Allegato B
Seduta n. 98 del 25/1/2007

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

FERDINANDO BENITO PIGNATARO e CRAPOLICCHIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Ministro della giustizia n. 26 del 30 novembre 2006, si è revocata la decisione precedentemente assunta con decreto interministeriale del 27 aprile 2006, di ubicare nella Città di Catanzaro la sede della Scuola Superiore della Magistratura per la regioni Meridionali - prevista dal decreto legislativo n. 30 del 30 gennaio 2006, - individuando in Benevento la Città destinataria di tale sede;
a giudizio degli interroganti tale decisione non è fondata su alcuna valida ed apprezzabile ragione, dovendosi osservare che la città di Catanzaro sotto il profilo geografico è perfettamente baricentrica rispetto al territorio di riferimento della Scuola (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia), mentre altrettanto non può dirsi per la città di Benevento;
Catanzaro, per ciò che attiene alle vie di comunicazione, è collegata in modo efficace e funzionale con l'intero territorio nazionale, ricadendo nei confini della sua provincia un aeroporto internazionale (quello di Lamezia Terme, a soli 25 Km di distanza), importanti scali ferroviari e strade di grande comunicazione;
l'Amministrazione comunale di Catanzaro, è in grado di mettere a disposizione dell'istituenda Scuola immobili di prestigio, capienti e del tutto idonei ad ospitare adeguatamente tale importante istituzione;
la città di Catanzaro, capoluogo di regione, è sede di Corte di Appello da oltre un secolo ed è realtà di grande tradizione giuridica e forense, avendo per queste

ragioni i giusti titoli per divenire sede della Scuola;
in data 19 dicembre 2006, il consiglio comunale di Catanzaro, ha espresso all'unanimità la più ferma e vibrata protesta per la decisione assunta dal Ministro con il richiamato decreto n. 26 del 30 novembre 2006, invitando i Parlamentari calabresi ad intraprendere ogni più opportuna ed utile iniziativa al fine di ottenere la revoca del contestato provvedimento;
la Scuola Superiore di Magistratura, aldilà delle sue ricadute in termini di immagine e di indotto, rappresenterebbe un forte segnale di presenza dello Stato in una terra condizionata dall'attacco della criminalità organizzata -:
se non ritenga, con urgenza, di dover revocare il citato e poco opportuno decreto di trasferimento della Scuola del 30 novembre 2006, al fine di assicurare alle istituzioni e ai cittadini calabresi che quanto deliberato con decreto interministeriale in data 27 aprile 2006, possa essere concretamente messo in atto, evitando così difficili prese di posizione che, ad avviso degli interroganti, necessariamente scaturirebbero da una eventuale dislocazione dell'istituenda Scuola Superiore di Magistratura da Catanzaro a Benevento.
(4-02311)

FABRIS. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale del 23 giugno 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 56 del 15 luglio 2005 4a serie speciale, il Ministro della giustizia indiceva gli esami di Stato per l'abilitazione alla Professione Forense, delegando al Consiglio Nazionale Forense la competenza in materia di organizzazione dello svolgimento delle selezioni dei candidati;
in osservanza al predetto decreto ministeriale, dal 21 luglio 2006, presso la Corte d'Appello di Venezia si sono svolte le prove orali ai fini della precitata selezione;
a fronte di un numero di 2100 candidati che hanno sostenuto le prove scritte, sono stati considerati idonei a sostenere le prove orali soltanto 725 dottori;
nel Distretto di Corte d'Appello di Venezia si presentava un numero di candidati superiore alle 300 unità ed a norma dell'articolo 1-bis legge n. 180 del 2003, si è provveduto ad istituire più Sottocommissioni, tra cui la Sottocommissione IV, la quale esaminava, parimenti alle altre sei Commissioni circa 100 candidati;
la Sottocommissione IV risulta aver ritenuto idonei un numero sensibilmente inferiore di candidati, rispetto alle altre Sottocommissioni;
la sopraccitata vicenda non appare unica ed isolata, dal momento che ogni anno, in occasione degli esiti dell'Esame di Stato per l'abilitazione alla Professione Forense, si registrano notevoli differenziazioni sia tra commissioni sia tra le sottocommissioni;
non si riesce a comprendere come adottando i medesimi criteri di selezione il numero di candidati ritenuti idonei a seguito delle prove scritte e orali risulti variare sensibilmente tra le Commissioni insediate presso Corti d'Appello diverse e spesso anche tra Sottocommissioni facenti parte di una stessa Commissione -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare allo scopo di accertare le reali cause che portano ad esiti tanto differenti tra sedi d'esame diverse e tra le Sottocommissioni che all'uopo vengono istituite;
se non ritenga opportuno adottare iniziative per modificare le modalità di svolgimento degli esami di abilitazione alla professione forense.
(4-02313)

IANNARILLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dai media si apprende che presso il carcere di Viterbo è stato drasticamente ridotto il numero dei medici penitenziari

(nell'ordine del 30 per cento sulla base di un provvedimento del provveditorato dell'amministrazione penitenziaria del Lazio che ha ritenuto di poter, in questo modo, razionalizzare la spesa sanitaria in forza della riduzione della popolazione detenuta, riduzione conseguente al recente provvedimento d'indulto;
i sanitari del carcere di Viterbo fanno notare come tale disposizione sia estremamente lesiva per la salute dei detenuti, messa a rischio dall'impossibilità, da parte del servizio sanitario penitenziario, di far fronte, dopo l'applicazione delle riduzioni di personale, a tutte le istanze della popolazione detenuta;
il provvedimento di riduzione del personale è stato concentrato sul solo taglio dei servizi sanitari penitenziari dell'istituto di Viterbo e non, invece, «spalmato» su tutte le figure professionali amministrative, dirigenziali e di polizia penitenziaria;
non si sa quale sia l'ammontare complessivo del risparmio derivante dal provvedimento del provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria e se questo apparente risparmio non venga vanificato dal ricorso più frequente all'ospedalizzazione dei detenuti più bisognosi di cure che, per mancanza di organico medico, non potranno più essere adeguatamente seguiti in carcere;
non si capisce perché proprio a seguito dell'indulto, provvedimento d'emergenza che è stato adottato per far fronte all'insostenibile situazione di sovraffollamento e quindi d'affaticamento dei servizi penitenziari (anche quelli sanitari), il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria abbia inteso adottare misure di contrazione di un servizio che prima dell'indulto lavorava in perenne affanno e che solo oggi iniziava ad essere adeguato ai carichi di lavoro;
auspicando una reale volontà politica di risolvere i problemi dell'assistenza sanitaria in carcere anche attraverso l'adozione di criteri che vedano i livelli essenziali d'assistenza all'interno dei penitenziari paragonabili, se non sovrapponibili, a quelli per la popolazione libera, e scongiurando che si vogliano adottare linee d'intervento tese a risparmiare ad ogni costo e su tutto, sottintendendo che il provvedimento d'indulto tragga la propria origine dalla necessità di risparmio e non già dall'umanizzazione della detenzione negli istituti penitenziari italiani -:
se non si ritenga, in via provvisoria e al solo fine di garantire, in primis, la salute dei detenuti, di voler provvedere affinché la disposizione inerente alla riduzione del numero dei medici penitenziari presso il carcere di Viterbo venga annullata e che la materia venga riesaminata alla luce d'una razionalizzazione dei servizi diversamente motivata.
(4-02315)

MASCIA e SMERIGLIO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella giornata di mercoledì 17 gennaio 2007 nel corso del processo che si sta svolgendo a Genova sui fatti del G8, si è scoperto che la prova principale portata dalla difesa degli imputati contro i 29 dirigenti e funzionari di polizia, cioè le due bottiglie molotov con cui i poliziotti tentarono di giustificare l'irruzione alla scuola Diaz, è scomparsa;
le bottiglie dovevano comparire nell'aula del tribunale genovese insieme a Valerio Donnini, capo dei reparti mobili impiegati al G8 e a Maurizio Piccolotti, funzionario incaricato della gestione del servizio di ordine pubblico: i due avrebbero dovuto parlare proprio delle bottiglie incendiarie trovate alla Diaz dopo l'irruzione. Al momento di iniziare l'udienza, però, le due bottiglie erano sparite dall'ufficio della Questura genovese che le avrebbe dovute custodire;
il vice questore aggiunto Salvemini, che da anni indaga sul conto dei colleghi, aveva evidenziato, pochi giorni prima, la

scarsa collaborazione da parte di Questure e dirigenti di polizia nelle indagini sull'irruzione;
il giudice che presiede il processo per ora ha bloccato il tutto ed i testimoni saranno ascoltati solo quando verranno rintracciate le molotov;
dall'inizio della legislatura, sono giacenti in Parlamento proposte di legge per l'istituzione di una commissione d'inchiesta sui fatti avvenuti a Genova durante il G8 del 2001, con il compito, attraverso una indagine approfondita, di individuare tutte le responsabilità su ciò che è accaduto in quei giorni;
il processo di Genova sui fatti del G8 deve essere messo nelle condizioni di riprendere nel più breve tempo possibile al fine di giungere all'accertamento della verità in sede giudiziaria -:
se i Ministri interrogati non ritengano grave il fatto che siano sparite nel processo di Genova prove importanti per l'accusa;
se non reputino urgente promuovere, nell'ambito delle proprie specifiche competenze, un'indagine per appurare le responsabilità della sottrazione delle due bottiglie molotov.
(4-02321)