Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Le più recenti iniziative internazionali in materia di disarmo
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 134
Data: 27/04/2010
Descrittori:
DISARMO     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
Nota: Questo dossier contiene materiale protetto dalla legge sul diritto d'autore, pertanto la versione html è parziale. La versione integrale in formato pdf può essere consultata solo dalle postazioni della rete Intranet della Camera dei deputati (ad es. presso la Biblioteca)

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Le più recenti iniziative internazionali
in materia di disarmo

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 134

 

 

 

27 aprile 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Esteri

( 066760-4939– * st_affari_esteri@camera.it

 

 

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: ES0431.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Gli strumenti giuridici internazionali contro la proliferazione degli armamenti nucleari3

Le più recenti iniziative internazionali in materia di disarmo e contrasto alla proliferazione di armamenti nucleari6

Documenti

B. Obama, Per un mondo senza armi nucelari, in: Affari Esteri, n. 162/2009  19

Parlamento europeo; Raccomandazione destinata al Consiglio del 24 aprile 2009 sulla non proliferazione e sul futuro del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, in: www.europarl.europa.eu  19

UN, Security Council, Resolution 1887(2009), 24 September 2009  19

Riunione informale dei Ministri degli Affari esteri dei Paesi NATO, comunicato stampa  (Tallin, 23 aprile 2010)19

Pubblicistica

N. Ronzitti, Il disarmo nucleare dopo Praga, in: www.affarinternazionali.it, 14/04/2009  23

E. Sorvillo, La svolta di Obama e il futuro del Tnp, in: www.affarinternazionali.it, 15/04/2009  23

E. Greco, La stella polare dell'opzione zero, in www.affarinternazionali.it 15/04/2009  23

, G. Andreani, America's New Nuclear Disarmament Policy and the Transatlantic Relationship , GMF,  4 naggio 2009  23

E. Sorvillo, Se il disarmo non basta: verso la Conferenza di riesame del Tnp, in: www.affarinternazionali.it, 25/06/2009  23

K. McGrath, V. Savvidis, UNSC Resolution 1887: Packaging Nonproliferation and Disarmamene at the United Nations, tratto dal sito: www.nti.org, 22 dicembre 2009  23

S. Raffaeli, Lo stato di attuazione del trattato di non proliferazione nucleare. Problematiche e prospettive, in: Documenti IAI, dicembre 2009  23

F. C. Iklé, L'addio alle atomiche è un sogno, in: Aspenia, n. 47, dicembre 2009  23

R. Alcaro, L'opzione zero di Obama alla prova dei fatti, in: www.affarinternazionali.it, 02/02/2010  23

J. Mueller, Think Again – Nuclear Weapons, in Foreign Policy, gennaio-febbraio 2010  23

T. Kalionzes e K. McGrath, Obama’s nuclear nonproliferation and disarmament agenda: building steam or losing traction?, in www.nti.org, 15 gennaio 2010  23

F. O'Donnell, New horizon in nonproliferation, in: www.isn.ethz.ch, 18 gennaio 2010  23

G. McGrath e V. Savvidis, UNSC Resolution 1887 Part 2: Unpacking the Resolution's Political Significance and Implications for the International Nonproliferation Regime, in: www.nti.org, 3 febbraio 2010  23

S. Saradzhyan, Nuclear Constraint in Russia, in: www.isn.ethz.ch, 16 febbraio 2010  23

F. Miller, G. Robertson e K. Schake, Germany opens Pandora's box, in: www.cer.org.uk  23

P. Cotta-Ramusino, Proliferazione nucleare al bivio, in: www.affarinternazionali.it, 11 marzo 2010  24

N. Ronzitti, Armi nucleari americane in Italia: che fare? in: www.affarinternazionali.it,  11 marzo 2010  24

S. Pifer, S. Talbott, Judging the New START Treaty, in: www.brookings.edu, 6 aprile 2010  24

S. Pifer, New START: Good News for Arms Control, in: www.armscontrol.org, 2 aprile 2010  24

C. Trezza, Obama-Medvedev, ritorno al futuro, in: www.affarinternazionali.it, 2 aprile 2010  24

T. Penkova, Russia and the US Reset after the New START, in: ISPI Analysis, n. 7 aprile 2010  24

 

 


Schede di lettura

 


Gli strumenti giuridici internazionali contro la proliferazione degli armamenti nucleari

L’atto multilaterale che assume rilievo nel quadro degli accordi sugli armamenti nucleari è il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (Treaty on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons (NPT) che costituisce l’unico strumento convenzionale vincolante nei confronti degli Stati che possiedono armi nucleari. Aperto alla firma il 1° luglio 1968, il Trattato è entrato in vigore il 5 marzo 1970: oggi ne sono parti 191 Stati, rappresentando così uno degli strumenti giuridici internazionali a più vasta partecipazione. Non ne fanno parte India, Pakistan, Israele e Corea del Nord (quest’ultima ritiratasi nel 2003).

Il Trattato contiene la rinuncia all'arma nucleare per gli Stati che non avessero effettuato esplosioni nucleari precedentemente al 1° gennaio 1967. In tal modo gli unici paesi legittimi detentori di armi nucleari ai sensi del Trattato venivano ad essere i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il che ha probabilmente contribuito ad una più agevole accettazione generale del loro status privilegiato. Va tuttavia ricordato che l'articolo VI del Trattato obbligava le potenze nucleari ad avviare un processo di disarmo nucleare su base negoziale, che sinora è stato sostanzialmente disatteso, eccezione fatta per gli accordi bilaterali fra Stati Uniti e Unione sovietica (successivamente Federazione russa) per la riduzione degli arsenali nucleari strategici e di quelli a medio raggio.

Per quanto riguarda gli Stati non nucleari, la verifica degli obblighi di non proliferazione loro imposti dal Trattato è stata attuata mediante gli accordi di salvaguardia con l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) in qualità di ente verificatore del Trattato: il regime dei controlli è stato successivamente perfezionato, riconoscendo la facoltà – non l'obbligo – di aderire al Protocollo del 1997, in base al quale l’AIEA può effettuare controlli non soltanto su impianti e materiali dichiarati, ma anche, e con maggiore rapidità, su strutture non dichiarate.

La contropartita offerta dal Trattato agli Stati non nucleari è quella di una cooperazione delle potenze nucleari allo sviluppo dell'utilizzazione per scopi civili dell'energia atomica, parimenti sotto il controllo dell’AIEA.

L’art. VIII del Trattato prevede la convocazione ogni cinque anni di una Conferenza di riesame che accerti l’attuazione del Trattato. L’ultima, svoltasi nel 2005, si è conclusa senza l’approvazione di un documento finale consensuale, attese le divergenze sulle priorità tra gli Stati partecipanti: la prossima Conferenza si svolgerà nel maggio 2010 a New York, nella sede delle Nazioni Unite.

L’Unione europea, in vista della Conferenza del 2005, aveva adottato una Posizione comune che conserva tuttora la sua validità ed è tesa a favorire l’universalizzazione del TNP, richiamandosi ai principi della Strategia europea contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa adottata dal Consiglio europeo nel dicembre 2003.

Il Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty CTBT) in ambito civile e militare è stato adottato dall’Assemblea generale il 10 settembre 1996, ma non è entrato in vigore perché non è stata ancora soddisfatta la condizione posta dall’art. XVI, per la quale è necessaria la ratifica da parte di tutti gli Stati inclusi nell’elenco di cui all’Allegato 2 al Trattato medesimo[1]. Si ricorda, tuttavia, che diverse potenze atomiche – con l’eccezione di Cina, Corea del Nord e Francia (che ha ratificato il Ctbt) – sono comunque vincolate dalle disposizioni del Trattato di bando parziale (Partial Test-Ban Treaty, PTBT) che circoscrive al sottosuolo l’ambiente in cui condurre gli esperimenti. Le potenze atomiche che hanno firmato il Ctbt - compresi gli Stati Uniti, Israele e la Cina, che pure non l’hanno ratificato - mantengono una moratoria volontaria sui test. India e Pakistan, che non hanno firmato il Ctbt, dichiarano di non avere in programma nuovi test dopo quelli del 1998. La Corea del Nord non ha espresso alcun indirizzo riguardo a futuri esperimenti.

Lo strumentario internazionale per il controllo degli armamenti nucleari è poi completato da una serie di altri Trattati regionali - ve ne sono attualmente cinque che stabiliscono zone denuclearizzate in varie aree del mondo, da ultimo quello relativo all’Asia centrale -, ovvero riguardanti particolari settori, come la proibizione di test nucleari o del posizionamento di armamenti nucleari nello spazio e negli oceani.

Una delle preoccupazioni della Comunità internazionale è l’aumento degli Stati che possiedono missili balistici o di altro tipo, comunque tecnicamente sofisticati ed in grandi quantità. Questa minaccia viene fronteggiata con diverse misure a livello unilaterale o multilaterale. Non esistono comunque norme o strumenti universalmente accettati per controllare lo sviluppo, la sperimentazione e la produzione di tali armi, nonché il loro mercato o le condizioni del loro utilizzo.

Il 28 aprile 2004 il  Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva approvato la Risoluzione n. 1540Non-proliferation of weapons of mass destruction”, che, esprimendo preoccupazione per la minaccia posta dagli attori non statuali e dai gruppi terroristici, riaffermava l’importanza dell’azione relativa alla prevenzione della proliferazione delle armi di distruzione di massa. Al fine di rendere effettiva l’applicazione della risoluzione, il CdS aveva previsto la formazione di un Comitato ad hoc a cui gli Stati erano invitati a presentare rapporti nazionali relativi alle azioni intraprese per l’attuazione della risoluzione.

Nel 2006, tuttavia, si è constatato che non tutti gli Stati avevano assolto ai loro obblighi di invio dei rapporti. Per tale motivo, con la Risoluzione 1673 del 27 aprile 2006, il CdS ha prorogato di due anni il mandato del Comitato 1540. Da ultimo, con la Risoluzione 1810 del 25 aprile 2008, il mandato del Comitato è stato prorogato fino al 25 aprile 2011.

Anche in materia di “divieto della produzione di materiale fissile per armi nucleari e altri ordigni esplosivi” l’Assemblea generale dell’ONU ha approvato per consenso una Risoluzione nel 1993. Ne è seguito nel 1994 un mandato negoziale da parte della Conferenza sul disarmo per accertare la possibilità di giungere al negoziato di un Trattato FMCT (Fissile Material Cut-off Treaty). Tale proposta gode del sostegno della Delegazione italiana alla Conferenza sul disarmo, ed è l’elemento centrale della recente rivitalizzazione della Conferenza sul disarmo (v. infra).

Per quanto concerne gli scenari di maggiore preoccupazione della Comunità internazionale con riguardo al pericolo della proliferazione incontrollata di armi nucleari – che potrebbe condurre al loro possesso anche da parte di gruppi terroristici -; dopo le tensioni indo-pakistane del 1998 seguite ai rispettivi ravvicinati esperimenti nucleari, che rivelarono al mondo l’emergere di due nuove potenze atomiche, l’attenzione generale è stata attirata dalle vicende nucleari della Corea del Nord e dell’Iran.

 

 


Le più recenti iniziative internazionali in materia di disarmo e contrasto alla proliferazione di armamenti nucleari

 

Il 5 aprile 2009 il Presidente degli Stati Uniti Obama, in occasione del vertice tra Unione europea e Stati Uniti, ha tenuto a Praga un discorso particolarmente importante nella prospettiva della progressiva eliminazione dal mondo degli armamenti nucleari. Il discorso di Obama, particolarmente sintetico ed incisivo, constata come, se risulta sensibilmente ridotta la minaccia di una guerra nucleare globale - che aveva rappresentato un fortissimo condizionamento nel periodo della Guerra fredda – si è per converso accresciuto il rischio di un attacco nucleare più limitato.

Un numero maggiore di potenze è infatti in possesso di armi atomiche, mentre ne continua la sperimentazione; al mercato nero vengono negoziati segreti nucleari e materiali per la fabbricazione dei relativi ordini, per non parlare dell'ampia diffusione ormai raggiunta dalle tecnologie nucleari militari. Infine, ancora più preoccupante appare la determinazione di gruppi terroristici internazionali di dotarsi di questo tipo di armamenti.

Richiamando in modo assai tipico la responsabilità statunitense, anzitutto sul piano morale, a porsi alla testa di un'azione per contrastare tali pericoli, il Presidente USA, pur assicurando sulla persistenza di un efficace arsenale a fini di deterrenza da parte degli Stati Uniti, ha sostenuto con chiarezza la necessità di ridurre il ruolo delle armi nucleari nella strategia americana di sicurezza nazionale. In tale prospettiva il Presidente Obama ha richiamato la prossima conclusione del nuovo Trattato START con la Russia per la riduzione delle armi nucleari strategiche - che avrebbe in realtà richiesto ancora circa un anno per la firma -, nonché il proprio orientamento ad ottenere la ratifica del Trattato per la messa al bando totale dei test nucleari da parte del Senato. Inoltre, il Presidente ha annunciato che gli Stati Uniti lavoreranno per la messa a punto di un nuovo Trattato per la proibizione della produzione di materiali fissili a scopo militare

Un altro caposaldo della nuova strategia americana sarà il rafforzamento del Trattato di non proliferazione nucleare, per ottenere il quale sarà necessario che i paesi detentori di armi nucleari adottino una linea favorevole al disarmo, e quelli che ne sono privi non facciano nulla per acquisirne, mentre andrà garantito il diritto di tutti i paesi all'accesso all'energia nucleare a scopi pacifici - e qui il Presidente Obama ha inserito un inciso sulla positività dell'energia nucleare civile nella strategia di contrasto ai cambiamenti climatici, che ha poi confermato nella politica interna degli Stati Uniti.

Il Presidente americano ha contestualmente sostenuto la necessità di una struttura capace di sanzionare in modo certo ed efficace i paesi che dovessero infrangere le nuove regole: in questo contesto Obama ha condannato l'ennesimo test missilistico nordcoreano effettuato proprio nella stessa giornata del discorso di Praga, e ha ammonito l'Iran  -il cui diritto all'energia nucleare per scopi pacifici non è secondo Obama in discussione - a unirsi al nuovo approccio che gli Stati Uniti preconizzano per la Comunità internazionale. Da ultimo, ma non meno rilevante, Obama ha sostenuto che la minaccia più immediata ed estrema alla sicurezza globale è attualmente quella dell'eventuale possesso di un'arma nucleare da parte di gruppi terroristici.

 

L’intervento del Presidente Obama ha posto una serie di problemi, segnando comunque un importante punto di svolta. Tra i punti problematici spicca quello dell'individuazione della struttura che possa porre rimedio alle violazioni al nuovo regime, prevenendo fra l'altro la necessità - vera o pretesa - di azioni militari unilaterali preventive da parte di alcuni Stati. Va certamente notato che gli attuali meccanismi previsti dal Trattato di non proliferazione nucleare si sono rivelati ampiamenti inadeguati, soprattutto con l'affidare i controlli a uno strumento non previsto dal Trattato medesimo (e quindi non vincolante per tutti gli Stati Parti di esso), a una distinta Organizzazione, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, l'appartenenza alla quale non è pressoché totale come per il TNP, e della quale fanno invece parte proprio alcuni degli Stati non membri del TNP stesso, come l'India, Israele e il Pakistan.

L'ipotesi che nella nuova architettura pensata da Obama possa essere il Consiglio di sicurezza dell’ONU ad assumersi il compito dei controlli e delle eventuali sanzioni cozza con il carattere ancora assai limitato dell'appartenenza al Consiglio, e quindi sarebbe possibile contemplarla solo in presenza di una riforma del Consiglio che ne aumenti notevolmente la rappresentatività, con un'eventuale revisione anche dell’istituto del veto.

Va comunque notato che l'importanza del discorso di Praga sembra risiedere soprattutto nella volontà di modificare le percezioni di fondo sulla questione nucleare, iniziando un'inversione di rotta per la quale venga meno la previsione generale dell'ineluttabile aumento del novero degli Stati nucleari nel medio e lungo periodo: in tal modo sarebbe possibile scongiurare l'acquisizione di armamenti nucleari anche per quei paesi che si trovino in contesti regionali di forte conflittualità.

Inoltre nel discorso di Obama il disarmo nucleare sembra essere una componente centrale della strategia contro la proliferazione e anche della strategia di sicurezza nazionale statunitense, con un chiaro rovesciamento nell'impostazione adottata dall’Amministrazione precedente. Sembra insomma che nella nuova situazione, nella quale le due maggiori potenze nucleari sono in grado di procedere a nuovi accordi di disarmo senza pregiudicare i rispettivi interessi strategici, sia apparso possibile a Obama un rilancio dello scambio politico di fondo che è sotteso al Trattato di non proliferazione nucleare, e cioè l'impegno degli Stati non nucleari alla non proliferazione a fronte dell'impegno, finora del tutto disatteso, degli Stati legalmente nucleari a procedere sulla via del disarmo.

Con particolare riferimento al Trattato di non proliferazione nucleare va rilevato che la strategia esposta nel discorso di Praga appare pienamente sintonica con il documento approvato dalla Conferenza di riesame del 2000 (13 passi verso il disarmo nucleare), la cui mancata valorizzazione soprattutto da parte statunitense e francese è stata alla base del fallimento della Conferenza di riesame del TNP del 2005.

 

Dal 5 al 15 maggio 2009 si è tenuta l'ultima delle tre sessioni preparatorie della Conferenza di revisione del TNP in programma per il mese di maggio 2010: in modo del tutto inconsueto rispetto alla precedente politica statunitense, il 6 maggio l’Assistente Segretario di Stato USA, Rose Gottemoeller, dimostrando la portata del nuovo approccio dell’Amministrazione americana, ha invitato Israele a sottoscrivere il Trattato di non proliferazione nucleare. La mossa ha destato notevoli proteste in Israele, ove non a torto è stata vista come un totale superamento della precedente accettazione tacita e di fatto della possibilità che Israele detenesse armi nucleari in funzione di deterrenza contro un ambiente circostante completamente ostile.

Benché sussista qualche residua incertezza sul possesso di testate atomiche, non sfugge che comunque è ritenuto conveniente a Tel Aviv che i paesi vicini non ne dubitino. Se Israele firmasse il Trattato di non proliferazione nucleare evidentemente tale situazione non potrebbe protrarsi. L’irritazione israeliana si è ulteriormente accresciuta quando,  il 18 settembre, l’AIEA ha approvato una risoluzione, caldeggiata dai paesi arabi con l’appoggio di Russia e Cina, nella quale si chiede di aprire i siti nucleari israeliani alle ispezioni dell’Agenzia, e nel contempo di aderire al TNP.

Alla chiusura della sessione preparatoria è stato approvata un’agenda che ha rimesso il disarmo tra le questioni in discussione nella Conferenza di riesame del 2010: non sono tuttavia mancate anche le consuete differenze di vedute tra diversi gruppi di paesi aderenti al Trattato di non proliferazione nucleare.

Ad esempio la Francia ha sottolineato la propria eccentricità rispetto alla posizione largamente condivisa che vi sia un nesso inscindibile tra il disarmo nucleare e la non proliferazione, nel senso che quanto eliminato dal primo non deve prendere le vie del mercato nero. In questo senso gli Stati occidentali, anche in rapporto alla necessità di assicurare l'utilizzazione pacifica dell'energia atomica, spingono perché il Protocollo addizionale al TNP del 1997 abbia un'adesione generalizzata, ma diversi paesi (Iran, Brasile) hanno sostenuto l'impossibilità di imporre il Protocollo).

I governi interessati allo sviluppo dell'industria nucleare civile sostengono il loro diritto a sviluppare il ciclo completo del combustibile nucleare, mentre i paesi occidentali e la Russia preferirebbero demandare a qualche forma di multilateralizzazione la preparazione del combustibile: i primi paesi ribattono tuttavia che in questo modo si perpetuerebbe la differenza di status già esistente con riferimento al possesso di armamenti nucleari. Anche per quanto concerne le modalità per prevenire il contrabbando illegale di tecnologie nucleari e le azioni da intraprendere in caso di ritiro di un paese dal Trattato di non proliferazione gli schieramenti sono piuttosto lontani, poiché una serie di paesi rivendica la piena sovranità nelle decisioni concernenti il ritiro da qualsiasi trattato.

Intanto, alla fine di aprile, erano iniziati a Roma i colloqui bilaterali preliminari tra Russia e Stati Uniti per giungere alla firma del nuovo Trattato per la riduzione delle armi nucleari strategiche, giacché quello in vigore dal 1991 sarebbe cessato il 5 dicembre 2009. L'apertura effettiva dei negoziati si è poi avuta a Mosca il 19 maggio: il nodo principale sul tappeto era in quel momento la questione dello scudo spaziale difensivo, per il quale gli Stati Uniti all'epoca di Bush jr. si erano già impegnati con Polonia e Repubblica ceca, e che la Russia considerava un'inaccettabile rottura dell'equilibrio nucleare in Europa. Inoltre, anche sul piano tecnico della riduzione degli armamenti strategici, Mosca chiedeva l'inclusione dei vettori nella riduzione complessiva, come anche degli arsenali di riserva non schierati. La Russia desiderava anche il raggiungimento di un accordo per la distruzione degli armamenti una volta privati delle testate nucleari, poiché in caso contrario si sarebbe potuta verificare una proliferazione di armamenti convenzionali.

Gli incontri si sono poi susseguiti senza far registrare miglioramenti degni di nota: senza dubbio la rinuncia americana, comunicata nel settembre 2009, di rivedere i progetti per uno scudo antimissilistico nell’Europa centrale, ha aperto la strada a una decisa accelerazione del negoziato, che tuttavia non si è concluso in tempo utile per la scadenza dello START 1. Cionondimeno, poiché il venir meno del Trattato del 1991 avrebbe comportato anche la fine delle ispezioni da esso previste, con grave pregiudizio nei livelli di reciproca affidabilità; i due presidenti si sono impegnati a mantenere in vigore i principi essenziali del Trattato del 1991 fino all'entrata in vigore della nuova intesa.

Va notato come anche nel progredire del negoziato sia rimasta sullo sfondo la questione della difesa antimissilistica - particolarmente sentita negli Stati Uniti dagli esponenti del Partito repubblicano, il cui voto sarà necessario per la ratifica del nuovo Trattato - e poiché tale opzione generale non è stata affatto rinnegata dagli Stati Uniti, più volte i vertici del Cremlino hanno evidenziato come anche dopo la firma del nuovo Trattato la Russia continuerà a sviluppare armi offensive, unico modo per controbilanciare i probabili progressi americani sulla via di una completa protezione antimissilistica del territorio nazionale.

Un'altra notizia positiva per le aspettative di riduzione degli armamenti nucleari e contrarie alla loro proliferazione era venuta dalla storica Conferenza di Ginevra sul disarmo, la quale, dopo i successi dell’adozione della Convenzione per la proibizione delle armi chimiche del 1993 e del Trattato per il divieto totale delle sperimentazioni nucleari del 1996, aveva conosciuto un lungo periodo di stallo. Il 29 maggio 2009 la Conferenza ha infatti adottato un programma di lavoro, ovvero ha dato il via libera a concreti negoziati su questioni di disarmo, al di là di discussioni più o meno sterili.

Il programma prevede la creazione di quattro gruppi di lavoro: sul disarmo nucleare, sulla smilitarizzazione dello spazio, sulle garanzie negative di sicurezza - che sono dichiarazioni di impegno che gli Stati legalmente nucleari ai sensi del TNP forniscono a quelli non nucleari contro l'uso o anche la sola minaccia di uso delle proprie armi nucleari -, sul Trattato per la messa al bando del materiale fissile a fini bellici. Particolare motivo di soddisfazione per il nostro paese è che l'unico dei gruppi di lavoro con un mandato concretamente negoziale è proprio quello sul materiale fissile, nel quale è spettato all’Ambasciatore italiano presso la Conferenza sul disarmo l'assunzione del ruoli di coordinatore.

Un particolare abbastanza curioso è rappresentato dal modus procedendi della Conferenza: uno dei motivi del blocco dei suoi lavori, come invero di molte altre organizzazioni internazionali, è l’osservanza della regola dell'unanimità: questa però nella circostanza illustrata è stata superata, perché anche la Corea del Nord ha dato il proprio consenso all'adozione del programma di lavoro, pur essendo uno degli Stati sotto accusa per i propri test nucleari.

L'attivismo del Presidente USA si è altresì confermato durante il vertice G8 dell'Aquila del 9-10 luglio 2009, quando a sorpresa ha proposto la programmazione di un vertice, nella primavera 2010, per coinvolgere tutti i paesi detentori di armi nucleari nella direzione di un mondo più sicuro.

Ben più pregnante è stata tuttavia l'iniziativa USA di settembre: in previsione di una riunione del Consiglio di sicurezza dell'ONU del 24 settembre 2009 a livello di Capi di Stato (la quinta nella storia del Consiglio), presieduta dallo stesso Barack Obama, è stata fatta circolare tra i paesi membri del Consiglio una bozza di risoluzione sul disarmo nucleare, come ulteriore momento sulla via di quel processo già annunciato nel discorso di Praga del 5 aprile. Il protagonismo di Obama è stato potenziato dallo svolgimento al Palazzo di vetro, negli stessi giorni, di una riunione per l'ulteriore estensione del Trattato sul divieto totale dei test nucleari, nonché dall'incontro con il Presidente russo Medvedev per discutere ulteriormente l'adozione del nuovo Trattato sulla riduzione degli armamenti nucleari strategici, ma ora alla luce dell’avvenuta rinuncia americana allo scudo antimissile in Europa centrale, che indubbiamente ha sgomberato il cammino dall'ostacolo più difficile.

Il 24 settembre il Consiglio di sicurezza presieduto da Obama ha approvato all'unanimità la risoluzione 1887 per un mondo privo di armi nucleari: come ampiamente prevedibile, il valore della risoluzione non è tanto nel dispositivo, quanto nell'ispirazione di fondo, che riassume in sé tutte le iniziative in corso in direzione di un miglioramento della sicurezza nucleare mondiale. Esortando tutti i paesi a rafforzare il TNP, la risoluzione chiede agli Stati che non ne fanno parte di entrarvi come Stati non nucleari: va precisato, anche se la risoluzione non menziona alcuno Stato, che l'invito si rivolge a Israele, India, Pakistan e Corea del Nord.

Nella risoluzione si incoraggiano inoltre gli sforzi per lo sviluppo degli usi pacifici dell'energia nucleare, nonché il lavoro dell’AIEA per minimizzare il rischio di proliferazione nucleare. Sulla parte più delicata la risoluzione non detta obblighi, ma invita i paesi a favorire i controlli degli ispettori internazionali su materiali di esportazione suscettibili di contribuire alla costruzione di ordigni nucleari, e ciò anche nel caso - vedi Corea del Nord - di paesi che prima si avvalgano della cornice di assistenza tecnica e scientifica assicurata dal TNP e poi si ritirino dal Trattato. La risoluzione comunque rimanda a un voto del Consiglio di sicurezza - nel quale non vi è dubbio che uno o più Stati potrebbero far valere il diritto di veto – la richiesta esplicita di sottoporre i materiali nucleari esistenti al controllo dell’AIEA.

Gli sforzi di Barack Obama sono stati premiati all'inizio di ottobre 2009 - in un modo probabilmente inatteso anche per lo stesso Presidente americano - con la decisione dell'apposito Comitato di conferirgli il Premio Nobel per la pace: nelle motivazioni il Comitato ha sottolineato, tra l’altro, proprio le dichiarazioni e le iniziative del nuovo Presidente in direzione di un mondo senza armi nucleari.

Alla fine di marzo 2010 è stato finalmente annunciato il raggiungimento di un accordo per la firma del nuovo Trattato START, che sarebbe poi avvenuta l'8 aprile 2010 a Praga. Il Trattato - che oltre al testo di base consta di un Protocollo che elenca diritti e obblighi delle Parti, e di una serie di allegati tecnici per i dettagli - da sottoporre a ratifica da parte del Senato USA e della Duma russa, fissa per le testate nucleari un limite di 1.550 unità, da raggiungere entro i sette anni successivi all'entrata in vigore.

Nel limite fissato sono ricomprese le testate montate su missili balistici intercontinentali, su missili lanciati da sottomarini e il numero complessivo di bombardieri strategici (in questo caso ogni aereo equivarrà ad una testata). In tal modo le quantità previste dallo START 1 si riducono a un quarto circa, e a due terzi rispetto a quanto già previsto dal Trattato SORT firmato nel 2002 a Mosca da George Bush Jr. e Putin, successivamente denunciato dei russi in risposta alla denuncia americana del Trattato ABM per la limitazione dei sistemi di difesa antimissilistica.

Per quanto invece concerne i vettori, il limite è stato fissato a 700 (800 compresi quelli non puntati) inclusi missili intercontinentali, da sottomarini e bombardieri strategici, dimezzando quanto previsto dallo START. Per quanto riguarda la difesa antimissilistica il Trattato lascia un margine significativo di indeterminatezza, poiché secondo Washington esso non prevede alcun limite, mentre per i russi nel Trattato viene stabilito in modo vincolante il legame tra le armi offensive strategiche e quelle difensive: la questione è di tale rilevanza che i due paesi hanno allegato al Trattato due distinte dichiarazioni con le rispettive posizioni, nelle quali i russi si riservano il diritto di ritirarsi dal Trattato in funzione del livello di sviluppo delle difese antimissilistiche americane, mentre gli americani si lasciano le mani libere per lo sviluppo della difesa antimissilistica, ma dichiarano esplicitamente di non voler utilizzarla per cambiare l'equilibrio strategico nei confronti della Russia, né tantomeno per attentare alla sua sicurezza.

Secondo alcune interpretazioni, tuttavia, l'esplicitazione di tali divergenze avrebbe la funzione di rendere maggiormente “appetibile”, nei riguardi dei rispettivi Parlamenti, la ratifica del Trattato, che naturalmente incontrerà alcune significative opposizioni. In particolare, l’insistenza statunitense nel perseguire i sistemi di difesa antimissilistica sarebbe volta a soddisfare quella quota dei senatori repubblicani senza i quali la ratifica del Trattato diverrebbe impossibile.

Particolare rilievo assume l’ampliamento del regione delle verifiche contemplato dal nuovo Trattato, che comprenderà ispezioni dirette, scambi di dati ed informazioni sulle armi strategiche e i siti elencati nel Trattato, come anche metodologie di facilitazione dei controlli. La durata del Trattato sarà decennale, con possibilità di ulteriore estensione per non oltre cinque anni, ed è prevista la possibilità del ritiro di una delle due Parti.

Parallelamente alle ultime settimane di trattative con la Russia, gli Stati Uniti hanno intrapreso una revisione della strategia nucleare nazionale (Nuclear Posture Review), in merito alla quale il Presidente Obama aveva già anticipato che si sarebbe fondata su una riduzione non solo nel numero degli armamenti nucleari, ma anche nel ruolo strategico di essi, sempre all'interno della più ampia strategia di disarmo a livello mondiale e come concreta testimonianza ed esempio degli USA verso gli altri paesi.

Nell'imminenza della firma dello START 2, il 6 aprile 2010, è stato diffuso il documento definitivo sulla revisione della strategia nucleare americana, che oltre alla riduzione nel livello degli armamenti, prevede ora l'uso di armi atomiche solo in circostanze estreme. Esplicitando più che nel passato le garanzie di non uso, né minaccia di uso, delle armi nucleari nei confronti degli Stati non nucleari aderenti al TNP, la nuova strategia riconosce il mutamento qualitativo nelle minacce alla sicurezza globale, oggi rappresentate principalmente dal terrorismo internazionale qualora venisse in possesso di armi nucleari, ovvero dalla disponibilità di armi nucleari da parte di un numero crescente di Stati.

Gli Stati Uniti si impegnano a non sviluppare nuove armi nucleari né nuove capacità ad esse correlate: la riduzione drastica del ruolo strategico delle armi nucleari dovrà peraltro essere compensata dal mantenimento della netta superiorità americana nell'ambito degli armamenti convenzionali, nonché dallo sviluppo dei piani di difesa missilistica. Mentre la revisione della strategia nucleare statunitense - richiesta dal Congresso già nel 2008 - non rappresenta un rovesciamento dei precedenti indirizzi, essa contiene tuttavia senz'altro elementi di novità.

L'urgenza della messa a punto della nuova strategia, tuttavia, risponde alla duplice necessità di facilitare il passaggio in Senato tanto del nuovo Trattato START quanto del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari, che sarebbe tanto più difficile in assenza di una chiara cornice per la politica nucleare del prossimo decennio.

Nei confronti della Comunità internazionale, invece, la nuova strategia può avere la valenza di una prova concreta di un inizio di ottemperanza a quegli obblighi di disarmo previsti anche per gli Stati Uniti dal TNP, in vista tanto della Conferenza di revisione del TNP stesso del maggio 2010, quanto di una più ampia condivisione delle preoccupazioni americane per una possibile proliferazione nucleare incontrollata – che hanno costituito il tema centrale del Vertice mondiale sulla sicurezza nucleare tenutosi a Washington il 12 e 13 aprile 2010 con la partecipazione di 47 paesi, rappresentati quasi tutti al massimo livello.

Tra i partecipanti al Vertice, particolarmente importante per la politica degli Stati Uniti è stata la presenza del Presidente cinese Hu Jintao, ma anche dei rappresentanti di paesi come l'India e il Pakistan, potenze nucleari non partecipanti al TNP, con il Pakistan, soprattutto, esposto a furti e contrabbando di materiali nucleari. Tra le assenze, oltre a quelle scontate della Corea del Nord e dell’Iran, si annovera quella del premier israeliano Natanyahu, forse motivata dal difficile status nucleare del paese: lo Stato di Israele è stato rappresentato dal vicepremier Meridor.

Il tema centrale del Vertice è stato quello delle iniziative nazionali e internazionali da intraprendere per impedire a Stati a rischio o ad organizzazioni terroristiche di entrare in possesso di materiali nucleari atti alla produzione di ordigni atomici: la proposta iniziale degli USA è stata di giungere nel giro di quattro anni a mettere al sicuro tutto l’uranio altamente arricchito e il plutonio sparsi per il mondo, evitando di estendere eccessivamente la discussione - ad esempio con riferimento alla cosiddetta “bomba sporca” e ai radionuclidi necessari per produrla -, sì da porre il Vertice in condizione di uscire da una dimensione meramente accademica, adottando piuttosto concrete iniziative.

Durante i lavori del vertice è intervenuto anche il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il quale ha ricordato come l'incubo nucleare sia stato una concreta e terribile realtà per molte generazioni tuttora viventi, e che la prospettiva di un mondo senza armi nucleari costituisce una positiva visione del futuro: il Premier ha poi incentrato una parte del suo intervento proprio sul tema della sicurezza nucleare, illustrando la scelta del Governo italiano di un ritorno all'utilizzazione civile dell'energia atomica, per il quale tuttavia, nella consapevolezza dei rischi di sviamento del materiale nucleare per finalità illegittime e criminali, il Governo ha deciso, ancor prima di avviare la costruzione delle nuove centrali, la creazione di un'Agenzia nazionale per la sicurezza nucleare finalizzata alla protezione fisica degli impianti e dei materiali radioattivi, cui si affiancherà una Scuola per la sicurezza nucleare, volta alla formazione nel settore di personale proveniente da paesi emergenti.

Il risultato del Vertice, riflesso dal comunicato finale, è stato l’impegno dei 47 Stati partecipanti a porre in sicurezza, nei prossimi quattro anni, i materiali nucleari vulnerabili, per impedire che soggetti dediti al terrorismo, alla criminalità o ad altri fini illeciti possano venire in possesso di materiali fissili per la fabbricazione di bombe atomiche, quali l'uranio arricchito e il plutonio separato. Parte dei provvedimenti cui gli Stati si sono impegnati comprenderanno un'attenta contabilizzazione di tali materiali.

Si dovrà inoltre impedire ad attori non statali di venire possesso di informazioni o tecnologie nucleari, e si dovrà altresì compiere ogni sforzo per passare da reattori nucleari ad uranio altamente arricchito a reattori che utilizzino combustibile a basso tasso di arrichimento.

Altro impegno dei partecipanti al Vertice è quello di una collaborazione internazionale per il controllo dei traffici nucleari illeciti, la quale, pur muovendo dalle rispettive normative nazionali, porti alla condivisione di informazioni e di esperienze sulle indagini e i modi per reprimere detti traffici. I paesi partecipanti al Vertice si sono altresì impegnati a riaffermare il ruolo centrale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, unico modo per non pregiudicare il diritto alla capacità di sviluppare energia nucleare, nei singoli Stati, a fini pacifici. Si dovrà inoltre coinvolgere l'industria nucleare privata negli sforzi volti a raggiungere la sicurezza nel campo nucleare.

Il Vertice si è concluso con la legittima soddisfazione del Presidente Obama, anche per l'annuncio dell’Ucraina di voler rinunciare entro il 2012 alle proprie scorte di uranio altamente arricchito, mediante il sostegno tecnico e finanziario proprio degli Stati Uniti. È stato altresì raggiunto un accordo russo-americano per l’eliminazione di 34 tonnellate di plutonio in eccedenza. È stato infine annunciato che il Vertice avrà un secondo round nel 2012 in Corea del sud.

Non stupisce di certo che a margine del vertice, nei 15 incontri bilaterali del presidente Obama, sia emerso con chiarezza il tema della necessità di rinnovate sanzioni contro l'Iran, sospettato di perseguire programmi nucleari militari sotto la copertura della costruzione di reattori per uso civile. È stato peraltro ridimensionato l'ottimismo che l'arrivo a Washington del Presidente cinese Hu Jintao aveva suscitato, poiché alla fine del Vertice la Cina è sembrata tuttora insistere sul proprio tradizionale approccio, che privilegia le vie diplomatiche nei confronti di Teheran, lasciando la possibilità delle sanzioni solo sullo sfondo.

Dal canto suo l'Iran ha esplicitamente accusato Obama di aver strumentalizzato il Vertice proprio per trovare alleati nel proposito di approvare sanzioni più pesanti contro Teheran entro poche settimane. Il 17 aprile la controffensiva iraniana ha assunto contorni più definiti quando durante una Conferenza internazionale organizzata nella capitale - e alla quale hanno partecipato al massimo livello rappresentanti dell'Iraq, della Siria e del Libano, mentre a un livello inferiore vi hanno preso parte anche esponenti russi e cinesi - le autorità hanno negato di voler costruire ordigni atomici, rivolgendo accuse agli Stati Uniti di essere i soli criminali nucleari del mondo, e chiedendo la sospensione dall'appartenenza all’AIEA per tutti i paesi già in possesso di armi atomiche.

La Guida suprema Ali Khamenei si è spinta a definire il possesso di armi nucleari come contrario alla religione musulmana, rimandando agli Stati Uniti le accuse e indicando come vera grande minaccia per il Medioriente, semmai, l'arsenale nucleare israeliano. Il Presidente Ahmadinejad ha proposto la creazione di un organo indipendente, sotto l'egida dell'ONU, incaricato di sovrintendere al disarmo e alla non proliferazione nucleare, parallelamente a un'equa revisione del TNP. Proseguendo nella reazione alle iniziative americane, il 19 aprile l'Iran ha reso noto di aver ormai individuato la località per la costruzione di un ulteriore sito per l'arricchimento dell'uranio.

 

Infine, rispetto al dibattito sulle armi nucleari stazionate in Europa, esso è stato riacceso in primis dal nuovo Governo tedesco subito dopo l'insediamento - e ciò sia dalla cancelliera Merkel che dal Ministro degli esteri Westerwelle, che si sono chiaramente espressi per una eliminazione delle testate nucleari tattiche dal suolo tedesco -: la posizione del nuovo Ministro degli esteri di Berlino ha affiancato a tale iniziativa l’indicazione dell'avvio di una pressante offensiva negoziale verso la Russia per condurla a ridurre anch'essa in modo significativo il numero delle proprie testate nucleari tattiche.

Dopo le prese di posizione tedesche dell'ottobre 2009, nel febbraio 2010 è stata la volta del Belgio, appoggiato da Germania, Olanda, Norvegia e Lussemburgo: le autorità di Bruxelles si sono espresse per il ritiro delle armi nucleari statunitensi ancora conservate in territorio europeo, ponendo così la questione tra quelle aperte per l'Alleanza atlantica. Il Governo belga si è esplicitamente riferito alle iniziative del Presidente USA per rilanciare il disarmo nucleare, nella prospettiva della Conferenza di revisione del TNP. Peraltro sia le autorità tedesche che quelle di Bruxelles hanno escluso qualsiasi iniziativa unilaterale, demandando la soluzione della questione a negoziati interni alla NATO.

L'Alleanza Atlantica ha affrontato il tema nella recente riunione informale dei Ministri degli esteri NATO svoltasi per la prima volta nella capitale estone Tallinn (22-23 aprile 2010). La NATO ha escluso per il momento lo smantellamento delle circa 240 bombe atomiche stazionate in sei paesi europei dell’Alleanza, tra cui l'Italia, giudicando impossibile rinunciare completamente a una dimensione di dissuasione nucleare. In particolare, sono stati gli Stati precedentemente inclusi nel blocco sovietico ad opporsi al ritiro delle testate nucleari, avvertendo ancora la Russia come una possibile minaccia alla loro indipendenza.

Ribadendo gli impegni alla difesa dei paesi dell'Europa centro-orientale, gli Stati Uniti hanno dissuaso da qualsiasi iniziativa unilaterale, preferendo intavolare prima con la Russia un negoziato per un ritiro parallelo di parte dei rispettivi armamenti nucleari tattici sullo scenario europeo. Parimenti d'accordo sulla necessità di una completa concertazione nell'Alleanza Atlantica di qualsiasi iniziativa in materia di disarmo si è detto il Ministro degli Affari esteri italiano Frattini, che ha anche richiamato a considerare costantemente la Russia come necessario interlocutore di ogni discorso riguardante la deterrenza nucleare, il disarmo e la difesa missilistica.

Il comunicato stampa della riunione informale ha messo in evidenza l'accordo dei Ministri sull'importanza della questione nucleare nell'elaborazione del nuovo concetto strategico della NATO, ribadendo che, mentre l'Alleanza Atlantica rimane fortemente impegnata al mantenimento della sicurezza dei propri membri, ciò dovrà avvenire compatibilmente col più basso livello possibile di armamenti nucleari. Dopo aver richiamato con forza alla collegialità di qualunque decisione riguardante la politica nucleare della NATO, il testo afferma la necessità, emersa nella riunione, di mantenere l’equilibrio tra una credibile deterrenza e l'impulso al disarmo e alla non proliferazione nucleare. I Ministri hanno anche convenuto sul fatto che la difesa missilistica è un necessario complemento della deterrenza, e che si dovrà coinvolgere la Russia anche su questo terreno per il bene della sicurezza europea. Tuttavia, la decisione sulla possibilità di assumere le questioni della difesa missilistica come questioni pienamente incorporate dalla NATO verrà assunta nel Vertice di Lisbona, che si svolgerà nel novembre 2010.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




[1]    Si tratta in sostanza degli Stati membri della Conferenza sul disarmo alla data del 18 giugno 1996, ed in possesso di reattori nucleari civili o di reattori nucleari per scopi di ricerca, più comunemente definiti “Stati di soglia”, ovvero in grado di procedere piuttosto rapidamente alla costruzione di propri ordigni nucleari.