Allegato A
Seduta n. 174 del 21/6/2007

MOZIONI MARONI ED ALTRI N. 1-00050, VOLONTÈ ED ALTRI N. 1-00161, MIGLIORE ED ALTRI N. 1-00178, RANIERI ED ALTRI N. 1-00179, ZACCHERA ED ALTRI N. 1-00180 E DE ZULUETA ED ALTRI N. 1-00181 SUL RILANCIO DEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE E SULL'ALLARGAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA

(Sezione 1 - Mozioni)

La Camera,
premesso che:
il quadro negoziale tra Turchia ed Unione europea approvato dal Consiglio europeo del 3 ottobre 2005 sottolinea chiaramente che il negoziato con la Turchia è un processo aperto, il cui esito non può dirsi scontato. In altri termini, il negoziato non porterà necessariamente all'adesione ma eventualmente anche a forme alternative di partenariato, potrà essere sospeso in qualsiasi momento e non ha orizzonti definiti di durata;
lo stesso quadro negoziale, in considerazione dell'impatto economico potenzialmente destrutturante di un ingresso della Turchia per l'Unione europea, impedisce che possa procedere all'adesione prima della definizione delle prospettive finanziarie dell'Unione europea per gli anni dopo il 2014, e che ogni decisione deve tenere conto in primis della coesione e della tenuta dell'Unione europea stessa;
l'8 novembre 2006 la Commissione europea ha adottato il rapporto dell'esecutivo dell'Unione europea sui progressi fatti dai Paesi candidati all'ingresso nell'Unione europea, per venire incontro ai criteri per l'adesione;
per quel che riguarda la Turchia il rapporto è tranchant, e fotografa in 73 pagine di analisi puntuale gli scarsi progressi, e in alcuni casi i passi indietro, della Turchia nella sua marcia di avvicinamento all'Unione europea, soprattutto in campo politico;
il documento è tale da giustificare - secondo i firmatari del presente atto di indirizzo - il congelamento dei negoziati di adesione con Ankara, come previsto peraltro esplicitamente dal punto 5 dell'accordo negoziale del 2005;
ogni decisione in merito è stata demandata al Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2006, che ha analizzato il rapporto della Commissione europea ed eventuali cambiamenti di scenario nel frattempo intervenuti, cambiamenti abbastanza improbabili, data l'esiguità del tempo a disposizione;
fra gli aspetti più critici del rapporto sulla Turchia, emerge l'ancora preoccupante influenza dei militari nella società civile e nella politica, nodo sul quale il Governo turco ha dimostrato di non avere sufficiente forza. Il rapporto denuncia che la legge relativa alle forze

armate «resta invariata» e contiene articoli «che assicurano ai militari un ampio margine di manovra». Inoltre «non sono state prese misure per migliorare il controllo civile sulla gendarmeria», né per rafforzare «il controllo parlamentare del bilancio e delle spese militari» e resta un protocollo segreto del 1997 che consente di attuare operazioni militari per questioni di sicurezza interna;
anche nella lotta alla corruzione i progressi sono «limitati», secondo il rapporto della Commissione europea, soprattutto «nell'aumento di trasparenza della pubblica amministrazione». Il risultato è quindi che «la corruzione rimane diffusa e le autorità anti-corruzione e la polizia sono ancora deboli» e continua a non esserci una strategia complessiva ed un piano d'azione per impedire e combattere la corruzione;
sul nodo delicato dei diritti umani la Commissione europea sottolinea che la Turchia «ha fatto progressi nella ratifica degli strumenti internazionali», ma nel concreto si registrano tuttora «casi di tortura fuori dai centri di detenzione», «violazioni dei diritti umani nel sud-est curdo», casi di «impunità» di «maltrattamenti da parte delle guardie carcerarie» e «l'applicazione troppo estesa dell'isolamento per i prigionieri». Rimane problematico il rispetto dei diritti delle donne, soprattutto nelle aree più povere del Paese; infine, la Commissione europea constata che «la Turchia ha fatto scarsi progressi nell'assicurare la diversità culturale e nella promozione del rispetto e della protezione delle minoranze in accordo con gli standard internazionali»;
nessun progresso è stato compiuto riguardo alle difficoltà incontrate dalle comunità religiose non musulmane sul terreno e «vi sono restrizioni all'addestramento del clero e nei confronti degli ecclesiastici stranieri che vogliono lavorare in Turchia» scrive la Commissione europea;
il divieto di insegnamento nelle scuole pubbliche in lingue diverse dal turco e la chiusura nel 2004 di tutti gli istituti privati che davano lezioni in lingua curda fanno sì che «oggi non ci sono possibilità di apprendere il curdo nel sistema scolastico turco»;
il quadro generale è, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, quello di un adeguamento legislativo abbastanza superficiale e completamente disatteso sul piano reale, con una mancanza di potere o di interesse del Governo verso le aree più periferiche e più povere del Paese;
resta uno strumento molto pericoloso l'articolo 301 del codice penale turco, giudicato «illiberale» anche dal Ministro D'Alema, che sotto la condanna di «vilipendio all'identità turca» reprime la stampa, la scrittura e ogni forma di libera espressione (e ha colpito il premio nobel Ohran Pamuk), e in particolare condanna chiunque osi parlare di genocidio armeno;
al momento dell'avvio dei negoziati il 3 ottobre 2005 la Turchia si era impegnata ad estendere entro un anno a tutta l'Unione europea il protocollo che estende l'unione doganale ai membri entrati nel maggio 2004, aprendo dunque anche ai ciprioti i propri porti ed aeroporti, impegno che era stato salutato dagli europei come implicito riconoscimento di Cipro da parte turca, ma cedendo di fatto al ricatto e all'orgoglio di Ankara che si era impuntata nel rifiuto di un atto esplicito di riconoscimento, atto pienamente dovuto;
ad un anno di distanza, come ha sottolineato la Commissione europea nel rapporto dell'8 ottobre 2006, «nessun progresso è stato fatto su nessun aspetto della normalizzazione delle relazioni delle relazioni bilaterali tra Turchia e Cipro». Ad Ankara si rimprovera di «continuare ad imporre il veto sull'adesione di Cipro ad alcune organizzazioni internazionali come l'Oecd» e di bandire l'accesso nei propri porti delle navi cipriote;
il Governo turco, in un comunicato ufficiale, sulla questione del riconoscimento di Cipro ha dichiarato: «Cipro è un

problema politico, quindi non costituisce un obbligo rispetto al nostro processo negoziale che è di natura tecnica»;
seppure si sia già sottolineata in passato l'insufficienza e l'inadeguatezza dei criteri di adesione, cosiddetti «criteri di Copenaghen», per le carenze sul piano politico ed identitario, la posizione di Ankara è comunque - secondo i firmatari del presente atto di indirizzo - indifendibile sul piano giuridico: l'adesione all'Unione europea non può prescindere dal riconoscimento di uno Stato che già ne è parte, anche perché l'adesione richiede un voto all'unanimità;
a differenza di quanto sostenuto dal Governo italiano, il rapporto della Commissione europea e l'oggettiva situazione della Turchia hanno suscitato nelle altre cancellerie europee perplessità e cautela, ed anche il Presidente del Parlamento europeo Borrell, a margine di un incontro del 9 novembre 2006 con il Presidente del Consiglio dei ministri Prodi, ha affermato che per l'adesione della Turchia «ancora non ci sono le condizioni e per la decisione passeranno altri 15-20 anni»;

impegna il Governo:

a farsi portavoce in seno al Consiglio europeo di un atteggiamento di massimo rigore nella valutazione dei profili di compatibilità della Turchia con il contesto comunitario;
a farsi promotore della messa a punto di nuovi e più adeguati criteri di carattere identitario e valoriale prima di avviare nuovi processi di adesione.
(1-00050) «Maroni, Pini, Alessandri, Allasia, Bodega, Bricolo, Brigandì, Caparini, Cota, Dozzo, Dussin, Fava, Filippi, Fugatti, Garavaglia, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Lussana, Montani, Pottino, Stucchi».
(17 novembre 2006)

La Camera,
premesso che:
con la legge 7 aprile 2005, n. 57, di ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, firmato a Roma il 29 ottobre 2004, l'Italia ha confermato il proprio impegno nel processo di unificazione europea tendente a realizzare, prima di tutto, un'unione tra i popoli europei rispettosa delle differenti culture e sensibilità nazionali;
tale processo di unificazione europea è stato interrotto dall'esito negativo del referendum celebrato in Francia e in Olanda;
il Trattato costituzionale ha comportato l'esigenza di addivenire a compromessi e interviene in materie particolarmente delicate, come il diritto alla vita e la tutela della famiglia;
in tali materie, a livello europeo, non vi è ancora un comune sentire: pertanto, anche al fine di rafforzare la condivisione di valori fondamentali, occorre, in una fase di rilancio del processo di integrazione con un'Europa allargata a 27 Stati membri, riaffermare con fermezza i valori fondanti le tradizioni costituzionali dei diversi Stati membri;
gli articoli II-62 e II-63 del Trattato costituzionale, che intervengono sul diritto alla vita e sul diritto all'integrità della persona, sembrano parziali rispetto alla tutela già accordata nelle applicazioni della biologia e della medicina alla vita prenatale e all'embrione da convenzioni internazionali, come la Convenzione per la protezione dei diritti umani e della dignità dell'essere umano riguardo le applicazioni della biologia e della medicina, firmata a Oviedo nel 1997, e i suoi protocolli addizionali;
gli articoli II-69, relativo al diritto di sposarsi e costituire una famiglia, e II-93, in materia di vita familiare e vita professionale, non appaiono coerenti con i

principi rinvenibili nella tradizione costituzionale italiana e negli atti internazionali in materia di diritti umani;
in particolare, la formulazione adottata dall'articolo II-69, secondo la quale il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia è assicurato a chiunque, si discosta da quella comunemente accettata in sede internazionale, secondo cui «uomini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi» (si confronti l'articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti umani, proclamata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, l'articolo 23 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 16 dicembre 1966 e l'articolo 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950);
il ruolo della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, riconosciuto dall'articolo 29 della Costituzione italiana, dovrebbe essere esplicitato nel testo di un trattato su cui si deve fondare un delicato processo di integrazione, che richiede l'adesione a valori comuni;
anche se formalmente nel Trattato costituzionale la disciplina delle citate materie è lasciata agli Stati membri, si avverte l'importanza, anche ai fini di un rilancio del processo di unificazione basato sui valori, di chiarire l'esigenza di promozione e tutela di alcuni principi irrinunciabili;
vi sono, infatti, competenze attribuite alle istituzioni dell'Unione europea che possono avere una diretta incidenza su di esse e, quindi, una ricaduta sugli ordinamenti nazionali, come dimostra l'applicazione delle disposizioni in materia di ricerca e sviluppo tecnologico, che possono legittimare finanziamenti a carico del bilancio comunitario di ricerche che comportano l'uso di cellule staminali embrionali, quando in Paesi come l'Italia la soppressione di embrioni umani è sanzionata penalmente, o le disposizioni sulla cooperazione giudiziaria in materia civile, che potrebbero portare a iniziative comunitarie in materia di diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali (si veda l'articolo III-269 del Trattato costituzionale);
la presenza di clausole interpretative di chiusura in materia di diritti fondamentali, contenute negli articoli II-112 e II-113, non rappresenta idonea garanzia, in quanto esse fanno riferimento ad elementi troppo generici, come le tradizioni costituzionali degli Stati membri, la cui ricognizione non è certo agevole;
permane l'esigenza per gli Stati membri di riservare alle sedi di rappresentanza democratica nazionali, come il Parlamento, le scelte su questioni così rilevanti;
occorre valutare con la massima attenzione le condizioni per ulteriori allargamenti dell'Unione europea;
il Consiglio europeo ha già precisato che «l'appartenenza all'Unione richiede che il Paese abbia raggiunto una stabilità istituzionale che garantisca la democrazia, il principio di legalità, i diritti umani e la protezione delle minoranze» (si confrontino le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Copenaghen del 12 e 13 dicembre 2002);
l'appartenenza all'Unione europea impone l'obbligo di garantire, nella sostanza, il rispetto dei predetti principi;
permangono gravi motivi per ritenere che la Turchia continui a non impegnarsi abbastanza per garantire il rispetto di tali principi;
il processo di democratizzazione avviato dalla Turchia appare incerto e contraddittorio;
la Commissione europea è stata costretta a sospendere i negoziati per l'adesione della Turchia, a causa della mancata applicazione del protocollo aggiuntivo di Ankara;
dal 29 marzo 2007 sono state ufficialmente riaperte le trattative per l'adesione della Turchia all'Europa;

permangono i gravi motivi che portarono alla sospensione delle procedure di adesione e, in particolare, la questione cipriota, le continue violazioni del diritto di espressione, la compressione della libertà religiosa;
nel 2006 la Turchia ha subito circa 300 (nel 2005 270) condanne da parte della Corte di Strasburgo per violazioni gravi e ripetute di diritti fondamentali;
ben 36 delle 312 condanne si riferiscono alla violazione della libertà di espressione;
sebbene le predette condanne si riferiscano a violazioni consumate in anni precedenti, permangono gravi segnali di allarme, sia con riferimento al mancato riconoscimento della libertà di espressione, sia alla difficile dialettica tra le istituzioni nazionali;
occorre, pertanto, potenziare gli sforzi per il riconoscimento dei diritti umani in Turchia, con particolare riferimento alla libertà di religione, al pieno godimento dei diritti di proprietà da parte di tutte le comunità religiose, alla protezione delle minoranze, nonché alla libertà di espressione;

impegna il Governo:

a rilanciare il processo di unificazione basato su valori comuni, in particolare promuovendo e salvaguardando la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio e il diritto alla vita e al rispetto della dignità dell'essere umano;
a proseguire, in coerenza con quanto avvenuto in sede di Convenzione, nell'impegno di introdurre - tra i valori dell'Unione europea - le radici giudaico-cristiane nelle prossime modifiche del Trattato per la Costituzione d'Europa e, in generale, nel diritto dell'Unione europea;
nel caso in cui non vi siano i presupposti per assicurare a livello europeo le esigenze sopra prospettate, a proseguire sulla base del mutuo riconoscimento e del rispetto delle diversità culturali il processo di unificazione;
a sospendere le trattative per l'ingresso della Turchia nell'Unione europea fino a quando non sarà data piena prova del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e fin quando non vengano ristabilite al culto cristiano le chiese devastate nella parte turca di Cipro.
(1-00161) (Nuova formulazione) «Volontè, Adolfo, Ciro Alfano, Barbieri, Bosi, Capitanio Santolini, Casini, Cesa, Ciocchetti, Compagnon, D'Agrò, D'Alia, De Laurentiis, Delfino, Dionisi, Drago, Forlani, Formisano, Galati, Galletti, Giovanardi, Greco, Lucchese, Marcazzan, Martinello, Mazzoni, Mele, Mereu, Oppi, Peretti, Romano, Ronconi, Ruvolo, Tabacci, Tassone, Tucci, Vietti, Zinzi».
(14 maggio 2007)

La Camera,
premesso che:
con la dichiarazione del giugno 2005 il Consiglio europeo, prendendo atto «dei risultati dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi» e considerando che il no al Trattato costituzionale non rimettesse «in discussione l'interesse dei cittadini per la costruzione europea», avviò una fase di riflessione;
questa fase è durata quasi due anni e ha prodotto la Dichiarazione di Berlino (in occasione del 50o anniversario dei Trattati di Roma), che a parte le solenni espressioni, soprattutto del primo paragrafo, non ha indicato alcuna iniziativa capace di porre su nuove basi la costruzione europea;
da autorevoli personalità, da ultimo il neopresidente francese Sarkozy, viene avanzata la proposta di superare lo stallo

europeo nel campo delle riforme istituzionali attraverso un mini-trattato da varare attraverso una conferenza intergovernativa, che non richiederebbe nuove consultazioni referendarie;
si rinuncia, così, esplicitamente a dotare l'Unione europea di una costituzione, proponendosi solo di razionalizzare l'attuale assetto istituzionale, non sanando pertanto il deficit democratico che affligge l'Unione europea;
finora al centro della costruzione europea è stata l'integrazione dei mercati e la concorrenza, in funzione delle quali si sono molto parzialmente affermati taluni diritti della persona, e si sono semplicemente richiamati nel Trattato dell'Unione europea i valori democratici;
l'attività giurisdizionale della Corte di giustizia delle Comunità europee è limitata dai Trattati che non sanciscono i diritti fondamentali, risultando così impossibile la loro tutela;
le procedure decisionali dell'Unione europea sono dominate dagli Stati, nonostante l'accresciuto ruolo del Parlamento europeo, privato ancora della capacità di iniziativa legislativa, attribuita esclusivamente alla Commissione;
tutto ciò evidenzia il perdurare di un grave deficit democratico, sanabile solo attraverso la partecipazione dei/delle cittadini/e europei/e alla statuizione della Costituzione europea, in cui si sanciscano i diritti fondamentali della persona e le forme democratiche dei processi decisionali dell'Unione europea;
già nel 1984, con il progetto promosso da Altiero Spinelli, e poi con l'iniziativa Hermann del 1994, i1 Parlamento europeo aveva approvato testi di natura costituzionale per superare i Trattati;
nel 1989 in Italia fu approvata, con un referendum di indirizzo che ottenne un vasto consenso, la proposta di affidare al Parlamento europeo il compito di redigere la Costituzione;

impegna il Governo

a farsi promotore nelle sedi europee, innanzitutto in occasione del Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007, di iniziative volte ad accrescere le competenze del Parlamento europeo investendolo della competenza a redigere, in collaborazione con i Parlamenti nazionali e con l'attivazione di forme di partecipazione della società civile, un progetto di Costituzione europea da sottoporre a tutti/e i/le cittadini/e dei Paesi dell'Unione europea per la sua approvazione attraverso il metodo della consultazione referendaria.
(1-00178) «Migliore, Franco Russo, Mascia, Falomi».
(7 giugno 2007)

La Camera,
premesso che:
lo sviluppo del processo di integrazione europea rappresenta per l'Italia l'orizzonte strategico in cui collocare i propri obiettivi di crescita politica, economica e sociale, in quanto corrisponde sia ai valori contenuti nella Carta costituzionale, che alle priorità di politica interna e internazionale;
la dichiarazione solenne adottata a Berlino, in occasione del 50o anniversario della firma dei Trattati di Roma, ha ribadito che l'Europa si fonda sulla pace e la libertà, sulla democrazia e lo stato di diritto, sul rispetto reciproco e sull'assunzione di responsabilità per il benessere, la sicurezza, la tolleranza, la partecipazione, la giustizia e la solidarietà;
l'allargamento a 27 Stati membri e la prospettiva rappresentata dagli ulteriori negoziati di adesione in corso rendono improcrastinabile per l'Unione europea il rinnovamento ed il consolidamento del proprio assetto istituzionale, da conseguire in un contesto di valorizzazione del ruolo del Parlamento europeo e di partecipazione dei Parlamenti nazionali e di

trasparenza e di dialogo con i cittadini europei, al fine di accrescerne la legittimità democratica e la capacità operativa;
la ratifica da parte dei due terzi degli Stati membri, in rappresentanza di 275 milioni di cittadini europei, del Trattato costituzionale unanimemente sottoscritto a Roma il 29 ottobre 2004 - insieme all'orientamento favorevole confermato da altri due Stati - mette in luce il giudizio largamente maggioritario sulla validità dell'impianto negoziale originario. Occorre, tuttavia, dare risposta ai problemi ed alle aspettative emerse dalla mancata ratifica del Trattato nei referendum in Francia e in Olanda;
Germania, Portogallo e Slovenia - che si avvicenderanno nella presidenza dell'Unione europea fino al 30 giugno 2008 - si sono impegnate congiuntamente a dare priorità al processo di riforma dell'Unione europea, affinché si concluda in tempo per le prossime elezioni del Parlamento europeo nel 2009;
il Parlamento europeo, nell'invitare il Consiglio europeo a convocare una conferenza intergovernativa per giungere a un accordo entro la fine del 2007, ha richiamato le linee direttrici elaborate insieme ai Parlamenti nazionali nel corso del periodo di riflessione, volte a garantire la capacità decisionale dell'Unione europea, l'efficacia delle sue politiche, la sua piena democraticità, nel pieno rispetto dei principi della partecipazione parlamentare, dell'associazione della società civile e della trasparenza;

impegna il Governo:

a dare il massimo appoggio alla presidenza di turno dell'Unione europea affinché il Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007, sulla base di un mandato preciso e selettivo, operino per creare le condizioni, prima del rinnovo del Parlamento europeo del 2009, che consentano, con la partecipazione attiva del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali e con una politica di ascolto e di pronunciamento della società civile, di dotare l'Europa di una Costituzione democratica di alto profilo, capace di preservare gli equilibri istituzionali delineati dal Trattato costituzionale, garantendo valori e diritti, quali quelli della pace come valore per la politica estera e di difesa, quello del lavoro stabile e contrattualizzato come base della coesione sociale, della qualità dell'ambiente, come bene comune che ispiri le politiche per il clima, fondandole sulla cooperazione, dei diritti di cittadinanza anche per i migranti residenti;
a considerare essenziale l'istituzione di una presidenza stabile del Consiglio europeo, l'estensione del voto a maggioranza qualificata, il rafforzamento della politica estera e di sicurezza comune attraverso un Ministro degli esteri, il superamento della struttura su tre pilastri, l'attribuzione della personalità giuridica all'Unione europea, il primato del diritto comunitario, il mantenimento della Carta dei diritti fondamentali, rafforzando i riferimenti ai diritti sociali e al lavoro, e il rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali nel processo legislativo;
a sostenere i processi negoziali di adesione degli Stati candidati, sulla base dell'integrale rispetto dei criteri di Copenhagen e in modo tale da garantire la coesione politica ed istituzionale dell'Unione europea;
a coinvolgere il Parlamento italiano nelle scelte che verranno operate in tutte le fasi del negoziato.
(1-00179) (Nuova formulazione) «Ranieri, Bimbi, Bellillo, Cassola, Fumagalli, De Zulueta, Cioffi, Boato, Brugger, D'Elia, Leoluca Orlando, Razzi, Mancini, Mattarella, Frigato, Picano, Del Mese, Giuditta».
(11 giugno 2007)

La Camera,
premesso che:
il 29 ottobre 2004 l'Italia ha ospitato la cerimonia di ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, tradotto nella legge 7 aprile 2005, n. 57, approvata e votata dal Parlamento italiano a grandissima maggioranza;
il trattato è stato successivamente approvato da numerosi Paesi facenti parte dell'Unione europea;
il progetto costituzionale è attualmente in una fase di stallo a seguito degli esiti negativi dei referendum popolari di ratifica in Francia ed Olanda e per le riserve sollevate in altri Paesi: il che ha portato alcuni Governi a sospenderne la ratifica;
da più parti si sottolinea la necessità di riaprire questo processo costituente almeno per quei punti del trattato - che, peraltro, ne sono la maggior parte - che godono di sostanziale unanimità, al fine di dotare comunque l'Unione europea di una propria carta fondamentale;
meritano sottolineatura e tutela quelle parti del Trattato dedicate al diritto ed alla difesa della vita, nonché all'integrità della persona, mentre sarebbe anche auspicabile un richiamo all'ininterrotta tradizione storica che ha fatto crescere l'Europa, con le sue radici ebree e cristiane;
altrettanto importanti e degne di essere sottolineate, tutelate e difese sono quelle parti del trattato laddove si sottolinea l'importanza della famiglia, nel senso inteso e riconosciuto dall'articolo 29 della Costituzione italiana, in termini che anche più chiaramente dovrebbero essere recepiti in sede di trattato europeo;
un altro aspetto importante del predetto trattato è relativo alla possibilità di ulteriore allargamento dell'Unione eu-ropea ad altri Stati oggi non facenti parte dell'Unione europea;
su questo tema vanno ricordate le perplessità che attraversano parte dell'opinione pubblica, che però non appare spesso sufficientemente informata di tutti gli aspetti - positivi e negativi - legati all'allargamento dell'Unione europea, sia dal punto di vista economico che culturale e sociale, nonché dal punto di vista della sicurezza e della difesa;
si è posta e si pone la questione di un allargamento alla Turchia dell'Unione europea, questione controversa, ma sulla quale sono state ufficialmente riaperte le trattative di adesione, tenuto conto degli obbiettivi raggiunti e dei notevoli passi avanti compiuti da questo Paese negli ultimi anni;
è fondamentale per l'Europa avere stretti collegamenti con la Turchia, importante Paese a cavallo tra Mediterraneo e Paesi arabi, dotato di forte unitarietà nazionale, di una Costituzione laica e che da decenni contribuisce alla difesa dell'Europa con la sua adesione alla Nato, al Consiglio d'Europa e a numerose altre associazioni, assemblee ed enti europei;
in questo momento di difficoltà istituzionale la Turchia merita attenzione ed amicizia da parte dell'Europa, aiuto per mantenere la sua laicità costituzionale e perché possa proseguire concretamente sulla strada della integrazione verso l'Europa, accettandone e progressivamente attuandone i diversi protocolli richiesti per una sua formale adesione all'Unione europea;
l'Italia ha da sempre operato per rilanciare il processo di unificazione europea basato su valori comuni, in coerenza con quanto già sottolineato in sede di dibattito sul testo della Convenzione, quando suggerì di introdurre un richiamo costituzionale alle radici ebree e cristiane nel Trattato europeo, nel quadro peraltro del rispetto per ogni religione che accetti

i principi, i diritti della persona ed i valori fondamentali dell'Unione europea;

impegna il Governo:

a sottolineare l'importanza che si giunga comunque ad una sollecita e generale adesione di tutti gli Stati membri ad una Carta costituzionale, che - sia pur ridotta rispetto al testo attuale - comunque sottolinei i valori fondamentali e condivisi che stanno alla base del comune spirito europeo;
a seguire con attenzione quanto avviene in Turchia, monitorando il processo di adesione della Turchia all'Unione europea, affinché vengano rispettati i tempi ed i parametri concordati in sede di avvio delle trattative di adesione.
(1-00180) (Nuova formulazione) «Zacchera, Angeli, Ascierto, Bellotti, Benedetti Valentini, Ciccioli, Catanoso, Giorgio Conte, Contento, Migliori, Murgia».
(11 giugno 2007)

La Camera,
premesso che:
l'imminente riunione, il 21 giugno 2007, del Consiglio europeo a Bruxelles assume un'importanza cruciale al fine del rilancio del processo costituente verso l'unione politica;
va considerato l'ordine del giorno presentato al Senato della Repubblica ed accolto dal Governo il 14 marzo 2007 in vista della dichiarazione di Berlino;
il movimento federalista europeo ha promosso la petizione per il referendum consultivo sulla costituzione europea e la petizione ha già raccolto molte migliaia di firme;

impegna il Governo:

a sostenere nel Consiglio europeo del 21 giugno 2007 il rilancio del processo costituente, seppure in un testo semplificato, che tuttavia contenga i seguenti obiettivi istituzionali:
a) la supremazia del diritto comunitario sulle legislazioni nazionali;
b) la personalità giuridica dell'Unione;
c) il recepimento con efficacia giuridica della Carta dei diritti fondamentali;
d) i nuovi strumenti di democrazia partecipativa, in particolare il dialogo e l'iniziativa legislativa dei cittadini con la società civile;
e) il presidente stabile del Consiglio europeo;
f) il ministro degli esteri dell'Unione;
g) il sistema di decisione a doppia maggioranza e la più ampia estensione del voto a maggioranza qualificata, soprattutto in materia di politiche dell'immigrazione, energetiche ed ambientali;
h) la cooperazione strutturata nella politica di sicurezza e difesa;
i) le relazioni speciali con i Paesi vicini;

qualora i suddetti obiettivi non fossero conseguiti, a non accettare compromessi al ribasso e a promuovere un gruppo di avanguardia fra i Paesi che risultino concordi nella volontà di costruire l'unione politica, ferma restando l'apertura a successive partecipazioni dei Paesi che lo richiedano.
(1-00181) «De Zulueta, Gozi, Venier, Giovannelli, Betta, Vannucci, Bianco, Tranfaglia, Dato, Frigato, Boato, Bellillo, Leoluca

Orlando, Crema, Ottone, Mellano, Intrieri, Marchi, Grassi, Farinone, D'Antona, Samperi, Razzi, De Brasi, Brandolini, Cassola, Spini, Rigoni».
(11 giugno 2007)