Allegato B
Seduta n. 217 del 4/10/2007

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:

FORMISANO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la magistratura di pace necessita ormai da tempo di una riforma organica;
essa gestisce, infatti, un contenzioso enorme con tempi di definizione delle cause molto rapidi, la media è un anno contro i cinque occorrenti ai tribunali, e con un impegno di lavoro a tempo pieno;
i giudici di pace pur avendo le stesse responsabilità e gli stessi doveri dei magistrati in carriera, non godono, tuttavia, di nessun diritto sia da un punto di vista giuridico e soprattutto sotto il profilo previdenziale e assistenziale;
essi non maturano alcun diritto alla pensione, non hanno diritto a indennità di malattia o maternità, non percepiscono il trattamento di fine rapporto né agevolazioni per i familiari a carico;
molti di loro sono costretti a lavorare anche se affetti da malattia grave per mantenere la famiglia e non incorrere nella cosiddetta dispensa d'ufficio -:
quali misure intenda adottare, considerata la gravità della situazione per una riforma della magistratura di pace auspicata ormai da tempo.
(3-01294)

D'ELIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento al Question Time del sottoscritto interrogante svolto il 7 marzo 2007 (interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-00705) e alla relativa risposta del Governo a riguardo del caso del detenuto Antonio Cordì;
nel febbraio 2006 al signor Antonio Cordì, 64 anni, detenuto nel carcere di Cuneo, fu diagnosticato un cancro al polmone, per il quale i medici richiedevano un ricovero in ospedale per un intervento chirurgico urgente (ricovero che il tribunale di sorveglianza di Cuneo non autorizzava);
nell'aprile 2006, il detenuto veniva trasferito nel carcere di Secondigliano, dove i sanitari ribadivano l'urgenza di un intervento chirurgico, ma anche il tribunale di sorveglianza di Napoli negava il ricovero in ospedale;
alla fine di luglio 2006, il signor Cordì veniva finalmente ricoverato al Cardarelli, ma il primario di chirurgia toracica dell'ospedale definiva talmente gravi le sue condizioni di salute da considerarlo ormai inoperabile per l'espandersi di metastasi, che, nel dicembre 2006, arrivavano anche al cervello;
in risposta all'interrogante il 7 marzo 2007 il Governo affermava: ...«Allo stato, dunque, non si rilevano né inadempienze né condotte di magistrati che siano disciplinarmente apprezzabili, visto che le condizioni di salute del Cordì, anche in virtù dei provvedimenti giudiziari adottati, non solo sono state costantemente tenute sotto controllo dal dipartimento dell'amministrazione

penitenziaria, ma sono altresì trattate sia con le risorse interne che con quelle esterne agli istituti, mediante l'immediata ospedalizzazione del detenuto»...;
soltanto alla fine dell'aprile 2007 (30 aprile 2007), il Cordì veniva trasferito presso il reparto oncologico dell'ospedale Cardarelli di Napoli in regime di detenzione domiciliare;
essendo continuamente allettato, al fine di evitare possibili decubiti il Cordì il 25 maggio 2007, tramite il proprio legale, l'avvocato Cartolano, richiedeva al Magistrato di Sorveglianza di Napoli la possibilità di poter deambulare all'interno del nosocomio, ma il Magistrato è stato inflessibile nel negargli tale possibilità;
le condizioni del Cordì continuavano a peggiorare, sicché in data 1o giugno 2007 venne avanzata istanza di detenzione domiciliare presso la sua abitazione in Locri;
il Magistrato rispondeva sostenendo che la struttura del Cardarelli era più idonea rispetto all'abitazione;
il giorno 25 luglio 2007 l'avvocato Cartolano vedeva per l'ultima volta il Cordì presso la struttura ospedaliera e, osservate le gravissime condizioni del degente e verificata la insostenibilità per i familiari di sopportare il carico dell'assistenza continua allo stesso, la mattina successiva ebbe ad inoltrare al Magistrato di Napoli una ulteriore istanza;
su tale istanza l'avvocato Cartolano non riceveva alcuna decisione da parte del Magistrato, così come (da quello che i familiari hanno riferito al legale), alcuna decisione è stata notificata al Cordì finché è rimasto in vita;
la sera del 2 agosto 2007 l'avvocato Cartolano veniva avvisato telefonicamente da un familiare in visita al degente, che il Cordì era incosciente e il sanitario curante parlando al telefono con il legale stesso esprimeva il proprio giudizio di estrema gravità delle condizioni del paziente (riferendo un aumento della pressione endocranica per l'espandersi della metastasi), comunicandogli che la sera stessa o al massimo la mattina successiva del 3 agosto avrebbe stilato una relazione diretta al Magistrato sulla situazione clinica del Cordì;
la mattina del 3 agosto, alle ore 10,40, l'avvocato Cartolano inoltrava un fax al magistrato con il quale esponeva la situazione appresa la sera prima, chiedendo un accertamento telefonico urgente e rinnovando la richiesta di inviare il Cordì nella propria abitazione al fine di evitarne il decesso in ospedale;
sempre in data 3 agosto 2007, il legale riceveva notizia del rigetto dell'istanza, nel quale il Magistrato di Sorveglianza, firmando in modo illeggibile il provvedimento, si limitava - secondo l'interrogante incomprensibilmente - a far riferimento ad un provvedimento di quasi 2 mesi prima;
alle ore 19,18 del medesimo giorno l'avvocato Cartolano, dopo l'ennesimo diniego, in calce al fax trasmesso la mattina ribadiva ulteriormente con una nuova richiesta la necessità di una decisione che non costringesse il detenuto a morire in ospedale;
a tale seconda istanza l'avvocato Cartolano non riceveva alcun riscontro e passavano ben tre giorni (il 4, il 5 ed il 6 agosto) senza che intervenisse alcuna decisione;
il giorno 6 agosto, alle ore 13,04, l'avvocato Cartolano, sollecitato dai familiari del Cordì (sconcertati nel dover constatare che il congiunto pur essendo entrato in coma fosse ancora in detenzione presso il nosocomio), inoltrava ennesima richiesta «vergata a mano» in calce al fax del 3 agosto, con la quale invitava il magistrato a disporre il trasferimento del Cordì presso la sua abitazione;
soltanto il 7 agosto 2007 interveniva un provvedimento del Magistrato di Sorveglianza di Napoli, nel quale si faceva riferimento al rigetto della prima istanza del 3 agosto 2007 e si affermava che era pervenuta relazione sanitaria sulle condizioni del detenuto in data 6 agosto, ore

17,18 (mentre nel succitato colloquio telefonico della sera del 2 agosto tra il Cartolano ed il sanitario curante, questi affermava che avrebbe relazionato la sera stessa o al più tardi la mattina del 3 agosto il Magistrato di Sorveglianza sulle gravissime condizioni del degente), ed in virtù di quanto sopra, si sospendeva la pena nei confronti del Cordì;
detto provvedimento veniva notificato nelle prime ore del pomeriggio del 7 agosto 2007;
il Cordì veniva trasferito nella tarda serata del 7 agosto presso la propria abitazione in Locri (Reggio Calabria) dove spirava nelle prime ore dell'otto agosto-:
di quali elementi informativi disponga il Governo sulle seguenti questioni:
a) perché il detenuto Antonio Cordì non venne ricoverato ai fini di un intervento chirurgico che, se effettuato nel febbraio-marzo del 2006, quando il tumore fu per la prima volta diagnosticato, avrebbe potuto impedire l'invasività del male;
b) perché nel provvedimento di rigetto della prima istanza del 3 agosto 2007, firmato in modo illeggibile, le motivazioni del Magistrato di Sorveglianza facevano riferimento ad un provvedimento di quasi 2 mesi prima;
c) perché la seconda istanza dell'avvocato Cartolano del 3 agosto 2007, con il Cordì ormai morente, non riceveva alcun riscontro e passavano ben tre giorni (il 4, il 5 ed il 6 agosto) senza che intervenisse alcuna decisione;
d) perché soltanto il 7 agosto 2007 interveniva un provvedimento di sospensione pena del Cordì del Magistrato di Sorveglianza di Napoli, nel quale facendo riferimento al rigetto della prima istanza del 3 agosto 2007 si affermava che era pervenuta relazione sanitaria sulle condizioni del detenuto in data 6 agosto, alle ore 17,18, mentre nel succitato colloquio telefonico della sera del 2 agosto tra il Cartolano ed il sanitario curante, questi affermava che avrebbe relazionato la sera stessa o al più tardi la mattina del 3 agosto il Magistrato di Sorveglianza sulle gravissime condizioni del degente;
se non intenda raccogliere elementi informativi finalizzati all'accertamento di responsabilità, comportamenti omissivi o inadempienze sui fatti esposti;
quanti siano, nel 2006 e dall'inizio del 2007, i detenuti morti in carcere per malattia e quanti coloro che, usciti dal carcere in sospensione pena per malattia, siano successivamente morti in ospedale o nelle proprie abitazioni.
(3-01296)

Interrogazioni a risposta scritta:

FOTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria attive presso la casa circondariale di Piacenza hanno proclamato lo stato di agitazione, culminante in una manifestazione di protesta tenutasi a Bologna, davanti al Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria (Prap) e ciò in ragione di quelle che definiscono «le pessime condizioni in cui sono costretti a operare tutti gli operatori penitenziari» e, soprattutto, alla ventilata ipotesi di un'imminente apertura di una sezione per detenuti «psichiatrici»;
nel documento delle dette organizzazioni sindacali, inoltre, si evidenzia «l'insufficiente organico effettivamente presente, che con gli anni si assottiglia sempre più, unitamente alla progressiva riduzione delle risorse economiche per la sanità penitenziaria e la normale manutenzione»;
il numero di detenuti presenti nella struttura piacentina è sempre stato superiore alla sua capienza regolamentare anche dopo l'indulto, tant'è che al 31 agosto 2007 erano ospitati 268 detenuti (mentre la capienza regolamentare è di 178);
la recente assegnazione di 5 unità di polizia penitenziaria assegnate all'istituto

di Piacenza appaiono del tutto insufficienti rispetto alle reali necessità che la struttura in questione manifesta -:
se e quali urgenti iniziative intenda assumere in relazione a quanto sopra evidenziato.
(4-05094)

JANNONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 3 giugno 2007 a L'Aquila circa duecento persone hanno sfilato contro il 41-bis e si sono radunate davanti al carcere cittadino per manifestare solidarietà alla brigatista Nadia Desdemona Lioce, guidati da Paolo Maurizio Ferrari, uno dei capi storici delle Brigate Rosse;
in data 14 giugno 2007 il direttore del SISDE Franco Gabbrielli, ascoltato dal Copaco (Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti), ha lanciato l'allarme circa una concreta possibilità di fusione tra brigatisti irriducibili già usciti dal carcere e i nuovi antagonisti e militanti dei centri sociali più duri;
in data 2 ottobre l'ex brigatista Cristoforo Piancone, condannato all'ergastolo per concorso in sei omicidi e due tentati omicidi, tra cui quello del maresciallo di polizia Rosario Berardi avvenuto il 10 marzo 1978, in regime di semilibertà dal carcere di Vercelli dall'inizio del 2004, è stato arrestato dalla polizia di Siena dopo la rapina messa a segno in pieno centro di Siena, presso la Banca Monte Paschi;
la Polizia ha sequestrato a Piancone 4 pistole, con una delle quali l'uomo prima di essere catturato ha tentato di fare fuoco sugli agenti che lo inseguivano -:
quali misure il Ministro intenda intraprendere in seguito all'allarme lanciato dal direttore del SISDE;
se il Ministro intenda avviare un processo di superamento della Legge Gozzini del 1986 che consente sconti di pena anche nei casi gravi e per i recidivi;
quali iniziative siano allo studio per tutelare la sicurezza dei cittadini e delle Forze dell'Ordine.
(4-05097)