Allegato B
Seduta n. 142 dell'11/4/2007

TESTO AGGIORNATO AL 18 DICEMBRE 2007

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il problema della disponibilità delle risorse idriche ha assunto, soprattutto nell'ultimo decennio, un'importanza notevole in stretto collegamento con le variazioni degli andamenti climatici che fanno sentire la loro influenza non solo in Italia, ma al livello dell'intero globo;
tutto ciò assume risvolti molto diversificati a livello territoriale;
questi primi mesi del 2007 vedono fortemente coinvolta tutta l'Italia centro-settentrionale;
nell'Italia meridionale, area che tradizionalmente risentiva della carenza di precipitazioni estive, sono state realizzate nel corso dell'ultimo cinquantennio le necessarie opere di accumulo - seppure risultano ancora carenti le opere di adduzione - mentre, nelle aree settentrionali, soprattutto nell'area padana, le tradizionali fonti di approvvigionamento (nevi perenni, ghiacciai e laghi alpini) non rappresentano più una fonte certa per assicurare l'acqua necessaria durante i periodi di carenza;
la riduzione della portata e del livello del fiume Po sta provocando una risalita del cuneo salino;
con la legge finanziaria per il 2007 è stato possibile sbloccare risorse finanziarie per circa 1 miliardo di euro da destinare alla realizzazione degli interventi previsti dal piano irriguo nazionale, approvato con la delibera Cipe n. 74 del 2005;
lo stesso piano prevede la finanziabilità di opere immediatamente appaltabili per ulteriori 600 milioni di euro;
appare necessario un intervento programmatorio di medio - lungo periodo, al fine di prevedere la realizzazione di nuove opere e di rendere più efficienti quelle esistenti ed integrarle con quelle di competenza regionale;
inoltre, la nota della situazione idrogeologica in Italia ai fini della prevenzione delle crisi idriche, aggiornata al 28 febbraio 2007 dalla protezione civile nazionale, ci offre un quadro della crisi che dovremo fronteggiare a seguito delle scarse precipitazioni tra settembre 2006 e febbraio 2007, indicando un quadro di riferimento che richiede la predisposizione di strumenti appropriati per i rischi di emergenza che potrebbero manifestarsi a breve termine,

impegna il Governo:

a dichiarare sin d'ora lo stato di emergenza per il bacino del fiume Po, per i bacini limitrofi che presentano simili condizioni critiche, nonché per il bacino del fiume Adige, in modo da attivare per tempo tutti gli strumenti istituzionali necessari a governare e a gestire tale crisi, realizzando in particolare «cabine di regia» in loco, che vedano il concorso della protezione civile nazionale, in accordo con l'autorità di bacino del Po, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e i dicasteri interessati;
a rendere disponibili le necessarie risorse finanziarie per dare completa attuazione alle opere previste dalla delibera Cipe n. 75 del 2006;
a porre in essere, in tempi brevi, un processo di programmazione con il coinvolgimento primario delle regioni ed il supporto di tutti gli organismi, che, a vario titolo, sono impegnati nella gestione dell'acqua irrigua;
a potenziare, a questo fine, gli strumenti informatici ed in primo luogo il Sistema informativo gestione della risorsa idrica in agricoltura (Sigria), anche al fine di monitorare gli investimenti nazionali e regionali e coordinare in maniera efficace la spesa pubblica;

a porre in essere programmi di ricerca orientati ad individuare colture o varietà capaci di rendere più efficiente l'utilizzazione delle risorse idriche disponibili;
a studiare nuovi ordinamenti colturali, capaci di massimizzare il ritorno economico dell'azienda con l'utilizzazione della minore quantità di acqua possibile;
a verificare l'opportunità di rafforzare il ruolo degli organi ministeriali per le opere irrigue delle regioni meridionali, anche attraverso l'istituzione di una task force in grado di supportare il lavoro dei consorzi di bonifica e accelerare la realizzazione delle opere irrigue in tali zone.
(1-00141) «Zucchi, Mariani, Pertoldi, Baratella, Bellanova, Brandolini, Fiorio, Fogliardi, Franci, Maderloni, Servodio, Salerno».

La Camera,
premesso che:
le Commissioni riunite VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati, a seguito di un'approfondita discussione, hanno approvato, nella seduta del 28 marzo 2007, una risoluzione concernente il sistema idrico, che prende in considerazione sia le problematiche relative alle modalità di utilizzo e gestione dell'acqua e alle carenze della dotazione infrastrutturale, comuni a tutto il territorio nazionale, sia le difficoltà specifiche delle singole aree del Paese;
l'acqua, infatti, è un bene primario e comune e, per tale motivo, tutte le autorità competenti sono chiamate ad operare per garantire la salvaguardia e la corretta gestione delle risorse idriche, in concertazione tra loro;
l'attuale situazione di carenza idrica, già rilevata in tutta Italia dalla protezione civile, dalle principali autorità di bacino e da diverse regioni, non rappresenta ormai più una eccezione;
la forte riduzione dei fenomeni piovosi e delle precipitazioni nevose - particolarmente significativa nel corso del periodo 2006/2007 - pone, con estrema severità, il problema della disponibilità di acqua per i diversi usi;
in particolare, gli ultimi dati a disposizione circa l'entità delle risorse idriche del bacino padano rivelano che, a fronte di una portata del Po già inferiore a quella registrata nel 2006 in pari periodo, il manto nevoso disponibile ricopre meno di un terzo del territorio coperto nel febbraio 2006 e con altezze altrettanto ridotte, tanto che sull'arco alpino sono presenti mediamente 10/60 centimetri contro i 25/150 del 2006. La situazione, quindi, potrà risultare estremamente critica se, entro la fine di aprile 2007, non saranno sopraggiunte significative precipitazioni, cosa che, sulla base delle previsioni stagionali oggi disponibili e nonostante il peggioramento del quadro meteorologico della seconda metà di marzo 2007, non appare probabile;
dai recenti dati forniti dall'Enel sul ricorso alle fonti idroelettriche, risulta una riduzione del 20 per cento della produzione di energia idroelettrica nei mesi di gennaio e febbraio 2007, dovuta ad una minore disponibilità di acqua;
nel caso di una conferma dei dati critici sull'entità delle precipitazioni, l'emergenza idrica per il Po diverrà insostenibile nel periodo di maggiore fabbisogno ed analogo discorso vale anche per il bacino del fiume Adige;
anche quest'anno si ripropone, per il bacino del Po, il problema della risalita del cuneo salino, che impedisce la derivazione di acqua dolce per le attività agricole, esponendo l'intero territorio padano al forte rischio di nuovi e ingenti danni all'agricoltura;
l'insalamento delle falde e della rete idraulica a valle e l'abbassamento della falda freatica a monte, peraltro, pregiudicano gravemente l'ecosistema;

siamo di fronte ad andamenti climatici la cui preoccupante evoluzione richiede l'adozione di due tipi di politiche: una globale, di lungo periodo, che interviene sulle cause del fenomeno e che deve essere sviluppata a partire dall'implementazione degli impegni internazionali, dal Protocollo di Kyoto alle misure previste dall'Unione europea, puntando, inoltre a coinvolgere gli Usa, i grandi Paesi emergenti e quelli in via di sviluppo nella riduzione dei livelli di emissione di gas ad effetto serra; una seconda politica più immediata che preveda misure di adattamento alle tendenze in atto e punti da subito a misure di tutela e di buona gestione delle risorse idriche;
allo stesso tempo bisogna intervenire sulle cause della crisi idrica, tra cui l'elevato numero di derivazioni montane e il notevole volume da queste accumulato, necessariamente da regolare nei momenti di crisi anche a seguito del cambiamento del mercato dell'energia che condiziona il periodo di produzione dell'energia idroelettrica dei bacini montani, i quali non sempre rilasciano sufficienti volumi d'acqua nei periodi di «magra»;
va, per altro verso, attentamente studiata una diversa gestione dei serbatoi elettrici alpini, che tenga conto delle esigenze degli utilizzatori della risorsa idrica a valle (popolazione, agricoltura, industria), nonché di quelle derivanti dalla necessità di garantire livelli idrici sufficienti a derivare, come nel caso del fiume Po e dei suoi affluenti principali, le acque necessarie al raffreddamento delle centrali termoelettriche;
in materia di tutela delle risorse idriche, bisogna anche fare in modo che nei bacini idrografici, soprattutto in quelli caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le eventuali derivazioni siano sempre regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati;
a tal fine, per limitare i danni derivanti dal dissesto idrogeologico presente nel bacino del fiume Po, tutte le derivazioni di acqua in atto dovrebbero essere regolate dall'autorità concedente, mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici;
per quanto concerne le produzioni agricole, occorre dare subito l'avvio ad un'azione sui sistemi irrigui, che può condurre a forti risparmi con interventi mirati, soprattutto alla presenza di colture molto impattanti dal punto di vista dei consumi di risorsa idrica e per i suoli non particolarmente votati a tali produzioni; serve, inoltre, una programmazione agricola che tenga conto, per il futuro, della risorsa acqua, ricordando che nei periodi di siccità e, comunque, nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso agricolo;
per tali motivi è, altresì, necessario che sia studiato e conseguito - sia con opere di regolazione, sia con atti normativi che sfruttino tutte le conoscenze tecniche in grado di favorire una seria politica di conversione dei sistemi irrigui - l'impiego ottimale della risorsa idrica, per un verso riducendo l'impatto di determinate colture agricole per le quali è possibile adottare innovative metodologie di risparmio idrico, per altro verso differenziando e favorendo l'uso dell'acqua di migliore qualità per i fabbisogni civili e destinando le risorse di minore qualità agli altri fabbisogni;
un contributo decisivo può provenire dall'ammodernamento della rete idrica, in particolare quella destinata agli usi agricoli, dal controllo e dall'eliminazione delle perdite, dal «consolidamento» dei bacini anche collinari, dal recupero dei volumi di invaso nei serbatoi soggetti a riduzione di volume per motivi statici, nonché dal mantenere elevato il livello di guardia sui prelievi abusivi, diffusi in numerose aree del Paese;
sono, altresì, utili stringenti misure sull'uso industriale e sugli usi civili, nonché sull'aumento delle riserve e sul

l'adozione della leva dell'incentivazione nel risparmio idrico, nonché sulla misurazione dei consumi di acqua;
nel caso del bacino del fiume Po particolare attenzione andrà dedicata alla regolazione dei volumi idrici regolati dai grandi laghi alpini, con una revisione in aumento delle fasce di regolazione per maggiore riserva d'acqua utile a fronteggiare i momenti di crisi del sistema idrico a valle;
potrebbe risultare utile, in questo contesto complessivo, anche una riflessione sulle misure per il riutilizzo delle acque reflue, per le quali manca ancora un idoneo quadro giuridico ai fini del loro riutilizzo in agricoltura. A tal fine, si potrebbero tenere presenti le esperienze di altre nazioni all'avanguardia nel settore, quali Israele e Spagna, che hanno dedicato una particolare attenzione allo sfruttamento dei reflui urbani a favore dell'agricoltura, specie nei mesi di giugno, luglio e agosto, nei quali si concentra il maggior afflusso turistico;
è necessario intervenire con sufficiente anticipo, anche con provvedimenti di emergenza, nella consapevolezza che il problema complessivo dello squilibrio tra fabbisogni e disponibilità idriche deve essere affrontato con politiche strutturali, sulle quali il Parlamento può dare un decisivo contributo, e nell'immediato, per evitare il ripetersi delle emergenze manifestatesi negli scorsi anni, che hanno causato gravi problemi economici e alle popolazioni, nonché gravi impatti ambientali prossimi alla irreversibilità, quali la già richiamata risalita del cuneo salino nel delta per oltre 20 chilometri dalla foce del Po e, parimenti, per il fiume Adige,

impegna il Governo:

a dichiarare sin d'ora lo stato di emergenza per il bacino del fiume Po, per i bacini limitrofi che presentano simili condizioni critiche, nonché per il bacino del fiume Adige, in modo da attivare per tempo tutti gli strumenti istituzionali necessari a governare e gestire tale crisi, realizzando, in particolare, «cabine di regia» in loco, che vedano il concorso della Protezione civile nazionale, in accordo con le autorità di bacino del Po e dell'alto Adriatico, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e i dicasteri interessati;
a indire, relativamente alla generale situazione in cui versa il Paese, una conferenza nazionale sull'acqua, nella quale promuovere, nel pieno rispetto del principio di solidale e leale collaborazione, un approccio integrato di tutte le politiche e porre in essere tutte le possibili iniziative di programmazione e di coordinamento di interventi strutturali e non, eliminando l'attuale preoccupante frammentazione delle competenze e coinvolgendo con la massima tempestività il Parlamento, tutti i ministeri interessati, le istituzioni statali, regionali, provinciali e locali, le autorità di bacino, le autorità di ambito territoriale ottimale, i consorzi di bonifica, le autorità di settore, le forze economiche e sociali, le associazioni di categoria, le associazioni e gli organismi specializzati, tecnici e scientifici;
a garantire che la predetta conferenza nazionale provveda anche all'individuazione delle più idonee misure relative all'approvvigionamento idrico di tutte le aree del Paese e, in particolare, del Mezzogiorno, che necessita di una maggiore azione di coordinamento e di interventi solidi ed efficaci, considerata la vetustà delle opere irrigue, ormai già superate dalle nuove tecnologie;
ad assumere idonee iniziative per la costituzione di strutture operative formate da esperti in materia di tutela delle risorse idriche e rappresentanti degli organismi di controllo e di repressione, con il compito di vigilare sul corretto e razionale utilizzo delle derivazioni idriche dai bacini di accumulo e dagli invasi montani, monitorando la coerenza dei rilasci connessi agli usi idroelettrici con gli obiettivi di prevenzione e gestione di eventuali situazioni di crisi idrica;
a studiare, in questo quadro, le possibili misure per una politica di risparmio

idrico, per una politica di captazione delle acque pluviali invernali attraverso bacini collinari e per la sperimentazione di forme di conversione dei sistemi irrigui, anche mediante l'auspicabile predisposizione di un «manuale di buona pratica irrigua», che possa fornire all'intero comparto agricolo le informazioni sulle più aggiornate tecnologie e metodologie irrigue, anche considerando gli strumenti di previsione meteorologica e le valutazioni dell'impatto di ciascuna coltura sul territorio;
a studiare appropriate pratiche agronomiche miranti ad un utilizzo più razionale delle risorse idriche, anche agrarie, nonché all'ausilio di varietà colturali resistenti alla siccità, tenendo conto della ricerca scientifica più avanzata;
a completare la realizzazione delle opere previste dal piano irriguo nazionale, come definite dalle delibere CIPE n. 74 del 2005 e n. 75 del 2006, rendendo disponibili le necessarie risorse finanziarie.
(1-00142) «Realacci, Lion, Mellano, Giuseppe Fini, Martinello, Bellotti, Capezzone, Fasolino, Francescato, Fundarò, Misuraca, Camillo Piazza, Ruvolo, Stradella, Rampelli».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
le Commissioni riunite VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati, a seguito di un'approfondita discussione, hanno approvato, nella seduta del 28 marzo 2007, una risoluzione concernente il sistema idrico, che prende in considerazione sia le problematiche relative alle modalità di utilizzo e gestione dell'acqua e alle carenze della dotazione infrastrutturale, comuni a tutto il territorio nazionale, sia le difficoltà specifiche delle singole aree del Paese;
l'acqua, infatti, è un bene primario e comune e, per tale motivo, tutte le autorità competenti sono chiamate ad operare per garantire la salvaguardia e la corretta gestione delle risorse idriche, in concertazione tra loro;
l'attuale situazione di carenza idrica, già rilevata in tutta Italia dalla protezione civile, dalle principali autorità di bacino e da diverse regioni, non rappresenta ormai più una eccezione;
la forte riduzione dei fenomeni piovosi e delle precipitazioni nevose - particolarmente significativa nel corso del periodo 2006-2007 - pone, con estrema severità, il problema della disponibilità di acqua per i diversi usi;
in particolare, gli ultimi dati a disposizione circa l'entità delle risorse idriche del bacino padano rivelano che, a fronte di una portata del Po già inferiore a quella registrata nel 2006 in pari periodo, il manto nevoso disponibile ricopre meno di un terzo del territorio coperto nel febbraio 2006 e con altezze altrettanto ridotte, tanto che sull'arco alpino sono presenti mediamente 10/60 centimetri contro i 25/150 del 2006. La situazione, quindi, potrà risultare estremamente critica se, entro la fine di aprile 2007, non saranno sopraggiunte significative precipitazioni, cosa che, sulla base delle previsioni stagionali oggi disponibili e nonostante il peggioramento del quadro meteorologico della seconda metà di marzo 2007, non appare probabile;
dai recenti dati forniti dall'Enel sul ricorso alle fonti idroelettriche, risulta una riduzione del 20 per cento della produzione di energia idroelettrica nei mesi di gennaio e febbraio 2007, dovuta ad una minore disponibilità di acqua;
nel caso di una conferma dei dati critici sull'entità delle precipitazioni, l'emergenza idrica per il Po diverrà insostenibile nel periodo di maggiore fabbisogno ed analogo discorso vale anche per il bacino del fiume Adige;
anche quest'anno si ripropone, per il bacino del Po, il problema della risalita del cuneo salino, che impedisce la derivazione di acqua dolce per le attività agricole, esponendo l'intero territorio padano al forte rischio di nuovi e ingenti danni all'agricoltura;
la salinizzazione delle falde e del reticolo idraulico superficiale a valle, insieme all'abbassamento della falda freatica a monte, pregiudicano gravemente l'ecosistema;
siamo di fronte ad andamenti climatici la cui preoccupante evoluzione richiede l'adozione di due tipi di politiche: una globale, di lungo periodo, che interviene sulle cause del fenomeno e che deve essere sviluppata a partire dall'implementazione degli impegni internazionali, dal Protocollo di Kyoto alle misure previste dall'Unione europea, puntando, inoltre a coinvolgere gli Usa, i grandi Paesi emergenti e quelli in via di sviluppo nella riduzione dei livelli di emissione di gas ad effetto serra; una seconda politica più immediata che preveda misure di adattamento alle tendenze in atto e punti da subito a misure di tutela e di buona gestione delle risorse idriche;
allo stesso tempo bisogna intervenire sulle cause della crisi idrica, tra cui l'elevato numero di derivazioni montane e il notevole volume da queste accumulato, necessariamente da regolare nei momenti di crisi anche a seguito del cambiamento del mercato dell'energia che condiziona il periodo di produzione dell'energia idroelettrica dei bacini montani, i quali non sempre rilasciano sufficienti volumi d'acqua nei periodi di «magra»;
va, per altro verso, attentamente studiata una diversa gestione dei serbatoi elettrici alpini, che tenga conto delle esigenze degli utilizzatori della risorsa idrica a valle (popolazione, agricoltura, industria), nonché di quelle derivanti dalla necessità di garantire livelli idrici sufficienti a derivare, come nel caso del fiume Po e dei suoi affluenti principali, le acque necessarie al raffreddamento delle centrali termoelettriche;
in materia di tutela delle risorse idriche, bisogna anche fare in modo che nei bacini idrografici, soprattutto in quelli caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le eventuali derivazioni siano sempre regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati;
a tal fine, per limitare i danni derivanti dal dissesto idrogeologico presente nel bacino del fiume Po, tutte le derivazioni di acqua in atto dovrebbero essere regolate dall'autorità concedente, mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici;
per quanto concerne le produzioni agricole, occorre dare subito l'avvio ad un'azione sui sistemi irrigui, che può condurre a forti risparmi con interventi mirati, soprattutto alla presenza di colture molto impattanti dal punto di vista dei consumi di risorsa idrica e per i suoli non particolarmente votati a tali produzioni; serve, inoltre, una programmazione agricola che tenga conto, per il futuro, della risorsa acqua, ricordando che nei periodi di siccità e, comunque, nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso agricolo;
per tali motivi è, altresì, necessario che sia studiato e conseguito - sia con opere di regolazione, sia con atti normativi che sfruttino tutte le conoscenze tecniche in grado di favorire una seria politica di conversione dei sistemi irrigui - l'impiego ottimale della risorsa idrica, per un verso riducendo l'impatto di determinate colture agricole per le quali è possibile adottare innovative metodologie di risparmio idrico, per altro verso differenziando e favorendo l'uso dell'acqua di migliore qualità per i fabbisogni civili e destinando le risorse di minore qualità agli altri fabbisogni;
un contributo decisivo può provenire dall'ammodernamento della rete idrica, in particolare quella destinata agli usi agricoli, dal controllo e dall'eliminazione delle perdite, dal «consolidamento» dei bacini anche collinari, dal recupero dei volumi di invaso nei serbatoi soggetti a riduzione di volume per motivi statici, nonché dal mantenere elevato il livello di guardia sui prelievi abusivi, diffusi in numerose aree del Paese;
sono, altresì, utili stringenti misure sull'uso industriale e sugli usi civili, nonché sull'aumento delle riserve e sull'adozione della leva dell'incentivazione nel risparmio idrico, nonché sulla misurazione dei consumi di acqua;
nel caso del bacino del fiume Po particolare attenzione andrà dedicata alla regolazione dei volumi idrici regolati dai grandi laghi alpini, con una revisione in aumento delle fasce di regolazione per maggiore riserva d'acqua utile a fronteggiare i momenti di crisi del sistema idrico a valle;
potrebbe risultare utile, in questo contesto complessivo, anche una riflessione sulle misure per il riutilizzo delle acque reflue, per le quali manca ancora un idonea ed efficace strategia attuativa per permettere il loro utilizzo in agricoltura. A tal fine, si potrebbero tenere presenti le esperienze di altre nazioni all'avanguardia nel settore, quali Israele e Spagna, che hanno dedicato una particolare attenzione allo sfruttamento dei reflui urbani a favore dell'agricoltura, specie nei mesi di giugno, luglio e agosto, nei quali si concentra il maggior afflusso turistico;
è necessario intervenire con sufficiente anticipo, anche con provvedimenti di emergenza, nella consapevolezza che il problema complessivo dello squilibrio tra fabbisogni e disponibilità idriche deve essere affrontato con politiche strutturali, sulle quali il Parlamento può dare un decisivo contributo, e nell'immediato, per evitare il ripetersi delle emergenze manifestatesi negli scorsi anni, che hanno causato gravi problemi economici e alle popolazioni, nonché gravi impatti ambientali prossimi alla irreversibilità, quali la già richiamata risalita del cuneo salino nel delta per oltre 20 chilometri dalla foce del Po e, parimenti, per il fiume Adige,

impegna il Governo:

a dichiarare sin d'ora lo stato di emergenza per il bacino del fiume Po, per i bacini limitrofi che presentano simili condizioni critiche, nonché per il bacino del fiume Adige, in modo da attivare per tempo tutti gli strumenti istituzionali necessari a governare e gestire tale crisi, realizzando, in particolare, «cabine di regia» in loco, che vedano il concorso della Protezione civile nazionale, in accordo con le autorità di bacino del Po e dell'alto Adriatico, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e i dicasteri interessati;
a indire, relativamente alla generale situazione in cui versa il Paese, una conferenza nazionale sull'acqua, nella quale promuovere, nel pieno rispetto del principio di solidale e leale collaborazione, un approccio integrato di tutte le politiche e porre in essere tutte le possibili iniziative di programmazione e di coordinamento di interventi strutturali e non, eliminando l'attuale preoccupante frammentazione delle competenze e coinvolgendo con la massima tempestività il Parlamento, tutti i ministeri interessati, le istituzioni statali, regionali, provinciali e locali, le autorità di bacino, le autorità di ambito territoriale ottimale, i consorzi di bonifica, le autorità di settore, le forze economiche e sociali, le associazioni di categoria, le associazioni e gli organismi specializzati, tecnici e scientifici;
a garantire che la predetta conferenza nazionale provveda anche all'individuazione delle più idonee misure relative all'approvvigionamento idrico di tutte le aree del Paese e, in particolare, del Mezzogiorno, che necessita di una maggiore azione di coordinamento e di interventi solidi ed efficaci, considerata la vetustà delle opere irrigue, ormai già superate dalle nuove tecnologie;
ad assumere idonee iniziative per la costituzione di strutture operative formate da esperti in materia di tutela delle risorse idriche e rappresentanti degli organismi di controllo e di repressione, con il compito di vigilare sul corretto e razionale utilizzo delle derivazioni idriche dai bacini di accumulo e dagli invasi montani, monitorando la coerenza dei rilasci connessi agli usi idroelettrici con gli obiettivi di prevenzione e gestione di eventuali situazioni di crisi idrica;
a promuovere tutte le possibili misure di risparmio idrico e riutilizzo delle acque reflue, anche attraverso lo stoccaggio delle acque superficiali nei bacini collinari, l'attuazione delle misure infrastrutturali e gestionali per il recupero delle acque reflue depurate specialmente in agricoltura, la sperimentazione di forme di conversione dei sistemi irrigui, la definizione di linee guida e la predisposizione di un «manuale di buona pratica irrigua», che possa fornire all'intero comparto agricolo le informazioni sulle più aggiornate tecnologie e metodologie irrigue, anche considerando gli strumenti di previsione meteorologica e le valutazioni dell'impatto di ciascuna coltura sul territorio;
a studiare appropriate pratiche agronomiche miranti ad un utilizzo più razionale delle risorse idriche, anche agrarie, nonché all'ausilio di varietà colturali resistenti alla siccità, tenendo conto della ricerca scientifica più avanzata;
a completare la realizzazione delle opere previste dal piano irriguo nazionale, come definite dalle delibere CIPE n. 74 del 2005 e n. 75 del 2006, rendendo disponibili le necessarie risorse finanziarie.
(1-00142) «Realacci, Lion, Mellano, Giuseppe Fini, Martinello, Bellotti, Capezzone, Fasolino, Francescato, Fundarò, Misuraca, Camillo Piazza, Ruvolo, Stradella, Rampelli, Salerno».

La Camera,
premesso che:
le Forze armate della Repubblica costituiscono da sempre uno strumento indispensabile per l'efficacia e la credibilità della nostra politica estera, che si esplica nell'ambito delle alleanze sottoscritte in favore della sicurezza, della difesa, della pace e del rispetto dei diritti inalienabili delle persone e dei popoli;
i nostri contingenti militari sono apprezzati protagonisti in numerosi teatri, ove la pacifica convivenza risulta seriamente compromessa, dimostrandosi interpreti sensibili delle decisioni assunte dalle istituzioni rappresentative anche in condizioni di alto rischio;
la nostra confermata partecipazione ad alcune importanti missioni umanitarie e di difesa della pace, come in Afghanistan, Libano e Balcani, reca all'Italia giusto prestigio per l'impegno costantemente profuso al servizio delle parti più deboli, contro la violenza, il terrorismo e la sopraffazione;
a seguito dell'intervenuta crisi finanziaria che ha richiesto una forte contrazione della spesa pubblica negli esercizi finanziari 2005/2006/2007, lo stanziamento di bilancio per la difesa è stato sensibilmente ridotto, tanto da scendere sotto la misura dell'1 per cento sul prodotto interno lordo;
i tagli di bilancio hanno costretto le Forze armate a ridurre progressivamente la spesa del personale, incidendo quasi esclusivamente sul reclutamento e l'addestramento delle leve più giovani, con ciò determinando una crisi di operatività ed uno sbilanciamento del proprio equilibrio funzionale tra spese di personale, di esercizio e d'investimento destinato ad aggravarsi nel tempo;
tale equilibrio scaturisce dalla normativa vigente (legge n. 331 del 2000 e legge n. 25 del 1997), a cui si è pervenuti considerando i fondamentali compiti delle Forze armate, anche in relazione al contesto degli impegni assunti nei diversi organismi internazionali (Onu, Unione europea, Nato) e negli accordi internazionali e bilaterali;
le risorse, attualmente destinate alla funzione «difesa», collocano l'Italia in una posizione arretrata rispetto a tutti i Paesi con analoga capacità economica e, soprattutto, pregiudicano il raggiungimento dei predetti obiettivi, dal momento che, mentre sono assicurati i fondi per i programmi di ammodernamento tecnologico già stabiliti da tempo, non altrettanto può dirsi per le esigenze del personale, con particolare riguardo all'attuazione compiuta del modello professionale;
il Governo ha allo studio un piano di «razionalizzazione e riorganizzazione» delle Forze armate, posto anche all'ordine del giorno della recente riunione del Consiglio

supremo di difesa, che si tradurrebbe in una riduzione degli organici di 30.000 unità, con la naturale conseguenza di ridimensionare fortemente le ambizioni, che hanno sempre ispirato la nostra politica estera ed i conseguenti impegni assunti, che nel processo di globalizzazione in atto nell'alleanza, tendono ad incrementarsi;
ogni mutamento, in senso riduttivo, delle dotazioni organiche riduce, sotto i limiti di funzionalità, la capacità operativa delle nostre Forze armate e, in particolare, dell'Esercito, per il quale la dimensione della componente umana risulta vitale, come dimostrano gli standard assunti nelle forze armate dei maggiori Paesi europei,

impegna il Governo:

a far fronte alla critica situazione venutasi a determinare nelle nostre Forze armate, recuperando le lacune accumulatesi nel reclutamento e nell'addestramento ed incrementando le risorse finanziarie destinate al comparto per ripristinare gli equilibri di funzionalità e di operatività secondo gli standard europei in rapporto al prodotto interno lordo;
a considerare l'impegno per la difesa un valore aggiunto per la politica interna ed estera dell'Italia, affinché si confermi nel ruolo di protagonista apprezzata nel processo di mondializzazione delle iniziative in difesa della pace e della sicurezza, secondo i tradizionali impegni assunti nelle diverse sedi internazionali.
(1-00143) «Bosi, Volontè».

Risoluzione in Commissione:

La XIII Commissione,
premesso che:
entro la fine dell'anno, in vista della verifica del 2008 sull'attuazione della Politica agricola comune, l'Esecutivo europeo presenterà un rapporto sulla situazione e sulle prospettive del settore lattiero;
il Commissario europeo all'agricoltura, Marianne Fischer Boel, ha già prefigurato la possibilità di abolire il regime delle quote latte a partire dal 2015, convinto che le regole comunitarie del latte debbano essere modificate indicando per tempo ai produttori quale sarà il nuovo quadro di riferimento;
Danimarca, Olanda, Regno Unito, Svezia si sono dichiarate favorevoli all'abolizione delle quote;
l'Italia, sta cercando da anni di normalizzare un settore sul quale continua a pesare il fardello delle multe, troppo spesso non pagate dagli allevatori, ma trattenute alla fonte all'Italia dall'Unione europea;
solo per le tre campagne di commercializzazione comprese tra il 2003 e il 2005 sarebbero state 3.200 le aziende in Italia che non hanno effettuato i versamenti, senza giustificato motivo, per circa 220 milioni di euro;
in una lettera inviata recentemente alle regioni, responsabili della riscossione delle multe, i ministri delle politiche agricole, Paolo De Castro, e dell'economia, Tommaso Padoa Schioppa, hanno segnalato che tra il 1995-96 e il 2004-05, «ha dovuto anticipare alla Ue 1.680 milioni di euro, di fatto accollando all'erario un onere dovuto dai produttori. Di tale cifra, solo 114 milioni sono stati riscossi». Mentre 344 milioni sono rientrati in un piano di rateizzazione varato nel 2003, 871 milioni sono per ora non esigibili a causa di contenziosi legali ancora aperti e 351 milioni risultano non versati senza giustificato motivo;
è necessario applicare il massimo sforzo per tutelare chi produce nella legalità e perseguire chi non rispetta le regole comunitarie e nazionali, piuttosto che avventurarsi in soluzioni che finirebbero soltanto per far perdere la credibilità

dello Stato, alimentando il dubbio tra i produttori che forse sarebbe stata vincente la scelta di produrre senza quota;
la necessità di applicare fino in fondo le normative, senza eccezioni o tolleranze costituisce la condizione fondamentale per agire su un piano di equità e competitività;
una eventuale sospensione della riscossione coattiva dei prelievi supplementari pregressi nei confronti dei produttori, tramite solo parziale compensazione con gli aiuti Pac da parte delle regioni, costituirebbe un notevole passo indietro, perché concederebbe nuovamente lo spazio ad una strategia scorretta che irride ai sacrifici produttivi e finanziari attuati dagli imprenditori rispettosi delle regole;
tale strategia contraddirebbe quanto approvato a dicembre 2006, in sede di Conferenza Stato-regioni in cui fu stabilito che gli allevatori non in regola con i pagamenti, non avrebbero usufruito degli aiuti previsti dalle politiche agricole comuni;
eventuali modifiche alla legge n. 119 del 2003, non potranno prescindere dal fermo rispetto del pregresso, in particolare nei confronti di chi ha dimostrato in modo palese di non rispettare le regole;

impegna il Governo:

a sollecitare le regioni ad una maggiore attività di recupero coattivo del prelievo non versato partendo dalla fase di intimazione dello stesso e fino alla successiva fase di iscrizione a ruolo;
a semplificare la revoca della qualifica di primo acquirente al fine di eliminare rapidamente e drasticamente i primi acquirenti di comodo;
a assumere iniziative volte a favorire il radicamento della competenza riguardante i ricorsi presentati dai produttori inadempienti presso il TAR del Lazio in maniera tale da favorire il lavoro dell'Agea e dell'avvocatura regionale e nazionale;
a raccomandare alle amministrazioni regionali l'adozione di atti volti a ritenere beneficiari delle misure dei Psr (Piani sviluppo rurale) i soggetti in regola con la normativa nazionale in materia di prelievo supplementare del settore del latte e dei prodotti lattiero caseari.
(7-00161) «Delfino, Ruvolo, Martinello».