Allegato B
Seduta n. 225 del 17/10/2007

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INTERNO

Interpellanza:

La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
a due anni di distanza dall'omicidio dell'ex Vicepresidente del Consiglio Regionale calabrese, dottor Francesco Fortugno, risultano ancora ignoti moventi e reali mandanti di un delitto, definito da subito «politico-mafioso»;
le attuali risultanze investigative, derivanti in gran parte dalle dichiarazioni di due pentiti, Bruno Piccolo e Domenico Novella, e oggetto della corrente fase processuale, hanno individuato presunti killer e mandante in uomini affiliati alla cosca Cordì della 'ndrangheta locrese;
le stesse citate risultanze investigative non hanno a tutt'oggi fatto trapelare, almeno all'esterno, alcun mandante o movente che richiamino responsabilità del mondo politico calabrese, lasciando apparire come esclusivamente mafioso l'omicidio del dottore Fortugno;
nella giornata di lunedì 15 ottobre 2007, a due anni dal delitto Fortugno, si è suicidato Bruno Piccolo, il primo dei due pentiti che hanno portato al processo giudiziario in corso;
il suicidio di Bruno Piccolo sarebbe avvenuto nel pomeriggio di lunedì 15 ottobre 2007 e la notizia è stata data in prima pagina, martedì 16 ottobre 2007 (giorno del secondo anniversario dell'uccisione del dottor Fortugno), da un solo

quotidiano regionale calabrese, il cui direttore è originario di Locri (Reggio Calabria);
Bruno Piccolo si sarebbe suicidato nella località segreta dove viveva, agli arresti domiciliari, da oltre un anno;
nei due anni intercorsi dal delitto Fortugno sono accaduti alcuni fatti che, ad avviso dell'interrogante, risultano privi di reali motivazioni;
la relazione d'accesso che ha portato al commissariamento dell'ASL di Locri, nonostante sia stata pubblicata in parte su qualche sito telematico e su qualche quotidiano calabrese, risulta a tutt'oggi segretata e non è dato sapere se nella stessa sono state monitorate le funzioni che all'interno dell'ASL in questione hanno i diversi parenti del dottore Fortugno;
nonostante il commissariamento dell'ASL di Locri, conseguente alla citata relazione d'accesso, non si è registrato, a quanto risulta all'interrogante alcun intervento giudiziario nel merito;
il giorno successivo all'arresto dei presunti mandante e basista del delitto Fortugno, il magistrato titolare della relativa inchiesta, Giuseppe Creazzo, è stato chiamato ad un alto incarico presso il Ministero della giustizia;
pressoché nello stesso periodo è stata trasferita in altra sede giudiziaria, Roberta Nunnari, il magistrato titolare dell'indagine sull'attentato a Saverio Zavettieri, ex assessore regionale alla cultura, nel mentre su qualche quotidiano si paventava un possibile collegamento tra questo attentato e l'omicidio Fortugno;
l'interrogante non può fare a meno di chiedersi le ragioni del trasferimento del magistrato Roberta Nunnari;
la vedova Fortugno è stata oggetto di numerose lettere minatorie fattele pervenire stranamente sempre in prossimità di qualche udienza del processo in corso;
in questi ultimi mesi sono stati trasferiti tutti i vertici istituzionali e delle forze dell'ordine della provincia reggina che in questi due anni hanno contribuito alle indagini sull'omicidio Fortugno -:
di quali elementi dispongano in relazione al suicidio del pentito Bruno Piccolo;
se non ritengano di dovere desecretare la relazione d'accesso che ha portato al commissariamento dell'ASL di Locri;
quale sia il motivo che ha portato all'alto incarico affidato al giudice Giuseppe Creazzo, il giorno successivo all'arresto dei presunti mandante e basista dell'omicidio Fortugno;
quale sia il motivo dei numerosi trasferimenti di vertici istituzionali e delle Forze dell'Ordine che hanno contribuito alle indagini sull'omicidio Fortugno.
(2-00790) «Angela Napoli».

Interrogazioni a risposta scritta:

MIGLIOLI e GHIZZONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito modenese si è realizzato un sistema di soccorso caratterizzato da un forte decentramento sul territorio con una forte sinergia tra il Comando dei Vigili del Fuoco gli enti locali il personale stesso dei vigili teso a garantire ai cittadini una risposta rapida ed efficace;
in più occasioni sugli organi di stampa modenesi si sono denunciate le crescenti difficoltà che il personale del Comando Provinciale e dei distaccamenti territoriali incontra nello svolgimento dell'attività di soccorso nel territorio della provincia di Modena;
ora a causa delle carenze di personale, in particolare di quello qualificato questo sistema rischia di essere messo in crisi come denunciato dalle Organizzazioni Sindacali dei Lavoratori che hanno tra l'altro organizzato per il prossimo 19

ottobre un'ulteriore giornata di iniziative al fine di denunciare la grave situazione;
in particolare si chiede il riconoscimento del Distaccamento di Vignola come sede permanente, dunque con l'assegnazione del relativo personale;
questa sede istituita nel 2000 come presidio doveva poi essere trasformata in distaccamento permanente; nel 2003 il Ministero degli interni ha emanato il decreto di istituzione ma con la categoria «Misto» -:
se e in quali tempi sia prevista la trasformazione del distaccamento di Vignola in sede permanente con l'assegnazione del relativo personale qualificato necessario al corretto funzionamento del Distaccamento stesso ciò al fine di non vanificare gli sforzi di questi ultimi anni per garantire il servizio di soccorso adeguato al territorio della provincia di Modena.
(4-05266)

MASCIA, ZACCARIA, FRIAS, BONELLI, VENIER, DI SALVO e AMICI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la notte del 7 agosto 2007, 7 pescatori tunisini imbarcati su due pescherecci (il Mortadha e il Mohammed) partiti dal porto tunisino di Teboulba hanno intercettato due gommoni con a bordo 44 migranti tra i quali 11 donne e 2 bambini che stavano naufragando nel braccio di Mediterraneo tra Tunisi e Lampedusa con un mare forza 4;
compiuta l'attività di salvataggio l'equipaggio dei due pescherecci è stato arrestato appena entrato nel porto di Lampedusa con l'accusa di favoreggiamento della clandestinità a scopo di lucro;
dalle carte del processo, ancora in corso, risulta chei clandestini, originari di Sudan, Eritrea, Etiopia, Marocco, Togo e Costa d'Avorio, si erano imbarcati il 4 di agosto in una spiaggia libica e che il soccorso è avvenuto a 37 miglia da Lampedusa e a 80 miglia da Tunisi, in acque internazionali;
sempre secondo quanto dichiarato durante il processo dal comandante di una delle due imbarcazioni tunisine (confermato poi da alcune testimonianze dei naufraghi) il primo mezzo intervenuto, quello della Guardia di Finanza, avrebbe inizialmente intimato ai pescherecci di avvicinarsi alle acque dell'isola di Lampedusa. Solo dopo una visita medica che avrebbe escluso una emergenza SAR i mezzi della capitaneria di porto hanno poi intimato agli stessi di fare rotta verso le coste nordafricane facendo segni a gesto che in caso contrario sarebbero stati arrestati;
nel frattempo, date le condizioni del mare, le imbarcazioni tunisine avevano comunque deciso di far sbarcare i naufraghi in territorio italiano. Alcuni tra loro sono stati immediatamente ricoverati in ospedale, di cui due donne incinte, smentendo dunque, secondo gli interroganti, la versione confusa del medico che aveva escluso una emergenza SAR;
l'articolo 54 del codice penale, che fa riferimento allo stato di necessità come causa esimente che esclude la responsabilità penale di chi agevola un ingresso irregolare nel territorio italiano, si amplia sensibilmente per effetto del dettato dell'articolo 12 del Testo Unico dell'immigrazione del 1998 che afferma espressamente che non costituiscono reato le attività di soccorso e di assistenza umanitaria nei confronti degli stranieri in condizione di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato come pure che l'obbligo dello Stato di cooperare per la conclusione dell'operazione di soccorso in mare, consentendo lo sbarco dei naufraghi, impone comportamenti consequenziali che prescindono dal potere dello Stato stesso di perseguire i presunti favoreggiatori (comandante ed equipaggio) o di adottare verso i clandestini i provvedimenti previsti dalla legge;
nella ricostruzione fornita dalle autorità italiane alla magistratura sembra

non abbia assunto alcun rilievo che tra i naufraghi vi potessero essere, e vi siano realmente, potenziali richiedenti asilo, il tutto in esplicita violazione del divieto di refoulement previsto dall'articolo 33 della Convenzione di Ginevra. Tutte le pratiche di respingimento in mare rivolte indistintamente verso un gruppo di migranti che comportano un'assenza di identificazione individuale, configurano infatti la violazione del divieto di respingimento collettivo poiché impediscono nei fatti un esame delle singole posizioni e una assistenza legale, disattendendo così sia gli articoli 10 e 24 della Costituzione italiana sia le norme di salvaguardia dei diritti dell'uomo stabiliti nella Carta di Nizza del 2000 e dalla Convenzione Europea;
lunedì 10 settembre è stata concessa la liberazione di 5 dei 7 pescatori tunisini mentre i due capitani delle navi (Abdelbasset Jenzari e Kamel Ben Khlifa) sono stati trattenuti agli arresti domiciliari con l'obbligo di non lasciare la Sicilia -:
se al momento in cui i pescherecci effettuavano l'intervento di salvataggio fosse già intervenuta l'autorizzazione dello stato di bandiera (la Tunisia) come prescritto dalle convenzioni internazionali;
per quali ragioni l'attività delle forze dell'ordine preposte in occasione del blocco dei due pescherecci tunisini nelle acque del canale di Sicilia sia stata rivolta esclusivamente ad escludere la ricorrenza di una emergenza sanitaria (SAR), con accertamenti medici ad opinione degli interroganti sommari e contraddittori, mentre alcuna misura immediata di soccorso è stata adottata nei confronti di persone che si trovano in condizioni di salute tali da richiedere un ricovero urgente in ospedale subito dopo lo sbarco a Lampedusa;
quali siano state le intese operative con la Tunisia, maturate durante le operazioni di salvataggio condotte dai due pescherecci tunisini e su quale base legale siano fondate;
quali misure legislative o amministrative si intendono varare per rendere effettivo l'accesso alla procedura di asilo in attuazione all'articolo 10 della Costituzione italiana anche nei casi come quelli verificati in occasione del salvataggio dei naufraghi da parte dei pescatori tunisini, posto che si sa per certo che almeno 8 migranti salvati in quella occasione, di nazionalità eritrea e sudanese, hanno fatto istanza di asilo e sono stati ammessi alla relativa procedura;
quali siano state le disposizioni impartite dal Ministero dell'interno;
quale politica intenda adottare il Governo italiano a fronte degli accordi stipulati tra i diversi paesi europei previsti dall'Agenzia di controllo delle frontiere esterne (Frontex) per garantire la difesa della vita umana e del diritto di asilo;
se non si ritenga opportuno promuovere una iniziativa congiunta per modificare il decreto interministeriale del 14 luglio del 2003 che fa riferimento ad una zona contigua alle acque territoriali precisando così le competenze di controllo e di soccorso;
se non si ritenga opportuno emanare una norma di interpretazione dell'articolo 12 del Testo Unico sull'immigrazione circa gli interventi di salvataggio in acque internazionali;
se non si ritenga utile formalizzare l'accesso delle associazioni di tutela dei diritti dei migranti nei luoghi di frontiera;
se come iscritto nel Programma dell'Unione, il governo intenda sottoporre a ratifica del Parlamento tutti gli accordi bilaterali, compresi quelli esistenti, previa eventuale rinegoziazione nell'ambito di un'azione diplomatica generalizzata per il pieno rispetto dei diritti dei migranti in base alla Convenzione di Ginevra e alla Convenzione ONU per i diritti del fanciullo.
(4-05282)