Allegato B
Seduta n. 80 del 30/11/2006

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da molti anni si sta procedendo alla bonifica dell'area di Cengio già sede dell'industria chimica ACNA e delle zone circostanti;
nel recente periodo sembra siano state sospese o comunque ridotte le attività di bonifica tanto che il lotto 2 «CESTA» che avrebbe dovuto essere completamente bonificato entro l'ottobre 2005 non lo è ancora;
non risulta ancora effettuata nessuna progettazione di bonifica per le aree pubbliche che ricadono prevalentemente in Piemonte -:
se non si ritenga indispensabile procedere ad una urgente ispezione a Cengio da parte dei competenti organi ministeriali;
se esista una compiuta relazione del Commissario dottor Romano circa i tempi di bonifica, i motivi dei ritardi nonché delle spese sostenute dal Commissariato;
se risulti vero infatti che negli ultimi mesi siano stati impegnati ingenti fondi pubblici per svolgere caratterizzazioni dei corsi d'acqua nell'area che non hanno fatto che confermare gli studi che aveva compiuto il precedente commissario sulla base di una progettazione eseguita dall'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, ossia l'organismo statale competente per legge;
se non si ritenga opportuno convocare urgentemente le regioni interessate per decidere come attivare definitivamente le operazioni di risanamento e il ripristino ambientale del fiume Bormida;
quale giudizio complessivo il Ministro dia sull'attività del Commissario Delegato dottor Romano.
(4-01802)

PINI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da molti anni ormai si impone al mondo la questione dei rischi ambientali ed economici che comporta il crescente e grave depauperamento di risorse idriche e l'Italia si trova a dovere affrontare un'emergenza; il livello del fiume Po sta lentamente diminuendo e l'andamento per il futuro sembra essere costantemente negativo;
il depauperamento delle risorse idriche del fiume Po va ascritto all'utilizzo spesso sfrenato di acqua, per processi produttivi legati all'agricoltura e processi produttivi di natura industriale: tra questi, statisticamente, prevale l'apporto negativo delle centrali termoelettriche disposte in pochi chilometri quadrati all'interno del perimetro della regione Emilia Romagna;
solo per fornire un'esemplificazione, si riporta un elenco non esaustivo delle centrali presenti in Emilia Romagna. A Piacenza è ubicato l'impianto Enel da 800 MW; nella stessa provincia vi è anche la centrale Edipower da 800 MW; a Ferrara l'impianto Merloni da 260MW; a Ravenna l'impianto Enipower da 800 MW e a Portocorsini (Ravenna) la centrale Enel da 800 MW;
il consumo di acqua dolce di un impianto da 800 MW è di 600 metri cubi all'ora che si traduce in un consumo di 63milioni di litri di acqua al giorno da parte delle già citate centrali a ciclo combinato della regione Emilia Romagna;
prima della liberalizzazione della produzione e della vendita dell'energia elettrica - Legge «Sblocca Centrali» -, gli impianti delle centrali termoelettriche utilizzavano per il sistema di raffreddamento l'acqua prelevata dal mare, dove, al termine

del ciclo, vi ritornava senza mai superare i 35o, temperatura prevista dalla normativa, all'epoca in vigore, per evitare moria di specie ittiche ed aumento della flora batterica;
attualmente, gli impianti sopra citati, vengono identificati attraverso la dicitura «Turbogas a ciclo combinato». Questi prelevano l'acqua occorrente per i sistemi di raffreddamento dai canali provenienti dal fiume Po. L'acqua dolce, dopo essere stata utilizzata all'interno del condensatore, per condensare il vapore esausto proveniente dalla turbina, fuoriesce e viene fatta raffreddare in una «torre evaporativa» dove, a seguito dell'evaporazione, cede il calore nell'atmosfera;
questo tipo di procedimento richiede oltretutto l'utilizzo di acido solforico e ipoclorito in quantità massicce, nella misura di migliaia di litri alla settimana che poi si riversano, attraverso il procedimento dell'evaporazione, sul territorio circostante;
la tecnologia, allo stato attuale, offre la possibilità, attraverso l'utilizzo del sistema di raffreddamento, più costoso ma più avanzato da un punto di vista ambientale, definito «Air Cooler» che applica gli stessi principi del radiatore montato su un'autovettura: il liquido entra in grossi radiatori, viene raffreddato da grandi ventole e ne fuoriesce a temperatura più bassa;
l'applicazione di questo sistema comporterebbe una tutela delle risorse idriche, visto che l'acqua utilizzata, potrebbe tornare nei canali nella misura minima dell'80 per cento; ma comporterebbe anche la messa al bando di acidi nocivi per le colture e per la salute dei cittadini abitanti nelle zone circostanti -:
attraverso quali iniziative legislative o atti privati intenda aprire un confronto per indicare una linea di indirizzo che debba naturalmente concretizzarsi nella realizzazione di un progetto di sostituzione delle «torri evaporatrici» con gli impianti di raffreddamento «Air cooler»;
se, in caso di sostituzione, non consideri la necessità di assumere iniziative per porre il divieto della doppia operatività dei sistemi di raffreddamento, attraverso la demolizione delle «torri evaporatrici»;
se non ritenga opportuno assumere iniziative per creare un organo indipendente di vigilanza di natura tecnica, con un mandato limitato temporalmente e supportato da uno strumento di legge, al fine di verificare l'attuazione e il rispetto dei punti di cui sopra.
(4-01809)