Allegato B
Seduta n. 217 del 4/10/2007

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

QUARTIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge 27 dicembre 2001 n. 256 (legge finanziaria 2007) prevede che coloro che effettuano la rottamazione di un veicolo senza sostituzione (articolo 1, comma 224) possono chiedere, qualora non risultino intestatari di altri veicoli, il totale rimborso dell'abbonamento al trasporto pubblico locale nell'ambito del Comune di residenza e di domicilio, di durata pari ad una annualità;
a tale norma deve darsi attuazione con decreto del Ministro dell'ambiente e del territorio e del mare, relativamente alle modalità di erogazione del rimborso;
alcuni comuni hanno informato i cittadini che potranno recarsi presso gli sportelli delle aziende di trasporto per acquistare l'abbonamento annuale anticipandone il pagamento e che successivamente dovranno recarsi presso gli sportelli comunali per ritirare i moduli da completare per richiederne il rimborso al Ministero dell'economia;
tali moduli non sono ancora disponibili, perché ancora non predisposti dal ministero competente;
la citata norma della legge finanziaria 2007 rimane perciò inattuata;
più volte sentiti gli uffici appositi presso i ministeri interessati anche da parte di alcuni organi di stampa e televisioni a ciò sollecitati dagli ascoltatori e telespettatori che attendono l'attuazione della norma suindicata, nessuna risposta utile è stata fornita ai richiedenti -:
quali siano i tempi e le modalità previste dal Governo e dai competenti ministeri per dare rapida e chiara attuazione alla norma citata in premessa.
(4-05098)

LOMBARDI, CACCIARI e DURANTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Parco Nazionale del Gargano, in Puglia, è interessato dalla presenza di un diffuso abusivismo edilizio che minaccia

seriamente l'integrità ambientale del territorio protetto, come peraltro confermato dall'ex Ministro dell'ambiente Matteoli il quale, nel corso del convegno «Ambiente e legalità» tenutosi a luglio 2005 nel Parco del Vesuvio, confermava che il Gargano è fra i parchi del meridione a più alto tasso d'abusivismo edilizio. Molti abusi sono inoltre concentrati all'interno delle ZPS e pSIC, in chiara violazione delle direttive comunitarie «Habitat» 92/43 e «Uccelli» 79/409;
il Gargano ha una notevole importanza per la conservazione della biodiversità detenendo ben il 29 per cento degli anfibi, il 46 per cento dei rettili, il 69 per cento degli uccelli nidificanti e il 56 per cento dei mammiferi presenti in Italia. L'area è stata inoltre identificata come IBA (important bird area, cioè zona importante per l'avifauna). La mancata applicazione delle direttive «Habitat» e «Uccelli» sta gravemente minacciando la sopravvivenza di ameno 34 habitat di importanza comunitaria, 8 dei quali prioritari, nonché di numerose specie animali e vegetali incluse nell'allegato II della direttiva habitat e nell'allegato I della direttiva uccelli;
gli ultimi dati messi a disposizione dall'Ente parco relativamente al fenomeno dell'abusivismo edilizio risalgono al settembre 2003 da cui risulta che fino ad allora erano stati 623 gli abusi edilizi verbalizzati a partire dal 2000 e 20 gli abbattimenti eseguiti in 4 comuni, anche grazie ad un finanziamento del Ministero dell'Ambiente. In seguito a quegli interventi l'Ente parco inoltrò altre due richieste di finanziamento al Ministero dell'Ambiente per 1 milione di euro, di cui 500 mila successivamente accordati, per proseguire con l'attività di demolizione degli abusi edilizi per i quali si era giunti al decreto di abbattimento. A seguito di questo finanziamento l'Ente parco aveva provveduto a stilare un nuovo elenco di opere abusive da abbattere e a individuare l'impresa a cui affidare le demolizioni. Restava solo da definire l'ordine di priorità, considerata la scarsità dei fondi, ma la successiva scadenza, nel marzo 2004, degli organi direttivi del parco bloccò la procedura;
da allora, nonostante siano trascorsi oltre due anni dal rinnovo degli organi direttivi, nessun ulteriore abbattimento è stato eseguito dall'Ente parco e le somme a disposizione giacciono ancora inutilizzate. Per contro, sembra che il Consiglio direttivo dell'Ente parco abbia posto in essere una complessa procedura burocratica volta a coinvolgere i comuni nella definizione delle priorità degli abbattimenti, proprio gli stessi comuni che, con la loro mancata vigilanza, avevano consentito di commettere gli abusi e che ora con la loro inerzia hanno bloccato la procedura. Nel frattempo sono stati approvati o sono in corso di approvazione da parte dell'Ente parco numerosi piani di recupero territoriale (PIRT) che secondo gli interpellanti consistono essenzialmente in una sanatoria degli abusi edilizi, sopratutto lungo la costa, mentre risulta completamente fermo l'iter per l'approvazione del Piano del Parco -:
se non ritenga che si debbano conoscere quali azioni di controllo e di vigilanza abbia intrapreso o intenda intraprendere il Ministero dell'Ambiente nei confronti dell'Ente parco, relativamente alle disponibilità economiche non ancora utilizzate, al fine di riprendere le attività di contrasto dell'abusivismo edilizio sul Gargano e, in particolare, se il Governo ritenga che l'inerzia dell'Ente sia riconducibile ad una volontà politica degli organi direttivi di conseguire - attraverso l'approvazione dei piani di recupero territoriale, il blocco delle procedure di abbattimento e la mancata approvazione del Piano del Parco - una sanatoria generalizzata degli abusi edilizi nel Gargano;
quale sia lo stato dell'iter per la formazione del Piano del Parco Nazionale del Gargano, avviato ormai da tre anni e non ancora conclusosi, e quali siano le azioni che il Governo intende intraprendere nei confronti dell'Ente parco per giungere alla sua approvazione in tempi brevi;

se risponda al vero la notizia che l'Ente parco ha recentemente rifiutato un ulteriore finanziamento da parte del Ministero dell'Ambiente per l'esecuzione degli abbattimenti e, se confermata, quale sia la valutazione del Governo in merito alla questione.
(4-05102)

DI CAGNO ABBRESCIA e FITTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il risparmio energetico e l'utilizzo di fonti rinnovabili, sono al centro dell'attenzione globale al fine di una migliore sostenibilità ed efficienza dell'uso dell'energia;
i progetti per l'utilizzo dello sviluppo dell'energia eolica, nonché l'interesse di grandi gruppi imprenditoriali anche internazionali, ad investire in tale direzione nel nostro Paese, aumentano in misura esponenziale, anche a causa del notevole ritardo nella produzione di energia derivante da fonti alternative;
l'energia eolica ipotizzata come valida alternativa energetica, collegata anche alle politiche di riduzione dei gas ad effetto serra rientranti negli accordi previsti dal protocollo di Kyoto, in realtà non sembra poter costituire prospettive significative in termini di produzione energetica; è importante evidenziare inoltre, che nell'ultimo Piano Energetico Nazionale (PEN) fatto nel 1988, si prevedevano per l'anno 2000 solo 600 MW eolici, in quanto erano stati considerati coltivabili soltanto i siti efficienti, cioè quelli con più di 2.000 ore all'anno di vento;
più volte il Premio Nobel Carlo Rubbia, ha chiarito che dall'energia eolica in Italia deriva complessivamente un modesto apporto energetico: appena lo 0,4 per cento del totale; a ciò vanno aggiunte inoltre le valutazioni negative riguardo agli impatti sul paesaggio italiano, costituzionalmente tutelato, di Italia Nostra e del Comitato nazionale del paesaggio;
numerose associazioni a tutela dell'ambiente e da ultimo anche il WWF, denunciano tra l'altro i devastanti impatti dell'eolico sull'avifauna, sull'ambiente e sulle montagne in particolare dell'Appennino, che invece dovrebbero considerarsi le nostre «aree di ricarica» per l'aria e per l'acqua; talune di queste associazioni hanno, fra l'altro, emanato proprie linee guida per la corretta installazione degli impianti eolici e sottoscritto convenzioni con l'ANEV (l'associazione nazionale degli industriali del vento registrata come associazione ambientalista riconosciuta) che sono state costantemente disattese sul territorio; il paradosso vuole che in tema di eolico, i comitati ambientalisti locali, che hanno contezza dei singoli interventi, spesso si trovano in contrasto con le proprie direzioni nazionali, che agiscono in base a principi generali;
l'unica associazione schierata fieramente a favore dell'eolico è Legambiente, che per questo si è attirata le accuse, in alcuni casi dimostrate da Italia Nostra, di collegamento con i cosiddetti industriali del vento;
tra le altre accuse che le associazioni ambientaliste hanno ribadito a più riprese, esisterebbe una «lobby eolica» e che inoltre, secondo le medesime associazioni, non sono spiegabili le resistenze, ribadite peraltro anche dall'ex Ministro delle attività produttive Scajola, sull'incentivazione dell'energia solare fotovoltaica, enucleatesi nei ritardi dell'emanazione dei relativi decreti e nei numerosi ostacoli burocratici frapposti all'installazione ed all'allaccio di questo tipo di impianti; peraltro questi ostacoli sembrano essere stati superati con il recente decreto sul fotovoltaico, anche se resta da spiegare perché l'obiettivo previsto per l'incentivo del fotovoltaico, sia di 3.000 MW al 2016, la metà di quanto previsto per l'eolico, nonostante l'Italia sia «il Paese del sole» e non del vento e perché si siano ad oggi installati 2.123 MW

eolici, contro poche centinaia di MW fotovoltaici, settore nel quale siamo indietro addirittura alla Norvegia;
in sostanza le accuse rivolte all'eolico riguardano il gigantismo delle installazioni, che è direttamente proporzionale alla produttività, alla rapida maturazione industriale del settore ed al sistema degli incentivi; da questi fattori deriva la «violenza» dell'impatto sul territorio (si consideri che per installare rotori di circa 90 metri di diametro in montagna, occorre realizzare strade in grado di sopportare trasporti eccezionali e fondazioni da centinaia di tonnellate di cemento) e sul paesaggio (gli impianti superano i 120 metri di altezza e gli industriali tendono ad aggiungere altri impianti ai parchi già realizzati, in modo da sfruttare le economie di scala; ad esempio nel Fortore, una delle poche aree in Italia con ventosità superiore alle 2.000 ore, a cavallo tra Campania e Puglia, si dovevano installare 50 pali: si è invece arrivati a 450 e si ipotizza di arrivare a 1.000); quanto alla proliferazione degli impianti, tale aspetto è evidentemente «drogato» sia da finanziamenti diretti, come nel caso della Puglia, sia da interventi indiretti (si realizzano strade con fondi agricoli europei, alle quali poi si muta imputazione), sia inoltre dall'acquisto a prezzo maggiorato dell'energia prodotta, che garantisce redditività anche quando l'impianto non sarebbe di per se conveniente;
il dato speculativo pertanto travalica qualsiasi altra considerazione ambientale e di sviluppo sostenibile; ad esempio esiste una società tedesca, che in questo momento promette ad investitori tedeschi, austriaci e svizzeri (ma non italiani) rendimenti superiori al 7 per cento annuo al fine dell'istallazione di impianti eolici in Italia;
tuttavia speculare sul protocollo di Kyoto, raggiungendone taluni obiettivi nominali, non significa realizzarlo; di fronte a questi interventi classificati «ambientali», in molti centri abitati di diverse Regioni, fra cui la Puglia, si sono sollevate perplessità e contestazioni sulla possibilità di installazione di gigantesche torri realizzate in aree anche limitrofe ai centri abitati, con procedure opinabili e spesso senza valutazione d'impatto ambientale, con il rischio di deturpare, paesaggi naturali, zone archeologiche, zone geologiche che rappresentano le peculiarità di un territorio e l'identità delle popolazioni locali;
per quanto esposto non può che essere considerata con sospetto l'inversione a 180 gradi, operata dall'attuale Governo della Regione Puglia, inizialmente totalmente contrario all'ipotesi di costruzione di nuove centrali eoliche sul proprio territorio, ma che invece con la delibera regionale del 13 ottobre 2006, n. 1550 ha previsto la possibilità di investire, attraverso ingenti incentivi e agevolazioni in favore dell'industria energetica alternativa, consentendo la costruzione e l'installazione di pale eoliche in maniera disorganica, indistinta e priva di ogni valutazione e monitoraggio preventivo; secondo quanto riportato da un articolo pubblicato dal quotidiano: La Gazzetta del Mezzogiorno il 24 gennaio 2007, la predetta delibera approvata dalla Regione Puglia, sebbene stabilisca alcuni criteri e le necessarie regolamentazioni per l'installazione degli impianti, attraverso determinati requisiti di grandezza, prevede altresì una disposizione transitoria, che consentiva fino alla fine di marzo 2007 di agire in deroga, permettendo in modo espansivo l'installazione di pale eoliche dislocate su tutto il territorio regionale, ovvero dal foggiano al Salento da parte delle imprese, alcune delle quali multinazionali del settore, il cui investimento complessivo risulta pari a 10 miliardi di euro;
il predetto articolo descrive inoltre l'enorme potenzialità in termini affaristici che le installazioni di tali gigantesche torri eoliche, costituirebbe per le grandi imprese del settore, i cui oneri molto spesso sono coperti da fondi regionali ed europei che non hanno nulla a che fare con il protocollo di Kyoto e con una seria politica di riduzione dei gas ad effetto serra;

appare agli interpellanti assai discutibile la scelta della Giunta regionale pugliese di sostenere le industrie energetiche, proponendo ingenti investimenti per un settore - che peraltro ha un basso impatto occupazionale - già beneficiario di altre agevolazioni, modificando i criteri adottati in precedenza ed escludendo le industrie manifatturiere, cosi penalizzando il territorio sia dal punto di vista occupazionale, che da quello della tutela ambientale;
l'allarme sul proliferare degli impianti eolici in Puglia è stato lanciato anche dalla Coldiretti, paventando il rischio che se dovessero essere autorizzate tutte le proposte di realizzazione di impianti, la genuinità e la salubrità dei prodotti regionali tipici di qualità, sarebbero inevitabilmente danneggiate dall'impatto negativo degli impianti eolici sul territorio, al punto che non risulterebbero più appetibili e ricollegabili alla bellezza e alla naturalità dei luoghi di origine;
quantificando la situazione attuale della Regione Puglia, secondo i dati diffusi dalla LIPU (Lega italiana protezione uccelli) su ben 1.232 torri con parere ambientale positivo, realizzate o da realizzare, 1.116 torri, non sono state assoggettate alla procedura di VIA; su 76 parchi eolici valutati dagli organi regionali, solo uno ha avuto parere ambientale negativo, successivamente revisionato su istanza della società; il complesso degli impianti già autorizzati, produrrebbe 1.686 MW, ben al di là degli obiettivi della Regione; la LIPU inoltre ha segnalato l'ostruzionismo informativo delle amministrazioni interessate, la scarsità di informazioni sul BURP (bollettino ufficiale regionale Puglia) e la mancanza di pubblicità del deposito del progetto; risulta inoltre importante sottolineare che oltre ai progetti autorizzati, sono stati presentati un numero enorme di altri progetti stimabile in non meno di ulteriori 6.400 MW, tutti da realizzare senza alcuna programmazione in assenza di un piano energetico; recentemente il Ministro per i beni culturali ha diffuso un documento contenente delle Linee guida per il corretto inserimento degli impianti eolici nel paesaggio ai fini della emanazione di successive direttive valide su tutto il territorio nazionale;
risultano invece contrastanti e confuse le opinioni espresse dal Ministero dell'Ambiente, poiché mentre il sottosegretario Laura Marchetti ha proposto una moratoria nazionale al fine di sospendere per sei mesi le autorizzazioni per l'eolico, attraverso un intervento del Governo, il Ministro Alfonso Pecoraro Scanio ha invece rimandato l'eventuale decisione di una moratoria nazionale sull'eolico, al Parlamento;
tali affermazioni probabilmente hanno indotto i rappresentanti del Governo a soffermarsi sui rischi di impatto ambientale nonché a riflettere sulle diverse denunce da parte di numerose associazioni, contrarie alle installazioni di torri eoliche in numero sproporzionato, ipotizzando pertanto, iniziative volte a sospendere le procedure di installazioni di gigantesche torri eoliche che distruggono il paesaggio regionale;
quanto predetto tuttavia sembra aver messo fretta agli industriali eolici, che accelerano le presentazioni di richieste e di realizzazioni di impianti al fine di creare, come sta avvenendo con le autorizzazioni CIP 6, il cosiddetto «fatto compiuto» o il diritto acquisito -:
quali urgenti provvedimenti intendano intraprendere, con riferimento alle norme costituzionali contenute nell'articolo 9, comma 2 (tutela del paesaggio) e nell'articolo 117, comma 2, lettera s) (tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali), al fine di evitare che le previsioni di imminenti installazioni di pale eoliche nelle regioni italiane ed in particolare nella Regione Puglia, effettuate in maniera imponente e selvaggia, provochino gravi danni al territorio, al paesaggio, alla tutela ambientale e all'ecosistema, non garantendo inoltre alcun beneficio in termini occupazionali;
se il Ministro per i beni e le attività culturali non ritenga opportuno emanare

direttive alle Soprintendenze, che riconfermando la validità della Direttiva Urbani sulle installazioni eoliche, ne richieda un'applicazione restrittiva, in attesa della emanazione di una disciplina organica;
se non ritenga infine, opportuno chiarire quale sia attualmente la reale posizione del Governo, sulle iniziative che si intendono adottare per le autorizzazioni delle installazioni di pale eoliche, al fine di stabilire delle regole ritenute più consone, al fine di tutelare il paesaggio nazionale e in particolare quello pugliese, che è ormai preso d'assalto da parte delle imprese del settore, interessate soltanto dall'elevato profitto, più che dalla finalità legata alla produzione energetica da fonte rinnovabile.
(4-05103)

D'IPPOLITO VITALE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
è in atto il procedimento di riperimetrazione del Parco Nazionale del Pollino;
risulta utile e importante il coinvolgimento consapevole dei comuni interessati;
i consigli comunali di Mormanno, Papasidero ed Orsomarso hanno deliberato a favore della esclusione di parti del proprio territorio dai confini del Parco Nazionale del Pollino;
con l'ultimo deliberato del Comune di Orsomarso, la proposta complessiva dei tre appare omogenea senza creazione di «isole» nel territorio del Parco;
all'interno dei territori di cui si richiede l'esclusione dai confini del Parco insistono:
1) centrale idroelettrica Palazzo II;
2) sito per istallazione pale per impianto eolico (comune di Papasidero) sito idoneo già certificato;
3) discarica di smaltimento rifiuti, nuova da poco costruita dalla Regione Calabria ai confini tra i tre Comuni;
4) discarica dimessa in località Ombrece (comune di Mormanno);
5) area P.I.P. in espansione industriale (comune di Mormanno);
6) invaso artificiale ENEL per alimentazione centrale di Orsomarso (comune di Mormanno);
7) sito idoneo per istallazione pale di impianto eolico (comune di Mormanno);
8) due cave autorizzate con attività cantieristica (comune di Mormanno);
il comune di Mormanno ha già espresso più volte la propria disponibilità a rivedere in termini riduttivi la primitiva proposta accettando, senza alcun problema, una eventuale determinazione della Direzione generale per la Protezione della Natura volta a prendere in considerazione esclusivamente i territori al cui interno insistono le peculiarità e gli insediamenti sopra elencati che mal si integrano con una area protetta;
la Comunità del Parco, riunitasi in data 13 febbraio 2006 per fornire un parere su tali proposte, quasi unanimemente, con un solo voto contrario a tali proposte espresso dal Comune di Rotonda, non ha ritenuto fornire alcun parere, ritenendolo evidentemente non formalmente vincolante, né respingere o emendare tali proposte, rimettendosi completamente alla volontà di codesto Ministero -:
se si intenda accogliere le proposizioni come riportato in sintesi nella planimetria elaborata dagli uffici disponibili per eventuali esami, altresì suffragato dagli atti già in possesso dello stesso Ministero;
se si ritenga opportuno incontrare, a breve, i tecnici dei rispettivi Comuni per eventuale sopralluogo congiunto sui territori oggetto di tali proposizioni.
(4-05104)

CATONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, è il parco più antico d'Italia, dove vivono molti animali di specie protetta che rischiano la loro estinzione, come l'orso bruno marsicano, il lupo appenninico, il camoscio, ed altri;
la tutela di questi animali, in particolare dell'orso bruno, è garantita da leggi nazionali ed internazionali come specie prioritaria nella Direttiva europea 43/92;
il giorno 2 ottobre 2007 si è appresa la notizia della morte di tre orsi bruni marsicani, tra cui Bernardo il simpatico orso goloso e confidente divenuto l'attrazione dell'Alta Valle del Giovenco e dell'intero Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise;
da una prima informativa i tre orsi sarebbero stati uccisi, molto probabilmente per avvelenamento;
nella stessa giornata sarebbero stati ritrovati morti anche due lupi appenninici;
il giorno 3 ottobre 2007 l'ufficio stampa dell'Ente Parco divulgava la notizia che altri due orsi erano stati ritrovati morti una decina di giorni prima;
a seguito della notizia di altri due orsi morti comunicati dall'ufficio stampa dell'Ente Parco, la dipendente, che da tre anni è stata adibita a tale compito, è stata rimossa e trasferita in altro ufficio;
la morte dell'orso Bernardo e della sua compagna, risalirebbero a una decina di giorni prima;
all'orso Bernardo, per monitorare i suoi spostamenti, era stato applicato un radiocollare -:
se non ritenga opportuno intervenire inasprendo le norme sulla vendita dei veleni;
se le risorse umane presenti nel parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, siano sufficienti per tutte le operazioni di controllo e tutela;
se corrisponda al vero che all'orso bruno marsicano Bernardo, era stato messo un radiocollare per monitorare i suoi spostamenti e chi era adibito al controllo di questi;
se sia a conoscenza della rimozione e spostamento in altro ufficio della dipendente dell'Ente Parco che ha comunicato il ritrovamento degli orsi uccisi e soprattutto le ragioni del suo trasferimento.
(4-05110)

GRILLINI, DURANTI e VICO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con la sentenza del 23 novembre 2006 la seconda sezione della Corte di giustizia europea ha riconosciuto l'Italia responsabile della violazione del diritto comunitario, nella causa numero 486/04 avente ad oggetto l'impianto di incenerimento di combustibili derivati da rifiuti (acronimo «CDR») e biomasse di Massafra (Taranto);
si tratta di impianto di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante incenerimento o trattamento chimico, avente capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, ai sensi dell'allegato I, punto 10, della direttiva 85/337;
in quanto tale, obbligatoriamente esso avrebbe dovuto essere sottoposto, prima di essere autorizzato, alla procedura di valutazione del suo impatto ambientale, posto che i progetti rientranti nel detto allegato I della direttiva 85/337 devono essere sottoposti ad una valutazione sistematica a norma degli articoli 2, n. 1, e 4, n. 1, di quest'ultima;
al contrario l'impianto di Massafra è stato autorizzato sulla base di procedure semplificate previste dall'allegato A, lettera i) ed l) del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, come modificato dal decreto del Presidente del Consiglio

dei ministri 3 settembre 1999, concernente disposizioni in materia di valutazione dell'impatto ambientale;
ciò è stato possibile grazie a criteri e soglie fissati dalla legge italiana che la Corte giudica inadeguati nella misura in cui possono portare, come hanno portato, ad escludere dalla valutazione di impatto ambientale, progetti di impianto che invece hanno un impatto ambientale rilevante;
infatti il margine discrezionale conferito agli Stati membri in subiecta materia trova il proprio limite nell'obbligo, contenuto nella direttiva, di sottoporre alla valutazione d'impatto i progetti idonei ad avere rilevanti ripercussioni sull'ambiente, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, tenuto conto dei criteri di selezione pertinenti definiti nell'allegato III della direttiva stessa e le caratteristiche dei progetti, in particolare le dimensioni, il cumulo con altri progetti, l'utilizzazione delle risorse naturali, la produzione di rifiuti, l'inquinamento e le nocività, nonché il rischio di incidenti. Tenuto conto, inoltre, della localizzazione degli impianti, ovvero considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell'impatto del progetto valutando, in particolare l'utilizzazione attuale del territorio e la capacità di carico dell'ambiente naturale. Tenuto conto, infine, delle caratteristiche dell'impatto potenziale, segnatamente in rapporto all'area geografica ed alla porzione di popolazione interessata;
la dispensa dalla valutazione d'impatto, oltretutto, può essere prevista soltanto qualora le autorità nazionali competenti abbiano adottato per ciascun tipo di attività norme generali che fissano i tipi e le quantità di rifiuti nonché le condizioni alle quali l'attività può essere dispensata dall'autorizzazione. I tipi e le quantità di rifiuti ed i metodi di recupero debbono essere tali da non mettere in pericolo la salute dell'uomo e da non comportare l'utilizzo di procedimenti o tecniche che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente, e in particolare tali da non creare rischi per l'acqua, l'aria o il suolo ovvero per la fauna e la flora, da non causare inconvenienti da rumori od odori, e da non danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse;
la legge e le autorità italiane non hanno previsto e adempiuto a nulla di tutto quanto precede, ignorando tutti i criteri di selezione precisati nella direttiva 85/337, permettendo che progetti idonei ad avere rilevanti ripercussioni sull'ambiente a motivo delle loro dimensioni o della loro ubicazione siano stati e continuino ad essere sottratti alla verifica del loro impatto ambientale;
la normativa in questione, pertanto, ha violato e continua a violare le leggi comunitarie, pregiudicando di fatto l'obiettivo della direttiva 85/337 -:
quali iniziative intenda adottare il Governo per porre fine all'inadempimento;
quali iniziative il Governo intenda adottare per porre rimedio al grave problema della devastazione ambientale e del sicuro pregiudizio derivante alla salute dei cittadini di Massafra e di tutti i paesi del comprensorio, già notevolmente degradato a causa della presenza di numerose discariche e dell'industria siderurgica.
(4-05112)

DE CRISTOFARO. - Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che già a partire dal maggio scorso, al termine di una lunga e complessa indagine da parte dei carabinieri del Noe, con un blitz degli stessi, è stato posto sotto sequestro il Cantiere di Val Santa Maria La Carità, tra i comuni di Sant'Antonio Abate (Napoli) e Scafati (Salerno), interessato alla costruzione del depuratore destinato al disinquinamento delle acque del fiume Sarno;
i lavori di tale cantiere, in opera ormai da tempo, sembrerebbe fossero condotti utilizzando materiale scadente e mettendo in atto interventi non a norma;

la denuncia che ha promosso l'intervento dei carabinieri del Noe prenderebbe l'avvio da un esposto presentato da alcuni ex dipendenti che avevano rilevato anomalie nei criteri di esecuzione dei lavori;
fra i capi d'accusa che hanno prodotto la decisione del sequestro del cantiere da parte del Noe ci sarebbe anche l'ipotesi che in tale sito sarebbero stati smaltiti illecitamente rifiuti speciali altamente pericolosi per l'ambiente e la salute pubblica, quali diossina e amianto;
nel corso dei lavori al depuratore e in attesa del suo ripristino, gran parte della cittadinanza del luogo, con grande senso civico, ha accettato, non senza disagi, l'utilizzo di un impianto sostitutivo destinato al trattamento delle acque nere;
risulta all'interrogante che il generale Jucci, commissario per il disinquinamento del fiume Sarno, fosse l'autorità incaricata di seguire i lavori del cantiere per il ripristino e la ristrutturazione del depuratore al momento in cui i carabinieri del Noe hanno posto sotto sequestro il cantiere -:
se il Ministro sia a conoscenza di tale vicenda e quale garanzia abbia da offrire alla cittadinanza circa l'eventualità che in questo sito siano stati smaltiti illecitamente rifiuti altamente tossici;
cosa abbia da riferire in merito all'attuale stato dei lavori del depuratore in considerazione che si tratta di un'opera di grande rilevanza per la salute pubblica e le condizioni ambientali.
(4-05118)