Allegato A
Seduta n. 186 del 10/7/2007

(Sezione 4 - Dichiarazioni del presidente dell'Ordine dei medici di Udine in merito all'obiezione di coscienza di medici in relazione alla prescrizione della pillola del giorno dopo)

D) Interrogazione

VOLONTÈ e COMPAGNON. - Ai Ministri della salute e della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il presidente dell'ordine dei medici di Udine, in un articolo apparso il 15 aprile 2007 sul maggiore quotidiano locale di Udine, ha preso posizione per una limitazione del diritto alla obiezione di coscienza dei medici relativamente alla prescrizione della pillola del giorno dopo, affermando che «per la pillola del giorno dopo non basta appellarsi all'obiezione di coscienza. Il diritto del medico all'obiezione di coscienza sulla pillola non può in alcun modo confliggere con il diritto del paziente a una prestazione che l'ordinamento giuridico riconosce come dovuta. L'obiettore non può limitarsi a dire che non prescrive una certa medicina, ma deve darsi da fare e reperire un altro medico non obiettore, naturalmente entro i tempi e le modalità appropriate. Se non riesce a trovare un collega non obiettore, o se i tempi non lo consentono, allora il medico, anche se obiettore, è costretto a fornire la ricetta della pillola»;
in data 27 aprile 2007 l'esecutivo dello stesso ordine dei medici di Udine, sulla stampa locale, nel confermare le dichiarazioni del suo presidente relativamente alla pillola del giorno dopo, ha affermato che «l'ordine è un organo ausiliario dello Stato con il mandato di controllare la professione a salvaguardia della salute pubblica» -:
se concordino con l'interpretazione restrittiva dell'obiezione di coscienza nel caso della «pillola del giorno dopo», considerato che, in base alla letteratura scientifica (recepita anche da un pronunciamento del comitato nazionale di bioetica del 28 maggio 2004 e riportata nelle scheda tecnica di accompagnamento del farmaco), uno dei meccanismi di azione è quello abortivo, che quindi l'obiezione di coscienza in questo caso è assimilabile alle ragioni dell'obiezione di coscienza previste dalla 194/78, che il levonorgestrel non può in alcun modo essere considerato un farmaco «salvavita» e che la gravidanza non può essere considerata «a priori» una patologia;
se non si ritenga che introducendo questo tipo di coercizioni nel rapporto fra medico e utente non si comprometta sempre più il rapporto fiduciario a vantaggio di una concezione burocratica del medico. Fino ad ora infatti il rapporto medico-utente appartiene all'ambito delle «professioni liberali», caratterizzato dal rapporto fiduciario fra il professionista e l'interlocutore; il professionista nel rispondere alle esigenze dell'interlocutore deve agire «in scienza e coscienza» e deve essere tutelata nel rapporto fra gli interlocutori la libertà (per questo si parla di «professione liberale»), fatti salvi i casi di immediato e grave pericolo per la vita. L'estendere una concezione che fa del medico un «fornitore di prestazioni dovute», a prescindere dalle sue convinzioni scientifiche ed etiche, soprattutto in casi eticamente controversi (come quello della prescrizione di una pillola con effetti anche abortivi), ma anche nella normale pratica clinica, porta soltanto a un progressivo deterioramento del rapporto di fiducia fra medico e utente, facendo sempre più del medico un tecnico-burocrate fornitore di determinate prestazioni e dello Stato uno Stato etico, che impone i propri criteri morali;
se non sia opportuno per questo motivo ridurre piuttosto che accentuare le disposizioni coercitive nei riguardi dei medici, favorendo anche nel sistema pubblico procedure e condizioni di lavoro che favoriscano il dialogo costruttivo medico- paziente-familiari, la dimensione di rapporto, che è essenziale nell'atto medico per poter adeguatamente riconoscere i bisogni dell'interlocutore e adeguatamente affrontarli,

e che non favoriscano una figura di medico ridotta a funzionario applicatore di disposizioni, la cui sola specificità è il bagaglio tecnico-applicativo;
se infine, a giudizio dei Ministri interrogati sia compito di un ordine dei medici prendere posizioni su materie ampiamente in discussione fra i medici sia sul piano scientifico che su quello etico, dare in queste materie indicazioni di condotta e assumere posizioni coercitive verso i propri iscritti, accentuando di fatto le distanze fra medici e utenti nel sottolineare, secondo gli interroganti demagogicamente, alcune richieste ed esigenze degli utenti senza tener conto di tutti i fattori in discussione o se non sia piuttosto compito dell'ordine dei medici quello di tutelare e salvaguardare il decoro, la dignità e la «natura professionale» del lavoro medico, difendendone l'autonomia e il valore, proprio nell'interesse degli utenti, favorendo il riconoscimento dell'autentico vantaggio per tutti di una professione vissuta «in scienza e coscienza». (3-00899)
(17 maggio 2007)