Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: La situazione dei diritti umani nella Corea del Nord
Serie: Note di politica internazionale    Numero: 128
Data: 19/12/2012
Descrittori:
COREA DEL NORD   DIRITTI DELL'UOMO
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

Casella di testo: Note di politica internazionalen. 128 – 19 dicembre 2012

La situazione dei diritti umani nella Corea del Nord

 


Il quadro dei diritti umani in Corea del Nord nel rapporto 2012 di Amnesty International

Nel Rapporto annuale sulla situazione dei diritti umani nel mondo presentato il 24 maggio scorso, Amnesty International[1]esamina il quadro dei diritti umani nella Corea del Nord a partire dal contesto. Esso appare caratterizzato dalla prosecuzione del regime sanzionatorio applicato dalle Nazioni Unite alla Corea del Nord per i test nucleari, dalle conseguenze sulla vita di ampie fasce della popolazione delle province del Nord e del Sud Hwanghae di calamità naturali inveratesi nel corso dell’estate e, sotto il profilo politico, dall’avvicendamento alla guida del paese con l’ascesa alla carica di leader (dicembre 2011) di Kim Jong-un, figlio terzogenito del defunto Kim Jong-il.

La Corea del Nord è una repubblica socialista, di tipo sovietico, fondata sull’ideologia del Juche (“autosufficienza”). Si tratta di uno Stato, di fatto, a partito unico, basato sull’egemonia del Partito dei lavoratori, di cui Kim Jong-il  (il “Caro Leader”, 1941 o 1942-2011), figlio di Kim Il-sung (deceduto nel 1994, ma nominato “Presidente eterno” della Repubblica) è stato Segretario generale, succedendo al padre, dal 1994 sino alla morte, avvenuta il 17 dicembre 2011. Kim Jong-il è stato altresì alla guida della Commissione nazionale di difesa.

Il rapporto sottolinea quindi la situazione di crisi alimentare evidenziando le ripetute segnalazioni di morti per fame in diverse provinceche hanno indotto il Programma alimentare mondiale , la FAO e l’UNICEF a lanciare un’operazione di emergenza finalizzata a raggiungere 3,5 milioni di soggetti (circa il 14,3% del totale della popolazione nordcoreana che è di circa 24,5 milioni di persone) tra bambini, donne ed anziani più vulnerabili.

Nonostante la drammaticità della situazione alimentare, connessa anche alla riduzione della quota di cereali distribuita dalla mano pubblica, nel rapporto si sottolinea come l’insicurezza sulla effettiva distribuzione abbia in alcuni casi ostacolato l’affluire degli aiuti internazionali pur richiesti dal governo di Pyongyang.

Quanto alle detenzioni ed arresti arbitrari  il rapporto ritiene attendibile la stima di circa 200.000 prigionieri detenuti “in condizioni terribili” in sei campi di prigionia politica senza controllo, tra i quali la famigerata struttura di Yodok, oltre a migliaia ulteriori prigionieri reclusi in almeno 180 altre strutture di detenzione. Nella maggior parte si tratta di incarcerazioni decise senza processo o a seguito di processi “gravemente iniqui, sulla base di confessioni estorte”. I detenuti sono spesso sottoposti a tortura ed altri maltrattamenti e sottoposti all’obbligo di lavoro forzato anche in condizioni di pericolo; tali circostanze unite alle gravi carenze alimentari, igieniche e sanitarie determinano una elevata morbilità ed alti tassi di decessi durane la custodia o poco dopo il rilascio. Ciononostante, rileva Amnesty, “il governo ha continuato a negare l’esistenza dei campi di prigionia politica”.

Riguardo alla pena di morte il rapportoevidenzia, in particolareche ilRelatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali[2], sommarie o arbitrarie ha scritto – non essendo prevista una sua missione nel paese asiatico - al governo nord-coreano in merito a 37 casi segnalati di esecuzioni per “reati finanziari”, avvenute tra il 2007 e il 2010[3]. Sul punto

Amnesty evidenzia quindi le enormi difficoltà frapposte alla libertà di espressione, con arresti ed incarcerazioni in caso di critiche al governo ed ai leader e con un severo controllo da parte delle autorità degli accessi ad Internet ed alla telefonia cellulare.

Sistematicamente negata anche la libertà di movimento con il rimpatrio forzato delle migliaia di cittadini nordcoreani fuggiti in Cina in cerca di cibo e di impiego e le pene severe inflitte ai soggetti  sospettati di essere in contatto con organizzazioni non governative sudcoreane o di aver tentato di fuggire nella Repubblica di Corea (Corea del Sud).

Quanto ai rifugiati e richiedenti asilo, infine, il report quota in oltre 23.500 i cittadini nordcoreani che hanno ottenuto la cittadinanza sudcoreana e in centinaia quella giapponese. Secondo i dati pubblicati nel 2011 dall’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, nel 2010 i richiedenti asilo nordcoreani in “situazioni equiparabili a quelle di rifugiati” erano 917, in paesi tra cui Australia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti.

Il rapporto di Amnesty rammenta che il governo nord coreano ha negato l’autorizzazione a visitare il paese più volte richiesta dal Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Corea del Nord, l’indonesiano Marzuki Darusman sin dalla sua nomina nel 2010; una visita finalizzata alla valutazione della situazione alimentare è stata invece compiuta da Robert King, ambasciatore statunitense per le questioni nordocoreane in materia di diritti umani.

 

Le posizioni della Comunità internazionale

L’auspicio di un orientamento meno repressivo in tema di tutela dei diritti umani nella Corea del nord era stato espresso dal relatore dell’ONU al temine di una visita ufficiale in Giappone (gennaio 2012). Nella sua più recente relazione all’Assemblea Generale[4], datata 13 settembre 2012, il Relatore speciale sottolinea, tra il resto, che nonostante l’intensità dello sforzo profuso dalla Comunità internazionale in iniziative di assistenza umanitaria alla popolazione nordcoreana, la sicurezza alimentare rappresenta ancora una questione aperta per 16 milioni di persone; è ben documentato, si legge nella relazione, che la malnutrizione “is a direct consequence of the ongoing shortages of food suffered by the country since the mid-1990”. In un contesto caratterizzato, altresì, da gravissime carenze anche sotto il profilo sanitario il Relatore Onu manifesta sconcerto per le dichiarazioni di Kim Jong-un che ha indicato come proprie assolute priorità politiche di rafforzamento del settore militare.

Il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha approvato all'unanimità il 19 marzo 2012 una risoluzione (A/HRC/19/L.29) nella quale si esprime viva preoccupazione per le gravi, diffuse e sistematiche violazioni dei diritti umani in atto nella Repubblica democratica popolare di Corea; analoga risoluzione (A/RES/66/174) è stata approvata dall’Assemblea generale il 29 marzo 2012.

Con riferimento alle iniziative assunte in sede comunitaria si rammenta la risoluzione (P7_TA(2012)0229) approvata dal Parlamento europeo il 24 maggio 2012 sulla situazione dei rifugiati nordcoreani.

 

Recenti sviluppi politici interni

Quanto al contesto politico interno ed internazionale che fa da cornice al lancio (effettuato il 12 dicembre) del missile balistico intercontinentale Eunha-3 (Galassia 3) da parte della Corea del Nord, taluni osservatori hanno rilevato che l’atto, giudicato “altamente provocatorio” dal portavoce del National Security Council statunitense ed effettuato in violazione delle risoluzioni ONU 1718 e 1874 che vietano alla Corea del Nord l’effettuazione di test missilistici o collegati ad attività nucleari, è stato compiuto secondo una tempistica non casuale. Il 2012, infatti, è un anno delicato per la Corea del Nord dove Kim Jong-un è ancora impegnato nel consolidamento del proprio potere, specialmente presso il potentissimo apparato militare: il lancio del missile, secondo alcuni analisti, andrebbe interpretato come una dimostrazione di potenza, sia a beneficio del rafforzamento del consenso al leader da parte degli ambienti militari, sia a compensazione delle debolissime performances in termini di prosperità, il cui avvento – negli annunci messianici del defunto Kim Jong-il – si sarebbe dovuta concretizzare proprio nel 2012.

 


Indicatori internazionali sul paese[5]:

Libertà politiche e civili: Stato “non libero” (Freedom House 2012); “regime autoritario” (167 su 167; Economist Intelligence Unit 2011)

Indice della libertà di stampa: 178  su 179 (Reporters sans frontières 2011 - 2012)

Libertà religiosa: negazione assoluta del diritto alla libertà religiosa (ACS); severe limitazioni da parte del governo all’attività religiosa  (USA)

Corruzione percepita: 182 su 182 (Transparency International 2011)

Libertà economica: Stato con “libertà economica repressa” (179 su 179; Heritage Foundation 2012)

PIL 2013: n.d.


 

 


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File: es1296inf.doc



[1] Il testo in italiano è disponibile sul web e navigabile a partire dall’indirizzo http://rapportoannuale.amnesty.it/

[2] Il Relatore speciale sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, è un esperto indipendente nominato dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per esaminare le questioni inerenti le esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie e per monitorare il rispetto degli standard internazionali di garanzie e restrizioni relativamente all’imposizione della pena capitale. Il mandato del Relatore speciale riguarda tutti i paesi, indipendentemente dal fatto che uno Stato abbia ratificato le pertinenti convenzioni internazionali o meno. Dal 1° agosto 2010 l’incarico è svolto dal sudafricano Christof Heyns.

[3] Sulla questione delle esecuzioni capitali in Corea del Nord, v. l’interrogazione a risposta scritta 4-11635, d’iniziativa dell’on. Mecacci ed altri, presentata il 14 aprile 2011, alla quale ha risposto il Sottosegretario agli Affari esteri il 28 giugno dello stesso anno.

[4] Rinvenibile all’indirizzo web http://daccess-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N12/508/20/PDF/N1250820.pdf?OpenElement

 

[5] Gli indicatori internazionali descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del Paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo il rapporto annuale di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); la condizione della libertà economica come riportata dalla Heritage Foundation.