Allegato B
Seduta n. 217 del 4/10/2007

TESTO AGGIORNATO AL 6 NOVEMBRE 2007

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ANGELI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
riscuotere la pensione italiana in Argentina costa molto e il totale importo viene trasformato in dollari Usa al cambio vigente nel giorno di riscossione;
la Banca che eroga la pensione trattiene una percentuale dell'1,15 per cento per la propria commissione e su tale cifra viene addebitata al pensionato l'IVA del 21 per cento;
le spese sono tutte a carico del pensionato anche se costui abita in una zona impervia della Nazione ospitante;
non sempre l'erogazione del dovuto assegno pensionistico giunge in Argentina, in questo caso, nei tempi dovuti -:
se non sia possibile evitare che l'importo della pensione sia decurtato delle suddette ritenute;
perché il pensionato è obbligato a riscuotere la sua pensione in dollari Usa e non in valuta corrente nel Paese in cui dimora;
perché, se dall'Italia viene inviata una somma in euro tramite una delle varie società di trasferimento di denaro, il ricevente riscuote l'importo in euro e con la pensione avviene diversamente;
perché il pensionato debba pagare l'IVA del 21 per cento su un servizio in favore della banca?
(4-02784)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame l'Inps ha fatto, preliminarmente, presente che l'Istituto centrale delle banche popolari, è risultato aggiudicatario della gara di appalto per l'affidamento del servizio di pagamento delle pensioni all'estero.
Con l'espletamento della nuova gara si è cercato di migliorare la qualità del servizio nei confronti dei pensionati italiani residenti all'estero attraverso la personalizzazione dei servizi offerti.
A tale scopo, accogliendo le richieste da più parti rappresentate circa il pagamento delle commissioni bancarie e i tempi di erogazione della pensioni, sono state introdotte dall'Inps una serie di innovazioni quali: moneta di pagamento l'Euro o valuta locale, pagamento il primo giorno utile del mese, modalità di pagamento con accredito in conto corrente, oppure in contanti allo sportello, bonifico bancario domiciliato,
card, massima diffusione territoriale della rete bancaria estera, importo della pensione esente da qualsiasi commissione, servizi di assistenza diretta al cliente, servizi di front-office presso la Struttura delle convenzioni internazionali, implementazione delle procedure informatiche relative alle nuove modalità di pagamento e scambio telematico dei dati con gli Istituti di credito, informazioni sullo stato della pensione nelle 24 ore successive alla richiesta.
L'Istituto ha comunicato, poi, che per quanto concerne la riscossione della pensione in Argentina, la Banca corrispondente dell'Istituto delle banche popolari italiane è

il Banco Itau con una rete di 1.725 sportelli dislocati su tutto il territorio argentino.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.

BELLILLO. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
nel sistema scolastico italiano i docenti inidonei all'insegnamento per motivi di salute, svolgono un prezioso lavoro come docenti bibliotecari e costituiscono una risorsa sia per le molteplici esigenze didattiche, sia per l'arricchimento culturale degli allievi;
riconfermando l'articolo 35 della Finanziaria 2003, la Finanziaria 2007 prevede che di fatto tali docenti siano trasferiti nel settore amministrativo, lasciando le biblioteche senza personale e tempo pieno;
se tale provvedimento fosse effettivamente attuato, i docenti in questione subirebbero un danno economico calcolato a euro 250/300 mensili;
inoltre la maggior parte di questi docenti ha frequentato corsi di formazione e master, a carico del Ministero della pubblica istruzione, acquisendo una completa professionalità, che andrebbe perduta, e comunque svilita e dequalificata con la mobilità verso altre mansioni -:
se non ritenga che i docenti inidonei impegnati nelle biblioteche scolastiche debbano continuare a svolgere il loro prezioso lavoro, continuando e percepire il trattamento economico previsto per la qualifica di appartenenza, come contemplava la circolare n. 675 del 1997;
se non ritenga utile l'istituzione della figura professionale del docente bibliotecario, regolata da apposita normativa;
quali azioni intenda attivare per una mobilità volontaria, sostenuta dal riconoscimento del livello stipendiale e dell'anzianità in ruolo e fuori ruolo;
se sia stata ipotizzata la soluzione di un prepensionamento tutelato per quei docenti inidonei impegnati come bibliotecari, che intendano lasciare il lavoro.
(4-04253)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame riguardante il personale docente dichiarato inidoneo all'insegnamento di cui all'articolo 35, comma 5, della legge n. 289 del 2002 (Finanziaria 2003), si comunica quanto segue.
Su tale problematica, come è nota all'interrogante, l'articolo 1, comma 608, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007), ha stabilito quanto segue: «il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione predispone, di concerto con il Ministro della pubblica istruzione, un piano organico di mobilità, relativamente al personale docente permanentemente inidoneo ai compiti di insegnamento e collocato fuori ruolo. Tale piano, da definire entro il 30 giugno 2007, tiene conto prioritariamente dei posti vacanti, presso gli uffici dell'amministrazione scolastica, nonché presso le amministrazioni pubbliche in cui possono essere meglio utilizzate le professionalità del predetto personale. In connessione con la realizzazione del piano, il termine fissato dalle disposizioni di cui al citato articolo 35, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è prorogato di un anno, ovvero fino al 31 dicembre 2008».
A seguito di quanto stabilito dal citato articolo, si è proceduto ad una ricognizione del predetto personale presso gli Uffici scolastici regionali al fine di ottenere i nominativi di tutti i docenti dichiarati permanentemente inidonei e le notizie sui titoli di studio, sulle abilitazioni e specializzazioni, sulle esperienze e titoli professionali, posseduti o acquisiti da ciascuno di loro.
Tale elenco è stato inviato il 4 maggio 2007 alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Ministero per le riforme e le innovazioni nella Pubblica amministrazione - Dipartimento della funzione pubblica; il 19 giugno 2007 si è effettuato il primo incontro tra i rappresentanti di questo

Ministero ed il Ministero dell'economia e delle finanze.
Si comunica, infine, che in data 27 giugno 2007 è stata sottoscritta dai Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze, della pubblica istruzione e le organizzazioni sindacali l'intesa per l'azione pubblica a sostegno della conoscenza, che prevede l'individuazione delle soluzioni più appropriate di riqualificazione e riconversione professionale del personale appartenente a classi di concorso in esubero, nonché di utilizzo del personale dichiarato permanentemente inidoneo alla funzione docente.

Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.

DELLA VEDOVA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la legge 27 dicembre 2006, n. 296 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)» prevede all'articolo 1, comma 1189 dispone che «Ai fini della collocazione in mobilità, entro il 31 dicembre 2007, ai sensi dell'articolo 4 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, le disposizioni di cui all'articolo 1-bis del decreto-legge 14 febbraio 2003, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 81, si applicano, avuto anche riguardo ai processi di riorganizzazione, ristrutturazione, conversione, crisi o modifica degli assetti societari aziendali, anche al fine di evitare il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria, nel limite complessivo di 6.000 unità, a favore di imprese o gruppi di imprese i cui piani di gestione delle eccedenze occupazionali siano stati oggetto di esame presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale nel periodo dal 1 gennaio 2007 al 28 febbraio 2007. Alle imprese sottoposte alle procedure di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, ed al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, nonché alle imprese del settore dell'elettronica sottoposte a procedure concorsuali e ubicate nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia sono riservate rispettivamente 1.000 e 500 delle unità indicate nel periodo precedente. Gli oneri relativi alla permanenza in mobilità, ivi compresi quelli relativi alla contribuzione figurativa, sono posti a carico delle imprese per i periodi che eccedono la mobilità ordinaria. Ai lavoratori ammessi alla mobilità in base al presente comma si applicano, ai fini del trattamento pensionistico, le disposizioni di cui all'articolo 11 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e alla tabella A allegata al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, come sostituita dalla citata legge n. 724 del 1994, nonché le disposizioni di cui all'articolo 59, commi 6, 7, lettere a) e b), e 8, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni. Le imprese o i gruppi di imprese che intendono avvalersi della presente disposizione devono presentare domanda al Ministero del lavoro e della previdenza sociale entro il 31 marzo 2007. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2007, di 59 milioni di euro per l'anno 2008 e di 140 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009;
in data 19 febbraio il Ministero del Lavoro ha annunciato che 2.000 lavoratori di Fiat Auto andranno in mobilità lunga e prepensionamento ai sensi dell'articolo 1, comma 1189 della legge finanziaria;
l'annuncio è precedente il termine del 28 febbraio previsto in norma per sottoporre all'esame del Ministero del Lavoro i piani di gestione delle eccedenze occupazionali ed è precedente il termine del 31 marzo, entro il quale le imprese interessate ad avvalersi dei benefici previsti possono rivolgere domanda al Ministero del Lavoro;
da fonte giornalistica (Repubblica, 20 febbraio 2007) si è appreso che, a fronte del limite complessivo di 6.000 unità previsto

dalla Finanziaria per la messa in mobilità lunga ed il prepensionamento, sarebbero pervenute al Ministero richieste di imprese o gruppi di imprese riguardanti 40.000 lavoratori, a dimostrazione dell'esistenza di un ampio interesse per il provvedimento;
nel tenore della norma in oggetto nulla consente di concludere che l'assegnazione dei benefici previsti sia in qualche modo «predeterminabile» a vantaggio dei lavoratori di Fiat; una corretta applicazione della norma non consentirebbe, a un mese e mezzo dalla scadenza del termine per le richieste, di individuare i beneficiari del provvedimento;
Fiat Auto non è oggi assimilabile ad una azienda in crisi: il Cda del gruppo Fiat, nel giorno successivo all'annuncio dell'accordo sulla mobilità lunga e sul prepensionamento di 2.000 lavoratori, ha approvato il bilancio 2006 della capogruppo Fiat Auto, con un utile di esercizio di 2.343 milioni (più che doppio rispetto a quello del 2005);
l'articolo 4 (procedura per la dichiarazione di mobilità) della legge della legge 23 luglio 1991, n. 223, richiamato dalla legge Finanziaria, dispone che «L'impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora nel corso di attuazione del programma di cui all'articolo 1 ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare le procedure di mobilità ai sensi del presente articolo» -:
perché e su che base sia stata annunciata la concessione dei benefici previsti dall'articolo 1, comma 1189, della legge Finanziaria 2006 a 2.000 lavoratori di Fiat, quando non sono ancora concluse le procedure previste e dunque non esistono i termini, né di fatto, né di diritto, per stabilire quali lavoratori di quali imprese possano accedere ai benefici della disposizione citata;
se non ritenga che Fiat Auto, alla luce dei dati molto favorevoli relativi all'ultimo utile di esercizio, sia in grado di ricorrere a misure alternative alla mobilità, ad esempio stipulando accordi privati con i lavoratori ed i sindacati per incentivare la fuoriuscita dei lavoratori più anziani in modo da accelerare, ove necessario, il turn over, senza ricorrere all'aiuto pubblico e senza «contendere» ad altre imprese i benefici previsti dalla legge Finanziaria.
(4-02764)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in esame, si comunica quanto segue.
Il gruppo Fiat ha presentato, in data 14 marzo 2007, istanza per accedere alla procedura di mobilità lunga ex articolo 1, comma 1189 della legge 296 del 2006 (Finanziaria 2007).
Tale istanza risulta corredata dall'allegato verbale, di esame congiunto, del piano aziendale di gestione delle eccedenze occupazionali, firmato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, alla presenza dell'Onorevole Prodi e del Ministro del lavoro, nonché di altri membri del Governo.
In tale sede l'Autorità politica procedente ha ritenuto di riconoscere «la sussistenza delle condizioni, ai sensi del comma 1189 della legge 296 del 27 dicembre 2006, per concedere al gruppo Fiat una quota di mobilità lunga, nella misura individuata nell'accordo stipulato fra l'Azienda e le Organizzazioni il 18 dicembre 2006».
Sulla base di tale accordo la richiesta di concessione della mobilità lunga, da parte del Gruppo Fiat, riguarda n. 2.000 lavoratori.
Con Decreto ministeriale 2 maggio pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 104 del 7 maggio 2007, è stato definito il piano di riparto delle 6.000 unità di cosiddetta mobilità lunga, complessivamente previste dal più volte citato comma, fra tutte le imprese e gruppi di imprese che, con le modalità ed entro i termini previsti dalla citata norma, hanno presentato apposita istanza al Ministero del lavoro.
Tale provvedimento, tenendo conto delle indicazioni di cui alla citata norma e di quelle assicurate con Direttiva ministeriale 25 gennaio 2007, recante criteri generali per

la relativa attuazione, nonché del numero delle richieste pervenute - superiori di regola alle disponibilità previste - ha «ritenuto di attribuire al gruppo di imprese il cui piano di gestione delle eccedenze sia stato oggetto di verifica in sede di Presidenza del Consiglio, un numero di mobilità lunga pari alla richiesta» e di dover «adottare per le imprese e gruppi di imprese, i cui piani di gestione delle eccedenze siano stati oggetto di esame presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, percentuali di accoglimento delle richieste pari: - al 24,10 per cento per le imprese o gruppi di imprese con organico fino a 2.000 unità - al 33 per cento per le imprese o gruppi di imprese con organico superiore a 2.000 unità».
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi

DIOGUARDI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 6 agosto 2004 fu emanato un concorso per quaranta posti di vigile del fuoco, riservato agli iscritti nei quadri del personale volontario delle isole di Lampedusa, Lipari e Pantelleria;
tale concorso, al momento della sua emissione, prevedeva, tra i requisiti richiesti, quello dell'età non superiore a 37 anni, disposizione questa che ha impedito ad alcuni dei soggetti interessati che da decenni svolgevano, in maniera lodevole, questa attività di trovare una soluzione lavorativa definitiva;
questo requisito, con l'articolo 11-bis, aggiunto alla legge 17 agosto 2005 n. 168 di conversione del decreto legge 30 giugno 2005, è stato in seguito eliminato, tanto è vero che con bando pubblicato in G.U.R.I - S.S Concorsi - del 7 luglio 2006 n. 18 è stato indetto nuovo concorso per la copertura degli undici posti rimasti vacanti presso la sede di Lipari, riservato al personale volontario in servizio presso quella sede e senza porre limiti di età;
quanto accaduto ha creato una disparità di trattamento che, se non sanata, rischia di levare ogni speranza residua a persone che, per oltre venti anni, hanno svolto l'attività di volontario dei vigili del fuoco presso le isole minori della Sicilia, in una realtà in cui la difficoltà di trovare un lavoro è nota a tutti, ed è ancora maggiore per coloro che hanno superato i quaranta anni di età -:
se non si ritenga doveroso ed urgente, stante anche l'esiguità dei costi, sanare tale situazione, prevedendo, nel caso, un nuovo bando di concorso che non tenga conto dei limiti di età anche per isole di Lampedusa e Pantelleria, al fine di consentire a tutti coloro che, negli anni, hanno svolto un'attività importante di trovare finalmente una stabilità lavorativa.
(4-03358)

Risposta. - Si concorda con quanto evidenziato dall'interrogante in ordine alla necessità di garantire una stabilità lavorativa a coloro che, da anni e in maniera lodevole, svolgono l'attività di volontario nei vigili del fuoco.
Nel caso prospettato, tuttavia, sono necessarie alcune precisazioni.
Ai sensi della legge n. 87 del 31 marzo 2004, è stato espletato il concorso a 40 posti per le isole minori della Sicilia, riservato ai vigili iscritti negli elenchi del personale volontario in servizio presso le sedi di Lampedusa, Lipari e Pantelleria.
Al termine della suddetta procedura concorsuale sono rimasti vacanti 11 posti per la sede di Lipari, mentre per le sedi di Lampedusa e Pantelleria i posti messi a concorso sono stati coperti e nella graduatoria finale, tuttora in corso di validità, vi sono ancora numerosi idonei.
La richiesta di provvedere alla pubblicazione di un nuovo bando di concorso per le isole di Lampedusa e Pantelleria non appare, pertanto, praticabile poiché, anche ove vi fosse disponibilità di posti nelle suddette sedi, si dovrebbe comunque procedere all'assunzione degli idonei.
Resta fermo, in ogni caso, il limite di età di 37 anni per la partecipazione a concorsi riservati nel profilo di vigile del fuoco,

previsto dalla disposizione normativa primaria di cui alla Legge 10 agosto 2000, n. 246.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.

GREGORIO FONTANA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Africa Tremila è un'associazione costituita a Bergamo il 13 novembre 1995 come organizzazione non lucrativa di utilità sociale;
in data 10 maggio 2001, è stata riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri come O.N.G. idonea ad operare per la cooperazione dell'Italia a favore di Paesi in via di Sviluppo;
durante questi anni Africa Tremila ha acquisito esperienza e competenze che le hanno permesso di sviluppare iniziative formative in campo sanitario e artigianale nei paesi in via di sviluppo ed ha collaborato fattivamente con altre Associazioni di volontariato internazionale;
grazie ai contributi ed ai fondi ricevuti, Africa Tremila ha realizzato strutture scolastiche, ospedaliere ed ha contribuito alla formazione ed all'inserimento nel mondo del lavoro di numerosi giovani;
nell'anno 2006 Africa Tremila ha portato avanti un progetto di costruzione di un villaggio nel Bangladesh denominato «Ashar Para» ovvero «Villaggio della Speranza» che sarebbe stato il primo villaggio tutto in muratura, ideale per far fronte ai monsoni e sicuro contro le alluvioni;
durante il mese di ottobre 2006 fu realizzato un filmato in cui si evidenziava che quasi tutto il villaggio era stato completato ed era pronto ad ospitare circa cinquanta nuclei familiari;
nel novembre 2006 il Governo ufficiale del Bangladesh è stato sostituito da un governo di tecnici sostenuto dai militari e nel paese si è diffusa una situazione di caos e incertezza nell'attesa di nuove elezioni, annunciate ma non ancora tenutesi;
il 28 maggio 2007, il villaggio è stato raso al suolo da un gruppo di operai accompagnati dalla polizia che, su incarico della municipalità, hanno demolito le case già completate e quelle in fase di ultimazione -:
se il Ministro sia stato informato di tali avvenimenti ed in che modo intenda procedere con il governo provvisorio della Repubblica del Bangladesh;
come il Ministro intenda tutelare i nostri connazionali presenti sul territorio, anche in considerazione del fatto che i rappresentanti delle minoranze religiose, come ad esempio quella cattolica, sono spesso esposti ad episodi di violenza e sopraffazione come quello in questione.
(4-04091)

Risposta. - Le 40 casette del villaggio sono state abbattute dalla Khulna Development Authority (KDA), l'ente municipale responsabile dello sviluppo della città, in quanto costruite di recente e senza autorizzazione su di un terreno acquistato dalla Diocesi di Khulna il 23 aprile 2006.
La richiesta di demolizione era stata avanzata qualche mese fa e contro di essa era stato proposto un immediato ricorso. A fine febbraio, il Nunzio Apostolico e il nostro Ambasciatore a Dhaka hanno inoltre fatto dei passi ufficiali presso il Ministero degli esteri chiedendo un intervento presso le autorità locali per riconsiderare la decisione informando le altre Ambasciate e la Presidenza di turno dell'Unione europea della situazione che si era venuta a creare a Khulna.
Gli interventi fatti sono serviti a far rientrare l'accusa che circolava circa l'uso delle case per convertire famiglie mussulmane, accusa assai grave che poteva avere ripercussioni molto gravi anche su altre iniziative che i missionari, italiani ma non solo, portano avanti nel Paese ben oltre le casette di Khulna. Evidentemente però gli interventi non sono serviti a fermare le demolizioni.

Più in generale, da gennaio in Bangladesh è in vigore lo stato di emergenza ed un Governo provvisorio che gode dell'appoggio esterno delle Forze armate e che dovrebbe portare il Paese alle elezioni politiche generali. Per creare le condizioni favorevoli alle elezioni il Governo ha iniziato alcune importanti riforme istituzionali ed una campagna contro la corruzione che ha già portato all'arresto di numerosi ex-ministri, esponenti politici di tutti i partiti, dirigenti della pubblica amministrazione ed imprenditori. Di questa campagna fa parte anche il recupero di terreni pubblici usurpati od occupati, l'abbattimento di strutture illegalmente costruite o che comunque violino leggi o permessi. Sono stati abbattuti molti negozi, case e in particolare a Dhaka sono stati abbattuti con le ruspe diversi slums che ospitavano molte migliaia di persone.
Insieme ai rappresentanti della comunità internazionale presenti a Dhaka, il nostro Ambasciatore segue personalmente con molta attenzione gli sviluppi della situazione ed in particolare la protezione dei diritti umani e di quelli delle minoranze siano esse religiose, etniche o culturali ed è già intervenuto ripetutamente sul Governo invitandolo a richiamare le forze dell'ordine e la pubblica amministrazione ad una maggior vigilanza e rispetto di tali diritti. Il caso delle case di Khulna, soprattutto per le sue possibili ripercussioni di carattere religioso, è uno dei
dossiers che viene seguito con costante attenzione. La Presidenza di turno dell'Unione europea ha recentemente sollevato il caso presso le Autorità locali chiedendo che venga concessa l'autorizzazione alla costruzione di nuove case o venga assegnato alla Curia un appezzamento alternativo in cui costruire le case.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.

FOTI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
in data 23 dicembre 1995 il signor Martino Carlo - nato ad Arpino (in provincia di Avellino) il 19 settembre 1951 e residente a Rivergaro (in provincia di Piacenza) in Via Machiavelli 3 - rilasciava dichiarazioni circostanziate al funzionario dell'INPS di Piacenza sul rapporto intercorrente con la ditta Norma Srl, riferendo che dalla fine del 1993 e a tutto il 29 ottobre 1994 prestava attività lavorativa per la stessa, subentrata alla «Fortune Aviation», per la quale aveva prestato la sua opera dal luglio 1992 (riferimento pratica DM7037040607);
i risultati delle ispezioni svolte dai funzionari dell'INPS, volte a stabilire la congruità ed il tipo di rapporto intercorso tra il Martino Carlo e le predette società, non sono mai stati comunicati al Martino, nonostante le richieste da quest'ultimo rivolte in data 1 giugno 2004 (all'Ufficio - fondo volo dell'INPS di Piacenza) ed in data 5 febbraio 2007 all'Ufficio Vigilanza e recupero crediti dell'INPS di Roma) -:
quali siano i motivi per i quali nessuna risposta sia stata ancora resa, nonostante siano trascorsi più di 11 anni, al Signor Martino Carlo in ragione dell'accertamento ispettivo di cui sopra e, in ogni caso, quale sia il contenuto del medesimo.
(4-02846)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, relativa all'accertamento della situazione contributiva del Signor Martino Carlo, si fa presente che l'Inps, in data 13 giugno 2007, ha confermato allo stesso quanto già comunicato con raccomandata inviata il 27 febbraio relativamente all'accredito della contribuzione per il periodo 1o giugno 1994-31 ottobre 1994, corrispondente a quello in cui ha prestato attività lavorativa presso la Ditta Norma S.r.l.
Con la stessa raccomandata l'Inps comunicava che non risultavano effettuati accertamenti ispettivi per il periodo antecedente.

Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.

GALANTE e PAGLIARINI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che i vertici della Cucirini Coats, storica azienda specializzata in tintoria e fissaggio sita a Lucca, hanno deciso di dismettere i reparti e di trasferire il magazzino in altra sede;
tale decisione porterà alla mobilità degli attuali 140 dipendenti impiegati nella fabbrica;
il rischio che questa decisione comporterà per l'economia cittadina sarà rilevante, essendo la Cucirini Coats una delle realtà industriali più importanti del lucchese -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
quali iniziative intenda porre in essere al fine di scongiurare la chiusura di un'azienda che è patrimonio del sistema industriale lucchese e se non ritenga opportuno attivare un tavolo di confronto congiunto con la Regione Toscana e i vertici della Cucirini Coats al fine di salvaguardare i livelli occupazionali.
(4-02840)

Risposta. - L'azienda Cantoni, appartenente al Gruppo Coats Cucirini Srl attualmente di proprietà estera, con sede in Lucca presso gli stabilimenti della località Acquacalda, concentra storicamente nel territorio della provincia il più importante complesso produttivo del settore tessile per la fabbricazione di filati.
Negli anni a seguire '70 e '80 a causa dei processi di ristrutturazione del settore manifatturiero in generale e in particolare del tessile si è assistito ad un progressivo taglio delle produzioni e dei livelli occupazionali che di fatto hanno sempre più diminuito l'interesse industriale per la nota fabbrica di Lucca.
Negli ultimi anni c'è stato un progressivo spostamento di alcune produzioni e talora di intere filiere verso paesi orientali, dove il costo della manodopera, anche se non sempre specializzata, è notoriamente più basso.
La proprietà attuale del gruppo Cucirini Cantoni ha deciso, all'inizio del 2007 e nel quadro di un progetto di un globale riassetto produttivo che ha coinvolto anche altri stabilimenti presenti in Italia, di procedere progressivamente ad una chiusura delle linee produttive di Lucca per lasciare solo le attività relative alla gestione del magazzino dei prodotti filati domestici.
I primi segnali di grave preoccupazione sul futuro dell'attività produttiva si erano avvertiti a partire dal dicembre del 2006, quando la proprietà ha deciso di vendere lo stabilimento dell'Acquacalda ad imprenditori lucchesi, rimanendo l'azienda in rapporto di locazione degli immobili per due anni.
Successivamente, all'inizio di marzo 2007, la proprietà ha annunciato l'avvio delle procedure di mobilità per 140 dipendenti, di cui metà con età inferiore a 35 anni, e con una presenza femminile pari a ottantasei unità.
Immediatamente le organizzazioni sindacali hanno indetto una manifestazione di sostegno ai lavoratori della Cucirini e di protesta per gli annunciati licenziamenti, che si è svolta il giorno 7 marzo 2007 presso la sede di Palazzo Ducale della Provincia di Lucca, in occasione di un incontro tra Regione Toscana, Provincia e Comune di Lucca, Capannori e organizzazioni sindacali appositamente convocata dalla Regione Toscana per far il punto sulla annunciata crisi occupazionale e sulle iniziative di natura istituzionale da intraprendere.
In tale sede si è convenuto di avviare l'apertura di un tavolo istituzionale che coinvolga parti sociali, Istituzioni e lavoratori al fine di scongiurare la dismissione dello stabilimento e garantire al massimo livello tutte le tutele di garanzia previste per la salvaguardia dei diritti degli stessi lavoratori.
Contestualmente si è deciso di convocare la proprietà del Gruppo Cucirini Cantoni Coats in un incontro fissato per il giorno 12 marzo 2007 presso la Regione Toscana.

Durante la riunione è emersa la volontà da parte della proprietà di confermare la chiusura dello stabilimento per le attività produttive, in considerazione della non competitività dei costi di produzione fino ad oggi sostenuti e del calo delle vendite della produzione di Lucca, lasciando quindi soltanto le attività del magazzino limitatamente ai prodotti domestici, per un impegno di circa 50 dipendenti.
Si è tuttavia riscontrata un'apertura da parte del Gruppo Cucirini ad avviare un percorso di ammortizzatori sociali più consono alle esigenze dei lavoratori che prevedesse anche la cassa integrazione straordinaria per favorire il pensionamento di un certo numero di unità.
A seguito di questa riunione sono iniziate le trattative durate circa 25 giorni fra azienda e sindacati con l'intervento della associazione industriali per definire il contenuto di un accordo sindacale, approvato poi anche dall'assemblea dei lavoratori, che si è perfezionato in data 29 marzo 2007.
Tale accordo prevede il licenziamento di 89 unità a partire da luglio 2007 in maniera graduale e con il ricorso, oltre che alla mobilità incentivata, anche alla Cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione parziale di attività ai sensi del decreto ministeriale 31826 del 18 dicembre 2002, onde consentire la maturazione dei requisiti di pensionamento o la ricerca di una ricollocazione lavorativa. A tal proposito si fa presente che l'istanza è stata presentata in data 7 agosto 2007.
Rimarranno in azienda n. 61 lavoratori, con un incremento di 10 lavoratori rispetto alla ipotesi iniziale di dotazione organica, che saranno impiegati nell'attività del magazzino, per il quale l'azienda si è impegnata ad una nuova localizzazione per un'area di circa 7000 metri quadrati da realizzare nel territorio provinciale.
L'azienda si è inoltre impegnata, nei mesi di maggior lavoro, a utilizzare i lavoratori messi in mobilità per consentire loro la maturazione di ulteriori periodi di pensionamento.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.

LAZZARI e FITTO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
risulterebbe da fonti giornalistiche che in seguito a non meglio definiti «problemi di natura tecnica» del sistema informatico, la sede provinciale di Lecce dell'Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell'Amministrazione Pubblica (Inpdap), abbia erogato nel mese di gennaio pensioni di importo notevolmente inferiore a quello effettivamente dovuto;
l'Istituto a sua discolpa ha fornito generiche rassicurazioni relative alla restituzione dell'importo dovuto nel prossimo mese di febbraio;
non vengono presi minimamente in considerazione i disagi provocati ai tredicimila pensionati Inpdap da quanto avvenuto;
chi vive di stipendio o di pensione - infatti - è estremamente vulnerabile in quanto è abituato a programmare le sue spese, in particolare quelle per la salute, in base agli introiti previsti;
in quest'ottica, anche il dottore Alfredo D'Arpe - capo compartimento leccese del Tesoro - evidenziando la gravità della situazione ha sollecitato la costituzione di una unità di crisi capace di affrontare l'emergenza con un servizio alternativo di cassa ed ovviare in tal modo alla crisi di liquidità che è stata all'origine della decurtazione delle pensioni Inpdap;
quanto avvenuto all'Inpdap potrebbe accadere anche ad altre amministrazioni deputate al pagamento di stipendi o altri emolumenti -:
se il ministro sia a conoscenza di quanto avvenuto e quali tempestive iniziative intenda porre in essere per assicurare la predisposizione di un servizio alternativo di cassa perché al più presto avvenga la restituzione degli importi dovuti e per far sì che tali episodi non abbiano più a ripetersi in nessuna amministrazione previdenziale.
(4-02329)

Risposta. - Nell'interrogazione in esame, viene evidenziato che la Sede provinciale Inpdap di Lecce, per problemi di natura tecnica del sistema informatico, avrebbe erogato, nel mese di gennaio 2007, pensioni di importo inferiore al dovuto.
In merito l'Inpdap ha fatto presente che la struttura del Progetto per le applicazioni informatiche, interpellata sull'accaduto, ha chiarito che l'evento è stato causato da un'anomalia nella procedura che ha causato le minori erogazioni di pensione solo per un numero limitato di casi, riguardanti partite con conguagli fiscali contenenti le deduzioni per familiari a carico nell'anno 2006.
Già nella rata del mese di febbraio 2007 le partite interessate dalla suddetta anomalia sono state regolarizzate e gli adempimenti dell'Istituto, quale sostituto d'imposta ai fini della certificazione Cud, sono stati puntualmente portati a termine.

Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.

LION, FUNDARÒ e CAMILLO PIAZZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
sul territorio del Comune di Sonnino in località Colle Rotondo insiste da anni un insediamento produttivo di stoccaggio e recupero di conglomerato bituminoso, frantumazione inerti, produzione di conglomerato cementizio e bituminoso di proprietà dell'impresa IGECO srl;
a ridosso dell'impianto produttivo si estende il centro abitato di Sonnino Scalo. La popolazione residente in questo centro da anni segnala alle autorità competenti, in particolare al Sindaco del Comune, gravi preoccupazioni sulla salubrità dell'ambiente locale a causa delle polveri emesse dai cicli di lavorazione dell'impresa e dell'eccessivo inquinamento acustico e meccanico provocato durante lo svolgimento delle relative attività produttive;
l'aggressione all'ambiente dell'area è stata ripetutamente evidenziata da tecnici competenti, Associazioni e cittadini organizzati, che in sedi appropriate hanno richiesto accertamenti sui livelli d'inquinamento e sul rispetto, da parte dell'impresa, dei limiti di tollerabilità prescritti dalle norme allo scopo applicabili;
l'azione di denuncia della popolazione interessata ha trovato specifici riscontri in un pertinente sopralluogo effettuato nel marzo 2006 dal Dipartimento di prevenzione Servizio Igiene e Sanità Pubblica, Distretto dei Monti Lepini della ASL di Latina, da cui è scaturito che:
si è di fronte ad attività con emissioni in atmosfera di polveri e rumori di cui, allo stato attuale, i sistemi di abbattimento adottati non garantiscono il completo abbattimento;
l'ubicazione dell'impianto rispetto al centro abitato non consente alcuna difesa nella dispersione delle polveri;
il passaggio continuo dei mezzi di trasporto dell'impresa (camion) utilizzati per il carico e lo scarico dei prodotti trattati nell'attività produttiva, attraverso l'unica strada di accesso che attraversa anche il centro abitato, aumenta l'inquinamento ambientale;
l'attività dell'impresa rientra nell'elenco delle industrie insalubri ai sensi dell'articolo 216 del Testo Unico delle leggi sanitarie, di cui al decreto del ministro della sanità 5 settembre 1994;
la zona in cui è situata l'attività produttiva dell'impresa è indicata come zona agricola, classificata ad intensa attività umana, con valori Leq (Livello sonoro equivalente) diurni-notturni che vanno da 50 a 65 dBA;
il riscontro della ASL, in sostanza, a giudizio degli interroganti, fa evincere la necessità inderogabile, per la prosecuzione delle attività dell'impresa, della messa in opera di efficaci sistemi di abbattimento delle polveri e dei rumori da parte della IGECO srl;

le situazioni critiche per la popolazione e per il territorio coinvolti nell'area d'interesse dell'impianto, nonché il danno ambientale che si sta perpetrando contro il sito rurale della zona farebbero ritenere urgente un intervento del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, volto all'adozione di misure di prevenzione così come la normativa vigente in materia ambientale prevede -:
se non intenda accertare se ricorrano le condizioni per adottare le misure di prevenzione del danno ambientale allo scopo previste ai sensi dei Titoli I e II, della Parte Sesta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 nel testo vigente, in tal senso venendo incontro alle istanze dei cittadini del Centro abitato di Sonnino Scalo e conseguentemente provvedere a verificare se non si debba disporre la chiusura temporanea dell'impianto, per una durata confacente alla realizzazione di interventi che garantiscano l'innocuità delle attività produttive dell'insediamento verso l'ambiente sociale e naturale di quel territorio.
(4-02308)

Risposta. - L'interrogazione in esame fa riferimento ad una presunta situazione di inquinamento ambientale collegata all'attività dell'impresa Igeco Srl sita nel Comune di Sonnino Scalo, in provincia di Latina; in merito si riferisce che quanto alle emissioni in atmosfera, precedentemente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006, la materia era disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988 e si può ritenere, sulla base delle informazioni disponibili, che l'attività della Igeco fosse esclusa dal campo di applicazione dello stesso.
Tra gli elementi innovativi introdotti dal decreto legislativo vi è che il titolo 1 della Parte V si applica anche ad alcune attività che, esercitate in modo non occasionale e in luogo a ciò adibito, producono emissioni in atmosfera anche in assenza di impianto. Tra queste attività risultano anche la produzione, la manipolazione, il trasporto, il carico, lo scarico e lo stoccaggio dei materiali polverulenti (articolo 69, commi 10-13).
Per queste attività che, in esercizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, ricadono nel campo di applicazione del titolo I della parte V dello stesso pur non essendo precedentemente soggette al decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988, deve essere richiesta autorizzazione alle emissioni entro 18 mesi dall'entrata in vigore del decreto n. 152 del 2006 e l'adeguamento alle disposizioni del titolo 1 deve avvenire entro tre anni dalla stessa data (articolo 281, commi 2 e 3). Inoltre per tali attività è previsto che le autorità competenti valutino se le emissioni diffuse debbano essere convogliate con la costruzione di un impianto o, in via alternativa, debbano essere sottoposte ad apposite prescrizioni volte ad assicurarne il contenimento.
Si ha notizia che il Dipartimento prevenzione servizio igiene e sanità pubblica ha effettuato numerosi interventi presso l'attività in parola ed ha riscontrato diversi inconvenienti igienico sanitari per i quali è stata richiesta al sindaco l'adozione di provvedimenti a tutela della salute pubblica. Il sindaco ha indetto una conferenza di servizio alla quale hanno partecipato: l'Amministrazione provinciale, l'Arpa Lazio sez. di Latina, la Asl di Latina, la ditta Igeco. In tale conferenza si è convenuto sulla necessità di localizzare la suddetta attività in un'altra località del Comune di Sonnino denominata Vallerotta, dove, fra l'altro è sita una cava dimessa di proprietà della stessa ditta.
A seguito di tale conferenza dei servizi il Consiglio comunale di Sonnino, con atto n. 30 dell'8 giugno 2006, ha deliberato la delocalizzazione dell'attività nella predetta località Vallerotta.
Dalle informazioni trasmesse dall'Arpa Lazio emerge, infine, che la Procura della Repubblica di Latina, a seguito della denuncia presentata dai cittadini di Sonnino Scalo, ha avviato un'indagine sulla attività argomento delle interrogazioni in oggetto. La sezione provinciale di Latina dell'Arpa Lazio ha provveduto, su delega della Procura, ad effettuare i controlli necessari e a trasmettere alla stessa i risultati degli accertamenti.

La Direzione per la salvaguardia ambientale di questo Ministero, per quanto di competenza, ha riferito che è stata avviata l'istruttoria per l'acquisizione dei necessari elementi informativi presso la Procura della Repubblica di Latina.
Con riferimento all'inquinamento acustico, si riportano di seguito le principali prescrizioni di legge e alcune considerazioni scaturite dalle informazioni attualmente disponibili presso la Divisione V - Inquinamento acustico, elettromagnetico e da radiazioni ionizzanti - di questo Ministero.
La normativa vigente in materia dispone che, nel caso in cui il Comune abbia adottato il piano di classificazione acustica del proprio territorio, gli impianti produttivi debbano rispettare i valori limite di rumore fissati dal Decreto del Presidente del consiglio dei ministri 14 novembre 1997 «Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore» che è stato emanato in attuazione dell'articolo 3, comma 1, lettera
a), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, «Legge quadro sull'inquinamento acustico». Qualora detto piano di classificazione non fosse stato ancora adottato, gli stessi impianti produttivi devono rispettare i valori limite stabiliti dall'articolo 6, comma 1 e 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1 marzo 1991 «Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno» così come previsto dall'articolo 8, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 1997 e dalla circolare del 6 settembre 2004 «Interpretazione in materia di inquinamento acustico: criterio differenziale e applicabilità dei valori limite differenziali».
Si aggiunge per completezza che, se si constata il superamento dei succitati limiti, le aziende sono tenute a predisporre ed attuare un piano di risanamento acustico, che può anche prevedere la delocalizzazione degli impianti rumorosi o dei ricettori particolarmente sensibili, al fine di riportare i livelli sonori nei limiti normativi previsti, nel primo caso seguendo quanto prescritto dagli articoli 15 e 6, comma 4, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, e nel secondo caso ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o marzo 1991.
Per quanto riguarda i controlli sul rispetto di tali valori limite, in ottemperanza a quanto disposto dalla Legge Regione Lazio 3 agosto 2001, n. 18, «Disposizioni in materia di inquinamento acustico per la pianificazione ed il risanamento del territorio, modifiche alla legge regionale 6 agosto 1999, n. 14», questi spettano alle amministrazioni provinciali e comunali. Infatti all'articolo 6 è stabilito che gli enti locali si devono avvalere della struttura delle agenzie regionali, ribadendo, così, quanto fissato dall'articolo 14, della legge 26 ottobre 1995, n. 447.
Coerentemente con le leggi summenzionate ed al fine di dare seguito alle problematiche evidenziate nelle interrogazioni in questione, anche la Divisione V inquinamento acustico, elettromagnetico e da radiazioni ionizzanti - della Direzione di questo Ministero, ha attivato l'Arpa Lazio per accertare e monitorare il livello di inquinamento acustico connesso all'esercizio della ditta Igeco.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

MARINELLO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
in data 20 marzo 2007, la sede INPS di Sciacca in provincia di Agrigento, ha recapitato alle aziende agricole della zona a mezzo servizio postale, le lettere contenenti il prospetto dei contributi agricoli dovuti per il periodo terzo trimestre 2006 e per i trimestri pregressi, con allegato il modulo per il pagamento F24, specificando nelle stesse, che la data di scadenza per il pagamento era fissata per il 16 marzo 2007, quindi ben quattro giorni prima della consegna del predetto plico;
l'increscioso ritardo a quanto pare, così come confermato da altri operatori

agricoli, è stato segnalato anche per altre sedi dell'INPS, come ad esempio quella di Palermo;
quanto accaduto colpisce ulteriormente il settore agricolo, in quanto per un errore, sicuramente non imputabile agli operatori del settore, le aziende agricole, rischiano di essere ulteriormente tartassate per l'addebito degli interessi di mora dovuti ad un ritardato pagamento, causato, secondo l'interrogante, da un evidente disservizio delle poste italiane;
risulta necessario segnalare inoltre, che le richieste di pagamento dovrebbero pervenire alle imprese agricole, almeno una settimana prima e non l'ultimo giorno di pagamento o addirittura oltre la scadenza prevista, per consentire la verifica dei dati, (ad alcune aziende ad esempio è stato erroneamente applicato un contributo doppio rispetto a quanto dovuto) ed il successivo pagamento che in molti casi avviene per via telematica -:
quali provvedimenti intenda intraprendere al fine di verificare l'esattezza delle segnalazioni di reclamo effettuate dai soggetti coinvolti, inoltrate sia agli uffici postali, che agli uffici dell'INPS, che riguardano sia il ritardato ricevimento dei suesposti prospetti contributivi, sia gli errori di calcolo applicati;
se non ritengano opportuno sospendere temporaneamente il pagamento dei contributi agricoli per le aziende del settore di Sciacca, Palermo ed eventualmente di altri Comuni interessati dalla vicenda, al fine di rendere meno gravosa la già difficile situazione economica del comparto.
(4-03005)

Risposta. - In merito al quesito sollevato nell'interrogazione in esame, relativamente al ritardo nell'invio dei modelli F24 per il pagamento dei contributi dovuti dalle aziende agricole per la manodopera occupata nel III trimestre 2006, la cui data di scadenza era fissata per il 16 marzo 2007, l'Inps ha comunicato quanto segue.
Sulla materia sono intervenute delle novità legislative che hanno comportato la necessità di adeguare le procedure operative alle nuove disposizioni normative.
Il comma 6, articolo 1 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha previsto che a decorrere dal 1o luglio 2006, i datori di lavoro trasmettano all'Inps telematicamente le dichiarazioni di manodopera agricola con i dati retributivi e le informazioni necessarie per il calcolo dei contributi.
Successivamente, il Decreto del Ministero delle comunicazioni del 12 maggio 2006 ha introdotto una serie di novità per l'invio tramite posta massiva.
L'Istituto, al fine di evitare ulteriori situazioni di difficoltà in cui sarebbero incorse le aziende agricole, con messaggio n. 006803 del 13 marzo 2007, ha previsto la possibilità di effettuare il versamento oltre il termine originario di scadenza fissato per il 16 marzo 2007.
Pertanto, saranno ritenuti, tempestivamente eseguiti, senza aggravio di interessi, i pagamenti effettuati entro il 30 marzo 2007.

Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.

MIGLIORI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la Cucirini Coats, azienda storica del settore tessile nell'area lucchese, ha avviato le procedure di licenziamento per 90 dipendenti, al contempo prevedendo la cessazione definitiva delle attività ed addirittura la messa in vendita degli immobili dell'attuale struttura produttiva;
tali decisioni rappresentano un duro ed inaccettabile colpo ai livelli occupazionali -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere per tutelare l'occupazione dei lavoratori della Cucirini Coats.
(4-02851)

Risposta. - L'azienda Cantoni, appartenente al Gruppo Coats Cucirini Srl attualmente di proprietà estera, con sede in Lucca

presso gli stabilimenti della località Acquacalda, concentra storicamente nel territorio della provincia il più importante complesso produttivo del settore tessile per la fabbricazione di filati.
Negli anni a seguire '70 e '80 a causa dei processi di ristrutturazione del settore manifatturiero in generale e in particolare del tessile si è assistito ad un progressivo taglio delle produzioni e dei livelli occupazionali che di fatto hanno sempre più diminuito l'interesse industriale per la nota fabbrica di Lucca.
Negli ultimi anni c'è stato un progressivo spostamento di alcune produzioni e talora di intere filiere verso i paesi orientali, dove il costo della manodopera, anche se non sempre specializzata, è notoriamente più basso.
La proprietà attuale del gruppo Cucirini Cantoni ha deciso, all'inizio del 2007 e nel quadro di un progetto di un globale riassetto produttivo che ha coinvolto anche altri stabilimenti presenti in Italia, di procedere progressivamente ad una chiusura delle linee produttive di Lucca per lasciare solo le attività relative alla gestione del magazzino dei prodotti filati domestici.
I primi segnali di grave preoccupazione sul futuro dell'attività produttiva si erano avvertiti a partire dal dicembre del 2006, quando la proprietà ha deciso di vendere lo stabilimento dell'Acquacalda ad imprenditori lucchesi, rimanendo l'azienda in rapporto di locazione degli immobili per due anni.
Successivamente, all'inizio di marzo 2007, la proprietà ha annunciato l'avvio delle procedure di mobilità per 140 dipendenti, di cui metà con età inferiore a 35 anni, e con una presenza femminile pari a 86 unità.
Immediatamente le organizzazioni sindacali hanno indetto una manifestazione di sostegno ai lavoratori della Cucirini e di protesta per gli annunciati licenziamenti, che si è svolta il giorno 7 marzo 2007 presso la sede di Palazzo Ducale della Provincia di Lucca, in occasione di un incontro tra Regione Toscana, Provincia e Comune di Lucca, Capannori e organizzazioni sindacali appositamente convocata dalla Regione Toscana per far il punto sulla annunciata crisi occupazionale e sulle iniziative di natura istituzionale da intraprendere.
In tale sede si è convenuto di avviare l'apertura di un tavolo istituzionale che coinvolga parti sociali, Istituzioni e lavoratori al fine di scongiurare la dismissione dello stabilimento e garantire al massimo livello tutte le tutele di garanzia previste per la salvaguardia dei diritti degli stessi lavoratori.
Contestualmente si è deciso di convocare la proprietà del Gruppo Cucirini Cantoni Coats in un incontro fissato per il giorno 12 marzo 2007 presso la Regione Toscana.
Durante la riunione è emersa la volontà da parte della proprietà di confermare la chiusura dello stabilimento per le attività produttive, in considerazione della non competitività dei costi di produzione fino ad oggi sostenuti e del calo delle vendite della produzione di Lucca, lasciando quindi soltanto le attività del magazzino limitatamente ai prodotti domestici, per un impegno di circa 50 dipendenti.
Si è tuttavia riscontrata un'apertura da parte del gruppo Cucirini ad avviare un percorso di ammortizzatori sociali più consono alle esigenze dei lavoratori che prevedesse anche la cassa integrazione straordinaria per favorire il pensionamento di un certo numero di unità.
A seguito di questa riunione sono iniziate le trattative durate circa 25 giorni fra Azienda e sindacati con l'intervento della associazione industriali per definire il contenuto di un accordo sindacale, approvato poi anche dall'assemblea dei lavoratori, che si è perfezionato in data 29 marzo 2007.
Tale accordo prevede il licenziamento di 89 unità a partire da luglio 2007 in maniera graduale e con il ricorso, oltre che alla mobilità incentivata, anche alla CiGS per cessazione parziale di attività ai sensi del Decreto ministeriale 31826 del 18 dicembre 2002, onde consentire la maturazione dei requisiti di pensionamento o la ricerca di una ricollocazione lavorativa. A tal proposito si fa presente che l'istanza è stata presentata in data 7 agosto 2007.

Rimarranno in azienda n. 61 lavoratori, con un incremento di 10 lavoratori rispetto alla ipotesi iniziale di dotazione organica, che saranno impiegati nell'attività del magazzino, per il quale l'azienda si è impegnata ad una nuova localizzazione per un'area di circa 7000 mq da realizzare nel territorio provinciale.
L'azienda si è inoltre impegnata, nei mesi di maggior lavoro, a utilizzare i lavoratori messi in mobilità per consentire loro la maturazione di ulteriori periodi di pensionamento.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.

MIGLIORI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
gli studenti del Liceo Classico Niccolini di Livorno hanno dato vita in questi giorni con i loro familiari a significative iniziative di protesta e sensibilizzazione contro l'annunciato provvedimento di accorpamento delle tre prime classi dell'Istituto che comporterebbe la perdita della specificità dell'indirizzo musicale;
trattasi di una misura che minerebbe la credibilità tradizionale del Liceo Classico Niccolini di Livorno con contraccolpi evidenti sui livelli formativi e culturali dei giovani -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere tutelando la unitarietà e compiutezza dell'offerta formativa del Liceo Classico Niccolini di Livorno.
(4-03717)

Risposta. - In riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, si comunica quanto riferito dal Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale per la Toscana.
Presso il Liceo in parola, sede associata dell'Istituto superiore «Niccolini Palli», dove sono attivate, su due sezioni di corso ed in attuazione dell'autonomia, sperimentazioni di educazione musicale e di archeologia, nell'anno scolastico 2006/07 hanno funzionato, n. 3 classi I liceo (terzo anno di corso) per complessivi 60 allievi: in sede di determinazione dell'organico di diritto per l'anno scolastico 2007/08, il Dirigente scolastico ha previsto una diminuzione del numero degli alunni frequentanti, in scorrimento, le future classi II liceo, per un totale di n. 57 alunni ed ha quindi chiesto all'Ufficio scolastico provinciale di Livorno l'autorizzazione alla formazione di sole 2 classi II liceo.
Detta richiesta, coerente con quanto disposto in materia di formazione delle lassi intermedie, come previsto dalla Circolare n. 19 del 13 febbraio 2007 sulle dotazioni organiche per l'anno scolastico 2007/2008 «le classi intermedie vanno accorpate ove si preveda che funzioneranno con un numero di alunni inferiore alla media indicata dal Decreto ministeriale 24 Luglio 1998, n. 331», è stata approvata dal suddetto Ufficio scolastico in sede di determinazione dell'organico di diritto della scuola secondaria di II grado per la provincia di Livorno.
Tale contrazione di organico che non ha determinato situazioni di soprannumerarietà per il personale scolastico, ha, in un primo momento, causato uno stato di preoccupazione tra gli studenti e le loro famiglie per gli eventuali effetti negativi sulla prosecuzione delle sperimentazioni avviate.
Il Dirigente scolastico ha però tranquillizzato studenti e famiglie: le sperimentazioni in atto, infatti, proseguiranno senza interruzione mediante l'articolazione delle previste 2 classi II liceo in gruppi, nell'ambito dell'autonomia didattica dell'istituto o, nel caso che, in sede di adeguamento dell'organico di diritto alle situazioni di fatto, si riscontrasse un numero di studenti superiore ai 57 previsti, tornando alla precedente articolazione su tre sezioni con la formazione di n. 3 classi II liceo.

Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.

MURA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la sede Inail presente nel Comune di Breno è attualmente classificata come sede

di categoria C e dipende amministrativamente dalla sede territoriale sita nella città di Brescia, classificata come categoria A;
la sede di Breno era fino a dieci anni fa circa sede di categoria B, così come previsto dal piano di riassetto delle sedi elaborato dalla Direzione centrale Inail per la Provincia di Brescia;
l'amministrazione provinciale dell'epoca ritenne di dover modificare tale assetto trasformando la sede Inail di Breno in sede di categoria C e riclassificando quella di Palazzolo in sede di categoria B;
la sede di Breno è situata al centro della Valle Camonica e dista più di settanta chilometri dalla sede di Brescia dalla quale dipende amministrativamente;
la dipendenza amministrativa della sede di Breno da quella di Brescia crea notevole disagio agli oltre 110.000 residenti nel territorio valligiano, nonché alle tante piccole e medie imprese presenti sul territorio, costretti a lunghe trasferte fino a Brescia per l'apertura di pratiche che una volta definite vengono poi gestite dalla sede di Breno;
la trasformazione della sede di Breno da sede di tipo C a sede di tipo B è stata richiesta ufficialmente dal Presidente della comunità montana della Valle Camonica, con nota del 30 marzo 2007 inviata al Ministro interrogato, al fine di favorire l'accessibilità ai servizi offerti dall'Inail in una zona montana a forte disagio di mobilità e di servizi, qual è il territorio del comprensorio camuno-sebino rispetto alla città capoluogo di Provincia, raccogliendo le istanze della popolazione e delle organizzazioni sindacali locali;
la trasformazione della sede di Breno non comporterebbe costi poiché la struttura è stata recentemente ammodernata e il personale attualmente in organico è sufficiente a svolgere le funzioni proprie di una sede di categoria B;
il numero di pratiche trattate dalla sede di Breno è simile a quello di molte sedi già classificate di tipo B. Ad esempio la sede di Breno gestisce molte delle rendite di competenza della sede di Palazzolo, e 35 pratiche di grandi invalidi (stesso numero della sede di Brescia);
nel 2006 sono state trattate più di 220 pratiche per la Provincia di Bergamo e più di 200 infortuni ed alla stessa sede di Breno accedono residenti della Valle Di Scalve e della Val Cavallina (entrambe in provincia di Bergamo) più vicine a Breno che al capoluogo bergamasco -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga opportuno intervenire per trasformare la sede di Breno da sede di tipo C a sede di tipo B al fine di favorire l'accessibilità ai servizi INAIL in una zona montana a forte disagio di mobilità e di servizi.
(4-03516)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in oggetto, l'Inail ha comunicato quanto segue.
La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) ha stabilito all'articolo 1, comma 404, le coordinate generali di razionalizzazione e contenimento della spesa della Pubblica Amministrazione, da realizzarsi - tra l'altro - tramite una rideterminazione delle strutture periferiche.
In attuazione di dette disposizioni, l'Istituto sta realizzando una rivisitazione complessiva del modello organizzativo, al fine di renderlo conforme alle previsioni legislative, sulla base di valutazioni in merito anche al bacino di utenza da soddisfare e nel rispetto della compatibilità finanziaria, organizzativa e di risorse professionali disponibili.
È prevista, inoltre, un'implementazione della tecnologia e delle procedure informatiche, che già oggi consentono un agevole contatto telematico tra l'INAIL e l'utenza.
L'obiettivo è quello di pervenire ad un diverso sistema di interazione con il pubblico, in modo tale da aumentare progressivamente la quota di utenti che si avvarrà dei nuovi canali di comunicazione ed erogazione dei servizi.

Di conseguenza, la riclassificazione della Sede Inail di Breno tipologia «C» a tipologia «B» sarà oggetto di trattazione nella fase in cui l'Istituto procederà alla rivisitazione complessiva del «nuovo modello organizzativo», in conformità a quanto previsto dalla finanziaria 2007, articolo 1, comma 404, che fornisce come detto le direttive per la razionalizzazione ed il contenimento della spesa nella Pubblica Amministrazione.
L'assetto territoriale della Sede di Breno è comunque attualmente configurato secondo modalità tali da assicurare l'erogazione completa dei servizi istituzionali, sia in riferimento alle prestazioni agli infortunati che ai servizi alle aziende assicurate.

Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.

OSSORIO. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 35, comma 5, della legge finanziaria 2003 dispone che il personale docente dichiarato inidoneo all'insegnamento, ma idoneo ad altri compiti, collocato fuori ruolo o utilizzato diversamente, può chiedere di transitare nei ruoli dell'amministrazione scolastica o di altra amministrazione statale o ente pubblico;
qualora, non transiti, viene mantenuto in servizio per un periodo massimo di cinque anni dalla data del provvedimento di collocamento fuori ruolo o di utilizzazione in altri compiti, decorso il quale l'amministrazione procede alla risoluzione del rapporto di lavoro sulla base delle disposizioni vigenti;
le disposizioni in questione riguardano circa 4.700 dipendenti scolastici che collocati fuori ruolo per motivi di salute, quindi inidonei a svolgere le proprie funzioni, hanno tempo fino al 1 gennaio 2008 per trovare collocazione in altra sede dell'amministrazione scolastica, oppure per transitare in altra amministrazione statale o ente pubblico;
qualora nessuna delle due soluzioni dovessero verificarsi entro la data del 1 gennaio 2008 si procederà alla risoluzione del rapporto di lavoro;
di fronte a tale eventualità i docenti in questione, gravemente preoccupati, hanno presentato diversi ricorsi per eccepire l'illegittimità e l'incostituzionalità della norma di cui al predetto articolo 35, comma 5, della legge finanziaria 2003, in considerazione della circostanza che esso introduce una diversità di trattamento fra docenti e personale direttivo e amministrativo, tecnico e ausiliario in ordine alle modalità e alla durata del trattenimento in servizio in caso di riconosciuta inidoneità allo svolgimento delle funzioni di istituto;
i giudici della Corte non hanno condiviso le tesi sostenute dai tribunali e hanno affermato, invece, la legittimità della licenziabilità degli inidonei avallando l'insussistenza del diritto preteso dai docenti ricorrenti alla conservazione del rapporto di impiego azioni degli stessi;
i docenti inidonei vedono avvicinarsi il fatidico 1 gennaio 2008, con comprensibile preoccupazione sapendo che entro tale data, stando al disposto letterale dell'articolo 35, comma 5, della legge n. 289 del 2002, dovrebbero incorrere nella risoluzione del rapporto di lavoro -:
se il Ministro non ritenga opportuno e giusto attuare la predisposizione di una ipotesi normativa diversa da quella prevista, tra l'altro come extrema ratio, dal disposto dell'articolo 35, comma 5, della finanziaria 2003;
se in alternativa, non voglia valutare la possibilità, considerando le particolari situazioni dei soggetti interessati, di un anticipato pensionamento degli stessi.
(4-03607)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame riguardante il personale docente dichiarato inidoneo all'insegnamento di cui all'articolo 35, comma 5, della legge 289/2002 (Finanziaria 2003), si comunica quanto segue.

Su tale problematica, come è nota all'interrogante, l'articolo 1, comma 608, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007), ha stabilito quanto segue: «... il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione predispone, di concerto con il Ministro della pubblica istruzione, un piano organico di mobilità, relativamente al personale docente permanentemente inidoneo ai compiti di insegnamento e collocato fuori ruolo. Tale piano, da definire entro il 30 giugno 2007, tiene conto prioritariamente dei posti vacanti, presso gli uffici dell'amministrazione scolastica, nonché presso le amministrazioni pubbliche in cui possono essere meglio utilizzate le professionalità del predetto personale. In connessione con la realizzazione del piano, il termine fissato dalle disposizioni di cui al citato articolo 35, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è prorogato di un anno, ovvero fino al 31 dicembre 2008».
A seguito di quanto stabilito dal citato articolo, si è proceduto ad una ricognizione del predetto personale presso gli Uffici scolastici regionali al fine di ottenere i nominativi di tutti i docenti dichiarati permanentemente inidonei e le notizie sui titoli di studio, sulle abilitazioni e specializzazioni, sulle esperienze e titoli professionali, posseduti o acquisiti da ciascuno di loro.
Tale elenco è stato inviato il 4 maggio 2007 alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Ministero per le riforme e le innovazioni nella P.A. - Dipartimento della funzione pubblica; il 19 giugno 2007 si è effettuato il primo incontro tra i rappresentanti di questo Ministero ed il Ministero dell'economia e delle finanze.
Si comunica, infine, che in data 27 giugno 2007 è stata sottoscritta dai Ministri per le riforme e le innovazioni nella Pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze, della Pubblica istruzione e le organizzazioni sindacali l'intesa per l'azione pubblica a sostegno della conoscenza, che prevede l'individuazione delle soluzioni più appropriate di riqualificazione e riconversione professionale del personale appartenente a classi di concorso in esubero, nonché di utilizzo del personale dichiarato permanentemente inidoneo alla funzione docente.

Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.

PORCU. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
la direzione dell'Istituto Professionale Alberghiero e per i servizi della ristorazione di Sassari, nega, ormai da molti mesi, nonostante reiterate richieste, alla professoressa Paola De Tommaso, docente in tale istituto e madre di Arianna Pes, - disabile in condizione di non autosufficienza e in situazione di gravità - il beneficio dei permessi previsti all'articolo 33 della legge n. 104 del 1992;
il diniego opposto a tali richieste dalla direzione dell'IPSAR di Sassari, di fatto, sta provocando gravi disagi familiari che si ripercuotono direttamente sulla situazione già difficile della disabile in questione;
la signora De Tommaso, in una occasione, non avendo a chi affidare la figlia è stata costretta a condurla con sé a scuola;
della vicenda si sono occupate le organizzazioni sindacali e, con grande risalto, gli organi di stampa locale;
nonostante tali interventi, l'atteggiamento di diniego della direzione dell'Istituto non è cambiato -:
quali misure intenda adottare il Ministro interrogato per un chiarimento definitivo della questione e per garantire il diritto della professoressa De Tommaso a fruire dei permessi di cui alla legge n. 104 del 1992, al fine di garantire il diritto all'assistenza alla propria figlia disabile.
(4-02293)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame si comunica che alla luce di quanto riferito dal

Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale della Sardegna, il caso è risolto.
La professoressa citata nell'atto parlamentare, docente a tempo indeterminato presso l'Ipsar di Sassari e madre di una ragazza disabile, sin dall'anno 1994 aveva chiesto ed ottenuto di fruire dei permessi previsti dall'articolo 33 della legge 104 del 1992 e dalla legge 53 del 2000, per l'assistenza delle persone disabili.
L'attuale Dirigente scolastico, all'inizio del suo incarico, aveva rilevato dagli atti d'ufficio che la documentazione medica, relativa allo stato di gravità della salute della figlia, risultava scaduta e doveva essere rinnovata.
Successivamente, essendo stati richiesti dalla docente altri periodi di permesso ai sensi della legge n. 53 del 2000, il Dirigente scolastico rappresentava alla medesima l'insussistenza di alcuni dei presupposti richiesti dalla normativa per l'accoglimento delle istanze tra i quali, oltre alla regolarità della documentazione medica, il rispetto del termine di sessanta giorni previsto dall'articolo 4, comma 4 della citata legge n. 53 del 2000.
Pertanto la Professoressa ha presentato ricorso ex articolo 700 del codice di procedura civile al Giudice del lavoro del Tribunale di Sassari.
Il Direttore regionale, venuto a conoscenza della vicenda e chiamato in causa dalle parti sindacali, in relazione anche ad altre situazioni di disagio che investivano il personale del predetto istituto, ha subito promosso una serie di incontri con le organizzazioni sindacali provinciali ed il Dirigente scolastico che si sono conclusi con la condivisione di una serie di linee operative espresse nella nota prot. n. 2567 del 23 febbraio 2007 che il Dirigente si è impegnato ad attuare, anche modificando le disposizioni a suo tempo diramate.
In tale nota il Direttore regionale, per quanto riguarda le problematiche concernenti l'accoglimento di istanze di permessi e congedi previsti dalle leggi n. 104 del 1992 e n. 53 del 2000, come il caso in questione, allo scopo di non far ricadere sulla parte debole, cioè sul disabile, le conseguenze di vizi di forma della documentazione e nella consapevolezza che tutto il sistema delle leggi a tutela delle persone disabili si fonda su riconosciute esigenze degli interessati, da assicurare con ogni possibile urgenza, ha previsto che «il Dirigente scolastico convocherà i beneficiari per comunicare loro eventuali problemi riguardanti la validità delle certificazioni, alcune delle quali con validità temporanea, invitandoli alla regolarizzazione, nelle cui more concederà il beneficio sotto condizione risolutiva».
Riguardo al suddetto ricorso il Direttore generale si è subito attivato presso il funzionario incaricato, ex articolo 417-bis codice di procedura civile, della difesa dell'Amministrazione nella causa attivata dalla docente, al fine di avanzare proposta di soluzione transattiva della vertenza sulla base dell'accordo raggiunto.
Avendo acconsentito le parti, il Giudice ha dato formalizzazione alla conciliazione che prevede, per quanto riguarda l'Amministrazione, l'immediata concessione del congedo richiesto dall'interessata e, per quanto riguarda quest'ultima, l'impegno a trasmettere quanto prima alla segreteria dell'Ipsar la documentazione medica che, nel frattempo, è stata regolarizzata dalla Asl.

Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.

PORCU. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
ultimamente, utenti ed Associazioni di disabili, segnalano gravi carenze e disfunzioni nel Centro protesi INAIL di Budrio (Bologna), peraltro assai famoso in tutta Europa, per i risultati conseguiti in tanti anni di attività;
in particolare, vengono segnalati disfunzioni in ordine alle liste di attesa e dei tempi di ricovero, alla mancata sostituzione del personale posto in pensione, alla carenza di materiali per il confezionamento delle protesi, all'allungamento dei tempi per la ristrutturazione del Centro protesi;

inoltre, in luogo della consegna diretta di calzature ortopediche, i pazienti vengono forniti di buoni acquisto da utilizzare presso altri fornitori e ciò crea disagi ed inconvenienti;
questa situazione ha portato alcuni utenti a promuovere una raccolta di firme al fine di sensibilizzare la direzione del centro -:
quali interventi positivi, anche di ordine finanziario, il Governo intenda assumere per riportare il Centro di Budrio, al tradizionale livello di efficienza degli ultimi anni, e garantire la massima riduzione dei disagi e delle difficoltà alle persone disabili e ai fruitori del Centro protesi.
(4-04094)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, concernente la richiesta di informazioni sull'organizzazione del Centro Protesi INAIL di Vigoroso di Budrio (Bologna), l'INAIL ha comunicato quanto segue.
I tempi delle liste di attesa, dalla richiesta alla prima visita, sono compresi tra un minimo di 7 giorni, per l'utente che necessita di protesi di arto superiore, ad un massimo di 45 giorni, per il paziente che ha bisogno di protesi transfemorale.
I tempi di attesa dalla prima visita all'erogazione della prestazione (come previsto dal decreto ministeriale Ministero della Sanità n. 332/1999 all. 2, punto 2) vanno da un minimo di 5 giorni ad un massimo di 60 giorni dalla data di autorizzazione, in relazione al tipo di protesi ed al regime di trattamento protesico riabilitativo.
Per i tempi di ricovero si va da un minimo di 4-5 giorni, per l'utente che necessita di arto superiore monolaterale, ad un massimo di 45 giorni per l'utente che abbisogna di protesi transfemorale bilaterale.
Questi sono i tempi medi di ricovero in caso di primo trattamento protesico riabilitativo.
Per quanto riguarda la sostituzione del personale posto in pensione, addetto alla costruzione delle protesi, si fa presente che quello a contratto privato è sostituito periodicamente, mentre il personale sanitario addetto ai servizi ed amministrativo, essendo assunto con contratto di pubblico impiego, rientra nella normativa espressamente prevista per il predetto comparto.
Non risulta, poi, che si verifichi una carenza di materiali, in quanto l'attività protesica è costantemente operativa ed il servizio è erogato con regolarità.
Per quanto concerne, i tempi di ristrutturazione del Centro Protesi si fa presente che essi sono stati dettagliatamente indicati dal coordinatore della Consulenza Tecnica per l'Edilizia dell'Istituto, con data di inizio dal mese di ottobre 2007.
Il Centro Protesi, comunque, al fine di ridurre al minimo i disagi dei pazienti, ha predisposto un piano mirato a mantenere operative tutte le attività e scongiurare, quindi, qualsiasi eventuale interruzione del servizio all'utenza.
In merito ai buoni acquisto, l'INAIL ha precisato che non si tratta di calzature ortopediche, le quali vengono direttamente realizzate all'interno del Centro protesi, bensì di calzature di serie di rivestimento della protesi (circolare INAIL n. 54/2000) ed il paziente è accompagnato, con automezzo ed autista del Centro, presso negozi convenzionati nei quali ha la possibilità di scegliere le scarpe di serie che desidera.
Si fa presente, infine, che la raccolta di firme menzionata nell'interrogazione, è relativa alla richiesta degli utenti di ottenere garanzie in ordine alla capacità del Centro protesi di mantenere il servizio anche in presenza di eventuali accorpamenti con altri enti previdenziali.
Alle richieste specifiche poste dagli utenti firmatari, il Direttore e lo staff del Centro hanno dato tempestivo riscontro durante l'incontro tenutosi l'8 giugno scorso alla presenza dei rappresentanti del centro per i Diritti del Malato.

Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.

RAMPELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 25 aprile il Parlamento europeo ha esaminato una relazione sui

progressi compiuti dalla Croazia nel 2006;
nel provvedimento si prende atto dell'esistenza di un idoneo quadro giuridico per la protezione delle minoranze come pure di un chiaro impegno per l'integrazione delle minoranze nel sistema politico;
viene ricordata a tale proposito l'importanza di garantire un'adeguata rappresentanza di queste minoranze nell'amministrazione pubblica, nelle forze di polizia e nella magistratura, nonché la parità di trattamento nelle questioni economiche e proprietarie;
il Parlamento europeo chiede, altresì, che venga messo a punto a tutti i livelli dell'amministrazione statale croata un piano d'azione concreto per assicurare una rappresentanza proporzionale delle minoranze, come stabilito dalla Legge costituzionale e con adeguate disposizioni di monitoraggio;
viene richiesto, infine, alla Croazia di autorizzare l'acquisto di proprietà immobiliari da parte di cittadini dell'Unione europea, fatta eccezione per le zone escluse, sfruttando appieno e tempestivamente le procedure esistenti; tali obiettivi, del resto, sono già previsti nell'Accordo di stabilizzazione e di associazione con la Croazia;
anche solo recentemente si sono riscontrati alcuni episodi di violenza contro i cittadini italiani residenti in Croazia, i quali ancora oggi vivono in un contesto di risentimento, diffidenza e discriminazioni a causa della loro nazionalità -:
quale sia la posizione del Governo italiano in merito all'ingresso della Croazia nell'Unione europea e in che modo intenda tutelare i nostri connazionali che vivono ancora oggi in Istria, Fiume e Dalmazia, una volta acquisito lo status di cittadini comunitari.
(4-03485)

Risposta. - L'Italia sostiene il processo di avvicinamento di Zagabria all'Unione Europea, anche nella convinzione che tale prospettiva rappresenti il migliore incentivo per promuovere il completamento delle riforme e sia un importante fattore di rafforzamento della stabilità nella regione. Tale traguardo apre prospettive di crescita economica e sociale per la Croazia da cui potranno trarre beneficio anche le relazioni bilaterali con l'Italia. La nostra linea nei confronti di Zagabria ha prodotto alcuni risultati positivi tra i quali la decisione della Croazia, nell'ottobre 2006, di aprire il mercato immobiliare anche ai cittadini italiani non residenti: una misura da tempo sollecitata dall'Italia.
Il Ministero degli affari esteri segue con la massima attenzione lo sviluppo dei negoziati per l'adesione della Croazia all'Unione Europea con la convinzione che tale processo dischiuda nuove opportunità per trovare una soluzione alle questioni tutt'oggi pendenti con il nostro Paese e per rafforzare ulteriormente la tutela della minoranza italiana in Croazia, in linea con il quadro giuridico e normativo previsto dall'
acquis comunitario.
Per quel che concerne la questione dell'accesso al mercato immobiliare croato, l'Italia ha accolto con favore la decisione della Croazia (21 ottobre 2006) di porre fine alla ingiustificata discriminazione, che si registrava a danno di cittadini italiani e di altri Paesi comunitari, accettando di rispettare gli obblighi previsti dall'articolo 60 dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione.
Riguardo alla tutela delle minoranze, sotto Presidenza portoghese inizierà l'esame del capitolo negoziale pertinente (n. 23 - Potere giudiziario e libertà fondamentali) e da parte italiana non si mancherà di vigilare con grande attenzione, affinché la Croazia proceda ad un rigoroso e puntuale adeguamento della sua legislazione alle regole stabilite dall'Unione. Come noto, il rispetto dei diritti delle minoranze è uno dei principi cardine del processo di adesione, come stabilito dal Consiglio di Copenhagen del 1993.
Come noto, attualmente sono circa 30.000 i componenti della Minoranza italiana autoctona che vivono nei territori di tradizionale insediamento, in particolare in Istria e nel Quarnero oltre che in Dalmazia. La tutela della nostra Minoranza è oggetto

di costante attenzione da parte delle rappresentanze diplomatico-consolari italiane. Peraltro, va segnalato come nella regione istriana viga il bilinguismo amministrativo italiano-croato. Numerose municipalità istriane hanno adottato nei propri statuti comunali il bilinguismo integrale (18 complessivamente, tra cui Pola, Rovigno, Buie, Umago, Cittanova, Dignano, Parenzo). Inoltre, va ricordato come l'attuale Governo croato, guidato dal Primo Ministro Ivo Sanader, leader dell'HDZ (Comunità Democratica Croata), benefici dell'appoggio esterno dell'On. Radin, parlamentare eletto in rappresentanza della Minoranza. Ciò a seguito della firma di un accordo di programma contenente precise garanzie da parte croata in materia di tutela della nostra Minoranza.
Il sostegno a favore della Minoranza si basa sul dispositivo normativo della Legge 193 del 2004 per un ammontare di 4.560.000,00 Euro, ora oggetto di proroga triennale per il periodo 2007-2010. A tale strumento va aggiunto l'impegno finanziario, attualmente di 2.674.000,00 Euro, a favore dell'Università Popolare di Trieste che opera nell'interesse della Comunità italiana nell'intera ex Jugoslavia (di cui alla legge 960/82). La Regione Friuli-Venezia Giulia, dal canto suo, contribuisce con un'erogazione di 1.032.913,00 Euro a favore della nostra Minoranza in applicazione alla legge Regionale 79/1978.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.

ROMAGNOLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la Repubblica di Macedonia, fin dal giorno della sua indipendenza (1991), è impegnata in una disputa con la Grecia a proposito del nome ufficiale del paese, i simboli nazionali e la costituzione;
il governo greco ha fatto un'obiezione sull'utilizzo del nome «Macedonia», in virtù del fatto che il termine è un nome greco che era già in uso per indicare la regione greca Macedonia. La Grecia ha, inoltre, rifiutato di riconoscere la bandiera originale della Repubblica Macedone, su cui campeggia la Stella di Vergina, in quanto la ritiene un'appropriazione indebita di un simbolo dell'antico stato di Macedonia. In seguito, la Grecia ha protestato per il fatto che la costituzione della Repubblica Macedone includesse clausole che possono essere interpretate come presagio di possibili pretese territoriali;
una delle opposizioni greche contro l'uso del nome Macedonia da parte del nuovo paese sono le origini greche del nome ed il fatto che le tribù slave non si insediarono nel territorio fino al VI secolo d.C. In seguito, il governo greco ha dichiarato che il nome «Macedonia» fu assegnato al paese per la prima volta da Tito, presidente della Jugoslavia, intorno al 1950, quando essa era la provincia meridionale estrema della Jugoslavia;
come compromesso, le Nazioni Unite hanno riconosciuto la Repubblica nel 1993 con il nome di «Former Yugoslav Republic Of Macedonia» (Repubblica Ex Jugoslava di Macedonia). Dopo che il nuovo stato fu ammesso nelle Nazioni Unite come «Former Yugoslav Republic of Macedonia», altre organizzazioni internazionali adottarono la stessa convenzione, comprese l'Unione europea, la NATO e il Comitato Internazionale Olimpico;
le dispute sulla bandiera e sulla costituzione sono state risolte nel 1995, ma la questione sul nome rimane tuttora irrisolta. Novanta Stati (inclusi gli Stati Uniti, la Russia, la Cina e spesso anche l'Italia) riconoscono la nazione come «Repubblica di Macedonia», o semplicemente «Macedonia», mentre altri paesi la riconoscono come «Former Yugoslav Republic Of Macedonia». Tutti hanno accettato di riconoscere ogni accordo finale risultante da trattative in seno alle Nazioni Unite. Anche lì, dove questo nuovo Stato è riconosciuto con il nome «Former Yugoslav Republic Of Macedonia», spesso comunque viene indicato per semplicità come Macedonia. In Grecia spesso si utilizza l'espressione «Repubblica di Skopje» -:

quale sia la posizione del Governo, in tutte le sedi competenti, circa la denominazione riconosciuta di tale Paese.
(4-03489)

Risposta. - L'attuale contenzioso tra Atene e Skopje circa la denominazione internazionale dello stato macedone ha inizio all'indomani della dichiarazione d'indipendenza della già repubblica socialista jugoslava e della contestuale adozione del nome di «Repubblica di Macedonia» (17 settembre 1991). La Grecia respinse immediatamente tale denominazione, sostenendo che per «Macedonia» si dovesse intendere esclusivamente l'omonima regione settentrionale greca, dove vive una consistente minoranza slavo-macedone. Inoltre, la costituzione originaria adottata da Skopje presentava un articolo (articolo 49), che faceva riferimento alle popolazioni di etnia macedone negli stati confinanti ed era pertanto ritenuto da Atene un incoraggiamento a possibili spinte secessioniste.
Nel 1993 Skopje divenne membro delle Nazioni Unite: come evocato nell'atto parlamentare, il Consiglio di Sicurezza riconobbe «provvisoriamente» il paese con il nome «Ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia» (Fyrom - Former Yugoslav Republic Of Macedonia), invitando le due parti a raggiungere una soluzione condivisa, sotto gli auspici de Segretario Generale. La questione rimase tuttavia motivo di tensione tra i due Paesi e comportò l'adozione di due embarghi economici greci verso Skopje.
Nel settembre 1995, con la mediazione statunitense, greci e macedoni firmarono un accordo provvisorio in cui si impegnarono a rispettare le reciproche sovranità, integrità territoriale ed indipendenza politica, nonché ad adoperarsi per il raggiungimento di una soluzione condivisa relativa alla questione della denominazione e alle disposizioni costituzionali. Skopje fece alcune concessioni, cambiando la propria costituzione e modificando la bandiera nazionale. Occorre comunque evidenziare anche che il contenzioso non ha impedito in questi anni il positivo sviluppo delle relazioni tra Atene e Skopje, soprattutto in ambito economico-commerciale.
Il negoziato in ambito Nazioni Unite vive una fase di prolungato stallo. Da ultimo, il mediatore statunitense Nimetz si è recato in missione ad Atene ed a Skopje nel gennaio scorso, registrando in quell'occasione un nuovo irrigidimento da parte di Atene, a seguito della decisone macedone di qualche settimana prima di intitolare l'aeroporto internazionale di Skopje ad «Alessandro il Grande». La Grecia ha in più occasioni rappresentato di essere pronta a vincolare la risoluzione dell'annosa questione del nome con l'evoluzione del processo di integrazione di Skopje nell'Unione Europea e nella Nato.
Al momento, oltre cento Paesi hanno riconosciuto Skopje con il suo nome costituzionale, tra cui anche tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (Cina, Russia e Stati Uniti).
La soluzione definitiva al problema deve essere ricercata a livello bilaterale, in un contesto di dialogo tra i due Paesi. La posizione italiana è legata al generale orientamento comunitario fondato sulle risoluzioni N. 817 del 1993 e N. 845 del 1993 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Da parte italiana, si è inoltre espresso ferma opposizione a qualsiasi tentativo di porre la questione come ulteriore criterio per l'adesione di Skopje all'Unione europea.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.

SALERNO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
a far data dal 2001 il comitato formato da lavoratori in mobilità e pensionati del polo raffinazione ENI di Livorno ha intentato causa all'INPS di Livorno per ottenere i benefici previdenziali previsti dalla Legge ex esposti all'amianto (257/92 mod. legge 271/93);
il giudice delegato, suffragato da una perizia del CC.TT.UU., della durata di 500 giorni, ha accolto o respinto le diverse

posizioni dei lavoratori per i periodi antecedenti al 1993;
a tutte le posizioni accolte positivamente, l'INPS ha opposto appello alla sentenza citata presso il tribunale di Firenze, basandosi esclusivamente su elementi generici inerenti al merito della C.T.U.;
l'ufficio legale dell'INPS, sostituito nel corso del procedimento, non ha mai presenziato al dibattimento;
tra il 2000 ed il 2005 altri lavoratori hanno ricevuto parere positivo dall'INPS;
nella stessa data di emanazione della sentenza di cui sopra, altra analoga sentenza (859/05), avente come oggetto lo stesso contesto C.T.U., quindi identico metodo e sostanza per uguale tipologia di lavoratori della sentenza 855/05, non è stata oggetto di ricorso da parte dell'INPS;
tale diversità di valutazione e giudizio ha creato evidente e grave discriminazione fra i lavoratori che pur avendo esercitato le stesse mansioni con gli stessi anni di servizio e con la stessa categoria sindacale nella stessa industria, hanno ottenuto un diverso trattamento previdenziale;
un tale trattamento discriminatorio non è ammissibile soprattutto da parte di un Ente pubblico che ha l'obbligo istituzionale di imparzialità nel determinare per un uguale diritto la concessione di uguali benefici;
i soggetti a cui è stata riconosciuta dal tribunale la legittimità delle loro richieste, rientrano nella legge 326 e 350 del 2003 aventi la necessaria copertura finanziaria;
a causa di esposizione a fibre di amianto dagli anni '50 agli anni '92 si sono avuti numerosi decessi e malattie tra i lavoratoti della raffineria ENI di Livorno, con percentuali più elevate rispetto ad altre realtà lavorative presenti sul territorio della provincia di Livorno, così come ufficialmente documentato dalla USL 6, alle quali però è stata riconosciuta dall'INPS, a livello previdenziale, la contaminazione da amianto;
alla USL di Livorno risultano smaltiti per il solo periodo successivo al 1992, oltre 500 tonnellate di amianto;
i vertici INPS di Livorno non si sono ancora espressi nel merito dell'incontro richiesto -:
se non ritenga che nel comportamento dell'INPS, ed in particolare dell'INPS di Livorno, non siano ravvisabili comprovati elementi discriminatori nel riconoscimento dei benefici previdenziali per gli ex esposti all'amianto;
se non ritenga di ristabilire un formale e sostanziale riequilibrio, mediante un riesame dei ricorsi che l'INPS ha presentato al tribunale di Firenze in merito alla succitata sentenza, valutando la possibilità di proseguire l'iter legale in corso;
se non ritenga che si debba assumere l'iniziativa per reiterare la legge 326 del 2003 il cui articolo 6-quinquies fa riferimento agli indebiti pensionistici derivanti da sentenze con le quali sia stato riconosciuto agli interessati il beneficio pensionistico dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, riformate nei successivi gradi di giudizio in favore dell'Ente previdenziale, non si dà luogo al recupero degli importi ancora dovuti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
(4-02691)

Risposta. - In merito al quesito sollevato nell'interrogazione in oggetto, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, interpellato in merito, ha comunicato quanto segue.
Il beneficio pensionistico di cui trattasi è riconosciuto, in via amministrativa, solo a fronte della certificazione rilasciata dall'Inail che attesti, nei confronti dell'assicurato, l'avvenuta esposizione ultradecennale all'amianto in concentrazioni superiori rispetto ai limiti quantitativi di cui all'articolo 24 del decreto legislativo n. 277 del 1991 (limiti ora ribaditi dal disposto dell'articolo

2 decreto legislativo 257 del 2006). Pertanto, non residua in capo all'Istituto alcun potere discrezionale in ordine alla verifica delle condizioni di fatto che legittimano l'erogazione del citato beneficio.
Anche la sentenza del Tribunale di Livorno n. 859 del 2005, relativa alla posizione di un unico lavoratore istante, è stata oggetto di ricorso in appello da parte dell'Inps con atto depositato presso la cancelleria della Corte di appello di Firenze in data 21 luglio 2005 e discussa il 3 novembre 2006. Non pare potersi ravvisare, quindi, alcun intento discriminatorio o vessatorio da parte dell'Istituto, il quale ha sottoposto a gravame le sentenze sfavorevoli unicamente in presenza di concreti elementi che potessero far prevedere una riforma dei giudizi in questione.
Ed invero, da un lato occorre rilevare che gli accertamenti tecnici in ordine alla consistenza ed alla durata dell'esposizione all'amianto esperiti nei giudizi in questione esibiscono evidenti margini di opinabilità ed incertezza, specie in considerazione del fatto che le perizie si riferiscono ad ambienti di lavoro e a condizioni di impiego risalenti, spesso, a molti anni or sono, talché appare obiettivamente difficile ricostruire il quadro espositivo in termini di certezza o anche solo di attendibile verosimiglianza.
Dall'altro lato, giova considerare che la sola descrizione degli ambienti di lavoro e della tipologia delle lavorazioni ivi espletate, effettuata dal perito di Ufficio, non è da sola sufficiente ad attestare la sussistenza degli elementi costitutivi del diritto, dovendosi poi valutare se ogni singolo lavoratore istante abbia allegato e provato, in corso di causa, di avere concretamente svolto mansioni tali da esporlo, per oltre dieci anni, alla concentrazione quotidiana di amianto costituente, a norma delle leggi di settore e della costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, la «soglia» quantitativa minima per l'attribuzione del beneficio in parola.
L'Inps ha evidenziato, inoltre, che la sentenza n. 855 del 2005 del Tribunale di Livorno, ha pronunciato su un ricorso proposto da circa settanta istanti senza, tuttavia, accogliere tutte le pretese dedotte in giudizio. Ciò dimostra l'impossibilità di reputare sussistente il diritto alla rivalutazione contributiva di cui all'articolo 13 della legge 257 del 1992 per tutti indistintamente i lavoratori impiegati in un'unica realtà produttiva nella quale si sia, comunque, fatto uso di amianto.
Infatti, secondo l'Istituto, bisogna far riferimento, in maniera specifica e concreta, alla singola posizione professionale di ciascun lavoratore istante, cioè se vi sia stata esposizione all'amianto che legittimi, per durata ed intensità, l'attribuzione dei benefici pensionistici in esame.
In merito ad eventuali iniziative circa la restituzione delle somme, come richiamato nell'interrogazione in esame, si fa presente che le stesse richiedono un intervento di natura legislativa.

Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.

STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa si apprende che una tra le più importanti aziende tessili della provincia di Bergamo è costretta a ridimensionare ulteriormente la propria produzione e quindi a rivedere gli assetti occupazionali;
l'azienda in questione è il Linificio e Canapificio Nazionale di Villa d'Almè (Bergamo) che, a causa di difficoltà dovute alla concorrenza internazionale, in particolare quella cinese, ha preannunciato una serie di esuberi tra il proprio personale dipendente;
il ridimensionamento colpirebbe 102 lavoratori, sui 232 impiegati, tra i quali vanno conteggiati 68 lavoratori che attualmente utilizzano il contratto di solidarietà, che scade il 31 dicembre 2006 (già prolungato dal 2005). A tutti i lavoratori verrebbe applicata la procedura di mobilità;

la riorganizzazione della azienda riguarderebbe in particolare i tre filatoi, infatti dagli attuali 15 si passerebbe a 12, con conseguente riduzione dei turni di lavoro passando da 6 a 5 giorni lavorativi con una riduzione di 24 ore dell'utilizzo dell'impianto;
le 3 linee di produzione in eccedenza, a quanto risulta all'interrogante, verranno spostate in Tunisia e Lituania, dove il Linificio ha già altri stabilimenti -:
quali iniziative i Ministri intendano assumere, al fine di tutelare i lavoratori interessati del Linificio di Villa d'Almè, e più in generale quale strategia si intenda adottare a livello nazionale per tutelare le aziende manifatturiere, tessili nello specifico, con l'obiettivo di salvaguardare i livelli occupazionali complessivi.
(4-01314)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, dagli accertamenti effettuati sulla situazione dello stabilimento sito in Villa d'Almè del Linificio Canapificio Nazionale S.p.a., operante nel settore della filatura fibre tessili naturali, artificiali e sintetiche è emerso quanto segue.
In seguito alla crisi del settore tessile, le parti, con accordo del 21 dicembre 2004, hanno sottoscritto un contratto di solidarietà per n. 145 dipendenti con decorrenza 1o gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2005.
Successivamente, con accordo del 2 dicembre 2005, le stesse hanno richiesto la proroga della solidarietà per ulteriori 12 mesi per n. 145 unità, con decorrenza dal 1o gennaio 2006.
A causa del perdurare della crisi che ha colpito il settore, in data 12 ottobre 2006 il Linificio Canapificio Nazionale S.p.a. ha avviato una procedura di mobilità ex articoli 4 e 24 della Legge n. 223 del 1991, per n. 109 lavoratori su un organico complessivo di n. 233 dipendenti, dandone comunicazione preventiva alle organizzazioni sindacali. A seguito dell'esame congiunto, in data 25 ottobre 2006, è stato stipulato un accordo fra l'azienda e le organizzazioni sindacali, Filtea, Cgil, Femca-Cisl e Uilta-Uil.
L'accordo ha previsto la mobilità, su base volontaria, alla quale hanno aderito n. 23 lavoratori. Contestualmente l'azienda ha fatto ricorso alla solidarietà ex articolo 1 della legge n. 863 del 1984 e successive modificazioni, con decorrenza dal 1o gennaio 2007 fino al 31 dicembre 2007,
La solidarietà è stata concessa con decreto direttoriale del 17 maggio 2007 n. 40955 per n. 177 unità. Si fa presente che n. 30 delle unità, interessate dalla solidarietà, sono in part time.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.

STUCCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da organi di stampa si apprende la notizia che il 28 maggio 2007, improvvisamente, l'intero villaggio Ashar Para (villaggio della speranza) alla periferia di Khulna, città con tre milioni di abitanti in Bangladesh, è stato letteralmente raso al suolo con l'ausilio di due scavatori, inviati dal governo del paese e scortati dalla polizia locale;
gli abitanti del villaggio, circa una cinquantina di famiglie, hanno appena fatto in tempo a prendere le poche cose che avevano nelle abitazioni ed ad uscirne per mettersi in salvo;
il progetto di costruzione del villaggio prevedeva la realizzazione di 45 casette in muratura, a prova di monsoni ed alluvioni, e fino ad ora erano state ultimate 16 abitazioni ed altre 16 erano in fase di completamento;
questi alloggi erano destinati alle famiglie sfrattate dalle capanne, in cui vivevano fino a qualche mese fa, e per questo scopo l'Associazione Onlus Africa Tremila di Bergamo, aveva raccolto, tra i cittadini bergamaschi, la somma di circa 130 mila euro;
per l'acquisto del terreno, circa 7 mila metri quadri, sul quale costruire il villaggio, erano stati spesi 50 mila euro dei

quali parte finanziati direttamente dalla diocesi di Khulna mentre il restante era stato erogato dall'Associazione Africa Tremila, ed ora tutto è andato perduto;
nel paese ci sono circa 1 milione tra cattolici e indù su un totale di 140 milioni di abitanti, infatti il 90 per cento della popolazione è di religione islamica; la vita per queste minoranze religiose è difficile ed è solo grazie all'aiuto di missionari e volontari che si riesce a ridare dignità alla popolazione perseguitata per motivi religiosi;
le popolazioni del Bangladesh oltre ad essere gravate sul piano economico, infatti il reddito pro-capite ammonta a circa 200 dollari l'anno, lo sono anche dal punto di vista sanitario in quanto in questo paese sono presenti gravi malattie epidemiche quali colera, tubercolosi, tifo, lebbra, minigiti cerebrali ed epatiti di vario tipo;
dal 12 gennaio del 2007, dopo le dimissioni del Presidente, il paese è guidato da un governo provvisorio di tecnici, sostenuto dai militari, con l'incarico di organizzare le prossime elezioni legislative che, dalle ultime notizie, sembra non si svolgeranno prima della fine del 2008 -:
se non si intenda intervenire, tramite l'ambasciata italiana in Bangladesh, sul governo del paese per protestare formalmente per quanto accaduto al villaggio Ashar Para, richiedendo compiute informazioni e spiegazioni, o esigendo che certe sopraffazioni, in futuro, non vengano più ripetute e che le missioni, operanti sul luogo, possano continuare, in condizioni adeguate, ad occuparsi del bene delle popolazioni più svantaggiate.
(4-04076)

Risposta. - Le 40 casette del villaggio sono state abbattute dalla Khulna Development Authority (KDA), l'ente municipale responsabile dello sviluppo della città, in quanto costruite di recente e senza autorizzazione su di un terreno acquistato dalla Diocesi di Khulna il 23 aprile 2006.
La richiesta di demolizione era stata avanzata qualche mese fa e contro di essa era stato proposto un immediato ricorso. A fine febbraio, il Nunzio Apostolico e il nostro Ambasciatore a Dhaka hanno inoltre fatto dei passi ufficiali presso il Ministero degli Esteri chiedendo un intervento presso le autorità locali per riconsiderare la decisione informando le altre Ambasciate e la Presidenza di turno dell'Unione Europea della situazione che si era venuta a creare a Khulna.
Gli interventi fatti sono serviti a far rientrare l'accusa che circolava circa l'uso delle case per convertire famiglie mussulmane, accusa assai grave che poteva avere ripercussioni molto gravi anche su altre iniziative che i missionari, italiani ma non solo, portano avanti nel Paese ben oltre le casette di Khulna. Evidentemente però gli interventi non sono serviti a fermare le demolizioni.
Più in generale, da gennaio in Bangladesh è in vigore lo Stato di Emergenza ed un Governo provvisorio che gode dell'appoggio esterno delle Forze Armate e che dovrebbe portare il Paese alle elezioni politiche generali. Per creare le condizioni favorevoli alle elezioni il Governo ha iniziato alcune importanti riforme istituzionali ed una campagna contro la corruzione che ha già portato all'arresto di numerosi ex-ministri, esponenti politici di tutti i partiti, dirigenti della pubblica amministrazione ed imprenditori. Di questa campagna fa parte anche il recupero di terreni pubblici usurpati od occupati, l'abbattimento di strutture illegalmente costruite o che comunque violino leggi o permessi. Sono stati abbattuti molti negozi, case e in particolare a Dhaka sono stati abbattuti cori le ruspe diversi slums che ospitavano molte migliaia di persone.
Insieme ai rappresentanti della comunità internazionale presenti a Dhaka, il nostro Ambasciatore segue personalmente con molta attenzione gli sviluppi della situazione ed in particolare la protezione dei diritti umani e di quelli delle minoranze siano esse religiose, etniche o culturali ed è già intervenuto ripetutamente sul Governo invitandolo a richiamare le forze dell'ordine e la pubblica amministrazione ad una maggior vigilanza e rispetto di tali diritti. Il caso delle case di Khulna, soprattutto per le sue

possibili ripercussioni di carattere religioso, è uno dei dossiers che viene seguito con costante attenzione. La Presidenza di turno dell'Unione europea ha recentemente sollevato il caso presso le Autorità locali chiedendo che venga concessa l'autorizzazione alla costruzione di nuove case o venga assegnato alla Curia un appezzamento alternativo in cui costruire le case.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.

TURCO, BELTRANDI, CAPEZZONE, D'ELIA, MELLANO e PORETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la Repubblica italiana ha firmato le seguenti Convenzioni del Consiglio d'Europa:
Convenzione penale sulla corruzione; in vigore dal 1 luglio 2002;
Convenzione civile sulla corruzione; in vigore dal 1 novembre 2003;
Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo; non ancora in vigore;
Protocollo n. 12 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e della Libertà fondamentali; in vigore dal 1 aprile 2005;
Protocollo n. 13 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali relativo all'abolizione della pena di morte in ogni circostanza; in vigore dal 1 marzo 1998;
il Consiglio d'Europa nel 1999 ha creato il «Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO)» per vigilare sul rispetto delle norme anticorruzione dell'organizzazione da parte degli Stati membri a cui hanno aderito i seguenti paesi: Albania, Andorra, Armenia, Austria, Azerbaijan, Belgio, Bosnia, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Islanda, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Moldavia, Montenegro, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Romania, Serbia, Russia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Switzerland, Macedonia, Turchia, Ucraina, Ungheria, Regno Unito, Stati Uniti d'America;
quali siano le ragioni per le quali non si sono ancora ratificate le citate Convenzioni del Consiglio d'Europa e, inoltre, cosa osti all'adesione al «Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO)».
(4-03439)

Risposta. - Per quanto di competenza di questo Ministero si ritiene opportuno procedere alla ratifica di tutti gli atti internazionali da Lei citati nell'interrogazione parlamentare. A tal proposito, nel mese di novembre 2006 il Ministero degli Esteri ha proposto ai Ministeri della giustizia e dell'interno di riavviare il concerto interministeriale per la firma e/o ratifica di una serie di convenzioni del Consiglio d'Europa, fra cui quelle in questione, eccettuati i due Protocolli alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani. Per il protocollo n. 12 si rende infatti necessaria una complessa valutazione preliminare delle norme interne da modificare, mentre per il Protocollo 13 è già in esame alle Camere un disegno di legge per emendare il comma 3 dell'articolo 27 della Costituzione (che potrebbe essere in conflitto con le disposizioni del Protocollo).
In merito al quesito inerente l'adesione al «Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO)», attiro la Sua attenzione sul fatto che sia attraverso la ratifica di una delle due Convenzioni europee sulla corruzione che in via diretta, comporta un impegno di spesa annuale stimato intorno ai 200.000 euro. Dovrebbe quindi essere previsto un aumento di tale importo delle disponibilità del capitolo 4051/1 di questo Ministero ovvero delle disponibilità di altri Dicasteri.
Le trascrivo, ad ogni buon fine, una scheda con gli elementi a disposizione di questo Ministero sulle Convenzioni in parola.

Convenzione civile sulla corruzione e convenzione penale sulla corruzione.
L'esigenza di disciplinare tale delicata materia attraverso l'adozione di una Convenzione che promuovesse il rafforzamento della collaborazione fra Stati e fra Stati ed istituzioni internazionali emerse in occasione della 19ma Conferenza dei Ministri europei della Giustizia tenutasi a La Valletta nel 1994.
La Convenzione Penale sulla Corruzione è stata aperta alla firma a Strasburgo il 27 gennaio 1999. Firmata dall'Italia nel 1999 e sinora ratificata da 36 Paesi, è entrata in vigore nel luglio 2002. La Convenzione è finalizzata alla criminalizzazione di un vasto numero di pratiche relative alla corruzione ed alla cooperazione internazionale nel perseguimento dei reati. La Convenzione è aperta all'adesione di Stati non membri.
La Convenzione Civile sulla Corruzione, aperta anch'essa alla firma a Strasburgo il 27 gennaio 1999, rappresenta il primo tentativo di definire regole internazionali comuni nel campo del diritto civile in materia di corruzione. Essa richiede alle parti contraenti di prevedere, nelle loro legislazioni interne, rimedi efficaci, inclusa una forma di compensazione. La Convenzione, firmata dall'Italia nel 1999 e sinora ratificata da 28 Paesi, è entrata in vigore nel novembre 2003.
La ratifica di entrambe o anche di una sola delle due Convenzioni, comporta l'ammissione automatica nell'accordo parziale GRECO (Gruppo di Stati contro la corruzione), sebbene l'adesione diretta all'accordo sia possibile anche senza ratifica. Il GRECO opera principalmente attraverso rapporti «di valutazione» e «di conformità» sull'operato dei singoli Stati membri nella lotta contro la corruzione. Attualmente fanno parte del GRECO tutti gli Stati Membri del Consiglio d'Europa, tranne Italia, Liechtenstein e San Marino, nonché un Paese osservatore: gli Stati Uniti. Il nostro Paese risulta pertanto escluso da una serie di misure europee di valutazione dei sistemi nazionali di lotta alla corruzione, fattore che ha contribuito a creare nel Consiglio d'Europa un diffuso sentimento di biasimo nei confronti dell'Italia. Al riguardo, il Ministero degli Esteri nel mese di settembre u.s. ha richiesto elementi di aggiornamento al Ministero della Giustizia-Ufficio Relazioni Internazionali, che a suo tempo risulta aver negoziato il progetto di dette Convenzioni. In seguito alla Conferenza tra i Ministri degli Interni ed i Ministri della Giustizia del Consiglio d'Europa per il miglioramento della cooperazione europea nel settore della giustizia penale (Mosca, 9-10 novembre 2006), in cui l'adesione al GRECO è stata espressamente sollecitata anche nel documento finale, questo Ministero ha invitato il Ministero della Giustizia a considerare l'opportunità di avviare o riprendere il necessario concerto interministeriale al fine di giungere in tempi brevi alla ratifica delle due Convenzioni.

Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo.
La Convenzione, aperta alla firma a Varsavia il 16 maggio 2005, rappresenta il primo strumento internazionale per la prevenzione e il controllo del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo. Essa costituisce un aggiornamento della Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Strasburgo nel 1990 e ratificata dall'Italia nel maggio 1994. Rispetto alla precedente, la nuova Convenzione contrasta non solo il finanziamento del terrorismo che avviene attraverso il riciclaggio di denaro, ma anche quello attraverso attività lecite.
La Convenzione, firmata dall'Italia nel giugno del 2005, è stata firmata da 27 dei 47 Paesi membri del Consiglio d'Europa (non hanno firmato, fra gli altri, Germania, Francia, Spagna, Regno Unito, Svizzera e Danimarca). È stata finora ratificata solo dall'Albania e dalla Romania. La condizione richiesta per la sua entrata in vigore è di sei ratifiche, incluse quelle di quattro Stati membri del Consiglio d'Europa.
In vista di una eventuale futura proposizione di un Disegno di Legge di ratifica di detta Convenzione, nel mese di novembre

2006, a seguito di richiesta di questo Ministero, il Ministero di Giustizia-Direzione Generale Affari Penali, che a suo tempo risultò aver negoziato il progetto di detta Convenzione, ha qui trasmesso gli elementi di novità introdotti con la presente Convenzione rispetto a quella del 1990.

Protocollo n. 12 alla convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali relativo al divieto generale di ogni forma di discriminazione.
Il Protocollo, aperto alla firma a Roma il 4 novembre 2000, proibisce ogni forma di discriminazione da parte delle autorità pubbliche; la tutela viene estesa a tutte le possibili discriminazioni, anche se non riguardanti i diritti indicati dalla Convenzione per la Salvaguardia dei diritti umani.
Già in fase di redazione del testo furono sollevate perplessità da parte di alcune delegazioni nazionali. Undici Paesi (fra cui Francia, Danimarca, Regno Unito, Svezia e Svizzera) non hanno mai firmato il Protocollo, altri 21 (fra cui Germania, Austria, Belgio, Spagna e Grecia) l'hanno firmato ma non l'hanno ratificato.
Per quanto riguarda l'Italia, va osservato che la ratifica renderebbe necessaria una complessa opera preliminare di adeguamento dell'ordinamento giuridico.

Protocollo n. 13 alla convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali relativo all'abolizione della pena di morte in ogni circostanza.
Il Protocollo vieta la pena di morte in ogni circostanza, compresi i crimini commessi in tempo di Guerra ed in imminente minaccia di guerra. Aperto alla firma a Vilnius il 3 maggio 2002 e firmato lo stesso giorno dall'Italia, il Protocollo è stato ratificato da 39 dei 47 Paesi membri del Consiglio d'Europa.
Per quanto riguarda l'Italia, per poter procedere alla ratifica del Protocollo sarebbe necessario, secondo l'interpretazione prevalente, emendare l'articolo 27 della Costituzione, laddove esso prevede, al comma 3, che la pena di morte possa essere ammessa «nei casi previsti dalle leggi militari di guerra». Il disegno di legge per la modifica di tale articolo, che era stato approvato dalla Camera dei Deputati ed era in esame al Senato nella precedente Legislatura (Atto Senato n. 1472 su iniziativa dell'On. Boato, con co-firmatari fra gli altri l'attuale Vice Ministro Ugo Intini ed il Sottosegretario Vittorio Craxi), è stato nuovamente presentato nel corso dell'attuale Legislatura (Atto Camera C. 193, presentato dall'On. Marco Boato e C. 523, presentato dall'On. Sergio D'Elia)».

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.

ULIVI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dal dettato costituzionale discende la legge n. 104 del 1992 che intende rimuovere ogni ostacolo socio-economico-lavorativo nei riguardi delle persone affette da handicap;
la susseguente legge n. 68 del 1999 prevede una riserva di posti di lavoro destinati alle persone diversamente abili, in considerazione delle singole condizioni di invalidità stabilite dall'articolo 4 della legge n. 104 del 1992;
risulta allo scrivente che spesso i datori di lavoro rinunciano a riservare questi posti destinati ai diversamente abili, in cambio di una irrisoria pena pecuniaria da corrispondere una unica volta, pur di non assumere personale affetto da handicap che invece potrebbe tranquillamente svolgere mansioni adatte, con ciò violando le leggi e la Costituzione e, non ultimo, privando cittadini italiani del diritto al lavoro, con tutto quanto ne consegue come ripercussione nella vita privata, civile e di relazione con gli altri e con le istituzioni;
nell'anno 2000, il Ministro del lavoro, in attesa di una normativa più adeguata sul collocamento dei diversamente abili,

emanava una circolare (la circolare n. 4 del 17 gennaio 2000) in cui sanciva il principio della chiamata nominativa da parte delle amministrazioni pubbliche, per adeguarsi alla legge n. 68, in alternativa all'indizione di pubblici concorsi, ma a tutt'oggi ciò che vige è ancora questa circolare, non essendosi ancora evidentemente provveduto ad emanare una normativa più adeguata in materia di diritto al lavoro per i portatori di handicap -:
se anche ai ministri in indirizzo risulti quanto suddetto e se non ritengano di dover intervenire, al più presto e nei modi che riterranno opportuni, per indurre le amministrazioni pubbliche e private ad assumere personale ai sensi della legge n. 68 del 1999, anche adottando pene sanzionatorie più adeguate.
(4-03039)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si comunica quanto segue. Premesso che anche per il 2007 vige la deroga al blocco delle assunzioni nel pubblico impiego per il personale appartenente alle categorie protette, così come introdotta dall'articolo 1, comma 95, della legge n. 311 del 2004 per il triennio 2005-2007, le amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, devono assolvere all'obbligo di assunzione di soggetti disabili in conformità con quanto indicato dall'articolo 35 del suddetto decreto secondo il quale: «le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui alla legge n. 681 del 1999, avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della vigente normativa, previa verifica della compatibilità dell'invalidità con le mansioni de svolgere» (ciò è previsto per le qualifiche ed i profili professionali per cui è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo). Lo stesso articolo riconosce la possibilità della chiamata diretta nominativa soltanto per il coniuge superstite e per i figli del personale delle Forze armate, delle Forze dell'ordine, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del personale della Polizia Municipale deceduto nell'espletamento del servizio, nonché delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
Ciò non significa che un soggetto disabile non possa accedere, se ne ha i requisiti, nella pubblica amministrazione, come ogni altro candidato, attraverso un pubblico concorso, volto all'accertamento della professionalità richiesta.
Pertanto dal tenore letterale dell'articolo 35 del decreto legislativo 165 del 2001 si evince che le assunzioni dei disabili, di regola, avvengono per chiamata numerica. Lo stesso vale per il settore privato. È pur vero che l'articolo 11 (Convenzioni e convenzioni di integrazione lavorativa) della legge n. 68 del 1999 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) prevede tra le modalità di assunzione anche quello della chiamata nominativa dei soggetti disabili iscritti negli elenchi del collocamento obbligatorio ma tale facoltà è prevista in ipotesi particolari (a tal proposito si veda la Circolare ministeriale n. 4 del 2000), ossia soltanto nell'ambito di apposite convenzioni «improntate a criteri di trasparenza delle procedure di selezione dei soggetti segnalati dai servizi competenti, tenendo conto delle necessità e dei programmi di inserimento mirato» (articolo 7, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 2000).
Per quanto concerne invece la necessità di adottare sanzioni pecuniarie più adeguate in caso di mancato assolvimento degli obblighi di assunzione di soggetti disabili da parte dei datori di lavoro privati e pubblici, segnalata dall'interrogante, si osserva che, a norma dell'articolo 15, comma 5, della legge 68 del 1999, tali sanzioni amministrative sono adeguate ogni 5 anni con decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale.
Si segnala che il primo adeguamento delle summenzionate sanzioni è stato effettuato con decreto ministeriale 12 dicembre 2005 adottando il criterio privilegiato dal legislatore nella quasi totalità dei casi di aggiornamento di sanzioni amministrative pecuniarie (esempio centralinisti non vedenti e codice della strada), e precisamente utilizzando come parametro di riferimento la variazione percentuale dell'indice dei

prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati, verificatasi da gennaio 2000 a gennaio 2005 ed accertata dall'Istituto Nazionale di Statistica.
Al fine di poter tutelare maggiormente il diritto al lavoro «protetto», si ritiene che, in luogo di un inasprimento delle sanzioni amministrative, sia preferibile procedere all'intensificazione dell'attività ispettiva in materia di collocamento obbligatorio sia nel settore privato, sia in quello pubblico, nelle more di conoscere i dati del monitoraggio sulle assunzioni di personale disabile nella pubblica amministrazione del Dipartimento della funzione pubblica a norma dell'articolo 7 della legge n. 80 del 2006.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.

VELO e MOTTA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità, in Italia il dramma dell'esposizione all'amianto coinvolge tra un milione e un milione e duecentomila lavoratori, mentre secondo altre fonti, i lavoratori coinvolti sarebbero oltre tre milioni, soprattutto nei settori navale, chimico, ferroviario e nell'edilizia;
ogni anno sono in aumento le persone colpite dal mesotelioma della pleura, al punto che nel 2006, secondo i dati del registro nazionale dei mesoteliomi, i lavoratori affetti da questa patologia erano 1.200, con un incremento rispetto al 2005 del 20 per cento;
in molte realtà territoriali si registrano iniziative dei lavoratori finalizzate al riconoscimento delle provvidenze riconosciute dal nostro ordinamento per coloro che sono stati esposti alle fibre di amianto nei luoghi di lavoro;
nella sola provincia di Livorno, tra il 2002 e il 2004 migliaia di lavoratori (impiegati in aziende non rientranti negli atti di indirizzo emanati dal ministero del lavoro e della previdenza sociale nel biennio 2000-2001, al fine di localizzare gli impianti produttivi potenzialmente interessati alle normative di legge in favore degli esposti all'amianto) hanno presentato all'Inps e all'Inail la richiesta di concessione della maggiorazione contributiva prevista dall'articolo 13 della legge n. 257 del 1992 e successive modificazioni;
in particolare, dal 2001 un gruppo di lavoratori del polo raffinazione Eni di Livorno, hanno formato un apposito comitato e con l'ausilio di uno studio legale e della struttura specialistica della sezione di medicina preventiva del lavoro dell'Università di Pisa, hanno intentato causa legale contro l'INPS di Livorno per ottenere i benefici previsti dalla legge. Sulla base di una perizia dei Consulenti tecnici d'ufficio, il giudice delegato ha dato sentenza nella quale, ha accolto le posizioni dei lavoratori in causa per i periodi antecedenti al 1993 (sentenza n. 855/05 del 3 giugno 2005), per tutte le posizioni accolte positivamente l'INPS ha opposto appello, alla citata sentenza, presso il Tribunale di Firenze, di fatto basandosi su elementi che le interroganti reputano generici, inerenti il merito della consulenza tecnica d'ufficio;
al contempo, non mancano cause afferenti situazioni soggettive ed ambientali del tutto analoghe, conclusesi con pronunciamento a favore dei lavoratori, per le quali non è stato avanzato ricorso dalle competenti sedi INPS, ingenerando disorientamento e disparità di aspettative e condizione tra lavoratori con medesimi percorsi di vita lavorativa;
tali problematiche sono frutto anche di un complessivo quadro normativo non sempre coerente ed esauriente -:
quali siano gli elementi a disposizione del Ministro con riferimento alle cause e alle ragioni di difformi atteggiamenti assunti, in sede giudiziale, dalle competenti sedi INPS;
quali iniziative intenda adottare per favorire il riesame delle situazioni previdenziali dei lavoratori ex esposti alle fibre

d'amianto, al fine di favorire la rapida soluzione dei casi controversi;
come valuti l'esigenza di una verifica e rivisitazione del complessivo quadro normativo, al fine di superare ogni possibile disparità di trattamento ed incertezza giuridica.
(4-03118)

Risposta. - In merito al quesito sollevato nell'interrogazione in esame, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, interpellato in merito, ha comunicato quanto segue.
Il beneficio pensionistico di cui trattasi è riconosciuto, in via amministrativa, solo a fronte della certificazione rilasciata dall'Inail che attesti, nei confronti dell'assicurato, l'avvenuta esposizione ultradecennale all'amianto in concentrazioni superiori rispetto ai limiti quantitativi di cui all'articolo 24 del decreto legislativo n. 277 del 1991 (limiti ora ribaditi dal disposto dell'articolo 2 decreto legislativo n. 257 del 2006). Pertanto, non residua in capo all'Istituto alcun potere discrezionale in ordine alla verifica delle condizioni di fatto che legittimano l'erogazione del citato beneficio.
Anche la sentenza del Tribunale di Livorno n. 859 del 2005, relativa alla posizione di un unico lavoratore istante, è stata oggetto di ricorso in appello da parte dell'INPS con atto depositato presso la cancelleria della Corte di appello di Firenze in data 21 luglio 2005 e discussa il 3 novembre 2006. Non pare potersi ravvisare, quindi, alcun intento discriminatorio o vessatorio da parte dell'Istituto, il quale ha sottoposto a gravame le sentenze sfavorevoli unicamente in presenza di concreti elementi che potessero far prevedere una riforma dei giudizi in questione.
Ed invero, da un lato occorre rilevare che gli accertamenti tecnici in ordine alla consistenza ed alla durata dell'esposizione all'amianto, esperiti nei giudizi in questione, si riferiscono ad ambienti di lavoro e a condizioni di impiego risalenti, spesso, a molti anni or sono, talché appare obiettivamente difficile ricostruire il quadro espositivo in termini di certezza.
Dall'altro lato, occorre considerare che la descrizione degli ambienti di lavoro e della tipologia delle lavorazioni ivi espletate, effettuata dal perito di Ufficio, non è da sola sufficiente ad attestare la sussistenza degli elementi costitutivi del diritto, dovendosi poi valutare se ogni singolo lavoratore istante abbia allegato e provato, in corso di causa, di avere concretamente svolto mansioni tali da esporlo, per oltre dieci anni, alla concentrazione quotidiana di amianto costituente, a norma delle leggi di settore e della costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, la «soglia» quantitativa minima per l'attribuzione del beneficio in parola.
L'INPS ha evidenziato, inoltre, che la sentenza n. 855/2005 del Tribunale di Livorno, è relativa ad un ricorso proposto da circa settanta istanti e che non accoglie tutte le pretese dedotte in giudizio.
L'Istituto ha, infatti, ribadito che bisogna far riferimento, in maniera specifica e concreta, alla singola posizione professionale di ciascun lavoratore istante, verificando se vi sia stata una esposizione all'amianto che legittimi, per durata ed intensità, l'attribuzione dei benefici pensionistici in esame.

Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.

VENIER e CANCRINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio dell'Unione europea il 21 dicembre 2006 ha varato un regolamento (n. 1933/2006) che revoca temporaneamente l'accesso della Repubblica di Bielorussia alle preferenze tariffarie generalizzate, che entrerà in vigore il 21 giugno prossimo, a meno che, entro la scadenza di tale periodo, la Bielorussia non si impegni ad adottare le misure necessarie per conformarsi ai principi enunciati nella dichiarazione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) del 1998, relativa ai principi e diritti fondamentali sul lavoro, come indicato nelle dodici raccomandazioni contenute nella relazione della Commissione dell'OIL del luglio 2004. Tale decisione è stata sollecitata

dalla Confederazione europea dei sindacati liberi, la Confederazione europea dei sindacati e la Confederazione Mondiale del lavoro in merito alle presunte violazioni della libertà di associazione e del diritto di contrattazione collettiva nel paese del quale si lamentano le profonde limitazioni alla libertà sindacale;
a tal fine è stata condotta un'inchiesta dalla Commissione che ha confermato l'esistenza di violazioni gravi e sistematiche della libertà di associazione e del diritto di contrattazione collettiva previsti dalle convenzioni nn. 87 e 98 dell'OIL, la relazione presentata dalle autorità bielorusse alla Commissione sullo stato dei diritti della libertà di associazione nel paese, è stata giudicata insufficiente;
in risposta alle critiche avanzate a livello internazionale risulta che la Bielorussia ha avviato un processo di riforme teso ad aderire alle raccomandazioni della Commissione d'inchiesta dell'OIL al fine di modificare la legislazione vigente in tema di libertà di associazione sindacale e diritti di lavoro. In tal senso il Governo bielorusso pare intenzionato a portare in Parlamento per il prossimo settembre una nuova proposta che preveda l'istituzione e la registrazione dei sindacati e la creazione di un organismo autonomo dalla magistratura in grado di prendere in considerazione le segnalazioni relative alle ingerenze negli affari sindacali;
si tratta certamente di un processo ancora lungo da compiere, sul quale il Governo bielorusso ha rinnovato il suo impegno anche in occasione di incontri ufficiali svoltisi a Ginevra. Sicuramente su questa materia la Commissione ed i paesi dell'Unione devono moltiplicare gli sforzi affinché anche in Bielorussia siano garantiti i diritti di migliaia di lavoratori, donne e uomini, cui vanno assicurati i diritti di associazione, di tutela del lavoro, di garanzia sulla contrattazione collettiva;
tuttavia l'entrata in vigore del regolamento n. 1933/2006 il 21 giugno prossimo venturo, con la conseguente definitiva rottura degli accordi preferenziali tra la Bielorussia e l'Unione europea, in una fase in cui la Bielorussia sembra aperta al confronto potrebbe ottenere effetti gravemente controproducenti proprio rispetto all'obiettivo di una maggiore tutela dei diritti dei lavoratori e non consentirebbe una vera accelerazione degli adempimenti del governo alle raccomandazioni formulate dall'OIL la cui adesione è richiesta dalla Commissione europea. Le conseguenze di tale applicazione finirebbero per ricadere ancora una volta sulla popolazione, sulle condizioni di vita dei lavoratori e delle lavoratrici che da anni attendono l'applicazione di una normativa garantista in termini di diritti sindacali. Vi è da segnalare, poi, la dimostrata disponibilità del governo di Minsk, sulla questione dei soggiorni temporanei dei bambini bielorussi nel nostro paese: dopo un duro braccio di ferro, seguito al caso di Cogoleto, le autorità hanno recentemente, accettato di ripristinare la possibilità per i bambini di trascorrere le vacanze in Italia;
la difficile situazione economica del paese, inoltre, dovrebbe spingere i paesi aderenti all'Unione europea, ad una maggiore attenzione delle condizioni di vita della popolazione, nei confronti delle quali sicuramente la sorta di «embargo» prevista dal regolamento non gioverebbe nel prossimo futuro. In termini geopolitica, inoltre, il venir meno di rapporti commerciali privilegiati con l'Unione europea comporterebbe, come diretta conseguenza, l'ulteriore rafforzamento delle relazioni con la vicina Russia a scapito di un maggiore avvicinamento del paese all'Unione -:
se non ritenga di adoperarsi nelle sedi competenti affinché il termine dell'entrata in vigore del regolamento citato possa essere prorogato al fine di consentire al Governo bielorusso di rispettare la dichiarazione d'intenti con la quale le autorità si sono impegnate a presentare al Parlamento una profonda revisione della legge vigente in materia sindacale, anche al fine di tutelare in maniera compiuta i diritti sul lavoro di migliaia di lavoratori e lavoratrici bielorusse.
(4-03940)

Risposta. - Il regolamento SPG (Sistema delle preferenze generalizzate) prevede la possibilità di sospendere l'accesso ai benefici previsti dal Sistema in caso di gravi violazioni dei diritti dell'uomo, incluso in materia di libertà e diritti sindacali. In considerazione della situazione in Bielorussia, e in particolare della insufficiente tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, la Unione europea ha introdotto una serie di misure restrittive verso Minsk, tra cui un visa ban nei confronti di esponenti della nomenclatura e la limitazione dei contatti bilaterali a livello ministeriale.
A causa delle ripetute violazioni delle libertà sindacali e di associazione da parte bielorussa, e dopo ripetute discussioni (in cui l'Italia ha svolto un ruolo moderatore, di cui Minsk è consapevole, promuovendo approfondimenti e ulteriori riflessioni), la sospensione dell'accesso al SPG da parte di Minsk, come correttamente riportato anche nell'atto parlamentare, è stata adottata dal Consiglio il 21 dicembre 2006, per entrare in vigore sei mesi dopo. Dunque, il 21 giugno scorso Minsk è stata sospesa dal beneficio del Sistema di preferenze generalizzate (SPG).
Negli ultimi tempi, la Commissione ha fatto stato di un approccio maggiormente collaborativo da parte bielorussa, senza tuttavia poter registrare miglioramenti sostanziali. Dal canto suo, la stessa Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha confermato, in un recente rapporto del 15 giugno scorso, la perdurante inadempienza bielorussa circa l'attuazione delle raccomandazioni formulate dalla stessa organizzazione, cui il governo bielorusso si sarebbe dovuto conformare per rimediare all'insoddisfacente applicazione di due Convenzioni OIL (rispettivamente sulla libertà di associazione e protezione del diritto ad organizzarsi, e sull'applicazione dei principi del diritto ad organizzarsi e a contrattare collettivamente).
Nel corso degli ultimi mesi il governo di Minsk non ha mancato di evocare, sia con le competenti istanze comunitarie sia con i singoli Stati membri (inclusa l'Italia), la preoccupazione per le conseguenze dell'introduzione del provvedimento.
L'Italia sostiene la posizione dell'Unione europea, favorevole al graduale sviluppo delle relazioni con Minsk, a condizione che autorità bielorusse mostrino dei reali progressi nel rispetto dei diritti dell'uomo. La politica Unione europea, infatti, non è di chiusura, bensì è basata su un doppio binario: mantenimento delle misure restrittive in vigore, ma al tempo stesso apertura al dialogo qualora da parte di Minsk si dovessero verificare gli sviluppi attesi. In questo contesto, da parte comunitaria non si è mancato di sottolineare il carattere reversibile della decisione. In particolare, la Commissione ha confermato che, in caso di adempimento da parte bielorussa dei suoi obblighi, presenterà una proposta di ripristino del Paese nell'SPG.
Nel constatare che Minsk è chiamata a dare segnali concreti, l'Italia si è inoltre fatta parte attiva affinché la Commissione proceda a regolari valutazioni, al fine di poter registrare tempestivamente eventuali sviluppi che potrebbero condurre ad un riesame della situazione. Da parte italiana si continuerà a seguire con la massima attenzione gli sviluppi della legislazione bielorussa e ad incoraggiare la UE a proseguire il dialogo in corso, in modo che - non appena vi saranno le condizioni - da parte di Bruxelles si sia pronti a tornare appena possibile ad applicare il SPG (Sistema delle preferenze generalizzate).

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.