Allegato B
Seduta n. 37 del 19/9/2006

TESTO AGGIORNATO AL 20 SETTEMBRE 2006

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DIFESA

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere - premesso che:
il voto Parlamentare del luglio scorso relativo al rifinanziamento delle missioni militari italiane all'estero vincolava strettamente i compiti operativi dei nostri militari in Afghanistan al peace keeping e al nation building a Kabul e Herat, escludendo invece la possibilità di un invio di forze militari italiane nel sud dell'Afghanistan;
nel mese di agosto in un incontro ufficiale, nell'ambito del viaggio che una delegazione delle commissioni Difesa di Camera e Senato hanno compiuto nelle città di Kabul e Herat, il generale Abdul Rhaim Wardak, ministro della difesa afghana ha affermato: «Siamo contenti che le forze italiane prenderanno parte all'operazione Isaf nel sud dell'Afghanistan e dopo quattro mesi prenderanno il comando di quella regione»;
successivamente, come emerso dalle notizie di stampa, Fabrizio Castagnetti ex comandante del Comando vertice interforze di stanza in Afghanistan, ha smentito categoricamente la seconda parte delle dichiarazioni di Wardak, cioè quella sul comando: per il generale Castagnetti «è stato sicuramente un errore». Ma non ha smentito l'ipotesi che militari italiani possano essere impiegati nelle regioni «calde»;
un ulteriore smentita, a seguito delle numerose polemiche, perveniva dal Ministro della difesa per il quale la natura della missione italiana non cambiava;
negli stessi giorni «fonti militari», così come è stato riportato da alcuni quotidiani nazionali, affermavano: «succederà che ci chiedano di usare le truppe speciali, e non si potrà dire di no: militari del 9o incursori Col Moschin, del 185o della Folgore, incursori del Comsubin della Marina militare dovranno essere disponibili per eventuali missioni "delicate" anche nelle zone più roventi. Perché gli alleati della missione Isaf hanno già accolto con scarso entusiasmo l'indisponibilità a nuovi impegni.»;
sul Corriere della Sera di mercoledì 6 settembre 2006 si legge una dichiarazione del Ministro della difesa Arturo Parisi: «Abbiamo rafforzato la capacità operatìva del nostro contingente a Kabul e a Herat con la presenza di truppe speciali», «I comandanti possono disporre di ogni aliquota della forza internazionale per soccorrere reparti o sostenere azioni di emergenza assoluta. Abbiamo previsto la possibilità che determinati reparti del nostro contingente possano essere impiegati in zone diverse dall'ovest del Paese ma solo in situazioni straordinarie: in questi casi i comandanti devono chiedere autorizzazione al governo che si è impegnato a dare una risposta entro 72 ore». Evidenziando

così la possibilità di poter utilizzare i nostri militari fuori dai limiti territoriali e funzionali fissati dal Parlamento, riprendendo quindi le dichiarazioni fatte durante le polemiche scatenate dalle affermazione del ministro della difesa afghano;
in una nota del Ministero della difesa del 6 settembre si fa presente che, «a seguito di una domanda il ministro si è limitato a ripetere le parole già riportate in occasione dell'approvazione nel quadro del decreto di rifinanziamento delle missioni precisando che la presenza di unità definite speciali attiene alla loro capacità operativa e non all'esistenza di un mandato speciale...» -:
quale sia, nell'ambito territoriale e funzionale determinato dai compiti di peace keeping e nation building stabiliti dal Parlamento per il nostro contingente, il ruolo dei reparti speciali;
se siano stati formalmente stabiliti, e se si in quale sede politico istituzionale o militare, i margini di diversa utilizzabilità di questi reparti;
se non ritenga che in questo modo una parte della funzione della forza militare italiana possa sfuggire dallo svolgimento dei compiti che il Parlamento ha stabilito.
(2-00121) «Deiana, Cannavò, Duranti».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:

RAO, BEZZI, BRUGGER, ZELLER, WIDMANN e NICCO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
a seguito della radicale riforma del servizio militare, dal 1o gennaio 2005 la leva obbligatoria è stata sospesa, pertanto l'istituto dell'obiezione di coscienza per il servizio civile alternativo ha perso molto del suo significato iniziale;
per altre forme regolamentate di obiezione di coscienza, come l'interruzione volontaria di gravidanza e le sperimentazioni sugli animali, la legge ammette mutamenti di opinione, mentre ciò non è consentito a coloro che hanno optato per il servizio civile sostitutivo a 18 anni e si trovano vincolati ad una scelta irrevocabile che li discrimina per tutta la vita rispetto agli altri cittadini;
il Consiglio di Stato si è pronunciato sull'argomento con due distinti pareri: nel 2003, ha ritenuto che l'obiezione di coscienza fosse «un diritto soggettivo rimesso alla piena disponibilità del titolare», quindi ha ammesso la revoca di status per coloro che ne facevano richiesta sia al momento dell'opzione, sia dopo l'ammissione al servizio civile; nel 2004 invece ha negato la revoca di status a coloro che ne facevano richiesta dopo il congedo;
l'Ufficio Nazionale del Servizio Civile, in sede di applicazione della norma, ha concesso e negato le revoche ai cittadini che avevano già completato il servizio civile secondo gli interroganti in modo del tutto arbitrario, creando così evidenti situazioni discriminatorie;
i divieti generalizzati di cui all'articolo 15, commi 6 e 7, della legge n. 230 del 1998, che sono peraltro irrevocabili in base alla legislazione vigente e al parere del Consiglio di Stato n. 10425 del 28 settembre 2004, comportano serie limitazioni al diritto al lavoro per circa 800.000 cittadini che hanno prestato il servizio civile sostitutivo e che non possono accedere a professioni come, ad esempio, l'agente di polizia municipale o locale, il direttore di aziende produttrici di airbag, il guardaparco, inoltre non possono partecipare a sport olimpici come il biathlon e il tiro a segno -:
se il Governo intenda rimuovere la disparità di trattamento che si è determinata in seguito alle procedure attivate dall'Ufficio nazionale per il Servizio Civile, tra coloro che nel 2004 hanno richiesto e ottenuto la revoca dello status di obiettore sia durante la prestazione del servizio civile che dopo molto tempo dal congedo, e coloro ai quali dal 2005 in poi tale

revoca è stata negata nonostante si trovassero nella stessa condizione di coloro ai quali la revoca è stata concessa;
se il Governo intenda affrontare il problema dell'obiezione di coscienza, prevedendo limitazioni temporali ai vincoli di cui all'articolo 15, comma 6 e 7, della legge 230 del 1998, correggendo la legislazione vigente che, come formulata, non consente l'espressione di un mutamento di opinione costituzionalmente garantito.
(5-00186)

DE ZULUETA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla notizia recentemente apparsa sulla stampa nazionale in merito al mancato indennizzo dovuto agli oltre 10.000 militari gravemente infortunati dal 1969 ad oggi e ai familiari dei militari deceduti appartenenti al personale volontario, di carriera. Gli indennizzi, previsti dalle leggi 308/81 e 280/91, sarebberostati elargiti solo al personale di leva deceduto e non ad alcuni militari facenti parte del personale volontario di carriera gravemente infortunati per possibile contaminazione da uranio impoverito (Valery Melis, Fabio Porru, Giovanni Pilloni);
se così come riportato dalla stampa, ciò sarebbe avvenuto a causa della mancanza di una virgola nel testo di legge 280/91 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. La mancanza di una virgola avrebbe infatti accorpato due voci riguardanti i destinatari e cioè gli allievi delle scuole e collegi militari e i militari volontari e trattenuti. Ciò sarebbe in contrasto con lo stesso titolo della legge 280/91 che prevede che gli indennizzi siano «in favore dei militari di leva e di carriera appartenenti alle forze armate ai corpi armati e ai corpi militarmente ordinati, infortunati o caduti durante il periodo di servizio, e loro superstiti»;
come si sia potuto verificare il grave fatto della non elargizione degli indennizzi dal 1969 (che da anni suscita proteste delle associazioni delle vittime) se:
a) il Consiglio di Stato ha stabilito in un documento del 1993, relativo a un chiarimento richiesto dai Vigili del fuoco, che l'indennizzo spettava sia al personale ausiliario (di leva) che a quello di carriera (in servizio permanente);
b) che lo stesso Consiglio di Stato nel 1998 aveva precisato che l'accorpamento sopra citato era da intendersi come un palese errore e che quindi anche per equità in base all'articolo 3 della Costituzione doveva essere incluso negli indennizzi anche il personale volontario/di carriera infortunato;
c) la prima Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati aveva chiarito con un documento del 12 gennaio del 2000 che l'accorpamento era un ovvio errore e che anche in base a quanto stabilito dall'articolo 3 della Costituzione gli indennizzi competevano anche al personale volontario di carriera -:
se il numero indicativo di 10.000 militari italiani, che sono stati privati dell'indennizzo, riguarda solo il personale delle forze armate (esercito, marina, aeronautica, carabinieri) oppure riguarda anche il personale della guardia di finanza, della polizia di Stato, della polizia penitenziaria, del corpo dei forestali e dei vigili del fuoco;
quale sia la lista degli «aventi diritto» a tali indennizzi in modo che sia possibile assicurare nel minor tempo possibile gli indennizzi loro dovuti.
(5-00187)

LIONELLO COSENTINO e PAPINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - Premesso che:
l'articolo 40 del decreto legislativo n. 490 del 1997 prevedeva, nell'impianto originario, che le promozioni «straordinarie», ovvero quelle derivanti da accoglimento di ricorso giurisdizionale o di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, comportassero il riassorbimento dell'eccedenza organica con il collocamento in aspettativa per riduzione quadri (A.R.Q.) del controinteressato;
lo stesso comma 4, dopo le integrazioni introdotte con Decreto Legislativo del 28 giugno 2000, n. 216, è stato modificato per prevedere il riassorbimento dell'eventuale eccedenza determinata dalla promozione, al verificarsi della 1a vacanza organica successiva al 1o luglio dell'anno dell'avvenuta promozione dell'interessato, e comunque entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui viene rinnovato il giudizio (e non già con il collocamento in A.R.Q. del controinteressato);
l'applicazione della norma, così modificata, mentre si armonizza bene con le dinamiche di avanzamento che hanno cadenza annuale (generalità dei casi), crea disparità di trattamento per i (pochi) casi che prevedono l'apertura ciclica del quadro di avanzamento (e quindi promozioni «cicliche»). Ciò in quanto la dinamica di avanzamento ciclica non si armonizza con l'applicazione tout-court dell'A.R.Q. su base annuale;
il collocamento in A.R.Q., così come contemplato dalla norma attuale (post D.Lgs. 216/00), va a colpire proprio coloro che a seguito di ricorso giurisdizionale, o di ricorso straordinario, hanno ottenuto la promozione «in soprannumero», lasciando indenni coloro che a suo tempo promossi - ma controinteressati - avrebbero dovuto essere spinti in A.R.Q. secondo la norma originaria (ante D.Lgs 216/00);
allo stato, quindi, i diretti interessati dal giudicato amministrativo non appaiono tutelati dell'esito favorevole del giudizio, in quanto ad essi non vengono ripristinate le legittime aspettative di impiego, bensì «soltanto» il riconoscimento del grado per l'arco temporale di un anno, indipendentemente dai limiti di età e dalla dinamica di avanzamento (cioè indipendentemente dal ciclo delle promozioni e dalle aperture del quadro);
è necessario sanare questa situazione, per motivi di equità e per evitare ulteriore contenzioso;
la norma non influisce sul quadro organico, né comporta oneri aggiuntivi -:
se intenda porre rimedio a questa situazione, anche con una iniziativa normativa, idonea ad integrare quella vigente in modo che al comma 4 dell'articolo 40 del decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, modificato con l'articolo 20 del decreto legislativo 28 giugno 2000, n. 216, sia aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per i quadri organici ad apertura ciclica la posizione soprannumeraria eccedente viene riassorbita entro il 30 giugno dell'anno in cui si apre il quadro».
(5-00188)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCHIRRU. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
viste le notizie apparse sulla stampa, relative ad un'ipotesi di riorganizzazione del Poligono Interforze del Salto di Quirra, che dovrebbe prevedere la costituzione di

una società mista (Newco) partecipata tra Ministero della Difesa e soggetti privati per l'esecuzione di servizi svolti in precedenza dall'amministrazione e da imprese e la consistente, quanto preoccupante, riduzione del personale militare - da 790 a 400 unità - e civile;
considerata la sempre fattiva collaborazione tra Poligono e Amministrazioni locali, il co-uso del territorio con il mantenimento di attività produttive/occupazionali (pastorizia, agricoltura, ecc.) che permettono di pensare ad un modello di sviluppo del Poligono condiviso dalle comunità locali, rispondente alle esigenze della Difesa, delle popolazioni e alla salvaguardia dell'occupazione;
quale fondamento abbiano queste informazioni e a quale livello sia giunta l'interlocuzione tra Governo e Giunta della Regione Sardegna in materia di demanio e Servitù Militari -:
se si siano create le condizioni per un accordo politico tra Governo e Giunta della Regione Sardegna per la realizzazione di programmi per lo sviluppo del Poligono Interforze del Salto di Quirra in tutte le sue potenzialità come centro sperimentale in ambito militare e civile.
(4-00946)

OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
le recenti dichiarazioni del Ministro interrogato sulla missione dei nostri militari in Afghanistan, secondo cui i reparti delle «Truppe speciali» potranno intervenire per eventuali interventi militari armati in alcune aree del Paese, soltanto a seguito di un'autorizzazione del Governo, che si impegna a rispondere positivamente oppure negativamente entro 72 ore, dimostrano l'inquietante scenario a cui i nostri militari sono costretti ad operare nelle delicate operazioni internazionali;
tali affermazioni che l'interrogante giudica grottesche, costituiscono pertanto fonte di preoccupazione e di pericolo per i militari impegnati non solo in Afghanistan, in quanto aspettare 72 ore per ricevere risposte dal Governo per operazioni sul campo, significa mettere a rischio la vita dei nostri soldati;
se la stessa logica operativa secondo l'interrogante, burocratica e cervellotica verrà utilizzata per i nostri militari italiani inviati per la missione in Libano, lo scenario che si prospetta anche in questa regione del medio oriente, non potrà che essere di estrema serietà e di difficoltà nel proseguimento della missione -:
se non intenda riferire in Parlamento, per illustrare urgentemente quali siano le modalità delle operazioni militari ad alto rischio in aree del medio Oriente così delicate e pericolose per la vita dei nostri militari;
seconseguentemente alle discutibili dichiarazioni del Ministro interpellato, le modalità operative dei nostri soldati impegnati negli altri scenari internazionali, in caso di situazioni ove siano necessari eventuali ricorsi armati sul campo, siano analoghe a quanto affermato dall'interrogato Ministro.
(4-00971)

PORCU. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in Sardegna, da 50 anni, a Perdasdefogu (provincia dell'Ogliastra) si trova il poligono interforze più grande d'Europa (dipendente dal Centro sperimentale di Pratica di Mare, Roma), lì sono concentrate importantissime attività strategiche e logistiche legate anche all'utilizzo di avanzatissime tecnologie sui missili e sui vettori, cui fanno riferimento le forze Nato. Si tratta quindi di una struttura moderna e all'avanguardia: un sito fondamentale della nostra difesa ed in generale del sistema Italia;
nella struttura di Perdasdefogu, opera personale altamente specializzato dell'Esercito, dell'Aeronautica e della Marina e un contingente di lavoratori civili

per un totale di circa 900 unità, cui va sommato il numero di quanti lavorano nell'indotto;
il poligono sardo pare sia interessato da un progetto di riconversione che prevederebbe il passaggio della gestione dagli Enti militari, ad un soggetto societario pubblico-privato, partecipato dal Ministero della Difesa e da aziende operanti nel settore dei sistemi d'arma;
la realizzazione di tale progetto comporterebbe il dimezzamento delle unità lavorative sia militari che civili, attualmente impiegate nella struttura. Questa ipotesi ha fortemente allarmato le categorie interessate i sindacati e le amministrazioni locali per le negative e inaccettabili implicazioni sul piano occupazionale;
detto chiarimento, è quanto mai opportuno, da un lato, per disattivare l'ennesimo allarme sulla presenza militare dello Stato in Sardegna - che va rilanciata e non smantellata - e dall'altro per mitigare la forte preoccupazione alimentata in molte occasioni e con scarso senso di responsabilità istituzionale, dalla stessa Amministrazione regionale sarda sulla presenza delle basi militari -:
quali urgenti atti, intenda porre in essere per chiarire nella maniera più trasparente e celere possibile i contenuti del progetto di riconversione del poligono, con particolare attenzione alla salvaguardia degli attuali livelli occupazionali.
(4-00972)

AMENDOLA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il precedente Governo di centrodestra, nell'esercizio di una legge delega di riforma dell'intero Ministero della difesa, ha soppresso con decorrenza dal 31 dicembre 2005 su disposizione del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito il Centro Militare di Medicina Legale con sede a Catanzaro;
la struttura, nonostante negli ultimi anni abbia dovuto misurarsi con una costante ed evidente riduzione di organico - quantificabile in oltre il 50 per cento di personale civile ed in oltre il 65 per cento di personale militare - ha raggiunto brillanti risultati in termini di espletamento dei servizi. Un dato largamente positivo rispetto ad altre analoghe strutture militari ed in special modo per quanto attiene la percentuale di pratiche definite rispetto a quelle ricevute;
dal 31 dicembre 2005 e fino al prossimo 30 settembre 2006 è in funzione presso la stessa struttura calabrese un Nucleo Stralcio con l'esclusivo compito di smaltire le pratiche arretrate dell'ex CMML;
il CMML di Catanzaro aveva un bacino d'utenza vastissimo che comprendeva una popolazione di circa 2 milioni e mezzo di persone in una regione che ospita già ben tre reggimenti mentre un quarto sarà a breve istituito a Cutro (KR);
a giudizio dell'interrogante, la sua inopinata soppressione sta comportando gravissimi disagi per quanti hanno e stanno servendo la Patria (militari, corpi militari e di polizia, civili della difesa, eccetera) che per le problematiche medico-legali connesse al loro servizio sono costretti a recarsi presso altre strutture situate però, a molte centinaia di chilometri: Messina, Caserta, Bari, Palermo;
dal provvedimento è stata stralciata la sede di Messina con gravissima preclusione per la Calabria e per la sede di Catanzaro;
secondo l'interrogante, le scelte adottate appaiono assai poco razionali tanto è vero che a fronte della soppressione del CMML di Catanzaro in Sicilia, invece, vengono mantenuti ben tre enti sanitari militari;
Catanzaro, inoltre, risulta ancora maggiormente penalizzata in quanto è stata esclusa dalla mappa dei Centri di Selezione del servizio volontario di leva, malgrado il rilevante interesse come testimoniato dagli oltre 5.000 giovani che nel 2005 hanno sottoscritto tale ferma e dalle

domande pervenute al Distretto Militare di Catanzaro che alla data del 30 luglio 2006 erano già oltre 3.000 -:
se, a fronte di tale quadro generale, non ritenga quanto mai urgente ed opportuno provvedere alla modifica più razionale del decreto legislativo del passato Governo Berlusconi provvedendo in primo luogo alla revoca della soppressione del CMML di Catanzaro, proceduto nell'immediato dalla proroga del funzionamento dell'attuale Nucleo Stralcio ed, ancora, dall'istituzione del Centro di Selezione del servizio volontario di leva per la regione Calabria.
(4-00978)