Allegato B
Seduta n. 98 del 25/1/2007

TESTO AGGIORNATO AL 30 OTTOBRE 2007

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

TURCO, BELTRANDI, D'ELIA, MELLANO e PORETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
le norme contenute nell'articolo 7 comma 3 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica del 10 settembre 1990 n. 285 dispongono che:
a richiesta dei genitori, nel cimitero possono essere raccolti con la stessa procedura anche prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane;
nei casi previsti dai commi 2 e 3, i parenti o chi per essi sono tenuti a presentare, entro 24 ore dall'espulsione od estrazione del feto, domanda di seppellimento all'Unità Sanitaria Locale accompagnata da certificato medico che indichi la presunta età di gestazione ed il peso del feto;
nella regione Basilicata l'azienda ospedaliera «San Carlo» di Potenza ha stipulato con l'associazione «Difendere la vita con Maria» una convenzione per la sepoltura dei prodotti del concepimento di presunta età gestazionaria inferiore alle 20 settimane, cioè il feto, che autorizza la sopraindicata associazione non solo a svolgere l'attività descritta ma, anche, a predisporre la domanda di tumulazione all'ASL in nome e per conto degli aventi diritto, previa autorizzazione degli aventi diritto;
a giudizio dell'interrogante l'anomalia riguarda il regime di esclusività che l'associazione detiene rispetto alle richieste da inoltrare alla unità sanitaria locale ed al servizio di prelievo e trasporto per il seppellimento del feto;
come evincibile dalle norme della convenzione sottoscritta tra azienda ospedaliera ed associazione «Difendere la vita con Maria» allegate a questa interrogazione, all'articolo 1 delle procedure attuative è previsto che i prodotti del concepimento siano conservati tutti indistintamente, senza diversificare tra quelli di cui si è fatta richiesta di sepoltura entro le 24 ore successive all'espulsione o all'estrazione del feto, come previsto dalle norme citate, e quelli di cui non si inoltra tale richiesta e di cui non vi è ragione di una conservazione in camera mortuaria trascorse le 24 ore dall'espulsione o estrazione stessa. Inoltre l'articolo 1 della convenzione delega alla sola associazione il servizio di prelievo, trasporto e sepoltura dei feti. In tal modo gli aventi diritto alla richiesta non sembra possano avvalersi di altra distinta organizzazione al fine di dare sepoltura al feto né sembra essere possibile avvalersi della facoltà di inoltrare direttamente e personalmente la richiesta all'unità sanitaria locale, detenendo l'associazione «Difendere la vita con Maria» un monopolio ingiustificato di tali adempimenti;
a tale conclusione, ad avviso dell'interrogante, sembra potersi pacificamente giungere anche alla luce dei punti 1, 2 e 3 dell'allegato 2 della convenzione, stessa ove si prevede che nel caso in cui l'autorizzazione all'azienda sanitaria locale non sia richiesta direttamente dall'associazione e dalla stessa non siano materialmente effettuate le operazioni di prelievo, trasporto e sepoltura, non sembra darsi ai parenti o chi per essi altra possibilità che assoggettare il feto «al regime giuridico dei rifiuti pericolosi»;
ad avviso dell'interrogante, la presenza di associazioni antiaboriste all'interno dell'azienda ospedaliera san Carlo di Potenza, quali «Difendere la vita con Maria» ed il «Centro di aiuto alla vita» (CAV), costituisce di fatto un potente apparato dissuasivo nei confronti delle donne che decidano di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza. Non appare casuale che, secondo l'ultimo rapporto

ministeriale disponibile (2004), oltre il 50 per cento delle donne lucane abbiano deciso di abortire in strutture poste al di fuori dei confini regionali. Tale scelta è direttamente imputabile al fatto che la regione Basilicata detiene il record nazionale dei medici obiettori di coscienza all'aborto (92.6 per cento). Nell'ambito di questo primato, l'ospedale San Carlo di Potenza raggiunge addirittura il 95 per cento di medici obiettori di coscienza all'aborto;
ad avviso dell'interrogante, esiste un chiaro nesso causale tra la presenza di associazioni antiaboriste e le convenzioni con esse stipulate da parte delle strutture del servizio sanitario nazionale quali le associazioni «Difendere la vita con Maria» ed il «Centro di aiuto alla vita» e l'altissima percentuale di medici obiettori. La situazione «ambientale» venutasi a creare all'interno dell'ospedale San Carlo di Potenza, fondata anche sulla stipulazione di convenzioni quale quella in oggetto, rende pressoché impossibile la corretta applicazione della legge n. 194 del 1978 -:
se il Ministro intenda svolgere una indagine presso l'Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza al fine di verificare l'eventuale violazione delle norme di legge, prendere gli opportuni provvedimenti e ripristinare i diritti previsti dalla normativa di riferimento.
(4-02327)

BIANCHI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli episodi di malasanità occorsi nei giorni scorsi in Calabria - la ragazza in coma a seguito dell'interruzione di energia elettrica nel corso di un intervento chirurgico nell'Ospedale di Vibo Valentia e il decesso di una neonata a Cosenza - gettano allarme nella popolazione e sono sintomatici dello stato di crisi in cui versa la sanità calabrese;
tale stato è confermato anche dalla recente indagine condotta dai NAS, su commissione del Ministro Livia Turco, che ha visto la Calabria come la regione con il maggior numero di ospedali segnalati all'autorità giudiziaria per irregolarità;
il peso di tale situazione è divenuto oramai insostenibile per i pazienti che ogni giorno varcano le soglie degli ospedali calabresi e per il personale sanitario che rischia di veder mortificata la propria professionalità -:
quali iniziative intenda intraprendere al fine di:
a) promuovere un accertamento sullo stato complessivo della sanità nella regione Calabria;
b) adottare, se del caso con le procedure dell'urgenza, le misure volte a fronteggiare le situazioni di precarietà che in quella sede dovessero emergere.
(4-02335)

LONGHI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'assessore regionale della Liguria ha annunciato l'intenzione, dopo aver già soppresso il reparto di chirurgia generale dell'ospedale «Padre Antero» di Genova-Sestri, di trasferire altri reparti quali oculistica, otorinolaringoiatria, neurologia, cardiologia ed Utic e come logica conseguenza, anche il pronto soccorso che sarebbe pericoloso mantenere aperto senza la presenza di una struttura sanitaria capace di intervenire;
l'assessore motiva questa drastica cura con la necessità di far quadrare il bilancio della sanità ligure;
i dipendenti pubblici, giustamente, non vengono licenziati ma trasferiti, e quindi continuano a percepire il loro stipendio: non vi sarà quindi alcun risparmio immediato sul costo del personale;
nel contempo la Regione preferisce istituire rapporti di consulenza (ad esempio nel settore ortopedico), anziché avvalersi dei medici già dipendenti dalle strutture ospedaliere, dando l'impressione che le scelte relative, anche con riguardo alla

soppressione o al trasferimento di unità semplici o complesse, siano determinate dal pensionamento o dalla disponibilità dei primari più che da scelte razionali volte a riequilibrare le strutture sanitarie del territorio genovese -:
se trasferire unità operative complesse per acuti dall'Ospedale di Sestri non metta in discussione i livelli essenziali di assistenza;
se il Ministro intenda inviare un'ispezione ministeriale per verificare i codici applicati ai d.r.g., confrontando la media dei vari reparti pubblici e quella delle cliniche accreditate.
(4-02338)