Allegato B
Seduta n. 29 del 20/7/2006

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

HOLZMANN. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa del 17 luglio 2006 (Corriere della Sera, La Repubblica; Il Giornale) informano circa il trasferimento ad altre sedi dell'intera linea di comando della Guardia di finanza operante nel territorio della regione Lombardia;
secondo le stesse fonti, tre dei quattro Ufficiali delle Fiamme Gialle saranno destinati ad altri incarichi e trasferiti in altre sedi regionali;
secondo il Corriere della Sera «I trasferimenti sono stati decisi dopo contatti e consultazioni con il neo viceministro dell'economia»;
gli Ufficiali interessati sono i responsabili delle più importanti inchieste condotte dalla Procura di Milano in ambito finanziario, in particolare i casi Unipol, Antonveneta, scalata Rcs e Parmalat;
da indiscrezioni giornalistiche si apprende, poi, che il procuratore di Milano, Manlio Minale, avrebbe inviato al Comando generale della Guardia di finanza una lettera con la raccomandazione che gli spostamenti non abbiano ripercussioni sul lavoro della Procura, dal momento che gli Ufficiali hanno rappresentato in questi anni il braccio operativo della magistratura milanese;
malgrado la nota diffusa dalle Fiamme Gialle in cui si precisa che «è stato avviato nei loro confronti, ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge n. 241 del 1990, il previsto procedimento amministrativo per un eventuale successivo impiego», dissendendo con quanto affermato alla stampa dal viceministro all'economia Vincenzo Visco, a parere dell'interrogante, si è di fronte comunque a un trasferimento annunciato -:
se rientri nella normale prassi procedurale che si attui un contemporaneo trasferimento di una intera linea di comando;
se detta operazione non determini un preoccupante arretramento alle indagini in corso di cui i succitati ufficiali erano titolari, non ultimo il cosiddetto caso Unipol;
se non si ritenga che, per far piena luce sui grandi scandali finanziari degli ultimi anni, vi sia la necessità di dare continuità alle indagini anche attraverso la revoca dei trasferimenti.
(4-00644)

TOMASELLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche europee. - Per sapere - premesso che:
all'interrogante risulta che le imprese operanti nel settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili affrontano quotidiane difficoltà, malgrado l'emanazione del decreto legislativo n. 387/03 con cui, tra l'altro, si intendeva dare certezze sugli strumenti di incentivazione;
nel paese sono sorte centrali di produzione alimentate da biomasse liquide (oli vegetali);
è noto agli interrogati che le produzioni energetiche da fonti rinnovabili sono

incentivate con meccanismi di aiuti che garantiscono agli investitori determinati prezzi nelle vendite per circa otto anni;
a livello comunitario queste energie sono assistite da aiuti molto simili a quelli previsti per l'ambiente e la sua salvaguardia. Non da ultimo, lo Stato, così come l'Unione europea, ha aderito al Protocollo di Kyoto, dando esecuzione alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici;
a tutti i livelli, anche internazionali, si è ormai consapevoli della necessità di perseguire uno sviluppo sostenibile, aiutando le produzioni di energia pulita che assicuri un progressivo affrancamento dalla dipendenza dalle fonti convenzionali e i consequenziali effetti negativi delle crisi petrolifere;
su tali considerazioni si fondano le agevolazioni note come «Cip 6» e «certificati verdi»;
altrettanto nota agli interrogati è la necessità di tali incentivazioni, affinché si possa consentire di sopperire alle difficoltà operative delle produzioni di energia verde e la relativa minore remunerazione degli investimenti;
già prima degli Accordi di Kyoto, in Italia si puntava a sostenere la realizzazione delle centrali alimentati da fonti rinnovabili col meccanismo dell'aiuto noto come «Cip 6» (deliberazione Comitato interministeriale prezzi che fissava il prezzo di acquisto dell'energia verde per otto anni da parte dell'Enel);
col decreto «Bersani», si è puntato alla liberalizzazione del mercato elettrico, favorendo peraltro la concorrenza nella produzione, sicuri degli indiretti vantaggi che ne conseguirebbero, ed ancora la produzione di energie alternative beneficiarie del cosiddetto certificato verde (il consumatore pagherà un quid sui prezzi del kilowattora per assicurare attraverso la remunerazione dei certificati verdi la realizzazione di altre centrali di produzione da fonti rinnovabili);
è noto, inoltre, che a livello comunitario si è avvertita la necessità di ristrutturare il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità: con la direttiva 2003/96/CE si è previsto, all'articolo 14, che gli Stati membri esentino i prodotti energetici utilizzati per produrre elettricità;
l'Unione europea ha, cioè, previsto di esentare da tasse gli utilizzi dei prodotti energetici impiegati per produrre elettricità a causa della grave situazione energetica dell'intero spazio economico europeo e per favorire lo sviluppo di produzioni energetiche comunitarie, riconoscendo agli Stati membri la potestà impositiva per scoraggiare le produzioni energetiche rischiose per l'ambiente;
risulta all'interrogante che, nelle more del recepimento della direttiva 2003/96/CE (il cui verificarsi non avrebbe dovuto tardare oltre il 31 dicembre 2003), le locali autorità fiscali interpretano l'articolo 21 del testo unico sulle accise, approvato con decreto legislativo n. 504 del 1995, come una norma che autorizza l'imposizione di una accisa per gli oli vegetali utilizzati per produrre energia elettrica;
a ciò si perverrebbe, secondo tali autorità, dalla lettura del comma 5 di detto articolo che rappresenta una norma aperta e utile per assoggettare alla medesima tassazione qualsiasi altro combustibile equivalente (anche se diverso dagli idrocarburi per la cui tassazione fu emanato il decreto legislativo n. 504 del 1995);
dalla presa di posizione delle citate autorità fiscali è scaturito, ed è tuttora in corso, un contenzioso per il prelievo di dette accise, ritenute indebite dagli operatori rispetto alla previsione del citato articolo 14 della direttiva;
risulta all'interrogante che per effetto della denuncia inoltrata alla Commissione UE da parte di alcuni operatori del settore, la stessa Commissione ha deciso di citare lo Stato italiano innanzi alla Corte di giustizia per il mancato recepimento nei termini della direttiva 2003/96/CE (Causa C-360/05);

malgrado con la legge 18 aprile 2005, n. 62, il Parlamento abbia conferito delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2003/96/CE, il precedente Governo non ha proceduto ad esercitarla;
secondo l'interrogante il ritardato adempimento del Governo e l'eventuale pronuncia della Corte di giustizia potrà comportare la condanna per lo Stato italiano ed inoltre l'irrogazione di sanzioni pecuniarie, con l'aggiunta di una mora giornaliera, con gravi conseguenze erariali per lo Stato -:
se i Ministri interrogati intendono, ciascuno per la propria competenza, intervenire, ed in quali tempi, con gli opportuni provvedimenti per il più celere recepimento della direttiva 2003/96/CE.
(4-00646)

LION. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il comma 1-sexies, dell'articolo 5, del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 2, così come modificato dalla legge di conversione, la legge 11 marzo 2006, n. 81, prevede che in via sperimentale per l'anno 2006 agli imprenditori ittici esercenti attività di pesca marittima di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226, si applichi il regime previsto dall'articolo 34, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni (Iva del settore agricolo);
la disposizione prevede altresì che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, emani il decreto di cui all'articolo 34 del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, stabilendo le percentuali di compensazione, per un onere complessivo massimo determinato nei limiti di 12 milioni di euro per l'anno 2006, a valere sulle disponibilità previste dal Piano nazionale della pesca marittima di cui all'articolo 1, comma 1, della legge n. 267 del 1991. Per dare attuazione alla presente previsione, l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1, della legge n. 267 del 1991 per l'anno 2006 è stata conseguentemente aumentata di 10 milioni di euro;
all'interrogante risulterebbe che la disposizione riguardante la compensazione dell'Iva nel settore della pesca, allo scopo equiparata a quella del sistema agricolo ai sensi del decreto legge n. 2/2006 nel testo consolidato, ad oggi, dopo che sono trascorsi quasi quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 81/2006, quindi ben più dei trenta giorni che il decreto-legge prevede, non sia neppure stato predisposto a livello di documento di lavoro o di bozza di decreto;
la misura di cui trattasi è di estrema rilevanza per il nostro settore della pesca e sarebbe auspicabile che il Governo ne facesse un punto prioritario e della massima urgenza nell'ambito del suo programma di lavoro che deve realizzare entro il corrente mese di luglio -:
se non intenda adottare con la massima urgenza gli opportuni provvedimenti che sono necessari per dare attuazione alla misura di agevolazione dell'Iva per il settore della pesca, come in tal senso previsto dal comma 1-sexies dell'articolo 5 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006, n. 81.
(4-00652)