Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura | ||
Titolo: | Norme sul riordino degli istituti tecnici Schema di Regolamento n. 133 (art. 17, co. 2, L. 400/1988 e art. 64, co. 4, D.L. 112/2008) Elementi per l'istruttoria normativa | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 120 | ||
Data: | 03/11/2009 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VII-Cultura, scienza e istruzione | ||
Altri riferimenti: |
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3 novembre 2009 |
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n. 120/0 |
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Norme sul riordino degli istituti tecniciSchema di Regolamento n. 133
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Numero dello schema di regolamento |
133 |
Titolo |
Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici |
Ministro competente |
Istruzione, università e ricerca |
Norma di riferimento |
L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, co. 2, e D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 64, co. 4 |
Numero di articoli |
10 |
Date: |
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presentazione |
23 ottobre 2009 |
assegnazione |
27 ottobre 2009 |
termine per l’espressione del parere |
26 novembre 2009 |
Commissione competente |
VII Commissione Cultura |
Rilievi di altre Commissioni |
V Commissione Bilancio |
Lo schema di regolamento si compone di 10 articoli e 4 allegati, che ne formano parte integrante[1].
Esso procede al riordino degli istituti tecnici al fine di offrire una prima risposta articolata ad una serie di urgenze emerse negli ultimi anni. In particolare, la relazione illustrativa cita le necessità di: riconferma dell’identità degli istituti tecnici all’interno del secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione[2] di cui all’art. 1 del d.lgs.226/2005[3]; acquisizione, da parte dei giovani, di competenze spendibili per l’inserimento nel mondo del lavoro e per la prosecuzione degli studi; superamento della frammentarietà dei corsi di studio; maggiore efficienza dei servizi di istruzione.
Per il perseguimento degli obiettivi indicati, lo schema presenta una serie di novità che si applicheranno agli istituti tecnici a partire dalle prime e seconde classi funzionanti nell’a.s. 2010/11. Nello stesso a.s. le terze e le quarte classi proseguiranno secondo i piani di studi previgenti, sino alla conclusione del quinquennio, con un orario, però, di 32 ore settimanali[4] (art. 1).
La relazione tecnica evidenzia che si arriverà ad applicare il riordino a regime su tutti e 5 gli anni di corso nell’a.s. 2013/2014 e motiva la scelta effettuata - rispetto a quella di partire dalla I e III classe - con una maggiore funzionalità ed efficacia.
Con riferimento al profilo dell’identità, l’art. 2 ne individua i tratti salienti in una solida base culturale di carattere scientifico e tecnologico, in linea con le indicazioni della UE, in un numero limitato di indirizzi connessi con i settori più rilevanti per lo sviluppo del paese - anche in relazione alla necessità di valorizzare le sue vocazioni tradizionali -,in una durata quinquennale, che porta al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore. Ribadisce, altresì, che gli istituti tecnici collaborano con le strutture formative accreditate dalle regioni nei Poli tecnico professionali, anche allo scopo di favorire i passaggi fra i sistemi di istruzione e formazione, e che ad essi si riferiscono gli Istituti tecnici superiori[5].
Gli artt. 3, 4 e 5 individuano:
- i 2 settori - economico e tecnologico - in cui si articola l’istruzione tecnica (a fronte degli attuali 10);
- i relativi indirizzi (nell’attuale ordinamento sono 39),pari a 2 per il settore economico (amministrazione, finanza e marketing; turismo) e 9 per quello tecnologico (meccanica, meccatronica ed energia; trasporti e logistica; elettronica ed elettrotecnica; informatica e telecomunicazioni; grafica e comunicazione; chimica, materiali e biotecnologie; sistema moda; agraria e agroindustria; costruzioni, ambiente e territorio);
- l’organizzazione degli stessi.
I percorsi si riferiscono a risultati di apprendimento declinati in competenze, abilità e conoscenze,al fine di facilitare la mobilità sul territorio UE (v. par. su normativa comunitaria).
Gli stessi si articolano in un primo biennio, finalizzato all’assolvimento dell’obbligo di istruzione[6], in un secondo biennio e in un quinto anno, i quali ultimi costituiscono articolazione di un complessivo triennio. Sono caratterizzati da un’area di istruzione generale e da risultati di apprendimento e strumenti organizzativi e metodologici comuni a tutti (di cui ai punti 2.1 e 2.4 dell’all. A) e da aree di indirizzo, nonché da profili culturali e risultati di apprendimento specifici per ciascun settore (di cui, rispettivamente, ai punti 2.2 e 2.3 dell’all. A). Nel secondo biennio e nel quinto anno, le aree di indirizzo specifiche possono, a loro volta, essere articolate, sulla base di un elenco nazionale, in un numero definito di opzioni per corrispondere alle esigenze del territorio e ai fabbisogni formativi espressi dal mondo del lavoro, da attivare comunque nei limiti degli organici determinati a legislazione vigente (art. 5, c. 1, lett. d), e art. 8, c. 2)[7]. Conseguentemente, si prevedono spazi di flessibilità per le scuole entro il 30% nel II biennio e il 35% nel V anno, che si aggiungono alla quota di autonomia del 20% dei curriculi[8].
L’orario complessivo delle lezioni è pari a 1056 ore, corrispondenti a 32 ore settimanali (a fronte dell’orario medio attuale di 36 ore), che comprendono la quota riservata alle regioni e l’insegnamento della religione cattolica.
Il primo biennio è caratterizzato da una prevalenza delle ore dedicate ad insegnamenti di istruzione generale – pari a 660 – rispetto a quelle dedicate ad insegnamenti obbligatori di indirizzo – pari a 396.La scelta è motivata in ragione dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione e dell’acquisizione di saperi e competenze di indirizzo in funzione orientativa, anche per favorire la reversibilità delle scelte degli studenti.
L’allegato A prevede che l’area di istruzione generale ha l’obiettivo di fornire agli studenti la preparazione di base, acquisita attraverso lo sviluppo degli assi culturali che caratterizzano l’obbligo di istruzione: linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale.
Negli ultimi 3 anni, il rapporto si capovolge: infatti,
le ore dedicate agli insegnamenti di istruzione
generale sono
Tra le novità, si segnalano l’inserimento, nel primo biennio di entrambi gli indirizzi, della nuova disciplina “Scienze integrate”, alla quale concorrono le discipline “Scienze della terra e biologia”, “Fisica” e “Chimica”, e la previsione della Storia, unitamente a Cittadinanza e Costituzione (di cui all’art. 1 del DL 137/2008).
Nei percorsi si utilizzano metodologie finalizzate a sviluppare la capacità di analisi e soluzione dei problemi e a lavorare per progetti, e si usano i laboratori (per il settore tecnologico l’art. 4, c. 2, specifica che nel I biennio vi sono 264 ore di laboratorio, nel II biennio 561, nel V anno 330). Inoltre, i percorsi devono favorire un collegamento organico con il mondo del lavoro e delle professioni, incluso il volontariato e il privato sociale. Stage e alternanza scuola lavoro[9] sono, quindi, strumenti didattici.
Ulteriori novità organizzative riguardano la costituzione di:
- dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa;
- un comitato tecnico-scientifico, con composizione paritetica di docenti ed esperti, finalizzato a rafforzare il raccordo tra gli obiettivi educativi della scuola, le innovazioni della ricerca, le esigenze del territorio e i fabbisogni del mondo produttivo[10];
- un ufficio tecnico negli istituti del settore tecnologico, per sostenere la migliore organizzazione dei laboratori (per la copertura dei posti, si veda anche art. 8, c. 5).
Si prevede, altresì,la possibilità di stipulare contratti d’opera con esperti del mondo del lavoro - individuati sulla base di criteri indicati dal comitato tecnico-scientifico - ai fini dell’arricchimento dell’offerta formativa e per competenze specialistiche non presenti nell’istituto, nei limiti degli spazi di flessibilità e delle risorse a disposizione di ogni istituto.
L’art. 6 concerne la valutazione degli studenti e il titolo conseguito. Quanto al primo aspetto, si richiama l’applicazione delle norme vigenti, che sonostate di recente coordinate con DPR 122/2009[11].
Anche all’esame di Stato si applicano le disposizioni vigenti[12]. Nello specifico, si prevede che le prove per la valutazione periodica e finale e per l’esame di Stato devono essere configurate in modo da accertare la capacità dello studente di utilizzare le competenze acquisite in contesti applicativi[13]. A tal fine, si prevede che le commissioni possono avvalersi di esperti del mondo economico e produttivo con documentata esperienza[14].
Al superamento dell’esame di Stato, viene rilasciato il diploma di perito, che indica l’indirizzo seguito e le competenze acquisite, anche con riferimento alle eventuali opzioni. Il titolo consente la prosecuzione degli studi nelleuniversità, nelle AFAM, negli ITS e negli IFTS.
L’art. 7 prescrive il costante monitoraggio dei percorsi degli istituti tecnici, per la loro innovazione. A tal fine, è prevista la costituzione di un Comitato nazionale per l’istruzione tecnica e professionale – con contestuale soppressione delComitato nazionale per l’istruzione e la formazione tecnica superiore[15] - articolato in commissioni di settore,al quale è affidato il compito di formulare proposte al Ministro per aggiornare periodicamente gli indirizzi, i profili e risultati di apprendimento degli istituti tecnici.
Il Comitato è composto da docenti e dirigenti scolastici, esperti del mondo del lavoro, dell’università e della ricerca, esperti indicati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni, dall’UPI, dai Ministeri del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dello sviluppo economico e della gioventù. Esso si avvale dell’assistenza tecnica dell’ANSAS, dell’ISFOL, di Italia Lavoro e dell’IPI.
I risultati di apprendimento sono periodicamente valutati dall’INVALSI, che ne cura la pubblicità, mentre il Ministro presenta ogni 3 anni al Parlamento un rapporto con i risultati del monitoraggio e della valutazione.
L’art. 8 reca disposizioni inerenti il passaggio al nuovo ordinamento. Gli attuali istituti tecnici di ogni tipo e indirizzo confluiscono, a partire dall’a.s. 2010/11, negli istituti tecnici disciplinati dal regolamento, secondo la tabella di cui all’all. D. Gli indirizzi sperimentali corrispondenti ai percorsi liceali funzionanti presso gli istituti tecnici, compresol’indirizzo scientifico tecnologico, sono ricondotti nei nuovi ordinamenti dei licei.
La relazione illustrativa specifica che in alcuni casi è stata prevista la confluenza degli attuali percorsi in più indirizzi o in entrambi i settori, in relazione sia alle specializzazioni che maggiormente caratterizzano la realtà territoriale, sia ai percorsi sperimentali più diffusi.
Il passaggio è accompagnato da azioni per l’aggiornamento del personale della scuola e per informare studenti e famiglie.
Si ricorda che, con nota 10873 del 26/10/2009, il termine per le iscrizioni per l’a.s. 2010/2011 è stato fissato al 27/2/2010, proprio per consentire la piena conoscenza delle novità.
Sono, infine, previsti una serie di adempimenti normativi successivi (si veda l’apposito paragrafo).
L’art. 9 prevede disposizioni finali concernenti, in particolare, l’inderogabilità delle disposizioni del regolamento da parte di norme contrattuali[16], l’invarianza degli oneri per la finanza pubblica, la salvaguardia dell’autonomia delle province autonome di Trento e Bolzano.
L’art. 10, infine, prevede alcune abrogazioni.
Allo schema sonoallegati: la relazione illustrativa[17]; la relazione tecnico-finanziaria; l’analisi tecnico-normativa; l’analisi dell’impatto della regolamentazione; il parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione; alcune note interne al Governo. Non sono allegati il parere del Consiglio di Stato e quello della Conferenza Unificata, per i quali il Governo si riserva la trasmissione non appena acquisiti.
Si ricorda che con lettera inviata al Presidente del Consiglio il 12 febbraio 1998, i Presidenti delle Camere esprimevano l’esigenza che il testo trasmesso alle Camere per il parere avesse completato la fase procedimentale interna all’Esecutivo, tenendo conto anche del parere del Consiglio di Stato.
Di recente, lo stesso invito è stato espresso dal Comitato per la legislazione, in sede di parere su progetti di legge (cfr. sedute del 2/10/2008 e del 14/10/2009).
Lo schema di regolamento è emanato sulla base dell’art. 64, c. 4, del DL 112/2008, convertito dalla L. 133/2008.
L’art. 64 citato ha previsto l’adozione di un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, al fine di conferire al sistema scolastico maggiore efficacia ed efficienza. Essi sono incentrati su 3 linee direttrici:
- ridefinizione degli ordinamenti scolastici;
- revisione delle dotazioni organiche dei docenti e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA);
- dimensionamento della rete scolastica.
Il piano costituisce, ai sensi dell’art. 64 citato, il
presupposto per l’emanazione di regolamenti
di delegificazione, da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in
vigore del decreto, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e
della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze,
sentita
L’art. 17, c. 25, del DL 78/09, convertito dalla L. 102/09, ha stabilito che il termine di cui all’art. 64, c. 4, del DL 112/08 si intende comunque rispettato con l’approvazione preliminare da parte del CdM degli schemi dei regolamenti.
Ai sensi dell’art. 17, c. 2, della L. 400/1988, come modificato dall’art. 5 della L. 69/2009, i regolamenti di delegificazione sono adottati con DPR, previa deliberazione del CdM, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.
La disciplina dell’istruzione non rientra tra le materie in cui l’UE ha competenza normativa. Ai sensi dell’art. 149 del Trattato, infatti, l’attività dell’Unione si espleta nella deliberazione di indirizzi ed azioni incentivanti, con esclusione esplicita di “qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Le azioni sono, tra l’altro, volte a favorire la mobilità di studenti e insegnanti.
In questo quadro, l’art. 5, c. 1, lett. a), dello schema in esame richiama la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2008 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF).
L’EQF è volta a consentire il confronto tra i sistemi nazionali di qualificazione dei vari paesi. L’elemento chiave è la definizione di otto livelli di riferimento che descrivono le abilità, le conoscenze e le capacità di chi apprende, spostandosi così l’attenzione dagli input dell’apprendimento – quale, ad es., la durata degli studi – ai risultati finali dell’apprendimento stesso.
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18http://ec.europa.eu/dgs/education_culture/publ/pdf/eqf/broch_it.pdf
L’art. 7, c. 1, prevede che il Comitato nazionale per l’istruzione tecnica e profess. è costituito con decreto MIUR. Il c. 3 prevede il periodico aggiornamento di indirizzi, profili e risultati di apprendimento con decreto MIUR, emanato previo parere del CNPI e delle Commissioni parlamentari (ex art. 8 DPR 275/1999).
L’art. 8, c. 2, prevede che con decreto di natura non regolamentare MIUR, di concerto con il MEF, previo parere della Conferenza Stato-regioni-province autonome, sono definiti: le indicazioni nazionali su competenze, abilità e conoscenze; i criteri e le modalità per l’articolazione delle aree di indirizzo in opzioni; i criteri per il raccordo fra vecchio e nuovo ordinamento nelle II classi funzionanti nell’a.s. 2010/11; la rideterminazione dei quadri orario a partire della III e IV classi funzionanti nell’a.s. 2010/11 secondo il vecchio ordinamento, ma con un orario di 32 ore settimanali.
L’art. 8, c. 3, prevede che con decreti di natura non regolamentare dei Ministri indicati al c. 2, sono definiti: le classi di concorso del personale docente e l’articolazione delle cattedre; i criteri generali per l’insegnamento in inglese di una disciplina non linguistica nel quinto anno; gli indicatori per la valutazione e l’autovalutazione degli istituti tecnici.
In relazione all’art. 8, c. 3, lett. a), dello schema, si segnala che l’art.
64, c. 4, lett. a), del DL 112/08
prevede che l’intervento sulle classi di concorso sia attuato con regolamento
di delegificazione ex art. 17, c.
Lo schema di regolamento in questione è stato approvato dal Consiglio dei Ministri del 12 giugno 2009.
Nella premessa, occorre inserire il riferimento al parere delle Commissioni parlamentari.
All’art. 6, c. 1,
sembrerebbe opportuno sostituire le parole “dal regolamento emanato ai sensi dell’art.
3, comma 5, del medesimo decreto legge” con le parole “e dal DPR 22 giugno
2009, n.
Occorrerebbe chiarire il raccordo tra l’art. 7, c. 3, e l’art. 8, c. 1, lett. a), che sembrano far riferimento, in parte, allo stesso oggetto (risultati di apprendimento e loro indicatori), prevedendo, però, due procedure attuative diverse.
All’art. 8, c. 3, lett. a), sarebbe opportuno chiarire il riferimento all’intervento sulle classi di concorso (v. parag. precedente).
All’art. 10,
al fine di definire una data e termini certi per l’abrogazione, sembrerebbe
opportuno riformulare il c. 1 come segue: ““
a) al primo periodo, le parole: “gli istituti tecnici hanno per fine precipuo quello di preparare all'esercizio di funzioni tecniche od amministrative, nonché di alcune professioni, nei settori commerciale e dei servizi, industriale, delle costruzioni, agrario, nautico ed aeronautico”;
b) l’ultimo periodo.
Non sembrerebbe, infatti, necessaria la soppressione delle parole “gli istituti tecnici” al c. 2 del medesimo art. 191 (che, invece, dovrebbe essere aggiornato per altri profili).
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File: CU0163a.doc
[1] Essi definiscono: il profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo per gli istituti tecnici (All. A); gli indirizzi, i profili e i quadri orari (All. B e C); la tabella di confluenza dei percorsi del vecchio ordinamento nel nuovo (All. D).
[2] Il D.L. 7/07, modificando l’impianto del II ciclo delineato dalla L. 53/03 e dal d.lgs. 226/05 - articolato nel sistema dell’istruzione, costituito dai licei, e nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, di competenza regionale - ha ripristinato i percorsi di istruzione secondaria superiore effettuati negli istituti tecnici e professionali. Il d.lgs. 226/05 sostituiva tali percorsi con due indirizzi liceali (economico e tecnologico). L‘avvio della riforma, inizialmente previsto per l’a.s. 2007/08, è stato più volte prorogato e da ultimo fissato a partire dall’a.s. 2010/11 (art. 37, c. 1, del DL 207/2008).
[3] Quest’ultimo prevede la possibilità di cambiare scelta tra i percorsi liceali e, all'interno di questi, tra gli indirizzi, nonché di passare dai percorsi liceali a quelli dell'istruzione e formazione professionale, e viceversa.
[4] Nel parere del 22/7/2009, il CNPI evidenzia che la previsione di modificare gli orari delle classi successive alla prima dal prossimo a.s. nega il diritto alla continuità educativa.
[5] Le linee guida per la riorganizzazione del sistema dell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore e la costituzione degli Istituti tecnici superiori sono state adottate con DPCM 25 gennaio 2008, che dà attuazione alla legge finanziaria 2007 (art. 1, c. 631 e 875) e al DL 7/2007 (art. 13, c. 2). Il DPCM prevede che gli ITS realizzano percorsi di durata biennale volti a far conseguire un diploma di specializzazione tecnica superiore riferito alle aree tecnologiche considerate prioritarie dagli indirizzi nazionali di programmazione economica, con riferimento al quadro strategico dell’Ue (si tratta di efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il made in Italy, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali, tecnologie dell’informazione e della comunicazione). Per integrare stabilmente risorse pubbliche e private, gli ITS sono configurati secondo il modello della fondazione di partecipazione, nell’ambito dei piani territoriali di intervento deliberati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano. Gli istituti tecnici e professionali ne costituiscono gli enti di riferimento.
Nei piani territoriali continuano a svilupparsi i percorsi IFTS, di durata annuale, per il conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore, con l’obiettivo di corrispondere a fabbisogni formativi di tecnici superiori in settori diversi dalle aree tecnologiche sopra elencate.
Il DPCM indica anche misure per favorire la realizzazione in via sperimentale dei poli tecnico-professionali, per rendere stabile e organizzata la collaborazione degli istituti tecnici e professionali con le strutture formativeaccreditate e con il mondo del lavoro e delle professioni.
[6] Quest’ultimo è stato fissato in 10 anni dall’art. 1, c. 622, della L. finanziaria 2007, e può espletarsi sia all’interno del percorso scolastico che del sistema dell’istruzione e formaz. professionale. Il d.lgs. 226/05 ha, quindi, stabilito che, assolto l’obbligo di istruzione, nel secondo ciclo si realizza il diritto dovere all’istruzione e formazione di cui al d.lgs.76/05. Infine, il Regolamento 22 agosto 2007, n.139 ha definito l'acquisizione dei saperi e delle competenze previsti dai curricula relativi ai primi due anni degli istituti di istruzione secondaria superiore.
[7] Gli all. B) e C) individuano già alcune opzioni.
[8] Definita dai DM 28/12/2005 e 13/6/2006, n. 47.
[9] Di cui al d.lgs. 77/2005.
[10] Su tali organismi il CNPI esprime alcune perplessità.
[11] Emanato ai sensi dell’art. 3, comma 5, del DL 137/2008.
[12] L. 425/1997, come modificata dalla L. 1/2007.
[13] L’art. 3 della L. 425/1997, come modificato dall’art. 1 della L. 1/2007, prevede che negli istituti tecnici le modalità di svolgimento delle prove tengono conto della dimensione tecnico-pratica e laboratoriale delle discipline coinvolte e possono articolarsi anche in più di un giorno di lavoro. Con specifico riferimento alla terza prova, stabilisce, poi, che essa è espressione dell'autonomia didattico-metodologica ed organizzativa delle istituzioni scolastiche ed è strettamente correlata al POF utilizzato da ciascuna di esse. Essa è a carattere pluridisciplinare, verte sulle materie dell'ultimo anno di corso e consiste nella trattazione sintetica di argomenti, nella risposta a quesiti singoli o multipli ovvero nella soluzione di problemi o di casi pratici e professionali o nello sviluppo di progetti.
[14] L’art. 4 della L. 425/1997, come modificato dall’art. 1 della L. 1/2007, stabilisce che la commissione di esame è composta da non più di 6 commissari, dei quali 50% interni e 50% esterni all'istituto, più il presidente, esterno. I commissari esterni sono nominati tra i docenti di istituti statali di istruzione secondaria superiore.
[15] Istituito ai sensi dell’art. 69 della L. 144/1999.
[16] Si richiama l’art. 2, c. 2, del d.lgs. 165/2001, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, che prevede che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del codice civile e dalla legge sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel decreto. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ciò sia espressamente previsto dalla legge.
[17] Essa evidenzia che si è tenuto conto delle proposte formulate dalle parti sociali, dai collegi e dagli ordini professionali competenti.
[18] Alla data di stampa, il parere non è disponibile. Fonti di stampa riferiscono parere favorevole, a maggioranza delle regioni.