Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||||
Titolo: | Missione di studio in Sudan (8- 10 luglio 2007) II edizione | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 88 | ||||
Data: | 05/07/2007 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari |
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Camera dei deputati |
XV LEGISLATURA |
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SERVIZIO STUDI |
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Documentazione e ricerche |
Missione
di studio in Sudan |
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n. 88 II edizione |
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5 luglio 2007 |
Dipartimento affari esteri
SIWEB
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File: es0126
INDICE
§ Quadro di sintesi retrospettivo
§ Gli sviluppi successivi all’Accordo di Abuja e il problema delle sanzioni contro il Sudan
§ La “forza ibrida” e gli avvenimenti dell’ultimo mese
§ Prossimi appuntamenti internazionali
§ Country profile: Sudan (BBC news)
§ CIA – The World Factbook - Sudan
§ CIA: Composizione del Governo sudanese
Rapporti e risoluzioni delle Nazioni Unite
§ Consiglio di Sicurezza – Risoluzione n. 1591 del 29 marzo 2005
§ Consiglio di Sicurezza – Risoluzione n. 1706 del 31 agosto 2006
§ Consiglio di Sicurezza – Rapporto del Segretario Generale del 23 febbraio 2007
§ Consiglio di Sicurezza – Risoluzione n. 1755 del 30 aprile 2007
Altri documenti ufficiali
§ UNEP ‘Syntesis Report – Sudan Post-Conflict Environmental Assessment’
§ Dichiarazione finale del Portavoce del Gruppo di contatto (Riunione ministeriale del 26 giugno 2007)
Missioni internazionali in Sudan
§ UNMIS (Missione delle Nazioni Unite)
- Briefing con la stampa (4 luglio 2007)
§ AMIS (African Union Mission in the Sudan)
§ Missione dell’UE a sostegno di AMIS (Factsheet)
Mappe
§ Africa Nord orientale, carta fisica
§ Africa Nord orientale, carta politica
§ Sudan, carta politica
§ Sudan (Darfur) – Chad Border Region Confirmed Damaged and Destroyed Villages, 2 agosto 2004
§ Campi rifugiati (popolazione), luglio 2004
§ WHO, Ospedali in Darfur, marzo 2005
Rapporti parlamentari Italia-Sudan (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
Biografie (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
§ MAJOR GENERAL LKF APREZI
§ S.E. IL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI DELLA REPUBBLICA DEL SUDAN
§ AHMED IBRAHIM EL TAHIR PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA NAZIONALE
Pubblicistica
§ F. De Renzi, Perché si muore in Darfur, in: Limes, 3/2006
§ J. Prendergast, C. Thomas-Jensen, An Axis of Peace for Darfur, Darfur Strategy Paper 3, giugno 2007
§ Sito Internet: www.savedarfur.org,
The Genocide in Darfur – Briefing , Paper giugno 2007
What Others Are Saying About China
China, Sudan and the Darfur Conflict Fact Sheet
ANALYSIS: Sudan a failed state? Depends where you live, 19-6-2007
In Sudan, China focuses on oil wells, not local needs, 25-6-2007
Chinese envoy arrives in Sudan for Darfur talks, 25-6-2007
Rice and French Counterpart Highlight Darfur, 25-6-2007
Sarkozy Opens Darfur Meeting, Says Silence Kills, 25-6-2007
§ AU Summit Opens With Debates on Darfur, 2-7-2007
§ EU says runs out of cash for Darfur peacekeepers, 2-7-2007
§ U.N.’s Ban Sees Slow, Credible Progress In Darfur, 3-7-2007
§ Le Monde Diplomatique, traduzione a cura de Il Manifesto
Darfur, continua l’ambiguo genocidio, marzo 2007
I protagonisti del conflitto, marzo 2007
§ China: Darfur and the Responsible Stakeholder, in: Stratfor, 8 maggio 2007
§ Bart Mongoven China: The 2008 Olympics as a Major Activist Inroad, in: Stratfor, 17 maggio 2007
§ Sito Internet: www.lettera22.it, Ciad, crisi umanitaria all’ombra del Darfur, 19-6-2007
§ Sito Internet: www.vita.it, Darfur: il piano Sarkozy, una svolta ai massacri?, 25-6-2007
Il conflitto del Darfur, in corso dal febbraio 2003, ha matrice economica (il possesso della terra) e tribale, connesso alla storica rivalità interetnica tra pastori arabi (prevalentemente) nomadi e agricoltori ed allevatori neri (prevalentemente) stanziali. Questi ultimi tradizionalmente marginalizzati dal governo sudanese (egemonizzato dai gruppi arabi). Diversamente da quanto accadde per la guerra civile sudanese (finita nel gennaio 2005 e durata quaranta anni), che ebbe una prevalente origine religiosa (in quanto vide contrapposti il nord musulmano e il sud cristiano e animista) nel Darfur la stragrande maggioranza della popolazione è musulmana.
Si ricorda che tensioni – spesso sanguinose - fra popolazioni sedentarie e nomadi interessano l’intera fascia sudano-saheliana (dalla Mauritania, al Mali, fino al Sudan) e che conflitti per il possesso della terra – e quindi collegati da un lato alla desertificazione e ad altre forme di catastrofe ambientale e dall’altra ai grandi processi di esplosione demografica e urbanizzazione forzata - interessano numerose aree del continente africano (Zimbabwe, Costa d’Avorio, Sud Africa, Namibia), oltre ad avere interagito con altre cause (tribali o religiose) anche in altri grandi conflitti del recente passato (a partire dal Ruanda).
In Darfur, in particolare, quasi tutte le popolazioni non arabe sono fortemente interessate al mantenimento dei diritti tradizionali sulla terra, basati sul sistema dei dar (paesi o terre in arabo) e degli hawakir (territori). Contro tali diritti tradizionali si è iniziata a manifestare (ed imporre con la violenza, a partire dal 2003) una azione ostile delle popolazioni nomadi arabe. Questa azione è imperniata, quindi, sul disconoscimento dei diritti tradizionali e sul tentativo di stabilirsi su territori la cui proprietà era – su base consuetudinaria - riconosciuta ad altri.
In realtà sono ormai in atto da quattro anni in Darfur scontri molteplici, fra sedentari e nomadi, arabi ed africani, sudanesi e ciadiani, musulmani e non musulmani, con una componente quasi comune di volontà di sterminio della parte avversa (simile a quella manifestatasi nel Ruanda).
La ribellione sorta negli ultimi quattro anni è condotta principalmente dai gruppi ribelli dell'Esercito di Liberazione del Sudan (Sudan Liberation Movement/Army - SLM/A), del Movimento per la giustizia e l'equità (Justice and Equality Movement - JEM) e dal minoritario Movimento nazionale per la riforma e lo sviluppo (Mnrd). Questi gruppi hanno iniziato a muoversi quando la trattativa sul conflitto fra Nord e Sud del Sudan (guerra civile sudanese) stava avviandosi verso una soluzione e minacciava di tagliarli fuori dai nuovi accordi che stavano conducendo ad un rifacimento dello Stato sudanese su base federale. La crisi si è sviluppata attraverso alterne vicende, e ha visto una reazione di Khartoum basata sull’armamento e sul sostegno – anche aereo - di gruppi nomadi del Nord, e quindi una progressiva intensificazione delle violenze perpetrate da tali gruppi (i pastori nomadi arabi, i famigerati “Janjaweed”, i “diavoli a cavallo”, responsabili di indiscriminati attacchi contro la popolazione civile e ormai non controllati completamente neanche dai loro mandanti).
E’ difficile calcolare esattamente le conseguenze della crisi: secondo alcune fonti (NU) essa avrebbe prodotto fino ad oggi circa 2,5 milioni di sfollati e rifugiati (in particolare nel Ciad, dove si conta circa mezzo milione di rifugiati), nonché tra le 180 e le 300 mila vittime; la maggior parte delle ONG stima invece un numero totale di morti vicino ai 400.000, su una popolazione di circa 6 milioni di persone.
Con la risoluzione n. 1564 del 2004, il Consiglio di Sicurezza ha espresso grave preoccupazione per la situazione in Darfur e ha prospettato la possibilità di prendere in considerazione l’adozione di sanzioni contro il Sudan, qualora il governo non ottemperasse alla richiesta di fornire sicurezza alla popolazione civile e di disarmare le milizie arabe responsabili delle violenze, assicurando i responsabili alla giustizia. La risoluzione ha inoltre istituito una Commissione con l’incarico di indagare sulla portata e la natura dei crimini commessi in Darfur, che gli Stati Uniti avevano espressamente qualificato in termini di genocidio.
Il governo sudanese, tuttavia, si è sempre opposto in questa fase all’ingresso di truppe ONU nel Darfur nonostante le richieste in tal senso della stessa Unione Africana.
Il 5 maggio 2006 ad Abuja è stato raggiunto un accordo (Darfur Peace Agreement - DPA) tra il Governo sudanese e l’ala maggioritaria del più importante dei movimenti ribelli del Darfur, l’SLM/A; in base all’intesa, il Governo di Khartoum dovrebbe procedere a disarmare le milizie janjaweed, mentre i guerriglieri del SLM/A – al cui disarmo provvederebbe il contingente dell’AMIS – sarebbero poi incorporati nell’esercito del Sudan. Il punto debole dell’accordo sta nel non esser stato siglato dagli altri due movimenti della guerriglia, e nel clima di perdurante violenza da parte dei janjaweed.
L’Accordo di maggio prevedeva, tra l’altro, l’istituzione di una Commissione per il cessate il fuoco, inaugurata nel giugno 2006, con il compito di favorire e monitorare le condizioni del cessate il fuoco.
Risale al periodo immediatamente successivo all’accordo una intensificazione delle pressioni dell’ONU e degli Stati Uniti per l’invio nel Darfur di caschi blu delle Nazioni Unite, a rilevare la presenza dell’Unione africana debole e male equipaggiata. Massacri di civili inermi, scontri dei ribelli con le truppe dell’UA, attacchi contro gli operatori umanitari delle Organizzazioni non governative (ONG), e nei confronti dei membri della missione ONU nel paese (UNMIS) non si sono mai interrotti.
Sostanzialmente, la questione sorta a seguito della conclamata insufficienza dell’accordo del maggio 2006 e del perdurare dei massacri perpetrati dai janjaweed è quella di un invio di una forza ONU consistente e dell’opposizione a tale invio da parte del governo sudanese (sostenuto dalla Lega araba).
Tuttavia, un grosso elemento di incertezza è dato dalla oggettiva difficoltà e improbabilità di un forte impegno internazionale, in un momento in cui altri scenari (Iraq, Afghanistan) appaiono assorbire risorse economiche e militari (statunitensi e di altri attori internazionali) in misura così rilevante.
Si sottolinea, comunque, che anche la pressione delle NU (e degli Stati Uniti) sul governo sudanese incontra un limite nei rischi che un collasso di tale governo potrebbe provocare nell’intera area, con effetti di anarchia (vista la complessità e la litigiosità del panorama politico sudanese) e di destabilizzazione completa di una regione geopoliticamente delicatissima, in quanto cerniera fra mondo arabo e mondo africano. Inoltre, non bisogna dimenticare che la classe di governo sudanese, con una svolta netta – tra il 1996 e il 1998 – riuscì a liberarsi dal terrorismo islamico (che fino a quegli anni era stato influentissimo in tutte le strutture di quello stato) e ad espellere lo stesso Bin Laden che vi era giunto nel 1991, invitato da al-Turabi). La preoccupazione principale per gli Stati Uniti sembra oggi essere quella di evitare una nuova perdita di controllo del governo sudanese e una ricaduta di quest’ultimo sotto l’influenza del fondamentalismo.
Il 31 agosto 2006 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha approvato la risoluzione 1706 che prevede l'invio di una forza internazionale di pace nella provincia del Darfur in Sudan. La risoluzione precisa che le truppe (fino a 22.500 uomini) non saranno dislocate senza un esplicito assenso da parte del governo di Khartoum. Hanno votato a favore 12 paesi, mentre tre paesi (Russia, Cina e Qatar) si sono astenuti. Anche se la risoluzione non necessita dell'autorizzazione del governo sudanese, il dispiegamento delle truppe delle Nazioni Unite non è di fatto praticabile senza il consenso dello stato africano.
Al vertice di Addis Abeba del16 novembre 2006, organizzato dall’ONU, hanno preso parte i rappresentanti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, l’UE, l’UA (che a sua volta ha invitato Libia, Nigeria, Ruanda, Senegal e Sudafrica), la Lega Araba, l’Egitto e il Gabon. Tutte le parti presenti hanno convenuto – in linea di principio – sulla ipotesi della forza ONU, ma non sono state superate alcune divergenze riguardanti le dimensioni e la natura della missione. In quella occasione il governo sudanese si è attestato su una posizione contraria ad una forza ONU superiore alle 11/12.000 unità e a composizione esclusivamente (o almeno prevalentemente) africana; dissenso da parte sudanese è stato anche espresso sulla ipotesi dell’invio di una forza di 3.000 uomini con funzioni di polizia.
La questione del Darfur è stata affrontata anche nel corso dell'VIII Vertice dell'Unione africana che si è svolto ad Addis Abeba il 29 e 30 gennaio 2007. In quell’occasione il segretario generale dell’ONU ha ribadito l’urgenza e la necessità del dispiegamento di una forza ONU sul territorio, mentre da più parti si è manifestata la preoccupazione per le ripercussioni che il conflitto interno stanno avendo sugli stati confinanti (Ciad e e Repubblica Centroafricana). Nel vertice del gennaio 2007 il presidente sudanese Bashir si era impegnato ad accettare l'invio di caschi blu in tre fasi, e il loro affiancamento alla forza di pace di 7.000 uomini dell'UA.
Nonostante la presidenza dell’UA dovesse spettare già da un anno al Sudan, proprio a causa del conflitto nel Darfur il Vertice di Addis Abeba ha deciso di eleggere John Kufuor (presidente del Ghana) nuovo presidente dell’organizzazione.
In un rapporto sulla situazione in Ciad del 23 febbraio 2007, il segretario generale dell'ONU raccomanda il dispiegamento nel Ciad orientale e nel nordest della Repubblica centrafricana di una forza internazionale da 6.000 a 11.000 uomini per proteggere i civili coinvolti nel conflitto nel Darfur: la gran parte dei due milioni di persone fuggite dal Darfur, infatti, si è rifugiata proprio nel Ciad oggetto, a partire dal febbraio 2006, di sanguinose incursioni dei janjaweed a danno non solo dei rifugiati, ma anche gli abitanti del Ciad appartenenti alle medesime etnie dei rifugiati.
Il rapporto dell’ONU proponeva due opzioni possibili per la ''forza multidimensionale'', che sarebbe stata costituita sia da una componente politica, incaricata soprattutto di facilitare il dialogo politico nei Paesi interessati, che da una componente militare. Secondo la prima opzione, la componente militare sarebbe consistita in circa 6.000 caschi blu fortemente equipaggiati di mezzi aerei per ricognizione e intervento, elicotteri in primo luogo. La seconda opzione, caldeggiata da Ban Ki-moon, prevedeva invece una forza di terra di circa 10.900 uomini, nel caso si fosse rivelato impossibile ottenere dai Paesi fornitori i mezzi aerei necessari per la prima. In entrambi i casi la componente militare della forza avrebbe avuto base a Ndjamena, la capitale del Ciad.
In quell’occasione, tuttavia, anche il Ciad faceva sapere in un comunicato ufficiale che avrebbe rifiutato il dispiegamento di una forza militare dell'Onu sul suo territorio alla frontiera con il Sudan; sarebbe stato invece favorevole ad un intervento di forze civili composte di gendarmi e poliziotti che garantissero la sicurezza dei campi profughi sudanesi, degli sfollati e degli operatori umanitari.
Il 12 marzo 2007 sono state presentate a Ginevra le conclusioni dell’indagine compiuta dalla squadra di esperti nominata dal Consiglio per i diritti umani delle NU e guidata dal Premio Nobel per la pace Jody Williams.
Nel rapporto si afferma, fra l’altro, che “La comunità internazionale ha l'obbligo di proteggere i civili del Darfur dai crimini di guerra e contro l'umanità che continuano ad essere commessi nella regione sudanese con la partecipazione del governo di Khartoum”.
Il documento rappresenta un grave atto di accusa contro il governo sudanese, accusato non solo di avere “orchestrato e partecipato” ai gravi crimini commessi, ma anche di non avere alcuna intenzione di collaborare con le NU
Nel mese di aprile si è verificato un riacutizzarsi della crisi tra il Sudan e il Ciad. Le autorità del Ciad hanno ammesso lo sconfinamento di reparti dell’esercito in Darfur per inseguire un gruppo di ribelli che avevano compiuto una serie di razzie in Ciad. Inoltre, il ministro per le comunicazioni Moussa Doumgor ha accusato le forze sudanesi di essere intervenute a protezione delle retroguardie dei ribelli del Cnt (Concordia nazionale del Ciad). Le autorità sudanesi sostengono invece di avere respinto un attacco nel Darfur occidentale: negli scontri, secondo un portavoce, ci sarebbero state ingenti perdite tra i civili. L’episodio ha rimesso in discussione gli accordi per la pacificazione della frontiera comune raggiunti, oltre ad aggiungere un ulteriore elemento destabilizzante alla crisi del Darfur.
Il rifiuto del Sudan di accettare sul proprio territorio la forza di pace autorizzata dall’ONU per affrontare la crisi del Darfur, ha sollevato da più parti la richiesta di sanzioni nei confronti di quel paese.
Il Segretario di Stato americano Condoleezza Rice ha reso noto, il 21 marzo 2007, che gli Stati Uniti stanno esercitando pressioni su altri paesi affinché si raggiunga un consenso per l’applicazione di sanzioni contro il governo di Khartoum. Tuttavia, poiché alcuni membri dell’Onu - la Cina, in particolare, che un membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell' Onu, quindi con diritto di veto – si sono dichiarati indisponibili ad approvare tali sanzioni, gli USA hanno affermato di essere disponibili ad intraprendere iniziative unilaterali.
Parallelamente all’adozione di misure sanzionatorie, l’allora primo ministro britannico Tony Blair ha chiesto all’ONU, il 28 marzo, che venisse creata una no-fly zone nei cieli del Darfur per mettere fine ai raid dell'aviazione sudanese contro le forze ribelli, che però colpiscono soprattutto la popolazione civile.
La Cina, che è tra i primi acquirenti del petrolio sudanese, si è ripetutamente dichiarata sfavorevole alla richiesta di sanzioni contro il Sudan. L’11 aprile il viceministro degli esteri cinese Zhai Jun, al rientro da un breve viaggio in Sudan ha dichiarato di aver invitato con forza il governo di quel Paese a mostrare maggiore flessibilità riguardo la crisi del Darfur ma che è prematuro parlare di sanzioni.
Nuove pressioni sul governo sudanese affinché accetti la forza di pace ONU in Darfur sono state effettuate da John Negroponte, il Vice segretario di Stato americano che, il 13 aprile, si è recato in viaggio a Khartoum. Sotto la forte pressione degli Usa e dell'Onu, il Sudan sembra avere accettato delle limitate aperture. La concessione, annunciata il 16 aprile, riguarda la cosiddetta “fase 2” del dispiegamento delle forze Onu: verrebbero accettate solo 3.000 presenze tra soldati, polizia e logistica, e l'arrivo di elicotteri da combattimento, mentre il piano delle Nazioni Unite prevedeva – come si è visto - il dispiegamento di un numero superiore di uomini.
Nonostante queste aperture, USA e Gran Bretagna sono tornate ad agitare la minaccia di sanzioni. Russia, Cina, Sud Africa e altri paesi – fra i quali l’Egitto – hanno invece di recente sostenuto la loro contrarietà. In particolare, il Ministro degli Esteri egiziano Ahmed Aboul Gheit, in visita a Khartoum il 23 aprile insieme al capo dei servizi di intelligence, Omar Suleimane, ha dichiarato che "Sarebbe più logico che la comunità internazionale accogliesse con favore e incoraggiasse il Sudan per la sua risposta positiva alla seconda fase del sostegno dell'Onu alla missione dell'Unione Africana (UA) in Darfur, invece di minacciare pressioni o sollevare dubbi sulla serietà della cooperazione del governo sudanese".
La questione del Darfur sembra comunque acquistare progressivamente rilievo nell’opinione pubblica mondiale: il 29 aprile, in una trentina di capitali, si sono svolte manifestazioni organizzate da varie Organizzazioni non governative, e con ampia adesione di noti esponenti del mondo dello spettacolo e del cinema.
Inoltre, l’8 maggio una denuncia di Amnesty International ha colpito Cina e Russia, che, nonostante l’embargo decretato contro il Sudan dalle Nazioni Unite, rifornirebbero il Paese africano di armi e munizioni, che il governo di Khartoum utilizzerebbe contro la popolazione del Darfur.
Si ricorda da ultimo che con la risoluzione n. 1755 del 30 aprile 2007 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha prolungato il mandato della missione UNMIS fino al 31 ottobre 2007.
Dal 6 all’8 giugno si è svolto ad Heiligendamm, in Germania, il vertice dei Capi di Stato e di Governo dei paesi del G8.
I paesi del G8 si sono detti ''vivamente preoccupati'' per la grave situazione umanitaria nella regione sudanese del Darfur ed hanno espresso il pieno appoggio agli sforzi degli inviati di Nazioni Unite e Unione Africana finalizzati ad una ripresa dei negoziati per un accordo politico, rilevando peraltro come non esista una “soluzione militare al conflitto in Darfur”. I paesi del G8 hanno quindi invitato il governo sudanese a dare la sua approvazione a una missione di pace internazionale al fine di favorire una soluzione della crisi, sottolineando che se il governo sudanese o i movimenti dei ribelli dovessero continuare a disattendere i loro impegni, i paesi G8 appoggerebbero le misure che verranno adottate dal Consiglio di sicurezza dell'Onu. Durante il G8 il Presidente Sarkozy ha convocato per il 25 giugno a Parigi una Conferenza ministeriale per cercare una soluzione politica alla crisi del Darfur e per affrontare le urgenti questioni umanitarie connesse.
Nel corso della precedente riunione dei ministri degli esteri del G8 (Posdam, 30 maggio), il Ministro francese Kouchner aveva lanciato la proposta, sostenuta dal Ministro D’Alema, di aprire un corridoio umanitario a partire dal Ciad per far pervenire gli aiuti ai profughi del Darfur: il flusso dei profughi continua infatti ininterrotto anche verso la Repubblica Centrafricana dove, stando ai dati forniti il 12 giugno dall’Ufficio dell’ONU per i rifugiati (UNHCR), a partire dalla fine di maggio si calcola che più di 2650 persone abbiano lasciato il sud del Darfur per sfuggire ai ripetuti attacchi da parte di militari e bombardamenti aerei sulla città di Dafak e sui villaggi circostanti.
Il 25 maggio il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha chiesto l’attuazione immediata della relazione congiunta ONU-UA che definisce il mandato e la struttura di una forza “ibrida” di peacekeeping che affiancherebbe ai settemila soldati dell’Unione africana, circa 3000 uomini dell’ONU, tra soldati, poliziotti ed intendenza. La nuova missione costituirebbe la terza fase del processo avviato dal’Onu a sostegno della missione dell’UA in Darfur (AMIS) che, in precedenza, aveva fornito medicinali ed equipaggiamenti sanitari e aveva altresì svolto un ruolo di fondamentale importanza nella diffusione, a livello mondiale, delle notizie circa il dramma che sta vivendo la regione.
In seguito alla revisione del rapporto congiunto tra ONU e UA riguardante la “forza ibrida”, e alla forte pressione internazionale, il governo sudanese ha accettato, il 12 giugno, lo spiegamento di una forza internazionale che, nei limiti del possibile, sarà composta in prevalenza da truppe africane.
ONU, UA e Governo sudanese hanno infine concordato sulla necessità di un immediato cessate il fuoco, accompagnato da un processo politico globale e da un aumento dei contributi da parte dei paesi che forniscono le truppe e dei paesi donatori, per consentire un veloce dispiegamento della “forza ibrida”.
Si ricorda che durante la recente missione del Consiglio di Sicurezza nella regione, il Segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon ha attribuito al cambiamento climatico provocato dall'effetto serra le ragioni profonde del genocidio nella regione del Darfur. ''Normalmente discutiamo di Darfur usando una comoda interpretazione politica e militare, parlando di un conflitto etnico tra milizie arabe e contadini ribelli neri'', ha dichiarato in una intervista al Washington Post: ''Se però indaghiamo sulle radici degli scontri, scopriremo dinamiche più complesse''. Secondo il Segretario generale, il genocidio del Darfur è cominciato come una ''crisi ecologica'', dovuta, almeno in parte, al cambiamento climatico. Dal 1980 ad oggi le precipitazioni nella regione sono diminuite infatti del 40%. Secondo diversi scienziati, questo fenomeno è imputabile al riscaldamento del pianeta. ''Non a caso il conflitto del Darfur è esploso durante la siccità della regione subsahariana'', ha ancora sottolineato Ban Ki Moon: ''Per la prima volta non c'era abbastanza cibo e acqua per tutti: sono così cominciati i primi scontri, che si sono trasformati nella tragedia che stiamo osservando''.
Secondo il Segretario generale, anche se la forza di pace ''aiuterà a moderare le violenze e a mantenere il flusso di aiuti umanitari verso la regione'', ''bisogna trovare una soluzione che vada alle radici del conflitto”, ed in questo quadro il problema fondamentale sembra essere il fatto che nella regione si registra una crescente scarsità di terreno fertile.
Il 25 giugno si è svolta a Parigi la riunione ministeriale del Gruppo di Contatto (decisa a margine del G 8, v. supra) allargato sul Sudan, che tuttavia ha rinunciato a partecipare. I temi della Conferenza - che si è svolta all’indomani dell’assenso da parte sudanese al dispiegamento di una "forza ibrida" dell’Unione Africana (UA) e delle Nazioni Unite – sono stati: l’avvio di un processo negoziale tra Governo e fazioni ribelli sulla base dell’iniziativa di pace congiunta condotta dall’UA e dall’ONU; il versante della sicurezza, con particolare riguardo all’esigenza di rafforzare l’attuale forza di pace dell’Unione Africana (AMIS) - il cui mandato è prossimo alla scadenza - per consentire la transizione alla forza ibrida delle ONU-UA; l’esigenza di assicurare l’accesso degli aiuti umanitari alle popolazioni della regione.
Alla riunione, fortemente voluta dal Presidente francese Sarkozy e dal suo ministro degli esteri Kouchner, hanno partecipato, oltre ai rappresentati dell’ONU, della Banca Mondiale e dell’Unione europea, numerosi Stati, fra i quali USA, Canada, Cina (che ha ribadito la propria contrarietà ad eventuali sanzioni), Russia, Giappone, Regno Unito, Italia, Germania e Svezia. Come già osservato, era assente il Sudan, che ha fatto sapere di giudicare “inopportuno” l’incontro del gruppo e di temere che altre iniziative al di fuori dall'Onu possano "disperdere gli sforzi di pace". C’è da segnalare, tuttavia, che, dopo l’atteggiamento di sospetto e il rifiuto a partecipare, il governo del Sudan ha accolto con favore i risultati della conferenza di Parigi, dichiarando che le decisioni assunte in quella sede potranno essere di sostegno agli sforzi dell’Unione Africana e delle Nazioni Unite per risolvere la crisi nel Darfur.
Nel corso della riunione del gruppo di contatto, il Commissario europeo Louis Michel ha annunciato l’impegno dell’Unione europea a contribuire sul piano finanziario con altri 71 milioni di euro, in aggiunta ai 460 già versati nel 2004. Nel dichiararsi soddisfatto per il risultato della riunione, il ministro D’Alema ha fatto sapere che l’Italia parteciperà all’operazione con il solo invio di un contributo finanziario.
Una seconda riunione del gruppo ministeriale di contatto è prevista per il prossimo settembre a New York.
Dal 1° al 4 luglio si è svolto ad Accra (Ghana) il Vertice dei capi di Stato dell’Unione Africana, che aveva all’ordine del giorno la discussione sui conflitti in Darfur e in Somalia, oltre alla creazione degli Stati Uniti d'Africa obiettivo da anni del leader libico Muammar Gheddafi. Riguardo al Darfur, di cui si è parlato soprattutto nella prima giornata - nonostante l’assenza del presidente sudanese Omar el-Beshir - si registra l’impegno del segretario generale della Lega Araba Amr Moussa a cercare nuovi aiuti per la forza di pace dell'UA già presente nel territorio, in attesa dell’arrivo delle truppe dell'ONU.
Contestualmente, il presidente Beshir, a proposito dell'invio della forza ibrida nella regione del Darfur, ha ribadito che essa dovrà essere composta in prevalenza da truppe africane, avvertendo che il Sudan si opporrà con forza agli eventuali tentativi di imporre forze internazionali o occidentali ed evocando – in questo caso - uno scenario simile a quello iracheno. Inoltre, in risposta al suggerimento di alcune ONG, Bashir ha avvertito l’Occidente che il suo paese non sarà mai disposto ad accettare programmi umanitari sul tipo di quello “Oil for Food” applicato dalle Nazioni Unite all'Iraq dopo la Guerra del Golfo del 1990.
Al Vertice dell’UA, tuttavia, la questione del Darfur è stata messa in ombra dal dibattito sulla creazione di un governo continentale africano, che si è concluso con un accordo di principio e la cui fattibilità sarà verificata nei prossimi mesi dalle quattro commissioni istituite dal summit.
Il Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, in visita in Italia il 3 luglio, ha affrontato con il premier Prodi, tra gli altri temi, quello del miglioramento delle prospettive per la soluzione del problema del Darfur. Secondo il presidente Prodi la soluzione della crisi in Darfur passa attraverso ''la cooperazione tra Unione africana e Nazioni Unite in un lavoro coordinato e forte''. Inoltre, il premier ha annunciato, in un messaggio inviato ai capi di stato riuniti nel vertice dell’UA ad Accra, che l'Italia contribuirà finanziariamente alla preparazione di peacekeepers africani che ha proprio ad Accra, un Centro accademico di primaria importanza, il “Kofi Annan Centre".
Il generale Martin Luther
Agwai, ex-capo di Stato maggiore delle forze armate nigeriane è il nuovo
comandante della missione dell’Unione Africana nel paese (Amis) che sarà anche
comandante militare della futura forza ibrida ONU-UA. Il generale, che si è recato il 4 luglio in
Sudan, ha annunciato per i prossimi giorni una visita all’interno del Darfur,
dove sono dispiegati i 7.000 uomini circa che dovrà comandare. Quando sarà
operativa la nuova forza ibrida (probabilmente entro la fine dell`anno) Agwai
collaborerà con Rodolphe Adada, il
ministro degli Esteri della Repubblica del Congo, incaricato di dirigere la
missione di pace congiunta ONU-UA in Darfur.
Le Nazioni Unite hanno annunciato il 4 luglio la convocazione di una
conferenza internazionale sul Darfur
che si terrà in Libia il 15 e 16 luglio. La conferenza, che sarà
presieduta congiuntamente dall'Onu e dall'Unione africana, esaminerà una Road
map finalizzata a concentrare gli sforzi diplomatici in una unica iniziativa
che trovi una soluzione politica al conflitto. E’ prevista la partecipazione di
tredici Paesi: Sudan, Libia, Ciad, Egitto, Eritrea e, per l’Occidente, i cinque
membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu (Usa, Cina, Francia,
Russia, Gran Bretagna) più Canada, Paesi Bassi e Norvegia. L’Unione Europea e
la Lega araba fanno parte degli invitati.
Legenda:
IDP |
Sfollati (all’interno del territorio del Sudan) |
Refugee Camp |
Campi profughi |
IDP Camp |
Campi di Sfollati (all’interno del territorio del Sudan) |
Legenda:
MoH |
Ospedali da Campo |
WHO |
Organizzazione Mondiale della Sanità |
NGO |
Organizzazioni non Governative |
IDP Camp |
Campi di Sfollati (all’interno del territorio del Sudan) |
RAPPORTI
PARLAMENTARI
ITALIA-SUDAN
(a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
RAPPORTI PARLAMENTARI
ITALIA-SUDAN
(a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
Rappresentanze diplomatiche
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Ambasciatore della Repubblica del Sudan in Italia:
Rabie Hassan AHMED
Ambasciatore d’Italia a Karthoum:
Lorenzo ANGELONI
Commissioni parlamentari
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Il 27 giugno 2007, il Presidente della Commissione Esteri, on. Umberto Ranieri, ha ricevuto a Roma la visita dell’Ambasciatore del Sudan, Hassan Hamed.
L’Ambasciatore del Sudan ha confermato al Presidente Ranieri gli sforzi del Governo di favorire la pacificazione interna ed ha chiesto all’Italia ed alla comunità internazionale il massimo sforzo per far arrivare in Sudan cibo, acqua e medicinali. L’obiettivo è quello di far tornare ai propri villaggi tutti gli sfollati. Il Presidente Ranieri ha ricordato al diplomatico l’intenzione della Commissione Esteri di effettuare a breve una visita in Sudan.
Una delegazione di rifugiati del Darfur, guidata dal portavoce Abu Elgasim Mohamed, è stata ricevuta il 21 giugno 2007 dal presidente della Commissione Esteri della Camera, Umberto Ranieri, e ascoltata dal Comitato per i diritti umani. All'audizione erano presenti anche i rappresentanti di 'Italians for Darfur', movimento promotore del primo Global Day per il Darfur in Italia, delle Ong 'Oxfam International' e 'International Crisis Group' e della Caritas.
Nel corso dell'incontro, gli esponenti dell'associazione dei rifugiati della martoriata regione del Sudan hanno raccontato alcuni degli crimini di cui sono stati testimoni e hanno avanzato delle proposte per porre fine al conflitto in Darfur. Forte è stata la denuncia delle ONG impegnate nei campi di accoglienza in Sudan, in particolare quella di Oxfam, che ha annunciato di essere costretta per questioni di sicurezza a lasciare il campo di Gereida, che ospita 150mila rifugiati, e del rappresentante della Caritas il quale ha raccontato dell'uccisione di un collaboratore sudanese dell'associazione nel sud-ovest del Darfur.
Il 23 maggio 2007 il Presidente della Commissione Affari Esteri, on. Umberto Ranieri, ha ricevuto l'Ambasciatore d'Italia a Kartum, Enzo Angeloni.
Nel corso dell’incontro l’Ambasciatore Angeloni ha sottolineato il fatto che gli Accordi di Abuja non sono mai stati applicati. Ha inoltre fatto notare la trasformazione demografica ed ambientale del Darfur, dovuta al fatto che la siccità ha indotto le popolazioni a spostarsi verso il sud del paese (da cui provenire circa il 60% del petrolio), con il risultato che vi sono circa 2 milioni di sfollati negli oltre 200 campi profughi del Darfur gestiti dall’ONU e dalle ONG (circa 250 mila persone sono riuscite a fuggire in Ciad). Peraltro, il contingente africano, che ha il compito di monitorare il rispetto del cessate il fuoco e di proteggere i campi profughi, secondo Angeloni, finora ha deluso le aspettative: non pattugliano più e hanno un equipaggiamento militare inferiore a quello delle milizie che combattono. Secondo Angeloni è prioritario rinegoziare l’accordo del 2006 che non funziona e tornare ad un tavolo negoziale, su cui - ha fatto notare l’Ambasciatore - è impegnata la Comunità di S. Egidio; peraltro, a suo parere, occorrerebbe riunire i ribelli, il governo, i rappresentanti delle tribù arabe (che non possono essere inclusi) per rivedere l’accordo del 2006. Per quanto concerne le forze internazionali, secondo l’ambasciatore, occorre prevedere una presenza che non sia solo africana e che sappia garantire il rispetto del cessate il fuoco. In questo quadro l’Italia si colloca come spettatore, mentre le si richiederebbe una maggiore presenza, dal momento che viene ritenuta un paese amico (il fatto che l’Italia non abbia seguito da vicino il negoziato per mancanza di risorse umane secondo Angeloni è stato un errore). Ha osservato come altri paesi siano più presenti sia in termini di visite che di investimenti. Anche l’Unione europea non ha un grande ruolo nella questione, mentre sono gli USA gli attori principali. Altrettanto interessante è il ruolo svolto dalla Cina, dalla Norvegia, dalla Gran Bretagna e dall’Olanda. L’Ambasciatore ha quindi ricordato che le prossime elezioni politiche dovrebbero tenersi entro il luglio 2009.
Il 5 marzo 2007, il Presidente della Commissione Affari Esteri, on. Umberto Ranieri, ha incontrato a Roma una delegazione sudanese guidata dal dott. Ghazi Salah El Din, Consigliere del Presidente della Repubblica e Capo del Partito Maggioritario dell’Assemblea Nazionale.
Ghazi ha esposto, nel corso dell’incontro, la situazione interna del Sudan, dove nel 2009 si terranno elezioni politiche e nel 2011 è previsto un referendum per stabilire il destino della parte meridionale del Paese. In caso di vittoria dei separatisti, si potrebbe verificare un “effetto domino” in tutta l’Africa. Il Governo vuole difendere il Sudan “misto” esistente allo stato attuale, ma occorre una migliore distribuzione della ricchezza. In Sudan viene molto apprezzato il ruolo dell’Italia, partner IGAD nel processo di pacificazione del Paese. Il Presidente Ranieri ha apprezzato l’impegno del Governo sudanese per trovare una soluzione alla crisi civile ed umanitaria ed ha espresso l’opinione che sia necessaria una soluzione politica per la questione del Darfur, dove lo spiegamento di una forza militare di interposizione potrebbe risultare decisiva. Ghazi ha ribadito che il Sudan non si oppone alla presenza di una forza internazionale, soprattutto se africana, ma non vuole che il mandato sia trasferito al CdS ONU che, ad avviso del Governo, viene manipolato dagli USA. Con l’ingresso di truppe ONU in Darfur i problemi si complicheranno, anziché diminuire. La lotta non è tra arabi e non arabi, tra allevatori nomadi e contadini stanziali. Le truppe dell’Unione Africana sono intervenute con successo in Somalia. Il Presidente Ranieri ha affermato che il problema non sta nell’efficienza della truppe africane, ma nel numero che, anche in Somalia, si è rivelato insufficiente. Ghazi ha infine informato il Presidente Ranieri che il Sudan si oppone al terrorismo, nonostante sia stato messo in isolamento dagli USA e dall’UE e che intrattiene buone relazioni con i Paesi confinanti, eccetto il Ciad che è diventato il suo nemico numero uno.
Cooperazione multilaterale
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Conferenza su Il ruolo dei parlamenti nella promozione di politiche per lo sviluppo della società dell’informazione
Alla Conferenza su Il ruolo dei parlamenti nella promozione di politiche per lo sviluppo della società dell’informazione, ospitata dalla Camera dei deputati, il 3 e il 4 marzo 2007, organizzata congiuntamente all’Unione Interparlamentare e all’UNDESA, in quanto inserita nel quadro dell’iniziativa Gobal Centre for ICT in Parliaments, hanno partecipato il Parlamento sudanese è stato rappresentato dagli onorevoli Ghazi Salah Eldin, Angoi Dang Aguair e Eisa El Hassan Ali.
Disegni di legge approvati nel corso della legislatura |
Legge n. 38/07 del 29 marzo 2007, GU n. 76 del 31 marzo 2007: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 4, recante proroga della partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali.
La legge, all’art. 1, autorizza la spesa di euro 5.500.000 per la realizzazione di interventi di cooperazione in Sudan (oltre che in Afghanistan e Libano), destinati ad assicurare il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, per l'anno 2007. Detti interventi sono finalizzati alla realizzazione di iniziative destinate, tra l'altro, al sostegno dello sviluppo socio-sanitario in favore delle fasce più deboli della popolazione.
All’art. 3, comma 8, autorizza inoltre, a decorrere dal 1° gennaio 2007 e fino al 31 dicembre 2007, la spesa di euro 656.091 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione nella regione del Darfur in Sudan, già denominata AMIS II, di cui all'articolo 2, comma 11, della legge n. 247 del 2006.
Disegni di legge di ratifica di trattati internazionali all’esame del Parlamento |
A. C. 2132
Ratifica ed esecuzione dell' Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della promozione e reciproca protezione degli investimenti, con Protocollo, fatto a KhartOum il 19 novembre 2005.
Assegnato alla 3ª Commissione permanente (Affari esteri e comunitari) in sede referente il 12 febbraio 2007. In corso di esame in Commissione (17 aprile 2007).
ATTI DI INDIRIZZO ALL’ESAME DELLA CAMERA |
Si ricorda che è stata presentata, l’8 maggio 2007, alla Camera la mozione Volonté ed altri n. 1-00157 in cui si impegna il Governo:
§ ad evitare i rischi di una «somalizzazione» dell'area, richiamando le nazioni già impegnate ad un maggior senso di responsabilità ed obbligo morale nei confronti delle popolazioni inermi, e di fornire alle organizzazioni islamiche fondamentaliste un'occasione di proselitismo senza ostacoli nell'area;
§ ad adottare iniziative utili al potenziamento delle aree di assistenza per gli sfollati del Ciad, costretti ad abbandonare i loro villaggi lungo il confine dalle incursioni dei ribelli;
§ a sollecitare un maggior coinvolgimento dell'Unione africana per il rafforzamento della forza di pace internazionale ONU-UA nella regione del Darfur e la definizione di una road map al fine di mettere fine nel breve periodo ad una tragedia umanitaria di dimensioni non più tollerabili;
§ ad accelerare la creazione di ulteriori fonti di acqua potabile (pozzi, impianti di depurazione, acquedotti) oltre a quelle già costruite o riparate grazie all'UNICEF, in vista della imminente siccità.