Allegato B
Seduta n. 253 del 5/12/2007

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

CECCUZZI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono sempre più frequenti i casi, ad esempio nella provincia di Siena, nei quali gli uffici dell'Agenzia delle entrate avviano procedure di accertamento nei confronti di società, imputando a queste ultime maggiori redditi rispetto a quelli regolarmente dichiarati in applicazione della normativa sugli studi di settore;
ciò sta generando un ingente contenzioso, in quanto le imprese interessate hanno proposto, nella maggior parte dei casi, ricorsi, molti dei quali sono stati accolti dalle commissioni tributarie provinciali;
gli uffici dell'amministrazione finanziaria hanno spesso impugnato tali pronunce, sostenendo che le commissioni tributarie avrebbero dimenticato completamente il fatto che i dati rilevati dagli studi di settore costituiscono, di per sé, una prova legale e relativa, e che l'onere della prova contraria spetta al contribuente;
il 2 agosto 2007 il Governo, rappresentato dal sottosegretario all'economia Mario Lettieri, ha dichiarato durante il dibattito nell'Aula del Senato, che «sia per gli studi di settore che per gli indici di normalità economica valgono: la presunzione semplice, la non automaticità degli accertamenti e l'onere della prova a carico dell'amministrazione finanziaria» -:
se corrispondano al vero le informazioni sopra riportate e se gli orientamenti del Governo siano cambiati rispetto all'intervento del sottosegretario Lettieri del 2 agosto 2007; e dunque se esistano circolari che danno indicazione alle sedi periferiche dell'Agenzia delle entrate di ricorrere, sulla base dell'assunto secondo il quale gli

studi di settore rappresentano di per sé una prova legale, in dispregio delle norme di legge e dei pronunciamenti più volte espressi da esponenti del Governo in materia e che ne hanno ribadito la natura di presunzione semplice.
(5-01837)

LEO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il regime speciale Iva per il settore dell'editoria prevede l'assolvimento dell'imposta totale sul prezzo di copertina dei beni da parte dell'editore, cosicché i soggetti che intervengono successivamente nella commercializzazione del prodotto hanno il diritto a detrarre l'imposta sugli acquisti, ma non possono immediatamente compensarla con l'imposta sulle vendite, con la conseguenza che tali soggetti sono costantemente a credito (articolo 74, comma 1, lettera c), articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633 e del decreto ministeriale 29 dicembre 1989);
il regime speciale di cui trattasi è regolamentato con il decreto ministeriale del 29 dicembre 1989, emanato in base alla delega di cui all'articolo 74, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e reca tutte le disposizioni relative alle modalità di applicazione del regime speciale; in particolare tale decreto dispone che le cessioni all'esportazione e intracomunitarie di beni editoriali, effettuate dai rivenditori rientrino nel campo di applicazione dell'imposta con la conseguenze che, qualora il volume delle operazioni di cui sopra superi il 25 per cento del volume d'affari, tali soggetti possono richiedere il rimborso trimestrale ai sensi degli articoli 38-bis, comma 2, e 30, comma 2, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
qualora non ricorra l'ipotesi individuata di cui alla lettera b) del citato articolo 30 i rivenditori di beni editoriali si trovano nella incertezza sulla norma da applicare al fine di ottenere il rimborso su base trimestrale; infatti, avuto riguardo alla formulazione dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le operazioni poste in essere dai rivenditori possono essere qualificate: 1) come operazioni ad aliquota zero e rientrare nel calcolo dell'aliquota media di cui alla lettera a); 2) come cessioni all'esportazione o cessioni intracomunitarie e rientrare nel calcolo di cui alla lettera b);
l'inclusione delle operazioni di cessione di prodotti editoriali fra le ipotesi di cui alla lettera a) dell'articolo 30 viene accettata da parte di alcuni uffici delle entrate in applicazione della circolare ministeriale 13/450224 del 5 marzo 1990, nella quale viene precisato che ai fini del calcolo dell'aliquota media, occorre prendere in considerazione «tutte quelle operazioni, anche non soggette all'imposta, a condizione che risultino oggettivamente rilevabili dalla contabilità regolarmente tenuta, escluse quelle che costituiscono autonomo titolo di legittimazione al rimborso»;
dette operazioni, infatti, ancorché considerate fuori campo Iva per effetto dell'articolo 74, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono oggetto di regolare fatturazione e registrazione in quanto poste in essere fra rivenditori professionali e, quindi, sono oggettivamente rilevabili;
nonostante quanto previsto dalla citata circolare ministeriale, risulta che alcuni uffici delle entrate non consentono l'inclusione delle operazioni attive (cessione di prodotti editoriali) ai fini del calcolo dell'aliquota media, con una palese violazione del principio di effettività della detrazione e di uguaglianza, oggetto, fra l'altro, della sentenza della Corte di Giustizia CE del 15 marzo 2007 nella Causa C-35/05 -:
se non si ritenga di dover intervenire per fornire gli opportuni chiarimenti, in via amministrativa ovvero mediante opportuna integrazione del decreto ministeriale 29 dicembre 1989, al fine di evitare

l'instaurarsi di un probabile contenzioso sia dinanzi alle commissioni tributarie che alla Corte di Giustizia.
(5-01838)

GIOACCHINO ALFANO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 4, comma 4-bis, del decreto-legge n. 300 del 2006 aveva prorogato il termine per il completamento degli investimenti per i quali è possibile fruire dei crediti d'imposta di cui all'articolo 8 della legge n. 388 del 2000, prevedendo che, per coloro i quali hanno ottenuto il riconoscimento al credito d'imposta nel 2005 e nel 2006, gli investimenti agevolati possono essere completati, rispettivamente, entro il 31 dicembre 2007 ed entro il 31 dicembre 2008;
l'Agenzia delle entrate, con proprio comunicato del 21 marzo 2007, ha tuttavia indicato che la fruizione dei predetti crediti d'imposta, relativamente agli investimenti non ancora completati entro il 31 dicembre 2006, è sospesa, in attesa della specifica autorizzazione da parte della Commissione europea, prescritta ai sensi dell'articolo 88 del Trattato UE;
il comma 27 dell'articolo 3 del disegno di legge finanziaria 2008, attualmente all'esame della Camera, sopprime la sopra richiamata disposizione del decreto-legge n. 300 del 2006, che aveva prorogato il termine per il completamento degli investimenti per i quali era possibile fruire del predetto credito d'imposta;
inoltre, il comma 27 dell'articolo 3 stabilisce che le risorse finanziarie preordinate all'erogazione dei crediti d'imposta siano ridotte in modo consistente, e versate al bilancio dello Stato;
tale tematica già stata oggetto di due precedenti atti di sindacato ispettivo a firma del sottoscritto interrogante, in risposta all'ultimo dei quali il rappresentante del Governo, nella seduta della Commissione finanze del 1o agosto scorso, ha dichiarato che la Commissione europea ha avviato un procedimento di indagine con riferimento alla predetta misura, ritenendo che sussistano dubbi circa la sua compatibilità con la normativa comunitaria in materia di mercato comune;
il tumultuoso susseguirsi di norme in materia, e l'assenza assoluta di indicazioni chiare e definitive da parte dell'Amministrazione finanziaria, ha posto gli imprenditori interessati all'agevolazione in una condizione di gravissima incertezza, che impedisce loro di programmare adeguatamente i propri investimenti produttivi -:
quali siano le ragioni che hanno indotto il Governo a proporre la soppressione del citato articolo 4, comma 4-bis, del decreto-legge n. 300 del 2006, in particolare se esse siano connesse con una valutazione definitivamente negativa espressa dalla Commissione europea in merito a tale previsione, e quali urgenti misure intenda adottare per fare chiarezza in materia e per tutelare l'affidamento di quegli imprenditori che hanno programmato i propri investimenti contando sulla fruibilità del credito d'imposta.
(5-01839)

Interrogazione a risposta scritta:

PEDRINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Direttiva 98/29/CE del Consiglio dell'Unione Europea, relativa all'armonizzazione delle principali disposizioni in materia di assicurazione dei crediti all'esportazione, ha stabilito una netta distinzione tra: a) le garanzie assicurative e fideiussorie per esportazioni di merci e servizi di origine di uno Stato membro destinate fuori dall'Unione Europea che implicano un periodo di rischio totale di durata pari o superiore a due anni, complessivamente denominate «assicurazione dei rischi non di mercato» e b) tutte le altre garanzie connesse all'attività di esportazione indicate come «assicurazione dei rischi di mercato»;

la Direttiva 98/29/CE stabilisce che l'assicurazione dei rischi non di mercato possa essere espletata con garanzie concesse direttamente o indirettamente per conto, con il sostegno o con la garanzia di uno Stato membro, a condizione che siano rispettati dei principi di armonizzazione indicati dalla direttiva medesima;
la citata Direttiva 98/29/CE è stata integralmente recepita nell'ordinamento della Repubblica italiana con il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 95;
l'articolo 6 del decreto legislativo 30 settembre 2003, n. 269, nello stabilire la trasformazione dell'ente pubblico SACE in SALE SpA, ha disposto, al comma 2, che le azioni della società medesima fossero attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze e che nomine dei componenti degli organi sociali fossero effettuate d'intesa con vari altri Ministeri;
l'articolo 6 del decreto legislativo 30 settembre 2003, n. 269 ha ribadito, al comma 9, che, al pari di quelli già assunti dall'ente pubblico SACE, anche gli impegni assunti da SACE SpA nello svolgimento dell'assicurazione dei rischi non di mercato sono garantiti dallo Stato, mentre, al comma 12, si prevede che la SACE SpA possa svolgere l'attività assicurativa dei rischi di mercato o dotandosi di una contabilità separata rispetto a quella relativa alle attività che beneficiano della garanzia dello Stato o costituendo allo scopo una società per azioni; in quest'ultimo caso, la partecipazione azionaria di SACE SpA non può essere inferiore al 30 per cento;
l'articolo 6 del decreto legislativo 30 settembre 2003, n. 269, al comma 17, stabilisce che, «sulla base di una apposita relazione predisposta dalla SACE SpA, il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce annualmente al Parlamento sull'attività svolta dalla medesima.»;
di conseguenza, resta stabilito, sulla base delle vigenti disposizioni di legge, che SACE SpA è una società pubblica per la quale è esclusa qualsiasi partecipazione da parte di soggetti privati, partecipazione che invece è consentita in SACE BT SpA, società che è stata costituita da SACE SpA per esercitare l'assicurazione dei rischi di mercato;
la stampa finanziaria nazionale preannuncia da giorni un'apertura del capitale della società SACE ai privati; infatti, secondo un progetto attribuito ad un alto dirigente del Ministero dell'economia e delle finanze, dovrebbe, a breve, essere nominato un advisor che dovrebbe studiare, secondo un documento citato da Il Sole 24 ore del 23 novembre 2007, «la sussistenza di possibili interessi di soggetti privati italiani, italiani e/o esteri, per un'ipotesi di apertura del capitale della società»;
le notizie di stampa non specificano se la programmata collocazione sul mercato riguardi il capitale sociale di SACE SpA oppure di SACE BT SpA; tuttavia, il tono generale degli articoli di stampa e le notizie in essi forniti si riferiscono sicuramente a SACE SpA, specie il richiamo al valore di oltre 6 miliardi di euro del patrimonio e agli ingenti utili che non sono frutto dell'attività assicurativa ma degli investimenti degli asset patrimoniali -:
se la diffusione di notizie sulla pretesa collocazione sul mercato di azioni di SACE sia stata autorizzata o comunque consentita dal Ministero dell'economia e delle finanze;
se il Ministro interrogato intenda confermare che il capitale della società pubblica SACE SpA non può essere in alcun modo essere collocato sul mercato;
quali siano le valutazioni del Ministro interrogato in ordine ad un'eventuale iniziativa del Ministero che presiede in ordine all'espletamento, mediante onerose consulenze, del compito di accertare un interesse di soggetti imprecisati alla collocazione sul mercato di partecipazioni azionarie di cui il Ministero stesso non può in alcun modo disporre;
quali siano i motivi per cui il Ministro interrogato ha ritenuto di sottrarsi,

negli anni 2005 e 2006, all'obbligo di informativa del Parlamento sancito dal citato articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 30 settembre 2003, n. 269.
(4-05808)