Allegato B
Seduta n. 228 del 22/10/2007

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della giustizia, il Ministro delle politiche europee, per sapere - premesso che:
il Premio Nobel per la pace 2007 è stato assegnato ad Al Gore ed al Comitato delle Nazioni Unite per i cambiamenti

climatici (IPCC) «per i loro sforzi per costruire e diffondere una conoscenza maggiore sui cambiamenti climatici provocati dall'uomo e per porre le basi per le misure necessarie a contrastare tali cambiamenti»;
l'esigenza di politiche transnazionali a tutela dell'ecosistema è stata sostenuta anche dalla Conferenza nazionale 2007 sui cambiamenti climatici, il 12 e 13 settembre 2007 a Roma, sia in relazione alle possibili strategie di mitigazione delle cause dei cambiamenti climatici, sia alle strategie di adattamento destinate ad incidere sugli effetti dei cambiamenti;
a conclusione della Conferenza, l'appello, sollecitato dal Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, sottoscritto da scienziati di ogni parte del mondo, riconosce come la protezione dell'ambiente e il benessere delle società umane costituiscano un binomio inscindibile i cui problemi siano determinati non solo da ragioni naturali ma, in particolare, da cause antropiche, in altri termini da responsabilità umane nel provocare i cambiamenti climatici e indica nella assunzione di regole e di responsabilità condivise e transnazionali la condizione per «un ripristino e un restauro del funzionamento degli ecosistemi naturali»;
le conclusioni della Conferenza Nazionale sui Cambiamenti climatici, in prospettiva della partecipazione italiana alla Conferenza di Bali che si terrà nel dicembre 2007 - la tredicesima conferenza delle parti che hanno sottoscritto la Convenzione sui cambiamenti climatici - e dunque della negoziazione del patto Kyoto 2, indicano nella «strategia per l'adattamento sostenibile e la sicurezza ambientale» gli impegni prioritari del Governo italiano sul piano nazionale e internazionale;
la definizione giuridica del concetto di catastrofe ambientale ha come riferimento essenziale il protocollo di Kyoto e l'individuazione della stabilità del clima quale entità da preservare in ragione di un accordo globale il cui fondamento sia una valutazione condivisa della integrità dell'ecosistema;
il 15 settembre 2005, la Corte di giustizia europea, annullando la decisione quadro 2003/80 assunta dal Consiglio europeo, ha confermato le «competenze della Comunità ad adottare misure relative al diritto penale connesse con la tutela dell'ambiente»;
conseguentemente la Commissione europea ha deciso di ritirare la proposta di direttiva sulla tutela penale dell'ambiente predisposta nel 2001 con riferimento alle norme del Trattato istitutivo della Comunità europea, e di elaborare una nuova direttiva in sostituzione sia della direttiva del 2001 che della decisione quadro del 2003;
la proposta di direttiva «prevede un elenco di reati ambientali gravi, per lo più già contemplati dalla decisione quadro annullata, che era stata adottata all'unanimità nel 2003 (...). Nella maggior parte dei casi la punibilità di determinate attività dipende dal fatto che esse arrecano (o rischiano di arrecare) un grave pregiudizio alle persone o all'ambiente»;
in relazione «alle ampie disparità tra gli Stati membri nella definizione dei reati ambientali» la proposta di direttiva «istituisce uno standard comunitario minimo per la definizione dei reati contro l'ambiente, introduce un sistema di responsabilità penale simile per tutte le persone giuridiche e fissa l'entità delle pene per i reati ambientali particolarmente gravi. In questo modo sarà garantito che questi ultimi vengano trattati secondo modalità simili in tutti gli Stati membri»;
la proposta di direttiva, tuttavia, «non è diretta ad armonizzare completamente la legislazione penale degli Stati membri» e lascia a questi ultimi «un ampio margine di discrezionalità nella sua attuazione»;
l'International Academy of Environmental Sciences, associazione presieduta dal premio Nobel per la pace Adolfo Perez

Esquivel, in occasione della Conferenza mondiale sul tema «Salute, Ambiente e Giustizia» tenutasi a Venezia il 23 e il 24 novembre 2006, ha proposto di estendere le competenze della Corte penale internazionale, istituita nel 2002, ai temi della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema;
intervenire sulle competenze della Corte penale internazionale è più complesso della armonizzazione della legislazione penale dei paesi membri dell'Unione europea e dell'adattamento dei diversi ordinamenti giuridici alle prescrizioni contenute nelle direttive adottate per l'attuazione e il rispetto della normativa ambientale dell'Unione Europea;
a tale fine, nel 2009, con il voto dei due terzi degli Stati che nel 2002 hanno sottoscritto il trattato che ha istituito la Corte penale internazionale, sarebbe possibile modificare lo statuto della Corte ed includere il disastro ambientale intenzionale fra i delitti contro l'umanità su cui la Corte stessa ha competenza a giudicare;
la Carta per il riconoscimento del disastro ambientale intenzionale quale crimine contro l'umanità, approvata dagli organi direttivi dell'Accademia internazionali di scienze ambientali il 13 settembre 2006, afferma: (...) che, prendendo in esame l'ultimo trentennio, viene in evidenza come una prioritaria importanza debba essere riconosciuta al ventennio 1972-1992; che quel periodo ha infatti registrato un progressivo maturarsi della coscienza collettiva sulla gravità del problema ambiente, non più considerato quale «questione» locale (comunale, regionale e nazionale) ma quale «problema» planetario; che questo fatto è stato poi caratterizzato da una crescente «sete» di conoscenza giuridico-scientifica da parte dell'Umanità e dalla consapevolezza della necessità di dover disporre di una tutela preventiva e repressiva, di una Giustizia che introducesse sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive; che in questo contesto l'ONU ha promosso iniziative culturali (vd. Conferenze, a partire da Stoccolma, fino alla Conferenza di Rio del 1992 e seguenti) e normative (Piani di azione, approvazione dello Statuto di Roma); che parimenti l'UE ha seguito il medesimo indirizzo intervenendo sia sul piano culturale (vedi le numerose Conferenze e dibattiti promossi) che su quello normativo (programmi d'azione, Atto Unico Europeo, i Trattati di Maastricht, Amsterdam e Nizza nonché la Costituzione Europea); che, sempre nella medesima direzione, molteplici sono gli eventi politico-istituzionali-culturali che confermano il diffondersi di una politica di «Giustizia internazionale», volta a dare risposte e soluzioni effettive; che in tal senso esattamente alcuni studiosi hanno sottolineato come nell'ultimo decennio vi siano stati «importanti elementi di legalità»; che in tale contesto politico-culturale «importanti segni istituzionali di legalità» sono venuti dalla U.E. che, in risposta alla violazione di diritti dell'Uomo ed alle ripetute aggressioni all'ambiente, ha adottato significativi provvedimenti; che in tal senso un principio è stato costantemente affermato, ossia quello per cui è necessario adottare scelte normative idonee a garantire una giustizia effettiva attraverso l'inserimento di pene proporzionate, effettive e dissuasive; che la finalità di tali pene è quella di una «risposta severa» ai reati ambientali, così come previsto tra l'altro dalla Decisione-quadro 9, relativa alla repressione dell'inquinamento provocato dalle navi; che tale assunto, affermato in diversi settori, è stato sottolineato in tema di ambiente con particolare vigore e ricorrenza; che, contestualmente, un ampio dibattito si è sviluppato sul tema della tutela internazionale dell'ambiente, dibattito, ontologicamente e per sua stessa natura, collegato alla grande questione della qualificazione - ed ambito di applicazione - dei cosiddetti crimini contro l'Umanità; che pertanto, occorre chiedersi: Se ed in quali termini i grandi disastri ambientali manifestatisi con distruzioni di eco-sistemi e/o di vite umane possano esser giuridicamente ritenuti crimini contro l'Umanità;
osservato che: partendo dalla dizione giuridica di cui all'articolo 7 dello Statuto

di Roma «...per crimine contro l'umanità si intende uno degli atti di seguito elencati, se commesso nell'ambito di un esteso o sistematico attacco contro popolazioni civili, e con la consapevolezza dell'attacco: ... k) altri atti inumani di analogo carattere diretti a provocare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi danni all'integrità fisica o alla salute fisica o mentale» occorrerà poi specificare qualità e limiti dell'estensione, riferita innanzitutto all'elemento materiale della condotta aggressiva (territoriale e/o temporale) e della sua sistematicità; si debba, soprattutto, evidenziare come il reato contro l'Umanità sia ormai concepito quale figura criminosa più ampia, e dunque non più necessariamente correlata ad eventi bellici (vedi Carta di Rio, 1992, e Conferenza di Johannesburg, 2002); sul punto potrà essere di sicuro ausilio la giurisprudenza elaborata per alcuni importanti casi, nonché noti principi posti alla base del diritto internazionale; oltre al dato interpretativo, ossia alla giurisprudenza ora richiamata, sembra non vi possa essere dubbio alcuno sul dato normativo internazionale (Convenzioni e Trattati, Costituzione Europea) e Comunitario. Pertanto, alla luce delle considerazioni fin ora esposte, occorre chiedersi quale tutela internazionale si vada sviluppando in campo di protezione delle risorse ambientali e se sia possibile giungere all'istituzione di una Corte Penale Internazionale dell'Ambiente; quella che ieri sembrava un'utopia potrebbe oggi diventare realtà considerato che per realizzare una giurisdizione penale internazionale dell'ambiente si può procedere con le forme della revisione dello Statuto della Corte Penale Internazionale ex articolo 121, 122 e 123; in particolare, attraverso la proposizione di emendamenti, è possibile introdurre nello Statuto della Corte Penale Internazionale nuove figure di reato, come ad esempio il disastro ambientale intenzionale quale crimine contro l'umanità e, pertanto, giungere ad una codificazione di forme di tutela transfrontaliera degli ecosistemi; l'articolo 7 dello Statuto di Roma definisce crimine contro l'umanità quell'atto commesso nell'ambito di un «esteso o sistematico attacco contro popolazioni civili, con la consapevolezza dell'attacco»; si tratta quindi di specificare ambito e portata dei termini «attacco» ed «esteso», termini proposti con riferimento all'elemento materiale della condotta aggressiva, circostanza questa che può anche comportare il coinvolgimento dell'elemento materiale «territoriale» ossia dei coinvolgimento di due o più Stati ovvero «temporale» (nel senso degli effetti dannosi sull'ambiente e/o la salute degli individui), tenendo a mente che, oltre alla chiara lettera della norma richiamata (articolo 7 Statuto), soccorre al riguardo un orientamento culturale ed istituzionale diffuso in base al quale il reato contro l'Umanità ha assunto una portata ampia, ove il crimine non sarebbe più necessariamente correlato ad eventi bellici; l'entrata in funzione della Corte Penale Internazionale dell'Ambiente, quale Organo permanente delle Nazioni Unite, specificatamente competente in tema di delitti in campo ambientale e per il risarcimento dei danni ambientali, costituisce idea già diffusasi da anni in sede internazionale ed anche in diversi meetings di studiosi in materia; nell'ambito dei lavori della Conferenza di Johannesburg (2002), ad esempio, veniva costituito un gruppo di 120 magistrati, «di verde togati», provenienti da tutto il mondo, per discutere sulla proposta di istituire un'Alta Corte competente ad inquisire l'eco-crimine e a sanzionare gli eco-delinquenti; la Corte dovrebbe avere ampi poteri con competenza anche per i «crimini ecologici» e con il potere di adottare provvedimenti di natura cautelare, nelle situazioni di emergenza e fungere, in caso di necessità, anche da fonte legislativa per dare contenuto a vuoti normativi specifici;
conseguentemente l'Accademia internazionale di scienze ambientali conferma i principi e valori già affermati nella «carta per lo studio e la protezione degli ecosistemi» che costituisce parte integrante dei presente atto ed integra i detti principi con i contenuti della presente «carta per una corte penale internazionale dell'ambiente per la protezione della salute dell'uomo, del pianeta terra e dei suoi

ecosistemi»; invita gli stati parte firmatari dello statuto della corte penale internazionale a promuovere nelle forme che ogni Stato riterrà di adottare, una campagna di sensibilizzazione politico-istituzionale per la presentazione, autonoma e/o concertata, di emendamento/i allo statuto e per l'inserimento del disastro ambientale intenzionale quale crimine contro l'umanità; ovvero a chiedere sempre per i medesimi fini, la convocazione di una conferenza, ai sensi dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale; invita l'U.E., ed, innanzitutto, la Commissione europea ed il Parlamento europeo, a sostenere la presente «carta» ed ogni iniziativa finalizzata al perseguimento istituzionale di tutela citato; invita gli Stati firmatari dello statuto istitutivo della corte penale internazionale, le organizzazioni internazionali di protezione ambientale, le regioni, europee ed extraeuropee, i comuni firmatari della campagna della sostenibilità urbana, le università europee ed extraeuropee, gli ordini professionali (magistrati, avvocati, medici, chimici, fisici...), la stampa internazionale e le reti televisive di grande comunicazione a sostenere, nelle forme ritenute più idonee la presente «Carta»;
a sostegno della Carta per il riconoscimento del disastro ambientale intenzionale quale crimine contro l'umanità, il 30 agosto 2007 i Premi Nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel e il Dalai Lama hanno presentato il seguente appello, sottoscritto da centinaia di personalità internazionali in cui si sostiene che: «... Ogni soggetto che abbia intenzionalmente causato un disastro ambientale dovrà essere giudicato dalla Corte penale internazionale dell'ambiente che potrà garantire una reale tutela dell'ambiente con sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive». E si invitano «tutte le istituzioni competenti a promuovere ogni iniziativa per sostenere l'iniziativa IAES e l'istituzione a Venezia della corte penale internazionale dell'ambiente e per far riconoscere il disastro ambientale intenzionale come crimine contro l'umanità ed invitiamo tutti i cittadini della nostra madre terra a dare ogni positivo contributo per la realizzazione di questo grande progetto di difesa dell'ambiente e far sì che quest'ultimo venga considerato patrimonio dell'umanità.»;
la Corte Costituzionale con la sentenza n. 62 del 2005 ha sostenuto che «l'ambiente non è una materia in senso tecnico, ma un valore costituzionale» richiamando in tal modo la sentenza n. 641 del 1987 con la quale si stabiliva come «il fatto che l'ambiente possa essere fruibile in varie forme e differenti modi, così come possa essere oggetto di varie norme che assicurano la tutela dei vari profili in cui si estrinseca, non fa venir meno e non intacca la sua natura e la sua sostanza di bene ordinario che l'ordinamento prende in considerazione. L'ambiente è protetto come elemento determinativo della qualità della vita. La sua protezione non persegue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l'esigenza di un "habitat" naturale nel quale l'uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini, secondo valori largamente sentiti; è imposta anzitutto da precetti costituzionali (articoli 9 e 32 Cost.), per cui esso assurge a valore primario ed assoluto»;
a tali princìpi si è ispirata la proposta di legge costituzionale di modifica all'articolo 9 della Costituzione in «materia di tutela dell'ambiente e degli animali», presentata dal primo firmatario della presente interpellanza all'inizio della XV legislatura. Nella relazione della proposta si afferma infatti che: «L'introduzione nella Costituzione della tutela degli ecosistemi, della protezione delle biodiversità e del rispetto degli animali «...» appare conforme al principio dell'unitarietà dell'ambiente definito dalla giurisprudenza costituzionale.». «Se la salvaguardia dell'ambiente - prosegue la relazione della proposta di legge costituzionale - va intesa come "diritto fondamentale della persona ed interesse fondamentale della collettività", se dunque si "tende a una concezione unitaria del bene ambientale e comprensiva di tutte le risorse naturali e culturali", la definizione di istituti giuridici di protezione comprende "la conservazione, la

razionale gestione e il miglioramento delle condizioni naturali (aria, acqua, suolo e territorio in tutte le sue componenti), l'esistenza e la preservazione dei patrimoni generici terrestri e marini, di tutte le specie animali e vegetali che in esso vivono allo stato naturale e in definitiva la persona umana in tutte le sue estrinsecazioni. Ne deriva - secondo la Corte - la repressione del danno ambientale cioè del pregiudizio arrecato, da qualsiasi attività volontaria o colposa alla persona, agli animali, alle piante e alle risorse naturali (acqua, aria, suolo, mare), che costituisce offesa al diritto che vanta ogni cittadino individualmente e collettivamente"»;
analogamente il disegno di legge delega presentato dal Governo su iniziativa del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro della giustizia, il 22 maggio 2007, - «Disposizioni concernenti delitti contro l'ambiente. Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della relativa disciplina» - ricorda che «la tutela dell'ambiente è stata riconosciuta come principio immanente all'ordinamento sia dalla Corte Costituzionale che dalla Corte di Cassazione» con la già citata sentenza n. 210 del 28 maggio 1987 che assume come norme costituzionali di riferimento l'articolo 9, secondo comma, e l'articolo 32 della Costituzione;
nella relazione del disegno di legge il Governo osserva che la Costituzione «all'articolo 117, secondo comma, lettera s) nel riservare alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia della "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali", riconosce esplicitamente la valenza costituzionale di tali beni. Non vi è dubbio pertanto che l'ambiente come bene giuridico di rilievo costituzionale, possa essere oggetto di tutela penale contro comportamenti che possano comprometterne l'esistenza e l'equilibrio»;
il Governo ricorda inoltre come: «Il Consiglio d'Europa adottò a Strasburgo il 4 novembre 1998, la Convenzione (sottoscritta dall'Italia il 6 novembre 2000, ma non ratificata) sulla protezione dell'ambiente attraverso la legge penale, sulla cui falsariga è stata successivamente adottata la decisione quadro del Consiglio dell'Unione europea 2003/80/GAI, del 27 gennaio 2003. Tale decisione quadro, su ricorso della Commissione europea, è stata annullata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee il 13 settembre 2005 (causa C176/03), non con riferimento a profili di merito, ma perché la materia della protezione dell'ambiente è stata ritenuta di competenza comunitaria, e non di "terzo pilastro". La recente proposta di direttiva sulla tutela penale dell'ambiente riprende, con degli aggiustamenti, il testo della decisione quadro, cui ha aggiunto il delitto di deterioramento di un habitat protetto.»;
«nella relazione del disegno di legge - osserva il Governo - sono state seguite linee guida mutuate in larga parte dagli strumenti normativi comunitari e sovranazionali. In primo luogo, si è scelto di non riservare la tutela penale dell'ambiente al solo ambito codicistico. È stato ritenuto, infatti, che le contravvenzioni meramente "formali" (mancanza di autorizzazione o violazione delle prescrizioni contenute nella stessa), nonché i reati di cosiddetto pericolo astratto (superamento di soglie di inquinamento predeterminate dalla legge), debbano continuare, per la loro stretta prossimità con la normativa di carattere tecnico, a essere disciplinate dalla normativa extracodicistica in materia di ambiente e segnatamente dal cosiddetto "codice dell'ambiente" (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), riservandosi al codice penale la materia dei delitti, colposi o dolosi, di pericolo concreto o di danno. Questa soluzione appare in maggiore sintonia con un codice penale incentrato sul rigoroso rispetto del principio di offensività del reato e coerente con le indicazioni provenienti dall'Unione europea. In secondo luogo, si è optato di strutturare i reati in ragione del crescente grado di offesa al bene giuridico tutelato: dal pericolo concreto, al danno, fino al "disastro ambientale". In terzo luogo si è scelto di riconoscere ai delitti introdotti natura dolosa,

prevedendo poi la punibilità di talune fattispecie di reato a titolo di colpa»;
«occorre sottolineare - osserva inoltre il Governo - come la citata proposta di direttiva imponga la punibilità almeno della "colpa grave", ferma restando la possibilità per gli Stati membri di perseguire penalmente anche i reati commessi per semplice negligenza»;
il nostro ordinamento penale, si legge nella relazione al disegno di legge delega sopra citato, «ignora il concetto di colpa grave come limite interno per la punibilità di determinate condotte». «Del resto, l'opportunità di inserire nel codice una definizione di colpa grave e la difficoltà di un'enucleazione dei suoi contenuti concreti hanno costituito oggetto di lungo dibattito in seno alla Commissione di riforma del codice penale presieduta dal professor Giuliano Pisapia, proprio per l'estrema delicatezza della tematica. Si ritiene pertanto che, in assenza di una definizione espressa della stessa da parte del legislatore, non sia possibile, allo stato, prevedere la punibilità a titolo di colpa grave.» -:
quali indirizzi il Governo intenda assumere affinché nel nostro ordinamento penale sia prevista la punibilità a titolo di colpa grave, in coerenza con quanto espresso nelle direttive dell'Unione europea in materia di reati ambientali;
quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di presentare proposte di revisione dello Statuto della Corte penale internazionale che estendano le competenze della Corte a giudicare sui disastri ambientali intenzionali, ex articolo 123 del medesimo statuto secondo cui «sette anni dopo l'entrata in vigore del presente Statuto, il Segretario generale delle Nazioni Unite convocherà una conferenza di revisione per esaminare tutti gli emendamenti presentati in merito alla lista di reati di cui all'articolo 5 dello Statuto.».
(2-00797) «Boato, Francescato, De Zulueta, Balducci, Cassola».

Interrogazioni a risposta scritta:

PORETTI, BELTRANDI, D'ELIA, MELLANO e TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'attuale Presidente della Consob, professor Lamberto Cardia è stato nominato membro della «Commissione nazionale per le società e la Borsa» per la prima volta il 10 aprile del 1997 dal Governo di Romano Prodi ed è stato confermato, sempre come membro, l'11 aprile del 2002 dal Governo di Silvio Berlusconi;
l'articolo 1 comma 3 della legge istitutiva della Consob (216/74) dice che: «La Commissione è composta da un presidente e da quattro membri ... Essi durano in carica cinque anni e possono essere confermati una sola volta»;
il Prof. Cardia, nell'aprile del 2007, scaduto il suo mandato di cinque più cinque anni, avrebbe dovuto concludere la sua missione di Commissario senza più possibilità di rinnovo;
nel 2003, l'allora Governo Berlusconi, chiedendo un parere al Consiglio di Stato, lo ha nominato con decreto del Presidente della Repubblica del 30 giugno 2003, Presidente della Consob per 5 anni e non fino alla scadenza del suo mandato (aprile 2007) come commissario, come era consuetudine;
secondo l'Aduc (associazione per i diritti degli utenti e consumatori), di fatto tutti gli atti che la Commissione ha compiuto dall'aprile 2007 fino ad oggi, e quelli che compirà fino alla scadenza della presidenza Cardia, cioè giugno 2008, potrebbero essere impugnati per illegittimità della commissione -:
quali provvedimenti il Governo intenda prendere per evitare il verificarsi della situazione descritta.
(4-05332)

ANGELA NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nell'articolo dal titolo «La casta di scorta» L'Italia in rosso spreca soldi in consulenze, pubblicato sul quotidiano nazionale Libero del 10 ottobre 2007, compare l'elenco degli incarichi del Governo, ripartiti tra i vari ministeri;
tra i Ministeri che presentano a loro carico il maggior numero di consulenti o di affidamento di incarichi, appaiono quelli dei Beni Culturali e dell'Ambiente;
scorrendo la lista dei consulenti facenti capo al Ministero dell'Ambiente, sempre pubblicata sul citato quotidiano nazionale, compare il nome di Adamo Nicola, il quale percepirebbe la cifra di 87.797,67 euro annui;
sul sito telematico del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il nome del dott. Nicola Adamo compare tra i componenti del Comitato per la vigilanza sull'uso delle Risorse Idriche, istituito dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36;
nel settore relativo ai comunicati stampa, sempre nel sito telematico del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, si legge della riunione di insediamento del Comitato di Vigilanza per le Risorse Idriche (Coviri) in data 21 marzo 2007 -:
se il dott. Nicola Adamo sia la stessa persona che attualmente ricopre la carica di Vice Presidente del Consiglio Regionale della Calabria o se si tratta di semplice omonimia;
se ritengano compatibile l'incarico di componente del Coviri nel caso in cui questo coincidesse con quello di Vice Presidente della Giunta Regionale, considerato che il Comitato in questione ha il compito di «garantire l'osservanza dei principi della legge di riforma dei servizi idrici, con particolare riferimento all'efficienza, efficacia ed economicità del servizio, alla regolare determinazione ed al regolare adeguamento delle tariffe, nonché alla tutela degli interessi degli utenti» e pertanto il «controllore» coinciderebbe con il «controllato», peraltro nella Regione Calabria, da anni in gestione «emergenza ambientale».
(4-05333)

FAVA, ALESSANDRI, ALLASIA, BRIGANDÌ e PINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in data 21 luglio 2007 il consigliere comunale del Gruppo Lega Nord Padania, Ivan Gualerzi in relazione all'espletamento del proprio mandato consiliare, chiedeva copia della documentazione protocollata al n. 6107/2005 presso il Comune di Viadana e consistente in una missiva proveniente dall'Ordine degli Avvocati di Mantova;
con lettera dell'8 agosto 2007 veniva negato l'accesso all'atto richiesto, con il conseguente ricorso da parte del medesimo consigliere al difensore civico del Comune, il quale riconosceva, in data 18 settembre 2007 che il diniego di accesso appariva viziato oltre che per violazione di legge, anche per eccesso di potere sotto il profilo dell'illogicità della motivazione in quanto il Consigliere richiedente non poteva conoscere preventivamente il contenuto del documento prima di averlo visionato trattandosi di una missiva indirizzata dall'ordine degli Avvocati di Mantova a due funzionarie comunali iscritte all'albo degli avvocati nell'elenco speciale dei professionisti che esercitano l'attività presso enti pubblici;
neppure può negarsi che essendo l'atto richiesto riferito ad un incarico di consulenza legale conferito dal Comune a professionisti esterni il contenuto del medesimo rivestisse un interesse per il richiedente nella sua qualità di Consigliere comunale;
nonostante il difensore civico del Comune di Viadana espressamente abbia riconosciuto l'illegittimità del diniego di

accesso, il Segretario comunale del medesimo comune con propria lettera del 9 ottobre 2007 ha ribadito il diniego all'accesso da parte dell'amministrazione comunale -:
se, alla luce dell'episodio descritto in premessa ed in considerazione dei poteri di vigilanza riconosciuti alla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, non ritenga necessario assumere ogni iniziativa volte a chiarire che il diniego di accesso nei confronti di consiglieri comunali debba essere considerato in termini assolutamente residuali anche rafforzando, in tali circostanze, il valore giuridico del parere reso dal difensore civico.
(4-05337)