentare in ogni altra materia (e quindi anche in quelle di competenza concorrente). I comuni, le province, le città metropolitane hanno potestà regolamentare per la disciplina riguardante l’organizzazione e il funzionamento delle competenze loro attribuite.
Quanto alle funzioni amministrative (art. 118 Cost.), la riforma del Titolo V ha stabilito l’attribuzione di tali funzioni presso il livello di governo più vicino al cittadino (sussidiarietà verticale), e dunque, in via generale ai comuni, salvo conferimento ad altri livelli di governo sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, mirando a superare con ciò il principio del parallelismo tra attribuzione di funzioni legislative e attribuzione di funzioni amministrative che invece ispirava il precedente testo costituzionale. Inoltre, comuni, province e città metropolitane sono titolari di una serie di funzioni proprie (non definite dalla Costituzione) e delle ulteriori funzioni ad esse attribuite dalle leggi statale e regionale.
Nel nuovo riparto di competenze legislative, conseguente alla riforma costituzionale del 2001, si registra una distribuzione tra i diversi livelli di governo delle materie “classiche” del Welfare state.
Tra le materie rientranti nella potestà legislativa dello Stato viene inclusa la previdenza sociale, ad esclusione della previdenza complementare e integrativa che rientra nella potestà ripartita tra Stato e regioni. Tra le materie di legislazione concorrente anche la tutela della salute, la tutela e sicurezza del lavoro e l’istruzione (tranne la formazione professionale).
Gran parte dei settori tipici del welfare non compresi nel secondo e terzo comma dell’articolo 117 Cost., come l’assistenza sociale o le politiche abitative, rientrano nella potestà legislativa regionale.
La riforma contiene tuttavia due importanti strumenti di bilanciamento dell’ampia sfera di competenza in materia di welfare attribuita alle autonomie territoriali.
Il primo strumento consiste nella previsione
della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto
il territorio nazionale. Si tratta, come è stato osservato dalla dottrina, più
che di una materia in senso stretto, di una competenza che riguarda tutti i
settori, ovvero una materia “trasversale” che investe anche le competenze
concorrenti e quelle esclusivamente regionali. Tra queste, particolarmente
interessate sono quelle del welfare
quali il settore sanitario, dove, come ha rilevato
Se la determinazione dei livelli minimi delle prestazioni da garantire omogeneamente nel Paese attraggono verso “l’alto”, verso lo Stato, una parte delle prerogative delle autonomie territoriali, il secondo strumento di bilanciamento agisce verso il “basso”, o meglio “lateralmente”, come suggerisce la definizione, diffusa in dottrina, di sussidiarietà orizzontale.
Essa trova fondamento nell’articolo 118 Cost. che, dopo aver definito, al primo comma, il principio di sussidiarietà “verticale”, come si è visto sopra, nel quarto ed ultimo comma stabilisce che Stato, regioni ed enti locali devono favorire l’autonoma iniziativa sia dei singoli cittadini, sia delle loro associazioni, per lo svolgimento di attività di interesse generale, secondo il principio di sussidiarietà.
Come per il principio del rispetto dei livelli essenziali di tutela dei diritti, anche nel caso della sussidiarietà orizzontale, terreno privilegiato di applicazione è il welfare, ed in particolare il settore degli interventi socio-assitenziali, dove è diffusa e costante la presenza del terzo settore.
I principi di sussidiarietà verticale e orizzontale sono strettamente correlati tra loro: se, in applicazione del principio della sussidiarietà verticale, è preferibile attribuire in prima istanza i compiti amministrativi al soggetto più vicino ai cittadini, ossia, al comune, e solamente quando ciò non sia possibile, al livello territorialmente superiore, così in determinate circostanze può essere necessario attribuire la tutela dei cittadini non all’autorità pubblica, ma alla cittadinanza stessa e alle sue forme spontanee di associazione.
La giurisprudenza costituzionale ha definito, anche se indirettamente, quest’ultime “quali le diverse realtà locali, pubbliche e private, radicate sul territorio ed espressive, per tradizione storica [...], di interessi meritevoli [...]” (sen. 301/2003).
Un contributo alla individuazione dei soggetti della sussidiarietà orizzontale è fornito anche dall’attività consultiva del Consiglio di Stato che ha fatto ricorso al concetto di “cittadinanza societaria” per descrivere le attività di interesse generale a cura di soggetti, utenti e attori al medesimo tempo, che operano nel territorio; soggetti individuati nelle famiglie, formazioni sociali, associazioni e comunità (parere n. 1440/2003).
Diversi studi e indagini statistiche condotti a livello nazionale e internazionale hanno fornito dati confrontabili in materia di distribuzione del reddito e povertà in Italia.
L’OCSE[1] ha in particolare rilevato una rapida crescita, neiprimi anni novanta, sia del tasso di disuguaglianza chedel livello di povertà nel Paese. Tali affermazioni sembrano trovare conforto nelle risultanze degli studi condotti a livello nazionale, con le differenze di seguito evidenziate.
Per quanto concerne la problematica della disuguaglianza, l’OCSE ha sottolineato che, successivamente alla rapida crescita dei primi anni ’90, essa è rimasta a un livello comparativamente elevato.
In particolare, i dati forniti dall’organismo internazionale mostrano che il livello di diseguaglianza nell’ambito dei redditi da lavoro, capitale e risparmi è aumentato del 33% rispetto a quello di metà anni ottanta; è il più elevato aumento nei paesi OCSE, dove il trend medio è stato del 12%. Si sottolinea, altresì, come la mobilità sociale in Italia sia più bassa che in altri paesi: figli di famiglie povere hanno una più bassa probabilità di diventare ricchi rispetto ai figli di famiglie ricche. Inoltre, la ricchezza è distribuita in modo più diseguale rispetto al reddito: il 10% più ricco detiene circa il 42% del valore netto totale. In confronto, il 10% più ricco possiede circa il 28% del totale del reddito disponibile.
La stabilità del tasso di disuguaglianza è affermata anche dagli studi condotti dalla Banca d’Italia[2]. Da essi risulta che “restringendo l’attenzione agli ultimi quindici anni, non vi è evidenza, nei dati campionari sulla distribuzione dei redditi, di un aumento della disuguaglianza, di un assottigliamento dei ceti medi o di un impoverimento delle famiglie. La distribuzione presa nel suo complesso appare piuttosto stabile”.
Tuttavia, gli esperti della Banca d’Italia rilevano che “questa stabilità aggregata nasconde […] importanti cambiamenti nell’allocazione delle risorse. Si sono verificati movimenti ridistributivi orizzontali che hanno modificato le posizioni relative delle classi sociali, sommariamente individuate in base alla condizione professionale del principale percettore di reddito della famiglia, senza alterare i livelli di disuguaglianza e povertà aggregati. Ciò è accaduto dalla metà degli anni novanta, quando la distribuzione delle risorse è mutata a vantaggio delle famiglie dei lavoratori autonomi e in parte dei dirigenti e dei pensionati, a scapito di quelle degli operai e degli impiegati”.
Si rileva infatti come le modeste variazioni degli indici aggregati “non possono dar conto di tutti i cambiamenti che hanno investito la distribuzione dei redditi. Questi indici si concentrano infatti sulla distribuzione verticale tra “ricchi e poveri”, ovvero tra individui distinti solamente per reddito disponibile equivalente. Il fatto che queste misure aggregate siano rimaste sostanzialmente stabili è tuttavia compatibile con un mutamento nelle posizioni relative di gruppi di popolazione definiti in base alle caratteristiche socio demografiche; è sufficiente che i cambiamenti si siano reciprocamente compensati”. In particolare, la distribuzione dei redditi è mutata tra classi sociali identificate in base alla condizione occupazionale del principale percettore di reddito da lavoro o da pensione.
A partire dalla seconda parte degli anni ’90, tuttavia, l’OCSE rileva che “l’Italia ha in parte colmato il crescente gap tra ricchi e poveri aumentando la tassazione sulle famiglie e spendendo di più in prestazioni sociali per le persone povere. Sorprendentemente, l’Italia è uno dei tre soli paesi OCSE che ha aumentato la spesa in prestazioni rivolte ai poveri negli ultimi dieci anni” e che, in ogni caso, “sanità, educazione ed alloggi forniti dal settore pubblico riducono la disuguaglianza nella distribuzione del reddito più che nella maggior parte dei paesi OCSE”.
Per altra prospettiva sulla rete di protezione sociale italiana - in tema di andamento della povertà - si veda l’analisi degli studiosi della Banca d’Italia esposta al successivo paragrafo.
A differenza del tasso di disuguaglianza, l’OCSE segnala che dopo la rapida crescita dei primi anni novanta, il tasso di povertà è sceso tra la metà degli anni novanta ed il 2005; particolarmente rapida è stata la discesa della povertà minorile (dal 19% al 15%; solo in Gran Bretagna si è verificata una simile riduzione). Il reddito medio del 10% degli Italiani più poveri é circa 5000 dollari (tenuto conto della parità del potere di acquisto), quindi sotto la media OCSE di 7000 dollari. Il reddito medio del 10% della popolazione più ricco é circa 55000 dollari, sopra la media OCSE. In sostanza, “i ricchi hanno beneficiato di più della crescita economica rispetto ai poveri ed alla classe media”.
Le elaborazioni ISTAT[3] mostrano che in Italia, nel 2008, le famiglie in condizioni di povertà relativa[4] sono state stimate in 2 milioni 737 mila e rappresentano l’11,3% delle famiglie residenti. Nel complesso sono 8 milioni 78 mila gli individui poveri, il 13,6% dell’intera popolazione.
Nel medesimo periodo, in Italia, 1.126 mila famiglie (il 4,6% delle famiglie residenti) sono risultate in condizione di povertà assoluta[5], per un totale di 2 milioni e 893 mila individui, il 4,9% dell’intera popolazione.
L’Istituto Nazionale di Statistica sottolinea come entrambi i fenomeni di povertà (relativa e assoluta) siano associati ai medesimi fattori: posizione geografica (l’incidenza è maggiore nel Mezzogiorno), caratteristiche e dimensioni delle famiglie (la povertà affligge le famiglie più ampie, con figli di minore età), livelli di istruzione e profili professionali, nonché esclusione o inclusione nel mercato del lavoro (l’incidenza è più rilevante nel caso di capofamiglia meno istruito, in cerca di occupazione).
Gli studi della Banca d’Italia[6] affermano che “l’incidenza della povertà è rimasta sostanzialmente nulla nelle famiglie dei dirigenti e, all’opposto, assai elevata nelle famiglie in cui il percettore principale non si dichiara né occupato né pensionato. Ne è seguita una ricomposizione dell’insieme delle persone a basso reddito: in particolare, il peso delle famiglie operaie è aumentato di sei punti percentuali al 38 per cento del totale, mentre quello delle famiglie autonome è diminuito di quasi undici punti al 13 per cento. Queste variazioni non si sono riflesse sulle misure aggregate di povertà perché si sono compensate vicendevolmente. L’incidenza totale delle persone a basso reddito è data dalla media dei tassi di incidenza specifici di ciascuna classe sociale, ponderati per il peso della classe sulla popolazione. Il contributo di ciascuna classe al valore totale è quindi semplicemente il prodotto del suo peso per il suo tasso di incidenza specifico. Questa scomposizione mostra che, fra il 1993 e il 2006, la crescita dell’insufficienza di reddito tra le famiglie degli operai, degli impiegati e [tra quelle] in cui il capofamiglia non è né occupato né pensionato è stata più che compensata dalle migliorate condizioni delle famiglie degli autonomi e, in misura assai più contenuta, dei pensionati”.
La medesima fonte sottolinea tuttavia che, nei periodi di crescita economica, “il più elevato rischio di povertà per coloro che vivono in famiglie in cui tutti gli occupati hanno impieghi atipici, specialmente se a termine, è controbilanciato dalle maggiori opportunità di lavoro che queste occupazioni offrono, con un effetto complessivamente ambiguo sulla disuguaglianza complessiva”. Tuttavia, si rileva che “questo meccanismo compensativo può venir meno in una fase di recessione: i lavoratori a termine e quelli parasubordinati sono i più esposti alla perdita dell’occupazione, perché sono i primi a subire i ridimensionamenti degli organici decisi dalle imprese, ma sono anche i meno protetti dagli ammortizzatori sociali, soprattutto per la frammentarietà dei loro percorsi professionali. In una situazione in cui molte famiglie hanno risorse patrimoniali limitate, insufficienti da sole a garantire standard di vita minimi anche per periodi di tempo brevi, assume rilievo la debolezza della rete di protezione sociale italiana; pesa, in particolare, la mancanza di strumenti di sostegno al reddito nelle condizioni di maggiore difficoltà economica”.
Nella organizzazione del Servizio sanitario nazionale e nel sistema integrato di interventi e servizi sociali disegnato dalla legge quadro n. 328/2000, l’accreditamento dei soggetti che ne hanno i requisiti strutturali e qualitativi costituisce il presupposto per la concreta realizzazione del principio di “sussidiarietà orizzontale” proclamato dall’art. 114, quarto comma, della Costituzione.
Per accreditamento istituzionale si intende l’atto con il quale si riconosce ai soggetti già autorizzati all’esercizio di attività sanitarie e, o socio-assistenziali lo status di potenziali erogatori di prestazioni nell’ambito e per conto del Servizio Sanitario Nazionale e del Sistema integrato dei servizi sociali.
La disciplina dell’autorizzazione e dell’accreditamento è caratterizza da un’accentuata compresenza di competenze legislative statali e regionali.
Per le prestazioni sanitarie dispone il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni [7] che attribuisce allo Stato il compito di definire i requisiti minimi nazionali intesi a garantire la qualità dei servizi sanitari e alle Regioni la definizione di ulteriori caratteristiche che adattino la disciplina generale dell’accreditamento all’ordinamento sanitario della regione.
In particolare l’articolo 8-quater del citato decreto legislativo stabilisce che l’accreditamento istituzionale è rilasciato dalla regione alle strutture autorizzate, pubbliche o private, e ai professionisti che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza ai requisiti ulteriori di qualificazione (rispetto a quelli necessari per l’autorizzazione), alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti. Spetta alla Regione definire il fabbisogno di assistenza secondo le funzioni sanitarie individuate dal Piano sanitario regionale per garantire i livelli essenziali e uniformi di assistenza.
Ad evitare che il gran numero di accreditamenti – in particolare l’accreditamento riconosciuto a titolo provvisorio - determini un aggravio della spesa sanitaria, a decorrere dal 1° gennaio 2008, la concessione di nuovi accreditamenti è subordinata all’adozione di un provvedimento di ricognizione della regione inteso a definire il fabbisogno di attività e l’eventuale volume di attività superiore da ammettere per l’accreditamento delle strutture, nonché a trasformare in definitivi gli accreditamenti transitori delle strutture private.
Un ulteriore criterio da considerare nella determinazione del fabbisogno regionale di strutture da accreditare, ossia la soglia minima di efficienza, anch’esso inteso a contenere l’eccesso di spesa, è stato introdotto da ultimo dal decreto legge 25 giugno 2008, n. 112.
Per il Sistema integrato di interventi e servizi sociali, autorizzazione ed accreditamento sono disciplinati dall’articolo 11 della legge n. 328/2000 e dal D.M. 21 maggio 2001, n. 308, Regolamento concernente «Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell'articolo 11 della L. 8 novembre 2000, n. 328».
Si tratta della definizione dei “requisiti minimi nazionali” relativi, soltanto, alle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, gestite da soggetti pubblici o da «organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato,associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato ed altri soggetti privati» (legge n 328/2000, art.1, comma 5).
I ‘requisiti minimi’ si applicano sino alla adozione delle ulteriori disposizioni regionali. Queste sono intervenute nelle rispettive leggi di attuazione (vedi, in questo fascicolo, l’appendice ‘regionale’) ed ampliano, specie per il rilascio della autorizzazione, i requisiti e le caratteristiche poste dalla legislazione nazionale. Titolare del provvedimento amministrativo resta, generalmente, il comune nel cui territorio si svolgono le funzioni oggetto del provvedimento stesso, ma criteri e procedure sono predefiniti dalla regione (ad esempio, Calabria, l.r. n. 23/2003, art. 25).
Le medesime leggi regionali stabiliscono poi criteri e modalità perché con i soggetti privati autorizzati e accreditati possano stabilirsi “accordi contrattuali”, o “convenzioni”, o altra forma di prestazione dei servizi ai cittadini, «senza impegno di utilizzo e di remunerazione dei posti convenzionati ma solo di quelli utilizzati dai cittadini assistibili, nei limiti del fabbisogno previsto dal Piano sociale regionale e dal Piano sanitario e socio-sanitario della regione» (FVG, l.r. n. 6/2006, art. 33, co. 5; PIE, l.r. n. 1/2004, art. 29, co. 3). Criteri di programmazione della spesa massima ammissibile a carico del bilancio del soggetto pubblico e, in generale, di limitazione del convenzionamento sono espressamente previsti da molte leggi regionali di attuazione.
In tema di competenze istituzionali le più recenti previsioni sono contenute nel decreto-legge n. 85/2008[8], convertito dalla legge n. 121/2008, che ha confermato l’attribuzione al Presidente del Consiglio dei ministri delle funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia, riguardanti anche l’Osservatorio nazionale sulla famiglia. Sono inoltre affidate alla Presidenza del Consiglio dei ministri le funzioni di competenza del Governo per l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza nonché la gestione delle risorse finanziarie dedicate alle politiche della famiglia. Sono infine di competenza del Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni concernenti il Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia e l’adolescenza. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 giugno 2008[9] è stata quindi attribuita la relativa delega al Ministro della gioventù.
Ildecreto-legge n. 112/2008[10], convertito dalla legge n. 133/2008,ha disposto l’istituzione di un Fondo di solidarietà per i cittadini meno abbienti per la concessione della Carta acquisti.
Viene demandata ad un decreto interdipartimentaledel Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, la disciplina delle modalità di individuazione dei titolari del beneficio-sulla basedi alcuni fattori, tra i quali l’età dei cittadini e la situazione economica del nucleo familiare -, dell’ammontaredel beneficio unitario, delle modalità per la fruizione di esso. E’prevista la stipula di convenzioni tra il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, ed il settore privato, per il supporto economico in favore dei titolari delle carte acquisti.
In base al predetto decreto, adottato dal
Ministero dell’economia e delle finanze il 16 settembre 2008
In particolare il beneficio è concesso agli anziani di età superiore o uguale ai 65 anni o ai bambini di età inferiore ai tre anni (in questo caso il Titolare della Carta è il genitore) che siano in possesso di particolari requisiti reddituali.
Ulteriore provvedimento contenente misure di sostegno in funzione anti-crisi è il decreto-legge n. 185/2008[11], convertito dalla legge n. 2/2009.
Per l’anno 2009 viene previsto un bonus straordinario in favore dei nuclei familiari che, nel 2008, hanno realizzato un basso reddito. L’ammontare del bonus è fissato per scaglioni di reddito e in base alla numerosità del nucleo familiare, e varia da un minimo di 200 euro ad un massimo di 1.000 euro. Il bonus è attribuito ad un solo soggetto del nucleo familiare e non costituisce reddito: per ottenerlo è necessario presentare domanda autocertificata entro il 28 febbraio 2009.
Ulteriori disposizioni agevolano l’accesso
al credito per le famiglie con un figlio nato o adottato nel periodo 2009-2011.
E’ istituito, presso
Al Fondo è concessa una dotazione pari a 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011: alla copertura del relativo dell’onere si provvede mediante l’utilizzo delle risorse del Fondo per le politiche della famiglia.
Viene poi demandata ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la definizione dei criteri e delle modalità di funzionamento del Fondo e del rilascio ed operatività delle garanzie.
Inoltre per il 2009 il “Fondo per il credito per i nuovi nati” viene integrato di 10 milioni di euro. L’integrazione è disposta per la corresponsione di contributi in conto interessi in favore delle famiglie di nuovi nati o con bambini adottati nel medesimo anno che siano portatori delle malattie rare.
Infine è autorizza la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2009 per il rimborso delle spese occorrenti per l’acquisto di latte artificiale e pannolini per i neonati fino a 3 mesi di età.
I destinatari dei rimborsi sono i beneficiari delle provvidenze del Fondo di solidarietà per i cittadini meno abbienti sopra ricordato.
L’articolo 8, comma 2 del decreto-legge n. 39/2009[12] convertito dalla legge 77/2009,prevede, a valere sulle risorse per il 2009 del Fondo per le politiche della famiglia, nei limiti di una spesa pari a 12 milioni di euro, l'adozione di interventi per:
- la costruzione e l'attivazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia;
- la costruzione e l'attivazione di residenze per anziani;
- la costruzione e l'attivazione di residenze per "nuclei monoparentali madre bambino".
Nelle ultime legislature l'attività legislativa in materia di politiche del lavoro è stata caratterizzata dal progressivo ampliamento delle misure di sostegno al reddito già previste per le situazioni di crisi aziendale e da un'estensione del campo di applicazione degli ammortizzatori sociali, per affrontare le crisi produttive e i problemi occupazionali che hanno investito alcuni settori produttivi.
Questo processo non ha però assunto una natura organica, dal momento che l'intervento legislativo si è posto per lo più in rapporto di deroga rispetto alla disciplina dettata dalla L. 223/1991, con la quale si era tentato di ricondurre ad un quadro organico la normativa sugli interventi nelle situazioni di crisi aziendale (cassa integrazione guadagni straordinaria, mobilità): ci si è così orientati a prorogare la durata dei trattamenti oltre i limiti temporali ordinariamente previsti oppure ad estenderne il campo di applicazione ricomprendendo situazioni che altrimenti sarebbero rimaste escluse.
Tale situazione disorganica è stata evidenziata anche nel Libro Verde[13] sul futuro del modello sociale del 2008 e del successivo Libro Bianco, che raccolto le indicazioni del Libro Verde nonché i contributi giunti al Ministero in seguito alla pubblicazione di quest’ultimo. In sostanza, nei due documenti, pur sottolineando le iniquità di trattamento derivanti dall’attuale sistema, si riconosce l’importanza “di un’adeguata pluralità di strumenti di integrazione del reddito, inclusa la conferma di quelli tradizionali ancorati alla sopravvivenza del rapporto di lavoro e concessi sulla base di un negoziato tra le parti sociali”. Tali strumenti, in particolare, “si sono rivelati particolarmente efficaci per conservare vitale – seppure in posizione di attesa – la base produttiva e occupazionale”.
Il richiamato Libro Bianco sottolinea altresì la necessità di una revisione delle tecniche di protezione dei lavoratori, soprattutto in seguito all’apertura, verificatasi negli ultimi anni, a forme di lavoro flessibile e temporaneo nonché in seguito all’accelerazione della frequenza dei processi di riorganizzazione della offerta produttiva. La revisione deve operare, secondo il Libro Bianco, spostando “l’enfasi dal singolo posto di lavoro e dalla singola azienda, attraverso la cassa integrazione, alla protezione attiva della occupazione mediante l’ipotesi di un sussidio generalizzato collegato a investimenti nell’occupabilità di ciascuna persona”.
Per quanto concerne gli interventi normativi, nella prospettiva del superamento della logica degli interventi tampone sulle singole situazioni di emergenza si pone invece, in primo luogo, la delega contenuta nella L. 247/2007, di attuazione del Protocollo sul welfare del 23 luglio 2007, dove all’articolo 1, commi 28 e 29, è stata attribuita al Governo la delega ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della medesima L. 247/2007, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare la materia degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: graduale armonizzazione dei trattamenti di disoccupazione e creazione di uno strumento unico indirizzato al sostegno del reddito e al reinserimento lavorativo dei soggetti disoccupati senza distinzione di qualifica; modulazione dei trattamenti collegata all’età anagrafica dei lavoratori ed alle condizioni occupazionali più difficili presenti nelle Regioni del Mezzogiorno, con particolare riguardo alla condizione femminile; previsione per i soggetti che beneficiano dei trattamenti di disoccupazione della copertura figurativa ai fini previdenziali calcolata sulla base della retribuzione; progressiva estensione ed armonizzazione della cassa integrazione ordinaria e straordinaria con la previsione di modalità di regolazione diverse a seconda degli interventi da attuare e di applicazione anche in caso di interventi di prevenzione, protezione e risanamento ambientale che determinino la sospensione dell’attività lavorativa; coinvolgimento e partecipazione attiva delle aziende nel processo di ricollocazione dei lavoratori; valorizzazione del ruolo degli enti bilaterali, anche al fine dell’individuazione di eventuali prestazioni aggiuntive rispetto a quelle assicurate dal sistema generale, in una prospettiva di universalizzazione degli strumenti di integrazione al reddito, prevedendo la possibilità di erogazione di trattamenti sostitutivi analoghi a quelli di cui alla lettera d), nonché di eventuali coperture supplementari; connessione con politiche attive per il lavoro, in particolare favorendo la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, l’occupazione, soprattutto femminile e giovanile, nonché l’inserimento lavorativo di soggetti appartenenti alle fasce deboli del mercato del lavoro, con particolare riferimento ai lavoratori in età più matura nonché ai giovani, al fine di potenziare le politiche di invecchiamento attivo; potenziare i servizi per l’impiego, in connessione con l’esercizio della delega di cui al precedente comma 30, lettera a), al fine di collegare e coordinare l’erogazione delle prestazioni di disoccupazione a percorsi di formazione ed inserimento lavorativo, in coordinamento con gli enti previdenziali preposti all’erogazione dei relativi sussidi e benefici anche attraverso la previsione di forme di comunicazione informatica da parte degli enti previdenziali al Ministero del lavoro e della previdenza sociale dei dati relativi ai lavoratori percettori di trattamento di sostegno al reddito.
La delega comunque non ha trovato attuazione a causa della scadenza anticipata della XV legislatura.
In conclusione, sembra di potersi affermare che, per effetto della legislazione sopra citata, che in parte si limita a prorogare misure già precedentemente previste, il quadro regolatorio definito dalla L. 223/1991 per l'accesso ai trattamenti di sostegno al reddito risulta ormai modificato. Infatti, misure che sono nate con la caratteristica della temporaneità e dell’urgenza, a causa delle continue proroghe, hanno finito per stabilizzarsi, determinando una scarsa organicità del quadro normativo di riferimento relativo agli ammortizzatori sociali.
Come accennato, la recente crisi economica ha comportato una serie di interventi di sostegno al reddito, che si sono concretizzati sia attraverso la fruizione di ulteriori strumenti di tutela sia attraverso il finanziamento degli interventi “in deroga”.
Di seguito si riporta l’elenco degli interventi normativi più recenti in materia.
L’articolo 19 del D.L. 185/2008 ha recato una serie di disposizioniin materiadi ammortizzatori sociali, operando sia attraverso la fruizione di ulteriori strumenti a tutela del reddito in caso di disoccupazione o sospensione dal lavoro (commi 1-8), sia mediante la riproposizione delle disposizioni contenute nell’articolo 27 dell’A.S. 1167 all’esame del Senato (commi 9-18), al fine di garantire l’operatività a partire dal 1° gennaio 2009.
Ai sensi del comma 1, il potenziamento e l’estensione degli ammortizzatori sociali avviene, in primo luogo, attraverso la previsione di una serie di interventi, nell’ambito del Fondo per l’occupazione e nei limiti di specifici stanziamenti, volti a riconoscere l’accesso a specifici istituti di tutela del reddito - comprensivi delle somme concernenti la contribuzione figurativa e gli assegni al nucleo familiare - in caso di sospensione dal lavoro dei soggetti interessati.
Nei limiti delle risorse suddette, è riconosciuto l’accesso ad una serie di istituti di tutela del reddito, secondo modalità e criteri di priorità stabiliti, con decreto da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Il decreto in esame tuttavia non è stato fin qui adottato.
In particolare, è riconosciuto l’accesso, per specifiche categorie di lavoratori, modificando analoghe disposizioni contenute in precedenti disposizioni, che vengono contestualmente soppresse (comma 5):
§ all’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali, di cui all’articolo 19, primo comma, del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, convertito dalla L. 6 luglio 1939, n. 1272 (comma 1, lettera a));
§ all'indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti, di cui all'articolo 7, comma 3, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito dalla L. 20 maggio 1988, n. 160 (comma 1, lettera b));
§ ad un trattamento, in via sperimentale, per il triennio 2009-2011, pari all'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali per gli apprendisti (comma 1, lettera c));
§ all’istituto sperimentale di tutela del reddito per i lavoratori a progetto in possesso di determinati requisiti, previsto, in via sperimentale, per il triennio 2009-2011 (comma 2), e pari al 10% del reddito percepito l’anno precedente.
Allo scopo, nell’ambito del suddetto Fondo per l’occupazione, sono preordinate le somme di 289 milioni di euro per l'anno 2009, di 304 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e di 54 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012.
Per quanto
attiene alla concessione di
ammortizzatori sociali “in deroga”, lo stesso articolo
§ la proroga dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale già concessi ai sensi della disciplina temporanea di cui all'articolo 2, commi 521 e 522, della L. 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) nell’ambito delle risorse finanziarie destinate per il 2009 alla concessione di trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, nonché dei programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali, definiti in specifiche intese stipulate in sede istituzionale territoriale entro il 20 maggio 2009 e recepite in accordi in sede governativa entro il 15 giugno 2009;
§ la subordinazione del diritto a percepire qualsiasi trattamento di sostegno al reddito previsto dalla legislazione vigente in materia di ammortizzatori sociali, alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale. In caso di rifiuto di rifiuto alla di sottoscrivere la dichiarazione ovvero in caso di rifiuto di un percorso di riqualificazione professionale o di un lavoro congruo, il lavoratore interessato perde il diritto a qualsiasi erogazione di carattere retributivo e previdenziale, anche a carico del datore di lavoro, fatti salvi i diritti già maturati;
§ l’erogazione per i lavoratori non destinatari dei trattamenti di mobilità, di cui all’articolo 7 della L. 223/1991, in caso di licenziamento, di un trattamento di ammontare equivalente all’indennità di mobilità nell’ambito delle risorse finanziarie destinate per l’anno 2009 agli ammortizzatori sociali in deroga alla vigente normativa;
§ la concessione, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e, in ogni caso, non oltre il 31 dicembre 2009, di trattamenti di integrazione salariale straordinaria e di mobilità ai dipendenti delle imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti e delle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti. I relativi oneri, entro un limite di spesa di 45 milioni di euro, sono a carico del Fondo per l'occupazione;
§ la destinazione, in favore dei lavoratori interessati, di una quota di 12 milioni di euro, a carico del Fondo per l'occupazione, per la concessione, per l'anno 2009, per l’erogazione di una indennità, pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile d’integrazione salariale straordinaria previsto dalle vigenti disposizioni, nonché la relativa contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare relativamente ad ogni giornata di mancato avviamento al lavoro e alle giornate di mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al programma, con le giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia risultato disponibile;
§ la proroga al 31 dicembre 2009 della possibilità di iscrivere nelle liste di mobilità i lavoratori delle imprese con meno di 15 dipendenti licenziati per giustificato motivo oggettivo, connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro. Il diritto all'iscrizione è riconosciuto ai soli fini dei benefici contributivi conseguenti all'eventuale rioccupazione, con esclusione dell'indennità di mobilità. Tali benefici contributivi sono concessi nel limite di 45 milioni di euro. A tale onere si fa fronte mediante una quota corrispondente della dotazione del Fondo per l'occupazione;
§
si proroga al 31 dicembre 2009 il termine entro il
quale le imprese non rientranti nell'ambito ordinario di applicazione della
disciplina dei contratti di solidarietà
possono stipulare tali contratti, beneficiando di determinate agevolazioni, ai
sensi dell'articolo 5, commi 5 e 8, del D.L. 148/1993. Riguardo
all'applicazione della proroga viene autorizzata una spesa di 5 milioni di euro
per l’anno
§
si destinano 30 milioni di euro per il
§
infine, si dispone un finanziamento in favore delle attività di formazione nell’esercizio
dell’apprendistato, anche se svolte oltre il compimento (da parte del
lavoratore) del diciottesimo anno di età. Tale finanziamento è disposto dal
Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, entro il limite
di 80 milioni di euro per il
Successivamente,
In particolare, è stata rinnovata, anche per l’anno 2009, la possibilità di concessione “in deroga” dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale subordinatamente alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali definiti con specifici accordi in sede governativa. In particolare, è stata prevista l’erogazione, nel limite complessivo di spesa di 600 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione ed entro il 31 dicembre 2009, dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità), a specifiche condizioni, e cioé
§ la concessione è subordinata alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree regionali;
§ tali programmi devono essere definiti con specifiche intese stipulate in sede istituzionale territoriale entro il 20 maggio 2009, successivamente recepite in accordi in sede governativa entro il 15 giugno 2009.
Infine, è stata prevista (comma 37), dal 1° gennaio 2009, la concessione, in deroga alla normativa vigente, dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, per una durata massima di 24 mesi, e di mobilità a favore del personale dipendente dalle società di gestione aeroportuale e dalle società derivate da queste ultime, con uno stanziamento massimo complessivo di 20 milioni di euro, a carico del Fondo per l’occupazione, a condizione che siano intervenuti specifici accordi in sede governativa, entro il 15 giugno 2009, di recepimento di intese stipulate in sede territoriale e inviate al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, entro il 20 maggio 2009. Oltre a ciò è stato stabilito l’obbligo, per le richiamate imprese, del pagamento, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2009, dei contributi previsti in materia di CIGS e di mobilità.
Per quanto concerne l’attività di indirizzo del Parlamento, si segnalano le risoluzioni 7-00072 (Caparini), 7-00089 (Cazzola) e 8-00036 (Delfino), approvate dalle Commissioni riunite XI e XII il 18 marzo 2009 , riguardanti il Libro verde del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali “La vita buona nella società attiva” (25 luglio 2008), che forniscono una serie di indicazioni al Governo per la riforma del Welfare, con particolare riguardo al sistema degli ammortizzatori sociali e alle politiche per l’occupazione.
L'Accordo tra Stato e Regioni del 12 febbraio
L’intervento, rivolto ai lavoratori destinatari degli ammortizzatori “in deroga”, è connotato da un contributo nazionale, impiegato per il pagamento dei contributi figurativi e per la parte maggioritaria del sostegno al reddito, e da un contributo regionale, a valere sui programmi regionali FSE, impiegato per azioni formative o di politica attiva governata dalla Regione e integrata dall'erogazione di un sostegno al reddito.
In particolare, viene istituito un nuovo Fondo, dove gli stanziamenti sono stati ripartiti tra un intervento statale, per una somma di 5.350 milioni di euro, e contributi regionali, pari a 2.650 milioni di euro, a valere sui programmi regionali del Fondo Sociale Europeo (FSE).
Le risorse statali sono state coperte:
- in parte attraverso precedenti stanziamenti di sostegno al reddito e all'occupazione (circa 1.400 milioni derivanti dalle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 35, della legge 203/2008 e dall'articolo 19 del D.L. 185/2008);
- in parte (3.950 milioni di euro) tramite le assegnazioni del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), sia per la quota nazionale, sia, ai sensi dell’articolo 6-quater del decreto-legge 112/2008, convertito dalla legge 133/2008, per la quota a favore delle amministrazioni centrali e regionali nel limite dell’ammontare delle risorse che entro la data del 31 maggio 2008 non sono state impegnate o programmate nell’ambito di accordi di programma quadro (APQ).
L’intesa sullo schema di accordo per l’utilizzo del FSE è stata raggiunta l’8 aprile 2009.
Alla traduzione normativa dell’Accordo si è
provveduto con il D.L.
10 febbraio 2009, n. 5, recante “Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi”, convertito
dalla legge 9 aprile 2009, n.
Nel dettaglio la norma dispone:
· il pagamento diretto contestualmente all’autorizzazione del trattamento di CIG straordinaria.
· la fissazione di un termine di 20 giorni, dall’inizio della sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, per la richiesta di pagamento diretto da parte delle imprese all’INPS, in caso di CIG straordinaria e di CIG in deroga (con riferimento alle sospensioni successive alla data del 1° aprile 2009);
· l’anticipo da parte dell’INPS, in via sperimentale per il periodo 2009–2010, dei trattamenti di integrazione salariale in deroga con richiesta di pagamento diretto, sulla base della domanda corredata dagli accordi conclusi dalle parti sociali e dell’elenco dei beneficiari.
· la concessione, con provvedimento del Ministrodel lavoro della salute e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di accordi governativi e per periodi non superiori a 12 mesi, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di cassa integrazione guadagni, di mobilità, di disoccupazione speciale, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali (per cui vengono stanziati 600 milioni di euro per il 2009);
· la modifica di alcuni punti dell’articolo 19 del D.L. 185/2008:
- sul trattamento di indennità di disoccupazione non agricola con requisiti normali e ridotti (si prevede che le risorse finanziarie per gli ammortizzatori sociali in deroga siano destinati anche alla tutela dei lavoratori beneficiari delle suddette indennità);
- per i lavoratori a progetto, in possesso di determinati requisiti, viene incrementata al 20% l’erogazione dell’una tantum calcolata sul reddito percepito l'anno precedente e, contemporaneamente, si dispone lo stanziamento per il 2009 di ulteriori 100 milioni di euro da destinare al finanziamento di tale istituto sperimentale di tutela del reddito;
- vengono escluse le posizioni riferibili alle micro e piccole imprese (secondo la raccomandazione UE 2003/361/CE) per quanto attiene la trasferibilità delle quote di adesione, in caso di mobilità tra i fondi interprofessionali per la formazione continua;
- in relazione alla proroga per il 2009 degli ammortizzatori in deroga, si elimina il riferimento agli accordi territoriali di gestione delle eccedenze, prevedendo la concessione delle deroghe – di durata non superiore a 12 mesi – nel limite degli stanziamenti previsti.
· l’estensione ai lavoratori destinatari della CIG e della mobilità in deroga, dell’applicazione dei requisiti richiesti per l’accesso ai trattamenti a regime degli stessi trattamenti (di cui all’articolo 8, comma 3, del D.L. 86/1988, che subordina la concessione della CIGS ad un’anzianità lavorativa di almeno 90 giorni dalla data di richiesta del trattamento) e dell’articolo 16, comma 1, della L. 223/1991 (che riconosce il diritto all’indennità di mobilità per i lavoratori con almeno 12 mesi di anzianità contributiva - di cui almeno 6 effettivi - interessati da licenziamenti collettivi da imprese diverse da quelle rientranti nella disciplina della CIGS).
· l’erogazione, da parte dell’INPS, di un incentivo (pari all’indennità spettante al lavoratore, nel limite di spesa autorizzato e escludendo di quanto dovuto per contributi figurativi) per i datori di lavoro delle aziende non interessate dalla CIGS per l’assunzione di lavoratori destinatari (per il 2009-2010) di ammortizzatori sociali in deroga, licenziati o sospesi da imprese non rientranti nella disciplina della L. 223/91; tale incentivo viene riconosciuto anche al lavoratore destinatario del trattamento di sostegno al reddito, a condizione che il medesimo intraprenda un’attività autonoma, avvii una auto o micro-impresa, o si associ in cooperativa, a seguito delle modifiche intervenute con il D.L. 78/2009, convertito dalla Legge 3 agosto 2009, n. 102;
· l’obbligo per i Centri per l’impiego di rendere note con cadenza settimanale le opportunità di lavoro disponibili sui principali organi di comunicazione di massa locali.
· l’ampliamento,attraverso la disciplina del lavoro occasionale di tipo accessorio (articoli 70 e ss. del D.Lgs. 276/2003), dell’ambito oggettivo diriferimento, con l’inclusione delle manifestazioni fieristiche e specificando che tali attività possono anche avere un committente pubblico, nonché inserendo tra le prestazioni occasionali anche quelle svolte durante il sabato e la domenica. Per quanto concerne l’ambito soggettivo, vengono ricompresi i pensionati tra i soggetti che possono effettuare tali prestazioni e, per il 2009, i percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito, per un limite massimo di 3.000 euro annui, compatibilmente con la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale di cui all’articolo 19, comma 10, del D.L. 185/2008. Tali soggetti quindi possono cumulare il voucher con i trattamenti di tutela del reddito.
Sempre in tema di provvedimenti approvati, va ricordato il D.L. 1 luglio 2009, n. 78, recante Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali, convertito dalla Legge 3 agosto 2009, n. 102.
Tra le disposizioni in materia di ammortizzatori sociali contenute nel provvedimento, l’articolo 1 reca misure a favore dell’occupazione e per il potenziamento di specifici ammortizzatori sociali, prevedendo in particolare.
§ la facoltà, da parte delle aziende, di attivare programmi di formazione per i lavoratori destinatari di ammortizzatori sociali, destinando gli stessi ad un’attività produttiva finalizzata all’addestramento, erogando nel contempo ai richiamati lavoratori una retribuzione pari alla differenza tra trattamento di sostegno al reddito e retribuzione (commi 1-4);
§
la destinazione di nuove risorse per
§ l’aumento dell’integrazione salariale per i lavoratori che riducono l’orario di lavoro a seguito della stipulazione di contratti di solidarietà difensivi (comma 6);
§ l’introduzione di misure di sostegno per l’attività imprenditoriale posta in essere da lavoratori destinatari di trattamenti di sostegno al reddito (commi 7-8-ter).
Per quanto attiene, più specificamente, agli interventi “in deroga”, si riporta l’elenco degli stanziamenti per gli ammortizzatori sociali nel corso della XV e XVI legislatura.
XV Legislatura
§ Articolo 2, commi 521 e 522, della L. 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria per il 2008) – Al comma 521 viene autorizzata la proroga dei trattamenti di cassa integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (già concessi ai sensi della disciplina temporanea posta dall’articolo 1, comma 1190, della L. 296/2006), per cui il Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell'economia, può concedere una proroga o un'ulteriore proroga di tali trattamenti, a condizione che i piani di gestione delle eccedenze (già definiti in specifici accordi conclusi in sede governativa) abbiano comportato una riduzione, nella misura pari ad almeno il 10%, del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti alla data del il 31 dicembre 2007. Il successivo comma 522 precisa che l’importo dei trattamenti corrisposti in base ai provvedimenti ministeriali di proroga, viene ridotto nella misura del 10% nel caso di prima proroga, del 30% nel caso di seconda proroga e del 40% nell'ipotesi di ulteriori proroghe. Per l’attuazione di queste disposizioni – riguardanti pertanto sia i casi di concessione sia quelli di proroga dei menzionati trattamenti - viene stanziato un importo complessivo di spesa pari a 460 milioni di euro, di cui 20 milioni in favore del settore agricolo, a carico del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236[14];
§ Articolo 2, comma 523, della L. 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria per il 2008) – Si prevede la possibilità di concedere, anche per l’anno 2008, nel limite massimo di 45 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione, il trattamento di CIGS e il trattamento di mobilità ai lavoratori subordinati delle imprese del commercio con più di 50 dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo con più di 50 dipendenti e delle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti. Inoltre, si dispone, per il 2008, il rifinanziamento della proroga per un periodo fino a 12 mesi (rispetto al periodo ordinario massimo di durata di 12 mesi) del trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale, prevista dall’articolo 1, comma 1, del D.L. 5 ottobre 2004, n. 249, convertito dalla L. 3 dicembre 2004, n. 291, nel caso di cessazione dell’attività dell’intera azienda, di un settore di attività, di uno o più stabilimenti o parte di essi. A tale finalità sono destinati 30 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione;
§ Articolo 21-quater, commi 1 e 2, della D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria) – Si prevede l’estensione delle previsioni dell’articolo 2, comma 521 della legge 244/2007 (proroga dei trattamenti di cassa integrazione salariale straordinaria) alle aree territoriali colpite da processi di riorganizzazione derivanti da nuovi assetti del sistema aeroportuale che abbiano comportato una crisi occupazionale che coinvolge un numero di unità lavorative superiore a tremila. Si prevede un limite di spesa in 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, posto a carico del Fondo per l'occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236;
§ Articolo 21-quater, comma 5, della D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria) – Si prevede l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi 3, 9 e 10 della legge 223/1991 (durata massima di due anni dei programmi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale, trattamento straordinario di integrazione salariale di durata non superiore a 36 mesi nell'arco di un quinquennio) ai trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria deliberati per il personale, anche navigante, dei vettori aerei e delle società da questi derivanti a seguito di processi di riorganizzazione o trasformazioni societarie ai sensi dell’articolo 1-bis del D.L. 249/2004.
XVI Legislatura
§ Articolo 4-ter, commi 7-10, del 3 giugno 2008, n. 97(Disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini) – Si prevede l’estensione delle previsioni dell’articolo 2, comma 521 della legge 244/2007 (proroga dei trattamenti di cassa integrazione salariale straordinaria) al comparto della pesca per la cui spesa viene previsto un limite di 10 milioni di euro a carico del Fondo per l'occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236;
§
D.L. 28 agosto 2008, n. 134, (c.d. decreto Alitalia) (“Disposizioni
urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese
in crisi”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma
- l’articolo 1, comma 13, il quale ai fini della concessione di tali trattamenti, riduce della metà i termini previsti sia per le procedure di esame congiunto successivo alla comunicazione aziendale dove si prospetta la richiesta di integrazione salariale straordinaria o la sussistenza di eccedenze di personale sia per l'obbligo di comunicazione preventiva (da parte del cedente e del cessionario) alle rappresentanze ed associazioni sindacali interessate dell'intenzione di effettuare un trasferimento di azienda o di ramo d’azienda. Inoltre, si consente che i passaggi (anche solo parziali) di lavoratori alle dipendenze del cessionario nel caso di trasferimento d’azienda siano effettuati anche previa collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria o previa cessazione del rapporto di lavoro in essere e successiva assunzione da parte del cessionari. Infine, per quanto concerne i lavoratori, destinatari di trattamenti di integrazione salariale straordinaria o di mobilità dipendenti dalle società in amministrazione straordinaria operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, si prevede, al fine di agevolarne la ricollocazione, la concessione al datore di lavoro che li assuma dei benefici previsti dalla disciplina generale per i soggetti in mobilità;
- l’articolo 2, comma 1, stabilisce che i trattamenti dicassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità ai sensi dell’articolo 1-bis del D.L. 249/2004 siano concessi per periodi massimi pari, rispettivamente, a 48 mesi e 36 mesi indipendentemente dalla età anagrafica e dall'area geografica di riferimento, sulla base di specifici accordi in sede governativa;
- l’articolo 2, comma 3 dispone espressamente che la disciplina in tema di decadenza dai trattamenti di CIGS (derivante dal rifiuto o dall'irregolare frequenza di un corso di formazione o riqualificazione), nonché di mobilità e di disoccupazione (articolo 1-quinquies del D.L. 249/2004), si applica anche al personale dei vettori aerei e delle società derivate da questi ultimi. Peraltro, ai fini dell’erogazione dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria o di mobilità, tali soggetti sono tenuti a sottoscrivere apposito patto di servizio presso i competenti centri per l'impiego o presso le agenzie incaricate del programma di reimpiego;
- l’articolo 2 comma 5-ter prevede che il menzionato divieto di effettuare assunzioni a termine non si applichi anche all’ipotesi, di cui all’articolo 1-bis, comma 1, del D.L. 249/2004, relativa alla concessione dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria (e di mobilità) al personale dei vettori aerei e delle società derivate da questi ultimi;
- L’articolo 2 comma 5-quater, riconosce, nell’ambito temporale del quadriennio della cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS), concessa ai sensi del menzionato articolo 1-bis del D.L. 249/2004, ai lavoratori che usufruiscono di tale trattamento dei vettori aerei e delle società derivate da questi ultimi assunti a tempo indeterminato e licenziati per giustificato motivo oggettivo o a seguito delle procedure di mobilità (di cui agli articoli 4 e 24 della L. 223/1991), il diritto a rientrare nel programma di CIGS e ad usufruire della relativa indennità per il periodo residuo del quadriennio.
§ Articolo 19 del D.L. 185/2008 (“Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2).
- Comma 1 - potenziamento ed espansione di specifici ammortizzatori sociali, in primo luogo attraverso la previsione di una serie di interventi, nell’ambito del Fondo per l’occupazione e nei limiti di specifici stanziamenti, volti a riconoscere l’accesso a specifici istituti di tutela del reddito - comprensivi delle somme concernenti la contribuzione figurativa e gli assegni al nucleo familiare - in caso di sospensione dal lavoro dei soggetti interessati. Allo scopo, nell’ambito del suddetto Fondo, sono preordinate le somme di 289 milioni di euro per l'anno 2009, di 304 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e di 54 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012. Gli strumenti di sostegno al reddito individuati sono l’indennità ordinaria di disoccupazione, con requisiti normali e ridotti, il trattamento, in via sperimentale, per il triennio 2009-2011, pari all'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali per i lavoratori assunti con la qualifica di apprendista; l’istituto sperimentale di tutela del reddito per i lavoratori a progetto in possesso di determinati requisiti, previsto, in via sperimentale, per il triennio 2009-2011 e pari al 10% del reddito percepito l’anno precedente;
- Comma 11 – concessione, non oltre il 31 dicembre 2009, di trattamenti di integrazione salariale straordinaria e di mobilità ai dipendenti di imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti e delle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti, con oneri, entro il limite di spesa di 45 milioni di euro, a carico del Fondo per l'occupazione;
- Comma 12 – destinazione di una quota di 12 milioni di euro, a carico del Fondo per l'occupazione, alla concessione, per il 2009, di una indennità, pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile d’integrazione salariale straordinaria previsto dalle vigenti disposizioni, nonché la relativa contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare, per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro e per le giornate di mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al programma, con le giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia risultato disponibile;
- Comma 13 - iscrizione nelle liste di mobilità dei lavoratori di imprese con meno di 15 dipendenti licenziati per giustificato motivo oggettivo, connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro, nel limite di 45 milioni di euro;
-
Comma 15
– destinazione di 30 milioni di euro
per il
§ Articolo 2, comma 36, della L. 203/2008 (legge finanziaria 2009). Prevede il rinnovo per il 2009, della possibilità di concessione “in deroga” dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale subordinatamente alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali definiti con specifici accordi in sede governativa, nel limite complessivo di spesa di 600 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione;
§ Accordo Stato–Regioni del 12 febbraio 2009 – destinazione di 8 miliardi di euro, nel biennio 2009-2010, per azioni di sostegno al reddito e di politica attiva del lavoro , sulla base delle seguenti somme:
-
5.350 milioni di euro da parte dello Stato (di
cui circa 1.400 milioni derivanti dall'articolo 2, comma 35 (rectius: 36), della legge finanziaria
2009 e dall’articolo 19 del D.L. 185/2008, e 3.950 milioni derivanti dalle
disposizioni di cui all’articolo 6-quater
del D.L. 112/2008, il quale dispone la revoca delle assegnazioni effettuate dal
CIPE fino al 31 dicembre
- 2.650 milioni di euro di contributo regionale a valere sui programmi regionali FSE;
§
Articolo
7-ter del D.L. 5/2009 (“Misure
urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in
materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore
lattiero-caseario”, Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma
§ ai commi 1-3, la semplificazione e razionalizzazione delle procedure inerenti la concessione degli strumenti di tutela del reddito, allo scopo di agevolare i soggetti beneficiari. Tra questi interventi si ricordano;
· ai commi 4-10, la modifiche alla disciplina degli ammortizzatori sociali in deroga. In particolare:
à i commi 5, 8, 9 e 10, modificando l’articolo 19 del D.L. 185/2008 intervengono, più specificamente, sulla normativa relativa alle proroghe, per il 2009, degli ammortizzatori sociali in deroga; sui trattamenti di indennità di disoccupazione non agricola con requisiti normali e ridotti e sulle relative modalità di fruizione, nonché sull’istituto sperimentale di tutela del reddito per i lavoratori a progetto; e, infine, sulla trasferibilità delle quote di adesione, in caso di mobilità tra i fondi interprofessionali per la formazione continua. In particolare, il comma 8 prevede l’aumento della somma liquidata in unica soluzione per l’istituto sperimentale di sostegno al reddito per i lavoratori a progetto, di cui all’articolo 19, comma 1, del D.L. 185/2008, portandola al 20%, con susseguente aumento delle risorse, pari a 100 milioni di euro. Resta comunque fermo il limite dell’ammontare complessivo dei pagamenti a favore degli ammortizzatori, pari a 600 milioni di euro, stabilito dall’articolo 2, comma 36, della legge finanziaria per il 2009;
à il comma 4, prevede interventi in deroga in relazione alle concessioni, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di cassa integrazione guadagni, di mobilità, di disoccupazione speciale, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali;
à l’estensione, ai sensi del comma 6, ai lavoratori destinatari della CIG e della mobilità in deroga, dell’applicazione dei requisiti richiesti per l’accesso ai trattamenti a regime degli stessi trattamenti);
à si dispone l’erogazione da parte dell’INPS, ai sensi del comma 7, di un incentivo per i datori di lavoro, le cui aziende non siano interessate da trattamenti di CIGS, che assumano lavoratori destinatari, per il 2009-2010, di ammortizzatori sociali in deroga, che siano stati licenziati o sospesi da specifiche imprese;
D.L. 78/2009 (“Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini”, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102).
Articolo 1:
§
si prevede la facoltà, ai sensi dei commi da
§
si destinano nuove risorse (254 milioni di euro per il 2009) per
§ ai sensi del comma 6, si aumenta l’integrazione salariale per i lavoratori che riducono l’orario di lavoro a seguito della stipulazione di contratti di solidarietà difensivi, nella misura del 20%, portando tale integrazione (dal 60%) all’80% del trattamento perso a seguito della riduzione di orari. Tale integrazione opera nel limite massimo di 40 milioni di euro per l'anno 2009 e di 80 milioni di euro per l'anno 2010;
§ ai sensi dei commi 7 ed 8, si introducono misure di sostegno per l’attività imprenditoriale posta in essere da lavoratori destinatari di trattamenti di sostegno al reddito o in caso di sospensione di lavoro ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del D.L. 185/2008. Più specificamente, tali benefici operano a favore dei lavoratori destinatari di trattamenti di sostegno al reddito che intraprendano attività autoimprenditoriale o una micro-impresa, attività di lavoro autonomo o si associno in cooperativa. In particolare, si prevede che l’incentivo per i datori di lavoro introdotto dal comma 7 dell’articolo 7-ter del D.L. 5/2009, sia erogato, su richiesta, anche al lavoratore destinatario del trattamento di sostegno al reddito, a condizione che il medesimo intraprenda un’attività autonoma, avvii autoimprenditorialità o micro-impresa, o si associ in cooperativa. Il successivo comma 8 dispone che la liquidazione del trattamento di cassa integrazione si effettui nei confronti del lavoratore già percettore di trattamenti di cassa integrazione ordinaria e straordinaria, e che il trattamento di mobilità per un massimo di 12 mesi sia liquidato nei casi di trattamento di cassa integrazione guadagni per crisi aziendale a seguito di cessazione totale o parziale dell'impresa, di procedura concorsuale o comunque nei casi in cui il lavoratore sospeso sia stato dichiarato in esubero strutturale, o se il medesimo lavoratore abbia diritto, ai sensi dell’articolo 16, comma 1, della L. 223/1991, all’indennità di mobilità. Resta fermo l’obbligo per il lavoratore, in entrambi i casi di cui ai commi 7 ed 8, di presentare le dimissioni ai fini della fruizione delle richiamate misure di sostegno al reddito;
§ infine, al fine di rendere efficiente e flessibile l’utilizzo delle risorse complessive destinate ad interventi per gli ammortizzatori sociali per il 2009, prevede (comma 8-ter) che l’ulteriore somma di 100 milioni di euro previsti dall’articolo 19, comma 2-bis, del D.L. 185/2008, per l’istituto sperimentale di tutela del reddito per i lavoratori a progetto in possesso di determinati requisiti, possa essere, alternativamente rispetto a quanto disposto dallo stesso comma 2-bis, destinata parzialmente o totalmente, previo specifico versamento all’entrata del bilancio dello Stato, ad incrementare, per il 2009, le risorse del Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, istituito dall’articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 185/2008.
Articolo 1-bis
In materia di ammortizzatori sociali per i settori non coperti dalla Cassa integrazione guadagni, prevede che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 78/2009, con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro possano essere emanate, in via eccezionale, norme in deroga alle singole disposizioni dei regolamenti previsti dall’articolo 1, comma 1, del DM 477/1997[15].
L’articolo 2 del D.L. 93/2008, convertito dalla L. 126/2008, ha introdotto, in via transitoria per il periodo luglio-dicembre 2008, un regime fiscale agevolato in favore dei lavoratori dipendenti del settore privato che, nel 2007, hanno realizzato un reddito annuo per lavoro dipendente non superiore a 30.000 euro. Il beneficio fiscale consiste nell’applicazione, sulle remunerazioni oggetto di agevolazione, di una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali fissata in misura pari al 10% in luogo del regime di tassazione ordinaria. Resta ferma, per il lavoratore, la facoltà di optare per l’applicazione del regime di tassazione ordinaria. L’agevolazione introdotta riguarda i redditi per lavoro straordinario (comma 1, lettera a)), per lavoro supplementare (comma 1, lettera b)) per incrementi di produttività (comma 1, lettera c)). L’ammontare della remunerazione sulla quale applicare l’imposta sostitutiva non poteva, in ogni caso, superare l’importo massimo di 3.000 euro lordi.
Successivamente, l’articolo 5 del D.L. 185/2008, convertito dalla L. 2/2009, ha prorogato all’anno 2009 tale regime agevolativi limitatamente alle remunerazioni corrisposte in relazione a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all'andamento economico dell'impresa. Si tratta, in sostanza, della quota di retribuzione caratteristica del secondo livello di contrattazione collettiva legata alla produttività aziendale.
Rispetto
all’agevolazione introdotta dal D.L. n. 93/2008, viene elevato da
La relazione tecnica ha attribuito alla norma effetti di minor gettito (IRPEF e addizionali) pari a 400 milioni nel 2009 e 128 milioni nel 2010.
L’articolo
1, commi da
Più specificamente, si prevede, da parte dell’impresa di appartenenza, la possibilità di utilizzare, in via sperimentale per il biennio 2009-2010, i lavoratori destinatari di trattamenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro, in progetti di formazione o riqualificazione che possono includere attività produttiva connessa all'apprendimento (comma 1).
Al lavoratore spetta un trattamento economico, erogato dai datori di lavoro, pari alla differenza tra il trattamento di sostegno al reddito e la retribuzione.
L'inserimento del lavoratore nelle attività formative può avvenire sulla base di uno specifico accordo stipulato in sede di Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, stipulato dalle medesime parti sociali che sottoscrivono l'accordo relativo agli ammortizzatori.
Il comma 2 dispone la copertura finanziari dell’intervento, pari a 20 milioni di euro per l'anno 2009 e 150 milioni di euro per l'anno 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione trasferite al medesimo con delibera CIPE n. 2 del 6 marzo 2009.
Le modalità di attuazione delle disposizioni in precedenza richiamate sono demandate ad un apposito decreto interministeriale, avuto particolare riguardo ai procedimenti del relativo accordo, alla previsione di coniugazione dei medesimi con gli interventi di politica attiva a valere sulle risorse all'uopo destinate ai sensi dell'Accordo Stato-Regioni del 12 febbraio 2009, nonché alle procedure di comunicazione all'INPS (comma 3) anche ai fini del tempestivo monitoraggio effettuato dal Ministro dell'Economia e delle finanze, sulla base dei dati comunicati dall'INPS, anche ai fini dell'adozione di eventuali provvedimenti correttivi (comma 4).
Con il comma 4-bis, modificando l’articolo 2, comma 511[16], della legge finanziaria per il 2008 (L. 244/2007), è stato reso stabile, a decorrere dal 2009, il finanziamento di 13 milioni di euro annui già previsto per il 2008 (fermo restando, per il 2009, il limite dell’ammontare complessivo dei pagamenti a carico del richiamato fondo, pari, ai sensi del richiamato articolo 2, comma 36, della L. 203/2008, a 420 milionidi euro).
Le modalità, i termini e le condizioni per il finanziamento dei richiamati enti è demandato ad un apposito decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
L’articolo
1, comma 5, del D.L. 78/2009 destina 25 milioni di euro, per il
Tale norma ha consentito, in determinati casi, la proroga della CIGS concessa per crisi aziendale fino ad un periodo di 12 mesi oltre gli ordinari limiti di durata del trattamento medesimo[17].
Presupposto della proroga sono:
- la cessazione dell’attività dell'intera azienda, di un settore di attività, di uno o più stabilimenti o di parte di essi;
- la sussistenza di programmi volti alla ricollocazione dei lavoratori e che comprendano, ove necessario, la formazione professionale;
- l'accertamento - da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali - del "concreto avvio", nei primi 12 mesi dell'intervento di integrazione (cioè, durante il periodo ordinario della durata del medesimo per crisi aziendale), del piano di gestione delle eccedenze di personale.
L’articolo 1, comma 6, del D.L. 78/2009 stabilisce, in via sperimentale per il biennio 2009-2010, l’incremento dell'ammontare del trattamento di integrazione salariale per i contratti di solidarietà difensivi nella misura del 20%, portando tale integrazione (dal 60%) all’80% del trattamento perso a seguito della riduzione di orario.
Per contratti di solidarietà difensivi si intendono quelli collettivi aziendali, stipulati tra imprese industriali rientranti nel campo di applicazione della CIGS e le rappresentanze sindacali, che, a norma dell'articolo 1 del D.L. 30 ottobre 1984, n. 726 , stabiliscano una riduzione dell'orario di lavoro, al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale. In relazione a tale riduzione d'orario, di cui sia stata accertata la finalizzazione da parte dell'Ufficio regionale del lavoro, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, concede il trattamento d'integrazione salariale il cui ammontare è determinato nella misura del 60% del trattamento retributivo perso a seguito della riduzione d'orario.
Tale integrazione opera nel limite massimo di 40 milioni di euro per l'anno 2009 e di 80 milioni di euro per l'anno 2010.
L'onere è posto a carico delle risorse per l'anno 2009 e 2010 del Fondo sociale per l'occupazione e formazione, trasferite al medesimo fondo con la delibera CIPE n. 2 del 6 marzo 2009 (vedi supra).
Ad un apposito decreto interministeriale sono demandate le modalità di attuazione del presente comma e il relativo raccordo con i complessivi interventi di ammortizzatori sociali in deroga disciplinati dall'Accordo tra Stato e Regioni del 12 febbraio 2009.
Infine, spetta all’INPS il monitoraggio dei provvedimenti autorizzativi consentendo l'erogazione dei medesimi, nell’ambito delle linee guida e delle relative risorse disciplinate dal richiamato decreto di attuazione.
I commi 7 e 8 dell’articolo 1 del D.L. 78/2009 introducono particolari benefici per i lavoratori destinatari di trattamenti di sostegno al reddito che intraprendano attività di impresa, lavoro autonomo o si associno in cooperativa.
Entrambi i benefici sono cumulabili con il fondo
per gli interventi a salvaguardia dei livelli di occupazione istituito presso
Più specificamente, il comma 7 prevede che l’incentivo per i datori di lavoro introdotto dal comma 7 dell’articolo 7-ter del D.L. 5/2009, convertito dalla L. 33/2009, a favore di aziende che assumano lavoratori destinatari, per il 2009-2010, di ammortizzatori sociali in deroga, che siano stati licenziati o sospesi da specifiche imprese, sia erogato, su richiesta, anche al lavoratore destinatario del trattamento di sostegno al reddito, a condizione che il medesimo intraprenda un’attività di lavoro autonomo, avvii un’attività autoimprenditoriale o una micro impresa o si associ in cooperativa.
L’incentivo è pari all’indennità spettante al lavoratore, nel limite di spesa autorizzato e escludendo quanto dovuto per contributi figurativi, per il numero di mensilità di trattamento non erogate.
Lo stesso comma prevede altresì l’obbligo, per il lavoratore che sia titolare di trattamenti di cassa integrazione in deroga o sospeso dal lavoro, di presentare le dimissioni dall'impresa di appartenenza nel periodo tra l'ammissione al beneficio e dell'erogazione del medesimo.
Il successivo comma 8 prevede, in via sperimentale per il biennio 2009-2010, la liquidazione del trattamento di cassa integrazione si effettui nei confronti del lavoratore già percettore di trattamenti di cassa integrazione ordinaria e straordinaria, e cheil trattamento di mobilità per un massimo di 12 mesi sia liquidato nei casi di trattamento di cassa integrazione guadagni per crisi aziendale a seguito di cessazione totale o parziale dell'impresa, di procedura concorsuale o comunque nei casi in cui il lavoratore sospeso sia stato dichiarato in esubero strutturale, o se il medesimo lavoratore abbia diritto, ai sensi dell’articolo 16, comma 1, della L. 223/1991 all’indennità di mobilità.
I lavoratori interessati sono quelli già percettori del trattamento di cassa integrazione guadagni per crisi aziendale a seguito di cessazione totale o parziale dell'impresa, di procedura concorsuale o comunque nei casi in cui il lavoratore sospeso sia stato dichiarato esubero strutturale.
Come per l’incentivo di cui al comma 7, la liquidazione viene erogata a condizione che il lavoratore intraprenda una attività autonoma, per l’avviamento di auto o micro-impresa o per associarsi in cooperativa in conformità alle norme vigenti
Anche in questo caso, per poter fruire dei richiamati benefici, sussiste l’obbligo di dimissioni da parte del lavoratore dall'impresa di appartenenza nel periodo tra l’ammissione al beneficio e l'erogazione del medesimo.
Con il successivo comma 8-bis si demanda ad un apposito decreto interministeriale l’emanazione delle modalità edel le condizioni per l'applicazione di quanto previsto dai commi 7 e 8.
Infine, il comma
8-ter, al fine di rendere efficiente e flessibile
l’utilizzo delle risorse complessive destinate ad interventi per gli
ammortizzatori sociali per il
Si segnala, infine, che l’articolo 27, comma 1, dell’AS 1167 (“collegato lavoro”), attualmente all’esame del Senato, prevede la concessione “in deroga” dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale subordinatamente alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali definiti con specifici accordi in sede governativa, nel limite complessivo di spesa di 450 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione.
L’articolo 20 del D.L. 112/2008, convertito dalla L. 133/2008,reca una serie di disposizioni in materia contributiva. In particolare:
§ si stabilisce, fornendo un’interpretazione autentica del secondo comma dell’articolo 6 della L. 138/1943, che i datori di lavoro che hanno corrisposto per legge o per contratto collettivo, anche di diritto comune, il trattamento economico di malattia, con conseguente esonero dell’INPS dall’erogazione della predetta indennità, non sono tenuti al versamento della relativa contribuzione al medesimo Istituto.
§ si prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2009, le imprese dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a capitale misto siano tenute a versare, secondo la normativa vigente, la contribuzione per maternità e la contribuzione per malattia per gli operai;
§ si obbliga il datore di lavoro, nel caso di corresponsione dell’indennità di mobilità ai lavoratori disoccupati in conseguenza di licenziamento per riduzione di personale, al versamento di un contributo nella misura dello 0,30% delle retribuzioni che costituiscono imponibile contributivo;
§ si estende l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria e la mobilità ai dipendenti delle aziende esercenti pubblici servizi, con effetto dal primo periodo di paga decorrente dal 1° gennaio 2009.
§ si prevede che l’assegno sociale, disciplinato dall’articolo 3, comma 6, della L. 335/1995, è corrisposto agli aventi diritto a condizione che abbiano soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno cinque anni nel territorio nazionale.
L’articolo 2, comma 5-bis, del D.L. 185/2008 ha disposto che le eventuali minori spese a carico dello Stato per l’anno 2009 - rispetto al già previsto importo di 350 milioni – registrate all’esito dell’attività di monitoraggio dei flussi finanziari relativi all’assunzione da parte dello Stato di una quota delle rate dei mutui a tasso variabile, siano destinate all’ulteriore finanziamento degli assegni familiari.
Si demanda ad apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali la destinazione di tali somme, la ridefinizione dei livelli di reddito e degli assegni dei nuclei familiari, al fine di tutelare determinati soggetti svantaggiati (es. famiglie numerose e portatori di handicap), nonché nell’ottica di assimilare le posizioni dei titolari di redditi di lavoro dipendente a quelle dei titolari di reddito di lavoro autonomo che si sono adeguati agli studi di settore.
Per quanto concerne i provvedimenti all’esame del Parlamento, si segnala il disegno di legge AS-1167 (cd. collegato lavoro),recante “Delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”[18], si segnala, infine, la proroga fino a 18 mesi del termine per l’esercizio di alcune deleghe al Governo contenutenella legge 247/2007[19], relative:
· alla riformadegli ammortizzatori sociali e per al riordino degli istituti a sostegno del reddito;
· ai servizi per l’impiego, agli incentivi all’occupazione e all’apprendistato;
· al riordino della normativa in materia di occupazione femminile.
Inoltre, si segnalano alcune pdl attualmente all’esame della XI Commissione Lavoro (nn. 82, 322, 331, 380, 527, 870) che recano norme in materia di pensionamento anticipato e altri benefici in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili.
Tra i principali provvedimenti posti in essere dalle regioni volti al sostegno del reddito di particolari categorie di soggetti – e famiglie- in difficoltà (disoccupati, espulsi dal lavoro senza indennità, lavoratori precari, ecc.), si segnalano, in primo luogo, le leggi regionali n. 4/2009 del Lazio e n. 2/2004 della Campania, le quali hanno introdotto, rispettivamente, il reddito minimo garantito e il reddito di cittadinanza.
Numerose regioni hanno invece provveduto ad istituire, spesso nell’ambito delle relative leggi finanziarie, appositi fondi regionali per il sostegno al reddito e all’occupazione.
Infine, alcune Regioni hanno introdotto misure di sostegno al reddito nell’ambito di norme contenenti la promozione dell’occupazione.
Con
la legge regionale 20 marzo 2009, n. 4,
Beneficiari di tale agevolazione sono i disoccupati, gli inoccupati, i lavoratori precariamente occupati e i lavoratori privi di retribuzione.
Tali beneficiari devono possedere, al momento della presentazione dell'istanza per l'accesso alle prestazioni, la residenza nella Regione da almeno 24 mesi, l’iscrizione nell'elenco anagrafico dei centri per l'impiego ad eccezione dei lavoratori privi di retribuzione, un reddito personale imponibile non superiore a 8.000 euro nell'anno precedente la presentazione dell'istanza, e, infine, non aver maturato i requisiti per il trattamento pensionistico.
Il reddito minimo garantito si articola nelle seguenti prestazioni:
§ per i disoccupati e gli inoccupati, in somme di denaro non superiori a 7.000 euro annui, rivalutate sulla base degli indici sul costo della vita elaborati dall'ISTAT;
§ per i lavoratori precariamente occupati e i lavoratori privi di retribuzione, in somme di denaro non superiori a 7.000 euro annui, rivalutate sulla base degli indici sul costo della vita elaborati dall'ISTAT, calcolate tenendo conto del criterio di proporzionalità riferito al reddito percepito nell'anno precedente ed erogate nelle misure indicate con specifico regolamento regionale (Regolamento 17 giugno 2009, n. 9). In ogni caso, la somma tra il reddito percepito nell'anno precedente e il beneficio erogato non può essere superiore a 7.000 euro.
Sono inoltre previste specifiche cause di sospensione, esclusione e decadenza dalle prestazioni richiamate.
Per le finalità richiamate è istituito un apposito Fondo regionale per il reddito minimo garantito, con uno stanziamento pari a 20 milioni di euro per l'anno 2009 e a 10 milioni di euro per ciascuna delle annualità 2010 e 2011.
Con la legge
regionale 19 febbraio 2004, n. 2,
Tale strumento opera a favore dei soggetti, comunitari ed extracomunitari, residenti da almeno sessanta mesi nella Regione Campania che si trovano in specifiche condizioni, al fine di contrastare la povertà e l'esclusione e per favorire condizioni efficaci di inserimento lavorativo e sociale. Il reddito di cittadinanza consiste in una erogazione monetaria che superiore a 350 euro mensili per nucleo familiare correlata ed in funzione di specifici interventi mirati all'inserimento scolastico, formativo e lavorativo dei singoli componenti del nucleo stesso.
Beneficiari di tale erogazione sono i componenti delle famiglie anagrafiche con un reddito annuo inferiore ad euro 5.000 che ne facciano richiesta. Allo stesso tempo, beneficiari degli specifici interventi mirati all'inserimento scolastico, formativo e lavorativo sono i singoli componenti delle famiglie anagrafiche richiamate senza limiti di numero.
Fondi simili sono stati altresì istituiti in Basilicata (L.R. 24 dicembre 2008, n. 31, articolo 19); in Emilia Romagna (L.R. 23 luglio 2009, n. 9, articolo 31); nelle Marche (L.R. 24 dicembre 2008, n. 37, articolo 39)
§ soggetti alla ricerca di occupazione, compresi i lavoratori espulsi dal mercato del lavoro a causa di crisi aziendali o persone mai entrate nel mercato del lavoro, che percepiscano o meno una indennità di disoccupazione;
§ lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, che percepiscano o meno una indennità di disoccupazione o di mobilità;
§ lavoratori sospesi dal lavoro in CIGS ai sensi della L. 223/1991.
Infine,
come accennato in precedenza, alcune regioni hanno introdotto specifici
strumenti di sostegno al reddito nell’ambito di norme contenenti la promozione
dell’occupazione. Tra queste, si segnalano il Piemonte (L.R. 22 dicembre 2008, n. 34, articoli 29, 37 e 43);
Il Piano casa, previsto dall’art. 11 del decreto-legge n. 112 del 2008 consiste in una serie di misure rivolte all'incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l'offerta di alloggi di edilizia residenziale, da realizzare con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati, destinati alle categorie sociali svantaggiate nell'accesso al libero mercato degli alloggi in locazione (nuclei familiari a basso reddito, anziani, studenti fuori sede, ecc.). Il piano prevede la costruzione di nuove abitazioni e la realizzazione di misure di recupero del patrimonio abitativo esistente ed è articolato sulla base di criteri oggettivi che tengano conto dell'effettivo bisogno abitativo presente nelle diverse realtà territoriali.
Il decreto-legge prevede che il Piano venga approvato con D.P.C.M., previa delibera del CIPE e d’intesa in sede di Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (MIT). Pertanto l’8 maggio 2009 il CIPE si è espresso favorevolmente sullo schema del piano casa e con il il D.P.C.M. del 16 luglio 2009 il Consiglio dei ministri ha approvato il Piano nazionale di edilizia abitativa (G.U. del 19 luglio 2009, n. 191).
In sostanza, si prevede la costituzione di un sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari per l'acquisizione e la realizzazione di immobili per l'edilizia residenziale ovvero promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi, con la partecipazione di soggetti pubblici e/o privati, per la valorizzazione e l'incremento dell'offerta abitativa in locazione; la realizzazione del Piano è legata al decreto legislativo n. 192 del 2005, relativo al rendimento energetico nell'edilizia.
In fase di prima attuazione la dotazione finanziaria del Piano ammonta a 350 milioni di euro (art. 11, comma 12, del decreto-legge 112) dei quali: 200 milioni di euro per i piani regionali d'emergenza (le prime iniziative a tradursi in cantieri, anche perché già definite nel 2007) e 150 per il cosiddetto sistema dei fondi immobiliari promossi sul territorio da fondazioni ed enti locali e territoriali al fine di sviluppare l'housing sociale agli operatori no profit (art. 11 del D.P.C.M.).
Si ricorda che le risorse finanziarie necessarie per la realizzazione del piano
sono state individuate dal comma 12 dell’art. 11 del citato decreto-legge, che
ha previsto la costituzione di un Fondo nello stato di previsione del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alimentato con le risorse
finanziarie derivanti dai seguenti provvedimenti adottati nella precedente
legislatura. Successivamente, il comma 4-bis dell’art. 18 del decreto-legge n. 185 del
Per il tempestivo avvio di interventi prioritari e immediatamente realizzabili di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata di competenza regionale, diretti alla risoluzione delle più pressanti esigenze abitative, si prevede inoltre la destinazione di 200 milioni di euro a valere sulle risorse dell’art. 21 del decreto-legge n. 159/2007, da ripartire tra le regioni con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo accordo intervenuto in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Il decreto-legge n. 93 del 2008 dispone la totale esenzione dall’imposta comunale sugli immobili (ICI) per l’unità immobiliareadibita ad abitazione principale, ovvero per l’immobile in cui dimorano abitualmente il contribuente ed i suoi familiari, nonché le unità immobiliari assimilate dai regolamenti comunali all’abitazione principale.
Infine, il decreto-legge n. 5 del 2009 introduce ulteriori detrazioni per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici ad alta efficienza energetica, nonché per televisori e computer, in favore dei contribuenti che accedono alla detrazione fiscale per interventi di recupero del patrimonio edilizio. La detrazione è pari al 20% delle spese sostenute, nel limite massimo di 10.000 euro.
Al fine di consentire alle giovani coppie di accedere a finanziamenti agevolati per sostenere le spese connesse all'acquisto della prima casa l’art. 13 del DL n. 112/2008 ha istituito un Fondo speciale di garanzia per l'acquisto della prima casa - con una dotazione pari a 4 milioni di euro per l'anno 2008 e 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010 - da parte delle coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, con priorità per quelli i cui componenti non risultano occupati con rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Il decreto-legge n. 185 del
Viene inoltre disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2009, le banche e gli intermediari che offrono alla clientela mutui ipotecari per l'acquisto dell'abitazione principale hanno l’obbligo di assicurare ai medesimi clienti la possibilità di stipulare tali contratti a tasso variabile indicizzato al tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale della Banca centrale europea, dovendo risultare il tasso complessivo applicato in tali contratti in linea con quello praticato per le altre forme di indicizzazione offerte.
Con i decreti-legge 158/2008 e 78/2009 si è provveduto alla sospensione fino al 31 dicembre 2009 delle procedure esecutive di sfratto limitatamente ai comuni capoluoghi di provincia, i comuni con essi confinanti con popolazione superiore a 10.000 abitanti e i comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE n. 87/03 del 13 novembre 2003. Il blocco delle procedure esecutive di sfratto riguarda i conduttori in condizioni di particolare disagio.
Nel decreto legge 158/2008 si precisa che la finalitàdel provvedimento di sospensione è quella di ridurre il disagio abitativo per tali categorie disagiate inattesa della realizzazione degli interventi del citato Piano casa introdotto con l’art. 11 del DL n. 112/2008.
Si ricorda inoltre
che
- realizzare politiche abitative a favore delle fasce più deboli;
- incrementare, di conseguenza, il «Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione» e il «Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa», come strumenti di base per il riequilibrio delle distorsioni esistenti nel settore abitativo;
- incentivare, in tale ambito, le iniziative di recupero e ristrutturazione urbanistica ed edilizia, anche con benefici economici in grado di abbattere i costi legati alla bonifica delle aree dismesse da trasformare e ristrutturare, con l’obiettivo, tra l’altro, di alleggerire la mobilità nei centri urbani, evitando di ampliare ulteriormente l’estensione delle periferie;
- promuovere la qualità architettonica e i livelli di innovazione tecnologica del prodotto edilizio rivolto alle famiglie, con incentivi per le iniziative volte a favorire il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale.
Contemporaneamente, il governo ha annunciato - tra l’altro con l’obiettivo di rilanciare il settore dell’edilizia, gravemente colpito dalla crisi, e in attuazione della citata direttiva europea sul risparmio energetico degli edifici - un intervento, da realizzare con decreto-legge, volto a favorire lavori di modifica del patrimonio edilizio esistente, anche attraverso la concessione di consistenti incentivi volumetrici, nonché a prevedere la semplificazione dei titoli abilitativi all’attività edilizia.
La proposta governativa è stata accolta con una decisa opposizione da parte delle regioni, che rivendicavano la competenza in materia di governo del territorio, edilizia e urbanistica. Le regioni, inoltre, chiedevano l’introduzione di alcuni correttivi per evitare che l’iniziativa si trasformasse in un incentivo all’abusivismo. Alla luce di tali prese di posizione e su invito del Presidente della repubblica, l’esecutivo promuoveva un’intesa in sede di Conferenza unificata, diretta a favorire l’armonizzazione delle rispettive legislazioni ed il conseguimento del comune obiettivo. Con l’intesa del 31 marzo 2009, le regioni si sono quindi impegnate a regolamentare interventi che migliorino la qualità architettonica e/o energetica degli edifici entro il limite del 20% della volumetria esistente. Le leggi regionali inoltre disciplinano la demolizione e ricostruzione con ampliamento entro il limite del 35% della volumetria.
In secondo luogo, il governo si è impegnato a emanare un decreto-legge contenente le misure di semplificazione edilizia e un disegno di legge delega per il riordino della materia urbanistica- edilizia. Tali provvedimenti non sono stati tuttavia ancora emanati.
Infine, il governo sta predisponendo un nuovo intervento per la realizzazione di appartamenti per giovani da cedere il locazione a basso costo con possibilità di riscatto, nelle principali città italiane di grande e media grandezza, utilizzando aree industriali dismesse ovvero immobili non utilizzati di IACP (Istituti autonomi case popolari).
L’apparato produttivo italiano si distingue per l’elevato numero di imprese attive e una dimensione media di queste estremamente ridotta, cui si aggiunge un accentuato localismo produttivo. In tale ambito, le piccole e medie imprese (nel seguito: PMI) rappresentano senza dubbio uno degli assi portanti dell’economia nazionale e sono andate incontro ad uno sviluppo quantitativo, ma anche qualitativo, che non ha eguali nel panorama internazionale.
Secondo i dati Istat (Struttura e competitività del sistema delle imprese industriali e dei servizi - Anno 2006. Istat, Statistiche in breve, 19 novembre 2008), la dimensione media delle imprese italiane rimane, anche nel 2006, di circa 3,8 addetti. Nelle microimprese con meno di 10 addetti si concentra quasi il 95 per cento delle 4.338.766 imprese, il 47,7 per cento degli addetti, il 25,4 per cento dei dipendenti, il 28,9 per cento del fatturato ed il 33,8 per cento del valore aggiunto.
La principale caratteristica delle PMI italiane può essere individuata nella particolarità della loro forma organizzativa, che ha trovato l’espressione più completa nei distretti industriali (cfr. infra)i quali, come le altre le forme organizzative delle PMI (le cooperative ad esempio) sono espressione di uno sviluppo industriale che nasce dal basso e riflette la capacità di forze economiche, sociali ed istituzionali presenti in un determinato territorio di autopromuoversi, mettendo a frutto le risorse in termini di capitale umano, di materie prime e di conoscenze disponibili in ambito locale.
Le misure approvate dal Governo e dal Parlamento nel corso dell’attuale legislatura a partire dal giugno 2008, destinate specificamente a favore delle PMI allo scopo di sostenerle in una situazione di grave crisi economica e finanziaria internazionale (anche per le ricadute sul piano dell’occupazione e più in generale sul piano sociale), sono contenute in vari decreti-legge e nel collegato alla manovra finanziaria di recente approvazione (legge n. 99/2009).
I distretti produttivi rappresentano uno dei maggiori punti di forza del sistema produttivo italiano e si configurano come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese industriali, prevalentemente di piccola e media dimensione, e dall'elevata specializzazione produttiva.
Le reti d’impresa sono invece forme di coordinamento di natura contrattuale tra imprese, soprattutto di piccola e media dimensione, che vogliono aumentare la forza sul mercato senza doversi fondere o unire sotto il controllo di un unico soggetto.
Il Parlamento hainciso sulla materia dei distretti produttivi e delle reti d’impresa nella legislatura in corso in occasione dell’esame del decreto-legge 112/2008[23], convertito dalla legge 133/2008,e deldecreto-legge 5/2009[24], convertito dalla legge 33/2009.
Il decreto-legge 112/2008, all’articolo 6-bis, ha modificato in più parti la disciplina sui distretti produttivi introdotta dalla legge finanziaria per il 2006 (legge 266/2005), eliminando le disposizioni relative al consolidamento fiscale ed alla tassazione unitaria per le imprese appartenenti ai distretti produttivi, sostituite da norme di mera semplificazione ai fini degli adempimenti IVA. Inoltre, ha esteso la normativa sui distretti produttivi alle reti delle imprese di livello nazionale e alle catene di fornitura[25].
Il successivo decreto-legge 5/2009, all’articolo
In particolare il comma 1 dell’articolo ha esteso ai tributi locali i benefici previsti per le reti di imprese e per le catene di fornitura.
Il comma
Nel primo caso la base imponibile è determinata dalla somma algebrica dei redditi delle singole imprese aderenti al distretto. In caso di concordato preventivo, che può essere attribuito in capo al distretto o in capo a ciascuna impresa, la base imponibile è determinata dall’Agenzia delle entrate ovvero dagli enti locali interessati, previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti.
Il comma 4, recante la norma di copertura
finanziaria, ha specificato che, dall’attuazione del comma 1, nonché dei commi
da
I commi 4-ter, 4-quater e 4-quinquies hanno disciplinato i contenuti essenziali del contratto di rete tra due o più imprese[26], con particolare riferimento ai diritti e agli obblighi assunti dalle imprese partecipanti e alle modalità di esecuzione dei contratti stessi.
In particolare, il comma 4-ter ha previsto che con il contratto di rete, due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nell'ambito dei rispettivi oggetti sociali, allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovative e la competitività sul mercato, e il comma 4-quinquies ha disposto che alle reti di imprese che nascono dalla conclusione di tale contratto si applichino le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 368, lettera b) della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) e successive modificazioni (cioè le disposizioni amministrative previste per i distretti produttivi dalla legge finanziaria 2006).
Il comma 1-quinquies infine è intervenuto a sostegno delle iniziative di rilancio produttivo e di tutela occupazionale, in particolare per le imprese dei distretti operanti in alcuni settori.
Più recentemente con la legge n. 99/2009[27](provvedimento collegato alla manovra finanziaria) il Parlamento è intervenuto nuovamente sulla normativa relativa ai distretti produttivi e alle reti di imprese.
In particolare l’articolo 1, al comma 1, provvede a modificare ed integrare la disciplina sul contratto di rete introdotta dal decreto-legge n. 5/2009, relativamente alle indicazioni da inserire nel contratto e alle disposizioni che si applicano alla rete di imprese che nasce dalla conclusione del medesimo contratto. Con riferimento a tale ultimo aspetto, il provvedimento ha disposto l’applicazione alle reti delle imprese nascenti dalla conclusione di contratti di rete delle disposizioni amministrative, finanziarie e di ricerca e sviluppo previste per i distretti produttivi dalla legge finanziaria 2006 (art. 1, comma 368, lettere b), c) e d) della legge 266/2005), subordinando però tale applicazione ad una apposita autorizzazione amministrativa. Si ricorda che invece il D.L. 5/2009 ha previsto l’applicazione alle reti delle imprese in oggetto solamente delle disposizioni amministrative introdotte per i distretti produttivi dalla legge finanziaria 2006 (senza però necessità di alcuna autorizzazione).
Il comma
Anche gli articoli 2 e 3 contengono disposizioni riguardanti i distretti.
Il decreto-legge 112/2008 con l’articolo
In particolare l’articolo 38 demanda ad un regolamento di delegificazione, nel rispetto di specifici principi e criteri, la semplificazione e il riordino della disciplina degli sportelli unici delle attività produttive, già previsti presso i comuni dal decreto legislativo 112/1998.
Lo sportello unico dovrà essere l’unico punto di accesso in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti l’attività produttiva del richiedente, con il compito di fornire una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le amministrazioni coinvolte nel procedimento.
Per i Comuni che non istituiscono lo sportello unico, le funzioni inerenti lo sportello verranno esercitate dalle camere di commercio, mediante il portale "impresa.gov", che assume la denominazione di “impresainungiorno”, gestito congiuntamente con l’Associazione nazionale comuni italiani. Le imprese possono richiedere per le comunicazioni una casella di posta elettronica certificata, fornita gratuitamente dalle Camere di commercio.
Nei casi in cui sia sufficiente la presentazione della dichiarazione di inizio attività (DIA), sarà possibile avviare immediatamente l’attività d’impresa con rilascio da parte dello sportello unico di una ricevuta.
Dovranno inoltre essere individuati i requisiti, le modalità di accreditamento e di verifica dell’attività delle Agenzie per le imprese, cioè dei soggetti privati ai quali può essere affidata l’istruttoria e l’attestazione della sussistenza dei requisiti normativi relativamente alle istanze dei privati, con possibilità di demandare tali funzioni anche alle Camere di Commercio.
Secondo le integrazioni effettuate con la legge n. 69 del 18 giugno 2009, le disposizioni introdotte provvedono a recepire la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, nota anche come direttiva "servizi", che mira – tra l’altro – a facilitare la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione di servizi nell'Unione europea.
Per quanto riguarda le misure volte a favorire
l’accesso al credito per le PMI, in
primo luogo si segnala il decreto-legge
185/2008[29]
(convertito dalla legge 2/2009) che all’articolo
Si ricorda che il Fondo di garanzia di cui all’articolo 15 della legge 266/1997 (c.d. legge Bersani) ha integrato il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, istituito dall’art. 2, co. 100, lett. a), della legge n. 662/1996 presso il Mediocredito centrale, allo scopo di fornire una parziale assicurazione ai crediti concessi dalle banche a favore delle piccole e medie imprese, con una dotazione iniziale di 400 miliardi di lire.
Successivamente
l’articolo 1, comma 847, della legge n. 296/2006 ha istituito il Fondo per la
finanza d'impresa allo scopo di facilitare l'accesso al credito, alla
finanza ed al mercato finanziario delle imprese e di razionalizzare le modalità
di funzionamento dei fondi pubblici di garanzia e di partecipazione al capitale
di rischio. Le disposizioni attuative dovrebbero essere definite, ai sensi del
successivo comma 848, da un decreto
del Ministro dello sviluppo economico, che non è stato ancora emanato. Nel
Fondo per la finanza d'impresa
dovrebbero confluire le risorse provenienti da diversi fondi di cui la
legge finanziaria
In particolare il decreto-legge 185/2008 ha destinato al rifinanziamento del Fondo di garanzia per le PMI, il cui intervento viene esteso anche alle imprese artigiane, la somma di 450 milioni di euro (quale limite massimo).
Il rifinanziamento è stato disposto in attesa dell’emanazione del decreto del Ministro dello sviluppo economico previsto all'articolo 1, comma 848 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) di definizione delle modalità di funzionamento del Fondo per la finanza d’impresa, istituito dal comma 847 della medesima legge finanziaria, nel quale confluiscono varie risorse provenienti dai diversi fondi (tra cui lo stesso Fondo di garanzia) di cui si dispone la soppressione.
Di tali risorse aggiuntive il 30% è riservato agli interventi di controgaranzia dei Confidi. Inoltre si dispone che gli interventi del Fondo di garanzia per le PMI siano assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza, secondo criteri, condizioni e modalità da stabilire con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, comunque nei limiti delle risorse destinate a tale scopo a legislazione vigente sul bilancio dello Stato.
Lo stesso decreto ha infine consentito l’incremento della dotazione del Fondo mediante versamento di contributi da parte delle banche, delle Regioni e di altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della SACE (Servizi assicurativi del commercio estero) Spa, secondo modalità stabilite con decreto ministeriale.
Ulteriori norme riguardanti il Fondo di garanzia per le piccole e medie impresesono state introdotte con il decreto-legge 5/2009.
In primo luogo si è previsto (art. 7-quinquies) che la dotazione del Fondo di garanzia possa essere incrementata con l'assegnazione di risorse rientranti nella dotazione del Fondo per la finanza d'impresa. E’ stato altresì disposto un ulteriore incremento della dotazione del Fondo di garanzia, con corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS).
In particolare, con il comma 5 dell'articolo 7-quinquies del decreto-legge n. 5/2009 è
stato stabilito che, sino all’emanazione del decreto del Ministro dello
sviluppo economico sulle modalità di funzionamento del Fondo per la finanza d'impresa
(art. 1, commi 847 e 848, della legge n. 296 del 2006), la dotazione del Fondo
di garanzia per le PMI possa essere incrementata, con decreto del Ministro per
lo sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, anche mediante l'assegnazione delle risorse rientranti nella dotazione
del Fondo finanza d'impresa riguardanti la quota destinata alle imprese
innovative (articolo 106 della legge n. 388 del 2000 - finanziaria 2001),
gestita da Mediocredito Centrale sul conto di Tesoreria n. 23514, e delle
risorse del Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio
(articolo 4, comma 106, della legge n. 350 del 2003 - finanziaria 2004),
depositate sul conto corrente n. 22047 di Tesoreria Centrale, intestato all'Agenzia
per l'attrazione degli investimenti e dello sviluppo d'impresa Spa (ex Sviluppo
Italia Spa). Tali ultime risorse possono inoltre essere reintegrate con decreto
del Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, a valere sulle eventuali disponibilità del Fondo
di garanzia. Il successivo comma
Inoltre si è prevista la possibilità di estendere gli interventi del Fondo di garanzia alle misure che consentano alle imprese la rinegoziazione dei debiti in essere con il sistema bancario e l’assolvimento degli obblighi tributari e contributivi.
Infine, in attesa della concreta operatività del Fondo per la finanza d'impresa sono state destinate, per il 2009, risorse del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese per non meno di 10 milioni di euro a favore delle imprese dei distretti produttivi del settore della concia, del tessile e del calzaturiero, in cui siano state realizzate opere di smaltimento o riciclo dei rifiuti o di riciclo e depurazione delle acque ad uso industriale.
Disposizioni volte a sostenere le PMI in difficoltà finanziaria sono contenute inoltre nel decreto-legge 78/2009[31] (convertito dalla legge 102/2009) che prevede una norma ponte per la moratoria dei debiti nei confronti delle banche.
In particolare, il comma 3-quater dell’articolo 5 prevede la stipula di una convenzione tra il Ministro dell’economia e delle finanze e l’ABI diretta ad attenuare gli oneri finanziari a carico delle piccole e medie imprese in difficoltà finanziaria, anche in relazione ai tempi di pagamento degli importi dovuti tenendo conto delle specifiche caratteristiche dei soggetti coinvolti. La convenzione dovrà essere stipulata entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.
Il su citato decreto-legge 78/2009 ha previsto inoltre norme volte a favorire gli investimenti e la capitalizzazione delle imprese tramite incentivi di carattere fiscale, che saranno utili anche a rendere più solide e produttive le piccole e medie imprese.
In particolare, l’articolo 5 del decreto-legge ha introdotto agevolazioni fiscali in favore dei titolari di redditi d’impresa che effettuano investimenti e in favore delle società che incrementano il capitale sociale (oltre a disposizioni volte al sostegno finanziario delle PMI: cfr. supra).
I commi
da
La relazione illustrativa allegata al provvedimento chiarisce che la finalità della norma è quella di fornire impulsi positivi per fronteggiare l’attuale momento di crisi economica e che la disposizione introduce un regime di detassazione che riprende strutturalmente le agevolazioni disposte dalla legge n. 383 del 2001 e dalla legge n. 489 del 1994.
La norma, pur non individuando esplicitamente i soggetti beneficiari, attribuisce l’agevolazione ai titolari di reddito d’impresa. Pertanto, risultano inclusi nell’ambito soggettivo di applicazione le persone fisiche e le persone giuridiche esercenti attività d’impresa che realizzano, nell’esercizio della propria attività, un utile o una perdita fiscale. Ai fini dell’ammissione al beneficio non rileva il regime fiscale adottato e, pertanto, sono inclusi anche coloro che abbiano optato, in alternativa al regime ordinario, in favore dell’applicazione di regimi fiscali agevolati.
L’esclusione ai fini della determinazione del reddito d’impresa consiste, sostanzialmente, in una esenzione ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali e dell’imposta sul reddito delle società (IRPEF e relative addizionali e IRES) mentre non rileva ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).
Rientrano nell’agevolazione i nuovi investimenti effettuati nel periodo compreso tra il 1° luglio 2009 (data di entrata in vigore del DL in esame) e il 30 giugno 2010.
Gli investimenti effettuati nel 2009 e nel 2010 produrranno effetti in termini di saldo dell’imposta da versare, rispettivamente, nel 2010 e nel 2011.
La norma non disciplina espressamente l’ipotesi in cui, a seguito della detassazione, il soggetto beneficiario realizzi una perdita in luogo dell’utile ovvero determini una perdita superiore a quella che avrebbe realizzato in assenza dell’agevolazione in esame.
In tale ipotesi, pertanto, si ritiene applicabile la disciplina generale prevista dall’articolo 8 TUIR ai sensi della quale la perdita fiscale può essere riportata in avanti e dedotta dai redditi della stessa natura realizzati nei quattro periodi d’imposta successivi; tuttavia, se la perdita è realizzata da una “impresa minore” può essere portata in deduzione dai redditi di diversa natura realizzati esclusivamente nello stesso esercizio in cui si determina la perdita stessa.
Il comma 1 esclude dall’imposizione sul reddito d’impresa il 50 per cento degli investimenti in nuovi macchinari e nuove apparecchiature inclusi nella divisione 28 della tabella Ateco[32].
Ai sensi del comma 2 la fruizione del beneficio è subordinata alla regolarità degli adempimenti in materia di rischio di incidenti sul lavoro per le attività industriali di cui al decreto legislativo n. 334 del 1999[33].
Il comma 3 stabilisce che il beneficio è revocato in caso di cessione del bene oggetto dell’investimento ovvero di destinazione dello stesso a finalità estranee all’esercizio dell’impresa prima del secondo periodo d’imposta successivo a quello dell’acquisto.
Il comma 3-bis dispone una ipotesi ulteriore di revoca del beneficio che riguarda, diversamente da quanto previsto nel comma 3, il soggetto cessionario indipendentemente dal momento in cui avviene la cessione.
In particolare, la revoca opera qualora il bene oggetto dell’investimento viene ceduto ad un soggetto avente stabile organizzazione in paesi non aderenti allo Spazio economico europeo[34].
Il comma 3-ter introduce un regime fiscale agevolato diretto a favorire la capitalizzazione delle società di capitale e delle società di persone.
In particolare, si introduce la possibilità di escludere dalla imposizione fiscaleil rendimento presunto dell’aumento di capitale sociale, qualora l’operazione di capitalizzazione:
§ sia perfezionata entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente provvedimento. Ai fini dell’applicazione della norma, pertanto, non è sufficiente la semplice delibera assembleare di approvazione dell’aumento del capitale sociale;
§ comporti la sottoscrizione delle nuove quote o azioni da parte di una persona fisica. Sono pertanto esclusi dal beneficio gli aumenti di capitale sociale sottoscritti da qualunque tipo di soggetto diverso dalle persone fisiche;
§ sia eseguita con conferimento effettuato ai sensi degli articoli 2342 e 2464 del codice civile[35].
L’importo agevolato “escluso da imposizione fiscale” è pari al rendimento presunto annuo determinato in misura corrispondente al 3 per cento dell’incremento del capitale sociale fino ad un massimo di 500.000 euro. Pertanto, in sostanza, l’ammontare massimo dell’importo annuo escluso dalla imposizione fiscale risulta pari a 15.000 euro.
Il periodo agevolato in cui opera la detassazione è fissato in cinque anni e decorre dal periodo d’imposta nel corso del quale è stato perfezionato l’aumento del capitale sociale.
Norme per promuovere la presenza delle imprese nazionali all’estero sono contenute nel decreto-legge 78/2009 e nella legge 99/2009, anche con specifico riferimento alle piccole e medie imprese.
L’articolo 8 del decreto-legge 78/2009 demanda ad una disciplina di rango secondario la definizione, a condizioni di mercato, di un nuovo sistema integrato di finanziamento e assicurazione – denominato “export banca” - volto a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese attraverso l’attivazione delle risorse finanziarie gestite dalla Cassa depositi e prestiti (CDP) S.p.A.[36].
Il modello organizzativo proposto prevede in particolare che le operazioni di internazionalizzazione delle imprese assistite da garanzia o assicurazione della SACE S.p.A.[37] potranno essere finanziate dalla Cassa con l'utilizzo dei fondi provenienti dalla raccolta postale, ovvero dall’emissione di titoli, dall’assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie. A tal fine la norma ha demandato ad appositi decreti con cui il Ministro dell’economia e delle finanze autorizza e definisce le attività della Cassa depositi e prestiti al fine della costituzione del sistema di export-banca.
Si attribuisce ai medesimi decreti il compito di stabilire altresì le modalità ed i criteri per consentire le operazioni di assicurazione del credito per le esportazioni da parte della SACE Spa anche in favore delle piccole e medie imprese nazionali.
La legge
n. 99/2009 all’articolo 14 istituisce presso
Al Fondo saranno assegnate le disponibilità finanziarie derivanti da utili di competenza del Ministero dello sviluppo economico quale socio della SIMEST e già destinati, ai sensi del decreto legislativo 143/1998, allo sviluppo delle esportazioni.
Gli interventi del Fondo sono stati destinati ad investimenti di carattere transitorio, e non di controllo, nel capitale di rischio di società costituite appositamente da parte di piccole e medie imprese e di loro raggruppamenti, finalizzati alla realizzazione di progetti di internazionalizzazione.
La relazione allegata al disegno di legge in commento sottolineava come la finalità del progetto sia di supportare, attraverso investimenti nel capitale di rischio transitori e di minoranza, lo sviluppo di società che realizzino progetti di internazionalizzazione mediante società costituite da raggruppamenti di piccole e medie imprese che solitamente incontrano difficoltà nell’affrontare i mercati extra-europei a causa delle loro dimensioni.
La definizione delle condizioni e delle modalità operative del Fondo è stata demandata ad decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro un mese dall’entrata in vigore della legge.
La su citata legge 99/2009 ha introdotto inoltre misure a favore del risparmio e dell’efficienza energeticache interessano anche le piccole e medie imprese (articolo 27).
In particolare il comma
Il suddetto piano conterrà, tra l’altro, misure volte a favorire le PMI e ad agevolarne l’accesso all’autoproduzione, con particolare riferimento alla microgenerazione distribuita, all’utilizzo delle migliori tecnologie per l’efficienza energetica e alla cogenerazione.
Il decreto-legge 39/2009[38], convertito dalla legge 77/2009, ha introdotto misure a favore delle piccole e medie imprese ubicate nei territori dell’Abruzzo colpiti dal sisma dell’aprile 2009.
In particolare l’articolo 10 al comma
Più specificatamente, i soggetti destinatari della garanzia sono le piccole e medie imprese[39], comprese quelle commerciali, agricole, turistiche e di servizi, nonché gli studi professionali.
Il comma in esame stabilisce la misura massima del credito garantito. In particolare:
a) se la garanzia è prestata direttamente in favore dell’impresa o dello studio professionale, il limite massimo è fissato all’80% del finanziamento;
b) se la garanzia è indiretta, il limite massimo è fissato al 90 per cento del finanziamento a condizione che i confidi o gli altri fondi di garanzia abbiano prestato una garanzia non superiore all’80 per cento del finanziamento.
I commi da 1-bis a 1-quinquies recano agevolazioni fiscali e contributive in favore dei soggetti che operano nelle zone colpite dal sisma. Le discipline contenute nei commi 1-bis e 1-ter sono tra loro alternative e riguardano, rispettivamente:
1) benefici in favore delle piccole e medie imprese che operano nelle zone colpite dal sisma, nei confronti delle quali si prevede la possibilità di applicare le agevolazioni previste dalla legge finanziaria 2007 per le zone franche urbane;
2) possibilità di disciplinare, con decreto le Ministro dell’economia e delle finanze, uno specifico regime fiscale di incentivazione.
Nel dettaglio,
il comma 1-bis affida al CIPE il compito di individuare, nell’ambito dei territori colpiti dal sisma, delle zone franche urbane (ZFU) alle quali,
in virtù del rinvio alla disciplina prevista dall’articolo 1, commi da
In particolare si tratta di incentivi ed agevolazioni fiscali e previdenziali in favore delle piccole e medie imprese avviate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012. Le agevolazioni consistono: nell'esenzione, parziale o totale e comunque entro determinati limiti, dalle imposte sui redditi, dall’IRAP e dal versamento dei contributi previdenziali per i primi 5 anni di attività e nell'esenzione dall'ICI per gli anni compresi tra il 2008 e il 2012 (comma 341 della legge finanziaria ). Le predette agevolazioni spettano, entro i limiti del de minimis, anche alle piccole e micro imprese già operanti alla data del 1° gennaio 2008 (comma 341-bis). Sono, in ogni caso, esclusi i settori costruzione di automobili, della costruzione navale, della fabbricazione di fibre tessili artificiali o sintetiche, della siderurgia e del trasporto su strada (comma 341-ter).
Sul piano finanziario, è stato istituito un apposito Fondo - iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico – con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Spetta al CIPE, su proposta del MISE e di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, definire i criteri per la ripartizione delle risorse e individuare le ZFU sulla base di parametri socio-economici.
Al fine di adeguare la disciplina contenuta nella richiamata legge finanziaria 2007 alle imprese ubicate nelle zone colpite dal sisma, sono previste le seguenti modifiche:
a) le agevolazioni fiscali e contributive previste dal comma 341 della legge finanziaria 2007 sono in favore delle piccole e medie imprese che avviano l’attività a decorrere dal 6 aprile 2009 (e non 1° gennaio 2008), mentre quelle previste dal comma 341-bis sono le piccole e medie imprese già operanti alla data del 6 aprile 2009 (in luogo del 1° gennaio 2008).
b) il regime di esenzione dall’ICI, in favore delle nuove attività, opera per il periodo compreso tra il 2009 e il 2012 (in luogo degli anni 2008-2012).
In deroga alla disciplina prevista dalla richiamata legge finanziaria 2007, la qualifica di zona franca urbana potrà essere attribuita anche in presenza di una popolazione superiore al limite fissato in 30.000 abitanti.
Sul piano finanziario, infine, viene prevista l’istituzione di un Fondo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, con una dotazione di 45 milioni di euro, che costituisce tetto di spesa massima, a valere sulle risorse di cui all’articolo 14, comma 1.
Il comma 1-terdispone la possibilità di introdurre, con decreto ministeriale, un regime fiscale di incentivazione alternativo alle agevolazioni previste dal comma 1-bis. Il decreto dovrà essere emanato dal Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa autorizzazione dell’Unione europea.
Il regime fiscale di incentivazione consiste:
a) ai fini delle imposte sui redditi, la non concorrenza alla formazione del reddito dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo per i periodi d’imposta dal 2009 al 2012 nonché l’esclusione, anche parziale, dalla determinazione dell’imponibile per il reddito d’impresa dell’ammontare delle spese sostenute per l’acquisto e la locazione finanziaria di beni strumentali e macchinari;
b) ai fini IVA, si dispone che l’imposta non è dovuta sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi connessi alle esigenze della ricostruzione. Rimangono fermi, in ogni caso, gli adempimenti in materia di fatturazione e registrazione dei documenti fiscali;
c) ai fini delle altre imposte indirette si prevede l’applicazione in misura fissa dell’imposta di registro sugli atti traslativi di fabbricati ubicati nei comuni danneggiati nonché la previsione di agevolazioni in materia di imposte indirette da applicare sui finanziamenti collegati alla ricostruzione.
Sul piano finanziario, trattandosi di un regime fiscale alternativo a quello indicato nel comma 1-bis, si rinvia a quanto indicato nel commento di quest’ultimo comma.
Il comma 1-quaterstabilisce che le modalità di attuazione delle disposizioni contenute nel comma 1-ter saranno disposte dalle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri indicate nell’articolo 1, comma 1, del provvedimento in esame. Con le medesime ordinanze potranno essere definite, inoltre, le modalità attuative in materia di distretti produttivi alle imprese che alla data del 6 aprile 2009 erano operanti nei comuni danneggiati e alle imprese edili impegnate nella ricostruzione nei predetti territori.
Il comma 1-quinquies subordina l’applicazione delle norme agevolative indicate nei commi da 1-bis a 1-quater alla preventiva autorizzazione comunitaria.
Per quanto concerne gli incentivi indicati nel comma 1-bis si applicano le disposizioni di cui all’articolo 5, commi 1 e 2, del decreto legge n. 138/2002 relativi al monitoraggio dei crediti d’imposta.
Si consideri inoltre che l’articolo 3, comma 1, dispone, tra l’altro, interventi di sostegno alle attività produttive, prevedendo due diverse tipologie di indennizzi alla lettere f) e g):
§ per le attività produttive che, a causa del sisma, hanno subito conseguenze economiche sfavorevoli (lett. f);
Si ricorda che tale tipologia di indennizzo non è in nessun caso fruibile al di fuori dei territori dei comuni direttamente interessati dagli eventi sismici, come dispone l’art. 1, comma 3, del decreto in esame.
§ per la riparazione e ricostruzione di beni mobili distrutti o danneggiati, che deve essere preceduta dalla presentazione di una perizia giurata (lett. g);
§ per il ripristino delle scorte andate distrutte e per il ristoro di danni derivanti dalla perdita di beni mobili strumentali all’esercizio delle stesse attività, sempre previa presentazione di una perizia giurata (lett. g).
Fin dal Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 l’Unione europea si è attivamente impegnata nel settore dell’inclusione sociale, riconoscendo nell’eradicazione della povertà in Europa uno dei suoi obiettivi primari e più ambiziosi. L’azione dell’Unione si basa sul cd. “Metodo aperto di coordinamento per la protezione sociale e l’inclusione sociale” (MCA), istituito anch’esso nel 2000[41], che fornisce il quadro della cooperazione politica tra Stati membri in questo settore. Il Metodo, flessibile e decentralizzato, implica: l’individuazione da parte degli Stati membri di obiettivi comuni, l’accordo su indicatori comuni per l’analisi e la valutazione dei fenomeni legati all’inclusione e alla protezione sociale, la preparazione di relazioni congiunte sulle strategie nazionali e la valutazione congiunta di tali strategie con la collaborazione della Commissione europea.
Le iniziative adottate nell’ambito del settore dell’inclusione e della protezione sociale si avvalgono prioritariamente del Fondo sociale europeo (FSE).
Il FSE sostiene le politiche degli Stati membri per la crescita e l'occupazione, e in particolare si prefigge i seguenti obiettivi:
· inclusione sociale dei gruppi svantaggiati e lotta contro la discriminazione sul mercato del lavoro;
· aggiornamento dei lavoratori e delle imprese: sistemi di apprendimento permanente, elaborazione e diffusione di modelli più innovativi di organizzazione del lavoro;
· accesso al mercato del lavoro per coloro che sono alla ricerca di un impiego, per le persone inoccupate, le donne e i migranti;
· valorizzazione del capitale umano mediante la riforma dei sistemi di istruzione e il collegamento in rete degli istituti di istruzione
La dotazione finanziaria complessiva del FSE per il periodo 2007-2013 è pari ad oltre 177 miliardi di euro, ripartiti come nella tabella seguente:
Paese |
Quota comunitaria |
Austria |
524,412,560 |
Belgio |
1,073,217,594 |
Bulgaria |
1,185,459,863 |
Cipro |
119,769,154 |
Repubblica ceca |
3,774,521,428 |
Danimarca |
254,788,619 |
Estonia |
391,517,329 |
Finlandia |
618,564,064 |
Francia |
5,394,547,990 |
Germania |
9,380,654,763 |
Grecia |
4,363,800,403 |
Ungheria |
3,629,088,551 |
Irlanda |
375,362,370 |
Italia |
6,938,007,896 |
Lettonia |
550,653,717 |
Lituania |
1,028,306,727 |
Lussemburgo |
25,243,666 |
Malta |
112,000,000 |
Paesi Bassi |
830,002,737 |
Polonia |
9,707,176,000 |
Portogallo |
6,512,387,865 |
Romania |
3,684,147,618 |
Slovacchia |
1,499,603,156 |
Slovenia |
755,699,370 |
Spagna |
8,057,328,822 |
Svezia |
691,551,158 |
Regno Unito |
4,474,917,728 |
|
75,952,731,148 |
Il 21 maggio 2009 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il regolamento (CE) n. 396/2009, che modifica il regolamento (CE) n. 1081/2006 relativo al Fondo sociale europeo per estendere i tipi di costi ammissibili a un contributo del FSE.
Il regolamento semplifica le norme vigenti al fine di facilitare l'accesso al cofinanziamento del Fondo, con particolare riferimento alle azioni di contrasto alla disoccupazione. La nuova normativa, infatti, provvede ad estendere il finanziamento a tasso fisso ai costi diretti, ad ampliare il suo campo d'applicazione a un sistema standard di costi unitari e permettere il ricorso a pagamenti forfettari.
Il 22 luglio 2009
La proposta, adottata nel quadro del piano europeo di ripresa economica, prevede, tra l’altro, che:
-
nel 2009 e 2010
-
- i programmi della politica di coesione potranno essere modificati più semplicemente dagli Stati membri per tener conto di eventuali nuove esigenze emergenti;
- il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) potrà sostenere il restauro o la costruzione di alloggi a favore delle comunità che devono confrontarsi con l'esclusione sociale, in particolare i Rom, sia nelle zone rurali sia nelle zone urbane. In precedenza la costruzione di alloggi non era ammissibile al FESR e solo gli alloggi in zona urbana potevano essere oggetto di restauro.
Le iniziative adottate nell’ambito del settore dell’inclusione e della protezione sociale si avvalgono poi del sostegno finanziario del Programma comunitario per l’impiego e la solidarietà sociale – Progress, istituito con decisione 1672/2996/CE con una dotazione pari a 743,25 milioni di euro per un periodo di sette anni (2007-2013), destinato a supportare l’ammodernamento anche in altri settori, quali: occupazione, condizioni di lavoro, lotta alle discriminazioni, parità uomo-donna.
Come previsto dal MAC,
il 9 marzo 2009 il Consiglio dell’UE e
Tra il 2001 ed il 2007 il tasso medio di crescita economica nell'UE-27 è stato pari al 2,1% l'anno. Nel 2007 il tasso di occupazione era salito al 65,4%, prevalentemente grazie ad una maggiore occupazione femminile e dei lavoratori anziani. La creazione di nuovi posti di lavoro ha contribuito a ridurre la percentuale di famiglie senza lavoro dal 10,2% nel 2005 al 9,3% nel 2007, ma ne hanno beneficiato solo marginalmente le famiglie senza lavoro con bambini. Secondo i dati più recenti, il 16% degli europei è tuttora a rischio di povertà. La relazione rileva che la migliore protezione contro la povertà è offerta da un lavoro di qualità, ma il tasso di povertà in situazione lavorativa dell'8% dimostra che non tutti i lavori offrono tale garanzia. I dati dimostrano anche che in vari Stati membri l'alto tasso di crescita ha migliorato le condizioni di vita dei poveri in termini assoluti, mentre la loro situazione relativa è migliorata o è rimasta invariata.
La crisi economica in corso ha ulteriormente
peggiorato le prospettive. Gli ultimi dati Eurostat hanno evidenziato che il tasso di disoccupazione, che nel luglio 2008 si attestava nell’UE a 27
al 7% (7,5% nell’Eurozona), nel luglio
Sulla base della relazione, il Consiglio ha ribadito la necessità che gli Stati membri, tenendo conto del contesto della crisi economica, attuino strategie complete di inclusione attiva volte a: adottare misure di sostegno al mercato del lavoro; lottare contro la povertà e l'esclusione sociale dei bambini, anche attraverso strutture di assistenza all'infanzia di qualità, accessibili anche economicamente; affrontare la mancanza di domicilio fisso quale forma estremamente grave di esclusione; porre rimedio ai molteplici svantaggi che i Rom stanno affrontando, nonché alla loro vulnerabilità nei confronti dell'esclusione sociale; promuovere l'inclusione sociale dei migranti.
A questo proposito nella relazione congiunta si osserva che nell'UE-27 il rischio di povertà infantile è pari al 19%; l'inclusione dei disabili continua ad essere affrontata, ma l'integrazione di tale questione resta limitata e le relazioni strategiche nazionali presentano solo pochi riferimenti all'attuazione della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, anche se è in corso la sua ratifica; le disparità nel settore sanitario tra i vari gruppi socioeconomici persistono e gli Stati membri tendono a completare la loro strategia universale con misure rivolte ai più vulnerabili. La relazione congiunta sottolinea inoltre che nonostante l'inclusione attiva costituisca una priorità degli Stati membri, le tematiche riguardanti i mercati del lavoro che favoriscono l'inserimento, l'accesso a servizi di qualità ed un reddito adeguato vengono affrontate per lo più singolarmente laddove sarebbe più efficace una risposta integrata. La relazione sottolinea tuttavia che vari paesi hanno avviato iniziative volte a garantire il mantenimento del potere d'acquisto dei redditi minimi e che molti Stati membri hanno adottato provvedimenti di lotta alla disoccupazione comprese misure di sostegno al mantenimento del posto di lavoro o al rapido reinserimento nel mercato del lavoro, nonché misure volte ad offrire opportunità di acquisire o aggiornare le competenze ed elaborare piani d'azione personalizzati che delineino percorsi di inserimento nel mercato del lavoro. La maggior parte delle relazioni sulle strategie nazionali sottolinea l'importanza dell'istruzione, ma solo alcune la integrano in una strategia ampia e a lungo termine per prevenire ed affrontare l'esclusione sociale. La relazione congiunta ricorda infine come le strategie nazionali prevedano misure di contrasto all'esclusione finanziaria e all’indebitamento eccessivo.
L’importanza delle misure di inclusione sociale nel contesto della crisi è stato da ultimo ribadita dal Consiglio Europeo del 19-20 giugno 2009.
Per quanto riguarda l’impegno della Commissione europea nel settore dell’inclusione sociale, nella già citata comunicazione “Agenda sociale rinnovata: Opportunità, accesso e solidarietà nell'Europa del XXI secolo” vengonoindicate le seguenti iniziative della Commissione stessa per il periodo 2008-2009:
· presentazione di una proposta di raccomandazione sull’inclusione
· ridefinizione e potenziamento del programma di aiuti alimentari per le persone svantaggiate in Europa
· presentazione di iniziative per migliorare la conoscenza delle tecnologie digitali, estendere l'accesso alla banda larga nelle zone male servite[42] e facilitare l'accesso delle persone con disabilità alla società dell'informazione[43] allo scopo di contrastare il divario digitale.
· presentazione di un'iniziativa per promuovere l'inclusione finanziaria
Si segnala infine che l’anno 2010 è stato designato Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale (decisione n. 1098/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008)
L'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale si prefigge di:
- riconoscere il diritto delle persone in condizioni di povertà e di esclusione sociale di vivere dignitosamente e far parte a pieno titolo della società;
- aumentare la partecipazione pubblica alle politiche e alle azioni di inclusione sociale;
- promuovere una società più coesa;
- riaffermare il fermo impegno politico dell'UE a combattere la povertà e l'esclusione sociale.
Le azioni destinate a raggiungere tali obiettivi consistono, in particolare, in incontri e manifestazioni, campagne informative, promozionali ed educative nonché nella realizzazione di indagini e studi. Le azioni a livello comunitario possono essere finanziate a concorrenza dell'80%, quelle a livello locale, regionale o nazionale possono essere cofinanziate dal bilancio generale dell'Unione europea fino a un massimo del 50% dei costi ammissibili complessivi.
La decisione adottata prevede per le azioni un quadro finanziario di 17 milioni di euro all'interno del bilancio comunitario.
In materia di welfare l’Unione europea, in base ai Trattati vigenti, non ha la competenza per armonizzare i sistemi nazionali di sicurezza e
protezione sociale, nonché le misure in materia di lotta all’esclusione
sociale, ma svolge una funzione di
impulso e coordinamento. In base all’art. 137 del Trattato
· sicurezza sociale e protezione sociale dei lavoratori;
· protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro;
· integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro;
· parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro;
· modernizzazione dei regimi di protezione sociale.
A questo scopo, il Consiglio dell’UE può adottare misure destinate a incoraggiare la cooperazione tra Stati membri attraverso iniziative volte a migliorare la conoscenza, a sviluppare gli scambi di informazioni e di migliori prassi, a promuovere approcci innovativi e a valutare le esperienze fatte, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri stessi. Tali misure sono poste in essere essenzialmente secondo il metodo aperto di coordinamento"[44].
L’UE può anche adottare direttive nei settori della sicurezza sociale e protezione sociale dei lavoratori, nonché della protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro; tali direttive, tuttavia, evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese.
L’UE ha esercitato la funzione di coordinamento dei sistemi nazionali di welfare nell’ambito degli strumenti gi governance economica.
In occasione della revisione intermedia
della Strategia di Lisbona operata nel marzo 2005 è stato definito un nuovo
modello di governance economica
dell’UE e della strategia stessa mediante la combinazione e l’integrazione
degli strumenti e procedure per il coordinamento delle politiche economiche e
dell’occupazione già previsti dal Trattato che istituisce
Il ciclo di governance, di durata triennale, è articolato nelle seguenti fasi:
- presentazione di relazione strategica della Commissione, sulla base della quale il Consiglio europeo di primavera definisce gli orientamenti politici per le dimensioni economica, sociale e ambientale della strategia;
- in coerenza con le conclusioni del Consiglio europeo e sulla base delle proposte della Commissione, il Consiglio adotta le linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione,contenenti i grandi orientamenti per le politiche economiche e gliindirizzi di massima per l’occupazione;
- in coerenza con le linee direttrici, gli Stati membri definiscono programmi di riforma nazionali di durata triennale (l’11 novembre 2008 l’Italia ha presentato il programma per il periodo 2008-2010);
-
in corrispondenza con i programmi nazionali,
-
Ogni anno in autunno, per tutta la durata del
ciclo triennale, gli Stati membri presentano alla Commissione rapporti annuali sullo stato di attuazione
dei programmi nazionali di riforma. Sulla base dell’analisi di tali documenti
Il secondo ciclo triennale della strategia è stato avviato con l'adozione degli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione 2008-2010, i quali si articolano in:
· raccomandazione del Consiglio del 14 maggio 2008 relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità (2008-2010) (2008/390/CE)
· decisione del Consiglio del 15 luglio 2008 sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (2008/618/CE).
Per quanto concerne le politiche a favore dell’occupazione, la strategia mira a:
- attuare strategie volte alla piena occupazione, a migliorare la qualità e la produttività sul posto di lavoro e a potenziare la coesione sociale e territoriale;
- promuovere un approccio al lavoro basato sul ciclo di vita;
- creare mercati del lavoro inclusivi e rendere il lavoro più attraente e proficuo per chi cerca lavoro e per le persone meno favorite o inattive;
- migliorare la risposta alle esigenze del mercato del lavoro;
- favorire al tempo stesso flessibilità e sicurezza occupazionale e ridurre la segmentazione del mercato del lavoro, tenendo debito conto del ruolo delle parti sociali;
- incrementare e migliorare gli investimenti nel capitale umano;
- adeguare i sistemi di istruzione e di formazione alle nuove esigenze in termini di competenze.
Ai fini della vigilanza multilaterale per assicurare una maggiore cooperazione tra la politica economica e la politica dell’occupazione, gli Stati membri devono segnalare i provvedimenti da essi adottati, in base agli indirizzi di massima e agli orientamenti, mediante il loro programma nazionale di riforma e le relative relazioni annuali di attuazione.
Sulla scorta di tali informazioni, se si constata che la politica economica o la politica dell’occupazione di uno Stato membro non è consona con gli orientamenti integrati, il Consiglio può rivolgere raccomandazioni allo Stato membro in questione.
Su proposta della Commissione europea, il Consiglio dell’UE ha adottato, il 25 giugno 2009, le raccomandazioni sull’aggiornamento nel 2009 degli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità e sull’attuazione delle politiche per l’occupazione degli Stati membri.
Per quanto riguarda l’Italia, il Consiglio raccomanda, secondo un’impostazione basata sulla «flessicurezza» e con l’obiettivo di ridurre le disparità regionali, di assicurare la gestione efficiente dei servizi di collocamento, promuovere l’apprendimento permanente, garantire gli stanziamenti per la spesa sociale, entro i limiti delle finanze pubbliche, così da realizzare gradualmente un sistema globale di indennità di disoccupazione, nonché affrontare ulteriormente il problema del lavoro non dichiarato; migliorare l’efficienza, i risultati e gli standard del sistema scolastico.
In materia di flessicurezza, peraltro, si segnala che L’8 giugno 2009 il Consiglio dei ministri dell’UE ha approvato conclusioni sulla “flessicurezza in tempi di crisi”. Premesso che, ad avviso del Consiglio, ciascuno Stato membro presenta una specifica cultura e situazione del mercato del lavoro, per cui non si dovrebbe perseguire una soluzione unica e valida per tutti, si suggerisce, tra l’altro, di:
· aiutare imprese ad attuare forme alternative all'esubero, quali modalità di lavoro flessibili e l'adattamento temporaneo dell'orario di lavoro;
· promuovere regimi di previdenza che forniscano incentivi al lavoro, livelli adeguati di costi del lavoro non salariali, in particolare per i lavoratori a bassa qualifica ed altri gruppi vulnerabili, come pure il miglioramento della regolamentazione e la riduzione degli oneri amministrativi gravanti sulle imprese;
· favorire l'incremento degli investimenti nel capitale umano, in particolare per quanto riguarda la riqualificazione professionale, il potenziamento delle capacità professionali e l'adeguamento alle esigenze del mercato del lavoro.
Le piccole e medie imprese (PMI) costituiscono il 99% delle imprese europee. Le loro modeste dimensioni le rendono particolarmente sensibili ai cambiamenti industriali ed all'ambiente nel quale si sviluppano. È pertanto essenziale riservare a queste una forte attenzione politica facilitando l'accesso al finanziamento, rendendo la legislazione più chiara ed efficace, sviluppando una cultura imprenditoriale e reti di sostegno, al fine di sostenerne la crescita.
Le istituzioni europee hanno inteso creare uno spazio favorevole per investire e lavorare e, in tale ottica, la promozione della responsabilità sociale delle imprese contribuisce, ad esempio, a rendere più attrattiva l'Europa delle imprese.La nuova politica comunitaria per le piccole e medie imprese (PMI) offre un quadro più coerente, pragmatico e orizzontale in favore di tali imprese. Tale politica si prefigge di far emergere l'immenso potenziale non ancora sfruttato delle PMI per creare crescita e occupazione nell'Unione europea (UE). Le PMI miglioreranno la loro competitività in particolare grazie alla promozione dell'imprenditorialità, ad un più agevole accesso ai mercati interno ed esterno, ad una semplificazione della normativa comunitaria, al miglioramento del loro potenziale di crescita, nonché ad una reale partnership con le parti interessate dall'attività delle PMI.
Il 25 giugno 2008
L’Atto sulle piccole imprese per l’Europa
stabilisce dieci principi sulla base dei quali sia
In tale contesto,
- ridurre al minimo spese e oneri per le imprese, ricorrendo anche a misure specifiche per PMI e microimprese, come periodi di transizione, deroghe ed esenzioni, soprattutto da obblighi d’informazione o di relazione;
- semplificare la vita delle PMI, ad esempio, riducendo il livello delle commissioni richieste dalle amministrazioni dagli Stati membri per registrare un’impresa; impegnandosi per ridurre a meno di una settimana il tempo necessario a fondare un’impresa; accelerando l’inizio delle attività commerciali delle PMI attraverso la riduzione e la semplificazione di licenze e permessi, nonché impegnandosi a fissare il termine massimo di un mese per rilasciare tali licenze e permessi, eccetto i casi giustificati da seri rischi per le persone o l’ambiente;
- agevolare l’accesso delle PMI al credito e sviluppare un contesto giuridico ed economico che favorisca la puntualità dei pagamenti nelle transazioni commerciali, ad esempio: elaborando programmi creditizi che suppliscano alla mancanza di finanziamenti tra centomila e un milione di euro, soprattutto con strumenti che combinino indebitamento e capitale proprio, nel rispetto delle norme sugli aiuti di Stato; far sì che l’imposizione fiscale sugli utili societari incoraggi gli investimenti
- migliorare l’accesso delle PMI ai mercati promuovendo, tra l’altro, l’attuazione del codice europeo di buone pratiche volte a facilitare l’accesso delle PMI agli applati pubblici, anchew al di fuori della UE
Il Consiglio competitività del 1° e 2
dicembre
Il 10 marzo 2009 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sullo “Small business Act” con cui appoggia tale iniziativa.
L’8 aprile 2009
Il 17 dicembre 2008
Il documento - che non ha in sé carattere
giuridicamente vincolante - è volto a chiarire i parametri ai quali
I parametri saranno applicati agli aiuti di
Stato adottati fino al 31 dicembre 2010 e
potranno beneficiarne le imprese che abbiano iniziato a trovarsi in difficoltà
dopo il 1° luglio
In base al Quadro di riferimento temporaneo,
· l’ammontare degli aiuti di modesta entità (cd. aiuti de minimis, ammessi in quanto il loro esiguo importo non incide sulla concorrenza) sotto forma di sovvenzioni dirette non dovrà essere superiore a 500.000 euro per ciascuna impresa in tre anni (laddove il regolamento del 2006 sugli aiuti de minimis fissa, a regime, il limite massimo di 200.000 euro). Tutti i valori utilizzati devono essere al lordo di imposte o altri oneri;
· nel caso di aiuti che assumano una forma diversa da quella di sovvenzioni dirette, l’ammontare massimo dovrà comunque corrispondere all’equivalente sovvenzione lordo degli aiuti;
In base al Quadro di riferimento, le garanzie offrono il vantaggio di facilitare l’accesso al credito, specialmente in termini di riduzione dei costi per le PMI, senza implicare necessariamente un esborso da parte dello Stato che le accorda, posto che la sua escussione interviene soltanto in caso di inadempimento.
Gli Stati membri potranno accordare una riduzione fino al 25% per le PMI e fino al 15% per le grandi imprese del premio annuale dovuto per le nuove garanzie concesse in base alle disposizioni sulle soglie di sicurezza previste nella Comunicazione sugli aiuti di Stato sotto forma di garanzia, adottata dalla Commissione nel giugno 2008; analoghe riduzioni potranno essere concesse anche in caso di aiuti calcolati con metodi già approvati dalla Commissione, in seguito a loro notificazione ai sensi di uno dei regolamenti vigenti in materia di aiuti di Stato; la garanzia non dovrà assistere più del 90% del prestito, anziché l’80% come precedentemente stabilito; l’ammontare massimo del prestito non dovrà eccedere il totale annuale delle spese per retribuzioni a carico del beneficiario per il 2008 (inclusi gli oneri sociali e i costi del personale formalmente iscritto a ruolo presso un subcontraente).
In caso di imprese create dopo il 1° gennaio 2008 si terrà conto del totale annuale delle retribuzioni stimato per i primi due anni di attività.
Nell’ambito della strategia dell’Unione europea volta ad attenuare l’impatto sociale della crisi economica-finanziaria e, più specificamente, ad impedire la disoccupazione di lunga durata e l’inattività, si inquadra la proposta di decisione presentata dalla Commissione europea il 2 luglio 2009 (COM(2009)333) è volta ad istituire un nuovo strumento europeo di microfinanziamento per l'occupazione, denominato Progress.
La
proposta appare pienamente conforme con il principio di sussidiarietà; in particolare,
come osservato nel preambolo della stessa,
nell'attuale contesto di crisi finanziaria: a fronte di una contrazione del
credito e di una consistente riduzione dei prestiti non rimborsati, è
necessario rafforzare l'impegno a livello comunitario e nazionale per
garantire, in tempi ragionevoli, un livello sufficiente di erogazione di
microcrediti al fine di rispondere all'elevata domanda delle categorie
maggiormente bisognose, quali i disoccupati e le persone più vulnerabili che
desiderano avviare o sviluppare microimprese, ma non hanno accesso ai crediti
delle banche «commerciali»; l'intervento a livello comunitario è adeguato
considerato che l'esistenza di un unico e specifico strumento a tale livello
consentirà di massimizzare l'impulso offerto dalle istituzioni finanziarie
internazionali ed eviterà un approccio.
Si tratta di una misura concreta e mirata di
attuazione della strategia dell'Unione
europea per attenuare l'impatto sociale della crisi economico-finanziaria
e, più specificamente, ad impedire la disoccupazione di lunga durata.
L'istituzione del nuovo strumento tiene conto, in particolare, delle
conseguenze paradossali determinate, nel contesto di crisi economica e
finanziaria, dalla concomitanza di fattori quali la stretta creditizia generale
e l'aumento della disoccupazione: molte persone desiderose di diventare
lavoratori autonomi oppure di avviare una microimpresa non possono farlo,
avendo un accesso insufficiente al microcredito. Le banche tradizionali
considerano, infatti, questa fascia di soggetti troppo rischiosa e, a causa
degli importi relativamente limitati dei prestiti, costosa. La necessità di
porre rimedio a questa situazione era stata segnalata sia dal Parlamento
europeo - con una risoluzione del 24 marzo 2009 che invitava
Per microcredito si intendono i prestiti inferiori a 25 000 euro, che sarebbero messi a disposizione delle seguenti categorie per le seguenti categorie:
· persone che hanno perso o rischiano di perdere il proprio posto di lavoro e desiderano avviare una microimpresa in proprio, compresa un'attività autonoma;
· persone svantaggiate, compresi i giovani, che desiderano avviare o sviluppare ulteriormente una microimpresa in proprio, compresa un'attività autonoma;
· microimprese dell'economia sociale che occupano persone che hanno perso il proprio posto di lavoro oppure che danno lavoro a persone svantaggiate, inclusi i giovani.
Per “microimpresa”
si intende, in coerenza con la definizione di cui alla raccomandazione n.
2003/361/CE un'impresa che occupa meno di 10 persone, comprese le attività a
titolo individuale, e il cui fatturato annuo e/o totale di bilancio non supera
2 milioni di euro. Lo strumento Progress - aperto ad organismi pubblici
e privati stabiliti negli Stati membri che erogano microfinanziamenti a persone
e microimprese - sarà attuato mediante garanzie, prodotti di condivisione del
rischio, strumenti rappresentativi di capitale, titoli di
debito e misure di sostegno, tra cui attività di comunicazione, monitoraggio,
controllo, audit e valutazione. Particolarmente interessante, per le sue
notevoli potenzialità, è il ricorso ai prodotti con ripartizione del rischio,
con i quali l'organismo erogante garantisce una parte del rischio totale
assunto dalla banca intermediaria per facilitare l'accesso in segmenti di
mercato, quale per le quali il rischio è ritenuto troppo elevato o le garanzie
sono considerate insufficienti. Non a caso
Per dare attuazione al nuovo strumento
finanziario la proposta prevede che
Il contributo finanziario del bilancio comunitario a Progress per il periodo dal 1o gennaio 2010 al 31 dicembre 2013 è pari a 100 milioni di euro. Il finanziamento deriverebbe da uno storno di 100 milioni di euro (nell'arco di 4 anni) dal programma Progress - il programma comunitario per l'occupazione e la solidarietà sociale relativo al periodo 2007-2013, istituito con la decisione n. 1672/2006/CE - al nuovo strumento di microfinanziamento.
Appendice: linee evolutive delle politiche regionali di welfare alla soglia della attuazione del federalismo fiscale
L’ambito di intervento che l’articolo 117 della Costituzione pre-2001 riservava alla legislazione e all’azione amministrativa delle regioni a statuto ordinario era la «beneficenza pubblica», quella delle ‘Opere pie’, degli ECA (gli Enti comunali di assistenza) e delle IPAB (gli Istituti per l’assistenza e la beneficenza). Un po’ più ampia era l’azione delle regioni a statuto speciale e delle due province autonome alle quali i rispettivi statuti riconoscono – con varie modulazioni – una competenza concorrente sulla legislazione sociale del lavoro e sulla previdenza integrativa.
Nel testo dell’articolo 117 introdotto dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 la «beneficenza pubblica», ammesso che essa possa ancora configurarsi come ‘materia’ quale la intendeva il precedente assetto delle competenze, è divenuta integralmente ‘regionale’ perché «non espressamente riservata alla legislazione dello Stato»; la «previdenza complementare e integrativa» è attribuita a ordinarie e speciali quale materia di legislazione concorrente.
Il quadro dei limiti, dei vincoli e degli obblighi posti dalla legge (e dall’azione) dello Stato entro cui possono e devono svolgersi le azioni welfare di regioni ed enti locali è costituito oggi dalla «determinazione dei principi fondamentali» (della materia) e, più ancora, dalla «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale».
Nulla è cambiato delle disposizioni costituzionali da cui potrà derivare l’elenco dei diritti e delle ‘prestazioni’ in cui si concretano quei «livelli essenziali».
Al contrario, la ‘rottura’ della
corrispondenza fra competenza legislativa ed amministrativa che era stabilita
dal precedente testo dell’articolo 118 della Costituzione, il principio di
sussidiarietà istituzionale ridefinito al primo ed al secondo comma del
medesimo articolo 118, l’interpretazione ‘flessibile’ che ne ha dato
Ad otto anni di distanza da quella legge l’assetto normativo del settore ed il ‘modello’ di welfare che si vorrà far derivare dal testo costituzionale del 2001 non sono ancora interamente definiti ed operanti. Inoltre, l’introduzione del federalismo fiscale (l.n. 42/2009) impone la necessità di determinare il ‘costo standard’ delle ‘prestazioni’ con riferimento ai diversi territori, e, con esso, i problemi di perequazione che si connettono al divario che persiste – e secondo taluni indicatori, si accresce – nella distribuzione della ricchezza e della povertà fra le regioni.
E tuttavia se non si tiene conto – si fa per dire – della mancata definizione dei livelli essenziali e della prossima attuazione del federalismo fiscale – si può convenire che le competenze e l’organizzazione del welfare regionale e locale hanno già un assetto e una disciplina nuova e profondamente diversa da quella che seguì ai trasferimenti del 1977 (il. d.p.r. n. 616/77), sostenuta da una legge quadro statale (l. n. 328/2000) che ha già raccolto l’evoluzione che la stessa disciplina regionale ha progressivamente percorso dagli interventi minuti e occasionali consolidatisi nella nozione di ‘beneficenza pubblica’ a quella dei diritti di welfare garantiti dalla Costituzione.
La «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali» (la citata l. n. 328/2000) mira ad assicurare «alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali ... per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza», ad eliminare o ridurre «le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza del reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione».
Si può ricordare solo sommariamente il contenuto della legge e dei numerosi aspetti che essa disciplina:
- i soggetti cui sono dirette le azioni di welfare: le persone e la famiglia in condizioni di povertà o di reddito limitato, di incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze, quanti si trovano in condizioni di inabilità fisica o psichica, o sono anziani non autosufficienti, o ancora hanno difficoltà di inserirsi nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro; l’universo di quanti sono sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria (art. 2, comma 2);
- la definizione puntuale delle prestazioni e dei servizi: quelle di natura economica richiamate puntualmente (art. 24) e, per obiettivi o per tipologie di bisogni, un primo ‘catalogo’ di quelle di natura reale (artt. 22 e 23);
- le funzioni di comuni, regioni e Stato;
- l’inserimento delle IPAB nel sistema integrato regionale, secondo la nuova disciplina che ne ha dettato il D.lgs. 207/2001;
- il ruolo del terzo settore nella gestione dei servizi, gestione alla quale – secondo regole di autorizzazione e di accreditamento - concorrono «organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati»;
- la programmazione degli interventi e delle risorse;
- il finanziamento, attuato in questa fase tramite il concorso delle risorse già proprie di regioni e comuni e di quelle aggiuntive dello Stato (art. 20) (il Fondo nazionale per le politiche sociali già definito dalla legge n. 449/97; per l’anno 2008 i 1.464,2 milioni del Fondo sono stati ripartiti assegnandone € 766,6 mln al finanziamento degli interventi costituenti diritti soggettivi – 52,3%; € 656,4 mln alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano – 44,8%; € 41,2 mln alle politiche del Ministero del Lavoro – 2,8%);
L’impostazione della legge quadro è stata seguita, ampliata e adattata dalle leggi che ciascuna regione ha emanato per la sua attuazione, alcune riscrivendo integralmente la propria legislazione in materia (Emilia-R., l.r. n. 2/2003; Calabria, l. r. n. 23/2003 e l.r. n. 28/2009; Piemonte, l.r. n. 8/2004; Sardegna, l.r. n. 23/2005; Friuli-V.G., l.r. n. 6/2006; Liguria, l.r. n. 12/2006; Valle d’Aosta, l.r. n. 18/2001 e l.r. n. 13/2006, Puglia, l.r. n. 19/2006; Campania, l.r. n. 11/2007; Lombardia, l.r. n. 3/2008), altre integrandola per aspetti specifici (Lazio, l.r. n. 20/2006 e l.r. n. 4/2009, Basilicata, l.r. n. 4/2007, Umbria, l.r. n. 9/2008, Marche, l.r. n. 28/2008,), altre ancora conservando la legislazione precedente e integrando gli interventi che vi erano previsti con quelli indicati dalla legge quadro (Abruzzo, Veneto, Sicilia, Prov. Aut. Trento, Prov. Aut. Bolzano, Toscana).
In tutte queste leggi, nei piani e negli interventi che nel frattempo sono stati varati ed attuati, le regioni hanno dato un’ampia attuazione disciplina della Carta dei diritti sociali (art. 13 della legge n. 328/2000) e a tutte le forme di sussidiarietà orizzontale che la legge quadro prevede e stimola tramite il riconoscimento, l’autorizzazione e l’accreditamento dei diversi soggetti del volontariato sociale, della cooperazione sociale, di associazioni, di organismi non lucrativi e altre forme di partecipazione dei privati alla progettazione e gestione dei servizi.
Per altro, in attesa che arrivi la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (i «LIVEAS» detti così per distinguerli dai «LEA» dell’assistenza sanitaria), molte regioni hanno ampliato il campo degli interventi ben oltre le azioni tradizionalmente assicurate dall’assistenza e beneficenza pubblica, o quelle già definite da leggi di settore che disciplinavano questa materia: asili nido, maternità e infanzia, consultori, assistenza scolastica, diritto allo studio e altro ancora.
Così, per ricordare solo alcuni interventi,
-
- la regione Lazio definisce un reddito minimo garantito in favore di disoccupati, inoccupati, lavoratori precariamente occupati e lavoratori privi di retribuzione (l.r. 4/2009 e Reg.r. 4/2009) e vi destina 40 milioni di Euro per il triennio 2009-2011);
- la regione Veneto interviene con un piano a favore delle persone che versano in stato di povertà estrema e senza dimora (Del.G.R. n. 1323/2007),
- la regione Marche in favore di adulti e minorenni sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria e in favore degli ex detenuti (l.r. n. 28/2008),
- la regione Sardegna contributi finanziari non superiori a 500 Euro mensili per far fronte all’abbattimento dei costi dei servizi essenziali in favore di persone e nuclei familiari con reddito pari alla soglia di povertà, e sussidi mensili pari ad 800 euro mensili per persone da occupare nello svolgimento di servizio civico comunale (l.r. n. 1/2009, art. 3).
Nel frattempo si sta rivelando particolarmente complessa sul piano nazionale la definizione dei «Livelli essenziali delle prestazioni sociali» (LIVEAS).
Nel 2003
Il percorso istruttorio all’interno della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Unificata è ancora lontano da una prima definizione di quei livelli e s’interseca ora con l’attuazione della legge n. 42/2009 sul federalismo fiscale.
E’ noto infatti che le «spese riconducibili al vincolo dell’articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione» - tra le quali sono comprese sicuramente quelle relative all’assistenza sociale nella accezione che questa ha oggi nell’ambito del welfare – dovranno esse finanziate integralmente dalle risorse assegnate a ciascuna regione dall’attuazione del federalismo fiscale. La misura del finanziamento è quella necessaria ad assicurare il fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali di quelle prestazioni (l. n. 42/2009, art. 8).
Il processo che si avvia prevede perciò che la legge statale, in piena collaborazione con le regioni e gli enti locali, dovrà definire l’elenco delle prestazioni connesse ai livelli essenziali, prestazioni da erogare in condizioni di efficienza e di appropriatezza su tutto il territorio nazionale. Per ciascuna di quelle prestazioni sarà poi determinato un costo standard, uniforme sull’intero territorio nazionale, ma suscettibile di articolarsi secondo le peculiarità di ciascuna regione. La definizione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni dovrà intervenire entro il 5 giugno 2010 (art. 2, comma 5, della citata legge n. 42/2009), le altre definizioni non oltre la stessa data del 2011.
Poi, se pure in cinque anni (art. 20, comma 1, lettera b), sarà completamente abbandonato il finanziamento della spesa storica. Il fabbisogno finanziario di ciascuna regione sarà determinato dalle prestazioni da erogare (i livelli essenziali) e dal relativo costo standard. Il gettito dei tributi propri o partecipati e la quota del Fondo perequativo dovranno assicurare l’integrale finanziamento delle spese derivanti da quelle prestazioni. In ciascuna regione ne risulteranno ridefinite non soltanto natura e numero delle prestazioni da erogare, ma i livelli di spesa che si sono storicamente determinati e, almeno parzialmente, le fonti di finanziamento. L’attuale Fondo nazionale per le politiche sociali sarà soppresso e quelle risorse saranno assegnate direttamente alle regioni e agli enti locali.
Insieme alla definizione e ri-definizione nel tempo dei livelli essenziali e del costo standard delle prestazioni, la presenza dello Stato nella determinazione delle politiche di welfare attuate dalle regioni e dagli enti locali resta condizionante attraverso l’approvazione del Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali disciplinato dall’articolo 8 della legge quadro.
A seguire - a mero titolo esemplificativo - una panoramica delle iniziative regionali
§ Potenziamento dei servizi di asili-nido attraverso contributi ai comuni (Abruzzo DGR 30/9/2008 n. 114/11)
§ Finanziamento per la costruzione di nuovi asili nido: per la realizzazione di nuove strutture di asili nido o sezioni primavera, la ristrutturazione e/o ampliamento delle strutture già esistenti, e per la realizzazione di strutture complementari per l’infanzia quali micronidi e centri ludici per la prima infanzia, nonché progetti pilota per asili aziendali (Puglia, atto dirigenziale n. 470 del 06/06/2008, pubblicato sul BURP n.92 del 12/06/2008)
§ Organizzazione e/o ampliamento dei servizi integrativi ai nidi d’infanzia: assistenza familiare; nido famiglia (Lazio L.R. 32/2001; Veneto)
§ Direttive per il potenziamento – e rinnovamento – dei consultori familiari (Friuli Venezia Giulia L.R. 11/2006, art. 5)
§ Contributi finanziari ai consultori pubblici e privati riconosciuti su presentazione di progetti. La regione Veneto eroga i contributi nell’ambito delprogetto “Piano di riorganizzazione dei Consultori Familiari per potenziare gli interventi sociali a favore delle famiglie” articolato in tre aree: “sostegno alla neogenitorialità ed alla genitorialità”, “promozione di azioni di accompagnamento alla relazionalità e ai percorsi di scelta di vita degli adolescenti e dei giovani“, l’implementazione dei servizi di riconciliazione, mediazione familiare e spazio neutro”;
§ Contributi ad associazioni, istituzioni pubbliche e private su presentazione di progetti dell’ambito del programma "Fare rete e dare tutela e sostegno alla maternità" (regione Lombardia);
§ Attività formative rivolte alle giovani coppie
§ Contributi per l’acquisto della prima casa (ammortamento mutuo) a giovani coppie, persone sole con figli, gestanti sole (Calabria L.R. 1/2004, Marche Piano casa 2006-2008);
§ Riserva del 20% degli alloggi da realizzare nell’ambito dei programmi di edilizia residenziale pubblica per le giovani coppie (Lazio L.R. 32/2001; Sicilia L.R. 10/2003).
§ Buono famiglia 2009: contributo di 1.500 euro per l’anno 2009, destinato alle famiglie a basso reddito che hanno almeno tre figli minorenni, nella regione Lombardia (DGR 8881 del 20.1.2009)
§
Bonus
bebè: attivato dalla Regione Lazio nello scorso settembre, il progetto
prevede l'assegnazione di un contributo una tantum di 500 euro alle neo mamme,
residenti da oltre un anno nel territorio laziale e con un indicatore della
situazione economica (Isee) inferiore o uguale a 20mila euro. (Regione Lazio,
art.
§ “Carta famiglia” è lo strumento che attribuisce il diritto all’applicazione di agevolazioni e riduzioni di costi e tariffe per la fornitura e la fruizione di servizi significativi della vita familiare (Friuli Venezia Giulia L.R. 11/06 art. 10); in altre regioni sono i singoli comuni che hanno adottato iniziative simili (in Veneto e Emilia Romagna);
§ Contributi ai Comuni per attivare iniziative sperimentali in campo di politiche tariffarie a beneficio delle famiglie numerose in particolare con quattro o più figli (Veneto);
§ Il Prestito sull’onore si propone come un aiuto concreto per le famiglie con una difficoltà economica temporanea, per le future mamme con problemi nel proseguire la gestazione, giovani coppie con figli, famiglie con un solo genitore e figli minori. E’ un prestito in denaro a tasso zero che viene concesso dal Comune tramite una apposita convenzione con istituti bancari e con la finanza etica, per realizzare progetti di spesa che riguardino in primo luogo i figli, come spese sanitarie, spese relative l'abitazione, spese legali, spese scolastiche, spese per sostenere l'inserimento lavorativo di un genitore. (Emilia-Romagna L.R: 2/2003; Calabria L.R. 1/2004)
§ Garanzie creditizie: contributi per l’abbattimento parziale o totale degli interessi su prestiti quinquennali non superiori a 25.000 euro (Sicilia L.R. 10/2003 art. 3)
§ Assegno regionale al nucleo familiare previsto solo dalla regione Trentino Alto Adige (articolo 3 della legge regionale 18 febbraio 2005, n.1, “Pacchetto famiglia e previdenza sociale”)
§ Contributi previdenziali regionali: per la copertura previdenziale dei periodi di assistenza ai figli di età inferiore ai 3 anni, in regime di lavoro part-time; per la costituzione di una pensione di vecchiaia e per la costituzione di una pensione integrativa per determinati soggetti. Questi contributi sono previsti solo dalla regione Trentino Alto Adige (articolo 3 della legge regionale 18 febbraio 2005, n. 1, “Pacchetto famiglia e previdenza sociale” e legge regionale 25 luglio 1992, n. 7).
§ Associazionismo familiare: molte regioni sostengono e promuovono l’associazionismo familiare, in alcuni casi anche attraverso il sostegno economico ai progetti promossi e gestiti direttamente da parte di famiglie organizzate in forma cooperativistica o associazionistica (Friuli-Venezia Giulia L.R. 11/2006; Abruzzo DGR 30/9/2008 n. 114/11)
§ I progetti per il marchio di qualità: Family in Trentino è un progetto della provincia autonoma di Trento, un marchio di qualità che viene rilasciato a tutti quegli operatori (siano essi servizi pubblici ed enti locali oppure negozi, ristoranti, impianti sportivi e così via) i quali si impegnano a rispettare, nella loro attività, criteri ben definiti per soddisfare le diverse esigenze delle famiglie, anche con prezzi agevolati; analogamente il “Marchio Famiglia” della Regione Veneto è un accreditamento che la regione ha avviato promuovendo e certificando tutte quelle strutture – enti pubblici e privati, istituti di credito, privato sociale, privati cittadini - che vogliano promuovere la famiglia con progetti mirati o con interventi di prezzo. (DGR n° 4254, del 30.12.2008).
Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria e Marche hanno subordinato la realizzazione degli interventi al miglioramento della sicurezza antisismica ovvero della sostenibilità energetico-ambientale.
Altre regioni (ad esempio,
Quanto ai rapporti con gli enti locali, si segnala che la regione Veneto ha previsto che i comuni - entro il 31 ottobre - possono stabilire la localizzazione degli interventi con un meccanismo di silenzio-diniego che ha sostituito l’originario silenzio-assenso. Qualora il termine decorra senza un provvedimento comunale espresso, la giunta regionale, attraverso la nomina di un commissario ad acta, può far convocare il consiglio comunale per decidere sull’applicazione della legge.
In materia di edilizia sociale, oltre al piano casa previsto dallo Stato, numerose regioni hanno adottato piani regionali con risorse proprie: ad esempio, nel febbraio 2009 la regione Calabria ha messo a disposizione dell’edilizia sociale 155 milioni di euro, derivanti dalle risorse dei fondi ex Gescal, di cui 79 milioni destinati alla realizzazione di alloggi da assegnare in locazione alle fasce deboli ed il resto per appartamenti da cedere in proprietà. Le risorse serviranno alla realizzazione di 3 mila alloggi grazie al recupero del patrimonio immobiliare esistente, soprattutto nei centri storici, e alla riqualificazione di aree degradate. Nel caso di nuove costruzioni i partecipanti dovranno dimostrare di avere la disponibilità di una idonea area edificabile. Alle giovani coppie sarà assegnato il 25% degli alloggi, agli anziani il 20%, mentre a studenti fuori sede e lavoratori extracomunitari il 5%. È stata poi fissata al 3% la quota da riservare alle ragazze madri.
Nel mese di
novembre 2008,
La regione Lazio ha stanziato 275 milioni di euro
per la costruzione di nuove case di edilizia residenziale pubblica agevolata.
Il finanziamento è reso disponibile già per il
L’assessorato alla Casa della regione Lombardia ha predisposto il Piano triennale per l’edilizia residenziale pubblica (Prerp 2007-2009) che è stato finanziato con 561 milioni di euro e che è in pieno corso di attuazione. Il programma prevede l’attuazione di programmi di riqualificazione urbana e sociale (60 milioni per 1.000 nuovi alloggi) attraverso i contratti di quartiere e gli accordi quadro di sviluppo territoriale (AQST) per la realizzazione di case a canone sociale e moderato e di case per la locazione temporanea (181 milioni per 164 interventi). Sono inoltre previsti: un contributo acquisto prima casa (80 milioni); un fondo sostegno affitti (170 milioni in cofinanziamento); contratti di quartiere (67 milioni). i rimanenti fondi serviranno ad incrementare altri tipi di intervento come, ad esempio, l’incremento dei servizi abitativi a canone convenzionato, l’acquisto di alcune aree e l’abbattimento delle barriere architettoniche.
Il Consiglio regionale del Veneto ha approvato il piano triennale per l’edilizia residenziale pubblica che definisce, sino al 2010, il fabbisogno abitativo, gli obiettivi della programmazione regionale, i criteri generali per la ripartizione delle risorse finanziarie, le modalità di incentivazione. Il programma triennale aggiorna il precedente piano, scaduto nel 2003, e stanzia 130 milioni di euro, di cui 22,5 per l’edilizia residenziale sovvenzionata (cioè per la locazione a canone sociale, a totale carico della Regione) e 108 milioni di euro per l’edilizia agevolata, cioè per alloggi realizzati da imprese e cooperative con il contributo parziale della Regione. I risultati attesi dal programma triennale sono la realizzazione di 330 alloggi pubblici da parte degli Ater attraverso i fondi per l'edilizia sovvenzionata, e di 3233 alloggi di edilizia residenziale agevolata, realizzati da imprese e cooperative edilizie, destinati a nuclei familiari con reddito Ise non superiore a 60 mila euro, aumentato di 2 mila euro per ogni figlio a carico. Di questi 3233 alloggi, 900 saranno realizzati da fondazioni, enti non profit, cooperative da concedere in locazione a canone concertato (social housing).
La regione Veneto ha inoltre avviato un programma di housing sociale per la realizzazione di mille alloggi a canone calmierato attraverso il “Fondo Veneto casa”, costituito dalla Regione insieme alla Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo (CARIPARO). Si tratta di un fondo etico, dove capitali pubblici e privati possono agire insieme. La regione ha stanziato 5,5 milioni di euro per il 2008 e altrettanti per il 2009. Stesso impegno finanziario per la fondazione Cariparo. L’obiettivo è quello di arrivare a 100 milioni di euro. Metà della cifra sarà raccolta direttamente tra i sottoscrittori del fondo, mentre per il resto si ricorrerà alla Cassa Depositi e Prestiti. Sara invece Beni Stabili SpA a gestire il fondo, che potrà essere operativo a metà del 2009 con un rendimento tra il 6% e l’8%. L’iniziativa è volta ad agevolare i cittadini più svantaggiati, che non possono sostenere un affitto sul libero mercato, ma nello stesso tempo hanno un reddito troppo alto per accedere alle graduatorie Erp.
[1] Growing
unequal?: Income distribution and povertyy in OECD countries, OECD
[2] A. Brandolini (Servizio Studi di struttura economica e finanziaria della Banca d’Italia), Testimonianza presso l’11° Commissione (Lavoro e previdenza sociale) del Senato della Repubblica in occasione dell’Indagine conoscitiva sul livello dei redditi di lavoro nonché sulla redistribuzione della ricchezza in Italia nel periodo 1993-2008.
[3] ISTAT, La povertà in italia - Statistiche in breve - Periodo di riferimento: Anno 2008, dati diffusi il 30 luglio 2009.
[4] La stima dell’incidenza della povertà relativa (la percentuale di famiglie e persone relativamente povere sul totale delle famiglie e persone residenti) viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi.
[5] La stima dell’incidenza della povertà assoluta viene calcolata sulla base di una soglia di povertà che corrisponde alla spesa mensile minima necessaria per acquisire un determinato paniere di beni e servizi. Tale paniere, nel caso specifico, rappresenta l’insieme dei beni e servizi che, nel contesto italiano e per una determinata famiglia, sono considerati essenziali a conseguire uno standard di vita minimamente accettabile.
[6] Si veda la nota n. 2.
[7] Cfr. in particolare l’articolo 8-quater.
[8] D.L. 16 maggio 2008, n. 85, Disposizioni urgenti per l'adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell'articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
[9] D.P.C.M. 13-6-2008, Delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri al Ministro senza portafoglio della gioventù on. dott. Giorgia Meloni.
[10] D.L. 25-6-2008 n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
[11] D.L. 29-11-2008 n. 185, Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.
[12] D.L. 28-4-2009 n. 39, Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile.
[13] Si ricorda che il Ministro Sacconi ha svolto una relazione alle Commissioni XI e XII il 12 novembre 2008 ed è stato audito dalle stesse Commissioni il 27 gennaio 2009.
[14] Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 8, del suddetto D.L. n. 148 del 1993, le somme del Fondo per l'occupazione non impegnate in ciascun esercizio finanziario possono esserlo in quello successivo.
[15] L’articolo 2, comma 28 della L.
662/1996 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1997), in
attesa di un'organica riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, ha
previsto, in via sperimentale, specifiche misure per il perseguimento di
politiche attive di sostegno del reddito e dell'occupazione nell'ambito dei
processi di ristrutturazione aziendali e per fronteggiare situazioni di crisi
di enti ed aziende pubblici e privati erogatori di servizi di pubblica utilità,
nonché delle categorie e settori di impresa sprovvisti del sistema di
ammortizzatori sociali. Il DM
[16] Il comma 511 dell’articolo 2 della legge n. 244/2007 ha destinato 13 milioni di euro per il 2008, nell’ambito delle risorse del Fondo di cui all’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845 (ossia il Fondo di rotazione istituito, presso il Ministero del lavoro, per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti realizzati in materia di formazione professionale) alle finalità di cui alla legge 14 febbraio 1987, n. 40 (che prevede la concessione, da parte del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, agli enti privati gestori di attività formative, che svolgono attività rientranti nell'ambito delle competenze statali, contributi per le spese generali di amministrazione relative al coordinamento operativo a livello nazionale degli enti medesimi, non coperte da contributo regionale).
Si ricorda che il quanto previsto al comma 511 è parte di in più ampio
intervento in materia di formazione professionale operato dalla legge 244/2007.
In particolare, il comma
[17] Si ricorda che l’articolo 1, comma 5, della L. 223/1991 ha previsto che la durata del programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione per crisi aziendale, e l’erogazione del conseguente trattamento di cassa integrazione straordinaria, sia pari ad un periodo massimo - in linea ordinaria - di 12 mesi, con possibilità di un nuovo intervento qualora siano decorsi almeno i 2/3 del periodo della precedente concessione.
[18] Si fa presente che il
disegno di legge citato è il risultato dallo stralcio degli articoli 23, 24,
32, da
[19] “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”.
[20] La sperimentazione è stata successivamente prorogata da varie leggi finanziarie regionali. In particolare, per il 2007 dall'articolo 38, comma 1, della L.R. 1/2007, per il 2008 dall’articolo 70, comma 1, della L.R. 1/2008, per il 2009 dall’articolo 4, comma 1, della L.R. 1/2009.
[21] In attuazione dell’articolo 6 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e ad integrazione della L.R. 27 novembre 1993, n. 19.
[22] Tale Regione già prevedeva possibili
interventi per il sostegno al reddito: ad esempio,
[23] Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
[24] Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario.
[25] La definizione delle caratteristiche e
delle modalità di individuazione delle reti delle imprese e delle catene di
fornitura è demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico da
adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa
intesa con
[26] Le reti di imprese rappresentano forme di coordinamento di natura contrattuale tra imprese, particolarmente destinate alle PMI che vogliono incrementare la loro capacità competitiva senza ricorrere a fusioni o a unioni sotto il controllo di un unico soggetto.
[27] Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.
[28] Nello specifico la semplificazione e il
riordino di detta disciplina è demandata ad un regolamento di delegificazione,
ex art. 17, comma
[29] Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.
[30] Ai sensi dell'articolo 29 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, si considerano consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi (Confidi) i consorzi, le società consortili e le cooperative che abbiano come scopi sociali:
- attività di prestazione di garanzie collettive al fine di favorire la concessione di finanziamenti da parte di aziende e istituti di credito, di società di leasing, di società di cessione di crediti di imprese e di enti parabancari alle piccole imprese associate;
- attività di informazione, consulenza, assistenza alle imprese consorziate per il reperimento e il migliore utilizzo delle fonti finanziarie, nonché le prestazioni dei servizi per migliorare la gestione finanziaria delle stesse imprese.
I Confidi, quindi, si configurano come organismi finalizzati ad agevolare l'accesso al credito alle piccole e medie imprese, offrendo alle banche delle garanzie che in genere coprono il 50% dell'entità del prestito erogato.
[31] Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali.
[32] Le tabelle Ateco, elaborate dall’ISTAT al fine di individuare un’unica classificazione di riferimento a livello mondiale definita in ambito ONU, contengono un elenco delle attività economiche ed attribuiscono a ciascuna di esse un codice a sei cifre.
Il provvedimento del Direttore
dell’Agenzia delle entrate del 16 novembre
In particolare, la divisione 28 – concernente le attività per le quali le prime due cifre del codice sono rappresentate dal numero 28 – riguarda la “fabbricazione di macchinari ed apparecchiature non classificate altrove” e contiene 47 codici di attività, dei quali 46 individuano specifiche tipologie di macchinari ed attrezzature, mentre l’ultima (codice 28.99.99) ha natura residuale in quanto relativa a “fabbricazione di altre macchine per impieghi speciali non classificate altrove”.
[33] Il decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
[34] La
definizione di stabile organizzazione
è contenute nell’articolo 162 del TUIR ai sensi del quale con tale termine si
intende “una sede fissa di affari per mezzo della quale l'impresa non residente
esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato”. Lo
stesso articolo reca, inoltre, l’indicazione degli elementi che caratterizzano
la stabile organizzazione nonché individua alcune tipologie che, in ogni caso,
non possono essere definite come tale. Lo Spazio
Economico Europeo (SEE) è stato istituito il 1º gennaio
[35] Gli articoli 2342 e 2464 del Codice civile disciplinano i conferimenti di capitale effettuati con riferimento, rispettivamente, alle società per azioni e alle società in accomandita per azioni. Tali norme dispongono che, ove l’atto costitutivo non disponga diversamente, i conferimenti devono essere effettuati in denaro e che all’atto della sottoscrizione deve essere versato in banca almeno il 25% del conferimento in denaro. Se, invece, i conferimenti sono rappresentati da beni in natura, l’operazione è assimilata, in materia di garanzia e di rischi, alle cessioni e pertanto il socio è tenuto a fornire la garanzia del bene e il passaggio dei rischi è regolato dalle norme sulla vendita (art. 2254 del Cod. civ.). Per i conferimenti rappresentati da crediti, il socio conferente può rispondere dell’insolvenza del debitore nei limiti dell’importo riconosciuto come sottoscrizione del capitale.
[36]
[37]
[38] Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile.
[39] Con il decreto del 18 aprile 2005 emanato dall’ex Ministero delle Attività Produttive sono stati aggiornati i criteri con cui si individuano le microimprese, le piccole e medie imprese, anche ai fini della concessione di aiuti alle attività produttive. Il decreto rappresenta un adeguamento alla disciplina comunitaria, in particolare alla raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003. Il provvedimento stabilisce che la categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (complessivamente definita PMI) è costituita da aziende che hanno entrambi questi requisiti:
§ meno di 250 occupati;
§ un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.
[40] Le richiamate norme della legge finanziaria 2007, modificate dalla legge finanziaria 2008, prevedono l’istituzione di zone franche urbane al fine di contrastare i fenomeni di esclusione sociale e favorire l'integrazione sociale e culturale delle popolazioni residenti in aree degradate. La norma stabilisce che le ZFU non devono, in ogni caso, avere un numero di abitanti superiore a 30.000 (comma 340).
[41]
Il 2 luglio
2008
[42] COM(2006) 129 del 20.3.2006.
[43] COM(2007) 694 dell'8.11.2007.
[44] Il metodo di coordinamento aperto funziona in ambiti che rientrano nella competenza degli Stati membri quali l'occupazione, la protezione sociale, l'inclusione sociale, l'istruzione, la gioventù e la formazione. Esso si basa essenzialmente su:
- identificazione e definizione congiunta di obiettivi da raggiungere (adottati dal Consiglio);
- strumenti di misura definiti congiuntamente (statistiche, indicatori, linee guida);
- il «benchmarking» vale a dire l'analisi comparativa dei risultati degli Stati membri e lo scambio di pratiche ottimali (sorveglianza effettuata dalla Commissione).