Allegato B
Seduta n. 86 del 13/12/2006

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
si svolge in questi giorni a Teheran una conferenza il cui oggetto principale è la negazione dell'olocausto;
nell'esprimere la propria decisa condanna per questi rigurgiti di antisemitismo,

impegna il Governo

a manifestare al Governo dell'Iran la profonda riprovazione per l'avallo e l'incoraggiamento all'espressione di tesi aberranti destinate ad alimentare l'antisemitismo e l'odio verso lo Stato d'Israele di cui si chiede l'estinzione.
(1-00070) «La Malfa, Nucara, Boniver, Barani, Del Bue, Gianfranco Conte, Brancher, Gardini, Gregorio Fontana, Testoni, Fallica, Lainati, Della Vedova, Fedele, Fratta Pasini, Franzoso, Lazzari, Romagnoli, Valducci, Picchi, Marras, Venier, Nardi, Angelo Piazza, Buemi, Turco, Misiti, Ossorio».

Risoluzioni in Commissione:

La VII Commissione,
premesso che:
molti fatti di cronaca hanno evidenziato il manifestarsi di forme intollerabili di violenza e di abuso nei confronti delle donne, oltre che di bullismo e di prevaricazione verso soggetti deboli, il cui attuarsi denota il permanere nella nostra società e nelle molte culture che ne fanno parte di elementi trasversali di discriminazione e prevaricazione che contrastano con i principi di dignità della persona, di parità tra uomo e donna, di diritto alla autodeterminazione, principi che costituiscono cardini e valori della nostra Costituzione Repubblicana;
i valori della Costituzione costituiscono elementi fondanti della identità culturale nazionale e la scuola appare come l'istituzione il cui ruolo è cruciale per il rafforzamento di questa cultura, anche tra i nuovi cittadini del nostro Paese, anche appartenenti a popoli e religioni diverse;
il fenomeno dell'immigrazione aggiunge nuova complessità e sfaccettature a queste problematiche; ciò costituisce un motivo ulteriore per affrontare nella sua ampiezza e trasversalità un fenomeno sociale e culturale che interroga tutte le civiltà, come risulta anche da indicazioni e iniziative del Consiglio Europeo che ha dedicato la scorsa giornata del 25 novembre alla lotta contro la violenza nei confronti delle donne,

impegna il Governo

ad adottare tutti quei provvedimenti che possono contribuire a sostenere e potenziare il lavoro prezioso che le scuole compiono con le attività di educazione civica, di formazione ai diritti umani e alla convivenza civile, di conoscenza dei valori costituzionali, al fine di favorire nelle giovani generazioni la crescita di una cultura del rispetto di sé e degli altri, consapevole del valore delle differenze a partire da quelle di genere, dell'orientamento sessuale, dei valori inscindibili della libertà e della responsabilità.
(7-00090) «Benzoni, Ghizzoni, Sasso, Guadagno detto Vladimir Luxuria, De Biasi, Volpini, Froner, Giulietti, Colasio».

La IX Commissione,
premesso che:
le Poste Italiane S.p.A attraverso processi legislativi graduali hanno conosciuto dal 1994 ad oggi trasformazioni

istituzionali e riorganizzazioni dell'Azienda pubblica con l'obbiettivo di migliorare i servizi postali in Italia e di risanare il buco finanziario di circa 50.000 miliardi delle vecchie lire, perdite accumulate dal sistema postale pubblico nei decenni precedenti la legge n. 71 del 1994; nel 1994 si sono raggiunti i primi significativi risultati: il deficit è passato dai 4500 miliardi dell'esercizio 1993 dell'Amministrazione P.T. ai 1500 miliardi dell'anno successivo, il primo nel quale ha operato il nuovo Ente Pubblico Economico;
azioni di recupero in termini di efficacia e qualità si erano rese necessarie per sviluppare e per consolidare il carattere universale del servizio all'interno dei processi di ammodernamento e di profonda ristrutturazione tecnologica del settore dell'informazione e della comunicazione;
a partire da quegli anni inizia un percorso di trasformazione infrastrutturale dell'Azienda postale pubblica che la rende oggi capace di assicurare al Paese livelli di competitività mai conosciuti prima anche in virtù dell'essersi dotata della più grande, estesa, capillare e potente rete telematica pubblica legata ad una Azienda pubblica;
le prerogative di servizio pubblico fondamentale, pur operando in presenza di significative novità determinate dalle Direttive europee sui servizi postali, direttive orientate ad avviare processi di liberalizzazione del mercato di settore, venivano apparentemente salvaguardate con trasformazioni istituzionali a carattere totalmente pubblico;
con la legge n. 71 del 1994 l'amministrazione postale viene trasformata in Ente Pubblico Economico e successivamente in S.p.A nel febbraio 1998 con percorsi ibridi ed ambigui, perché sostanzialmente informati a processi di mera aziendalizzazione;
infatti tali processi, se da una parte hanno determinato una accelerata pianificazione del rientro dalle perdite accumulate sino a conseguire utili e dividendi negli esercizi finanziari 2004-2005, dall'altra hanno comportato tagli indiscriminati al personale e nei servizi del recapito in maniera particolare. I dipendenti nel periodo 1994-2004 sono passati da 234.000 unità alle attuali 153.000 con squilibri evidenti fra i diversi settori della Azienda pubblica;
in conseguenza di tali tagli il costo del lavoro ha subito uno straordinario abbassamento, passando dall'88 per cento degli anni '90 al 56 per cento dell'oggi, ben al di sotto della media europea che si colloca sul 60 per cento;
ciò evidenzia l'altissimo costo pagato dalle lavoratrici e dai lavoratori del settore nell'intento aziendale di pervenire alle condizioni di bilancio auspicate ma anche l'enorme costo sociale in termini di occupazione, diminuzione dei redditi dei lavoratori addetti in rapporto dell'imponente incremento dei carichi di lavoro, abbattimento delle rivalutazioni salariali a seguito di contrattazione collettiva e demolizione di ogni forma di salario accessorio, tanto da poter dire senza tema di smentita che il risanamento è stato pagato davvero dai lavoratori di quella Azienda e, dunque, dalla collettività nazionale;
il ricorso continuo a forme di lavoro a tempo determinato e precario generano in tanta parte degli uffici postali i disservizi per gli utenti e i carichi di lavoro eccessivi per i dipendenti soprattutto nei centri di scorta e nel servizio recapito, con un accumulo di ferie non corrisposte secondo i dispositivi del contratto collettivo nazionale di lavoro;
l'esasperato ricorso a forme di lavoro destrutturato ha provocato decine di migliaia di ricorsi alla Magistratura ed ingentissime spese legali e risarcitorie a carico dell'Azienda (cioè della collettività) fino alla produzione di sentenze di condanna nei confronti di Poste Italiane da parte della Corte di Cassazione che mettono in risalto il fortissimo rischio sociale indotto da una logica di trasformazione che non corrisponde più alle necessità

ispiratrici della operazione di efficientamento in origine immaginata per il sistema complesso rappresentato da Poste Italiane che, vale la pena sottolinearlo, è molto di più che una azienda postale stante la diffusione capillare sul territorio nazionale (14.500 uffici postali) e le molteplici attività svolte che vanno dal servizio di corrispondenza e recapito, ai servizi di Bancoposta, Tesoreria, fino ai servizi di Telesorveglianza tecnologica-informatica finalizzata alla Sicurezza ed alla Prevenzione contro atti criminosi (danneggiamenti, furti, rapine, aggressioni, eccetera) di concerto con le Prefetture, le Forze dell'Ordine ed il servizio 118 per la salvaguardia dell'incolumità di utenti, dipendenti e strutture pubbliche;
i processi di innovazione sono stati accompagnati con gravi operazioni di centralizzazione nel servizio di raccolta e di smistamento che hanno negativamente influito nei tempi medi di distribuzione della corrispondenza ordinaria e con tagli esasperati di sportelli nelle zone rurali e montane, come testimoniano le ricorrenti proteste degli EE.LL., del Coordinamento dei Piccoli Comuni Italiani, della UNCEM, delle organizzazioni sindacali di categoria, degli operatori economici, turistici e commerciali, l'approvazione di innumerevoli provvedimenti ed ordini del giorno di opposizione alla dismissione del servizio pubblico postale ed alla chiusura degli uffici postali cosiddetti «minori» adottati da parte di Comuni, Province, Regioni in ogni parte d'Italia;
occorre inoltre osservare che il rilevamento statistico dei tempi medi di consegna degli effetti postali è stato modificato grazie alle mutate procedure di certificazione della data e dell'ora di invio della corrispondenza che, di fatto, non assegnano più, come invece avveniva in passato tramite la «bollatura» all'atto dell'impostazione e successivamente dell'avvio al recapito negli uffici di destinazione, alcuna forma di attestazione a riguardo;
ciò provoca, oltre che pesanti conseguenze economiche, gravissimi problemi ai cittadini utenti in particolare se riferiti ad effetti postali, fatture e bollette di pagamento, che giungono spesso dopo la data prevista per il loro pagamento senza alcuna possibilità per il destinatario di dimostrare la propria totale incolpevolezza, non potendo far fede l'inesistente timbro postale;
stare nei parametri qualitativi dettati dall'Unione europea, in questo modo, è possibile per chiunque;
stante il complesso di condizioni poste nei «Contratti di programma» stipulati con lo Stato italiano per l'ottenimento degli stanziamenti riservati al servizio universale (circa 315 milioni di euro nella precedente legislatura) che impongono il rispetto di parametri qualitativi precisi e di livello europeo, ciò non può che essere almeno oggetto di attenta indagine;
il settore finanziario, secondo i sottoscrittori, ha avuto una collocazione preminente nelle fasi gestionali degli ultimi anni, a discapito del servizio universale e delle prerogative dei diritti sociali e di cittadinanza, mettendo a rischio i caratteri democratici della comunicazione, che è bene comune, sia nelle forme tradizionali sia in quelle di nuova concezione, e che sono come tali iscritti nella nostra Costituzione repubblicana;
i risultati nel settore finanziario sembrano preludere ad operazioni di destrutturazione del corpo aziendale in antitesi con quanto già stabilito da precedenti risoluzioni del Parlamento italiano che già in passato aveva assunto l'impegno, contratto all'unanimità nel 1994 a seguito dell'approvazione della legge n. 71 del 1994, di mantenere intatta l'unicità del corpo Aziendale di quella che sarebbe divenuta Poste Italiane S.p.A., prima, ed in seguito si sarebbe strutturata (secondo logiche di puro mercato ed al di fuori del progetto iniziale) in forma di Gruppo (leggi holding) abbandonando il servizio universale ad una involuzione progressiva con la messa in discussione della unitarietà delle Poste Italiane S.p.A;

non appare affatto secondario porre in essere azioni di Governo in ossequio a quanto affermato in proposito nel Programma dell'Unione, sulla base del quale l'attuale Esecutivo si è impegnato ad agire e che recita testualmente:
«Altro punto di forza indispensabile per il Paese è il sistema postale. Poste Italiane è un asset strategico. È infatti:
la sesta azienda per fatturato;
la prima azienda per occupazione;
la sola struttura nazionale in contatto con tutte le famiglie italiane;
l'unica struttura integrata di raccolta, classificazione e distribuzione di servizi attraverso un ciclo completo di fatturazione, incasso e servizi, finanziari a pubblico e privato;
una delle più importanti reti informatiche italiane. Riteniamo quindi necessario mantenerne l'unitarietà aziendale, e sviluppare linee di indirizzo che sfruttino le potenzialità del settore, anche nel quadro di una "nuova politica pubblica"»,

impegna il Governo

a rivisitare, con indirizzi determinati dalla riconsiderazione conseguente ad un attento riesame della problematica inerente il Sistema Postale italiano ed il ruolo essenziale di Poste Italiane S.p.A pubblica, la missione sociale del Servizio che, lo ribadiamo, deve restare totalmente pubblico, mediante contratti di programma che sappiano realmente garantire, per qualità e quantità di impegno finanziario e politico ma anche per attenzione e verifica dei processi produttivi reali, una diffusione di presenza sul territorio nazionale degli uffici postali congrua ai bisogni dell'utenza ed il potenziamento del servizio offerto;
a rivedere i criteri in merito alla valutazione dei bilanci e dell'azione complessiva di Poste Italiane anche alla luce di rilevamenti diretti e non mediati dei dati forniti dall'Azienda controllata, a differenza di quanto accaduto, come risulta ai sottoscrittori, almeno negli ultimi cinque anni;
ad impedire lo smembramento dell'Azienda, favorendo la valorizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori secondo criteri di professionalità e di massima trasparenza, superando metodi che i sottoscrittori giudicano discrezionali, spesso discriminatori e clientelari, che - sempre secondo i sottoscrittori - hanno caratterizzato la condotta dell'Azienda nei processi di trasformazione descritti provocando oltretutto, in aggiunta al danno imputabile all'incremento quantitativo dei rapporti di lavoro precario verificatosi negli anni, il crollo verticale delle reali professionalità già presenti al proprio interno, disperdendo un enorme patrimonio di saperi ed impedendo lo sviluppo di nuove professionalità consapevoli ed adeguate alle mutate condizioni tecnologiche, sociali, di mercato e rispondenti alle nuove necessità legate allo sviluppo aziendale generando così un reale impoverimento per la collettività nazionale;
ad opporsi con irremovibile determinazione agli annunciati propositi di collocazione in Borsa delle Azioni in possesso del Ministero dell'Economia (ad oggi 65 per cento) e della Cassa Depositi e Prestiti (35 per cento), recuperando totalmente e direttamente all'Azionista di maggioranza questa ultima quota ceduta nel dicembre 2003 (lo Stato ottenne un incasso netto di appena 2.518,685 milioni di euro), al fine di prevenire il sicuro processo di privatizzazione che produrrebbe danni immensi al Paese. Non può, infatti, lasciare indifferenti l'enorme ammontare dei volumi di danaro trattati da Poste Italiane: vale la pena altresì ricordare che già a fine esercizio 1997 Poste Italiane trattava flussi di danaro pari a 3.850.000 miliardi delle vecchie lire a fronte di un PIL di circa 1.900.000 miliardi ed un debito pubblico che allora superava i 2.000.000 di miliardi del vecchio conio. L'attuale movimento di danaro, notevolmente accresciutosi nel tempo, non è neppure paragonabile a quel dato storico. Una tale massa di danaro in

mano non pubblica potrebbe costituire un gravissimo pericolo di destabilizzazione economica, finanziaria e sociale per il nostro Paese; ricordiamo che la cessione del 35 per cento del pacchetto proprietario dal Ministero del Tesoro Cassa Depositi e Prestiti, a sua volta compartecipata da fondazioni bancarie, ha prodotto quella che i sottoscrittori giudicano la assurda anomalia di vedere ai vertici (all'interno del C.d.A.?) di Poste Italiane rappresentanze dei diretti concorrenti dell'Azienda e cioè, appunto, le stesse Banche;
a ricomporre un quadro virtuoso dell'assetto di Poste Italiane attraverso la verifica dell'attuale composizione societaria interna al Gruppo Poste Italiane che ad oggi comprende ben nove Società, tutte dotate di propri organismi statutari che costituiscono un sicuro pesantissimo onere finanziario a detrimento del bilancio Aziendale, (sottolineando che la tendenza alla proliferazione societaria interna al Gruppo Poste Italiane è palesemente finalizzata - secondo i sottoscrittori - alla polverizzazione di questo immenso patrimonio pubblico in funzione del collocamento sul mercato attraverso il meccanismo della quotazione in borsa).
(7-00091) «Mario Ricci, Olivieri, Locatelli».

La IX Commissione,
premesso che:
la ricarica del credito telefonico, su cui si basa il servizio prepagato di telefonia mobile, comporta il pagamento del cosiddetto «contributo di ricarica», ossia di un onere aggiuntivo rispetto al valore del traffico telefonico acquistato;
tale contributo, praticato da tutti gli operatori, rappresenta una specificità italiana dal momento che di norma non viene applicato negli altri Paesi europei;
l'offerta degli operatori di telefonia mobile si è orientata anche verso utenti a più bassa capacità di spesa (giovani e anziani) i quali si avvalgono delle offerte di ricarica meno onerose;
la distribuzione si è orientata sul mercato per ricariche di piccoli importi, tanto che nel 2005 i tagli inferiori ai 20 euro hanno rappresentato oltre il 70 per cento delle ricariche effettuate;
per importi inferiori ai 20 euro il costo fisso di ricarica incide per il 48,3 per cento del credito acquistato e da ciò consegue che i bassi importi di ricarica sono quelli su cui grava maggiormente il contributo di ricarica: la struttura tariffaria del contributo è quindi regressiva e va a penalizzare le fasce di utenza a minore capacità di spesa;
nel novembre 2006 è stata condotta un'indagine conoscitiva dall'Agcom e dall'Agcm sui contributi di ricarica nei servizi di telefonia mobile a credito prepagato dalla quale si evince che la componente di prezzo costituita dall'onere di ricarica, che rappresenta quasi un quinto del prezzo finale, è sottratta alle dinamiche concorrenziali quasi fosse un elemento esogeno;
dalla stessa indagine emerge peraltro che il contributo di ricarica non ha un diretto e trasparente rapporto con i costi sostenuti dagli operatori per la gestione dei servizi di ricarica, ma rappresenta una componente di prezzo inserita dalle imprese nell'ambito delle loro strategie di pricing: in particolare, è stato stimato che il margine specificamente riferibile ai soli contributi di ricarica è nell'ordine del 50-55 per cento, per un valore di circa 950 milioni di euro nel 2005;
il Codacons ha denunciato i gestori della telefonia mobile perché si accerti l'eventuale fattispecie di aggiotaggio nei confronti delle compagnie telefoniche,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative finalizzate a risanare lo squilibrio che si è venuto a creare fra

l'Italia e gli altri Paesi europei con riferimento al contributo di ricarica.
(7-00092) «Caparini».