Allegato B
Seduta n. 105 del 7/2/2007

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

IANNUZZI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
sono stati registrati molteplici e rilevanti anomalie e riduzioni nei pagamenti del premio unico 2006 ai produttori di olio;
infatti molto forti e frequenti sono le differenze riscontrate fra la comunicazione del titolo definitivo ed il pagamento del premio unico agli olivicoltori;
ne è derivata una grave e pesante penalizzazione per un'elevata percentuale dei tantissimi produttori di olio, concentrati in prevalenza in Puglia, Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna;
tale situazione ha provocato forte e giustificata preoccupazione nei produttori di olio, non essendo conosciuti né comprensibili i criteri seguiti in concreto nel pagamento del premio unico 2006;
puntuale e documentata denuncia di tale delicata e negativa vicenda e venuta dalle associazioni olivicole territoriali e nazionali -:
quali iniziative il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali intenda assumere per chiarire i criteri di pagamento del premio unico 2006 e per consentire, così, il recupero ai produttori di olio delle notevoli differenze rilevate in numerosissime fattispecie fra i titoli definitivi e gli importi corrisposti, tenuto conto che tale situazione ha determinato pesanti difficoltà e giustificate preoccupazioni in tantissimi olivicoltori.
(5-00684)

Interrogazioni a risposta scritta:

FUGATTI, POTTINO, BRICOLO, DOZZO, ALLASIA, PINI, ALESSANDRI, FAVA e CAPARINI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il processo di globalizzazione, da anni in atto a livello mondiale, ha pienamente coinvolto anche i prodotti agricoli ed agroalimentari che, al pari delle altre merci sono soggette alle regole multilaterali sul commercio fissate in sede di WTO;
l'apertura di nuovi mercati coincide con la crescente concorrenza da parte, non solo dei tradizionali Paesi produttori ma anche di nuove realtà produttive che, proprio grazie alla liberalizzazione in atto, riescono più facilmente che in passato a presentarsi - spesso con successo - sul panorama mondiale;
è oramai appurato che la suddetta situazione di crescente concorrenza non

ha contribuito ad accrescere le generali possibilità di sviluppo, ma ha costituito una straordinaria opportunità di profitto per i soggetti che già erano in grado di muoversi in riferimento ad un mercato organizzato su scala globale;
per quanto sopra, sono risultati particolarmente favoriti i fenomeni di concentrazione che, specie nel settore dei prodotti agricoli ed agroalimentari di base, hanno portato alla costituzione di veri e propri oligopoli, spesso facenti capo ad imprese organizzate su basi multinazionali;
il sistema agroalimentare italiano è noto nel mondo per la tipicità e la qualità di alcuni suoi prodotti che, pur costituendo un innegabile traino per l'intero settore, forniscono, tuttavia, solo una parziale rappresentazione della realtà produttiva nazionale che, nel suo complesso, è fortemente interessata dalla presenza di prodotti di massa, o comunque, non qualificati, né qualificabili, da marchi riconosciuti a livello comunitario;
tra i prodotti agroalimentari di base l'Italia riveste un ruolo di primissimo piano nel settore delle carni avicole, nel quale i nostri produttori hanno maturato livelli di professionalità ed imprenditorialità, tali da fornire le più ampie garanzie rispetto alla salubrità ed alla qualità dei loro prodotti, come, peraltro, dimostrato dalla totale assenza di contaminazioni registrata negli allevamenti italiani, durante le emergenze sanitarie (influenza aviaria) degli anni passati;
nonostante gli sforzi realizzati negli ultimi anni, gli allevatori avicoli si trovano sempre più schiacciati dai settori a monte ed a valle che, per dimensione economica e per conseguente maggior potere contrattuale, sono in grado di imporre agli allevatori, sia i prezzi dei fattori produttivi, sia i prezzi di vendita dei loro prodotti;
nel settore avicolo lo strapotere dei settori non agricoli all'interno della filiera ha raggiunto situazioni di assoluta gravità, per le quali, oramai da tempo, risultano essere del tutto assenti le condizioni per assicurare un minimo di concorrenza;
il settore avicolo è caratterizzato, da tempo, dalla presenza di gruppi oligopolistici che detengono, sia l'offerta dei fattori produttivi, sia la domanda dei prodotti agricoli e che, in tal modo, hanno trasformato, gli allevatori da lavoratori autonomi (quali erano) in lavoratori in conto terzi, ossia in soggetti destinati, inevitabilmente, a patire gli effetti, sia dei margini degli altri operatori della filiera, sia dei rischi di impresa che, di fatto, finiscono per gravare pressoché interamente sugli stessi allevatori;
i fenomeni di eccessiva concentrazione e di conseguente creazione di oligopoli sono da ritenere una distorsione della globalizzazione in atto e, pertanto, debbono essere significativamente ridimensionati, in quanto ostativi di quella concorrenza che, per assurdo, proprio attraverso la globalizzazione si vorrebbe favorire;
le cosiddette liberalizzazioni che il Governo si propone di attuare, perlomeno nelle intenzioni, dovrebbero essere orientate a favorire una più libera concorrenza che, a sua volta, dovrebbe coincidere con maggiori opportunità per tutti e non - come purtroppo sta accadendo - con la creazione di ulteriori occasioni di sviluppo e di profitto per i grandi gruppi che già operano in posizioni di oligopolio -:
se non ritengano che la presenza, nel settore dei prodotti agricoli ed alimentari di base, di soggetti che, da tempo, operano in regime di oligopolio sul mercato dei fattori produttivi e dei prodotti, non sia da ritenere gravemente pregiudizievole rispetto all'interesse nazionale di favorire la conservazione e lo sviluppo di attività agricole ancorate al territorio e, nel contempo, di assicurare al cittadino consumatore la possibilità di acquistare, a prezzi giusti, prodotti alimentari sani e di qualità, nel rispetto dell'inalienabile diritto alla sovranità alimentare;
se i Ministri interrogati, nell'ambito delle azioni in favore delle cosiddette liberalizzazioni,

non ritengano di prevedere specifiche azioni in favore del riequilibrio dei rapporti contrattuali tra i soggetti operanti nell'ambito delle filiere dei prodotti agroalimentari di base e, in specie, per quanto riguarda il settore avicolo, se non ritengano necessario regolamentare in modo più equilibrato verso gli interessi degli allevatori gli attuali contratti di soccida.
(4-02497)

MARTINELLO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la direttiva comunitaria 91/676/CEE ha dettato i principi fondamentali a cui si è uniformata la successiva normativa nazionale, con il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 e il decreto ministeriale 7 aprile 2006 (cosiddetta direttiva nitrati);
la direttiva comunitaria ha previsto: una designazione di «Zone vulnerabili da nitrati» di origine agricola (ZVN); la regolamentazione dell'utilizzazione agronomica dei reflui con definizione dei «Programmi d'Azione», che stabiliscono le modalità con cui possono essere effettuati tali spandimenti;
la designazione delle ZVN del Veneto è stata effettuata con delibera del Consiglio regionale n. 62 del 17 maggio 2006. È circa il 60 per cento del territorio regionale individuato, di fatto, come area vulnerabile o in bacino scolante con conseguente riduzione delle quantità di azoto organico spandibile per ettaro che passa da 340 kg a 170 kg di azoto per ettaro, per anno;
il decreto ministeriale 7 aprile 2006, inoltre, ha definito i criteri generali e le norme tecniche sulla base dei quali le Regioni elaborano i «Programmi d'Azione» per le zone vulnerabili ai nitrati;
la Giunta regionale del Veneto, con la D.G.R.V. del 7 agosto 2006 numero 2495 «Programma d'azione per le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricole del Veneto», ha regolamentato le attività di spandimento dei reflui sia per le vulnerabili che per le rimanenti aree agricole del Veneto;
la provincia di Padova rappresenta una realtà importante per il settore zootecnico. Infatti la sua produzione si attesta intorno a circa 190.000 capi bovini, circa 115.000 capi suini, circa 73.640 di tacchini, circa 453.870 di faraone;
i vincoli imposti dalla Comunità Europea e la conseguente attuazione potrebbero provocare un abbandono produttivo con gravi ripercussioni per tutto il sistema agroalimentare dell'area;
è indispensabile salvaguardare i livelli produttivi delle aziende zootecniche della pianura padana e dell'intera filiera agro-alimentare che, con i vincoli sopra citati, si troverebbe nell'impossibilità di rispettare i parametri se non riducendo il numero degli animali negli allevamenti;
in diversi comuni dell'alta Padovana (Trebaseleghe, Piombino Dese, Massanzago, Loreggia, San Pietro in Gù e Carmignano di Brenta), ammesso che i titolari di fondi agricoli siano disponibili a concedere agli allevatori terreni per lo spargimento delle deiezioni animali, non vi è superficie agricola sufficiente per lo smaltimento;
la direttiva comunitaria risale al 1991, nel frattempo comunque si sono autorizzati e finanziati interventi per aumentare le dimensioni degli allevamenti, senza tenere in considerazione i vincoli imposti da tale normativa;
recenti studi hanno confermato che i terreni sono in grado di sopportare un carico maggiore di azoto zootecnico senza pericoli per le falde acquifere e per i corsi d'acqua;
la parificazione del letame al liquame, così come previsto dalla normativa, provocherà ulteriori difficoltà agli allevatori e agli imprenditori agricoli in quanto, dal punto di vista agronomico, diverso è il loro utilizzo e di conseguenza il rilascio dell'azoto nelle culture;

altre difficoltà deriveranno dal divieto dello smaltimento del letame e del liquame, nel periodo invernale (dal 15 novembre al 15 febbraio). Tale pratica agronomica è molto diffusa nelle colture foraggere della pianura padana che d'inverno, quando il terreno è gelato, permette lo spargimento del letame che rilascia gradualmente l'azoto;
nell'ambito dell'Unione Europea paesi come l'Irlanda hanno già ottenuto una deroga al limite massimo di azoto per ettaro che è stato elevato da 170 a 250 kg. -:
quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di rivedere i vincoli imposti dalla direttiva anche sulla base dei dati tecnico-scientifici che dimostrano che i nostri terreni possono sopportare carichi di nitrati superiori ai 170 kg per ettaro all'anno e come intenda favorire e sostenere progetti che consentano la realizzazione di impianti per lo smaltimento della deiezione e dei liquami zootecnici e la riconversione e/o adeguamento delle aziende interessate dalla direttiva.
(4-02502)