Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento ambiente , Servizio Studi - Dipartimento attività produttive , Servizio Studi - Dipartimento bilancio , Servizio Studi - Dipartimento istituzioni , Servizio Studi - Dipartimento trasporti
Titolo: La disciplina dei servizi pubblici locali e le regolazioni di settore
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 335
Data: 27/03/2012
Descrittori:
ENTI LOCALI   SERVIZI PUBBLICI
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VI-Finanze

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

La disciplina dei servizi pubblici locali e le regolazioni di settore

 

 

 

 

 

 

 

n. 335

 

 

 

27 marzo 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimenti Finanze e Bilancio

( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it

( 066760-9932 – * st_bilancio@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti dipartimenti del Servizio Studi

Dipartimento Istituzioni

( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it

Dipartimento Ambiente

( 066760-9253 – * st_ambiente@camera.it

Dipartimento Attività produttive

( 066760-9574 – *st_attprod@camera.it

Dipartimento Trasporti

( 066760-2861 / 066760-2614 – * st_trasporti@camera.it

 

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: FI0642.doc

 


INDICE

Schede di lettura

La disciplina dei servizi pubblici locali.......................................................... 3

§      Organizzazione per ambiti e misure incentivanti........................................... 3

§      Incentivi all’applicazione di procedure ad evidenza pubblica......................... 5

§      Verifica della gestione concorrenziale e delibere quadro............................... 6

§      Affidamenti...................................................................................................... 7

§      Regime delle società in house....................................................................... 8

§      Divieti e incompatibilità................................................................................... 9

§      Regime transitorio degli affidamenti non conformi....................................... 11

Società a partecipazione locale: limiti al possesso azionario da parte di soggetti diversi dall’ente locale................................................................................................ 15

§      Limiti al possesso azionario per i soci di società controllate dall’ente locale15

La regolazione nel settore energetico........................................................ 19

§      Cenni storici sull’apertura dei mercati energetici......................................... 19

§      Autorità per l'energia elettrica e il gas........................................................... 21

§      Principali operatori in campo energetico...................................................... 22

La regolazione nei settori idrico e dei rifiuti.............................................. 27

§      Il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani............................................ 27

§      Il servizio idrico integrato.............................................................................. 29

La regolazione nel settore dei trasporti...................................................... 33

§      Gestione della rete stradale e autostradale di interesse nazionale............. 33

§      Trasporto pubblico locale............................................................................. 34

§      Trasporto ferroviario nazionale..................................................................... 35

 

 


Schede di lettura

 


La disciplina dei servizi pubblici locali

Dopo numerosi tentativi di riforma, la disciplina dei servizi pubblici locali è da ultimo contenuta negli articoli 3-bis e 4 del D.L. 138/2011.

In particolare, il D.L. 138 ha conservato nei fini (liberalizzazione) l’impianto preesistente (art. 23-bis, D.L. 112/2008), escludendone l’applicabilità al settore idrico, per tenere conto dell’esito della consultazione popolare dello scorso giugno.

Tale nuova disciplina ha subito alcune correzioni ad opera dell’articolo 9, comma 2, della legge di stabilità 2012 (L. 183/2011) e, da ultimo, è stato modificato dall’articolo 25, comma 1, D.L. 1/2012 (c.d. decreto liberalizzazioni).

All’esito di tali interventi, la disciplina vigente dei servizi pubblici locali è articolata come di seguito sinteticamente esposto.

Organizzazione per ambiti e misure incentivanti

L’articolo 3-bis del D.L. 138/2011, introdotto dal D.L. 1/2012, stabilisce una misura preliminare di organizzazione dei servizi, attraverso l’attribuzione alle Regioni del compito di individuare ambiti o bacini territoriali che consentano di sfruttare economie di scala e di differenziazione (comma 1).

Tale misura è preordinata a rendere più efficiente la gestione dei servizi ed esplicitamente dettata “a tutela della concorrenza e dell’ambiente”, espressione che sembra evocare le corrispondenti materie di legislazione esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lettere e) ed s) della Costituzione.

 

L’organizzazione territoriale per ambiti riguarda i servizi pubblici a rete di rilevanza economica. In base alla disposizione, gli ambiti devono essere:

§      ottimali;

§      omogenei;

§      di dimensione normalmente non inferiore a quella del territorio provinciale.

 

In relazione alla scelta dell’ambito provinciale quale dimensione ritenuta normalmente ottimale per l’organizzazione dei servizi pubblici locali, occorre considerare l’evoluzione istituzionale di tali enti, in seguito all’approvazione del D.L. 201/2011 (c.d. salva Italia), il quale, ha previsto, tra le diverse misure volte al contenimento delle spesa pubblica, una profonda riforma del sistema delle province (art. 23, co. 14-21). Ad esse sono affidate esclusivamente funzioni di indirizzo politico e di coordinamento. Inoltre, si dispone la riduzione del numero dei consiglieri provinciali e la loro elezione da parte dei consigli comunali.

Sia il consiglio provinciale che il presidente della provincia sono configurati - a differenza degli altri enti indicati dall’art. 114 Cost. - come organi ad elezione indiretta, eletto il primo dagli organi elettivi dei comuni ricadenti nel territorio della provincia e il secondo dal consiglio provinciale stesso tra i suoi componenti. Tali organi durano in carica cinque anni e le modalità di elezione del consiglio provinciale, composto da non più di dieci membri, e del presidente della provincia sono stabilite con legge dello Stato entro il 31 dicembre 2012.

 

Peraltro, proprio in relazione al parametro dimensionale, si segnala che è riconosciuta alle Regioni la possibilità di derogare alla dimensione provinciale, individuando ambiti di dimensione diversa. Ciò purché la scelta sia motivata in base a criteri di differenziazione territoriale e socio-economica e rispetto a specifiche caratteristiche del servizio. La proposta in tal senso può essere presentata anche dai Comuni entro il 31 maggio 2012, previa lettera di adesione dei sindaci interessati o delibera di un organismo già costituito sulla base di convenzioni tra enti locali stipulate ex art. 30, Tuel (che appunto consente la stipula di convenzioni tra enti locali per lo svolgimento in comune di servizi e funzioni determinate, prevedendo anche la possibilità di costituzione di uffici comuni).

Nella sostanza, la deroga introdotta sembrerebbe ammettere, in particolare, ambiti sub-provinciali, coinvolgendo i Comuni, attraverso un potere di iniziativa, nel procedimento di individuazione dei bacini ottimali.

 

È, in ogni caso, fatta salva l'organizzazione per ambiti di singoli servizi già prevista da normative di settore e da disposizioni regionali e già avviata mediante costituzione di bacini di dimensioni non inferiori a quella prevista dall’articolo in esame, anche sulla base di direttive europee.

La clausola di salvaguardia ivi introdotta si giustifica con la necessità di coordinare le disposizioni in esame con le normative di settore che prevedono l’organizzazione di singoli servizi pubblici locali secondo ambiti territoriali ottimali.

In particolare, ai sensi dell’articolo 147 del Codice ambientale, i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge Galli (L. 36/1994). Analoga organizzazione territoriale è prevista dall’articolo 200 del Codice per il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.

 

L’individuazione degli ambiti compete alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, che devono provvedervi entro il 30 giugno 2012. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri è autorizzato ad esercitare i poteri sostitutivi di cui all’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, a tutela dell'unità giuridica ed economica.

 

Il comma 2 qualifica come elemento di valutazione dell'offerta in sede di affidamento del servizio mediante procedura ad evidenza pubblica la circostanza che siano stati adottati strumenti di tutela dell'occupazione.


Incentivi all’applicazione di procedure ad evidenza pubblica

I commi 3 e 4 dell’articolo 3-bis prevedono misure incentivanti all’utilizzo di procedure concorrenziali per l’affidamento dei servizi.

È infatti previsto che (comma 3), a decorrere dal 2013, l'applicazione di procedure di affidamento dei servizi a evidenza pubblica da parte di Regioni, Province e Comuni o degli enti di governo locali dell'ambito o del bacino costituisce un elemento di valutazione della virtuosità degli enti stessi ai fini di un trattamento più favorevole del Patto di stabilità interno.

 

Per consentire l’operatività della disposizione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha il compito di comunicare, entro il termine perentorio del 31 gennaio di ciascun anno, al Ministero dell'economia e delle finanze l’elenco degli enti che hanno provveduto all'applicazione delle procedure citate. In caso di mancata comunicazione entro il termine, si prescinde dal predetto elemento di valutazione della virtuosità.

 

Si ricorda che una norma di tenore analogo è contenuta all’articolo 1, comma 4, del decreto legge in esame, recante disposizioni in materia di liberalizzazione delle attività economiche, il quale prevede che il rispetto dell’obbligo di adeguamento da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni ai principi e alle regole di liberalizzazione delle attività economiche costituisca elemento di valutazione della virtuosità degli enti territoriali, ex art. 20, comma 3, D.L. n. 98/2011.

 

La seconda misura incentivante (comma 4) stabilisce un criterio di priorità nella distribuzione dei finanziamenti, a qualsiasi titolo concessi, che riguardino risorse pubbliche statali ai sensi dell’articolo 119, quinto comma, della Costituzione.

 

La priorità nell’attribuzione dei finanziamenti è attribuita in favore degli enti di governo degli ambiti o dei bacini territoriali ottimali ovvero dei gestori del servizio. In questa seconda ipotesi, il favor è però subordinato al fatto che si tratti di gestori:

a)   selezionati tramite procedura ad evidenza pubblica;

b)   o di cui comunque l’Autorità di regolazione competente abbia verificato l’efficienza gestionale e la qualità del servizio reso sulla base dei parametri stabiliti dall’Autorità stessa.

La norma fa salvi, e dunque esclude dal criterio prioritario, i finanziamenti ai progetti relativi ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, cofinanziati con fondi europei.


Verifica della gestione concorrenziale e delibere quadro

L’art. 4, D.L. 138/2011, prevede in capo agli enti locali, prima di procedere al conferimento della gestione dei servizi, l’obbligo di individuare in via preliminare i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e universale e, poi, di procedere alla verifica della realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali, limitando i diritti di esclusiva alle sole ipotesi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità (commi 1-4).

A tal fine è prevista l’adozione, entro il 13 agosto 2012, poi periodicamente e, comunque, prima di procedere all’affidamento del servizio, di una delibera quadro, che evidenzi l’istruttoria compiuta nonché, per i settori sottratti alla liberalizzazione, le ragioni della decisione e i benefici derivanti dal mantenimento di un regime di esclusiva del servizio.

Per gli enti territoriali con popolazione superiore a 10.000 abitanti è previsto altresì l’obbligo di acquisire il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, prima di adottare la delibera. All'AGCM spetta pronunciarsi entro i successivi sessanta giorni:

a)   sull'idoneità e la sufficienza delle ragioni per cui si è deciso l’attribuzione di diritti di esclusiva;

b)   sulla correttezza di procedere, eventualmente, all'affidamento simultaneo con gara di una pluralità di servizi pubblici locali.

Il parere è reso sulla base dell'istruttoria svolta dall'ente di governo locale dell'ambito o del bacino o, in sua assenza, dall'ente locale.

È inoltre introdotto un esplicito obbligo di pubblicità della delibera quadro e del parere dell’Antitrust, che sono resi pubblici sul sito internet (ove presente) e con ulteriori modalità idonee.

Si tratta, pertanto, di un parere preventivo, obbligatorio, ma non vincolante.

Gli enti inviano la verifica ed il relativo schema di delibera quadro entro dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto 138/2011 (ossia entro il 13 agosto 2012) e poi periodicamente secondo i rispettivi ordinamenti degli enti locali.

In ogni caso, si specifica che la delibera quadro deve essere adottata prima di procedere al conferimento e al rinnovo della gestione dei servizi, entro trenta giorni dal parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

In assenza della delibera, l’ente locale non può procedere all’attribuzione di diritti di esclusiva.

L’attribuzione di diritti di esclusiva ad un’impresa incaricata della gestione dei servizi pubblici- ai sensi dei commi 6 e 7 - non comporta per i terzi il divieto di produzione degli stessi servizi per uso proprio (art. 9, della legge n. 287/1990), salvi i casi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e difesa nazionale, nonché, salvo concessione, per quanto concerne il settore delle telecomunicazioni. Inoltre, i gestori di servizi pubblici locali, nei casi in cui intendano svolgere attività in mercati diversi da quelli in cui sono titolari di diritti di esclusiva, devono operare attraverso società separate, nonché rendere accessibili i beni o servizi anche informativi, di cui abbiano la disponibilità esclusiva in dipendenza da attività svolte, a condizioni equivalenti, alle altre imprese direttamente concorrenti (art. 8, commi 2-bis e 2-quater della legge 287/1990).

Affidamenti

Gli enti locali possono procedere all’affidamento simultaneo con gara di una pluralità di servizi pubblici locali, purché se ne dia motivazione nella delibera quadro, dimostrando come tale scelta sia economicamente vantaggiosa.

Qualora, dall’esito della verifica l'ente locale intenda attribuire in esclusiva la gestione del servizio pubblico locale (comma 8), l'affidamento avviene:

§      tramite procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato europeo e dei principi generali relativi ai contratti pubblici (economicità, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità), nonché anche degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla legge, ove esistente, dalla competente autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti affidanti. A tali procedure possono partecipare anche le società a intera partecipazione pubblica, salvo che non esistano specifici divieti previsti dalla legge (comma 9) e società private extra UE, a condizioni di reciprocità (comma 10).

§      tramite procedure competitive ad evidenza pubblica a società mista pubblico privata, mediante la cosiddetta gara "a doppio oggetto", una gara cioè che abbia ad oggetto sia la qualità di socio privato (che deve avere una quota non inferiore al 40%) e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio. Nel bando di gara i criteri di valutazione delle offerte, basati su qualità e corrispettivo del servizio devono prevalere di norma su quelli riferiti al prezzo delle quote societarie. Il socio privato selezionato deve svolgere gli specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio per l'intera durata del servizio stesso. Se ciò non si dovesse verificare, si procederà a un nuovo affidamento (comma 12).

In deroga alle modalità di affidamento illustrate, la nuova disciplina (comma 13) ammette l’affidamento diretto a società che possiedono i requisiti per la gestione " in house" qualora il valore del servizio non superi i 200.000 euro annui. Per evitare il rischio di elusione della disposizione, è fatto divieto di procedere al frazionamento del servizio e del relativo affidamento.

 

La società in house è una società posseduta al 100% dall'ente locale che deve svolgere con proprio personale tutte le attività legate al servizio senza appaltare a terzi, sulla base di alcuni requisiti posti dalla giurisprudenza comunitaria (secondo la sentenza del 18 novembre 1999 della Corte di Giustizia, c.d. “Sentenza Teckal”, in causa C-107/98), che sono:

§       l’esercizio da parte dell’ente committente, sul soggetto affidatario, di un “controllo analogo” a quello che esercita sui propri servizi;

§       la necessità che il soggetto affidatario realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente committente (o gli enti se sono più di uno) che la controlla.

Sul requisito del controllo analogo la giurisprudenza comunitaria è negli ultimi anni a più riprese intervenuta con numerose pronunce finalizzate a ridimensionare l’effettivo ricorso all’istituto dell’in house. Si ricordano, tra i numerosi interventi, la sentenza 11 gennaio 2005, in causa C-26/03, (sentenza Stadt Halle), in cui la Corte di Giustizia ha sostenuto la necessità della partecipazione totalitaria dell’ente pubblico di riferimento perché possa dirsi sussistente il c.d. "controllo analogo" ed ammessa, quindi, l’eccezionale deroga alle norme che impongono il ricorso alla pubblica gara. Con la sentenza Parking Brixen (sentenza 13 ottobre 2005 in causa C 458/03) per la Corte occorre altresì che il soggetto affidante sia in grado di influenzare in modo determinante gli “obiettivi strategici” e le “decisioni importanti” del soggetto affidatario.

La giurisprudenza nazionale ha recepito gli orientamenti comunitari.

Regime delle società in house

L’articolo 4 (commi 14, 15 e 16)impone alle società “in house” il rispetto del patto di stabilità interno, l’applicazione delle disposizioni già vigenti per l’acquisto di beni e servizi, nonché per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi.

In particolare le società “in house” sono assoggettate al patto di stabilità interno secondo le modalità definite, con il concerto del Ministro per le riforme per il federalismo, in sede di attuazione dell’articolo 18, comma 2-bis del d.l. 112 del 2008. Gli enti locali vigilano sull'osservanza di tali vincoli (comma 14).

L'art. 18, comma 2-bis citato estende i divieti e le limitazioni alle assunzioni di personale della pubblica amministrazione alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale ne' commerciale.

 

Le società “in house” ed anche le società miste, applicano, per l’acquisto di beni e servizi, le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 163/2006, Codice dei contratti pubblici(comma 15).

Il comma 16 dispone l’applicabilità dell’art. 32, comma 3, del Codice dei contratti pubblici alle società di cui al comma 1, lett. c), del medesimo art. 32 - limitatamente alla gestione del servizio per il quale sono state specificamente costituite - se la scelta del socio privato sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, che hanno ad oggetto la qualità di socio e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio (c.d. gara a “doppio oggetto”). Rimangono comunque impregiudicate le altre condizioni stabilite dall’art. 32, comma 3, numeri 2) e 3), del D.Lgs. n. 163.

La relazione illustrativa specifica che tale norma è volta ad armonizzare le norme del Codice dei contratti pubblici con la possibilità di affidare, ai sensi del comma 12, il servizio ad una società previa gara con doppio oggetto.

Si segnala che l'art. 32, comma 3, esclude dalle disposizioni del Codice - limitatamente alla realizzazione dell'opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite - le società di cui al comma 1, lettera c) del medesimo articolo 32, ovvero le società con capitale pubblico, che non sono organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, ivi comprese le società di cui agli articoli 113, 113-bis, 115 e 116 del TUEL. Tali società non sono tenute ad applicare le disposizioni del Codice -limitatamente alla realizzazione dell’opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite - se ricorrono le seguenti condizioni:

1)       la scelta del socio privato e' avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica;

2)       il socio privato ha i requisiti di qualificazione previsti dal presente codice in relazione alla prestazione per cui la società e' stata costituita;

3)       la società provvede in via diretta alla realizzazione dell'opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo.

 

Le società a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali (escluse quelle quotate in mercati regolamentati) possano adottare, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi, nel rispetto comunque dei principi di cui al comma 3 dell’art. 35 del D.Lgs. n. 165/2001 (comma 17).

L'art. 35, comma 3, del D.Lgs. n. 165/2001 reca i principi per le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni, tra cui: pubblicità, imparzialità, adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, pari opportunità, decentramento delle procedure di reclutamento, composizione delle commissioni con esperti.

Sia in caso di società “in house”, sia quando il capitale sociale del soggetto gestore è partecipato dall’ente locale affidante viene affidato (comma 18) all’organo di revisione dell'ente locale il rispetto del contratto di servizio e il controllo sulle sue modifiche, ferme restando le discipline di settore. L’organo di revisione è il collegio dei revisori previsto dagli articoli 234 e seguenti del TUEL.

Divieti e incompatibilità

I commi da 19 a 26 introducono una serie di divieti ed incompatibilità che si applicano alle nomine e agli incarichi da conferire successivamente alla data di entrata in vigore del D.L. 138/2011 (comma 27).

Ai sensi del comma 19, gli amministratori, i dirigenti e i responsabili dell’ente locale, nonché degli altri organismi che espletano funzioni di stazione appaltante, di regolazione, di indirizzo e di controllo di servizi pubblici locali, non possono svolgere incarichi inerenti la gestione dei servizi affidati da parte dei medesimi soggetti. Il divieto si applica anche nel caso in cui le dette funzioni sono state svolte nei tre anni precedenti il conferimento dell’incarico inerente la gestione dei servizi pubblici locali. Alle società quotate si applica la disciplina definita dai relativi organi di controllo.

Stesso divieto vale (comma 20) per il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado dei predetti soggetti, nonché nei confronti di coloro che prestano, o hanno prestato nel triennio precedente, a qualsiasi titolo attività di consulenza o collaborazione in favore degli enti locali o dei soggetti che hanno affidato la gestione del servizio pubblico locale.

Ai sensi del comma 21, non possono essere nominati amministratori di società partecipate da enti locali coloro che nei tre anni precedenti alla nomina hanno ricoperto la carica di amministratore locale, come definito dall’articolo 77 del TUEL[1], negli enti locali che detengono quote di partecipazione al capitale della stessa società.

Chi ha rivestito, nel biennio precedente, la stessa carica di amministratore locale non può essere - ex comma 23 - nominato componente della commissione di gara relativamente a servizi pubblici locali da affidare da parte del medesimo ente locale.

Il comma 22 dispone che i componenti della commissione di gara per l’affidamento della gestione di servizi pubblici locali non devono aver svolto né svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente alla gestione del servizio di cui si tratta.

Il comma 24 esclude da successivi incarichi di commissario coloro che, in qualità di componenti di commissioni di gara, abbiano concorso, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale con sentenza non sospesa, all’approvazione di atti dichiarati illegittimi.

Il comma 25 applica ai componenti delle commissioni di gara le cause di astensione previste dall’articolo 51 del c.p.c., che regola i casi di astensione del giudice (interesse nella causa, vincoli di prossimità, inimicizia, interventi precedenti, rapporti con chi ha interesse in causa).

Il comma 26 fa riferimento all’ipotesi in cui alla gara concorra una società partecipata dall’ente locale che la indice, prescrivendo che i componenti della commissione di gara non possano essere né dipendenti né amministratori dell’ente locale stesso.


Regime transitorio degli affidamenti non conformi

Come di consueto, è prevista un’articolata disciplina del regime transitorio degli affidamenti non conformi a quanto stabilito dal decreto (co. 32). Il regime transitorio prevede quattro ipotesi; in ogni caso, la cessazione anticipata è improrogabile e non richiede apposita deliberazione dell’ente affidante.

Ipotesi a)

Gli affidamenti diretti "in house" relativi a servizi sopra la soglia (pari a 200.000 euro annui) cessano alla data del 31 dicembre 2012. Alla stessa data cessano gli affidamenti diretti a società miste pubblico-private in cui il socio privato non sia stato scelto tramite gara.

Il D.L. 1/2012 ha introdotto una deroga in relazione al regime di tali affidamenti. In alternativa alla posticipata scadenza del 31 dicembre 2012, è consentito l'affidamento per la gestione in favore di un’unica società in house, risultante dalla integrazione operativa – perfezionata sempre entro il termine del 31 dicembre 2012, ma per non più di tre anni – di preesistenti gestioni (in affidamento diretto ed in economia) tale da configurare un unico gestore del servizio a livello di ambito o di bacino territoriale ottimale ai sensi del nuovo articolo 3-bis.

Entro il 31 dicembre 2012 devono essere perfezionati sia la soppressione delle preesistenti gestioni, sia la costituzione della nuova società in house.

Per tali deroghe sono altresì previste talune condizioni che il contratto di servizio deve rispettare per l'affidamento in house, quali: indicazioni puntuali riguardanti il livello di qualità del servizio reso, il prezzo medio per utente, il livello di investimenti programmati ed effettuati e obiettivi di performance (redditività, qualità, efficienza). Efficacia, efficienza e rispetto delle condizioni del contratto di servizio devono essere verificate annualmente dall'Autorità di regolazione di settore.

La deroga alla scadenza anticipata non si applica ai processi di aggregazione a livello di ambito che già prevedano procedure di affidamento ad evidenza pubblica.

In ogni caso, la deroga che viene introdotta pare andare nella direzione di incentivare la riorganizzazione per ambiti territoriali prevista dal nuovo art. 3-bis.

Ipotesi b)

Gli affidamenti diretti a società miste pubblico-private in cui il socio privato sia stato scelto tramite gara, ma la gara non sia stata a doppio oggetto (cioè non abbia avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio), cessano entro il 31 marzo 2013.

Ipotesi c)

Gli affidamenti diretti a società miste pubblico-private in cui il socio privato sia stato scelto tramite gara "a doppio oggetto" (cioè abbia avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio), cessano alla scadenza prevista dal contratto di servizio.

Ipotesi d)

Gli affidamenti diretti assentiti prima del 1° ottobre 2003 a società miste pubblico-private quotate in borsa a tale data, cessano alla scadenza prevista dal contratto di servizio se la partecipazione pubblica nella società alla data del 13 agosto 2011 si riduce al 40% entro il 30 giugno 2013 e scende al 30% entro il 31 dicembre 2015. Al mancato verificarsi di tali condizioni, l'affidamento cessa rispettivamente il 30 giugno 2013 e il 31 dicembre 2015.

 

Ferme restando le scadenze del regime transitorio, è stabilito il principio di continuità nell’erogazione dei servizi (comma 32-ter), in base al quale i gestori assicurano la prosecuzione delle attività anche oltre le scadenze, ed assicurano in particolare il rispetto degli obblighi di servizio pubblico e degli standard minimi, alle condizioni dei contratti e degli altri atti che regolano il rapporto, fino al subentro del nuovo gestore e comunque, in caso di liberalizzazione del settore, fino all'apertura del mercato alla concorrenza. In relazione a ciò, non può essere preteso ad alcun titolo nessun indennizzo o compenso aggiuntivo.

Controlli

È affidato al prefetto il compito di accertare che gli enti locali abbiano ottemperato, entro i termini stabiliti, le disposizioni sul regime transitorio degli affidamenti e sulla loro cessazione. In caso contrario, il prefetto assegna agli enti inadempienti un termine perentorio entro il quale provvedere, decorso il quale sarà il Governo, ricorrendone i presupposti, ad esercitare il potere sostitutivo (comma 32-bis).

Attuazione

È prevista entro il 31 marzo 2012, l’adozione di un decreto ministeriale (del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno), per tutte le misure necessarie ad assicurare la piena attuazione della disciplina dell'art. 4, del D.L. 138/2011 (comma 33-ter). È previsto il parere obbligatorio della Conferenza unificata.

Esclusioni

Per quanto riguarda il campo di applicazione delle nuove regole sull’affidamento dei servizi locali di rilevanza economica è prevista una clausola di generale applicazione dell'articolo 4 a tutti i servizi pubblici locali, con prevalenza sulle relative discipline di settore incompatibili (comma 34).

Accanto a ciò è stabilita l’esclusione di una serie di servizi, disciplinati da specifiche disposizioni:

a)   il servizio idrico integrato, ad eccezione di quanto previsto dai commi 19 a 27, che prevedono una serie di incompatibilità;

b)   il servizio di distribuzione di gas naturale specificando però che a tale servizio si applica quanto previsto dal comma 33 in merito alla disciplina dei limiti di operatività degli affidatari diretti senza gara e gli altri limiti previsti dal citato comma;

c)   il servizio di distribuzione di energia elettrica;

d)   la gestione delle farmacie comunali;

 

A seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 1/2012, anche il servizio di trasporto ferroviario regionale, rientra nell’ambito di applicazione della disciplina generale di cui all’articolo 4.

Tuttavia, sono fatti salvi, fino alla scadenza naturale dei primi sei anni di validità[2], gli affidamenti e i contratti di servizio ferroviario regionale già deliberati o sottoscritti in conformità all'articolo 5 del regolamento CE n. 1370/2007 e all'articolo 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99.

Il citato articolo 5 consente alle Regioni e agli enti locali di svolgere il servizio di trasporto pubblico locale, oltre che affidandolo con gara:

§       fornendolo direttamente (paragrafo 2);

§       mediante affidamento in house (paragrafo 2);

§       mediante aggiudicazione diretta, nei seguenti casi (paragrafo 4):

§       per i contratti di servizio inferiori, per valore o per chilometri annui, ai limiti previsti dal regolamento;

§       in caso di interruzione del servizio o di pericolo imminente di interruzione (paragrafo 5);

§       per il trasporto ferroviario (paragrafo 6).

Il citato articolo 61 consente alle autorità competenti di avvalersi, anche in deroga alla disciplina di settore, delle previsioni di cui ai paragrafi 2, 4, 5 e 6 del sopra illustrato articolo 5 e di cui al paragrafo 2 dell’articolo 8 dello stesso regolamento (CE) n. 1370/2007. Quest’ultimo prevede che, fino al 3 dicembre 2019 (fine del periodo transitorio successivo all’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1370/2007) gli Stati membri adottano misure per conformarsi gradualmente all'articolo 5, al fine di evitare gravi problemi strutturali, in particolare per quanto riguarda la capacità di trasporto.

 

Inoltre, è previsto che gli affidamenti in essere a valere su infrastrutture ferroviarie interessate da investimenti compresi in programmi co-finanziati con risorse comunitarie cessano con la conclusione dei lavori, previsti dai programmi di finanziamento, e degli eventuali connessi collaudi, anche di esercizio (comma 34-quater).

Per quanto riguarda il trasporto pubblico locale su gomma (comma 34-ter) è confermata la validità, fino alla scadenza fissata nel relativo contratto, degli affidamenti diretti, in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 1/2012.

La conferma della validità fino alla naturale scadenza si applica agli affidamenti per i quali si realizzano entrambe le due condizioni seguenti:

§       siano stati affidati ai sensi dell'articolo 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99;

Il citato articolo 61 consente alle Regioni e agli enti locali di svolgere il servizio di trasporto pubblico locale, oltre che affidandolo con gara:

-        fornendolo direttamente;

-        mediante affidamento in house;

-        mediante aggiudicazione diretta, nei seguenti casi:

-        per i contratti di servizio inferiori, per valore o per chilometri annui, ai limiti previsti dal regolamento;

-        in caso di interruzione del servizio o di pericolo imminente di interruzione;

-        per il trasporto ferroviario.

§       siano conformi all'articolo 8 del reg. CE n. 1370/2007.

Il citato articolo 8 detta la disciplina transitoria correlata all’entrata in vigore, il 3 dicembre 2009, del regolamento CE n. 1370/2007. In particolare fa salvi, fino alla loro scadenza, i contratti stipulati tra il 26 luglio 2000 e il 3 dicembre 2009 in base a una procedura diversa da un'equa procedura di gara, purché abbiano durata non superiore a dieci anni.


Società a partecipazione locale: limiti al possesso azionario da parte di soggetti diversi dall’ente locale

Limiti al possesso azionario per i soci di società controllate dall’ente locale

L’articolo 3, comma 1 del D.L. n. 332/1994 prevede la possibilità che società direttamente o indirettamente controllate dallo Stato o da enti pubblici anche territoriali ed economici possano introdurre, nei propri statuti, un limite massimo del 5 per cento al possesso azionario per gli altri soci.

 

Il decreto legge n. 21/2012, di riforma della disciplina sulla golden share è intervenuto sull’ambito soggettivo di applicazione della norma, prevedendo che il potere di introdurre il predetto limite trovi applicazione – oltre che alle banche e alle imprese di assicurazione oggetto di controllo diretto o indiretto pubblico, già previste dalla formulazione originaria della norma – alle società operanti nei settori della difesa, della sicurezza nazionale, dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni a controllo diretto o indiretto pubblico, e non più genericamente alle società operanti nei settori dei servizi pubblici in via di privatizzazione.

 

Il comma 1 dell’articolo 3 del D.L. n. 332/1994, nella formulazione precedente alla modifica apportata dal provvedimento in esame, prevedeva – attraverso un richiamo alle società di cui all’articolo 2 del D.L. n. 332/19994 - che la possibilità di inserire negli statuti un limite massimo del 5 per cento al possesso azionarionei confronti del singolo socio, del suo nucleo familiare (comprendente il socio stesso, il coniuge non separato legalmente e i figli minori) e del gruppo di appartenenza operasse per le società svolgenti attività nel settore dei servizi pubblici in via di privatizzazione, delle banche e delle imprese di assicurazione controllate dallo Stato o da enti pubblici anche territoriali ed economici.

Inoltre, si ricorda che l’articolo 3, comma 1 - nella parte non modificata dal decreto legge n. 21/2012 e pertanto vigente - prevede che il suddetto limite del 5 per centotrovi applicazione anche ai soggetti che, direttamente o indirettamente, aderiscono a patti parasociali che coinvolgono almeno il 10 per cento del capitale di società quotate o il 20 per cento del capitale di società non quotate. Ai sensi dell’articolo 3, comma 2, il superamento del limite così stabilito comporta il divieto di esercitare il diritto di voto e i diritti non aventi contenuto patrimoniale per le partecipazioni che eccedono il limite stesso. Ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 3, le clausole statutarie che sanciscono il limite del 5 per cento al possesso azionario non sono modificabili per un periodo di tre anni. Inoltre, la clausola con cui si impone un limite al possesso azionario decade se il limite sia superato per effetto di un’offerta pubblica di acquisto da cui derivi l’assunzione della maggioranza dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria.

Ai sensi dell’articolo 4 del decreto-legge n. 332/1994, laddove sia inserita la clausola relativa al limite del possesso azionario di cui all’articolo 3, l’elezione degli amministratori ha luogo mediante voto di lista. Questa clausola è rivolta a tutelare le minoranze azionarie: alle liste di minoranza deve essere, infatti, riservato complessivamente almeno un quinto degli amministratori e un rappresentante del collegio sindacale.

 

Relativamente alle società a partecipazione statale, si ricorda che la disciplina sui limiti massimi di possesso azionario è stata integrata in maniera significativa dalla normativa, contenuta nella legge finanziaria 2006 (legge n. 266/2005, art. 1, commi 381-384), sulla cd. poison pill, la quale ha introdotto la facoltà per le società in cui lo Stato detenga una partecipazione rilevante di emettere azioni e strumenti finanziari partecipativi che attribuiscono il diritto a chiedere l’emissione di nuove azioni o strumenti partecipativi muniti di diritto di voto. Ai sensi di tale disciplina, l’inserimento della c.d. poison pill si pone essenzialmente quale alternativa al limite del 5 per cento del possesso azionario di cui all’articolo 3 del D.L. n. 332/1994. Infatti, la previsione del limite massimo del possesso azionario cessa di avere effettouna volta introdotta nell’ambito delle norme statutarie la suddetta “poison pill”.

 

Per ciò che riguarda le società a partecipazione locale, secondo le informazioni ricevute dall’ANCI, la disposizione sui limiti al possesso azionario di cui all’articolo 3 del D.L. n. 332/19994, ha ricevuto applicazione, di norma, per le società quotate controllate dagli enti locali, attesa la sua finalità “anti scalata”.

Le società quotate a partecipazione locale sono in numero di cinque e operano prevalentemente nel settore energetico.

Si tratta, in particolare, di :

§      A2A S.p.a. Lo Statuto[3] di tale società – ai sensi di quanto previsto dall’articolo 3 del D.L. n. 332/1994 - fa divieto al singolo socio diverso dal Comune di Brescia e dal Comune di Milano, al suo nucleo familiare, comprendente il socio stesso, il coniuge non legalmente separato e i figli minori, di detenere una partecipazione azionaria maggiore del 5% del capitale (articolo 9).

§      IREN S.p.a. Lo Statuto[4] - sebbene non citi esplicitamente l’articolo 3 del D.L. n. 332/1994 - fa divieto per ciascuno dei soci diversi dagli enti pubblicidi detenere partecipazioni maggiori del 5% del capitale sociale (articolo 10).

§      HERA S.p.a. Anche lo Statuto[5] di tale società fa divieto al singolo socio diverso dall’ente locale di detenere partecipazioni azionarie maggiori del 5% del capitale della società, prevedendo altresì che tale limite al possesso allorché venga meno la qualifica di società a prevalente capitale pubblico (articolo 9).

§      ACEA S.p.a. Lo Statuto[6] stabilisce che nessun socio - con l’eccezione del Comune di Roma e le sue controllate che acquisiscono la qualità di socio – può detenere una partecipazione azionaria maggiore dell’8% del capitale sociale (articolo 6);

§      ASCOPIAVE S.p.a [7]. Lo Statuto di tale società non prevede un limite al possesso azionario da parte di soci diversi dagli enti locali.

 

Per le società non quotate partecipate da enti locali la possibilità di definire limiti al possesso azionario e all’esercizio del diritto di voto è rimessa all’autonomia statutaria secondo le norme del codice civile.

Per ciò che riguarda gli specifici limiti che – secondo la disciplina dei servizi pubblici locali – sono applicabili alle società a partecipazione pubblica, affidatarie dei medesimi, si rinvia all’analisi della disciplina in materia (cfr.supra).


La regolazione nel settore energetico

Cenni storici sull’apertura dei mercati energetici

A partire dalla fine degli anni novanta, con l'adozione dei decreti legislativi di recepimento delle direttive comunitarie sull'energia elettrica e il gas (per il settore elettrico D.Lgs. 79/1999, recettivo della direttiva 1996/92/CE, e per il gas D.Lgs. 164/2000,recettivo della direttiva 1998/30/CE), sono state poste le basi per la progressiva apertura dei mercati energetici. In particolare, con l’obiettivo di fondo di ridurre i differenziali di prezzo rispetto agli altri Paesi europei, i provvedimenti erano volti a promuovere il superamento, quand’anche con modalità e tempi tali da assicurare la necessaria gradualità dei processi, delle situazioni di monopolio pubblico che caratterizzavano gli assetti dei mercati energetici in Italia.

Per quanto concerne il settore del gas, gli interventi più significativi hanno riguardato la sostanziale liberalizzazione delle attività di importazione, esportazione, trasporto e vendita, nonché l’introduzione del principio dell’affidamento soltanto mediante gara, e per periodi limitati, dei servizi di distribuzione del gas a livello locale. Come per il settore elettrico, inoltre, è stata prevista la progressiva apertura del mercato e il ridimensionamento dell’operatore dominante (con la progressiva riduzione dei limiti di vendita e immissione nella rete al di sopra dei quali si configura l’abuso di posizione dominante).

Il D.Lgs. n. 164/2000[8] (cd. decreto Letta) ha recepito nell’ordinamento interno della direttiva 1998/30/CE, recando una complessiva riforma del sistema nazionale del gas naturale e introducendo elementi di apertura del mercato che, nell’insieme, vanno oltre le norme minime comuni previste dalla direttiva.

Questo provvedimento è stato di recente largamente innovato dal D.Lgs. 93/2011, di recepimento del cd. “terzo pacchetto energia” della UE.

Si segnala che, di recente, l’articolo 25, comma 3, del D.L. 1/2012 (cd. decreto “liberalizzazioni”, convertito, con modificazioni, in legge 27/2012), è intervenuto ad integrare la normativa vigente (D.Lgs. n. 164/2000, c.d. decreto Letta) sull’ammissibilità dei soggetti alle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas.

 

Per quanto riguarda il settore elettrico sono state, innanzitutto, sostanzialmente liberalizzate le attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia. Successivamente è stata avviata la ristrutturazione dell’ENEL, con la separazione della proprietà della rete nazionale dalla sua gestione e l’affidamento dell’attività di trasmissione e dispacciamento a un ente di gestione di diritto pubblico chiamato ad operare secondo principi di neutralità e imparzialità.

Un primo importante ordine di interventi nel settore elettrico si è avuto già a fine anni ’90, con il D.Lgs. 79/1999. In questo settore, per altro, il processo di liberalizzazione ha ricevuto un nuovo forte impulso grazie a vari interventi legislativi nel primo decennio del XXI secolo, rivolti essenzialmente ad assicurare un assetto concorrenziale del mercato dell'energia.

Il completamento della liberalizzazione del mercato elettrico ha, in particolare, costituito - insieme alla definizione delle competenze di Stato e Regioni in materia energetica - uno dei principali obiettivi della legge di riordino del settore (L. 239/2004), che ha confermato il processo di liberalizzazione delle attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia ai clienti finali, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria e dalla legislazione vigente. La concessione delle attività di trasporto e di dispacciamento, con l'obbligo di connessione di terzi secondo criteri di trasparenza ed imparzialità, dapprima affidata al Gestore della rete di trasmissione nazionale (GRTN), è stata successivamente trasferita alla società Terna Spa, proprietaria della rete di trasporto nazionale (per effetto del DPCM 11 maggio 2004), con la previsione della riduzione da parte di ENEL della propria partecipazione in detta società ad una quota non superiore al 20%.

L’attività di distribuzione continua ad essere svolta dalle imprese distributrici titolari di concessioni, rilasciate dal Ministero delle attività produttive (ora dello sviluppo economico) nel maggio 2001, ed aventi scadenza il 31 dicembre 2030.

All’interno di questo sistema allo Stato sono rimasti affidati i compiti di assumere le determinazioni inerenti l’importazione e l’esportazione dell’energia, di definire il quadro settoriale di programmazione (anche con riferimento alla ricerca scientifica), di definire i principi per il coordinato utilizzo delle risorse finanziarie regionali, nazionali e dell’Unione europea. Sono inoltre rimasti di competenza dello Stato i compiti relativi all’adozione di misure finalizzate a garantire l’effettiva concorrenzialità del mercato dell’energia elettrica, alla definizione dei criteri generali per le nuove concessioni di distribuzione dell’energia elettrica e per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti di generazione di energia elettrica termica superiore ai 300 MW.

Nel corso dell’iter di approvazione della legge 239/2004 di riordino del settore energetico, il quadro comunitario di riferimento del settore si è andato innovando con le direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE, che hanno previsto, a partire dal 1º luglio 2004, la libera scelta dei fornitori per tutte le compagnie e, a partire dal 1º luglio 2007, l’estensione della disposizione ai consumatori privati.

Per quanto concerne il settore elettrico, il processo di liberalizzazione avviato a partire dalla fine degli anni ’90 è stato sostanzialmente completato con il recepimento della direttiva 2003/54/CE, con il D.L. 18 giugno 2007, n.73 che ha consentito anche ai clienti domestici (a decorrere dal 1° luglio 2007) di scegliere liberamente il proprio fornitore.

Con il decreto sono state introdotte regole di trasparenza per l’avvio del mercato per i clienti domesticiche contemplano l’obbligo di separazione societaria tra attività di vendita ed attività di distribuzione di energia elettrica, nonché la separazione funzionale tra la gestione delle infrastrutture dei sistemi elettrico e del gas naturale ed il resto delle attività, estesa anche all’attività di stoccaggio del gas.

Autorità per l'energia elettrica e il gas

L'Autorità per l'energia elettrica e il gas AEEG) è un organismo indipendente, istituito con la legge 14 novembre 1995, n. 481 con il compito di tutelare gli interessi dei consumatori e di promuovere la concorrenza, l'efficienza e la diffusione di servizi con adeguati livelli di qualità, attraverso l'attività di regolazione e di controllo nei settori di competenza. In particolare, l'Autorità deve "garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza" nei settori dell'energia elettrica e del gas, nonché assicurare "la fruibilità e la diffusione [dei servizi] in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori, ...".

L'Autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio nel quadro degli indirizzi di politica generale formulati dal Governo e dal Parlamento e delle normative dell'Unione europea. L'indipendenza e l'autonomia sono state rafforzate dal Terzo Pacchetto Energia europeo anche per quanto riguarda l'organizzazione, il funzionamento ed il finanziamento.

Fra l’altro, l’AEEG:

§      stabilisce le tariffe per l'uso delle infrastrutture, alle quali garantisce la parità d'accesso, ne promuove, attraverso la regolazione incentivante gli investimenti con particolare riferimento all'adeguatezza, l'efficienza e la sicurezza; assicura la pubblicità e la trasparenza delle condizioni di servizio;

§      promuove più alti livelli di concorrenza e più adeguati standard di sicurezza negli approvvigionamenti, con particolare attenzione all'armonizzazione della regolazione per l'integrazione dei mercati e delle reti a livello internazionale;

§      svolge attività di monitoraggio, vigilanza e controllo direttamente o in collaborazione con la Guardia di Finanza e altri organismi - fra i quali la Cassa Conguaglio per il settore elettrico, il GSE - in particolare su qualità del servizio, sicurezza, accesso alle reti, tariffe, incentivi alla produzione da fonti rinnovabili e assimilate e in materia di Robin Hood Tax, con poteri di acquisizione della documentazione, di ispezione, accesso e sanzione;

§      può imporre sanzioni e valutare ed eventualmente accettare impegni delle imprese a ripristinare gli interessi lesi.

Con il decreto di recepimento del cd. “terzo pacchetto energia” della UE (D.Lgs. 93/2011) gli obiettivi in materia di concorrenza dell’AEEG sono stati rafforzati (articoli 42 e 43), e al fine dell'efficace svolgimento dei propri compiti, ivi compresi quelli operativi, ispettivi, di vigilanza e monitoraggio, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas può effettuare indagini sul funzionamento dei mercati dell'energia elettrica e del gas naturale, nonché adottare e imporre i provvedimenti opportuni, necessari e proporzionati per promuovere una concorrenza effettiva e garantire il buon funzionamento dei mercati. In funzione della promozione della concorrenza, l'Autorità può in particolare adottare misure temporanee di regolazione asimmetrica.

Ai sensi dell’articolo 46 del medesimo decreto legislativo, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) collaborano tra loro e si prestano reciproca assistenza, anche al fine di assicurare la più efficace regolazione dei mercati dell'energia elettrica e del gas naturale in funzione della loro competitività e della tutela degli utenti, collaborando mediante istruttorie congiunte, segnalazioni e scambi di informazioni, e stipulando tra loro appositi protocolli d'intesa. Si segnala inoltre che l’Antitrust, a cinque anni dall’entrata in vigore del citato decreto, deve avviare un’indagine conoscitiva sul modello di separazione della rete gas.

Principali operatori in campo energetico

Energia elettrica

Principali operatori nella distribuzione

 

Anno 2010

 

Punti di prelievo

Prelievi (GWh)

ENEL

31.382.770

247.785

Acea S.p.A.

1.609.011

9.696

A2A

1.167.699

11.511

IREN

689.378

3.620

Dolomiti Energia

291.829

2.196

HERA

258.520

2.373

AGSM VERONA

163.489

1.812

Azienda Energetica - Etschwerke Bolzano

143.368

914

Acegas-Aps

141.560

806

 

35.847.624

280.713


Gas naturale

Primi venti gruppi nella distribuzione

 

Anno 2010 M(m3)

 

Volumi

Quota %

Eni

8.325,2

22,9

F2i Reti Italia

3.665,0

10,1

Iren

2.332,8

6,4

Hera

2.330,1

6,4

A2A

2.238,5

6,2

GDF SUEZ

1.458,8

4,0

E.On

1.164,0

3,2

Toscana Energia

1.155,1

3,2

Asco Holding

844,2

2,3

Linea Group Holding

580,4

1,6

Estra

558,4

1,5

Acegas-Aps

516,6

1,4

AMGA - Azienda Multiservizi

446,7

1,2

Erogasmet

418,3

1,2

Gelsia

371,4

1,0

Energei

360,4

1,0

ACSM-AGAM

329,2

0,9

Gas Rimini

326,3

0,9

Gas Natural SDG

321,3

0,9

Agsm Verona

317,9

0,9

Altri

8.222,5

22,7

Totale

36.282,9

100,0

Assetti proprietari di alcune società operanti nel settore energetico

 

ENI. Al 31 dicembre 2010 le partecipazioni rilevanti in azioni ordinarie dell'Eni SpA sono:

 

Azionisti

Numero di azioni possedute

% sul capitale

Ministero dell'Economia e delle Finanze

157.552.137

3,93

CDP S.p.A.

1.056.179.478

26,37

 

Il Ministero dell'Economia e delle Finanze mantiene il controllo di fatto in Eni in forza della partecipazione detenuta indirettamente tramite la CDP SpA controllata al 70,00% dallo stesso Ministero.

Eni e pertanto soggetta al controllo di fatto da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che dispone dei voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’Assemblea ordinaria della Società. Eni, tuttavia, non e soggetta ad attivita di direzione e coordinamento da parte dello stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze. Peraltro, allo Stato (Ministro dell’Economia e delle Finanze, d’intesa con il Ministro dello Sviluppo Economico) sono riservati poteri speciali (Golden Share), ai sensi dell’art. 6.2 dello statuto, in applicazione delle norme speciali di cui alla Legge n. 474/1994.

Enel è la più grande azienda elettrica d’Italia e la seconda utility quotata d’Europa per capacità installata. È un operatore integrato, attivo nei settori dell’elettricità e del gas. Dal 2006 è anche il secondo operatore nazionale nel settore del gas, con 3,1 milioni di clienti. Dal Bilancio consolidato 2010 emerge che il principale azionista di Enel è il Ministero dell’Economia e delle Finanze con il 31,24% del capitale. La Società risulta quindi soggetta al controllo di fatto da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’Assemblea ordinaria di Enel; lo stesso Ministero non esercita peraltro su Enel alcuna attività di direzione e coordinamento, secondo quanto disposto dall’art. 19, comma 6 del decreto legge n. 78/2009 (convertito con legge n. 102/2009), che ha chiarito che allo Stato italiano non trova applicazione la disciplina contenuta nel codice civile in materia di direzione e coordinamento di società. Lo statuto della Società, in attuazione di quanto disposto dalla normativa in materia di privatizzazioni, attribuisce allo Stato italiano (rappresentato a tal fine dal Ministero dell’Economia e delle Finanze) alcuni “poteri speciali” (golden share), esercitabili a prescindere dalla quantità di azioni Enel possedute dallo stesso Ministero.

Snam è quotata alla Borsa di Milano e opera nelle attività di trasporto e dispacciamento del gas naturale con Snam Rete Gas, di rigassificazione con Gnl Italia, di stoccaggio con Stogit e di distribuzione cittadina con Italgas. L'azionista di maggioranza è Eni Spa che possiede il 52,53% delle azioni. Si ricorda che con il decreto legislativo 93/2011, di attuazione del cd “terzo pacchetto energia” della UE, il legislatore italiano ha recepito la Direttiva 2009/73/CE, che ha introdotto nuove disposizioni in materia di separazione dei gestori di sistemi di trasporto del gas naturale dalle altre attività della filiera del gas. Successivamente, con l’articolo 15 del D.L. 1/2012 (cd. decreto “liberalizzazioni”, convertito, con modificazioni, in legge 27/2012), si è puntato ad assicurare la piena terzietà della società SNAM S.p.A. che gestisce i servizi regolati di trasporto, di stoccaggio, di rigassificazione, e di distribuzione del gas nei confronti della maggiore impresa di produzione e vendita di gas (ENI), nonché dalle imprese verticalmente integrate di produzione e fornitura di gas naturale e di energia elettrica.

Edison è stata fondata nel 1884, ed è la più antica società europea nel settore dell’energia. Oggi, Edison è attiva in Italia nei settori dell’approvvigionamento, produzione e vendita di energia elettrica, gas e olio grezzo.

 

 

Elenco degli azionisti con partecipazioni rilevanti al 22 aprile 2011 (verbale assemblea ordinaria azionisti)

% su Capitale ord.

% su Capitale soc.

Transalpina di Energia Srl

61,28%

60,00%

Totale Gruppo EDF

19,36%

18,95%

Totale gruppo Tassara

10,02%

9,82%

Totale partecipazioni rilevanti

90,66%

88,77%

 

Acea è una multiutility attiva nella gestione e nello sviluppo di reti e servizi nei business dell’energia, dell’acqua e dell’ambiente. Gli azionisti sono: Comune di Roma (51.00%), Caltagirone group (14.75%), Gdf suez SA (10.02%), altri (24.23%).

 

A2A nasce il 1° gennaio 2008 dall'unione di AEM SpA, ASM SpA e AMSA. Gli azionisti di controllo di A2A sono il Comune di Milano e il Comune di Brescia, rispettivamente con una partecipazione pari a 27,5%.

IREN nasce il 1° luglio 2010 dalla fusione di Enìa in Iride.

 

Azionisti IREN

% sul capitale sociale* complessivo

FINANZIARIA SVILUPPO UTILITIES S.r.l.

33,30%

COMUNE DI REGGIO EMILIA

7,76%

COMUNE DI PARMA*

6,11%

INTESA SANPAOLO S.p.A

2,70%

FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI TORINO

2,32%

ALTRI AZIONISTI**

40,40%

FINANZIARIA CITTÀ DI TORINO (FCT) - AZIONI DI RISPARMIO

7,40%

 

Il Gruppo Hera, nato nel 2002 dall'unione di undici aziende di servizi pubblici dell'Emilia Romagna, opera nel territorio di Bologna, Ravenna, Rimini, Forlì-Cesena, Ferrara, Modena e Imola. L’azionariato del Gruppo Hera annovera 186 azionisti pubblici, prevalentemente Comuni della Regione Emilia Romagna, che detengono una quota complessiva pari a circa il 62% del capitale sociale.

 

 Azionariato del Gruppo Hera al 31 dicembre 2010

 


Sorgenia, operatore privato italiano costituito nel 2004, è attivo sia nel settore elettrico sia in quello del gas naturale. L’azionariato è descritto nel grafico che segue:

 

 

schema_azionisti.jpg

 

 

F2i Reti Italia – veicolo societario posseduto per il 75% da F2i (Fondi italiani per le infrastrutture) e per il 25% da AXA Private Equity –dopo l’investimento in Enel Rete Gas SpA (del settembre 2009) ed il recente completamento dell’acquisizione di E.On Rete srl (aprile 2011), ha acquisito anche la società G6 Rete Gas SpA, società attiva nella distribuzione del gas, controllata al 100 per cento da GDF Suez Energia Italia SpA. In questo modo ha consolidato la propria presenza nel settore della distribuzione del gas naturale quale primo operatore indipendente, con una quota importante di mercato pari al 17 per cento in termini di clienti gestiti e secondo solo al gruppo Eni.


La regolazione nei settori idrico e dei rifiuti

Il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani

In accordo con la normativa comunitaria, il Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006) prevede una gerarchia di gestione dei rifiuti e, nel rispetto del riparto di competenze disciplinato dagli articoli 195-198 del Codice stesso, detta le linee generali e di indirizzo che le regioni devono seguire nella gestione dei rifiuti.

In particolare la pianificazione della gestione dei rifiuti è affidata, ai sensi dell’art. 199 del Codice, alle regioni, le quali devono predisporre (sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le autorità d’ambito) piani regionali di gestione dei rifiuti. Il contenuto di tali piani è disciplinato dallo stesso art. 199 che rappresenta, sotto il profilo operativo, un vero e proprio protocollo metodologico per la stesura dei piani. Tale articolo 199 prevede, tra l’altro, che con tali piani si provveda alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali (ATO) sul territorio regionale.

L’organizzazione per ambiti territoriali ottimali

Ai sensi dell’art. 200 del codice, la gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base degli ATO, delimitati dal piano regionale di cui all'art. 199, nel rispetto delle linee guida statali previste dall’art. 195 e secondo alcuni criteri previsti dal medesimo art. 200, tra cui si ricorda quello del “superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti”.

Il comma 7 del medesimo art. 200 concede alle regioni la facoltà di adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli ATO laddove predispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell'art. 195.

 

Relativamente alla definizione degli ATO si ricorda che l’art. 2, comma 38, della legge n. 244/2007 (finanziaria 2008) ha imposto alle regioni, nell’esercizio delle rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato, nonché del servizio di gestione integrata dei rifiuti, fatte salve le competenze del Ministero dell’ambiente, in ottemperanza agli obblighi comunitari, di procedere entro il 1º luglio 2008, fatti salvi gli affidamenti e le convenzioni in essere, alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei medesimi servizi.

Per quanto riguarda i criteri cui devono attenersi le regioni nella rideterminazione degli ATO per la gestione dei servizi, la disposizione fa riferimento in termini generali ai principi dell’efficienza e della riduzione della spesa e, nello specifico, ai seguenti criteri, definiti quali indirizzi di coordinamento della finanza pubblica: oltre al richiamo ai criteri e i princìpi di cui ai già citati articoli 147 e 200 del codice ambientale, si prevede la valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali. Tale previsione è finalizzata, tra l’altro, all’attribuzione delle funzioni in materia di rifiuti alle province.

 

In ogni ATO è poi prevista (dall’art. 201) la costituzione di una Autorità d’ambito (AATO) alla quale è demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre amministrazioni pubbliche, l'organizzazione, l'affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.

Ai sensi del comma 4, novellato dall’art. 25 del D.L. 1/2012, per la gestione ed erogazione del servizio di gestione integrata e per il perseguimento degli obiettivi determinati dall'AATO, sono affidate, ai sensi dell'articolo 202 e nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale sull'evidenza pubblica, le seguenti attività:

a)    gestione ed erogazione del servizio, che può essere comprensivo delle attività di gestione e realizzazione degli impianti;

b)    la raccolta, raccolta differenziata, commercializzazione avvio a smaltimento e recupero, nonché, ricorrendo le ipotesi di cui alla precedente lettera a), smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all'interno dell'ATO.

Il successivo comma 4-bis, introdotto dall’art. 25 del D.L. 1/2012, prevede che nel caso in cui gli impianti siano di titolarità di soggetti diversi dagli enti locali di riferimento, all'affidatario del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani devono essere garantiti l'accesso agli impianti a tariffe regolate e predeterminate e la disponibilità delle potenzialità e capacità necessarie a soddisfare le esigenze di conferimento indicate nel Piano d'Ambito.

 

L’Autorità d’ambito (AATO) è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti.

L’articolo 1, comma 1-quinquies, del D.L. 2/2010 (convertito dalla L. 42/2010), al fine di perseguire il contenimento delle spese degli enti locali nonché la semplificazione del sistema attraverso l’eliminazione degli enti intermedi, ha aggiunto un nuovo comma 186-bis all'art.2 della L. 191/2009 (finanziaria 2010), inteso a realizzare la soppressione delle AATO a partire da un anno dalla sua approvazione (vale a dire entro il 27 marzo 2011), spettando alle regioni la ripartizione delle funzioni degli ATO ad altri enti. Tale termine è stato successivamente prorogato più volte; da ultimo è intervenuto l’art. 13, comma 2, del D.L. 216/2011, che ha disposto la proroga fino al 31 dicembre 2012.

L’affidamento del servizio.

Ai sensi dell’art. 202 l’AATO aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali, in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché con riferimento all'ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo modalità e termini definiti con decreto dal Ministro dell'ambiente nel rispetto delle competenze regionali in materia.

La copertura dei costi del servizio

L’articolo 14 del D.L. 201/2011 (convertito dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214) istituisce, a decorrere dal 1° gennaio 2013 il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, mediante l'attribuzione di diritti di esclusiva nelle ipotesi di cui al comma 1 dell'art. 4 del D.L. 138/2011, e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.

La norma è volta a risolvere la questione della tassa e della tariffa comunale sui rifiuti (TARSU e TIA), con particolare riferimento alla qualificazione della natura giuridica della prestazione patrimoniale dovuta a fronte dei servizi di smaltimento dei rifiuti - che assume rilevanza con particolare riferimento all’obbligo di assoggettare o meno le somme all’imposta sul valore aggiunto (IVA) - e che è stata oggetto di diverse interpretazioni e di un ampio contenzioso, sul quale si è pronunciata anche la Corte costituzionale.

Ai sensi del comma 46 dell’art. 14 del D.L. 201/2011, infatti, a decorrere dal 1° gennaio 2013 sono soppressi tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza.

Organismi di vigilanza settoriale

L’art. 206-bis del D.Lgs. 152/2006 ha previsto l’istituzione, presso il Ministero dell'ambiente, dell’Osservatorio nazionale sui rifiuti, cui sono state attribuite funzioni di vigilanza sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio; nonché funzioni di indirizzo (elaborazione di criteri e specifici obiettivi d'azione, nonché di un quadro di riferimento sulla prevenzione e sulla gestione dei rifiuti, anche attraverso l'elaborazione di linee guida) e di verifica (verifica dell'attuazione del Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, nonché del raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio; verifica dei costi di gestione dei rifiuti, delle diverse componenti dei costi medesimi e delle modalità di gestione, anche mediante analisi comparative tra i diversi ambiti di gestione, evidenziando eventuali anomalie; verifica dei livelli di qualità dei servizi erogati) e di monitoraggio (rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio).

Il servizio idrico integrato

Il servizio idrico integrato è costituito, ai sensi della definizione recata dall’art. 141, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. codice ambientale), “dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue”.

La disciplina del servizio idrico integrato è contenuta nel Titolo II della Sezione III della Parte terza (articoli 147-158) del d.lgs. n. 152/2006, la cui struttura si basa in buona parte sulle disposizioni della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (cd. legge Galli), ora abrogata dall’art. 175 del medesimo decreto.

L’organizzazione del servizio in ambiti territoriali ottimali

In base all’art. 147 l’organizzazione dei servizio idrici è basata sugli ambiti territoriali ottimali (ATO) definiti dalle regioni in attuazione della legge Galli.

Si segnala in proposito che l’art. 2, comma 38, della legge n. 244/2007 (finanziaria 2008) ha imposto alle regioni, nell’esercizio delle rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato, nonché del servizio di gestione integrata dei rifiuti, fatte salve le competenze del Ministero dell’ambiente, in ottemperanza agli obblighi comunitari, di procedere entro il 1º luglio 2008, fatti salvi gli affidamenti e le convenzioni in essere, alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei medesimi servizi.

Per quanto riguarda i criteri cui devono attenersi le regioni nella rideterminazione degli ATO per la gestione dei servizi, la disposizione fa riferimento in termini generali ai principi dell’efficienza e della riduzione della spesa e, nello specifico, ai seguenti criteri, definiti quali indirizzi di coordinamento della finanza pubblica: oltre al richiamo ai criteri e i princìpi di cui ai già citati articoli 147 e 200 del codice ambientale, si prevede la valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali. Tale previsione è finalizzata, tra l’altro, all’attribuzione delle funzioni in materia di servizio idrico integrato di norma alla provincia corrispondente ovvero, in caso di bacini di dimensioni più ampie del territorio provinciale, alle regioni o alle province interessate, sulla base di appositi accordi; in alternativa, attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e seguenti del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, composte da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun compenso.

Lo stesso articolo (al comma 2, come modificato dal d.lgs. n. 4/2008) fissa i seguenti importanti principi informatori della gestione del servizio:

a)   unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui;

b)   unitarietà della gestione e, comunque, superamento della frammentazione verticale delle gestioni;

c)   adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

Un’importante innovazione introdotta dal codice ambientale è rappresentata dalla norma recata dall’art. 148, comma 1, che attribuisce personalità giuridica alle autorità d'ambito, costituite in ciascun ATO delimitato dalla competente regione, alle quali gli enti locali partecipano obbligatoriamente. Si segnala anche l’articolo 148, comma 5, che prevede la facoltatività dell’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che gestiscano l'intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorità d'ambito competente.

Il successivo art. 149 prevede che entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del decreto n. 152, l'Autorità d'ambito provveda alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito, e disciplina i contenuti del medesimo. Tale piano rappresenta lo strumento programmatorio cardine dell'Autorità d'ambito, risultato di un'attività di ricognizione delle infrastrutture esistenti, della stesura di un programma degli interventi infrastrutturali necessari e di un piano finanziario connesso ad un modello gestionale ed organizzativo.

Sulla soppressione delle autorità d’ambito si richiama quanto già detto in merito al servizio di gestione dei rifiuti.

L’affidamento del servizio.

Analogamente a quanto avviene per il settore dei rifiuti, ai sensi dell’art. 150 l’AATO delibera la forma di gestione e aggiudica la gestione del servizio idrico integrato mediante gara disciplinata dai princìpi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 257, secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente nel rispetto delle competenze regionali in materia.

Il comma 3 dispone che la gestione può essere altresì affidata a società partecipate esclusivamente e direttamente da comuni o altri enti locali compresi nell'ATO, qualora ricorrano obiettive ragioni tecniche od economiche, secondo la previsione del comma 5, lettera c), dell'articolo 113 del D.Lgs. 267/2000, o a società solo parzialmente partecipate da tali enti, secondo la previsione del comma 5, lettera b), dell'articolo 113 del D.Lgs. 267/2000, purché il socio privato sia stato scelto, prima dell'affidamento, con gara da espletarsi con le modalità di cui al comma 2.

Il comma 4 del medesimo art. 150 dispone che i soggetti di cui al presente articolo gestiscono il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, salvo quanto previsto dall'articolo 148, comma 5 per i piccoli comuni montani.

Tale comma 5 prevede infatti che l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che gestiscano l'intero servizio idrico integrato, e previo consenso dell’AATO competente.

Organismi di vigilanza settoriale e tariffazione

Il comma 13 dell’art. 21 del D.L. 201/2011 ha soppresso l’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua e trasferito le relative al Ministero dell'ambiente, ad eccezione di quelle attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici (che dovranno essere individuate, secondo quanto previsto dal comma 19 del medesimo articolo, con apposito D.P.C.M. da adottare, su proposta del Ministro dell'ambiente), che sono trasferite all’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG).

Si ricorda che l’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua era stata istituita dall’art. 10, comma 11, del D.L. 70/2011, al fine di garantire l'osservanza dei principi contenuti nel D.Lgs. 152/2006 in tema di gestione delle risorse idriche e di organizzazione del servizio idrico, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse degli utenti, alla regolare determinazione e adeguamento delle tariffe, nonché alla promozione dell'efficienza, dell'economicità e della trasparenza nella gestione dei servizi idrici. A tale Agenzia erano state trasferite le funzioni della precedente Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche prevista dall'art. 161 del D.Lgs. 152/2006, conseguentemente soppressa.

Il comma 19 dell’art. 21 del D.L. 201/2011 specifica che l’AEEG esercita le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici con i medesimi poteri ad essa attribuiti dalla L. 481/1995.

Relativamente ai poteri attribuiti all’AEEG dall’art. 2 della L. 481/1995, con cui è stata istituita la citata autorità, si ricorda che ai sensi della lettera e) del comma 12 l’AEEG “stabilisce e aggiorna, in relazione all'andamento del mercato, la tariffa base, i parametri e gli altri elementi di riferimento per determinare le tariffe di cui ai commi 17,18 e 19, nonché le modalità per il recupero dei costi eventualmente sostenuti nell'interesse generale in modo da assicurare la qualità, l'efficienza del servizio e l'adeguata diffusione del medesimo sul territorio nazionale, nonché la realizzazione degli obiettivi generali … di tutela ambientale …”.

Con delibera 1 marzo 2012, n. 74/2012/R/Idr l'AEEG ha avviato un procedimento per l'adozione di provvedimenti tariffari e per le attività di raccolta dati e informazioni in materia di servizi idrici. Il provvedimento è “volto ad adeguare la regolazione tariffaria ai principi indicati dalla normativa europea e nazionale, garantendo adeguati livelli di qualità dei servizi medesimi”, concentrandosi sulle “attività che compongono il servizio idrico integrato”. L'AEEG si rivolgerà a Regioni, enti locali, e ad altri soggetti pubblici o privati operanti nei servizi idrici, per ottenere “dati e informazioni necessarie per ricostruire un quadro sistemico e completo del settore idrico, anche mediante la collaborazione di altre pubbliche amministrazioni”. L'AEEG intende inoltre “proseguire la collaborazione con il Ministero dell'Ambiente al fine di precisare i rispettivi ambiti di competenza”.

 

Relativamente alla disciplina riguardante la tariffa del servizio idrico si ricorda che essa è dettata dall’art. 154 del D.Lgs. 152/2006 secondo cui (comma 1) la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'AATO, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo.


La regolazione nel settore dei trasporti

Gestione della rete stradale e autostradale di interesse nazionale

La gestione della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale è affidata all’ANAS S.p.A. in virtù dei compiti ad essa affidati dall’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 26 febbraio 1994, n. 143 (Istituzione dell'Ente nazionale per le strade).

Con l’art. 36 del D.L. 98/2011 è stata introdotta un’articolata disciplina volta a ridefinire l’assetto delle funzioni e delle competenze in materia di gestione della rete stradale e autostradale di interesse nazionale, per un verso, attraverso l’istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2012, dell’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali[9] presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) e, per l’altro, la trasformazione di ANAS S.p.A. in società in house del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) e del MIT.

La relazione illustrativa precisa che tale nuovo assetto si giustifica con la necessità di far cessare la commistione, in ANAS, dei ruoli e delle funzioni, da un lato, di concedente della rete autostradale in concessione a terzi e, dall’altro, di concessionario ex lege della rete stradale di interesse nazionale.

 

Il potere di indirizzo, di vigilanza e di controllo sull’Agenzia viene attribuito al MIT che lo esercita di concerto, quanto ai profili finanziari, con il MEF.

 

Sono quindi individuate, rispettivamente, le funzioni dell’Agenzia e di ANAS,che riprendono in gran parte quelle di cui all’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 143/1994.

Si ricorda che i compiti affidati all’ANAS sono elencati dall’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 143/1994, sul quale si è innestata la riforma intervenuta con l’art. 7 del D.L. 138/2002 (cd. “privatizzazione dell’ANAS”), che però non ha avuto sostanziale incidenza sui compiti attribuiti ad ANAS, atteso che questa nuova disciplina si è limitata, riguardo ai compiti, di natura prettamente pubblica, attribuiti all’ANAS dall’art. 2, comma 1, lett. a)-g) e alla lett. l) del citato D.Lgs. 143, ad attribuirli allo stesso soggetto (trasformato in S.p.A.) attraverso una concessione stipulata con il MIT.

 

Tra i compiti e le attività attribuiti all’Agenzia si segnalano, in particolare, quelli - in qualità di amministrazione concedente – di selezione dei concessionari autostradali e relativa aggiudicazione (o, nelle ipotesi contemplate, l’alternativo affidamento diretto all’ANAS), nonché di vigilanza e controllo sui concessionari autostradali. La norma prevede per l’Agenzia anche compiti di programmazione ed il potere di proposta in ordine alla regolazione e variazioni tariffarie per le concessioni autostradali secondo i criteri e le metodologie stabiliti dalla competente Autorità di regolazione, alla quale è demandata la loro successiva approvazione.

 

Tra i compiti che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, residuano in capo all’ANAS, si ricordano, in particolare, quello di costruire e gestire le strade, ivi incluse quelle sottoposte a pedaggio, e le autostrade statali, nonché di provvedere alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché il compito di realizzare il progressivo miglioramento ed adeguamento della rete delle strade e delle autostrade statali e della relativa segnaletica.

 

Entro il 31 luglio 2012 l'Agenzia subentra all’Anas nelle funzioni di concedente per le convenzioni in essere alla stessa data; inoltre, l'Agenzia esercita ogni competenza già attribuita in materia all'Ispettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali (IVCA) e ad altri uffici di Anas.

Viene altresì previsto che entro il 31 luglio 2012, la società ANAS Spa trasferisca alla società Fintecna Spa tutte le partecipazioni detenute in società co-concedenti.

 

Si ricorda che l’art. 11, comma 5, del D.L. 216/2011 prevede che, fino alla data di adozione dello statuto dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali, e comunque non oltre il 31 luglio 2012, i compiti e le funzioni ad essa trasferiti continuino ad essere svolti dai competenti uffici delle amministrazioni statali, dall’IVCA e dagli altri uffici di ANAS S.p.A.

Il Consiglio dei Ministri n. 18 del 9 marzo 2012 ha approvato, in via preliminare, lo schema di statuto dell'Agenzia per le infrastrutture stradali ed autostradali. Lo statuto, dopo l'acquisizione dei pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari, tornerà al Consiglio dei Ministri per l'esame definitivo e la successiva emanazione.

Trasporto pubblico locale

Al trasporto pubblico locale, sia su gomma che su ferro[10], si applica la normativa generale sui servizi pubblici locali. Pertanto si rinvia alle schede predisposte dal dipartimento istituzioni e dal dipartimento bilancio per quanto riguarda le gare per l’assegnazione del servizio, i soggetti che possono parteciparvi e i limiti al possesso azionario, da parte degli enti locali, nelle società che gestiscono il servizio.

Poteri dell’Autorità di regolazione dei trasporti rispetto a contratti e concessioni

L’Autorità di regolazione dei trasporti (istituita dall’art. 37 D.L. n. 201/2011, modificato dall’art. 36 del D.L. n. 1/2012):

§      garantisce condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture ferroviarie, portuali, aeroportuali alle reti autostradali, fatte salve le competenze dell’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali;

§      definisce gli schemi dei bandi delle gare per l’assegnazione dei servizi di trasporto in esclusiva;

§      con specifico riferimento al trasporto ferroviario regionale, verifica che nei relativi bandi di gara non sussistano condizioni discriminatorie o che impediscano l’accesso al mercato a concorrenti potenziali e specificamente che la disponibilità del materiale rotabile già al momento della gara non costituisca un requisito per la partecipazione ovvero un fattore di discriminazione tra le imprese partecipanti (si concedono 18 mesi dall’aggiudicazione per l’acquisto del materiale rotabile);

§      con specifico riferimento al settore autostradale: fissa i sistemi tariffari per le nuove concessioni; definisce gli schemi di concessione da inserire nei bandi di gara relativi alla gestione o costruzione; definisce gli schemi dei bandi relativi alle gare per le nuove concessioni; definisce gli ambiti ottimali di gestione delle tratte autostradali;

§      svolge funzioni di organismo di regolazione del settore ferroviario, definendo in particolare i criteri per la determinazione dei pedaggi della rete ferroviaria e i criteri di assegnazione delle tracce e della capacità e vigila sulla relativa applicazione.

Trasporto ferroviario nazionale

Si distingue tra RFI, società che gestisce la rete ferroviaria, e Trenitalia, società che svolge il servizio, mediante la stipula di un contratto di servizio con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Entrambe le società sono partecipate al 100% dalla holding Ferrovie dello Stato italiane spa, a sua volta interamente partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze.

Rete ferroviaria

La gestione della rete ferroviaria è stata affidata in concessione a Ferrovie dello Stato (poi a RFI quando questa, nel 2001, è stata costituita) con D.M. 31 ottobre 2000 per un periodo di 60 anni: quindi fino al 31 ottobre 2060.

Trenitalia

L’articolo 38 della legge 166 del 2002 aveva stabilito che i servizi di trasporto viaggiatori di interesse nazionale da sottoporre al regime degli obblighi di servizio pubblico fossero regolati con contratti di servizio, da affidare mediante procedura di gara. La norma è stata successivamente modificata dall’articolo 9, comma 2-bis, del D.L. n. 159/2007, il quale ha previsto che per l’affidamento del contratto di servizio pubblico si richiede esclusivamente il rispetto della normativa comunitaria e non più la procedura concorsuale.

Il diritto comunitario (regolamento CE 1370/2007) prevede quattro differenti modalità, tre delle quali possono essere vietate dalla legislazione nazionale, mentre una, la procedura mediante gara, deve comunque essere ammessa dagli ordinamenti degli Stati membri:

1.    la pubblica autorità può fornire essa stessa i servizi di trasporto pubblico, senza alcuna limitazione;

2.    è ammessa la gestione in house, definita come aggiudicazione diretta a soggetti giuridicamente distinti, sui quali la pubblica autorità esercita un controllo analogo a quello che esercita sulle proprie strutture;

3.    In questa ipotesi è vietato all’operatore, e ai soggetti sui quali questo esercita un’influenza anche minima, di svolgere attività di trasporto pubblico di passeggeri al di fuori del territorio della pubblica autorità che lo controlla. E’ inoltre vietata agli stessi soggetti la partecipazione a gare per servizi di trasporto organizzate fuori del suddetto territorio.

4.    la gara, che deve essere equa, aperta a tutti gli operatori e rispettosa dei principi di trasparenza e non discriminazione;

5.    aggiudicazione diretta, sempre ammessa per i contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia.

 

 

 

 



[1]     Sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali. metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.

[2]     I contratti di servizio relativi all’esercizio dei servizi di trasporto pubblico ferroviario, comunque affidati, hanno durata minima non inferiore a sei anni, rinnovabili di altri sei, secondo quanto stabilito dall’articolo 7, comma 3-ter, del D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, recante “Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario”, e convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.

[3]     Approvato in data 15 giugno 2011.

[4]     Approvato in data 6 maggio 2011.

[5]     Approvato in data 27 gennaio 2011.

[6]     Approvato il 29 ottobre 2010

[7]     Approvato in data 28 aprile 2011.

[8]     Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144.

[9]     L’articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59, disciplina l’ordinamento delle agenzie.

[10]    L’estensione della normativa sui servizi pubblici locali al trasporto ferroviario locale e regionale è stata disposta dall’art. 5 del D.L. n. 1/2012.