Allegato B
Seduta n. 37 del 19/9/2006

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UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'università e della ricerca, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il comma 2-ter dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 398 del 1997 - introdotto nel 2001 - riduce ad un anno la durata della Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali (in seguito S.S.P.L.) per i laureati quinquennali in giurisprudenza del cosiddetto nuovo ordinamento, anche alla luce dell'aggravio di un anno del loro percorso accademico rispetto ai laureati quadriennali del cosiddetto vecchio ordinamento;
la medesima norma riserva ai Ministri in indirizzo la competenza di emanare un regolamento per adeguare l'ordinamento didattico delle S.S.P.L. alla durata annuale;
i primi studenti di giurisprudenza rientrati nel nuovo ordinamento hanno affrontato e solo attualmente ultimato il cammino quinquennale maturando il legittimo affidamento nella durata annuale della successiva specializzazione già perentoriamente prescritta dalla legge, fra l'altro incoraggiati dalle corali conferme sul punto fornite dagli atenei nelle guide dello studente di anno in anno pubblicate;
il diploma di specializzazione per le professioni legali è oramai requisito necessario per l'accesso ai concorsi da uditore ai sensi dell'articolo 124 del regio decreto n. 12 del 1941 così come recentemente modificato;
negli oltre cinque anni di tempo a disposizione non è ancora stato adottato il menzionato regolamento per adeguare l'ordinamento didattico delle S.S.P.L. alla durata annuale, fermo restando che il testo di legge vigente in materia pare configurare tale atto secondario come insuscettibile di paralizzare l'operatività della riduzione ad un anno;
il comma 1 dell'articolo 7 del decreto ministeriale n. 537 del 1999, dettato - anche per ragioni temporali - con riferimento ai laureati quadriennali con il vecchio ordinamento, stabilisce per le S.S.P.L. una durata biennale «non suscettibile di abbreviazioni»;
le S.S.P.L., erroneamente disconoscendo l'autoapplicatività della disposizione di legge sulla durata annuale, in difetto di un provvedimento dell'Esecutivo prospettano un percorso biennale anche per i laureati quinquennali, specie in ragione della loro irrilevanza numerica a fronte di una platea di laureati quadriennali con il vecchio ordinamento tuttora maggioritaria, e prevedono che la durata annuale entrerà in vigore dall'esercizio 2007-2008, a vantaggio dei soli laureati quinquennali che più avranno tergiversato nel completamento degli studi;
il dottor Matteo Moretti di Genova ha promosso una petizione sul punto fra i laureati quinquennali in giurisprudenza con il nuovo ordinamento delle università degli studi di Genova e del Piemonte orientale, che in data 7 agosto 2006 è stata regolarmente trasmessa - in molteplici copie - al ministero dell'università, al ministero della giustizia e alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nel tentativo di sensibilizzare il Governo al problema -:
quali siano le intenzioni dei Ministri competenti in ordine all'oggetto dell'interpellanza, ed in particolare, se i Ministri in indirizzo ritengano di dare tempestiva attuazione al comma 2-ter dell'articolo 16

del decreto legislativo n. 398 del 1997, facendo in modo che i laureati in giurisprudenza più tempestivi nel compimento del corso universitario nel quinquennio previsto dal nuovo ordinamento possano accedere alla specializzazione annuale già a partire dall'esercizio 2006-2007, anche con riguardo al legittimo affidamento da essi maturato in relazione a tale durata.
(2-00127) «Turco».

Interrogazioni a risposta scritta:

CAPEZZONE. - Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali. - Per sapere - premesso che:
alcune agenzie di stampa, il giorno 7 settembre u.s. hanno dato notizia dell'avvenuta presentazione, in data 27 aprile 2006 alla procura della Repubblica di Potenza, di un esposto-denuncia da parte della professoressa Albina Colella, Ordinario di Geologia presso Università della Basilicata (Unibas);
in tale documento l'estensore illustrava alle autorità competenti fatti e comportamenti - taluni dei quali potrebbero configurarsi anche come ipotesi di reato - avvenuti in seno all'Università di Basilicata, che qualificherebbero l'ateneo come «sede di illegalità diffusa e di sprechi miliardari di denaro pubblico»;
la vicenda avrebbe avuto inizio quando la regione Basilicata, Dip. Attività Produttive, Servizio Ricerca Scientifica, nel periodo 1994-99 e in due trienni, finanziò - tra gli altri - 22 progetti all'Università della Basilicata nell'ambito del programma POP-FESR 1994-99, Misura 9.14 (ex 5.4)-Ricerca, Sviluppo e Innovazione;
la regione Basilicata dispose, in conformità alle norme europee, che il soggetto attuatore (dipartimenti dell'Unibas cui afferivano i docenti responsabili scientifici dei progetti) dovesse realizzare l'intervento entro 24 mesi dalla data della determinazione dirigenziale di concessione del finanziamento, come specificato nelle determinazioni stesse e nei bandi regionali dei progetti (Bollettino Ufficiale della regione Basilicata);
la regione stabilì, conformemente alle tassative disposizioni comunitarie, che qualora «il soggetto attuatore non realizzi il progetto entro il termine fissato, per responsabilità imputabili allo stesso, il finanziamento è revocato, e pertanto dovranno essere restituite tutte le somme anticipate, maggiorate degli interessi legali». La revoca del finanziamento avrebbe comportato danni alla regione Basilicata in merito ad ulteriori assegnazioni di fondi comunitari e anche danni all'erario, come già evidenziato nella nota della R.B. n. 24261/PC del 14 dicembre 1999;
la regione Basilicata dispose che: 1) saranno liquidati all'inizio del progetto il 25 per cento dell'importo concesso, e ulteriori acconti fino al 95 per cento, previa trasmissione di rendiconti intermedi delle spese effettuate, firmati dal responsabile del progetto, cui saranno allegate le fatture di acquisto o altra idonea documentazione giustificativa; 2) i versamenti degli acconti saranno effettuati dalla regione Basilicata presso i dipartimenti cui afferiscono i responsabili scientifici dei progetti, non oltre due mesi dopo la presentazione della documentazione succitata; 3) il 5 per cento a saldo sarà erogato ad ultimazione della ricerca, ad avvenuta presentazione della scheda "A" (monitoraggio economico) e "Scheda di Progetto", compilate e firmate dal responsabile del progetto, nonché di un rapporto finale relativo ai risultati della ricerca e dopo il collaudo del progetto di ricerca da parte di un accertatore dell'Ufficio Monitoraggio Economico-Finanziario e Ricerca della regione Basilicata. Tale collaudo avviene a seguito dell'accertamento della spesa tramite il controllo dei documenti contabili giustificativi della spesa, delle attrezzature acquistate e tramite la verifica del raggiungimento degli obiettivi e dei risultati scientifici raggiunti»;
per consentire ai progetti di avviarsi, l'Unibas nel 1994-99 dovette concedere

delle anticipazioni ai dipartimenti (e ai docenti responsabili dei progetti), stornandoli da altri capitoli di spesa del bilancio di Ateneo, e quindi sottraendoli alle attività istituzionali dell'intera comunità accademica lucana. Queste anticipazioni avrebbero dovuto essere restituite all'Ateneo non oltre 2 mesi dopo la trasmissione alla regione Basilicata delle rendicontazioni contabili intermedie da parte dei responsabili scientifici, del loro accertamento da parte della regione stessa, e del pagamento del corrispettivo accertato inviato ai dipartimenti di afferenza dei responsabili scientifici. L'ultimo 5 per cento avrebbe dovuto essere restituito all'Ateneo lucano dopo il collaudo finale dei progetti, previo accertamento della certificazione della spesa e dei risultati scientifici;
l'ultimazione della ricerca era fissata per il dicembre 1998 per i progetti POP del 1o triennio, e per il settembre 2001 per quelli del 2o triennio. Nella delibera del Consiglio di Amministrazione dell'Unibas della seduta del 17 febbraio 2004 (approvata il 19 febbraio 2004), si documenta tuttavia al 31 dicembre 2003 una situazione debitoria di 7 dipartimenti nei confronti del bilancio di Ateneo per mancata restituzione di anticipazioni concesse per progetti europei nel periodo 1995-1999 per un importo complessivo di euro 1.982.306,75. La situazione debitoria persisteva anche alla fine del 2004, e sembra anche successivamente. In tale delibera si dichiara, inoltre, che l'andamento delle restituzioni dei dipartimenti è diversificato, e che alcuni dipartimenti destano seria preoccupazione circa le reali possibilità di restituire i propri debiti nei confronti del bilancio di Ateneo;
a quanto risulta all'interrogante, all'inizio del 2005, il consiglio di amministrazione dell'università della Basilicata non è stato in grado di approvare il bilancio annuale secondo i termini previsti dalla legge, costringendo l'Ateneo ad un periodo di esercizio provvisorio. L'intervento tempestivo della regione Basilicata ha messo temporaneamente fine a questo problema;
i motivi dei ritardi nella restituzione delle anticipazioni erogate paiono essere legati a fatti gravi, ovvero al mancato collaudo da parte della regione Basilicata dei progetti finanziati entro i termini previsti: ciò poteva avvenire o per problemi di rendicontazione contabile o per risultati scientifici inadeguati al finanziamento ricevuto. Parallelamente, gli uffici della regione Basilicata non sembra abbiano applicato a questi progetti le severe sanzioni europee previste ed è stato concesso ad alcuni di loro di concludersi contabilmente ben oltre i 24 mesi, contravvenendo alle tassative scadenze della rendicontazione contabile disposte dall'UE;
la responsabilità di tali mancati tempestivi collaudi sembra doversi imputare interamente ai docenti responsabili dei progetti, visto che a seguito di una interrogazione consiliare regionale nel luglio 2004, il consigliere Di Sanza dichiarava: «Se l'Università non è capace di spendere i fondi ricevuti dalla regione Basilicata, non è qualificata a spendere dei soldi, ed ecco perché il governo nazionale non gli dà finanziamenti»;
esistono precise norme in merito al controllo della gestione dei fondi europei: esso è decentrato agli Stati membri, ed è attestato all'autorità di gestione (Dip. Presidenza della giunta regionale, regione Basilicata) e ad una autorità di controllo che hanno il dovere di intervenire. «A norma dell'articolo 39, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1260/1999, gli stati membri effettuano rettifiche finanziarie connesse con irregolarità isolate e sistemiche, procedendo alla soppressione totale o parziale del contributo comunitario»;
la regione Basilicata e l'Università della Basilicata hanno omesso di dare risposte dettagliate a richieste pubbliche di chiarimenti fatte sulla stampa e a seguito di una interrogazione in consiglio regionale, nonostante l'UE sancisca il principio della trasparenza dei flussi finanziari. Per giunta, il mancato tempestivo rientro dei fondi anticipati dall'Unibas, ha arrecato gravi danni all'attività istituzionale della

comunità accademica e studentesca lucana per mancanza di liquidità -:
se il Ministero dell'università e della ricerca e il Ministro per gli affari regionali e per le autonomie locali siano a conoscenza di tali fatti;
se si intenda verificare perché l'amministrazione dell'Università della Basilicata non abbia preso i necessari provvedimenti nei confronti dei docenti responsabili dei progetti non collaudati nei termini previsti, che hanno impedito il rientro tempestivo nelle casse dell'Ateneo dei fondi anticipati e che, vista la disastrosa situazione finanziaria che ha portato all'esercizio provvisorio 2005, hanno causato per mancanza di liquidità danni alle attività istituzionali della comunità accademica e agli studenti lucani che nulla avevano a che fare con questi progetti.
(4-00923)

EVANGELISTI. - Al Ministro dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in seguito all'approvazione dell'articolo 1-septies del decreto-legge n. 250 del 2005 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2006 - riguardante peraltro materia del tutto estranea alla fattispecie che si andava a normare -, ci troviamo oggi nella situazione in cui una legge dello Stato, tuttora in vigore, equipara due diplomi di laurea come quello in scienze motorie e quello in fisioterapia, previa frequenza di un non meglio specificato «idoneo corso su paziente» da istituirsi presso le università con decreto ministeriale;
pertanto, una legge dello Stato dispone che una professione non sanitaria, dunque, sia trasformata in sanitaria grazie all'attestato di frequenza di un corso su paziente;
l'equipollenza stabilita dalla disposizione appena citata attribuisce il medesimo valore legale a titoli di studio conseguiti a conclusione di percorsi formativi radicalmente diversi. Infatti, mentre per il conseguimento del diploma di laurea in fisioterapia è previsto un esame finale con valore abilitante alla professione, non esiste stessa previsione per il conseguimento della laurea in scienze motorie;
inoltre, la laurea in scienze motorie non è una laurea sanitaria, non è soggetta ad alcun vincolo di programmazione, ha un ordinamento didattico che è sovrapponibile per crediti formativi a quello in fisioterapia, al massimo, per il 15 per cento;
tra l'altro si potrebbe ipotizzare un contrasto tra la succitata norma e l'articolo 33 della Costituzione che, per l'abilitazione all'esercizio delle professioni, prevede il superamento di un apposito esame di stato;
peraltro, l'ambito, le modalità ed i limiti di questa nuova disposizione legislativa non sono stati in alcun modo chiariti dal legislatore, ma si è proceduto alla creazione di un mostro normativo grazie al quale, alla fine di due corsi di laurea affini ma molto diversi tra loro, sì può accedere a quelli che sono peculiari ambiti delle professioni sanitarie;
infatti, il corso di laurea in fisioterapia abilita all'esercizio di una professione sanitaria, mentre al laureato in scienze motorie è espressamente preclusa, dall'articolo 2 comma 7 del decreto legislativo n. 178 del 1998, istitutivo della laurea stessa, la possibilità di svolgere attività di tipo sanitario ed assistenziale riservata, appunto, alle professioni sanitarie e pertanto è da escludersi che il diploma di laurea in questione possa abilitare all'esercizio delle attività professionali sanitarie di competenza dei laureati in medicina e chirurgia e del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione;
in seguito all'approvazione di questa norma, l'articolo 1-septies del decreto-legge n. 250 del 2005 convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2006, si sono levati dissensi molto preoccupanti

non solo dalle organizzazioni che si occupano della tutela della salute del cittadino - che denunciano il rischio per le qualità e la sicurezza delle, prestazioni sanitarie - ma anche da parte del mondo scientifico accademico che da tempo ormai richiama il legislatore sulla necessità che, sia la formazione, che, soprattutto, l'ambito dell'applicazione dell'area delle scienze motorie, non abbiano margini di sovrapposizione con l'area sanitaria, da cui si distingue per la regolamentazione dell'accesso ai corsi di studio su base nazionale, per la definizione «sanitaria» dei profili professionali che risultano dai corsi di studio e per il raggiungimento delle caratteristiche proprie della professione attraverso particolari tirocini pratici -:
se il Ministro non ritenga opportuno di farsi portatore di una iniziativa legislativa volta all'eliminazione dall'ordinamento di questa fattispecie di equipollenza che l'interrogante giudica pericolosa.
(4-00949)