Allegato B
Seduta n. 37 del 19/9/2006

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

Le Commissioni riunite XIII e VIII,
premesso che:
in occasione della Conferenza di presentazione della Ricerca sulle aree a rischio ambientale tenuta a Roma il 9 gennaio 2002, furono presentati i risultati degli studi dell'Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) condotti su 15 aree a rischio di crisi ambientale e in tale sede fu accertata la devastante pericolosità delle aree a rischio di crisi ambientale;
si constata che nelle aree a rischio si ha una mortalità generale nel quinquennio 1990-1994 superiore alla media regionale nella misura di almeno 4.167 decessi rispetto all'atteso;
la situazione delineata nel 2002 si pone come base per affrontare qualsiasi discussione sulla necessità di ripristinare nelle condizioni di normalità le aree in crisi ambientale;
le aree a rischio di crisi ambientale costituiscono altresì un pesante problema per il settore agroalimentare e per gli operatori rurali. Le derrate provenienti dai territori inquinati, non possono essere destinate a nessuna tipologia d'uso o di consumo e pertanto devono essere distrutte, a scapito dei produttori che non percepiscono il reddito;
tra i 15 siti a rischio ambientale studiati dall'OMS, vi è anche l'«Area puntiforme» di Portoscuso, intendendosi per puntiforme, un'area di estensione limitata e caratterizzata dalla presenza di insediamenti industriali e produttivi localizzati. A tale area afferiscono 5 comuni, una popolazione, in percentuale sul totale provinciale, del 3,5 per cento e soggetta al fattore di rischio ambientale definito «Miniere, metallurgia, termoelettrico»;
con deliberazione della giunta della regione autonoma della Sardegna (RAS) n. 22/64, del 16 maggio 1989, fu presentata istanza per la dichiarazione di area ad elevato rischio di crisi ambientale del territorio del Sulcis-Iglesiente, costituito dai comuni di Carbonia, Gonnesa, Portoscuso, Sant'Antioco e San Giovanni Suergiu. Sulla base di tale istanza, con deliberazione del Consiglio dei Ministri, del 30 novembre 1990, il territorio del Sulcis-Iglesiente è stato dichiarato area ad elevato rischio di crisi ambientale;
ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 1993, è stato successivamente approvato il «Piano di interventi di risanamento e bonifica di carattere straordinario del territorio a rischio di crisi ambientale (Piano di Disinquinamento per il Risanamento del Territorio del Sulcis-Iglesiente)»;
a distanza di oltre 10 anni dalla data di applicazione del piano, le situazioni a rischio di crisi per l'ambiente non sono migliorate, anzi, soprattutto per il comune di Portoscuso, sono peggiorate;
dal marzo 2003 buona parte del territorio comunale di Portoscuso è compresa nel «Perimetro del sito da bonificare di interesse nazionale del Sulcis-Iglesiente-Guspinese»;
nell'ottobre del 2005 la regione Sardegna, Assessorato della difesa dell'ambiente, Servizio Atmosferico e del Suolo Gestione rifiuti e bonifiche, ha presentato lo stato d'attuazione del Piano di disinquinamento per il risanamento del territorio del Sulcis-Iglesiente. L'effettiva attuazione del Piano ha visto la realizzazione di interventi atti a ridurre l'inquinamento intervenendo sulle singole fonti causali riconosciute, programmando interventi di bonifica mirati e garantendo la messa a punto di strumenti di controllo e vigilanza;
il rapporto indica le norme che hanno preordinato gli interventi, le operazioni conseguentemente attivate, lo stato dell'arte delle misure e le rendicontazioni

delle spese in riferimento agli importi ricevuti dallo Stato e dalla Regione Sardegna. Da tale documento si evince, tra l'altro, che gli interventi previsti dal DPCM nella sua forma originaria erano 110; negli anni, il numero ed il tipo degli stessi ha subito una modifica, arrivando a 115, suddivisi fra interventi a titolarità pubblica (60, pari al 52 per cento) ed interventi a titolarità industriale (55, pari al 48 per cento);
il Piano di Disinquinamento per il Risanamento del Territorio del Sulcis-Iglesiente, attraverso i provvedimenti assunti dal Ministero dell'Ambiente e dalla Giunta Regionale, ha finanziato 32 dei 115 interventi programmati. Il DPCM prevedeva un impegno finanziario da parte dello Stato pari a 104.659.990,60 euro, di cui ad oggi è stata erogata una quota pari a 64.699.654,49 euro;
la legge 31 luglio 2002, n. 179, recante «Disposizioni in materia ambientale», ha inoltre autorizzato un finanziamento per la «Bonifica del sito di Portovesme». Lo Stato, ha dunque trasferito alla Regione la somma di 4.972.500,00 euro che, va a sommarsi alle risorse economiche del Piano di disinquinamento;
per quanto sopra detto, lo Stato ha trasferito alla Regione Sardegna dal 1993 al 2004, somme per complessivi 69.672.154,49 euro;
su tale somma, nel corso dell'attuazione degli interventi, si sono verificate delle economie di spesa. In particolare, per quanto concerne la mancata sottoscrizione di Accordi di Programma, dei tre cofinanziamenti previsti in favore di attività industriali non sono stati attuati quello relativo alla Soc. Alcoa Italia spa (ex Alumix), e quello relativo Enirisorse spa (ora Soc. Portovesme srl). Inoltre, si è avuta la mancata realizzazione di alcuni interventi programmati;
infine si evince che sono state utilizzate per spese tecniche complessivamente somme per 1.893.266 euro a fronte di 2.234.066 euro, con un'economia di 340.800 euro;
il Comitato, nelle sedute del 2004, ha provveduto a deliberare in merito all'utilizzo di tali economie nonché dalle risorse finanziarie di cui alla legge 179/2002 finanziando 5 nuovi interventi e concedendo un ulteriore finanziamento ad altri 3 già approvati in precedenza; è stato inoltre deliberato il saldo del co-finanziamento alla Società Eurallumina (progetto Sumitomo) ed approvata la rimodulazione, in favore del Comune di Sant'Antioco dell'intervento «Utilizzo acque reflue per usi industriali Sant'Antioco» di importo pari a 3.904.414,16 euro ritenuto inutile per via della chiusura dello stabilimento Sardamag;
il Comitato ha altresì autorizzato il Comune di Sant'Antioco a procedere alla progettazione di un nuovo intervento di risanamento ambientale in sostituzione di altri;
sinteticamente si riporta un prospetto aggiornato delle risorse finanziarie totali gestite dal Piano di Disinquinamento: Importo totale a disposizione del Comitato di Coordinamento (Finanziamenti Ministero Ambiente + Legge n. 179/2002) 69.672.154,49 euro; Importo totale assegnato dal Comitato ai soggetti attuatori degli interventi 65.689.777,05 euro; Spese Tecniche 2.234.066,10 euro; Residuo totale da assegnare/economie 1.748.311,34 euro;
dalla ripartizione delle risorse l'81 per cento dei finanziamenti è indirizzata ad interventi a titolarità pubblica mentre il 19 per cento è rappresentato da interventi co-finanziati;
in riferimento agli obiettivi del Piano, nel DPCM, gli interventi sono stati formulati affinché possano essere raggiunti, nel tempo, gli obiettivi di qualità relativamente ad ogni singola componente ambientale; ripristinare le caratteristiche qualitative specifiche dell'aria, dei corpi idrici e del suolo; garantire il miglioramento progressivo dello stato di qualità per le singole componenti ambientali; salvaguardare le risorse ambientali disponibili

e contribuire ad evitare il loro depauperamento, e salvaguardare le risorse paesaggistiche e naturalistiche;
dalla verifica si evince che l'unico intervento relativo alla «Riduzione delle emissioni» consiste nella realizzazione, in co-finanziamento, dell'impianto Sumitomo dell'Eurallumina, per un importo pari a 9.037.995,74 euro (14 per cento circa) e collaudato di recente;
per gli interventi volti al «Recupero e tutela della qualità dei suoli», sono stati stanziati 9.186.872,07 euro, pari al 14 per cento del totale: gli interventi sono 8, di cui 3 in corso d'esecuzione o eseguiti mentre gli altri 5 sono in corso di progettazione;
per quanto riguarda la «Riqualificazione urbana e territoriale del Polo Industriale», volta anche alla riduzione della polverosità diffusa, è stato stanziato il 23 per cento circa dei finanziamenti, per 14.997.617,58 euro per 6 interventi, di cui 3 eseguiti, 2 in corso e 1 in progettazione;
il 16 per cento circa dei finanziamenti, pari a 10.329.137,98 euro, è stato destinato a favore degli obiettivi per il «Recupero della qualità delle acque marine e costiere, bonifica delle aree umide e risanamento dei fondali contaminati», che comprende 3 interventi in fase progettuale e 2 dei quali in attesa del parere Ministeriale sui progetti di bonifica;
circa il 2 per cento dei finanziamenti, pari a 1.509.114,22 euro, è stato assegnato ai 2 interventi ricadenti nell'obiettivo per il «Risanamento della qualità delle acque superficiali razionalizzazione degli scarichi-depurazione acque», tutti e due in fase di progettazione;
circa l'1 cento, è stato assegnato alla «Razionalizzazione degli approvvigionamenti idrici» nel quale sono compresi 3 interventi, già eseguiti, per un importo pari a 944.031,34 euro;
per il «Recupero e valorizzazione paesaggistica e naturalistica» sono stati stanziati 11.281.290,55 euro, pari a circa il 17 per cento del totale, per 2 interventi approvati dal Comitato uno di questi è in fase progettuale mentre l'altro assegnato al Comune di Sant'Antioco, è in attesa di risoluzione di pendenze burocratiche;
per il «Sostegno allo sviluppo socio-economico e turistico» è stato co-finanziato con 2.169.118,98 euro (3 per cento circa) un solo intervento già eseguito;
il 3 circa è stato assegnato agli obiettivi riguardanti l'esecuzione di «Studi e ricerche», per il quale sono stati finanziati 2 interventi, già eseguiti, per un importo pari a 2.212.501,36 euro;
per la realizzazione di «Strumenti per il supporto ed il controllo del Piano», la cifra spesa è pari 4.022.097,13 euro, rappresentante il 6 circa del totale, per la realizzazione di 4 interventi, dei quali 2 totalmente realizzati, uno eseguito al 50 per cento e uno in fase di progettazione;
sempre la Regione Sardegna, Assessorato della difesa dell'ambiente, Servizio Atmosferico e del Suolo Gestione rifiuti e bonifiche, ha presentato, nel settembre 2005, il documento conoscitivo relativo allo «stato di qualità dell'ambiente» dell'Area ad Alto Rischio interessante i Comuni di Portoscuso, Gonnesa, Carbonia, San Giovanni Suergiu e Sant'Antioco;
il rapporto costituisce lo strumento fondamentale dell'aggiornamento del Piano di Disinquinamento, che comprende, oltre al predetto documento, anche la relazione sullo stato di attuazione degli interventi, nonché il quadro economico finanziario;
le informazioni raccolte hanno consentito di verificare che nell'area a rischio è in atto un complessivo miglioramento, seppure caratterizzato da una distribuzione che appare strettamente correlata con la distanza tra le sorgenti di contaminazione e le diverse aree indagate;
il risanamento sopra citato è da ascriversi principalmente agli interventi strutturali che le Aziende operanti nel

polo industriale di Portovesme hanno eseguito, e che hanno interessato la generalità degli impianti e dei processi industriali;
per quanto riguarda l'attività in capo agli Enti pubblici, occorre segnalare una generale difficoltà amministrativo-burocratica. Ulteriori problematiche dovute al mutato quadro legislativo, che ha inserito il territorio dell'area a rischio nel sito di interesse nazionale del Sulcis-Iglesiente-Guspinese, hanno reso, inoltre, più complesse le procedure autorizzative dei progetti di bonifica originariamente inseriti tra le schede di Piano;
occorre ancora registrare, purtroppo, la presenza significativa di inquinanti, tra i quali, le violazioni dei limiti di legge per So2 e polveri, caratterizzate dalla presenza di metalli pesanti (Pb, Cd e Zn) in vaste porzioni del territorio, compreso l'abitato di Portoscuso. Si segnala inoltre un perdurante e significativo inquinamento della falda acquifera interessante l'area industriale di Portovesme. Le Aziende interessate, a tal proposito, così come previsto dal Ministero dell'Ambiente, dovranno concorrere ai necessari interventi di risanamento;
già alla luce dei due rapporti del 2005 si evince che il conseguimento del risanamento non è un obiettivo di immediata attuazione. Queste circostanze potrebbero già da sole suggerire di individuare strumenti alternativi e più efficaci rispetto alle misure fino ad oggi applicate, se del caso ricorrendo a soluzioni quali l'applicazione della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e dei relativi atti esecutivi;
indagini e monitoraggi ambientali ed igienico-sanitari di iniziativa pubblica, così come molti studi redatti da privati condotti nel territorio di Portoscuso hanno evidenziato il persistere di una situazione di generale compromissione ambientale;
oltre ad essi il recente «Rapporto sullo stato di salute delle popolazioni residenti in aree interessate da poli industriali, minerari e militari della Regione Sardegna - dicembre 2005», per quanto attiene il comune di Portoscuso evidenzia situazioni di particolare criticità;
su tale territorio insistono molteplici fonti d'inquinamento, i principali rifiuti ed emissioni (gassose, particolato e liquide) degli stabilimenti industriali e degli impianti pertinenziali in genere, tra cui discariche ed aree di stoccaggio, che costituiscono altrettanti centri di pericolo, sono rappresentati da impianti industriali, tra cui, in particolare, lo Stabilimento Eurallumina S.p.A., i cui rifiuti di lavorazione sono costituiti principalmente dai cosiddetti fanghi rossi (bauxite esausta) veicolata e smaltita in una discarica dedicata sotto forma di torba. Le emissioni sono rappresentate prevalentemente da anidride solforosa (S02), ossidi di azoto, polveri; i percolati sono caratterizzati da soda caustica, arsenico, solfati, fluoruri, alluminio e ferro;
lo Stabilimento Alcoa Trasformazioni s.r.l. (ex Alumix) i cui principali rifiuti di lavorazione sono rappresentati da polveri, suole di carbone e altri rifiuti derivanti dalla demolizione delle celle elettrolitiche, scorie bianche ed incrostazioni di prima fusione, ferro, acciaio ed alluminio. Le emissioni sono costituite da polveri, fluoro, sostanze organiche e anidride solforosa (S02);
lo Stabilimento Nuova ILA (ex Nuova Comsal), i cui principali rifiuti di lavorazione sono costituiti da terre filtranti, rifiuti di materiale da costruzione e demolizione, rifiuti stabilizzati, ferro e acciaio. Le emissioni sono rappresentate da polveri e sostanze organiche volatili;
lo Stabilimento Portovesme S.r.l. (ex Enirisorse, ex Nuova Samin), i cui rifiuti sono rappresentati principalmente da oli esausti, scorie prodotte nel forno Kivcet, fanghi paraghoetite, scorie Waelz e Imperial Smalting. Le emissioni sono costituite da polveri contenenti piombo, zinco, cadmio, fluoruri, mercurio e anidride solforosa;
le Centrali elettriche ENEL, i cui principali rifiuti sono le ceneri (leggere e

pesanti) e gessi ad elevato tenore di solfati. Le emissioni sono rappresentate da anidride solforosa, ossidi di azoto e polveri;
il Bacino fanghi rossi Eurallumina, sede della discarica dei fanghi rossi in uscita dal processo di produzione dell'allumina. Trattasi di un bacino in terra di oltre 10 milioni di metri cubi (oltre ad un ampliamento in corso per ulteriori 14 milioni circa), in parte impermeabilizzato ed in parte drenante (primi 125 ha), in cui sono convogliati i fanghi rossi rifluidificati e trattati con acido solforico;
l'Impianto di trattamento acque Wahoo, ubicato in prossimità del bacino fanghi rossi, tratta le acque eccedenti di tale discarica e le scarica a mare;
la Discarica Alumix, ubicata all'interno del perimetro dello stabilimento Alcoa, ma rimasta di proprietà dell'Alumix in liquidazione, copre un'area di circa 3,0 ha, in essa fino al 1983 veniva scaricato ogni tipo di residuo di lavorazione, successivamente si procedette ad una sua gestione più razionale, attualmente sono in fase di appalto i lavori di bonifica;
la Discarica Sa Piramide, è situata a circa 200 metri a NE dell'agglomerato industriale di Portovesme. Essa è stata nei tempi pregressi (1971-1992) al servizio dello stabilimento produttivo di piombo e zinco operante nell'area industriale. Realizzata senza alcuna barriera di confinamento dei rifiuti, è attualmente oggetto di interventi di messa in sicurezza permanente, dopo che sono state rilevate perdite in falda di percolati acidi ricchi di Pb, Cd, Hg;
la Discarica ceneri ENEL, riceve i rifiuti provenienti dal processo di produzione di energia elettrica delle Centrali Enel, in passato erano stoccati nell'area di discarica posta tra la centrale ed il mare. Attualmente, rimosse le ceneri il sito è in fase di caratterizzazione;
l'Impianto di depurazione consortile, è costituito da due moduli, di cui uno finalizzato al trattamento dei reflui industriali e l'altro al trattamento dei reflui civili provenienti rispettivamente dall'agglomerato industriale di Portovesme e dall'insediamento urbano di Portoscuso. Ha attualmente una capacità media di trattamento di 300 metricubi/h;
il Deposito vasche fanghi ex Enirisorse, trattasi di un deposito temporaneo esaurito e chiuso da anni, formato da scorie di lavorazione di piombo e zinco prodotte dall'Enirisorse ed ubicato al confine tra lo stabilimento Portovesme s.r.l. ed Alcoa;
una delle più peculiari risorse produttive locali di Portoscuso erano le produzioni agricole, segnatamente quelle vitivinicole. Purtroppo, però, nel corso dei decenni, con l'aumentare dell'intrusione industriale, questo caratteristico patrimonio rurale ha subito importanti riduzioni e penalizzazioni;
complessivamente, le aree agricole hanno mantenuto la stessa estensione dal 1982, dopo la drastica contrazione del periodo 1970-1982; il numero delle aziende con coltivazioni viticole nel comune di Portoscuso passa da 243 unità (dato 1982) a 101 unità (dato 1990);
le acque della laguna sono ricche di vita, e questo richiama larve ed avannotti che si spingono in queste zone. Concessionaria regionale della Peschiera di Boi Cerbus è la Cooperativa Boi Cerbus, che pratica una pesca di tipo tradizionale. I sedimenti della laguna evidenziano sistematica contaminazione da metalli pesanti, che interferiscono con le caratteristiche soprattutto dei molluschi;
per quanto riguarda l'inquinamento dell'aria, le sorgenti emissive presenti convogliano in atmosfera una notevole quantità di sostanze quali polveri, ossidi di azoto e zolfo, derivati del fluoro, sostanze organiche, e metalli pesanti. A tal proposito, nell'area permane un diffuso inquinamento da polveri aeorodisperse e sedimentabili, contaminate prevalentemente da Pb, Cd, Hg, V e Zn, nonché da anidride solforosa, anche se è stata rilevata una diminuzione nel valore globale di

emissione di polveri in seguito a numerosi interventi di risanamento e di modifica degli impianti adottati dalle singole aziende; la situazione relativa al biossido di zolfo risulta ancora preoccupante; la presenza di polveri sedimentabili contaminate da Cd, Pb e Zn è stata sistematicamente rilevata nell'abitato di Portoscuso e sui vegetali, soprattutto se posti sotto vento rispetto ai venti dominanti, anche ad alcuni chilometri di distanza dalla sorgente primaria. In ambito residenziale le concentrazioni di Pb e Cd, rilevate nelle polveri sedimentate sulla viabilità pubblica varia da 8 a 270 volte la concentrazione massima di contaminanti per il Pb e da 11 a 220 la concentrazione massima di contaminanti per il Cd. In ambito industriale (accessibile al pubblico) le concentrazioni variano da 36 a 67 volte la concentrazione massima di contaminanti per il Pb e da 10 a 68 volte la concentrazione massima di contaminanti per il Cd;
per quanto riguarda la qualità delle acque sotterranee, la qualità delle acque di falda superficiale risulta scadente, in quanto contaminata prevalentemente da cadmio, piombo, zinco, arsenico, alluminio, ferro e fluoruri, e per pH anomalo;
con riferimento alle acque superficiali e sedimenti fluviali e lagunari, i sedimenti della Laguna di Boi Cerbus, delle aree riparie e della foce del vecchio alveo del Rio Paringianu hanno confermato l'esistenza di uno stato d'inquinamento dovuto alla presenza di Fe, Ni, Hg, Pb, As, Al, e Cr; le acque superficiali presentano una situazione meno critica, con presenza diffusa solamente di Al, Fe, Zn e Cr e fluoruri;
relativamente alle acque e sedimenti marini sulla base degli indici trofici calcolati, la qualità dell'acqua di mare risulta tra discreta e buona; concentrazioni più elevate di metalli sono state rilevate all'imbocco del porto industriale e di fronte a Punta S'Aliga; i sedimenti marini risultano complessivamente poco contaminati e, analogamente a quanto osservato per le acque, l'area più compromessa è quella prossima al porto industriale, anche se alcuni segni di contaminazione da Cd, Ni, Pb, Zn e Hg si rinvengono anche nelle zone poste più a Sud;
per quanto riguarda la qualità del suolo e sottosuolo, il territorio circostante il Polo Industriale è caratterizzato da un arricchimento in metalli pesanti esteso prevalentemente sullo strato superficiale dei terreni. In particolare, si registrano superamenti sistematici dei valori di concentrazione limite per cadmio, piombo e zinco; le analisi condotte a livello comunale confermano quanto sopra, indicando come contaminante, anche una presenza anomala di alluminio. Le concentrazioni massime di inquinanti si rinvengono in tre settori principali: l'area agricola ad Est della zona industriale e la zona agricola ubicata a Nord-Est del centro abitato di Portoscuso e a Sud dell'insediamento industriale;
riguardo alla qualità del pescato, nei molluschi e nei pesci, è stato rilevato un incremento di cadmio, mercurio, cromo, piombo, rame e zinco;
i monitoraggi sulla qualità delle derrate alimentari hanno evidenziato, relativamente a ortaggi, frutta, mosti, vini, e uva una contaminazione diffusa, con relativo superamento dei limiti previsti dal Reg. (CE) n. 466/2001, relativamente al piombo e al cadmio sui prodotti coltivati nelle aree circostanti il Polo Industriale di Portovesme, anche esternamente alla fascia di 1 km indicata come di possibile contaminazione dalla perimetrazione del sito di interesse nazionale. Non risultano monitorati altri inquinanti emessi dalle industrie, quali le diossine. Tale situazione risulta più evidente lungo le direttrici dei venti dominanti, fino ad alcuni chilometri sottovento dal Polo Industriale;
i risultati delle analisi effettuate sul terreno evidenziano che il comune di Portoscuso, è quello più colpito dall'inquinamento. L'analisi dei dati relativi alle produzioni ortofrutticole e più in generale a quelle vegetali evidenziano che, nonostante l'assunzione di limiti di riferimento relativamente

alti e poco conservativi in termini di tutela igienico-sanitaria, l'inquinamento di tali produzioni è diffuso e di rilevante entità, sia per il piombo sia per il cadmio;
i dati concernenti il mosto evidenziano una situazione grave su tutto il territorio sia per il piombo (più diffuso), sia per il cadmio, nonostante il limite di riferimento relativamente alto adottato per il cadmio. I dati riguardanti le uve ed il mosto evidenziano una situazione di contaminazione grave e diffusa, sia da Pb che da Cd, che interessa un territorio di superficie sovracomunale;
particolare rilievo riveste la situazione del comparto agroalimentare, le attività produttive presenti nel Polo industriale di Portovesme, hanno generato e generano condizioni di criticità ambientale anche a carico di aree esterne all'agglomerato industriale. Indipendentemente dal fatto che le singole emissioni avvengano nel rispetto dei limiti normativi, la loro concentrazione e persistenza genera un flusso emissivo tale da condizionare non solo l'area industriale, ma anche il territorio circostante, ed in particolar modo quelle parti maggiormente esposte ai venti dominanti. Tra queste, le aree agricole hanno risentito e risentono in maggior misura delle conseguenze delle emissioni industriali, con particolare riguardo ai metalli pesanti. Tali interferenze si sono manifestate, con la contaminazione dei suoli, e soprattutto con la contaminazione diretta delle coltivazioni e delle derrate alimentari;
le conseguenze sono state il progressivo abbandono delle coltivazioni agrarie; la limitazione al consumo di alcune derrate alimentari prodotte nelle aree più critiche; il rischio alimentare derivante dal consumo di derrate contaminate;
dall'abbandono dei terreni e degli impianti è derivata la perdita di valori fondiari, di occupazione e di reddito, la perdita di attività produttive alternative o complementari all'industria, in grado di porsi quali ammortizzatori sociali nei periodi di crisi;
per limitare il rischio igienico-sanitario conseguente al consumo di derrate alimentari contaminate, da oltre un decennio, i comuni di Portoscuso, San Giovanni Suergiu e Carbonia, su sollecitazione dell'Assessorato Regionale alla Sanità, assumono periodicamente provvedimenti amministrativi volti a limitare il consumo e la commercializzazione di uve e vini contaminati, che di fatto non risolvono il problema;
queste forme di prevenzione rappresentano interventi d'emergenza, non reiterabili all'infinito, che necessitano di essere seguiti da interventi strutturali in grado di risolvere il problema in via definitiva. La situazione attuale non consente la convivenza dell'attività industriale con quella agricola tradizionale, almeno in molte aree circostanti l'agglomerato industriale;
questa situazione impone l'adozione di interventi urgenti per il ripristino ambientale. In tal senso il Comune di Portoscuso dovrebbe dotarsi al più presto di uno Strumento di valutazione ed indirizzo, in particolare di un «Piano per il superamento della situazione di criticità ambientale», di seguito denominato «Piano», che gli consenta di assumere, con piena cognizione di causa, le future decisioni in merito agli atti amministrativi ed alle politiche igienico-sanitarie, ambientali, industriali e socio-economiche a cui è quotidianamente chiamato. Detto Piano dovrebbe perseguire soprattutto l'obiettivo di favorire il ritorno delle risorse naturali e dei servizi danneggiati alle condizioni originarie, l'eliminazione di qualsiasi rischio di effetti nocivi per la salute umana e per l'integrità ambientale;
in tali circostanze, il Piano sarebbe diretto al conseguimento dei seguenti obiettivi direttivi:
a) identificare le linee guida dello sviluppo e dell'uso sostenibile del territorio;
b) verificare la compatibilità della pianificazione territoriale ed urbanistica

prevista dagli strumenti vigenti con il quadro ambientale ed igienico-sanitario esistente ed atteso;
c)individuare gli usi compatibili del territorio per aree omogenee;
d) individuare le azioni da intraprendere ed i soggetti da coinvolgere;
e)valutare le sinergie con i «progetti a finalità ambientale» in corso e previsti;
f) prevedere i costi ed i tempi delle azioni proposte;
il Piano, ai fini del conseguimento dei propri obiettivi, dovrebbe prevedere l'adozione di una specifica Valutazione Ambientale Strategica (VAS), diretta in particolare alla:
a) caratterizzazione ambientale del territorio, necessaria alla definizione del quadro conoscitivo ambientale comunale. Detta caratterizzazione costituirebbe il complesso delle informazioni necessarie per la valutazione della qualità ambientale del territorio, delle criticità e dei processi evolutivi che lo caratterizzano, nonché il riferimento indispensabile per la definizione degli obiettivi e dei contenuti di Piano e per le valutazioni della sua sostenibilità;
b) valutazione della coerenza dello stato di fatto con le indicazioni emergenti dagli strumenti di pianificazione;
c) individuazione delle linee strategiche di sviluppo e riconversione territoriale ambientalmente sostenibili, attraverso l'eliminazione e la riduzione a valori accettabili dei rischi per la salute pubblica; il miglioramento della qualità ambientale del territorio comunale; l'incremento e diversificazione occupazionale; la tutela del patrimonio di naturalità, estesa in particolar modo al complesso dell'agroecotessuto;
d) definizione di ambiti territoriali omogenei e delle destinazioni d'uso compatibili. Sulla base delle caratteristiche ambientali attuali ed attese, in seguito agli interventi di bonifica, di messa in sicurezza del territorio e di ottimizzazione ambientale dei processi produttivi, dovrebbero essere individuati, per ambiti omogenei, gli usi compatibili e le azioni eventualmente necessarie per renderli tali. Per ciascun ambito devrebbero essere definiti parametri o limiti quantitativi in grado di garantire uno sviluppo sostenibile;
e) definizione delle misure idonee ad evitare o ridurre gli effetti negativi delle criticità ambientali sugli habitat di particolare pregio naturalistico e sulle aree sensibili;
f) definizione di una specifica disciplina d'uso per le aree limitrofe alle zone industriali o contaminate;
g) analisi dei progetti a valenza ambientale in corso e previsti, al fine di valutarne la compatibilità, le eventuali sinergie e la possibilità di coordinamento con le azioni previste dal Piano;
h) individuazione dei criteri giuridici ed economici di applicazione delle misure di «perequazione» e «compensazione», presumibilmente necessarie per la dismissione e la conversione delle attività produttive, degli insediamenti e delle proprietà fondiarie in zone critiche;
i) individuazione delle azioni e delle iniziative che l'Amministrazione Comunale, o altri Enti sopraordinati possono attivare a titolo di azioni dirette (progetti) e di azioni indirette (atti amministrativi prescrittivi e pianificatori);
l) definizione degli indici e dei parametri di monitoraggio e valutazione del Piano;
per risolvere questa emergenza e per salvaguardare l'esistenza di un indispensabile settore rurale nel territorio di Portoscuso, si dovrebbero assumere decisioni pertinenti e prendere provvedimenti urgenti volti a rimuovere le situazioni di pericolo e ad assicurare l'indispensabile sostegno economico ai soggetti titolari delle attività produttive agricole e zootecniche danneggiate dall'inquinamento, se

del caso avvalendosi della collaborazione di Enti di speciale competenza in materia, tra cui l'Istituto superiore di sanità, l'Agenzia regionale per la protezione ambientale, dell'Istituto zooprofilattico sperimentale, delle Università e degli Enti di ricerca territorialmente competenti, nonché delle strutture amministrative e tecniche della regione Sardegna;
il superamento dell'emergenza agricola è un tema inderogabile;
l'agricoltura rappresenta per il territorio un settore produttivo tradizionale in grado di prevenire il degrado del territorio conseguente all'abbandono, e se condotta con criteri razionali, di generare occupazione e reddito, anche a fronte di investimenti relativamente contenuti. Al Piano sopra indicato spetterebbe pertanto la previsione di iniziative adeguate per tutelarla e promuoverne lo sviluppo;
il Piano, a tal fine, dovrebbe prevedere una o più delle seguenti azioni:
a) una revisione/puntualizzazione dello strumento urbanistico comunale, che preveda limitazioni all'uso agricolo (anche hobbistico e per autoconsumo) nelle aree maggiormente esposte alle immissioni contaminanti, attraverso la costituzione di «servitù industriali»;
b) la pianificazione e riorganizzazione dell'attività agro-forestale verso indirizzi produttivi quali la selvicoltura produttiva e protettiva, le coltivazioni no food, le coltivazioni protette;
c) la rilocalizzazione di coltivazioni tradizionali, in aree a basso rischio di contaminazione;
gli interventi volti all'attuazione delle misure di tutela e rilancio dell'agricoltura dovrebbero essere distribuiti sul territorio tenendo conto dell'ubicazione delle aree rispetto ai centri abitati, alla viabilità esistente, alle sorgenti emissive, del loro grado di accorpamento e della vocazione agricola (colture praticate). In tal senso essi potrebbero essere conformati alle seguenti misure:
a) sviluppo della selvicoltura. La selvicoltura in senso lato rappresenta l'alternativa produttiva ed ambientale più idonea per recuperare alcune aree a vocazione agricola attualmente dismesse o ubicate in zone incompatibili con coltivazioni destinate all'alimentazione. In questo contesto territoriale ed ambientale, le piante arboree, in funzione delle diverse forme di coltivazione, impiego e destinazione, possono esplicare una funzione economica comunque importante. La coltivazione arborea potrebbe essere rivolta alla selvicoltura produttiva, al vivaismo di piante forestali ed ornamentali, alla protezione di altre colture e del territorio (barriere frangivento per la mitigazione dell'impatto ad effetto progressivo, in grado di recuperare progressivamente nel tempo agli usi tradizionali i terreni esposti a contaminazione primaria e secondaria) ed al miglioramento della qualità dell'aria (assorbimento di carbonio);
b) rilocalizzazione di vigneti tradizionali in aree compatibili. A fronte delle criticità evidenziate, parallelamente al reimpianto dei vigneti nelle stesse aree con forme di allevamento non tradizionali, potrebbe essere prevista la rilocalizzazione dei vigneti dalle aree critiche ad aree ambientalmente compatibili, mantenendo invariata la forma di allevamento;
va precisato che il buon esito di queste misure sarà subordinato all'efficacia di un'azione di informazione e di sensibilizzazione verso i proprietari dei terreni interessati, verso i conduttori di aziende agricole e verso la collettività in generale, al fine di acquisire il necessario consenso;
la soluzione più efficace per ripristinare la sicurezza ambientale, sanitaria e sociale del territorio di Portoscuso e dei comuni limitrofi con equivalenti criticità, sarebbe l'inserimento dell'area nell'ambito dei siti di interesse nazionale da bonificare, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, recante «Nuovi interventi in campo ambientale»;

è necessario, nelle more di iniziative di ampia portata e di natura esclusivamente statale, fare fronte senza frapporre indugi alle criticità che interessano il comune di Portoscuso e dei comuni ad esso circostanti. In tali circostanze, tenuto conto che le competenze sia normative, sia amministrative, sono diversificate, sarebbe appropriato far ricorso ad un procedimento operativo che le contemperi e ne concerti efficacemente l'esplicazione;
un tale procedimento potrebbe basarsi sull'applicazione dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 recante «Istituzione del servizio nazionale della protezione civile», allo scopo creando le condizioni giuridiche per deliberare lo stato di emergenza nell'area di Portoscuso, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi, e conseguentemente, anche sulla base dei provvedimenti adottati in occasione di un'analoga situazione di crisi socio-economico-ambientale, verificatasi nel corso del 2005 nel territorio tra le province di Roma e di Frosinone, adottare i pertinenti decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, secondo le compatibilità e le competenze allo scopo previste;

impegna il Governo:

ad intraprendere tutte le occorrenti iniziative che siano capaci di permettere la realizzazione di interventi di bonifica e di ripristino ambientale del territorio del comune di Portoscuso e di quelli confinanti che versano in situazioni di criticità analoghe, in tal senso valutando la necessità di inserire le predette aree tra i siti di interesse nazionale da bonificare di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 426 e successive modificazioni;
a valutare l'opportunità di attivare le procedure amministrative tramite cui, avviando una pertinente concertazione con la regione Sardegna, si possa conseguire l'applicazione della legge 24 febbraio 1992, n. 225, segnatamente l'articolo 5, deliberando lo stato di emergenza con potere di ordinanza e conseguentemente adottare i pertinenti decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, volti, tra l'altro, alla concessione di aiuti in favore degli agricoltori e al sostegno di iniziative per la tutela dei comparti agroalimentari, nonché alla nomina di un Commissario delegato per il superamento dell'emergenza derivante dalla situazione di criticità ambientale, se del caso facendo in modo che tale Commissario, ai fini del superamento dell'emergenza, adotti uno strumento operativo che faccia proprie le finalità ed i criteri applicativi indicati nel «Piano per il superamento della situazione di criticità ambientale», allo scopo riportato in premessa.
(7-00050) «Lion, Camillo Piazza».

La VIII Commissione,
premesso che:
la salvaguardia di Venezia e della sua laguna rappresenta un rilevante interesse nazionale;
il progetto delle opere per la regolazione delle maree ha una storia di lungo corso, dal momento che le prime leggi speciali risalgono alla prima metà degli anni '70, nell'ambito delle iniziative per la difesa di Venezia e della laguna dalle acque alte, seguite all'alluvione del 4 novembre 1966;
il progetto dell'opera Mose è il frutto di decenni di studi e comparazioni tra progetti alternativi;
i governi succedutisi nel tempo hanno sempre sostenuto la realizzazione del Mose, anche sulla base dei ripetuti pareri del Collegio di esperti internazionali, incaricati dal primo Governo Prodi di esaminare tutti gli studi, verificarne l'attendibilità e vagliare l'adeguatezza della soluzione progettuale prescelta, nonché la compatibilità ambientale dell'opera;
il Governo Amato ha, con delibera 15 marzo 2001, definitivamente dato il via alle attività progettuali ed esecutive;

il Comitato ex articolo 4 della legge 798/84 (cosiddetto «Comitatone») si è positivamente pronunciato in ordine allo sviluppo delle attività;
in ossequio a quanto previsto dall'articolo 3, comma 4, della legge 139/92 il Comitato ex articolo 4 della legge 798/84 ha acquisito i pareri della regione Veneto e dei comuni di Venezia, Chioggia e Cavallino-Tre Porti e conseguentemente ha deliberato in data 3 aprile 2003 che si procedesse allo sviluppo della progettazione esecutiva e alla realizzazione delle opere per stralci;
la magistratura amministrativa si è definitivamente pronunciata in ordine alla legittimità dell'iter approvativo del progetto e, pertanto, relativamente a tutti gli atti amministrativi adottati nel corso della lunga procedura autorizzativa, ivi compresa la compatibilità ambientale dell'intervento (sentenze Tar Veneto 2480-2481-2482-2483/2004 e Consiglio di Stato 1152/2004);
il costo del sistema Mose per la difesa di Venezia e della laguna dalle acque alte è pari a 4.271 milioni di euro;
le leggi finanziarie precedentemente emanate hanno finanziato il sistema Mose con 112 milioni di euro;
la prima Delibera CIPE del novembre 2002 ha finanziato l'opera con 450 milioni di euro;
la seconda Delibera CIPE del dicembre 2004 ha finanziato l'opera per 638 milioni di euro;
la terza Delibera CIPE del marzo 2006 ha finanziato l'opera con 380 milioni di euro;
il totale dei finanziamenti ammonta a 1.580 milioni di euro, di cui impegnati e spesi 1.167 milioni di euro;
l'avanzamento è del 25 per cento e l'occupazione diretta delle tre bocche è attualmente di circa 700 persone;
considerato che:
il progetto dell'opera Mose è il frutto di una concertazione tra i soggetti istituzionali coinvolti nella salvaguardia di Venezia;
il Comune di Venezia in data 1o aprile 2003 ha reso il parere previsto dall'articolo 3, comma 4, della legge 139/92 esprimendosi favorevolmente sulla prosecuzione dell'esecuzione dei lavori;
in sede di «Comitatone» in data 20 luglio 2006 i Comuni di Chioggia e Cavallino hanno raccomandato di evitare l'interruzione dei lavori che potesse provocare il differimento dell'esecuzione delle opere;
il «Comitatone» nel luglio 2006 ha precisato che le opere devono procedere e che le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto esprimersi in merito alle alternative proposte dal Comune di Venezia,

impegna il Governo

a porre in essere ogni atto di sua competenza finalizzato a sostenere l'avanzamento dei lavori dell'opera Mose e ad escludere la possibilità che eventuali modifiche formali e sostanziali (anche minime) del progetto della suddetta opera comportino l'inevitabile conseguenza di sospenderne i lavori di esecuzione, mettendo a repentaglio la sicurezza della città di Venezia.
(7-00049) «Picano».