Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Disposizioni in materia di ordinamento giudiziario - Schede di lettura
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 74
Data: 31/05/2007
Descrittori:
ORDINAMENTO GIUDIZIARIO     
Organi della Camera: II-Giustizia
Altri riferimenti:
AS n. 1447/XV     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

SERVIZIO STUDI

 

 

 

 

Documentazione e ricerche

 

 

 

Disposizioni in materia di ordinamento giudiziario

Schede di lettura

 

 

 

 

 

n. 74

 

 

31 maggio 2007

 


Il presente dossier, composto da due volumi, contiene documentazione utile all'esame del provvedimento governativo di riforma dell'ordinamento giudiziario, originariamente presentato alla Camera dei deputati (A.C. 2428) ) e da questa successivamente restituito al Governo per essere ripresentato al Senato (A.S. 1447).

In particolare, il primo volume (n. 75) raccoglie una sintetica descrizione:

Ø      della legge n.150 del 2005, recante la Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza, della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico ("Riforma Castelli");

Ø      dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega prevista della citata legge n. 150 del 2005;

Ø      della legge n. 269 del 2006, recantela sospensione dell'efficacia nonchè modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario.

Ø      del disegno di legge A.S. 1447, recante la riforma dell'ordinamento giudiziario ("Riforma Mastella");

Il primo volume raccoglie, altresì, un estratto dei principali riferimenti normativi riguardanti l'ordinamento giudiziario, ed il testo a fronte tra norme che si intendono modificare e le relative proposte di modifica.

 

Il secondo volume (n. 75/1) contiene, invece, il quadro completo dei riferimenti normativi attinenti alla riforma dell’ordinamento giudiziario.

 

Dipartimento giustizia

SIWEB

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: gi0133.doc


INDICE

Schede di lettura

Quadro normativo  3

§      La riforma “Castelli” dell’ordinamento giudiziario  3

§      La legge 269 del 2006, recante la sospensione e la modifica di talune disposizioni delle riforma Castelli52

Contenuto del disegno di legge  59

§      Articolo 1 (Modifiche al capo I del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160)59

§      Articolo 2 (Modifiche agli articoli da 10 a 55 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160)74

§      Articolo 3 (Modifiche al decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26)93

§      Articolo 4 (Modifiche al decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25)101

§      Articolo 5 (Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240)111

§      Articolo 6 (Disposizioni varie)117

§      Articolo 7 (Delega per l’emanazione di un codice delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di ordinamento giudiziario ordinario e militare)132

§      Art. 8. (Norma di copertura)  e Art. 9. (Entrata in vigore)137

Testi a fronte  139

§      Il d.lgs. n. 160 del 2006 coordinato con le modifiche previste dall’art. 1 del disegno di legge del Governo  139

§      Il d.lgs. n. 160 del 2006 coordinato con le modifiche previste dall’art. 2 del disegno di legge del Governo  151

§      Il d.lgs. n. 26 del 2006 coordinato con le modifiche previste dall’art. 3 del disegno di legge del Governo  195

§      Il d.lgs. n. 25 del 2006 coordinato con le modifiche previste dall’art. 4 del disegno di legge del Governo  215

§      Il d.lgs. n. 240 del 2006 coordinato con le modifiche previste dall’art. 5 del disegno di legge del Governo  231

§      Il R.D. n. 12 del 1941 coordinato con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo  240

§      Il R.D.lgs. n. 511 del 1946 coordinato con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo  260

§      La legge n. 195 del 1958 coordinata con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo  261

§      Il D.P.R. n. 916 del 1958 coordinato con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo  265

§      Il D.P.R. n. 752 del 1976 coordinato con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo  266

§      La legge n. 180 del 1981 coordinata con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo  267

§      La legge n. 133 del 1998 coordinata con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo  270

§      Il d.lgs. n. 300 del 1999 coordinato con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo  271

§      La legge n. 48 del 2001 coordinata con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo  272

§      Il d.lgs. n. 109 del 2006 coordinato con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo  275

§      L. 25 luglio 2005, n. 150. Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza, della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico.306

§      D.Lgs. 27 gennaio 2006, n. 25. Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera c), della L. 25 luglio 2005, n. 150.354

§      D.Lgs. 30 gennaio 2006, n. 26. Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della L. 25 luglio 2005, n. 150.364

§      D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109. Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonchè modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera f), della L. 25 luglio 2005, n. 150.379

§      D.Lgs. 5 aprile 2006, n. 160. Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonchè in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 25 luglio 2005, n. 150.401

§      D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 240. Individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari nonchè decentramento su base regionale di talune competenze del Ministero della giustizia, a norma degli articoli 1, comma 1, lettera a), e 2, comma 1, lettere s) e t) e 12, della L. 25 luglio 2005, n. 150.438

§      L. 24 ottobre 2006, n. 269. Sospensione dell'efficacia nonchè modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario.448

Disegno di legge

§      A.S. 1447, (Governo), Riforma dell’ordinamento giudiziario  455

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo

La riforma “Castelli” dell’ordinamento giudiziario

La legge 25 luglio 2005, n. 150,[1]approvata a conclusione di un lungo iter parlamentare, ha modificato profondamente la disciplina dell’ordinamento giudiziario recata dal regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, prevedendo, al riguardo, 14 deleghe al Governo ed una serie di norme direttamente applicabili.

Le linee generali della legge delega hanno investito gran parte dei principali aspetti dell’Ordinamento giudiziario, tra i quali il reclutamento e la formazione iniziale dei magistrati, i controlli di professionalità successivi e la formazione permanente, la composizione e i poteri dei consigli giudiziari, il ruolo della Corte di cassazione, l’ufficio del pubblico ministero e le relazioni fra esercizio di funzioni giudicanti e requirenti.

In relazione alla citata delega si segnala che nel corso della XIV legislatura sono stati adottati 10 dei 14 decreti legislativi previsti dalla citata legge n. 150 del 2005. Di questi, alcuni sono stati successivamente modificati con la legge la legge 24 ottobre 2006, n. 269, mentre l’articolo 1, comma 1, della medesima legge ha sospeso, fino alla data del 31 luglio 2007, l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 160/2006 (Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonchè in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 25 luglio 2005, n. 150)[2].

Le linee generali della legge delega

Le principali novità introdotte dalla legge delega hanno riguardato:

 

§         La disciplina transitoria per il conferimento degli uffici direttivi di legittimità e di merito (articolo 2, comma 10 della legge 150/2005): vengono stabiliti criteri per il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità e di merito nelle more della entrata in vigore del complessivo sistema di progressione in carriera dettato dalla riforma. Il sistema prevede che le funzioni direttive di legittimità non possano essere conferite a magistrati che al momento della pubblicazione della vacanza del posto abbiano già compiuto i 68 anni di età e che, analogamente, non possano essere conferite funzioni direttive di merito a magistrati che, alla stessa data, abbiano compiuto i 66 anni di età; sulla base della citata delega è stato emanato il decreto legislativo 16 gennaio 2006, n. 20 (per la relativa analisi, cfr. successivo paragrafo);

 

§         la definizione di nuove regole per l’accesso e la progressione in carriera (articolo 1, comma 1, lettera a), e 2, comma 1, lettere da a) ad r) della legge 150/2005); in particolare viene previsto:

 

-   un unico concorso sia per le funzioni giudicanti che per quelle requirenti, il candidato, tuttavia all’atto della presentazione della domanda dovrà indicare la propria preferenza per una delle due funzioni;

-   il passaggio dall’una all’altra funzione può avvenire soltanto entro il 5° anno dall’ingresso in magistratura, altrimenti la scelta fatta diviene irreversibile;

-   la progressione economica, di norma automatica e legata all’anzianità di servizio, può tuttavia essere accelerata attraverso il superamento di specifici concorsi o ritardata per coloro che, non avendo effettuato i suddetti concorsi, non ottengono l’idoneità da parte del CSM in alcune verifiche obbligatorie;

-   ferma restando la facoltà del magistrato di svolgere per tutta la  carriera funzioni di primo grado – essendo in tal caso sottoposto a periodiche valutazioni di professionalità da parte del CSM -  lo svolgimento delle ulteriori funzioni – di 2° grado, di legittimità, semidirettive, direttive e direttive superiori di legittimità – viene subordinato al superamento di una serie di concorsi per titoli ed esami – o per soli titoli -  che sostanzialmente concretanoi meccanismi di controllo di professionalità successivi all’entrata nel corpo. Per disciplinare nel dettaglio questi aspetti è stato quindi emanato il decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160[3](per la relativa analisi, cfr. successivo paragrafo);

 

§         l’istituzione della Scuola della magistratura (articolo 1, comma 1, lettera b) e 2, comma 2 della legge 150/2005): si tratta di un ente autonomo composto da rappresentanti della magistratura, dell’avvocatura, del mondo universitario ed da un rappresentante nominato dal Ministro della giustizia; essa inoltre si avvale di personale nell’organico del Ministero della giustizia o comandato da altre amministrazioni. La Scuola ha il compito di gestire il tirocinio degli uditori giudiziari e la formazione e l’aggiornamento professionale dei magistrati nel corso della carriera; ad essa inoltre spettano, in linea con i compiti attribuiti in tema di formazione permanente, compiti di valutazione ai fini della progressione in carriera dei magistrati. Del giudizio finale della Scuola il CSM, dovrà, infatti, tener conto ai fini delle valutazioni di sua competenza. Il decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, emanato in attuazione dei principi di delega contemplati dai sopra riportati articoli, ha poi previsto l’articolazione della scuola in tre sedi: una per i distretti dell’Italia settentrionale, una per i distretti dell’Italia centrale, una per i distretti dell’Italia meridionale[4] (per la relativa analisi, cfr. successivo paragrafo);

 

§         l’introduzione di alcune modifiche per quanto attiene ai Consigli giudiziari (articolo 1, comma 1, lettera c) e 2, comma 3 della legge 150/2005).

Si prevede, in particolare, l’istituzione di un Consiglio direttivo della Corte di cassazione al quale spettano le valutazioni sui magistrati che esercitano funzioni di legittimità e viene riformata la composizione dei Consigli giudiziari con l’introduzione di due rappresentanti delle regioni distrettualmente competenti. Viene inoltre attuato un decentramento dei Consigli su base territoriale.

In attuazione della citata delega è stato emanato il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 (per la relativa analisi, cfr. successivo paragrafo);

 

§         la riforma dell’ufficio del pubblico ministero (articolo 1, comma 1, lettera d) e 2, comma 4 della legge 150/2005).

La disciplina dell’attività di tale ufficio viene maggiormente “gerarchizzata”, attraverso un rafforzamento del ruolo e della funzione del procuratore capo. Quest’ultimo, infatti, ha la titolarità esclusiva dell’azione penale, ferma restando la facoltà di delega ai procuratori aggiunti per la trattazione di affari specificamente indicati. E’ inoltre il procuratore capo ad esercitare poteri organizzativi e gestionali relativi all’andamento del suo ufficio, ad avere la competenza esclusiva dei rapporti con i mezzi di informazione e a dare l’assenso scritto a tutte le richieste di misure cautelari personali o reali, salve le ipotesi di arresto, fermo o sequestro.

La delega è stata esercitata con l’emanazione del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 (per la relativa analisi, cfr. successivo paragrafo);

 

§         la modifica dei criteri riguardanti la designazione di magistrati di merito allo svolgimento delle proprie funzioni presso la Corte di cassazione (articolo 1, comma 1, lettera e) e 2, comma 5 della legge 150/2005). Nel rivedere la pianta organica della Corte di Cassazione il legislatore delegante ha inteso destinare all’esercizio delle funzioni di legittimità solo magistrati ai quali il Consiglio superiore abbia conferito tali specifiche funzioni, eliminando, quindi, la possibilità che esse siano attribuite a magistrati di merito con provvedimenti dei Capi della procura generale e della Corte stessa. Viene inoltre potenziato l’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione attraverso l’incremento della dotazione organica di magistrati di tribunale destinati a tale funzione.

Sulla base di tale delega è stato poi emanato il decreto legislativo 23 gennaio 2006, n. 24 (per la relativa analisi, cfr. successivo paragrafo);

 

§         gli illeciti dei magistrati ed il procedimento disciplinare per l’applicazione delle relative sanzioni (articolo 1, comma 1, lettera f) e 2, commi 6 e 7 della legge 150/2005).

Al riguardo, si provvede ad una tipizzazione delle condotte costituenti illecito disciplinare del magistrato, distinte a seconda che siano commesse nell’esercizio delle funzioni, fuori dall’esercizio delle funzioni o che siano conseguenti alla commissione di un reato e si definiscono, inoltre, le relative sanzioni applicabili. Viene anche riformato il procedimento disciplinare per i magistrati con la previsione dell’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione per il procuratore generale della Corte di cassazione (azione che rimane facoltativa per il Ministro della giustizia) ed è altresì, stabilita l’applicabilità al procedimento disciplinare delle disposizioni del nuovo codice di procedura penale. Viene anche modificata la disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d’ufficio.

Le due deleghe sono state esercitata con l’emanazione deldecreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 (per la relativa analisi, cfr. successivo paragrafo);

 

§         il decentramento del Ministero della giustizia (articolo 1, comma 1, lettera a) e 2, comma 12 della legge 150/2005). Vengono dettate norme relative, da un lato, all’individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari, dall’altro al decentramento sul territorio di alcune funzioni relative all’organizzazione dei servizi giudiziari del Ministero della Giustizia. Per quanto attiene al primo dei due aspetti, pur riconoscendo al magistrato capo la titolarità e la rappresentanza dell’ufficio giudiziario, nonché l’amministrazione del personale di magistratura e l’organizzazione del lavoro giudiziario, viene riconosciuto e valorizzato il ruolo del dirigente amministrativo dell’ufficio. In tale ottica presso i più grandi distretti di Corte di appello (Roma, Milano, Napoli e Palermo) si prevede l’istituzione dell’ufficio del “direttore tecnico” , organo di livello dirigenziale generale, con funzioni di organizzazione e gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali relative al complesso dei servizi tecnici ed amministrativi degli uffici giudiziari del distretto. Quanto al secondo dei due aspetti vengono istituite le direzioni regionali ed interregionali dell’organizzazione giudiziaria, alla cui guida è preposto un direttore generale responsabile dell’intera attività dell’ufficio e dell’attuazione dei programmi. Alla delega in esame è stata data attuazione con il decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240 (per la relativa analisi, cfr. successivo paragrafo);

 

§         la modifica della disciplina dei Consigli di presidenza della Corte dei conti e della giustizia amministrativa (articolo 2, comma 17, della legge 150/2005).

In attuazione delle previsioni del legislatore delegante riguardanti l’adozione di una nuova disciplina diretta a rendere omogenee le modalità di elezione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti con quelle del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, è stato emanato il decreto legislativo 7 febbraio 2006, n. 62, che, da un lato, modifica la composizione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti, dall’altro dispone alcune modifiche relative alle modalità di votazione per l’elezione del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (per la relativa analisi, cfr. successivo paragrafo);

 

§         la previsione di forme di pubblicità degli incarichi extragiudiziari conferiti ai magistrati di ogni ordine e grado (articoli 1, comma 1, lettera g) e 2, comma 8, della legge 25 luglio 2005, n. 150).

In attuazione della citata delega è stato emanato il decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 35 che disciplina la pubblicità da parte del C.S.M., mediante la pubblicazione in un apposito sito Internet, degli incarichi conferiti ai magistrati (per la relativa analisi, cfr. successivo paragrafo).

 

Vanno, infine, ricordate le quattro deleghe legislative previste dalla legge 150/2005 che non hanno trovato attuazione. Si tratta:

 

§         della delega, prevista dall'articolo 1, comma 3 della legge 150/2005, per il coordinamento normativo, vale a dire per l’emanazione delle norme di coordinamento tra le nuove disposizioni e le leggi dello Stato già vigenti, da esercitare entro 90 giorni dall’emanazione dei decreti, sopra ricordati, emanati ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della legge 150/2005;

 

§         della delega, prevista dall'articolo 1, comma 6 della legge 150/2005, per l’emanazione di eventuali disposizioni correttive delle norme già emanate da esercitare entro due anni dall’entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi ai quali si riferiscono le correzioni;

 

§         della delega, prevista dall'articolo 2, comma 19 della legge 150/2005, all’emanazione di un Testo unico legislativo in materia di ordinamento giudiziario, da esercitare entro quattro anni dalla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1 dell’articolo1 della legge 150/2005;

 

§         della delega, prevista dall'articolo 2, comma 21, della legge 150/2005, per l’emanazione di un Testo unico regolamentare in materia di ordinamento giudiziario, da esercitare entro un anno dalla data di entrata in vigore del Testo unico delle disposizioni legislative.

Sintesi dei decreti legislativi emanati in attuazione della legge n. 150 del 2005[5]

Ø      Il decreto legislativo n. 160 del 2006

 

L’intervento attuativo di maggior rilievo appare certamente quello di cui al decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, che ha modificato la disciplina per l’accesso in magistratura e quella relativa alla progressione economica e alle funzioni dei magistrati.

Si ricorda, peraltro, come l’efficacia di tale disciplina sia stata sospesa fino alla data del 31 luglio 2007 ai sensi dell’art. 1 della legge 24 ottobre 2006, n. 269 (v. ultra); detta legge ha, inoltre, introdotto specifiche modifiche allo stesso D.Lgs 160/2006.

Il decreto legislativo 160/2006, composto da 56 articoli, è suddiviso in dodici capi che dettano nuove regole in materia di ammissione in magistratura e uditorato (Capo I), individuazione delle varie funzioni dei magistrati (Capo II), avanzamento in tali funzioni (Capo III), passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa (Capo IV), assegnazione dei posti nelle funzioni di primo grado (Capo V), e di secondo grado (Capo VI)  e di legittimità (Capo VII), disciplina dei concorsi e delle relative commissioni (Capo VIII), conferimento degli incarichi direttivi (Capo IX), ricollocamento in ruolo dei magistrati fuori ruolo (Capo X), progressione economica dei magistrati (Capo XI), oltre alle disposizioni finali e relative all’ambito applicativo (Capo XII).

 

Il capo I (Disposizioni in tema di ammissione in magistratura e uditorato) consta di nove articoli e disciplina il concorso per uditore giudiziario, ed in particolare i requisiti per l’ammissione al concorso, la fase iniziale della presentazione della domanda, la composizione e le funzioni della commissione di concorso, lo svolgimento delle prove, i lavori della commissione; infine, prevede la nomina degli uditori e, mediante rinvio al decreto legislativo sulla Scuola superiore della magistratura, la destinazione degli uditori al tirocinio.

In particolare, l’articolo 1 disciplina il concorso per uditore giudiziario (comma 1) prevedendo lacadenza annuale del bando; i commi 2, 3, 4 e 5 prevedono le materie su cui vertono le prove scritte ed orali, i punteggi attribuiti all’esito delle prove, conservando le previsioni già contenute nell’ordinamento giudiziario.

In funzione del successivo svolgimento delle funzioni e della attribuzione della sede, il comma 6 prevede che il candidato indichi nella domanda di partecipazione al concorso, a pena d’inammissibilità, se intende accedere alla funzione giudicante ovvero a quella requirente. Viene, inoltre, ora previsto (comma 7) un colloquio d’idoneità psico-attitudinale all’esercizio della professione di magistrato, che dovrà tener conto delle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione predetta.

In relazione ai requisiti per l'ammissione al concorso (articolo 2), il comma 1 prevede, oltre alla laurea in giurisprudenza, il possesso di specifici titoli ovvero lo svolgimento di determinate esperienze professionali che implicano un approfondimento delle conoscenze nelle materie giuridiche.

Il comma 2 mantiene alcune condizioni già previste dal R.D. 12/1941 relative alla cittadinanza, all’esercizio dei diritti civili ed agli altri requisiti previsti dalle leggi vigenti, mentre il comma 3 mantiene le previsioni vigenti relative all’innalzamento del limite di età per la partecipazione al concorso. Il comma 4 mantiene l’esclusione dal concorso di coloro che il Consiglio superiore della magistratura non reputi di condotta incensurabile.

In relazione all’indizione del concorso ed allo svolgimento della prova scritta, l’articolo 3 prevede la cadenza (annuale) dei concorsi, il periodo in cui devono tenersi le prove, le fasi salienti della procedura concorsuale. E’ previsto che il concorso si tenga in Roma (comma 1), con la possibilità di tenere le prove scritte, in considerazione del presumibile numero delle domande, anche in altre sedi (comma 3), assicurando in tal caso il collegamento a distanza delle commissioni esaminatrici. Il comma 4 specifica la composizione del comitato di vigilanza che esercita le funzioni della commissione presso le sedi diverse da Roma.

L’articolo 4 contempla termini e modalità della presentazione della domanda di partecipazione al concorso, ricalcando sostanzialmente il tenore della norma già contenuta nell’ordinamento giudiziario. L’articolo 5 prevede la composizione della commissione di concorso, gli adempimenti fondamentali della fase di insediamento, le regole di funzionamento. La commissione è composta da membri nominati dal Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, tra magistrati e professori universitari, in numero determinato in relazione al presumibile numero dei candidati e in funzione del rispetto dei termini previsto per l’espletamento della procedura.

E’ previsto che i componenti magistrati siano in numero variabile da un minimo di dodici a un massimo di sedici, e che i professori universitari, scelti tra quelli di prima fascia nelle materie oggetto di esame, siano in numero variabile da un minimo di quattro a un massimo di otto; il numero dei componenti professori universitari è tendenzialmente proporzionato a quello dei componenti magistrati.  Il professore universitario incaricato del colloquio psico-attitudinale è scelto tra i docenti di una delle classi di laurea in scienze e tecniche psicologiche.

In linea di principio, è previsto l'esonero totale dall'esercizio delle funzioni giudiziarie o giurisdizionali dei componenti le commissioni, a meno che non sia possibile raggiungere il numero sufficiente di componenti; in questo caso è possibile l’esonero parziale.

Per utilizzare conoscenze utili alla fine della procedura valutativa e per ovviare a possibili difficoltà nel reperimento dei componenti la commissione (il decreto esclude la nomina di chi ha fatto parte della commissione in uno degli ultimi tre concorsi precedentemente banditi) è previsto che il presidente della commissione e gli altri componenti appartenenti alla magistratura possano essere nominati anche tra i magistrati a riposo da non più di cinque anni i quali, all'atto della nomina, non hanno superato i settantacinque anni di età e che esercitavano le funzioni richieste per la nomina all'atto della cessazione dal servizio.

Insediatisi tutti i componenti, la commissione, nonché ciascuna delle sottocommissioni, ove costituite, svolgono la loro attività con la presenza di almeno nove di essi, numero nel quale dev’essere ricompreso il presidente ed almeno un professore universitario.

I lavori della commissione (articolo 6) sono disciplinati in modo da rispettare il lasso temporale previsto dalla legge delega (art. 2, comma 1, lett. d) n.1); a tal fine, sono previsti meccanismi acceleratori che vanno dalla convocazione di sedute supplementari (comma 4) sino alla revoca dei membri da parte Consiglio superiore della magistratura (commi 6 e 8).  Il comma 3 prevede che i lavori della commissione siano articolati in ragione di un numero minimo di dieci sedute a settimana, delle quali cinque antimeridiane e cinque pomeridiane, salvo assoluta impossibilità della commissione stessa, mentre il comma 5 raccorda alle finalità anzidette i periodi di congedo ordinario fruibili dai componenti della commissione.

L’articolo 7 riproduce le previgenti disposizioni in ordine ai limiti di ammissibilità ed alle esclusioni dai successivi concorsi. Anche nel nuovo ordinamento, deve ritenersi che l’esclusione dai concorsi successivi si riconnetta alla dichiarazione della terza inidoneità, con la conseguente ammissibilità ai concorsi successivi quando la terza dichiarazione di inidoneità intervenga dopo l’ammissione al concorso successivo.

L’articolo 8 disciplina la nomina ad uditore giudiziario, individuando i criteri per l’ individuazione del posto in graduatoria e l’ attribuzione della sede.

In sintesi, la sequenza prevista dai commi 1 e 2 è la seguente: in primo luogo viene stilata la graduatoria secondo il punteggio riportato dai candidati; quindi viene emesso il decreto ministeriale di nomina; successivamente, le sedi vengono assegnate accordando rilevanza di titolo preferenziale all’indicazione della funzione -requirente o giudicante- indicata nella domanda di partecipazione, come previsto dalla legge di delega sub art. 2, comma 1, lett. a) n. 4). Solo in caso di parità di punti, applicato il predetto titolo preferenziale, si applicano le disposizioni generali vigenti sui titoli di preferenza per le ammissioni ai pubblici impieghi. Il comma 3 prevede un termine di decadenza per la presentazione dei documenti comprovanti il possesso dei titoli di preferenza.

L’articolo 9 (Tirocinio degli uditori e ammissibilità all’esame per l’esercizio della professione di avvocato) coordina il periodo di tirocinio con le previsioni contenute nel decreto legislativo che prevede l’istituzione e l’attività della scuola superiore della magistratura.

Viene mantenuta la previsione secondo cui il periodo di uditorato è valido, come pratica forense, agli effetti dell’ammissibilità all’esame per l’esercizio della professione di avvocato.

 

Il capo II (Funzioni dei magistrati) consta di due articoli ed individua le funzioni dei magistrati, ricomponendole in un quadro organico.

Gli articoli 10 e 11 individuano le funzioni dei magistrati, distinguendole, secondo le indicazioni della legge delega, in funzioni di merito e in funzioni di legittimità.

In tale quadro, sono attribuite in relazione all’ufficio svolto (magistrato di tribunale, di corte d’appello o di cassazione) le diverse funzioni requirenti e giudicanti: di primo e secondo grado; semidirettive di primo e secondo grado, direttive di primo e secondo grado; di legittimità e direttive di legittimità (queste ultime distinte in direttive, direttive superiori e direttive apicali).

Nell’ambito delle funzioni direttive di primo grado (giudicanti o requirenti) sono distinte funzioni direttive di grado elevato, corrispondenti a quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui all’articolo 1 del D.L. 25 settembre 1989, n. 327 (Norme sulla dirigenza delle sezioni delle indagini preliminari e delle preture circondariali), convertito dalla legge 24 novembre 1989, n. 380, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario), e di procuratore della Repubblica presso i predetti tribunali.

 

Il capo III consta di un articolo che disciplina la progressione nelle funzioni

L’articolo 12 prevede la progressione nelle funzioni, innovando radicalmente la normativa previgente.

Va evidenziato, in primo luogo, il principio secondo cui, sino al compimento dell’ottavo anno dalla nomina a uditore giudiziario, i magistrati debbono svolgere effettivamente funzioni requirenti o giudicanti di primo grado (comma 2); unica eccezione prevista è quella in favore dei magistrati posti in aspettativa per mandato parlamentare o collocati fuori ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura.

La progressione nelle funzioni si effettua mediante concorso per  titoli ed esami o mediante concorso per titoli (comma 1). Le funzioni di secondo grado possono essere attribuite, alternativamente, dopo otto anni di esercizio effettivo delle funzioni di primo grado previo superamento di concorso per titoli ed esami, scritti e orali, ovvero dopo tredici anni dall’ingresso in magistratura previo concorso per soli titoli (comma 3).

Le funzioni di legittimità sono attribuite, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, previo superamento di concorso per titoli, ovvero, dopo diciotto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali (comma 4). Al concorso per titoli ed esami, scritti e orali, per l’attribuzione delle funzioni di legittimità possono partecipare anche i magistrati che non hanno svolto diciotto anni di servizio e che hanno esercitato per tre anni le funzioni di secondo grado (comma 5).

Le funzioni semidirettive o direttive sono invece attribuite previo concorso per soli titoli (comma 6).

 

Il capo IV consta di quattro articoli che disciplinano il passaggio di funzioni.

Gli articoli 13, 14 e 15 disciplinano il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa, imponendo, in attuazione della legge delega, una scelta netta e definitiva circa le funzioni –requirenti o giudicanti-  che il magistrato dovrà svolgere (art. 13, comma 1).

In particolare, è previsto che entro il terzo anno di esercizio delle funzioni assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possono presentare domanda per partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella diversa funzione. Per ottenere il passaggio di funzioni i magistrati devono frequentare l’ apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura, il cui giudizio finale è valutato ai fini del passaggio.

Per evitare gli inconvenienti derivanti dalle prime applicazioni della disciplina, è previsto che se al momento della domanda il concorso non è stato bandito, la domanda venga presentata con riserva di integrare i titoli, e che la domanda dispieghi effetto per la partecipazione al primo bando di concorso ad essa successivo.

L’art 15 prevede che il CSM individui annualmente e, comunque, con priorità assoluta, i posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di primo grado al fine di consentire il passaggio di funzione (comma 1). Il mutamento delle funzioni da giudicanti a requirenti, e viceversa, deve avvenire per posti disponibili in uffici giudiziari aventi sede in diversi distretti, con esclusione di quelli previsti dall’articolo 11 del codice di procedura penale (art. 15, comma 3).

L’articolo 16 detta la disciplina transitoria per i concorsi per il passaggio di funzioni banditi in data anteriore all’effettiva entrata in funzione della Scuola superiore, escludendo in tal caso la necessitò della partecipazione ai corsi di formazione presso la medesima (comma 1). I commi 2 e 3 recano la disciplina transitoria per coloro che vogliano cambiare funzioni.

Il comma 4 reca la disciplina del passaggio di funzioni relativamente ai magistrati fuori ruolo al momento dell’acquisto di efficacia della nuova normativa.

 

Il capo V consta di tre articoli relativi all’assegnazione dei posti nelle funzioni di primo grado.

Gli articoli 17 e 18 contemplano il meccanismo mediante il quale assicurare la copertura dei posti vacanti nelle funzioni di primo grado.

In primo luogo, è previsto che l’individuazione e l’assegnazione delle sedi vacanti sia effettuata Consiglio superiore della magistratura, tenuto conto della necessità di assicurare il passaggio tra le funzioni (art. 17, commi 1 e 2 e art. 18, commi 1 e 2).

Il Consiglio superiore della magistratura provvede poi sulle domande di tramutamento, previo parere del Consiglio giudiziario (art. 17, comma 2 e art. 18, comma 2). La parte residua dei posti individuati vengono messi a concorso per l’accesso in magistratura (art. 17 comma 3, art. 18 comma 3).

Per evitare, poi, una lunga permanenza del magistrato nella stessa sede e nelle stesse funzioni, è previsto () un limite al periodo di  dieci anni di permanenza presso lo stesso ufficio giudiziario svolgendo le medesime funzioni o, comunque, il medesimo incarico nell’ambito delle stesse funzioni (10 anni).

La norma attribuisce, peraltro, al Consiglio superiore della magistratura il potere di prorogare di 2 anni il termine di permanenza in relazione a comprovate esigenze di funzionamento dell’ufficio, contemplando specificamente la necessità di concludere processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine (comma 1).

 

Il Capo VI consta di tre articoli che disciplinano l’assegnazione dei posti nelle funzioni di secondo grado.

Gli articoli 20 e 21 regolano, con disposizioni speculari attuative delle previsioni di cui all’art. 2, comma 1, lettera l), numeri 3) e 4), della legge delega l’assegnazione dei posti nelle funzioni giudicanti (art. 20) e l’assegnazione dei posti nelle funzioni requirenti di secondo grado (art. 21).

Le norme prevedono l’assegnazione dei posti vacanti nelle funzioni di secondo grado, residuati dopo le determinazioni del CSM sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che già esercitano le funzioni di secondo grado.

Il CSM assegna pertanto i posti di secondo grado per il 30 per cento ai magistrati che hanno conseguito l’idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui è possibile partecipare già dopo otto anni dall’ingresso in magistratura (art. 12, comma 3) e, per il 70 per cento, ai magistrati che hanno conseguito l’idoneità nel concorso per soli titoli cui è possibile accedere dopo tredici anni dall’ingresso in magistratura (art. 12, comma 3), ferma la possibilità che i posti non coperti in uno dei due concorsi siano assegnati ai magistrati dichiarati idonei nell’altro, e tenuto altresì conto del giudizio finale formulato al termine degli appositi corsi di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura. L’assegnazione dei posti da parte del Consiglio superiore della magistratura presuppone, quindi, il superamento di un concorso. E’, infatti, solo nell’ambito dei candidati risultati idonei in uno dei due concorsi, che il Consiglio superiore della magistratura, tenuto conto del parere dei consigli giudiziari e degli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fine del conferimento delle funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado, assegnerà i posti vacanti nelle funzioni di secondo grado, giudicanti o requirenti. E’ così attuata una delle previsioni più innovative della legge di delegazione: l’introduzione di un sistema di progressione in carriera legato, da un canto, al superamento di un concorso, dall’altro, all’ effettiva copertura del posto per le funzioni superiori. Va peraltro specificato che è il Consiglio superiore della magistratura a formare la graduatoria, tenendo presente, come già detto, anche elementi ulteriori rispetto al superamento del concorso.

Gli artt. 20 e 21 dettano poi, conformemente ai principi e criteri di cui ai numeri 3.6), 3.7) e 3.8), nonché 4.6), 4.7) e 4.8), della lettera l) del comma 1, dell’articolo 2, della legge di delegazione, le corrispondenti disposizioni in materia di legittimazione dei magistrati che hanno assunto funzioni di secondo grado a presentare domanda di tramutamento (artt. 20, comma 3 e 21, comma 3), di conferimento della precedenza assoluta alle domande di tramutamento, presentate dopo tre anni, dei magistrati che hanno assunto le funzioni di secondo grado in una sede indicata come disagiata (artt. 20, comma 4, e 21, comma 4), di rilevanza della valutazione della laboriosità nella valutazione delle suddette domande di tramutamento (artt. 20, comma 5 e 21, comma 5). Quest’ultima valutazione di laboriosità risponde all’esigenza di riscontrare nell’operato del magistrato la concreta soddisfazione di quelle particolari esigenze che caratterizzano le c.d. sedi disagiate, e che meritano la preferenza assoluta nel successivo tramutamento.

L’articolo 22 detta disposizioni sul regime transitorio. Il comma 1 esclude la necessità di frequentare gli appositi corsi presso la scuola superiore ai fini della assegnazione dei posti vacanti residuati nella funzione giudicante di secondo grado e dei posti vacanti residuati nella funzione requirente di secondo grado, messi a concorso in data anteriore all’effettivo funzionamento della Scuola medesima. I commi 2 e 3 attuano le previsioni di cui all’art. 2 comma 9 lett. d), e) ed f) della delega.

 

Il Capo VII è composto di tre articoli che disciplinano l’assegnazione dei posti nelle funzioni di legittimità.

Gli articoli 23 e 24 attuano la direttiva di cui all’art. 2, comma 1, lettera l), numeri 7) e 9), della legge numero 150/2005, disciplinando l’assegnazione dei posti nelle funzioni giudicanti (art. 23) e l’assegnazione dei posti nelle funzioni requirenti di legittimità (art. 24).

I due articoli prevedono l’assegnazione dei posti vacanti nelle funzioni di legittimità, residuati dopo le determinazioni del Consiglio superiore della magistratura sulle domande di assegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate da magistrati che esercitano funzioni direttive o semidirettive o sulla loro assegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito.

Sui posti residui il Consiglio superiore assegna i posti vacanti, per il 30 per cento, ai magistrati che hanno conseguito l’idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui è possibile partecipare dopo diciotto anni dall’ingresso in magistratura o, pur senza aver svolto diciotto anni di servizio, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado (art. 12, commi 4 e 5) e, per il 70 per cento, ai magistrati che hanno conseguito l’idoneità nel concorso per soli titoli cui è possibile accedere dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado (art. 12, comma 4), ferma la possibilità che i posti non coperti in uno dei due concorsi siano assegnati ai magistrati dichiarati idonei nell’altro, e tenuto altresì conto del giudizio finale formulato al termine degli appositi corsi di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura. L’assegnazione dei posti da parte del CSM presuppone, quindi, il superamento di un concorso. E’, infatti, anche in questo caso, solo nell’ambito dei candidati risultati idonei in uno dei due concorsi, che il Consiglio superiore, tenuto conto del parere dei consigli giudiziari e degli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fine del conferimento delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità, assegnerà i posti vacanti nelle funzioni di legittimità, giudicanti o requirenti. Anzi, la progressione in carriera che si concreta nell’accesso all’organo di vertice della magistratura prevede, da un canto, un meccanismo concorsuale e, dall’altro, il condizionamento della progressione all’effettiva copertura del posto.

L’articolo 25 attua la disciplina transitoria quanto all’assegnazione delle funzioni di legittimità, attuando le previsioni di cui all’art. 2 comma 9 lett e) ed f) della delega.

 

Il Capo VIII (Concorsi e Commissioni) consta di tre articoli che disciplinano i concorsi per il passaggio di funzioni e per la progressione in carriera, la commissione incaricata di effettuare la valutazione ai fini del passaggio di funzioni e per la progressione in carriera.

L’articolo 26 (Concorsi per titoli e concorsi per titoli ed esami) dà attuazione (commi da 1 a 7), ai principi e criteri direttivi di cui all’art. 2, comma 1, lettera l), n. 11), della legge delega. Il comma 1 si apre con l’affermazione del principio guida per la valutazione ovvero il riscontro della professionalità del magistrato (comma 1). Segue, al comma 2, l’indicazione degli elementi di cui si dovrà tener conto, in via prevalente, ai fini della valutazione dei titoli, nonché degli elementi ulteriori, la cui individuazione era lasciata aperta dalla legge di delega, dai quali la professionalità del magistrato potrà essere desunta; ulteriori elementi che sono stati individuati nelle pubblicazioni di studi e ricerche scientificamente apprezzabili su argomenti di carattere giuridico, nonché nei  titoli di studio od ulteriori titoli attestanti qualificanti esperienze tecnico-professionali. Si è inteso con ciò dare rilievo, oltre che all’ attività svolta dal magistrato nell’esercizio delle sue funzioni, anche ad attività di carattere scientifico, o ad esperienze di natura tecnico-professionale idonee ad evidenziarne la professionalità. Per garantire una equa e corretta valutazione di professionalità, il comma 3 prevede l’utilizzazione di ogni mezzo idoneo a mantenere l’anonimato dell’estensore del provvedimento e dell’autore delle pubblicazioni.

I commi da 4 a 7, recano la disciplina dei concorsi per titoli ed esami, chiarendo che in tali concorsi si procede alla valutazione dei titoli soli in caso di esito positivo della prova di esame (comma 4, primo periodo); il comma 4 prevede anche che la valutazione dei titoli deve incidere nella misura del 50 per cento sulla votazione finale in base alla quale verrà redatto l’ordine di graduatoria; il comma 5 prevede che restano ferme le disposizioni vigenti ai fini della valutazione dei titoli per la assegnazione delle funzioni di sostituto procuratore presso la Direzionale nazionale antimafia.

L’art. 26 prevede, poi, che gli esami, per la parte scritta, consistano nella risoluzione di uno o più casi pratici, aventi carattere di complessità ed implicanti la soluzione di rilevanti questioni probatorie, istruttorie e cautelari relative alle funzioni richieste e, per la parte orale, nella discussione del o dei casi pratici oggetto della prova scritta (commi 6 e 7). Nel costruire la prova scritta come prova eminentemente “pratica”, si è inteso connotare l’esame in termini di prova di capacità professionale del magistrato nel concreto esercizio delle funzioni, piuttosto che in relazione ad un esercizio meramente teorico e dottrinale.

Il comma 8 prevede, infine, in attuazione dei principi e criteri di cui all’art. 2, comma 1, lettera f), numero 6) della delega, l’innalzamento dei limiti di età per la partecipazione ai concorsi per i magistrati disciplinarmente sanzionati con una sanzione superiore all’ammonimento.

L’articolo 27 stabilisce, in conformità con il principio e criterio direttivo di cui al numero 12) della lettera l), del comma 1 dell’art. 2 della legge numero 150 del 2005, la validità settennale dei corsi di formazione alle funzioni di secondo grado e di legittimità tenuti presso la Scuola superiore della magistratura.

L’articolo 28 disciplina, ai commi da 1 a 4, in conformità con i principi e criteri direttivi di cui all’art. 2, comma 1, lettera l), numeri 5), 6), 8) e 10), la composizione delle commissioni di concorso, nominate dal CSM, in relazione ai concorsi previsti ai fini della progressione in carriera e, in particolare, ai fini dell’ assegnazione delle funzioni giudicanti di secondo grado (comma 1), delle funzioni requirenti di secondo grado  (comma 2), delle funzioni giudicanti di legittimità (comma 3) e delle funzioni requirenti di legittimità (comma 4). I commi 5 e 6 danno attuazione ai principi e criteri direttivi di cui all’art. 2, comma 1, lettera p), numeri 1) e 2), prevedendo il regime della durata e della proroga delle commissioni in considerazione (comma 5) e dettando i limiti alla possibilità di riconfermare i componenti delle stesse (comma 6).

 

Il Capo IX consta di 21 articoli che disciplinano l’attribuzione degli incarichi semidirettivi e direttivi.

Gli articoli da 29 a 34 sono relativi alla individuazione ed attribuzione degli incarichi semidirettivi e direttivi merito.

Mentre l’articolo 29, reca la disposizione relativa alla individuazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, quanto alle sedi, dei posti vacanti negli incarichi direttivi e semidirettivi, giudicanti e requirenti, di merito, gli articoli da 30 a 34, recano, in attuazione dei principi e criteri direttivi di cui all’art. 2, comma 1, lettera h), numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13), 14), 15) e 16), della legge di delegazione, la disciplina relativa alla attribuzione di tali incarichi, dettando, in particolare, le regole relative alla legittimazione alla partecipazione ai concorsi per  titoli per il conferimento degli stessi.

L’articolo 35 precisa che il conferimento degli incarichi direttivi di merito, oltre a presupporre la frequentazione dell’apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura ed il conseguimento di una valutazione positiva nel relativo concorso per titoli, potrà aver luogo solo rispetto a magistrati che, al momento della data della vacanza del posto messo a concorso, possano garantire ancora quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, fissata, dall’articolo 5 della legge sulle guarentigie (regio decreto legislativo 511/1946), richiamato dall’articolo 35, a settanta anni. Tale disciplina è prevista in attuazione dei principi e criteri direttivi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera h), numero 17, della legge delega, che avevano prescritto, anche al fine di evitare avvicendamenti continui negli incarichi direttivi, tale limiti di periodo minimo di servizio residuo.

Il comma 2 prevede la disciplina transitoria dando attuazione alla delega di cui all’art. 2 comma 9 lett b) quanto alla frequentazione del corso presso la Scuola.

L’articolo 36, in linea con le disposizioni di cui agli articoli 57 e 57 bis della legge 24 dicembre 2003 (Finanziaria 2004), e 2, comma 3, del DL 16 marzo 2004, n. 66 (legge 11 maggio 2004, n. 126)[6] prevede che, ai fini del conferimento degli uffici direttivi di merito, nel computo degli anni di permanenza in servizio, alla data di ordinario collocamento a riposo si aggiunga un periodo pari a quello della sospensione ingiustamente subita e del servizio non prestato per l’anticipato collocamento in quiescenza, cumulati tra loro.

L’articolo 37 costituisce attuazione dei principi e criteri direttivi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera h), numero 18), della legge delega, prevedendo, al comma 1, la legittimazione dei magistrati che hanno superato il concorso per il conferimento delle funzioni di legittimità a partecipare ai concorsi per gli incarichi semidirettivi di primo e di secondo grado e per gli incarichi  direttivi di primo grado e di primo grado elevato e, al comma 2, che l’esercizio delle funzioni di legittimità costituisce, a parità di graduatoria, titolo preferenziale per il conferimento degli incarichi direttivi di primo grado elevato.

L’articolo 38 reca la disposizione relativa alla individuazione, da parte del CSM, dei posti vacanti negli incarichi direttivi e direttivi superiori di legittimità; gli articoli 39 e 40 prevedono, in attuazione dei principi e criteri direttivi di cui all’art. 2, comma 1, lettera i), numeri 1), 2), 3), 4) e 5), della legge di delegazione, la disciplina relativa alla attribuzione di tali incarichi, oltre che di quello direttivo superiore apicale di legittimità, dettando, in particolare, le regole relative alla legittimazione alla partecipazione ai concorsi per  titoli per il conferimento degli stessi.

L’articolo 41, comma 1, precisa che il conferimento degli incarichi direttivi di legittimità, oltre a presupporre la frequentazione dell’apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura ed il conseguimento di una valutazione positiva nel relativo concorso per titoli, potrà aver luogo solo rispetto a magistrati che, al momento della pubblicazione del posto messo a concorso, possano garantire ancora due anni di servizio prima della data di pensionamento, fissata, dall’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, richiamato dall’articolo 41, a settanta anni.  Tale disciplina, prevista in attuazione dei principi e criteri direttivi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i), numero 6), della legge delega, ricalca quella relativa al conferimento degli incarichi direttivi di merito, di cui all’articolo 35, salvo che per il meno restrittivo limite di età per il conferimento dell’incarico (due, anziché quattro anni prima della data di ordinario collocamento a riposo). Il comma 2 del medesimo articolo precisa, invece, che gli incarichi direttivi superiori e l’incarico direttivo superiore apicale di legittimità sono conferiti ai magistrati valutati positivamente nei relativi concorsi per titoli, senza le restrizioni di età previste per gli incarichi direttivi d legittimità.

Il comma 3 prevede la disciplina transitoria dando attuazione alla delega di cui all’art. 2 comma 9 lett b) quanto alla frequentazione del corso presso la Scuola.

L’articolo 42, ricalca, con riferimento al conferimento degli incarichi direttivi di legittimità, la previsione formulata all’articolo 36 del decreto legislativo.

L’articolo 43 disciplina i concorsi per gli incarichi direttivi. L’incarico viene conferito previo superamento di un concorso finalizzato alla verifica circa l’idoneità del magistrato a svolgere le funzioni direttive. Tale valutazione è compiuta dalla commissione di concorso prevista dall’art. 47, che valuta i titoli in riferimento alla loro specifica rilevanza ai fini della verifica delle attitudini allo svolgimento di funzioni direttive (comma 1); trattandosi di un giudizio complesso che involge molteplici aspetti della professionalità del magistrato, è previsto che la commissione valuti anche la laboriosità del magistrato e la sua capacità organizzativa. La completezza e la globalità della valutazione si riflette anche nella successiva valutazione del Consiglio superiore della magistratura, che forma la graduatoria acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari, o del consiglio direttivo presso la Corte di cassazione, nei concorsi per le funzioni direttive di legittimità (comma 2).

Il pregresso esercizio di funzioni semidirettive o direttive costituisce titolo preferenziale, in quanto elemento presuntivo di attitudine allo svolgimento delle funzioni direttive richieste (comma 5).

Il CSM propone quindi al Ministro della giustizia, secondo le modalità del concerto di cui all’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, le nomine nell’ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso (comma 2). Il Ministro della giustizia, fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione a quanto previsto dall’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni, può ricorrere, esclusivamente al giudice amministrativo(TAR), contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi (comma 3).

Il meccanismo previsto dall’articolo 44 per l’attribuzione degli incarichi semidirettivi ricalca parzialmente lo schema illustrato a proposito del conferimento degli incarichi direttivi; anche in questo caso, il concorso determina una dichiarazione d’idoneità allo svolgimento delle funzioni semidirettive da parte della commissione di cui all’art. 47, con una valutazione orientata specificamente alla verifica delle attitudini allo svolgimento delle funzioni semidirettive. La valutazione della laboriosità del magistrato e della sua capacità organizzativa è invece richiesta in via prevalente rispetto alla valutazione dei titoli (comma 1), questi ultimi individuati e valutati nello stesso modo previsto per il conferimento delle funzioni direttive (ai sensi dell’art. 26, commi da 1 a 5).

Anche per l’attribuzione degli incarichi semidirettivi è previsto quale titolo preferenziale, in quanto elemento presuntivo di attitudine allo svolgimento delle funzioni semidirettive, il pregresso esercizio di funzioni direttive o semidirettive (comma 4). Al fine di realizzare la migliore valutazione possibile, per le funzioni semidirettive giudicanti in sezioni specializzate, il comma 6 impone di tenere adeguatamente conto della pregressa esperienza maturata dal magistrato nello specifico settore oggetto dei procedimenti trattati dalla sezione di tribunale o di corte di appello la cui presidenza è messa a concorso (comma 6).

Il CSM, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari, assegna quindi l’incarico semidirettivo nell’ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso, tenuto conto del giudizio d’ idoneità espresso dalla commissione (comma 2).

L’articolo 45 sancisce il principio fondamentale della temporaneità dell’incarico direttivo (4 anni), contemplando la possibilità di una sola proroga di 2 anni, subordinata ad una valutazione positiva da parte del CSM (comma 1).

Per non disperdere il patrimonio di esperienza e di capacità ormai acquisito, il comma 2 prevede che, alla scadenza dell’incarico, il magistrato potrà concorrere per altri posti direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal proprio distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale.

Nel caso in cui il magistrato non intenda svolgere ancora funzioni direttive, oppure nel caso che la relativa domanda sia stata rigettata, egli è assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato (comma 4).

L’art. 45 detta, poi, disposizioni transitorie prevedendo che i magistrati che, alla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a) ricoprono gli incarichi semidirettivi requirenti di cui al comma 1, mantengono le loro funzioni per un periodo massimo di quattro anni. Decorso tale periodo senza che i predetti magistrati abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni, essi ne decadono restando assegnati con funzioni non direttive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero, da riassorbire alle successive vacanze, senza variazione dell’organico complessivo della magistratura. Il comma 5 prevede che i magistrati i quali alla data di entrata in vigore della nuova normativa ricoprano incarichi direttivi, giudicanti o requirenti, mantengono le loro funzioni per un periodo massimo di quattro anni. Decorso tale periodo senza che i predetti magistrati abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni, essi ne decadono restando assegnati con funzioni non direttive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero, da riassorbire alle successive vacanze, senza variazione dell’organico complessivo della magistratura.

L’articolo 46 disciplina la temporaneità degli incarichi semidirettivi in modo analogo a quanto previsto per gli incarichi direttivi, con poche varianti legate alla diversa rilevanza dell’incarico. In tal senso vanno evidenziati la diversa durata dell’incarico (6 anni anziché 4) e l’assenza di proroga.

L’articolo 47 prevede la composizione delle commissioni di concorso per l’assegnazione dei posti relativi alle funzioni direttive e semidirettive, giudicanti e requirenti.

L’articolo 48 riguarda il concorso per l’incarico di Procuratore nazionale antimafia; la norma precisa, mediante rinvio ad altre disposizioni del decreto, che al concorso si applicano: il concorso e la dichiarazione d’ idoneità da parte della commissione esaminatrice di cui all’articolo 47, il concerto del Ministero della giustizia ed i poteri attribuiti al Ministro dall’art. 43, la temporaneità dell’incarico (4 anni prorogabili a 6, di cui all’art. 45), la assegnazione alle funzioni da ultimo esercitate.

Il comma 2 prevede che alla scadenza dell’incarico di Procuratore nazionale antimafia, il magistrato possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi requirenti ubicati in distretto diverso da quello previsto ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale.

L’articolo 49 reca un regime transitorio per il conferimento degli incarichi semidirettivi di 1° e 2° grado e direttivi di 1° grado e 1° grado elevato, degli incarichi direttivi di 2° grado, e degli incarichi direttivi e direttivi superiori di legittimità, attuando il regime transitorio previsto dall’art. 2 comma 9 lettera f) ultima parte.

 

Il capo X (Magistrati fuori ruolo) consta di un solo articolo che disciplina il ricollocamento in ruolo dei magistrati (articolo 50).

Il primo comma prevede che il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura è equiparato all’esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte. Il ricollocamento deve avvenire nella medesima sede, se vacante, o in altra sede e nelle medesime funzioni. Nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extragiudiziaria, salvo che il magistrato svolgesse le sue funzioni presso la Corte di cassazione o la Procura generale presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia, il ricollocamento in ruolo deve avvenire in una sede diversa vacante, appartenente ad un distretto sito in una regione diversa da quella in cui è ubicato il distretto presso cui è posta la sede di provenienza nonché in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte, è ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto.

Il secondo comma porta a dieci anni il termine massimo di collocamento fuori ruolo, non computandosi in detto periodo massimo quello trascorso fuori ruolo antecedentemente all’entrata in vigore del decreto.

Il terzo comma esclude, in ogni caso, che i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del CSM ovvero per mandato parlamentare possano partecipare ai concorsi previsti dal decreto.

I commi 5 e 6 prevedono il regime transitorio per il ricollocamento in  ruolo dei magistrati.

 

Il capo XI prevede la progressione economica dei magistrati, elencando sette classi stipendiali e differenziandone i singoli presupposti.

L’articolo 51, in particolare, prevede che la progressione economica dei magistrati si articola automaticamente secondo sette classi crescenti di anzianità, salva la possibilità di conseguire la superiore classe stipendiale a seguito del superamento del concorso, fermo restando il miglior trattamento economico eventualmente conseguito dal magistrato.

 

L’ultimo capo del D.Lgs 160/2006, il capo XII, costa di quattro articoli che riguardano le disposizioni finali, l’ambito di applicazione del decreto, la copertura finanziaria, le abrogazioni e l’entrata in vigore.

L’articolo 52 precisa che la disciplina introdotta dal decreto si applica alla sola magistratura ordinaria.

Il successivo articolo 53 reca la norma di copertura finanziaria, mentre l’articolo 54 prevede una serie di abrogazioni rese necessarie dall’entrata in vigore del decreto; in particolare, vengono abrogate una serie di norme del regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12, sull’ordinamento giudiziario ritenute incompatibili con la nuova disciplina, nonché le leggi 25 luglio 1966 n. 570 (Disposizioni sulla nomina a magistrato di Corte di appello) e 20 dicembre 1973 n. 831 (Modifiche dell'ordinamento giudiziario per la nomina a magistrato di Cassazione e per il conferimento degli uffici direttivi superiori).

L’articolo 55 reca il regime intertemporale relativamente alla disciplina dei limiti di permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio.

L’articolo 56 indica la decorrenza della efficacia delle disposizioni del decreto legislativo, individuata nel novantesimo giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

 

 

Ø      Il decreto legislativo n. 26 del 2006

 

Con il decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26 sono state attuate le previsioni della legge delega relative all’istituzione della Scuola superiore della magistratura, al tirocinio e alla formazione degli uditori giudiziari, all'aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati.

Al riguardo si ricorda che il legislatore delegante ha previsto l'istituzione di una Scuola superiore della magistratura, quale struttura didattica stabile, dotata di autonomia contabile, giuridica, organizzativa e funzionale, preposta, tra l'altro, alla organizzazione ed alla gestione del tirocinio degli uditori giudiziari ed all'organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati, ivi compresi quelli previsti nell'ambito del meccanismo della loro progressione in carriera.

Il decreto legislativo si compone di 39 articoli, divisi in quattro titoli.

Il Titolo I contiene le disposizioni istitutive della Scuola superiore della magistratura ed è diviso in due Capi, il primo relativo alle norme concernenti le finalità e le funzioni della Scuola ed il secondo recante le norme in materia di organizzazione della stessa.

Nell'ambito di questo Titolo, l'articolo 1 istituisce la Scuola superiore della magistratura, ne indica la forma giuridica e le caratteristiche di struttura. Quanto alla localizzazione si è inteso, in primo luogo, utilizzare appieno la facoltà, conferita dalla legge delega, di decentrare la Scuola, istituendo tre sedi a competenza interregionale, una per i distretti ricompresi nelle regioni del nord, una per quelli ricompresi nelle regioni del centro ed una per quelli ricompresi nelle regioni del sud del Paese. Ciò anche nell'intento di rendere più agevole, e meno onerosa, la partecipazione ai corsi da parte dei magistrati. L'esigenza di reperire, negli ambiti interregionali individuati, tre sedi adeguate, ha poi consigliato di rimettere ad un successivo decreto ministeriale, l'individuazione delle tre località sedi della Scuola[7].

L'articolo 2 enumera le finalità della Scuola, nell'ambito dei principi indicati nella legge di delega, inerenti il tirocinio e l'aggiornamento professionale dei magistrati, nonché le connesse finalità di studio e di interscambio con analoghe istituzioni straniere.

L'articolo 3 prevede l'autonomia statutaria e regolamentare dell'ente.

L'articolo 4 individua gli organi della Scuola, identificati nelle figure del comitato direttivo, del presidente e dei comitati di gestione.

Gli articoli da 5 a 10 si occupano della struttura del comitato direttivo. In particolare, l'articolo 5 prevede la composizione e le funzioni dell'organo, precisando che lo stesso, analogamente a quanto previsto per i comitati di gestione (art. 12, comma 2), si riunisce nelle sede individuata per i distretti ricompresi nelle regioni centrali; l'articolo 6 disciplina il procedimento per la sua costituzione ed enuclea le caratteristiche di durata dell'organo ed alcuni requisiti e prerogative dei suoi componenti, stabiliti, così come per i comitati di gestione (vedi l'art. 13), al fine di garantire, in capo a tutti i medesimi, un adeguato livello professionale, stante l'estrema delicatezza dei compiti assegnati; l'articolo 7 detta le regole di funzionamento, precisando il numero legale e la maggioranza richiesta per le delibere; l'articolo 8 stabilisce il principio di indipendenza dei componenti rispetto all'organo che li ha nominati; l'articolo 9 prevede la disciplina dell'incompatibilità della funzione di componente dell'organo. L'articolo 10 stabilisce le modalità di determinazione dell'indennità di funzione del presidente del comitato direttivo e del gettone di presenza dei componenti, tenuto conto della autorizzazione di spesa prevista dall'art. 2, comma 37, della legge numero 150 del 2005, relativa, specificamente, agli oneri connessi al funzionamento del comitato direttivo di cui al comma 2, lett. l), del medesimo art. 2.

L'articolo 11 stabilisce le funzioni e le prerogative del presidente della Scuola.

Gli articoli da 12 a 17 si occupano dei due comitati di gestione previsti in relazione alle articolazioni della Scuola, quella relativa al tirocinio e quella relativa all'aggiornamento ed alla formazione dei magistrati. In particolare, l'articolo 12 ne elenca le funzioni; l'articolo 13 disciplina il procedimento di nomina dei componenti nonché i requisiti per la nomina stessa; l'articolo 14 detta le regole sul funzionamento dell'organo; l'articolo 15 stabilisce il principio di indipendenza dei componenti rispetto all'organo che li ha nominati; l'articolo 16 prevede la disciplina dell'incompatibilità della funzione di componente dell'organo. L'articolo 17 stabilisce, infine, le modalità di determinazione del gettone di presenza dei componenti dei comitati di gestione. Nell'ipotesi in cui i componenti del comitato si rechino fuori dalla sede, è loro riconosciuto il rimborso delle spese di trasferta.

Il Titolo II (articoli da 18 a 22) reca le disposizioni in tema di tirocinio degli uditori giudiziari. In particolare, l'articolo 18 stabilisce la durata del tirocinio (24 mesi) e l'articolo 19 ne prevede l'articolazione in una sessione presso la Scuola ed una sessione presso gli uffici giudiziari. L'articolo 20 stabilisce, a sua volta,  il contenuto e le modalità di svolgimento della sessione presso la Scuola, prevedendo che essa consiste nella frequenza dei corsi di approfondimento teorico-pratico, approvati dal comitato di gestione nell'ambito dell'attività didattica deliberata dal comitato direttivo, riguardanti il diritto civile, il diritto penale, il diritto processuale civile, il diritto processuale penale ed il diritto amministrativo, con eventuale approfondimento anche di altre materie tra quelle comprese nella prova orale del concorso per l'accesso in magistratura o di materie ulteriori scelte dal comitato direttivo; i criteri per la nomina dei docenti; la designazione, nell'ambito degli stessi, dei tutori degli uditori giudiziari; la previsione della compilazione di una scheda valutativa al termine della sessione svolta da ciascun uditore, ad opera dei singoli docenti.

L'articolo 21 stabilisce il contenuto e le modalità di svolgimento della sessione presso gli uffici giudiziari, individuando un primo periodo di sette mesi di partecipazione dell'uditore all'attività giurisdizionale relativa alle controversie o ai reati rientranti nella competenza del tribunale in composizione collegiale, compresa la partecipazione alla camera di consiglio, in modo da garantire all'uditore la formazione di una equilibrata esperienza nei vari settori.

Seguono un secondo periodo di tre mesi presso un ufficio requirente di primo grado ed un terzo di otto mesi presso un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione dell'uditore. La sessione presso gli uffici giudiziari si svolgerà secondo un programma di tirocinio approvato dal relativo comitato di gestione in modo tale da garantire al magistrato una specifica preparazione nelle funzioni che sarà chiamato a svolgere nella sede di prima destinazione.

L'articolo 22 detta le regole relative alla valutazione finale della Scuola, che, come anticipato, si è ritenuto dover essere espressa dal comitato di gestione della sezione, il procedimento valutativo e le conseguenze connesse alla deliberazione finale negativa da parte del Consiglio superiore della magistratura.

 

Il Titolo III (articoli da 23 a 36) reca le disposizioni in tema di aggiornamento professionale e formazione dei magistrati. Nel suo ambito, il Capo I, costituito dal solo articolo 23, prevede la tipologia dei corsi, finalizzati a due obiettivi: l'aggiornamento professionale dei magistrati in servizio e la loro formazione finalizzata alla partecipazione ai concorsi per la progressione in carriera, ai concorsi per il passaggio di funzioni ed ai concorsi per le funzioni direttive.

Il Capo II (articoli da 24 a 26) concerne le disposizioni inerenti i corsi di formazione e di aggiornamento professionale dei magistrati, che prevedono l'obbligatorietà della frequenza almeno ogni cinque anni, la durata bisettimanale, le ipotesi del legittimo differimento della partecipazione, la connotazione sia teorica che pratica dei corsi, secondo il programma e le modalità previste dal piano approvato dal comitato di gestione e la disciplina della valutazione finale operata, per la Scuola, dal comitato di gestione, e comunicata al Consiglio superiore della magistratura, che ne terrà conto ai fini delle proprie determinazioni relative al magistrato.

Il Capo III (articoli da 27 a 28) disciplina il contenuto e le modalità procedimentali dei corsi finalizzati a consentire al magistrato di partecipare ai concorsi per la progressione in carriera, a quelli per il passaggio di funzioni ed a quelli per l'accesso alle funzioni direttive, precisando che i primi due devono prevedere una parte teorica ed una pratica e che quest'ultima dovrà prevedere lo studio e la discussione di casi giudiziari e la redazione di provvedimenti aventi ad oggetto questioni relative all'esercizio delle funzioni richieste dal magistrato, mentre gli ultimi devono avere ad oggetto lo studio delle problematiche specificamente relative all'esercizio delle funzioni del dirigente. La partecipazione a tali corsi costituisce un diritto per il magistrato.

Il Capo IV (articoli da 29 a 36) contiene la disciplina della valutazione periodica dei magistrati e stabilisce la tempistica dei corsi, la loro obbligatorietà, il contenuto del relativo giudizio valutativo da parte del Consiglio superiore della magistratura, le conseguenze connesse alla valutazione negativa e quelle relative alla connessione tra il positivo superamento della valutazione e la progressione economica.

Il Titolo IV reca le disposizioni finali relative: alla copertura finanziaria (art. 37); alle disposizioni la cui abrogazione si è ritenuto opportuno disporre sin dalla data di entrata in vigore del decreto, al fine di evitare dubbi ed incertezza interpretative (art. 38), - ferma restando l'ulteriore opera di coordinamento delle disposizioni del decreto legislativo con le altre leggi dello Stato e di abrogazione delle disposizioni con esso incompatibili, che il legislatore delegato è chiamato a svolgere nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 150 del 2005 -; alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni del decreto (art. 38).

 

 

Ø      Il decreto legislativo n. 25 del 2006

 

Il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 disciplina la composizione, le competenze e la durata in carica dei consigli giudiziari, nonché l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione[8].

Il legislatore delegante ha inteso, in primo luogo, istituire il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, quale organo corrispondente ai consigli giudiziari presso le corti di appello, strutturato nel rispetto dei medesimi principi valevoli anche per la composizione ed il funzionamento dei consigli giudiziari. In secondo luogo, sul fronte di questi ultimi, il legislatore delegante ha inteso, da un canto, sotto il profilo strutturale, allargarne la composizione a componenti non togati e, sotto il profilo funzionale, ampliarne le attribuzioni, valorizzandone il ruolo, anche nella prospettiva di un relativo decentramento del sistema dell'autogoverno dei magistrati.

L'articolato, composto da 19 articoli, è suddiviso in tre titoli:

§      il primo dedicato alla istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione,

§      il secondo alla disciplina della composizione, competenze e durata in carica dei consigli giudiziari

§      il terzo contenente le disposizioni finali.

 

I primi due titoli sono poi, a loro volta, suddivisi in due capi: il primo dedicato ai profili strutturali, rispettivamente, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari, il secondo alle funzioni dei due organi.

L'articolo 1 prevede, in primo luogo, l'istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, quale organo interno alla Corte, corrispondente ai consigli giudiziari presso le corti di appello.

L'articolo definisce inoltre la struttura dell'organo. Su tale fronte, accanto ai membri di diritto – il Primo Presidente della Corte di cassazione, che ne è il Presidente, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ed il presidente del Consiglio nazionale forense – figurano, anch'essi come componenti effettivi, altri sette membri, dei quali cinque togati - uno che esercita funzioni direttive giudicanti di legittimità, uno che esercita funzioni direttive requirenti di legittimità, due che esercitano funzioni giudicanti di legittimità e uno che esercita funzioni requirenti di legittimità, eletti tutti dai magistrati in servizio presso la Corte di cassazione e la Procura generale presso la stessa Corte - e due laici - uno professore ordinario di università in materie giuridiche, nominato dal Consiglio universitario nazionale ed uno avvocato con almento venti anni di esercizio effettivo della professione ed iscritto da almeno cinque anni nell'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, nominato dal Consiglio nazionale forense -.

L'articolo 2 individua i componenti supplenti del Consiglio direttivo.

L'articolo 3 individua nel Primo Presidente della Corte di cassazione, il Presidente dell'organo e definisce le modalità ed i tempi per l'elezione del vicepresidente e del segretario.

L'articolo 4 disciplina l'elezione dei componenti togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione. Come per i consigli giudiziari, il sistema è stato strutturato, conformemente a quanto previsto dalla delega, in termini analoghi a quello previsto per l'elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, con una connotazione, dunque, di stampo maggioritario, derivante dalla previsione per la quale ciascun elettore esprime il voto per un solo magistrato per ciascuna delle categorie di magistrati nell'ambito delle quali sono scelti i componenti togati, con la proclamazione della elezione dei candidati che hanno ottenuto, nell'ambito di ciascuna categoria, il maggior numero di voti.

L'articolo 5 disciplina la durata in carica del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, che il legislatore delegante ha ritenuto di fissare in quattro anni.

L'articolo 6 stabilisce le modalità di determinazione del gettone di presenza dei componenti non togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione.

L'articolo 7 individua le competenze del Consiglio direttivo della Corte di cassazione che, conformemente alle indicazioni della delega, sono state definite in termini di analogia rispetto a quelle previste per i consigli giudiziari, tenendo però conto del limite, pure esso indicato dalla legge di delegazione, della necessaria compatibilità tra le competenze espressamente attribuite dal legislatore delegante ai consigli giudiziari e quelle da attribuire al Consiglio direttivo della Corte di cassazione. Tale compatibilità è stata, in effetti, ritenuta sussistente in relazione a tutte le funzioni dei consigli giudiziari, con la sola eccezione delle funzioni di questi ultimi riguardanti gli uffici dei giudici di pace. Nel definire le competenze del Consiglio direttivo – come pure, all'articolo 15, dei consigli giudiziari - si è, infine, tenuto conto, della facoltà, ad esso conferita nel contesto dei principi e criteri direttivi della delega relativa alla istituzione della Scuola superiore della magistratura, di formulare proposte al comitato direttivo della Scuola, in materia di programmazione della attività didattica della stessa.

L'articolo 8 definisce la composizione del Consiglio direttivo in relazione alle varie competenze ad esso attribuite, prevedendo, in conformità con la delega, che i componenti laici, professori universitari ed avvocati, che, data la loro estrazione professionale, potrebbero assumere la veste di parti davanti alla Corte, possano partecipare solo alle discussioni e deliberazioni relative all'esercizio delle competenze concernenti la formulazione del parere sulle tabelle della Corte e l'esercizio della vigilanza sugli uffici, essendo invece esclusi dalle discussioni e deliberazioni comportanti, in senso lato, valutazioni riguardanti i singoli magistrati. Il Consiglio direttivo, come i consigli giudiziari, opererà, dunque, secondo un assetto “a geometria variabile”.

 

L'articolo 9 definisce la nuova composizione dei consigli giudiziari, anch'essi aperti, come già anticipato, alla partecipazione di componenti non togati, esperti di diritto e componenti designati dalle regioni. Accanto, quindi, ai membri di diritto – presidente della corte di appello, che presiede il consiglio giudiziario, procuratore generale presso la corte di appello e presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto – figurano, anch'essi come componenti effettivi, altri cinque o sette membri togati - a seconda che nel distretto prestino servizio sino a trecentocinquanta magistrati o più di trecentocinquanta magistrati - - e quattro laici - uno professore di università in materie giuridiche, nominato dal Consiglio uversitario nazionale su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione, uno avvocato con almento quindici anni di esercizio effettivo della professione, nominato dal Consiglio nazionale forense su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto, e due nominati dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto – nonché un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto.

Mentre l'articolo 10 individua i componenti supplenti del consiglio giudiziario, l’articolo 11 individua, nel presidente della corte di appello, il presidente dell'organo e definisce le modalità ed i tempi per l'elezione del vicepresidente e del segretario.

L'articolo 12, disciplina l'elezione dei componenti togati del consiglio giudiziario, secondo un sistema già evidenziato in relazione alla elezione dei componenti togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e, quindi, delineato, conformemente a quanto previsto dalla delega, in termini analoghi a quello previsto per i componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. Il sistema presenta, dunque, una connotazione di stampo maggioritario, derivante dalla previsione per la quale ciascun elettore esprime il voto per un solo magistrato per ciascuna delle categorie di magistrati nell'ambito delle quali i componenti togati sono scelti, con la proclamazione della elezione dei candidati che hanno ottenuto, nell'ambito di ciascuna categoria, il maggior numero di voti.

L'articolo 13 disciplina la durata in carica dei consigli giudiziari, che il legislatore delegante ha ritenuto di elevare da due a quattro anni.

L'articolo 14 stabilisce le modalità di determinazione del gettone di presenza dei componenti non togati dei consigli giudiziari.

L'articolo 15 definisce le competenze dei consigli giudiziari ai quali il legislatore delegante ha attribuito una pluralità di compiti, alcuni consultivi, rimodellati su quelli già esistenti, altri decisionali, nella logica del decentramento del sistema dell'autogoverno della magistratura. Ai consigli giudiziari è così attribuita la competenza: a) a formulare pareri sulle tabelle proposte dai capi degli uffici giudiziari; b) a svolgere un'ampia funzione consultiva sull'attività professionale dei magistrati; c) ad esercitare compiti di vigilanza, sia sul comportamento dei magistrati, che sull'andamento degli uffici giudiziari; d) a formulare proposte e pareri sull'organizzazione e il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto; e) ad adottare una serie di atti in materia di stato giuridico ed economico dei magistrati; f) a formulare, infine, pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, su materie attinenti ad ulteriori competenze ad essi attribuite. E precisato, al comma 2, che il consiglio giudiziario esercita le proprie competenze anche in relazione alle eventuali sezioni distaccate della corte di appello.

L'articolo 16 definisce la composizione dei consigli giudiziari in relazione alle varie competenze ad essi attribuite, delineando, come per il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, un modello operativo “a geometria variabile”.

L'articolo 17 prevede la copertura finanziaria degli oneri a carico del bilancio dello Stato derivanti dall'applicazione delle disposizioni recate dal decreto. Si precisa che al funzionamento del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari presso le corti di appello si provvede con le risorse umane e strumentali già operanti presso i rispettivi uffici.

L'articolo 18 elenca le disposizioni la cui abrogazione - ferma restando l'ulteriore opera di coordinamento delle disposizioni del decreto legislativo con le altre leggi dello Stato e di abrogazione delle disposizioni con esso incompatibili, che il legislatore delegato è chiamato a svolgere nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 3, della legge numero 150 del 2005 - si è ritenuto opportuno disporre sin dalla data di acquisto di efficacia del decreto, al fine di evitare dubbi ed incertezza interpretative. L'articolo 19 disciplina la decorrenza dell'efficacia delle disposizioni contenute nel decreto, conformemente a quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, della legge delega.

 

 

 

 

Ø      Il decreto legislativo n. 240 del 2006

 

Il decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240 reca disposizioni relative alla individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari, nonchéal decentramento su base regionale di talune competenze del Ministero della giustizia

Nello specifico, Il provvedimento attua la previsione contenuta negli articoli 1, comma 1, lettera a) e 2, comma 1, lettere s) e t), nonché nell'articolo 2, comma 12, della legge delega.

L’articolato del decreto è suddiviso in tre capi: il primo, che comprende gli artticoli da 1 a 5, è dedicato alla individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari, il secondo, che comprende gli articoli da 6 a 10, è dedicato al decentramento del Ministero della giustizia, mentre il terzo contiene le disposizioni finali.

In particolare l'articolo 1 definisce l'ambito delle competenze e dei poteri riservati alla dirigenza magistratuale. Confermemente a quanto previsto dalla legge di delegazione la disposizione si preoccupa, in primo luogo, di salvaguardare l'unitarietà dell'ufficio giudiziario, prevedendo l'unitarietà della relativa titolarità, attribuita al magistrato capo dell'ufficio. Essa riserva poi, al medesimo magistrato capo dell'ufficio, la competenza in ordine ai compiti di “amministrazione della giuridizione” e di “amministrazione dei giudici”, conferendo, in via esclusiva, allo stesso, la competenza ad adottare i provvedimenti “necessari per l'organizzazione dell'attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico”.

 

Gli articoli 2 e 3 del provvedimento concernono il ruolo del dirigente amministrativo

In particolare, l'articolo 2 attribuisce al dirigente amministrativo, in primo luogo, la responsabilità della gestione del personale amministrativo con funzioni di supporto degli uffici giudiziari, gestione che andrà, peraltro, attuata in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell'ufficio, oltre che con il programma annuale delle attività da svolgere nel corso dell'anno predisposto dallo stesso dirigente amministrativo unitamente al magistrato capo dell'ufficio giudiziario ai sensi dell'articolo 4. In attuazione di una espressa previsione della legge di delegazione, al dirigente amministrativo è stata attribuita anche la competenza ad adottare direttamente i provvedimenti disciplinari previsti dall'articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), segnatamente, il rimprovero verbale e la censura.

L'articolo 3, attribuisce poi al dirigente amministrativo la gestione delle risorse finanziarie e strumentali assegnategli per l'espletamento del suo mandato. L'assegnazione di tali risorse è effettuata ad opera del direttore regionale o interregionale territorialmente competente, organo istituito dall'articolo 8, o ad opera dell'amministrazione centrale - a seconda che tali risorse siano strumentali rispetto ad ambiti di competenza decentrata o ad ambiti di competenza rimasta in capo agli organi dell'amministrazione centrale - e secondo i criteri indicati dal Ministro, ai sensi degli articoli 4, comma 1, lettera c), 14, comma 1, lettera b) e 16, comma 1, lettera b), del citato D.Lgs 165/2001, che disciplinano le competenze dell'organo politico di vertice e della dirigenza in materia di assegnazione delle risorse. Il provvedimento di assegnazione delle risorse definisce i limiti entro i quali il dirigente amministrativo è comptente ad adottare impegni verso l'esterno con oneri di spesa.

L'articolo 4, introduce il programma delle attività annuali, nuovo strumento di organizzazione degli uffici, prodotto della collaborazione tra il magistrato capo dell'ufficio ed il dirigente amministrativo, a mezzo del quale gli stessi annualmente definiscono, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il piano delle attività da svolgere nel corso dell'anno. L'adozione del programma dovrà avvenire, annualmente, entro trenta giorni dalle determinazioni adottate, a seguito della direttiva generale del Ministro della giustizia per l'attività amministrativa e la gestione, di cui all'articolo 14 del D.Lgs 165/2001, dal direttore regionale o interregionale dell'organizzazione giudiziaria, dal direttore preposto agli uffici istituiti, ai sensi dell'articolo 5, presso le Corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo, o dagli organi della amministrazione centrale, per quanto di rispettiva competenza. Il comma 2 dell'articolo 4 disegna, infine, la sequenza procedimentale volta ad attivare i poteri di intervento del Ministro della giustizia per il caso di mancata predisposizione o esecuzione del programma o nel caso di mancata adozione di modifiche dello stesso divenute indispensabili per la funzionalità dell'ufficio giudiziario. In tali casi, qualora il magistrato capo dell'ufficio giudiziario ed il dirigente amministrativo non provvedano nel termine perentorio fissato dal Ministro, è previsto un intervento sostitutivo di quest'ultimo il quale incarica degli adempimenti urgenti il presidente della corte di appello del distretto di appartenenza dell'ufficio giudiziario inerte ed il dirigente amministrativo del relativo ufficio, mentre provvede direttamente nel caso di inerzia delle corti di appello o della Corte di cassazione.

L'articolo 5, attua la previsione contenuta nell'articolo 2, comma 1, lettera t), della legge delega, prevedendo l'istituzione, presso le Corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo, dell'ufficio del direttore tecnico, organo di livello dirigenziale generale, costituito, presso tali corti di appello, per l'organizzazione tecnica e la gestione dei servizi non aventi carattere giurisdizionale. Nel definire, al comma 3, i compiti demandati all'ufficio, la disposizione riprende quanto poi espressamente chiarito all'articolo 8, comma 3, in ordine alla relazione tra l'ufficio stesso e le, anch'esse neoistituite direzioni generali regionali e interregionali dell'organizzazione giudiziaria, richiamando i poteri di programmazione ed indirizzo spettanti al direttore generale preposto alle suddette direzioni generali regionali o interregionali nei confronti della attività dell'ufficio dei direttore tecnico - nei limiti delle competentenze devolute alle direzioni generali regionali e interregionali da lui dirette.

Conformemente alla delega, la disposizione definisce poi, al comma 4, la dotazione di personale dell'ufficio del direttore tecnico e chiarisce, al comma 5, che le strutture dell'ufficio sono reperite mediante lo strumento della locazione finanziaria.

L'articolo 6, che apre il capo II intitolato al decentramento del Ministero della giustizia, prevede l'istituzione dei nuovi organi periferici del Ministero, le direzioni regionali e interregionali dell'organizzazione giudiziaria, chiamati ad esercitare, localmente, le attribuzioni trasferite dall'amministrazione centrale. La specifica individuazione di tali direzioni, della circoscrizione regionale o interregionale che ne segna l'ambito di competenza per territorio, dei distretti di corte di appello in essa ricompresi e delle sedi, è prevista nella tabella allegata al decreto. Al fine assicurare il migliore adeguamento della azione amministrativa delle direzioni generali alle necessità degli uffici giudiziari del territorio, le direzioni interregionali sono state limitate a sole quattro, mediante accorpamento delle regioni Piemonte e Valle d'Aosta, Umbria e Marche, Abruzzo e Molise e Calabria e Basilicata. Complessivamente risultano pertanto istituite sedici direzioni generali regionali o interregionali. In relazione alla esigenza di assicurare economicità di gestione o più elevati livelli di efficienza del servizio od alla esigenza di adeguamento delle circoscrizioni alle modificazioni territoriali dei distretti, è possibile procedere alla istituzione, soppressione o modifica delle direzioni generali regionali o interregionali con lo strumento del regolamento di organizzazione, di cui agli articoli 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400[9], e 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300[10].

L'articolo 7, individua l'ambito della sfera di attribuzioni delle direzioni generali regionali o interregionali dell'organizzazione giudiziaria, devolvendo alle stesse, in conformità con la delega, le grandi aree funzionali del personale e della formazione, dei sistemi informativi automatizzati, delle risorse materiali, dei beni e dei servizi e delle statistiche (comma 1). Tali aree si connotano come trasversali alla organizzazione per dipartimenti del Ministero della giustizia oggetto del decentramento, interessando sia, in misura preponderante, il Dipartimento per gli affari di giustizia, sia il Dipartimento per la giustizia minorile, sia, infine, il Dipartimento per gli affari di giustizia sia pur, essenzialmente, per ciò che concerne le funzioni dello stesso relative al servizio dei casellari giudiziali. A tale ultimo proposito, si è ritenuto di esplicitare, nella previsione di cui al comma 2, la competenza delle direzioni regionali o interregionali per le funzioni relative al servizio dei casellari giudiziali, competenza che, nel testo della legge di delegazione, sembrava ricavarsi, piuttosto, per implicito, dalla riserva alla amministrazione statale del servizio del casellario giudiziale centrale. Esigenze di immediatezza nella ricostruzione del quadro complessivo delle attribuzioni dei nuovi organi periferici e delle attribuzioni che, pur se relative alle aree funzionali sopra indicate, rimangono, conformemente alle previsioni della delega, in capo all'organizzazione burocratica centrale, hanno indotto a ricompredere anche l'indicazione di queste ultime nel contesto del medesimo articolo 7, al comma 3. La devoluzione alle direzioni generali regionali o interregionali delle grandi aree funzionali del personale e della formazione, dei sistemi informativi automatizzati, delle risorse materiali, dei beni e dei servizi e delle statistiche, comporterà, come è evidente, oltre che la necessità di una puntuale definizione delle funzioni e dei compiti, inerenti tali aree, attribuiti alle direzioni generali medesime e di quelle che, viceversa, resteranno in capo agli organi dell'amministrazione centrale, un intervento di profonda revisione dell'attuale organizzazione del Ministero della giustizia contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55. Anche in questo caso lo strumento del regolamento di organizzazione, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della citata legge 400/1988 e dell'articolo 4 del decreto legislativo 300/1999, è stato individuato, al comma 4, come quello idoneo, nell'attuale sistema delle fonti, ad attuare tale intervento di revisione dell'organizzazione ministeriale. Da tale intervento non potranno derivare ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato.

L'articolo 8 del provvedimento, oltre a richiamare, a proposito del direttore generale regionale o interregionale dell'organizzazione giudiziaria, la disposizione di cui all'articolo 18 decreto legislativo 300/1999, relativo ai soggetti che possono rivestire incarichi dirigenziali nell'ambito del Ministero della giustizia, individua, al comma 2, nel suddetto direttore generale, il responsabile dell'intera attività della direzione regionale o interregionale, chiamandolo, altresì, ad attuare i programmi definiti, sulla base delle direttive generali emanate dal Ministro della giustizia, dal capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, dal capo del Dipartimento per la giustizia minorile e dal capo del Dipartimento per gli affari di giustizia, nell'esercizio dei poteri di indirizzo e coordinamento, ad essi rispettivamente spettanti in relazione all'area funzionale nella quale è ricompresa la funzione od il compito devoluto alla direzione generale regionale o interregionale, che l'articolo 7, comma 3, lettera a), in ossequio alle previsioni della delega, riserva alla amministrazione centrale. Come visto all'articolo 5, l'articolo 8 chiarisce poi, al comma 3, il rapporto tra l'ufficio del direttore tecnico costituito presso le quattro corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo e le direzioni generali regionali e interregionali dell'organizzazione giudiziaria, al cui direttore spettano poteri di programmazione ed indirizzo nei confronti della attività dell'ufficio dei direttore tecnico, nei limiti, beninteso, delle competentenze devolute alle direzioni generali regionali e interregionali da lui dirette. Il comma 4 dell'articolo in esame prevede, infine, la presentazione, da parte del direttore generale regionale o interregionale, con cadenza annuale, ai capi dei Dipartimenti sopra indicati, di una relazione riguardante l'andamento dei servizi, specificandone il contenuto.

L'articolo 9 detta le disposizioni in materia di modifica dell'organico dell'Amminstrazione giudiziaria conseguenti all'istituzione delle direzioni generali regionali o interregionali dell'organizzazione giudiziaria.

L'articolo 10 disciplina l'allocazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie destinate alle direzioni generali regionali ed interregionali, allocazione alla quale provvedono, per quanto di rispettiva competenza, il capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, il capo del Dipartimento per la giustizia minorile ed il capo del Dipartimento per gli affari di giustizia. La norma disciplina inoltre, al comma 2, i poteri di gestione delle risorse finanziarie destinate alla direzione generale regionale o interregionale, la assegnazione delle risorse umane e materiali destinate agli uffici giudiziari, la definizione dei limiti, per gli uffici giudiziari, concernenti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno e che comportano oneri di spesa, nonché, al comma 3, la trasmissione, da parte dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari della cirocscrizione, al direttore generale regionale o interregionale competente, dell'elenco delle spese sostenute nel semestre per il controllo sulla regolare attuazione dei programmi.

L'articolo 11 detta la disciplina transitoria in ordine agli immobili utilizzabili da parte delle direzioni generali regionali e interregionali sino alla data di acquisizione della sede definitiva.

L'articolo 12 prevede la copertura finanziaria del provvedimento e l’articolo 13 disciplina la decorrenza dell'efficacia delle disposizioni contenute nel decreto stesso.

 

 

Ø      Il decreto legislativo n. 106 del 2006

 

Il decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106[11]-attua la previsione contenuta negli articoli 1, comma 1, lettera d) , e 2, comma 4, della legge 150/2005, dove, in particolare, si prevede che vengano emanati uno o più decreti legislativi diretti alla riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero.

In linea generale, il legislatore delegante ha inteso delineare per l'ufficio del pubblico ministero un assetto nel quale la titolarità del potere organizzativo dell'ufficio e dell'esercizio dell'azione penale sia riconosciuta in via esclusiva al procuratore della Repubblica, il quale, sotto la sua responsabilità, li esercita personalmente ovvero mediante delega ai magistrati dell'ufficio, assicurando il corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale e delle norme sul giusto processo.

Nello specifico, l'articolo 1, al comma 1, fissa la regola generale secondo la quale il procuratore della Repubblica è titolare e responsabile esclusivo delle funzioni attribuite dal codice di procedura penale e da altre disposizioni di legge all'ufficio del pubblico ministero, mentre il comma 2 indica una serie di parametri ai quali il procuratore deve attenersi nell'esercitare quelle attribuzioni (corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell'azione penale e rispetto delle norme sul giusto processo) che trovano fondamento negli articoli 111 e 112 della Costituzione.

Il procuratore della Repubblica può designare, tra i procuratori aggiunti, il suo vicario, il quale, investito di attribuzioni di carattere fiduciario, esercita le medesime funzioni del procuratore per il caso in cui sia egli risulti assente o impedito ovvero quando l'incarico sia rimasto vacante (comma 3).

Il procuratore della Repubblica può delegare ad uno o più procuratori aggiunti ovvero ad uno o più magistrati addetti all'ufficio la cura di specifici settori di affari, individuati con riguardo ad aree omogenee di procedimenti ovvero ad ambiti di attività dell'ufficio che necessitano di uniforme indirizzo (comma 4). Con tale formula si è inteso fare riferimento non solo al coordinamento dei pool investigativi specialistici, ma anche a tutti quei settori di attività che, pur non facendo riferimento a procedimenti penali, debbano essere gestiti secondo criteri uniformi, quali il casellario giudiziale, l'esecuzione penale ed i correlativi rapporti con il tribunale di sorveglianza, il centro intercettazioni telefoniche con riguardo all'utilizzo uniforme delle risorse tecniche e finanziarie, gli affari civili, eccetera.

In conseguenza della titolarità esclusiva di tali attribuzioni in capo al procuratore della Repubblica, è previsto il potere di stabilire, in via generale ovvero con singoli atti, i criteri ai quali i procuratori aggiunti ed i magistrati dell'ufficio devono attenersi nell'esercizio della delega loro conferita (comma 5).

Il comma 6, da ultimo, costituisce l'esplicazione del potere di organizzazione del procuratore della Repubblica, sia con riguardo al funzionamento dell'ufficio, sia con riguardo ai criteri di assegnazione degli affari. Tali provvedimenti devono essere trasmessi al Consiglio superiore della magistratura (comma 7).

L'articolo 2 si occupa, come accennato in precedenza, della titolarità dell'azione penale, che è attribuita in via esclusiva al procuratore della Repubblica, il quale la esercita, sotto la sua responsabilità, nei casi e nei modi stabiliti dal codice di procedura penale, personalmente ovvero delegando uno o più magistrati addetti all'ufficio. La delega può riguardare non soltanto la trattazione di uno o più procedimenti, ma anche il compimento di singoli atti di essi. La norma fa espressamente salve le disposizioni di cui all'articolo 70-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, riguardanti la direzione distrettuale antimafia.

Il comma 2 regola l'ipotesi in cui il procuratore della Repubblica abbia preposto un procuratore aggiunto o un magistrato dell'ufficio al coordinamento dell'attività di un gruppo o di una sezione per la trattazione di un settore di affari: in tal caso, il potere di delega al singolo magistrato per la trattazione dei procedimenti assegnati dal procuratore a quel gruppo è attribuito al preposto, che lo esercita nel rispetto dei criteri stabiliti dal procuratore della Repubblica, restando comunque ferma la facoltà di revoca da parte di quest'ultimo in caso di divergenze o di inosservanza dei criteri enunciati con la delega stessa.

Al comma 3 è stabilito che la delega per la trattazione di un procedimento può essere accompagnata dall'indicazione di criteri ai quali il delegato deve attenersi nell'esercizio della stessa. Se il delegato si discosta dai criteri definiti in via generale o con la delega, ovvero insorge tra il delegato ed il procuratore della Repubblica un contrasto circa le modalità di esercizio della delega, il procuratore della Repubblica può, con provvedimento motivato, revocarla. E' quindi stabilita la facoltà di presentare osservazioni scritte da parte del delegato entro dieci giorni; scaduto il termine, il procuratore della Repubblica trasmette immediatamente il provvedimento di revoca e le eventuali osservazioni al procuratore generale presso la Corte di cassazione (pertanto tale invio deve avvenire anche in assenza di osservazioni da parte del magistrato al quale sia stata revocata la delega). Sia il provvedimento di revoca della delega e sia le eventuali osservazioni del delegato sono entrambi inseriti nei rispettivi fascicoli personali.

L'articolo 3 si occupa delle attribuzioni del procuratore della Repubblica in tema di misure cautelari.

Al riguardo, è stabilito che il magistrato dell'ufficio il quale dispone il fermo di indiziato di delitto ovvero formula la richiesta di misure cautelari personali o reali, deve ottenere l'espresso assenso del procuratore della Repubblica o di altro magistrato delegato ai sensi dell'articolo 1, comma 4. E' fatta, però, salva l'ipotesi, per le sole richieste di misure cautelari reali, che il procuratore della Repubblica possa stabilire, con direttiva a carattere generale, che l'espresso assenso non sia necessario, avuto riguardo al valore del bene oggetto della richiesta ovvero alla rilevanza del fatto per il quale si procede. Tale specifica eccezione conferma, per converso, che un provvedimento generale di tal fatta non potrebbe riguardare le altre tipologie di provvedimenti cautelari; e l'utilizzo della locuzione “espresso assenso” intende sottolineare la necessità di un'espressione di volontà specifica per ciascuna richiesta cautelare.

Il comma 4 rappresenta un'eccezione alla regola generale, stabilendo che non sia necessario l'espresso assenso nel caso in cui le richieste di misure cautelari personali o reali siano conseguenti alla richiesta di convalida dell'arresto in flagranza o del fermo di indiziato ai sensi dell'articolo 390 del codice di procedura penale, ovvero alla richiesta di convalida del sequestro preventivo in caso d'urgenza ai sensi dell'articolo 321, comma 3-bis, del codice di procedura penale.

L'articolo 4 rappresenta un'ulteriore puntualizzazione del generale potere di organizzazione e di gestione conferito al procuratore della Repubblica con riguardo all'ufficio al quale è preposto. Infatti, per assicurare l'efficienza dell'attività dell'ufficio, il procuratore della Repubblica può determinare i criteri generali ai quali i magistrati addetti all'ufficio devono attenersi nell'esercizio delle deleghe loro conferite, con specifico richiamo all'impiego della polizia giudiziaria ed all'uso delle risorse tecnologiche assegnate all'ufficio. Per quanto poi concerne le risorse finanziarie delle quali l'ufficio può disporre, i criteri generali stabiliti dal procuratore della Repubblica devono, a loro volta, essere dettati in conformità alle disposizioni contenute nel decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera a) e 2, comma 1, lettera s), della legge delega 150/2005, in materia di cosiddetta “doppia dirigenza”.

Il comma 2 del medesimo articolo inserisce un'ulteriore specificazione nell'ambito dell'esercizio dell'azione penale, prevedendo che il procuratore della Repubblica possa definire i criteri generali da seguire per l'impostazione delle indagini in relazione a settori omogenei di procedimenti, quali ad esempio, nei reati fallimentari, la previsione di soglie minime di valore per l'affidamento di incarichi di consulenza, ovvero, per taluni reati commessi a mezzo del telefono, l'utilizzo della documentazione del traffico telefonico piuttosto che il ricorso all'intercettazione telefonica.

L'articolo 5 regola invece i rapporti tra l'ufficio della procura della Repubblica e gli organi di informazione, stabilendo che spetta al solo procuratore della Repubblica tenere i contatti con i mass media per fornire la doverosa informazione circa vicende giudiziarie trattate dall'ufficio. Tale potere è delegabile ad altro magistrato dell'ufficio.

Il comma 2 precisa che le informazioni inerenti le attività della procura della Repubblica devono essere fornite senza riferimenti ai magistrati assegnatari del procedimento. Correlativamente, è fatto divieto ai magistrati della procura della Repubblica di rilasciare dichiarazioni o fornire notizie agli organi di informazione circa l'attività giudiziaria dell'ufficio. Tale divieto è rafforzato dalla previsione dell'obbligo imposto al procuratore della Repubblica di segnalare al consiglio giudiziario, per l'esercizio del potere di vigilanza e di sollecitazione dell'azione disciplinare, ogni condotta dei magistrati del suo ufficio che sia in contrasto col divieto stesso.

L'articolo 6 delinea l'attività di vigilanza che il procuratore generale presso la corte di appello svolge sugli uffici di procura della Repubblica del distretto, ponendo, quali parametri di tale funzione, da un lato, il corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale ed il rispetto delle norme sul giusto processo, e dall'altro, il puntuale esercizio da parte dei procuratori della Repubblica dei poteri di direzione, controllo e organizzazione degli uffici ai quali sono preposti.

Nell'espletamento di tale attività di vigilanza il procuratore generale acquisisce dati e notizie dalle procure della Repubblica del distretto ed invia al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione che deve avere cadenza almeno annuale, ciò che significa che la stessa può anche essere trasmessa ad intervalli più brevi ove le circostanze rendano necessaria ovvero opportuna un'informativa più tempestiva.

L'articolo 7 elenca le disposizioni da abrogare sin dalla data di acquisto di efficacia del decreto, al fine di evitare dubbi ed incertezza interpretative; resta ferma l'ulteriore opera di coordinamento delle disposizioni del decreto legislativo con le altre leggi dello Stato e di abrogazione delle disposizioni incompatibili, previste dall’art. 1, comma 3, della legge delega

L'articolo 8 disciplina la decorrenza dell'efficacia delle disposizioni contenute nel decreto, conformemente a quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, della legge delega.

 

 

Ø      Il decreto legislativo n. 20 del 2006

 

Il decreto legislativo n. 20 del 2006 attua la previsione relativa ad una disciplina transitoria relativa al conferimento degli incarichi direttivi, fino all'entrata in vigore delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h), numero 17) e lettera i), numero 6), della legge delega 150/2005.

L'articolo 1 indica l'oggetto del provvedimento – che, in linea con quanto previsto dalla delega, si applica soltanto alla magistratura ordinaria - e precisa che il conferimento degli incarichi, in esso contemplato, ha luogo sulla base delle ordinarie vacanze di organico degli uffici. La norma indica, altresì, la limitazione temporale dell'efficacia delle disposizioni recate dal decreto le quali, conformemente al principio della legge di delega, cesseranno di avere efficacia al momento dell'entrata in vigore delle norme previste dall'articolo 2, comma 1, lettera h), numero 17 e lettera i), numero 6), della legge di delegazione.

L'articolo 2 prevede che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità possono essere conferiti esclusivamente a magistrati che, al momento della data della vacanza del posto messo a concorso, assicurano una permanenza in servizio di almeno due anni rispetto alla data di ordinario collocamento a riposo.

L'articolo 3 prevede che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo e di secondo grado possono essere conferiti esclusivamente a magistrati che, al momento della data della vacanza del posto messo a concorso, assicurano una permanenza in servizio di almeno quattro anni rispetto alla data di ordinario collocamento a riposo.

L'articolo 4, in linea con le disposizioni di cui agli articoli 57 e 57-bis della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), come, rispettivamente, modificato ed inserito dall'articolo 1 del decreto legge 16 marzo 2004, n. 66, convertito dalla legge 11 maggio 2004, n. 126[12]  prevede che, ai fini del conferimento degli uffici direttivi disciplinati dal presente decreto, nel computo degli anni di permanenza in servizio, alla data di ordinario collocamento a riposo si aggiunga un periodo pari a quello della sospensione ingiustamente subita e del servizio non espletato per l'anticipato collocamento in quiescenza, eventualmente cumulati tra loro.

L'articolo 5 prevede la copertura finanziaria del provvedimento e l’articolo 6 contiene la disposizione sull'entrata in vigore e la norma di coordinamento che prevede la cessazione di efficacia della disposizione relativa al conferimento degli incarichi direttivi nelle more dell'attuazione della delega attuata con il presente decreto, contenuta nell'articolo 2, comma 45, della legge numero 150 del 2005.

 

 

Ø      Il decreto legislativo n. 24 del 2006

 

Il decreto legislativo 23 gennaio 2006, n. 24 attua la previsione contenuta negli articoli 1, comma 1, lettera e) e 2, comma 5, della legge delega 150/2005, laddove, in particolare, si prevede che vengano emanati uno o più decreti legislativi diretti a modificare l'organico della Corte di cassazione e la disciplina dei magistrati applicati presso la medesima.

Nel rivedere la pianta organica della Corte di cassazione il legislatore delegante ha inteso destinare all'esercizio delle funzioni di legittimità solo magistrati ai quali il Consiglio superiore abbia conferito tali specifiche funzioni, eliminando, dunque, la possibilità che esse siano attribuite a magistrati di merito con provvedimenti dei Capi della procura generale e della Corte stessa (come previsto dagli articoli 115 e 116 dell'ordinamento giudiziario vigente).

A tal fine il legislatore delegante ha previsto, in primo luogo, la soppressione di quindici posti, destinati ad essere coperti da magistrati di appello, previsti in organico presso la Corte di cassazione, nonché di tutti e ventidue i posti, pure destinati ad essere coperti da magistrati di appello, previsti in organico presso la Procura generale presso la Corte di cassazione e l'istituzione, in luogo dei posti soppressi, di altrettanti posti destinati a magistrati di cassazione, i quali presteranno servizio presso la Corte, o presso la Procura generale, nella stessa proporzione dei posti soppressi.

L'intento manifestato dal legislatore, nel complesso della delega, di consentire l'accesso alle funzioni di legittimità solo con le modalità previste nella delega medesima, ha poi indotto lo stesso legislatore delegante a prevedere la soppressione di ulteriori quindici posti destinati ai magistrati di appello, assegnando gli stessi a magistrati di tribunale.

Il legislatore delegante ha infine previsto che i trentasette magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale facenti parte della pianta organica della Corte, siano destinati a prestare servizio presso gli uffici del massimario e del ruolo e che il servizio prestato per almeno otto anni presso tali uffici costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale nell'attribuzione delle funzioni giudicanti di legittimità.

 

Nello specifico l'articolo 1 prevede le modificazioni all'organico della Corte di cassazione ed alla disciplina relativa ai magistrati applicati presso la stessa alle quali si è fatto, in precedenza, riferimento.

L'articolo 2 prevede, come si è sopra anticipato, che il servizio prestato per almeno otto anni presso l'ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione costituisce, a parità di graduatoria, titolo preferenziale nell'attribuzione delle funzioni giudicanti di legittimità.

L'articolo 3 prevede la modifica dell'articolo 117 dell'Ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1041, n. 12, avente natura di coordinamento con la citata soppressione dei posti dei magistrati di appello presso la Cassazione.

L'articolo 4 abroga – come espressamente previsto dalla delega (articolo 2, comma 5, lettera e) – l'articolo 116 dell'Ordinamento giudiziario.

L'articolo 5 detta norme transitorie dirette ad evitare che la soppressione dei posti prevista dall'articolo 1 possa recare nocumento alla funzionalità della Corte di cassazione. A tal fine la procedura di copertura dei posti avviene indipendentemente da parte del Consiglio superiore della magistratura fin dal momento di pubblicazione del decreto, che dispiega i suoi effetti restanti dal novantesimo giorno successivo, conformemente a quanto previsto dall'articolo 1, comma, 2, della legge numero 150 del 2005 (art. 6).

L'articolo 7 prevede la copertura finanziaria del provvedimento.

 

 

Ø      Il decreto legislativo n. 35 del 2006

 

Il decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 35 attua la previsione contenuta negli articoli 1, comma 1, lettera g) e 2, comma 8, della legge delega, laddove prevede, in particolare, che vengano emanati uno o più decreti legislativi diretti a prevedere forme di pubblicità degli incarichi extragiudiziari conferiti ai magistrati di ogni ordine e grado.

I principi ed i criteri direttivi per l'attuazione della delega innanzi indicata sono contenuti nell'articolo 2, comma 8, lettere a), b) e c), della legge 150 del 2005.

Il provvedimento consta di tre soli articoli.

L'articolo 1 si riferisce agli incarichi extragiudiziari conferiti ai magistrati ordinari e, al riguardo, dispone, al comma 1, che il Consiglio Superiore della Magistratura, con cadenza semestrale, deve rendere noto, mediante inserimento in apposita sezione del proprio sito Internet, l'elenco degli incarichi extragiudiziari conferiti ai magistrati di ogni ordine e grado, il cui svolgimento sia stato autorizzato dal Consiglio stesso. Il comma 2 del medesimo articolo 1 prevede che, per ciascun incarico, l'elenco pubblicato indichi l'ente che lo ha conferito, l'eventuale compenso percepito, la natura, la durata ed il numero di quelli precedentemente svolti dal magistrato nell'ultimo triennio.

Per quanto riguarda le modalità di realizzazione della pubblicità dei dati relativi a tali incarichi extragiudiziari, è stato previsto che la stessa venga realizzata mediante l'inserimento dell'elenco in un'apposita sezione del sito Internet del Consiglio Superiore della Magistratura, atteso che il bollettino periodico previsto dalla lettera c) dell'articolo 2, comma 8 non è più utilizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura e nella delega non vi è, sul punto, la necessaria copertura finanziaria.

L'articolo 2 disciplina la pubblicità degli incarichi conferiti ai magistrati delle altre giurisdizioni e agli avvocati e procuratori dello Stato, ovvero autorizzati dai rispettivi organi di amministrazione. Il contenuto della pubblicità, la cadenza e le modalità sono sostanzialmente le medesime previste per gli incarichi conferiti ai magistrati ordinari, cambiando soltanto la menzione degli organi istituzionalmente competenti ad autorizzare gli incarichi. E' stato altresì previsto che il Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato trasmetta i dati al Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale dà notizia dell'adempimento aanche al Ministro della giustizia.

L'articolo 3 disciplina la decorrenza dell'efficacia delle disposizioni contenute nel decreto, conformemente a quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, della legge numero 150 del 2005.

 

 

Ø      Il decreto legislativo n. 62 del 2006

 

Il decreto legislativo 7 febbraio 2006, n. 62, attuando la previsione contenuta nell'articolo 2, commi 17 e 18, della legge delega, modifica la disciplina concernente l'elezione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti e del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa.

Il legislatore delegante ha inteso, con l’intervento, rendere sostanzialmente omogenee le discipline di elezione dei due predetti organi di autogoverno della magistratura amministrativa e di quella contabile.

Infatti, i criteri stabiliti nel comma 17 prevedevano: a) la durata quadriennale dei relativi componenti elettivi; b) la non rieleggibilità degli stessi per gli otto anni successivi alla scadenza dell'incarico; c) l'introduzione, anche nell'elezione del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, del criterio della preferenza unica, già vigente per l'organo di autogoverno della magistratura contabile, tanto per l'elezione dei componenti effettivi che di quelli supplenti.

In dettaglio, l'articolo 1 del decreto legislativo reca la disciplina sostanziale dell'intervento, attuando il comma 17 dell'articolo della legge n. 150/2005, mentre l'articolo 2 disciplina l'acquisto di efficacia del decreto medesimo.

L'articolo 1 reca due commi: con il primo si novella l'articolo 10 della legge 13 aprile 1988, n. 117, recante il Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati, mentre il secondo interviene sull'articolo 9 della legge 27 aprile 1982, n. 186, recante, a sua volta, Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali.

Il comma 1 apporta due modifiche al citato art. 10.

Con la prima, si rende il tenore letterale del relativo comma 2, lettera c), conforme al suo significato normativo già vigente per effetto dell'articolo 6-bis, comma 3, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354 (Disposizioni urgenti per il funzionamento dei tribunali delle acque, nonché interventi per l'amministrazione della giustizia), convertito dalla legge 26 febbraio 2004, n. 45, che ha inserito nell'organico il posto di Presidente aggiunto della Corte dei conti, in luogo di un presidente di sezione (funzionalmente, quello più anziano) della Corte stessa.

Con la seconda, si aggiunge all'articolo 10 un comma (il 2-bis) volto a specificare che i componenti elettivi del Consiglio di presidenza della Corte dei conti durano in carica quattro anni e non sono nuovamente eleggibili per i successivi otto anni dalla scadenza dell'incarico.

Il comma 2 novella l'articolo 9, terzo comma, della legge 186/1982, introducendo, per l'elezione del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, il criterio della preferenza unica, già vigente per gli altri organi di autogoverno delle magistrature, specificando che ogni votante può esprimere preferenze per un solo componente titolare e per un solo componente supplente. Viene altresì ivi richiamato, coerentemente con il rilevato significato della delega, il comma 2-bis del citato art. 10 della legge n. 117/1988, e si stabilisce, quale corollario dell'introduzione della preferenza unica, che in caso di dimissioni o di cessazione dalla carica di un componente si proceda in ogni caso ad elezioni suppletive: conseguentemente, viene disposta l'abrogazione del comma 4 dell'articolo 7 della stessa legge 186/1982, che appunto recava la previsione di scorrimento in favore dei primi tra i non eletti.

Infine, l'articolo 2 disciplina, nel senso anzidetto, l'acquisto di efficacia da parte delle disposizioni del decreto legislativo, recando altresì la clausola della relativa obbligatorietà. E’ precisato che le disposizioni del decreto non hanno effetto sui consigli di presidenza in carica all'atto di acquisto di efficacia del decreto medesimo.

 

 

Ø      Il decreto legislativo, n. 109 del 2006

 

Il decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109[13] dà attuazione alla delega contenuta nella legge 150/2005 (art. 1 comma 1, lett. f) relativa alla individuazione delle fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicazione, nonché alla modifica della disciplina in tema di incompatibilità, di dispensa dal servizio e di trasferimento d'ufficio, secondo i principi e criteri direttivi previsti dall'art. 2, commi 6 e 7.

Il decreto consta di 32 articoli divisi in quattro capi, rispettivamente dedicati alla normativa di diritto sostanziale sulla responsabilità disciplinare (capo I), al procedimento disciplinare (capo II), alle incompatibilità, alla dispensa dal servizio ed al trasferimento d'ufficio (capo III), alle disposizioni finali ed all'ambito di applicazione (capo V).

Il capo I è diviso in due sezioni; la prima sezione contiene le norme che indicano i doveri ai quali il magistrato dovrà conformare la propria condotta, e le norme che tipizzano i comportamenti illeciti; la secondo sezione contiene le norme che prevedono le sanzioni ed i criteri da seguire per l'applicazione delle medesime.

L'articolo 1 individua i doveri che il magistrato dovrà rispettare nell'esercizio delle proprie funzioni, ed i valori ai quali egli dovrà conformare la propria condotta anche al di fuori dell'esercizio delle funzioni. Nel primo comma, vengono, quindi, richiamati non solo i doveri di imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio, ma anche un più generale dovere di rispetto della dignità personale.

Nel secondo comma vengono vietati i comportamenti che, sebbene legittimi, compromettano la credibilità, il prestigio ed il decoro del magistrato e dell'istituzione giudiziaria. Il terzo comma esprime nel modo più evidente il principio di tipizzazione: la norma seleziona infatti, tra le violazioni dei doveri previsti in via generale dai primi due commi, solo quelle integranti le fattispecie illecite descritte negli articoli 2, 3 e 4.

Il successivo articolo 2 elenca, poi, gli illeciti disciplinari commessi nell'esercizio delle funzioni; trattasi di fattispecie in gran parte già focalizzate dalla giurisprudenza del Consiglio superiore della magistratura e della Suprema corte di Cassazione, alle quali si accompagna, quale norma di chiusura prevista dall'art. 2, comma 6, lett. a) della legge 25 luglio 2005 n. 150, la previsione di ogni altra violazione dei doveri di imparzialità, laboriosità, correttezza e diligenza.

L'articolo 3 elenca gli illeciti disciplinari commessi al di fuori dell'esercizio delle funzioni. Le fattispecie descritte contemplano svariati comportamenti, ognuno dei quali, però, lede in misura prevalente uno o alcuni dei doveri previsti dall'art. 1.

L'articolo 4 contempla come illecito disciplinare una serie di fatti, la cui rilevanza in termini di elementi costitutivi di reato è stata accertata in sede penale, anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti.

L'articolo 5 elenca le sanzioni, che devono ritenersi tassative, conseguenti alla violazione dei doveri specificati dagli articoli precedenti.

Di rilievo è il meccanismo previsto dal secondo comma per il caso di concorso di illeciti. La legge delega ha previsto che quando, per il concorso di più illeciti disciplinari, si dovrebbero irrogare più sanzioni meno gravi, si applichi altra sanzione di maggiore gravità, sola o congiunta con quella meno grave se compatibile.

In attuazione di tale direttiva si è previsto che, nell'ipotesi di illeciti disciplinari puniti con sanzioni disomogenee, si applichi quella prevista per l'infrazione più grave; nell'ipotesi in cui, invece, gli illeciti siano puniti con sanzioni omogenee, si applicherà quella immediatamente più grave. In entrambi i casi, potrà applicarsi anche la sanzione meno grave, se compatibile.

Gli articoli 6, 7, 8, 9, 10 e 11 definiscono le sanzioni applicabili, che sono l'ammonimento, la perdita dell'anzianità, la temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo, la sospensione dalle funzioni (da 3 mesi a 2 anni), la rimozione. Le caratteristiche strutturali dell'ammonimento, della censura, della perdita dell'anzianità e della rimozione, restano sostanzialmente invariate rispetto al R. D. L.gs 31 maggio 1946 n. 511 (Guarentigie della magistratura), mentre è stata introdotta la sanzione dell' incapacità temporanea ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo. Sono dunque previste sanzioni conservative (ammonimento, censura, perdita dell'anzianità, temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo, sospensione dalle funzioni) e sanzioni non conservative (rimozione).

Ammonimento e censura sono formalizzate nel dispositivo della decisione disciplinare; la rimozione, anch'essa pronunziata in esito al procedimento innanzi al Consiglio superiore della magistratura, viene attuata mediante decreto del Presidente della Repubblica.

La perdita dell'anzianità e la sospensione temporanea ad esercitare un incarico sono contenute entro limiti temporali minimi e massimi.

L’articolo 12 prevede, poi, quali sanzioni debbano essere comminate per le singole fattispecie di illecito, in attuazione dei principi posti dall'articolo 2 comma 6 lett. h), i) ed l) della legge 150/2005.

Sono, quindi, previste sanzioni non inferiori alla censura, ognuna corrispondente, in ordine di crescente gravità, ad un insieme di illeciti disciplinari connotati da un analogo disvalore.

L'articolo 13 prevede il trasferimento d'ufficio e i provvedimenti cautelari.

In particolare, ai sensi del comma 1, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, nell'infliggere una sanzione diversa dall'ammonimento e dalla rimozione, può disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell'amministrazione della giustizia. il trasferimento è obbligatorio nel caso in cui è comminata la sanzione della sospensione dalle funzioni, ovvero quando l'illecito disciplinare abbia arrecato ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti.

Il secondo comma prevede, poi, la possibilità di trasferire il magistrato di sede, o di destinarlo ad altre funzioni, in via cautelare, ove ricorrano motivi di particolare urgenza, sempre che sussistano gravi elementi di fondatezza dell'azione disciplinare.

 

Il Capo II ridelinea, in conformità con i principi e criteri direttivi della legge delega, la disciplina del procedimento per l'applicazione delle sanzioni disciplinari ai magistrati.

L'articolo 14 disciplina, in particolare, la fase di avvio del procedimento disciplinare. La novità di maggior rilievo introdotta dalla legge di delegazione e recepita nel presente decreto è rappresentata, ferma restando la doppia titolarità dell'azione disciplinare in capo al Ministro della giustizia ed al Procuratore generale presso la Corte di cassazione (comma 1), dall'esercizio obbligatorio dell'azione da parte di quest'ultimo. Così, mentre il Ministro guardasigilli manterrà la “facoltà” di promuovere l'azione disciplinare, conformemente a quanto previsto dall'art. 107, secondo comma, della Costituzione, mediante richiesta di indagini al procuratore generale (comma 2), l'esercizio dell'azione disciplinare da parte di quest'ultimo organo - che ne invia comunicazione al Consiglio superiore della magistratura ed al Ministro della giustizia che può chiederne l'estensione ad altri fatti - non sarà più connotato dal carattere della facoltatività, assegnatogli sinora dall' articolo 14, primo comma, n. 1), secondo periodo, della legge 24 marzo 1958, n. 195, ma da quello della obbligatorietà (comma 3).

Il comma 4, primo periodo, dell'articolo 15 pone poi l'obbligo, a carico del Consiglio superiore della magistratura, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, di comunicare ai titolari dell'azione disciplinare i fatti rilevanti sotto tale profilo; analogo e strumentale obbligo di comunicazione dei fatti disciplinarmente rilevanti concernenti l'attività dei magistrati della sezione o del collegio è posto, dal secondo periodo del medesimo comma 4, in capo ai rispettivi presidenti. L'inosservanza dell'obbligo posto in capo a questi ultimi soggetti, nonché in capo al dirigente dell'ufficio, è sanzionata ai sensi dell' articolo 2, comma 1, lett. dd), del decreto.

L'articolo 15 regola i termini dell'azione disciplinare. Mentre resta fermo che l'azione disciplinare deve essere promossa entro un anno dall'apprendimento della notizia, “a seguito dell'espletamento di sommarie indagini preliminari, o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia” (comma 1, primo periodo), viene chiarito, nel secondo periodo del medesimo comma, quale sia il contenuto proprio di una denuncia circostanziata, in difetto del quale la denuncia medesima non potrà costituire notizia di rilievo disciplinare. Quanto agli ulteriori termini della sequenza, mentre resta pure fermo quello di un anno dall'inizio del procedimento – segnato dalla richiesta di indagini rivolta dal Ministro al Procuratore generale o dalla comunicazione di quest'ultimo al Consiglio superiore (comma 3) - per lo svolgimento delle indagini nel procedimento disciplinare, viene ridotto il lasso temporale entro il quale dovrà essere pronunciata la sentenza dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura: non più due, ma un solo anno dalla richiesta di fissazione dell'udienza di discussione orale o per la declaratoria di non luogo a procedere (comma 2). Il comma 6 disciplina, infine, i termini per la pronuncia nel giudizio di rinvio conseguente all'annullamento della sentenza della Sezione disciplinare da parte della Corte di cassazione.

Il comma 4 detta la disciplina relativa alla comunicazione all'incolpato dell'inizio del procedimento, con l'indicazione del fatto addebitatogli,nonché delle ulteriori contestazioni nel corso delle indagini. E' prevista la facoltà per l'incolpato di farsi assistere, sin dalla fase istruttoria, da un difensore, avvocato o magistrato, anche in quiescenza. Il comma 5 detta la disciplina della nullità degli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all'incolpato o dall'avviso al difensore, se previsto. I commi 7 e 8 prevedono, rispettivamente, l' estinzione del procedimento disciplinare per l' inosservanza dei termini, sempre che l'imputato vi consenta, e la disciplina delle ipotesi di sospensione dei termini medesimi.

L'articolo 16 disciplina la fase istruttoria del procedimento disciplinare.

Viene, in primo luogo, eliminata la possibilità, per il Procuratore generale, di scegliere se procedere tramite istruzione formale, spettante ad uno dei componenti della Sezione disciplinare, o tramite istruzione sommaria, spettante al Procuratore generale o ad un magistrato del suo ufficio, attraverso la previsione che all' attività di indagine proceda sempre il pubblico ministero, cioè, appunto, il Procuratore generale o un suo sostituto (comma 1).

In secondo luogo, con il comma 2, viene eliminato il rinvio al previgente codice di rito penale e, quindi, l'ultrattività delle disposizioni del medesimo in materia istruttoria. Dalla data di efficacia del decreto legislativo verranno dunque osservate, in quanto compatibili, le norme del vigente codice di procedura penale del 1989, con l'espressa esclusione, peraltro, di quelle che comportano l'esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell'imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti, estranee alla natura del procedimento e dell'illecito disciplinari, fatta salva l'applicazione dell' articolo 133 c.p.p..

Il comma 3 mantiene il richiamo alle disposizioni penali sostanziali per ciò che attiene alle persone informate sui fatti, ai periti ed agli interpreti.

Il comma 4 introduce una ulteriore novità di rilievo, contemplata dalla legge di delegazione: la possibilità per il P:G., ove lo ritenga necessario “ai fini delle determinazioni sull'azione disciplinare”, di acquisire atti coperti da segreto investigativo, senza che lo stesso possa essergli opposto, fermo restando che, qualora il procuratore della Repubblica “comunichi, motivatamente, che dalla divulgazione degli atti coperti da segreto investigativo possa derivare grave pregiudizio alle indagini”, il Procuratore generale dovrà disporre con decreto che tali atti rimangano segreti per un periodo non superiore a dodici mesi, sospendendo il procedimento per uguale periodo.

Il comma 5 prevede, infine, la possibilità per il pubblico ministero di delegare il compimento di atti di indagine da compiere fuori dal proprio ufficio ad altro magistrato in servizio presso la procura generale della corte di appello nel cui distretto l'atto deve essere compiuto.

L'articolo 17 disciplina la fase relativa alla chiusura delle indagini.

Con riferimento a tale fase, particolarmente significativo è il rilievo attribuito dal legislatore delegante e, conseguentemente dal decreto, al ruolo del Ministro della giustizia.

In particolare, nel caso di richiesta di declaratoria di non luogo a procedere (di cui al comma 6), il Ministro della giustizia potrà opporvisi, nelle ipotesi in cui abbia promosso l'azione disciplinare o richiesto l'integrazione della contestazione, presentando memoria; in caso di accoglimento dell'opposizione - sulla quale pronuncia, in camera di consiglio, la sezione disciplinare - il Ministro della giustizia potrà chiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione (comma 7). Nell'ipotesi di richiesta di declaratoria di non luogo a procedere, e sempre che abbia promosso l'azione disciplinare o richiesto l'integrazione della contestazione, il Ministro della giustizia potrà, peraltro, anche optare per richiedere direttamente al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione (comma 8).

Nel caso in cui invece il procuratore generale formuli l'incolpazione e richieda al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale (comma 2), ricevuta la relativa comunicazione, il Ministro della giustizia potrà, nei successivi 20 giorni, chiedere l'integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, che il procuratore generale sarà tenuto a porre in essere (comma 3). La disposizione in esame prevede, ancora, che il Ministro della giustizia, nel caso in cui abbia promosso l'azione disciplinare, richiesto l'integrazione o la modificazione della contestazione, possa esercitare la facoltà di partecipare all'udienza orale, della cui data gli viene dato avviso, delegando un magistrato dell'Ispettorato del Ministero (comma 5). Analoga facoltà è prevista nelle ipotesi di cui ai commi 7 e 8.

L'articolo 18 detta le regole relative al dibattimento nel giudizio disciplinare.

Degna di nota risulta, in primo luogo, l'espressa previsione relativa alla pubblicità dell'udienza, fatte salve le ipotesi in cui è consentita l'eccezione a tale regola generale (comma 2). Il comma 3 disciplina la assunzione delle prove da parte della sezione disciplinare, mentre il comma 4, richiama, anche per il dibattimento, le norme del codice di procedura penale vigente, in quanto compatibili. Il comma 5 mantiene, infine, il richiamo alle disposizioni penali sostanziali per ciò che attiene ai testimoni, ai periti ed agli interpreti.

L'articolo 19 disciplina lo svolgimento della discussione finale e le modalità della deliberazione da parte della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (comma 1), la forma di sentenza del provvedimento, la decisione ed il deposito dei motivi della sentenza (comma 2), la comunicazione dei provvedimenti adottati al Ministro della giustizia, con riferimento alle sole ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare ovvero richiesto l'integrazione o la modificazione della contestazione, con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per il ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione (comma 3).

L'articolo 20 disciplina i rapporti tra il procedimento disciplinare ed il giudizio civile o penale, prevedendo, al comma 1, che l'azione civile di risarcimento del danno o l'azione penale relativa allo stesso fatto, non hanno effetto preclusivo dell'azione disciplinare, ferme restando, tuttavia, le ipotesi di sospensione dei termini di cui all'articolo 15, comma 8 e, dunque, tra l'altro, la sospensione del corso dei termini del procedimento disciplinare in caso di esercizio della azione penale per il medesimo fatto, di cui alla lettera a), dell'articolo 15, comma 8, citato.

Al comma 2 sono poi dettate le regole relative alla efficacia delle sentenze penali irrevocabili di condanna, delle sentenze penali irrevocabili emesse ai sensi dell'art. 444 c.p.p. e delle sentenze penali irrevocabili di assoluzione nel giudizio disciplinare.

Gli articoli 21 e 22 disciplinano le ipotesi di sospensione cautelare obbligatoria e di sospensione cautelare facoltativa. In particolare, mentre la sospensione è facoltativa allorquando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare, che siano, per la loro gravità, incompatibili con l'esercizio delle funzioni, essa è invece obbligatoria nel caso in cui nei confronti del magistrato sottoposto a procedimento penale sia adottata una misura cautelare personale. Il provvedimento, che comporta la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio e la collocazione fuori del ruolo organico della magistratura, è adottato dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura su richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Sono poi disciplinati, oltre al procedimento applicativo, le ipotesi di revoca delle misure, la corresponsione di un assegno alimentare durante la sospensione e gli effetti delle pronunce di proscioglimento o di non luogo a procedere adottate nel procedimento penale o di quelle, adottate nell'ambito del procedimento disciplinare, di non luogo a procedere o di assoluzione o condanna ad una sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione dalle funzioni per un tempo pari o superiore alla durata della sospensione, in termini di riacquisto, da parte del magistrato, del diritto agli stipendi ed alle altre competenze non percepiti, detratte le somme già corrispostegli a titolo di assegno alimentare.

L'articolo 23 attua, al comma 1, il principio e criterio della legge di delegazione, che riconosce al magistrato sottoposto a procedimento penale e cautelarmente sospeso, nei confronti del quale sia stata poi pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione, il “diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore”. Tale diritto è stato inteso ancorando la suddetta “reintegrazione” al criterio, oggettivo, costituito dalla attribuzione al magistrato, nel limite dei posti vacanti, di funzioni di livello pari a quelle più elevate assegnate ai magistrati che lo seguivano nel ruolo al momento della sospensione cautelare, con l'eccezione delle funzioni direttive superiori giudicanti e requirenti di legittimità e delle funzioni direttive superiori apicali di legittimità, previa valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, delle attitudini desunte dalle funzioni da ultimo esercitate. Nelle ipotesi in cui non sia possibile l'assegnazione di funzioni più elevate rispetto a quelle svolte al momento della sospensione – non avendole ottenute i magistrati che seguivano nel ruolo il magistrato reintegrato o non essendo state le stesse conferite al medesimo dal Consiglio superiore della magistratura all'esito della valutazione attitudinale compiuta – il magistrato sarà assegnato, alla stregua di quanto previsto dal secondo periodo della lettera m) del comma 7 dell'articolo 2 citato, al posto precedentemente occupato, se vacante; in caso contrario egli avrà diritto di scelta fra quelli disponibili ed entro un anno potrà chiedere l'assegnazione ad ufficio analogo a quello originariamente ricoperto, con precedenza rispetto ad eventuali concorrenti.

L'articolo 24, in attuazione del principio di delega previsto dall'articolo 2, comma 7, lettera l) della legge n. 150/2005, introduce il nuovo regime della impugnazione contro i provvedimenti in materia di sospensione cautelare, obbligatoria e facoltativa, (di cui agli articoli 21 e 22) e contro le sentenze della sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura.

La norma, che nulla innova in materia di legittimazione attiva e quanto al tipo di impugnazione, atteso che il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti innanzi indicati continua ad essere proposto dall'incolpato, dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione, stabilisce, in maniera innovativa, che il predetto ricorso debba essere effettuato nelle forme e nei limiti stabiliti (non più dal codice di procedura civile, ma) dal vigente codice di procedura penale, e che debba essere indirizzato (non più alle Sezioni Unite Civili, bensì) alle Sezioni Unite penali.

In tal modo, il giudice di legittimità non dovrà più valutare, con gli strumenti del processo civile, una decisione assunta sulla base di istituti affini al processo penale. Inoltre, al fine di abbreviare i tempi di durata del processo, viene espressamente previsto che la decisione del ricorso deve  essere adottata entro il termine massimo di sei mesi dalla proposizione del ricorso per cassazione.

Da sottolineare, infine, la disposizione secondo la quale, nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione, la proposizione del ricorso per cassazione non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato.

L'articolo 25, in attuazione del principio di delega previsto dall'articolo 2, comma 7, lettera n) della legge n. 150/2005, disciplina l'istituto della revisione, mezzo di impugnazione straordinario delle sentenze irrevocabili adottate dalla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura.

Il comma 1, dispone che la revisione è ammessa in ogni tempo, in caso di travisamento dei fatti rispetto a quanto accertato in sede penale, nel caso in cui emergano nuovi elementi di prova atti a dimostrare l'insussistenza dell'illecito disciplinare, in caso di sanzione disciplinare determinata da falsità o altro reato accertato con sentenza irrevocabile.

Il comma 2 indica le condizioni richieste a pena di inammissibilità della domanda di revisione.

I commi 3 e 6 trattano, rispettivamente, della legittimazione attiva del magistrato al quale è stata applicata la sanzione disciplinare o, in caso di morte dello stesso, dei suoi familiari, e quella del Ministro della giustizia del Procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Il comma 7 detta norme di carattere processuale, mentre il comma 8 ammette il ricorso per cassazione dinanzi alle Sezioni Unite penali contro la decisione che dichiara inammissibile l'istanza di revisione.

Infine, il comma 10, prevede che il magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di giudizio di revisione abbia diritto alla ricostruzione integrale della carriera ed alla percezione delle spettanze economiche arretrate.

 

Il capo III reca Modifica alla disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d'ufficio.

L'articolo 26 dà attuazione al criterio di delega contenuto nell'articolo 2, comma 6, lettera n), seconda parte, della legge n. 150/2005, il quale richiede la modifica del secondo comma dell'articolo 2 del regio decreto legislativo n. 511/1946 al fine di precisare che, salvo i casi in cui costituisca pena accessoria di una sanzione disciplinare o misura cautelare in pendenza di un procedimento disciplinare, il trasferimento d'ufficio ad altra sede o la destinazione ad altro ufficio del magistrato, possono essere disposti con procedimento amministrativo “solo per una causa incolpevole tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza ed imparzialità”. In altri termini, la norma ha voluto collocare nell'ambito delle sanzioni accessorie dell'illecito disciplinare i casi in cui il magistrato, per sua colpa o per dolo, non possa più svolgere con piena indipendenza ed imparzialità le proprie funzioni nella sede occupata, mentre ha limitato la sfera di applicazione del procedimento amministrativo di trasferimento d'ufficio ai sensi del secondo comma dell'articolo 2 del R.Dlgs. 511/1946 alle sole ipotesi in cui la situazione di c.d. incompatibilità ambientale dipenda da causa indipendente da colpa del magistrato interessato.

Al fine di sottolineare tale distinzione, mentre la disciplina dei trasferimenti di ufficio disposti all'esito o come misura cautelare di un procedimento disciplinare sono disciplinati dall'articolo 13 del decreto, le modifiche apportate dalla norma in commento all'articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo n. 511/1946 continuano a riguardare, in via esclusiva, i trasferimenti di ufficio disposti con procedimento amministrativo.

Il secondo comma dell'articolo 26 dà attuazione al criterio di delega contenuto nell'articolo 2, comma 6, lettera n), terza parte, della legge n. 150/2005 che, coerentemente con la novità introdotta con il primo comma dell'articolo in commento, richiede una disciplina transitoria in base alla quale i procedimenti amministrativi di trasferimento d'ufficio non ancora definiti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, per fatti astrattamente riconducibili agli illeciti disciplinari previsti dagli articoli 2, 3 e 4 dello decreto medesimo, dovranno essere “trasmessi al Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione per le sue determinazioni in ordine all'azione disciplinare.”.

L'articolo 27 attua il principio di delega contenuto nell'articolo 2, comma 6, lettera o), della legge n. 150 del 2005 che richiede di inserire, attraverso la modifica dell'articolo 3 del regio decreto legislativo n. 511 del 1946, una previsione che consenta ai magistrati dispensati dal servizio per infermità o sopravvenuta inettitudine di transitare nei ruoli della pubblica amministrazione, con funzioni amministrative. La norma precisa che il magistrato dispensato dal servizio potrà essere destinato, a domanda, e nel limite dei posti diponibili, presso il Ministero della giustizia. Le modalità ed i criteri di comparazione di tale destinazione saranno definiti con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica ed il Ministro dell'economia e delle finanze, tenuto conto del tipo e gravità dell'infermità o della sopravvenuta inettitudine. L'articolo precisa infine il trattamento economico del magistrato dispensato dal servizio e destinato allo svolgimento di funzioni amministrative.

L'articolo 28 dà attuazione al criterio di delega contenuto nell'articolo 2, comma 6, lettera q) della legge n. 150/2005, il quale, innovando rispetto all'attuale situazione, richiede di equiparare gli effetti della decadenza a quelli delle dimissioni. Esso, pertanto, equiparando gli effetti della decadenza a quelli della domanda con la quale il magistrato chiede di cessare di far parte dell'ordine giudiziario, estende a tutti i casi di decadenza, sia quelli previsti dall'articolo 11 del regio decreto n. 12/1941, che quelli previsti dall'articolo 127 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (T.U. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato) il divieto di riammissione in magistratura del magistrato decaduto.

L'articolo 29 attua il criterio di delega contenuto nell'articolo 2, comma 6, lettera p) della legge n. 150/2005 e, con il sistema della novella, riformula gli articoli 18 e 19 del regio decreto n. 12/1941, disciplinando “in maniera più puntuale e rigorosa” le norme in materia di incompatibilità di sede per il magistrato.

Posto che la legge delega ha previsto l'introduzione, salvo eccezioni, di un criterio generale di incompatibilità “per il magistrato a svolgere l'attività presso il medesimo ufficio in cui parenti sino al secondo grado, affini in primo grado, il coniuge o il convivente esercitano la professione di magistrato o di avvocato o di ufficiale o agente di polizia giudiziaria”, il nucleo centrale delle modifiche apportate agli articoli 18 (in materia di incompatibilità di sede per rapporti di parentela o affinità con esercenti la professione forense) e 19 (in tema di incompatibilità di sede per rapporti di parentela o affinità con magistrati o ufficiali o agenti di polizia giudiziaria) del regio decreto n. 12/1941 consistono nella puntuale individuazione delle deroghe al generale principio di incompatibilità innanzi indicato. A tal fine, la tecnica normativa utilizzata, è stata quella di indicare, in senso positivo, anche alla luce del contenuto delle circolari del Consiglio Superiore della Magistratura, i casi in cui si verificano in concreto le ipotesi di incompatibilità di sede del magistrato.

 

Il Capo IV disciplina l'ambito di applicazione del decreto, le abrogazioni e la decorrenza di efficacia.

L'articolo 30, relativo all'ambito di applicazione, esclude che il decreto si applichi alle magistrature amministrativa e contabile.

L'articolo 31 elenca le disposizioni la cui abrogazione - ferma restando l'ulteriore opera di coordinamento delle disposizioni del decreto legislativo con le altre leggi dello Stato e di abrogazione delle disposizioni con esso incompatibili, che il legislatore delegato è chiamato a svolgere nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 3, della legge delega - si è ritenuto opportuno disporre sin dalla data di acquisto di efficacia del decreto, al fine di evitare dubbi ed incertezza interpretative.

L'articolo 32 disciplina la decorrenza dell'efficacia delle disposizioni contenute nel decreto, conformemente a quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, della legge 150/2005.

 


La legge 269 del 2006, recante la sospensione e la modifica di talune disposizioni delle riforma Castelli

Nel corso della attuale legislatura il Parlamento ha approvato la legge 24 ottobre 2006, n. 269 che è intervenuta su tre dei decreti legislativi sopra illustrati (e precisamente i nn.106, 109 e 160 del 2006) adottati in attuazione della delega contenuta nella legge 25 luglio 2005, n. 150, disponendone, secondo i casi, la sospensione dell’efficacia o la modifica del contenuto. In particolare, sono stati novellati i decreti relativi all’assetto dell’ufficio del PM (n. 106) e agli illeciti disciplinari dei magistrati (n. 109) mentre è stata differita l'entrata in vigore del D.Lgs 160 sull’accesso, la carriera e le funzioni dei magistrati, ritenuto difficilmente emendabile e comunque meritevole di una riforma più articolata e approfondita.

La legge 269/2006, composta di 4 articoli, ha dettato, infine, ulteriori modifiche normative ed una specifica disciplina transitoria.

 

Nella sua stesura originaria, il disegno di legge del Governo (AS 635) si limitava a disporre la sospensione dell’efficacia dei tre decreti legislativi citati. Nella relazione di accompagnamento al provvedimento veniva infatti evidenziato che la concreta operatività di questi decreti legislativi avrebbe comportato la tempestiva riorganizzazione di interi settori dell’apparato giudiziario e, nello stesso tempo, la realizzazione di numerose e complesse attività da parte del Consiglio superiore della magistratura nell’esercizio dei suoi compiti istituzionali. Peraltro la decorrenza di efficacia dei tre decreti legislativi (fissata al novantesimo giorno successivo alla pubblicazione degli stessi in Gazzetta Ufficiale) ha di fatto coinciso con la scadenza nel luglio 2006 del Consiglio superiore della magistratura in carica, con la conseguenza che, come testualmente evidenziatonella citata relazione, l’Ordine giudiziario sarà privo di un governo autonomo nella pienezzadei suoi poteri, mentre l’operatività dei suddetti decreti legislativi richiede l’immediato e fattivo impegno del Consiglio superiore della magistratura nell’attuazione di una normativa completamente nuova rispetto all’impianto anteriore.

 

L’articolo 1, al comma 1, ha sospeso fino alla data del 31 luglio 2007 l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 160/2006 (Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonchè in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 25 luglio 2005, n. 150).

 

Il comma 2 del medesimo articolo apporta alcune modifiche al decreto legislativo 106/2006 (Disposizioni in materia di riorganizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera d) della legge 25 luglio 2005, n. 150) mantenendo in capo al procuratore della Repubblica la titolarità esclusiva dell’ azione penale.

 

Nello specifico, la lettera a) del comma citato sopprime, all’articolo 1 del decreto legislativo 106/2006, le parole “sotto la propria responsabilità”, espressione, questa, riferita all’esercizio dell’azione penale da parte del procuratore della Repubblica nei modi e termini previsti dalla legge.

La successiva lettera b) sostituisce l’articolo 2, relativo alla titolarità dell’azione penale, stabilendo il principio secondo il quale il procuratore della Repubblica, titolare esclusivo dell’azione penale, la esercita personalmente o mediante assegnazione ad uno o più magistrati dell’ufficio, assegnazione che può riguardare anche uno o più procedimenti o singoli atti di essi.

Sostanzialmente viene quindi sostituito al meccanismo della delega quello dell’assegnazione, rimanendo per il resto inalterate le rimanenti previsioni, tra le quali quella riguardante la facoltà per il procuratore della Repubblica, con l’atto di assegnazione per la trattazione di un procedimento, di stabilire i criteri ai quali il magistrato deve attenersi nell’esercizio della relativa attività e di revocare l’assegnazione nel caso in cui il magistrato non si attenga ai principi stabiliti dal procuratore oppure insorga un contrasto tra i due circa le modalità di esercizio.

E’ stata comunque soppressa la previsione di inserimento nel fascicolo personale del magistrato del provvedimento di revoca delle delega e delle eventuali osservazioni del delegato.

 

Il comma 3 apporta, poi, alcune modifiche al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 (Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera f) della legge 25 luglio 2005, n. 150).

 

Al riguardo, fermo restando il principio della tipizzazione degli illeciti disciplinari sono state previste talune modifiche alle singole ipotesi di illecito, mentre in tema di procedimento disciplinare si è introdotto un meccanismo di filtro che consenta di esaminare preventivamente esposti manifestamente infondati o che concernono questioni a prima vista non suscettibili di sanzione disciplinare senza dover impegnare in tutto il procedimento la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

È stato poi portato a due anni il periodo di tempo concesso al procuratore generale per l’esaurimento della fase istruttoria nonché il tempo previsto per la sezione disciplinare per l’emissione della relativa sentenza.

Venendo all’esame più specifico delle modificazioni apportate al testo del decreto legislativo 109/2006, la lettera a) del comma 3 abroga i commi 2 e 3 dell’articolo 1, concernente i doveri del magistrato.

 

In proposito va ricordato che il citato comma 2 dell’articolo 1 stabiliva genericamente il divieto per il magistrato di tenere, anche fuori dall’esercizio delle proprie funzioni, comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell’istituzione giudiziaria. Il comma 3 qualificava poi come illecito disciplinare le violazioni dei doveri (otre che del comma 1) del comma 2 sopra descritto.

 

La lettera b) del comma 3 detta una serie di modifiche all’articolo 2 del citato decreto legislativo, che definisce ed elenca gli illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni.

Viene in primo luogo abrogata la lettera i), che qualifica come illecito disciplinare del magistrato il perseguimento di fini estranei ai suoi doveri ed alla funzione giudiziaria.

Viene inoltre sostituita, rendendone più stringente la formulazione, la lettera v), nel senso di qualificare come illecito disciplinare le pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti con provvedimento non soggetto a impugnazione ordinaria, quando sono dirette a ledere indebitamente diritti altrui nonché la violazione del divieto di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 riguardante le regole da osservare in tema di rapporti con gli organi di informazione.

Viene conseguentemente anche abrogata la lettera z) che qualifica autonomamente come illecito disciplinare la violazione delle citate regole in tema di rapporti con gli organi di informazione.

Viene inoltre soppressa la lettera bb) che qualifica come illecito il rilasciare dichiarazioni ed interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura.

Anche la sostituzione della lettera ff) è diretta a rendere più stringente la qualificazione del relativo illecito disciplinare limitato all’adozione di provvedimenti non previsti da norme vigenti ovvero sulla base di un errore macroscopico o di grave e inescusabile negligenza.

 

La lettera c), sostituendo il comma 2 dell’articolo 2 del decreto legislativo 109/2006 stabilisce che l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare tanto in presenza di interpretazione di norme di diritto ma anche di valutazione del fatto e delle prove.

La lettera d) dispone le modifiche all’articolo 3 del citato decreto legislativo, concernente gli illeciti disciplinari fuori dall’esercizio delle funzioni, abrogando le lettere f) ed l) riguardanti, rispettivamente, la qualificazione come illecito disciplinare della pubblica manifestazione di consenso o dissenso in ordine a un procedimento in corso  quando, per la posizione del magistrato o le modalità di espressione del giudizio sia idonea a condizionare la libertà di decisione nel procedimento medesimo, e di ogni altro comportamento idoneo a compromettere l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell’apparenza, e sostituendo le lettere h) ed i).

Le nuove disposizioni prevedono che l’iscrizione o la partecipazione a partiti politici possa qualificarsi come violazione disciplinare solo quando sia sistematica e continuativa (lettera h), e che l’uso strumentale della qualità di magistrato debba condizionare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste (lettera i).

La lettera e) inserisce un nuovo articolo 3 bis che esclude, in ogni caso, la configurabilità dell’illecito quando il fatto è disciplinarmente irrilevante.

La lettera f) sostituendo il comma 4 dell’articolo 14, relativo alla titolarità dell’azione disciplinare, si limita ad inserire i procuratori aggiunti tra i soggetti tenuti a comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare.

All’articolo 15 viene poi inserito dalla lettera g) un nuovo comma 1-bis diretto ad escludere la promovibilità dell’azione disciplinare quando siano decorsi dieci anni dal fatto.

Come sopra già ricordato, inoltre, al comma 2 del medesimo articolo viene portato da uno a due anni il termine (decorrente dall’inizio del procedimento) entro il quale il procuratore generale è tenuto a concludere la fase istruttoria e quello (decorrente in questo caso dalla richiesta) entro il quale la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura si pronuncia.

Inoltre, mediante alcune modifiche al comma 8, vengono ampliate le ipotesi di sospensione del corso dei termini dell’azione disciplinare, compresa l’ipotesi di decadenza prevista dal nuovo comma 1-bis sopra illustrato.

La lettera h) introduce una serie di modifiche all’articolo 16 riguardante le Indagini nel procedimento disciplinare.

Vengono innanzitutto dettate alcune modifiche al comma 4 concernenti il regime di secretazione degli atti disposto dal Procuratore generale che, precedentemente consentito in alcune ipotesi per un periodo massimo di dodici mesi, può essere prorogato di altri sei mesi su richiesta motivata del procuratore della repubblica o di altri dodici mesi quando si procede per reati di cui all’articolo 407, comma 2, c.p.p.

Viene inoltre inserito, dopo il comma 5, il comma 5-bis disciplinate il potere di archiviazione del Procuratore generale esercitabile in una serie di casi:

 

Viene poi disposta la comunicazione al Ministro della giustizia del provvedimento di archiviazione ed attribuita a quest’ultimo la facoltà di richiedere la trasmissione di copia degli atti e di richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale formulando l’incolpazione. Tale potere deve essere esercitato dal Ministro entro termini prefissati, decorsi inutilmente i quali il provvedimento di archiviazione acquista efficacia.

Conseguentemente alle modifiche illustrate alla rubrica dell’articolo 16 vengono aggiunte le parole “Potere di archiviazione”.

Modifiche all’articolo 17, concernete la Chiusura delle indagini sono poi dettate dalla lettera i).

 Mediante un intervento sui commi 5 e 7, viene soppressa la previsione che consente al Ministro, al quale viene comunicato il decreto di fissazione dell’udienza di discussione nel procedimento disciplinare, di partecipare all’udienza delegando un magistrato dell’ispettorato.

La lettera l) sopprime il secondo periodo del comma 1 dell’articolo 18, disciplinante la discussione nel giudizio disciplinare, che consente al delegato del Ministro della giustizia di presentare memorie, esaminare testi, consulenti e periti e interrogare l’incolpato.

Coordinata con le modifiche sopra esaminate appare anche quella disposta all’articolo 19, comma 1, dalla lettera m) che elimina il riferimento alle conclusioni del delegato del Ministro della giustizia quale passaggio necessario per la deliberazione di competenza della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

La lettera n) aggiunge un periodo al comma 1 dell’articolo 22 relativo alla sospensione cautelare facoltativa.

Sostanzialmente, nei casi di minore gravità, viene consentito al Ministro della giustizia od al Procuratore generale di chiedere alla sezione disciplinare il trasferimento provvisorio dell’incolpato (piuttosto che, come nei casi più gravi, la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura) ad altro ufficio di un distretto limitrofo, diverso da quello indicato dall’articolo 11 c.p.p. relativo alla competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati.

La lettera o) sostituisce il comma 2 dell’articolo 24 riguardante le impugnazioni delle decisioni della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, stabilendo che la Corte di cassazione decida a sezioni unite civili (invece che penali) entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso.

Limitate sono anche le modifiche che la lettera p) introduce ai commi 7 ed 8 dell’articolo 25 riguardante la revisione delle sentenze divenute irrevocabili con le quali è stata applicata una sanzione disciplinare.

In sede di dichiarazione di inammissibilità dell’istanza di revisione da parte della sezione disciplinare è stata soppresso il riferimento all’obbligo di sentire il Ministro della giustizia (comma 7) mentre viene consentito il ricorso alle sezioni unite civili (anziché penali) della Corte di cassazione contro la decisione che dichiara inammissibile l’istanza di revisione.

Infine, la lettera q) inserisce dopo l’articolo 32, l’articolo 32- bische detta le disposizioni transitorie, stabilendo che le disposizioni del decreto legislativo si applichino ai procedimenti disciplinari promossi a partire dalla data della sua entrata in vigore. Per i fatti commessi anteriormente a tale data viene tuttavia disposta l’applicabilità, se più favorevoli, delle disposizioni di cui agli articoli da 17 a 21 e da 27 a 38 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946 n. 511 (Guarentigie della magistratura).

Infine viene disposto un adeguamento ad alcune delle nuove disposizioni introdotte, stabilendo che i ricorsi proposti avverso le sentenze pronunziate dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura pendenti presso le sezioni unite penali della Corte di cassazione sono trasferiti alle sezioni unite civili della Corte medesima.

 

L’articolo 2 sostituisce il comma 3 dell’articolo 1 della legge 25 luglio 2005, n. 150, recante la delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario.

La nuova formulazione del comma citato delega il Governo, entro i centoventi giorni successivi alla data di entrata in vigore delle disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega (di cui al comma 1) ad adottare i decreti legislativi recanti la disciplina transitoria, se necessaria, oltre che le norme eventualmente occorrenti per il coordinamento dei medesimi con le altre leggi dello Stato, e l’abrogazione delle norme divenute incompatibili.

 

Viene quindi modificato il termine per l’esercizio di questa delega da parte del Governo (precedentemente fissato in novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1 dell’articolo 1, pari ad un anno dall’entrata in vigore della legge 150/2005) e resa eventuale l’esercizio della delega medesima, poiché subordinata all’effettiva necessarietà della disciplina transitoria e di coordinamento.

Inoltre, viene stabilito che i decreti legislativi previsti nel comma in esame divengono efficaci dopo quindici giorni dalla loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

 

L’articolo 3 modifica l’articolo 1, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361, convertito, con modificazioni, nella legge 27 ottobre 1995, n. 437 (Differimento di termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi concernenti la pubblica amministrazione).

Il testo previgente della disposizione (concernente progetti finalizzati e disposizioni in materia di incarichi ed altre disposizioni) prevedeva che l'applicazione degli articoli 7, commi 1 e 3, e 7-bis, della legge 24 marzo 1958, n. 195 (come modificata dagli articoli 2 e 3 della legge 12 aprile 1990, n. 74), nella parte in cui rispettivamente prevedono che la segreteria e l'ufficio studi e documentazione del Consiglio superiore della magistratura sono costituiti da funzionari da selezionare mediante concorsi pubblici, fosse differita alla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario.

A seguito della riformulazione, il termine di applicazione delle disposizioni richiamate al citato articolo 1, comma 6, primo periodo, risulta differito alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n. 150.

 

L’articolo 4 è suddiviso in due commi che prevedono rispettivamente la disciplina applicabile durante il periodo di sospensione dell’efficacia del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 e la salvaguardia degli effetti prodotti e delle situazioni esaurite durante la vigenza di quest’ultimo.

Il primo comma, in particolare, stabilisce che, fino al 31 luglio 2007, ossia fino alla scadenza del periodo di sospensione dell’efficacia del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, continuano ad applicarsi, nelle materie oggetto del citato decreto, le disposizioni del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), nonché le altre disposizioni in materia di ordinamento giudiziario, ed in particolare gli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 16 gennaio 2006, n. 20.

Il decreto legislativo n. 20/2006 detta la Disciplina transitoria del conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità, nonché di primo e secondo grado, a norma dell'articolo 2, comma 10, della legge. 25 luglio 2005, n. 150. L’articolo 2 del citato decreto stabilisce che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità possono essere conferiti esclusivamente ai magistrati che, al momento della data della vacanza del posto messo a concorso, assicurano almeno due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista dall'articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511. Analogamente, l’articolo 3 prevede che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo e di secondo grado possono essere conferiti esclusivamente ai magistrati che, al momento della data della vacanza del posto messo a concorso, assicurano almeno quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo.

Al fine di salvaguardare il principio di certezza delle situazioni giuridiche, il comma 2 dell’articolo 4 fa salvi gli effetti già prodotti e le situazioni esaurite durante il periodo di vigenza del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160.


Contenuto del disegno di legge

Il disegno di legge governativo, composto da 9 articoli, novella alcuni dei decreti legislativi emanati in attuazione della legge delega 150/005 di riforma dell’ordinamento giudiziario.

Come si legge nella relazione di accompagnamento al provvedimento, “l’intervento si muove nella prospettiva di una riforma complessiva dell’ordinamento giudiziario sulla linea tracciata dalla VII disposizione transitoria della Costituzione ed al fine di creare una disciplina che garantisca maggiore funzionalità ed efficienza all’intero sistema giustizia”.

 

Articolo 1
(Modifiche al capo I del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160)

 

I primi due articoli del provvedimento introducono numerose modifiche al decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 relativo alla disciplina per l’accesso in magistratura, alla progressione economica e alle funzioni dei magistrati.

Come già accennato, si tratta di una disciplina la cui efficacia è stata sospesa fino al 31 luglio 2007 dalla legge 269/2006 (v. ante, quadro normativo).

 

Nello specifico, l'articolo 1 del disegno di legge prevede talune modifiche al capo I del D.Lgs 160/2006 (artt. da 1 a 9), attualmente rubricato “Disposizioni in tema di ammissione in magistratura e uditorato”.

Oltre alla sostituzione del termine uditorato con quello di tirocinio (comma 1), la norma provvede ad una integrale sostituzione dell’articolo 1 del D.Lgs 160, riscrivendo la disciplina del concorso per uditore giudiziario, ora definito "concorso per magistrato ordinario"(comma 2).

Come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, la nuova disciplina – che conferma, sostanzialmente, quello in magistratura come un  concorso di secondo grado - viene riformata per ovviare ad alcune storiche problematiche, ed in particolare:

 

-       alla lunghezza delle procedure concorsuali, rallentate dall'elevato numero di partecipanti;

-       all’inadeguatezza delle prove scritte d'esame, di taglio prevalentemente teorico.

 

A tal fine, l’articolo 1 del d.d.l. riscrive le norme sul concorso, anzitutto precisando che la nomina a magistrato ordinario si consegue mediante concorso "almeno" annuale per esami, in relazione ai posti vacanti e a quelli che si renderanno tali nel successivo quadriennio per i quali può essere attivata la procedura concorsuale.

Per quanto concerne le prove di esame, il successivo comma 2, confermata l’articolazione delle prove d'esame in prove scritte e prove orali e l’eliminazione della prova preliminare realizzata con l'ausilio di sistemi informatizzati, conferma l'obbligo di osservanza delle disposizioni del RD n. 1860 del 1925 (art. 8) volte a garantire l’anonimato dei concorrenti[14].

 

Per quanto riguarda, poi, il contenuto delle prove si registrano le seguenti novità:

-      alla prova scritta, ai tre attuali elaborati teorici (diritto civile, penale ed amministrativo) è aggiunto un elaborato pratico consistente nella redazione di un provvedimento in materia di diritto e procedura civile ovvero diritto e procedura penale, sorteggiato dalla commissione la stessa mattina della prova; analogo sorteggio determinerà, giornalmente, l’ordine delle prove.

-      alla prova orale:

a) viene escluso il diritto industriale;

b) è precisato che diritto internazionale è sia pubblico che privato (lett. i);

c) alla conoscenza di elementi d’informatica giuridica viene, altresì, aggiunta quella di elementi di ordinamento giudiziario (lett. l)

 

Al riguardo, si ricorda che la prova orale è prevista dal D.Lgs 160/2006 su ciascuna delle seguenti materie o gruppi di materie (art. 1, comma 4):

a) diritto civile ed elementi fondamentali di diritto romano;

b) procedura civile;

c) diritto penale;

d) procedura penale;

e) diritto amministrativo, costituzionale e tributario;

f) diritto commerciale e industriale;

g) diritto del lavoro e della previdenza sociale;

h) diritto comunitario;

i) diritto internazionale ed elementi di informatica giuridica;

l) lingua straniera, scelta dal candidato fra quelle ufficiali dell'Unione europea.

 

In relazione, poi, al punteggio necessario ai fini dell'ammissione alla prova orale e all'idoneità concorsuale, si segnala che per quanto riguarda l'ammissione all'orale è confermata la necessità di una votazione minima di 12/20 di punto in ognuna delle prove scritte, mentre per la prova orale è confermata la necessità di conseguire un punteggio non inferiore a 6/10 in ciascuna delle materie, ad eccezione della prova orale di lingua. Per conseguire, in fine, l’idoneità concorsuale è ora necessario un punteggio complessivo nelle prove scritte ed orali (esclusa quella di lingua) di almeno 120 punti (il D.Lgs 160/2006 prevede un punteggio minimo di 105 punti).

 

Ulteriori novità riguardano, poi, le motivazioni dei giudizi delle prove d’esame ai sensi dell’art. 3 della legge 241/1990 sul diritto d’accesso, in quanto si prevede che in ciascuna prova il giudizio sia motivato con l’indicazione del solo punteggio numerico; l’insufficienza è, invece, motivata con la sola formula “non idoneo”.

 

L’art. 3 della legge 241/1990 stabilisce che ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria. Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest'ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l'atto cui essa si richiama.

In ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l'autorità cui è possibile ricorrere.

 

Da ultimo, il comma 2 dell'articolo 1 del ddl in esame, detta una nuova formulazione dei commi 6 e 7 dell'art. 1 del D.Lgs 160/2006 riguardanti l'obbligatorietà dell'indicazione dell'area funzionale giudicante o requirente cui essere assegnati dopo il concorso e la previsione del colloquio psico- attitudinale nell'ambito della prova orale.

 

Conseguentemente, dalle nuove norme sono stati eliminati, rispettivamente:

a)  l’obbligo di indicazione obbligatoria da parte del candidato, già nella domanda, dell’area funzionale cui accedere in caso di esito positivo del concorso (funzione requirente o funzione giudicante),nonchè il riferimento al punteggio della prova orale di lingua straniera da sommare a quello complessivo.

 

In base al citato comma 6 dell’art. 1 del decreto legislativo 160/2006, il candidato deve indicare nella domanda di partecipazione al concorso, a pena di inammissibilità, se intende accedere a posti nella funzione giudicante ovvero a quelli nella funzione requirente. Deve indicare, inoltre, la lingua straniera sulla quale intende essere esaminato. Con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, terminata la valutazione degli elaborati scritti, sono nominati componenti della commissione esaminatrice docenti universitari delle lingue indicate dai candidati ammessi alla prova orale. I commissari così nominati partecipano in soprannumero ai lavori della commissione, ovvero di una o entrambe le sotto commissioni, se formate, limitatamente alle prove orali relative alla lingua straniera della quale sono docenti. Il voto sulla conoscenza della lingua straniera, espresso in decimi, si aggiunge a quello complessivo ottenuto dal candidato ai sensi del comma 5.

 

b)  la specifica prova psico-attitudinale alla professione, da sostenere nell’ambito delle prove orali.

 

Il comma 7 dell’art. 1 del D.Lgs 160 prevede che, nell'ambito delle prove orali, i candidati sostengono un colloquio di idoneità psico-attitudinale all'esercizio della professione di magistrato, anche in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione. La valutazione dell'esito del colloquio, condotto dal professore universitario incaricato (scelto tra i docenti di una delle classi di laurea in scienze e tecniche psicologiche di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica del 4 agosto 2000) è operata collegialmente dalla commissione.

 

A seguito delle citate soppressioni il comma 6 del decreto legislativo 160/2006 si limita ora a specificare che il candidato deve indicare nella domanda di partecipazione al concorso la lingua straniera, scelta tra quelle ufficiali dell’Unione europea, sulla quale intende essere esaminato. Si  stabilisce, altresì, che con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, terminata la valutazione degli elaborati scritti, sono nominati componenti della commissione esaminatrice docenti universitari delle lingue indicate dai candidati ammessi alla prova orale. I commissari così nominati partecipano in soprannumero ai lavori della commissione, ovvero di una o di entrambe le sottocommissioni, se formate, limitatamente alle prove orali relative alla lingua straniera della quale sono docenti

 

Il nuovo comma 7 riguarda ora la copertura dei posti di magistrato nella Provincia di Bolzano, per cui permangono i requisiti del bilinguismo (italiano e tedesco) previsti dal DPR 752/1976[15].

Stante l’obbligo del bilinguismo, il colloquio previsto tra le prove orali dovrà essere tenuto su una lingua dell’Unione europea diversa dal tedesco.

 

Il comma 3 dell’articolo 1 del d.d.l. in esame novella, poi, l’art. 2 del D.Lgs 160 relativo ai requisiti per l’ammissione al concorso.

Tale disposizione, pur innovata nel contenuto, conferma la linea ispiratrice della riforma Castelli impostando, pur con specifici correttivi, il concorso da magistrato ordinario come concorso di secondo grado.

 

Il D.Lgs 160 prevede, in relazione ai titoli posseduti, la partecipazione al concorso a magistrato di coloro che:

a)    hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito apposito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni. Il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali è determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;

b)    hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;

c)    hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense;

d)    hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;

e)    hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito e senza essere stati revocati o disciplinarmente sanzionati;

f)     hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162.

 

In relazione alla disciplina recata dal D.Lgs 160, il comma 3 dell'articolo 1 del ddl in esame, oltre a modificare la rubrica dell’art. 2, comma 1, del citato D.Lgs stabilisce che siano ammessi al concorso in magistratura coloro che, non incorsi in sanzioni disciplinari, siano:

a)    procuratori dello Stato;

b)    dipendenti dello Stato, con qualifica dirigenziale o appartenenti ad una delle posizioni dell'area C prevista dal vigente CCLN, comparto Ministeri, con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica, assunti con concorso nel quale era richiesto il possesso di diploma di laurea in giurisprudenza conseguita a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni;

c)    appartenenti al personale universitario di ruolo docente di materie giuridiche in possesso di laurea in giurisprudenza;

d)    dipendenti, con qualifica dirigenziale o appartenenti all’ex area direttiva, della pubblica amministrazione, degli enti pubblici a carattere nazionale e degli enti locali, che abbiano costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso nel quale era richiesto il possesso di diploma di laurea in giurisprudenza conseguita a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica o, comunque, nelle predette carriere;

e)    avvocati iscritti all'albo che hanno esercitato la professione per almeno tre anni;

f)     giudici di pace, i giudici onorari di tribunale ed i vice procuratori onorari che abbiano completato almeno il primo incarico e siano stati confermati a seguito di valutazione positiva della attività svolta, per un periodo successivo;

g)    laureati in possesso di laurea in giurisprudenza conseguita a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e del diploma conseguito presso le citate scuole di specializzazione nelle professioni legali;

h)    laureati che hanno conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata complessivamente non inferiore a cinque anni, o la laurea in giurisprudenza a seguito di un corso di studi non inferiore a quattro anni, con una votazione media, calcolata sulla votazione riportata in tutti gli esami sostenuti nell’intero corso di studi universitari necessario per il conseguimento della laurea magistrale o della laurea, in caso di corso quadriennale, pari almeno a 28/30 ed un punteggio della sola laurea magistrale o di laurea, nel caso di laureati all’esito di un corso quadriennale, non inferiore a 107/110.

 

Ai fini dell’anzianità minima richiesta per l’ammissione al concorso, la norma precisa la non cumulabilità delle anzianità maturate in più categorie tra quelle previste.

In pratica, rispetto alla struttura di un tipico concorso di secondo grado, le uniche particolarità (art. 2, comma 1, lett. g ed h) risultano quelle introdotte per permettere l’accesso al concorso in magistratura ai migliori tra i neolaureati (sono ritenuti tali quelli laureati con voti più alti ed i laureati quadriennali in possesso di apposito diploma di specializzazione ).

 

Ulteriori integrazioni dei requisiti di accesso al concorso sono introdotte al successivo comma 2 dell’art. 2 del D.Lgs 160.

 

Attualmente il citato decreto legislativo prevede l’ammissione al concorso per i candidati che, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, risultino di età non inferiore a 21 anni e non superiore a 40 anni e, soddisfino le seguenti condizioni:

a) essere cittadino italiano;

b) avere l'esercizio dei diritti civili;

c) possedere gli altri requisiti richiesti dalle leggi vigenti.

 

L’art. 1, comma 3 del d.d.l. introduce, infatti, due nuove lettere, b-bis) e b-ter), al comma 2 dell’art. 2 del D.Lgs 160 che prevedono, rispettivamente l’incensurabilità della condotta e la circostanza rappresentata dal fatto di non essere stato dichiarato per tre volte inidoneo nei concorsi in magistratura, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda.

 

Va, peraltro, rilevato che il requisito della incensurabilità della condotta – ora avente dignità autonoma - risulta già previsto al quarto comma dell’art. 2 del D.Lgs 160, non modificato dal d.d.l. in esame. Tale norma prevede che il CSM non ammette al concorso i candidati che, per le informazioni raccolte, non risultano di condotta incensurabile; qualora non si provveda all’ammissione con riserva, il provvedimento di esclusione e' comunicato agli interessati almeno trenta giorni prima dello svolgimento della prova scritta.

 

L’art. 1, comma 4, del disegno di legge riformula, poi, i commi 1 e 4 dell’art. 3 del D.Lgs 160 (Indizione del concorso e svolgimento della prova scritta).

 

Il nuovo comma 1 elimina il riferimento alla città di Roma come possibile sede unica del concorso, prevedendone lo svolgimento con cadenza minima annuale, in una o più sedi stabilite nel relativo decreto di indizione.

 

La corrispondente norma del D.Lgs 160 stabilisce, infatti, che salvo quanto previsto dal comma 4, il concorso ha luogo in Roma, di regola nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno e, comunque, nei trenta giorni prima o dopo la predetta data.

 

Per quanto riguarda, poi, il caso in cui la prova scritta venga svolta contemporaneamente in più sedi, il nuovo comma 4 stabilisce che la commissione esaminatrice espleta le operazioni inerenti alla formulazione, alla scelta dei temi ed al sorteggio della materia oggetto della prova presso una delle sedi determinata con il D.M. che bandisce il concorso,. Presso le altre sedi le funzioni della commissione per il regolare espletamento delle prove scritte sono attribuite ad un comitato di vigilanza nominato con decreto del Ministro della giustizia, su delibera conforme del CSM, e composto da almeno cinque magistrati, dei quali uno con anzianità di servizio non inferiore a tredici anni con funzioni di presidente, coadiuvato da personale amministrativo dell'area C, così come definita dal contratto collettivo nazionale del comparto Ministeri per il quadriennio 1998-2001, stipulato il 16 febbraio 1999, con funzioni di segreteria. Il comitato svolge la sua attività in ogni seduta con la presenza di non meno di tre componenti. In caso di assenza o impedimento, il presidente è sostituito dal magistrato più anziano presente. Si applica ai predetti magistrati la disciplina dell'esonero dalle funzioni limitatamente alla durata dell'attività del comitato..

 

Il comma 5 dell’articolo in esame propone una modifica al comma 2 dell’art. 4 del D.Lgs 160 che ha natura di semplice coordinamento normativo con le previsioni di cui al comma 1 dello stesso articolo. Tale ultima norma è, infatti, relativa alla possibilità di presentazione della domanda di concorso non solo tramite la sua presentazione al CSM ma anche mediante spedizione di raccomandata A/R.

 

Di maggior rilievo e complessità, la novella all’art. 5 del D.Lgs 160/2006 di cui al comma 6 dell’art. 1 del d.d.l. in esame e relativa alla Commissione di concorso.

L’intervento su tale disciplina ha comportato la totale riscrittura della norma, con eccezione del comma 8.

 

A questo proposito si ricorda che l’art. 5 prevede che a commissione di concorso sia nominata nei dieci giorni che precedono quello di inizio della prova scritta con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, ed e' composta da magistrati, aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado, in numero variabile fra un minimo di dodici e un massimo di sedici e da professori universitari di prima fascia nelle materie oggetto di esame da un minimo di quattro a un massimo di otto; il professore universitario incaricato del colloquio psico-attitudinale di cui all'articolo 1, comma 7, e' scelto tra i docenti di una delle classi di laurea in scienze e tecniche psicologiche, di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica del 4 agosto 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000 - supplemento ordinario n. 170 - e successive modificazioni. La funzione di presidente e' attribuita ad un magistrato che esercita da almeno tre anni le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado e quella di vicepresidente da un magistrato che esercita funzioni di legittimità; il numero dei componenti e' determinato tenendo conto del presumibile numero dei candidati e dell'esigenza di rispettare le scadenze indicate nell'articolo 7; il numero dei componenti professori universitari e' tendenzialmente proporzionato a quello dei componenti magistrati. Non può essere nominato componente chi ha fatto parte della commissione in uno degli ultimi tre concorsi precedentemente banditi (comma 1).

 Nella delibera di cui al comma 1, il Consiglio superiore della magistratura designa, tra i componenti della commissione, due magistrati e tre docenti universitari delle materie oggetto della prova scritta, ed altrettanti supplenti, i quali, unitamente al presidente ed al vicepresidente, si insediano immediatamente. I restanti componenti si insediano dopo l'espletamento della prova scritta e prima che si dia inizio all'esame degli elaborati (comma 2).

Nella seduta di insediamento di tutti i suoi componenti, la commissione definisce i criteri per la valutazione degli elaborati scritti e delle prove orali dei candidati (comma 3).

Il presidente della commissione e gli altri componenti appartenenti alla magistratura possono essere nominati anche tra i magistrati a riposo da non più di cinque anni, che, all'atto della nomina, non hanno superato i settantacinque anni di età e che, all'atto della cessazione dal servizio, esercitavano le funzioni richieste per la nomina (comma 4). Il presidente della commissione può essere sostituito dal vice presidente o, in caso di assenza o impedimento di quest'ultimo, dal più anziano dei magistrati presenti (comma 5).

Insediatisi tutti i componenti, la commissione, nonche' ciascuna delle sottocommissioni, ove costituite, svolgono la loro attività in ogni seduta con la presenza di almeno nove di essi, compreso il presidente, dei quali almeno uno professore universitario. In caso di parità di voti, prevale quello del presidente. Nella formazione del calendario dei lavori il presidente della commissione assicura, per quanto possibile, la periodica variazione della composizione delle sottocommissioni e dei collegi di cui all'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni (comma 6). Possono far parte della commissione esaminatrice esclusivamente quei magistrati che hanno prestato il loro consenso all'esonero totale dall'esercizio delle funzioni giudiziarie o giurisdizionali (comma 7). L'esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali, deliberato dal Consiglio superiore della magistratura contestualmente alla nomina a componente della commissione, ha effetto dall'insediamento del magistrato sino alla formazione della graduatoria finale dei candidati (comma 8).

Nel caso in cui non sia possibile raggiungere il numero di componenti stabilito dal comma 1, il CSM nomina componenti della commissione magistrati che non hanno prestato il loro consenso all'esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali (comma 9).

Le funzioni di segreteria della commissione sono esercitate da personale amministrativo di area C, così come definita nel contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Ministeri per il quadriennio 1998-2001, stipulato il 16 febbraio 1999 e sono coordinate da un magistrato addetto al Ministero della giustizia (comma 10).

 

A seguito della riformulazione dell’art. 5, la commissione esaminatrice, nominata 15 giorni prima della data della prova scritta con DM giustizia su conforme delibera del CSM., risulta ora composta in un numero stabile (anziché variabile) di 29 membri: un presidente, 20 magistrati ed 8 professori universitari (comma 1).

 

Un nuovo comma aggiuntivo (1-bis) precisa che:

-    il presidente della commissione debba essere un magistrato che abbia conseguito la sesta valutazione di professionalità;

-    venti magistrati, scelti in un elenco di soggetti che abbiano dato la propria disponibilità, debbano aver conseguito almeno la terza valutazione di professionalità e siano totalmente esonerati dalle funzioni per tutta la durata del concorso (la previsione ha evidenti finalità di riduzione dei tempi concorsuali)

-    gli otto professori universitari siano di ruolo e titolari di insegnamenti nelle materie d’esame.

Spetterà al CSM, quando non sia possibile raggiungere il numero di componenti della commissione, nominare d’ufficio magistrati che non hanno prestato il loro consenso all'esonero dalle funzioni, fermo restando l’impossibilità di nominare membri di commissioni degli ultimi tre concorsi. (comma 2)

 

Il comma 3 prevede che la definizione dei criteri per la valutazione omogenea delle prove d'esame avvenga in tempi diversi: i criteri relativi agli scritti, sono, infatti, individuati nella seduta plenaria della commissione nel giorno e nell'ora che saranno indicati dal presidente alla chiusura delle prove (art. 8, comma 6, RD 1860/1925); quelli per la valutazione delle prove orali sono, invece, definiti prima dell’inizio delle stesse. A dette riunioni devono partecipare tutti i componenti della commissione salvi i casi di forza maggiore e legittimo impedimento (di valutazione del CSM). In caso di mancata partecipazione, senza adeguata giustificazione, a una di dette sedute o comunque a due sedute di seguito, il Consiglio superiore può procedere alla revoca e alla sostituzione del componente”.

 

Il comma 4 estende la possibilità di essere nominati membri della commissione anche ai professori universitari a riposo da non più di cinque anni che all’atto della cessazione dal servizio erano in possesso dei requisiti per la nomina; analoga possibilità è confermata in capo ai componenti magistrati.

Il comma 5 precisa che in caso di impedimento o assenza del presidente le relative funzioni sono svolte dal magistrato con maggiore anzianità di servizio presente in ciascuna seduta ; l’attuale comma 5 prevede la sostituzione con il vice presidente (figura non prevista dal d.d.l.) o, in caso di assenza o impedimento di quest'ultimo, dal più anziano (per età) dei magistrati presenti.

Sempre con finalità acceleratorie della procedura concorsuale, il comma 6 prevede la possibilità di formazione di due sottocommissioni nel caso in cui i candidati che hanno portato a termine la prova scritta siano più di 300; in tale ipotesi, il presidente, dopo la valutazione di almeno venti candidati in seduta plenaria con la partecipazione di tutti i componenti, forma per ogni seduta due sottocommissioni, a ciascuna delle quali assegna, secondo criteri obbiettivi, la metà dei candidati da esaminare.

 

Appare evidente, che la finalità della prima correzione collegiale è quella di fornire a tutti i membri un metro di valutazione omogeneo degli scritti da applicare poi in sede di sottocommissione.

 

Le sottocommissioni - presiedute dal presidente e dal magistrato più anziano - ed assistite ciascuna da un segretario, sono, per la valutazione degli elaborati scritti, suddivise in quattro collegi, composti ciascuno di almeno tre componenti, presieduti dal presidente o dal magistrato più anziano; la commissione delibera su ogni oggetto eccedente la competenza delle sottocommissioni. Ciascun collegio della stessa sottocommissione esamina gli elaborati di una sola delle materie oggetto della prova relativamente ad ogni candidato. In caso di parità di voti, prevale quello di chi presiede.

Si è optato, quindi, per un sistema acollegi specializzati in cui ognuno dei quattro collegi valuta gli elaborati di una sola delle quattro materie oggetto di esame scritto: in ognuna delle due sottocommissioni vi sarà, quindi, un collegio che si occuperà degli elaborati di diritto civile; uno degli scritti di diritto penale; uno di quelli di diritto amministrativo; un ultimo collegio dovrà, infine, valutare il nuovo elaborato pratico introdotto dal nuovo comma 3 dell’art. 1 del D.Lgs 160 (redazione di un provvedimento in materia civile-procedura civile o penale-procedura penale).

 

Il nuovo comma 7 dell’art. 5 rinvia per la disciplina della commissione e delle sottocommissioni alle norme dettate dal RD 1860 del 1925 ovvero agli artt. 12 e 13 per la valutazione degli scritti, agli artt. 14 e 15 per quella degli orali ed all’art. 16 in relazione ad entrambe le prove.

 

L’art. 12 del RD 1860 prevede che - compiute le operazioni di apertura dei pieghi contenenti gli elaborati scritti, raggruppamento e chiusura in un’unica busta più grande (su cui è apposto un numero progressivo) dei tre elaborati di ogni candidato (riconoscibili dallo stesso numero) - la Commissione è convocata nel termine di giorni cinque, per iniziare l'esame degli scritti.

Verificata l'integrità dei pieghi e delle singole buste il segretario, all'atto dell'apertura di queste, appone immediatamente sulle tre buste contenenti i lavori il numero già segnato sulla busta grande. Lo stesso numero sarà poi trascritto, appena aperte le buste contenenti i lavori, sia in testa al foglio o ai fogli relativi, sia sulle bustine contenenti il cartoncino di identificazione.

La Commissione legge nella medesima seduta i temi di ciascun candidato e, dopo avere ultimato la lettura dei tre elaborati, assegna contemporaneamente a ciascuno di essi il relativo punteggio secondo le norme indicate nell'art. 16 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, e nell'art. 1 del decreto legislativo 19 aprile 1947, n. 974 (27).

Nel caso che la Commissione sia divisa in Sottocommissioni, queste nella medesima seduta procedono all'esame dei tre lavori di ciascun candidato e, ultimata la lettura degli elaborati, si riuniscono per la comunicazione delle rispettive valutazioni. Subito dopo ogni Sottocommissione assegna ai lavori da essa esaminati il punteggio secondo le norme indicate nel precedente comma.  Qualora la Commissione abbia fondate ragioni di ritenere che qualche scritto sia, in tutto o in parte, copiato da altro lavoro ovvero da qualche autore, annulla l'esame del candidato al quale appartiene lo scritto. Deve essere pure annullato l'esame dei concorrenti che comunque si siano fatti riconoscere.

Se la Commissione è divisa in Sottocommissioni, le deliberazioni di cui ai precedenti comma sesto e settimo spettano alla Commissione plenaria. Questa inoltre delibera definitivamente sulla idoneità o non idoneità di un candidato, quando la deliberazione della Sottocommissione sia stata presa a maggioranza e il commissario dissenziente richieda la deliberazione plenaria.

L’art. 13 stabilisce che, ultimata la lettura degli elaborati e deliberato il giudizio, il segretario nota immediatamente, a piede di ciascun lavoro, in tutte lettere, il voto assegnato. L'annotazione è sottoscritta dal presidente della commissione o della sottocommissione e dal segretario.

Terminata la disamina e votazione rispetto a tutti gli scritti, la commissione, in seduta plenaria procede senz'altro all'apertura delle buste contenenti i nomi dei concorrenti.

Ogni deliberazione presa in qualsiasi tempo per modificare i risultati delle votazioni delle prove scritte è nulla. Il risultato completo delle prove scritte sarà reso di pubblica ragione mediante foglio da affiggersi nei locali del Ministero.

L’art. 14 prevede che le prove orali hanno principio non più tardi di otto giorni dal compimento delle operazioni contemplate nell'articolo 13. Vi sono ammessi soltanto i candidati che abbiano riportato non meno di sei decimi dei voti in ciascuna prova ).

L'esame è pubblico: formano oggetto di esso le seguenti materie: diritto civile, diritto commerciale, diritto amministrativo, diritto penale, procedura civile, procedura penale, diritto costituzionale, diritto romano.

Ai sensi dell’art. 15, ogni membro della commissione può interrogare su qualsiasi materia, ma di regola il presidente delega in ciascuna seduta un commissario ad interrogare i candidati su una o più materie.

Concorrendo le circostanze indicate nel primo capoverso dell'art. 12 il presidente, sentiti i commissari, può formare due sottocommissioni, una per esaminare sulle materie di diritto privato, l'altra per esaminare sulle materie di diritto pubblico. Le sottocommissioni composte, rispettivamente di cinque e quattro membri, assistiti da un segretario, saranno presiedute dal presidente o dal commissario magistrato più anziano. (tale comma non appare, in realtà, coordinato con l’abrogazione (ad opera del D.Lgs 298/1997) del capoverso dell’art. 12 cui si riferisce).

Terminata la prova orale di ogni singolo candidato, si procede alla votazione secondo le norme indicate nel seguente articolo; il segretario ne scrive il risultato nel processo verbale, distintamente per ogni materia, rendendo immediatamente di pubblica ragione il risultato stesso, mediante foglio da affiggersi sulla porta della sala degli esami.

Quando la commissione sia divisa in sottocommissioni queste voteranno indipendentemente l'una dall'altra; i voti di ciascuna sommati, costituiranno il voto complessivo delle prove orali.

La disposizione dell'ultima parte dell'art. 12 relativa al giudizio definitivo rimesso alla commissione plenaria sulla idoneità o non idoneità di un candidato in caso di dissenso fra i membri della sottocommissione, non è applicabile alle sottocommissioni per gli esami orali.

In base all’art. 16, ogni commissario dispone di dieci punti per ogni prova scritta ed orale. Prima dell'assegnazione dei punti, la commissione o sottocommissione delibera per ciascuna prova, a maggioranza di voti, se il candidato meriti di ottenere il minimo richiesto per l'approvazione.

Nell'affermativa, ciascun commissario dichiara quanti punti intenda assegnare al candidato. La somma di tali punti, divisa per il numero dei commissari, costituisce il punto definitivamente assegnato al candidato. Le frazioni di voto non sono calcolate.

 

Si osserva come, ovviamente, le norme citate facciano riferimento, per le prove scritte, a tre elaborati (e non quattro, come previsto dal d.d.l. in esame), e per gli orali, alle materie previste prima dell’adozione del D.Lgs 160/2006

 

Mentre l’abrogazione del comma 9 dell’art. 5 del D.Lgs 160, riveste natura di coordinamento normativo, la novella al comma 10 precisa che: la segreteria della commissione (e delle sottocommissioni) è composta da personale di area C in servizio presso il solo ministero della giustizia; inoltre, il dirigente coordinatore della segreteria non è più un qualsiasi magistrato del ministero della giustizia bensì quello titolare dell’ufficio del ministero della giustizia competente per il concorso.

 

I commi 7, 8 e 9 dell’art. 1 assumono, sostanzialmente, natura di coordinamento con la novella introdotta.

 

Il comma 7 dell’articolo 1 novella l’art. 6 del D.Lgs 160, relativo ai lavori della commissione.

 

Il citato articolo 6 prevede che la commissione esaminatrice, durante la valutazione degli elaborati scritti e durante le prove orali, articola i propri lavori in modo da formare la graduatoria entro il termine di nove mesi a decorrere dal primo giorno successivo a quello di espletamento dell'ultima prova scritta (comma 1).

L'intera procedura concorsuale è espletata in modo da consentire l'inizio del tirocinio degli uditori entro dodici mesi dalla data di conclusione delle prove scritte del relativo concorso (comma 2).

I lavori della commissione sono articolati in ragione di un numero minimo di dieci sedute a settimana, delle quali cinque antimeridiane e cinque pomeridiane, salvo assoluta impossibilità della commissione stessa (comma 3).

Il presidente o, in sua mancanza, il vicepresidente possono in ogni caso disporre la convocazione di sedute supplementari qualora ciò risulti necessario per assicurare il rispetto delle cadenze e dei termini di cui ai commi 1, 2 e 7 (comma 4).

I componenti della commissione esaminatrice fruiscono del congedo ordinario nel periodo compreso tra la pubblicazione dei risultati delle prove scritte e l'inizio delle prove orali. L'eventuale residuo periodo di congedo ordinario è goduto al termine della procedura concorsuale (comma 5). La mancata partecipazione, anche se giustificata, di un componente a due sedute della commissione, qualora ciò abbia causato il rinvio delle sedute stesse, può costituire motivo per la revoca della nomina da parte del Consiglio superiore della magistratura (comma 6).

La commissione, o ciascuna delle sottocommissioni formate ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, esamina ogni mese gli elaborati scritti di non meno di quattrocento candidati ed esegue l'esame orale di non meno di cento candidati (comma 7). Il mancato rispetto delle cadenze e dei termini di cui ai commi 1, 2 e 7 può costituire motivo per la revoca della nomina del presidente o del vicepresidente da parte del Consiglio superiore della magistratura (comma 8).

Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinate le indennità spettanti ai professori universitari componenti della commissione (comma 9).

 

Oltre alla rubrica dell’art. 6 ora denominata “Disciplina dei lavori della commissione” è, altresì modificato il comma 4  di tale articolo in conseguenza dell’eliminazione della figura del vicepresidente della commissione d’esame le cui competenze sono ora trasferite al magistrato con maggiore anzianità di servizio

 

Sempre con riferimento all'articolo 6, la novella al comma 5 estende esplicitamente al presidente della commissione il diritto di fruire del congedo previsto dalla norma.

 

E’ poi abrogata la previsione del comma 6 che prevede come possibile motivo di revoca della nomina da parte del CSM la mancata partecipazione, anche se giustificata, di un componente a due sedute della commissione, qualora ciò ne abbia causato il rinvio.

 

Il nuovo comma 7 aumenta da 400 a 600 il numero minimo degli elaborati scritti che la commissione deve valutare; gli esami orali da eseguire rimangono, invece, stabiliti nel numero di 100.

 

La modifica del comma 8 .è anch’essa conseguente alla soppressione della figura del vicepresidente.

 

Il comma 8 dell’art. 1 del d.d.l. modifica, poi, l’art. 8 del D.Lgs 160/2006.

 

L’art. 8 (Nomina ad uditore giudiziario) del D.Lgs prevede che i concorrenti dichiarati idonei sono classificati secondo il numero totale dei punti riportati e, nello stesso ordine, sono nominati, con decreto ministeriale, uditore giudiziario, nei limiti dei posti messi a concorso (comma 1).

Espletata la procedura di cui al comma 1, l'indicazione di cui all'articolo 1, comma 6, primo periodo, costituisce titolo preferenziale su ogni altro, nei limiti dei posti vacanti, per la attribuzione della sede di prima destinazione nell'ambito della funzione indicata. In caso di parità di punti si applicano, altresì, le disposizioni generali vigenti sui titoli di preferenza per le ammissioni ai pubblici impieghi (comma 2).

 I documenti comprovanti il possesso di titoli di preferenza, a parità di punteggio, ai fini della nomina, sono presentati, a pena di decadenza, entro il giorno di svolgimento della prova orale (comma 3).

 

Oltre alla rubrica, ora coerentemente denominata “Nomina a magistrato ordinario”, è novellato il comma 1 con modifiche di natura formale e di coordinamento ed è soppresso il comma 2, divenuto inattuale a seguito dell’eliminazione dell’obbligo preliminare di scelta, già all’atto della domanda, della funzione (requirente o giudicante) da svolgere.

 

L’ultima modifica prevista dall’art. 1 del provvedimento in esame è introdotta dal comma 9 ed interessa l’art. 9 del D.Lgs 160/2006.

 

Detto art. 9 (Tirocinio degli uditori e ammissibilità all'esame per l'esercizio della professione di avvocato) stabilisce che gli uditori giudiziari svolgono il periodo di tirocinio con le modalità stabilite dal decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera b) e 2, comma 2, della legge 25 luglio 2005, n. 150 (comma 1).

Il periodo di uditorato e' valido, come pratica forense, agli effetti dell'ammissibilità all'esame per l'esercizio della professione di avvocato (comma 2).

 

Le modifiche alla rubrica dell’art. 9 ed al suo comma 1 derivano dalla attuale necessità di riferirsi al tirocinio dei magistrati ordinari anziché degli uditori e alla necessità di svolgere il tirocinio secondo le nuove disposizioni recate dal D.Lgs 26/2006; più rilevante la novella del comma 2, il cui contenuto è integrato in coerenza con le previsioni del nuovo art. 11 del D.Lgs 160, relativo alla valutazione della professionalità (v. ultra, art. 2, comma 2, del d.d.l.).

Viene, infatti, aggiunto un periodo al comma 2 dell’art. 9 che stabilisce che il conseguimento della citata prima valutazione di professionalità abilita all’esercizio della professione forense ed alla iscrizione al relativo ordine in caso di cessazione dall’ordine giudiziario. Il conseguimento della quarta valutazione di professionalità abilita, invece, al patrocinio davanti alle magistrature superiori.


 

Articolo 2
(Modifiche agli articoli da 10 a 55 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160)

L’articolo 2 del disegno di legge del Governo modifica talune disposizioni del D.Lgs 160/2006 relative alle funzioni, alla progressione nella carriera ed al trattamento economico dei magistrati.

 

Nello specifico il comma 1 dell’art. 2 del d.d.l. sostituisce l'attuale articolo 10 del D.Lgs. 160/2006, in materia di Funzioni dei magistrati.

 

Al riguardo, come si legge nella relazione di accompagnamento del provvedimento, la differenziazione «interna» delle funzioni in giudicanti e requirenti, in funzioni di primo grado, di secondo grado e di legittimità, nonchè in semidirettive, direttive, direttive superiori e direttive apicali, perde ogni connotazione gerarchica e assume un carattere meramente descrittivo e funzionale, utile a definire i requisiti di accesso ai diversi posti e funzioni.

 

A questo proposito si segnala che l’art. 10 del D.Lgs 160/2006, oggetto di modifica da parte dell'articolo in esame, prevede che le funzioni dei magistrati si distinguono in funzioni di merito e in funzioni di legittimità e sono le seguenti:

a) giudicanti di primo grado;

b) requirenti di primo grado;

c) giudicanti di secondo grado;

d) requirenti di secondo grado;

e) semidirettive giudicanti di primo grado;

f) semidirettive requirenti di primo grado;

g) semidirettive giudicanti di secondo grado;

h) semidirettive requirenti di secondo grado;

i) direttive giudicanti o requirenti di primo grado e di primo grado elevato;

l) direttive giudicanti o requirenti di secondo grado;

m) giudicanti di legittimità;

n) requirenti di legittimità;

o) direttive giudicanti o requirenti di legittimità;

p) direttive superiori giudicanti o requirenti di legittimità;

q) direttive superiori apicali di legittimità.

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame sostituisce l’articolo 10 del decreto legislativo citato, disponendo che la magistratura sia unica nel concorso di ammissione, nel tirocinio e nel ruolo di anzianità, e prevedendo distinzioni solo quanto alle funzioni esercitate.

 

Al riguardo, le funzioni si distinguono in:

 

§         giudicanti e requirenti (di primo grado, secondo grado e legittimità),

§         semidirettive di primo grado;

§         semidirettive elevate di primo grado;

§         semidirettive di secondo grado;

§         direttive di primo grado;

§         direttive elevate di primo grado;

§         direttive di secondo grado;

§         direttive di legittimità;

§         direttive superiori;

§         direttive apicali.

 

I commi da 3 a 14 del nuovo art. 10 esplicitano, poi, il contenuto delle indicate funzioni, attualmente disciplinate dall' articolo 11 del decreto legislativo 160/2006, interamente sostituito dal successivo comma 2 dell'articolo in esame.

 

In particolare, il comma 3, del nuovo articolo 10 precisa quali sono le funzioni giudicanti e requirenti di primo grado.

 

Per l’art. 11, commi 1 e 2, D.Lgs 160, le funzioni giudicanti di primo grado sono quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza. Le funzioni requirenti di primo grado sono quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni.

 

Al riguardo, l’unica novità introdotta dal comma 3 riguarda l’aggiunta tra le funzioni giudicanti di primo grado anche di quelle svolte dal magistrato addetto al massimario della corte di cassazione.

 

Il comma 4 del nuovo articolo 10 conferma le previsioni contenute nell'attuale versione dell’art. 11, commi 3 e 4, del D.Lgs 160/2006, in base al quale le funzioni giudicanti di secondo grado sono quelle di consigliere di corte di appello, mentre le corrispondenti funzioni requirenti sono quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di appello, nonche' quelle di sostituto addetto alla Direzione nazionale antimafia.

 

Il comma 5 del nuovo articolo 10 conferma il contenuto dei commi 15 e 16 dell’art. 11 del D.Lgs, secondo cui le funzioni giudicanti di legittimità sono quelle di consigliere della Corte di cassazione; quelle requirenti di legittimità sono quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione.

 

Il comma 6 del nuovo art. 10 – relativo alle funzioni semidirettive giudicanti e requirenti di primo grado - novella, invece, il contenuto dei corrispondenti commi 5 e 6 dell’art. 11 del D.Lgs 160.

 

Detti commi prevedono che le funzioni semidirettive giudicanti di primo grado sono quelle di presidente di sezione di tribunale; quelle semidirettive requirenti di primo grado sono quelle di procuratore della Repubblica aggiunto.

 

Tra le funzioni semidirettive giudicanti di primo grado sono aggiunte quelle di presidente e presidente aggiunto della sezione GIP.

 

Il comma 7 dell’art. 10 introduce una nuova funzione rispetto a quelle previste dal D.Lgs 160/2006; la norma stabilisce, infatti, che funzioni semidirettive giudicanti elevate sono quelle di presidente della sezione GIP negli uffici giudiziari aventi sede nelle città di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia (art. 1, comma 1, DL 327/1989, convertito dalla legge 380/1989); l’attuale art. 10, comma 1 considera tali figure professionali svolgenti funzioni direttive giudicanti di primo grado elevato (v. ultra).

 

Il comma 8 del nuovo articolo 10 novella solo formalmente il contenuto dei corrispondenti commi 7 e 8 del D.Lgs160/2006; tali disposizioni prevedono che sono funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado quelle di presidente di sezione presso la corte d’appello; funzioni semidirettive requirenti di secondo grado sono, invece, quelle di avvocato generale presso la stessa corte.

 

Il successivo comma 9 riguarda, poi, le funzioni direttive giudicanti e requirenti di primo grado, oggetto degli attuali commi 9 e 10 dell’art. 11 del D.Lgs 160/2006.

 

Tali commi prevedono che le funzioni direttive giudicanti di primo grado sono quelle di presidente di tribunale e di presidente del tribunale per i minorenni. Le funzioni direttive requirenti di primo grado sono quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni.

 

Al riguardo, la novità prevista dal nuovo comma 9 è rappresentata dalla precisazione che anche il presidente del tribunale di sorveglianza svolge funzioni direttive giudicanti di primo grado, sebbene la generica dizione prevista dall’attuale comma 9, “presidente di tribunale”, dovrebbe già comprendere oltre il presidente del tribunale ordinario anche quello del tribunale di sorveglianza; la novella sembra, quindi, assolvere a funzioni di chiarezza normativa. Dall’ambito della norma sono, però, esclusi i presidenti dei tribunali ordinari aventi sede nelle città di cui all’art. 1 del DL 327/1989, che rivestono funzioni direttive giudicanti elevate di primo grado (v. seguente comma 10).

 

Di grado appena superiore a quelle appena descritte sono le funzioni direttive elevate di primo grado giudicanti e requirenti di cui al nuovo comma 10 dell’art. 10.

Si tratta di funzioni sostanzialmente corrispondenti alle funzioni direttive giudicanti e requirenti di primo grado elevato già previste dai commi 11 e12 dell’attuale art. 11 del D.Lgs 160/2006.

 

Il citato comma 11 prevede che sono funzioni direttive giudicanti di primo grado elevato quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione GIP dei tribunali di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia nonchè di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A allegata alla legge sull’ordinamento penitenziario (L: 26 luglio 1975)[16].

Le funzioni direttive requirenti di primo grado elevato, ai sensi del comma 12, sono quelle di procuratore della Repubblica presso i tribunali ordinari delle città sopracitate.

 

Il nuovo comma 10 dell’art. 10 attribuisce, però, funzioni direttive giudicanti elevate di primo grado ai soli presidenti di tribunale ordinario aventi sede nelle citate città di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia (art. 1, comma 1, DL 327/1989).

 

Pertanto, mentre in base alla disciplina del D.Lgs 160 (art. 11) ai presidenti delle sezioni GIP nei tribunali di tali città sono attribuite funzioni direttive giudicanti di primo grado elevatogli stessi soggetti rivestono, in base alla riforma in esame (v. comma 7), funzioni semidirettive giudicanti elevate.

Nelle medesime città, i procuratori della Repubblica presso il tribunale ordinario rivestono, invece, funzioni direttive requirenti elevate di primo grado.

 

Il comma 11 conferma il contenuto dei commi 13 e 14 dell’art. 11 del D.Lgs 160 che prevedono che a svolgere funzioni direttive giudicanti e requirenti di secondo grado siano, rispettivamente, i presidenti di corti d’appello (giudicanti) ed i PG presso la stessa corte d’appello ed il Procuratore nazionale antimafia (requirenti).

 

Il comma 12 conferma che le funzioni direttive giudicanti di legittimità sono quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione, mentre le funzioni direttive requirenti di legittimità sono svolte dall’avvocato generale presso la corte di cassazione.

 

Il comma 18 dell’art. 11 del D.Lgs 160/2006 stabilisce che le funzioni direttive requirenti di legittimità sono quelle di avvocato generale della procura generale presso la Corte di cassazione.

 

Il nuovo comma 13 – analogamente a quanto previsto dall'attuale comma 19 dell’art. 11 del D.Lgs 160/2006 - attribuisce funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità a due soli magistrati: il presidente aggiunto della corte di cassazione ed il presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche;  novità, invece, si riscontrano nell’attribuzione delle corrispondenti funzioni requirenti che, in tal caso, sono attribuite al solo procuratore generale aggiunto. Al PG presso la corte di Cassazione (ora funzionalmente affiancato al PG aggiunto, v art. 11, comma 20, D.Lgs 160) vengono attribuite, infatti, dal d.d.l. funzioni direttive apicali (v. ultra, comma 14).

 

I massimi gradi della carriera, sono, da ultimo, riservati, dal nuovo comma 14,  al primo presidente presso la Corte di cassazione e al procuratore generale presso la medesima corte i quali rivestono, pertanto, le funzioni direttive apicali di legittimità giudicanti (il primo) e requirenti (il secondo).

 

Al riguardo si ricorda che la "riforma Castelli" riserva il massimo grado delle funzioni - le direttive superiori apicali di legittimità - al solo primo presidente della Corte di cassazione.

 

Come accennato, rilevanti modifiche sono, poi, introdotte dal d.d.l. in relazione alla disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati.

 

Al riguardo, nella relazione illustrativa del provvedimento si precisa che nel configurare la nuova disciplina si è partiti dalla constatazione che il sistema di valutazioni della professionalità anteriore alla legge n. 150 del 2005, deve essere considerato non più adeguato, e quindi da riformare, per due prevalenti ragioni:

 

a) la professionalità del magistrato, nella sua ricchezza di conoscenza tecnica, di capacità nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e giurisdizionali, di consapevolezza del ruolo e di responsabilità professionale, non può più essere affermata per presunzioni e solo in occasione dei passaggi di qualifica troppo distanziati o di incarichi specifici;

b) il meccanismo è insufficiente ad attuare un reale vaglio delle specifiche capacità, delle doti e delle attitudini richieste per l’esercizio delle diverse funzioni che possono essere svolte nella sua vita professionale.

 

Si è dunque prefigurato un nuovo intervento riformatore volto a sostituire integralmente il D.Lgs 160 del 2006, giudicato farraginoso e basato – si legge nella relazione al d.d.l. – oltre su una opzione di fatto “per una distinzione delle funzioni assimilabile ad una separazione delle carriere” anche “sulla scelta di una costruzione piramidale della carriera dei magistrati” e su un “sistema di valutazione per titoli ed esami scollegato ad un reale obiettivo di valutazione della professionalità funzionalizzato sull’efficienza”.

 

In via generale, la nuova disciplina introdotta dal disegno di legge si articola sui seguenti punti principali:

 

a)      l’introduzione di verifiche professionali ogni quattro anni;

b)      una progressione economica sganciata dall'anzianità e dalle funzioni e collegata alle sole valutazioni di professionali;

c)      il sempre possibile passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa;

d)      la necessità di superare un concorso per titoli dopo aver conseguito la valutazione di professionalità richiesta, per esercitare gli incarichi direttivi e semidirettivi (sempre temporanei);

e)      l'anzianità, da criterio di valutazione, diventa criterio di legittimazione per concorrere agli incarichi direttivi e semidirettivi;

f)        la possibilità diinterventi in caso di riscontrata inadeguatezza professionale del magistrato valutato, modulati in modo differenziato, con ripercussioni, nelle ipotesi più gravi, anche sulla progressione economica;

g)      l’individuazione di una procedura urgente da attivare in caso di revoca dei dirigenti che si rilevano inadeguati.

 

Nello specifico, l’articolo 2, comma 2, del disegno di legge in esame formula un nuovo art. 11 del D.Lgs. 160 che individua i criteri e le modalità per le valutazioni professionali alle quali tutti i magistrati debbono sottoporsi ogni quattro anni.

Tali valutazioni si riferiscono al complesso dell’attività professionale del magistrato e in particolare debbono riguardare:

a)      la capacità;

b)      la laboriosità;

c)      la diligenza;

d)      l’impegno;

e)      l’attitudine alla dirigenza.

L’art. 11 individua, in relazione a tali parametri di valutazione, specifici indicatori della preparazione professionale del magistrato.

Per quel che riguarda la capacità professionale, essa sarà misurata – tra l’altro - sulla preparazione giuridica, sulla metodologia di analisi, sulla valutazione delle prove e la tenuta delle udienze, sulla padronanza delle tecniche utilizzate nei diversi settori della giurisdizione.

La laboriosità sarà espressiva non solo con riferimento alla quantità, ma anche della qualità del lavoro giudiziario svolto e all’apporto fornito al complessivo lavoro di ufficio, anche con riferimento al tirocinio dei magistrati ordinari e onorari;

Per quel che riguarda la diligenza, essa sarà intesa come assiduità e rispetto dei termini per l’emissione, la redazione, il deposito di provvedimenti o comunque per il compimento di attività giudiziarie, nonché con riferimento alla partecipazione alle riunioni previste per la discussione e l’approfondimento delle innovazioni legislative, per l’esame dell’evoluzione della giurisprudenza e per lo scambio di informazioni;

L’impegno esprime il grado di partecipazione e di fattivo concorso del magistrato al buon andamento dell’ufficio nel quale opera, la disponibilità a sostituzioni, applicazioni e supplenze, la frequenza di corsi di aggiornamento, l’apporto alla soluzione di problemi organizzativi del servizio-giustizia;

Il quinto parametro di valutazione del magistrato, l’attitudine alla dirigenza, autonomamente introdotto dal comma 3 del nuovo art. 11, è inteso sia come capacità di organizzare il proprio lavoro nel contesto in cui si opera sia come attitudine a coordinare, stimolare, controllare, e valorizzare l’attività del personale di magistratura e non in dotazione all’ufficio, sia in relazione alla capacità di rispettare il progetto di organizzazione tabellare. Ulteriore elemento di valutazione consiste nella valutazione delle pregresse esperienze direttive e semidirettive anche sulla base dei risultati ottenuti, nello svolgimenti di una pluralità di funzioni giudiziarie, nella frequenza di corsi di formazione.

 

Le valutazioni di professionalità sono di competenza dei Consiglio superiore della Magistratura e vengono  espresse a seguito di parere motivato dei Consigli giudiziari territorialmente competenti.

 

Rilevanti attribuzioni sono, inoltre, attribuite al CSM in relazione alla individuazione degli standard di rendimento nonché alla specificazione degli elementi sulla base dei quali il consiglio giudiziario deve esprimere il giudizio.

 

Tali parametri valutativi, ai sensi dell’art. 11, comma 19, del D.lgs 160, come novellato dall'articolo 2 del provvedimento in esame, devono, infatti, essere analiticamente individuati con delibera del CSM entro 90 gg. dall’entrata in vigore del provvedimento.

 

Tale delibera riguarderà le modalità di raccolta della documentazione e d’individuazione a campione dei provvedimenti e verbali d’udienza, i dati statistici da raccogliere, le modalità per la redazione dei pareri dei Consigli giudiziari secondo modelli standard, i criteri di valutazione della preparazione giuridica, della laboriosità, dell’impegno, dell’attitudine alla dirigenza, l’individuazione ei tempi medi di definizione dei diversi procedimenti.

 

Nello specifico della procedura di valutazione, il comma 4 dell'articolo 11, come modificato dall'articolo in esame, prevede che ogni anno, entro il 31 gennaio, i capi degli uffici giudiziari trasmettono ai Consigli giudiziari la documentazione a campione, le statistiche e le informazioni in ordine agli incarichi svolti dai magistrati.

 

Al termine del quadriennio, il Consiglio giudiziario avrà a disposizione per ogni magistrato un fascicolo contenente gli elementi di valutazione necessari al giudizio di professionalità da esprimere.

Saranno, quindi, valutate (comma 5, art. 11):

1)       le informazioni disponibili presso il Consiglio superiore della magistratura e il Ministero della giustizia;

2)       la relazione del magistrato sul lavoro svolto nel quadriennio unitamente a quanto altro egli ritenga utile, ivi compresa la copia di atti e provvedimenti che il magistrato ritiene di sottoporre ad esame;

3)       le statistiche del lavoro svolto e la comparazione con quelle degli altri magistrati del medesimo ufficio, secondo i criteri stabiliti nei provvedimenti di cui al comma 19;

4)       gli atti e i provvedimenti redatti dal magistrato e i verbali delle udienze alle quali il magistrato abbia partecipato, scelti a campione sulla base di criteri oggettivi stabiliti al termine di ciascun anno con i provvedimenti di cui al comma 19, se non già acquisiti;

5)       l’indicazione degli incarichi giudiziari ed extragiudiziari svolti dal magistrato nel periodo valutato con l’indicazione dell’impegno concreto che gli stessi hanno comportato;

6)       il rapporto e le segnalazioni provenienti dai capi degli uffici, i quali devono tenere conto delle situazioni specifiche rappresentate da terzi nonché delle segnalazioni eventualmente pervenute dal consiglio dell’ordine degli avvocati, sempre che si riferiscano a fatti specifici incidenti in modo negativo sulla professionalità, con particolare riguardo alle situazioni concrete e oggettive di esercizio non indipendente della funzione e ai comportamenti che denotino evidente mancanza di equilibrio. Il rapporto del capo dell’ufficio è trasmesso al consiglio giudiziario dal presidente della corte di appello o dal procuratore generale presso la medesima corte, titolari del potere-dovere di sorveglianza, con le loro eventuali considerazioni.

 

Il Consiglio giudiziario può, inoltre, assumere informazioni su fatti specifici segnalati (da suoi membri, da capiufficio, dal consiglio degli ordini forensi) a carico del magistrato, garantendone il diritto di difesa e di audizione (comma 6, art. 11).

 

Si segnala, sul punto, che la circolare CSM 22 maggio 1985 (Criteri per la formulazione dei pareri per la valutazione di professionalità dei magistrati, P-1275), come aggiornata dalle delibere 23 luglio 2003 e 26 gennaio 2005 prevede, in particolare, che i capi degli uffici giudiziari - in sede di parere per la progressione di carriera dei magistrati – procedono all’estensione della valutazione secondo uno specifico modello (allegato alla circolare) e sulla base di schemi omogenei. Ciò, allo scopo di rendere più oggettivi e meglio comparabili i giudizi formulati dai dirigenti e dai Consigli giudiziari.

 

Il Consiglio giudiziario, sulla base degli elementi in suo possesso formula un parere motivato al CSM, unitamente alla documentazione in suo possesso (comma 7, art. 11).

 

Per finalità di garanzia, il comma 8 dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 160 del 2006, nella sua nuova formulazione, prevede che entro dieci giorni dalla notifica del parere del consiglio giudiziario, il magistrato possa far pervenire al Consiglio superiore della magistratura le proprie osservazioni e chiedere di essere ascoltato personalmente.

 

Al termine del giudizio di valutazione, il CSM può esprimere tre tipi di giudizi di professionalità:

a) positivo;

b) non positivo;

c) negativo.

 

Il giudizio di professionalità è positivo se la valutazione è (almeno) sufficientein relazione ad ognuno dei parametri di cui ai precedenti commi 2 e 3 dell'articolo 11, ovvero alla capacità, alla laboriosità, alla diligenza, all’impegno ed all’attitudine alla dirigenza (comma 10, art. 11).

 

Il giudizio di professionalità è non positivo se la valutazione è carente in relazione ad uno o più dei citati parametri (comma 10, art. 11).;

 

il giudizio è, infine, negativo quando si rilevi una carenza grave  in due o più dei suddetti parametri valutativi (comma 10, art. 11)..

 

Ai sensi del comma 11 dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 160 del 2006, nella sua nuova formulazione, nel caso di giudizio non positivo, il CSM procede ad una nuova valutazione dopo un anno, acquisito il parere del Consiglio giudiziario; durante tale anno il magistrato non potrà essere autorizzato allo svolgimento di incarichi extragiudiziari. Se il nuovo parere sarà positivo, a decorrere dalla scadenza dell’anno è dovuto al magistrato il nuovo trattamento economico o l’aumento periodico di stipendio (scatto biennale).

 

In relazione alla formulazione di questa disposizione si osserva che nulla si dice in relazione ad una eventuale valutazione non positiva o negativa del magistrato in sede di riesame.

 

Se il giudizio è negativo, il magistrato è ulteriormente valutato dal CSM dopo un biennio e “salta” così uno degli aumenti periodici biennale. Ai sensi del comma 13 il nuovo trattamento economico eventualmente spettante è dovuto solo a seguito di giudizio positivo e con decorrenza dalla scadenza del biennio.

 

Il Consiglio superiore della magistratura può disporre che il magistrato che abbia ottenuto un giudizio negativo partecipi ad uno o più corsi di riqualificazione professionale in rapporto alle specifiche carenze di professionalità riscontrate; può anche assegnare il magistrato, previa sua audizione, a una diversa funzione nella medesima sede o escluderlo, fino alla successiva valutazione, dalla possibilità di accedere a incarichi direttivi o semidirettivi o a funzioni specifiche (comma 12, art. 11).

Nel corso del biennio antecedente alla nuova valutazione non può essere autorizzato lo svolgimento di incarichi extragiudiziari.

 

Ai sensi del successivo comma 14, ad un secondo giudizio negativo da parte del CSM, previa audizione del magistrato, consegue la dispensa automatica dal servizio del magistrato .

 

Da ultimo, il comma 15 dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 160 del 2006, nella sua nuova formulazione, precisa che il giudizio di professionalità è un provvedimento motivato espresso dal Consiglio superiore della magistratura che dovrà essere trasmesso al Ministro della giustizia ai fini dell'adozione del relativo decreto è trasmesso.

 

Per quanto riguarda, poi, i magistrati fuori ruolo, il successivo comma 15 dell'articolo 11 individua una procedura di valutazione analoga a quella fin qui descritta.

 

Nello specifico, per i magistrati in servizio presso il Ministero della giustizia, il giudizio è espresso dal Consiglio superiore della magistratura, acquisito, il parere del consiglio di amministrazione, composto dal presidente e dai soli membri che appartengano all’ordine giudiziario; per tutti gli altri fuori ruolo (anche all’estero) il parere è, invece, espresso dal Consiglio giudiziario presso la corte d’appello di Roma.

 

Alla valutazione sulla professionalità si affianca – per i magistrati che svolgono funzioni direttive apicali, direttive superiori, direttive e semidirettive – un controllo di gestione, con cadenza biennale,le cui modalità sono definite da un DM giustizia, adottato di concerto col CSM (comma 17, articolo 11).

 

Se al controllo consegue una valutazione negativa, questa va comunicata all’interessato, al quale il CSM può suggerire modifiche al modello organizzativo adottato. Se la valutazione appare estremamente negativa (“nei casi più gravi”), il CSM può disporre la revoca dell’incarico ed il trasferimento del magistrato ad altra funzione (non direttiva o semidirettiva); in tale ipotesi, In questo caso, acquisito il parere del Consiglio direttivo della Corte di cassazione o del consiglio giudiziario a seconda dei casi, il Consiglio superiore della magistratura procede a valutazione straordinaria di professionalità nel corso della quale il magistrato ha facoltà, se ne fa richiesta, di essere sentito e di accedere agli atti del procedimento (comma 18 articolo 11).

 

L’articolo 2, comma 3, del d.d.l. in esame riformula l’art. 12 del D.Lgs 160, ora relativo ai “Requisiti e criteri per il conferimento delle funzioni”.

 

Con la nuova norma è eliminato ogni riferimento al sistema di valutazione per esami ai fini del conferimento di funzioni.

 

L’attuale art. 12 (Progressione nelle funzioni) del D.Lgs 160 prevede che, salvo il conferimento delle funzioni giudiziarie a seguito del positivo espletamento del periodo di tirocinio, le progressioni nelle funzioni si effettuano:

a) mediante concorso per titoli ed esami;

b) mediante concorso per titoli.

Fino al compimento dell'ottavo anno dalla nomina a uditore giudiziario, i magistrati debbono svolgere, effettivamente, funzioni requirenti o giudicanti di primo grado, ad eccezione di coloro posti in aspettativa per mandato parlamentare o collocati fuori ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura.

Dopo l’ottavo anno, il Consiglio superiore della magistratura attribuisce le funzioni giudicanti o requirenti, di secondo grado previo superamento di concorso per titoli ed esami, scritti e orali, ovvero dopo tredici anni dall'ingresso in magistratura, previo concorso per titoli.

Dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, il Consiglio superiore della magistratura attribuisce le funzioni di legittimità, previo superamento di concorso per titoli, ovvero, dopo diciotto anni dall'ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali.

Al concorso per titoli ed esami, scritti e orali, per l'attribuzione delle funzioni di legittimità possono partecipare anche i magistrati che non hanno svolto diciotto anni di servizio e che hanno esercitato per tre anni le funzioni di secondo grado.

Il Consiglio superiore della magistratura attribuisce le funzioni semidirettive o direttive previo concorso per titoli.

 

L’unica procedura prevista dal nuovo comma 1 dell'art. 12 è quella concorsuale per soli titoli, alla quale sono ammessi a partecipare, a domanda, i soli magistrati che abbiano conseguito almeno la necessaria valutazione di professionalità richiesta.

 

Solo nel caso di esito negativo della procedura concorsuale (assenza candidati, o loro inidoneità), spetta al CSM procedere alla nomina d’ufficio.

 

L’art. 12, (commi 2-12) indica, quindi, analiticamente, quale valutazione (seconda, terza, quarta, quinta, sesta o settima) debba essere stata conseguita dal magistrato per partecipare allo specifico concorso per titoli.

 

Così, a parte l’accesso alle funzioni di primo grado per cui è richiesta la sola delibera di conferimento delle funzioni giurisdizionali al termine del tirocinio, per il conferimento di funzioni di secondo grado (consigliere e sostituto PG presso la corte d' appello e sostituto presso la DNA) e di funzioni semidirettive di primo grado (presidente di sezione presso il tribunale, presidente e presidente aggiunto sezione GIP, procuratore aggiunto preso il tribunale) è richiesta l’idoneità almeno della seconda valutazione di professionalità. Per il conferimento di funzioni direttive di primo grado (presidente di tribunale – ordinario, dei minorenni o di sorveglianza – e di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario o dei minorenni), funzioni semidirettive giudicanti elevate di primo grado (presidente sez. GIP negli uffici di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia) è necessario aver conseguito la terza valutazione di professionalità. Per il conferimento di funzioni di legittimità (consigliere e sostituto PG presso la cassazione), semidirettive di secondo grado (presidente di sezione ed avvocato generale presso la corte d’appello) e direttive elevate di primo grado (presidente tribunale ordinario), è necessario il superamento della quarta valutazione.

Per l’accesso alle funzioni di grado più elevato si prevede, poi:

 

-    il conseguimento della quinta valutazione di professionalità, per le funzioni direttive di secondo grado (presidente e PG presso la corte d’appello, procuratore nazionale antimafia) e per le funzioni direttive di legittimità (presidente di sezione e avvocato generale presso la corte di cassazione);

-    il conseguimento della sesta valutazione di professionalità, per le funzioni direttive superiori di legittimità (presidente aggiunto della corte di cassazione e Presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche);

-    il conseguimento della settima ed ultima valutazione di professionalità per le funzioni direttive apicali di legittimità (primo presidente e procuratore generale presso la corte di cassazione).

 

In relazione, poi, al conferimento specifico delle funzioni di legittimità, il comma 12 della nuova formulazione dell'articolo 12 prevede che le valutazioni del CSM avranno anche ad oggetto “la capacità scientifica e di analisi delle norme”;  tale requisito sarà valutato da un’apposita commissione interna al CSM, composta da 5 membri (2 magistrati che abbiano superato la quarta valutazione più 2 professori universitari di ruolo).

È stato, tuttavia, previsto che il Consiglio superiore, se intenda discostarsi dal parere espresso dalla commissione possa farlo, salvo motivare sul punto.

I successivi commi da 13 a 16 dell’art. 11 disciplinano, in prevalenza, i profili  organizzativi e funzionali di detta commissione.

 

Un’anzianità minima di 4 anni nelle funzioni di legittimità è, poi, richiesta per il conferimento delle funzioni di grado più elevato (direttive di legittimità, direttive superiori di legittimità e direttive apicali di legittimità); a tal fine, sono altresì oggetto di valutazione i risultati conseguiti durante la precedente esperienza direttiva, gli specifici, qualificati corsi di formazione frequentati anche prima dell’ingresso in magistratura ed ogni altro elemento da cui possa desumersi l’attitudine a  funzioni di direzione.

 

L’articolo 2, comma 4 del disegno di legge sostituisce l’art. 13 del D.Lgs 160, ora rubricato “Attribuzione delle funzioni e passaggio da quelle giudicanti a quelle requirenti e viceversa”.

 

La nuova norma stabilisce, anzitutto, la competenza del CSM a disporre con provvedimento motivato le assegnazioni di sede, i passaggi di funzioni, i conferimenti di funzioni direttive e semidirettive e l’assegnazione al relativo ufficio dei magistrati che non abbiano ancora conseguito la prima valutazione.

 

Ai magistrati che abbiano terminato il tirocinio – salvo eccezioni, stabilite dal CSM per far fronte a “particolari esigenze di servizio” – è comunque, interdetto l’accesso a funzioni requirenti e di GIP presso le sezioni delle indagini preliminari e ciò in considerazione, come si legge nella relazione illustrativa, "della particolare delicatezza di tali funzioni per l’esercizio delle quali è necessario avere svolto in concreto la funzione giurisdizionale" .

 

Viene, poi, introdotta dal nuovo art. 13 una diversa disciplina del passaggio di funzioni, prima contenuta negli artt. 13 e 14 del D.Lgs 160.

 

Gli artt. 13 e 14 prevedono analoga disciplina per il passaggio da funzioni giudicanti a requirenti e viceversa. In entrambi casi, infatti, è stabilita una procedura concorsuale per titoli bandita dal CSM con la relativa domanda di passaggio da proporre inderogabilmente entro il terzo anno di esercizio delle funzioni (giudicanti o requirenti).

Ai fini del passaggio di funzioni, i magistrati debbono frequentare un apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura il cui giudizio finale e' valutato, per l'assegnazione dei posti, dal CSM.

Il successivo art. 15 precisa che è lo stesso CSM ad individuare annualmente e, comunque, con priorità assoluta, i posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di primo grado al fine di consentire il passaggio di funzione. Salvo quanto previsto in via transitoria dall'articolo 16, il mutamento delle funzioni da giudicanti a requirenti e viceversa deve avvenire per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale.

A parte, quindi, la disciplina “a regime” del passaggio di funzioni entro il terzo anno nonchè quella transitoria, per regolare la situazione al momento dell’entrata in vigore del D.Lgs, non e' consentito il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa.

La citata disciplina transitoria ha previsto che entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della  efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, i magistrati in servizio a tale data possono presentare domanda per il passaggio, nello stesso grado, dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa. Il mutamento effettivo di funzioni e' disposto, previa valutazione positiva del CSM, nel limite dei posti vacanti annualmente individuati dallo stesso Consiglio nei cinque anni successivi a quello di acquisto di efficacia del decreto legislativo di cui al comma 2. Per i magistrati che si trovano in posizione di fuori del ruolo organico al momento dell'acquisto di efficacia del decreto legislativo sopracitato, salvo che il mutamento di funzioni sia già avvenuto all'atto del ricollocamento in ruolo, il termine di 3 mesi decorre dalla data di ricollocamento medesimo. In tale ipotesi, il citato termine quinquennale decorre da quest'ultima data.

Ai fini del passaggio di funzioni, il CSM forma la graduatoria dei magistrati richiedenti sulla base dell'eventuale anzianità di servizio nelle funzioni verso le quali e' richiesto il passaggio e, a parità o in assenza di anzianità in tali funzioni, sulla base dell'anzianità di servizio. Nell'ambito dei posti vacanti, i magistrati richiedenti scelgono, secondo l'ordine di graduatoria, un ufficio avente sede in un diverso circondario, nell'ipotesi di esercizio di funzioni di primo grado, ed un ufficio avente sede in un diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale, nell'ipotesi di esercizio di funzioni di secondo grado. Il rifiuto del magistrato richiedente di operare la scelta secondo l'ordine di graduatoria comporta la rinuncia alla richiesta di mutamento delle funzioni.

 

In base alla nuova disciplina il passaggio di funzioni, da giudicanti a requirenti e viceversa - comunque disposto a seguito di concorso - è soggetto alle seguenti limitazioni:

 

§      la prima è di natura geografica, in quanto il passaggio non è possibile sia all’interno dello stesso distretto di corte d’appello che in relazione al capoluogo distrettuale competente per i procedimenti riguardanti i magistrati ex art. 11 c.p.p (rispetto al distretto in cui il magistrato presta servizi all’atto del mutamento delle funzioni).

 

§      le ulteriori limitazioni sono disposte in relazione allo status professionale del magistrato, il quale:

 

a) deve aver svolto 5 anni di servizio nella funzione di provenienza;

b) deve aver frequentato un corso di qualificazione professionale;

c) deve essere giudicato “idoneo” allo svolgimento delle nuove funzioni dal CSM, previo parere del Consiglio giudiziario.

 

Oltre all’anzianità di servizio, ai fini dei passaggi di funzione, sono valutate le specifiche attitudini desunte dalle quadriennali valutazioni di professionalità.

 

Le suddette limitazioni ai passaggi di funzione non sussistono:

-      nè in relazione all’esercizio di funzioni negli uffici di legittimità;

-      nè per l’esercizio di funzioni direttive di primo grado, direttive elevate di primo  grado e direttive di secondo grado, quando comportino mutamento di funzioni in diverso circondario dello stesso distretto di corte d’appello.

 

Va segnalato che il successivo comma 6 dell’art. 6 del disegno di legge in esame posticipa la vigenza di tale disciplina sul passaggio di funzioni, prevedendola non prima del primo giorno del quarto anno successivo all’entrata in vigore della riforma in esame. L‘unico limite comunque da rispettare fino a tale data è di natura geografica: non si potrà cioè concorrere a tramutamenti che comportino mutamento di funzioni nello stesso circondario (di tribunale).

 

L’articolo 2, comma 5, del d.d.l. novella ed integra il contenuto dell’art. 19 del D.lgs 160/2006, relativo ai limiti temporali di permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio giudiziario.

 

Il citato art. 19 prevede, salvo quanto previsto dagli articoli 45 e 46 (temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi), che i magistrati che esercitano funzioni di primo e secondo grado possono rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo le medesime funzioni o, comunque, il medesimo incarico nell'ambito delle stesse funzioni, per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del CSM fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell'ufficio e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine (comma 1).

 

La novella dell’art. 19 introduce, in particolare, le seguenti novità:

 

a) è eliminato il limite decennale di permanenza nell’incarico; sarà ora il CSM, in via regolamentare, a definire il periodo massimo di permanenza individuandolo in ogni caso, a seconda delle funzioni esercitate, tra un minimo di 8 ed un massimo di 15 anni;

b) la facoltà di proroga nelle stesse funzioni, di competenza del CSM, non è più soggetta al limite massimo biennale.

Il contenuto della norma è, poi, integratoda un comma 2-bis che dispone per l’eventualità di mancata domanda di trasferimento alla scadenza del termine massimo di permanenza nelle funzioni (provvede alla nuova immediata assegnazione il capo dell’ufficio); la stessa norma aggiuntiva prevede, in caso di domanda avanzata almeno un semestre prima della data  di scadenza del termine, la possibilità di permanenza nelle stesse funzioni per non più di 6 mesi e comunque fino alla decisione del CSM.

 

L’articolo 2, commi 6 e 7, del d.d.l. in esame aggiungono al D.Lgs 160, due articoli (art. 34-bis e 35-bis) che introducono un limite di età per il conferimento di funzioni, rispettivamente, semidirettive di merito (commi da 6 a 8 del nuovo art. 10 dello stesso decreto) e direttive (commi da 9 a 12 dell’art. 10) (v. ante).

Viene stabilito che dette funzioni possono essere assegnate ai soli magistrati che – al momento della vacanza del posto – possano assicurare un periodo minimo di 3 anni di servizio prima della data di collocamento a riposo (75 anni di età) ed abbiano esercitato la relativa facoltà. Sarà quindi necessario, al momento della vacanza, non aver superato il settantaduesimo anno di età.

Inoltre, si prevede che ai magistrati che non assicurino tale periodo minimo di servizio possono essere conferite dal CSM funzioni semidirettive soltanto in caso di rinnovo del primo periodo quadriennale di svolgimento delle stesse funzioni.

Analogamente, ai magistrati che non assicurino il minimo di servizio triennale, possono essere conferite funzioni direttive soltanto all’esito del concorso previsto dal nuovo art. 45,comma 2 del D.Lgs 160 (v. ultra).

Le sole funzioni per le quali non è previsto un limite di età risultano, quindi, quelle direttive superiori di legittimità (presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, presidente aggiunto e procuratore generale aggiunto presso la cassazione) e le due apicali (primo presidente e procuratore generale aggiunto presso la cassazione)

 

L’articolo 2, comma 8, del d.d.l. novella l’art. 36, comma 1, del D.Lgs 160 stabilendo che i magistrati riammessi in servizio all’esito di procedimento penale concluso con sentenza definitiva di proscioglimento non possano recuperare il periodo di sospensione dal servizio superando il limite massimo di 75 anni di età previsto per il collocamento a riposo.

Al riguardo, si ricorda che la disciplina vigente stabilisce che nelle citate ipotesi, alla data di ordinario collocamento a riposo, è aggiunto un periodo pari a quello della sospensione ingiustamente subita e del servizio non espletato per l'anticipato collocamento in quiescenza, cumulati fra loro. Il limite dei 75 anni può, quindi, essere superato se necessario a recuperare il periodo di sospensione ingiustamente sofferto.

 

L’art. 2 del d.d.l sostituisce, poi, con i commi 9 e 10, gli artt. 45 e 46 del D.lgs 160/2006 relativo alla temporaneità delle funzioni direttive e semidirettive.

La nuova norma conferma la durata massima quadriennale degli incarichi direttivi e semidirettivi, già prevista dal decreto legislativo.

 

Allo scadere del termine di 4 anni:

 

-    in caso di funzioni direttive, Il Consiglio superiore della magistratura, può riattribuire per una sola volta le stesse funzioni al magistrato presso la medesima sede, previo concorso. In caso di parità tra i candidati all’esito della valutazione, è preferito il magistrato che ha ricoperto la funzione nello stesso ufficio nel quadriennio precedente. Alla scadenza del termine il magistrato che ha esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altra funzione, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, è assegnato alle funzioni non direttive o semidirettive nel medesimo ufficio, anche in soprannumero, da riassorbire con la prima vacanza. All’atto della presa di possesso del nuovo titolare della funzione direttiva, il magistrato che ha esercitato la relativa funzione, se ancora in servizio presso il medesimo ufficio, resta comunque provvisoriamente assegnato allo stesso, nelle more delle determinazioni del Consiglio superiore della magistratura, con funzioni né direttive né semidirettive.

 

     in caso di funzioni semidirettive, il CSM potrà, previa valutazione dell’attività del magistrato, rassegnarlo alle stesse funzioni per un ulteriore quadriennio.Se la valutazione è negativa, è inibita al magistrato la partecipazione a concorsi per incarichi direttivi o semidirettivi. Alla data di scadenza del termine quadriennale, anche nelle more delle decisione del CSM sulla eventuale domanda di assegnazione ad altre funzioni o ufficio, il magistrato ritorna a svolgere le funzioni esercitate prima del conferimento delle funzioni semidirettive, anche in soprannumero da riassorbire con la prima vacanza, nell’ufficio di appartenenza o in quello ove prestava prima servizio.

 

L’art. 2, comma 11 del d.d.l. in esame sostituisce, poi, l’art. 51 del D.Lgs 160 che in materia di progressione economica dei magistrati, individua attualmente  le cd. classi di anzianità.

 

L’attuale art. 51 prevede che la progressione economica dei magistrati si articola automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai commi 2 e 3 e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:

a) prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;

b) seconda classe: da sei mesi a due anni;

c) terza classe: da due a cinque anni;

d) quarta classe: da cinque a tredici anni;

e) quinta classe: da tredici a venti anni;

f) sesta classe: da venti a ventotto anni;

g) settima classe: da ventotto anni in poi.

I magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, di cui all'articolo 12, comma 3, conseguono la quinta classe di anzianità.

I magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito dei concorsi di cui all'articolo 12, comma 4, conseguono la sesta classe di anzianità.

 

Il nuovo articolo 51 del decreto legislativo 160 sostituisce, quindi, con una nuova tabella “A”, la tabella relativa agli stipendi del personale di magistratura, allegata alla legge 19 febbraio 1981, n. 27 recante “Provvidenze per il personale di magistratura”; e conferma esplicitamente la disciplina attualmente prevista in materia di progressione stipendiale, determinata da classi e scatti biennali e dall’adeguamento economico triennale.

 

In particolare, la progressione economica continua, quindi, a svilupparsi in 8 classi biennali del 6 per cento, da determinarsi sullo stipendio iniziale di qualifica o livello retributivo, ed in successivi aumenti biennali del 2,50 per cento, da calcolare sull'ultima classe di stipendio. Gli aumenti periodici biennali per nascita di figli o per altre situazioni previste dalle vigenti norme sono attribuiti in ragione del 2,50 per cento, da calcolare sulla classe stipendiale di appartenenza e sono riassorbibili con la successiva progressione economica (art. 3, L. 425/1984).

L’agganciamento delle retribuzioni dei magistrati alla dinamica retributiva del pubblico impiego è stato istituito dalla citata legge n. 27/1981. L’adeguamento viene calcolato ogni tre anni e, per evitare un ritardo troppo lungo e sbalzi troppo forti nelle retribuzioni, il primo ed il secondo anno di ogni triennio viene corrisposto un acconto pari al 30% dell’adeguamento del precedente triennio. Il terzo anno si procede al “conguaglio” , che è quasi sempre positivo in quanto è difficile che il 60% degli aumenti di un triennio sia superiore al 100% degli aumenti del triennio successivo.

L’art. 1, comma 576, della recente legge finanziaria 2007 (L. 27 dicembre 2006, n. 269) ha, peraltro, stabilito – a fini di contenimento della spesa - che per le categorie di personale non contrattualizzato (quindi, anche per il personale di magistratura) l'adeguamento retributivo triennale è corrisposto per gli anni 2007 e 2008 nella misura del 70 per cento, con riferimento al personale con retribuzioni complessivamente superiori a 53.000 euro annui, senza dare luogo a successivi recuperi, con applicazione nell'anno 2009 nella misura piena dell'indice di adeguamento e reintegrazione della base retributiva cui applicarlo.

 

 

 

La nuova tabella “A” è la seguente

 

Magistratura ordinaria

 

Magistrato con funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità (Primo Presidente della corte di cassazione)

€ 78.474,39

Magistrato con funzioni direttive apicali requirenti di legittimità (P.G. presso la corte di cassazione)

€ 75.764,26

Magistrati con funzioni direttive superiori di legittimità (Presidente aggiunto, Procuratore generale aggiunto; Presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche)

€ 73.018,13

Magistrati ordinari alla settima valutazione di professionalità

€ 66.470,60

Magistrati ordinari alla quinta valutazione di professionalità

€ 56.713,83

Magistrati ordinari dopo un anno dalla terza valutazione di professionalità

€ 50.521,10

Magistrati ordinari alla prima valutazione di professionalità

€ 44.328,37

Magistrati ordinari

€ 31.940,23

Magistrati ordinari in tirocinio

€ 22.766,71

 

Le somme indicate in tabella sono comprensive degli adeguamenti economici triennali previsti dagli artt. 11-12 della legge n. 97/1979 aggiornati al 1° gennaio 2006.

L'art. 51 precisa che il trattamento economico previsto dopo 13 anni di servizio dalla nomina viene corrisposto solo in caso di esito positivo della terza valutazione di professionalità; in caso di valutazione non positiva o negativa, si ha diritto al trattamento solo dopo nuova valutazione positiva e dalla scadenza del periodo di cui ai commi 11, 12 e 13 dell’art. 11 (dopo un anno, in caso di valutazione non positiva; dopo due anni, se la valutazione è negativa).

 


 

Articolo 3
(Modifiche al decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26)


L’articolo 3 apporta numerose modifiche al decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26 relativo all’istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché al tirocinio e alla formazione degli uditori giudiziari, all’aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati (per una ricostruzione complessiva del contenuto del decreto si rinvia al quadro normativo).

 

I commi da 1 a 10 intervengono sul Titolo I del decreto legislativo dedicato all’istituzione della Scuola superiore della magistratura.

 

In particolare, il comma 1, modifica l’articolo 1 del decreto n. 26/2006

 

L’articolo 1 istituisce la Scuola superiore della magistratura, ne indica la forma giuridica e le caratteristiche di struttura. Quanto alla localizzazione, prevede il decentramento della Scuola attraverso l’istituzione di tre sedi a competenza interregionale, una per i distretti ricompresi nelle regioni del nord, una per quelli ricompresi nelle regioni del centro ed una per quelli ricompresi nelle regioni del sud del Paese. L'esigenza di reperire, negli ambiti interregionali individuati, tre sedi adeguate, ha poi consigliato di rimettere ad un successivo decreto ministeriale, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l'individuazione delle tre località sedi della Scuola[17].

 

La disposizione (eliminando l’inciso contenuto nell’art. 1, co, 2) prevede che la competenza della Scuola in materia di aggiornamento e formazione dei magistrati non sia esclusiva; inoltre, intervenendo sul comma 5, il d.d.l. elimina ogni richiamo alla competenza interregionale delle tre sedi della scuola e ribadisce che sarà un decreto interministeriale a individuare le sedi della scuola ed a prescegliere quella delle tre in cui si riunirà il comitato direttivo della scuola stessa (v. infra).

 

Il comma 2 sostituisce l’articolo 2 del d.lgs. n. 26 del 2006, nel quale sono enumerate le finalità della Scuola inerenti il tirocinio e l'aggiornamento professionale dei magistrati, nonché le connesse finalità di studio e di interscambio con analoghe istituzioni straniere.

La disposizione in commento amplia le finalità della Scuola aggiungendo, fra le altre, la formazione della magistratura onoraria, dei magistrati dirigenti degli uffici giudiziari, dei formatori, ma anche di magistrati stranieri; il coordinamento delle attività di formazione decentrata; la collaborazione con altri paesi nell’organizzazione del servizio giustizia.

Inoltre, si prevede che l’organizzativa della scuola sia disciplinata dallo statuto (art. 3) e dai regolamenti adottati dal comitato direttivo.

 

Il comma 3 – intervenendo sull’art. 3 del d.lgs - stabilisce che lo statuto venga approvato dal comitato direttivo con il voto favorevole di 8 commissari su 12 (attualmente sono richiesti 5 voti favorevoli, ma i membri del comitato sono solo 7 – v. infra).

 

Il comma 4 modifica l’articolo 4 del decreto legislativo n. 26/2006 e dispone che organi della Scuola sono: il comitato direttivo, il presidente e il segretario generale. Quest’ultima figura sostituisce i comitati di gestione previsti dalla normativa vigente.

 

I comitati di gestione, in base all’attuale normativa, sono due in funzione delle due articolazioni della Scuola: quella relativa al tirocinio e quella relativa all'aggiornamento ed alla formazione dei magistrati. Entrambi i comitati sono composti da cinque membri e sono disciplinati dagli articoli da 12 a 17 del decreto legislativo. La formulazione dell’art. 12 è modificata dal comma 9 dell’articolo in commento mentre gli ulteriori articoli del decreto legislativo n. 26/2006 dedicati a questo tema non sono soggetti a novella (v. infra).

 

Il comma 5 riscrive l’art. 5 del decreto legislativo n. 26, modificando la composizione e le funzioni del comitato direttivo. In base alla nuova disposizione il comitato direttivo è composto da 12 membri (in luogo degli attuali 7) e svolge, in particolare, le seguenti funzioni:

-    adotta lo statuto ed i regolamenti interni, approva i bilanci e vigila sul corretto andamento della scuola;

-    nomina il segretario generale;

-    adotta, nel rispetto delle linee programmatiche proposte dal CSM e dal Ministro della giustizia, il programma annuale dell’attività didattica;

-    cura la tenuta dell’albo dei docenti e nomina i docenti delle singole sessioni formative;

-      determina i criteri di ammissione ai corsi dei partecipanti e procede alle relative ammissioni.

 

Il comma 6 modifica le disposizioni relative alla nomina dei componenti del comitato direttivo (art. 6, commi 1 e 2, d. lgs. n. 26/2006).

 

Attualmente, il decreto legislativo prevede un comitato direttivo composto da sette membri (art. 5), chiamati a rappresentare le diverse professioni legali, sia pure con una prevalenza di togati: il presidente e il procuratore generale della Cassazione (che possono però delegare questa carica ad altri), due magistrati scelti dal CSM tra coloro che esercitano le funzioni di secondo grado, un avvocato con quindici anni di esercizio nominato dal Consiglio nazionale forense, un professore ordinario in materie giuridiche indicato dal Consiglio universitario nazionale e un componente nominato dal ministro della Giustizia (art. 6).

 

Confermando in 4 anni la durata del comitato, ma eliminandone i componenti di diritto, il disegno di legge prevede la seguente composizione dell’organo:

-       7 magistrati (che abbiano conseguito almeno la terza valutazione di professionalità; può trattarsi anche di magistrati già in pensione);

-       3 docenti universitari;

-       2 avvocati (che abbiano esercitato per almeno 10 anni).

 

Quanto alle nomine, queste competono per 6 unità al CSM (in particolare, il Consiglio nominerà 5 magistrati e un docente universitario) e per le restanti 6 unità al Ministro della giustizia (2 magistrati, 2 docenti universitari e 2 avvocati), ma i due organi dovranno procedere d’intesa.

 

Il comma 7 apporta limitate modifiche alle maggioranze richieste per il funzionamento del comitato direttivo. In particolare, si prevede che per gli atti di straordinaria amministrazione sia necessaria la maggioranza assoluta dei componenti (7 voti favorevoli su 12 membri).

 

In conseguenza dell’eliminazione dei comitati di gestione – disposta già dal comma 4 dell’articolo in commento (v. sopra) - il comma 8 riscrive la rubrica della IV sezione del Titolo I del decreto legislativo, cancellando il riferimento ai comitati di gestione per sostituirlo con i responsabili di settore.

 

In ragione di questa modifica, l’articolo 12 del decreto legislativo viene completamente riscritto dal comma 9 dell’articolo 3 del d.d.l.

 

Attualmente, l'articolo 12 elenca le funzioni dei comitati di gestione, che attuano la programmazione annuale dell'attività per il proprio ambito di competenza; definiscono il contenuto analitico di ciascuna sessione; individuano i docenti chiamati a svolgere l'incarico di insegnamento in ciascuna sessione; fissano i criteri di ammissione alle sessioni di formazione; curano il tirocinio o l'aggiornamento professionale nelle fasi effettuate presso la Scuola, selezionando i tutori, nonché i docenti incaricati anno per anno e quelli occasionali.

 

Il nuovo articolo 12 del decreto legislativo dispone che i componenti del comitato direttivo che si trovino in posizione di fuori ruolo presso la Scuola svolgano anche i compiti di responsabili di settore. Il comitato direttivo assegnerà loro i compiti istruttori (predisposizione della bozza di programma annuale delle attività didattiche; individuazione dei docenti da sottoporre al comitato direttivo; proposta dei criteri di ammissione alle sessioni di formazione) e compiti esecutivi (attuazione del programma annuale dell’attività didattica; definizione del contenuto analitico di ciascuna sessione; individuazione dei docenti nella rosa di nomi approvata dal comitato direttivo).

 

Il disegno di legge del governo abroga dunque (cfr. art. 6, co. 53, ddl) gli articoli da 13 a 17 del decreto legislativo, relativi alla nomina e alle funzioni dei comitati di gestione.

 

L’articolo 13 disciplina il procedimento di nomina dei componenti nonché i requisiti per la nomina stessa specificando che i componenti dei comitati di gestione sono nominati dal comitato direttivo, tra i magistrati ordinari che esercitano le funzioni giudicanti o quelle requirenti da almeno 15 anni, nonché tra gli avvocati con non meno di 15 anni di esercizio della professione e tra i professori universitari in materie giuridiche. Sono nominati per 4 anni, non possono essere immediatamente rinnovati e non possono fare parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario.

Quanto al funzionamento dell’organo, l’articolo 14 stabilisce che i comitati di gestione deliberano con voto palese a maggioranza relativa, con la presenza di almeno tre componenti (in caso di parità prevale il voto del presidente); che il componente in conflitto di interesse in relazione a una specifica deliberazione si astiene (l'astensione è obbligatoria nei casi in cui il componente del comitato direttivo svolga attività professionale o di lavoro autonomo in procedimenti trattati da magistrati che frequentano i corsi presso la Scuola superiore della magistratura).

Inoltre, l'articolo 15 stabilisce il principio di indipendenza dei componenti rispetto all'organo che li ha nominati; l'articolo 16 prevede la disciplina dell'incompatibilità della funzione di componente dell'organo e l'articolo 17 stabilisce, infine, le modalità di determinazione del gettone di presenza dei componenti dei comitati di gestione. Nell'ipotesi in cui i componenti del comitato si rechino fuori dalla sede, è loro riconosciuto il rimborso delle spese di trasferta.

 

Il comma 10 inserisce nel decreto legislativo la sezione IV-bis, dedicata al Segretario generale, e composta da due articoli (artt. 17-bis e 17-ter).

 

In base alle nuove disposizioni il Segretario generale provvede alla gestione amministrativa della Scuola ed esercita le competenze conferitegli dallo statuto, dai regolamenti interni ovvero a lui eventualmente delegate dal comitato direttivo (art. 17-bis).

Il Segretario generale dura in carica 5 anni ed è nominato dal comitato direttivo che può scegliere tra quattro magistrati candidati - due indicati dal CSM e due dal Ministro della giustizia, tenendo conto dei criteri di valutazione previsti dall’art. 11 del d. lgs. n. 160 del 2006 (come modificato dall’art. 2, co. 2 del d.d.l. in commento). L’incarico può essere rinnovato per una sola volta per un periodo massimo di due anni (art. 17-ter).

 

I commi da 11 a 15 dell’articolo 3 apportano modifiche al Titolo II del decreto legislativo n. 26 del 2006 (artt. 18-22), dedicato al tirocinio degli uditori giudiziari.

 

In particolare, l'articolo 18 di tale decreto stabilisce la durata del tirocinio (24 mesi) e l'articolo 19 ne prevede l'articolazione in una sessione presso la Scuola ed una sessione presso gli uffici giudiziari. L'articolo 21 stabilisce il contenuto e le modalità di svolgimento della sessione presso gli uffici giudiziari, individuando un primo periodo di sette mesi di partecipazione dell'uditore all'attività giurisdizionale relativa alle controversie o ai reati rientranti nella competenza del tribunale in composizione collegiale, compresa la partecipazione alla camera di consiglio, in modo da garantire all'uditore la formazione di una equilibrata esperienza nei vari settori. Seguono un secondo periodo di tre mesi presso un ufficio requirente di primo grado ed un terzo di otto mesi presso un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione dell'uditore. La sessione presso gli uffici giudiziari si svolgerà secondo un programma di tirocinio approvato dal relativo comitato di gestione in modo tale da garantire al magistrato una specifica preparazione nelle funzioni che sarà chiamato a svolgere nella sede di prima destinazione. L'articolo 22 detta le regole relative alla valutazione finale della Scuola.

 

In particolare, il comma 11 modifica la rubrica del Titolo II, ora dedicato ai magistrati ordinari in tirocinio.

 

Il comma 12, sostituendo l’articolo 18 del decreto legislativo, prevede che il tirocinio dei magistrati nominati a seguito del concorso per esami abbia durata di 18 mesi (in luogo degli attuali 24) e si articoli in due sessioni:

a)    sessione della durata di 6 mesi, anche non consecutivi, da effettuare presso la scuola;

b)    sessione della durata di 12 mesi da effettuare presso gli uffici giudiziari.

 

Conseguentemente, il disegno di legge (cfr. art. 6, comma 53) abroga l’art. 19 del decreto legislativo, che attualmente prevede che il tirocinio si articoli in due sessioni.

La nuova formulazione dell’art. 18 stabilisce inoltre che spetterà al CSM definire le modalità delle sessioni del tirocinio ed eventualmente disporre una riduzione della durata dello stesso laddove si renda necessario coprire con urgenza i posti vacanti in organico.

 

Il comma 13 sostituisce l’articolo 20 del decreto legislativo, relativo al tirocinio presso la Scuola.

 

L'articolo 20 stabilisce il contenuto e le modalità di svolgimento della sessione presso la Scuola, prevedendo che essa consiste nella frequenza dei corsi di approfondimento teorico-pratico, approvati dal comitato di gestione nell'ambito dell'attività didattica deliberata dal comitato direttivo, riguardanti il diritto civile, il diritto penale, il diritto processuale civile, il diritto processuale penale ed il diritto amministrativo, con eventuale approfondimento anche di altre materie tra quelle comprese nella prova orale del concorso per l'accesso in magistratura o di materie ulteriori scelte dal comitato direttivo; i criteri per la nomina dei docenti; la designazione, nell'ambito degli stessi, dei tutori degli uditori giudiziari; la previsione della compilazione di una scheda valutativa al termine della sessione svolta da ciascun uditore, ad opera dei singoli docenti.

 

La disposizione in commento prevede (art. 20, co. 1) che durante il tirocinio svolto presso la Scuola i magistrati frequentino corsi di approfondimento su materie individuate dal CSM e dal comitato direttivo. I docenti saranno nominati dal comitato direttivo (co. 2) che, al termine delle sessioni, trasmetterà al CSM una scheda sulle attività svolte dal singolo magistrato, sulle caratteristiche della sua frequenza alle lezioni, sugli elaborati prodotti e su ulteriori profili rilevanti dal punto di vista della deontologia professionale (co. 4).

 

Il comma 14 apporta prevalentemente modifiche di carattere formale – perché conseguenti a scelte operate altrove – all’art. 21 del decreto legislativo, dedicato al tirocinio presso gli uffici giudiziari. L’unica novità sostanziale attiene alla formulazione del comma 3 dell’art. 21, ai sensi del quale i magistrati presso i quali viene svolto il tirocinio sono designati dal CSM (e non dal comitato di gestione, come attualmente previsto), su proposta del competente consiglio giudiziario. Conseguentemente i magistrati c.d. affidatari, al termine della sessione, trasmettono al comitato direttivo e al CSM una scheda valutativa del magistrato che ha svolto tirocinio (comma 4).

 

Il comma 15 interviene sull’articolo 22 del decreto legislativo, relativo al procedimento di valutazione del tirocinio.

 

Attualmente, l’articolo 22 prevede che il comitato di gestione esprima, sulla base delle valutazioni dei docenti e dei magistrati affidatari, un giudizio di idoneità all’assunzione delle funzioni giudiziarie (comma 1), da trasmettere al CSM chiamato a deliberare sull’idoneità (comma 2). In caso di valutazione negativa l’uditore dovrà svolgere un ulteriore periodo di tirocinio della durata di un anno: 2 mesi presso la scuola, il resto presso gli uffici giudiziari (commi 3 e 4). Al termine vi sarà una nuova valutazione che, in caso di esito negativo, comporta la cessazione del rapporto d’impiego (comma 5).

 

La disposizione in commento, sostituendo i primi due commi dell’art. 22, prevede che al termine del tirocinio siano trasmesse dal comitato direttivo della scuola al CSM le schede di valutazione redatte al termine delle sessioni (comma 1). Sarà il CSM a pronunciare il giudizio di idoneità al conferimento delle funzioni giudiziarie, tenendo conto delle schede di valutazione, ma anche del parere del consiglio giudiziario e di ogni altro elemento rilevante. Laddove il giudizio sia positivo il CSM dovrà anche pronunciarsi in ordine all’attitudine del magistrato a svolgere funzioni giudicanti o funzioni requirenti.

 

I commi da 16 a 18 novellano una limitata parte del Titolo III del decreto legislativo, dedicato all’aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati.

 

Attualmente, ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo i corsi si tengono presso la Scuola e consistono nella frequenza a sessioni di studio tenute da docenti di elevata professionalità. Il piano dei corsi – teorici e pratici – è approvato annualmente dal comitato di gestione (articolo 23).

L’articolo 25 del decreto legislativo stabilisce l'obbligo di partecipare ai corsi (almeno) ogni cinque anni, a decorrere dall'assunzione delle prime funzioni, e che il magistrato non può partecipare a ulteriori corsi di aggiornamento se non è trascorso un anno dalla precedente partecipazione. A garanzia del diritto del magistrato di partecipare ai corsi (motivi di servizio potrebbero essere temporaneamente impeditivi), l'articolo 25, comma 3 stabilisce che il differimento della partecipazione, dovuto a esigenze di organizzazione o di servizio, non può comunque arrecare pregiudizio al magistrato.

Accanto alla previsione della necessità di seguire con cadenza almeno quinquennale i corsi di aggiornamento professionale della Scuola, il d. lgs 26/2006 introduce un sistema di valutazione del partecipante. Si prevede, così, che alla fine del corso, il comitato di gestione - tenuto conto dei pareri formulati dai docenti in relazione alle prove sostenute dai magistrati ammessi, nonché con riguardo alla diligenza dimostrata - predispone una sintetica valutazione finale che tiene conto del livello di preparazione del magistrato e di specifici elementi attitudinali allo svolgimento delle funzioni giudiziarie. Detto atto è destinato a essere inserito nel fascicolo personale del magistrato e lo stesso verrà preso in considerazione dal CSM ai fini delle determinazione che debbano essere assunte rispetto al magistrato medesimo.

 

In particolare, il comma 16 dell’articolo 3 del disegno di legge, interviene sull’art. 23 del decreto legislativo sostanzialmente per sostituire il comitato direttivo al comitato di gestione per quanto concerne l’approvazione annuale del piano dei corsi di formazione e aggiornamento.

 

In relazione all’oggetto dei corsi, il comma 17 aggiunge a quanto attualmente previsto dall’articolo 24 del decreto legislativo, che spetta allo statuto determinare il numero massimo degli incarichi conferibili ai docenti, i quali saranno oggetto di valutazione da parte dei partecipanti ai corsi. Inoltre, il comitato direttivo e i responsabili di settore potranno usufruire delle strutture per la formazione decentrata esistenti presso i vari distretti di Corte d’appello.

 

Infine, il comma 18 interviene sull’articolo 25 del decreto n. 26/2006 e prevede che tutti i magistrati in servizio abbiano l’obbligo di partecipare almeno una volta ogni quattro anni, ad un corso di formazione e di aggiornamento professionale. Solo nei primi quattro anni successivi all’assunzione delle funzioni giudiziarie i magistrati dovranno partecipare a sessioni di formazione annuali. Inoltre, diversamente da quanto è disposto attualmente, la partecipazione ai corsi è considerata attività di servizio (e non periodo di congedo retribuito).

 

In conclusione, si ricorda che per effetto dell’art. 6, comma 53 del disegno di legge del Governo, gli ulteriori articoli da 26 a 36 del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, sono abrogati.

Restano in vigore i residui articoli da 37 a 39, che non sono oggetto di intervento legislativo.


 

Articolo 4
(Modifiche al decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25)

 

L’articolo 4 novella il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 relativo all’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e alla disciplina dei consigli giudiziari (per una ricostruzione complessiva del contenuto del decreto si rinvia al quadro normativo).

 

I commi da 1 a 4 intervengono sul Capo I del Titolo I del decreto legislativo, relativo all’istituzione, alla composizione e alla durata in carica del Consiglio direttivo della Corte di cassazione.

 

In particolare, il comma 1, riscrive l’articolo 1 del decreto legislativo modificando la composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione.

 

Attualmente, l’articolo 1 prevede l'istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, quale organo interno alla Corte, corrispondente ai consigli giudiziari presso le corti di appello, destinato a durare in carica 4 anni (art. 5).

Il profilo strutturale del Consiglio direttivo, disegnato dall’articolo 1, è il seguente:

-          tre membri di diritto (primo presidente della Corte di cassazione, procuratore generale presso la stessa Corte, presidente del Consiglio nazionale forense);

-          un magistrato che eserciti funzioni direttive giudicanti di legittimità;

-          un magistrato che eserciti funzioni direttive requirenti di legittimità;

-          due magistrati che esercitino effettive funzioni giudicanti di legittimità (in servizio presso la Corte di cassazione);

-          un magistrato che eserciti effettive funzioni requirenti di legittimità (in servizio presso la procura generale della Corte di cassazione);

-          un professore ordinario di università in materie giuridiche (designato dal Cun - Consiglio universitario nazionale);

-          un avvocato con almeno venti anni di anzianità professionale e iscritto da almeno cinque anni nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori (designato dal Cnf - Consiglio nazionale forense).

In conclusione: dieci membri, di cui sette togati (quattro giudicanti + tre requirenti) e tre laici (due avvocati, un professore).

 

La disposizione in commento elimina dai componenti di diritto il Presidente del Consiglio nazionale forense ed eleva a 12 gli ulteriori membri, così ripartiti:

-          8 magistrati (due che esercitano funzioni requirenti e sei che esercitano funzioni giudicanti, eletti da tutti e tra tutti i magistrati in servizio presso la Corte e la Procura generale, ivi compresi i magistrati con funzioni di merito addetti all’Ufficio del ruolo e del massimario);

-          2 professori universitari di ruolo di materie giuridiche, nominati dal Consiglio universitario nazionale;

-          2 avvocati con almeno venti anni di esercizio effettivo della professione ed iscritto da almeno cinque anni nell'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, nominato dal Consiglio nazionale forense.

 

Il comma 2 interviene sull’articolo 2 del decreto legislativo n. 25/2006, che attualmente individua i componenti supplenti del Consiglio direttivo.

In particolare, il disegno di legge abroga il comma 1 dell’articolo 2, sostanzialmente eliminando ogni riferimento ai membri supplenti; rimane in vigore la previsione del comma 2, ai sensi della quale in caso di mancanza o impedimento dei membri di diritto (Primo Presidente della Corte di cassazione, e Procuratore generale presso la Corte di cassazione), questi sono sostituiti da chi ne esercita le funzioni.

 

Il comma 3 modifica l’articolo 3 del decreto legislativo che delinea gli organi del Consiglio direttivo che attualmente li individua nei seguenti: presidente (di diritto il Primo Presidente della Corte di cassazione); vice presidente (da eleggere tra i componenti non togati); segretario (da eleggere tra i componenti togati).

 

Il disegno di legge del governo elimina la figura del vice presidente e precisa che nel corso della prima seduta il Consiglio adotta le disposizioni concernenti l’organizzazione dell’attività e la ripartizione degli affari.

 

Il comma 4 sostituisce l’articolo 4 del decreto legislativo, relativo all’elezione dei componenti togati del Consiglio direttivo, e aggiunge un ulteriore articolo 4-bis volto a disciplinare la ripartizione dei seggi.

 

Attualmente, l'articolo 4 disciplina l'elezione dei componenti togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione; come per i consigli giudiziari, il sistema è stato strutturato in termini analoghi a quello previsto per l'elezione dei componenti togati del CSM, con una connotazione, dunque, di stampo maggioritario, derivante dalla previsione per la quale ciascun elettore esprime il voto per un solo magistrato per ciascuna delle categorie di magistrati nell'ambito delle quali sono scelti i componenti togati, con la proclamazione della elezione dei candidati che hanno ottenuto, nell'ambito di ciascuna categoria, il maggior numero di voti.

 

Il nuovo articolo 4 disciplina anzitutto la presentazione delle liste prevedendo (commi 1 e 2):

-          che ciascuna lista debba essere sottoscritta da almeno 25 elettori, le cui firme dovranno essere autenticate;

-          che ciascun elettore possa presentare una sola lista;

-          che ciascuna lista non possa essere composta da un numero di candidati superiore ai numero degli eleggibili;

-          che ciascun candidato non possa essere inserito in più di una lista.

Il comma 3 interviene sulle modalità di voto prevedendo che ciascun elettore abbia a disposizione due schede, una per eleggere i magistrati requirenti (2) e una per eleggere i magistrati giudicanti (6); nell’ambito di ciascuna scheda l’elettore potrà esprimere un voto di lista e una sola preferenza.

 

L’articolo 4-bis disciplina il meccanismo di trasformazione dei voti in seggi prevedendo un sistema proporzionale. L’ufficio elettorale dovrà individuare il quoziente base (voti validi espressi/seggi da attribuire), calcolare il numero di seggi spettante a ciascuna lista (voti di lista/quoziente base) e proclamare eletti i candidati che hanno riportato il maggior numero di preferenze. I seggi non assegnati direttamente vengono attribuiti in ordine decrescente alle liste cui corrispondono i maggiori resti; il caso di parità nei voti di preferenza il seggio è assegnato al magistrato con la maggiore anzianità di servizio e, in caso di pareggio, al più anziano anagraficamente.

 

I commi da 5 a 7 dell’articolo in commento intervengono sul Capo II del Titolo I del decreto legislativo (artt. 7 e 8), relativo alle competenze del Consiglio direttivo della Corte di cassazione.

 

L’articolo 7 disciplina le competenze del Consiglio direttivo della Cassazione in modo simmetrico rispetto ai Consigli giudiziari (tranne per le incombenze relative ai giudici di pace):

-        formula pareri (comma 1, lettere a), b), f) e g) e proposte (comma 1, lettera h). La formulazione di pareri e proposte lo qualifica come organo consultivo-propositivo nelle seguenti materie:

·       tabelle della Corte di cassazione (lettera a);

·       valutazione dei magistrati operanti presso gli uffici di legittimità per il profilo della laboriosità, diligenza, preparazione, capacità tecnico-professionale, equilibrio, previa acquisizione di motivate e dettagliate valutazioni del Consiglio nazionale forense (lettera b);

·       alcune vicende riguardanti la vita professionale dei magistrati, quali i collocamenti a riposo, le dimissioni, le decadenze dall’impiego, le concessione di titoli onorifici, la riammissione in magistratura (lettera f);

·       l’attività del Scuola superiore della magistratura (lettera g).

-        esercita attività di vigilanza disciplinare (comma 1, lettera c) e vigilanza amministrativa (comma 1, lettera d). La funzione di vigilanza è esercitata in due materie:

·       sul comportamento di tutti i magistrati in servizio presso gli uffici di legittimità, con obbligo di segnalazione di fatti suscettibili di valutazione in sede disciplinare al ministro della Giustizia e al procuratore Generale presso la Cassazione (lettera c);

·       sull’andamento dei propri uffici, con potere di segnalazione delle eventuali disfunzioni al ministro della giustizia (lettera d).

-        adotta provvedimenti amministrativi (comma 1, lettera e). La funzione amministrativa si esplica mediante l’adozione di provvedimenti relativi allo status giuridico ed economico dei magistrati in servizio negli uffici di legittimità, quali le aspettative e i congedi, le infermità dipendenti da cause di servizio, l’equo indennizzo, le pensioni privilegiate, la concessione di sussidi.

Anche per il Consiglio direttivo vale il discorso del “modello operativo a geometria variabile”. Secondo l’articolo 8, i componenti avvocati e professori, anche nella qualità di vice-presidenti, possono partecipare solo alle discussioni e deliberazioni in tema di tabelle (lettera a) e vigilanza sugli uffici (lettera d); non alle altre.

 

In particolare, il comma 5 apporta modifiche alle competenze del Consiglio direttivo, intervenendo sull’art. 7 del d.lgs. n. 25/2006. Quanto all’attività consultiva, infatti, è aggiunto il parere sulla tabella della Procura generale presso la Cassazione, nonché sui criteri per l’assegnazione degli affari e la sostituzione dei sostituti impediti, proposti dal procuratore generale (lett. a-bis) ed è precisato che il parere sull’attività dei magistrati (lett. b) consiste in una valutazione di professionalità ai sensi dell’art. 11 del d.lgs n. 160/2006. E’ soppresso il parere al CSM su alcune vicende riguardanti la vita professionale dei magistrati (lettera f); sono soppresse tutte le funzioni di vigilanza disciplinare (lett. c) e d) e le competenze amministrative (lett. e).

 

Il comma 6 modifica l’art. 8 del decreto legislativo prevedendo che i componenti laici del consiglio direttivo (avvocati e professori) possano partecipare alle riunioni esclusivamente quando si tratta di rendere il parere sulle tabelle della Corte di cassazione (lett. a) e della procura generale presso la Corte (lett. a-bis).

 

Il comma 7 introduce l’articolo 8-bis, ai sensi del quale le sedute del comitato direttivo sono valide se sono presenti 7 componenti (su un totale di 14). Le deliberazioni sono assunte a maggioranza (relativa) e in caso di parità prevale il voto del Presidente.

 

I commi da 8 a 12 dell’articolo in commento intervengono sul Capo I del Titolo II del decreto legislativo (artt. 9-14), relativo alla composizione e alla durata in carica dei Consigli giudiziari.

 

In particolare, il comma 8 modifica l’art. 9 del decreto legislativo, relativo alla composizione dei consigli giudiziari.

 

Attualmente, l’articolo 9 dispone che i consigli giudiziari siano costituiti presso ogni Corte di appello e siano composti da membri di diritto (presidente della Corte d'appello, procuratore generale, presidente del Consiglio dell'ordine degli avvocati del capoluogo di distretto) e da membri effettivi. La disposizione traccia quindi due differenti profili strutturali dei consigli giudiziari:

§       distretti dove prestano servizio fino a 350 magistrati (comma 2). Il Consiglio giudiziario ha 13 componenti: ai 3 membri di diritto si aggiungono infatti i seguenti 10 membri effettivi:

-        5 magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto eletti da tutti i magistrati del distretto;

-        1 professore universitario in materie giuridiche (nominato dal Cun-Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione);

-        1 avvocato con almeno 15 anni di effettivo esercizio della professione (nominato dal Cnf-Consiglio nazionale forense, su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto);

-        2 laici nominati dal Consiglio regionale (con elezione a maggioranza qualificata: tre quinti dei componenti ovvero, dopo il secondo scrutinio, tre quinti dei votanti) tra persone estranee al Consiglio regionale;

-        1 rappresentante dei giudici di pace, eletto da tutti i Gdp del distretto.

 

§       b) distretti dove prestano servizio oltre 350 magistrati (comma 3) e quindi Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia. Il Consiglio giudiziario ha 15 componenti: ai 3 membri di diritto si aggiungono i seguenti 12 membri effettivi:

-        7 magistrati in servizio, elettivi;

-        1 professore universitario;

-        1 avvocato;

-        2 rappresentanti del Consiglio regionale; tutti nominati come nel caso precedente;

-        1 rappresentante dei giudici di pace, nominato come nel caso precedente.

 

Il comma 8 elimina anzitutto il presidente del Consiglio dell'ordine degli avvocati del capoluogo di distretto dai membri di diritto dei consigli giudiziari (lett. a) e prevede che in caso di impedimento dei membri di diritto questi siano sostituiti da chi ne esercita le funzioni.

 

Inoltre, la disposizione in commento distingue tre differenti profili strutturali dei consigli in funzione del numero dei magistrati presenti in organico nei distretti. In tutti i casi elimina però sia i rappresentanti dei giudici di pace che i rappresentanti dei consigli regionali. Analiticamente:

 

a) distretti dove prestano servizio fino a 350 magistrati (comma 2). Il Consiglio giudiziario ha 13 componenti: ai 2 membri di diritto si aggiungono infatti i seguenti 9 membri effettivi:

-    6 magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto (4 addetti a funzioni giudicanti e 2 addetti a funzioni requirenti);

-    1 professore universitario in materie giuridiche (nominato dal Cun-Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione);

-    2 avvocati con almeno 10 anni di effettivo esercizio della professione (nominati dal Cnf-Consiglio nazionale forense, su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto).

 

b) distretti dove prestano servizio da 351 a 600 magistrati (comma 3). Il Consiglio giudiziario ha 16 componenti: ai 2 membri di diritto si aggiungono infatti i seguenti 14 membri effettivi:

-    10 magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto (7 addetti a funzioni giudicanti e 3 addetti a funzioni requirenti);

-    1 professore universitario in materie giuridiche (nominato dal Cun-Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione);

-    3 avvocati con almeno 10 anni di effettivo esercizio della professione (nominati dal Cnf-Consiglio nazionale forense, su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto).

 

c) distretti dove prestano servizio oltre 600 magistrati (comma 3-bis). Il Consiglio giudiziario ha 22 componenti: ai 2 membri di diritto si aggiungono infatti i seguenti 20 membri effettivi:

-    14 magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto (10 addetti a funzioni giudicanti e 4 addetti a funzioni requirenti);

-    2 professori universitari in materie giuridiche (nominato dal Cun-Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione);

-    4 avvocati con almeno 10 anni di effettivo esercizio della professione (nominati dal Cnf-Consiglio nazionale forense, su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto).

 

Il comma 9 inserisce l’articolo 9-bis, relativo ai quorum per le deliberazioni dei consigli giudiziari. Analogamente a quanto disposto dall’art. 8-bis (v. sopra), le sedute del consiglio sono valide se è presente la maggioranza dei componenti; le deliberazioni sono assunte a maggioranza (relativa) e in caso di parità prevale il voto del Presidente.

 

Il comma 10 riscrive completamente l’articolo 10 del decreto legislativo, attualmente dedicato ai membri supplenti dei consigli giudiziari.

 

Ai sensi dell’articolo 10, infatti, il Consiglio giudiziario deve avere cinque supplenti: un magistrato giudicante; un magistrato requirente; un professore universitario; un avvocato; un laico designato dal Consiglio regionale. Quanto ai tre membri di diritto (presidente della Corte d'appello, procuratore Generale, presidente del Consiglio dell'ordine) i supplenti risultano identificati con coloro che esercitano le relative funzioni in caso di impedimento o di assenza del titolare (articolo 10, comma 2).

 

Il nuovo articolo 10 è dedicato alla Sezione del consiglio giudiziario relativa ai giudici di pace.

In ogni consiglio giudiziario è istituita una sezione autonoma chiamata a svolgere l’attività consultiva relativa ai giudici di pace, e sui provvedimenti organizzativi proposti dagli uffici del giudice di pace. Tale sezione sarà così composta (comma 1):

-    nei distretti dove prestano servizio fino a 350 magistrati: due magistrati e un avvocato eletti dal consiglio giudiziario tra i suoi componenti; due giudici di pace eletti dai giudici di pace in servizio nel distretto;

-    nei distretti dove prestano servizio da 351 a 600 magistrati: tre magistrati e un avvocato, eletti dal consiglio giudiziario tra i suoi componenti; tre giudici di pace eletti dai giudici di pace in servizio nel distretto;

-    nei distretti dove prestano servizio oltre 600 magistrati: cinque magistrati e due avvocati, eletti dal consiglio giudiziario tra i suoi componenti; quattro giudici di pace eletti dai giudici di pace in servizio nel distretto.

 

In merito si osserva che la lettera c) del comma 1 dell’art. 10 – nella formulazione proposta dal disegno di legge – fa erroneamente riferimento al comma 4 dell’art. 9 del d.lgs. In realtà occorre riferirsi al comma 3-bis, come introdotto dal comma 8 dell’articolo in commento.

 

Anche per la sezione del consiglio giudiziario relativa ai giudici di pace valgono le disposizioni sui quorum stabilite per il consiglio giudiziario (presenza della maggioranza dei componenti e maggioranza relativa; in caso di parità prevale il voto del Presidente).

 

Come già rilevato, il comma 10 riscrive gran parte dell’articolo 10 del decreto legislativo. In particolare, ne modifica la rubrica e sostituisce il comma 1 aggiungendo il comma 1-bis. Il provvedimento in esame non prevede, però, l'abrogazione del comma 2 dell’art. 10 che presenta lo stesso contenuto dell’art. 9, comma 3-ter, come inserito dal comma 8 dell’articolo 4 del disegno di legge (v. sopra).

 

Il comma 11 interviene sull’articolo 11 del decreto legislativo, relativo agli organi del consiglio giudiziario, per eliminare la figura del vice presidente.

 

Il comma 12 modifica il sistema elettorale per l’elezione dei componenti togati dei consigli giudiziari, sostituendo l’articolo 12 del decreto legislativo e inserendo gli articoli da 12-bis a 12-quater.

 

L'articolo 12, disciplina l'elezione dei componenti togati del consiglio giudiziario, secondo un sistema già evidenziato in relazione alla elezione dei componenti togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e, quindi, delineato, conformemente a quanto previsto dalla delega, in termini analoghi a quello previsto per i componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. Il sistema è dunque, maggioritario: ciascun elettore esprime il voto per un solo magistrato per ciascuna delle categorie di magistrati nell'ambito delle quali i componenti togati sono scelti, con la proclamazione della elezione dei candidati che hanno ottenuto, nell'ambito di ciascuna categoria, il maggior numero di voti.

 

In particolare, il nuovo articolo 12 – ricalcando il contenuto del nuovo articolo 4 (v. sopra) - disciplina la presentazione delle liste prevedendo (commi 1 e 2):

 

-    che ciascuna lista debba essere sottoscritta da almeno 25 elettori, le cui firme dovranno essere autenticate;

-    che ciascun elettore possa presentare una sola lista;

-    che ciascuna lista non possa essere composta da un numero di candidati superiore ai numero degli eleggibili;

-    che ciascun candidato non possa essere inserito in più di una lista.

 

Il comma 3 interviene sulle modalità di voto prevedendo che ciascun elettore abbia a disposizione due schede, una per eleggere i magistrati requirenti e una per eleggere i magistrati giudicanti; nell’ambito di ciascuna scheda l’elettore potrà esprimere un voto di lista e una sola preferenza.

 

L’articolo 12-bis – analogamente all’art. 4-bis (v. sopra) - disciplina il meccanismo di trasformazione dei voti in seggi prevedendo un sistema proporzionale. L’ufficio elettorale dovrà individuare il quoziente base (voti validi espressi/seggi da attribuire), calcolare il numero di seggi spettante a ciascuna lista (voti di lista/quoziente base) e proclamare eletti i candidati che hanno riportato il maggior numero di preferenze. I seggi non assegnati direttamente vengono attribuiti in ordine decrescente alle liste cui corrispondono i maggiori resti; il caso di parità nei voti di preferenza il seggio è assegnato al magistrato con la maggiore anzianità di servizio e, in caso di pareggio, al più anziano anagraficamente.

 

Gli articoli 12-ter e 12-quater disciplinano le modalità per l’elezione dei giudici di pace all’interno dell’apposita sezione del consiglio giudiziario. Le disposizioni ricalcano sostanzialmente quelle previste per i componenti togati dei consigli, non a caso anche le elezioni si tengono contestualmente e negli stessi locali, con le seguenti differenze:

 

-       le liste contrapposte devono essere sottoscritte da almeno 15 elettori (e non 25);

-       ogni elettore riceve una sola scheda (e non due).

 

 

Il comma 13 modifica l’articolo 15 del decreto legislativo, relativo alle competenze dei consigli giudiziari.

 

L'articolo 15 del decreto legislativo n. 25/2006 disciplina le competenze del Consiglio giudiziario, sintetizzabili in quattro attività tipizzate:

-        formula pareri motivati e non vincolanti al CSM nelle seguenti materie:

·       sulle proposte tabellari dei capi dei vari uffici (lettera a);

·       sull'attività dei magistrati sotto il profilo della preparazione, della capacità tecnico-professionale, della laboriosità, della diligenza, dell'equilibrio nell'esercizio delle funzioni, sia nelle ipotesi di progressione in carriera, sia nei periodi intermedi di permanenza nella qualifica (lettera b);

·       sull'organizzazione e sul funzionamento degli uffici del giudice di pace (lettera e);

·       sui provvedimenti concernenti i collocamenti a riposo, le dimissioni, le decadenze dall'impiego, le concessioni di titoli onorifici, le riammissioni in magistratura, di competenza del Csm (lettera g);

·       sulle “materie attinenti ad ulteriori competenze ad essi attribuiti” (lettera h).

-        formula proposte al Comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura in ordine alla programmazione dell'attività didattica (lettera i) e al ministro della giustizia e al CSM in ordine all’organizzazione del funzionamento degli uffici del giudice di pace (lettera e).

-        esercita attività di vigilanza disciplinare sul comportamento di tutti i magistrati in servizio nel distretto, con obbligo di segnalazione dei fatti e degli atti rilevanti al ministro della Giustizia e al procuratore generale presso la Cassazione, quali titolari dell'azione disciplinare (lettera c); esercita anche attività di vigilanza amministrativa, sull'andamento degli uffici giudiziari nel distretto, con potere di segnalazione delle eventuali disfunzioni al ministro della Giustizia (lettera d);

-        adotta provvedimenti amministrativi. In particolare, adotta provvedimenti relativi allo status dei magistrati in servizio negli uffici del distretto, con particolare riferimento ad aspettative e congedi, infermità dipendenti da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate, concessione di sussidi (lettera f).

 

Analogamente alle modifiche apportate alla competenza del consiglio direttivo della Cassazione (articolo 7 d.lgs., v. sopra), il comma 13 interviene sulle funzioni consultive dei consigli giudiziari aggiungendo la competenza a rendere il parere sulla tabella degli uffici requirenti, nonché sui criteri per l’assegnazione degli affari e la sostituzione dei sostituti impediti (lett. a-bis) e precisando che il parere sull’attività dei magistrati (lett. b) consiste in una valutazione di professionalità ai sensi dell’art. 11 del d.lgs n. 160/2006. E’ soppresso il parere al CSM su alcune vicende riguardanti la vita professionale dei magistrati (lettera g); sono soppresse tutte le funzioni di vigilanza disciplinare (lett. c) e d) e le competenze amministrative (lett. f).

 

Il comma 14 interviene sull’art. 16 del decreto legislativo relativo alla composizione dei consigli giudiziari in relazione alle competenze da esercitare.

 

Attualmente l’articolo 16 dispone che i due componenti laici di origine regionale (designati dal consiglio regionale), l’avvocato e il docente universitario, nonché il rappresentante dei giudici di pace non partecipano a tutte le sedute, bensì solo a quelle in cui si discuta o si deliberi nelle materie indicate dall'articolo 15, comma 1, lettere a), d) ed e). Pertanto, in sede consultiva, per le sole proposte tabellari dei vari capi-ufficio (lettera a); in sede di vigilanza, per le questioni riguardanti l'andamento degli uffici giudiziari nel distretto, ai fini della segnalazione al ministro della Giustizia delle eventuali disfunzioni (lettera d); in sede consultiva e propositiva per le questioni relative all'organizzazione e funzionamento degli uffici del giudice di pace (lettera e).

Secondo l'articolo 16, comma 2, il rappresentante dei giudici di pace partecipa al Consiglio giudiziario anche quando si tratta di deliberare in merito a questioni personali e di carriera dei giudici di pace del distretto: ammissione al tirocinio; organizzazione e coordinamento del tirocinio e giudizio finale di idoneità; parere sulla conferma nelle funzioni dopo un quadriennio; proposte di decadenza, dispensa, ammonimento, censura o revoca per i giudici onorari immeritevoli.

 

Il disegno di legge abroga, poi, il comma 2 dell’articolo 16. Quanto al comma 1, invece, vi apporta limitate modifiche in esito alle quali dispone che i componenti designati dal consiglio regionale, gli avvocati ed i docenti universitari partecipano alle sedute in cui si discuta o si deliberi in ordine alle proposte tabellari dei vari capi-ufficio (lettera a) ed alle questioni relative all'organizzazione e funzionamento degli uffici del giudice di pace (lettera e). Coerentemente con le modifiche apportate all’articolo 15, viene eliminato il riferimento alle attività di vigilanza (lettera d).

 

In merito si osserva che viene mantenuto al comma 1 dell’articolo 16 il riferimento ai componenti designati dal consiglio regionale che sono stati eliminati dalla composizione dei consigli giudiziari dal comma 8 dell’articolo in commento.

 

Il comma 15 inserisce un ulteriore articolo nel decreto legislativo. L’articolo 18-bis demanda ad un regolamento, adottato su proposta del ministro della giustizia, di concerto con il ministro dell’economia, la disciplina esecutiva del procedimento per l’elezione dei componenti del consiglio direttivo della Cassazione e dei consigli giudiziari.


 

Articolo 5
(Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240)

 

L’articolo 5 apporta numerose modifiche al decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240, relativo alle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari nonché al decentramento su base regionale di alcune competenze del Ministero della giustizia.

 

I commi da 1 a 5 dell’articolo in commento intervengono sul Capo I del decreto legislativo, dedicato all’individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari.

 

In particolare, il comma 1 aggiunge due commi all’articolo 1 del decreto.

 

Attualmente, l’articolo 1 attribuisce al magistrato capo dell'ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell'ufficio, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché la competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l'organizzazione dell'attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico.

 

Con l’inserimento nell’articolo 1 del comma 1-bis il disegno di legge precisa che il magistrato capo dell’ufficio giudiziario dirige l’ufficio svolgendo i seguenti compiti:

-          adozione degli atti relativi all’organizzazione interna;

-          distribuzione del lavoro sulla base dei criteri indicati ed approvati dal CSM;

-          vigilanza sul rispetto della deontologia professionale da parte dei magistrati;

-          formulazione di proposte all’amministrazione centrale e alle altre istituzioni;

-          controllo dell’andamento generale dell’ufficio.

 

Il comma 1-ter precisa invece le modalità attraverso le quali tali compiti devono essere svolti, richiedendo che il magistrato capo – così come i magistrati titolari di funzioni semidirettive ed il dirigente amministrativo - consulti almeno una volta l’anno:

 

-          i magistrati dell’ufficio e i funzionari preposti alle cancellerie e segreterie, al fine di elaborare il programma di attività di cui all’articolo 4 (v. infra) e di acquisire osservazioni e proposte;

-          il Consiglio dell’ordine forense e le rappresentanze sindacali per illustrare il progetto di organizzazione dell’ufficio, gli obiettivi ipotizzati e i risultati raggiunti nell’anno precedente.

 

Il commi 2 e 3 modificano gli articoli 2 e 3 del decreto legislativo n. 240/2006, dedicati alla gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali da parte del dirigente amministrativo.

 

In particolare, l’articolo 2 assegna al dirigente amministrativo la gestione delle risorse umane (escludendo ovviamente la gestione dei magistrati), da attuarsi in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell'ufficio e con il programma annuale delle attività (comma 1). Inoltre (comma 2), il dirigente amministrativo è competente per l’adozione dei provvedimenti disciplinari del rimprovero verbale e della censura (ai sensi dell’art. 55, comma 4, terzo periodo, del d. lgs. n. 165 del 2001[18]). L’articolo 3 attribuisce poi al dirigente amministrativo la gestione delle risorse finanziarie e strumentali assegnategli per l'espletamento del suo mandato (comma 1). Il provvedimento di assegnazione delle risorse definisce i limiti entro i quali è il dirigente amministrativo è competente ad adottare impegni verso l'esterno con oneri di spesa (comma 2). Ai sensi del comma 3 dell’art. 3, infine, il dirigente amministrativo è nominato funzionario delegato.

 

Il comma 2 dell’articolo in commento apporta le seguenti modifiche all’articolo 2 del decreto legislativo:

-          elimina dal comma 1 l’inciso “preposto all’ufficio giudiziario” che qualificava il dirigente amministrativo;

-          inserisce il comma 2-bis in base al quale sarà un decreto ministeriale di natura non regolamentare del ministro della giustizia, emanato di concerto con il ministro dell’economia a rideterminare i posti di dirigente di seconda fascia negli uffici giudiziari, operando una razionalizzazione che possa anche comportare la previsione di un solo dirigente per più uffici giudiziari.

 

Il comma 3 dell’articolo 5 abroga il comma 3 dell’articolo 3 del decreto legislativo.

 

Il comma 4 interviene sul programma delle attività annuali riscrivendo l’articolo 4 del decreto legislativo.

 

Attualmente, l’articolo 4 introduce il programma delle attività annuali, prodotto della collaborazione tra il magistrato capo dell'ufficio ed il dirigente amministrativo: con il programma essi annualmente definiscono, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il piano delle attività da svolgere nel corso dell'anno. L'adozione del programma dovrà avvenire, annualmente, entro trenta giorni dalle determinazioni adottate, a seguito della direttiva generale del Ministro della giustizia per l'attività amministrativa e la gestione, di cui all'articolo 14 del D.Lgs 165/2001, dal direttore regionale o interregionale dell'organizzazione giudiziaria, dal direttore preposto agli uffici istituiti, ai sensi dell'articolo 5, presso le Corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo, o dagli organi della amministrazione centrale, per quanto di rispettiva competenza.

Il comma 2 dell'articolo 4 affronta il tema dei rapporti tra capo dell'ufficio e dirigente amministrativo prevedendo che in caso di mancata adozione o attuazione del programma annuale o di mancata sua modificazione - ipotesi riconducibili ad un contrasto fra il capo dell'ufficio e il dirigente amministrativo - spetta al ministro assumere l'iniziativa, in alcuni casi delegando il presidente della Corte di appello e in altri provvedendo direttamente[19].

 

Il comma 4 riscrive l’articolo 4, in primo luogo rimettendo la definizione del programma annuale al solo capo dell’ufficio giudiziario, senza la collaborazione del dirigente amministrativo (che deve essere sentito, al pari dei magistrati titolari di funzioni semidirettive).

Il programma dovrà essere elaborato entro il 30 giugno di ciascun anno e varrà per l’anno successivo. Dovrà contenere l’indicazione delle attività da svolgersi ordinate per priorità, l’analisi dei costi e dei risultati ipotizzati.

Tale programma dovrà essere inoltrato al Ministro della giustizia che, in base a parametri predefiniti (ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera c), dell’articolo 14, comma 1, lettera b), e dell’articolo 16 comma 1, lettera b) del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) determinerà l’entità dei relativi finanziamenti entro dieci giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio (comma 1).

Se il finanziamento accordato dal ministro è inferiore a quanto richiesto, il capo dell’ufficio provvederà ad apportare le necessarie modifiche al programma. Ciò dovrà avvenire entro il mese di febbraio dell’anno cui il programma si riferisce; in mancanza dovranno intervenire il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la medesima corte che provvederanno alle modifiche entro il 15 marzo (comma 2).

Ai sensi del comma 3per la Corte di cassazione, la Procura generale presso la Corte di cassazione e la Procura nazionale antimafia il programma annuale è elaborato dai rispettivi titolari che provvederanno a trasmetterlo al Ministero; in caso di ritardo o inerzia nell’apportare modifiche ai programmi non è però previsto l’intervento di altri soggetti.

Una volta definiti i programmi annuali gli stessi possono ancora essere modificati dai titolari degli uffici giudiziari (sentiti i magistrati titolari di funzioni direttive e semidirettive e i dirigenti amministrativi) in caso di sopravvenute nuove necessità (comma 4).

I programmi annuali devono essere trasmessi al direttore generale regionale o interregionale dell’organizzazione giudiziaria di cui all’articolo 8, al Ministro della giustizia, ed al CSM, e di essi si tiene conto nella predisposizione delle tabelle degli uffici giudiziari (comma 5).

 

Il comma 5 abroga l’articolo 5 del decreto legislativo n. 240 del 2006, che ha istituito l’ufficio del direttore tecnico presso le Corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo precisando che tale ufficio è competente per «l’organizzazione tecnica e la gestione dei servizi non aventi carattere giurisdizionale».

 

I commi 6 e 7 dell’articolo 5 del disegno di legge intervengono sul Capo II del decreto legislativo n. 240 del 2006, dedicato al decentramento del Ministero della giustizia.

 

Con gli articoli da 6 a 8 il decreto legislativo n. 240 del 2006 istituisce nuovi organi periferici del Ministero della giustizia: le direzioni regionali e interregionali dell'organizzazione giudiziaria, chiamate ad esercitare, localmente, le attribuzioni trasferite dall'amministrazione centrale.

La specifica individuazione di tali direzioni, della circoscrizione regionale o interregionale che ne segna l'ambito di competenza per territorio, dei distretti di corte di appello in essa ricompresi e delle sedi, è prevista nella tabella allegata al decreto (articolo 6, co. 1)[20]. In relazione alla esigenza di assicurare economicità di gestione o più elevati livelli di efficienza del servizio, è possibile procedere alla istituzione, soppressione o modifica delle direzioni generali regionali o interregionali attraverso regolamenti di organizzazione (art. 6, co, 2) sui quali dovranno essere acquisiti i pareri delle commissioni parlamentari (art. 6, co. 3).

L'articolo 7, individua l'ambito della sfera di attribuzioni delle direzioni generali dell'organizzazione giudiziaria, devolvendo alle stesse le grandi aree funzionali del personale e della formazione, dei sistemi informativi automatizzati, delle risorse materiali, dei beni e dei servizi e delle statistiche (comma 1). Inoltre, appartengono alla competenza delle direzioni regionali o interregionali  le funzioni relative al servizio dei casellari giudiziali (comma 2). Il comma 3 precisa quali competenze restano invece in capo all’amministrazione centrale. Si tratta di: a) compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici; b) servizio del casellario giudiziale centrale; c) emanazione di circolari generali e risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari; d) determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole regioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti; e) bandi di concorso da espletarsi a livello nazionale; f) provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi regionali; g) trasferimento del personale amministrativo tra le diverse regioni e trasferimenti da e per altre amministrazioni; h) passaggi di profili professionali, risoluzioni del rapporto di impiego e riammissioni o ricostituzioni del rapporto di lavoro; i) provvedimenti in materia retributiva e pensionistica; l) provvedimenti disciplinari superiori al rimprovero verbale e alla censura.

Dall’istituzioni di questi nuovi organi deriverà l’esigenza di rivedere l’organizzazione del Ministero della giustizia, cui si provvederà con regolamento (da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 400/1988 e dell'articolo 4 del decreto legislativo 300/1999). Da tale intervento non potranno derivare ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato (comma 4).

L'articolo 8 dispone che ad ogni direzione generale è preposto un direttore generale (comma 1), responsabile dell'intera attività della direzione e dunque anche dell’attuazione dei programmi definiti, sulla base delle direttive generali emanate dal Ministro della giustizia, dal capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, dal capo del Dipartimento per la giustizia minorile e dal capo del Dipartimento per gli affari di giustizia, nell'esercizio dei poteri di indirizzo e coordinamento, ad essi rispettivamente spettanti in relazione all'area funzionale nella quale è ricompresa la funzione od il compito devoluto alla direzione generale regionale o interregionale (comma 2). L'articolo 8 chiarisce poi, al comma 3, il rapporto tra l'ufficio del direttore tecnico costituito presso le quattro corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo (art. 5) e le direzioni generali regionali e interregionali dell'organizzazione giudiziaria, al cui direttore spettano poteri di programmazione ed indirizzo nei confronti della attività dell'ufficio dei direttore tecnico, nei limiti delle competenze devolute alle direzioni generali regionali e interregionali da lui dirette. Il comma 4 prevede, infine, la presentazione, da parte del direttore generale regionale o interregionale, con cadenza annuale, ai capi dei Dipartimenti sopra indicati, di una relazione riguardante l'andamento dei servizi, specificandone il contenuto.

 

Il comma 6 dell’articolo in commento riscrive l’articolo 7 del decreto legislativo, relativo al riparto di competenza tra organi centrali e decentrati del ministero.

 

In particolare, il nuovo articolo 7 è rubricato “Competenza delle direzioni generali circoscrizionali” e, al comma 1, chiarisce che tale competenza copre i seguenti settori:

a)  il personale e la formazione, ivi compreso il reclutamento per gli aspetti non attribuiti espressamente (dal comma 3) all’amministrazione centrale;

b)  le risorse materiali, i beni e i servizi, per gli aspetti non attribuiti espressamente (dal comma 3) all’amministrazione centrale;

c)  le spese di giustizia.

 

Il governo elimina, dunque, la competenza decentrata per le statistiche ed aggiunge la competenza per le spese di giustizia[21],

Il comma 2 specifica che la competenza in ordine al servizio dei casellari giudiziali è esercitata dalle direzioni generali regionali ed interregionali secondo le direttive emanate dagli organi centrali del ministero della giustizia.

Il comma 3 ridefinisce le competenze dell’amministrazione centrale, non senza aver prima chiarito che tali competenze vengono elencate facendo salve le attribuzioni del CSM. In particolare, dopo aver leggermente modificato l’attuale elencazione (v. sopra), il disegno di legge prevede in capo all’amministrazione centrale le seguenti ulteriori competenze:

-    sistemi informativi automatizzati e statistiche (che in base al testo vigente sono invece di competenza decentrata);

-    gestione delle risorse materiali, dei beni e dei servizi limitatamente agli interventi per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione degli uffici giudiziari, alla locazione di immobili nel circondario del Tribunale di Roma, alla gestione dei contributi ai sensi della legge n. 392 del 1941 (in tema di trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli Uffici giudiziari), alla programmazione e ripartizione dei relativi fondi di bilancio, agli acquisti di beni e servizi da operare attraverso gara europea quando la stessa riguardi forniture da eseguire in modo omogeneo in più circoscrizioni o servizi comuni a più circoscrizioni.

 

Il comma 7 dell’articolo in commento abroga i commi 3 e 5 dell’articolo 8 del decreto legislativo: si tratta delle disposizioni che attualmente prevedono:

-          un coordinamento tra l'ufficio del direttore tecnico costituito presso le quattro corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo e le direzioni generali regionali e interregionali dell'organizzazione giudiziaria (e l’abrogazione è coerente con l’abrogazione dell’articolo 5);

-          che presso ciascuna direzione regionale o interregionale sia nominato un funzionario delegato ed un funzionario per il riscontro contabile.


 

Articolo 6
(Disposizioni varie)

 

L’articolo 6 del disegno di legge contiene disposizioni varie volte:

 

-       a coordinare la disciplina dell’ordinamento giudiziario con quella di nuova introduzione, a dettare norme transitorie, a provvedere all’abrogazione delle disposizioni incompatibili;

-       ad intervenire sulla composizione del CSM, sulla segreteria e l’ufficio studi dello stesso organo di autogoverno;

-       ad intervenire in materia di magistratura militare e di numero chiuso nelle scuole di specializzazione.

 

Nello specifico, il comma 1 novella l’art. 30 del DPR 16 settembre 1958, n. 916[22] - relativo al collocamento fuori ruolo e ricollocamento in ruolo dei magistrati membri del CSM - con la finalità di rendere coerente la norma con la nuova disciplina della materia dettata dal nuovo art. 196 del RD 12/1941 sull’ordinamento giudiziario (cfr. successivo comma 24).

 

Al riguardo, il comma 1dell’art. 6, prevede, anzitutto, l’abrogazione del comma 1 dell’art. 30 secondo cui i magistrati componenti del CSM continuano a esercitare le loro funzioni negli uffici giudiziari ai quali appartengono (lett. a).

 

Con la novella del comma 2 dell’art. 30 è poi confermata la disposizione già presente che prevedeva, alla fine del mandato, il rientro in ruolo dei magistrati nella sede di provenienza e nelle funzioni precedentemente esercitate, con la precisazione che ciò vale – se il relativo posto risulta vacante - anche per funzioni direttive e semidirettive sia di merito che di legittimità (lett, b).

Inoltre sono completamente riformulati gli ultimi due periodi del comma 2 dell’art. 30 (lett. c).

 

L'attuale formulazione del comma 2 dell'articolo 30 prevede che i magistrati componenti elettivi sono collocati fuori del ruolo organico della magistratura (primo periodo). Alla cessazione della carica il Consiglio superiore della magistratura dispone, eventualmente anche in soprannumero, il rientro in ruolo dei magistrati nella sede di provenienza e nelle funzioni precedentemente esercitate (secondo periodo). Prima che siano trascorsi due anni dal giorno in cui ha cessato di far parte del Consiglio superiore della magistratura, il magistrato non può essere nominato ad ufficio direttivo o semidirettivo diverso da quello eventualmente ricoperto prima dell'elezione o nuovamente collocato fuori del ruolo organico per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle giudiziarie ordinarie (terzo periodo). La predetta disposizione tuttavia non si applica quando il collocamento fuori del ruolo organico è disposto per consentire lo svolgimento di funzioni elettive (quarto periodo).

 

Viene ora previsto che se i magistrati componenti del Consiglio superiore della magistratura esercitavano, all’atto del collocamento fuori ruolo, funzioni direttive o semidirettive ed il relativo posto non è vacante si procede al ricollocamento in ruolo anche in soprannumero in un ufficio giudiziario con funzioni non direttive nè semidirettive, anche in soprannumero, da riassorbire con la prima vacanza, mediante concorso virtuale.

 

Il comma 1 dell'articolo 6 provvede, altresì, ad abrogare il sopra riportato quarto periodo del comma 2 dell'articolo 30 del DPR n. 916 del 1958.

 

Il comma 2 dell'art. 6 dispone, fermo quanto previsto nel comma 5 dell'art. 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997 n. 398, che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali deve continuare ad essere determinato in misura non superiore a dieci volte il numero dei posti considerati negli ultimi due bandi di concorso per l’accesso in magistratura.

 

Il citato comma 5 dell'articolo 16 prevede che il numero dei laureati da ammettere alla scuola, è determinato con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, in misura non inferiore al dieci per cento del numero complessivo di tutti i laureati in giurisprudenza nel corso dell'anno accademico precedente, tenendo conto, altresì, del numero dei magistrati cessati dal servizio a qualunque titolo nell'anno precedente aumentato del venti per cento del numero di posti resisi vacanti nell'organico dei notai nel medesimo periodo, del numero di abilitati alla professione forense nel corso del medesimo periodo e degli altri sbocchi professionali da ripartire per ciascuna scuola di cui al comma 1, e delle condizioni di ricettività delle scuole. L'accesso alla scuola avviene mediante concorso per titoli ed esame. La composizione della commissione esaminatrice, come pure il contenuto delle prove d'esame ed i criteri oggettivi di valutazione delle prove, è definita nel decreto di cui all'articolo 17, comma 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127 . Il predetto decreto assicura la presenza nelle commissioni esaminatrici di magistrati, avvocati e notai.

 

I commi 3, 4 e 5 dell'art. 6 introducono una disciplina transitoria, disponendo (comma 3) che la data per le valutazioni periodiche di professionalità  dei magistrati già in servizio viene determinata utilizzando come parametro iniziale la data del decreto di nomina come uditore giudiziario. Tale corrispondenza regolerà anche la misura delle retribuzioni.

 

E’ poi previsto che, alla data di vigenza della legge in esame, i magistrati che ricoprono incarichi direttivi e semidirettivi da più di otto anni mantengono le funzioni per non più di diciotto mesi (art. 6, comma 4); decorso tale periodo, in caso di mancata assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni è prevista la decadenza dall'incarico direttivo o semidirettivo, giudicanti o requirenti. In questo caso resteranno assegnati con funzioni diverse (non direttive né semidirettive) nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero (da riassorbire con le successive vacanze). Una ulteriore specifica disciplina viene dettata per i magistrati che all'entrata in vigore della legge ricoprono incarichi direttivi o semidirettivi per un periodo compreso tra sette anni e sette anni e sei mesi.

Negli altri casi le nuove norme relative alla limitazione temporale degli incarichi direttivi e semidirettivi trovano applicazione alla scadenza del primo periodo successivo alla entrata in vigore della legge in esame.

 

Spetterà al CSM (comma 5) in sede di prima attuazione della riforma, procedere alla pubblicazione dei posti direttivi e semidirettivi vacanti e che si renderanno tali entro i successivi sei mesi.

 

Il comma 6 concerne la data di entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia di passaggio di funzioni dei magistrati.

Al riguardo, si prevede che le disposizioni di cui all’articolo 13, comma 4, del decreto legislativo n. 160 del 2006, come modificato dall'articolo 2 del provvedimento in esame, si applicano a decorrere dal primo giorno del quarto anno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge. Il medesimo comma 6 prevede, altresì, che fino a tale data i magistrati che esercitano funzioni giudicanti o requirenti possono partecipare alle procedure concorsuali di tramutamento che comportano il mutamento delle funzioni esercitate relativamente a posti di un diverso circondario.

 

Ai sensi del successivo comma 7, le limitazioni introdotte dal citato art. 13, comma 4, non si applicano ai magistrati ordinari limitatamente al primo tramutamento dalla sede assegnata àl termine del tirocinio.

 

Il comma 8 dell’art. 6reca, poi, una disposizione di mero coordinamento con il nuovo riferimento normativo sui requisiti di ammissione al concorso in magistratura.

 

I successivi commi dal 9 al 27 dell'art. 6 (con l'esclusione del comma 21) contengono disposizioni volte a coordinare il contenuto di diverse disposizioni del regio decreto 12/1941 sull’ordinamento giudiziario con la nuova disciplina introdotta dal d.d.l. in esame.

 

In particolare, il comma 9 integra l'articolo 5 del citato regio decreto  12/41 con la previsione che le piante organiche degli uffici giudiziari sono adottate con decreto del Ministro della giustizia sentito il Consiglio superiore della magistratura.

 

È, altresì, previsto che con i decreti triennali di adozione delle tabelle degli uffici giudicanti e le determinazioni dei dirigenti dei singoli uffici giudiziari sono ripartiti i posti all'interno delle sezioni o dei gruppi di lavoro (articoli 7 bis e 7 ter RD).

 

Il comma 10 dell'articolo 6 sostituisce, poi, l’art. 6 del regio decreto 12/1941 (ora relativo a “Provvedimenti riflettenti lo stato dei magistrati”) stabilendo che sedi, circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari e ruolo organico della magistratura sono determinati dalle tabelle allegate al RD 12/1941 sull'ordinamento giudiziario.

 

Il successivo comma 11 dell'art. 6, modifica l'art. 7-bis dell'ordinamento giudiziario di cui al citato regio decreto del 1941prevedendo che:

 

1.      le tabelle degli uffici giudicanti sono adottate per un triennio (attualmente sono, invece, biennali);

2.      la violazione dei criteri per l'assegnazione degli affari non determina mai la nullità dei provvedimenti emessi, salvo il possibile rilievo disciplinare;

 

Il comma 11 coordina, poi, due disposizioni della precedente disciplina con quella di nuova introduzione: la prima è relativa all’abolizione del limite decennale di permanenza nelle funzioni dei GIP, ora previsto tra 8 e 15 anni (v. ante, nuovo art. 19, comma 1, D.Lgs 160); la seconda, in relazione all’obbligo, per il CSM, di sentire il Comitato direttivo della corte di cassazione in sede di adozione delle tabelle della stessa corte (v. ante, nuovo art. 7, comma 1, lett. a-bis, D.Lgs 26/2006)

 

Viene, poi, aggiunto un comma (2-bis) all'articolo 7-ter (comma 12) del RD 12/1941, che disciplina i criteri per l'assegnazione degli affari, la ripartizione in gruppi di lavoro, l’individuazione dei magistrati coordinatori negli uffici requirenti di primo e secondo grado nonché dei criteri organizzativi della Procura generale presso la cassazione. Tale parametri sono individuati ogni 3 anni da un DM giustizia, in conformità con le deliberazioni del CSM (assunte su proposta dei Procuratori generali sentiti i Consigli giudiziari o il comitato direttivo della Corte di Cassazione).

 

Il comma 13 dell'art 6, sostituendo l'art. 11 dell'ordinamento giudiziario, prevede la decadenza dall’impiego del magistrato che non osservi il termine stabilito per assumere le funzioni giudiziarie o che non prenda servizio all’atto della nomina; rispetto al testo ora vigente, si stabilisce, in particolare, anche l’impossibilità di riassunzione.

 

Il comma 14 aggiunge al RD 12/1941 un nuovo art. 11-bis che impone al magistrato l'obbligo di domicilio nel comune dove ha sede l'ufficio giudiziario di esercizio delle funzioni o comunque ad una distanza massima di 40 km dal centro di tale comune; rimane possibile l’autorizzazione a stabilire il domicilio anche ad una distanza maggiore in assenza di pregiudizio per il servizio.

 

Il comma 15 dell'art. 6 novella l'articolo 46 del RD 12/1941 sull’ordinamento giudiziario prevedendo non più come possibile bensì come ordinaria la prassi dell’articolazione del tribunale in più sezioni (comma 1), stabilendo, altresì, che le stesse sezioni nei tribunali ordinari sono designate ogni 3 anni anziché ogni 2 anni.

 

Il comma 16 detta disposizioni di coordinamento dell’art. 68 dell’ordinamento giudiziario con la nuova disciplina, in tema di ufficio del massimario della Corte di Cassazione.

 

Il comma 17 dell'art. 6 aggiunge un comma 3-bis all’art. 70 del RD 12/1941 che integra e precisa l’ambito funzionale del procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica. Oltre a svolgere l'ordinario lavoro giudiziario e a collaborare con il Procuratore capo nella direzione dell’ufficio, spettano a tale magistrato compiti di coordinamento (del gruppo di lavoro cui è assegnato), di sorveglianza e vigilanza (sull’attività dei sostituti e quella dei servizi delle segreterie e degli ausiliari) di cura dello scambio di informazioni sulle esperienze giurisprudenziali all'interno del gruppo di lavoro. Al procuratore aggiunto, può essere attribuito – con le citate tabelle di cui all’art. 7-ter (v. ante, art. 6, comma 12, del d.d.l. in esame) - l'incarico di coordinare più gruppi di lavoro che trattano materie omogenee, ovvero di coordinare uno o più settori di attività dell'ufficio.

 

I commi 18, 19, 20 e 21 dell'articolo 6 coordinano le disposizioni del citato regio decreto n. 12 del 1941, in materia di ordinamento giudiziario, con quelle previste della legge in esame.

In particolare, Il comma 20 affida ad un apposito decreto del Ministero della giustizia, adottato previa delibera del CSM, il compito di disporre la destinazione dei magistrati ordinari al termine del tirocinio, mentre il successivo comma 21 detta disposizioni di coordinamento in relazione al trattamento economico dovuto ai magistrati ordinari rispetto alle nuove regole sulla progressione in carriera.

 

Il comma 22, novellando l'articolo 192[23] del citato regio decreto n. 12 del 1941, detta, a sua volta, disposizioni in materia di assegnazione dei posti vacanti da ricoprire presso uffici giudiziari, stabilendo, al riguardo, che la relativa individuazione  è operata dal Consiglio superiore della magistratura con delibera trasmessa agli uffici giudiziari ed al Ministero della giustizia per tutti i magistrati, anche per quelli fuori del ruolo organico.

Al riguardo, il medesimo comma 22 precisa, da un lato, che nella citata delibera deve essere indicata la data entro la quale ciascun magistrato può presentare la domanda di tramutamento e, dall'altro lato, che le domande non accolte in relazione alla vacanza per la quale sono state presentate conservano validità sino alla loro revoca.

Il Consiglio superiore della magistratura, a sua volta, valuterà le domande tenendo conto delle attitudini, dell'impegno, della laboriosità di ciascuno degli aspiranti, come desunte dalle valutazioni di professionalità, nonché delle eventuali situazioni particolari relative alla famiglia e alla salute.

Se il tramutamento comporta il passaggio da funzioni giudicanti a quelle requirenti o viceversa si applica, inoltre, l'articolo 13, comma 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006 n. 160, come modificato dalla presente legge (al riguardo, cfr. precedente scheda di lettura relativa all'articolo 2, comma 4).

Da ultimo, si precisa che il Consiglio superiore della magistratura regolerà con proprie delibere le modalità ed i tempi della pubblicazione dei posti vacanti da mettere a concorso, la modalità di presentazione delle domande ed il numero e la revocabilità delle stesse.

 

Il comma 23 dell'articolo in esame novella l'articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, prevedendo un nuovo comma 1-bis in base al quale i magistrati assegnati a domanda ad una sezione o ad un gruppo di lavoro ai sensi degli articoli 7-bis e 7-ter, non possono ottenere una diversa assegnazione, all'interno dello stesso ufficio, prima del decorso di tre anni dall'effettivo possesso, salve gravi ragioni di salute o gravi ragioni di servizio.

 

Al riguardo, si ricorda che gli articoli 7-bis e 7-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 riguardano, rispettivamente, le tabelle degli uffici giudicanti ed i criteri per l'assegnazione degli affari e la sostituzione dei giudici astenuti, ricusati o impediti.

 

I commi dal 24 al 26 sostituiscono il Capo X (articoli da 196 a 199) del regio decreto sull'ordinamento giudiziario dettando regole per il collocamento fuori ruolo ed il ricollocamento in ruolo dei magistrati ordinari.

 

A questo proposito si ricorda che, attualmente, il Capo X della citata legge sull'ordinamento giudiziario reca disposizioni riguardanti i "magistrati con funzioni amministrative del Ministero di grazia e giustizia". In particolare, l'articolo 196 stabilisce il principio in base al quale i magistrati possono essere destinati ad esercitare funzioni amministrative presso il citato ministero in conformità delle norme speciali contenute nell'ordinamento del Ministero medesimo, nel numero e nei gradi stabiliti dalla tabella C allegata alla legge n. 1 del 1963. Il medesimo articolo prevede, altresì, che i magistrati distaccati sono collocati fuori del ruolo organico della magistratura durante l'esercizio delle predette funzioni

 

In particolare, il nuovo testo dell'articolo 196, come novellato dal comma 24 dell'articolo in esame, prevede che i magistrati possono essere collocati fuori ruolo per ricoprire incarichi elettivi o funzioni diverse da quelle giudiziarie nei casi previsti dalle leggi, entro il numero massimo di 230 unità. Il collocamento fuori ruolo è adottato con decreto del Ministro della giustizia, su conforme delibera del Consiglio Superiore della Magistratura. Si precisa, inoltre, che nel numero dei magistrati collocati fuori ruolo non deve essere computato il numero dei magistrati eletti e in servizio presso il C.S.M. e presso la Corte costituzionale, nonché di quelli destinati presso organi o istituzioni di carattere internazionale.

 

In relazione, poi, al ricollocamento in ruolo, il comma 25 dell'articolo 6 prevede l'inserimento del nuovo articolo 196-bis), in base al quale il collocamento fuori ruolo non può superare il periodo massimo complessivo di dieci anni con esclusione del periodo di aspettativa per mandato elettivo e fatta eccezione per gli incarichi apicali di diretta collaborazione.

A questo proposito, il medesimo comma 25 precisa, altresì, l'irrilevanza, ai fini del citato computo, del periodo trascorso fuori ruolo antecedentemente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 160 del 2006.

Si precisa, inoltre, che non possono essere collocati fuori del ruolo organico della magistratura i magistrati che non abbiano conseguito la seconda valutazione di professionalità e che il periodo trascorso dal magistrato, fuori dal ruolo organico, è equiparato all'esercizio delle ultime funzioni giudiziarie svolte.

Da ultimo, il comma 25 prevede che il ricollocamento in ruolo avviene senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato:

 

-       per i magistrati in aspettativa per mandato elettivo, per i quali è previsto il ricollocamento in ruolo in una sede vacante appartenente ad un distretto sito in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte, era ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto, con l'unica eccezione di funzioni precedentemente svolte presso la corte di cassazione o la direzione nazionale antimafia;

-       per i magistrati collocati fuori ruolo da meno di tre anni che non ricoprivano incarichi semidirettivi o direttivi per i quali è previsto il rientro nella sede occupata prima del collocamento fuori ruolo, anche in soprannumero;

-       per i magistrati collocati fuori ruolo da più di tre anni che non ricoprivano incarichi semidirettivi o direttivi, per i quali è previsto o il collocamento nella sede precedentemente occupata o il "concorso virtuale";

-       per i magistrati che ricoprivano incarichi direttivi o semidirettivi che rientreranno in ruolo mediante concorso virtuale in un ufficio giudiziario con funzioni né semidirettive, né direttive, né di legittimità anche in soprannumero.

 

Nei confronti dei citati magistrati il comma 25 dell'articolo in commento prevede che non si applichi il termine previsto dall'articolo 194 della legge sull'ordinamento giudiziario ed in base al quale al magistrato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni, ad una sede da lui chiesta, non può essere trasferito ad altre sedi o assegnato ad altre funzioni prima di tre anni dal giorno in cui ha assunto effettivo possesso dell'ufficio, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia.

 

Il comma 26 sostituisce l'art. 199 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 relativo alla disciplina applicabile ai magistrati addetti al Ministero della Giustizia. Il nuovo articolo 199 dispone che le norme dell'ordinamento del citato dicastero ne determinano il numero e le attribuzioni.

 

Si ricorda che l'attuale formulazione dell'articolo 199, recante disposizioni riguardanti il "servizio dei magistrati addetti al Ministero", prevede che le norme speciali contenute nell'ordinamento del Ministero determinano il numero e le attribuzioni dei magistrati dei vari gradi che prestano servizio negli uffici del Ministero medesimo. Il detto servizio è, ad ogni effetto, parificato a quello prestato negli uffici giudiziari, salvo il disposto dell'articolo seguente. Il comma 2 del medesimo articolo precisa che nel tempo in cui prestano servizio al Ministero, tranne per quanto riguarda l'ordinamento gerarchico e le promozioni, si applicano ai magistrati le disposizioni sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato.

 

Il comma 27 dell'articolo 6 apporta talune modifiche di carattere formale all'articolo 201 del regio decreto sull'ordinamento giudiziario, recante disposizioni in materia di "Computo delle anzianità".

 

I successivi commi 28 e 29 modificano, al oro volta,  la legge 4 maggio 1998, n.133 relativa agli incentivi ai magistrati trasferiti in sedi disagiate, abrogando la disposizione di cui all'articolo 5 della citata legge che prevedeva il diritto, in caso di trasferimento a domanda, ad essere preferito a tutti gli altri aspiranti ove la permanenza in servizio presso al sede disagiata fosse stata superiore ai cinque anni. Per ragioni di equità, si legge nella relazione illustrativa, è stato, comunque previsto che la disposizione oggetto di abrogazione da parte del comma in esame continui ad applicarsi nei confronti dei magistrati assegnati a sedi disagiate prima della entrata in vigore della entrata in vigore della presente legge.

 

I commi da 30 a 35 dell'articolo 6 modificano la legge 24 marzo 1958 n. 195, istitutiva del Consiglio superiore della magistratura.

 

Il Consiglio superiore della magistratura è l'organo di governo autonomo della magistratura ordinaria cui competono, come previsto dalla Costituzione, le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari da adottare nei confronti dei magistrati.

L'articolo 104 della Costituzione nel delineare la struttura del CSM, che è presieduto dal Capo dello Stato, indica i soggetti che ne fanno parte senza precisazioni numeriche ma fissando una proporzione tra gli appartenenti alle singole categorie, e indicando quali componenti di diritto il primo presidente della Corte suprema di cassazione e il Procuratore generale presso la stessa Corte, oltre naturalmente al Presidente della Repubblica.

Il rapporto tra componenti eletti dai magistrati - cosiddetti togati - e componenti eletti dal Parlamento - cosiddetti laici - rispetto all'insieme, è così fissato in due terzi e un terzo.

La durata in carica dei membri elettivi del Consiglio è prevista direttamente dalla Costituzione, che la fissa in quattro anni ponendo il divieto di immediata rieleggibilità (art. 104 Cost.).

Il combinato disposto costituito dagli articoli 104 e 108 della Costituzione (che demanda alla sola legge l’introduzione di norme in materia di ordinamento giudiziario e su ogni magistratura) pone, quindi, in evidenza come sia demandata alla fonte normativa primaria la specificazione del sistema elettorale e la determinazione del numero complessivo dei componenti il Consiglio, rispetto cui deve operare la suddetta proporzione. La legge ordinaria, da ultimo, aveva fissato nel numero di venti i componenti togati elettivi e in numero di dieci i componenti laici elettivi.

Con la legge 28 marzo 2002, n. 44[24], mediante la modifica di una serie di articoli della legge 24 marzo 1958, n. 195, recante norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, è stato delineato sostanzialmente un nuovo sistema elettorale per l’elezione dei rappresentanti togati del Consiglio medesimo.

Le novità di maggior rilievo apportate dalla legge possono essere individuate nei seguenti punti:

§       modifica della composizione numerica del Consiglio superiore della magistratura i cui componenti elettivi passano da 30 a 24; in particolare i membri togati si riducono da 20 a 16 mentre quelli laici passano da 10 a 8;

§       modifica del meccanismo elettorale, che si avvale ora di collegi unici nazionali, per ciascuna categoria di magistrati eleggibili;

§       suddivisione dell'elettorato passivo in tre categorie: magistrati che esercitano funzioni di legittimità (2), magistrati di merito che esercitano funzioni giudicanti (10); magistrati di merito che esercitano funzioni requirenti (4);

§       possibilità di esprimere preferenza per uno solo dei candidati togati che si presentano in ciascuno dei tre collegi unici nazionali.

 

In particolare, il comma 30 dell'articolo 6 in esame prevede un aumentato del numero dei componenti dell'organo di autogoverno della magistratura elevandolo a venti, dagli attuali sedici, per i componenti togati, e a dieci, dagli attuali otto, per i componenti laici.

 

La nuova disciplina (comma 31 articolo 6, che sostituisce l'articolo 7 della legge n.195/1958) ha, inoltre, modificato, la composizione della Segreteria prevedendo la presenza di sedici magistrati nominati dal CSM, posti fuori organico della magistratura per un periodo non superiore a sei anni. E' previsto, poi, che la nomina del Segretario generale venga effettuata dal CSM tra i magistrati che abbiano conseguito la quinta valutazione di professionalità, mentre per ricoprire la carica di vice segretario generale è sufficiente il superamento della terza valutazione di professionalità .

 

Anche per l'Ufficio studi e contenzioso (comma 32 dell'articolo, che introduce l'articolo 7 bis alla legge n.195/1958), al quale sono attribuiti compiti di studio, ricerca, documentazione e predisposizione degli atti relativi al contenzioso, è stata prevista la presenza di otto magistrati in luogo dei funzionari. Quanto alla predisposizione delle tabelle degli uffici giudiziariè stato stabilito (comma 34 art.6) che le stesse siano elaborate ogni triennio e non ogni biennio come nel passato. Il comma 33, dell'articolo in esame, detta disposizioni di coordinamento.

 

In considerazione delle aumentate attività dell'organo di autogoverno della Magistratura, il successivo comma 35 dell'art. 6, autorizza il C.S.M. ad avvalersi di 13 unità di personale amministrativo dipendente dalla pubblica amministrazione in posizione di comando, con l'esplicita previsione che non vi saranno nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

Il comma 36 dell'articolo 6 indica i criteri per individuare il numero di magistrati collocabili fuori ruolo precisando le ipotesi in cui i magistrati fuori ruolo non vengono computati in tale quota ( ad esempio quelli in servizio pressi organismi internazionali e quelli addetti al CSM).

 

Il comma 37 dell'articolo 6, sopprime la lettera i) dell'articolo 2, comma 2 del decreto legislativo n.109 del 2006, in materia di disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, per coordinare la norma alla modifica intervenuta con la legge 24 ottobre 2006 n. 269, che aveva abrogato tale lettera nel comma 1 dello stesso articolo.

 

Al riguardo, si osserva, infatti, che il citato comma 2 dell'articolo 2 prevede che, fermo quanto previsto dal comma 1, lettere g), h), i), l), m), n), o), p), cc) e ff), l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare

 

Inoltre, il successivo comma 38, novella l'articolo 10 del medesimo decreto legislativo n. 109 del 2006 stabilendo che al magistrato sospeso dal servizio sia corrisposto un assegno alimentare di importo compreso tra un terzo e due terzi dello stipendio percepito, somma determinata tenendo conto del nucleo familiare e dell'entità della retribuzione.

 

Sempre in relazione al medesimo decreto legislativo n. 109 del 2006, riguardante la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, intervengono i successivi commi dal 39 al 43.

In particolare, il comma 39 dispone la soppressione della lettera f) del comma 1 dell'art. 12 che prevede l'applicazione della sanzione disciplinare nel caso di "perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia", al fine di operare una modifica meramente formale dovuta alla avvenuta abrogazione della relativa ipotesi di illecito disciplinare.

 

Il successivo comma 40, novella, poi, l'articolo 14 del più volte citato decreto n. 109 del 2006, al fine di chiare che il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare entro un anno dalla notizia del fatto.

 

Il successivo comma 41, relativo ai termini dell'azione disciplinare, fa salva l'ipotesi in cui l'azione disciplinare debba essere estesa ad altri fatti nel corso delle indagini, mentre il comma 42 novella l'articolo 18 comma 3, lettera c) del decreto legislativo sopprimendo la disposizione che permette alla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura di consentire l'esibizione di documenti da parte del delegato del Ministero della giustizia essendo stata soppressa la relativa figura in tutte le altre disposizioni.

 

Il comma 43 modifica l'articolo 24 del decreto n. 109 del 2006 recante disposizioni in materia di Impugnazioni delle decisioni della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura prevedendo che contro i provvedimenti in materia di sospensione e contro le sentenze della sezione disciplinare del CSM possa essere proposto ricorso per cassazione nei termini e con le forme previste dal codice di procedura civile, anzichè del codice di procedura penale, come attualmente previsto.

 

Il comma 44 dell'art. 6 sostituisce il primo comma dell'art. 2 del regio decreto n. 511 del 1946 in modo da adeguarne il contenuto alla nuove disposizioni, prevedendo che i magistrati cui siano state conferite le funzioni non possono essere trasferiti o destinati ad altre funzioni se non con il loro consenso.

 

Al riguardo si ricorda che, allo stato, il comma 1 dell'articolo 2 della cosiddetta legge sulle guarentigie (regio decreto n.511 del 1946) prevede che "i magistrati di grado non inferiore a giudice, sostituto procuratore della Repubblica (3 o pretore, non possono essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, se non col loro consenso".

 

I commi 45 e 46 contengono modifiche agli articoli 5 ed 8 della legge n. 48 del 2001 in materia di "Aumento del ruolo organico e disciplina dell'accesso in magistratura" con particolare riferimento ai compiti e alla destinazione alle funzioni dei magistrati distrettuali. Al riguardo, si prevede 'introduzione di ulteriori ipotesi di utilizzazione dei magistrati distrettuali quando vi sia assenza del magistrato titolare esonerato dalle funzioni giudiziarie perché membro delle commissioni di concorso per l'accesso in magistratura e quando si realizzi una vacanza del posto da più di tre mesi senza che sia stata attivata la procedura di copertura, stabilendo che non si procede alla copertura dei posti vacanti destinati ai magistrati distrettuali quando i posti vacanti complessivamente esistenti negli organici degli uffici del distretto eccedono il quindici per cento.

 

Il comma 47 conferma la previsione contenuta nell'articolo 1 della legge 7 maggio 1981, n. 180,  recante modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace ed in base al quale lo stato giuridico, le garanzie di indipendenza e le funzioni dei magistrati militari sono regolati dalle disposizioni in vigore per i magistrati ordinari, in quanto applicabili ed introduce i conseguenti adeguamenti alla presente legge quanto all'unicità nell'acceso, alla distinzione della funzioni esercitate.

 

In sintesi il comma in esame afferma i seguenti principi concernenti la magistratura militare:

Ø     Le funzioni si distinguono in giudicanti e requirenti di primo grado, secondo grado e requirenti di legittimità, semidirettive giudicanti e requirenti di primo e secondo grado, direttive di primo grado,  direttive di secondo grado, sia giudicanti che requirenti e direttive requirenti di legittimità.

Ø     Le funzioni giudicanti di primo grado sono quelle di giudice presso il tribunale militare ed il tribunale militare di sorveglianza; le funzioni requirenti di primo grado sono quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale militare.

Ø     Le funzioni giudicanti di secondo grado sono quelle di consigliere presso la corte militare di appello; le funzioni requirenti di secondo grado sono quelle di sostituto procuratore generale presso la corte militare di appello.

Ø     Le funzioni requirenti di legittimità sono quelle di sostituto procuratore generale militare della Repubblica presso la corte di cassazione.

Ø     Le funzioni semidirettive giudicanti di primo grado sono quelle di presidente di sezione presso il tribunale militare; le funzioni semidirettive requirenti di primo grado sono quelle di procuratore militare aggiunto della Repubblica presso il tribunale militare.

Ø     Le funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado sono quelle di presidente di sezione presso la corte militare di appello; le funzioni semidirettive requirenti di secondo grado sono quelle di avvocato generale militare presso la corte militare di appello.

Ø     Le funzioni direttive giudicanti di primo grado sono quelle di presidente del tribunale militare e di presidente del tribunale militare di sorveglianza; le funzioni direttive requirenti di primo grado sono quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale militare.

Ø     Le funzioni direttive giudicanti di secondo grado sono quelle di presidente della corte militare di appello; le funzioni direttive requirenti di secondo grado sono quelle di procuratore generale presso la corte militare di appello;

Ø     Le funzioni direttive requirenti di legittimità sono quelle di procuratore generale militare presso la corte di cassazione.

 

Il successivo comma 48 prevede, poi, sia l'introduzione dell' articolo 1-bis nella citata legge n. 180 del 1981, al fine di adeguare le disposizioni ivi previste alle modifiche normative introdotte per i magistrati ordinari in materia di valutazioni di professionalità e conferimento di funzioni, sia l'articolo 1-ter in relazione al mutamento delle funzioni da giudicante a requirente nell'ambito della magistratura militare, prevedendo, in particolare che ai fini del cambio di funzione sarà necessario mutare circoscrizione territoriale.

Il medesimo comma 48 precisa, poi, che le attività svolte per la magistratura ordinaria dai consigli giudiziari, saranno svolte dal Consiglio della magistratura militare utilizzando le risorse disponibili.

 

Il comma 49 definisce i livelli retributivi dei magistrati militari in corrispondenza alle nuove qualifiche introdotte dalla presente legge e in analogia a quanto effettuato per la magistratura ordinaria, a tal fine prevedendo la sostituzione della tabella A allegata alla legge n. 180 del 1981, con la tabella C allegata alla presente legge.

 

Il comma 50 interviene sul comma 3 dell'articolo 35 del D.P.R. 26 luglio 1976 n. 752, recante norme in materia di accesso nel pubblico impiego nella provincia di Bolzano.

 

Si ricorda che il citato articolo 35 stabilisce che per la copertura dei posti di uditore giudiziario nella provincia di Bolzano sono banditi dal Ministero della giustizia appositi concorsi. Il numero dei posti da mettere a concorso è determinato in relazione alle vacanze dal Ministro della giustizia, su delibera del Consiglio superiore della magistratura d'intesa con la provincia di Bolzano rappresentata come previsto dal terzo comma dell'art. 13 del presente decreto. Inoltre, ai sensi del comma 2, la commissione d'esame è nominata dal Consiglio superiore della magistratura ed è composta da sei membri che conoscano la lingua italiana e la lingua tedesca, tre appartenenti al gruppo di lingua italiana e tre appartenenti al gruppo di lingua tedesca, scelti da un elenco di nomi predisposto dal Consiglio superiore della magistratura d'intesa con la provincia di Bolzano rappresentata come previsto al comma precedente. I componenti appartenenti a ciascun gruppo linguistico devono essere due magistrati, che non hanno fatto parte della commissione esaminatrice del concorso precedentemente bandito, ed uno docente universitario. Il citato elenco deve contenere diciotto nominativi dei quali dodici riferiti a magistrati di categoria non inferiore a magistrato di corte d'appello e sei riferiti a docenti universitari di materie giuridiche.

 

La modifica proposta dal comma in esame è volta a sostituire le parole: “ di categoria non inferiore a magistrato di corte di appello” sopra riportate con le seguenti: “che hanno conseguito la seconda valutazione di professionalità”.

 

Il comma 51 modifica la tabella A, allegata alla legge 18 dicembre 1973, n. 836 sostituendo le originarie denominazioni delle funzioni dei magistrati ordinari e militari con le nuove che fanno riferimento alle diverse valutazioni di professionalità, mentre il successivo comma 52 dispone che si applica al personale della magistratura ordinaria e militare, dal conseguimento della seconda valutazione di professionalità in poi, l'articolo 1, comma 468, della legge finanziaria 2007 in materia di rimborso spese di viaggio aereo per personale pubblico in missione.

 

Il comma 53 prevede, poi, l'abrogazione di alcune norme, mentre il successivo comma 54 è volto a puntualizzare che le disposizioni del provvedimento in esame che prevedono ipotesi di collocamento fuori ruolo di magistrati non devono comunque comportare nuovi oneri per il bilancio dello Stato.

 

Il comma 55 detta poi, disposizioni riguardanti i magistrati ordinari transitati nelle magistrature speciali (amministrativa, contabile) che intendano rientrare nella magistratura ordinaria. Al riguardo, il comma in esame stabilisce che i citati magistrati possono, a domanda, essere riammessi nella magistratura ordinaria con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del C.S.M.,e sono inquadrati agli effetti della valutazione di professionalità tenendo conto anche del servizio maturato nelle altre magistrature.

 

Il comma 56 dell'articolo 6 prevede la possibilità di istituire o sopprimere posti negli uffici giudiziari con decreto del Ministro della giustizia sentito il Consiglio superiore della magistratura, nel rispetto dei limiti della dotazione organica complessiva. Ovviamente, si precisa nella relazione illustrativa, tale facoltà non si estende ai posti relativi alle funzioni direttive superiori o apicali di legittimità, per i quali la attribuzione del posto e della relativa funzione comporta la attribuzione di uno specifico trattamento economico per la modifica dei quali è necessario il ricorso allo strumento legislativo determinando anche un problema di copertura finanziaria.

 

Il comma 57, da ultimo, sostituisce la tabella B, annessa alla legge 9 agosto 1993 n.295 (modificata dalla 1.n. 48/2001), con una nuova tabella, allegata alla presente legge, relativa al ruolo organico della magistratura determinato con riferimento esclusivo alle funzioni individuate con il presente intervento normativo e senza alcuna influenza sulla progressione economica dei magistrati.


 

Articolo 7
(Delega per l’emanazione di un codice delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di ordinamento giudiziario ordinario e militare)

 

L’articolo 7 del provvedimentointroduce quattro distinte deleghe al Governo volte, rispettivamente, all’emanazione:

 

1) entro 2 anni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, di uno o più decreti legislativi compilativi di riordino - in un unico codice - delle disposizioni in materia di ordinamento giudiziario (comma 1);

2) entro un anno dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei sopracitati decreti, di un codice delle norme regolamentari in materia di ordinamento giudiziario (comma 3);

3) entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame, di uno o più decreti legislativi per il riordino – in unico codice - delle norme in materia di ordinamento giudiziario militare (comma 4);

4) negli stessiotto mesi, di uno o più decreti legislativi finalizzati a disciplinare il transito di magistrati militari (tra 40 e 55 unità) nel ruolo dei magistrati ordinari (comma 6).

 

In relazione alla prima delle citate deleghe, alla luce dei principi e criteri direttivi indicati dal comma 1 dell'articolo 7, il Governo, nel predisporre i relativi decreti legislativi, dovrà:

 

a) procedere all’adeguamento delle norme che costituiscono l’ordinamento giudiziario sulla base delle disposizioni contenute nella presente legge apportando le integrazioni e modificazioni strettamente necessarie per assicurarne il coordinamento o per consentirne la migliore attuazione;

b) operare il riordino delle norme, al fine di predisporre la riunione delle stesse in uno strumento coordinato per facilitare la consultazione di tutte le disposizioni legislative vigenti;

c) operare l’abrogazione espressa delle disposizioni ritenute non più vigenti

 

Il comma 2 detta, invece, l’iter procedimentale riguardante i citati decreti delegati.

 

Al riguardo, si prevede che i decreti vengano emanati su proposta del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro della difesa, previo parere delle Commissioni permanenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati competenti per materia. Il citato parere dovrà essere espresso entro sessanta giorni dalla richiesta, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti ai princìpi e ai criteri direttivi contenuti nella legge di delegazione.

 

Per quanto riguarda, poi, la delega per l’emanazione del codice delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario - che si affiancherà, quindi, a quello (o quelli) di natura legislativa di cui al comma 1 – il riferimento all’art. 17, comma 2, della legge 400/1988 indica l’adozione di un regolamento di delegificazione (comma 3). Detto codice sarà, quindi, emanato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato.

 

L’art. 17, comma 2, L. 400/1988 stabilisce tale procedura per l’emanazione di regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

 

Il comma 4 dell’articolo 7 delega il Governo ad adottare, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario militare, adeguandole alle disposizioni contenute nella stessa legge, tenendo conto della specificità e delle esigenze organizzative della giustizia militare.

 

In particolare, il Governo dovrà provvedere:

 

a) all'adeguamento delle norme che costituiscono l’ordinamento giudiziario militare alle disposizioni contenute nella presente legge e a quelle di ordinamento giudiziario ordinario, prevedendo la individuazione specifica di quelle applicabili e apportando le integrazioni e modificazioni necessarie al predetto coordinamento o per assicurarne la migliore attuazione tenuto conto delle specifiche caratteristiche ed esigenze della organizzazione delle giustizia militare;

b) alla revisione delle materie e delle prove del concorso di accesso al fine operare la selezione con specifico riferimento alla attività professionale riservata alla giustizia militare;

c) alla revisione del tirocinio in relazione alla specificità della funzione della giurisdizione militare specie in relazione all’esercizio della stessa in sede internazionale o sopranazionale;

d) alla armonizzazione e riordino delle norme, al fine di renderle strumento coordinato per la consultazione di tutte le disposizioni legislative vigenti;

e) alla abrogazione espressa delle disposizioni ritenute non più vigenti.

 

Ai sensi del comma 5 dalla applicazione dei decreti delegati in materia di ordinamento giudiziario della magistratura militare non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

 

Per quel che concerne, poi, la delega di cui al comma 6, tale comma attribuisce al Governo il compito di  adottare, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per disciplinare il transito entro sei mesi nel ruolo organico della magistratura ordinaria di un numero compreso tra quaranta e cinquantacinque magistrati militari e per la conseguente riduzione del numero degli uffici della giustizia militare.

 

Come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, la ratio della disposizione in esame deve essere individuata nella diminuita domanda di giustizia militare per effetto dell’avvenuta sospensione della leva e della contestuale professionalizzazione della struttura militare

 

Nello specifico, il comma 6 dell'articolo 6 detta numerosi principi e criteri direttivi da utilizzare in sede di predisposizione dei relativi schemi di decreto.

 

In particolare si prevede che:

 

a) ai fini del transito, l’ordine di scelta è determinato dalla posizione nel ruolo della magistratura militare ed è conservata l’anzianità e la qualifica maturata (non così il diritto alle acquisite funzioni direttive e semidirettive);

b) la riduzione della tabella dell’organico della magistratura militare e il conseguente aumento di un numero corrispondente di unità della tabella dell’organico dei magistrati ordinari;

c) la Corte militare di appello non ha sezioni distaccate;

d) i tribunali militari sono ridotti a un numero non superiore a tre, con possibilità dell’istituzione di fino a due complessive sezioni distaccate;

e) la competenza per territorio dei tribunali militari è definita per riferimenti geografici regionali;

f) per i magistrati militari che ricoprono funzioni di legittimità ovvero uffici direttivi in uffici giudiziari militari soppressi, si provvede tenendo conto delle disposizioni di cui all’articolo 37, del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, recante disposizioni in materia di istituzione del giudice unico di primo grado, fatta eccezione per quanto previsto dal comma 3, lettera a), dello stesso articolo;

g) nell’ipotesi di istituzione di sezioni distaccate di tribunale militare, è assegnata, a domanda e secondo l’ordine di anzianità in una funzione direttiva o semidirettiva e quindi nella funzione corrispondente, la preferenza per la funzione semidirettiva nella sezione medesima. Similmente si provvede per gli uffici del pubblico ministero;

h) previsione di norme transitorie, anche in ordine alla reversibilità delle funzioni in assenza di domanda dei magistrati perdenti posto e per la assegnazione dei magistrati militari transitati nella magistratura ordinaria, in occasione della prima applicazione dei decreti legislativi;

i) contestualmente al transito in magistratura ordinaria di personale della magistratura militare e alla riduzione degli uffici della giustizia militare, un numero proporzionale di dirigenti e di personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie militari, in servizio alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, transita nei rispettivi ruoli del Ministero della giustizia, con conservazione di qualifica, anzianità e trattamento economico in godimento.

 

In relazione a tale transito il ruolo organico dei dirigenti e del personale del Ministero della giustizia è aumentato dello stesso numero di unità di cui è diminuito il ruolo organico dei dirigenti e del personale civile del Ministero della difesa. Alla modifica dei rispettivi ruoli organici si provvede con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro della difesa, il Ministro della giustizia e il Ministro dell’economia e delle finanze. Il transito avviene a cura del Ministero della difesa di concerto con il Ministero della giustizia; l’ordine di scelta per il transito avviene seguendo l’ordine di ruolo organico, mediante interpello degli interessati; ove residuino posti per il transito, si provvede d’ufficio partendo dall’ultima posizione di ruolo organico per ciascuna area contrattuale e livello economico. Il personale stesso è assegnato a domanda ad un ufficio giudiziario secondo la normativa vigente in relazione ai posti vacanti con priorità per i posti vacanti esistenti negli uffici giudiziari aventi sede nella provincia ove è insediato l’ufficio giudiziario militare soppresso, o d’ufficio, in assenza di domanda o in caso di mancato accoglimento della stessa in un ufficio giudiziario della provincia. L’assegnazione d’ufficio è operata in un ufficio giudiziario della regione in cui aveva sede l’ufficio giudiziario militare soppresso;

 

l)   previsione per cui che il Ministro dell’economia e delle finanze provveda, con propri decreti alle necessarie variazioni di bilancio trasferendo i fondi relativi al personale destinato a transitare nei ruoli del Ministero della giustizia dallo stato di previsione del Ministero della difesa a quello del Ministero della giustizia;

m)              previsione per cui dai decreti legislativi di cui ai commi 4 e 6 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

 

 

Da ultimo, il comma 7 dell’art. 7 definisce la ordinaria procedura di emanazione della legislazione delegata di cui ai citati commi 4 (riassetto dell'ordinamento giudiziario militare) e 6 (transito dei magistrati militari).

 

Al riguardo, si prevede che decreti legislativi indicati da tali commi vengano  emanati su proposta del Ministro della difesa di concerto con il Ministro della giustizia, previo parere delle Commissioni permanenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati competenti per materia. Il parere è espresso entro sessanta giorni dalla richiesta, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti ai princìpi e ai criteri direttivi contenuti nella legge di delegazione. Il Governo procede comunque all’emanazione dei decreti legislativi qualora i pareri non siano espressi entro sessanta giorni dalla richiesta.


 

Art. 8.
(Norma di copertura)
e
Art. 9.
(Entrata in vigore)

 

 

Gli articoli 8 e 9 del disegno di legge sono relativi, rispettivamente, alla copertura finanziaria del provvedimento e all’entrata in vigore dello stesso (il giorno successivo alla pubblicazione in gazzetta ufficiale).

 

 


 

Testi a fronte

Il d.lgs. n. 160 del 2006 coordinato con le modifiche previste dall’art. 1 del disegno di legge del Governo

 

D.Lgs. 5 aprile 2006, n. 160

AS 1447 (Governo)

 

 

 

Art. 1
(Modifiche al capo I del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160)

D.Lgs. 5 aprile 2006, n. 160

 

Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 25 luglio 2005, n. 150.

 

Capo I

Disposizioni in tema di ammissione in magistratura e uditorato

Capo I

Disposizioni in tema di ammissione in magistratura e tirocinio

Art. 1

Concorso per uditore giudiziario

Art. 1

Concorso per magistrato ordinario

1. La nomina ad uditore giudiziario si consegue mediante concorso per esame, bandito con cadenza annuale.

1. La nomina a magistrato ordinario si consegue mediante un concorso per esami bandito con cadenza almeno annuale in relazione ai posti vacanti e a quelli che si renderanno vacanti nel quadriennio successivo, per i quali può essere attivata la procedura di reclutamento.

2. L'esame consiste in una prova scritta ed in una prova orale.

2. Il concorso per esami consiste in una prova scritta, effettuata con le procedure di cui all’articolo 8 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, e successive modificazioni, e in una prova orale.

3. La prova scritta verte su ciascuna delle seguenti materie:

a) diritto civile;

b) diritto penale;

c) diritto amministrativo.

3. La prova scritta consiste nello svolgimento di tre elaborati teorici, rispettivamente vertenti sul diritto civile, diritto penale e diritto amministrativo, e di un elaborato pratico, consistente nella redazione di un provvedimento in materia di diritto e procedura civile ovvero di diritto e procedura penale, individuato mediante estrazione a sorte operata dalla commissione la mattina della prova. Con lo stesso sistema è determinato, giorno per giorno, l’ordine di svolgimento degli elaborati.

4. La prova orale verte su ciascuna delle seguenti materie o gruppi di materie:

4. La prova orale verte su:

a) diritto civile ed elementi fondamentali di diritto romano;

a) identica;

b) procedura civile;

b) identica;

c) diritto penale;

c) identica;

d) procedura penale;

d) identica;

e) diritto amministrativo, costituzionale e tributario;

e) identica;

f) diritto commerciale e industriale;

f) diritto commerciale;

g) diritto del lavoro e della previdenza sociale;

g) identica;

h) diritto comunitario;

h) identica;

i) diritto internazionale ed elementi di informatica giuridica;

i) diritto internazionale pubblico e privato;

 

l) elementi di informatica giuridica e di ordinamento giudiziario;

l) di lingua straniera, scelta dal candidato fra quelle ufficiali dell'Unione europea.

m) colloquio su una lingua straniera, scelta dal candidato fra quelle ufficiali dell’Unione europea.

5. Sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta. Conseguono la idoneità i candidati che ottengono non meno di sei decimi nelle materie della prova orale di cui al comma 4, lettere a), b), c), d), e), f) g) h) e i), e comunque una votazione complessiva nelle due prove, esclusa la prova orale sulla materia di cui alla lettera l), non inferiore a centocinque punti. Non sono ammesse frazioni di punto.

5. Sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta. Conseguono l’idoneità i candidati che ottengono non meno di sei decimi in ciascuna delle materie della prova orale di cui al comma 4, lettere da a) a l), e un giudizio di sufficienza nella materia di cui al comma 4, lettera m), e comunque una votazione complessiva nelle due prove, esclusa quella di cui alla lettera m), non inferiore a centoventi punti. Non sono ammesse frazioni di punto. Agli effetti di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l’indicazione del solo punteggio numerico, mentre l’insufficienza è motivata con la sola formula “non idoneo“.

6. Il candidato deve indicare nella domanda di partecipazione al concorso, a pena di inammissibilità, se intende accedere a posti nella funzione giudicante ovvero a quelli nella funzione requirente. Deve indicare, inoltre, la lingua straniera sulla quale intende essere esaminato. Con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, terminata la valutazione degli elaborati scritti, sono nominati componenti della commissione esaminatrice docenti universitari delle lingue indicate dai candidati ammessi alla prova orale. I commissari così nominati partecipano in soprannumero ai lavori della commissione, ovvero di una o entrambe le sotto commissioni, se formate, limitatamente alle prove orali relative alla lingua straniera della quale sono docenti. Il voto sulla conoscenza della lingua straniera, espresso in decimi, si aggiunge a quello complessivo ottenuto dal candidato ai sensi del comma 5.

6. Il candidato deve indicare nella domanda di partecipazione al concorso la lingua straniera, scelta tra quelle ufficiali dell’Unione europea, sulla quale intende essere esaminato. Con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, terminata la valutazione degli elaborati scritti, sono nominati componenti della commissione esaminatrice docenti universitari delle lingue indicate dai candidati ammessi alla prova orale. I commissari così nominati partecipano in soprannumero ai lavori della commissione, ovvero di una o di entrambe le sottocommissioni, se formate, limitatamente alle prove orali relative alla lingua straniera della quale sono docenti.

7. Nell'ambito delle prove orali di cui al comma 4, i candidati sostengono un colloquio di idoneità psico-attitudinale all'esercizio della professione di magistrato, anche in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione. La valutazione dell'esito del colloquio, condotto dal professore universitario incaricato di cui all'articolo 5, comma 1, è operata collegialmente dalla commissione.

7. Nulla è innovato in ordine agli specifici requisiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, e successive modificazioni, per la copertura dei posti di magistrato nella provincia di Bolzano, fermo restando, comunque, che la lingua straniera prevista dal comma 4, lettera m), del presente articolo deve essere diversa rispetto a quella obbligatoria per il conseguimento dell’impiego.

 

 

 

 

Art. 2

Requisiti per l'ammissione al concorso

Art. 2

Requisiti per l'ammissione al concorso per esami

1. Al concorso sono ammessi coloro che:

1. Al concorso per esami, tenuto conto che ai fini dell’anzianità minima di servizio necessaria per l’ammissione non sono cumulabili le anzianità maturate in più categorie fra quelle previste, sono ammessi:

 

a) i procuratori dello Stato che non sono incorsi in sanzioni disciplinari;

a) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni. Il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali è determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;

g) i laureati in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguita al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e del diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni;

b) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;

 

 

c) gli appartenenti al personale universitario di ruolo docente di materie giuridiche in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza che non sono incorsi in sanzioni disciplinari;

c) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense;

e) gli avvocati iscritti all’albo che hanno esercitato la professione per almeno tre anni e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari;

d) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;

b) i dipendenti dello Stato, con qualifica dirigenziale o appartenenti ad una delle posizioni dell’area C prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro, comparto Ministeri, con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica, che abbiano costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per il quale era richiesto il possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari;

 

d) i dipendenti, con qualifica dirigenziale o appartenenti alla ex area direttiva, della pubblica amministrazione, degli enti pubblici a carattere nazionale e degli enti locali, che abbiano costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per il quale era richiesto il possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica o, comunque, nelle predette carriere e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari;

e) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito e senza essere stati revocati o disciplinarmente sanzionati;

f) i giudici di pace, i giudici onorari di tribunale ed i vice procuratori onorari che hanno completato almeno il primo incarico e sono stati confermati per un periodo successivo a seguito di valutazione positiva della attività svolta e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari

f) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162.

 

 

h) i laureati che hanno conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza al termine di un corso universitario di durata complessivamente non inferiore a cinque anni, o la laurea in giurisprudenza al termine di un corso di studi di durata non inferiore a quattro anni, con una votazione media, calcolata sulla votazione riportata in tutti gli esami sostenuti nell’intero corso di studi universitari necessario per il conseguimento della laurea magistrale o della laurea, in caso di corso quadriennale, pari almeno a ventotto trentesimi e un punteggio della sola laurea magistrale o della laurea, nel caso di laureati all’esito di un corso quadriennale, non inferiore a centosette centodecimi.

2. Sono ammessi al concorso i candidati che, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, risultano di età non inferiore agli anni ventuno e non superiore ai quaranta e, soddisfino alle seguenti condizioni:

2. Sono ammessi al concorso per esami i candidati che, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, risultano di età non inferiore agli anni ventuno e non superiore ai quaranta e, soddisfino alle seguenti condizioni:

a) essere cittadino italiano;

a) identica;

b) avere l'esercizio dei diritti civili;

b) identica;

 

b-bis) essere di condotta incensurabile;

 

b-ter) non essere stati dichiarati per tre volte non idonei nel concorso per esami di cui all’articolo 1, comma 1, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda;

c) possedere gli altri requisiti richiesti dalle leggi vigenti.

c) identica;

3. Si applicano le disposizioni vigenti per l'elevamento del limite massimo di età nei casi stabiliti dalle disposizioni stesse.

3. Identico.

4. Il Consiglio superiore della magistratura non ammette al concorso i candidati che, per le informazioni raccolte, non risultano di condotta incensurabile. Qualora non si provveda alla ammissione con riserva, il provvedimento di esclusione è comunicato agli interessati almeno trenta giorni prima dello svolgimento della prova scritta.

4. Identico.

5. Ai concorsi per l'accesso in magistratura indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, sono ammessi, oltre a coloro che sono in possesso dei requisiti per l'ammissione al concorso di cui al presente articolo, anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all'anno accademico 1998-1999. L'accesso al concorso avviene con le modalità di cui al presente articolo.

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 3

Indizione del concorso e svolgimento della prova scritta

Art. 3

Indizione del concorso e svolgimento della prova scritta

1. Salvo quanto previsto dal comma 4, il concorso ha luogo in Roma, di regola nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno e, comunque, nei trenta giorni prima o dopo la predetta data.

1. Il concorso per esami di cui all’articolo 1 si svolge con cadenza almeno annuale in una o più sedi stabilite nel decreto con il quale è bandito il concorso.

2. Il concorso è bandito con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, che determina il numero dei posti. Con successivi decreti del Ministro della giustizia, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, sono determinati il luogo ed il calendario di svolgimento della prova scritta.

2. Identico.

3. In considerazione del numero delle domande, la prova scritta può aver luogo contemporaneamente in Roma ed in altre sedi, assicurando il collegamento a distanza della commissione esaminatrice con le diverse sedi.

3. Identico.

4. Ove la prova scritta abbia luogo contemporaneamente in più sedi, la commissione esaminatrice espleta presso la sede di svolgimento della prova in Roma le operazioni inerenti alla formulazione, alla scelta dei temi ed al sorteggio della materia oggetto della prova. Presso le altre sedi le funzioni della commissione per il regolare espletamento delle prove scritte sono attribuite ad un comitato di vigilanza nominato con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, e composto da cinque magistrati, dei quali uno con anzianità di servizio non inferiore a tredici anni con funzioni di presidente, coadiuvato da personale amministrativo dell'area C, così come definita dal contratto collettivo nazionale del comparto Ministeri per il quadriennio 1998-2001, stipulato il 16 febbraio 1999, con funzioni di segreteria. Il comitato svolge la sua attività in ogni seduta con la presenza di non meno di tre componenti. In caso di assenza o impedimento, il presidente è sostituito dal magistrato più anziano. Si applica ai predetti magistrati la disciplina dell'esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali, prevista dall'articolo 5, limitatamente alla durata dell'attività del comitato.

4. Ove la prova scritta abbia luogo contemporaneamente in più sedi, la commissione esaminatrice espleta presso una delle sedi, determinata con il decreto ministeriale di cui al comma 2, le operazioni inerenti alla formulazione, alla scelta dei temi e al sorteggio della materia oggetto della prova.                                                                                       Presso le altre sedi le funzioni della commissione per il regolare espletamento delle prove scritte sono attribuite a un comitato di vigilanza nominato con decreto del Ministro della giustizia, su delibera conforme del Consiglio superiore della magistratura, e composto da almeno cinque magistrati, dei quali uno con anzianità di servizio non inferiore a tredici anni con funzioni di presidente, coadiuvato da personale amministrativo dell’area C, così come definita dal contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Ministeri per il quadriennio 1998-2001, stipulato il 16 febbraio 1999, con funzioni di segreteria. Il comitato svolge la sua attività in ogni seduta con la presenza di non meno di tre componenti. In caso di assenza o impedimento, il presidente è sostituito dal magistrato più anziano presente. Si applica ai predetti magistrati la disciplina dell’esonero dalle funzioni giudiziarie e giurisdizionali limitatamente alla durata dell’attività del comitato.

 

 

 

 

Art. 4

Presentazione della domanda

Art. 4

Presentazione della domanda

1. La domanda di partecipazione al concorso per uditore giudiziario, indirizzata al Consiglio superiore della magistratura, è presentata o spedita, a mezzo raccomandata, entro il termine di trenta giorni decorrente dalla data di pubblicazione del decreto di indizione nella Gazzetta Ufficiale, al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario il candidato è residente.

1. La domanda di partecipazione al concorso per esami per magistrato ordinario, indirizzata al Consiglio superiore della magistratura, è presentata o spedita, a mezzo raccomandata, entro il termine di trenta giorni decorrente dalla data di pubblicazione del decreto di indizione nella Gazzetta Ufficiale, al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario il candidato è residente.

2. Non sono ammessi a partecipare al concorso i candidati le cui domande sono presentate oltre il termine di cui al comma 1.

2. Non sono ammessi a partecipare al concorso i candidati le cui domande sono presentate o spedite oltre il termine di cui al comma 1.

3. I candidati aventi dimora fuori del territorio dello Stato possono presentare la domanda, entro lo stesso termine, alla autorità, consolare competente o al procuratore della Repubblica di Roma.

3. Identico.

 

 

 

 

Art. 5

Commissione di concorso

Art. 5

Commissione di concorso

1. La commissione di concorso è nominata nei dieci giorni che precedono quello di inizio della prova scritta con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, ed è composta da magistrati, aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado, in numero variabile fra un minimo di dodici e un massimo di sedici e da professori universitari di prima fascia nelle materie oggetto di esame da un minimo di quattro a un massimo di otto; il professore universitario incaricato del colloquio psico-attitudinale di cui all'articolo 1, comma 7, è scelto tra i docenti di una delle classi di laurea in scienze e tecniche psicologiche, di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica del 4 agosto 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000 - supplemento ordinario n. 170 - e successive modificazioni. La funzione di presidente è attribuita ad un magistrato che esercita da almeno tre anni le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado e quella di vicepresidente da un magistrato che esercita funzioni di legittimità; il numero dei componenti è determinato tenendo conto del presumibile numero dei candidati e dell'esigenza di rispettare le scadenze indicate nell'articolo 7; il numero dei componenti professori universitari è tendenzialmente proporzionato a quello dei componenti magistrati. Non può essere nominato componente chi ha fatto parte della commissione in uno degli ultimi tre concorsi precedentemente banditi.

1. La commissione del concorso per esami è nominata, nei quindici giorni antecedenti l’inizio della prova scritta, con decreto del Ministro della giustizia, adottato a seguito di conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura.

 

1-bis. La commissione del concorso è composta da un magistrato il quale abbia conseguito la sesta valutazione di professionalità, che la presiede, da venti magistrati che abbiano conseguito almeno la terza valutazione di professionalità, scelti in un elenco di magistrati che abbiano espresso la propria disponibilità a fare parte della commissione e ad essere totalmente esonerati dalle funzioni giudiziarie e giurisdizionali per l’intera procedura concorsuale, e da otto professori universitari di ruolo titolari di insegnamenti nelle materie oggetto di esame.

2. Nella delibera di cui al comma 1, il Consiglio superiore della magistratura designa, tra i componenti della commissione, due magistrati e tre docenti universitari delle materie oggetto della prova scritta, ed altrettanti supplenti, i quali, unitamente al presidente ed al vicepresidente, si insediano immediatamente. I restanti componenti si insediano dopo l'espletamento della prova scritta e prima che si dia inizio all'esame degli elaborati.

2. Nel caso in cui non sia possibile raggiungere il numero di componenti della commissione, il Consiglio superiore della magistratura nomina d’ufficio magistrati che non hanno prestato il loro consenso all’esonero dalle funzioni. Non possono essere nominati i componenti che abbiano fatto parte della commissione in uno degli ultimi tre concorsi.

3. Nella seduta di insediamento di tutti i suoi componenti, la commissione definisce i criteri per la valutazione degli elaborati scritti e delle prove orali dei candidati.

3. Nella seduta di cui al sesto comma dell’articolo 8 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, e successive modificazioni, la commissione definisce i criteri per la valutazione omogenea degli elaborati scritti; i criteri per la valutazione delle prove orali sono definiti prima dell’inizio delle stesse. Alle sedute per la definizione dei suddetti criteri devono partecipare tutti i componenti della commissione, salvi i casi di forza maggiore e legittimo impedimento, la cui valutazione è rimessa al Consiglio superiore della magistratura. In caso di mancata partecipazione, senza adeguata giustificazione, a una di tali sedute o comunque a due sedute di seguito, il Consiglio superiore può deliberare la revoca del componente e la sua sostituzione con le modalità previste dal comma 1.

4. Il presidente della commissione e gli altri componenti appartenenti alla magistratura possono essere nominati anche tra i magistrati a riposo da non più di cinque anni, che, all'atto della nomina, non hanno superato i settantacinque anni di età e che, all'atto della cessazione dal servizio, esercitavano le funzioni richieste per la nomina.

4. Il presidente della commissione e gli altri componenti possono essere nominati anche tra i magistrati ed i professori universitari a riposo da non più di cinque anni che all’atto della cessazione dal servizio erano in possesso dei requisiti per la nomina.

5. Il presidente della commissione può essere sostituito dal vice presidente o, in caso di assenza o impedimento di quest'ultimo, dal più anziano dei magistrati presenti.

5. In caso di assenza o impedimento del presidente della commissione, le relative funzioni sono svolte dal magistrato con maggiore anzianità di servizio presente in ciascuna seduta.

6. Insediatisi tutti i componenti, la commissione, nonchè ciascuna delle sottocommissioni, ove costituite, svolgono la loro attività in ogni seduta con la presenza di almeno nove di essi, compreso il presidente, dei quali almeno uno professore universitario. In caso di parità di voti, prevale quello del presidente. Nella formazione del calendario dei lavori il presidente della commissione assicura, per quanto possibile, la periodica variazione della composizione delle sottocommissioni e dei collegi di cui all'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni.

6. Se i candidati che hanno portato a termine la prova scritta sono più di trecento, il presidente, dopo aver provveduto alla valutazione di almeno venti candidati in seduta plenaria con la partecipazione di tutti i componenti, forma per ogni seduta due sottocommissioni, a ciascuna delle quali assegna, secondo criteri obiettivi, la metà dei candidati da esaminare. Le sottocommissioni sono rispettivamente presiedute dal presidente e dal magistrato più anziano presenti, a loro volta sostituiti, in caso di assenza o impedimento, dai magistrati più anziani presenti, e assistite ciascuna da un segretario. La commissione delibera su ogni oggetto eccedente la competenza delle sottocommissioni. Per la valutazione degli elaborati scritti il presidente suddivide ciascuna sottocommissione in quattro collegi, composti ciascuno di almeno tre componenti, presieduti dal presidente o dal magistrato più anziano. In caso di parità di voti, prevale quello di chi presiede. Ciascun collegio della medesima sottocommissione esamina gli elaborati di una delle materie oggetto della prova relativamente ad ogni candidato.

7. Possono far parte della commissione esaminatrice esclusivamente quei magistrati che hanno prestato il loro consenso all'esonero totale dall'esercizio delle funzioni giudiziarie o giurisdizionali.

7. Ai collegi ed a ciascuna sottocommissione si applicano, per quanto non diversamente disciplinato, le disposizioni dettate per le sottocommissioni e la commissione dagli articoli 12, 13 e 16 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, e successive modificazioni. La commissione o le sottocommissioni, se istituite, procedono all’esame orale dei candidati e all’attribuzione del punteggio finale, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 14, 15 e 16 del citato regio decreto n. 1860 del 1925, e successive modificazioni.

8. L'esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali, deliberato dal Consiglio superiore della magistratura contestualmente alla nomina a componente della commissione, ha effetto dall'insediamento del magistrato sino alla formazione della graduatoria finale dei candidati.

8. Identico.

9. Nel caso in cui non sia possibile raggiungere il numero di componenti stabilito dal comma 1, il Consiglio superiore della magistratura nomina componenti della commissione magistrati che non hanno prestato il loro consenso all'esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali.

9. Abrogato.

10. Le funzioni di segreteria della commissione sono esercitate da personale amministrativo di area C, così come definita nel contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Ministeri per il quadriennio 1998-2001, stipulato il 16 febbraio 1999 e sono coordinate da un magistrato addetto al Ministero della giustizia.

10. Le attività di segreteria della commissione e delle sottocommissioni sono esercitate da personale amministrativo di area C in servizio presso il Ministero della giustizia, così come definita dal contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Ministeri per il quadriennio 1998-2001, stipulato il 16 febbraio 1999, e sono coordinate dal titolare dell’ufficio del Ministero della giustizia competente per il concorso

 

 

 

 

Art. 6

Lavori della commissione

Art. 6

Disciplina dei lavori della commissione

1. La commissione esaminatrice, durante la valutazione degli elaborati scritti e durante le prove orali, articola i propri lavori in modo da formare la graduatoria entro il termine di nove mesi a decorrere dal primo giorno successivo a quello di espletamento dell'ultima prova scritta.

1. Identico.

2. L'intera procedura concorsuale è espletata in modo da consentire l'inizio del tirocinio degli uditori entro dodici mesi dalla data di conclusione delle prove scritte del relativo concorso.

2. L'intera procedura concorsuale è espletata in modo da consentire l'inizio del tirocinio dei magistrati ordinari entro dodici mesi dalla data di conclusione delle prove scritte del relativo concorso.

3. I lavori della commissione sono articolati in ragione di un numero minimo di dieci sedute a settimana, delle quali cinque antimeridiane e cinque pomeridiane, salvo assoluta impossibilità della commissione stessa.

3. Identico.

4. Il presidente o, in sua mancanza, il vicepresidente possono in ogni caso disporre la convocazione di sedute supplementari qualora ciò risulti necessario per assicurare il rispetto delle cadenze e dei termini di cui ai commi 1, 2 e 7.

4. Il presidente o, in sua mancanza, il il magistrato con maggiore anzianità di servizio presente possono in ogni caso disporre la convocazione di sedute supplementari qualora ciò risulti necessario per assicurare il rispetto delle cadenze e dei termini di cui ai commi 1, 2 e 7.

5. I componenti della commissione esaminatrice fruiscono del congedo ordinario nel periodo compreso tra la pubblicazione dei risultati delle prove scritte e l'inizio delle prove orali. L'eventuale residuo periodo di congedo ordinario è goduto al termine della procedura concorsuale.

5. Il presidente e i componenti della commissione esaminatrice fruiscono del congedo ordinario nel periodo compreso tra la pubblicazione dei risultati delle prove scritte e l'inizio delle prove orali. L'eventuale residuo periodo di congedo ordinario è goduto al termine della procedura concorsuale.

6. La mancata partecipazione, anche se giustificata, di un componente a due sedute della commissione, qualora ciò abbia causato il rinvio delle sedute stesse, può costituire motivo per la revoca della nomina da parte del Consiglio superiore della magistratura.

6. Abrogato.

7. La commissione, o ciascuna delle sottocommissioni formate ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, esamina ogni mese gli elaborati scritti di non meno di quattrocento candidati ed esegue l'esame orale di non meno di cento candidati.

7. Per ciascun mese le commissioni esaminano complessivamente gli elaborati di almeno seicento candidati od eseguono l’esame orale di almeno cento candidati.

8. Il mancato rispetto delle cadenze e dei termini di cui ai commi 1, 2 e 7 può costituire motivo per la revoca della nomina del presidente o del vicepresidente da parte del Consiglio superiore della magistratura.

8. Il mancato rispetto delle cadenze e dei termini di cui ai commi 1, 2 e 7 può costituire motivo per la revoca della nomina del presidente da parte del Consiglio superiore della magistratura.

9. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinate le indennità spettanti ai professori universitari componenti della commissione.

9. Identico.

 

 

 

 

Art. 7

Limiti di ammissibilità ed esclusioni in relazione a successivi concorsi in magistratura

Art. 7

Limiti di ammissibilità ed esclusioni in relazione a successivi concorsi in magistratura

1. Coloro che sono stati dichiarati non idonei per tre volte in concorsi per l'ammissione in magistratura non possono essere ammessi ad altri concorsi in magistratura.

1. Identico.

2. Agli effetti dell'ammissibilità ad ulteriori concorsi, si considera separatamente ciascun concorso svoltosi secondo i precedenti ordinamenti.

2. Identico.

3. L'espulsione del candidato dopo la dettatura del tema, durante le prove scritte, equivale ad inidoneità.

3. Identico.

4. Il Consiglio superiore della magistratura, sentito l'interessato, può escludere da uno o più successivi concorsi chi, durante lo svolgimento delle prove scritte di un concorso, è stato espulso per comportamenti fraudolenti, diretti ad acquisire o ad utilizzare informazioni non consentite, o per comportamenti violenti che comunque abbiano turbato le operazioni del concorso.

4. Identico.

 

 

 

 

Art. 8

Nomina ad uditore giudiziario

Art. 8

Nomina a magistrato ordinario

1. I concorrenti dichiarati idonei sono classificati secondo il numero totale dei punti riportati e, nello stesso ordine, sono nominati, con decreto ministeriale, uditore giudiziario, nei limiti dei posti messi a concorso.

1. I concorrenti dichiarati idonei all’esito del concorso per esami sono classificati secondo il numero totale dei punti riportati e, nello stesso ordine, sono nominati, con decreto ministeriale, magistrato ordinario, nei limiti dei posti messi a concorso.

2. Espletata la procedura di cui al comma 1, l'indicazione di cui all'articolo 1, comma 6, primo periodo, costituisce titolo preferenziale su ogni altro, nei limiti dei posti vacanti, per la attribuzione della sede di prima destinazione nell'ambito della funzione indicata. In caso di parità di punti si applicano, altresì, le disposizioni generali vigenti sui titoli di preferenza per le ammissioni ai pubblici impieghi.

2. Abrogato.

3. I documenti comprovanti il possesso di titoli di preferenza, a parità di punteggio, ai fini della nomina, sono presentati, a pena di decadenza, entro il giorno di svolgimento della prova orale.

3. Identico.

 

 

 

 

Art. 9

Tirocinio degli uditori e ammissibilità all'esame per l'esercizio della professione di avvocato

Art. 9

Tirocinio dei magistrati ordinari e ammissibilità all'esame per l'esercizio della professione di avvocato

1. Gli uditori giudiziari svolgono il periodo di tirocinio con le modalità stabilite dal decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera b) e 2, comma 2, della legge 25 luglio 2005, n. 150.

1. I magistrati ordinari, nominati a seguito di concorso per esami, svolgono il periodo di tirocinio con le modalità stabilite dal decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26.

2. Il periodo di uditorato è valido, come pratica forense, agli effetti dell'ammissibilità all'esame per l'esercizio della professione di avvocato.

2. Il completamento del periodo di tirocinio è valido, come pratica forense, agli effetti dell'ammissione all'esame per l'esercizio della professione di avvocato. Il conseguimento della prima valutazione di professionalità, di cui all’articolo 11, abilita all’esercizio della professione di avvocato e all’iscrizione al relativo ordine in caso di cessazione dall’appartenenza all’ordine giudiziario. Il conseguimento della quarta valutazione di professionalità abilita al patrocinio innanzi alle magistrature superiori.

 


Il d.lgs. n. 160 del 2006 coordinato con le modifiche previste dall’art. 2 del disegno di legge del Governo

 

D.Lgs. 5 aprile 2006, n. 160

AS 1447 (Governo)

 

Art. 2
(Modifiche agli articoli da 10 a 55 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160)

D.Lgs. 5 aprile 2006, n. 160

 

Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 25 luglio 2005, n. 150.

 

Capo II

Funzioni dei magistrati

Capo II

Funzioni dei magistrati

Art. 10

Funzioni dei magistrati

Art. 10

Funzioni

1. Oltre a quanto previsto dal decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera e), e 2, comma 5, della legge 25 luglio 2005, n. 150, le funzioni dei magistrati si distinguono in funzioni di merito e in funzioni di legittimità e sono le seguenti:

1. La magistratura ordinaria, unica nel concorso di ammissione, nel tirocinio e nel ruolo di anzianità, è distinta secondo le funzioni esercitate.

a) giudicanti di primo grado;

b) requirenti di primo grado;

c) giudicanti di secondo grado;

d) requirenti di secondo grado;

e) semidirettive giudicanti di primo grado;

f) semidirettive requirenti di primo grado;

g) semidirettive giudicanti di secondo grado;

h) semidirettive requirenti di secondo grado;

i) direttive giudicanti o requirenti di primo grado e di primo grado elevato;

l) direttive giudicanti o requirenti di secondo grado;

m) giudicanti di legittimità;

n) requirenti di legittimità;

o) direttive giudicanti o requirenti di legittimità;

p) direttive superiori giudicanti o requirenti di legittimità;

q) direttive superiori apicali di legittimità.

2. Le funzioni si distinguono in giudicanti e requirenti di primo grado, di secondo grado e di legittimità, nonchè in semidirettive di primo grado, semidirettive elevate di primo grado e semidirettive di secondo grado, direttive di primo grado, direttive elevate di primo grado, direttive di secondo grado, direttive di legittimità, direttive superiori e direttive apicali.

Art. 11

Funzioni di merito e di legittimità


(segue: art. 10)

1. Le funzioni giudicanti di primo grado sono quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza.

3. Le funzioni giudicanti di primo grado sono quelle di giudice presso il tribunale ordinario, presso il tribunale per i minorenni, presso l’ufficio di sorveglianza e di magistrato addetto all’ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione; […]

2. Le funzioni requirenti di primo grado sono quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni.

[…]                                le funzioni requirenti di primo grado sono quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e presso il tribunale per i minorenni.

3. Le funzioni giudicanti di secondo grado sono quelle di consigliere di corte di appello.

4. Le funzioni giudicanti di secondo grado sono quelle di consigliere presso la corte di appello; […]

4. Le funzioni requirenti di secondo grado sono quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di appello nonché quelle di sostituto addetto alla Direzione nazionale antimafia.

[…]     le funzioni requirenti di secondo grado sono quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello e di sostituto presso la direzione nazionale antimafia.

5. Le funzioni semidirettive giudicanti di primo grado sono quelle di presidente di sezione di tribunale.

6. Le funzioni semidirettive giudicanti di primo grado sono quelle di presidente di sezione presso il tribunale ordinario, di presidente e di presidente aggiunto della sezione dei giudici unici per le indagini preliminari;[…]

6. Le funzioni semidirettive requirenti di primo grado sono quelle di procuratore della Repubblica aggiunto.

[…]           le funzioni semidirettive requirenti di primo grado sono quelle di procuratore aggiunto presso il tribunale.

 

7. Le funzioni semidirettive giudicanti elevate di primo grado sono quelle di presidente della sezione dei giudici unici per le indagini preliminari negli uffici aventi sede nelle città di cui all’articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 1989, n. 327, convertito dalla legge 24 novembre 1989, n. 380.

7. Le funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado sono quelle di presidente di sezione di corte di appello.

8. Le funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado sono quelle di presidente di sezione presso la corte di appello;[…]

8. Le funzioni semidirettive requirenti di secondo grado sono quelle di avvocato generale della Procura generale presso la corte di appello.

[…]                                  le funzioni semidirettive requirenti di secondo grado sono quelle di avvocato generale presso la corte di appello.

9. Le funzioni direttive giudicanti di primo grado sono quelle di presidente di tribunale e di presidente del tribunale per i minorenni.

9. Le funzioni direttive giudicanti di primo grado sono quelle di presidente del tribunale ordinario, di presidente del tribunale per i minorenni, di presidente del tribunale di sorveglianza; […]

10. Le funzioni direttive requirenti di primo grado sono quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni.

[…]                le funzioni direttive requirenti di primo grado sono quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni.

11. Le funzioni direttive giudicanti di primo grado elevato sono quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui all'articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 1989, n. 327, convertito, dalla legge 24 novembre 1989, n. 380, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.

10. Le funzioni direttive giudicanti elevate di primo grado sono quelle di presidente del tribunale ordinario negli uffici aventi sede nelle città di cui all’articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 1989, n. 327, convertito dalla legge 24 novembre 1989, n. 380; […]

12. Le funzioni direttive requirenti di primo grado elevato sono quelle di procuratore della Repubblica presso i tribunali di cui all'articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 1989, n. 327, convertito, dalla legge 24 novembre 1989, n. 380, e successive modificazioni.

[…]                     le funzioni direttive requirenti elevate di primo grado sono quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario nelle medesime città.

13. Le funzioni direttive giudicanti di secondo grado sono quelle di presidente della Corte di appello.

11. Le funzioni direttive giudicanti di secondo grado sono quelle di presidente della corte di appello; […]

14. Le funzioni direttive requirenti di secondo grado sono quelle di procuratore generale presso la corte di appello e di procuratore nazionale antimafia.

[…]          le funzioni direttive requirenti di secondo grado sono quelle di procuratore generale presso la corte di appello e di procuratore nazionale antimafia.

15. Le funzioni giudicanti di legittimità sono quelle di consigliere della Corte di cassazione.

5. Le funzioni giudicanti di legittimità sono quelle di consigliere presso la Corte di cassazione;[…]

16. Le funzioni requirenti di legittimità sono quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione.

[…]            le funzioni requirenti di legittimità sono quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione.

17. Le funzioni direttive giudicanti di legittimità sono quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione.

12. Le funzioni direttive giudicanti di legittimità sono quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione; […]

18. Le funzioni direttive requirenti di legittimità sono quelle di avvocato generale della procura generale presso la Corte di cassazione.

[…]                     le funzioni direttive requirenti di legittimità sono quelle di avvocato generale presso la Corte di cassazione.

19. Le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità sono quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche.

13. Le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità sono quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche; […]

20. Le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità sono quelle di procuratore generale presso la Corte di cassazione e di procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione.

[…]                                                         le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità sono quelle di procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione.

21. Le funzioni direttive superiori apicali di legittimità sono quelle di primo presidente della Corte di cassazione.

14. Le funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità sono quelle di primo presidente della Corte di cassazione; le funzioni direttive apicali requirenti di legittimità sono quelle di procuratore generale presso la Corte di cassazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 11

Valutazione della professionalità

 

1. I magistrati sono sottoposti a valutazione di professionalità ogni quadriennio a decorrere dalla data di nomina.

 

2. La valutazione di professionalità deve riguardare la capacità, la laboriosità, la diligenza, l’impegno. In particolare:

a) la capacità, oltre che alla preparazione giuridica e al relativo grado di aggiornamento, è riferita, secondo le funzioni esercitate, alle metodologie di analisi delle questioni da risolvere e al possesso delle tecniche di argomentazione e di valutazione delle prove, alla conoscenza e padronanza delle tecniche di indagine ovvero alla conduzione dell’udienza da parte di chi la dirige o la presiede, all’idoneità a utilizzare, dirigere e controllare l’apporto dei collaboratori e degli ausiliari;

b) la laboriosità è riferita al numero e alla qualità degli affari trattati secondo rapporti di reciproca coerenza adeguati al tipo di ufficio e alla sua condizione organizzativa e strutturale, ai tempi di smaltimento del lavoro, nonché all’eventuale attività di collaborazione svolta all’interno dell’ufficio anche in relazione al tirocinio dei magistrati, ordinari od onorari, e alle modalità di assolvimento degli incarichi loro conferiti, tenuto anche conto degli standard di rendimento individuati dal Consiglio superiore della magistratura, in relazione agli specifici settori di attività e alle specializzazioni, con i provvedimenti di cui al comma 19;

c) la diligenza è riferita all’assiduità e puntualità nella presenza in ufficio, nelle udienze e nei giorni stabiliti o comunque necessari per l’adeguato espletamento del servizio; è riferita inoltre al rispetto dei termini per l’emissione, la redazione, il deposito di provvedimenti o comunque per il compimento di attività giudiziarie, nonché alla partecipazione alle riunioni svolte ai sensi dell’articolo 47-quater dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per la discussione e l’approfondimento delle innovazioni legislative, per l’esame dell’evoluzione della giurisprudenza e per lo scambio di informazioni;

d) l’impegno è riferito alla disponibilità per sostituzioni, applicazioni e supplenze necessarie al funzionamento dell’ufficio e alla frequenza di corsi di aggiornamento organizzati dalla Scuola superiore della magistratura; nella valutazione dell’impegno rilevano, inoltre, la collaborazione alla soluzione dei problemi di tipo organizzativo e giuridico nonché la capacità di individuare soluzioni e prassi che consentano una maggiore efficienza del servizio giustizia.

 

3. La valutazione di professionalità riguarda anche l’attitudine alla dirigenza, che è riferita alla capacità di organizzare, di programmare e di gestire l’attività e le risorse in rapporto al tipo, alla condizione strutturale dell’ufficio e alle relative dotazioni di mezzi e di personale; è riferita altresì alla propensione all’impiego di tecnologie avanzate nonché alla capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati e dei funzionari, nel rispetto delle individualità e delle autonomie istituzionali, di operare il controllo amministrativo e di gestione sull’andamento generale dell’ufficio, di ideare, programmare e realizzare, con tempestività, gli adattamenti organizzativi e gestionali e di dare piena e compiuta attuazione a quanto indicato nel progetto di organizzazione tabellare. La valutazione deve tenere conto delle esperienze direttive e semidirettive anteriori e dei risultati conseguiti, dello svolgimento di una pluralità di funzioni giudiziarie, delle modalità di adempimento delle stesse, dei risultati ottenuti o degli obiettivi conseguiti in relazione agli incarichi svolti e alle esperienze anche precedenti all’ingresso nella magistratura, della frequenza di corsi di formazione per la dirigenza e di ogni altra esperienza che possa essere ritenuta significativa, ivi compresa l’organizzazione del proprio lavoro in relazione ai risultati conseguiti.

 

4. Con i provvedimenti di cui al comma 19 sono specificati gli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni da parte dei consigli giudiziari nonché i parametri per consentire la omogeneità delle valutazioni. La documentazione a campione, le statistiche comparate relative all’attività svolta e le informazioni in ordine agli incarichi ricoperti sono trasmesse a cura dei capi degli uffici al consiglio giudiziario entro il 31 gennaio di ciascun anno.

 

5. Alla scadenza del periodo di valutazione il consiglio giudiziario acquisisce e valuta:

a) le informazioni disponibili presso il Consiglio superiore della magistratura e il Ministero della giustizia;

b) la relazione del magistrato sul lavoro svolto nel quadriennio unitamente a quanto altro egli ritenga utile, ivi compresa la copia di atti e provvedimenti che il magistrato ritiene di sottoporre ad esame;

c) le statistiche del lavoro svolto e la comparazione con quelle degli altri magistrati del medesimo ufficio, secondo i criteri stabiliti nei provvedimenti di cui al comma 19;

d) gli atti e i provvedimenti redatti dal magistrato e i verbali delle udienze alle quali il magistrato abbia partecipato, scelti a campione sulla base di criteri oggettivi stabiliti al termine di ciascun anno con i provvedimenti di cui al comma 19, se non già acquisiti;

e) l’indicazione degli incarichi giudiziari ed extragiudiziari svolti dal magistrato nel periodo valutato con l’indicazione dell’impegno concreto che gli stessi hanno comportato;

f) il rapporto e le segnalazioni provenienti dai capi degli uffici, i quali devono tenere conto delle situazioni specifiche rappresentate da terzi nonché delle segnalazioni eventualmente pervenute dal consiglio dell’ordine degli avvocati, sempre che si riferiscano a fatti specifici incidenti in modo negativo sulla professionalità, con particolare riguardo alle situazioni concrete e oggettive di esercizio non indipendente della funzione e ai comportamenti che denotino evidente mancanza di equilibrio. Il rapporto del capo dell’ufficio è trasmesso al consiglio giudiziario dal presidente della corte di appello o dal procuratore generale presso la medesima corte, titolari del potere-dovere di sorveglianza, con le loro eventuali considerazioni.

 

6. Il consiglio giudiziario può assumere informazioni su fatti specifici segnalati da suoi componenti o dai dirigenti degli uffici o dai consigli dell’ordine degli avvocati, dando tempestiva comunicazione dell’esito all’interessato, che ha diritto ad avere copia degli atti, e può procedere alla sua audizione, che è sempre disposta se il magistrato ne fa richiesta.

 

7. Sulla base delle acquisizioni di cui ai commi 5 e 6, il consiglio giudiziario formula un parere motivato che trasmette al Consiglio superiore della magistratura unitamente alla documentazione e ai verbali delle audizioni.

 

8. Il magistrato, entro dieci giorni dalla notifica del parere del consiglio giudiziario, può far pervenire al Consiglio superiore della magistratura le proprie osservazioni e chiedere di essere ascoltato personalmente.

 

9. Il Consiglio superiore della magistratura procede alla valutazione di professionalità sulla base del parere espresso dal consiglio giudiziario e della relativa documentazione, nonché sulla base dei risultati delle ispezioni ordinarie; può anche assumere ulteriori elementi di conoscenza.

 

10. Il giudizio di professionalità è “positivo“ quando la valutazione risulta sufficiente in relazione a ciascuno dei parametri di cui ai commi 2 e 3; è “non positivo“ quando la valutazione evidenzia carenze in relazione a uno o più dei medesimi parametri; è “negativo“ quando la valutazione evidenzia carenze gravi in relazione a due o più dei suddetti parametri.

 

11. Se il giudizio è “non positivo“, il Consiglio superiore della magistratura procede a nuova valutazione di professionalità dopo un anno, acquisendo un nuovo parere del consiglio giudiziario; in tal caso il nuovo trattamento economico o l’aumento periodico di stipendio sono dovuti solo a decorrere dalla scadenza dell’anno se il nuovo giudizio è positivo. Nel corso dell’anno antecedente alla nuova valutazione non può essere autorizzato lo svolgimento di incarichi extragiudiziari.

 

12. Se il giudizio è “negativo“, il magistrato è sottoposto a nuova valutazione di professionalità dopo un biennio. Il Consiglio superiore della magistratura può disporre che il magistrato partecipi ad uno o più corsi di riqualificazione professionale in rapporto alle specifiche carenze di professionalità riscontrate; può anche assegnare il magistrato, previa sua audizione, a una diversa funzione nella medesima sede o escluderlo, fino alla successiva valutazione, dalla possibilità di accedere a incarichi direttivi o semidirettivi o a funzioni specifiche. Nel corso del biennio antecedente alla nuova valutazione non può essere autorizzato lo svolgimento di incarichi extragiudiziari.

 

13. La valutazione negativa comporta la perdita del diritto all’aumento periodico di stipendio per un biennio. Il nuovo trattamento economico eventualmente spettante è dovuto solo a seguito di giudizio positivo e con decorrenza dalla scadenza del biennio.

 

14. Se il Consiglio superiore della magistratura, previa audizione del magistrato, esprime un secondo giudizio negativo, il magistrato stesso è dispensato dal servizio.

 

15. La valutazione di professionalità consiste in un giudizio espresso, ai sensi dell’articolo 10 della legge 24 marzo 1958, n. 195, dal Consiglio superiore della magistratura con provvedimento motivato e trasmesso al Ministro della giustizia che adotta il relativo decreto. Il giudizio di professionalità, inserito nel fascicolo personale, è valutato ai fini dei tramutamenti, del conferimento di funzioni, comprese quelle di legittimità, del conferimento di incarichi direttivi e ai fini di qualunque altro atto, provvedimento o autorizzazione per incarico extragiudiziario.

16. I parametri contenuti nei commi 2 e 3 si applicano anche per la valutazione di professionalità concernente i magistrati fuori ruolo. Il giudizio è espresso dal Consiglio superiore della magistratura, acquisito, per i magistrati in servizio presso il Ministero della giustizia, il parere del consiglio di amministrazione, composto dal presidente e dai soli membri che appartengano all’ordine giudiziario, o il parere del consiglio giudiziario presso la corte di appello di Roma per tutti gli altri magistrati in posizione di fuori ruolo, compresi quelli in servizio all’estero. Il parere è espresso sulla base della relazione dell’autorità presso cui gli stessi svolgono servizio, illustrativa dell’attività svolta, e di ogni altra documentazione che l’interessato ritiene utile produrre, purché attinente alla professionalità, che dimostri l’attività in concreto svolta.

17. Nei confronti dei magistrati che svolgono funzioni direttive apicali, direttive superiori, direttive e semidirettive, di merito e di legittimità, è operato biennalmente il controllo sulla gestione, secondo modalità e criteri definiti con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Consiglio superiore della magistratura, avendo riguardo alla valutazione dell’efficienza ed efficacia dell’attività svolta, anche in relazione a quanto contenuto nel progetto tabellare, e all’utilizzazione dell’innovazione tecnologica disponibile.

18. L’esito del controllo è comunicato al magistrato; se la valutazione è negativa, il Consiglio superiore della magistratura può indicare le modifiche da apportare alla organizzazione esistente. Nei casi più gravi può essere disposta la revoca dell’incarico direttivo apicale, direttivo superiore, direttivo o semidirettivo, di merito o di legittimità, ed il trasferimento del magistrato ad altra funzione non direttiva o semidirettiva. In questo caso, acquisito il parere del Consiglio direttivo della Corte di cassazione o del consiglio giudiziario a seconda dei casi, il Consiglio superiore della magistratura procede a valutazione straordinaria di professionalità nel corso della quale il magistrato ha facoltà, se ne fa richiesta, di essere sentito e di accedere agli atti del procedimento.

19. Il Consiglio superiore della magistratura, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, disciplina con propria delibera:

a) i modi di raccolta della documentazione e di individuazione a campione dei provvedimenti e dei verbali delle udienze di cui al comma 5;

b) i dati statistici da raccogliere per le valutazioni di professionalità;

c) le modalità per la redazione dei pareri dei consigli giudiziari secondo modelli standard;

d) i criteri di valutazione in relazione ai parametri di cui ai commi 2 e 3; in particolare, per quanto attiene alla preparazione giuridica e al relativo grado di aggiornamento, devono essere precisati i criteri per l’enucleazione dai provvedimenti acquisiti delle questioni giuridiche affrontate e delle tecniche di argomentazione utilizzate, le tecniche di indagine utilizzate, le metodiche di conduzione dell’udienza e le soluzioni adottate per favorire e coordinare l’apporto dei collaboratori e degli ausiliari, nonché i corsi seguiti o tenuti, anche diversi da quelli organizzati dall’amministrazione, tenuto conto anche dell’eventuale correlazione con la funzione svolta; per quanto attiene alla laboriosità, devono essere precisati gli indici per la rilevazione e la comparabilità delle informazioni acquisite; per quanto attiene alla diligenza, devono essere precisati i criteri per la individuazione completa di tutte le informazioni relative alla attività del magistrato ritenute necessarie ai fini di una corretta comparazione tra le diverse funzioni; per quanto attiene all’impegno, oltre all’acquisizione delle informazioni concernenti l’attività svolta, devono essere precisati i criteri per la valutazione delle soluzioni individuate per un miglior funzionamento del servizio e i dati per valutare i concreti risultati ottenuti, in termini sia di qualità sia di quantità del servizio reso; per quanto attiene all’attitudine alla dirigenza, devono essere individuati, d’intesa con il Ministro della giustizia, gli indicatori da prendere in esame per una corretta e completa valutazione dell’attività svolta;

e) l’individuazione per ciascuna delle diverse funzioni svolte dai magistrati, tenuto conto anche della specializzazione, di standard medi di definizione dei procedimenti, ivi compresi gli incarichi di natura obbligatoria per i magistrati, articolati secondo parametri sia quantitativi sia qualitativi, in ragione della tipologia dell’ufficio, della funzione e dell’ambito territoriale.

20. Allo svolgimento delle attività previste dal presente articolo si fa fronte con le risorse di personale e strumentali disponibili.

 

 

 

 

Capo III - Della progressione nelle funzioni

Capo III - Della progressione nelle funzioni

Art. 12

Progressione nelle funzioni

Art. 12

Requisiti e criteri per il conferimento delle funzioni

1. Salvo il conferimento delle funzioni giudiziarie a seguito del positivo espletamento del periodo di tirocinio come disciplinato dal decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera b) e 2, comma 2, della legge 25 luglio 2005, n. 150, le progressioni nelle funzioni si effettuano:

a) mediante concorso per titoli ed esami;

b) mediante concorso per titoli.

2. Fino al compimento dell'ottavo anno dalla nomina a uditore giudiziario di cui all'articolo 8, comma 1, i magistrati debbono svolgere, effettivamente, funzioni requirenti o giudicanti di primo grado, ad eccezione di coloro posti in aspettativa per mandato parlamentare o collocati fuori ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura.

3. Dopo il compimento del periodo di cui al comma 2, il Consiglio superiore della magistratura attribuisce le funzioni giudicanti o requirenti, di secondo grado previo superamento di concorso per titoli ed esami, scritti e orali, ovvero dopo tredici anni dall'ingresso in magistratura, previo concorso per titoli.

4. Dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, il Consiglio superiore della magistratura attribuisce le funzioni di legittimità, previo superamento di concorso per titoli, ovvero, dopo diciotto anni dall'ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali.

5. Al concorso per titoli ed esami, scritti e orali, per l'attribuzione delle funzioni di legittimità possono partecipare anche i magistrati che non hanno svolto diciotto anni di servizio e che hanno esercitato per tre anni le funzioni di secondo grado.

6. Il Consiglio superiore della magistratura attribuisce le funzioni semidirettive o direttive previo concorso per titoli.

1. Il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10 avviene a domanda degli interessati, mediante una procedura concorsuale per soli titoli alla quale possono partecipare, salvo quanto previsto dal comma 11, tutti i magistrati che abbiano conseguito almeno la valutazione di professionalità richiesta. In caso di esito negativo della procedura concorsuale per inidoneità dei candidati o per mancanza di candidature, qualora il Consiglio superiore della magistratura ritenga sussistere una situazione di urgenza che non consente di procedere a nuova procedura concorsuale, il conferimento di funzioni avviene anche d’ufficio.

2. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, comma 3, è richiesta la sola delibera di conferimento delle funzioni giurisdizionali al termine del periodo di tirocinio.

3. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, commi 4 e 6, è richiesto il conseguimento almeno della seconda valutazione di professionalità. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 76-bis dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni.

4. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, comma 7, è richiesto il conseguimento almeno della terza valutazione di professionalità

5. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, commi 5, 8 e 10, è richiesto il conseguimento almeno della quarta valutazione di professionalità.

6. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, comma 9, è richiesto il conseguimento almeno della terza valutazione di professionalità.

7. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, commi 11 e 12, è richiesto il conseguimento almeno della quinta valutazione di professionalità.

8. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, comma 13, è richiesto il conseguimento almeno della sesta valutazione di professionalità.

9. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, comma 14, è richiesto il conseguimento almeno della settima valutazione di professionalità.

10. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, commi 6, 7, 8, 9 e 10, oltre agli elementi desunti attraverso le valutazioni di cui all’articolo 11, commi 3, 4 e 6, sono specificamente valutate le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione e di collaborazione, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati con esito positivo nonché ogni altro elemento, anche antecedente all’ingresso in magistratura, che evidenzi l’attitudine direttiva.

11. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, commi 12, 13 e 14, oltre agli elementi desunti attraverso le valutazioni di cui all’articolo 11, commi 3, 4 e 6, il magistrato, alla data della vacanza del posto da coprire, deve avere svolto funzioni di legittimità per almeno quattro anni; devono essere, inoltre, valutate specificamente le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione e di collaborazione, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati anche prima dell’accesso alla magistratura nonché ogni altro elemento che possa evidenziare la specifica attitudine direttiva.

12. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, comma 5, oltre al requisito di cui al comma 5 del presente articolo e agli elementi di cui all’articolo 11, commi 3 e 4, deve essere valutata anche la capacità scientifica e di analisi delle norme; tale requisito è oggetto di valutazione da parte di un’apposita commissione nominata dal Consiglio superiore della magistratura e composta da cinque membri, di cui tre scelti tra magistrati che hanno conseguito almeno la quarta valutazione di professionalità e due scelti tra professori universitari di ruolo.

13. I componenti della commissione di cui al comma 12 durano in carica due anni e non possono essere immediatamente confermati nell’incarico.

14. L’organizzazione della commissione di cui al comma 12, i criteri di valutazione della capacità scientifica e di analisi delle norme ed i compensi spettanti ai componenti sono definiti con delibera del Consiglio superiore della magistratura, tenuto conto del limite massimo costituito dai due terzi del compenso previsto per le sedute di commissione per i componenti del medesimo Consiglio. La commissione, che delibera con la presenza di almeno tre componenti, esprime parere motivato unicamente in ordine alla capacità scientifica e di analisi delle norme.

15. La commissione del Consiglio superiore della magistratura competente per il conferimento delle funzioni di legittimità, se intende discostarsi dal parere espresso dalla commissione di cui al comma 12 in ordine alla capacità scientifica e di analisi delle norme, è tenuta a motivare la sua decisione.

16. Le spese per la commissione di cui al comma 12 non devono comportare nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato, né superare i limiti della dotazione finanziaria del Consiglio superiore della magistratura.

 

 

 

 

Capo IV - Passaggio di funzioni

Capo IV - Passaggio di funzioni

Art. 13

Passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti

Art. 13

Attribuzione delle funzioni e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa

1. Entro il terzo anno di esercizio delle funzioni giudicanti assunte subito dopo l'espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possono presentare domanda per partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l'assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente. Se non è bandito il concorso al momento della domanda, questa è presentata con riserva di integrare i titoli e dispiega effetto per la partecipazione al primo bando di concorso ad essa successivo.

2. Ai fini di cui al comma 1, i magistrati debbono frequentare un apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura il cui giudizio finale è valutato, per l'assegnazione dei posti, dal Consiglio superiore della magistratura.

3. La Commissione esaminatrice è quella prevista all'articolo 28, comma 2.

1. L’assegnazione di sede, il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti, il conferimento delle funzioni semidirettive e direttive e l’assegnazione al relativo ufficio dei magistrati che non hanno ancora conseguito la prima valutazione sono disposti dal Consiglio superiore della magistratura con provvedimento motivato, previo parere del consiglio giudiziario.

2. I magistrati ordinari al termine del tirocinio non sono di norma destinati a svolgere le funzioni requirenti e quelle di giudice presso la sezione dei giudici singoli per le indagini preliminari anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità.

3. Nei casi in cui, per particolari esigenze di servizio, non trova applicazione il comma 2, l’assegnazione al relativo ufficio dei magistrati che non hanno ancora conseguito la prima valutazione è disposta dal Consiglio superiore della magistratura con provvedimento motivato, previo parere del consiglio giudiziario che deve specificamente motivare l’attitudine per l’una o per l’altra funzione o per entrambe.

4. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non è consentito all’interno dello stesso distretto, né con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall’interessato dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata e può essere disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell’ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità.

5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l’anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche.

6. Le limitazioni di cui al comma 4 non operano per il conferimento delle funzioni direttive previste dall’articolo 10, commi da 9 a 11, che comporta il mutamento di funzioni da giudicanti a requirenti e viceversa in un diverso circondario dello stesso distretto di corte di appello, e non si applicano alle funzioni di legittimità.

7. Le disposizioni di cui al comma 4 si applicano ai magistrati in servizio nella provincia autonoma di Bolzano relativamente al solo circondario

 

 

 

 

Art. 14

Passaggi dalle funzioni requirenti alle funzioni giudicanti


Abrogato

1. Entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l'espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possono presentare domanda per partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l'assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante. Se non è bandito il concorso al momento della domanda, questa è presentata con riserva di integrare i titoli e dispiega effetto per la partecipazione al primo bando di concorso ad essa successivo.

2. Si applica il comma 2 dell'articolo 13.

3. La Commissione esaminatrice è quella prevista all'articolo 28, comma 1.

 

 

 

 

 

Art. 15

Periodicità dei passaggi


Abrogato

1. Il Consiglio superiore della magistratura individua annualmente e, comunque, con priorità assoluta, i posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di primo grado al fine di consentire il passaggio di funzione di cui agli articoli 13 e 14.

2. Fuori dai casi indicati agli articoli 13 e 14 e, in via transitoria, dall'articolo 16, non è consentito il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa.

3. Salvo quanto previsto, in via transitoria, dall'articolo 16, il mutamento delle funzioni da giudicanti a requirenti e viceversa deve avvenire per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale

 

 

 

 

 

Art. 16

Regime transitorio


Abrogato

1. La frequentazione, presso la Scuola superiore della magistratura, dei corsi di formazione di cui all'articolo 13, comma 2, non è richiesta ai fini della partecipazione ai concorsi per il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa banditi in data anteriore alla effettiva entrata in funzione della Scuola.

2. Entro tre mesi dalla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, i magistrati in servizio a tale data possono presentare domanda per il passaggio, nello stesso grado, dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa.

3. Il mutamento effettivo di funzioni è disposto, previa valutazione positiva del Consiglio superiore della magistratura, nel limite dei posti vacanti annualmente individuati dallo stesso Consiglio nei cinque anni successivi a quello di acquisto di efficacia del decreto legislativo di cui al comma 2.

4. Per i magistrati che si trovano in posizione di fuori del ruolo organico al momento dell'acquisto di efficacia del decreto legislativo di cui al comma 2, salvo che il mutamento di funzioni sia già avvenuto all'atto del ricollocamento in ruolo, il termine di cui medesimo comma 2 decorre dalla data di ricollocamento medesimo. In tale ipotesi, il termine quinquennale di cui al comma 3 decorre da quest'ultima data. Si applicano le modalità di cui ai commi 3, 5 e 6.

5. Ai fini del passaggio di funzioni, il Consiglio superiore della magistratura forma la graduatoria dei magistrati richiedenti sulla base dell'eventuale anzianità di servizio nelle funzioni verso le quali è richiesto il passaggio e, a parità o in assenza di anzianità in tali funzioni, sulla base dell'anzianità di servizio.

6. Nell'ambito dei posti vacanti, i magistrati richiedenti scelgono, secondo l'ordine di graduatoria, un ufficio avente sede in un diverso circondario, nell'ipotesi di esercizio di funzioni di primo grado, ed un ufficio avente sede in un diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale, nell'ipotesi di esercizio di funzioni di secondo grado. Il rifiuto del magistrato richiedente di operare la scelta secondo l'ordine di graduatoria comporta la rinuncia alla richiesta di mutamento delle funzioni.

 

 

 

 

 

Capo V - Assegnazione dei posti nelle funzioni di primo grado

Capo V - Assegnazione dei posti nelle funzioni di primo grado

Art. 17

Posti vacanti nella funzione giudicante


Abrogato

1. Ferma l'esigenza di assicurare numericamente il passaggio di funzioni di cui agli articoli 14, comma 1, e 15, comma 1, i posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado vengono individuati, quanto alle sedi giudiziarie, all'esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura.

2. Assegnati annualmente i posti, secondo l'anzianità di servizio, al fine di assicurare il passaggio di funzioni di cui al comma 1, il Consiglio superiore della magistratura provvede poi sulle domande di trattamento presentate dai magistrati che esercitano da almeno tre anni le funzioni giudicanti di primo grado, previa acquisizione, sulla domanda, del parere motivato del consiglio giudiziario.

3. Per la parte residua i posti vengono messi a concorso per l'accesso in magistratura.

 

 

 

 

 

Art. 18

Posti vacanti nella funzione requirente


Abrogato

1. Ferma l'esigenza di assicurare numericamente il passaggio di funzioni di cui agli articoli 13, comma 1, e 15, comma 1, i posti vacanti nella funzione requirente di primo grado vengono individuati, quanto alle sedi giudiziarie, all'esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura.

2. Assegnati annualmente i posti, secondo l'anzianità di servizio, al fine di assicurare il passaggio di funzioni di cui al comma 1, il Consiglio superiore della magistratura provvede poi sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitano da almeno tre anni le funzioni requirenti di primo grado, previa acquisizione, sulla domanda, del parere motivato del consiglio giudiziario.

3. Per la parte residua i posti vengono messi a concorso per l'accesso in magistratura.

 

 

 

 

 

Art. 19

Permanenza nell'incarico presso lo stesso ufficio

Art. 19

Permanenza nell'incarico presso lo stesso ufficio

1. Salvo quanto previsto dagli articoli 45 e 46, i magistrati che esercitano funzioni di primo e secondo grado possono rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo le medesime funzioni o, comunque, il medesimo incarico nell'ambito delle stesse funzioni, per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell'ufficio e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine.

1. Salvo quanto previsto dagli articoli 45 e 46, i magistrati che esercitano funzioni di primo e secondo grado possono rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo le medesime funzioni o, comunque, nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell'ambito delle stesse funzioni, per un periodo stabilito dal Consiglio superiore della magistratura con proprio regolamento tra un minimo di otto e un massimo di quindici anni a seconda delle differenti funzioni; il Consiglio superiore può disporre la proroga dello svolgimento delle medesime funzioni per comprovate esigenze di funzionamento dell'ufficio e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine.

2. Nei due anni antecedenti la scadenza del termine di permanenza di cui al comma 1, nonchè nel corso del biennio di cui al comma 2, ai magistrati non possono essere assegnati procedimenti la cui definizione non appare probabile entro il termine di permanenza nell'incarico.

2. Nei due anni antecedenti la scadenza del termine di permanenza di cui al comma 1, ai magistrati non possono essere assegnati procedimenti la cui definizione non appare probabile entro il termine di permanenza nell'incarico.

 

2-bis. Il magistrato che, alla scadenza del periodo massimo di permanenza, non abbia presentato domanda di trasferimento ad altra funzione all’interno dell’ufficio o ad altro ufficio è assegnato ad altra posizione tabellare o ad altro gruppo di lavoro con provvedimento del capo dell’ufficio immediatamente esecutivo. Se ha presentato domanda almeno sei mesi prima della scadenza del termine, può rimanere nella stessa posizione fino alla decisione del Consiglio superiore della magistratura e, comunque, non oltre sei mesi dalla scadenza del termine stesso.

 

 

 

 

Capo VI - Assegnazione dei posti nelle funzioni di secondo grado


Abrogato

Art. 20

Posti vacanti nella funzione giudicante


Abrogato

1. I posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado, individuati, quanto alle sedi, dal Consiglio superiore della magistratura, sono annualmente assegnati dal Consiglio medesimo sulle domande di tramutamento dei magistrati che esercitano da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, previa acquisizione, sulla domanda, del parere motivato del consiglio giudiziario.

2. Tutti i posti residui sono annualmente assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

a) per il 30 per cento, ai magistrati giudicanti che hanno conseguito l'idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dall'articolo 12, comma 3, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera b), e 2, comma 2, della legge 25 luglio 2005, n. 150, e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;

b) per il 70 per cento, ai magistrati giudicanti che abbiano conseguito l'idoneità nel concorso per soli titoli previsto dall'articolo 12, comma 3, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera b), e 2, comma 2, della legge n. 150 del 2005 e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;

c) i posti di cui alla lettera a), messi a concorso e non coperti, sono assegnati ai magistrati valutati positivamente nel concorso per soli titoli indicato alla lettera b) ed espletato nello stesso anno;

d) i posti di cui alla lettera b), messi a concorso e non coperti, sono assegnati ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, indicato alla lettera a), ed espletato nello stesso anno.

3. Il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di secondo grado, assegna i posti di cui al comma 2, lettere a), b), c) e d), ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per titoli ed esami, scritti ed orali, o per soli titoli, formando la relativa graduatoria.

4. I magistrati che hanno assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al comma 3 possono presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni dalla data di assunzione delle funzioni.

5. Oltre a quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, della legge 4 maggio 1998, n. 133, e successive modificazioni, i magistrati che hanno assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al comma 3 presso una sede indicata come disagiata e che hanno presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni dalla data di assunzione delle funzioni, hanno diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre, salvo quanto previsto dal comma 6.

6. Il Consiglio superiore della magistratura valuta specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei commi 4 e 5.

 

 

 

 

 

Art. 21

Posti vacanti nella funzione requirente


Abrogato

1. I posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado, individuati, quanto alle sedi, dal Consiglio superiore della magistratura, sono annualmente assegnati dal Consiglio medesimo sulle domande di tramutamento dei magistrati che esercitano da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, previa acquisizione, sulla domanda, del parere motivato del Consiglio giudiziario.

2. Tutti i posti residuati sono annualmente assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

a) per il 30 per cento, ai magistrati requirenti che hanno conseguito l'idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dall'articolo 12, comma 3, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera b), e 2, comma 2, della legge 25 luglio 2005, n. 150, e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;

b) per il 70 per cento, ai magistrati requirenti che hanno conseguito l'idoneità nel concorso per soli titoli previsto dall'articolo 12, comma 3, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera b) e 2, comma 2, della legge n. 150 del 2005 e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;

c) i posti di cui alla lettera a) messi a concorso e non coperti, sono assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato alla lettera b) ed espletato nello stesso anno;

d) i posti di cui alla lettera b) messi a concorso e non coperti, sono assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato alla lettera a) ed espletato nello stesso anno.

3. Il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di secondo grado, assegna i posti di cui al comma 2, lettere a), b), c) e d), ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per titoli ed esami, scritti ed orali, o per soli titoli, formando la relativa graduatoria.

4. I magistrati che hanno assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al comma 3 possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni dalla data di assunzione delle funzioni.

5. Oltre a quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, della legge 4 maggio 1998, n. 133, e successive modificazioni, i magistrati che hanno assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al comma 3 presso una sede indicata come disagiata e che hanno presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni dalla data di assunzione delle funzioni hanno diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre, salvo quanto previsto dal comma 6.

6. Il Consiglio superiore della magistratura valuta specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei commi 4 e 5.

 

 

 

 

 

Art. 22

Regime transitorio


Abrogato

1. La frequentazione, presso la Scuola superiore della magistratura, dei corsi di formazione alle funzioni giudicanti e requirenti di secondo grado, di cui agli articoli 20 e 21, non è richiesta ai fini della assegnazione, rispettivamente, dei posti vacanti residuati nella funzione giudicante di secondo grado e dei posti vacanti residuati nella funzione requirente di secondo grado, di cui ai medesimi articoli, messi a concorso in data anteriore all'effettivo funzionamento della Scuola medesima.

2. Le disposizioni degli articoli 20 e 21 non si applicano ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, hanno già compiuto, o compiranno nei successivi ventiquattro mesi, tredici anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario.

3. Fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi, le assegnazioni per l'effettivo conferimento delle funzioni di secondo grado ai magistrati di cui al comma 2, sono disposte, per un periodo di tempo non superiore a tre anni dalla data di acquisto di efficacia del decreto legislativo di cui al medesimo comma, nell'ambito dei posti vacanti da attribuire a domanda di cui agli alinea dei commi 2 degli articoli 20 e 21, e sul 40 per cento dei posti che dovessero rendersi vacanti a seguito dell'accoglimento delle domande di tramutamento presentate dai magistrati che già esercitano funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado. Il termine triennale resta sospeso dalla data di presentazione della domanda sino alla data di comunicazione dell'esito della medesima.

 

 

 

 

 

Capo VII - Assegnazione dei posti nelle funzioni di legittimità


Abrogato

Art. 23

Posti vacanti nella funzione giudicante


Abrogato

1. I posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità sono annualmente assegnati dal Consiglio superiore della magistratura sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità presentate dai magistrati che, avendo già esercitato funzioni di legittimità, svolgono incarichi direttivi o semidirettivi giudicanti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza dell'incarico direttivo o semidirettivo rivestito, previa acquisizione, sulle domande o sulla riassegnazione conseguente alla scadenza dell'incarico, del parere motivato del Consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione.

2. Tutti i posti residui sono annualmente assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

a) per il 70 per cento, ai magistrati che esercitano da almeno tre anni funzioni giudicanti di secondo grado e che hanno conseguito l'idoneità nel concorso per soli titoli previsto dall'articolo 12, comma 4, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera b), e 2, comma 2, della legge 25 luglio 2005, n. 150, e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;

b) per il 30 per cento, ai magistrati con funzioni giudicanti che hanno svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni di servizio, hanno esercitato per tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, e che abbiano conseguito l'idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dall'articolo 12, comma 4, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera b), e 2, comma 2, della legge n. 150 del 2005 e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;

c) i posti di cui alla lettera a), messi a concorso e non coperti, sono assegnati ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato alla lettera b) ed espletato nello stesso anno;

d) i posti di cui alla lettera b), messi a concorso e non coperti, sono assegnati ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato alla lettera a) ed espletato nello stesso anno.

3. Il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di legittimità, assegna i posti di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per soli titoli o per titoli ed esami, scritti ed orali, formando la relativa graduatoria.

 

 

 

 

 

Art. 24

Posti vacanti nella funzione requirente


Abrogato

1. I posti vacanti nelle funzioni requirenti di legittimità sono annualmente assegnati dal Consiglio superiore della magistratura sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità presentate dai magistrati che, avendo già esercitato funzioni di legittimità, svolgono incarichi direttivi o semidirettivi requirenti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza dell'incarico direttivo o semidirettivo rivestito, previa acquisizione, sulla domanda o sulla riassegnazione conseguente alla scadenza dell'incarico, del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione.

2. Tutti i posti residui sono annualmente assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

a) per il 70 per cento, ai magistrati che esercitano da almeno tre anni funzioni requirenti di secondo grado e che hanno conseguito l'idoneità nel concorso per soli titoli previsto dall'articolo 12, comma 4, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera b) e 2, comma 2, della legge n. 50 del 2005 e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;

b) per il 30 per cento, ai magistrati con funzioni requirenti che hanno svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni di servizio, hanno esercitato per tre anni le funzioni requirenti di secondo grado e che hanno conseguito l'idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dall'articolo 12, comma 4, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera b), e 2, comma 2, della legge n. 150 del 2005 e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;

c) i posti di cui alla lettera a), messi a concorso e non coperti, sono assegnati ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato alla lettera b) ed espletato nello stesso anno;

d) i posti di cui alla lettera b), messi a concorso e non coperti, sono assegnati ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato alla lettera a) ed espletato nello stesso anno.

3. Il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di legittimità, assegna i posti di cui al comma 2, lettere a), b), c) e d), ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per soli titoli o per titoli ed esami, scritti ed orali, formando la relativa graduatoria.

 

 

 

 

 

Art. 25

Regime transitorio


Abrogato

1. La frequentazione, presso la Scuola superiore della magistratura, dei corsi di formazione alle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità, di cui agli articoli 23 e 24, non è richiesta ai fini della assegnazione, rispettivamente, dei posti vacanti residuati nella funzione giudicante di legittimità e dei posti vacanti residuati nella funzione requirente di legittimità, di cui ai medesimi articoli, messi a concorso in data anteriore all'effettivo funzionamento della Scuola medesima.

2. Le disposizioni degli articoli 23 e 24 non si applicano ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, hanno già compiuto, o compiranno nei successivi ventiquattro mesi, venti anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario.

3. Fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi, le assegnazioni per l'effettivo conferimento delle funzioni di legittimità ai magistrati di cui al comma 2, sono disposte, per un periodo di tempo non superiore a tre anni dalla data di acquisto di efficacia del decreto legislativo di cui al medesimo comma, nell'ambito dei posti vacanti da attribuire a domanda di cui agli alinea dei commi 2 degli articoli 23 e 24. Il termine triennale resta sospeso dalla data di presentazione della domanda sino alla data di comunicazione dell'esito della medesima.

 

 

 

 

 

Capo VIII - Concorsi e commissioni


Abrogato

Art. 26

Concorsi per titoli e concorsi per titoli ed esami


Abrogato

1. La valutazione dei titoli ai fini dei concorsi previsti dagli articoli 13, 14, 20, 21, 23 e 24 deve porre in evidenza la professionalità del magistrato.

2. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, si deve tener conto, in via prevalente, della attività prestata dal magistrato nell'ambito delle sue funzioni giudiziarie, denotata dal numero dei provvedimenti emessi, dalla rilevanza e complessità delle fattispecie esaminate e delle questioni giuridiche trattate, da verificare anche mediante esame a campione, effettuato tramite sorteggio, dei provvedimenti medesimi, nonchè dall'eventuale autorelazione e dagli esiti dei provvedimenti nelle ulteriori fasi e gradi di giudizio. Nella valutazione delle risultanze statistiche relative al lavoro svolto, si deve tener conto specificamente della sede dell'ufficio cui il magistrato è stato assegnato, con esame comparativo rispetto alle statistiche medie nazionali nonchè dei magistrati in servizio presso lo stesso ufficio. La professionalità del magistrato è altresì desunta dalle pubblicazioni di studi e ricerche scientificamente apprezzabili su argomenti di carattere giuridico, nonchè da titoli di studio o da ulteriori titoli attestanti qualificanti esperienze tecnico-professionali.

3. È utilizzato ogni mezzo idoneo a mantenere l'anonimato dell'estensore del provvedimento o dell'autore della pubblicazione.

4. Nei concorsi per titoli ed esami si procede alla valutazione dei titoli solamente in caso di esito positivo della prova di esame. La valutazione dei titoli deve incidere nella misura del 50 per cento sulla formazione della votazione finale sulla cui base viene redatto l'ordine di graduatoria.

5. Nella valutazione dei titoli ai fini dell'assegnazione delle funzioni di sostituto procuratore presso la Direzione nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall'articolo 76-bis, quarto comma, dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni.

6. Le prove scritte dei concorsi per titoli ed esami, svolte in modo da assicurare l'anonimato del candidato, consistono nella risoluzione di uno o più casi pratici, aventi carattere di complessità e implicanti la risoluzione di una o più rilevanti questioni processuali relative alle funzioni richieste.

7. Le prove orali dei concorsi di cui al comma 6 consistono nella discussione del caso o dei casi pratici oggetto della prova scritta.

8. I magistrati che, prima dell'espletamento di uno dei concorsi di cui all'articolo 12, hanno ricevuto l'applicazione di una sanzione disciplinare superiore all'ammonimento, sono ammessi ai medesimi concorsi dopo il maggior numero di anni specificatamente indicato nella sentenza disciplinare definitiva. Detto periodo di maggiorazione temporale non può essere, comunque, inferiore a due nè superiore a quattro anni, rispetto a quanto previsto dall'articolo 12, commi 3, 4 e 5, e dal capo VIII.

 

 

 

 

 

Art. 27

Corsi di formazione


Abrogato

1. La valutazione conseguita all'esito dei corsi di formazione alle funzioni di secondo grado e alle funzioni di legittimità ha una validità di sette anni, salva la facoltà per il magistrato di partecipare in detto periodo ad un nuovo corso.

 

 

 

 

 

Art. 28

Commissioni di concorso


Abrogato

1. La commissione di concorso istituita per l'assegnazione dei posti di cui all'articolo 20 è composta da un magistrato che esercita funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero funzioni direttive giudicanti di secondo grado, da un magistrato che esercita funzioni giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitano funzioni giudicanti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura.

2. La commissione di concorso istituita per l'assegnazione dei posti di cui all'articolo 21 è composta da un magistrato che esercita funzioni direttive requirenti di legittimità ovvero funzioni direttive requirenti di secondo grado, da un magistrato che esercita funzioni requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitano funzioni requirenti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura.

3. La commissione di concorso istituita per l'assegnazione dei posti di cui all'articolo 23 è composta da un magistrato che esercita funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitano funzioni giudicanti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura.

4. La commissione di concorso istituita per l'assegnazione dei posti di cui all'articolo 24 è composta da un magistrato che esercita funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitano funzioni requirenti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura.

5. Le commissioni sono nominate per due anni e sono automaticamente prorogate sino all'esaurimento delle procedure concorsuali in via di espletamento.

6. I componenti delle predette commissioni, ad eccezione dei magistrati che esercitano funzioni direttive requirenti di legittimità, non sono immediatamente confermabili e non possono essere nuovamente nominati prima che siano decorsi tre anni dalla cessazione dell'incarico.

 

 

 

 

 

Capo IX - Incarichi semidirettivi e direttivi


Abrogato

Art. 29

Individuazione dei posti vacanti negli incarichi semidirettivi e direttivi di merito


Abrogato

1. I posti vacanti negli incarichi semidirettivi giudicanti e requirenti di primo e secondo grado, negli incarichi direttivi, giudicanti e requirenti, di primo grado e di primo grado elevato, nonchè degli incarichi direttivi di secondo grado, sono individuati, quanto alle sedi, all'esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura.

 

 

 

 

 

Art. 30

Attribuzione degli incarichi semidirettivi di primo grado


Abrogato

1. Sono legittimati a partecipare al concorso per titoli per il conferimento degli incarichi semidirettivi giudicanti di primo grado i magistrati che hanno superato il concorso per il conferimento delle funzioni giudicanti di secondo grado da non meno di tre anni.

2. Sono legittimati a partecipare al concorso per titoli per il conferimento degli incarichi semidirettivi requirenti di primo grado i magistrati che hanno superato il concorso per il conferimento delle funzioni requirenti di secondo grado da non meno di tre anni.

 

 

 

 

 

Art. 31

Attribuzione degli incarichi semidirettivi di secondo grado


Abrogato

1. Sono legittimati a partecipare al concorso per titoli per il conferimento degli incarichi semidirettivi giudicanti di secondo grado i magistrati che hanno superato il concorso per il conferimento delle funzioni giudicanti di secondo grado da non meno di sei anni.

2. Sono legittimati a partecipare al concorso per titoli per il conferimento degli incarichi semidirettivi requirenti di secondo grado i magistrati che hanno superato il concorso per il conferimento delle funzioni requirenti di secondo grado da non meno di sei anni.

 

 

 

 

 

Art. 32

Attribuzione degli incarichi direttivi di primo grado


Abrogato

1. Sono legittimati a partecipare al concorso per titoli per il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti di primo grado i magistrati che hanno superato il concorso per il conferimento delle funzioni giudicanti di secondo grado da non meno di cinque anni.

2. Sono legittimati a partecipare al concorso per titoli per il conferimento degli incarichi direttivi requirenti di primo grado i magistrati che hanno superato il concorso per il conferimento delle funzioni requirenti di secondo grado da non meno di cinque anni.

 

 

 

 

 

Art. 33

Attribuzione degli incarichi direttivi di primo grado elevato


Abrogato

1. Sono legittimati a partecipare al concorso per titoli per il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti di primo grado elevato i magistrati che hanno superato il concorso per il conferimento delle funzioni giudicanti di secondo grado da almeno otto anni.

2. Sono legittimati a partecipare al concorso per titoli per il conferimento degli incarichi direttivi requirenti di primo grado elevato i magistrati che hanno superato il concorso per il conferimento delle funzioni requirenti di secondo grado da almeno otto anni

 

 

 

 

 

Art. 34

Attribuzione degli incarichi direttivi di secondo grado


Abrogato

1. Sono legittimati a partecipare al concorso per titoli per il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti di secondo grado i magistrati che hanno superato il concorso per il conferimento delle funzioni giudicanti di legittimità da almeno cinque anni.

2. Sono legittimati a partecipare al concorso per titoli per il conferimento degli incarichi direttivi requirenti di secondo grado i magistrati che hanno superato il concorso per il conferimento delle funzioni requirenti di legittimità da almeno cinque anni.

 

 

 

 

 

 

Art. 34-bis

Limite di età per il conferimento di funzioni semidirettive

 

1. Le funzioni semidirettive di cui all’articolo 10, commi 6, 7 e 8, possono essere conferite esclusivamente ai magistrati che, al momento della data della vacanza del posto messo a concorso, assicurano almeno tre anni di servizio prima della data di collocamento a riposo previste dall’articolo 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e hanno esercitato la relativa facoltà.

2. Ai magistrati che non assicurano il periodo di servizio di cui al comma 1 possono essere conferite funzioni semidirettive unicamente nel caso di conferma ai sensi dell’articolo 46, comma 1.

 

 

 

 

Art. 35

Conferimento degli incarichi direttivi di merito

Art. 35

Limiti di età per il conferimento di funzioni direttive

1. Gli incarichi direttivi di cui agli articoli 32, 33 e 34 possono essere conferiti esclusivamente ai magistrati che, al momento della data della vacanza del posto messo a concorso, assicurano almeno quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall'articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, hanno frequentato l'apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera b), e 2, comma 2, della legge 25 luglio 2005, n. 150, il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, e sono stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto all'articolo 12, comma 6.

1. Le funzioni direttive di cui all’articolo 10, commi da 9 a 12, possono essere conferite esclusivamente ai magistrati che, al momento della data della vacanza del posto messo a concorso, assicurano almeno tre anni di servizio prima della data di collocamento a riposo prevista dall’articolo 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e hanno esercitato la relativa facoltà.

2. La frequentazione presso la Scuola superiore della magistratura del corso di cui al comma 1 non è richiesta ai fini del conferimento degli incarichi direttivi di merito da conferire in data anteriore all'effettivo funzionamento della Scuola medesima

2. Ai magistrati che non assicurano il periodo di servizio di cui al comma 1 possono essere conferite funzioni direttive unicamente ai sensi dell’articolo 45, comma 2

 

 

 

 

Art. 36

Magistrati ai quali è stato prolungato o ripristinato il rapporto di impiego ai sensi degli articoli 3, commi 57 e 57-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e 2, comma 3, del decreto-legge 16 marzo 2004, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2004, n. 126

Art. 36

Magistrati ai quali è stato prolungato o ripristinato il rapporto di impiego ai sensi degli articoli 3, commi 57 e 57-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e 2, comma 3, del decreto-legge 16 marzo 2004, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2004, n. 126

1. Ai fini del conferimento degli incarichi direttivi di cui agli articoli 32, 33 e 34 ai magistrati ai quali è stato prolungato o ripristinato il rapporto di impiego ai sensi degli articoli 3, commi 57 e 57-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e 2, comma 3, del decreto-legge 16 marzo 2004, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2004, n. 126, alla data di ordinario collocamento a riposo indicata nell'articolo 35, comma 1, è aggiunto un periodo pari a quello della sospensione ingiustamente subita e del servizio non espletato per l'anticipato collocamento in quiescenza, cumulati fra loro.

1. Ai fini del conferimento delle funzioni direttive di cui all’articolo 10, commi da 10 a 14, ai magistrati ai quali è stato prolungato o ripristinato il rapporto di impiego ai sensi degli articoli 3, commi 57 e 57-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e 2, comma 3, del decreto-legge 16 marzo 2004, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2004, n. 126, alla data di ordinario collocamento a riposo indicata nell'articolo 35, comma 1, è aggiunto un periodo commisurato al servizio non espletato per l'anticipato collocamento in quiescenza, comunque non oltre settantacinque anni di età.

 

 

 

 

Art. 37

Titolo preferenziale per il conferimento di incarichi semidirettivi e direttivi di merito


Abrogato

1. I magistrati che hanno superato il concorso per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all'articolo 12, commi 4 e 5, possono partecipare ai concorsi per gli incarichi semidirettivi e direttivi indicati agli articoli 30, 31, 32, 33.

2. L'esercizio di funzioni di legittimità giudicanti o requirenti costituisce, a parità di graduatoria, titolo preferenziale per il conferimento degli incarichi direttivi di cui all'articolo 33.

 

 

 

 

 

Art. 38

Individuazione dei posti vacanti negli incarichi direttivi e direttivi superiori di legittimità


Abrogato

1. Il numero dei posti vacanti negli incarichi direttivi e direttivi superiori di legittimità è individuato dal Consiglio superiore della magistratura

 

 

 

 

 

Art. 39

Attribuzione degli incarichi direttivi di legittimità


Abrogato

1. Sono legittimati a partecipare al concorso per titoli per il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti di legittimità i magistrati che esercitano funzioni giudicanti di legittimità da almeno quattro anni.

2. Sono legittimati a partecipare al concorso per titoli per il conferimento degli incarichi direttivi requirenti di legittimità i magistrati che esercitano funzioni requirenti di legittimità da almeno quattro anni.

 

 

 

 

 

Art. 40

Attribuzione degli incarichi direttivi superiori e superiori apicali di legittimità


Abrogato

1. Sono legittimati a partecipare a concorso per titoli per il conferimento degli incarichi direttivi superiori giudicanti di legittimità i magistrati che esercitano incarichi direttivi giudicanti di legittimità.

2. Sono legittimati a partecipare al concorso per titoli per il conferimento degli incarichi direttivi superiori requirenti di legittimità i magistrati che esercitano incarichi direttivi requirenti di legittimità.

3. Oltre a quanto previsto dal comma 2, il magistrato che esercita l'incarico di procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione è legittimato a partecipare al concorso per titoli per il conferimento dell'incarico di procuratore generale presso la Corte di cassazione.

4. Oltre a quanto previsto dal comma 1, i magistrati che esercitano incarichi direttivi e i magistrati che esercitano incarichi direttivi superiori giudicanti di legittimità sono legittimati a partecipare al concorso per titoli per il conferimento dell'incarico direttivo superiore apicale di legittimità.

 

 

 

 

 

Art. 41

Conferimento degli incarichi direttivi di legittimità


Abrogato

1. Gli incarichi direttivi di cui all'articolo 39 possono essere conferiti esclusivamente ai magistrati che, al momento della data della vacanza del posto messo a concorso, assicurano almeno due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall'articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, hanno frequentato l'apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera b), e 2, comma 2, della legge 25 luglio 2005, n. 150, il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, e sono stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto all'articolo 12, comma 6.

2. Gli incarichi direttivi di cui all'articolo 40 possono essere conferiti esclusivamente ai magistrati che sono stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dall'articolo 12, comma 6.

3. La frequentazione presso la Scuola superiore della magistratura del corso di cui al comma 1 non è richiesta ai fini del conferimento degli incarichi direttivi di legittimità da conferire in data anteriore all'effettivo funzionamento della Scuola medesima.

 

 

 

 

 

Art. 42

Magistrati ai quali è stato prolungato o ripristinato il rapporto di impiego ai sensi degli articoli 3, commi 57 e 57-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e 2, comma 3, del decreto-legge 16 marzo 2004, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2004, n. 126


Abrogato

1. Ai fini del conferimento degli incarichi direttivi di cui all'articolo 39 ai magistrati ai quali è stato prolungato o ripristinato il rapporto di impiego ai sensi degli articoli 3, commi 57 e 57-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e 2, comma 3, del decreto-legge 16 marzo 2004, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2004, n. 126, alla data di ordinario collocamento a riposo indicata nell'articolo 41, comma 1, e aggiunto un periodo pari a quello della sospensione ingiustamente subita e del servizio non espletato per l'anticipato collocamento in quiescenza, cumulati fra loro.

 

 

 

 

 

Art. 43

Concorsi per gli incarichi direttivi


Abrogato

1. I concorsi per gli incarichi direttivi determinano una dichiarazione di idoneità allo svolgimento delle relative funzioni previa valutazione, da parte delle commissioni di cui all'articolo 47, dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa.

2. Il Consiglio superiore della magistratura, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, qualora si tratti di funzioni direttive di secondo grado, forma la graduatoria fra gli idonei e propone al Ministro della giustizia, secondo le modalità del concerto di cui all'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni, le nomine nell'ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso, tenuto conto del giudizio espresso al termine del medesimo.

3. Il Ministro della giustizia, fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione a quanto previsto dall'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni, può ricorrere esclusivamente al giudice amministrativo contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi.

4. Nell'ambito della valutazione di cui al comma 1, i titoli sono individuati con riferimento alla loro specifica rilevanza ai fini della verifica delle attitudini allo svolgimento di funzioni direttive.

5. Fermo restando il possesso dei requisiti richiesti per il conferimento delle funzioni direttive, costituisce titolo preferenziale il pregresso esercizio di funzioni semidirettive o direttive.

6. In ogni caso si applicano le disposizioni di cui all'articolo 26, commi da 1 a 5.

7. Nella valutazione dei titoli ai fini dell'assegnazione delle funzioni direttive di Procuratore nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall'articolo 76-bis, comma 2, primo periodo, dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.

 

 

 

 

 

Art. 44

Concorsi per l'attribuzione degli incarichi semidirettivi


Abrogato

1. I concorsi per gli incarichi semidirettivi determinano una dichiarazione di idoneità allo svolgimento delle relative funzioni previa valutazione, da parte delle commissioni di cui all'articolo 47, in via prevalente, della laboriosità del magistrato e della sua capacità organizzativa. Ai fini della predetta valutazione di idoneità, possono essere altresì valutati, sebbene in via non prevalente, i titoli.

2. Il Consiglio superiore della magistratura, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari, assegna l'incarico semidirettivo nell'ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso, tenuto conto del giudizio di idoneità espresso al termine del medesimo.

3. Nell'ambito della valutazione di cui al comma 1, i titoli sono individuati con riferimento alla loro specifica rilevanza ai fini della verifica delle attitudini allo svolgimento di funzioni semidirettive.

4. Fermo restando il possesso dei requisiti richiesti per il conferimento delle funzioni semidirettive, costituisce titolo preferenziale il pregresso esercizio di funzioni semidirettive o direttive.

5. Ai fini dell'individuazione e della valutazione dei titoli, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 26, commi da 1 a 5.

6. Per le funzioni semidirettive giudicanti in sezioni specializzate si deve tenere adeguatamente conto della pregressa esperienza maturata dal magistrato nello specifico settore oggetto dei procedimenti trattati dalla Sezione di tribunale o di Corte di appello la cui presidenza è messa a concorso.

 

 

 

 

 

Art. 45

Temporaneità degli incarichi direttivi

Art. 45

Temporaneità delle funzioni direttive

1. Gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli indicati agli articoli 39 e 40, hanno carattere temporaneo e sono attribuiti per la durata di quattro anni, rinnovabili a domanda, acquisito il parere del Ministro della giustizia, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di due anni.

2. Se il magistrato, allo scadere del termine di cui al comma 1, permane nell'incarico di cui al medesimo comma, egli può concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale.

3. Ai fini del presente articolo, si considerano di pari grado le funzioni direttive di primo grado e quelle di primo grado elevato.

4. Alla scadenza del termine di cui al comma 1, il magistrato che ha esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, è assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

5. I magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, ricoprono gli incarichi direttivi, giudicanti o requirenti, di cui al comma 1, mantengono le loro funzioni per un periodo massimo di quattro anni. Decorso tale periodo, senza che abbiano ottenuto l'assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni, ne decadono restando assegnati con funzioni non direttive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero da riassorbire alle successive vacanze, senza variazione dell'organico complessivo della magistratura.

1. Le funzioni direttive di cui all’articolo 10, commi da 9 a 14, hanno natura temporanea e sono conferite per la durata di quattro anni.

2. Il Consiglio superiore della magistratura, alla scadenza del termine di cui al comma 1, può riattribuire per una sola volta le stesse funzioni al magistrato presso la medesima sede, previo concorso. In caso di parità tra i candidati all’esito della valutazione, è preferito il magistrato che ha ricoperto la funzione nello stesso ufficio nel quadriennio precedente.

3. Alla scadenza del termine di cui al comma 1, il magistrato che ha esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altra funzione, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, è assegnato alle funzioni non direttive o semidirettive nel medesimo ufficio, anche in soprannumero, da riassorbire con la prima vacanza.

4. All’atto della presa di possesso del nuovo titolare della funzione direttiva, il magistrato che ha esercitato la relativa funzione, se ancora in servizio presso il medesimo ufficio, resta comunque provvisoriamente assegnato allo stesso, nelle more delle determinazioni del Consiglio superiore della magistratura, con funzioni né direttive né semidirettive.

 

 

 

 

Art. 46

Temporaneità degli incarichi semidirettivi

Art. 46

Temporaneità delle funzioni semidirettive

1. Gli incarichi semidirettivi requirenti di primo e di secondo grado hanno carattere temporaneo e sono attribuiti per la durata di sei anni.

2. Se il magistrato che esercita funzioni semidirettive requirenti, allo scadere del termine di cui al comma 1, permane nell'incarico, egli può concorrere per il conferimento di altri incarichi semidirettivi o di incarichi direttivi di primo grado e di primo grado elevato in sedi poste fuori dal circondario di provenienza nonchè di incarichi direttivi di secondo grado in sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale.

3. Alla scadenza del termine di cui al comma 1, il magistrato che ha esercitato funzioni semidirettive requirenti, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, è assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

4. I magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, ricoprono gli incarichi semidirettivi requirenti di cui al comma 1, mantengono le loro funzioni per un periodo massimo di quattro anni. Decorso tale periodo, senza che abbiano ottenuto l'assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni, ne decadono restando assegnati con funzioni non direttive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero da riassorbire alle successive vacanze, senza variazione dell'organico complessivo della magistratura.

5. In tutti i casi non previsti dal presente articolo, resta fermo quanto previsto dall'articolo 19

1. Le funzioni semidirettive di cui all’articolo 10, commi 6, 7 e 8, hanno natura temporanea e sono conferite per un periodo di quattro anni, al termine del quale il magistrato può essere confermato per un eguale periodo a seguito di valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, dell’attività svolta. In caso di valutazione negativa il magistrato non può partecipare a concorsi per il conferimento di altri incarichi semidirettivi e direttivi.

2. Il magistrato, al momento della scadenza del secondo quadriennio, calcolata dal giorno di assunzione delle funzioni, anche se il Consiglio superiore della magistratura non ha ancora deciso in ordine ad una sua eventuale domanda di assegnazione ad altre funzioni o ad altro ufficio, torna a svolgere le funzioni esercitate prima del conferimento delle funzioni semidirettive, anche in soprannumero, da riassorbire con la prima vacanza, nello stesso ufficio o, a domanda, in quello in cui prestava precedentemente servizio»

 

 

 

 

Art. 47

Commissioni di concorso


Abrogato

1. La commissione di concorso istituita per l'assegnazione dei posti relativi alle funzioni direttive giudicanti e alle funzioni semidirettive giudicanti è composta da un magistrato che esercita le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitano le funzioni giudicanti di legittimità e da due magistrati che esercitano le funzioni giudicanti di secondo grado, nonchè da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura.

2. La commissione di esame alle funzioni direttive requirenti e alle funzioni semidirettive requirenti è composta da un magistrato che esercita le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitano le funzioni requirenti di legittimità e da due magistrati che esercitano le funzioni requirenti di secondo grado, nonchè da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura.

3. Si applicano i commi 5 e 6 dell'articolo 28.

 

 

 

 

 

Art. 48

Concorso per l'incarico di Procuratore nazionale antimafia


Abrogato

1. Le disposizioni degli articoli 43, commi 1, 2, e 3, 45, commi 1 e 4, e 47, comma 2, si applicano anche per il conferimento dell'incarico di Procuratore nazionale antimafia.

2. Alla scadenza del termine di cui all'articolo 45, comma 1, il magistrato che ha esercitato le funzioni di Procuratore nazionale antimafia può concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi requirenti ubicati in distretto diverso da quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale.

 

 

 

 

 

Art. 49

Regime transitorio


Abrogato

1. Ferma restando la partecipazione ai concorsi, ai fini del conferimento degli incarichi semidirettivi e direttivi di cui agli articoli 30, 31, 32 e 33, per i magistrati di cui agli articoli 22, comma 2 e 25, comma 2, il compimento di tredici anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivale al superamento del concorso per l'attribuzione delle funzioni di secondo grado.

2. Ferma restando la partecipazione ai concorsi, ai fini del conferimento degli incarichi direttivi di cui all'articolo 34, per i magistrati di cui all'articolo 25, comma 2, il compimento di venti anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivale al superamento del concorso per l'attribuzione delle funzioni di legittimità.

3. Ferma restando la partecipazione ai concorsi, per i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, abbiano già compiuto o compiranno nei successivi ventiquattro mesi venti anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario, per un periodo di tempo non superiore a cinque anni, il conferimento degli incarichi direttivi di cui agli articoli 39 e 40 può avvenire anche in assenza dei requisiti di esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità, ovvero delle funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità, rispettivamente previsti nei suddetti articoli. Il termine quinquennale resta sospeso dalla data di presentazione della domanda fino alla data di comunicazione dell'esito della medesima.

 

 

 

 

 

Capo X - Magistrati fuori ruolo


Abrogato

Art. 50

Ricollocamento in ruolo


Abrogato

1. Il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura è equiparato all'esercizio delle ultime funzioni giudiziarie svolte e il ricollocamento in ruolo, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, avviene nella medesima sede, se vacante, o in altra sede, e nelle medesime funzioni, ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extragiudiziaria, salvo che il magistrato svolgesse le sue funzioni presso la Corte di cassazione o la Procura generale presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia, in una sede diversa vacante, appartenente ad un distretto sito in una regione diversa da quella in cui è ubicato il distretto presso cui è posta la sede di provenienza nonché in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte è ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto.

2. Il collocamento fuori ruolo non può superare il periodo massimo complessivo di dieci anni, con esclusione del periodo di aspettativa per mandato parlamentare o di mandato al Consiglio superiore della magistratura. In detto periodo massimo non è computato quello trascorso fuori ruolo antecedentemente all'entrata in vigore del presente decreto.

3. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dal presente decreto.

4. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni.

5. Il ricollocamento in ruolo dei magistrati che risultano fuori ruolo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, avviene:

a) per i magistrati in aspettativa per mandato elettorale, secondo le modalità di cui al comma 1, seconda parte, e con assegnazione di sede per concorso virtuale nell'ambito dei posti vacanti all'atto del ricollocamento in ruolo;

b) per i magistrati che, all'atto del ricollocamento in ruolo, non hanno compiuto tre anni di permanenza fuori ruolo, con le modalità di cui al comma 1, prima parte e, qualora la sede di provenienza non sia vacante, con assegnazione di altra sede per concorso virtuale nell'ambito dei posti vacanti all'atto del ricollocamento in ruolo e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato;

c) per i magistrati che, all'atto del ricollocamento in ruolo, hanno compiuto più di tre anni di permanenza fuori ruolo, con le modalità previste dall'articolo 3, comma 2, della legge 13 febbraio 2001, n. 48, quando è richiesta dal magistrato la destinazione alla sede di provenienza, ovvero, in mancanza di tale richiesta, con assegnazione di altra sede per concorso virtuale nell'ambito dei posti vacanti all'atto del ricollocamento in ruolo e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 15, comma 3.

6. Ad eccezione di quanto previsto dagli articoli 45 e 46 e dal comma 1, nonché, in via transitoria, dal comma 5, non è consentito il tramutamento di sede per concorso virtuale, salvo nel caso di gravi e comprovate ragioni di salute o di sicurezza. In quest'ultimo caso non è consentito il successivo tramutamento alla sede di provenienza prima che siano decorsi cinque anni

 

 

 

 

 

Capo XI - Progressione economica dei magistrati

 

Art. 51

Classi di anzianità

Art. 51

Trattamento economico

1. La progressione economica dei magistrati si articola automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai commi 2 e 3 e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:

a) prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;

b) seconda classe: da sei mesi a due anni;

c) terza classe: da due a cinque anni;

d) quarta classe: da cinque a tredici anni;

e) quinta classe: da tredici a venti anni;

f) sesta classe: da venti a ventotto anni;

g) settima classe: da ventotto anni in poi.

2. I magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, di cui all'articolo 12, comma 3, conseguono la quinta classe di anzianità.

3. I magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito dei concorsi di cui all'articolo 12, comma 4, conseguono la sesta classe di anzianità.

1. Le somme indicate sono quelle derivanti dalla applicazione degli adeguamenti economici triennali fino alla data del 1º gennaio 2006. Continuano ad applicarsi tutte le disposizioni in materia di progressione stipendiale dei magistrati ordinari e, in particolare, la legge 6 agosto 1984, n. 425, l’articolo 50, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, l’adeguamento economico triennale di cui all’articolo 24, commi 1 e 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, della legge 2 aprile 1979, n. 97, e della legge 19 febbraio 1981, n. 27, e la progressione per classi e scatti, alle scadenze termporali ivi descritte e con decorrenza economica dal primo giorno del mese in cui si raggiunge l’anzianità prevista; il trattamento economico previsto dopo tredici anni di servizio dalla nomina è corrisposto solo se la terza valutazione di professionalità è stata positiva; nelle ipotesi di valutazione non positiva o negativa detto trattamento compete solo dopo la nuova valutazione, se positiva, e dalla scadenza del periodo di cui all’articolo 11, commi 11, 12 e 13, del presente decreto.

 

 

 

 

Capo XII - Disposizioni finali e ambito di applicazione

 

Art. 52

Ambito di applicazione

Art. 52

Ambito di applicazione

1. Il presente decreto si applica esclusivamente alla magistratura ordinaria.

1. Il presente decreto si applica esclusivamente alla magistratura ordinaria, nonché, in quanto compatibile e fatta eccezione per il capo I, alla magistratura militare.

 

 

 

 

Art. 53

Copertura finanziaria

Art. 53

Copertura finanziaria

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 13, comma 3, 14, comma 3, 28, commi 1, 2, 3 e 4, e 47, commi 1 e 2, pari a 646.950 euro annui a decorrere dall'anno 2006, e a quelli derivanti dall'attuazione dell'articolo 51, commi 2 e 3, valutati in 2.462.899 euro annui a decorrere dall'anno 2006, si provvede a valere delle risorse previste dall'articolo 2, comma 35, della legge 25 luglio 2005, n. 150.

1. Identico.

2. Si applica la clausola di salvaguardia di cui all'articolo 2, comma 42, della legge 25 luglio 2005, n.150.

2. Identico.

 

 

 

 

Art. 54

Abrogazioni

Art. 54

Abrogazioni

1. Oltre a quanto previsto dal decreto legislativo di attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 25 luglio 2005, n. 150, sono abrogati, dalla data di acquisto di efficacia delle disposizioni contenute nel presente decreto:

a) gli articoli 8, 121, 123, 123-ter, 124, 125, 125-bis, 125-ter, 125-quater, 125-quinquies, 126, 126-bis, 126-ter, 127, 128, commi secondo e terzo, 129-ter, 131, 136, 140, 141, 142, 143, 144, 145, primo comma, 147, primo comma, 149, 150, 151, 152, commi secondo, terzo e quarto, 153, 154, 155, 156, 157, 158, 159, 160, 161, 162, 163, 164, 165, 166, 167, 168, 169, 170, 171, 172, 173 e 174, 190, 191, 197, 198, 200, 255, 258, 259, 260, 262, 263, 264, 265, 266, 267, 270, 271, 272, 273, 274, 275 dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni;

b) la legge 25 luglio 1966, n. 570;

c) la legge 20 dicembre 1973, n. 831.

1. Identico.

 

 

Art. 55

Disposizione transitoria


Abrogato

1. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 19, i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, svolgono da oltre dieci anni il medesimo incarico nell'ambito dello stesso ufficio, possono ulteriormente permanervi per un biennio, decorrente dalla suddetta data. Ottenuto il passaggio ad altro incarico o il tramutamento ad altro ufficio, anche nei confronti dei magistrati di cui al presente articolo si applica quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 19.

 

 

 

 

 


Il d.lgs. n. 26 del 2006 coordinato con le modifiche previste dall’art. 3 del disegno di legge del Governo

D.Lgs. 30 gennaio 2006, n. 26

AS 1447 (Governo)

 

 

 

Art. 3
(Modifiche al decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26)

D.Lgs. 30 gennaio 2006, n. 26

 

Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n. 150.

 

 

 

TITOLO I

TITOLO I

Istituzione della Scuola superiore della magistratura.

Istituzione della Scuola superiore della magistratura.

Capo I - Finalità e funzioni

Capo I - Finalità e funzioni

 

 

Art. 1

Scuola superiore della magistratura

Art. 1

Scuola superiore della magistratura

1. È istituita la Scuola superiore della magistratura, di seguito denominata: «Scuola».

1. Identico.

2. La Scuola ha competenza in via esclusiva in materia di aggiornamento e formazione dei magistrati.

2. La Scuola ha competenza in materia di aggiornamento e formazione dei magistrati.

3. La Scuola è una struttura didattica autonoma, con personalità giuridica di diritto pubblico, piena capacità di diritto privato e autonomia organizzativa, funzionale e gestionale, negoziale e contabile, secondo le disposizioni del proprio statuto e dei regolamenti interni, nel rispetto delle norme di legge.

3. Identico.

4. Per il raggiungimento delle proprie finalità, la Scuola si avvale di personale, che alla data di entrata in vigore del presente decreto, risulti già nell'organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, in numero complessivamente non superiore a cinquanta unità.

4. Identico.

5. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale, vengono individuate tre sedi della Scuola: una per i distretti ricompresi nelle regioni Lombardia, Trentino-Alto Adige/Sudtirol, Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna; una per i distretti ricompresi nelle regioni Marche, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise e Sardegna; una per i distretti ricompresi nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia.

5. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono individuate tre sedi della Scuola, nonché quella delle tre in cui si riunisce il comitato direttivo preposto alle attività di direzione e di coordinamento delle sedi.

 

 

 

 

Art. 2

Finalità

Art. 2

Finalità

1. La Scuola è stabilmente preposta:

1. La Scuola è preposta:

a) all'organizzazione e alla gestione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari, curando che entrambi siano attuati sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;

a) alla formazione e all’aggiornamento professionale dei magistrati ordinari;

b) all'organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati, curando che entrambi siano attuati sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;

b) all’organizzazione di seminari di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati e, nei casi previsti dalla lettera o), di altri operatori della giustizia;

c) alla promozione di iniziative e scambi culturali, incontri di studio e ricerca;

c) alla formazione iniziale e permanente della magistratura onoraria;

d) all'offerta di formazione di magistrati stranieri, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria.

d) alla formazione dei magistrati titolari di funzioni direttive e semidirettive negli uffici giudiziari;

 

e) alla formazione dei magistrati incaricati di compiti di formazione;

 

f) alla partecipazione alle attività di formazione decentrata;

 

g) alla formazione, su richiesta del Consiglio superiore o del Ministro della giustizia, di magistrati stranieri in Italia o partecipanti all’attività di formazione che si svolge nell’ambito della Rete di formazione giudiziaria europea ovvero nel quadro di progetti dell’Unione europea e di altri Stati o istituzioni internazionali, ovvero all’attuazione di programmi del Ministero degli affari esteri ed al coordinamento delle attività formative dirette ai magistrati italiani da parte di altri Stati o istituzioni internazionali aventi ad oggetto l’organizzazione ed il funzionamento del servizio giustizia;

 

h) alla collaborazione, su richiesta del Consiglio superiore della magistratura o del Ministro della giustizia, nelle attività dirette all’organizzazione e al funzionamento del servizio giustizia in altri Paesi;

 

i) alla realizzazione di programmi di formazione in collaborazione con analoghe strutture di altri organi istituzionali o di ordini professionali;

 

l) alla pubblicazione di ricerche e studi nelle materie oggetto di attività di formazione;

 

m) all’organizzazione di conferenze, convegni, incontri e seminari di studio aventi ad oggetto il miglior funzionamento del sistema giustizia;

 

n) allo svolgimento di attività di ricerca, documentazione e consulenza in relazione al sistema giustizia;

 

o) allo svolgimento, anche sulla base di specifici accordi o convenzioni che disciplinano i relativi oneri, di seminari per operatori della giustizia o iscritti alle scuole di specializzazione forense;

 

p) allo svolgimento delle altre attività che sono richieste dal Consiglio superiore della magistratura e dal Ministro della giustizia;

 

q) alla collaborazione alle attività connesse con lo svolgimento del tirocinio dei magistrati ordinari nell’ambito delle direttive formulate dal Consiglio superiore e dai consigli giudiziari.

2. Per il raggiungimento delle finalità indicate alle lettere a) e b) del comma 1, la Scuola è composta da due distinte articolazioni.

2. Alla attività di ricerca non si applica l’articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.

 

3. L’organizzazione della Scuola è disciplinata dallo statuto e dai regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 5, comma 2.

 

 

 

 

Capo II - Organizzazione

Capo II - Organizzazione

Sezione I - Statuto e organi

Sezione I - Statuto e organi

 

 

Art. 3

Statuto

Art. 3

Statuto

1. La Scuola è retta da un proprio statuto, adottato dal comitato direttivo con il voto favorevole di almeno cinque componenti.

1. La Scuola è retta da un proprio statuto, adottato dal comitato direttivo con il voto favorevole di almeno otto componenti.

2. La Scuola adotta regolamenti di organizzazione interna, in conformità alle disposizioni dello statuto.

2. Identico.

 

 

 

 

Art. 4

Organi

Art. 4

Organi

1. Gli organi della Scuola sono:

1. Identico:

a) il comitato direttivo;

a) identico;

b) il presidente;

b) identico;

c) i comitati di gestione.

c) il segretario generale.

 

 

 

 

Sezione II - Il comitato direttivo

Sezione II - Il comitato direttivo

Art. 5

Composizione e funzioni

Art. 5

Composizione e funzioni

1. Il comitato direttivo è composto dal presidente e da altri sei membri. Esso si riunisce nella sede individuata per i distretti ricompresi nelle regioni Marche, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise e Sardegna.

1. Il comitato direttivo è composto da dodici membri.

2. Il comitato direttivo delibera in ordine alle finalità e all'attività della Scuola, salvo quanto di competenza dei comitati di gestione ed esercita funzioni di indirizzo, nonché di controllo sul personale assegnato.

2. Il comitato direttivo adotta lo statuto e i regolamenti interni; cura la tenuta dell’albo dei docenti; adotta, tenuto conto delle linee programmatiche proposte annualmente dal Consiglio superiore della magistratura e dal Ministro della giustizia, il programma annuale dell’attività didattica; approva la relazione annuale che trasmette al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura; nomina i docenti delle singole sessioni formative, determina i criteri di ammissione ai corsi dei partecipanti e procede alle relative ammissioni; conferisce ai responsabili di settore l’incarico di curare ambiti specifici di attività, nomina il segretario generale; vigila sul corretto andamento della Scuola; approva il bilancio di previsione e il bilancio consuntivo.

3. Il comitato direttivo adotta lo statuto, i regolamenti interni ed il bilancio; nomina i membri dei comitati di gestione; programma l'attività didattica della Scuola, avvalendosi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro della giustizia, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché delle proposte dei componenti del Consiglio universitario nazionale esperti in materie giuridiche.

3. Soppresso.

 

 

 

 

Art. 6

Nomina.

Art. 6

Nomina.

1. Del comitato direttivo fanno parte di diritto il primo presidente della Corte di cassazione, o il magistrato dallo stesso delegato alla Scuola, con funzioni non inferiori a quelle direttive giudicanti di legittimità, nonché il procuratore generale presso la Corte di cassazione, o il magistrato dallo stesso delegato alla Scuola, con funzioni non inferiori a quelle direttive requirenti di legittimità.

1. Dei dodici componenti del comitato direttivo sette sono scelti tra magistrati, anche in quiescenza, che abbiano conseguito almeno la terza valutazione di professionalità, tre tra docenti universitari, anche in quiescenza, e due tra avvocati che abbiano esercitato la professione per almeno dieci anni. Le nomine sono effettuate dal Consiglio superiore della magistratura, in ragione di cinque magistrati e di un docente universitario, e dal Ministro della giustizia, in ragione di due magistrati, di due docenti universitari e di due avvocati, d’intesa tra loro.

2. Del comitato direttivo fanno altresì parte due magistrati ordinari scelti dal Consiglio superiore della magistratura, che esercitano le funzioni di secondo grado da almeno tre anni, un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione nominato dal Consiglio nazionale forense, un professore universitario ordinario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale ed un componente nominato dal Ministro della giustizia, scelti tutti tra insigni giuristi.

2. I magistrati ancora in servizio nominati nel comitato direttivo sono collocati fuori del ruolo organico della magistratura per tutta la durata dell’incarico.

3. I componenti del comitato direttivo sono nominati per un periodo di quattro anni; fatta eccezione per i soggetti indicati al comma 1, essi non possono essere immediatamente rinnovati e non possono fare parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario.

3. I componenti del comitato direttivo sono nominati per un periodo di quattro anni; essi non possono essere immediatamente rinnovati e non possono fare parte delle commissioni di concorso per magistrato ordinario.

4. I componenti cessano dalla carica per dimissioni o per il venire meno dei requisiti previsti per la nomina.

4. Identico.

 

 

 

 

Art. 7

Funzionamento

Art. 7

Funzionamento

1. Il comitato direttivo delibera con la presenza di almeno cinque componenti e a maggioranza relativa, salvo i casi di cui agli articoli 3, comma 1, e 11, comma 1. In caso di parità prevale il voto del presidente. Il voto è palese.

1. Il comitato direttivo delibera a maggioranza con la presenza di almeno otto componenti. Per gli atti di straordinaria amministrazione è necessario il voto favorevole di sette componenti. In caso di parità prevale il voto del presidente. Il voto è sempre palese.

2. Il componente che si trova in conflitto di interesse in relazione a una specifica deliberazione ovvero se ricorrono motivi di opportunità, dichiara tale situazione al comitato e si astiene dal partecipare alla discussione e alla relativa deliberazione.

2. Identico.

 

 

 

 

Art. 8

Indipendenza dei componenti

Art. 8

Indipendenza dei componenti

1. I componenti del comitato direttivo esercitano le proprie funzioni in condizioni di indipendenza rispetto all'organo che li ha nominati.

1. Identico.

 

 

 

 

Art. 9

Incompatibilità

Art. 9

Incompatibilità

1. Salva l'attività di studio e di ricerca, l'ufficio di componente del comitato direttivo è incompatibile con qualsiasi carica pubblica elettiva o attività di componente di organi di controllo di enti pubblici e privati.

1. Identico.

 

 

 

 

Art. 10

Trattamento economico

Art. 10

Trattamento economico

1. L'indennità di funzione del presidente ed il gettone di presenza dei componenti del comitato direttivo sono stabiliti, rispettivamente fino ad un massimo di € 20.000 annui e di € 600 per seduta, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di efficacia delle disposizioni del presente decreto, tenuto conto del trattamento attribuito per analoghe funzioni pressa la Scuola superiore della pubblica amministrazione.

1. Identico.

 

 

 

 

Sezione III - Il presidente

Sezione III - Il presidente

Art. 11

Funzioni

Art. 11

Funzioni

1. Il presidente ha la rappresentanza legale della Scuola ed è eletto tra i componenti del comitato direttivo a maggioranza assoluta. Il presidente presiede il comitato direttivo, ne convoca le riunioni fissando il relativo ordine del giorno ed esercita i compiti attribuitigli dallo statuto.

1. Identico.

2. Le modalità di sostituzione del presidente in caso di assenza o impedimento sono disciplinate dallo statuto.

2. Identico.

 

 

 

 

Sezione IV - I comitati di gestione

Sezione IV - I responsabili di settore

 

 

Art. 12

Funzioni

Art. 12

Funzioni

1. Per ciascuna delle articolazioni previste dall'articolo 2, comma 2, è istituito un comitato di gestione composto da cinque membri che eleggono, tra loro, un presidente.

2. I comitati di gestione si riuniscono nella sede individuata per i distretti ricompresi nelle regioni Marche, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise e Sardegna.

3. Ciascun comitato di gestione:

a) attua la programmazione annuale dell'attività per il proprio àmbito di competenza;

b) definisce il contenuto analitico di ciascuna sessione;

c) individua i docenti chiamati a svolgere l'incarico di insegnamento in ciascuna sessione;

d) fissa i criteri di ammissione alle sessioni di formazione;

e) offre sussidio didattico e sperimenta nuove formule didattiche;

f) segue lo svolgimento delle sessioni e presenta, all'esito di ciascuna di esse, relazioni consuntive;

g) cura il tirocinio o l'aggiornamento professionale nelle fasi effettuate presso la Scuola, selezionando i tutori, nonché i docenti incaricati anno per anno e quelli occasionali.

1. I componenti del comitato direttivo in posizione di fuori ruolo presso la Scuola svolgono anche i compiti di responsabili di settore, curando, nell’ambito assegnato dallo stesso comitato direttivo:

a) la predisposizione della bozza di programma annuale delle attività didattiche, da sottoporre al comitato direttivo, elaborata tenendo conto delle linee programmatiche sulla formazione pervenute dal Consiglio superiore della magistratura e dal Ministro della giustizia, nonché delle proposte pervenute dal Consiglio nazionale forense e dal Consiglio universitario nazionale;

b) l’attuazione del programma annuale dell’attività didattica approvato dal comitato direttivo;

c) la definizione del contenuto analitico di ciascuna sessione;

d) la individuazione dei docenti chiamati a svolgere l’incarico di insegnamento in ciascuna sessione, utilizzando lo specifico albo tenuto presso la Scuola, e la proposta dei relativi nominativi, in numero doppio rispetto agli incarichi, al comitato direttivo;

e) la proposta dei criteri di ammissione alle sessioni di formazione;

f) l’offerta di sussidio didattico e di sperimentazione di nuove formule didattiche;

g) lo svolgimento delle sessioni presentando, all’esito di ciascuna di esse, relazioni consuntive.

 

 

 

 

Art. 13

Nomina


Abrogato

1. I componenti dei comitati di gestione sono nominati, dal comitato direttivo, tra i magistrati ordinari che esercitano le funzioni giudicanti o quelle requirenti da almeno quindici anni, nonché tra gli avvocati con non meno di quindici anni di esercizio della professione e tra i professori universitari in materie giuridiche.

 

2. I componenti dei comitati sono nominati per un periodo di quattro anni e non possono essere immediatamente rinnovati; essi non possono fare parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario.

 

3. I componenti cessano dalla carica per dimissioni o per il venire meno dei requisiti previsti per la nomina.

 

 

 

 

 

Art. 14

Funzionamento


Abrogato

1. I comitati di gestione deliberano a maggioranza relativa, con la presenza di almeno tre componenti. In caso di parità prevale il voto del presidente. Il voto è palese.

 

2. Il componente, che si trovi in conflitto di interesse in relazione a una specifica deliberazione ovvero se ricorrono motivi di opportunità, dichiara tale situazione al comitato e si astiene dal partecipare all'attività del medesimo, nonché alle discussioni e relative deliberazioni.

 

3. L'astensione è obbligatoria nei casi in cui il componente del comitato direttivo svolga attività professionale o di lavoro autonomo in procedimenti trattati da magistrati che frequentano i corsi presso la Scuola superiore della magistratura e comunque fino alla valutazione di cui all'articolo 30 e la discussione o la deliberazione riguardi tali magistrati.

 

 

 

 

 

Art. 15

Indipendenza dal comitato direttivo


Abrogato

1. I componenti dei comitati di gestione esercitano le proprie funzioni in condizioni di indipendenza rispetto all'organo che li ha nominati.

 

 

 

 

 

Art. 16

Incompatibilità


Abrogato

1. Salva l'attività di studio e di ricerca, l'ufficio di componente del comitato di gestione è incompatibile con qualsiasi carica pubblica elettiva o di componente di organi di controllo di enti pubblici e privati.

 

 

 

 

 

Art. 17

Trattamento economico


Abrogato

1. Ai componenti dei comitati di gestione è corrisposto un gettone di presenza per ciascuna seduta, la cui entità è stabilita, fino ad un massimo di € 300 per seduta, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di efficacia delle disposizioni del presente decreto, tenuto conto del trattamento attribuito per analoghe funzioni presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione.

 

2. Ai componenti dei comitati di gestione che si recano fuori della sede di cui all'articolo 12, comma 2, è riconosciuto, oltre al gettone di presenza, il rimborso delle spese di trasferta.

 

 

 

 

 

 

Sezione IV-bis - Il Segretario generale

 

 

 

Art. 17-bis

Segretario generale

 

1. Il Segretario generale della scuola:

 

a) è responsabile della gestione amministrativa e coordina tutte le attività della Scuola con esclusione di quelle afferenti alla didattica;

 

b) provvede all’esecuzione delle delibere del comitato direttivo esercitando anche i conseguenti poteri di spesa;

 

c) adotta i provvedimenti d’urgenza, con riserva di ratifica se essi rientrano nella competenza di altro organo;

 

d) predispone la relazione annuale sull’attività della scuola;

 

e) esercita le competenze eventualmente delegategli dal comitato direttivo;

 

f) esercita ogni altra funzione conferitagli dallo statuto e dai regolamenti interni.

 

 

 

 

 

Art. 17-ter

Funzioni e durata

 

1. Il comitato direttivo nomina il segretario generale, scegliendolo tra quattro magistrati ordinari, due indicati dal Consiglio superiore della magistratura e due dal Ministro della giustizia, tenendo conto dei criteri di valutazione di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni; i magistrati ordinari indicati devono aver conseguito almeno la quarta valutazione di professionalità. Al segretario generale si applica l’articolo 6, commi 3, ultima parte, e 4.

 

2. Il segretario generale dura in carica cinque anni, durante i quali è collocato fuori del ruolo organico della magistratura.

 

3. L’incarico può essere rinnovato per una sola volta per un periodo massimo di due anni e può essere revocato dal comitato direttivo, con provvedimento motivato adottato previa audizione dell’interessato, nel caso di grave inosservanza delle direttive e degli indirizzi stabiliti dal comitato stesso.

 

 

 

 

TITOLO II

TITOLO II

Disposizioni sul tirocinio degli uditori giudiziari

Disposizioni sui magistrati ordinari in tirocinio

Capo I - Disposizioni generali

Capo I - Disposizioni generali

Art. 18

Durata

Art. 18

Durata

1. Il tirocinio degli uditori giudiziari ha una durata di ventiquattro mesi.

1. Il tirocinio dei magistrati ordinari nominati a seguito di concorso per esame, di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni, ha la durata di diciotto mesi e si articola in sessioni, una delle quali della durata di sei mesi, anche non consecutivi, effettuata presso la Scuola ed una della durata di dodici mesi, anche non consecutivi, effettuata presso gli uffici giudiziari. Le modalità di svolgimento delle sessioni del tirocinio sono definite con delibera del Consiglio superiore della magistratura.

 

2. Con la delibera di cui al comma 1 il Consiglio superiore della magistratura può ridurre la durata del tirocinio fino alla metà in presenza di particolare urgenza nella copertura di posti vacanti negli uffici giudiziari. In tal caso adotta i provvedimenti necessari per ottimizzare l’articolazione del tirocinio alla minore durata.

 

 

 

 

Art. 19

Articolazione


Abrogato

1. Il tirocinio si articola in sessioni, una delle quali della durata di sei mesi, anche non consecutivi, effettuata presso la Scuola ed una della durata di diciotto mesi, anche non consecutivi, effettuata presso uffici giudiziari di primo grado. Le modalità delle sessioni sono stabilite dal Comitato direttivo.

 

 

 

 

 

Capo II - Sessione presso la Scuola

Capo II - Sessione presso la Scuola

Art. 20

Contenuto e modalità di svolgimento

Art. 20

Contenuto e modalità di svolgimento

1. Nella sessione effettuata presso le sedi della Scuola, gli uditori giudiziari frequentano corsi di approfondimento teorico-pratico, approvati dal competente comitato di gestione nell'àmbito della programmazione dell'attività didattica deliberata dal comitato direttivo della Scuola medesima, riguardanti il diritto civile, il diritto penale, il diritto processuale civile, il diritto processuale penale ed il diritto amministrativo, con eventuale approfondimento anche di altre materie tra quelle comprese nella prova orale del concorso per l'accesso in magistratura, previste dal decreto legislativo di attuazione della delega contenuta nell'articolo 2, comma 1, lettera a), numero 2), della legge 25 luglio 2005, n. 150, nonché delle ulteriori materie scelte dal Comitato direttivo. La sessione presso la Scuola deve in ogni caso tendere al perfezionamento delle capacità operative e della deontologia dell'uditore giudiziario.

1. Nella sessione effettuata presso le sedi della Scuola, i magistrati ordinari in tirocinio frequentano corsi di approfondimento teorico-pratico su materie individuate dal Consiglio superiore della magistratura con le delibere di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 18, nonché su ulteriori materie individuate dal comitato direttivo nel programma annuale. La sessione presso la Scuola deve in ogni caso tendere al perfezionamento delle capacità operative e professionali, nonché della deontologia del magistrato ordinario in tirocinio.

2. I corsi sono tenuti da docenti di elevata competenza e professionalità, scelti dal comitato di gestione al fine di garantire un ampio pluralismo culturale e scientifico.

2. I corsi sono tenuti da docenti di elevata competenza e professionalità, nominati dal comitato direttivo al fine di garantire un ampio pluralismo culturale e scientifico.

3. Tra i docenti sono designati i tutori degli uditori giudiziari; i tutori assicurano agli uditori l'assistenza didattica.

3. Tra i docenti sono designati i tutori che assicurano anche l’assistenza didattica ai magistrati ordinari in tirocinio.

4. Al termine della sessione, i singoli docenti compilano una scheda valutativa per ciascun uditore giudiziario loro assegnato; la scheda è trasmessa al comitato di gestione della sezione per le conseguenti valutazioni.

4. Al termine delle sessioni presso la Scuola, il comitato direttivo trasmette al Consiglio superiore della magistratura una scheda concernente, per ogni magistrato, il programma delle attività cui ha partecipato, l’assiduità e la puntualità nella frequenza delle lezioni, le eventuali pubblicazioni o elaborati prodotti durante i corsi e i comportamenti specifici rilevanti sotto il profilo della deontologia professionale.

 

 

 

 

Capo III - Sessione presso gli uffici giudiziari

Capo III - Sessione presso gli uffici giudiziari

Art. 21

Contenuto e modalità di svolgimento

Art. 21

Contenuto e modalità di svolgimento

1. La sessione presso gli uffici giudiziari si articola in tre periodi: il primo periodo, della durata di sette mesi, è svolto presso i tribunali e consiste nella partecipazione all'attività giurisdizionale relativa alle controversie o ai reati rientranti nella competenza del tribunale in composizione collegiale, compresa la partecipazione alla camera di consiglio, in maniera che sia garantita all'uditore la formazione di una equilibrata esperienza nei diversi settori; il secondo periodo, della durata di tre mesi, è svolto presso le procure della Repubblica presso i tribunali; il terzo periodo, della durata di otto mesi, è svolto presso un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione dell'uditore.

1. La sessione presso gli uffici giudiziari si articola in tre periodi: il primo periodo, della durata di sette mesi, è svolto presso i tribunali e consiste nella partecipazione all'attività giurisdizionale relativa alle controversie o ai reati rientranti nella competenza del tribunale in composizione collegiale e monocratica, compresa la partecipazione alla camera di consiglio, in maniera che sia garantita al magistrato ordinario in tirocinio la formazione di una equilibrata esperienza nei diversi settori; il secondo periodo, della durata di tre mesi, è svolto presso le procure della Repubblica presso i tribunali; il terzo periodo, della durata di otto mesi, è svolto presso un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione del magistrato ordinario in tirocinio.

2. Il comitato di gestione approva per ciascun uditore il programma di tirocinio da svolgersi presso gli uffici giudiziari del capoluogo del distretto di residenza dell'uditore, salva diversa autorizzazione dello stesso comitato di gestione per gravi e motivate esigenze; il programma garantisce all'uditore un'adeguata formazione nei settori civile e penale e una specifica preparazione nelle funzioni che sarà chiamato a svolgere nella sede di prima destinazione.

2. Il comitato direttivo approva per ciascun magistrato ordinario in tirocinio il programma di tirocinio da svolgersi presso gli uffici giudiziari del capoluogo del distretto di residenza del magistrato ordinario in tirocinio, salva diversa autorizzazione dello stesso comitato direttivo per gravi e motivate esigenze; il programma garantisce al magistrato ordinario in tirocinio un'adeguata formazione nei settori civile, penale e dell’ordinamento giudiziario e una specifica preparazione nelle funzioni che sarà chiamato a svolgere nella sede di prima destinazione.

3. Il comitato di gestione provvede, altresì, ad individuare, presso ciascun ufficio giudiziario, i magistrati affidatari presso i quali gli uditori svolgono i prescritti periodi di tirocinio.

3. I magistrati affidatari presso i quali i magistrati ordinari svolgono i prescritti periodi di tirocinio sono designati dal Consiglio superiore della magistratura, su proposta del competente consiglio giudiziario.

4. Al termine della sessione, i singoli magistrati affidatari compilano, per ciascun uditore loro assegnato, una scheda valutativa che trasmettono al comitato di gestione.

4. Al termine della sessione, i singoli magistrati affidatari compilano, per ciascun magistrato ordinario in tirocinio loro assegnato, una scheda valutativa che trasmettono al comitato direttivo ed al Consiglio superiore.

 

 

 

 

 

 

 

Capo IV - Valutazione finale

Capo IV - Valutazione finale

Art. 22

Procedimento

Art. 22

Procedimento

1. Al termine del periodo di tirocinio ordinario, il comitato di gestione della sezione, sulla base delle schede valutative redatte dai docenti e dai magistrati affidatari, nonché di ogni altro elemento rilevante a fini valutativi raccolto durante le sessioni del tirocinio, formula per ciascun uditore giudiziario un giudizio di idoneità all'assunzione delle funzioni giudiziarie.

1. Al termine del tirocinio sono trasmesse al Consiglio superiore della magistratura le schede di valutazione redatte all’esito delle sessioni.

2. I giudizi sono trasmessi al Consiglio superiore della magistratura che, sulla base di essi e di ogni altro elemento eventualmente acquisito, delibera sulla idoneità di ciascun uditore all'assunzione delle funzioni giudiziarie.

2. Il Consiglio superiore della magistratura opera il giudizio di idoneità al conferimento delle funzioni giudiziarie, tenendo conto delle schede di valutazione trasmesse dal comitato direttivo, del parere del consiglio giudiziario e di ogni altro elemento rilevante ed oggettivamente verificabile eventualmente acquisito. Il giudizio di idoneità, se positivo, contiene uno specifico riferimento all’attitudine del magistrato allo svolgimento delle funzioni giudicanti o requirenti.

3. In caso di deliberazione finale negativa, il Consiglio superiore della magistratura comunica la propria decisione al comitato di gestione.

3. In caso di deliberazione finale negativa, il Consiglio superiore della magistratura comunica la propria decisione al comitato direttivo.

4. L'uditore valutato negativamente è ammesso ad un nuovo periodo di tirocinio della durata di un anno, consistente in una sessione presso le sedi della Scuola della durata di due mesi, che si svolge con le modalità previste dall'articolo 20, e in una sessione presso gli uffici giudiziari. La sessione presso gli uffici giudiziari si articola in tre periodi: il primo periodo, della durata di tre mesi, è svolto presso i tribunali e consiste nella partecipazione all'attività giurisdizionale relativa alle controversie o ai reati rientranti nella competenza del tribunale in composizione collegiale, compresa la partecipazione alla camera di consiglio, in maniera che sia garantita all'uditore la formazione di una equilibrata esperienza nei diversi settori; il secondo periodo, della durata di due mesi, è svolto presso le procure della Repubblica presso i tribunali; il terzo periodo, della durata di cinque mesi, è svolto presso un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione dell'uditore.

4. Il magistrato ordinario in tirocinio valutato negativamente è ammesso ad un nuovo periodo di tirocinio della durata di un anno, consistente in una sessione presso le sedi della Scuola della durata di due mesi, che si svolge con le modalità previste dall'articolo 20, e in una sessione presso gli uffici giudiziari. La sessione presso gli uffici giudiziari si articola in tre periodi: il primo periodo, della durata di tre mesi, è svolto presso il tribunale e consiste nella partecipazione all'attività giurisdizionale relativa alle controversie o ai reati rientranti nella competenza del tribunale in composizione collegiale e monocratica, compresa la partecipazione alla camera di consiglio, in maniera che sia garantita al magistrato ordinario in tirocinio la formazione di una equilibrata esperienza nei diversi settori; il secondo periodo, della durata di due mesi, è svolto presso la procura della Repubblica presso il tribunale; il terzo periodo, della durata di cinque mesi, è svolto presso un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione del magistrato ordinario in tirocinio.

5. Al termine del periodo di tirocinio di cui al comma 4 ed all'esito del procedimento indicato ai commi 1 e 2, il Consiglio superiore della magistratura delibera nuovamente; la seconda deliberazione negativa determina la cessazione del rapporto di impiego dell'uditore giudiziario.

5. Al termine del periodo di tirocinio di cui al comma 4 ed all'esito del procedimento indicato ai commi 1 e 2, il Consiglio superiore della magistratura delibera nuovamente; la seconda deliberazione negativa determina la cessazione del rapporto di impiego del magistrato ordinario in tirocinio.

 

 

 

 

TITOLO III

TITOLO III

Disposizioni in tema di aggiornamento professionale e formazione dei magistrati

Disposizioni in tema di aggiornamento professionale e formazione dei magistrati

Capo I - Disposizioni generali

Capo I - Disposizioni generali

Art. 23

Tipologia dei corsi

Art. 23

Tipologia dei corsi

1. Ai fini della formazione e dell'aggiornamento professionale, nonché della formazione per il passaggio a funzioni superiori rispetto a quelle esercitate, per il passaggio da funzioni giudicanti a requirenti e viceversa e per l'accesso a funzioni direttive, il comitato di gestione della sezione competente approva annualmente il piano dei corsi nell'àmbito dei programmi didattici deliberati dal comitato direttivo, tenendo conto della diversità delle funzioni svolte dai magistrati.

1. Ai fini della formazione e dell’aggiornamento professionale, nonché per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa e per lo svolgimento delle funzioni direttive, il comitato direttivo approva annualmente, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, il piano dei relativi corsi nell’ambito dei programmi didattici deliberati, tenendo conto della diversità delle funzioni svolte dai magistrati.

 

 

 

 

Capo II - Corsi di formazione e di aggiornamento professionale

Capo II - Corsi di formazione e di aggiornamento professionale

Art. 24

Oggetto

Art. 24

Oggetto

1. I corsi di formazione e di aggiornamento professionale si svolgono presso le sedi della Scuola e consistono nella frequenza di sessioni di studio tenute da docenti di elevata competenza e professionalità.

1. I corsi di formazione e di aggiornamento professionale si svolgono presso le sedi della Scuola e consistono nella frequenza di sessioni di studio tenute da docenti di elevata competenza e professionalità, individuati nell’albo esistente presso la Scuola. Lo statuto determina il numero massimo degli incarichi conferibili ai docenti anche tenuto conto della loro complessità e della onerosità. L’albo è aggiornato annualmente dal comitato direttivo in base alle nuove disponibilità fatte pervenire alla Scuola e alla valutazione assegnata a ciascun docente tenuto conto anche del giudizio contenuto nelle schede compilate dai partecipanti al corso.

2. I corsi sono teorici e pratici, secondo il programma e le modalità previste dal piano approvato dal comitato di gestione.

2. I corsi sono teorici e pratici, secondo il programma e le modalità previste dal piano approvato dal comitato direttivo.

 

2-bis. Il comitato direttivo e i responsabili di settore, secondo le rispettive competenze, usufruiscono delle strutture per la formazione decentrata eventualmente esistenti presso i vari distretti di Corte d’appello per la realizzazione dell’attività di formazione decentrata e per la definizione dei relativi programmi.

 

 

 

 

Art. 25

Obbligo di frequenza e durata

Art. 25

Obbligo di frequenza

1. Tutti i magistrati in servizio hanno l'obbligo di partecipare ai corsi di cui all'articolo 24 ogni cinque anni, a decorrere dalla assunzione delle prime funzioni di merito.

1. Tutti i magistrati in servizio hanno l’obbligo di partecipare almeno una volta ogni quattro anni ad uno dei corsi di cui all’articolo 24, fatto salvo quanto previsto dal comma 4.

 

2. La partecipazione ai corsi è disciplinata dal regolamento adottato dalla Scuola.

2. Per la partecipazione ai corsi, al magistrato è riconosciuto un periodo di congedo retribuito.

3. Il periodo di partecipazione all’attività di formazione indicata nel comma 2 viene considerato attività di servizio a tutti gli effetti.

3. Il differimento della partecipazione ai corsi, che può essere disposto dal capo dell'ufficio giudiziario di appartenenza per comprovate e motivate esigenze di organizzazione o di servizio, non può in ogni caso arrecare pregiudizio al magistrato.

Soppresso

4. I corsi hanno una durata fino a due settimane anche non consecutive.

Soppresso

5. Il magistrato può partecipare a ulteriori corsi di aggiornamento solo dopo che sia trascorso un anno dalla precedente partecipazione.

4. Nei primi quattro anni successivi all’assunzione delle funzioni giudiziarie i magistrati devono partecipare almeno una volta l’anno a sessioni di formazione professionale.

 

 

 

 

Art. 26

Valutazione finale


Abrogato

1. Al termine del corso di aggiornamento professionale, il comitato di gestione, in base ai pareri espressi dai docenti ai risultati delle prove sostenute dai partecipanti ed alla diligenza dimostrata da ciascun partecipante durante il corso, formula una sintetica valutazione finale che tiene conto del livello di preparazione del magistrato e di specifici elementi attitudinali allo svolgimento delle funzioni giudiziarie.

2. La valutazione è inserita nel fascicolo personale del magistrato e il Consiglio superiore della magistratura ne tiene conto ai fini delle determinazioni relative al magistrato medesimo.

 

 

 

 

 

Capo III

Corsi di formazione per il passaggio a funzioni superiori, per il passaggio da funzioni giudicanti a requirenti e viceversa e per l'accesso a funzioni direttive


Abrogato

Art. 27

Oggetto


Abrogato

1. I corsi di formazione per il passaggio a funzioni superiori, per il passaggio da funzioni giudicanti a requirenti e viceversa e per l'accesso a funzioni direttive si svolgono presso le sedi della Scuola e consistono in sessioni di studio tenute da professori universitari, associati, straordinari ed ordinari in materie giuridiche, da magistrati che svolgono funzioni di secondo grado, nonché delle giurisdizioni superiori, ordinaria e amministrativa, anche a riposo, e da avvocati dello Stato con non meno di quindici anni di servizio nominati dal comitato di gestione nell'àmbito del piano di cui all'articolo 23.

2. I corsi di formazione per il passaggio a funzioni superiori, nonché per il passaggio da funzioni giudicanti a requirenti e viceversa, debbono prevedere una parte teorica e una parte pratica. La parte pratica prevede lo studio e la discussione di casi giudiziari e la redazione di provvedimenti aventi ad oggetto questioni relative all'esercizio delle funzioni richieste dal magistrato.

3. I corsi di formazione per l'accesso a funzioni direttive hanno ad oggetto lo studio delle problematiche teoriche e pratiche relative all'esercizio delle funzioni del dirigente, con riferimento sia a quelle di natura giudiziaria che a quelle di amministrazione della giurisdizione.

 

 

 

 

 

Art. 28

Frequenza e durata


Abrogato

1. Ciascun magistrato ha diritto a partecipare ai corsi.

2. Per la partecipazione ai corsi, al magistrato è riconosciuto un periodo di congedo retribuito.

3. Il differimento della partecipazione ai corsi può essere disposto dal capo dell'ufficio giudiziario di appartenenza per un periodo non superiore a sei mesi per comprovate e motivate esigenze di organizzazione o di servizio.

4. Il comitato di gestione dispone la partecipazione del magistrato al primo corso successivo alla scadenza del termine di cui al comma 3. Non sono ammessi ulteriori differimenti.

5. I corsi hanno una durata di due settimane consecutive.

6. Al termine dei corsi ogni docente esprime un parere su ciascuno dei partecipanti che tenga conto del livello di professionalità manifestato dal magistrato.

 

 

 

 

 

Capo IV

Valutazioni periodiche dei magistrati


Abrogato

Sezione I - Prima valutazione


Abrogato

Art. 29

Periodicità


Abrogato

1. I magistrati che, al settimo anno dall'ingresso in magistratura, non hanno effettuato il passaggio dalle funzioni giudicanti alle funzioni requirenti, o viceversa, hanno l'obbligo di frequentare un corso di aggiornamento e di formazione professionale relativo alle funzioni da essi svolte, che si tiene secondo le modalità previste dall'articolo 24.

 

 

 

 

 

Art. 30

Valutazione della Scuola


Abrogato

1. Al termine di ciascun corso, il comitato di gestione, sulla base dei pareri espressi dai docenti ai sensi dell'articolo 28, comma 6, dei risultati delle prove sostenute dai partecipanti e della diligenza dimostrata da ciascun partecipante durante il corso, formula una sintetica valutazione finale che tiene conto del livello di preparazione del magistrato e di specifici elementi attitudinali inerenti le funzioni svolte. La valutazione è inserita nel fascicolo personale del magistrato e il Consiglio superiore della magistratura ne tiene conto ai fini delle proprie determinazioni relative al magistrato medesimo.

 

 

 

 

 

Art. 31

Valutazione del Consiglio superiore della magistratura


Abrogato

1. Il Consiglio superiore della magistratura, all'esito del corso, esprime un giudizio di idoneità del magistrato all'esercizio definitivo delle funzioni giudiziarie.

2. Ai fini del giudizio di cui al comma 1, il Consiglio superiore della magistratura si basa sui seguenti elementi:

a) il giudizio valutativo della Scuola, espresso all'esito del corso di aggiornamento professionale e di formazione svolto dal magistrato;

b) la laboriosità e produttività;

c) la capacità tecnica;

d) l'attività giudiziaria e scientifica;

e) l'equilibrio;

f) la disponibilità alle esigenze del servizio;

g) il comportamento nei confronti dei soggetti processuali;

h) il rispetto della deontologia.

3. In caso di esito negativo, il corso viene ripetuto per non più di due volte, con le stesse modalità previste per il primo.

4. Tra un giudizio e l'altro deve intercorrere un periodo di tempo di due anni.

5. In caso di tre giudizi negativi consecutivi, il magistrato è dispensato dal servizio ai sensi dell'articolo 3 del regio decreto 31 maggio 1946, n. 511, e successive modificazioni.

 

 

 

 

 

Sezione II - Valutazioni successive


Abrogato

Art. 32

Periodicità


Abrogato

1. I magistrati che non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità sono sottoposti, da parte del Consiglio superiore della magistratura, a valutazioni di professionalità al compimento del tredicesimo, ventesimo e ventottesimo anno dall'ingresso in magistratura.

 

 

 

 

 

Art. 33

Corso di formazione presso la Scuola


Abrogato

1. Ciascuna delle valutazioni di cui all'articolo 32 è preceduta dalla partecipazione, da parte del magistrato interessato, ad un corso di aggiornamento e di formazione professionale presso le sedi della Scuola che termina con un giudizio trasmesso al Consiglio superiore della magistratura; si applicano le disposizioni di cui agli articoli 24 e 30.

2. La partecipazione ai corsi di cui al comma 1 non è suscettibile di differimento.

 

 

 

 

 

Art. 34

Valutazione del Consiglio superiore della magistratura


Abrogato

1. Il Consiglio superiore della magistratura, all'esito del corso presso la Scuola, esprime sul magistrato il giudizio valutativo di cui all'articolo 32.

2. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 31, commi 2, 3, 4 e 5.

 

 

 

Art. 35

Progressione economica


Abrogato

1. Il passaggio alla quinta, sesta e settima classe stipendiale può essere disposto solo se il magistrato è stato positivamente valutato dal Consiglio superiore della magistratura.

 

 

 

 

 

Art. 36

Magistrati che non hanno ottenuto l'idoneità nei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità


Abrogato

1. All'esito dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità, la commissione di concorso comunica al Consiglio superiore della magistratura l'elenco dei magistrati che non hanno ottenuto i relativi posti e che, in quanto giudicati non idonei, devono essere sottoposti alle valutazioni di professionalità di cui all'articolo 32.

 

 

 

 

 

 

Gli articoli da 37 a 39 del decreto legislativo n. 26 del 2006 non sono modificati dal disegno di legge del Governo.

 


Il d.lgs. n. 25 del 2006 coordinato con le modifiche previste dall’art. 4 del disegno di legge del Governo

D.Lgs. 27 gennaio 2006, n. 25

AS 1447 (Governo)

 

 

 

Art. 4
(Modifiche al decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25)

D.Lgs. 27 gennaio 2006, n. 25

 

Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera c), della legge 25 luglio 2005, n. 150.

 

 

 

TITOLO I

TITOLO I

Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione

Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione

Capo I - Istituzione, composizione e durata in carica del Consiglio direttivo della Corte di cassazione

Capo I - Istituzione, composizione e durata in carica del Consiglio direttivo della Corte di cassazione

 

 

Art. 1

Istituzione e composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione

Art. 1

Istituzione e composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione

1. È istituito il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto dal primo presidente, dal procuratore generale presso la stessa Corte e dal presidente del Consiglio nazionale forense, che ne sono membri di diritto, nonché da un magistrato che esercita funzioni direttive giudicanti di legittimità, da un magistrato che esercita funzioni direttive requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitano funzioni giudicanti di legittimità e da un magistrato che esercita funzioni requirenti di legittimità, eletti tutti dai magistrati in servizio presso la Corte di cassazione e la Procura generale presso la stessa Corte, da un professore ordinario di università in materie giuridiche, nominato dal Consiglio universitario nazionale, e da un avvocato con almeno venti anni di effettivo esercizio della professione, iscritto da almeno cinque anni nell'albo speciale di cui all'articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, nominato dal Consiglio nazionale forense.

1. E' istituito il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto dal primo presidente e dal procuratore generale presso la stessa Corte, che ne sono membri di diritto, da otto magistrati, di cui due che esercitano funzioni requirenti, eletti da tutti e tra tutti i magistrati in servizio presso la Corte e la Procura generale, ivi compresi i magistrati con funzioni di merito addetti all’Ufficio del massimario e del ruolo, nonché da due professori universitari di ruolo di materie giuridiche, nominati dal Consiglio universitario nazionale, e da due avvocati con almeno venti anni di effettivo esercizio della professione, iscritti da almeno cinque anni nell'albo speciale di cui all'articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, nominati dal Consiglio nazionale forense.

 

 

 

 

Art. 2

Membri supplenti

Art. 2

Membri supplenti

1. Il Consiglio direttivo della Corte di cassazione è altresì composto da sei membri supplenti, di cui quattro magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni direttive giudicanti di legittimità, funzioni direttive requirenti di legittimità, funzioni giudicanti di legittimità e funzioni requirenti di legittimità, eletti tutti dai magistrati in servizio presso la Corte di cassazione e la Procura generale presso la stessa Corte, un professore ordinario di università in materie giuridiche, nominato dal Consiglio universitario nazionale ed un avvocato con almeno venti anni di effettivo esercizio della professione, iscritti da almeno cinque anni nell'albo speciale di cui all'articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, nominato dal Consiglio nazionale forense.

1. Abrogato.

2. In caso di mancanza o di impedimento, i membri di diritto del Consiglio direttivo della Corte di cassazione sono sostituiti da chi ne esercita le funzioni.

2. Identico.

 

 

 

 

Art. 3

Organi

Art. 3

Organi

1. Il Consiglio direttivo della Corte di cassazione è presieduto dal primo presidente della Corte. Nella prima seduta il Consiglio elegge al suo interno, con votazione effettuata a scrutinio segreto, un vice presidente, scelto tra i componenti non togati e, tra i componenti togati, il segretario.

1. Il Consiglio direttivo della Corte di cassazione è presieduto dal primo presidente della Corte. Nella prima seduta il Consiglio elegge al suo interno, con votazione effettuata a scrutinio segreto, tra i componenti togati, il segretario ed adotta le disposizioni concernenti l’organizzazione dell’attività, e la ripartizione degli affari.

2. Alle spese connesse all'attività svolta dalla segreteria del Consiglio direttivo della Corte di cassazione si provvede nell'àmbito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili presso la Corte di cassazione, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

2. Identico.

 

 

 

 

Art. 4

Elezione dei componenti togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione

Art. 4

Presentazione delle liste e modalità di elezione dei componenti togati

1. Ai fini della elezione, da parte dei magistrati in servizio presso la Corte di cassazione e la Procura generale presso la stessa Corte, dei cinque componenti togati effettivi e dei quattro componenti togati supplenti del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, ogni elettore riceve quattro schede, una per ciascuna delle categorie di magistrati di cui agli articoli 1 e 2.

1. Concorrono all’elezione le liste di candidati presentate da almeno venticinque elettori; ciascuna lista non può essere composta da un numero di candidati superiore al numero di eleggibili per il Consiglio direttivo della Corte di cassazione. Nessun candidato può essere inserito in più di una lista.

2. Ogni elettore esprime il proprio voto per un solo magistrato componente effettivo e per un solo magistrato componente supplente per ciascuna delle categorie da eleggere.

2. Ciascun elettore non può presentare più di una lista e le firme sono autenticate dal primo presidente e dal procuratore generale o da un magistrato dagli stessi delegato.

3. Sono proclamati eletti i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, in numero pari a quello dei posti, effettivi o supplenti, da assegnare a ciascuna categoria. In caso di parità di voti, prevale il candidato più anziano nel ruolo.

3. Ogni elettore riceve due schede, una per ciascuna delle categorie di magistrati di cui all’articolo 1, ed esprime il voto di lista ed una sola preferenza nell’ambito della lista votata.

 

 

 

 

 

Art. 4-bis

Assegnazione dei seggi

 

1. L'ufficio elettorale:

 

a) provvede alla determinazione del quoziente base per l'assegnazione dei seggi dividendo la cifra dei voti validi espressi nel collegio relativamente a ciascuna categoria di magistrati di cui all’articolo 1 per il numero dei seggi del collegio stesso;

 

b) determina il numero dei seggi spettante a ciascuna lista dividendo la cifra elettorale dei voti da essa conseguiti per il quoziente base. I seggi non assegnati in tale modo vengono attribuiti in ordine decrescente alle liste cui corrispondono i maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle che abbiano avuto la maggiore cifra elettorale; a parità di cifra elettorale si procede per sorteggio;

 

c) proclama eletti i candidati con il maggior numero di preferenze nell'ambito dei posti attribuiti ad ogni lista. In caso di parità di voti il seggio è assegnato al candidato che ha maggiore anzianità di servizio nell'ordine giudiziario. In caso di pari anzianità di servizio, il seggio è assegnato al candidato più anziano per età.

 

 

 

 

Art. 5

Durata in carica del Consiglio direttivo della Corte di cassazione

Art. 5

Durata in carica del Consiglio direttivo della Corte di cassazione

1. I componenti non di diritto del Consiglio direttivo della Corte di cassazione durano in carica quattro anni.

1. Identico.

2. I componenti magistrati elettivi ed i componenti nominati dal Consiglio universitario nazionale e dal Consiglio nazionale forense non sono immediatamente rieleggibili o rinominabili.

2. Identico.

3. Il componente magistrato elettivo che per qualsiasi ragione cessa dalla carica nel corso del quadriennio è sostituito dal magistrato che lo segue per numero di voti nell'àmbito della stessa categoria.

3. Identico.

4. Alla scadenza del quadriennio, cessano dalla carica anche i componenti che hanno sostituito altri nel corso del quadriennio medesimo.

4. Identico.

5. Finché non è insediato il nuovo Consiglio, continua a funzionare quello precedente.

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 6

Compensi

Art. 6

Compensi

1. Ai componenti non togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione è corrisposto un gettone di presenza per ciascuna seduta, la cui entità è stabilita con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di acquisto di efficacia delle disposizioni del presente decreto.

1. Identico.

 

 

 

 

Capo II - Competenze del Consiglio direttivo della Corte di cassazione

Capo II - Competenze del Consiglio direttivo della Corte di cassazione

Art. 7

Competenze del Consiglio direttivo della Corte di cassazione

Art. 7

Competenze del Consiglio direttivo della Corte di cassazione

1. Il Consiglio direttivo della Corte di cassazione esercita le seguenti competenze:

1. Identico:

a) formula il parere sulla tabella della Corte di cassazione di cui all'articolo 7-bis, comma 3, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonché sui criteri per l'assegnazione degli affari e la sostituzione dei giudici impediti di cui all'articolo 7-ter, commi 1 e 2, del medesimo regio decreto, proposti dal primo presidente della Corte di cassazione, verificando il rispetto dei criteri generali direttamente indicati dal citato regio decreto n. 12 del 1941 e dalla legge 25 luglio 2005, n. 150;

a) formula il parere sulla tabella della Corte di cassazione di cui all'articolo 7-bis, comma 3, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonché sui criteri per l'assegnazione degli affari e la sostituzione dei giudici impediti di cui all'articolo 7-ter, commi 1 e 2, del medesimo regio decreto, proposti dal primo presidente della Corte di cassazione, verificando il rispetto dei criteri generali;

 

a-bis) formula il parere sulla tabella della Procura generale presso la Corte di cassazione di cui all'articolo 7-ter , comma 2-bis, dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonché sui criteri per l'assegnazione degli affari e la sostituzione dei sostituti impediti, proposti dal procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, verificando il rispetto dei criteri generali;

b) formula pareri sull'attività dei magistrati, sotto il profilo della laboriosità, della diligenza, della preparazione, della capacità tecnico-professionale, dell'equilibrio nell'esercizio delle funzioni, nei casi previsti da disposizioni di legge o di regolamento o da disposizioni generali del Consiglio superiore della magistratura od a richiesta dello stesso Consiglio. A tali fini, il Consiglio direttivo della Corte di cassazione acquisisce le motivate e dettagliate valutazioni del Consiglio nazionale forense;

b) formula i pareri per la valutazione di professionalità dei magistrati ai sensi dell’articolo 11 del citato decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni;

c) esercita la vigilanza sul comportamento dei magistrati. Il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, qualora, nell'esercizio della vigilanza, abbia notizia di fatti suscettibili di valutazione in sede disciplinare, deve farne rapporto al Ministro della giustizia ed al procuratore generale presso la Corte di cassazione;

c) abrogata;

d) esercita la vigilanza sull'andamento degli uffici. Il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, qualora, nell'esercizio della vigilanza, rilevi l'esistenza di disfunzioni nell'andamento di un ufficio, le segnala al Ministro della giustizia;

d) abrogata;

e) adotta i provvedimenti relativi allo stato giuridico ed economico dei magistrati riguardanti aspettative e congedi, riconoscimento di dipendenza di infermità da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate e concessione di sussidi;

e) abrogata;

f) formula pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine alla adozione, da parte del medesimo Consiglio superiore, dei provvedimenti inerenti a collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall'impiego, concessioni di titoli onorifici, e riammissioni in magistratura dei magistrati;

f) abrogata;

g) formula pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, su materie attinenti ad ulteriori competenze ad esso attribuite;

g) formula pareri, su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, su materie attinenti alle competenze ad esso attribuite;

h) può formulare proposte al comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura in materia di programmazione della attività didattica della Scuola.

h) identico.

 

 

 

 

Art. 8

Composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione in relazione alle competenze

Art. 8

Composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione in relazione alle competenze

1. I componenti avvocati e professori universitari, anche nella qualità di vice presidenti, partecipano esclusivamente alle discussioni e deliberazioni relative all'esercizio delle competenze di cui all'articolo 7, comma 1, lettere a) e d).

1. I componenti avvocati e professori universitari partecipano esclusivamente alle discussioni e deliberazioni relative all'esercizio delle competenze di cui all'articolo 7, comma 1, lettere a) e a-bis).

 

 

 

 

 

Art. 8-bis

Quorum

 

1. Le sedute del Consiglio direttivo della Corte di cassazione sono valide con la presenza di sette componenti, in essi computati anche i membri di diritto.

 

2. Le deliberazioni sono valide se adottate a maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del Presidente.

 

 

 

 

TITOLO II

TITOLO II

Composizione, competenze e durata in carica dei consigli giudiziari

Composizione, competenze e durata in carica dei consigli giudiziari

Capo I - Composizione e durata in carica dei consigli giudiziari

Capo I - Composizione e durata in carica dei consigli giudiziari

Art. 9

Composizione dei consigli giudiziari

Art. 9

Composizione dei consigli giudiziari

1. Il consiglio giudiziario istituito presso ogni corte di appello è composto dal presidente della corte di appello, dal procuratore generale presso la corte di appello e dal presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto, che ne sono membri di diritto.

1. Il consiglio giudiziario istituito presso ogni corte di appello è composto dal presidente della corte di appello, dal procuratore generale presso la corte di appello, che ne sono membri di diritto.

2. Nei distretti nei quali prestano servizio fino a trecentocinquanta magistrati il consiglio giudiziario è composto, oltre che dai membri di diritto di cui al comma 1, da dieci altri membri effettivi, di cui cinque magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, quattro componenti non togati, un professore universitario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione o delle regioni sulle quali hanno, in tutto o in parte, competenza gli uffici del distretto, un avvocato con almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione, nominato dal Consiglio nazionale forense, su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto, due nominati dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto o nella quale rientra la maggiore estensione di territorio sul quale hanno competenza gli uffici del distretto, eletti, a maggioranza di tre quinti dei componenti e, dopo il secondo scrutinio, di tre quinti dei votanti, tra persone estranee al medesimo consiglio, nonché un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel proprio àmbito.

2. Nei distretti nei quali sono presenti uffici con organico complessivo fino a trecentocinquanta magistrati il consiglio giudiziario è composto, oltre che dai membri di diritto di cui al comma 1, da nove altri membri, di cui: sei magistrati, quattro dei quali addetti a funzioni giudicanti e due a funzioni requirenti, in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, e tre componenti non togati, di cui un professore universitario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione o delle regioni sulle quali hanno, in tutto o in parte, competenza gli uffici del distretto, e due avvocati, con almeno dieci anni di effettivo esercizio della professione con iscrizione all’interno del medesimo distretto, nominati dal Consiglio nazionale forense su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto.

3. Nei distretti nei quali prestano servizio oltre trecentocinquanta magistrati il consiglio giudiziario è composto, oltre dai membri di diritto di cui al comma 1, da dodici altri membri effettivi, di cui sette magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, quattro componenti non togati, un professore universitario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione o delle regioni sulle quali hanno, in tutto o in parte, competenza gli uffici del distretto, un avvocato con almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione, nominato dal Consiglio nazionale forense, su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto, due nominati dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto o nella quale rientra la maggiore estensione di territorio sul quale hanno competenza gli uffici del distretto, eletti, a maggioranza di tre quinti dei componenti e, dopo il secondo scrutinio, di tre quinti dei votanti, tra persone estranee al medesimo consiglio, nonché un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel proprio àmbito.

3. Nei distretti nei quali sono presenti uffici con organico complessivo compreso tra trecentocinquantuno e seicento magistrati il consiglio giudiziario è composto, oltre che dai membri di diritto di cui al comma 1, da quattordici altri membri, di cui: dieci magistrati, sette dei quali addetti a funzioni giudicanti e tre a funzioni requirenti, in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, e quattro componenti non togati, di cui un professore universitario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione o delle regioni sulle quali hanno, in tutto o in parte, competenza gli uffici del distretto, e tre avvocati con almeno dieci anni di effettivo esercizio della professione con iscrizione all’interno del medesimo distretto, nominati dal Consiglio nazionale forense su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto.

 

3-bis. Nei distretti nei quali sono presenti uffici con organico complessivo superiore a seicento magistrati il consiglio giudiziario è composto, oltre che dai membri di diritto di cui al comma 1, da venti altri membri, di cui: quattordici magistrati, dieci dei quali addetti a funzioni giudicanti e quattro a funzioni requirenti, in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, e sei componenti non togati, di cui due professori universitari in materie giuridiche nominati dal Consiglio universitario nazionale su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione o delle regioni sulle quali hanno, in tutto o in parte, competenza gli uffici del distretto, e quattro avvocati con almeno dieci anni di effettivo esercizio della professione con iscrizione all’interno del medesimo distretto, nominati dal Consiglio nazionale forense su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto.

 

3-ter. In caso di mancanza o impedimento i membri di diritto del consiglio giudiziario sono sostituiti da chi ne esercita le funzioni.

 

 

 

 

 

Art. 9-bis

Quorum del consiglio giudiziario

 

1. Le sedute del consiglio giudiziario sono valide con la presenza della metà più uno dei componenti, in essi computati anche i membri di diritto.

 

2. Le deliberazioni sono valide se adottate a maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del presidente.

 

 

 

 

Art. 10

Membri supplenti

Art. 10

Sezione del consiglio giudiziario relativa ai giudici di pace

1. Il consiglio giudiziario è altresì composto da cinque componenti supplenti, di cui due magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni giudicanti e requirenti nel distretto e tre componenti non togati, un professore universitario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione o delle regioni sulle quali hanno, in tutto o in parte, competenza gli uffici del distretto, un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione, nominato dal Consiglio nazionale forense, su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto e uno nominato dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto o nella quale rientra la maggiore estensione di territorio sul quale hanno competenza gli uffici del distretto, eletto, a maggioranza di tre quinti dei componenti e, dopo il secondo scrutinio, di tre quinti dei votanti, tra persone estranee al medesimo consiglio.

1. Nel consiglio giudiziario è istituita una sezione autonoma competente per la espressione dei pareri relativi all'esercizio delle competenze di cui agli articoli 4, 4-bis, 7, comma 2-bis, e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni, e sui provvedimenti organizzativi proposti dagli uffici del giudice di pace. Detta sezione è composta, oltre che dai componenti di diritto del consiglio giudiziario, da:

a) due magistrati e un avvocato, eletti dal consiglio giudiziario tra i suoi componenti, e due giudici di pace eletti dai giudici di pace in servizio nel distretto, nell’ipotesi di cui all’articolo 9, comma 2;

b) tre magistrati e un avvocato, eletti dal consiglio giudiziario tra i suoi componenti, e tre giudici di pace eletti dai giudici di pace in servizio nel distretto, nell’ipotesi di cui all’articolo 9, comma 3;

c) cinque magistrati e due avvocati, eletti dal consiglio giudiziario tra i suoi componenti, e quattro giudici di pace eletti dai giudici di pace in servizio nel distretto, nell’ipotesi di cui all’articolo 9, comma 4.

 

1-bis. Le sedute della sezione del consiglio giudiziario per i giudici di pace sono valide con la presenza della metà più uno dei componenti e le deliberazioni sono assunte a maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del presidente.

2. In caso di mancanza o di impedimento, i membri di diritto del consiglio giudiziario sono sostituiti da chi ne esercita le funzioni.

2. Identico.

 

 

 

 

Art. 11

Organi

Art. 11

Organi

1. Il consiglio giudiziario è presieduto dal presidente della corte di appello. Nella prima seduta il consiglio elegge al suo interno, con votazione effettuata a scrutinio segreto, un vice presidente, scelto tra i componenti non togati, e, tra i componenti togati, il segretario.

1. Il consiglio giudiziario è presieduto dal presidente della corte di appello. Nella prima seduta il consiglio elegge al suo interno, con votazione effettuata a scrutinio segreto, tra i componenti togati, il segretario.

 

 

 

 

Art. 12

Elezione dei componenti togati dei consigli giudiziari

Art. 12

Presentazione delle liste ed elezione dei componenti togati dei consigli giudiziari

1. L'elezione, da parte dei magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, dei cinque componenti togati effettivi dei consigli giudiziari presso le corti di appello nel cui distretto prestano servizio fino a trecentocinquanta magistrati si effettua in un unico collegio distrettuale per:

a) un magistrato che esercita funzioni giudicanti che ha maturato un'anzianità di servizio non inferiore a venti anni;

b) due magistrati che esercitano funzioni giudicanti;

c) due magistrati che esercitano funzioni requirenti.

1. Concorrono all’elezione le liste di candidati presentate da almeno venticinque elettori; ciascuna lista non può essere composta da un numero di candidati superiore al numero di eleggibili per il consiglio giudiziario. Nessun candidato può essere inserito in più di una lista.

2. L'elezione, da parte dei magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, dei sette componenti togati effettivi dei consigli giudiziari presso le corti di appello nel cui distretto prestano servizio oltre trecentocinquanta magistrati si effettua in un unico collegio distrettuale per:

a) un magistrato che esercita funzioni giudicanti che ha maturato un'anzianità di servizio non inferiore a venti anni;

b) tre magistrati che esercitano funzioni giudicanti;

c) tre magistrati che esercitano funzioni requirenti.

2. Ciascun elettore non può presentare più di una lista; le firme sono autenticate dal capo dell’ufficio giudiziario o da un magistrato dallo stesso delegato.

3. L'elezione, da parte dei magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, dei due componenti togati supplenti dei consigli giudiziari si effettua in un collegio unico distrettuale per:

a) un magistrato che esercita funzioni giudicanti;

b) un magistrato che esercita funzioni requirenti.

3. Ogni elettore riceve due schede, una per ciascuna delle categorie di magistrati di cui all’articolo 9, ed esprime il voto di lista ed una sola preferenza nell’ambito della lista votata.

4. Ogni elettore riceve tre schede, una per ciascuna delle categorie di magistrati di cui ai commi 1, 2 e 3, per l'elezione dei componenti togati effettivi e supplenti.

 

5. Ogni elettore esprime il proprio voto per un solo magistrato componente effettivo e per un solo magistrato componente supplente per ciascuna delle categorie da eleggere.

 

6. Sono proclamati eletti i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, in numero pari a quello dei posti da assegnare a ciascuna categoria. In caso di parità di voti, prevale il candidato più anziano nel ruolo.

 

 

 

 

 

 

Art. 12-bis

Assegnazione dei seggi

 

1. L'ufficio elettorale:

a) provvede alla determinazione del quoziente base per l'assegnazione dei seggi dividendo la cifra dei voti validi espressi nel collegio relativamente a ciascuna categoria di magistrati di cui all’articolo 9 per il numero dei seggi del collegio stesso;

b) determina il numero dei seggi spettante a ciascuna lista dividendo la cifra elettorale dei voti da essa conseguiti per il quoziente base. I seggi non assegnati in tal modo sono attribuiti in ordine decrescente alle liste cui corrispondono i maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle che abbiano avuto la maggiore cifra elettorale; a parità di cifra elettorale si procede per sorteggio;

c) proclama eletti i candidati con il maggior numero di preferenze nell'ambito dei posti attribuiti ad ogni lista. In caso di parità di voti il seggio è assegnato al candidato che ha maggiore anzianità di servizio nell'ordine giudiziario. In caso di pari anzianità di servizio, il seggio è assegnato al candidato più anziano per età.

 

 

 

 

 

Art. 12-ter

Presentazione delle liste per la elezione dei giudici di pace componenti della sezione del consiglio giudiziario relativa ai giudici di pace

 

1. Concorrono all’elezione dei giudici di pace componenti della sezione di cui all’articolo 10, che si tiene contemporaneamente a quella per i componenti togati e negli stessi locali e seggi, le liste di candidati presentate da almeno quindici elettori. Ciascuna lista non può essere composta da un numero di candidati superiore al numero di eleggibili per il consiglio giudiziario. Nessun candidato può essere inserito in più di una lista.

2. Ciascun elettore non può presentare più di una lista; le firme sono autenticate dal coordinatore dell’ufficio del giudice di pace o dal presidente del tribunale del circondario ovvero da un magistrato da questi delegato.

3. Ogni elettore riceve una scheda, ed esprime il voto di lista ed una sola preferenza nell’ambito della lista votata.

 

 

 

 

 

Art. 12-quater

Assegnazione dei seggi per i giudici di pace

 

1. L'ufficio elettorale:

a) provvede alla determinazione del quoziente base per l'assegnazione dei seggi dividendo la cifra dei voti validi espressi nel collegio per il numero dei seggi del collegio stesso;

b) determina il numero dei seggi spettante a ciascuna lista dividendo la cifra elettorale dei voti da essa conseguiti per il quoziente base. i seggi non assegnati in tal modo vengono attribuiti in ordine decrescente alle liste cui corrispondono i maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle che abbiano avuto la maggiore cifra elettorale; a parità di cifra elettorale si procede per sorteggio;

c) proclama eletti i candidati con il maggior numero di preferenze nell'ambito dei posti attribuiti ad ogni lista. In caso di parità di voti il seggio è assegnato al candidato che ha maggiore anzianità di servizio nell'ordine giudiziario. In caso di pari anzianità di servizio, il seggio è assegnato al candidato più anziano per età.

 

 

 

 

Art. 13

Durata in carica dei consigli giudiziari

Art. 13

Durata in carica dei consigli giudiziari

1. I componenti non di diritto dei consigli giudiziari durano in carica quattro anni.

1. Identico.

2. I componenti magistrati elettivi, i componenti nominati dal Consiglio universitario nazionale, dal Consiglio nazionale forense e dal consiglio regionale ed il componente rappresentante dei giudici di pace del distretto non sono immediatamente rieleggibili o rinominabili.

2. Identico.

3. Il componente magistrato elettivo che per qualsiasi ragione cessa dalla carica nel corso del quadriennio è sostituito dal magistrato che lo segue per numero di voti nell'àmbito della stessa categoria.

3. Identico.

4. Alla scadenza del quadriennio cessano dalla carica anche i componenti che hanno sostituito altri nel corso del quadriennio medesimo.

4. Identico.

5. Finché non è insediato il nuovo consiglio giudiziario, continua a funzionare quello precedente.

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 14

Compensi

Art. 14

Compensi

1. Ai componenti non togati dei consigli giudiziari è corrisposto un gettone di presenza per ciascuna seduta, la cui entità è stabilita con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di acquisto di efficacia delle disposizioni del presente decreto.

1. Identico.

 

 

 

 

Capo II - Competenze dei consigli giudiziari

Capo II - Competenze dei consigli giudiziari

Art. 15

Competenze dei consigli giudiziari

Art. 15

Competenze dei consigli giudiziari

1. I consigli giudiziari esercitano le seguenti competenze:

1. Identico:

a) formulano il parere sulle tabelle degli uffici giudicanti e sulle tabelle infradistrettuali di cui all'articolo 7-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, nonché sui criteri per l'assegnazione degli affari e la sostituzione dei giudici impediti di cui all'articolo 7-ter, commi 1 e 2, del medesimo regio decreto, proposti dai capi degli uffici giudiziari, verificando il rispetto dei criteri generali direttamente indicati dal citato regio decreto n. 12 del 1941 e dalla legge 25 luglio 2005, n. 150;

a) identico;

 

a-bis) formulano il parere sulla tabella degli uffici requirenti di cui all'articolo 7-ter , comma 3, dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonché sui criteri per l'assegnazione degli affari e la sostituzione dei sostituti impediti, proposti dal procuratore generale presso la corte di appello, verificando il rispetto dei criteri generali;

b) formulano pareri sull'attività dei magistrati sotto il profilo della preparazione, della capacità tecnico-professionale, della laboriosità, della diligenza, dell'equilibrio nell'esercizio delle funzioni, nei casi previsti da disposizioni di legge o di regolamento o da disposizioni generali del Consiglio superiore della magistratura od a richiesta dello stesso Consiglio. A tali fini, il consiglio giudiziario acquisisce le motivate e dettagliate valutazioni del consiglio dell'ordine degli avvocati avente sede nel luogo dove il magistrato esercita le sue funzioni e, se non coincidente, anche del consiglio dell'ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;

b) formulano i pareri per la valutazione di professionalità dei magistrati ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni;

c) esercitano la vigilanza sul comportamento dei magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto. Il consiglio giudiziario che, nell'esercizio della vigilanza, ha notizia di fatti suscettibili di valutazione in sede disciplinare, deve farne rapporto al Ministro della giustizia ed al procuratore generale presso la Corte di cassazione;

c) abrogata;

d) esercitano la vigilanza sull'andamento degli uffici giudiziari del distretto. Il consiglio giudiziario, che nell'esercizio della vigilanza rileva l'esistenza di disfunzioni nell'andamento di un ufficio, le segnala al Ministro della giustizia;

d) abrogata;

e) formulano pareri e proposte sull'organizzazione e il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto;

e) identico;

f) adottano i provvedimenti relativi allo status dei magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto riguardanti aspettative e congedi, riconoscimento di dipendenza di infermità da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate e concessione di sussidi;

f) abrogata;

g) formulano pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine alla adozione, da parte del medesimo Consiglio, dei provvedimenti inerenti a collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall'impiego, concessioni di titoli onorifici e riammissioni in magistratura dei magistrati in servizio preso gli uffici giudiziari del distretto o già in servizio presso tali uffici al momento della cessazione dal servizio medesimo;

g) abrogata;

h) formulano pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, su materie attinenti ad ulteriori competenze ad essi attribuite;

h) formulano pareri, su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, su materie attinenti alle competenze ad essi attribuite;

i) possono formulare proposte al comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura in materia di programmazione della attività didattica della Scuola.

i) identico.

2. Il consiglio giudiziario costituito presso la corte di appello esercita le proprie competenze anche in relazione alle eventuali sezioni distaccate della Corte.

2. Identico.

 

 

 

 

Art. 16

Composizione dei consigli giudiziari in relazione alle competenze

Art. 16

Composizione dei consigli giudiziari in relazione alle competenze

1. I componenti designati dal consiglio regionale ed i componenti avvocati e professori universitari, anche nella qualità di vice presidenti, nonché il componente rappresentante dei giudici di pace partecipano esclusivamente alle discussioni e deliberazioni relative all'esercizio delle competenze di cui all'articolo 15, comma 1, lettere a), d) ed e).

1. I componenti designati dal consiglio regionale ed i componenti avvocati e professori universitari, partecipano esclusivamente alle discussioni e deliberazioni relative all'esercizio delle competenze di cui all'articolo 15, comma 1, lettere a) ed e).

2. Il componente rappresentante dei giudici di pace partecipa, altresì, alle discussioni e deliberazioni relative all'esercizio delle competenze di cui agli articoli 4, 4-bis, 7, comma 2-bis e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni.

2. Abrogato.

 

 

 

 

TITOLO III

Disposizioni finali

TITOLO III

Disposizioni finali

Art. 17

Copertura finanziaria

Art. 17

Copertura finanziaria

1. Agli oneri derivanti dall'articolo 6, comma 1, e dall'articolo 14, comma 1, valutati in euro 303.931 per l'anno 2005 ed euro 607.862 a decorrere dall'anno 2006, di cui euro 8.522 per l'anno 2005 ed euro 17.044 a decorrere dall'anno 2006 per gli oneri connessi all'articolo 6, comma 1, ed euro 295.409 per l'anno 2005 ed euro 590.818 a decorrere dall'anno 2006 per gli oneri connessi all'articolo 14, comma 1, si provvede con le risorse di cui all'articolo 2, comma 38, della legge 25 luglio 2005, n. 150.

1. Identico.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell'attuazione del comma 1 anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti adottati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978.

2. Identico.

 

 

 

 

Art. 18

Abrogazioni

Art. 18

Abrogazioni

1. Oltre a quanto previsto dal decreto legislativo di attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n. 150 del 2005, sono abrogati, dalla data di acquisto di efficacia delle disposizioni contenute nel presente decreto:

1. Identico.

a) l'articolo 10 del regio decreto 23 giugno 1927, n. 1235;

a) identica;

b) l'articolo 6 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come sostituito dall'articolo 1 della legge 12 ottobre 1966, n. 825.

b) identica.

 

 

 

 

 

Art. 18-bis

Regolamento per la disciplina del procedimento elettorale

 

1. Con regolamento emanato a norma dell’articolo 17, comma 1, lettera a), della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono dettate disposizioni in ordine alle caratteristiche delle schede per le votazioni e alla disciplina del procedimento elettorale.

 

 

 

 

Art. 19

Decorrenza di efficacia

Art. 19

Decorrenza di efficacia

1. Le disposizioni contenute nel presente decreto legislativo sono efficaci a far data dal novantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

1. Identico.

 


Il d.lgs. n. 240 del 2006 coordinato con le modifiche previste dall’art. 5 del disegno di legge del Governo

D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 240

AS 1447 (Governo)

 

 

 

Art. 5
(Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240)

D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 240

 

Individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari nonché decentramento su base regionale di talune competenze del Ministero della giustizia, a norma degli articoli 1, comma 1, lettera a), e 2, comma 1, lettere s) e t) e 12, della L. 25 luglio 2005, n. 150.

 

 

 

Capo I

 

Individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari

 

 

 

Art. 1

Titolarità dell'ufficio giudiziario

Art. 1

Titolarità dell'ufficio giudiziario

1. Sono attribuite al magistrato capo dell'ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell'ufficio, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché la competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l'organizzazione dell'attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico.

1. Identico.

 

1-bis. Il magistrato titolare delle funzioni di cui all’articolo 10, commi 9, 10, 11 e 14, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, dirige l’ufficio, adotta gli atti relativi all’organizzazione interna, distribuisce il lavoro sulla base dei criteri indicati ed approvati dal Consiglio superiore della magistratura, vigila sul rispetto della deontologia professionale da parte dei magistrati, formula proposte all’amministrazione centrale e alle altre istituzioni, controlla l’andamento generale dell’ufficio con l’obiettivo di far funzionare la giustizia nel territorio di competenza con criteri di efficienza ed efficacia, ottimizzando le risorse e instaurando un rapporto di collaborazione e sinergia con gli altri uffici giudiziari e con le altre istituzioni.

 

1-ter. Il capo dell’ufficio giudiziario, unitamente ai magistrati titolari di funzioni semidirettive e al dirigente amministrativo, consulta almeno una volta l’anno i magistrati dell’ufficio e i funzionari preposti alle cancellerie e segreterie giudiziarie, al fine di elaborare il programma di attività di cui all’articolo 4 e di acquisire osservazioni e proposte. Consulta, altresì, il Consiglio dell’ordine forense e le rappresentanze sindacali unitarie per illustrare il progetto di organizzazione dell’ufficio, gli obiettivi ipotizzati e i risultati raggiunti nell’anno precedente.

 

 

 

 

 

 

Art. 2

Gestione delle risorse umane

Art. 2

Gestione delle risorse umane

1. Il dirigente amministrativo preposto all'ufficio giudiziario è responsabile della gestione del personale amministrativo, da attuare in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell'ufficio e con il programma annuale delle attività di cui all'articolo 4.

1. Il dirigente amministrativo è responsabile della gestione del personale amministrativo da attuare in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio e con il programma annuale di cui all’articolo 4.

2. Il dirigente di cui al comma 1 adotta i provvedimenti disciplinari previsti dall'articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

2. Identico.

 

2-bis. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400 e dell’articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono rideterminati, nel rispetto della dotazione organica complessiva, i posti di dirigente di seconda fascia negli uffici giudiziari anche istituendo un unico posto per più uffici giudiziari.

 

 

 

 

Art. 3

Gestione delle risorse finanziarie e strumentali

Art.3

Gestione delle risorse finanziarie e strumentali

1. L'assegnazione delle risorse finanziarie e strumentali al dirigente amministrativo preposto all'ufficio giudiziario per l'espletamento del suo mandato è effettuata dal direttore generale regionale o interregionale territorialmente competente, ovvero dall'amministrazione centrale, secondo le rispettive competenze e secondo i criteri indicati dal Ministro, ai sensi degli articoli 4, comma 1, lettera c), 14, comma 1, lettera b), e 16, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

1. Identico.

2. Il dirigente preposto all'ufficio giudiziario è competente ad adottare atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, nei limiti individuati dal provvedimento di assegnazione delle risorse di cui al comma 1.

2. Identico.

3. Il dirigente amministrativo di cui al comma 1 è nominato funzionario delegato.

3. Abrogato.

 

 

 

 

Art. 4

Programma delle attività annuali

Art. 4

Programma delle attività annuali

1. Entro trenta giorni dalle determinazioni adottate, per quanto di rispettiva competenza, dal direttore regionale o interregionale di cui all'articolo 8, dal direttore tecnico di cui all'articolo 5, per i distretti di Roma, Milano, Napoli e Palermo, o dagli organi dell'amministrazione centrale, a seguito dell'emanazione della direttiva del Ministro della giustizia di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e, comunque, non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell'ufficio giudiziario ed il dirigente amministrativo ad esso preposto redigono, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell'anno. Il programma può essere modificato, durante l'anno, su concorde iniziativa del magistrato capo e del dirigente, per sopravvenute esigenze dell'ufficio giudiziario.

1. Entro il 30 giugno di ciascun anno i titolari degli uffici giudiziari non aventi competenza nazionale elaborano, acquisite le valutazioni dei magistrati titolari di funzioni semidirettive e del dirigente amministrativo, un programma delle attività da svolgersi nell’anno successivo con la indicazione delle relative priorità, dell’analisi dei relativi costi e dei risultati ipotizzati. Il programma è inoltrato per il tramite delle direzioni regionali ed interregionali al Ministero della giustizia che determina, sulla base di parametri definiti dal Ministro anche in base all’articolo 4, comma 1, lettera c), all’articolo 14, comma 1, lettera b), e all’articolo 16 comma 1, lettera b) del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l’entità dei relativi finanziamenti, per ciascun anno, entro dieci giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio.

2. In caso di mancata predisposizione o esecuzione del programma di cui al comma 1, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell'ufficio giudiziario, il Ministro della giustizia fissa un termine perentorio entro il quale il magistrato capo dell'ufficio giudiziario ed il dirigente amministrativo ad esso preposto debbono provvedere ad adottare gli atti o i provvedimenti necessari. Qualora l'inerzia permanga, il Ministro, per gli adempimenti urgenti, incarica il presidente della Corte di appello del distretto di appartenenza dell'ufficio giudiziario inerte ed il dirigente del relativo ufficio, o provvede direttamente in caso di inerzia delle Corti di appello e della Corte di cassazione.

2. Qualora il finanziamento accordato sia inferiore a quanto richiesto il titolare dell’ufficio, acquisite le valutazioni dei magistrati titolari di funzioni semidirettive e del dirigente amministrativo, apporta le conseguenti modifiche. Se il nuovo programma non è adottato entro il mese di febbraio, il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la medesima corte provvedono ad adottare il relativo atto entro il 15 marzo, sentito il titolare dell’ufficio ed il dirigente.

 

3. Per gli uffici aventi competenza nazionale, il Primo presidente della Corte di cassazione, il Procuratore generale presso la Corte stessa e il Procuratore nazionale antimafia, acquisite le valutazioni dei magistrati titolari di funzioni direttive e semidirettive e dei rispettivi dirigenti amministrativi, trasmettono il programma di cui al comma 1. Si applicano le disposizioni di cui al comma 2, ma gli eventuali provvedimenti sono adottati dal Primo presidente della corte di cassazione, dal Procuratore generale presso la corte di cassazione o dal Procuratore nazionale antimafia.

 

4. I programmi di cui ai commi 1 e 3, nei limiti del finanziamento accordato, possono essere modificati nel corso dell’anno dal titolare dell’ufficio giudiziario in caso di sopravvenute nuove necessità, dopo aver acquisito le valutazioni dei magistrati titolari di funzioni direttive e semidirettive, relativamente agli uffici di cui al comma 3, e semidirettive, relativamente agli uffici di cui al comma 1, nonché quelle del dirigente amministrativo.

 

5. I programmi adottati e le eventuali modifiche successive, sono trasmessi al direttore generale regionale o interregionale dell’organizzazione giudiziaria di cui all’articolo 8, al Ministro della giustizia, nella ipotesi di cui al comma 3, ed al Consiglio superiore della magistratura, e di essi si tiene conto nella predisposizione delle tabelle degli uffici giudiziari.

 

 

 

 

Art. 5

Ufficio del direttore tecnico

Abrogato

1. Presso le Corti di appello da Roma, Milano, Napoli e Palermo è costituito l'ufficio del direttore tecnico, di seguito denominato: «ufficio», per l'organizzazione tecnica e la gestione dei servizi non aventi carattere giurisdizionale.

1. Abrogato.

2. L'ufficio è organo di livello dirigenziale generale, al quale sono preposti dirigenti ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

2. Abrogato.

3. L'ufficio svolge, nel rispetto dei programmi e degli indirizzi definiti, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, dal direttore generale della Direzione generale regionale o interregionale nella cui circoscrizione è ricompreso il distretto presso la cui Corte di appello è costituito l'ufficio, per quanto di sua competenza, compiti di gestione e controllo delle risorse umane, finanziarie e strumentali relative ai servizi tecnico-amministrativi degli uffici giudicanti e requirenti del distretto, di razionalizzazione ed organizzazione del loro utilizzo, nonché i compiti di programmare la necessità di nuove strutture tecniche e logistiche e di provvedere al loro costante aggiornamento, nonchè di pianificare il loro utilizzo in relazione al carico giudiziario esistente, alla prevedibile evoluzione di esso e alle esigenze di carattere sociale nel rapporto tra i cittadini e la giustizia.

3. Abrogato.

4. Il contingente di personale di ciascun ufficio è costituito da 11 unità, di cui 2 appartenenti alla posizione economica C2, 3 alla posizione economica C1, 3 alla posizione economica B3 e 3 alla posizione economica B2. In sede di prima applicazione, nell'ambito di dette posizioni economiche, l'ufficio può avvalersi di personale tecnico estraneo all'amministrazione.

4. Abrogato.

5. Le strutture di ciascun ufficio sono allestite mediante il ricorso allo strumento della locazione finanziaria.

5. Abrogato.

 

 

 

 

Capo II

Capo II

Decentramento del Ministero della giustizia

Decentramento del Ministero della giustizia

Art. 6

Direzioni generali regionali e interregionali dell'organizzazione giudiziaria

Art. 6

Direzioni generali regionali e interregionali dell'organizzazione giudiziaria

1. Sono istituite, come organi periferici di livello dirigenziale generale del Ministero della giustizia, le direzioni generali regionali ed interregionali dell'organizzazione giudiziaria indicate nell'allegata tabella A), aventi la sede e la competenza, per le rispettive circoscrizioni regionali o interregionali ed i distretti in esse compresi.

1. Identico.

2. Con regolamento, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto l988, n. 400, e successive modificazioni, e dell'articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n 300, su proposta del Ministro della giustizia, per assicurare economicità di gestione e più elevati livelli di efficienza del servizio, nonchè per adeguare le circoscrizioni alle modificazioni territoriali dei distretti giudiziari, si procede, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato e nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, alla istituzione, soppressione o modifica delle direzioni generali regionali o interregionali dell'organizzazione giudiziaria ovvero alla modifica delle sedi delle direzioni regionali o interregionali dell'organizzazione giudiziaria.

2. Identico.

3. Lo schema di regolamento di cui al comma 2, corredato da relazione tecnica ai sensi dell'articolo 11-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, è trasmesso al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario.

3. Identico.

 

 

 

 

Art. 7

Competenza delle direzioni generali regionali e interregionali dell'organizzazione giudiziaria

Art. 7

Competenza delle direzioni generali circoscrizionali

1. Le direzioni generali regionali ed interregionali esercitano, nell'ambito delle rispettive circoscrizioni di cui all'articolo 6, comma 1, le attribuzioni per le aree funzionali riguardanti:

1. Le direzioni generali regionali ed interregionali circoscrizionali esercitano, nell’ambito delle rispettive circoscrizioni stabilite con il regolamento di cui all’articolo 6, comma 2, attribuzioni nelle aree funzionali riguardanti:

a) il personale e la formazione;

a) il personale e la formazione, ivi compreso il reclutamento salvo quanto previsto al comma 3, lettere e) e f);

b) i sistemi informativi automatizzati;

b) le risorse materiali, i beni e i servizi, salvo quanto previsto al comma 3, lettera o);

c) le risorse materiali, i beni e i servizi;

c) le spese di giustizia.

d) le statistiche.

d) soppressa.

2. Le direzioni generali regionali ed interregionali hanno inoltre competenza, nell'ambito delle rispettive circoscrizioni di cui all'articolo 6, comma 1, per le funzioni relative al servizio dei casellari giudiziali.

2. Le direzioni generali regionali o interregionali hanno inoltre competenza, nell’ambito delle rispettive circoscrizioni, per le funzioni relative al servizio dei casellari giudiziali, secondo le direttive emanate dagli organi centrali del Ministero della giustizia.

3. Rimangono nelle competenze degli organi centrali dell'amministrazione, oltre alla gestione del personale di magistratura ordinaria e onoraria:

3. Salve le attribuzioni del Consiglio superiore della magistratura, rimangono nelle competenze degli organi centrali dell'amministrazione, oltre alla gestione del personale di magistratura ordinaria e onoraria:

a) i compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici;

a) identico;

b) il servizio del casellario giudiziale centrale;

b) identico;

c) l'emanazione di circolari generali e la risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari;

c) l'emanazione di direttive anche sulle aree funzionali di cui ai commi 1 e 2, di circolari generali e la risoluzione di quesiti;

d) la determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole regioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti;

d) la determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole circoscrizioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti;

e) i bandi di concorso da espletarsi a livello nazionale;

e) le modalità dei bandi di concorso e la loro gestione per quanto concerne gli ambiti ultracircoscrizionali, nonché l’autorizzazione allo svolgimento dei concorsi in ambito circoscrizionale;

f) i provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi regionali;

f) i provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi aventi ambito circoscrizionale;

g) il trasferimento del personale amministrativo tra le diverse regioni e i trasferimenti da e per altre amministrazioni;

g) il trasferimento del personale amministrativo al di fuori delle circoscrizioni di cui al comma 1, e i trasferimenti da e per altre amministrazioni;

h) i passaggi di profili professionali, le risoluzioni del rapporto di impiego e le riammissioni o ricostituzioni del rapporto di lavoro;

h) identico;

i) i provvedimenti in materia retributiva e pensionistica;

i) identico;

l) i provvedimenti disciplinari superiori al rimprovero verbale e alla censura.

l) identico;

 

m) i sistemi informativi automatizzati;

n) le statistiche

o) la gestione delle risorse materiali, dei beni e dei servizi limitatamente:

1) all’attività in materia di finanziamenti ai comuni concessi attraverso la Cassa depositi e prestiti S.p.a. per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione degli uffici giudiziari ai sensi dell’articolo 19 della legge 30 marzo 1981, n. 119, di programmazione degli interventi di edilizia demaniale su tutto il territorio nazionale e di gestione degli interventi sugli immobili demaniali aventi sede nel territorio del circondario del tribunale di Roma;

2) alla locazione di immobili nel circondario del Tribunale di Roma;

3) alla gestione dei contributi ai sensi della legge 24 aprile 1941, n. 392;

4) alla programmazione e ripartizione dei relativi fondi di bilancio,

5) agli acquisti di beni e servizi da operare attraverso gara europea quando la stessa riguardi forniture da eseguire in modo omogeneo in più circoscrizioni o servizi comuni a più circoscrizioni o la scelta di aderire a convenzioni finalizzate a forniture da acquisire attraverso acquisti centralizzati ai sensi dell’articolo 24 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.

4. Con regolamento, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e dell'articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro centottanta giorni dall'acquisto di efficacia del presente decreto, sono definiti le funzioni ed i compiti inerenti alle aree funzionali di cui al comma 1 delle direzioni generali regionali ed interregionali e si procede, in relazione alle innovazioni introdotte dal presente decreto legislativo ed alla definizione di dette funzioni e compiti, alla revisione della organizzazione del Ministero della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55. Col medesimo decreto del Presidente della Repubblica è prevista l'adozione di decreti ministeriali di natura non regolamentare, ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e dell'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, per l'individuazione delle unità dirigenziali nell'ambito delle direzioni generali regionali ed interregionali e la definizione dei relativi compiti. All'attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi e maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

4. Con il regolamento di cui all’articolo 6, comma 2, sono definite le funzioni ed i compiti, inerenti alle aree funzionali di cui al comma 1, delle direzioni generali regionali ed interregionali e si procede, in relazione alle innovazioni introdotte dal presente decreto legislativo ed alla definizione di dette funzioni e compiti ed alla revisione della organizzazione del Ministero della giustizia operata con il decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55. Con successivi decreti ministeriali di natura non regolamentare, ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e dell’articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono individuate le unità dirigenziali nell’ambito delle direzioni generali regionali ed interregionali e definiti i relativi compiti. All’attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi e maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

 

 

 

 

Art. 8

Direttore generale regionale o interregionale dell'organizzazione giudiziaria.

Art. 8

Direttore generale regionale o interregionale dell'organizzazione giudiziaria.

1. Ad ogni direzione generale regionale o interregionale dell'organizzazione giudiziaria è preposto un direttore generale, scelto nell'ambito dei soggetti di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

1. Identico.

2. Il direttore generale regionale o interregionale è responsabile dell'intera attività della direzione regionale o interregionale e dell'attuazione dei programmi definiti, sulla base delle direttive generali emanate dal Ministro della giustizia, dal capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, dal capo del Dipartimento per la giustizia minorile e dal capo del Dipartimento per gli affari di giustizia, nell'esercizio dei poteri di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 7, comma 3, lettera a), ad essi rispettivamente spettanti in relazione all'area funzionale nella quale è ricompresa la funzione o il compito devoluto alla direzione regionale o interregionale.

2. Identico.

3. Il direttore generale delle direzioni regionali o interregionali nella cui circoscrizione sono ricompresi i distretti di Roma, Milano, Napoli e Palermo, svolge compiti di programmazione ed indirizzo dell'ufficio del direttore tecnico costituito presso le rispettive corti di appello, in relazione ai compiti allo stesso attribuiti dall'articolo 5.

3. Abrogato.

4. Il direttore generale presenta annualmente ai capi dei Dipartimenti di cui al comma 2 una relazione riguardante, per la circoscrizione di competenza:

a) lo stato dei servizi;

b) le risorse materiali;

c) l'informatizzazione;

d) il personale e la formazione;

e) i risultati conseguiti anche sotto il profilo economico-finanziario in rapporto all'anno precedente;

f) il programma delle attività e degli obiettivi per l'anno successivo comprendente la proiezione delle esigenze riferite alle risorse umane, materiali e finanziarie.

4. Identico.

5. Presso ciascuna direzione regionale o interregionale è nominato un funzionario delegato ed un funzionario per il riscontro contabile.

5. Abrogato.

 

 

Gli articoli da 9 a 13 del decreto legislativo n. 240 del 2006 non sono modificati dal disegno di legge del Governo.

 


Il R.D. n. 12 del 1941 coordinato con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo

R.D. 30 gennaio 1941, n. 12

AS 1447 (Governo)

 

 

 

Art. 6
(Disposizioni varie)

R.D. 30 gennaio 1941, n. 12

 

Ordinamento giudiziario

 

Art. 5

Organici; sedi giudiziarie

Art. 5

Organici; sedi giudiziarie

1. Il numero, le sedi, le circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari indicati nel primo comma dell'art. 1 ed il ruolo organico della magistratura sono determinati dalle tabelle allegate al presente ordinamento, fatta eccezione per i giudici conciliatori.

1. Identico.

 

2. Le piante organiche degli uffici giudiziari sono adottate con decreto del Ministro della giustizia sentito il Consiglio superiore della magistratura. La ripartizione dei posti all’interno delle sezioni o dei gruppi di lavoro è operata con i provvedimenti di cui ai successivi articoli 7-bis e 7-ter.

 

 

 

 

Art. 6

Provvedimenti riflettenti lo stato dei magistrati

Art. 6

Sedi, circoscrizioni e ruolo organico della magistratura

1. I magistrati sono nominati, promossi, tramutati e revocati dal Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro di grazia e giustizia, osservate le forme del presente ordinamento, salvo, per la nomina degli uditori, il disposto dell'ultimo comma dell'art. 127.

1. Il numero, le sedi, le circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari indicati nelle lettere da c) a g) del comma 1 dell’articolo 1 ed il ruolo organico della magistratura sono determinati dalle tabelle allegate al presente ordinamento.

2. Qualsiasi altro provvedimento riflettente lo stato dei magistrati è emanato egualmente con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro di grazia e giustizia, con l'osservanza delle norme stabilite nel presente ordinamento, salvo che non sia diversamente stabilito.

2. Soppresso.

 

 

 

 

Art. 7-bis

Tabelle degli uffici giudicanti

Art. 7-bis

Tabelle degli uffici giudicanti

1. La ripartizione degli uffici giudiziari di cui all'articolo 1 in sezioni, la destinazione dei singoli magistrati alle sezioni e alle corti di assise, l'assegnazione alle sezioni dei presidenti, la designazione dei magistrati che hanno la direzione di sezioni a norma dell'articolo 47-bis, secondo comma, l'attribuzione degli incarichi di cui agli articoli 47-ter, terzo comma, 47-quater, secondo comma, e 50-bis, il conferimento delle specifiche attribuzioni processuali individuate dalla legge e la formazione dei collegi giudicanti sono stabiliti ogni biennio con decreto del Ministro di grazia e giustizia in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura assunte sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. Decorso il biennio, l'efficacia del decreto è prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto.

1. La ripartizione degli uffici giudiziari di cui all'articolo 1 in sezioni, la destinazione dei singoli magistrati alle sezioni e alle corti di assise, l'assegnazione alle sezioni dei presidenti, la designazione dei magistrati che hanno la direzione di sezioni a norma dell'articolo 47-bis, secondo comma, l'attribuzione degli incarichi di cui agli articoli 47-ter, terzo comma, 47-quater, secondo comma, e 50-bis, il conferimento delle specifiche attribuzioni processuali individuate dalla legge e la formazione dei collegi giudicanti sono stabiliti ogni triennio con decreto del Ministro di grazia e giustizia in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura assunte sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. Decorso il triennio, l'efficacia del decreto è prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto. La violazione dei criteri per l’assegnazione degli affari, salvo il possibile rilievo disciplinare, non determina in nessun caso la nullità dei provvedimenti adottati.

2. Le deliberazioni di cui al comma 1 sono adottate dal Consiglio superiore della magistratura, valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e possono essere variate nel corso del biennio per sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari, sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. I provvedimenti in via di urgenza, concernenti le tabelle, adottati dai dirigenti degli uffici sulla assegnazione dei magistrati, sono immediatamente esecutivi, salva la deliberazione del Consiglio superiore della magistratura per la relativa variazione tabellare.

2. Le deliberazioni di cui al comma 1 sono adottate dal Consiglio superiore della magistratura, valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e possono essere variate nel corso del triennio per sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari, sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. I provvedimenti in via di urgenza, concernenti le tabelle, adottati dai dirigenti degli uffici sulla assegnazione dei magistrati, sono immediatamente esecutivi, salva la deliberazione del Consiglio superiore della magistratura per la relativa variazione tabellare.

2-bis. Possono svolgere le funzioni di giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari nonché di giudice dell'udienza preliminare solamente i magistrati che hanno svolto per almeno due anni funzioni di giudice del dibattimento. Le funzioni di giudice dell'udienza preliminare sono equiparate a quelle di giudice del dibattimento.

2-bis. Identico.

2-ter. Il giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari nonché il giudice dell'udienza preliminare non possono esercitare tali funzioni per più di dieci anni consecutivi. Qualora alla scadenza del termine essi abbiano in corso il compimento di un atto del quale sono stati richiesti, l'esercizio delle funzioni è prorogato, limitatamente al relativo procedimento, sino al compimento dell'attività medesima.

2-ter. Il giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari nonché il giudice dell'udienza preliminare non possono esercitare tali funzioni oltre il periodo stabilito dal Consiglio superiore della magistratura ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del citato decreto legislativo n. 160 del 2006. Qualora alla scadenza del termine essi abbiano in corso il compimento di un atto del quale sono stati richiesti, l'esercizio delle funzioni è prorogato, limitatamente al relativo procedimento, sino al compimento dell'attività medesima.

2-quater. Il tribunale in composizione monocratica è costituito da un magistrato che abbia esercitato la funzione giurisdizionale per non meno di tre anni.

2-quater. Abrogato.

2-quinquies. Le disposizioni dei commi 2-bis, 2-ter e 2-quater possono essere derogate per imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio. Si applicano, anche in questo caso, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.

2-quinquies. Identico.

3. Per quanto riguarda la corte suprema di cassazione il Consiglio superiore della magistratura delibera sulla proposta del primo presidente della stessa corte.

3. Per quanto riguarda la corte suprema di cassazione il Consiglio superiore della magistratura delibera sulla proposta del primo presidente della stessa corte, sentito il consiglio direttivo della Corte medesima.

3-bis. Al fine di assicurare un più adeguato funzionamento degli uffici giudiziari sono istituite le tabelle infradistrettuali degli uffici requirenti e giudicanti che ricomprendono tutti i magistrati, ad eccezione dei capi degli uffici.

3-bis. Identico.

3-ter. Il Consiglio superiore della magistratura individua gli uffici giudiziari che rientrano nella medesima tabella infradistrettuale e ne dà immediata comunicazione al Ministro di grazia e giustizia per la emanazione del relativo decreto.

3-ter. Identico.

3-quater. L'individuazione delle sedi da ricomprendere nella medesima tabella infradistrettuale è operata sulla base dei seguenti criteri:

a) l'organico complessivo degli uffici ricompresi non deve essere inferiore alle quindici unità per gli uffici giudicanti;

b) le tabelle infradistrettuali dovranno essere formate privilegiando l'accorpamento tra loro degli uffici con organico fino ad otto unità se giudicanti e fino a quattro unità se requirenti;

c) nelle esigenze di funzionalità degli uffici si deve tener conto delle cause di incompatibilità funzionali dei magistrati;

d) si deve tener conto delle caratteristiche geomorfologiche dei luoghi e dei collegamenti viari, in modo da determinare il minor onere per l'erario.

3-quater. Identico.

3-quinquies. Il magistrato può essere assegnato anche a più uffici aventi la medesima attribuzione o competenza, ma la sede di servizio principale, ad ogni effetto giuridico ed economico, è l'ufficio del cui organico il magistrato fa parte. La supplenza infradistrettuale non opera per le assenze o impedimenti di durata inferiore a sette giorni.

3-quinquies. Identico.

3-sexies. Per la formazione ed approvazione delle tabelle di cui al comma 3-bis, si osservano le procedure previste dal comma 2.

3-sexies. Identico.

 

 

 

 

Art. 7-ter

Criteri per l'assegnazione degli affari e la sostituzione dei giudici impediti

Art. 7-ter

Criteri per l'assegnazione degli affari e la sostituzione dei giudici impediti

1. L'assegnazione degli affari alle singole sezioni ed ai singoli collegi e giudici è effettuata, rispettivamente, dal dirigente dell'ufficio e dal presidente della sezione o dal magistrato che la dirige, secondo criteri obiettivi e predeterminati, indicati in via generale dal Consiglio superiore della magistratura ed approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e con la medesima procedura. Nel determinare i criteri per l'assegnazione degli affari penali al giudice per le indagini preliminari, il Consiglio superiore della magistratura stabilisce la concentrazione, ove possibile, in capo allo stesso giudice dei provvedimenti relativi al medesimo procedimento e la designazione di un giudice diverso per lo svolgimento delle funzioni di giudice dell'udienza preliminare. Qualora il dirigente dell'ufficio o il presidente della sezione revochino la precedente assegnazione ad una sezione o ad un collegio o ad un giudice, copia del relativo provvedimento motivato viene comunicata al presidente della sezione e al magistrato interessato.

1. Identico.

2. Il Consiglio superiore della magistratura stabilisce altresì i criteri per la sostituzione del giudice astenuto, ricusato o impedito.

2. Identico.

 

2-bis. L’individuazione dei criteri per la ripartizione degli uffici requirenti di primo e secondo grado in gruppi di lavoro per materie omogenee, per l’assegnazione dei magistrati ai singoli gruppi di lavoro, per l’individuazione dei procuratori aggiunti cui affidare il coordinamento dei gruppi stessi, per l’attribuzione degli incarichi e per l’individuazione dei criteri per l’assegnazione degli affari ai singoli sostituti, nonchè dei criteri per la organizzazione del lavoro nella Procura generale presso la corte di cassazione è operata ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura assunte sulle proposte dei procuratori generali, sentiti, rispettivamente, i consigli giudiziari competenti e il Consiglio direttivo della corte di cassazione. La violazione dei criteri per l’assegnazione degli affari, salvo il possibile rilievo disciplinare, non determina in nessun caso la nullità dei provvedimenti adottati.

 

 

 

 

Art. 11

Decadenza per inosservanza del termine per assumere le funzioni

Art. 11

Decadenza del magistrato

1. Il magistrato, che non assume le funzioni nel termine stabilito dall'articolo precedente, o in quello che gli è stato assegnato con disposizione del Ministro, decade dall'impiego.

1. Il magistrato che non assume le funzioni nel termine stabilito o assegnato dall’articolo 10 decade dall’impiego e non può essere riassunto. La presente disposizione si applica anche in caso di mancata assunzione di servizio all’atto della nomina.

2. Il magistrato decaduto dall'impiego ai sensi del primo comma si considera aver cessato di far parte dell'ordine giudiziario in seguito a dimissioni.

2. Soppresso.

3. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche alla ipotesi di decadenza prevista dall'articolo 127, primo comma, lettera c), seconda parte, del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.

3. Soppresso.

 

 

 

 

 

Art. 11-bis

Domicilio del magistrato

 

1. Il magistrato ha l’obbligo di fissare il proprio domicilio nel comune ove ha sede l’ufficio giudiziario presso il quale esercita le funzioni o comunque ad una distanza non superiore ai quaranta chilometri dal centro della città in cui ha sede l’ufficio. Ai sensi dell’articolo 209-bis, comma 2, del presente regio decreto, può essere autorizzato a fissare il proprio domicilio anche ad una distanza maggiore dalla sede a condizione che non vi sia pregiudizio per il servizio.

 

 

 

 

Art. 46

Costituzione delle sezioni

 

1. Il tribunale ordinario può essere costituito in più sezioni.

1. Il tribunale ordinario è normalmente costituito in più sezioni.

2. Nei tribunali ordinari costituiti in sezioni sono biennalmente designate le sezioni alle quali sono devoluti, promiscuamente o separatamente, gli affari civili, gli affari penali e i giudizi in grado di appello, nonché, separatamente, le controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie.

2. Nei tribunali ordinari costituiti in sezioni sono triennalmente designate le sezioni alle quali sono devoluti, promiscuamente o separatamente, gli affari civili, gli affari penali e i giudizi in grado di appello, nonché, separatamente, le controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie.

3. In ogni tribunale ordinario costituito in sezioni è istituita una sezione dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l'udienza preliminare.

3. Identico.

4. A ciascuna sezione, nella formazione delle tabelle ai sensi dell'articolo 7-bis, sono destinati giudici nel numero richiesto dalle esigenze di servizio, tenuto conto del numero dei processi pendenti, dell'urgenza della definizione delle controversie, nonché del numero delle controversie sulle quali il tribunale giudica in composizione collegiale.

4. Identico.

5. I giudici destinati a ciascuna sezione non possono essere comunque in numero inferiore a cinque. Tale limite non opera per la sezione dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l'udienza preliminare.

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 68

Ufficio del massimario e del ruolo

Art. 68

Ufficio del massimario e del ruolo

1. Presso la corte suprema di cassazione è costituito un ufficio del massimario e del ruolo, diretto da un magistrato della corte medesima designato dal primo presidente.

1. Identico.

2. All'ufficio sono addetti, salvo il disposto del terzo comma dell'art. 135, nove magistrati, di grado non superiore a consigliere di corte d'appello o parificato, cinque dei quali possono essere collocati fuori del ruolo organico della magistratura, entro i limiti numerici stabiliti nell'art. 210 del presente ordinamento.

2. Abrogato.

3. Le attribuzioni dell'ufficio del massimario e del ruolo sono stabilite dal primo presidente della corte suprema di cassazione, sentito il procuratore generale della Repubblica.

3. Le attribuzioni dell'ufficio del massimario e del ruolo sono stabilite dal primo presidente della corte suprema di cassazione nel provvedimento tabellare di cui all’articolo 7-bis.

 

 

 

 

Art. 70

Costituzione del pubblico ministero

Art. 70

Costituzione del pubblico ministero

1. Le funzioni del pubblico ministero sono esercitate dal procuratore generale presso la corte di cassazione, dai procuratori generali della Repubblica presso le corti di appello, dai procuratori della Repubblica presso i tribunali per i minorenni e dai procuratori della Repubblica presso i tribunali ordinari. Negli uffici delle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari possono essere istituiti posti di procuratore aggiunto in numero non superiore a quello risultante dalla proporzione di un procuratore aggiunto per ogni dieci sostituti addetti all'ufficio. Negli uffici delle procure della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto può essere comunque istituito un posto di procuratore aggiunto per specifiche ragioni riguardanti lo svolgimento dei compiti della direzione distrettuale antimafia.

1. Identico.

2. Presso le sezioni distaccate di corte di appello le funzioni del procuratore generale sono esercitate dall'avvocato generale, a norma dell'art. 59.

2. Identico.

3. I titolari degli uffici del pubblico ministero dirigono l'ufficio cui sono preposti, ne organizzano l'attività ed esercitano personalmente le funzioni attribuite al pubblico ministero dal codice di procedura penale e dalle altre leggi, quando non designino altri magistrati addetti all'ufficio. Possono essere designati più magistrati in considerazione del numero degli imputati o della complessità delle indagini o del dibattimento.

3. Identico.

 

3-bis. Il procuratore aggiunto, oltre a svolgere il lavoro giudiziario, coordina il gruppo di lavoro cui è assegnato e, in particolare, vigila sull’andamento dei servizi delle segreterie e degli ausiliari, e sull’attività dei sostituti e cura lo scambio di informazioni e di novità giurisprudenziali all’interno del gruppo di lavoro. Collabora, altresì, con il procuratore della Repubblica nell’attività di direzione dell’ufficio. Con le tabelle formate ai sensi dell’articolo 7-ter, al procuratore aggiunto può essere attribuito l’incarico di coordinare più gruppi di lavoro che trattano materie omogenee, ovvero di coordinare uno o più settori di attività dell’ufficio.

4. Nel corso delle udienze penali, il magistrato designato svolge le funzioni del pubblico ministero con piena autonomia e può essere sostituito solo nei casi previsti dal codice di procedura penale. Il titolare dell'ufficio trasmette al Consiglio superiore della magistratura copia del provvedimento motivato con cui ha disposto la sostituzione del magistrato.

4. Identico.

5. Ogni magistrato addetto ad una procura della Repubblica, che, fuori dell'esercizio delle sue funzioni, viene comunque a conoscenza di fatti che possano determinare l'inizio dell'azione penale o di indagini preliminari, può segnalarli per iscritto al titolare dell'ufficio. Questi, quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione e non intende procedere personalmente, provvede a designare per la trattazione uno o più magistrati dell'ufficio.

5. Identico.

6. Quando il procuratore nazionale antimafia o il procuratore generale presso la corte di appello dispone l'avocazione delle indagini preliminari nei casi previsti dalla legge, trasmette copia del relativo decreto motivato al Consiglio superiore della magistratura e ai procuratori della Repubblica interessati.

6. Identico.

6-bis. Entro dieci giorni dalla ricezione del provvedimento di avocazione, il procuratore della Repubblica interessato può proporre reclamo al procuratore generale presso la Corte di cassazione. Questi, se accoglie il reclamo, revoca il decreto di avocazione, disponendo la restituzione degli atti.

6-bis. Identico.

 

 

 

 

Art. 100

Supplenza del cancelliere


Abrogato

In caso di mancanza o di impedimento temporaneo del cancelliere, può essere, in via di urgenza, assunto ad esercitarne le funzioni altro impiegato del comune delegato dal sindaco.

 

 

 

 

 

Art. 104

Supplenza in caso di mancanza od impedimento del presidente del tribunale ordinario o della sezione

Art. 104

Supplenza in caso di mancanza od impedimento del presidente del tribunale ordinario o della sezione

1. Il magistrato destinato a presiedere il tribunale ordinario o la sezione in caso di mancanza o di impedimento del titolare viene designato annualmente.

1. Il magistrato destinato a presiedere il tribunale ordinario o la sezione in caso di mancanza o di impedimento del titolare viene designato, tenuto anche conto delle capacità organizzative e delle esperienze professionali. Il provvedimento di nomina del vicario, di durata triennale, se non contenuto nelle tabelle di cui all’articolo 7-bis del presente regio decreto, deve essere inviato al Consiglio superiore della magistratura per l’approvazione.

2. Quando a tale designazione non si è provveduto, fa le veci del titolare mancante o impedito il più anziano dei giudici che compongono la sezione. Nelle funzioni che gli sono specialmente attribuite, il presidente del tribunale ordinario è supplito dal più anziano dei presidenti di sezione, o, in mancanza di essi, dal più anziano dei giudici.

2. Identico.

 

 

 

 

Art. 106

Supplenza di giudici istruttori e di giudici di sorveglianza


Abrogato

In caso di mancanza o di impedimento di un giudice istruttore o di un giudice di sorveglianza, il presidente, con suo decreto, destina altro giudice del tribunale ordinario a farne le veci.

 

 

 

 

 

Art. 107

Supplenza del presidente della corte di assise


Abrogato

1. In caso di mancanza o di impedimento, il presidente della corte di assise viene sostituito, con provvedimento del primo presidente della corte di appello, sentito il procuratore generale del Re Imperatore, da un altro presidente di sezione o da un consigliere di corte di appello, sempre che il primo presidente non decida di presiederla egli stesso.

 

2. Nei dibattimenti che si prevedono di lunga durata, il primo presidente della corte di appello ha facoltà di destinare un presidente aggiunto, meno anziano di quello ordinario, il quale assiste al dibattimento, per continuarlo in caso di legittimo impedimento del presidente ordinario.

 

 

 

 

 

Art. 108

Supplenza dei magistrati della corte di appello

Art. 108

Supplenza dei magistrati della corte di appello

1. Sono annualmente designati i magistrati destinati a presiedere la corte o la sezione, in caso di mancanza o di impedimento dei rispettivi titolari.

1. Sono triennalmente designati i magistrati destinati a presiedere la corte o la sezione, in caso di mancanza o di impedimento dei rispettivi titolari.

2. Quando a tale designazione non si è provveduto, fa le veci del titolare mancante o impedito il più anziano dei magistrati del grado immediatamente inferiore, appartenente alla corte o alla sezione.

2. Quando a tale designazione non si è provveduto, fa le veci del titolare mancante o impedito il più anziano dei magistrati appartenente alla corte o alla sezione.

3. Se in una sezione manca, o è impedito il presidente o alcuno dei consiglieri necessari per costituire il collegio giudicante, il presidente, quando non può provvedere a norma dell'art. 97, delega a supplirli il presidente o il più anziano dei presidenti di sezione del tribunale ordinario.

3. Identico.

 

 

 

 

Art. 119

Funzioni equiparate ai gradi dei magistrati di appello


Abrogato

1. I consiglieri e i sostituti procuratori generali di corte di appello esercitano rispettivamente, anche le funzioni di presidente o presidente di sezione e di procuratore della Repubblica nei tribunali, ovvero quelle di procuratore aggiunto in quei tribunali nei quali l'ufficio di procuratore della Repubblica è rivestito da magistrati di grado superiore, giusta la disposizione dell'articolo seguente.

 

2. I presidenti di sezione nei tribunali devono essere normalmente meno anziani del presidente del tribunale.

 

3. Nei tribunali indicati nella tabella L annessa al presente ordinamento, le funzioni di capo dell'ufficio di istruzione sono esercitate da magistrati aventi grado di consigliere di corte di appello.

 

 

 

 

 

Art. 120

Funzioni equiparate ai gradi dei magistrati di cassazione


Abrogato

1. I consiglieri ed i sostituti procuratori generali di corte di cassazione esercitano anche, nei tribunali indicati nella tabella di cui al precedente articolo, le funzioni di presidente o di procuratore della Repubblica, e nelle corti di appello le funzioni di presidente di sezione o di avvocato generale.

 

 

 

 

 

 

Art. 120-bis

Destinazione dei magistrati ordinari in tirocinio

 

1. La destinazione dei magistrati ordinari agli uffici giudiziari per svolgere il tirocinio è disposta con decreto del Ministro della giustizia previa delibera conforme del Consiglio superiore della magistratura.

 

 

 

 

Art. 130

Nomina di uditori in soprannumero Concorsi


Abrogato

1. Il Ministro di grazia e giustizia ha facoltà di nominare uditori giudiziari in soprannumero ai posti fissati per tale grado nella tabella F annessa al presente ordinamento, purché siano mantenuti vacanti altrettanti posti nei gradi superiori del ruolo dei pretori (290) ed in quello della magistratura collegiale, globalmente considerati.

 

2. Il Ministro di grazia e giustizia ha, altresì facoltà di indire i relativi concorsi sempre che lo ritenga necessario, premesse le autorizzazioni richieste dalle disposizioni vigenti.

 

 

 

 

 

Art. 148

Titoli di preferenza nelle promozioni per concorso e per scrutinio


Abrogato

1. Nelle promozioni per concorso, hanno la preferenza, a parità di punti e nell'ordine seguente, i magistrati appartenenti ad una delle categorie sotto indicate:

1° decorati al valor militare;

2° mutilati o invalidi di guerra o mutilati o invalidi per la causa fascista;

3° feriti in combattimento; feriti per la causa fascista in possesso del relativo brevetto ed iscritti ininterrottamente al P.N.F. dalla data dell'evento che fu causa della ferita;

4° decorati della croce al merito di guerra o di altra attestazione speciale di merito di guerra; squadristi in possesso della relativa qualifica; magistrati che hanno militato nelle legioni fiumane; magistrati che sono in possesso del brevetto di partecipazione alla marcia su Roma e sono, altresì, iscritti ininterrottamente ai fasci di combattimento da data anteriore al 28 ottobre 1922;

5° magistrati che hanno prestato servizio militare come combattenti o che sono iscritti ininterrottamente al P.N.F. da data anteriore al 28 ottobre 1922.

 

2. I magistrati dichiarati promovibili per merito distinto a seguito di scrutinio, compresi nelle categorie sopraindicate, sono promossi con precedenza sugli altri magistrati parimenti classificati, fino alla concorrenza di un terzo dei posti annualmente riservati al merito distinto.

 

 

 

 

 

Capo VI

Delle promozioni al grado di primo pretore[25]


Abrogato

Art. 175

Scrutinio dei pretori


Abrogato

1. Le promozioni al grado di primo pretore si effettuano a seguito di scrutinio a turno di anzianità dei pretori, compresi nel numero di graduatoria da determinarsi dal Ministro per ciascuna richiesta di scrutinio che non può comprendere più di 50 pretori.

2. Possono partecipare allo scrutinio i pretori che compiono almeno sedici anni di effettivo servizio in magistratura alla data del 31 dicembre dell'anno in cui viene indetto lo scrutinio.

Lo scrutinio dà luogo all'attribuzione delle qualifiche di merito distinto e di merito, ed i pretori scrutinati sono collocati nei rispettivi elenchi in ordine di anzianità.

Le promozioni hanno luogo per due quinti delle vacanze annuali a favore dei pretori dichiarati promovibili per merito distinto, e per tre quinti a favore dei promovibili per merito.

Lo scrutinio deve essere rinnovato se il pretore non ottiene la promozione entro tre anni dalla chiusura della sessione.

Si osservano le disposizioni degli artt. 148 e 162 a 174 in quanto applicabili.

 

 

 

 

 

Capo VII

Delle promozioni in corte di cassazione[26]


Abrogato

Art. 176

Sistema delle promozioni


Abrogato

1. Le promozioni ai gradi di consigliere di corte di cassazione e parificati si effettuano:

a) mediante concorso per titoli;

b) mediante scrutinio a turno di anzianità.

 

 

 

 

 

Art. 179

Concorso per titoli. Requisiti per l'ammissione


Abrogato

1.

 

2.

 

3. Per i consiglieri di corte di appello e magistrati di grado parificato che già appartennero alla carriera dei pretori col grado di primo pretore, il periodo di servizio effettivo prestato in detto grado è considerato come utile agli effetti di cui al precedente comma[27].

 

 

 

 

 

Art. 187

Formazione dell'elenco dei promovibili


Abrogato

Compiuto lo scrutinio relativo a ciascuna richiesta il consiglio superiore della magistratura dichiara chiusa la sessione, e forma l'elenco dei promovibili nell'ordine di anzianità di ciascun magistrato, salvo il disposto dell'articolo 148.

 

 

 

 

 

Art. 192

Assegnazione delle sedi per tramutamento

Art. 192

Assegnazione delle sedi per tramutamento

L'assegnazione delle sedi per tramutamento è disposta secondo le norme seguenti:

La vacanza di sedi giudiziarie è annunciata nel Bollettino Ufficiale del Ministero di grazia e giustizia. L'annuncio può, peraltro, essere omesso per necessità di servizio.

Le domande di tramutamento ad altra sede sono dirette per via gerarchica al Ministro di grazia e giustizia e possono essere presentate in qualunque momento, indipendentemente dall'attualità della vacanza o dall'annuncio di questa nel Bollettino Ufficiale. Esse conservano validità fino a quando non sono, con successiva dichiarazione o con altra domanda, revocate.

All'assegnazione di ciascuna sede si procede in base alle domande. La scelta tra gli aspiranti è fatta dal Ministro, con riguardo alle attitudini di ciascuno di essi, al suo stato di famiglia e di salute, al merito ed all'anzianità.

Sono titoli di preferenza, a parità delle altre condizioni personali quelli indicati nell'articolo 148.

Non sono ammesse domande di tramutamento con passaggio dalle funzioni giudicanti alle requirenti o viceversa, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura.

Se la vacanza è stata annunciata nel Bollettino Ufficiale, i magistrati che aspirano alla sede vacante debbono fare domanda di tramutamento, ove non l'abbiano presentata precedentemente, entro dieci giorni dalla pubblicazione dell'annuncio. Trascorso tale termine, non si tiene conto della domanda.

1. L’individuazione di posti vacanti da ricoprire presso uffici giudiziari è disposta dal Consiglio superiore della magistratura con delibera trasmessa agli uffici giudiziari ed al Ministero della giustizia per tutti i magistrati fuori del ruolo organico. Nella delibera è indicata la data entro la quale ciascun magistrato può presentare la domanda di tramutamento. Le domande non accolte in relazione alla vacanza per la quale sono state presentate conservano validità sino alla revoca.

2. Nel rispetto dei requisiti di cui all’articolo 12 del citato decreto legislativo n. 160 del 2006, il Consiglio superiore della magistratura valuta le domande tenendo conto delle attitudini, dell’impegno, della laboriosità, della diligenza e delle capacità direttive di ciascuno degli aspiranti, come desunte dalle valutazioni di professionalità formulate e dalla documentazione prodotta dagli interessati, nonché delle eventuali situazioni particolari relative alla famiglia e alla salute. In caso di parità all’esito della valutazione prevale il candidato con maggiore anzianità di servizio. Si applica l’articolo 13, comma 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006 n. 160.

3. Il Consiglio superiore della magistratura regola con proprie delibere le modalità e i tempi di pubblicazione dei posti vacanti da mettere a concorso, la modalità di presentazione delle domande ed il numero e la revocabilità delle stesse.

 

 

 

 

Art. 193

Assegnazione delle sedi per promozione


Abrogato

1. Nell'assegnazione delle sedi per promozione si ha riguardo al grado di merito, desunto, sia dalla classificazione ottenuta dal magistrato a seguito di concorso o di scrutinio, sia dal modo col quale egli ha esercitato le sue funzioni per il tempo posteriore alla classificazione medesima, tenuto conto delle attitudini da lui dimostrate in relazione al posto da assegnarsi.

 

2. Sono, altresì, valutati lo stato di famiglia ed i titoli indicati nell'art. 148.

 

 

 

 

 

Art. 194

Tramutamenti successivi

Art. 194

Tramutamenti successivi

1. Il magistrato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni, ad una sede da lui chiesta, non può essere trasferito ad altre sedi o assegnato ad altre funzioni prima di tre anni dal giorno in cui ha assunto effettivo possesso dell'ufficio, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia.

1. Identico.

 

1-bis. I magistrati assegnati a domanda ad una sezione o ad un gruppo di lavoro ai sensi degli articoli 7-bis e 7-ter, non possono ottenere una diversa assegnazione all’interno dello stesso ufficio prima di tre anni dall’effettivo possesso, salve gravi ragioni di salute o gravi ragioni di servizio.

 

 

 

 

Capo X

Dei magistrati con funzioni amministrative del Ministero di grazia e giustizia

Capo X

Collocamento fuori ruolo e ricollocamento in ruolo dei magistrati ordinari

Art. 196

Destinazione di magistrati al Ministero di grazia e giustizia

Art. 196

Collocamento fuori ruolo

1. I magistrati possono essere destinati ad esercitare funzioni amministrative nel Ministero di grazia e giustizia, in conformità delle norme speciali contenute nell'ordinamento del Ministero medesimo, nel numero e nei gradi stabiliti dalla tabella N annessa al presente ordinamento. Tale tabella può essere, con decreto reale, modificata su proposta del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro delle finanze.

1. I magistrati possono essere collocati fuori del ruolo organico della magistratura per svolgere incarichi elettivi o funzioni amministrative o presso organismi internazionali nei casi e nei limiti previsti dalla legge, entro il numero massimo di 230 unità, salvo quanto previsto dall’articolo 13 del decreto legge 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2001, n. 317.

2. Essi sono collocati fuori del ruolo organico della magistratura durante l'esercizio delle predette funzioni.

2. Nel limite di cui al comma 1, non si computano i collocamenti fuori ruolo disposti ai sensi degli articoli 1, 7 e 7-bis della legge 24 marzo 1958, n. 195, della legge 27 luglio 1962, n. 1114, quelli disposti ai sensi dell’articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, quelli disposti ai sensi dell’articolo 1 della legge 12 agosto 1962, n. 1311, quelli in servizio all’estero, per effetto dell’azione comune 96/277/GAI, del Consiglio, del 22 aprile 1996, o in altri Stati o presso enti ed organismi internazionali o nel quadro di programmi bilaterali o multilaterali di assistenza o cooperazione giudiziaria, quelli di cui all’articolo 210 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, nonchè quelli relativi ad incarichi presso organi costituzionali.

 

3. Il collocamento fuori ruolo è sempre richiesto dal Ministro della giustizia ed è adottato con decreto dello stesso Ministro su conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura.

 

4. La cessazione dal collocamento fuori ruolo può avvenire a domanda del magistrato o d’ufficio, a seguito della scadenza del mandato elettivo o dell’incarico conferito o della messa a disposizione da parte del Ministro.

 

5. Per il ricollocamento in ruolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 196-bis.

 

6. Nel periodo di servizio prestato fuori ruolo per lo svolgimento di funzioni di cui al comma 1, si applicano le disposizioni sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato in quanto compatibili.

 

7. Il servizio prestato fuori del ruolo organico della magistratura è equiparato, ad ogni effetto di legge, a quello prestato nell’ultima funzione giudiziaria o giurisdizionale svolta

 

 

 

 

 

Art. 196-bis

Collocamento fuori ruolo e ricollocamento in ruolo dei magistrati

 

1. Il collocamento fuori ruolo dei magistrati, fatta eccezione per gli incarichi apicali di diretta collaborazione, non può superare il periodo massimo complessivo di dieci anni. Ai soli fini del computo del periodo massimo non si tiene conto del periodo trascorso fuori ruolo antecedentemente all’entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 160 del 2006 e dei periodi di aspettativa per mandato elettivo.

 

2. Non possono essere collocati fuori del ruolo organico della magistratura i magistrati che non abbiano conseguito la seconda valutazione di professionalità.

 

3. Il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura è equiparato all’esercizio delle ultime funzioni giudiziarie svolte e il ricollocamento in ruolo, a domanda o d’ufficio, avviene, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato:

a) per i magistrati in aspettativa per mandato elettivo, mediante concorso virtuale in una sede vacante, appartenente ad un distretto sito in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte è ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto, salvo che lo stesso svolgesse le sue funzioni presso la Corte di cassazione o la Procura generale presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia;

b) per i magistrati collocati fuori ruolo da meno di tre anni e che non ricoprivano incarichi semidirettivi o direttivi, nella sede precedentemente occupata prima del collocamento fuori ruolo anche in soprannumero da riassorbire con la prima vacanza;

c) per i magistrati collocati fuori ruolo da più di tre anni e che non ricoprivano incarichi semidirettivi o direttivi, nella sede precedentemente occupata prima del collocamento fuori ruolo anche in soprannumero da riassorbire con la prima vacanza o in altra sede mediante concorso virtuale;

d) per i magistrati che ricoprivano incarichi direttivi o semidirettivi, mediante concorso virtuale in un ufficio giudiziario con funzioni nè semidirettive nè direttive nè di legittimità, anche in soprannumero da riassorbire con la prima vacanza.

 

4. Ai magistrati ricollocati in ruolo ai sensi del comma 3 del presente articolo e dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, non si applica il termine di cui all’articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dalla presente legge.

 

5. Fuori dai casi di cui al comma 3, lettere a), c) e d), non è consentito il tramutamento di sede per concorso virtuale, salvo nel caso di gravi e comprovate ragioni di salute, di sicurezza o che non sia possibile l’assegnazione di sede entro due mesi dalla messa a disposizione o dalla richiesta di ricollocamento in ruolo.

 

 

 

 

Art. 199

Servizio dei magistrati addetti al Ministero

Art. 199

Servizio dei magistrati addetti al Ministero della giustizia

1. Le norme speciali contenute nell'ordinamento del Ministero determinano il numero e le attribuzioni dei magistrati dei vari gradi che prestano servizio negli uffici del Ministero medesimo. Il detto servizio è, ad ogni effetto, parificato a quello prestato negli uffici giudiziari, salvo il disposto dell'articolo seguente.

1. Le norme dell’ordinamento del Ministero della giustizia determinano il numero e le attribuzioni dei magistrati che vi prestano servizio.

2. Nel tempo in cui prestano servizio al Ministero, tranne per quanto riguarda l'ordinamento gerarchico e le promozioni, si applicano ai magistrati le disposizioni sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato.

2. Soppresso.

 

 

 

 

Art. 201

Computo dell'anzianità

Art. 201

Computo dell'anzianità

1. L'anzianità dei magistrati si computa dalla data del decreto di nomina in ciascun grado. In caso di nomina contemporanea, l'anzianità è determinata dall'ordine nel quale le promozioni sono conferite secondo le disposizioni contenute nel presente titolo.

1. L'anzianità dei magistrati si computa dalla data del decreto di nomina a magistrato ordinario.

2. L'anzianità degli uditori è determinata dall'ordine della graduatoria a norma dell'art. 127.

2. L'anzianità dei magistrati ordinari è determinata dall'ordine della graduatoria utilizzata per la nomina.

3. Resta salva la diversa decorrenza di anzianità stabilita dalle disposizioni in vigore in relazione allo stato civile dei magistrati.

3. Abrogato.

 

 

 

 

Art. 202

Sospensione ed interruzione del servizio

Art. 202

Sospensione ed interruzione del servizio

1. Il periodo trascorso dai magistrati in aspettativa per servizio militare o per motivi di salute non importa interruzione di servizio, né pregiudizio all'anzianità, salve le disposizioni vigenti in ordine al tempo utile per la pensione.

1. Identico.

2. Il periodo trascorso in disponibilità non è utile ai fini dell'avanzamento ai gradi 8°, 7° e 6°.

2. Abrogato.

3. Il servizio militare non importa interruzione del tirocinio degli uditori, necessario per l'ammissione all'esame per la nomina ad aggiunto giudiziario.

3. Abrogato.

4. Nel caso di sospensione dall'ufficio, seguita da un provvedimento disciplinare di rimozione o di destituzione, si deduce dal servizio, agli effetti dell'eventuale trattamento di quiescenza, il periodo di durata della sospensione medesima.

4. Identico.

 

 

 

 

Capo XII

Degli stipendi e degli assegni

Capo XII

Degli stipendi e degli assegni

Art. 204

Stipendi ed assegni fissi


Abrogato

1. Gli stipendi spettanti ai magistrati di ciascun grado gerarchico ed i relativi aumenti periodici e supplementi di servizio attivo sono determinati dalle leggi generali.

 

 

 

 

 

Art. 205

Indennità di rappresentanza


Abrogato

1. Ai magistrati indicati nella tabella P annessa al presente ordinamento sono assegnate le indennità per spese di rappresentanza nella misura stabilita nella tabella stessa.

 

 

 

 

 

Art. 206

Indennità per i magistrati di corte d'assise


Abrogato

1. Ai magistrati destinati a prestare servizio nelle corti di assise, fuori della loro residenza spettano le indennità stabilite dalle disposizioni vigenti per le missioni.

2. L'indennità giornaliera è ridotta a due terzi dopo il primo mese, quando fra una sessione e l'altra non si verifica l'interruzione di almeno quindici giorni.

 

 

 

 

 

Art. 207

Indennità per i magistrati che esercitano funzioni speciali


Abrogato

1. Ai presidenti di sezione di corte di appello incaricati delle funzioni di presidente di assise, ai magistrati dell'ufficio di istruzione dei processi penali ed applicati all'ufficio medesimo sono assegnate rispettivamente le indennità stabilite nella tabella Q annessa al presente ordinamento.

 


Il R.D.lgs. n. 511 del 1946 coordinato con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo

R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511

AS 1447 (Governo)

 

 

 

Art. 6
(Disposizioni varie)

R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511

 

Guarentigie della magistratura

 

 

 

Art. 2

Inamovibilità della sede

Art. 2

Inamovibilità della sede

1. I magistrati di grado non inferiore a giudice, sostituto procuratore della Repubblica o pretore, non possono essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, se non col loro consenso.

1. I magistrati cui sono state conferite funzioni non possono essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni se non con il loro consenso.

2. Essi tuttavia possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, previo parere del Consiglio superiore della magistratura, quando si trovino in uno dei casi di incompatibilità previsti dagli artt. 16, 18 e 19 dell'Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, numero 12 , o quando, per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità. Il parere del Consiglio superiore è vincolante quando si tratta di magistrati giudicanti.

2. Identico.

3. In caso di soppressione di un ufficio giudiziario, i magistrati che ne fanno parte, se non possono essere assegnati ad altro ufficio giudiziario nella stessa sede, sono destinati a posti vacanti del loro grado ad altra sede.

3. Identico.

4. Qualora venga ridotto l'organico di un ufficio giudiziario, i magistrati meno anziani che risultino in soprannumero, se non possono essere assegnati ad altro ufficio della stessa sede, sono destinati ai posti vacanti del loro grado in altra sede.

4. Identico.

5. Nei casi previsti dai due precedenti commi si tiene conto, in quanto possibile, delle aspirazioni dei magistrati da trasferire.

5. Identico.

 


La legge n. 195 del 1958 coordinata con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo

L. 24 marzo 1958, n. 195

AS 1447 (Governo)

 

 

 

Art. 6
(Disposizioni varie)

L. 24 marzo 1958, n. 195

 

Norme sulla Costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura

 

 

 

Capo I

Composizione ed organizzazione del Consiglio superiore

Capo I

Composizione ed organizzazione del Consiglio superiore

Art. 1

Componenti e sede del Consiglio

Art. 1

Componenti e sede del Consiglio

1. Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica ed è composto dal primo presidente della Corte suprema di cassazione, dal procuratore generale della Repubblica presso la stessa Corte, da sedici componenti eletti dai magistrati ordinari e da otto componenti eletti dal Parlamento, in seduta comune delle due Camere.

1. Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica ed è composto dal primo presidente della Corte suprema di cassazione, dal procuratore generale della Repubblica presso la stessa Corte, da venti componenti eletti dai magistrati ordinari e da dieci componenti eletti dal Parlamento, in seduta comune delle due Camere.

2. Il Consiglio elegge un vice presidente tra i componenti eletti dal Parlamento.

2. Identico.

3. Il Consiglio ha sede in Roma.

3. Identico.

 

 

 

 

Art. 7

Composizione della segreteria

Art. 7

Segreteria

1. La segreteria del Consiglio superiore della magistratura è costituita da un magistrato con funzioni di legittimità che la dirige, da un magistrato con funzioni di merito che lo coadiuva e lo sostituisce in caso di impedimento, da quattordici dirigenti di segreteria di livello equiparato a quello di magistrato di tribunale e dai funzionari addetti ed ausiliari di cui al comma 4.

1. La segreteria del Consiglio superiore della magistratura è costituita dal segretario generale che la dirige, dal vice segretario generale che lo coadiuva, da sedici magistrati addetti alla segreteria nonchè dal personale di cui al decreto legislativo 14 febbraio 2000, n. 37.

2. I magistrati della segreteria sono nominati con delibera del Consiglio superiore della magistratura. A seguito della nomina, sono posti fuori del ruolo organico della magistratura. Alla cessazione dell'incarico sono ricollocati in ruolo con deliberazione del Consiglio. L'incarico cessa alla metà della consiliatura successiva a quella del suo conferimento; esso si protrae comunque fino al momento dell'effettiva sostituzione, ma non può essere rinnovato. L'assegnazione alla segreteria nonché la successiva ricollocazione nel ruolo sono considerate a tutti gli effetti trasferimenti di ufficio.

2. Il segretario generale è nominato dal Consiglio superiore tra i magistrati che abbiano conseguito la quinta valutazione di professionalità tenendo in considerazione, tra l’altro, i criteri di cui all’articolo 11, commi 2 e 3 del citato decreto legislativo n. 160 del 2006.

3. I dirigenti di segreteria sono nominati a seguito di concorso pubblico, le cui modalità sono determinate con apposito regolamento. Titolo di base per la partecipazione al concorso è la laurea in giurisprudenza.

3. Il vice segretario generale è nominato dal Consiglio superiore tra i magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di professionalità tenendo in considerazione, tra l’altro, i criteri di cui all’articolo 11, commi 2 e 3, del citato decreto legislativo n. 160 del 2006.

4. All'ufficio di segreteria sono addetti, inoltre, ventotto funzionari della carriera dirigenziale ed equiparati e della carriera direttiva delle cancellerie e segreterie giudiziarie, nonché quaranta collaboratori di cancelleria ed equiparati, sessanta operatori amministrativi, trenta addetti ai servizi ausiliari e di anticamera, quattro agenti tecnici e quaranta conducenti di automezzi speciali.

4. I sedici addetti alla segreteria sono nominati dal Consiglio superiore tra i magistrati che abbiano conseguito la seconda valutazione di professionalità tenendo in considerazione, tra l’altro, i criteri di cui all’articolo 11, commi 2 e 3 del citato decreto legislativo n. 160 del 2006.

5. Detto personale è inserito in un proprio ruolo organico autonomo del Consiglio superiore della magistratura, istituito con decreto del Presidente della Repubblica ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Consiglio superiore della magistratura.

5. I magistrati di cui al comma 4 sono posti fuori del ruolo organico della magistratura per un periodo non superiore a sei anni, non rinnovabile, fatta eccezione per gli incarichi di cui ai commi 2 e 3. Il ricollocamento in ruolo avviene solo al momento dell’effettiva sostituzione.

6. Sino all'istituzione del ruolo organico autonomo del Consiglio, alle necessità di questo ed altro personale provvede il Ministro di grazia e giustizia mediante comando o distacco su richiesta motivata del Consiglio superiore della magistratura.

Soppresso

7. La segreteria dipende funzionalmente dal comitato di presidenza. Le funzioni del segretario generale, del magistrato che lo coadiuva e dei dirigenti di segreteria sono definite dal regolamento interno.

6. La segreteria dipende funzionalmente dal comitato di presidenza. Le funzioni del segretario generale, del vice segretario generale e dei magistrati addetti alla segreteria sono definite dal regolamento interno del Consiglio superiore della magistratura.

 

 

 

 

Art. 7-bis

Ufficio studi e documentazione

Art. 7-bis

Ufficio studi e contenzioso

1. L'ufficio studi e documentazione del Consiglio superiore della magistratura è composto di dodici funzionari direttivi, sei funzionari, otto dattilografi e otto commessi. All'ufficio studi si accede mediante concorso pubblico le cui modalità e i cui titoli di ammissione sono determinati con apposito regolamento, da emanarsi con decreto del Presidente della Repubblica ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Consiglio superiore della magistratura. Titolo per la partecipazione al concorso per funzionari direttivi è in ogni caso la laurea in giurisprudenza o in scienze politiche o in scienze statistiche o economico-statistiche.

1. Presso il Consiglio superiore della magistratura è istituito l’Ufficio studi e contenzioso con compiti di studio, ricerca, documentazione e predisposizione degli atti relativi al contenzioso, composto da otto magistrati scelti dal consiglio superiore della magistratura tra i magistrati che abbiano conseguito almeno la seconda valutazione di professionalità, e dal personale di cui al decreto legislativo 14 febbraio 2000, n. 37. L’Ufficio è posto alle dirette dipendenze del Comitato di presidenza. I magistrati addetti all’Ufficio studi e contenzioso sono collocati fuori del ruolo organico della magistratura.

2. Il Consiglio nomina un direttore dell'ufficio studi. Le modalità della nomina e le funzioni del direttore e dell'ufficio studi nel suo complesso sono definite dal regolamento interno del Consiglio. L'ufficio studi dipende direttamente dal comitato di presidenza.

2. Il direttore dell’Ufficio studi è nominato dal Consiglio superiore della magistratura. Le modalità di nomina del direttore e dei magistrati addetti, la durata dei relativi incarichi, le competenze dell’Ufficio, anche in relazione all’assistenza ai componenti del Consiglio, sono definite dal regolamento interno del Consiglio»

3. All'interno dell'ufficio studi, e nell'ambito dell'organico complessivo, può essere costituito un gruppo di lavoro per diretta assistenza ai componenti del Consiglio, sulla base di apposita determinazione del comitato di presidenza.

3. Soppresso.

 

 

 

 

Art. 9

Fondi per il funzionamento del Consiglio superiore

Art. 9

Fondi per il funzionamento del Consiglio superiore

1. Il Consiglio superiore della magistratura provvede all'autonoma gestione delle spese per il proprio funzionamento, nei limiti del fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato.

1. Identico.

2. Il predetto stanziamento viene collocato, con unico capitolo, nello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro.

2. Identico.

3. Il Consiglio superiore della magistratura, con proprio regolamento interno, stabilisce le norme dirette a disciplinare la gestione delle spese.

3. Identico.

4. Il rendiconto della gestione viene presentato alla Corte dei conti alla chiusura dell'anno finanziario.

4. Identico.

5. Restano a carico del Ministero di grazia e giustizia gli stipendi sia per i magistrati componenti del Consiglio sia per i magistrati e per il personale addetto alla segreteria del Consiglio medesimo.

5. Restano a carico del Ministero di grazia e giustizia gli stipendi sia per i magistrati componenti del Consiglio sia per i magistrati addetti alla segreteria del Consiglio medesimo.

 

 

 

 

Art. 10-bis

Formazione delle tabelle degli uffici giudiziari

Art. 10-bis

Formazione delle tabelle degli uffici giudiziari

1. La ripartizione degli uffici giudiziari in sezioni, la designazione dei magistrati componenti gli uffici, comprese le corti di assise, e la individuazione delle sezioni alle quali sono devoluti gli affari civili, gli affari penali, le controversie in materia di lavoro e i giudizi in grado di appello, sono effettuate ogni biennio con decreto del Presidente della Repubblica, in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura, assunte sulle proposte formulate dai presidenti delle corti di appello sentiti i consigli giudiziari; decorso il biennio, l'efficacia del decreto è prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto.

1. La ripartizione degli uffici giudiziari in sezioni, la designazione dei magistrati componenti gli uffici, comprese le corti di assise, e la individuazione delle sezioni alle quali sono devoluti gli affari civili, gli affari penali, le controversie in materia di lavoro e i giudizi in grado di appello, sono effettuate ogni triennio con decreto del Presidente della Repubblica, in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura, assunte sulle proposte formulate dai presidenti delle corti di appello sentiti i consigli giudiziari; decorso il biennio, l'efficacia del decreto è prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto.

2. A ciascuna sezione debbono essere destinati i magistrati nel numero richiesto dalle esigenze del servizio, tenuto conto del numero dei processi pendenti e della urgenza della definizione delle controversie.

2. Identico.

3. Le deliberazioni di cui ai commi precedenti sono adottate dal Consiglio superiore valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell'articolo 11 e possono essere variate nel corso del biennio per sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari.

3. Le deliberazioni di cui ai commi precedenti sono adottate dal Consiglio superiore valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell'articolo 11 e possono essere variate nel corso del triennio per sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari.

4. Per la costituzione o la soppressione delle sezioni delle corti di assise e delle corti di assise di appello continuano ad osservarsi le disposizioni di cui all'articolo 2-bis della legge 10 aprile 1951, n. 287, aggiunto dall'articolo 1 della legge 21 febbraio 1984, n. 14.

4. Identico.

 


Il D.P.R. n. 916 del 1958 coordinato con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo

 

D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916

AS 1447 (Governo)

 

 

 

Art. 6
(Disposizioni varie)

D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916

 

Disposizioni di attuazione e di coordinamento della L. 24 marzo 1958, n. 195, concernente la costituzione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura e disposizioni transitorie.

 

Art. 30

Collocamento fuori ruolo

Art. 30

Collocamento fuori ruolo

1. I magistrati componenti del Consiglio superiore continuano a esercitare le loro funzioni negli uffici giudiziari ai quali appartengono.

1. Abrogato.

I magistrati componenti elettivi sono collocati fuori del ruolo organico della magistratura. Alla cessazione della carica il Consiglio superiore della magistratura dispone, eventualmente anche in soprannumero, il rientro in ruolo dei magistrati nella sede di provenienza e nelle funzioni precedentemente esercitate. Prima che siano trascorsi due anni dal giorno in cui ha cessato di far parte del Consiglio superiore della magistratura, il magistrato non può essere nominato ad ufficio direttivo o semidirettivo diverso da quello eventualmente ricoperto prima dell'elezione o nuovamente collocato fuori del ruolo organico per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle giudiziarie ordinarie. La predetta disposizione tuttavia non si applica quando il collocamento fuori del ruolo organico è disposto per consentire lo svolgimento di funzioni elettive.

I magistrati componenti elettivi sono collocati fuori del ruolo organico della magistratura. Alla cessazione della carica il Consiglio superiore della magistratura dispone, eventualmente anche in soprannumero, il rientro in ruolo dei magistrati nella sede di provenienza e nelle funzioni precedentemente esercitate, ivi comprese quelle direttive e semidirettive sia di merito che di legittimità se il relativo posto è vacante. Se i magistrati componenti del Consiglio superiore della magistratura esercitavano, all’atto del collocamento fuori ruolo, funzioni direttive o semidirettive ed il relativo posto non è vacante si procede al ricollocamento in ruolo anche in soprannumero in un ufficio giudiziario con funzioni non direttive nè semidirettive, anche in soprannumero, da riassorbire con la prima vacanza, mediante concorso virtuale.

 


Il D.P.R. n. 752 del 1976 coordinato con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo

D.P.R. 26 luglio 1976, n. 752

AS 1447 (Governo)

 

 

 

Art. 6
(Disposizioni varie)

D.P.R. 26 luglio 1976, n. 752

 

Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di proporzione negli uffici statali siti nella provincia di Bolzano e di conoscenza delle due lingue nel pubblico impiego

 

Art. 35

Art. 35

1. Per la copertura dei posti di uditore giudiziario nella provincia di Bolzano sono banditi dal Ministero di grazia e giustizia appositi concorsi. Il numero dei posti da mettere a concorso è determinato in relazione alle vacanze dal Ministro di grazia e giustizia, su delibera del Consiglio superiore della magistratura d'intesa con la provincia di Bolzano rappresentata come previsto dal terzo comma dell'art. 13 del presente decreto.

1. Identico.

2. La commissione d'esame è nominata dal Consiglio superiore della magistratura ed è composta da sei membri che conoscano la lingua italiana e la lingua tedesca, tre appartenenti al gruppo di lingua italiana e tre appartenenti al gruppo di lingua tedesca, scelti da un elenco di nomi predisposto dal Consiglio superiore della magistratura d'intesa con la provincia di Bolzano rappresentata come previsto al comma precedente. I componenti appartenenti a ciascun gruppo linguistico devono essere due magistrati, che non hanno fatto parte della commissione esaminatrice del concorso precedentemente bandito, ed uno docente universitario.

2. Identico.

3. L'elenco di cui al comma precedente deve contenere diciotto nominativi dei quali dodici riferiti a magistrati di categoria non inferiore a magistrato di corte d'appello e sei riferiti a docenti universitari di materie giuridiche.

3. L'elenco di cui al comma precedente deve contenere diciotto nominativi dei quali dodici riferiti a magistrati che hanno conseguito la seconda valutazione di professionalità e sei riferiti a docenti universitari di materie giuridiche.

4. Presiede la commissione, senza voto determinante, il magistrato nominato dal Consiglio superiore della magistratura.

4. Identico.

5. Le prove di concorso si svolgono a Roma.

5. Identico.

 


La legge n. 180 del 1981 coordinata con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo

L. 7 maggio 1981, n. 180

AS 1447 (Governo)

 

 

 

Art. 6
(Disposizioni varie)

L. 7 maggio 1981, n. 180

 

Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace

 

 

 

Art. 1

Magistrati militari

Art. 1

1. I magistrati militari si distinguono in uditori giudiziari militari, magistrati militari di tribunale, d'appello, di cassazione, di cassazione nominati alle funzioni direttive superiori, equiparati, rispettivamente, agli uditori giudiziari, ai magistrati ordinari di tribunale, d'appello, di cassazione, di cassazione nominati alle funzioni direttive superiori.

2. Lo stato giuridico, le garanzie d'indipendenza e l'avanzamento dei magistrati militari sono regolati dalle disposizioni in vigore per i magistrati ordinari, in quanto applicabili, ferme le equiparazioni di cui al comma precedente.

1. La magistratura militare, unica nell’accesso, si distingue secondo le funzioni esercitate. Lo stato giuridico, le garanzie d’indipendenza e le funzioni dei magistrati militari sono regolati dalle disposizioni in vigore per i magistrati ordinari, in quanto applicabili.

2. Le funzioni si distinguono in giudicanti e requirenti di primo grado, secondo grado e requirenti di legittimità, semidirettive giudicanti e requirenti di primo e secondo grado, direttive di primo grado, direttive di secondo grado, sia giudicanti che requirenti e direttive requirenti di legittimità.

3. Le funzioni giudicanti di primo grado sono quelle di giudice presso il tribunale militare ed il tribunale militare di sorveglianza; le funzioni requirenti di primo grado sono quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale militare.

4. Le funzioni giudicanti di secondo grado sono quelle di consigliere presso la corte militare di appello; le funzioni requirenti di secondo grado sono quelle di sostituto procuratore generale presso la corte militare di appello.

5. Le funzioni requirenti di legittimità sono quelle di sostituto procuratore generale militare della Repubblica presso la Corte di cassazione.

6. Le funzioni semidirettive giudicanti di primo grado sono quelle di presidente di sezione presso il tribunale militare; le funzioni semidirettive requirenti di primo grado sono quelle di procuratore militare aggiunto della Repubblica presso il tribunale militare.

7. Le funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado sono quelle di presidente di sezione presso la corte militare di appello; le funzioni semidirettive requirenti di secondo grado sono quelle di avvocato generale militare presso la corte militare di appello.

8. Le funzioni direttive giudicanti di primo grado sono quelle di presidente del tribunale militare e di presidente del tribunale militare di sorveglianza; le funzioni direttive requirenti di primo grado sono quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale militare.

9. Le funzioni direttive giudicanti di secondo grado sono quelle di presidente della corte militare di appello; le funzioni direttive requirenti di secondo grado sono quelle di procuratore generale presso la corte militare di appello.

10. Le funzioni direttive requirenti di legittimità sono quelle di procuratore generale militare presso la Corte di cassazione

 

 

 

 

 

Art. 1-bis

 

1. I magistrati militari sono sottoposti a valutazione di professionalità ogni quadriennio a decorrere dalla data di nomina.

2. Il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 1 avviene a domanda degli interessati mediante una procedura concorsuale per soli titoli alla quale possono partecipare tutti i magistrati che abbiano conseguito almeno la valutazione di professionalità richiesta o d’ufficio, in caso di esito negativo della procedura concorsuale stessa per inidoneità dei candidati o mancanza di candidature, qualora il Consiglio della magistratura militare ritenga sussistere una situazione di urgenza che non consente di procedere a nuova procedura concorsuale.

3. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 1, comma 3, è richiesta la sola delibera di conferimento delle funzioni giurisdizionali al termine del periodo di tirocinio.

4. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 1, commi 4 e 6, è richiesto il conseguimento almeno della seconda valutazione di professionalità.

5. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 1, comma 8, è richiesto il conseguimento della terza valutazione di professionalità.

6. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 1, commi 5 e 7, è richiesto il conseguimento della quarta valutazione di professionalità.

7. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 1, comma 9, è richiesto il conseguimento almeno della quinta valutazione di professionalità.

8. Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 1, comma 10, è richiesto il conseguimento della sesta valutazione di professionalità ed il possesso delle funzioni di cui all’articolo 1, comma 9.

 

 

 

 

 

Art. 1-ter

 

1. L’articolo 13 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, si applica nel senso che il limite territoriale per il mutamento di funzioni da giudicante a requirente e viceversa è costituito per i magistrati militari dalla circoscrizione territoriale in cui prestano servizio. Per la corte militare d’appello e la procura generale presso la stessa il riferimento si intende operato agli ambiti territoriali rispettivamente della sezione centrale e delle sezioni distaccate.

2. Le disposizioni di cui all’articolo 12, commi da 12 a 15, del citato decreto legislativo n. 160 del 2006 non si applicano al conferimento delle funzioni di legittimità alla magistratura militare.

3. Le attività svolte per la magistratura ordinaria dai consigli giudiziari rientrano nella competenza del Consiglio della magistratura militare che vi provvede utilizzando le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, e sono regolate dallo stesso con proprio regolamento.

 


La legge n. 133 del 1998 coordinata con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo

L. 4 maggio 1998, n. 133

AS 1447 (Governo)

 

 

 

Art. 6
(Disposizioni varie)

L. 4 maggio 1998, n. 133

 

Incentivi ai magistrati trasferiti o destinati d'ufficio a sedi disagiate e introduzione delle tabelle infradistrettuali

 

 

 

Art. 5

Valutazione dei servizi prestati nelle sedi disagiate a seguito di assegnazione, trasferimento d'ufficio o applicazione

Art. 5

Valutazione dei servizi prestati nelle sedi disagiate a seguito di assegnazione, trasferimento d'ufficio o applicazione

1. Per i magistrati assegnati o trasferiti d'ufficio a sedi disagiate l'anzianità di servizio è calcolata, ai soli fini del primo tramutamento successivo a quello d'ufficio, in misura doppia per ogni anno di effettivo servizio prestato nella sede dopo il primo biennio di permanenza.

1. Identico.

2. Se la permanenza in servizio presso la sede disagiata del magistrato trasferito ai sensi dell'articolo 1 a sedi disagiate supera i cinque anni, il medesimo ha diritto, in caso di trasferimento a domanda, ad essere preferito a tutti gli altri aspiranti, con esclusione di coloro che sono stati nominati uditori giudiziari in data anteriore al 9 maggio 1998.

2. Abrogato.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai trasferimenti a domanda o d'ufficio che prevedono il conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi o funzioni di legittimità.

3. La disposizione di cui al comma 1, non si applica ai trasferimenti a domanda o d'ufficio che prevedono il conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi o funzioni di legittimità.

4. Fermo restando quanto previsto nel comma 3, per i magistrati applicati in sedi disagiate la anzianità di servizio è calcolata, ai soli fini del primo tramutamento successivo, con l'aumento della metà per ogni mese di servizio trascorso nella sede. Le frazioni di servizio inferiori al mese non sono considerate.

4. Identico.

 


 

Il d.lgs. n. 300 del 1999 coordinato con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo

D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300

AS 1447 (Governo)

 

 

 

Art. 6
(Disposizioni varie)

D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300

 

Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59

 

 

 

Art. 19

Magistrati

Art. 19

Magistrati

1. Il numero massimo dei magistrati collocati fuori dal ruolo organico della magistratura e destinati al Ministero non deve superare le 65 unità.

1. Identico.

 

1-bis. Nel numero di cui al comma 1, non si considerano i magistrati di cui all’articolo 1 della legge 12 agosto 1962, n. 1311, i capi dipartimento, i magistrati incaricati di funzioni all’estero ai sensi della legge 14 marzo 2005, n. 41, quelli in servizio all’estero per effetto dell’azione comune 96/277/GAI, del Consiglio, del 22 aprile 1996, o in altri Paesi o presso enti ed organismi internazionali o nel quadro di programmi bilaterali o multilaterali di assistenza o cooperazione giudiziaria nonchè quelli di cui all’articolo 210 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12. Si applica quanto disposto dall’articolo 13 del decreto-legge 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2001, n. 317.

 


La legge n. 48 del 2001 coordinata con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo

L. 13 febbraio 2001, n. 48

AS 1447 (Governo)

 

 

 

Art. 6
(Disposizioni varie)

L. 13 febbraio 2001, n. 48

 

Aumento del ruolo organico e disciplina dell'accesso in magistratura..

 

 

 

Art. 3

Magistrati destinati a funzioni non giudiziarie

Art. 3

Magistrati destinati a funzioni non giudiziarie

1. Nel ruolo organico della magistratura sono istituiti duecento posti di magistrati di merito o di legittimità, nonché di equiparati ai medesimi, con esclusione degli uditori giudiziari, chiamati a svolgere funzioni diverse da quelle giudiziarie ordinarie, in ossequio alle vigenti disposizioni di legge.

1. Identico.

2. Cessato l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1, i magistrati possono essere assegnati agli uffici giudiziari di provenienza, con le precedenti funzioni, anche in soprannumero che deve essere riassorbito con le successive vacanze.

2. Abrogato.

3. Le disposizioni che regolano il collocamento fuori del ruolo organico della magistratura per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle giudiziarie ordinarie si applicano ai magistrati che occupano i posti di ruolo organico istituiti con il presente articolo.

3. Abrogato.

 

 

 

 

Art. 5

Compiti dei magistrati distrettuali

Art. 5

Compiti dei magistrati distrettuali

1. I magistrati distrettuali sono chiamati alla sostituzione nei seguenti casi di assenza dall'ufficio:

1. Identico:

a) aspettativa per malattia o per altra causa;

a) identica;

b) astensione obbligatoria o facoltativa dal lavoro per gravidanza o maternità ovvero per le altre ipotesi disciplinate dalla legge 8 marzo 2000, n. 53;

b) identica;

c) tramutamento ai sensi dell'articolo 192 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, non contestuale all'esecuzione del provvedimento di trasferimento di altro magistrato nel posto lasciato scoperto;

c) identica;

d) sospensione cautelare dal servizio in pendenza di procedimento penale o disciplinare;

d) identica;

e) esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali deliberato ai sensi dell'articolo 125-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dalla presente legge.

e) esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali deliberato ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del citato decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160;

 

e-bis) vacanza del posto da più di tre mesi senza che sia stata attivata la procedura per la copertura.

2. Non si fa luogo a sostituzione nelle ipotesi di assenza di magistrati con funzioni direttive o semidirettive.

2. Identico.

 

 

 

 

Art. 7

Ulteriori attribuzioni dei magistrati distrettuali

Art. 7

Ulteriori attribuzioni dei magistrati distrettuali

1. Quando non sussistono i presupposti per la sostituzione di magistrati assenti dal servizio, i magistrati distrettuali sono applicati negli uffici giudiziari del distretto secondo le disposizioni previste dall'articolo 110 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, fatta eccezione per quella di cui al terzo periodo del comma 5 dello stesso articolo 110. L'applicazione può essere revocata con la medesima procedura qualora risulti la necessità di procedere alla sostituzione di un magistrato assente dal servizio.

1. Identico.

2. Quando non sussiste necessità di applicazione, i magistrati distrettuali possono essere utilizzati dai Consigli giudiziari per le attività preparatorie ed attuative delle loro deliberazioni.

2. Abrogato.

 

 

 

 

Art. 8

Destinazione alle funzioni di magistrato distrettuale

Art. 8

Destinazione alle funzioni di magistrato distrettuale

1. I posti destinati ai magistrati distrettuali sono messi a concorso con le procedure ordinarie.

1. Identico.

2. Qualora i posti messi a concorso in un distretto siano rimasti scoperti in misura non inferiore al 25 per cento, ai magistrati successivamente destinati a tale sede, con funzioni di magistrato distrettuale, si applicano i benefìci giuridici di cui all'articolo 5 della legge 4 maggio 1998, n. 133, sino a che il numero dei posti scoperto non scende al di sotto del predetto valore, con oneri a carico degli ordinari stanziamenti di bilancio del Ministero della giustizia.

2. Non si procede alla copertura dei posti vacanti destinati ai magistrati distrettuali quando i posti vacanti complessivamente esistenti negli organici degli uffici del distretto eccedono il 15 per cento

 


Il d.lgs. n. 109 del 2006 coordinato con le modifiche previste dall’art. 6 del disegno di legge del Governo

D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109

AS 1447 (Governo)

 

 

 

Art. 6
(Disposizioni varie)

D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109

 

Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonchè modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera f), della L. 25 luglio 2005, n. 150.

 

Art. 2

Illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni

Art. 2

Illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni

1. Costituiscono illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni:

a) fatto salvo quanto previsto dalle lettere b) e c), i comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;

b) l'omissione della comunicazione, al Consiglio superiore della magistratura, della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati dall'articolo 29 del presente decreto;

c) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

d) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell'ambito dell'ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori;

e) l'ingiustificata interferenza nell'attività giudiziaria di altro magistrato;

f) l'omessa comunicazione al capo dell'ufficio, da parte del magistrato destinatario, delle avvenute interferenze;

g) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile;

h) il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile;

 

l) l'emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge;

m) l'adozione di provvedimenti adottati nei casi non consentiti dalla legge, per negligenza grave e inescusabile, che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali;

n) la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti;

o) l'indebito affidamento ad altri di attività rientranti nei propri compiti;

p) l'inosservanza dell'obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l'ufficio in assenza dell'autorizzazione prevista dalla normativa vigente se ne è derivato concreto pregiudizio all'adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità;

q) il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni; si presume non grave, salvo che non sia diversamente dimostrato, il ritardo che non eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell'atto;

r) il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato all'attività di servizio;

s) per il dirigente dell'ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio, l'omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti;

t) l'inosservanza dell'obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione legittima dell'organo competente;

u) la divulgazione, anche dipendente da negligenza, di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonchè la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere indebitamente diritti altrui;

v) pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti con provvedimento non soggetto a impugnazione ordinaria, quando sono dirette a ledere indebitamente diritti altrui nonchè la violazione del divieto di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106.

 

aa) il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio ovvero il costituire e l'utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati;

 

cc) l'adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;

dd) l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti a lui noti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell'ufficio, della sezione o del collegio;

ee) l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come da ultimo modificati dall'articolo 29 del presente decreto, ovvero delle situazioni che possono dare luogo all'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati dagli articoli 26, comma 1 e 27 del presente decreto;

ff) l'adozione di provvedimenti non previsti da norme vigenti ovvero sulla base di un errore macroscopico o di grave e inescusabile negligenza;

gg) l'emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile.

1. Identico.

2. Fermo quanto previsto dal comma 1, lettere g), h), i), l), m), n), o), p), cc) e ff), l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare.

2. Fermo quanto previsto dal comma 1, lettere g), h), l), m), n), o), p), cc) e ff), l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare.

 

 

 

 

Art. 10

Sospensione dalle funzioni

Art. 10

Sospensione dalle funzioni

1. La sospensione dalle funzioni consiste nell'allontanamento dalle funzioni con la sospensione dallo stipendio e il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura.

1. Identico.

2. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare pari ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo, se il magistrato sta percependo il trattamento economico riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla metà, se alla quarta o quinta classe; a un terzo, se alla sesta o settima classe.

2. Al magistrato sospeso dal servizio è corrisposto un assegno alimentare di importo compreso tra un terzo e due terzi dello stipendio percepito, determinato tenuto conto del nucleo familiare del magistrato e della entità della retribuzione stessa.

 

 

 

 

Art. 12

Sanzioni applicabili

Art. 12

Sanzioni applicabili

1. Si applica una sanzione non inferiore alla censura per:

1. Identico:

a) i comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio a una delle parti;

a) identica;

b) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

b) identica;

c) l'omissione, da parte dell'interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificati dall'articolo 29 del presente decreto;

c) identica;

d) il tenere comportamenti che, a causa dei rapporti comunque esistenti con i soggetti coinvolti nel procedimento ovvero a causa di avvenute interferenze, costituiscano violazione del dovere di imparzialità;

d) identica;

e) i comportamenti previsti dall'articolo 2, comma 1, lettere d), e) ed f);

e) identica;

f) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;

f) soppressa;

g) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni;

g) identica;

h) la scarsa laboriosità, se abituale;

h) identica;

i) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;

i) identica;

l) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti;

l) identica;

m) lo svolgimento di incarichi extragiudiziari senza avere richiesto o ottenuto la prescritta autorizzazione dal Consiglio superiore della magistratura, qualora per l'entità e la natura dell'incarico il fatto non si appalesi di particolare gravità.

m) identica.

2. Si applica una sanzione non inferiore alla perdita dell'anzianità per:

a) i comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1, arrecano grave e ingiusto danno o indebito vantaggio a una delle parti;

b) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;

c) i comportamenti previsti dall'articolo 3, comma 1, lettera b).

2. Identico.

3. Si applica la sanzione della incapacità a esercitare un incarico direttivo o semidirettivo per l'interferenza, nell'attività di altro magistrato, da parte del dirigente dell'ufficio o del presidente della sezione, se ripetuta o grave.

3. Identico.

4. Si applica una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni per l'accettazione e lo svolgimento di incarichi e uffici vietati dalla legge ovvero per l'accettazione e lo svolgimento di incarichi per i quali non è stata richiesta o ottenuta la prescritta autorizzazione, qualora per l'entità e la natura dell'incarico il fatto si appalesi di particolare gravità.

4. Identico.

5. Si applica la sanzione della rimozione al magistrato che sia stato condannato in sede disciplinare per i fatti previsti dall'articolo 3, comma 1, lettera e), che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore a un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa, ai sensi degli articoli 163 e 164 del Codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell'articolo 168 dello stesso Codice.

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 14

Titolarità dell'azione disciplinare

Art. 14

Titolarità dell'azione disciplinare

1. L'azione disciplinare è promossa dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione.

1. Identico.

2. Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell'iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede.

2. Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere, entro un anno dalla notizia del fatto, l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell'iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede.

3. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha l'obbligo di esercitare l'azione disciplinare, dandone comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l'azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta, nel corso delle indagini, al Procuratore generale.

3. Identico.

4. Il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici hanno l'obbligo di comunicare al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio nonchè i procuratori aggiunti debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l'attività dei magistrati della sezione o del collegio o dell'ufficio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare.

4. Identico.

5. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l'azione è stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al comma 3, ultimo periodo.

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 15

Termini dell'azione disciplinare

Art. 15

Termini dell'azione disciplinare

1. L'azione disciplinare è promossa entro un anno dalla notizia del fatto, della quale il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha conoscenza a seguito dell'espletamento di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia. La denuncia è circostanziata quando contiene tutti gli elementi costitutivi di una fattispecie disciplinare. In difetto di tali elementi, la denuncia non costituisce notizia di rilievo disciplinare.

1. L'azione disciplinare, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 14, comma 3, è promossa entro un anno dalla notizia del fatto, della quale il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha conoscenza a seguito dell'espletamento di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia. La denuncia è circostanziata quando contiene tutti gli elementi costitutivi di una fattispecie disciplinare. In difetto di tali elementi, la denuncia non costituisce notizia di rilievo disciplinare.

1-bis. Non può comunque essere promossa l'azione disciplinare quando sono decorsi dieci anni dal fatto.

1-bis. Identico.

2. Entro due anni dall'inizio del procedimento il Procuratore generale deve formulare le richieste conclusive di cui all'articolo 17, commi 2 e 6; entro due anni dalla richiesta, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, nella composizione di cui all'articolo 4 della legge 24 marzo 1958, n. 195, si pronuncia.

2. Identico.

3. La richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al Procuratore generale o la comunicazione da quest'ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi dell'articolo 14, comma 3, determinano, a tutti gli effetti, l'inizio del procedimento.

3. Identico.

4. Dell'inizio del procedimento deve essere data comunicazione, entro trenta giorni, all'incolpato, con l'indicazione del fatto che gli viene addebitato. Deve procedersi ad analoga comunicazione per le ulteriori contestazioni di cui all'articolo 14, comma 5. L'incolpato può farsi assistere da altro magistrato, anche in quiescenza, o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell'addebito, nonchè, se del caso, da un consulente tecnico.

4. Identico.

5. Gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all'incolpato o da avviso al difensore, quando è previsto, se già designato, sono nulli, ma la nullità non può essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l'interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

5. Identico.

6. Se la sentenza della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio è di un anno e decorre dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento dalla Corte di cassazione.

6. Identico.

7. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l'incolpato vi consenta.

7. Identico.

8. Il corso dei termini, compreso quello di cui al comma 1-bis, è sospeso:

a) se per il medesimo fatto è stata esercitata l'azione penale, ovvero il magistrato è stato arrestato o fermato o si trova in stato di custodia cautelare, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna;

b) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui è pubblicata la decisione della Corte costituzionale;

c) se l'incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;

d) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell'incolpato o del suo difensore o per impedimento dell'incolpato o del suo difensore;

d-bis) se, nei casi di cui all'articolo 2, comma 1, lettere g) ed h), all'accertamento del fatto costituente illecito disciplinare è pregiudiziale l'esito di un procedimento civile, penale o amministrativo;

d-ter) se il procedimento è sospeso a seguito di provvedimento a norma dell'articolo 16.

8. Identico.

 

 

 

 

Art. 18

Discussione nel giudizio disciplinare

Art. 18

Discussione nel giudizio disciplinare

1. Nella discussione orale un componente della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura nominato dal presidente svolge la relazione.

1. Identico.

2. L'udienza è pubblica. La sezione disciplinare, su richiesta di una delle parti, può disporre che la discussione si svolga a porte chiuse se ricorrono esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all'ufficio che l'incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi.

2. Identico.

3. La sezione disciplinare può:

3. Identico:

a) assumere, anche d'ufficio, tutte le prove che ritiene utili;

a) identica;

b) disporre o consentire la lettura di rapporti dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli personali nonchè delle prove acquisite nel corso delle indagini;

b) identica;

c) consentire l'esibizione di documenti da parte del pubblico ministero, dell'incolpato e del delegato del Ministro della giustizia.

c) consentire l'esibizione di documenti da parte del pubblico ministero, dell'incolpato.

4. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l'esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell'imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 133 del codice di procedura penale.

4. Identico.

5. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale.

5. Identico.

 

 

 

 

Art. 24

Impugnazioni delle decisioni della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura

Art. 24

Impugnazioni delle decisioni della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura

1. L'incolpato, il Ministro della giustizia e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possono proporre, contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui agli articoli 21 e 22 e contro le sentenze della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato.

1. L'incolpato, il Ministro della giustizia e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possono proporre, contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui agli articoli 21 e 22 e contro le sentenze della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura civile. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato.

2. La Corte di cassazione decide a sezioni unite civili, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso.

2. Identico.

 

 


 



[1]     La legge reca: Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza, della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico.

[2]    Cfr.  successivo paragrafo

[3]     La cui efficacia è stata sospesa fino alla data del 31 luglio 2007 dalla legge 24 ottobre 2006, n. 269.

[4]    Con DM 27 aprile 2006, il Ministro della Giustizia (Castelli), di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, ha individuato le province in cui avrebbero trovato sede le tre Scuole Superiori della Magistratura: la sede centrale nella provincia di Latina e le due sedi decentrate nelle province di Bergamo e Catanzaro. Con successivo DM 30 novembre 2006, il Ministro della Giustizia (Mastella) ha modificato la decisione precedentemente assunta ed ha individuato diverse sedi: sede centrale, Firenze; Sede nord, Bergamo; Sede sud, Benevento.

[5]    Di seguito, viene data illustrazione della disciplina di attuazione della riforma introdotta dai 10 decreti legislativi sopra richiamati dando maggior risalto ai provvedimenti interessati dall’intervento di riforma previsto dal disegno di legge del Governo ora in esame.

[6]  Tali disposizioni sanciscono il diritto del pubblico dipendente, sospeso dal servizio o dalla funzione, o che abbia chiesto di essere collocato anticipatamente in quiescenza, a seguito di processo penale conclusosi in maniera ampiamente liberatoria, di ottenere l'assegnazione o il ripristino del rapporto di impiego “anche oltre i limiti di età previsti dalla legge, comprese eventuali proroghe, per un periodo pari a quello della sospensione ingiustamente subita e del periodo di servizio non espletato per l’anticipato collocamento in quiescenza, cumulati tra loro” –

[7]    Al riguardo, si rinvia alla precedente nota n. 5.

[8]    In relazione a questa materia si segnala che il Parlamento ha recentemente convertito, con la legge 23 maggio 2007, n. 66, il decreto legge n. 36 del 2007, recante Disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari . Nello specifico, il decreto-legge si limita a differire al mese di aprile 2008 la data delle elezioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei Consigli giudiziari presso le Corti di appello, prorogando, conseguentemente, i componenti dei Consigli giudiziari in carica, che continueranno pertanto a svolgere le proprie funzioni fino alla proclamazione dei nuovi eletti.

[9]    La legge reca: Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[10]   Il decreto legislativo reca: Riforma dell' organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[11]   Gli artt. 1 e 2 del citato decreto sono stati successivamente novellati dalla legge 269/2006. Per le relative modifiche vedi il successivo paragrafo.

[12]   Cfr. nota 13.

[13]   Il decreto in esame è stato profondamente novellato dalla citata legge 269 del 2006; per le modifiche introdotte, si veda il successivo paragrafo.

[14]   Il citato art. 8 stabilisce che al candidato sono consegnate in ciascuno dei giorni di esame due buste di eguale colore, una grande munita di un tagliando con numero progressivo ed una piccola contenente un cartoncino bianco. Sul tagliando deve essere scritto il numero corrispondente a quello segnato sulla tessera di riconoscimento inviata al candidato. Le buste residue, oltre quelle consegnate ai candidati, sono chiuse in piego suggellato con il bollo dell'ufficio. Sul piego appongono la firma il presidente o chi ne fa le veci, un componente della Commissione ed il segretario. Detto piego non può essere aperto se non per trarne le buste da consegnare eventualmente ai candidati che le richiedono in sostituzione di buste deteriorate che devono essere restituite. In tal caso le buste residue comprese quelle deteriorate sono chiuse in altro piego suggellato e firmato dagli stessi soggetti sopracitati. Il numero di dette buste deve corrispondere alla differenza fra il numero delle buste rimesse al presidente in ciascun giorno delle prove e quelle consegnate ai candidati.

Il candidato, dopo svolto il tema, senza apporvi sottoscrizione né altro contrassegno, mette il foglio o i fogli nella busta più grande. Scrive il proprio nome, cognome e paternità nel cartoncino e lo chiude nella busta piccola. Pone quindi anche la busta piccola nella grande che richiude e consegna al presidente od a chi ne fa le veci, esibendo la tessera di riconoscimento. Il presidente, o chi ne fa le veci, dopo aver accertato che il numero segnato sul tagliando corrisponde a quello della tessera, appone la sua firma trasversalmente sulle buste in modo che vi resti compreso il lembo di chiusura e la restante parte della busta stessa.

Nel giorno e nell'ora che saranno indicati dal presidente alla chiusura delle prove, la Commissione in seduta plenaria, alla presenza di dieci candidati designati dal presidente e tempestivamente avvertiti, constata la integrità dei sigilli e delle firme, apre i pieghi contenenti i lavori, raggruppa le tre buste aventi lo stesso numero, e, dopo aver staccato i tagliandi le chiude in un'unica busta più grande. Su questa viene apposto un numero progressivo, soltanto quando è ultimata l'operazione di raggruppamento per tutti i lavori, avendo cura di rimescolare le buste prima di apporre il numero.

Tutte le buste debitamente numerate sono poi raccolte in piego suggellato e firmato con le stesse modalità sopradescritte.

Di tutto quanto sopra è disposto come pure di tutto quanto avviene durante lo svolgimento delle prove viene redatto processo verbale sottoscritto dal presidente, o da chi ne fa le veci e dal segretario.

[15]   DPR 26 luglio 1976, n. 752, Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di proporzione negli uffici statali siti nella provincia di Bolzano e di conoscenza delle due lingue nel pubblico impiego.

[16]   Si tratta dei presidenti dei tribunali di sorveglianza di Ancona, Macerata, Bari, Foggia, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Brescia, Mantova, Cagliari, Nuoro, Sassari, Caltanissetta, Catania, Siracusa, Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria, Firenze, Siena, Livorno, Pisa, Genova, Massa, L'Aquila, Pescara, Lecce, Messina, Milano, Pavia, Varese, Napoli, Avellino, Campobasso, Salerno, Santa Maria Capua Vetere, Palermo, Agrigento, Trapani, Perugina, Spoleto, Potenza, Roma, Frosinone, Viterbo, Torino, Alessandria, Novara, Vercelli, Cuneo, Trento, Trieste, Udine, Venezia, Padova e Verona.

[17]   Con DM 27 aprile 2006, il Ministro della Giustizia (Castelli), di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, ha individuato le province in cui avrebbero trovato sede le tre Scuole Superiori della Magistratura: la sede centrale nella provincia di Latina e le due sedi decentrate nelle province di Bergamo e Catanzaro. Con successivo DM 30 novembre 2006, il Ministro della Giustizia (Mastella) ha modificato la decisione precedentemente assunta ed ha individuato diverse sedi: sede centrale, Firenze; Sede nord, Bergamo; Sede sud, Benevento.

[18]   Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[19]   Questa scelta del legislatore, già criticata dal CSM in sede di parere sullo schema di decreto, è stata ritenuta, anche dalla dottrina, non rispettosa dei principi costituzionali fissati negli articoli 101-110 della Costituzione: infatti, l'attribuire al ministro della Giustizia la soluzioni di conflitti fra il capo dell'ufficio e il dirigente amministrativo «ribalta la gerarchia di valori fissata in Costituzione. È evidente, infatti, che il programma annuale predisposto dal magistrato e dal dirigente deve coordinarsi con il progetto organizzativo (tabellare) approvato dal Csm e deve tenere conto della programmazione del lavoro giudiziario. In altre parole, il programma annuale ha diretta incidenza sull'esercizio dell'attività giurisdizionale e non rappresenta una mera programmazione di attività esecutive» (cfr. Marini L., Ridisegnati i compiti dei dirigenti, in Il Sole 24 Ore - Guida al Diritto, numero 35 del 9 settembre 2006, pag. 38 e ss.).

[20]   Complessivamente risultano istituite sedici direzioni generali regionali o interregionali.

[21]   L. Marini (Grandi tribunali, direttori al «timone», in Il Sole 24 Ore - Guida al Diritto numero 35 del 9 settembre 2006, p. 35) afferma che «L'articolo 7 non menziona le competenze statistiche tra quelle di pertinenza del ministero, mentre le cita tra quelle delle direzioni regionali/interregionali. Se ne dovrebbe dedurre che in questo settore ogni direzione locale vedrebbe garantita autonomia e responsabilità esclusive. Così non può essere, posto che il sistema statistico nazionale si articola attorno a strutture centralizzate presso le diverse amministrazioni (il riferimento è al Dlgs 6 settembre 1989 n. 322 si veda «Gazzetta Ufficiale» del 22 settembre 1989 n. 222), «Norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica, ai sensi dell'articolo 24 della legge 23 agosto 1988, n. 400») e che non può neppure ipotizzarsi un arretramento rispetto all'assetto attuale della competente direzione generale centrale. Conosciamo tutti le difficoltà che il sistema giustizia ancora incontra nell'ottenere informazioni statistiche attendibili ed è evidente che il ministero dovrà fare molto per garantire progettualità, coordinamento e uniformità, tutte caratteristiche che richiedono la presenza di una “forte” struttura dedicata centralizzata».

[22]   Il DPR reca: “Disposizioni di attuazione e di coordinamento della L. 24 marzo 1958, n. 195, concernente la costituzione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura e disposizioni transitorie”.

[23]   Si ricorda che in base all'attuale formulazione dell'articolo 192 della legge n. 12 del 1941 le domande di tramutamento ad altra sede sono dirette per via gerarchica al Ministro della  giustizia e possono essere presentate in qualunque momento, indipendentemente dall'attualità della vacanza o dall'annuncio di questa nel Bollettino Ufficiale. Esse conservano validità fino a quando non sono, con successiva dichiarazione o con altra domanda, revocate. All'assegnazione di ciascuna sede si procede in base alle domande. La scelta tra gli aspiranti è fatta dal Ministro, con riguardo alle attitudini di ciascuno di essi, al suo stato di famiglia e di salute, al merito ed all'anzianità. Sono titoli di preferenza, a parità delle altre condizioni personali quelli indicati nell'articolo 148. Non sono ammesse domande di tramutamento con passaggio dalle funzioni giudicanti alle requirenti o viceversa, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura. Se la vacanza è stata annunciata nel Bollettino Ufficiale, i magistrati che aspirano alla sede vacante debbono fare domanda di tramutamento, ove non l'abbiano presentata precedentemente, entro dieci giorni dalla pubblicazione dell'annuncio. Trascorso tale termine, non si tiene conto della domanda.

[24]   La legge reca: Modifica alla L. 24 marzo 1958, n. 195, recante norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura.

[25]   Il presente capo è superato dall'abolizione dei ruoli dei pretori e dei primi pretori, disposta dagli artt. 8 e 9, L. 24 maggio 1951, n. 392.

[26]   Le disposizioni contenute nel presente capo sono superate da quelle di cui alla L. 4 gennaio 1963, n. 1. Vedi, anche, la L. 20 dicembre 1973, n. 831.

[27]   Comma superato dall'abolizione dei ruoli dei pretori e dei primi pretori, disposta dagli artt. 8 e 9, L. 24 maggio 1951, n. 392.