Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Documento programmatico relativo alla politica dell¿immigrazione 2007-2009 - (art.3,co. 1, D.Lgs. 286/1998)
Riferimenti:
SCH.DEC 209/XV     
Serie: Atti del Governo    Numero: 184
Data: 05/02/2008
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
Altri riferimenti:
D.Lgs. 25-LUG-98 n. 286     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Atti del Governo

Documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione 2007-2009

(art.3,co. 1, D.Lgs. 286/1998)

 

 

 

 

n. 184

 

 

5 febbraio 2008

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

Ha partecipato alla redazione del dossier l’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: ac0354.doc


INDICE

Scheda di sintesi

Dati identificativi3

Presupposti normativi4

Contenuto  6

Schede di lettura

Le linee generali della legislazione in materia di immigrazione  11

§      La base normativa  11

§      La programmazione dei flussi migratori12

§      Il contrasto all’immigrazione clandestina  21

§      L’integrazione degli stranieri regolari23

§      Le proposte di riforma del testo unico  25

Il quadro europeo  28

§      Premessa: la definizione di una politica europea comune in materia di immigrazione e di asilo  28

§      I documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)29

§      Le procedure di contenzioso (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)61

Il documento programmatico 2007-2009  62

§      Premessa  62

§      Capitolo 1. Le politiche di governo degli ingressi e del lavoro  62

§      Capitolo 2. Interventi per favorire l’inclusione e l’accoglienza  65

§      Capitolo 3. Politiche di contrasto alle discriminazioni razziste e xenofobe  70

§      Capitolo 4. Politiche di contrasto al traffico di persone e all’irregolarità  73

§      Capitolo 5. Parteniariato e cooperazione  76

§      Capitolo 6. Richiedenti asilo e rifugiati77

Normativa di riferimento

§      D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, conv. con mod., Legge 28 febbraio 1990, n. 39. Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato. (art. 1-septies)223

§      D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.232

§      D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394. Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'art. 1, comma 6, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.316

§      L. 30 luglio 2002, n. 189. Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.392

§      D.M. 14 luglio 2003. Disposizioni in materia di contrasto all'immigrazione clandestina.400

§      D.P.R. 6 febbraio 2004, n. 100. Regolamento recante modalità di coordinamento delle attività del gruppo tecnico presso il Ministero dell'interno con la apposita struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di immigrazione.407

§      D.P.C.M. 19 maggio 2004. Modifica al D.P.C.M. 23 luglio 2002, riguardante l'ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei Ministri.410

§      D.P.R. 27 luglio 2004, n. 242. Regolamento per la razionalizzazione e la interconnessione delle comunicazioni tra Amministrazioni pubbliche in materia di immigrazione.412

§      D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303. Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato.417

§      D.L. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con mod. L. 14 maggio 2005, n. 80. Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. (art. 1-ter)431

§      D.P.C.M. 30 ottobre 2007. Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali, nel territorio dello Stato, per l'anno 2007.433

§      D.P.C.M. 8 novembre 2007. Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali nel territorio dello Stato per l'anno 2008.438

§      D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251. Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonchè norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.440

Documentazione allegata

Ministero dell’Interno. Direzione centrale dell’immigrazione della polizia delle frontiere. Relazione ex art. 3, comma 1°, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, anno 2006  459

 

 

 


Scheda di sintesi

 


 

Dati identificativi

Numero dell’atto sottoposto al parere

209

Titolo

Documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato per il triennio 2007-2009

Ministro competente

Presidente del Consiglio dei ministri

Norma di delega

D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 3. co. 1

Settore d’intervento

Immigrazione

Date

 

§    presentazione

28 dicembre 2007

§    assegnazione

14 gennaio 2008

§    termine per l’espressione del parere

13 febbraio 2008

Commissione competente

I Commissione (Affari costituzionali)

Rilievi di altre Commissioni

-

 


 

Presupposti normativi

Il documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato per gli anni 2007-2009 è predisposto ai sensi dell’art. 3, comma 1, del testo unico sull’immigrazione di cui al D.Lgs 286/1998.

Nel documento sono indicati gli obiettivi strategici in materia di politiche migratorie e i principali interventi finalizzati a realizzarli.

Il documento ha anche la funzione di individuare i criteri generali in base ai quali ciascun anno il Governo determina la quota di lavoratori stranieri non comunitari da ammettere nel territorio nazionale (i cosiddetti “decreti flussi”).

 

L’art. 3, che definisce le procedure per la determinazione delle politiche di carattere generale concernenti l’immigrazione, prevede la predisposizione, con cadenza triennale o, in caso di necessità, con cadenza più breve, di un documento programmatico concernente la politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato.

Il documento (co. 1) è predisposto dal Presidente del Consiglio previa consultazione di una serie di soggetti (i ministri interessati, il CNEL, la Conferenza Stato-Regioni, la Conferenza Stato-Città, le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonché gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi nell’assistenza e nell’integrazione degli immigrati). Il documento, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri, è sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari, che devono pronunciarsi entro 30 giorni dal ricevimento dell’atto. È quindi emanato, tenendo conto dei pareri ricevuti, con decreto del Presidente della Repubblica e pubblicato in Gazzetta ufficiale.

Il documento programmatico indica le azioni e gli interventi di carattere generale concernenti l’immigrazione e le misure economico-sociali per gli stranieri soggiornanti in Italia, nonché i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso degli stranieri; delinea inoltre gli interventi pubblici volti a favorire le relazioni familiari, l’inserimento sociale e l’integrazione culturale degli stranieri residenti e prevede ogni possibile strumento per il reinserimento nei Paesi di origine (co. 2 e 3).

Il Ministro dell’interno presenta ogni anno una relazione al Parlamento sui risultati dell’attuazione del documento programmatico.

Sulla base delle indicazioni contenute nel documento programmatico, il Presidente del Consiglio definisce annualmente, con proprio decreto, sentiti i ministri interessati e le Commissioni parlamentari, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, anche a carattere stagionale, e per lavoro autonomo. Nel definire le quote massime si dovrà tener conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure straordinarie di accoglienza temporanea per eventi eccezionali.

In caso di mancata pubblicazione dei decreti di programmazione annuale, la determinazione delle quote è fissata conformemente a quanto stabilito l’anno precedente.

 

Dall’approvazione del testo unico ad oggi sono stati emanati tre documenti programmatici relativi alla politica dell’immigrazione nel territorio dello Stato:

§         D.P.R. 5 agosto 1998 (documento programmatico 1998-2000);

§         D.P.R. 30 marzo 2001 (documento programmatico 2001-2003);

§         D.P.R. 13 maggio 2005 (documento programmatico 2004-2006).

 


 

Contenuto

Il documento in esame reca un’analisi ed una programmazione delle più importanti politiche relative all’immigrazione e alla presenza in Italia degli stranieri non cittadini dell’Unione europea, con riferimento al triennio 2007-2009.

Un “nuovo patto” tra Stato e cittadini stranieri

Il principio fondamentale del documento di programmazione consiste nel “favorire una condizione migratoria secondo un percorso di stabilizzazione e di inclusione” in vista di un “nuovo patto” tra lo Stato e immigrati volto a superare la precarietà delle loro condizioni. Alla base di tale principio ci sono tre considerazioni:

§      i flussi migratori non sono più un fenomeno eccezionale, bensì continuo e stabile;

§      i lavoratori immigrati stranieri rappresentano una risorsa indispensabile per il nostro Paese;

§      l’Unione europea è avviata verso politiche comuni in materia di immigrazione, non incentrate esclusivamente sulla sicurezza, ma nelle quali hanno ampio spazio la gestione efficace dei flussi e l’integrazione degli stranieri.

Le questioni trattate dal documento

Il documento affronta le problematiche relative sia alla immigrazione per motivi di lavoro (Cap. 1: Le politiche di governo degli ingressi e del lavoro), sia a quella legata ad esigenze umanitarie (Cap. 6: Richiedenti asilo e rifugiati).

Particolare spazio è dedicato al diritto all’integrazione dei migranti, dal punto di visti degli interventi volti all’inclusione sociale (Cap. 2: Interventi per favorire l’inclusione e l’accoglienza), ma anche per quanto riguarda la lotta alle discriminazioni (Cap. 3: Politiche di contrasto alle discriminazioni razziste e xenofobe).

La questione della sicurezza e della lotta alla immigrazione clandestina è affrontata nel Cap. 4: Politiche di contrasto al traffico di persone e all’irregolarità.

Infine, un capitolo specifico è dedicato all’attività internazionale in materia di immigrazione (Cap. 5: Parteniariato e cooperazione a livello europeo e internazionale).

I principali interventi

Nel documento viene formulata una previsione della domanda di lavoro nel triennio in oggetto, quantificata in oltre 200 mila unità per anno.

 

Il documento indica numerosi interventi da realizzare nei prossimi anni, tra cui si segnalano:

§      la determinazione triennale (e non più annuale) dei flussi di ingresso;

§      la introduzione dell’ingresso per ricerca di lavoro (sponsorizzazione);

§      misure per favorire l’immigrazione qualificata;

§      la semplificazione dei procedimenti amministrativi;

§      la lotta al lavoro nero;

§      azioni per favorire l’inclusione sociale con particolare riguardo alle “seconde generazioni”;

§      il contrasto alla discriminazione razziale e xenofoba;

§      il superamento dei centri di permanenza temporanea e accoglienza (i CPTA);

§      il rafforzamento delle relazioni bilaterali con i Paesi a forte pressione migratoria;

§      la predisposizione di un testo unico sull’asilo.

Il progetto di riforma del Governo

Molti di questi interventi sono contenuti in un disegno di legge delega, di iniziativa governativa, all’esame della Camera (A.C. 2976). Una breve sintesi del progetto è riportata nel paragrafo Le linee generali della legislazione in materia di immigrazione delle schede di lettura, mentre per un esame dettagliato si rinvia al dossier del Servizio studi Modifiche alla disciplina dell’immigrazione ed alle norme sulla condizione dello straniero. A.C. 776 e abb. (Progetti di leggen. 248 – 21 settembre 2007).

 


Schede di lettura

 


Le linee generali della legislazione in materia di immigrazione

La base normativa

Le linee generali delle politiche pubbliche in materia di immigrazione extracomunitaria in Italia, fissate dalla legge n. 40 del 1998[1] (cosiddetta “legge Turco-Napolitano”), sono state successivamente consolidate nel testo unico approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286[2].

In tempi più recenti è intervenuta la L. 189/2002[3](la cosiddetta “legge Bossi-Fini”) che ha parzialmente modificato il testo unico del 1998, pur non alterandone l’impianto complessivo.

Norme regolamentari, di attuazione del testo unico, sono contenute nel D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, come modificato dal D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334, emanato in attuazione della L. 189/2002.

Nel corso della presente legislatura il Governo ha presentato un disegno di legge-delega volto ad una organica revisione dell’immigrazione, attraverso una modifica del testo unico del 1998[4].

 

Il testo unico non comprende la disciplina del diritto di asilo che è ancora regolato dal D.L. 416/1989[5] (la cosiddetta “legge Martelli”), testo sul quale è intervenuta la già citata L. 189/2002. La legge Martelli è destinata in tempi brevi ad essere sostituita da una disciplina di origine comunitaria: il Governo ha infatti approvato definitivamente due decreti legislativi attuativi di altrettante direttive comunitarie. Uno di questi, relativo allo status di rifugiato e ai requisiti per il suo riconoscimento, è stato pubblicato recentemente (D.Lgs. 251/2007[6]), mentre deve ancora essere pubblicato il secondo decreto, di recepimento della direttiva 2005/85/CE, riguardante il procedimento di presentazione ed esame delle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato.

 

Il testo unico interviene in entrambi gli ambiti principali del diritto dell’immigrazione: il diritto dell’immigrazionein senso stretto, concernente la gestione nel suo complesso del fenomeno migratorio: la definizione di regole di ingresso, di soggiorno, di controllo, di stabilizzazione dei migranti ed anche la repressione delle violazioni a tali regole; e il diritto dell’integrazione, che riguarda l’estensione, in misura più o meno ampia, ai migranti dei diritti propri dei cittadini (diritti civili, sociali, politici).

I princìpi fondamentali che sono alla base del testo unico sono essenzialmente tre: la programmazione dei flussi migratori, il contrasto all’immigrazione clandestina (entrambi riguardanti il diritto dell’immigrazione), e la concessione di una ampia serie di diritti volti all’integrazione degli stranieri regolari (diritto dell’integrazione).

 

I paragrafi successivi sono dedicati ad una sintetica descrizione di tali princìpi. Una analisi più approfondita viene svolta in relazione al primo di essi, in quanto è alla base dell’adozione del documento programmatico in esame.

La programmazione dei flussi migratori

In Italia l’immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea è regolata secondo il principio delle quote programmatiche. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità interna di manodopera, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro.

Più in generale, la gestione dei flussi di immigrazione è realizzata attraverso una serie di strumenti:

§         il documento programmatico, a cadenza triennale, relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri (articolo 3, commi 1-3 e 8, del citato testo unico);

§         il decreto sui flussi (art. 3, comma 4, TU) che stabilisce ogni anno, sulla base delle indicazioni contenute sul documento programmatico, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per motivi di lavoro;

§         il decreto sugli ingressi degli studenti universitari (art. 39, comma 4, TU) che fissa il numero massimo dei permessi di soggiorno per l’accesso all’istruzione universitaria degli studenti stranieri.

Il documento programmatico

Il documento programmatico costituisce la base di riferimento della politica dell'immigrazione. E’ elaborato dal Governo ogni tre anni (a meno che non si renda necessario un termine più breve[7]) e viene presentato al Parlamento per il parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Il documento è predisposto dal Presidente del Consiglio previa consultazione, oltre che dei ministri interessati, di una serie di soggetti:

§      il CNEL;

§      la Conferenza Stato-Regioni;

§      la Conferenza Stato-Città;

§      gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi nell’assistenza e nell’integrazione degli immigrati;

§      le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

Una volta acquisiti i pareri, il documento viene approvato dal Consiglio dei Ministri. Il documento è quindi trasmesso al Parlamento per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari che devono pronunciarsi entro trenta giorni dal ricevimento dell'atto. In caso di mancanza del parere il documento è comunque emanato decorso tale termine.

Il documento programmatico - che deve tener conto dei pareri ricevuti - è, infine, emanato con decreto del Presidente della Repubblica e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

Il documento programmatico, ai sensi dell’art. 3, commi 2 e 3, del testo unico, deve contenere:

§      gli interventi che lo Stato italiano intende svolgere in materia di immigrazione, anche attraverso accordi internazionali;

§      le linee generali per la definizione dei flussi d’ingresso nel territorio dello Stato di stranieri extracomunitari;

§      le misure di carattere economico e sociale nei confronti degli stranieri soggiornanti nelle materie che non devono essere disciplinate con legge;

§      gli interventi pubblici per favorire sia l’inserimento sociale e l’integrazione culturale degli stranieri regolari nel nostro Paese, sia il reinserimento dei Paesi di origine.

Solitamente, inoltre, il documento è corredato dall’analisi quantitativa e qualitativa del fenomeno migratorio e dallo studio degli scenari futuri.

Il documento programmatico è materialmente redatto dagli uffici della Presidenza del Consiglio, ed in particolare dal Dipartimento per il coordinamento amministrativo (DICA), struttura di supporto delle attività di competenza del Presidente del Consiglio.

 

L’organizzazione e il coordinamento amministrativi in materia di immigrazione sono stati ridefiniti dall’art. 2-bis del testo unico, introdotto dalla L. 189/2002, che prevede l’istituzione di tre organismi:

§       il Comitato per il coordinamento e il monitoraggio delle disposizioni del testo unico, organo interministeriale istituito per la prima volta nel 2000 in via amministrativa (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 2 agosto 2000) e, successivamente, elevato a rango legislativo ad opera come si è detto della legge 189. Esso è presieduto dal Presidente o dal Vice Presidente del Consiglio o da un Ministro delegato, ed è composto dai Ministri interessati ai temi trattati in ciascuna riunione e da un presidente di regione designato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni;

§       il Comitato è coadiuvato da un Gruppo tecnico di lavoro istituito presso il Ministero dell’interno e composto dai rappresentanti di diverse amministrazioni. Il Gruppo di lavoro, anch’esso previsto dal DPCM del 2000, è stato poi disciplinato dalla legge 189 che ne ha fissato la composizione e ha demandato ad un successivo regolamento la definizione delle modalità di coordinamento fra il Gruppo e la struttura di supporto della Presidenza del Consiglio competente in materia di immigrazione. Tale regolamento è stato adottato con il DPR 100/2004[8] che ha stabilito che le funzioni di segreteria del Gruppo tecnico sono svolte dal dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno. Il Gruppo si è costituito con il DM 29 novembre 2004 e si è riunito per la prima volta il 28 gennaio 2005;

§       lo stesso DPR 100/2004 ha demandato alla Presidenza del Consiglio la predisposizione del documento programmatico e dei decreti flussi, oltre ai compiti di coordinamento con il Gruppo di lavoro. Con un ulteriore provvedimento, il decreto del Presidente del Consiglio del 19 maggio 2004[9], la struttura interna della Presidenza, competente in materia, è stata individuata con il Dipartimento per il coordinamento amministrativo (DICA). Il Dipartimento è la struttura di supporto che opera nel settore dell'attuazione, in via amministrativa, delle politiche del Governo.

 

Fino ad oggi sono stati predisposti dal Governo tre documenti programmatici, nel 1998, nel 2001 e nel 2005.

 

Il primo documento (anni 1998-2000) è stato approvato con il decreto del Presidente della Repubblica del 5 agosto 1998[10] su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, con il Ministro per le pari opportunità, con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro dell'interno, con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro della sanità. I pareri delle commissioni parlamentari sono stati espressi, dal Senato, il 16 luglio e, dalla Camera, il 30 luglio 1998. Il Consiglio dei Ministri ha deliberato in via definitiva sul documento nella riunione del 31 luglio. Una disposizione transitoria della legge 40/1998 (poi confluita nel testo unico, art. 3, comma 7) prevedeva che il primo documento fosse predisposto entro 90 giorni dalla entrata in vigore del della stessa L. 40/1998.

Il secondo documento programmatico, relativo agli anni 2001-2003, è stato approvato, alla fine della XIII legislatura, dal decreto del Presidente della Repubblica del 30 marzo 2001[11] su proposta del Presidente del Consiglio dei  Ministri, di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro del tesoro, con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro della sanità, con il Ministro dell'industria, con il Ministro della giustizia, con il Ministro della pubblica istruzione, con il Ministro dell'università, con il Ministro per gli affari regionali e con il Ministro per la solidarietà sociale. Sul documento (e sul decreto flussi per l’anno 2001 esaminato congiuntamente) la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera espresse il proprio parere nella seduta del 28 febbraio 2001, mentre il Senato non rese il parere.

Il terzo documento programmatico, per il triennio 2004-2006, è stato approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 2005[12] su proposta del Presidente del Consiglio sentiti i ministri interessati. Entrambe le Commissioni parlamentari competenti hanno espresso parere favorevole con osservazioni: la I Commissione della Camera il 9 marzo 2005, la 1ª Commissione del Senato l’8 marzo 2005.

Il documento si articola nei seguenti punti:

§       le politiche per il lavoro degli stranieri e le linee generali per la definizione dei flussi di ingresso nel territorio italiano (Cap. I);

§       le politiche di prevenzione e di contrasto all’immigrazione illegale e gli stranieri nel sistema giudiziario (Cap. II);

§       le azioni e gli interventi a livello internazionale (Cap. III);

§       le politiche di integrazione (Cap. IV);

§       i richiedenti asilo e rifugiati (Cap. V).

 

Come si è detto, il documento programmatico triennale indica una serie di obiettivi e di misure concrete di intervento in materia di immigrazione. Secondo quanto stabilito dall’art. 3, comma 1 del testo unico, il Governo riferisce al Parlamento con una relazione annuale, predisposta dal Ministro dell’interno, sui risultati ottenuti attraverso i provvedimenti attuativi del documento programmatico.

 

La prima relazione sull’attuazione del documento di programmazione risale al 2000[13], e riguarda il periodo dal 27 marzo 1998 (data di pubblicazione della legge 40/98) al 31 ottobre 1999, ossia la prima fase di attuazione della legge. Essa è articolata in due parti: una dedicata all’analisi della presenza straniera in Italia, alla programmazione di flussi, alle misure di contrasto dell’immigrazione clandestina, alle misure relative ai rifugiati e alle attività svolte in ambito internazionale. La seconda parte riguarda le misure di integrazione degli immigrati.

A partire dalla relazione successiva, riferita al 2003 e presentata nel 2005, le relazioni sono presentate in allegato alla relazione annuale al Parlamento sull’attività delle Forze di Polizia trasmessa dal Ministro dell’interno ai sensi dell'articolo 113 della legge n. 121/1981. Tali relazioni sono dedicate esclusivamente alle attività di contrasto all’immigrazione clandestina e di cooperazione transfrontaliera e di sicurezza.

L’ultima relazione (riportata in allegato al presente dossier) si riferisce all’anno 2006  ed è stata presentata nell’agosto 2007[14].

 

Un rapporto annuale specificatamente dedicato allo stato di attuazione delle politiche di integrazione degli immigrati è previsto dall’articolo 46 del testo unico. Il compito di predisporre il rapporto è affidato alla Commissione per le politiche di integrazione, organismo della Presidenza del Consiglio istituito dallo stesso articolo 46. La Commissione ha curato due rapporti, nel 1999 e nel 2000.

 

Infine, si ricorda che la Corte dei conti, Sezione centrale di controllo sulla gestione, ha deliberato nel 2001 una indagine sulla Gestione delle risorse previste in connessione al fenomeno dell’immigrazione. Regolamentazione e sostegno all’immigrazione. Controllo dell’immigrazione clandestina. Nell’ambito di tale iniziativa sono state approvate tre relazioni (nel 2003, 2004 e nel 2005) che analizzano le politiche dell’immigrazione dal punto di vista dei risultati gestionali raggiunti, dell’efficienza e l’efficacia delle misure adottate, della regolarità delle procedure, della coerenza del disegno organizzativo con gli obiettivi indicati dalla normativa.

Il decreto flussi

Sulla base delle indicazioni contenute nel documento programmatico, ogni anno il Governo stabilisce le quote massime di cittadini stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per motivi di lavoro, attraverso l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il cosiddetto decreto flussi (per un elenco dei decreti emanati a partire dal 1998, con l’indicazione delle quote relative, si veda la tabella 1).

Le quote sono suddivise per lavoro subordinato, lavoro stagionale e lavoro autonomo.

Il decreto è adottato dal Governo con il parere delle Commissioni parlamentari, del Comitato interministeriale per il coordinamento e il monitoraggio delle politiche in materia di immigrazione e della Conferenza unificata Stato-regioni-enti locali. Ciascuna regione può trasmettere alla Presidenza del Consiglio, in vista della predisposizione del decreto flussi, un rapporto sulla presenza e sulla condizione degli immigrati nel territorio regionale, indicando anche la capacità di assorbimento di nuova manodopera.

l decreto flussi, come si è detto, ha cadenza annuale e deve essere emanato entro il 30 novembre dell’anno precedente a quello di riferimento[15].

Una norma di salvaguardia prevede che qualora non sia possibile emanare il decreto, il Presidente del Consiglio può adottare un decreto transitorio che però non deve superare le quote dell’anno precedente.

Per quanto riguarda il lavoro stagionale, è intervenuto il decreto legge n. 35 del 2005[16] (il cosiddetto “decreto per la competitività”) introducendo, con l’art. 1-ter, la possibilità, di stabilire, sempre con decreto del Presidente del Consiglio, quote massime di lavoratori stagionali stranieri non comunitari autorizzati – nei soli settori dell’agricoltura e del turismo – a fare ingresso in Italia, anche in misura superiore a quelle dell’anno precedente.

Ulteriori criteri per la definizione delle quote sono indicate dall’art. 21 del testo unico. Si prevede, da un lato, la possibilità di restrizioni numeriche all’ingresso di lavoratori provenienti da Paesi che non collaborino adeguatamente al contrasto dell’immigrazione clandestina e, dall’altro, l’assegnazione in via preferenziale di quote riservate ai cittadini di quegli Stati che abbiano invece concluso con l’Italia accordi di cooperazione in materia di immigrazione.

Ulteriori quote riservate sono assegnate ai lavoratori non comunitari di origine italiana.

Infine, ai sensi del regolamento di attuazione (art. 34 del DPR 394/1999, come modificato dall’art. 29 del DPR 334/2004) una quota è riservata ai lavoratori che abbiano partecipato alle attività formative nei Paesi di provenienza previste dall’art. 23 del testo unico.

In alcuni anni è stata accordata una preferenza ad alcune categorie di lavoratori specializzati (informatici, infermieri professionali).

Lo schema di decreto è predisposto dalla Presidenza del Consiglio, Dipartimento per il coordinamento amministrativo (la stessa struttura che cura il documento programmatico triennale) sulla base sia degli indirizzi contenuti nel documento medesimo, sia delle indicazioni del Comitato per il coordinamento ed il monitoraggio delle disposizioni del testo unico.

 

Come si è accennato sopra, in caso di mancata adozione del decreto flussi secondo la procedura ordinaria, il Governo può provvedere in via transitoria sempre con decreto del Presidente del Consiglio (adottato senza il parere della Camere) nel limite delle quote dell’anno precedente.

Nel 2007 la determinazione dei flussi è stata effettuata utilizzando proprio tale procedura provvisoria, nelle more della approvazione del nuovo documento di programmazione triennale, oggetto del presente dossier, all’epoca in fase di predisposizione.

All’inizio dell’anno (D.P.C.M. 9 gennaio 2007) è stata fissata la quota transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori stagionali nella misura di 80.000 persone. Si tratta della stessa cifra fissata per il 2006 dai D.P.C.M. 15 febbraio 2006 (50.000 stagionali su 170.000 lavoratori in complesso) e 14 luglio 2006 (30.000 lavoratori stagionali).

Con il medesimo provvedimento è stata individuata in 2.000 unità la quota dei lavoratori formati all'estero ai sensi dell’art. 23 del testo unico.

Per quanto riguarda i lavoratori non stagionali, il D.P.C.M. 30 ottobre 2007 ha stabilito un ammontare complessivo di 170.000 nuovi permessi. Anche in questo caso si è fatto ricorso alla procedura transitoria nelle more dell’approvazione del nuovo documento programmatico. Infatti, nel 2006 la quota di lavoratori extracomunitari non stagionali era stata fissata dapprima in 120.000 unità dal citato DPCM 15 febbraio 2006. Successivamente, in considerazione dell’alto numero di domande presentate, è stata stabilita una quota aggiuntiva di 350.000 persone pari al numero di richieste pervenute, ulteriori alle 120.000 ammesse in un primo momento. In totale, dunque, nel 2006 sono stati autorizzati 470.000 ingressi.

 

I 170.000 ingressi di lavoratori non stagionali autorizzati per il 2007 sono così suddivisi:

110.900   per motivi di lavoro subordinato non stagionale (65.000 colf e badanti, 14.200 settore edile, 1.000 dirigenti, 500 settore autotrasporto, 200 settore pesca marittima, 30.000 altri settori);

47.100     per motivi di lavoro subordinato non stagionale (quote riservate ai Paesi che hanno stipulato specifici accordi di cooperazione in materia migratoria);

3.000      per motivi di lavoro autonomo;

500         per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo (quota riservata ai lavoratori di origine italiana residenti in Argentina, Uruguay e Venezuela);

1.500      per motivi di lavoro subordinato riservati ai cittadini che hanno completato i programmi di formazione ai sensi dell’art. 23 del TU;

7.000      per conversione di permessi di soggiorno per studio, tirocinio e lavoro stagionale in permessi di soggiorno per lavoro subordinato.

 

Da segnalare, infine, che di recente è stato adottato il decreto flussi relativo ai lavoratori stagionali da ammettere per il 2008,il cui ammontare è pari a 80.000 persone.

 


Tab. 1. I decreti sui flussi d’ingresso dei lavoratori stranieri (1998-2008)

 

Anno

Provvedimento

Quote

1998

DM Esteri 27 dicembre 1997, Programmazione dei flussi migratori per l’anno 1998

20.000

DPCM 16 ottobre 1998, Integrazione al D.M. 24 dicembre 1997 recante programmazione dei flussi di ingresso per l’anno 1998 di cittadini stranieri non comunitari

38.000

1999

Dir. PCM 4 agosto 1999, Programmazione dei flussi di ingresso per lavoro, nell’anno 1999, di cittadini stranieri non comunitari

58.000

2000

DPCM 8 febbraio 2000, Programmazione dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2000

63.000

2001

DPCM 9 aprile 2001, Programmazione dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2001

83.000

DM Lavoro 12 luglio 2001

6.400

2002

DM Lavoro 4 febbraio 2002, Determinazione della quota massima di ingresso di lavoratori stagionali stranieri non comunitari per l’anno 2002

33.000

DM Lavoro 12 marzo 2002 2001, Determinazione per l’anno 2002 di un’ulteriore quota massima di ingresso di lavoratori stagionali stranieri non comunitari e di una quota massima di ingresso di lavoratori stranieri non comunitari per lavoro autonomo

9.400

DM Lavoro 22 maggio 2002, Determinazione per l’anno 2002 di un’ulteriore quota massima di ingresso di lavoratori stagionali stranieri non comunitari

6.600

DM Lavoro 16 luglio 200

10.000

DPCM 15 ottobre 2002, Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2002

20.500

2003

DPCM 20 dicembre 2002, Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2003

60.000

DPCM 6 giugno 2003, Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2003

19.500

2004

DPCM 19 dicembre 2003, Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori stagionali extracomunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2004

50.000

DPCM 19 dicembre 2003, Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non stagionali extracomunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2004

29.500

DPCM 20 aprile 2004, Programmazione dei flussi di ingresso dei lavoratori cittadini dei nuovi Stati membri della Unione europea nel territorio dello Stato, per l’anno 2004

20.000

DPCM 8 ottobre 2004, Programmazione dei flussi di ingresso dei lavoratori cittadini dei nuovi Stati membri della Unione europea nel territorio dello Stato, per l’anno 2004

16.000

2005

DPCM 17 dicembre 2004, Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2005

79.500

DPCM 17 dicembre 2004, Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori cittadini di nuovi Stati membri della UE nel territorio dello Stato per l’anno 2005

79.500

Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 aprile 2005, n. 3426, Disposizioni urgenti di protezione civile in relazione alla situazione di emergenza di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 20 marzo 2002, 7 novembre 2003, 23 dicembre 2004 e 21 aprile 2005

20.000

2006

DPCM 14 febbraio 2006, Programmazione dei flussi di ingresso dei lavoratori cittadini dei nuovi Stati membri dell’Unione europea nel territorio dello Stato, per l’anno 2006

170.000

DPCM 15 febbraio 2006, Programmazione dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato, per l’anno 2006

170.000

DPCM 14 luglio 2006, Programmazione aggiuntiva dei flussi d'ingresso dei lavoratori stagionali extracomunitari nel Territorio dello Stato, per l'anno 2006

30.000

DPCM 25 ottobre 2006, Programmazione aggiuntiva dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali nel territorio dello Stato, per l'anno 2006

350.000

2007

DPCM 9 gennaio 2007, Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori stagionali extracomunitari e dei lavoratori formati all'estero nel territorio dello Stato, per l'anno 2007

82.000

DPCM 30 ottobre 2007, Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali, nel territorio dello Stato, per l'anno 2007

170.000

2008

DPCM 8 novembre 2007, Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali nel territorio dello Stato per l'anno 2008

80.000

 

Per avere un quadro complessivo dell’immigrazione per motivi di lavoro in Italia, i dati relativi alle quote annuali devo essere integrati con quelli relativi alle sanatorie o regolarizzazioni di immigrati succedutesi nel tempo.

Dal 1982 ad oggi sono stati approvati, quasi sempre in coincidenza di modifiche alla normativa sull’immigrazione, sei provvedimenti di regolarizzazione di lavoratori stranieri irregolari (si veda la Tabella 2).

Le condizioni per poter regolarizzare la propria posizione sono variate negli anni: in genere si trattava di avere un lavoro stabile e di dimostrare la propria presenza nel territorio italiano a partire da una data prefissata.

 

Tab. 2. Le regolarizzazioni dei lavoratori stranieri

 

Anno

Domande presentate

Domande accolte

1982

5.000

5.000

1986

113.349

105.000

1990

234.841

222.000

1996

258.761

246.000

1998

250.747

217.000

2002

702.156

650.000

Il permesso di soggiorno

Il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato è condizionato alla sottoscrizione del contratto di soggiorno. Il “contratto di soggiorno per lavoro subordinato”fra un datore di lavoro (italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia) e un cittadino extracomunitario viene stipulato presso lo sportello unico per l’immigrazionee deve contenere la garanzia – da parte del datore di lavoro – della disponibilità di un’adeguata sistemazione alloggiativa per il dipendente e l’impegno al pagamento delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza.

La sottoscrizione del contratto di soggiorno costituisce requisito essenziale per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro. La durata del permesso di soggiorno varia a seconda del motivo di soggiorno: si va dai nove mesi per il lavoro stagionale, un anno al massimo per lavoro a tempo determinato, due anni per lavoro a tempo indeterminato e autonomo.

Dopo cinque anni di residenza legale in Italia, lo straniero può fare richiesta del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo (in precedenza denominato carta di soggiorno), documento a validità illimitata che sostituisce il permesso di soggiorno a rinnovo annuale.

Il contrasto all’immigrazione clandestina

Gli stranieri entrati in Italia senza regolare visto di ingresso sono considerati “clandestini”, mentre sono ritenuti “irregolari” gli stranieri che hanno perduto i requisiti per la permanenza sul territorio nazionale, di cui erano in possesso al momento dell’ingresso in Italia (ad esempio, per il mancato rinnovo del permesso di soggiorno scaduto).

Secondo le norme vigenti, tali immigrati devono essere respinti alla frontiera o espulsi. Quando l’espulsione non può essere immediata, gli stranieri devono essere trattenuti presso appositi centri di permanenza temporanea ed assistenza (CPTA) per il tempo strettamente necessario alla loro identificazione ed espulsione.

 

Dopo la recente chiusura dei centri di Brindisi, Crotone e Ragusa, al momento sono in funzione 11 centri di permanenza temporanea, con una ricettività di 1591 posti[17]. La loro localizzazione nelle varie regioni è in funzione delle dinamiche dei flussi di immigrazione clandestina.

Ai CPTA si aggiungono 5 centri di accoglienza (CPA, 2.394 posti) destinati a garantire i primi soccorsi agli stranieri e 4 centri di identificazione (CID) per il trattenimento temporaneo dei richiedenti asilo (730 posti)[18].

Nel periodo 2005 - 2006 sono stati tradotti nei CPTA circa 25.000 stranieri[19].

Per quanto riguarda, in particolare, i rimpatri effettuati nei confronti degli stranieri trattenuti nei centri di permanenza e assistenza, nel 2005 i rimpatriati sono stati il 68,6% dei trattenuti (50,5% nel 2004)[20].

 

Gli strumenti che l’ordinamento predispone per il contrasto all’immigrazione clandestina sono numerosi e vanno dalla repressione del reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, al respingimento alla frontiera, dall’espulsione come misura di sicurezza per stranieri condannati per gravi reati, all’espulsione come sanzione sostitutiva della detenzione.

Il principale di essi può tuttavia considerarsi l’espulsione amministrativa. Dopo la legge Bossi-Fini essa si risolve, nella maggior parte dei casi, nell’accompagnamento alla frontiera da parte delle forze dell’ordine, disposto dal prefetto; più raramente si concreta in una intimazione a lasciare entro 15 giorni il territorio dello Stato. Il provvedimento di espulsione è valido per 10 anni e il mancato rispetto di quanto in esso disposto dà luogo a sanzione penale.

 

Per contrastare le immigrazioni clandestine e i relativi traffici, la legge Bossi-Fini ha infatti inasprito l’apparato delle sanzioni penali previste dal testo unico ed ha generalizzato il ricorso all’espulsione mediante accompagnamento coatto alla frontiera, modificando numerosi aspetti procedurali del ricorso contro il decreto di espulsione e inasprendo le pene per lo straniero espulso che rientri illegalmente nel territorio dello Stato[21].

Nella materia è intervenuto il D.L. 241/2004[22], che ha ridisciplinato la procedura di controllo giurisdizionale sull’espulsione del cittadino extracomunitario e l’esecuzione dell’espulsione, per adeguarle a due sentenze della Corte costituzionale (nn. 222 e 223 del 2004) che ne avevano dichiarato la parziale illegittimità costituzionale.

 

Particolarmente severe sono le disposizioni volte a reprimere il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, punito con la reclusione fino a cinque anni o, se il reato è compiuto a fini di lucro, fino a quindici anni. Le pene poi sono poi aumentate in presenza di circostanze aggravanti, quali l’avviamento alla prostituzione[23].

Va inoltre ricordata, in proposito, la ridefinizione dei reati di riduzione in schiavitù e di tratta di persone operata dalla legge n. 228 del 2003[24].

Una menzione spetta anche al permesso di soggiorno a fini investigativi, rilasciato in favore degli stranieri che prestino la loro collaborazione all’autorità giudiziaria o agli organi di polizia in relazione a delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico. Si tratta di un nuovo strumento introdotto dal D.L. 144/2005[25], e che si inserisce nel solco della legislazione premiale in materia di immigrazione inaugurata dal permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, che può essere rilasciato a immigrati clandestini che siano vittime di situazioni di violenza o di grave sfruttamento[26].

L’integrazione degli stranieri regolari

Per quanto riguarda il terzo dei tre princìpi ispiratori della legislazione vigente, l’integrazione degli stranieri regolari, il nostro ordinamento garantisce una ampia tutela dei diritti degli stranieri e promuove l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati.

Innanzitutto, agli stranieri sono garantiti, alla stregua dei cittadini italiani, i diritti fondamentali di libertà ed eguaglianza fissati dalla prima parte della nostra Costituzione. Tra questi, espressamente destinato agli stranieri, il diritto di asilo (art. 10 Cost.).

Inoltre, una serie di disposizioni contenute in leggi ordinarie provvedono a fissare contenuti e limiti della possibilità degli stranieri di godere dei diritti propri dei cittadini e dall’altro a promuovere l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati.

In primo luogo, la legge prevede, in presenza di determinate condizioni, la concessione agli stranieri della cittadinanza (per naturalizzazione, per nascita o per matrimonio), quale massimo strumento di integrazione e di possibilità di godimento dei diritti garantiti dall’ordinamento. L’acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione presuppone la permanenza regolare e continuativa nel territorio nazionali per dieci anni ed è subordinata alla decisione, in larga parte discrezionale, dell’amministrazione pubblica[27].

 

Per quanto riguarda i diritti civili, agli stranieri è garantito il diritto alla difesa in giudizio (art. 17 testo unico).

Inoltre, è prevista una serie di strumenti volti al contrasto della discriminazione razziale: a partire dalla legge 654/1975 di ratifica della Convenzione di New York del 1966 contro il razzismo, fino al testo unico che da una definizione puntuale degli atti di discriminazione (art. 43) e disciplina l’azione di sede civile contro tali atti (art. 44).

In questo settore alcuni importanti interventi sono stati realizzati principalmente in attuazione della disciplina comunitaria: due decreti legislativi, 215 e 216 del 2003, hanno recepito due direttive comunitarie contenenti disposizioni per garantire la non discriminazione a causa delle proprie origini, il primo in generale, il secondo in materia di lavoro.

 

Sono previste, inoltre, alcune disposizioni relative alla tutela dei diritti sociali.

Specifiche disposizioni del testo unico (artt. 28-33) prendono in esame le forme di garanzia del diritto all’unità familiare, riconosciuto agli stranieri regolarmente soggiornanti, e di tutela dei minori, il cui prioritario interesse deve sorreggere tutti i provvedimenti amministrativi e giurisdizionali in materia di diritto all’unità familiare.

Per quanto riguarda il diritto alla salute, viene garantita una ampia assistenza sanitaria a tutti gli stranieri, compresi coloro che non sono in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno (artt. 34-36).

Anche il diritto allo studio è contemplato dal testo unico (art. 39);

Le disposizioni del testo unico in materia di servizi abitativi e di assistenza sociale per stranieri (artt. 40-41) prevedono che le regioni, in collaborazione con gli enti locali e con le associazioni di volontariato, predispongano centri di accoglienza destinati ad ospitare stranieri regolarmente soggiornanti e impossibilitati, temporaneamente, a provvedere autonomamente alle proprie esigenze abitative e di sussistenza.

L’art. 41 del testo unico estende a favore degli stranieri in possesso della carta o del permesso di soggiorno (di durata non inferiore a un anno) anche l’accesso ai servizi socioassistenzialiorganizzati sul territorio.

 

Quanto ai diritti politici, va segnalata la Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale fatta a Strasburgo nel 1992 tra i Paesi membri del Consiglio d’Europa (ratificata dall’Italia con legge 8 marzo 1994, n. 203) con la quale vengono garantiti agli stranieri residenti nei Paesi aderenti una serie di diritti. In particolare il capitolo A della Convenzione prevede il riconoscimento agli stranieri, alle stesse condizioni previste per i cittadini, delle libertà di espressione, di riunione e di associazione, ivi compresa quella di costituire sindacati e affiliarsi ad essi, ferme restando le eventuali limitazioni per ragioni attinenti alla sicurezza dello Stato, alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Con il capitolo B si riconosce il diritto alle collettività locali che hanno nei loro rispettivi territori un numero significativo di residenti stranieri, di creare organi consultivi volti a rappresentare i residenti stranieri a livello, ai quali deve essere data la possibilità di discutere sui problemi di loro interesse per il tramite di rappresentanti eletti o nominati da gruppi associati.

Non si è data, invece, applicazione al capitolo C della Convenzione che impegna le parti a concedere agli stranieri residenti il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni locali che, pertanto, non è attribuibile agli stranieri non comunitari[28].

Le proposte di riforma del testo unico

La riforma della disciplina dell’immigrazione è uno dei temi al centro del dibattito politico.

La I Commissione (Affari costituzionali) della Camera ha iniziato nel settembre 2007 l’esame di diversi progetti di legge di iniziativa parlamentare e di un disegno di legge del Governo, predisposto dal Ministro dell’interno, Giuliano Amato, e dal Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, per la modifica del testo unico in materia dell’immigrazione[29].

Il disegno di legge governativo consiste in una delega legislativa, da esercitare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, volta a modificare il testo unico del 1998. I punti qualificanti del progetto del Governo si possono riassumere come segue:

§      programmazione triennale delle quote di ingresso annuali, in luogo della definizione annuale delle quote tramite i “decreti flussi”;

§      predisposizione di liste di lavoratori stranieri nei Paesi di origine (una sorta di sistema di collocamento all’estero);

§      reintroduzione degli ingressi per l’inserimento nel mondo del lavoro tramite sponsorche si impegnino finanziariamente per gli immigrati. E’ prevista inoltre la possibilità per l’immigrato di “autosponsorizzarsi”, cioé di fornire egli stesso prove di adeguate risorse finanziarie al fine di ottenere il premesso di soggiorno per ricerca di lavoro;

§      semplificazione delle procedure per il rilascio del visto di ingresso e per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno (a partire dall’ampliamento della durata massima del permesso);

§      concessione dell’esercizio del diritto di voto alle elezioni amministrative per gli stranieri soggiornanti di lungo periodo;

§      previsione di misure volte a rendere effettivi i rimpatri, anche attraverso forme di rimpatrio volontario;

§      rimodulazione delle sanzioni correlate alla violazione delle disposizioni in materia di immigrazione in relazione alla gravità e alla reiterazione delle violazioni;

§      superamento del sistema dei centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA);

§      potenziamento delle misure volte all’inserimento degli stranieri regolari, con particolare riguardo ai minori.

 

Nella legislatura in corso si registrano numerose iniziative legislative che intervengono su singoli aspetti delle politiche dell’immigrazione. Si tratta di iniziative volte ad incidere direttamente o indirettamente sulla materia, sia sul versante della gestione dell’immigrazione e del contrasto dell’immigrazione clandestina, sia con riguardo al diritto all’integrazione.

 

Tra queste si segnalano:

§       l’abolizione dell’obbligo di permesso di soggiorno per i lavoratori extracomunitari dipendenti da datori di lavoro residenti nell’Unione europea, sostituito da una semplice dichiarazione (decreto legge 10/2007, art. 5)[30];

§       l’abolizione dell’obbligo di richiedere il permesso di soggiorno per viaggi di breve durata (tre mesi) compiuti per motivi di visita, affari, turismo e studio (la legge n. 68 del 2007;

§       il recepimento della direttiva comunitaria 2003/110, relativa all’assistenza durante il transito in uno scalo aereo di un Paese membro dell’Unione europea – nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea – quando non sia possibile per lo Stato membro avvalersi di voli diretti per l’allontanamento degli stranieri espulsi verso i Paesi terzi di destinazione (decreto legislativo 24/2007)[31];

§       l’istituzione del Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati presso il Ministero della solidarietà sociale (legge finanziaria 2007 L. 296/2007, art. 1, commi 1267-1268);

§       l’abbreviazione (da sei a cinque anni) del periodo minimo di permanenza regolare per l’ottenimento della carta di soggiorno a tempo indeterminato (decreto legislativo 3/2007[32]);

§       l’ampliamento dell’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare (decreto legislativo 5/2007[33] ).

 

Si ricordano, inoltre, le seguenti iniziative in corso:

§       un disegno di legge del Governo relativo ai  cosiddetti scafisti, ossia coloro favoriscono e sfruttano l’immigrazione clandestina, volto a reprimere con maggior durezza tali reati[34];

§       un disegno di legge - sempre di iniziativa governativa -  è volto a contrastare il lavoro nero degli stranieri irregolari[35];

§       due proposte di legge, di iniziativa parlamentare, volte a introdurre disposizioni per agevolare il controllo dell’identità dello straniero e a contrastare il fenomeno dell’utilizzo di false generalità[36];

§       una serie di progetti di legge (tra i quali cui uno del Governo A.C. 1607) di riforma della disciplina sulla cittadinanza (di cui si è detto sopra);

§       due proposte di legge di iniziativa parlamentare sulla libertà religiosa volti ad aggiornare la disciplina in materia elaborata tra gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso[37].

 

Si ricorda infine che la verifica delle condizioni di vita nei centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA), anche in vista della loro riforma, è stato l’obiettivo principale di una speciale commissione d’indagine sui CPTA istituita dal ministro Amato nel luglio scorso e presieduta dall’ambasciatore Staffan de Mistura.

La Commissione ha concluso i suoi lavori nel gennaio 2007 con la pubblicazione di un dettagliato rapporto, in cui si propone il “superamento” dei CPTA attraverso un processo di svuotamento di tutte le categorie di persone per le quali non c’è necessità di trattenimento[38].

 


Il quadro europeo

Premessa: la definizione di una politica europea comune in materia di immigrazione e di asilo

Il tema dell’immigrazione è divenuto una questione centrale per l’Unione europea soprattutto a partire dal 1999, quando il Consiglio europeo di Tampere ha stabilito che l’Unione elaborasse una politica comune in materia di asilo e immigrazione.

Da allora le azioni comunitarie si sono indirizzate su quattro direttrici:

§         partenariato con i Paesi d’origine dei flussi migratori;

§         regime europeo comune in materia di asilo;

§         equo trattamento dei cittadini dei Paesi terzi;

§         gestione efficace dei flussi migratori.

 

In particolare, sono in vigore provvedimenti comunitari in materia di:

§         status di residente di lunga durata;

§         ricongiungimento familiare;

§         accoglienza dei richiedenti asilo e attribuzione della qualifica di rifugiato;

§         protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati;

§         definizione di favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali;

§         riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento;

§         parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica.

 

Dopo la conclusione del primo programma adottato dal Consiglio europeo di Tampere, nella riunione del 5 novembre 2004 svoltasi a Bruxelles, il Consiglio europeo ha adottato un nuovo programma pluriennale per il rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea, il cosiddetto Programma dell’Aja, di cui si tratterà nel paragrafo successivo.

I documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Orientamenti generali della politica dell’UE in materia di immigrazione

Le linee direttrici della politica europea comune in materia di asilo e immigrazione, come delineati nei programmi di Tampere e dell’Aja[39], possono essere sintetizzate come segue:

§         partenariato con i paesi di origine, nel quadro di un approccio globale che affronti gli aspetti politici, i diritti dell'uomo e i problemi dello sviluppo nei paesi e nelle regioni di origine e di transito;

§         regime comune europeo in materia di asilo, fondato, a termine, su una procedura d'asilo comune e uno status unico;

§         equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio degli Stati membri;

§         gestione dei flussi migratori, basata, segnatamente, su una politica comune attiva in materia di visti e di documenti falsi, sulla lotta contro la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento economico dei migranti e sulla regolamentazione dell’entrata e del diritto di soggiorno, del permesso di lavoro e delle questioni relative al ricongiungimento familiare.

Una delle novità più rilevanti del programma dell’Aja è stata la decisione di applicare, dal 1° gennaio 2005, la procedura legislativa ordinaria - basata sulla codecisione con il Parlamento europeo e la maggioranza qualificata per le decisioni in seno al Consiglio dei ministri - per le misure concernenti la libertà di circolazione dei cittadini dei paesi terzi, l’immigrazione illegale, nonché il soggiorno irregolare, compreso il rimpatrio. Per quanto riguarda l'immigrazione legale, si applica ancora (in attesa degli esiti del processo costituzionale dell’Unione europea) la procedura che comporta la consultazione del PE e le decisioni del Consiglio assunte all’unanimità. Per quanto attiene, in particolare, all’integrazione dei migranti, l’obiettivo del programma dell’Aja è quello di definire un quadro europeo in materia di integrazione, mirante a garantire il rispetto dei valori europei, nonché a ribadire la non discriminazione.

Sulla base delle indicazioni dei programmi di Tampere e dell’Aja, gli orientamenti della politica europea in materia di immigrazione sono stati ulteriormente definiti nelle conclusioni dei Consigli europei del 15-16 dicembre 2005 e del 14-15 dicembre 2006 nonché nell’ambito della comunicazione della Commissione del 30 novembre 2006.

In particolare, il Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005 – in considerazione della crescente importanza delle questioni migratorie per l’Unione europea e per i suoi Stati membri ed allo scopo di rispondere alle opportunità ed alle sfide della migrazione, come delineato nel programma dell’Aja – ha adottato il documento “Approccio globale in materia di migrazione: azioni prioritarie incentrate sull'Africa e il Mediterraneo”, con l’indicazione di una serie di interventi da attuare nel 2006 e la definizione di un programma di azioni prioritarie in quattro settori:

§         potenziamento della cooperazione e dell'operato degli Stati membri;

§         cooperazione con i principali Paesi d’origine in Africa;

§         cooperazione con i Paesi vicini dell'area mediterranea;

§         aspetti legati al finanziamento e all’attuazione degli interventi.

Rispondendo all’invito del Consiglio europeo a riferire sui progressi compiuti entro la fine del 2006, il 30 novembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione dal titolo“L'approccio globale in materia di migrazione un anno dopo: una politica generale dell'Europa sulla migrazione[40]”.

La comunicazione formula proposte per incentivare il dialogo e la cooperazione, in particolare con l'Africa, sull'intera gamma delle questioni relative alla migrazione (migrazione legale e illegale, aumento della protezione per i rifugiati, rafforzamento dei legami tra la politica in materia di migrazione e la politica di sviluppo). Si propone, inoltre, di aumentare il sostegno offerto ai Paesi africani per una migliore gestione della migrazione, istituendo fra l'altro squadre di assistenza in materia di migrazione, che dovrebbero fornire le consulenze tecniche necessarie per aumentare la capacità operativa e amministrativa dei Paesi interessati. La comunicazione suggerisce anche di creare portali europei della mobilità professionale, che offrano ai Paesi africani informazioni sulle opportunità di lavoro in Europa.

Altre azioni sarebbero destinate ad agevolare il collegamento tra domanda e offerta di lavoro. A questo scopo, la comunicazione ipotizza la creazione nei Paesi partner di centri di assistenza per la migrazione, sostenuti da finanziamenti comunitari, che potrebbero anche agevolare la gestione dei lavoratori stagionali, gli scambi di studenti e ricercatori e altre forme di circolazione legale delle persone. La Commissione propone, inoltre, di sviluppare “pacchetti sulla mobilità”, che fornirebbero il quadro generale per gestire le varie forme di movimenti legali tra l'UE e i Paesi terzi e riunirebbero le opportunità offerte dagli Stati membri e dalla Comunità europea, pur rispettando pienamente la ripartizione delle competenze prevista dalle disposizioni del Trattato.

Il Consiglio europeo del 14-15 dicembre 2006, ribadendo che la politica migratoria europea si fonda sulle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 1999, sul programma dell’Aja del 2004 e sull’approccio globale in materia di migrazioni adottato nel 2005, ha affermato l’importanza di potenziare le iniziative finora condotte. In particolare, per il 2007, il Consiglio europeo ha previsto misure volte a:

§         rafforzare e approfondire la cooperazione e il dialogo internazionali con i paesi terzi di origine e di transito;

§         rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri nella lotta all’immigrazione illegale, tenendo conto della comunicazione della Commissione sulle priorità politiche[41];

§         migliorare la gestione delle frontiere esterne dell’Unione europea sulla scorta della strategia di gestione integrata delle frontiere adottata dal consiglio nel 2006;

§         elaborare, per quanto riguarda la migrazione legale, politiche migratorie opportunamente gestite, nel rispetto delle competenze nazionali, per aiutare gli Stati membri a soddisfare le esigenze di manodopera attuali e future, contribuendo nel contempo allo sviluppo sostenibile di tutti i paesi;

§         promuovere l’integrazione e il dialogo interculturale e la lotta a tutte le forme di discriminazione negli Stati membri e nell’Unione europea;

§         realizzare entro la fine del 2010 il regime europeo comune in materia di asilo, iniziando con una valutazione preliminare della sua prima fase nel 2007[42];

§         rendere disponibili risorse adeguate per l’attuazione della politica migratoria globale.

Il Consiglio europeo ha, altresì, ricordato che la politica migratoria europea si basa sulla solidarietà, la fiducia reciproca e la ripartizione delle responsabilità tra l’Unione europea e gli Stati membri, sul rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali dei migranti, sulla Convenzione di Ginevra e sul debito accesso alle procedure di asilo.

Il Consiglio europeo del 14 dicembre 2007 ha sottolineato che lo sviluppo di una politica migratoria globale resta una priorità fondamentale, evidenziando altresì come la cooperazione con i paesi terzi risulti essenziale per una corretta gestione dei flussi migratori e il contrasto all’immigrazione clandestina, A tale proposito, il Consiglio europeo ha ricordato in particolare l’attuazione dell'approccio globale in materia di migrazione concernente Africa e Mediterraneo, nonché regioni limitrofe orientali e sudorientali dell'Unione europea (vedi infra). Il Consiglio europeo ha, inoltre, ribadito l'importanza di approfondire il dialogo con l’America Latina e i Caraibi (vedi infra).

 

Il Consiglio europeo ha inoltre invitato il Consiglio a proseguire i lavori sulle recenti proposte della Commissione relative a: ammissione di cittadini di paesi terzi che intendono svolgere attività lavorative altamente qualificate; procedura unica di domanda; insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro. Ha invitato il Consiglio e il Parlamento europeo a raggiungere entro il 2008 un accordo sulle proposte sulle sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE e ha manifestato l’esigenza di dare un seguito alla comunicazione della Commissione sul lavoro sommerso[43].

 

Il Consiglio europeo ha sottolineato la necessità di realizzare entro il 2010 il sistema europeo comune di asilo (vedi infra), invitando a tal fine la Commissione a valutare l'attuazione della prima fase e a presentare le iniziative necessarie nel 2008; ha accolto con favore la conclusione degli accordi sulle agevolazioni per il rilascio dei visti e di riammissione tra l'Unione europea e quattro paesi dei Balcani occidentali (Bosnia-Erzegovina, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro, Serbia), l'Ucraina e la Repubblica di Moldavia, nonché l'accordo di agevolazioni per il rilascio dei visti con l'Albania

Si ricorda, infine, che il 21 giugno 2007 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla strategia relativa alla dimensione esterna dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia[44].

 

Nell’ambito delle raccomandazioni in essa contenute, relative al rafforzamento della solidarietà internazionale con riguardo alle politiche di migrazione, riammissione e asilo, il Parlamento:

§         ricorda che l'immigrazione può portare notevoli benefici se gestita in modo adeguato, in termini di solidarietà e partenariato con i paesi terzi, e che l'integrazione degli immigrati dovrebbe essere un elemento fondamentale della futura politica dell'UE in materia di migrazione; sottolinea che le attività dell'UE, volte a migliorare la capacità dei paesi terzi di gestire i flussi migratori e le proprie frontiere, devono essere realizzate nell'ambito di una efficace politica di sviluppo, tenendo conto della specifica situazione economica e sociale e affrontando le cause reali della migrazione legale e clandestina, come povertà e mancanza di diritti umani, nei paesi interessati e dovrebbero comprendere sia l'aiuto per migliorare la loro capacità di gestire i flussi migratori che l'aiuto per uno sviluppo e un cosviluppo efficaci;

§         chiede al Consiglio e alla Commissione di compiere tutti gli sforzi possibili affinché le autorità dei paesi di origine e di transito cooperino efficacemente con l'UE e i suoi Stati membri per prevenire l'immigrazione illegale e lottare contro le organizzazioni che si dedicano alla tratta di esseri umani; chiede altresì al Consiglio e alla Commissione di valutare regolarmente il grado di cooperazione di questi paesi terzi in materia di immigrazione illegale;

§         ritiene che la conclusione di accordi di riammissione sia una priorità facente parte di una più ampia strategia di lotta contro l'immigrazione clandestina e ricorda la necessità di disporre di norme comuni, chiare, trasparenti ed eque sul rimpatrio.

Verso una politica comune dell’immigrazione

Il 5 dicembre 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione sul tema “Verso una politica comune dell’immigrazione” (COM(2007)780).

Analizzando gli interventi di armonizzazione compiuti in materia di immigrazione legale, ampliamento dell’area Schengen[45] e gestione delle frontiere (vedi infra), contrasto all’immigrazione clandestina sviluppo della dimensione esterna della politica UE, la Commissione sottolinea che nell’ultimo decennio sono state gettate progressivamente le basi per una politica comune di immigrazione che permetta di andare al di là delle 27 politiche d’immigrazione nazionali.

Nella considerazione che l’immigrazione possa fornire un grande apporto alla prosperità dell’Unione, la Commissione afferma la necessità di rinnovare l’impegno a favore di una politica comune, al fine di realizzare un quadro europeo, all’interno del quale il livello nazionale e quello dell’Unione possano completarsi a vicenda.

 

Il rinnovato impegno dovrebbe:

§         fondarsi su una valutazione della situazione degli immigrati negli Stati membri, dei bisogni attuali e futuri e dei deficit di competenze;

§         definire un piano per una visione comune del tipo di immigrazione richiesta in Europa, e delle misure di accompagnamento necessarie per garantire una buona integrazione;

§         stabilire misure comuni di contrasto effettivo all'immigrazione clandestina, tanto sul fronte dei nuovi arrivi che su quello degli immigrati irregolari già presenti nell'Unione;

§         garantire un coordinamento e un'informazione reali e efficaci fra gli Stati membri in relazione alle decisioni più importanti nel campo dell'immigrazione, in particolare le regolarizzazioni e le misure di contrasto all'immigrazione clandestina;

§         garantire la coerenza delle politiche: tutti i settori politici, a livello nazionale e dell'UE, e le singole politiche settoriali devono contribuire e lavorare in modo complementare per far fronte alle sfide comuni;

§         continuare il processo di collegamento della politica di immigrazione dell'UE con l'agenda esterna, compreso lo sviluppo.

Dal punto di vista delle azioni concrete, tale impegno:

§         indurrà gli Stati membri e le istituzioni europee a lavorare in partenariato e nella trasparenza, sulla base della reciproca solidarietà e della ripartizione degli oneri tramite una condivisione mirata e efficiente delle risorse;

§         tradurrà l'esigenza di coerenza e solidarietà in norme e principi comuni;

§         attuerà altre iniziative pianificate nell'ambito della strategia europea per l'occupazione, del metodo di coordinamento aperto sull'inclusione sociale, sulla protezione sociale e sull'assistenza sanitaria e delle politiche antidiscriminatorie, allo scopo di migliorare la coerenza fra questi diversi settori di intervento;

§         fisserà obiettivi e indicatori quantificabili che permettano di valutare con regolarità l'impatto delle misure adottate;

§         getterà le fondamenta di una cooperazione migliore fra le amministrazioni degli Stati membri, facendo un uso ottimale dei fondi e delle tecnologie disponibili;

§         incoraggerà gli Stati membri a moltiplicare gli sforzi per migliorare la situazione degli immigrati sul mercato del lavoro tramite la politica di coesione.

 

La Commissione si è dichiarata pronta a avanzare proposte per lo sviluppo e l'attuazione pratica di questo impegno rinnovato entro il primo semestre del 2008, per proporle all'esame e all'approvazione del Consiglio europeo nella sua riunione del dicembre 2008 (vedi paragrafo seguente, Programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2008).

La comunicazione è in attesa di esame da parte del Consiglio e del Parlamento europeo.

La politica migratoria nei programmi delle Istituzioni europee

Nel programma legislativo e di lavoro per il 2008, presentato il 23 ottobre 2007, la Commissione ha affrontato la tematica della migrazione, ribadendo il suo impegno nella realizzazione di una politica comune fondata su un approccio pluridimensionale[46].

In questo contesto, a completamento del programma dell’Aja, il programma considera, tra le iniziative strategiche, la presentazione di un “pacchetto migrazione” comprendente:

§         una comunicazione sul sistema di ingresso e uscita e su altri strumenti di gestione delle frontiere (es. autorizzazione elettronica di viaggio);

§         una relazione sulla valutazione e il futuro sviluppo di Frontex;

§         una comunicazione sulla creazione di un sistema europeo di controllo delle frontiere;

Il sostegno all’immigrazione regolare si concretizzerà nella presentazione di una proposta di direttiva sulle condizioni di ingresso e residenza dei lavoratori stagionali e di un Libro verde sulla migrazione e l’istruzione.

Per quanto riguarda la realizzazione di un regime europeo comune di asilo, sulla base del programma dell’Aja e del Libro verde presentato in materia il 6 giugno 2007[47], la Commissione prevede la presentazione, nel corso del 2008, delle seguenti misure:

§         una comunicazione relativa ad un Piano strategico in materia di asilo;

§         una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/9/CE sulle norme relative all’accoglienza dei richiedenti asilo;

§         una proposta di regolamento che modifica il regolamento CE n.343/2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo;

§         una proposta di direttiva che modifica le procedure in materia di asilo;

§         una proposta di direttiva sul riconoscimento dello status di rifugiato e sul ravvicinamento delle forme di protezione sussidiaria.

Il Parlamento europeo, nella risoluzione adottata il 12 dicembre 2007 sul Programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2008 ha sottolineato che una politica comune in materia di migrazione, visti e diritto di asilo, nonché un'efficace integrazione economica, sociale e politica degli immigrati sulla base di principi comuni rappresentino due facce della stessa medaglia e costituiscano una sfida chiave.

 

Il Programma delle Presidenze del Consiglio dell’UE per il periodo 1 gennaio 2007 – 30 giugno 2008, in materia di immigrazione, prevede azioni volte a:

§         garantire un dialogo periodico e ad attuare una cooperazione pratica tra i paesi di origine, di transito e di destinazione;

§         attuare l’”approccio globale in materia di migrazione” adottato dal Consiglio europeo del dicembre 2005 e il piano d’azione del 2006 “Azioni prioritarie incentrate sull’Africa e sul Mediterraneo”;

§         realizzare un sistema di sorveglianza della frontiera marittima meridionale.[48]

I lavori si incentrano, tra l’altro, sulla definizione di una strategia europea per la migrazione legale e di un approccio coerente in materia di politica di migrazione e integrazione.

Come già ricordato nel capitolo precedente, il problema dei flussi migratori è considerato una delle maggiori sfide dell’UE nel programma della Presidenza portoghese per il semestre del suo mandato.

La presidenza slovena, nel suo programma per il primo semestre 2008, si impegna a proseguire la realizzazione della politica di approccio globale alle migrazioni, accordando particolare attenzione all’armonizzazione e all’adozione di una legislazione nel settore dell’immigrazione legale, della lotta contro l’immigrazione clandestina e della instaurazione di un codice comunitario dei visti.

Strumenti finanziari 2007-2013

Nell’ambito delle nuove prospettive finanziarie per il 2007, il programma quadro “Solidarietà e gestione dei flussi migratori” per il periodo 2007-2013 (COM(2005)123-1)[49] intende rispondere al problema della ripartizione equa delle responsabilità tra gli Stati membri, per quanto riguarda l’onere finanziario conseguente all’introduzione di una gestione integrata delle frontiere esterne e all’attuazione di politiche comuni in materia di asilo e immigrazione. Esso opera in funzione di complementarietà rispetto alle altre iniziative ed organi operanti nel contesto della stessa politica comune, quali l’Agenzia per la gestione delle frontiere esterne (Frontex), il Sistema di informazione visti (VIS) e il Sistema di informazione Schengen (SIS). Il programma quadro si sostanzia nei seguenti strumenti finanziari specifici:

§         Fondo europeo per le frontiere esterne“, con una dotazione di 1820 milioni di euro per il periodo 2007-2013 (decisione 574/2007/CE del 7 maggio 2007);

§         Fondo europeo per i rifugiati”, con una dotazione di 699,3 milioni di euro per il periodo 2008-2013 (decisione 573/2007/CE del 7 maggio 2007); “Fondo europeo per il rimpatrio”, con una dotazione di 676 milioni di euro per il periodo 2008-2013 (decisione 575/2007/CE del 7 maggio 2007);

§         “Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi”, con dotazione pari a 825 milioni di euro per il periodo 2007-2013 (decisione 2007/435/CE del 25 giugno 2007).

Il 26 giugno 2007, la Commissione, secondo quanto preannunciato nella comunicazione del 25 gennaio 2006 “Programma tematico di cooperazione con i paesi terzi nei settori dell’emigrazione e dell’asilo” (COM(2006)26),ha presentato il programma di cooperazione con i paesi terzi nel campo dell’immigrazione e dell’asilo, con una dotazione di 380 milioni di euro per il periodo 2007-2013, destinato a sostituire il vigente programma Aeneas.

L’approccio globale in materia di migrazione: recenti iniziative della Commissione

Il 16 maggio 2007, la Commissione ha presentato un pacchetto di iniziative (cd. pacchetto Frattini) volte al sostegno dell’immigrazione legale e al contrasto all’immigrazione clandestina. Il pacchetto comprende:

§         la comunicazione “Applicazione dell’approccio globale in materia di migrazione alle aree orientali e sudorientali vicine all’Unione europea”(COM(2007)247);

§         la comunicazione“Migrazione circolare e partenariati di mobilità tra UE e paesi terzi”(COM(2007)248);

§         la proposta di direttiva (COM(2007)249) relativa a sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell’Unione europea (vedi infra).

La comunicazione “Applicazione dell’approccio globale in materia di migrazione alle aree orientali e sudorientali vicine all’Unione europea” fa seguito all’invito, rivolto alla Commissione dal Consiglio europeo del dicembre 2006, a “presentare proposte sul dialogo rafforzato e misure concrete” per quanto riguarda l’applicazione dell’approccio globale, inizialmente centrato sull’Africa e l’area mediterranea[50], anche alle aree orientali e sudorientali vicine all’Unione europea.

 

La comunicazione interessa pertanto principalmente: Turchia, Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro e Serbia, incluso il Kosovo); i paesi partner della politica europea di vicinato (ENP) in Europa orientale (Ucraina, Moldavia e Bielorussia) e Caucaso meridionale (Armenia, Azerbadjan e Georgia) e la Federazione russa. Per ogni singola area geografica viene ricordato l’attuale quadro di dialogo politico ed economico con l’UE e le relazioni di cooperazione (che investono di solito anche l’immigrazione) e vengono formulate raccomandazioni al fine di rafforzare la cooperazione in materia di immigrazione sulla base delle iniziative già esistenti.

La comunicazione sottolinea inoltre che l’applicazione dell’approccio globale alle aree orientali e sudorientali vicine all’UE, secondo il concetto di “rotte migratorie”, esige che si considerino anche i paesi di origine e di transito più lontani: paesi partner della Politica Europea di vicinato (PEV)[51] in Medio Oriente (Siria, Libano e Giordania), Iran e Iraq; Asia centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) e paesi d’origine asiatici come la Cina, l’India, il Pakistan, l’Afghanistan, il Bangladesh, lo Sri Lanka, il Vietman, le Filippine e l’Indonesia.

 

La comunicazione “Migrazione circolare e partenariati di mobilità tra UE e paesi terzi”intende conferire un contenuto operativo all’Approccio globale in materia di migrazione dell’UE, fornendo un sostegno all’immigrazione legale.

 

A tal fine essa esamina la natura giuridica, la forma e i contenuti dei “partenariati per la mobilità[52] che l’Unione europea potrà concludere con i paesi terzi, che si sono impegnati a cooperare attivamente nella gestione dei flussi migratori, anche combattendo contro la migrazione illegale, e che desiderano assicurare ai loro cittadini un migliore accesso al territorio dell’Unione. I partenariati saranno concepiti in funzione della specificità di ogni paese terzo interessato nonché del livello di impegno che il paese terzo è disposto ad assumere per combattere la migrazione illegale e facilitare il reinserimento dei migranti di rientro. Gli impegni della CE e degli Stati membri partecipanti potrebbero comprendere: migliori opportunità di migrazione legale per cittadini del paese terzo; assistenza ai paesi terzi per lo sviluppo della loro capacità di gestire i flussi migratori legali; misure per affrontare il rischio della fuga di cervelli e promuovere la migrazione circolare o di rientro; miglioramento e/o facilitazione delle procedure per il rilascio di visti di breve durata a cittadini di un paese terzo. La comunicazione affronta, inoltre, il tema specifico della “migrazione circolare”, individuando le forme di migrazione circolare più adatte al contesto dell’UE (migrazione circolare di cittadini di paesi terzi stabiliti nell’UE e migrazione circolare di persone residenti in un paese terzo)e indicando interventi legislativi specifici al fine di promuoverle. In particolare la comunicazione suggerisce l’introduzione di incentivi alla migrazione circolare in alcuni strumenti legislativi annunciati nel Piano d’azione sulla migrazione legale[53]: proposta di direttiva sull’ammissione dei migranti altamente qualificati; proposta di direttiva sull’ammissione dei migranti stagionali; proposta di direttiva sull’ammissione di tirocinanti retribuiti[54]. Modifiche potrebbero inoltre essere apportate alla direttiva 2003/109/CE, relativa allo status dei soggiornanti di lungo periodo, alla direttiva 2004/114/CE, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato, e alla direttiva 2005/71/CE, relativa a una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica.

 

Su tale approccio si è espresso più volte anche il Consiglio.

In particolare, il Consiglio giustizia e affari interni del 12-13 giugno 2007 e il Consiglio affari generali del 18 giugno 2007, nelle loro conclusioni, hanno accolto favorevolmente le misure proposte, esprimendo soddisfazione per i progressi realizzati nell’attuazione della Strategia di approccio globale alla migrazione, stabilita dal Consiglio europeo del dicembre 2005 e completata dalle conclusioni sullo sviluppo di una politica europea integrata delle migrazioni del dicembre 2006. Il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha approvato le conclusioni del Consiglio del 12 e del 18 giugno, invitando gli Stati membri e la Commissione ad assicurare che siano assegnate risorse umane e finanziarie adeguate, all’interno del quadro finanziario esistente, per permettere la tempestiva attuazione della politica migratoria globale. Il Consiglio europeo ha inoltre stabilito che valuterà lo stato di attuazione della politica migratoria globale nella prossima riunione del dicembre 2007, in base ad una relazione interinale sull’andamento dei lavori, elaborata dalla Commissione.

Il Consiglio Affari generali del 10 dicembre 2007, nelle sue conclusioni in materia di partenariati per la mobilità e migrazioni circolari, ha invitato la Commissione, in stretto collegamento con gli Stati membri e la Presidenza, ad aprire un dialogo con Capo Verde e Moldova al fine di lanciare partenariati pilota per la mobilità. Il Consiglio ha inoltre ricordato che colloqui esplorativi sono in corso  con alcuni paesi terzi interessati in vista di partenariati pilota supplementari, invitando la Commissione a presentare una relazione sui progressi compiuti entro giugno 2008. Per quanto riguarda specificamente il tema della migrazione circolare, il Consiglio ha individuato gli elementi potenziali che potrebbero favorirla, tra cui: partenariati tra le agenzie di collocamento dei paesi partner e degli Stati membri, programmi di scambio per studenti; misure volte a garantire che la fuga di cervelli non influisca negativamente nei settori che conoscono una penuria di manodopera; assistenza ai ricercatori perché possano proseguire i loro progetti di ricerca nei paesi d’origine; sistema di aiuti per la reintegrazione dei lavoratori nel loro paese di origine. Il Consiglio ha inoltre sottolineato che i programmi bilaterali in materia di migrazione circolare potrebbero far parte integrante di un concetto allargato di partenariati per la mobilità tra UE e paesi terzi.

Immigrazione legale

La politica dell’Unione in materia di immigrazione legale si basa sul Piano d’azione per l’immigrazione legale, presentato dalla Commissione il 21 dicembre 2005 (COM(2005)669), al fine di sviluppare una politica coerente dell’UE in materia di immigrazione legale, nel periodo rimanente del programma dell’Aia (2006-2009).

Il Piano d’azione comprende quattro sezioni consacrate alle principali dimensioni del fenomeno dell’immigrazione legale, nel quadro di un approccio globale, così come richiesto dal Consiglio europeo del 15 – 16 dicembre 2005. In particolare, la Commissione prevede di presentare, per tappe, proposte legislative sulle condizioni per l’entrata ed il soggiorno degli immigrati da Paesi terzi con finalità di lavoro.

 

Si tratta in particolare di:

§         una direttiva di carattere generale (effettivamente presentata il 23 ottobre 2007 COM(2007)637 – vedi infra ) che mira a definire un quadro comune di diritti per tutti i cittadini di Paesi terzi legalmente occupati, già ammessi in uno Stato membro, ma non ancora in possesso dello status di residenti di lunga durata;

§         quattro direttive specifiche, che tratteranno delle condizioni di entrata e soggiorno di determinate categorie di immigrati (lavoratori altamente qualificati – presentata il 23 ottobre 2007, COM(2997)638, vedi infra -, lavoratori stagionali, lavoratori in trasferimento all'interno di società multinazionali e tirocinanti retribuiti). Gli Stati membri resteranno competenti per determinare le quote di lavoratori migranti da ammettere.

Il Piano d’azione è stato esaminato dal Consiglio il 24 luglio 2006 e dal Parlamento europeo (che ha adottato una risoluzione) il 24 ottobre 2006. Nella risoluzione adottata il Parlamento europeo sottolinea, tra l’altro, che la politica dell'UE deve prevedere efficaci misure di accoglienza e di integrazione degli immigrati, soprattutto delle donne, che rappresentano ormai la maggioranza, e invitano gli Stati membri a rafforzare le strutture e i servizi sociali che consentiranno il normale stabilimento dei migranti, nonché l'informazione relativa ai diritti e ai doveri che discendono dai principi e dalle leggi vigenti in ciascuno Stato membro. Il26 settembre 2007 il Parlamento europeo ha approvato un’ulteriore risoluzione sul piano d'azione sull'immigrazione legale nel quale esprime la posizione del Parlamento su tutte le ulteriori iniziative finora promosse in materia dalla Commissione e dal Consiglio.

Il 10 agosto 2007 la Commissione ha presentato una proposta di decisione (COM(2007)466) che istituisce una rete europea sulle migrazioni (REM).

Obiettivo della REM è "soddisfare le esigenze di informazione sulla migrazione e sull’asilo delle istituzioni comunitarie, delle autorità e delle istituzioni degli Stati membri e dei cittadini, fornendo informazioni aggiornate, oggettive, affidabili e comparabili nell’intento di sostenere il processo politico e decisionale nell’Unione europea in questi settori".

 

La rete è tenuta, in particolare, a raccogliere e scambiare dati e informazioni provenienti da varie fonti, analizzarli, pubblicare relazioni, creare e mantenere un sistema di scambio di informazioni accessibile al pubblico basato su Internet (sito REM) e cooperare con altri organi competenti europei e internazionali. La rete sarà composta dai punti di contatto nazionali, uno per Stato membro, e dalla Commissione europea. Per garantire la partecipazione attiva degli Stati membri e un adeguato collegamento tra l'attività della REM e l'agenda politica dell'UE, sarà istituito un comitato direttivo composto da rappresentanti dei singoli Stati membri, della Commissione e del Parlamento europeo.

 

Sulla proposta, che segue la procedura di consultazione, il Consiglio ha raggiunto un orientamento generale nella riunione del 6-7 dicembre 2007.

Le più recenti iniziative in materia di immigrazione legale

Sulla base di quanto stabilito nel Piano d’azione, il 23 ottobre 2007, la Commissione ha presentato un pacchetto di misure comprendente:

§         una proposta di direttiva (COM(2007)637) relativa all’ammissione nell’Unione di migranti per posti di lavoro altamente qualificati.

 

La proposta di direttiva ha l’obiettivo di:

-          instaurare una procedura speciale per l’ingresso e il soggiorno di cittadini  di paesi terzi che richiedano di risiedere nell’Unione europea per occupare posti di lavoro altamente qualificati per un periodo superiore a tre mesi;

-          definire le condizioni in cui i cittadini di paesi terzi che si trovino in situazione di soggiorno regolare in uno Stato membro, ai sensi della proposta di direttiva in questione, possano soggiornare con le loro famiglie in altri Stati membri.

Per definire la nozione di “impiego altamente qualificato” la proposta di direttiva si basa su due elementi: l’obbligo di esercitare un’attività economica dipendente (escludendo quindi i lavoratori autonomi) e l’elevata qualificazione professionale richiesta. A questo proposito, al fine di includere nel campo di azione della proposta di direttiva anche quei lavoratori che non abbiano necessariamente bisogno di un diploma di studi superiori per esercitare la loro attività (ad es. nel settore dell’informatica), viene considerata, al posto del diploma, l’esperienza acquisita in almeno tre anni di attività nel settore.

Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, la proposta di direttiva stabilisce che iI richiedente debba provare di possedere i diplomi o i requisiti di esperienza suddetti e presentare obbligatoriamente un contratto di lavoro (o un’offerta sicura di impiego), in cui sia indicato uno stipendio pari almeno a tre volte il salario minimo fissato a livello nazionale. Il richiedente (ma non i suoi familiari) in possesso dei requisiti previsti riceverà un permesso di soggiorno denominato “carta blu europea”, con la menzione delle condizioni a cui essi sono autorizzati a lavorare. E’ prevista una procedura accelerata (30 giorni) per i cittadini di paesi terzi che già soggiornino regolarmente in uno Stato membro e vogliano modificare il proprio statuto giuridico. Gli articoli 7, 9 e 10 della proposta stabiliscono che essa non crea un “diritto di ammissione”, enunciando i motivi di rifiuto, possibili o obbligatori, del rilascio, ritiro o mancato rinnovo del permesso di soggiorno, quali, in particolare, il non rispetto dei requisiti, l’esistenza di quote e la possibilità per lo Stato membro di procedere a un esame del mercato del lavoro.

Per quanto riguarda le condizioni di residenza per i lavoratori in questione e le loro famiglie, la proposta di direttiva prevede il ricongiungimento familiare immediato .

Allo scopo di garantire la mobilità geografica dei lavoratori altamente qualificati, la proposta di direttiva autorizza il cumulo di periodi di soggiorno in altri Stati membri (fino a tre) ai fini del riconoscimento dello status di residenti di lunga durata. La proposta prevede inoltre che periodi di assenza dall’Unione europea non pregiudichino la maturazione dei requisiti di residente di lungo periodo, così da evitare una eventuale “fuga di cervelli” dai paesi di origine e sostenere la politica UE in materia di migrazione circolare.

 

La proposta, che segue la procedura di consultazione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo nella seduta del 2 settembre 2008.

§         una proposta di direttiva (COM(2007)638), che istituisce una procedura unica per la richiesta di permesso unico di residenza e lavoro e stabilisce un insieme comune di diritti per i lavoratori dei paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro.

 

La proposta prevede che la direttiva si applichi ai cittadini di paesi terzi che richiedano l’autorizzazione a risiedere e a lavorare nel territorio dell’Unione europea e ai lavoratori provenienti da paesi terzi e soggiornanti regolarmente in uno Stato membro.In base alla proposta di direttiva:

-          ogni domanda di autorizzazione a soggiornare e a lavorare sul territorio dello Stato membro è introdotta nel quadro di una procedura di domanda unica;

-          la decisione relativa al rilascio, modifica o rinnovo del permesso unico prende la forma di un titolo combinato che autorizza contestualmente a soggiornare e a lavorare nel quadro di un atto amministrativo unico.

La proposta prevede che il permesso unico sia rilasciato, con l’integrazione obbligatoria delle opportune informazioni riguardo al lavoro, nel formato armonizzato già previsto dal Regolamento CE n. 1030/2002[55] per il permesso di soggiorno per cittadini di paesi terzi.

Il Capo III della proposta di direttiva è dedicato al diritto alla parità di trattamento. Esso stabilisce in particolare che i lavoratori provenienti da paesi terzi godano dell’uguaglianza di trattamento con i lavoratori nazionali almeno per quanto riguarda:

-          condizioni di lavoro, incluse le condizioni in materia di salario, di licenziamento, di salute e sicurezza sul lavoro;

-          libertà di associazione, di affiliazione e di impegno in una organizzazione di lavoratori o datori di lavoro o in qualsiasi organizzazione professionale, compresi i vantaggi che possono da ciò derivare senza pregiudizio delle disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e di sicurezza pubblica;

-          istruzione e formazione professionale;

-          riconoscimento dei diplomi, certificati e altri titoli professionali, conformemente alle procedure nazionali applicabili;

-          i settori della previdenza sociale quali definiti dal regolamento CE 1408/71,  relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori salariati, non salariati e ai membri delle loro famiglie;

-          il pagamento dei diritti di quiescenza in caso di spostamento in un paese terzo;

-          vantaggi fiscali;

-          accesso a beni e servizi offerti al pubblico, comprese le procedure di accesso all’ abitazione e l’assistenza offerta dai servizi per l’impiego.

Gli Stati membri possono limitare l’uguaglianza di trattamento con i lavoratori nazionali:

-          esigendo la prova di una conoscenza appropriata della lingua per consentire l’accesso all’istruzione e alla formazione; l’accesso all’università può essere subordinato a prerequisiti particolari in materia di studio;

-          restringendo i diritti conferiti in materia di istruzione e formazione, per quanto riguarda le borse di studio;

-          restringendo i diritti conferiti dal punto h), per quanto riguarda gli alloggi sociali, ai cittadini di paesi terzi che abbiano soggiornato o  abbiano avuto il diritto di soggiornare nel loro territorio per almeno tre anni;

-          restringendo i diritti conferiti dai punti a), b) e g), ai lavoratori provenienti da paesi terzi che abbiano effettivamente un impiego;

-          restringendo i diritti conferiti dal punto e) ai lavoratori provenienti da paesi terzi che abbiano effettivamente un impiego, tranne che per quanto riguarda le indennità di disoccupazione.

La proposta di direttiva, che segue la procedura di consultazione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo nella seduta del 2 settembre 2008.

Impatto economico della migrazione

Il 13 novembre 2007 il Consiglio Ecofin ha svolto un dibattito sui flussi di capitale e lavoro nel mondo economico affrontando in particolare il tema dell’impatto economico delle migrazione nell’UE. Il dibattito ha preso le mosse da un documento di lavoro della Commissione (COM(2007)545) in cui viene rilevata l’importanza della dimensione economica dell’immigrazione, soprattutto in relazione ai suoi effetti sulla crescita della popolazione, sull’impiego e la mobilità del lavoro, produttività e competitività. Il Consiglio riconosce che i caratteri dell’immigrazione differiscono da uno Stato membro all’altro e che le politiche immigratorie nazionali hanno un impatto che supera i confini nazionali, rendendo determinante la cooperazione anche con gli Stati terzi e sottolinea che l’immigrazione sostituisce, ma completa i processi di riforma strutturale negli Stati membri.

Il Consiglio Ecofin del 4 dicembre 2007 ha adottato conclusioni sul tema “Globalizzazione – l’impatto economico della migrazione”, sottolineando il contributo positivo che l’immigrazione e un’integrazione riuscita possono avere sul dinamismo economico degli Stati membri, ha ribadito che i benefici dell’immigrazione non possono esimere gli Stati membri dall’attuazione di riforme strutturali (aumento della flessibilità, incentivi per il lavoro, condizioni di assunzione per far fronte rapidamente a carenze di manodopera). Osservando che l’immigrazione può contribuire, nel medio termine, al sostegno del sistema pensionistico a ripartizione (pay-as-you-go pension), ma che il suo impatto sulla sostenibilità delle finanza pubbliche a lungo termine sarà marginale, il Consiglio richiama la necessità di appropriate riforme dei sistemi pensionistici e di misure atte a rimuovere le barriere che ostacolano una più ampia partecipazione al mercato del lavoro, al fine di assicurare la sostenibilità finanziaria a lungo termine. Il Consiglio ha sottolineato inoltre l’importanza dell’impegno degli Stati membri nel ridurre gli effetti negativi della “fuga di cervelli” dai paesi di origine, attraverso, tra le altre cose, ulteriori azioni per facilitare il trasferimento delle rimesse. Ribadendo infine che le politiche di immigrazione nazionale hanno un notevole impatto anche oltre frontiera, il Consiglio ha sottolineato l’importanza della cooperazione all’interno dell’Unione europea e tra Stati membri e paesi di origine.

Si ricorda infine che il 6 dicembre 2007, a margine del Consiglio giustizia e affari interni, ha avuto luogo una riunione congiunta dei Ministri della giustizia e dei Ministri dell’occupazione degli Stati membri, al fine di condurre un dibattito su “Migrazione, impiego e strategia di Lisbona”. Il dibattito si è principalmente incentrato su due temi:

§         migrazione di manodopera, integrazione nel mercato del lavoro e legami con la Strategia di Lisbona;

§         lavoro non dichiarato come fattore di attrazione dell’immigrazione clandestina.

Integrazione

Il documento di riferimento per la politica dell’Unione in materia di integrazione è costituito dalla comunicazione “Un’agenda comune per l’integrazione”, presentata dalla Commissione il 1° settembre 2005 (COM(2005)389).

La comunicazione propone un quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea.

 

Poiché l’integrazione tocca diversi settori, tra cui il lavoro, le politiche urbane e l’istruzione, la Commissione intende far sì che le priorità della politica per l’integrazione siano tradotte in modo coerente nell’insieme delle diverse politiche. Tra le misure raccomandate nei diversi settori interessati figura il miglioramento dei programmi e delle attività di accoglienza per gli immigrati legali e per le persone a loro carico. Tali misure dovrebbero includere dei fascicoli informativi per gli immigrati economici appena arrivati, nonché corsi di orientamento linguistico e di educazione civica, finalizzati a far sì che gli immigrati comprendano e rispettino i valori comuni nazionali ed europei.

 

Il Consiglio, nel corso della riunione del 1° dicembre 2005, ha esaminato la comunicazione della Commissione ed ha adottato conclusioni in proposito, nelle quali esprime parere favorevole sul documento. Il Parlamento europeo ha esaminato il documento nel corso della seduta del 6 luglio 2006, approvando una risoluzione, nella quale, tra l’altro, per promuovere l’integrazione degli immigrati, sollecita lo scambio delle migliori pratiche, il dialogo interculturale e corsi di lingua. Sollecita anche procedure rapide e trasparenti per la loro naturalizzazione e l’effettiva attuazione delle direttive europee in questo campo.

 

Nel corso del vertice informale dei ministri UE responsabili dell’immigrazione, tenutosi a Potsdam il 10-11 maggio 2007, la Commissione ha presentato la seconda edizione del manuale sull’integrazione dei cittadini di paesi terzi.

 

L’idea di elaborare un manuale sull’integrazione è nata dal Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003, al fine di sviluppare la cooperazione e gli scambi di informazioni tra i differenti Punti di contatto nazionali sull’integrazione, allora istituiti. La prima edizione del manuale è stata pubblicata nel novembre 2004, durante la presidenza olandese.

 

Il manuale, rivolto a chiunque si occupi di integrazione sia a livello legislativo nazionale che a livello di attuazione locale, esamina le strutture e i meccanismi utilizzati per le strategie politiche di integrazione, relativamente ai temi della abitazione e dell’integrazione economica. Vengono presentate, in particolare, le politiche integrative, governative e non, consigliando modi e strumenti per renderle efficaci. Con l’ausilio di esempi concreti, vengono descritte le pratiche attuate per migliorare la qualità abitativa nello spazio urbano ed eliminare le barriere sociali per gli immigrati.

Il manuale suggerisce modalità di integrazione economica che permettano di facilitare l’accesso degli immigrati al mercato del lavoro e strategie antidiscriminatorie sul posto di lavoro, che si basino sulla valorizzazione della diversità.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12-13 giugno 2007, nelle sue conclusioni, richiamandosi al programma dell’Aja e alla comunicazione della Commissione del 1° settembre 2005 “Agenda comune per l’integrazione”, ha ribadito l’importanza di sostenere le politiche di integrazione nell’Unione europea promuovendo l’unità nella diversità. In questo quadro il Consiglio ha espresso apprezzamento per la pubblicazione del manuale sull’integrazione, ha invitato la Commissione a fornire costantemente il suo sostegno ai Punti di contatto nazionali per l’integrazione e ha esortato gli Stati membri ad avvalersi degli strumenti finanziari offerti dal programma quadro Solidarietà e gestione dei flussi migratori[56].

 

L’11 settembre 2007 la Commissione ha presentato la terza relazione annuale su migrazione e integrazione (COM(2007)512)[57], nella quale, richiamandosi ai “Principi di base comuni della politica di integrazione dell’immigrante nell’Unione europea (PCB)”, adottati dal Consiglio europeo del 4-5 novembre 2004, nel quadro del programma dell’Aja e della comunicazione della Commissione ”Un programma comune per l’integrazione” (vedi supra), ribadisce la necessità di rafforzare il nesso fra le politiche relative all’immigrazione legale e le strategie di integrazione.

Il Consiglio europeo del 14 dicembre 2007, ribadendo che l'integrazione è un elemento centrale della politica migratoria globale europea, ha chiesto un migliore coordinamento tra le politiche migratorie e d'integrazione, invitando nel contempo la Commissione e gli Stati membri a porre in risalto, nel quadro dell'Anno europeo del dialogo interculturale (2008) le opportunità, i vantaggi e le sfide della migrazione in un'Europa pluralistica.

Politica in materia di asilo e protezione internazionale

In materia di asilo, l’obiettivo del programma dell’Aja, è l'instaurazione, entro il 2010, di una procedura comune e di uno status uniforme per i cittadini di paesi terzi che hanno ottenuto l'asilo o che, necessitando di protezione internazionale pur non potendo ottenere il beneficio dell'asilo, hanno ricevuto una protezione sussidiaria. Il regime sarà basato sulla piena applicazione della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati e degli altri trattati pertinenti.

Nel programma dell’Aja è riconosciuta la necessità che l’Unione europea contribuisca, in uno spirito di responsabilità condivisa, ad un sistema di protezione internazionale più accessibile, equo ed efficace nell’ambito di un partenariato con i paesi terzi. Il programma traccia una distinzione tra le esigenze dei paesi che si trovano in regioni di transito e quelle dei paesi compresi nelle regioni di origine, invitando la Commissione a sviluppare programmi di protezione regionale dell’UE nel quadro di un partenariato con i paesi terzi interessati ed in stretta consultazione e cooperazione con l’ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati).

In particolare, dando seguito alle indicazioni espresse dal Consiglio europeo del 14-15 dicembre 2006[58], il 6 giugno 2007 la Commissione ha presentato un insieme di misure volte ad avviare la realizzazione del futuro regime comune europeo in materia di asilo, entro il 2010, in attuazione di quanto previsto dal Programma dell’Aja. Le misure proposte della Commissione comprendono:

§         una relazione sulla valutazione del sistema di Dublino (COM(2007)299).

§         il Libro verde sul futuro del regime comune europeo di asilo (COM(2007)301), inteso a stimolare il dibattito sul futuro del regime comune europeo in materia di asilo;

§         una proposta di direttiva (COM(2007)298), recante modifica della direttiva 2003/109/CE del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, al fine di estendere il suo campo di applicazione anche ai beneficiari di una protezione internazionale;

La relazione sulla valutazione del sistema di Dublino rappresenta, nelle intenzioni della Commissione, un primo passo per lanciare un dibattito sul futuro della politica europea comune in materia di asilo e, in quanto tale, costituisce la base argomentativa del Libro verde contestualmente presentato.

 

Il sistema di Dublino comprende quattro strumenti legislativi[59] volti a determinare quale Stato sia competente ad esaminare una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle comunità europee, Norvegia e Islanda[60], da parte di un cittadino proveniente da paesi terzi. Tale sistema è stato elaborato per dare attuazione alla Convenzione di Dublino[61] e costituisce la prima fase dell’applicazione del programma dell’Aja.

La relazione presentata dalla Commissione intende iniziare il periodo di valutazione[62] di tale prima fase, che ha avuto come finalità principale l’armonizzazione degli ordinamenti degli Stati membri sulla base di norme minime comuni.

 

Nel valutare i primi tre anni di applicazione (periodo 2003-2005), la Commissione conclude che gli obiettivi del sistema di Dublino, sul piano politico, sono largamente raggiunti. La Commissione ritiene, tuttavia, che permangono alcune preoccupazioni in merito a taluni aspetti pratici relativi all’applicazione e all’efficacia complessiva del sistema, impegnandosi, perciò, a presentare quanto prima proposte per migliorare tali profili. Tra gli aspetti che la Commissione ritiene di dover migliorare si segnalano, ad esempio, quelli volti a limitare il fenomeno delle domande multiple (c.d. “asylum shopping[63]) ed a offrire maggiore protezione a chi ne ha effettivamente bisogno.

Il Libro verde sul futuro del regime comune europeo di asilo è inteso a promuovere la discussione su come realizzare la seconda fase del programma dell’Aja.

 

Tale seconda fase, si ricorda, è finalizzata a completare l’istituzione di un sistema comune europeo di asilo quale parte essenziale di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, che faccia dell’UE uno spazio di protezione unico per chi si trovi in stato di necessità, sulla base di una piena applicazione della Convenzione di Ginevra e di comuni valori umanitari condivisi dagli Stati membri dell’UE.

 

In particolare, il Libro verde intende fornire un contributo affinché sia garantito un più elevato standard di protezione ed una maggiore parità di trattamento attraverso l’UE nonché ad assicurare un più elevato livello di solidarietà tra gli Stati membri. Si prospetta, ad esempio, l’istituzione di una procedura unica europea per la domanda di asilo nonché la definizione uniforme di status di persona in stato di necessità di protezione internazionale, a livello europeo. Accanto a tali proposte compare un’ampia serie di questioni, che la Commissione  ha sottoposto alla consultazione delle parti interessate fino al 31 agosto 2007.

 

Tra queste si segnalano: la possibilità di uniformare le condizioni di trattamento nelle fasi di accoglimento messe in atto dai singoli Stati membri; armonizzare ulteriormente le garanzie di protezione; identificare i soggetti aventi maggiore bisogno, attraverso una più puntuale definizione delle loro specifiche necessità, ad esempio tramite la definizione di norme comuni applicabili ai richiedenti asilo più vulnerabili quali donne, bambini o vittime di tortura; individuare misure legislative che assicurino una maggiore integrazione di chi cerca asilo o è già beneficiario di protezione internazionale, ad esempio riguardo l’integrazione nel mercato del lavoro; il reinsediamento dei profughi; la ricerca di misure che possano assicurare il contrasto dell’immigrazione illegale senza mettere in discussione l’applicazione del diritto d’asilo; il ruolo deve che svolgere l’Europa a livello internazionale.

 

Nel primo trimestre 2008, la Commissione pubblicherà un piano strategico basato sull’esito della consultazione, per delineare le modalità di attuazione del regime comune europeo in materia di asilo e precisare il relativo calendario[64].

Attraverso la proposta di direttiva che modifica la direttiva relativa allo status dei c.d. soggiornanti di lungo periodo, la Commissione propone di estendere anche ai beneficiari di protezione internazionale (ossia ai rifugiati e ai beneficiari di protezione sussidiaria) le prerogative che la vigente direttiva 2003/109/CE riconosce ai cittadini di paesi terzi, stabilitisi a titolo duraturo in uno Stato membro.

 

Per agevolare l'integrazione dei cittadini di paesi terzi che beneficiano di protezione nell’UE, la Commissione propone di modificare la direttiva in questione per consentire loro di ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo. Tale status, infatti, consente di godere di maggiore protezione contro un’eventuale espulsione, il diritto al medesimo trattamento riservato ai cittadini dell’UE in ordine a numerose questioni economiche e sociali nonché il diritto di risiedere in un altro Stato membro per motivi di lavoro, di studio o di altro tipo, alle condizioni stabilite nella direttiva. Tutti i cittadini provenienti da paesi terzi che risiedono nell’Unione europea per un lungo periodo di tempo e soddisfano determinate condizioni potranno quindi, in base alla proposta della Commissione, ricevere il medesimo trattamento.

 

La proposta, che segue la procedura di consultazione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo nella seduta del 22 aprile 2008.

ll 26 novembre 2007, la Commissione ha presentato una relazione (COM(2007)745), sull’applicazione della direttiva 2003/9/CE, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri.

La Commissione ritiene che l’attuazione della direttiva negli Stati membri sia avvenuta in modo complessivamente soddisfacente e che non abbia causato, come paventato al momento della sua adozione, alcun abbassamento degli standard nazionali di assistenza ai richiedenti asilo. La Commissione osserva tuttavia che l’ampia discrezionalità lasciata dalla direttiva agli Stati membri in alcuni settori (accesso al mondo del lavoro e all’assistenza sanitaria, condizioni materiali di accoglienza, diritto alla libera circolazione e esigenza delle persone vulnerabili) è di ostacolo all’obiettivo di creare condizioni uniformi nel campo delle condizioni di accoglienza. La Commissione si riserva di proporre modifiche della direttiva una volta esaminati i risultati del succitato Libro verde sul futuro regime comune europeo di asilo.

Per quanto riguarda l’Italia, la relazione evidenzia alcuni problemi relativamente a:

§         campo di applicazione della direttiva: la direttiva non prevede eccezioni per quanto riguarda la sua applicabilità ai diversi luoghi destinati ad accogliere i richiedenti asilo; in Italia, contrariamente a questo principio, la direttiva non viene applicata ai centri di permanenza temporanea;

§         documentazione: la direttiva impone agli Stati membri di rilasciare ai richiedenti asilo un documento certificante il loro status entro tre giorni dalla richiesta: in Italia tali scadenze non sono rispettate nella pratica, nonostante la normativa nazionale le preveda chiaramente;

§         condizioni materiali di accoglienza: risultano non adeguate le condizioni d’accoglienza accordate ai richiedenti asilo in stato di trattenimento;

§         diritti dei minori in stato di trattenimento: contrariamente alle disposizioni della direttiva, in numerosi Stati membri, tra cui l’Italia, l’accesso all’istruzione dei minori in trattenimento è, nella pratica, molto limitato.

§         richiedenti asilo portatori di esigenze particolari: alcuni Stati membri, tra cui l’Italia, non prevedono alcuna procedura di identificazione per le persone in questione;

§         personale addetto: non sembra adeguato il livello di risorse umane e materiali destinate, in Italia, alla messa in opera delle condizioni di accoglienza.

 

Si ricorda infine che il 21 giugno 2007 il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione “Cooperazione pratica, qualità del processo decisionale del regime europeo comune in materia di asilo”.

 

In essa il Parlamento europeo:

§         si compiace degli sforzi compiuti per migliorare la cooperazione pratica nel quadro del regime comune europeo in materia di asilo; ritiene che un miglioramento della qualità delle procedure e delle decisioni sia nell'interesse tanto degli Stati membri quanto dei richiedenti asilo;

§         ribadisce la necessità di una politica UE comune in materia di asilo, che sia proattiva e basata sull'obbligo di ammettere i richiedenti asilo e sul rispetto del principio del non respingimento; ricorda, in tale contesto, il ruolo fondamentale di una forte politica estera e di sicurezza comune, che promuova e salvaguardi la democrazia e i diritti fondamentali;

§         chiede di effettuare nei paesi di origine e di transito campagne di informazione che illustrino ai potenziali migranti i rischi dell'immigrazione illegale e le conseguenze del rifiuto dello status di rifugiato nonché le caratteristiche dell'immigrazione legale e la possibilità di chiedere asilo in casi giustificati, come pure i pericoli del traffico di esseri umani, in particolare di donne e minori non accompagnati;

§         chiede che, una volta esperite tutte le possibilità giudiziarie, le misure applicabili alle persone cui non è stato concesso lo status di rifugiato o il cui status di rifugiato è stato revocato vengano attuate rapidamente ed equamente, nel pieno rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali delle persone che vanno rimpatriate; chiede inoltre, al riguardo, la messa a punto quanto più rapida possibile di una procedura UE di rimpatrio;

§         chiede un'attuazione rapida ed equa delle misure da applicare alle persone che hanno ottenuto lo status di rifugiato o la protezione umanitaria al fine di favorire condizioni di vita decorose, un’integrazione effettiva nella vita sociale e politica e la partecipazione attiva e condivisa alle scelte della comunità di accoglienza;

§         sottolinea la necessità di realizzare centri di accoglienza con strutture separate per le famiglie, le donne e i bambini nonché strutture adeguate per gli anziani e i disabili richiedenti asilo; chiede che, nel contesto dell'applicazione della direttiva 2003/9/CE,recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati, si proceda a una valutazione delle condizioni di accoglienza; sottolinea che in materia occorre utilizzare pienamente le possibilità offerte dal nuovo Fondo europeo per i rifugiati.

Recenti iniziative in materia di visti

Il Programma dell’Aja sottolinea la necessità di sviluppare la politica comune in materia di visti quale parte integrante di un sistema a più livelli, inteso a facilitare i viaggi legittimi e a combattere l’immigrazione clandestina, tramite una ulteriore armonizzazione delle legislazioni nazionali e delle prassi per il trattamento delle domande di visto, presso le rappresentanze consolari locali.

Nella riunione del 12 giugno 2007 il Consiglio ha raggiunto un accordo politico sul pacchetto legislativo volto a dare attuazione al sistema di informazione visti (VIS).

 

Il Sistema di informazione visti, che dovrebbe essere operativo nella primavera del 2009, è stato previsto dalla decisione 2004/512/CE del 18 giugno 2004. Esso è inteso a rendere più agevole l’attuazione della politica comune in materia di visti, la cooperazione consolare e la consultazione tra autorità consolari centrali, al fine di:

§         prevenire le minacce alla sicurezza interna degli Stati membri;

§         evitare che i criteri sanciti dal regolamento di Dublino II vengano elusi[65];

§         contribuire alla lotta contro la frode documentale;

§         facilitare i controlli ai valichi delle frontiere esterne;

§         contribuire al rimpatrio di immigrati in situazione irregolare.

§         Il sistema si basa su una architettura centralizzata e comprende un sistema di informazione centrale (CS-VIS) e un’interfaccia in ogni Stato membro (NI-VIS).

Le informazioni contenute nel VIS consisteranno esclusivamente in: dati alfanumerici sul richiedente e sui visti richiesti, rilasciati, rifiutati, annullati, revocati o prorogati; fotografie digitali; dati biometrici.

 

II pacchetto legislativo comprende:

§         la proposta di regolamento COM(2004)835, concernente il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri[66].

 

La proposta definisce lo scopo, le funzionalità e le competenze del VIS, conferisce alla Commissione il mandato di istituirlo e gestirlo e stabilisce le procedure e le condizioni per lo scambio di dati tra Stati membri in merito alle domande di visto per soggiorni di breve durata, onde agevolare l’esame di tali richieste e le relative decisioni.

 

§         la proposta di decisione COM(2005)600, relativa all’accesso per la consultazione al sistema di informazione visti[67].

 

La proposta mira a creare la base giuridica necessaria per permettere alle autorità degli Stati membri competenti in materia di sicurezza interna e ad Europol di accedere al detto sistema e a stabilire le condizioni di tale accesso. Ciò permetterà a questi organismi di consultare il sistema VIS per prevenire e individuare atti terroristici nonché le forme di criminalità e i reati di competenza di Europol, come pure a fini d’indagine in materia.

 

Riferendosi all’accordo raggiunto sul pacchetto legislativo, il Consiglio del 12 luglio 2007 ha inoltre espresso le seguenti osservazioni:

 

“Il VIS è uno strumento particolarmente importante per il rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Il regolamento CE che disciplina il VIS consente alle autorità competenti (in particolare, i servizi preposti ai visti, alle frontiere e all’immigrazione) di archiviare in una banca dati centrale europea dati biometrici e alfanumerici sui richiedenti il visto e sui visti rilasciati, negati o revocati, e di estrarre i dati in questione, permettendo loro di prevenire il fenomeno denominato “visa shopping” e di individuare le richieste presentate dalla stessa persona sotto nomi diversi. La decisione del Consiglio sull’accesso al VIS consente alle autorità preposte alla sicurezza di interrogare il VIS ai fini della prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di reati terroristici. Offrendo alle autorità preposte alla sicurezza questa nuova possibilità di interrogare il VIS, si potrà compiere un importante progresso nella protezione contro il terrorismo internazionale e la criminalità organizzata in particolare”.

 

Si ricorda inoltre che l’importanza dell’accordo politico raggiunto è stata ribadita nelle conclusioni del Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007.

Il 31 maggio 2006, la Commissione ha presentato una proposta di regolamentorecante, modifica dell’Istruzione consolare comune diretta alle rappresentanze diplomatiche e consolari di prima categoria, in relazione all’introduzione di elementi biometrici e comprendente norme sull’organizzazione del ricevimento e del trattamento delle domande di visto (COM(2006)269).

La proposta, intesa a completare l’attuazione del sistema di informazione visti (VIS), definisce le norme per il rilevamento degli identificatori biometrici dei richiedenti il visto, fornisce una serie di opzioni per l’organizzazione pratica delle missioni diplomatiche e consolari degli Stati membri, ai fini dell’iscrizione dei richiedenti il visto, e dispone un quadro giuridico per la cooperazione degli Stati membri con i fornitori di servizi esterni.

La proposta di regolamento impone agli Stati membri di rilevare gli identificatori biometrici (immagine del volto e impronte delle dieci dita) nel quadro della procedura di rilascio del visto, nel rispetto delle norme di garanzia previste dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo.

 

In particolare, le impronte digitali sono rilevate in occasione della prima presentazione della domanda; in caso di nuove domande nei quattro anni successivi, l’obbligo cade e non è necessario un nuovo rilevamento: le impronte digitali e la fotografia del richiedente possono essere copiate e riutilizzate. A tal fine occorre garantire che i dati biometrici della prima domanda siano ancora nel sistema di informazione visti.

Sono esentati dall’obbligo di rilevamento delle impronte digitali i bambini di età inferiore a 6 anni e le persone per cui è fisicamente impossibile.

Per una migliore attuazione del VIS, la proposta introduce la possibilità per gli Stati membri di collaborare fra loro e di istituire centri comuni per l’introduzione delle domande di visto[68].

 

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo, in prima lettura, il 9 aprile 2008.

Infine, si segnala che il 19 luglio 2006, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento (COM(2006)403)[69], che istituisce un Codice comunitario dei visti, volto, secondo le indicazioni contenute nel programma dell’Aja a facilitare i viaggi effettuati legalmente ed a lottare contro l’immigrazione clandestina.

 

Ai fini della semplificazione e in accordo con la politica della Commissione di “legiferare meglio”, la proposta incorpora in un unico codice dei visti tutti gli strumenti giuridici che disciplinano le decisioni relative alle condizioni e alla procedura di rilascio dei visti.

 

Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare la proposta, in prima lettura secondo la procedura di codecisione, nella riunione del 9 aprile 2008.

Lotta all’immigrazione clandestina

Il 1° settembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva[70], che stabilisce norme comuni in materia di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi in condizioni di soggiorno irregolare.

 

La proposta di direttiva introduce norme comuni agli Stati membri riguardanti il rimpatrio, l'allontanamento, l'uso di misure coercitive, la custodia temporanea e il reingresso di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente. La proposta è volta a stabilire un corpus di norme applicabile a qualsiasi cittadino di un paese terzo soggiornante illegalmente e prevede una procedura diretta a porre fine ad un soggiorno irregolare. Nei confronti del cittadino di un paese terzo soggiornante illegalmente deve essere presa una decisione di rimpatrio. Va data priorità al rimpatrio volontario e, solo se il cittadino in questione non intende rimpatriare volontariamente, gli Stati membri fanno rispettare l’obbligo di rimpatrio con un provvedimento di allontanamento. La proposta attribuisce una dimensione europea agli effetti delle misure di rimpatrio adottate a livello nazionale, ponendo in essere un divieto al rientro sul territorio, valido per l’insieme dell’Unione Europea.

 

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo, in prima lettura, nella seduta del 21 maggio 2008. Il Consiglio europeo del 14 dicembre 2007 ha sottolineato la necessità di trovare un accordo su norme comuni in materia di politica di rimpatrio e incoraggiato il Consiglio e il Parlamento europeo a proseguire gli sforzi intesi a trovare rapidamente una base di accordo sulla proposta, tenendo presenti le particolari circostanze di ciascuno Stato membro.

Per quanto riguarda il contrasto all’immigrazione clandestina e il controllo delle frontiere, conformemente al programma dell’Aja, il 19 luglio 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione (COM(2006)402), sulle priorità politiche nella lotta contro l’immigrazione clandestina, di cittadini di paesi terzi. Nella comunicazione si esamina, in particolare, come rendere più sicure le frontiere esterne, ipotizzando l’introduzione di una gestione elettronica delle frontiere e di un sistema d’ingresso e di uscita automatizzato. Vi si trattano, inoltre, i problemi della regolarizzazione (dai primi anni Ottanta sono state regolarizzate, in cinque Stati dell’UE, 3.752.565 persone) e la necessità di affrontare il problema dell’occupazione dei cittadini di paesi terzi in situazione irregolare.

Il documento è stato esaminato dal Consiglio il 24 luglio 2006.

Si ricorda inoltre che, nella stessa data e come parte dello stesso “pacchetto” di misure[71] miranti ad accrescere la solidarietà fra gli Stati membri nella lotta all’immigrazione clandestina, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento (COM(2006)403), che istituisce un Codice comunitario dei visti (vedi supra, paragrafo Recenti iniziative in materia di visti.)

Si segnala infine che il 27 settembre 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulle priorità politiche nella lotta contro l'immigrazione clandestina di cittadini di paesi terzi.

Sanzioni contro i datori di lavoro

Nel quadro dell’impegno dell’Unione europea contro l’immigrazione illegale e lo sfruttamento dei lavoratori clandestini, il 16 maggio 2007, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (COM(2007)249), relativa a sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi in posizione irregolare[72]. La proposta, che mira ad introdurre un deterrente all’utilizzo di manodopera irregolare, intende ridurre le discrepanze fra le misure preventive, le sanzioni e le modalità di applicazione già esistenti nei vari Stati membri, creando, inoltre, condizioni di parità tra le imprese.

 

La proposta di direttiva prevede sanzioni per i datori di lavoro (persone fisiche o giuridiche, ma anche privati cittadini quando agiscono in qualità di datori di lavoro) che impieghino cittadini di paesi terzi in posizione irregolare, senza aver svolto le necessarie verifiche. In base alla proposta infatti, e come misura preventiva, i datori di lavoro, prima dell’assunzione sono tenuti a verificare che i cittadini di paesi terzi siano in possesso di permesso di soggiorno o di altra autorizzazione analoga. Oltre a multe ed altre sanzioni amministrative, la Commissione propone, per i casi più gravi anche sanzioni penali.In particolare, la proposta di direttiva dispone che la violazione del divieto di impiego illegale, se intenzionale, costituisca reato se:

§         la violazione prosegue, oppure è reiterata, dopo che le autorità o i giudici nazionali competenti, in un periodo di due anni, hanno accertato che il datore di lavoro l’ha già commessa due volte;

§         la violazione riguarda un numero significativo di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare (almeno quattro);

§         la violazione è accompagnata da situazioni di particolare sfruttamento, ad esempio, da condizioni lavorative sensibilmente diverse da quelle di cui godono i lavoratori assunti legalmente, oppure

§         il datore di lavoro ricorre al lavoro o ai servizi di una persona nella consapevolezza che tale persona è vittima della tratta di esseri umani.

La proposta prevede che gli Stati membri predispongano un meccanismo che consenta ai cittadini di paesi terzi interessati di presentare denunce, sia direttamente che tramite terzi, come sindacati o associazioni. Gli Stati membri dovrebbero inoltre rilasciare permessi di soggiorno per un periodo limitato – a seconda della durata dei procedimenti nazionali – ai cittadini dei paesi terzi vittime di sfruttamento e che cooperino ad azioni penali contro i datori di lavoro. La proposta prevede infine che gli Stati membri effettuino un numero minimo di ispezioni nelle imprese stabilite nei loro territori.

La proposta di direttiva, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura nella seduta del 20 giugno 2008. Il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha sottolineato l’importanza della proposta, in considerazione del fatto che il lavoro illegale costituisce uno dei principali fattori di attrazione per gli immigrati clandestini[73].

Controllo delle frontiere

Per quanto riguarda più specificamente il controllo delle frontiere, il 30 novembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione “Rinforzare la gestione delle frontiere marittime meridionali dell’Unione europea[74]”. La comunicazione, finalizzata a rafforzare l’attività dell’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne[75], evidenzia una serie di nuovi strumenti destinati a migliorare la gestione integrata delle frontiere europee. Si propone, fra l'altro, una rete di pattugliamento costiero, un sistema europeo di sorveglianza e un'assistenza operativa, volta a migliorare la capacità degli Stati membri di gestire flussi misti di immigranti illegali.

La comunicazione è stata esaminata dal Consiglio nella riunione del 4 dicembre 2006.

In questo quadro, il 24 maggio 2007 l’Agenzia per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex) ha lanciato il programma “Rete di pattuglie europea” (EPN), primo sistema di coordinamento delle pattuglie di sorveglianza delle frontiere marittime dell’Unione europea, per contrastare l’immigrazione clandestina. Il progetto interessa le coste atlantiche e mediterranee, al fine di sincronizzare le misure adottate dagli Stati membri e permettere la loro integrazione alle attività comuni dell’UE.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12 e 13 giugno 2007 ha adottato il regolamento (COM(2006)401), relativo ai poteri ed al finanziamento di squadre di intervento rapido (RABIT), comprendenti guardie di frontiera distaccate in un altro Stato membro per fornirvi assistenza tecnica ed operativa. Nel corso della medesima riunione, il Consiglio ha adottato conclusioni sulla necessità di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri, la Commissione e l’agenzia Frontex in materia di rimpatrio, nel quadro del sostegno che sarà fornito dal Fondo per il rimpatrio 2008-2013.

Infine, il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha invitato tutti gli interessati a prodigare gli sforzi per rendere operative al più presto le squadre di intervento rapido e per sfruttare al massimo le nuove possibilità offerte dalla rete di pattuglie costiere e dal registro centralizzato delle attrezzature tecniche o toolbox (CRATE), gestito da Frontex, la cui utilizzazione è subordinata alla firma di specifici memorandum di intesa tra Frontex e gli Stati membri coinvolti

Il 12 giugno 2007 il Consiglioha adottato un regolamento[76] relativo ai poteri ed al finanziamento di squadre di intervento rapido (RABIT), comprendenti guardie di frontiera distaccate in un altro Stato membro per fornirvi assistenza tecnica ed operativa. Come constatato nel corso del Consiglio giustizia e affari interni del 18 settembre 2007, Frontex ha avviato le procedure di applicazione del regolamento, che prevedono la redazione di una lista di ufficiali, la loro formazione e la composizione delle squadre.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 18 settembre 2007 ha adottato conclusioni sull’ulteriore rafforzamento delle frontiere marittime meridionali dell’UE[77]nelle quali esorta gli Stati membri, in uno spirito di solidarietà e di responsabilità condivisa, a fornire supporto, in modo bilaterale, a singoli Stati membri[78] che siano sottoposti a particolari pressioni, acuite da fattori quali la loro posizione geografica, il livello di impegno degli Stati terzi confinanti nello adempiere ai loro obblighi internazionali in materia di ricerca e salvataggio e lo stato attuale della cooperazione con detti paesi.

Le conferenze UE-Africa sull’immigrazione e lo sviluppo

Il 10 e 11 luglio 2006 si è svolta a Rabat la conferenza ministeriale congiunta tra Europa ed Africa sullo sviluppo e l’immigrazione che, su iniziativa di Francia, Spagna e Marocco, ha visto la partecipazione di 57 paesi delle due sponde del Mediterraneo. La Conferenza ha approvato un piano di azione in 62 punti, basata su un’azione congiunta Europa-Africa, che sottolinea la necessità di moltiplicare le azioni a favore dello sviluppo dei paesi africani anche attraverso nuovi aiuti finanziari agli immigrati legali in Europa che desiderano investire in progetti imperniati sul loro paese di origine. Un altro argomento riguarda al lotta contro i trafficanti clandestini.

In questo quadro, in occasione del 7° incontro della troika ministeriale UE-Africa di Brazzaville del 10 ottobre 2006, è stata accettata l'offerta della Libia di ospitare una conferenza ministeriale UE-Africa sulla immigrazione e lo sviluppo, che si è tenuta il 22 e 23 novembre 2006 a Tripoli.

Nell’ambito della conferenza, i ministri hanno approvato una dichiarazione congiunta Africa-UE, che riguarda l'intera gamma di questioni connesse alla migrazione, in particolare la immigrazione legale e illegale, il rapporto tra immigrazione e sviluppo, la protezione dei rifugiati.

In occasione della conferenza è stato, inoltre, adottato il piano d’azione di Ouagadougou per combattere la tratta degli esseri umani, in particolare di donne e bambini.

Sulla base dei lavori delle citate conferenze, nel corso della riunione ad alto livello Unione europea/Mali/CEDEAO (Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale) - che si è tenuta l'8 febbraio 2007 a Bamako, nel quadro del dialogo euro-africano sui flussi migratori e lo sviluppo - la Commissione europea, il Mali, la Spagna e la Francia si sono accordati per avviare un progetto pilota per gestire i flussi migratori provenienti dal Mali.

 

L'accordo verte sulla creazione in Mali di una Maison des Maliens de l'Extérieur e di un Centro d'informazione e di gestione dei flussi migratori, con il sostegno della Commissione e dei due Stati membri interessati. Questi organismi avrebbero il compito di raccogliere e di diramare informazioni sui flussi migratori e, segnatamente, sulle condizioni e le possibilità di lavoro e di formazione al livello nazionale, subregionale ed europeo, sui rischi e le incertezze dell'emigrazione clandestina e sull'accompagnamento dei migranti di ritorno nel Paese d'origine per agevolare il loro reinserimento in loco.

Avrebbero, inoltre, il compito di aiutare a valorizzare il risparmio e i trasferimenti finanziari, di incoraggiare il ritorno in patria delle competenze, di sostenere progetti comuni di sviluppo e la cooperazione decentrata e di promuovere i legami tra i giovani della seconda generazione di emigrati in Europa con quelli del Paese d'origine.

Il Vertice di Lisbona UE-Africa

L’8 e 9 dicembre 2007 si è tenuto a Lisbona il secondo vertice UE-Africa[79], che ha portato all’adozione di un Partenariato strategico UE - Africa fondato sul superamento del modello “donatore-beneficiario” e di un Piano d’azione per il periodo 2008-2010, volto a rafforzare la cooperazione nell’ambito di 8 partenariati specifici: pace e sicurezza; governance democratica e diritti umani, commercio e integrazione regionale; obiettivi di sviluppo del millennio, energia, cambiamenti climatici, migrazione, mobilità e occupazione, società, società dell’informazione e spazio.

Per ciascun partenariato specifico sono stati definiti gli obiettivi, i risultati previsti, le attività da intraprendere, i protagonisti e le fonti di finanziamento.

Per quanto riguarda in particolare il settore migrazione, mobilità e occupazione, il piano d’azione individua tre azioni prioritarie:

1.    attuazione della dichiarazione della conferenza ministeriale di Tripoli su migrazione e sviluppo (vedi supra).

 

Le misure adottate mireranno a: integrare le questioni relative alla migrazione alla mobilità e all’occupazione nelle strategia per la riduzione della povertà e nei documenti di strategia UE per i singoli paesi; progredire nell’attuazione della Politica dell’Unione africana in materia di migrazioni; promuovere schemi regionali per la cooperazione tra paesi d’origine, transito e destinazione; facilitare le rimesse, anche al fine di investimenti; combattere la discriminazione sociale, lo sfruttamento e l’immigrazione clandestina l’elaborazione di un seguito alla dichiarazione di Ouagadougou e del Piano d’azione sull’occupazione e la riduzione della povertà in Africa (vedi punto 3).

 

2.    attuazione del piano d’azione UE-Africa sulla lotta alla tratta degli esseri umani, anch’esso adottato all’occasione della conferenza di Tripoli del 22-23 novembre 2006 (vedi paragrafo precedente);

 

La conferenza prevede, tra le altre cose, la firma e la ratifica delle convenzioni internazionali in materia, in particolare la Convenzione sul criminalità organizzata internazionale e i suoi protocolli; il rafforzamento del  quadro normativo in materia e al preparazione di strategie e piani d’azione nazionali e regionali; il potenziamento delle misure preventive nei paesi d’origine, transito e destinazione.

 

3.    attuazione e seguito della dichiarazione e del piano d’azione sull’occupazione e la riduzione della povertà in Africa, adottato nel corso del Vertice straordinario dell’Unione Africana, tenutosi ad Ouagadougou l’8 e 9 settembre 2004

 

In linea con gli obiettivi dell’Agenda “Un lavoro dignitoso per tutti”, adottata nel 2000 dall’ILO, la conferenza prevede: l’integrazione del tema dell’occupazione nelle strategie nazionali di sviluppo;  sostegno alle agenzie per l’impiego e agli altri operatori del marcato del lavoro nonché alle istituzioni africane; creazione di un collegamento diretto tra le attività di sviluppo delle competenze professionali e i bisogni del mercato del lavoro a livello locale e la creazione di opportunità di investimento; rafforzamento della qualità della formazione locale nel settore terziario, delle università africane e la promozione del training della forza lavoro tecnica e professionale di alto livello, anche attraverso i programmi Nyerere ed Erasmus; la promozione di investimenti nel settore privato e di schemi per la microfinanza.

La conferenza euro-mediterranea sull’immigrazione

Il 19 novembre 2007 si è tenuta ad Albufeira, in Portogallo, la prima conferenza ministeriale euro-mediterranea[80] sul tema dell’immigrazione.

I ministri dei Paesi partecipanti si sono impegnati ad adottare azioni concrete volte alla realizzazione di progetti condivisi in materia di sostegno all’immigrazione legale, promozione dello sviluppo dei paesi d’origine e lotta all’immigrazione clandestina.

In particolare, per quanto riguarda l’immigrazione legale, la conferenza ha stabilito di costituire un gruppo di lavoro sul rapporto tra mercato del lavoro e immigrazione, che vedrà la partecipazione di rappresentanti dei paesi partner euro-mediterranei e di organizzazioni di lavoratori e datori di lavoro. La conferenza ha inoltre previsto di: promuovere corsi di formazioni per lavoratori migranti (compresi corsi di lingua) sia in previsione della loro partenza, che al fine di potenziarne le conoscenze professionali in vista del rientro nel paese di origine; condurre campagne di informazione sulle concrete opportunità di lavoro nei paesi di destinazione; esaminare la possibilità di creare centri di informazione e ricerca di lavoro, nei paesi euro-mediterranei, pur nel rispetto delle competenze nazionali; sostenere programmi ed attività per gli immigrati, al momento del loro arrivo nel paese di destinazione, al fine di informarli dei loro diritti e dell’importanza del rispetto dei valori e della legislazione nazionale.

In considerazione del fatto che la via migliore per contenere i flussi migratori è contribuire allo sviluppo dei paesi di origine, la conferenza si è impegnata ad appoggiare gli investimenti diretti stranieri e a sostenere meccanismi, servizi e prodotti finanziari concreti volti a facilitare il trasferimento delle rimesse dei migranti e a fornire opportunità di microcredito. A tal fine la conferenza ha convenuto di organizzare un seminario che individui i modi per incoraggiare all’uso degli strumenti finanziari e per incrementare la competenza dei migranti nei confronti del sistema bancario. E’ inoltre prevista la creazione di un sito web euro-mediterraneo di informazione sulle procedure di trasferimento fondi e la realizzazione di uno studio sulla possibilità di sostenere gli immigrati legali tramite il cofinanziamento dei loro progetti di investimento nei paesi di origine.

Riguardo alla lotta all’immigrazione clandestina la conferenza ha dichiarato il suo impegno a: promuovere progetti volti ad aumentare gli standard di sicurezza per quanto riguarda i documenti di viaggio e sostenere, nei paesi di transito, corsi di formazione, anche  a cura dell’agenzia Frontex; in materia di identificazione di documenti falsi e di rapporto fra lotta all’immigrazione clandestina e rispetto degli strumenti internazionali, in particolare per quanto concerne la ricerca e il salvataggio in mare. La conferenza ha inoltre previsto la realizzazione di workshop sulle questioni del rientro volontario e della riammissione.

Le procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 4 aprile 2006, la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[81] (procedura d’infrazione n. 2006/2075) per mancato rispetto del regolamento (CE) 1030/2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi. Non rilasciando ancora permessi di soggiorno conformi al modello uniforme, lo Stato italiano violerebbe l’articolo 9 del regolamento citato, in base al quale gli Stati membri rilasciano tali permessi al più tardi entro un anno a decorrere dall’adozione degli elementi e dei requisiti di sicurezza complementari. Tali elementi e requisiti sono stati effettivamente definiti con la decisione della Commissione C/2002/3069 del 14 agosto 2002, il cui articolo 2 impone agli Stati membri di fornire alla Commissione un fac-simile del permesso di soggiorno, non appena disponibile.

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[82] per mancata comunicazione sull’attuazione della direttiva 2004/83/CE[83] recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta. Il termine di recepimento della direttiva scadeva il 10 ottobre 2006.

Si segnala che il recepimento della direttiva è previsto dal disegno di legge comunitaria per il 2007, attualmente all’esame della Camera dei deputati  (A.C. 3062-A).


Il documento programmatico 2007-2009

Premessa

Il documento programmatico relativo al triennio 2007-2006 si articola nei seguenti sei capitoli:

§         Capitolo 1. Le politiche di governo degli ingressi e del lavoro;

§         Capitolo 2. Interventi per favorire l’inclusione e l’accoglienza;

§         Capitolo 3. Politiche di contrasto alle discriminazioni razziste e xenofobe;

§         Capitolo 4. Politiche di contrasto al traffico di persone e all’irregolarità;

§         Capitolo 5. Parteniariato e cooperazione a livello europeo e internazionale;

§         Capitolo 6. Richiedenti asilo e rifugiati,

ai quali è premesso un paragrafo introduttivo.

Al documento sono allegati:

§      il parere della Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali, reso il 6 dicembre 2007;

§      il parere reso dal CNEL in data 14 settembre 2007;

§      il verbale della riunione del 12 settembre 2007 con gli enti ed associazioni nazionali maggiormente attivi nell’assistenza e nell’integrazione degli immigrati;

§      il verbale dell’incontro con le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale svoltosi in data 11 settembre 2007.

 

Il testo del documento programmatico presentato alle Camere è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 12 ottobre 2007 e nella sua stesura si è tenuto conto di tutti i pareri sopra indicati, ad eccezione di quello della Conferenza unificata (reso in data successiva), le cui osservazioni, insieme di quelle delle Commissioni parlamentari, verranno considerate in sede di predisposizione del testo definitivo[84].

Capitolo 1. Le politiche di governo degli ingressi e del lavoro

Il primo capitolo del documento programmatico è dedicato alle politiche di gestione dell’immigrazione regolare che si ispirano ad una programmazione dei flussi di ingresso più flessibile, a una diversificazione delle modalità di ingresso per motivi di lavoro e alla semplificazione delle procedure amministrative.

 

Nella prima sezione, particolare rilievo viene dato alla necessità di predisporre una serie di indicatori quantitativi della domanda di lavoro.

Nella sezione sono presenti una serie di previsioni sulla necessità di manodopera nel triennio 2007-2009 che viene complessivamente valutata nell’ordine di oltre 200 mila unità l’anno in media, con un’ipotesi massima di 275 mila.

La disponibilità di elementi quantitativi è necessaria per una determinazione efficace dei flussi di ingresso la cui scansione temporale dovrà essere riformata e portata da base annuale, come avviene attualmente con i “decreti-flussi”, a triennale, con possibilità di rideterminazione annuale e con procedure comunque semplificate rispetto a quelle attuali.

Un meccanismo simile si trova nel disegno di legge del Governo di riforma del testo unico all’esame della Camera (A.C. 2976, art. 1, co. 1, lett. a), n. 1).

Pur confermando il sistema delle quote, si prevede una revisione dei canali di ingresso, sia dal punto di vista quantitativo, prevedendo una differente modulazione del decreto flussi in base alla tipologia lavorativa (per esempio lavoro stagionale) e una gestione temporale separata dei flussi per evitare picchi periodici, sia dal punto di vista qualitativo, determinando le quote di ingresso in corrispondenza della domanda, con particolare attenzione all’attività di collaborazione familiare, agli ingressi fuori quota di personale specialistico, al personale formato all’estero.

Si prevedono, inoltre, meccanismi innovativi, quali l’ingresso per ricerca di lavoro - attraverso la triplice forma di sponsorizzazione collettiva (da parte di enti e istituzioni), di sponsorizzazione da parte di privati e di auto-sponsorizzazione - e la predisposizione di liste all’estero di cittadini extracomunitari disponibili a lavorare in Italia. Entrambi gli strumenti sono previsti dal ddl di riforma: art. 1, co. 1, lett. a), nn. 5-8 (liste all’estero), n. 9 (sponsorizzazione), n. 11 (autosponsorizzazione).

Altre forme di agevolazione sono previste in caso di legalizzazione del soggiorno in casi particolari (ad esempio per motivi umanitari) e per il lavoro stagionale.

 

La seconda sezione descrive alcune misure per favorire l’immigrazione qualificata, sia dirette all’accoglienza di lavoratori altamente qualificati, sia per creare canali privilegiati per l’ingresso e la permanenza di studenti, ricercatori, investitori ed imprenditori, secondo le indicazioni della strategia di Lisbona finalizzata all’aumento della competitività dell’economia europea (si veda l’art. 1, co. 1, lett. a), n. 10, del testo di riforma che prevede la revisione dei canali di ingresso agevolato al di fuori delle quote per categorie particolari di soggetti).

 

La terza sezione individua alcuni interventi di semplificazione amministrativa in parte contenuti anche nel disegno di legge di riforma del testo unico.

Si ricordano in particolare:

§      la semplificazione degli oneri in capo al datore di lavoro collegati alla stipula del contratto di lavoro (il progetto di riforma all’esame della Camera ne prevede addirittura l’abrogazione: art. 1, co. 1, lett. d);

§      la riorganizzazione degli sportelli unici per l’immigrazione in vista della completa informatizzazione delle procedure;

§      la semplificazione dei procedimenti di rilascio del nulla osta e del permesso di soggiorno, nell’ottica di un futuro trasferimento delle competenze in materia ai comuni (come previsto dal disegno di legge delega: art. 1, co. 1, lett. d).

 

Alle prospettive dell’allargamento dell’Unione europea sul mercato del lavoro è dedicata la quarta sezione, incentrata sull’esigenza di monitorare attentamente le assunzioni di lavoratori provenienti da Romania e Bulgaria, in considerazione dei rilevanti flussi provenienti da questi Paesi (nel 2006 il 27% delle domande di nulla osta sono state di cittadini rumeni (121 su 458 mila lavoratori non stagionali).

 

Sulla base del principio della parità di trattamento tra lavoratori italiani e stranieri in materia pensionistica, che ha il suo fondamento nella costituzione (art. 38, co. 2), la quinta sezione dispone la incentivazione della politica volta alla definizione di accordi e convenzioni internazionale in materia di prestazioni previdenziali, sulla scorta degli accordi già in essere con diversi Paesi sulla totalizzazione dei periodi assicurativi.

 

Il capitolo dedica ampio spazio alla formazione – oggetto della sesta sezione – ed in particolare della formazione universitaria, sia dal punto di vista della mobilità (in entrata e in uscita), sia per quanto riguarda l’inserimento e l’integrazione dello studente straniero. Tra le misure previste si segnalano:

§      l’aumento dei finanziamenti per la ricerca;

§      gli interventi per la riforma dei sistemi di istruzione;

§      l’incentivazione delle collaborazioni internazionali;

§      iniziative mirate ad attrarre studenti stranieri (borse di studio ecc.);

§      semplificazione delle procedure di rinnovo del permesso di soggiorno al termine del periodo universitario per la prosecuzione degli studi post laurea.

La formazione degli adulti stranieri risponde alle esigenze derivanti dalle caratteristiche ormai  strutturali assunte dall’immigrazione nel nostro Paese. La formazione in questo campo riguarda prioritariamente l’apprendimento della lingua italiana e l’acquisizione di un titolo di studio, ma deve estendersi anche alla sicurezza dei luoghi di lavoro.

Da incentivare anche i meccanismi di selezione e formazione all’estero già previsti dalla normativa vigente (art. 23 del TU).

 

Infine, la settima sezione introduce misure volte a combattere il lavoro nero, in particolare delle donne, e l’economia sommersa il cui contrasto costituisce ormai un’esigenza “non più procrastinabile”.

Tra le misure previste si segnalano le seguenti:

§      il coordinamento degli organismi preposti al controllo ispettivo (Direzioni regionali e provinciali del lavoro, enti previdenziali);

§      l’applicazione agli immigrati di programmi e modelli di prevenzione del lavoro nero già sperimentati dal Ministero del lavoro;

§      l’attuazione delle disposizioni in materia previste nella legge finanziaria 2007;

§      la previsione di una strategia specificatamente mirata alla protezione della salute e della sicurezza degli immigrati stranieri.

La sezione si conclude con una rassegna dei principali provvedimenti adottati nella legislatura in corso, tra cui la legge delega per l’adozione del testo unico sulla salute e la sicurezza del lavoro (L. 123/2007[85]).

 

Tra i progetti in itinere si segnala un disegno di legge volto a contrastare in modo specifico il lavoro nero degli stranieri irregolari[86]. Il provvedimento introduce il delitto di grave sfruttamento dell’attività lavorativa per coloro che reclutano lavoratori, sottoponendoli a grave sfruttamento e prevede significative aggravanti se tra i lavoratori gravemente sfruttati vi sono minori o stranieri “irregolarmente soggiornanti”.

Capitolo 2. Interventi per favorire l’inclusione e l’accoglienza

Fin dall’introduzione, il documento programmatico sottolinea come i flussi migratori da tempo non rivestano più carattere di eccezionalità, e come, interessando ogni paese sviluppato in maniera sostanzialmente omogenea, siano ormai divenuti un “fenomeno strutturale” da governare nell’ambito di strategie regionali di stabilizzazione.

L’entità del fenomeno migratorio e le diverse caratteristiche da questo assunte, derivanti peraltro dall’allargamento dell’Unione europea, necessitano pertanto di un approccio che tenga conto della permanenza dei flussi migratori e della necessità che questi siano governati da politiche in grado di favorire l’inclusione e la cultura dell’accoglienza. In tal senso, il documento rileva come l’inserimento dei cittadini stranieri debba essere considerato bene comune, in quanto la coesione sociale e la condivisione di diritti e doveri favorisce il rispetto delle regole da parte di tutti i componenti la comunità, disinnescando allo stesso tempo i fenomeni di intolleranza e di conflittualità presenti nelle società multiculturali.

Il capitolo 2, suddiviso in 12 sezioni, prefigura dunque un percorso di integrazione coerente con quanto proposto in ambito europeo[87], individuando interventi normativi ed obiettivi specifici da conseguire attraverso un approccio integrato in grado di comprendere i differenti ambiti della vita degli stranieri.

 

La prima sezione è dedicata all’accesso alla cittadinanza e al permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo, considerati momenti fondamentali del processo di integrazione. La riforma della normativa in materia di cittadinanza[88], di iniziativa governativa, volta ad agevolare l’acquisizione della cittadinanza da parte degli stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro Paese, reca tra le misure principali l’abbassamento da dieci a cinque anni del periodo minimo di presenza legale in Italia richiesto ai fini della concessione della cittadinanza per naturalizzazione, mentre il permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo, previsto dal D. Lgs 3/2007[89], ha ridotto da sei a cinque anni il periodo di residenza utile ai fini del riconoscimento dello status e ha riconosciuto la libera circolazione dei soggiornanti di lungo periodo all’interno dell’Unione europea.

Nella seconda e terza sezione il documento rileva come l’equiparazione tra cittadini e stranieri abbia fatto notevoli progressi in materia di godimento dei diritti sociali mentre proceda ancora fra molte cautele nell’ambito dei diritti politici. In tal senso, vengono considerati di grande importanza, oltre al riconoscimento del diritto di voto alle elezioni amministrative, collegato al possesso della cittadinanza, la creazione o il rafforzamento di organismi in grado di consentire la partecipazione degli stranieri alla vita delle comunità di residenza, locale e nazionale.

Al tal fine, il Governo ha aperto un confronto con i soggetti, istituzionali (Regioni ed Enti locali) e non (organizzazioni del terzo settore), coinvolti nella gestione dei flussi migratori, proponendosi di utilizzare coerentemente quanto già previsto dal testo unico. La Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie (art, 42, co.4, del T.U.) costituirà in tal senso lo strumento attraverso il quale rafforzare il dialogo con gli enti e le associazioni nazionali attive nel settore, affiancata altresì dalla neocostituita Consulta giovanile per il pluralismo religioso e culturale[90].

 

Grande spazio è dedicato (nella quarta sezione) ai Consigli territoriali per l’immigrazione, previsti dall’art. 3 del testo unico, istituiti a livello provinciale presso le Prefetture. I Consigli, presieduti dai prefetti e composti da rappresentanti delle competenti amministrazioni locali dello Stato, della Regione, degli Enti locali, della camera di commercio, degli enti localmente attivi nell'assistenza agli immigrati, delle organizzazioni dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei lavoratori extracomunitari, hanno il compito di analizzare le problematiche connesse al fenomeno dell'immigrazione e le esigenze degli immigrati, promuovendo i relativi interventi da attuare a livello locale. L’azione di monitoraggio svolta dal Ministero dell’interno ha evidenziato come tali organismi siano in grado di assicurare il coordinamento necessario a promuovere la rete di relazioni ed interventi fra centro e periferia[91], fondamentale fra l’altro per la determinazione delle quote di ingresso dei lavoratori extracomunitari.

In tale ottica di rafforzamento è stata indetta la I° Conferenza nazionale dei Consigli territoriali, dovranno essere previsti strumenti di comunicazione attraverso i quali tali organismi possano segnalare i casi di discriminazione razziale e/o etnica che si verifichino nell’ambito territoriale di competenza e sarà prevista un azione di supporto e sostegno alle attività del Comitato minori stranieri, a cui il testo unico affida le attività di tutela ed assistenza dei minori stranieri non accompagnati.

 

La quinta sezione è dedicata agli interventi per la famiglia nonché ai ricongiungimenti familiari,la cui disciplina è stata recentemente innovata dal D. Lgs. 5/2007[92]. Il documento sottolinea come, in Italia, negli ultimi anni sia stato registrato un forte incremento delle famiglie immigrate (nel triennio 2004-2006 si è avuto un aumento, pari al 30,94%, dei visti per ricongiungimento familiare emessi da tutta la rete estera). A fronte di tale dato, e degli incrementi registrati nel numero dei nati stranieri e dei minori stranieri presenti sul territorio nazionale, si ritiene indispensabile che le famiglie immigrate, “promotrici del processo di inclusione sociale degli stranieri”, possano fruire degli interventi indirizzati alle famiglie in difficoltà, da individuare attraverso il primo Piano nazionale, finanziato, come stabilito dalla legge finanziaria 2008[93], con le risorse del Fondo per la Famiglia, d’intesa con le amministrazioni statali competenti e la Conferenza Unificata.

Tra le misure specificamente previste per i nuclei familiari stranieri, rivestono grande importanza quelle relative alla promozione della conoscenza dei servizi sanitari e socio-educativi presenti sul territorio e l’inserimento nell’organico dei consultori (della cui disciplina è prevista una riforma) della figura dei mediatori culturali nonché la formazione di operatori preposti alle relazioni con i cittadini stranieri. Verrà inoltre definito un piano d’intervento per promuovere l’informazione e il sostegno delle donne e delle loro famiglie prima e dopo il parto. Infine, per agevolare lo scambio tra le famiglie di diverse culture, immigrate e non, nei comuni, per tramite delle Regioni, dovranno essere attuate azioni di prossimità (ricorso all’accompagnamento o ad azioni di mediazione territoriale).

 

La sesta sezione è dedicata ai minori stranieri non accompagnati, la cui presenza sul territorio, secondo dati aggiornati al febbraio 2007, risulta pari a circa 6000. Il documento rileva come la normativa in materia appaia ormai inadeguata a corrispondere all’esigenze di protezione e tutela di una categoria di stranieri particolarmente vulnerabile e purtroppo soggetta ai fenomeni di reclutamento delle organizzazioni criminali.

Si prevede pertanto l’introduzione di disposizioni di vario genere, prima fra tutte la riduzione dei limiti temporali di permanenza dei minori sul territorio nazionale e di frequenza a un progetto di integrazione sociale e civile, necessari, a legislazione vigente, per la conversione, al compimento della maggiore età, del permesso di soggiorno per minore età in altre tipologie di permesso, comprendendo quella per accesso al lavoro.Inoltre, l’aumento della presenza di minori provenienti da aeree geografiche a rischio, rende opportuno “un processo di innovazione, nella composizione, nelle procedure, e nelle modalità di funzionamento del Comitato per minori stranieri”, unitamente all’impostazione di un Programma nazionale che regoli nello specifico i singoli ambiti di intervento.

 

Il documento, nella settima sezione, indica poi misure per le seconde generazioni, finalizzate ad assicurare loro pari opportunità di accesso alla formazione, all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale: l’integrazione delle seconde generazioni è considerata cruciale per la tenuta del tessuto sociale del paese e per la sua evoluzione verso forme mature di pluralismo.

 

Alla salute è dedicata l’ottava sezione, che rende conto della già ottima situazione dell’assistenza sanitaria prestata agli stranieri nel nostro paese, da questo punto di vista fra i più garantisti del panorama europeo.

L’obiettivo fissato dal documento programmatico è dunque quello di rafforzare, con azioni concordate fra lo Stato e gli enti locali, una politica di piena parità fra stranieri e cittadini italiani ponendo in essere correttivi quali il coordinamento delle politiche sanitarie regionali, la prevenzione e il contrasto di pratiche quali la mutilazione genitale femminile, la promozione di campagne informative sul SSN, ponendo particolare attenzione a donne e minori e intensificando i controlli sanitari nei centri di permanenza temporanea e nelle carceri.

 

Nella nona sezione il documento illustra le politiche relative all’integrazione scolastica e all’educazione interculturale. I dati rivelano come la presenza degli alunni stranieri sia in progressivo aumento nel segmento delle scuole superiori, più elevata nel centro e nel nord del paese ma diffusa sia nei grandi che nei piccoli centri; conseguentemente gli elementi di criticità individuati risultano la polarizzazione degli alunni stranieri in alcuni istituti scolastici e la novità della loro maggiore presenza nelle scuole superiori.

Gli interventi proposti riguardano pertanto la formazione dei dirigenti scolastici e di tutto il personale delle scuole ad alta presenza di alunni stranieri, da affrontare attraverso un Piano nazionale per la formazione, da definire d’intesa con gli uffici scolastici regionali, gli enti locali, le università e in collaborazione con i centri interculturali e le associazioni del terzo settore.

Ampio spazio è dedicato all’insegnamento dell’italiano, posto al centro dell’azione didattica scolastica ma considerato fondamentale anche come percorso formativo da offrire alle famiglie, con particolare attenzione alle donne, soggetti con scarse occasioni di interazione sociale, ma fondamentali per il coinvolgimento nei processi decisionali che riguardano i figli.

Il documento infine rimanda alla necessità di rivisitare i curricula scolastici alla luce delle diverse e molteplici appartenenze culturali degli alunni, tenendo anche conto delle strategie adottate dagli altri paesi europei.

 

La decima sezione del documento è dedicata alle attività sportive. Attualmente, la normativa vigente disciplina solo l’ingresso degli sportivi che svolgono la loro attività a livello professionistico, prevedendo quale presupposto per il soggiorno sul territorio italiano, un contratto di lavoro; in quest’ambito diviene quindi di particolare importanza la previsione di un permesso anche per gli sportivi che praticano attività dilettantistica nelle numerose discipline che non appartengono alle attività sportive professionistiche (nuoto, pallavolo, baseball, etc.), approfondendo la percorribilità dell’istituzione di un visto per attività sportiva dilettantistica.

 

L’undicesima sezione è dedicata al riconoscimento dei titoli di studio e delle qualifiche professionali: viene proposta l’istituzione di un nuovo certificato attestante il livello, sostitutivo delle dichiarazioni di equipollenza e di riconoscimento.

 

La dodicesima sezione concerne infine le politiche abitative. Il documento rileva come la questione abitativa sia un problema strutturale avvertito da tutte le fasce più deboli della popolazione – indipendentemente dalla cittadinanza – sia per la povertà dell’offerta di edilizia residenziale pubblica che per la scarsezza di alloggi privati in affitto a canoni accessibili. Premesso che non appare opportuno affrontare la questione separando e individuando percorsi diversi per i cittadini e gli immigrati, il documento segnala l’esigenza di percorsi d’accesso orientati all’accompagnamento all’abitare per le fasce deboli, soprattutto in talume aree metropolitane più esposte al degrado e alla marginalizzazione; quanto agli immigrati, occorrerà tener conto delle tipologie di ingresso e di composizione del nucleo familiare: lavoratori stagionali e lavoratori fissi non accompagnati dal nucleo familiare (creazione di centri di accoglienza, alloggi sociali in forma di pensionato, etc.) o lavoratori fissi che vivano con il proprio nucleo familiare (forme di credito ad hoc, forme di garanzia per i piccoli proprietari che intendano affittare agli immigrati, sportelli informativi).

Capitolo 3. Politiche di contrasto alle discriminazioni razziste e xenofobe

Con l'emanazione del D.Lgs. 215/2003[94], l’Italia ha recepito ed attuato la direttiva 2000/43/CE sulla parità di trattamento tra le persone, indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica. L'articolo 7 ha disposto l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dpartimento per i Diritti e le Pari Opportunità,di un Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o origine etnica, con funzioni di controllo e garanzia. L'Ufficio, denominato con l'acronimo U.N.A.R. (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) opera in condizioni di piena autonomia ed imparzialità, dal novembre 2004, svolgendo sistematicamente funzioni di monitoraggio sull'effettiva applicazione del principio di parità di trattamento e sull'efficacia dei meccanismi di tutela, in tutti i settori pubblici e privati. L'U.N.A.R., oltre al compito di redigere relazioni annuali con cui si riferiscono al Parlamento e al Presidente del Consiglio i risultati dell'attività di verifica svolta, formula proposte di modifica della normativa vigente. L'Ufficio svolge inoltre campagne di informazione finalizzate a fornire la massima conoscenza degli strumenti di tutela esistenti e delle possibilità offerte dalla normativa e che si concretizzano, di volta in volta, in campagne pubblicitarie, organizzazione di conferenze ed eventi e  circolazione delle c.d. buone pratiche.

 

Il terzo capitolo si articola in sette sezioni: le prime quattro forniscono indicazioni di massima relativamente ai fenomeni legati alla percezione della discriminazione con particolare riguardo all’origine etnica. In Italia, i cittadini che segnalano l’esistenza di discriminazioni in questo campo sono il 77%, mentre la discriminazione rispetto all’orientamento sessuale risulta percepita dal 73%, alla disabilità dal 68% e al genere dal 56%. Il documento sottolinea però che i dati a disposizione risultano parziali, sia per l’assenza di un monitoraggio articolato da parte delle pubbliche amministrazioni, sia per la mancanza di consapevolezza, da parte delle vittime, di essere oggetto di discriminazione. Il monitoraggio dei fenomeni di esclusione sociale viene altresì ritenuto fondamentale per l’individuazione di azioni positive che favoriscano una piena collaborazione delle istituzioni con le parti sociali. Viene pertanto sottolineata l’importanza che si proceda ad indagini sistematiche di tipo multiscopo ed ad analisi statistiche, cercando di favorire il più possibile l’emersione su tutti gli aspetti della discriminazione, violenze e crimini razzisti e xenofobi.

D’altra parte, viene ribadita la necessità che il principio della parità e delle pari opportunità divenga parte integrante del patrimonio culturale ed educativo, rafforzando “il ruolo centrale di prevenzione e di formazione che può svolgere il sistema dell’istruzione e della formazione nel suo complesso”. In tale panorama la mediazione culturale e interculturale, intesa come “gestione delle diversità culturali”, riconosce le specificità permettendo la comprensione dell’altro e facilitando “la partecipazione alla vita sociale, civile, politica dei soggetti a rischio di discriminazioni”.

 

La quinta sezione del documento esamina sinteticamente i nodi problematici legati al mondo del lavoro, all’alloggio, all’accesso al credito, all’attività sportiva e alla rappresentazione mediatica del mondo dell’immigrazione, indicando al contempo le possibile linee di intervento.

Sia per quanto riguarda il settore dell'occupazione e del lavoro che per la ricerca dell’alloggio, le maggiori criticità riguardano non soltanto il momento iniziale dell’accesso ma anche, successivamente, la gestione del rapporto e le sue condizioni. In entrambi i casi vengono proposte campagne di sensibilizzazione rivolte alla popolazione ospitante ed iniziative di informazione mirate alla cultura della conoscenza e della correttezza.

Per quanto riguarda invece l’accesso al credito, il rapporto tra istituti di credito e soggetti stranieri risulta ancora segnato da pregiudizi soprattutto rispetto all’erogazione di servizi finanziari; il documento sottolinea pertanto la necessità di ridefinire gli accessi al credito, introducendo istituti quali l’attivazione del microcredito e l’adattamento dei servizi bancari alle esigenze degli immigrati.

In merito alle pratiche sportive, attività fra le più idonee a favorire l’inclusione e l’integrazione sociale, il documento rileva come queste, paradossalmente, siano spesso occasione di accesi contrasti legati a comportamenti discriminatori se non apertamente razzisti. Tale fenomeno, appare evidente soprattutto nel calcio, pertanto si suggerisce un maggiore controllo da parte delle organizzazioni ed associazioni sportive nonché degli stessi professionisti e addetti del settore unitamente all’adozione di misure preventive di educazione e sensibilizzazione

Infine, rispetto ai media si rileva l’importante funzione da questi svolta per una corretta rappresentazione dei temi legati all’immigrazione; funzione che dovrebbe essere sostenuta attraverso la predisposizione di misure di autoregolamentazione quali i codici di condotta e le linee guida e attraverso la previsione di strumenti in grado di garantire l’osservanza dei principi deontologici in materia.

 

La sesta sezione è dedicata all’integrazione dei Rom e dei Sinti: per quanto concerne la loro presenza nel nostro Paese, in assenza di cifre ufficiali fornite da rilevazioni statistiche, occorre fare riferimento ai dati forniti dall'ultima mappatura effettuata dall'Opera Nomadi, che stima i Rom presenti in Italia in circa 140.000 unità, di cui circa 70.000 in possesso della cittadinanza italiana, e con solo un 30% da considerarsi ancora nomade. L’ingresso nell’Unione europea della Romania, paese da cui tradizionalmente tali popolazioni provengono, fa ragionevolmente presumere che la loro presenza si rafforzerà nel tempo, rendendo necessari interventi mirati alla risoluzione delle criticità legate alla gestione dei cosiddetti “campi sosta”, nonché alle situazioni di disagio abitativo, devianza, accesso ai servizi sociali e all’istruzione, e a contrastare le discriminazioni. Si ritiene necessario che una strategia mirata di intervento si avvalga dell’apporto delle associazioni[95] impegnate nella tutela dei diritti di tali minoranze.

 

La settima sezione sottolinea l’importanza di utilizzare strumenti di azione e mezzi di intervento finalizzati al rafforzamento diffuso della consapevolezza dei diritti e delle regole. In tale prospettiva, il documento ritiene fondamentale instaurare uno stretto legame con il mondo dell'associazionismo, partendo dai luoghi della vita quotidiana, attraverso la costituzione di piccoli gruppi sostenuti dalle pratiche della mediazione interculturale.

Si segnala come di particolare l’importanza la necessaria attenzione alla condizione delle donne e dei bambini, premessa per il raggiungimento della dignità e del benessere di tutti; a tale riguardo si pongono, tra gli obiettivi da perseguire, un’equilibrata presenza delle donne immigrate nei consigli territoriali e in tutti gli organismi che prevedono la presenza dei migranti, l’accesso delle donne ai percorsi educativi e di formazione per gli adulti e la valorizzazione dell’associazionismo femminile.

Quali obiettivi strategici si segnalano infine l’elaborazione di linee guida contro il razzismo e la discriminazione e la costituzione di una rete che favorisca la circolazione, dalla periferia al centro e viceversa, delle buone pratiche e delle conoscenze.

Capitolo 4. Politiche di contrasto al traffico di persone e all’irregolarità

Il capitolo 4, ripartito in cinque sezioni, prende in esame le questioni relative alle politiche europee di contrasto all’immigrazione clandestina e alla tratta di esseri umani. Queste si ispirano alla duplice necessità di

§         di rafforzare la gestione integrata delle frontiere esterne;

§         di promuovere la cooperazione con i Paesi di origine e transito dell’immigrazione.

 

Nella prima sezione sono illustrate le iniziative in ambito comunitario, alle quali partecipa anche l’Italia, che sono state assunte più di recente o che sono in corso di realizzazione, e in particolare:

§         la costituzione di un sistema informativo europeo sui visti (VIS);

§         la collaborazione tra gli Stati membri dell’Unione europea in materia di contenimento dei flussi di immigrazione illegale (scambio di informazioni; svolgimento di operazioni congiunte alle frontiere; rimpatrio degli irregolari);

§         l’incentivazione di programmi di assistenza tecnica a favore dei Paesi terzi (quali il programma Aeneas) finalizzati a migliorare le capacità operative delle autorità dei Paesi d’origine e di transito dei flussi di immigrazione clandestina;

§         la predisposizione di una rete permanente di pattugliamento costiero per i confini meridionali e la creazione di un Sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (European Surveillance System for Border – EUROSUR);

§         il miglioramento del livello di sicurezza delle frontiere esterne attraverso le iniziative coordinate dall’Agenzia europea per le frontiere esterne (FRONTEX): tra queste, l’Italia è impegnata nell’operazione HERA III, che prevede la realizzazione del pattugliamento aeronavale congiunto, con il concorso di mezzi italiani, delle acque prospicienti il Senegal e la Mauritania.

 

Per una panoramica delle iniziative in corso in sede europea, si rinvia all’apposita scheda di lettura.

 

La seconda sezione riguarda le misure di espulsione. Tra gli interventi da attuare al riguardo si prevede di:

§      rendere effettive le espulsioni, graduando le misure di intervento e incentivando la collaborazione degli immigrati irregolari;

§      predisporre programmi di rimpatrio volontario e assistito, rivolti anche a immigrati non espulsi, privi dei mezzi di sussistenza, finanziati da un Fondo nazionale rimpatri, in cui confluiscono i contributi corrisposti dai datori di lavoro e dagli sponsor (enti o singoli cittadini), che garantiscono l’ingresso degli stranieri;

§      differenziare la durata del divieto di reingresso per gli stranieri espulsi, tenendo conto della loro partecipazione ai programmi di rimpatrio o dei motivi dell’espulsione e prevedere un meccanismo deterrente graduale, in funzione della gravità e della reiterazione delle violazioni e dei motivi dell’espulsione.

 

Le previsioni sopra illustrate trovano riscontro nel disegno di legge di riforma del testo unico sull’imigrazione presentato dal Governo, all’art. 1, lett. g), punti da 1) a 4).

 

La terza sezione enuncia le linee guida per la modifica sostanziale della disciplina dei Centri di permanenza temporanea e assistenza (CPT), nel senso di:

§      rivedere le caratteristiche strutturali e gestionali dei CPT:

-          limitando il tempo di trattenimento degli stranieri irregolari al minimo necessario,

-          applicando misure di sicurezza proporzionate alle finalità,

-          individuando forme di gestione in collaborazione con gli enti locali, le ASL e le associazioni umanitarie,

-          fornendo informazioni agli immigrati sulle procedure per ottenere l’asilo, sulla normativa in materia di tratta e di grave sfruttamento del lavoro, sulle modalità di ingresso regolare e sui programmi di rimpatrio;

§      prevedere l’esclusiva destinazione delle strutture per le espulsioni al trattenimento degli stranieri da espellere che si sono sottratti all’identificazione, riducendo il periodo di permanenza e utilizzando le stesse strutture per gli stranieri identificati, quando non è possibile eseguire immediatamente l’espulsione;

§      garantire maggiore trasparenza all’attività svolta nei CPT rivedendo la disciplina dell’accesso a tali strutture.

 

Nel menzionato disegno di legge di riforma del testo unico si prevede una revisione dell’attuale sistema dei CPT in linea con i principi ora delineati (in particolare, si veda l’art. 1, lett. h)).

Il Governo è nel frattempo già intervenuto con alcuni provvedimenti amministrativi[96], con i quali si è avviato uno studio sulle strutture esistenti, in vista di eventuali soppressioni o riqualificazioni.

Inoltre, sono state avviate nuove procedure che, attraverso una più stretta collaborazione tra le autorità carcerarie e le forze di polizia, consentiranno l’espletamento di tutte le pratiche necessarie all’identificazione durante la permanenza in carcere degli extracomunitari, mentre in precedenza l’identificazione avveniva prevalentemente nei CPTA[97].

 

Nella quarta sezione il documento propone una serie di azioni per contrastare la tratta di esseri umani.

Tra queste, si segnala l’introduzione, a livello normativo, della possibilità di ricongiungimento familiare per le vittime di tratta alle quali sia stato rilasciato il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale: ciò consentirebbe di evitare ritorsioni nei confronti dei familiari rimasti nei Paesi d’origine e di favorire la collaborazione con le Forze di polizia.

Per le vittime della tratta e dello sfruttamento minori di 18 anni (sovente impiegati nell’accattonaggio e nel lavoro clandestino) devono essere previste misure specifiche che garantiscano loro il diritto allo studio e l’assistenza psicologica specializzata; si intende inoltre valutare la possibilità di dotare tutti i minori presenti sul territorio di un documento di riconoscimento elettronico, per evitare che i membri delle organizzazioni criminali si dichiarino parenti del minore. Per i minori sprovvisti di qualunque documento di identità, si dovrà attivare una procedura per l’accertamento dell’età, fermo restando, nel dubbio, il principio di presunzione della minore età.

 

Il disegno di legge del Governo A.C. 2169 reca alcune misure per reprimere la tratta di minori a fini di sfruttamento sessuale, prevedendo in particolare che, per una serie di reati, il colpevole non possa invocare a propria discolpa l’ignoranza dell’età della vittima.

 

Si dovranno inoltre adeguare le risorse finanziarie per i programmi di assistenza alle vittime di tratta, rilanciare una politica per il rientro volontario assistito e promuovere un “sistema europeo” di politiche di contrasto della tratta. Si intende modificare il quadro sanzionatorio per reprimere più efficacemente il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

 

Si segnala che il disegno di legge di iniziativa governativa A.C. 1857 contiene disposizioni sul contrasto al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e modifiche al sistema penale che incidono in misura rilevante sull’attuale quadro sanzionatorio ridefinendo, in particolare, il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina attraverso una specificazione delle condotte che integrano la fattispecie.

Per quanto riguarda lo sfruttamento dei lavoratori stranieri clandestini, il documento richiama il citato disegno di legge A.C. 2784, già approvato dal Senato, volto ad introdurre nuove e più incisive misure di contrasto al grave fenomeno dello sfruttamento della manodopera irregolare.

 

La quinta sezione indica gli obiettivi che il Governo intende perseguire nel campo della cooperazione di polizia con i Paesi da cui hanno origine o transitano rilevanti flussi di immigrazione irregolare – segnatamente, i Paesi dell’Europa orientale e i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e, tra questi, quelli nordafricani (Marocco, Tunisia, Libia ed Egitto) – per realizzare iniziative di collaborazione operativa, nel quadro di accordi formali già conclusi o in via di perfezionamento, e per attuare i programmi già intrapresi di assistenza tecnica con la fornitura di mezzi e con attività di formazione[98].

Capitolo 5. Parteniariato e cooperazione

Nella prima sezione, delle tre di cui si compone il capitolo, si ribadisce che il partenariato con i Paesi di origine e di transito resta, nell’ottica italiana, lo strumento d’azione privilegiato a disposizione dell’Unione europea, in grado di garantire un’ordinata gestione delle migrazioni con beneficio di tutti i Paesi interessati (di origine, di transito, di destinazione) oltre che degli stessi migranti. Per questo motivo, l’Italia continuerà ad impegnarsi in sede comunitaria nella promozione di iniziative di cooperazione nel campo dell’immigrazione.

 

La seconda sezione si diffonde sugli accordi bilaterali in materia di:

§      regolamentazione e gestione dei flussi di lavoro, che consentono di rafforzare i canali di ingesso regolare e l’incontro tra domanda e offerta di lavoro: l’Italia ha firmato 3 accordi (con Moldavia, Marocco ed Egitto) in questo settore; uno è in corso di definizione con la Tunisia.

 

Il disegno di legge di riforma del testo unico (art. 1, lett. a), punti 5) e 7)) prevede la creazione di liste di lavoratori nei Paesi d‘origine e il collegamento con la conoscenza della lingua italiana e la partecipazione a corsi di formazione nei medesimi Paesi;

 

§      minori non accompagnati, al fine di prevenire il fenomeno, agevolare il rimpatrio assistito e il reinserimento familiare e sociale dei minori rientrati in patria;

§      riammissione: gli accordi bilaterali di riammissione firmati dall’Italia sono 30, di cui 26 in vigore; con altri 13 Paesi sono in corso trattative. L’esperienza italiana in proposito – afferma il documento – è la più avanzata in Europa. L’obiettivo è di trasformare gli accordi di riammissione in accordi generali in materia migratoria che prevedano percorsi di ingressi legali, programmi di rimpatrio volontario e di reintegrazione nel Paese di provenienza, forme di immigrazione circolare e di utilizzo produttivo delle rimesse degli immigrati;

§      movimento temporaneo di personale qualificato, per semplificare le procedure per gli ingressi collegati alla fornitura di specifici servizi nel quadro di accordi commerciali internazionali (distacchi intra-societari, visitatori d’affari, tirocinanti laureati, prestatori di servizi su contratto, professionisti indipendenti, etc.).

 

È in corso di pubblicazione il decreto legislativo che recepisce la direttiva 2005/71/CE, concernente l’ingresso di cittadini extracomunitari ai fini di ricerca scientifica;

 

§      salute e scienze mediche, con l’obiettivo di favorire lo scambio di informazioni ed esperienze tra i sistemi sanitari e il trasferimento di conoscenze e tecnologie nel settore della ricerca;

§      prevenzione e contrasto alla tratta di esseri umani, accrescendo l’impegno per la ratifica degli atti internazionali sulla tutela dei diritti fondamentali e in particolare della Convenzione di Varsavia del 2005 in materia di azioni contro il traffico di esseri umani.

 

La terza sezione dà conto delle strategie di cooperazione allo sviluppo delI’Italia mirate, tra l’altro, a sostenere il consolidamento della democrazia, la riduzione della povertà, lo sviluppo economico nei Paesi di origine dei flussi migratori, stimolando le capacità produttive.

Nel quadro dell’impegno dei maggiori Paesi industrializzati per incentivare l’utilizzo produttivo delle rimesse dei lavoratori immigrati, assumono rilievo le azioni volte a ridurre i costi di transazione delle rimesse, allo scopo di favorire l’investimento nei Paesi di provenienza

 

In questo senso anche il d.d.l. di riforma del testo unico, all’art. 1, lett. b), punti 1) e 2).

Capitolo 6. Richiedenti asilo e rifugiati

Il capitolo 6 si articola in quattro sezioni.

 

La prima sezione illustra le principali iniziative assunte in ambito comunitario in materia di riconoscimento del diritto di asilo.

Particolare rilievo viene dato al recente recepimento da parte dell’Italia di due direttive, la 2004/83/CE, attuata con il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251[99], sulle norme minime per l'attribuzione della qualifica di rifugiato e per il contenuto della protezione riconosciuta, e la 2005/85/CE, concernente le procedure per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato, attualmente in attesa della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

 

Gli schemi dei decreti legislativi di attuazione delle due direttive sono stati esaminati dalle competenti Commissioni delle due Camere, ai fini dell’espressione del parere, nell’ottobre del 2007.

Presso la Commissione affari costituzionali della Camera è in corso di esame una serie di proposte di legge di iniziativa parlamentare di disciplina del diritto di asilo[100].

 

Nel documento si individua l’obiettivo della predisposizione di un testo unico sul diritto di asilo, che dia un assetto ordinamentale organico alla materia.

 

La seconda sezione delinea un quadro della normativa interna concernente i centri di identificazione, il Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati e il Piano nazionale di accoglienza per i minori non accompagnati richiedenti asilo[101].

 

Nella terza sezione, dedicata alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato, si evidenzia la diminuzione complessiva delle istanze di asilo, a fronte di un costante aumento delle decisioni di riconoscimento di protezione umanitaria, segno della crescente attenzione prestata dall’Italia a questo tema.

 

La quarta sezione, infine, ha per oggetto il regolamento (CE) 343/2003 (c.d. Regolamento Dublino II).

L’Italia si propone di migliorare il funzionamento delle procedure previste da tale regolamento con particolare riferimento a:

§      l’esame delle domande di asilo;

§      il riconoscimento al richiedente asilo della facoltà di rimanere nello Stato membro fino al momento in cui non sia stata assunta la decisione relativa all’effetto sospensivo, armonizzando le differenze ora esistenti nell’interpretazione da parte dei singoli Stati della nozione di rifugiato e dell’applicazione;

§      il rispetto del principio dell’unità familiare.


Atto sottoposto a parere parlamentare

 


 

 

 

 


Normativa di riferimento

 


 

D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, conv. con mod., Legge 28 febbraio 1990, n. 39.
Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato.
(art. 1-septies)

 

(1) (2)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 dicembre 1989, n. 303 e convertito in legge, con modificazioni, con L. 28 febbraio 1990, n. 39 (Gazz. Uff. 28 febbraio 1990, n. 49).

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 12 marzo 1997, n. 57;

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 10 febbraio 1997, n. 18/97; Circ. 12 gennaio 1998, n. 9/98;

- Ministero dell'interno: Circ. 31 marzo 1999, n. 2040/50;

- Ministero delle finanze: Circ. 28 marzo 1996, n. 80/E;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 18 giugno 1997, n. 116.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

 

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare immediate disposizioni in materia di asilo politico e di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari, nonché di regolarizzare tali cittadini e gli apolidi già presenti nel territorio dello Stato;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 dicembre 1989;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell'interno, di grazia e giustizia, del bilancio e della programmazione economica, del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per la funzione pubblica e per gli affari sociali;

 

 

Emana il seguente decreto-legge:

 

 

Art. 1.

Rifugiati.

1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessano nell'ordinamento interno gli effetti della dichiarazione di limitazione geografica e delle riserve di cui agli articoli 17 e 18 della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, ratificata con legge 24 luglio 1954, n. 722, poste dall'Italia all'atto della sottoscrizione della convenzione stessa. Il Governo provvede agli adempimenti necessari per il formale ritiro di tale limitazione e di tali riserve.

 

2. Al fine di garantire l'efficace attuazione della norma di cui al comma 1, il Governo provvede ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 , a riordinare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli organi e le procedure per l'esame delle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, nel rispetto di quanto disposto dal comma 1 (3).

 

3. Agli stranieri extraeuropei «sotto mandato» dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) alla data del 31 dicembre 1989 è riconosciuto, su domanda da presentare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, al Ministro dell'interno, lo status di rifugiato. Tale riconoscimento non comporta l'erogazione dell'assistenza.

 

4. Non è consentito l'ingresso nel territorio dello Stato dello straniero che intende chiedere il riconoscimento dello status di rifugiato quando, da riscontri obiettivi da parte della polizia di frontiera, risulti che il richiedente:

 

a) sia stato già riconosciuto rifugiato in altro Stato. In ogni caso non è consentito il respingimento verso uno degli Stati di cui all'articolo 7, comma 10;

 

 

b) provenga da uno Stato, diverso da quello di appartenenza, che abbia aderito alla convenzione di Ginevra, nel quale abbia trascorso un periodo di soggiorno, non considerandosi tale il tempo necessario per il transito del relativo territorio sino alla frontiera italiana. In ogni caso non è consentito il respingimento verso uno degli Stati di cui all'articolo 7, comma 10;

 

 

c) [si trovi nelle condizioni previste dall'articolo 1, paragrafo F, della convenzione di Ginevra] (4);

 

 

d) [sia stato condannato in Italia per uno dei delitti previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale o risulti pericoloso per la sicurezza dello Stato, ovvero risulti appartenere ad associazioni di tipo mafioso o dedite al traffico degli stupefacenti o ad organizzazioni terroristiche] (5).

 

5. Salvo quanto previsto dal comma 3, lo straniero che intende entrare nel territorio dello Stato per essere riconosciuto rifugiato deve rivolgere istanza motivata e, in quanto possibile, documentata all'ufficio di polizia di frontiera. Qualora si tratti di minori non accompagnati, viene data comunicazione della domanda al tribunale dei minori competente per territorio ai fini della adozione dei provvedimenti di competenza. Qualora non ricorrano le ipotesi di cui al comma 4, lo staniero elegge domicilio nel territorio dello Stato. Il questore territorialmente competente, quando non ricorrano le ipotesi previste negli articoli 1-bis e 1-ter, rilascia, su richiesta, un permesso di soggiorno temporaneo valido fino alla definizione della procedura di riconoscimento (6).

 

6. Avverso la decisione di respingimento presa in base ai commi 4 e 5 è ammesso ricorso giurisdizionale.

 

7. [Fino alla emanazione della nuova disciplina dell'assistenza in materia di rifugiati, in sostituzione di ogni altra forma di intervento di prima assistenza prevista dalla normativa vigente, nei limiti delle disponibilità iscritte per lo scopo nel bilancio dello Stato, il Ministero dell'interno è autorizzato a concedere, ai richiedenti lo status di rifugiato che abbiano fatto ingresso in Italia dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, un contributo di prima assistenza per un periodo non superiore a quarantacinque giorni. Tale contributo viene corrisposto, a domanda, ai richiedenti di cui al comma 5 che risultino privi di mezzi di sussistenza o di ospitalità in Italia] (7).

 

8. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite la misura e le modalità di erogazione del contributo di cui al comma 7.

 

9. All'onere derivante dall'attuazione dei commi 2 e 7 valutato rispettivamente in lire 3.000 milioni ed in lire 67.500 milioni in ragione di anno per ciascuno degli anni 1990, 1991 e 1992, si provvede, quanto a lire 20.000 milioni, a carico dello stanziamento iscritto al capitolo 4239 dello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno 1990 e corrispondenti capitoli per gli anni successivi e, quanto a lire 50.500 milioni, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1990-1992, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per il 1990, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Interventi in favore dei lavoratori immigrati». All'eventuale maggiore onere si provvede sulla base di una nuova specifica autorizzazione legislativa.

 

10. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

11. I richiedenti asilo che hanno fatto ricorso alle disposizioni previste per la sanatoria dei lavoratori immigrati non perdono il diritto al riconoscimento dello status di rifugiato. Nei loro confronti non si fa luogo a interventi di prima assistenza (8).

 

 

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(3)  Vedi, anche, il D.P.R. 15 maggio 1990, n. 136.

(4) Lettera soppressa dall'art. 34, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251.

(5) Lettera soppressa dall'art. 34, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251.

(6)  Comma così modificato dall'art. 31, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.

(7)  Comma abrogato dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.

(8)  Così sostituito dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 39.

 

 

Art. 1-bis.

Casi di trattenimento.

1. Il richiedente asilo non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la domanda di asilo presentata. Esso può, tuttavia, essere trattenuto per il tempo strettamente necessario alla definizione delle autorizzazioni alla permanenza nel territorio dello Stato in base alle disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nei seguenti casi:

 

a) per verificare o determinare la sua nazionalità o identità, qualora egli non sia in possesso dei documenti di viaggio o d'identità, oppure abbia, al suo arrivo nello Stato, presentato documenti risultati falsi;

 

 

b) per verificare gli elementi su cui si basa la domanda di asilo, qualora tali elementi non siano immediatamente disponibili;

 

 

c) in dipendenza del procedimento concernente il riconoscimento del diritto ad essere ammesso nel territorio dello Stato.

 

2. Il trattenimento deve sempre essere disposto nei seguenti casi:

 

a) a seguito della presentazione di una domanda di asilo presentata dallo straniero fermato per avere eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo, o, comunque, in condizioni di soggiorno irregolare;

 

 

b) a seguito della presentazione di una domanda di asilo da parte di uno straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione o respingimento.

 

3. Il trattenimento previsto nei casi di cui al comma 1, lettere a), b) e c), e nei casi di cui al comma 2, lettera a), è attuato nei centri di identificazione secondo le norme di apposito regolamento. Il medesimo regolamento determina il numero, le caratteristiche e le modalità di gestione di tali strutture e tiene conto degli atti adottati dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR), dal Consiglio d'Europa e dall'Unione europea. Nei centri di identificazione sarà comunque consentito l'accesso ai rappresentanti dell'ACNUR. L'accesso sarà altresì consentito agli avvocati e agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell'interno (9).

 

4. Per il trattenimento di cui al comma 2, lettera b), si osservano le norme di cui all'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Nei centri di permanenza temporanea e assistenza di cui al medesimo articolo 14 sarà comunque consentito l'accesso ai rappresentanti dell'ACNUR. L'accesso sarà altresì consentito agli avvocati e agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell'interno.

 

5. Allo scadere del periodo previsto per la procedura semplificata di cui all'articolo 1-ter, e qualora la stessa non si sia ancora conclusa, allo straniero è concesso un permesso di soggiorno temporaneo fino al termine della procedura stessa (10).

 

 

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(9)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303.

(10)  Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.

 

 

Art. 1-ter.

Procedura semplificata.

1. Nei casi di cui alle lettere a) e b) del comma 2 dell'articolo 1-bis è istituita la procedura semplificata per la definizione della istanza di riconoscimento dello status di rifugiato secondo le modalità di cui ai commi da 2 a 6.

 

2. Appena ricevuta la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato di cui all'articolo 1-bis, comma 2, lettera a), il questore competente per il luogo in cui la richiesta è stata presentata dispone il trattenimento dello straniero interessato in uno dei centri di identificazione di cui all'articolo 1-bis, comma 3. Entro due giorni dal ricevimento dell'istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che, entro quindici giorni dalla data di ricezione della documentazione, provvede all'audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.

 

3. Appena ricevuta la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato di cui all'articolo 1-bis, comma 2, lettera b), il questore competente per il luogo in cui la richiesta è stata presentata dispone il trattenimento dello straniero interessato in uno dei centri di permanenza temporanea di cui all'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; ove già sia in corso il trattenimento, il questore chiede al tribunale in composizione monocratica la proroga del periodo di trattenimento per ulteriori trenta giorni per consentire l'espletamento della procedura di cui al presente articolo. Entro due giorni dal ricevimento dell'istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che, entro quindici giorni dalla data di ricezione della documentazione, provvede all'audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.

 

4. L'allontanamento non autorizzato dai centri di cui all'articolo 1-bis, comma 3, equivale a rinuncia alla domanda.

 

5. Lo Stato italiano è competente all'esame delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato di cui al presente articolo, ove i tempi non lo consentano, ai sensi della Convenzione di Dublino ratificata ai sensi della legge 23 dicembre 1992, n. 523.

 

6. La commissione territoriale, integrata da un componente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, procede, entro dieci giorni, al riesame delle decisioni su richiesta adeguatamente motivata dello straniero di cui è disposto il trattenimento in uno dei centri di identificazione di cui all'articolo 1-bis, comma 3. La richiesta va presentata alla commissione territoriale entro cinque giorni dalla comunicazione della decisione. L'eventuale ricorso avverso la decisione della commissione territoriale è presentato al tribunale in composizione monocratica territorialmente competente entro quindici giorni, anche dall'estero tramite le rappresentanze diplomatiche. Il ricorso non sospende il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale; il richiedente asilo può tuttavia chiedere al prefetto competente di essere autorizzato a rimanere sul territorio nazionale fino all'esito del ricorso. La decisione di rigetto del ricorso è immediatamente esecutiva (11).

 

 

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(11)  Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.

 

 

Art. 1-quater.

Commissioni territoriali.

1. Presso le prefetture-uffici territoriali del Governo indicati con il regolamento di cui all'articolo 1-bis, comma 3, sono istituite le commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato. Le predette commissioni, nominate con decreto del Ministro dell'interno, sono presiedute da un funzionario della carriera prefettizia e composte da un funzionario della Polizia di Stato, da un rappresentante dell'ente territoriale designato dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e da un rappresentante dell'ACNUR. Per ciascun componente deve essere previsto un componente supplente. Tali commissioni possono essere integrate, su richiesta del Presidente della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato prevista dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136, da un funzionario del Ministero degli affari esteri con la qualifica di componente a tutti gli effetti, ogni volta che sia necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti asilo, in ordine alle domande dei quali occorra disporre di particolari elementi di valutazione in merito alla situazione dei Paesi di provenienza di competenza del Ministero degli affari esteri. In caso di parità, prevale il voto del Presidente. Ove necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti asilo, le commissioni possono essere composte da personale posto in posizione di distacco o di collocamento a riposo. La partecipazione del personale di cui al precedente periodo ai lavori delle commissioni non comporta la corresponsione di compensi o di indennità di qualunque natura.

 

2. Entro due giorni dal ricevimento dell'istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che entro trenta giorni provvede all'audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.

 

3. Durante lo svolgimento dell'audizione, ove necessario, le commissioni territoriali si avvalgono di interpreti. Del colloquio con il richiedente viene redatto verbale. Le decisioni sono adottate con atto scritto e motivato. Le stesse verranno comunicate al richiedente, unitamente all'informazione sulle modalità di impugnazione, nelle forme previste dall'articolo 2, comma 6, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

 

4. Nell'esaminare la domanda di asilo le commissioni territoriali valutano per i provvedimenti di cui all'articolo 5, comma 6, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali di cui l'Italia è firmataria e, in particolare, dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848.

 

5. Avverso le decisioni delle commissioni territoriali è ammesso ricorso al tribunale ordinario territorialmente competente che decide ai sensi dell'articolo 1-ter, comma 6 (12).

 

 

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(12)  Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002, l'art. 8, O.P.C.M. 27 dicembre 2006, n. 3559 e l'art. 3, O.P.C.M. 29 marzo 2007, n. 3576, corretta con Comunicato 4 aprile 2007.

 

 

Art. 1-quinquies.

Commissione nazionale per il diritto di asilo.

1. La Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato prevista dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136, è trasformata in Commissione nazionale per il diritto di asilo, di seguito denominata «Commissione nazionale», nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta congiunta dei Ministri dell'interno e degli affari esteri. La Commissione è presieduta da un prefetto ed è composta da un dirigente in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, da un funzionario della carriera diplomatica, da un funzionario della carriera prefettizia in servizio presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione e da un dirigente del Dipartimento della pubblica sicurezza. Alle riunioni partecipa un rappresentante del delegato in Italia dell'ACNUR. Ciascuna amministrazione designa, altresì, un supplente. La Commissione nazionale, ove necessario, può essere articolata in sezioni di analoga composizione.

 

2. La Commissione nazionale ha compiti di indirizzo e coordinamento delle commissioni territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti delle medesime commissioni, di raccolta di dati statistici oltre che poteri decisionali in tema di revoche e cessazione degli status concessi.

 

3. Con il regolamento di cui all'articolo 1-bis, comma 3, sono stabilite le modalità di funzionamento della Commissione nazionale e di quelle territoriali (13).

 

 

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(13)  Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002 e l'art. 8, O.P.C.M. 27 dicembre 2006, n. 3559.

 

 

Art. 1-sexies.

Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.

1. Gli enti locali che prestano servizi finalizzati all'accoglienza dei richiedenti asilo e alla tutela dei rifugiati e degli stranieri destinatari di altre forme di protezione umanitaria possono accogliere nell'àmbito dei servizi medesimi il richiedente asilo privo di mezzi di sussistenza nel caso in cui non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli 1-bis e 1-ter.

 

2. Il Ministro dell'interno, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede annualmente, e nei limiti delle risorse del Fondo di cui all'articolo 1-septies, al sostegno finanziario dei servizi di accoglienza di cui al comma 1, in misura non superiore all'80 per cento del costo complessivo di ogni singola iniziativa territoriale.

 

3. In fase di prima attuazione, il decreto di cui al comma 2:

 

a) stabilisce le linee guida e il formulario per la presentazione delle domande di contributo, i criteri per la verifica della corretta gestione dello stesso e le modalità per la sua eventuale revoca;

 

 

b) assicura, nei limiti delle risorse finanziarie del Fondo di cui all'articolo 1-septies, la continuità degli interventi e dei servizi già in atto, come previsti dal Fondo europeo per i rifugiati;

 

 

c) determina, nei limiti delle risorse finanziarie del Fondo di cui all'articolo 1-septies, le modalità e la misura dell'erogazione di un contributo economico di prima assistenza in favore del richiedente asilo che non rientra nei casi previsti dagli articoli 1-bis e 1-ter e che non è accolto nell'àmbito dei servizi di accoglienza di cui al comma 1 (14).

 

4. Al fine di razionalizzare e ottimizzare il sistema di protezione del richiedente asilo, del rifugiato e dello straniero con permesso umanitario di cui all'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e di facilitare il coordinamento, a livello nazionale, dei servizi di accoglienza territoriali, il Ministero dell'interno attiva, sentiti l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e l'ACNUR, un servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali che prestano i servizi di accoglienza di cui al comma 1 (15). Il servizio centrale è affidato, con apposita convenzione, all'ANCI.

 

5. Il servizio centrale di cui al comma 4 provvede a:

 

a) monitorare la presenza sul territorio dei richiedenti asilo, dei rifugiati e degli stranieri con permesso umanitario;

 

 

b) creare una banca dati degli interventi realizzati a livello locale in favore dei richiedenti asilo e dei rifugiati;

 

 

c) favorire la diffusione delle informazioni sugli interventi;

 

 

d) fornire assistenza tecnica agli enti locali, anche nella predisposizione dei servizi di cui al comma 1;

 

 

e) promuovere e attuare, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, programmi di rimpatrio attraverso l'Organizzazione internazionale per le migrazioni o altri organismi, nazionali o internazionali, a carattere umanitario.

 

6. Le spese di funzionamento e di gestione del servizio centrale sono finanziate nei limiti delle risorse del Fondo di cui all'articolo 1-septies (16).

 

 

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(14)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 28 novembre 2005.

(15)  Per l'interpretazione autentica delle disposizioni contenute nel presente periodo vedi l'art. 2, comma 8, D.L. 9 settembre 2002, n. 195 e l'art. 34, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251.

(16)  Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.

 

 

Art. 1-septies.

Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo.

1. Ai fini del finanziamento delle attività e degli interventi di cui all'articolo 1-sexies, presso il Ministero dell'interno, è istituito il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, la cui dotazione è costituita da:

 

a) le risorse iscritte nell'unità previsionale di base 4.1.2.5 «Immigrati, profughi e rifugiati» - capitolo 2359 - dello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno 2002, già destinate agli interventi di cui all'articolo 1-sexies e corrispondenti a 5,16 milioni di euro;

 

 

b) le assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati, ivi comprese quelle già attribuite all'Italia per gli anni 2000, 2001 e 2002 ed in via di accreditamento al Fondo di rotazione del Ministero dell'economia e delle finanze;

 

 

c) i contributi e le donazioni eventualmente disposti da privati, enti o organizzazioni, anche internazionali, e da altri organismi dell'Unione europea.

 

2. Le somme di cui al comma 1, lettere b) e c), sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo di cui al medesimo comma 1.

 

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (17).

 

 

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(17)  Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002 e l'art. 13, D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140.

 


 

D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
.

 

 

(1) (2) (3)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 agosto 1998, n. 191, S.O.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 17 dicembre 1998, n. 258; Circ. 26 marzo 1999, n. 67; Circ. 3 giugno 1999, n. 123; Circ. 20 febbraio 2001, n. 44; Circ. 27 marzo 2001, n. 75; Circ. 22 marzo 2002, n. 56; Circ. 9 giugno 2003, n. 99; Circ. 8 luglio 2003, n. 122; Msg. 19 febbraio 2004, n. 4674;

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 24 marzo 1999, n. 23/99; Circ. 30 marzo 1999, n. 27/99; Circ. 12 aprile 1999, n. 31/99; Circ. 30 luglio 1999, n. 63/99; Circ. 13 settembre 1999, n. 69/99; Circ. 2 dicembre 1999, n. 81/99; Circ. 17 febbraio 2000, n. 11/2000; Circ. 5 giugno 2000, n. 34/2000; Circ. 12 luglio 2000, n. 47/2000; Circ. 21 luglio 2000, n. 54/2000; Circ. 27 luglio 2000, n. 3562; Circ. 28 luglio 2000, n. 55/2000; Circ. 29 settembre 2000, n. 67/2000; Lett.Circ. 2 ottobre 2000, n. 4851; Circ. 23 novembre 2000, n. 82/2000; Circ. 22 gennaio 2001, n. 13/2001; Nota 30 gennaio 2001, n. VII/A3-1/210; Circ. 5 febbraio 2001, n. 20/2001; Circ. 23 febbraio 2001, n. 25/2001; Lett.Circ. 23 febbraio 2001, n. VII/3/I/381; Circ. 28 febbraio 2001, n. 26/2001; Circ. 8 marzo 2001, n. 30/2001;

- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Lett.Circ. 2 luglio 2001, n. VII/3.1/1234; Circ. 12 luglio 2001, n. 69/2001; Circ. 6 agosto 2001, n. 78/2001; Circ. 30 ottobre 2001, n. 84/2001; Circ. 14 gennaio 2002, n. 2/2002; Circ. 21 gennaio 2002, n. 4/2002; Circ. 13 marzo 2002, n. 15/2002; Circ. 8 ottobre 2002, n. 51/2002;

- Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato: Circ. 4 aprile 2000, n. 3484/C;

- Ministero dell'interno: Circ. 27 maggio 1999, n. 300/C/227729/12/207; Circ. 27 maggio 1999, n. 3123/50; Circ. 22 marzo 2000, n. 300/C/2000; Nota 31 ottobre 2002; Circ. 7 novembre 2000, n. 300/C/2000/5464/A/12.229.52/1DIV; Circ. 12 settembre 2000, n. 300/C/2000/4761/A/12.214.19/1DIV; Circ. 24 agosto 2000, n. 300/C/2000/4742/A/12.229.52/1DIV; Circ. 2 agosto 2000, n. 300C/2000/4038/A/12.229.52/1DIV; Circ. 12 aprile 2001, n. 1650/50; Circ. 4 dicembre 2002, n. 48145/30-I.A.; Circ. 19 giugno 2003, n. 14/2003; Circ. 28 aprile 2004, n. 400/C/2004/500/P/10.2.45.1;

- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Nota 13 novembre 2002, n. 9551; Nota 3 aprile 2003, n. 1576; Nota 16 dicembre 2003, n. 3969;

- Ministero della sanità: Circ. 31 marzo 1999, n. 400.3/114.9/1290; Circ. 24 marzo 2000, n. 5; Circ. 14 aprile 2000, n. DPS/III/L.40/00-1259;

- Ministero della università e della ricerca scientifica e tecnologica: Circ. 3 agosto 1999, n. 1315/22-SP;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 13 febbraio 2003.

(3)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-6 aprile 2005, n. 140 (Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 sollevata in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visto l'articolo 87 della Costituzione;

 

Visto l'articolo 47, comma 1, della legge 6 marzo 1998, n. 40, recante delega al Governo per l'emanazione di un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni concernenti gli stranieri, nel quale devono essere riunite e coordinate tra loro e con le norme della citata legge 6 marzo 1998, n. 40, con le modifiche a tal fine necessarie, le disposizioni vigenti in materia di stranieri contenute nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, non compatibili con le disposizioni della predetta legge n. 40 del 1998, le disposizioni della legge 30 dicembre 1986, n. 943, e quelle dell'articolo 3, comma 13, della legge 8 agosto 1995, n. 335, compatibili con le disposizioni della medesima legge n. 40;

 

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 giugno 1998;

 

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 15 giugno 1998;

 

Acquisito il parere delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;

 

Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 22 luglio 1998 e del 24 luglio 1998;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per la solidarietà sociale, del Ministro degli affari esteri, del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con il Ministro della sanità, con il Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali;

 

Emana il seguente decreto:

 

TITOLO I

Princìpi generali

 

Art. 1

Àmbito di applicazione.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 1)

1. Il presente testo unico, in attuazione dell'articolo 10, secondo comma, della Costituzione, si applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri.

 

2. Il presente testo unico non si applica ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, se non in quanto si tratti di norme più favorevoli, e salvo il disposto dell'articolo 45 della legge 6 marzo 1998, n. 40.

 

3. Quando altre disposizioni di legge fanno riferimento a istituti concernenti persone di cittadinanza diversa da quella italiana ovvero ad apolidi, il riferimento deve intendersi agli istituti previsti dal presente testo unico. Sono fatte salve le disposizioni interne, comunitarie e internazionali più favorevoli comunque vigenti nel territorio dello Stato.

 

4. Nelle materie di competenza legislativa delle regioni, le disposizioni del presente testo unico costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Per le materie di competenza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, esse hanno il valore di norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.

 

5. Le disposizioni del presente testo unico non si applicano qualora sia diversamente previsto dalle norme vigenti per lo stato di guerra.

 

6. Il regolamento di attuazione del presente testo unico, di seguito denominato regolamento di attuazione, è emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40 (4).

 

7. Prima dell'emanazione, lo schema di regolamento di cui al comma 6 è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia, che si esprimono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il regolamento è emanato anche in mancanza del parere.

 

 

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(4)  Il regolamento di attuazione di cui al presente comma è stato emanato con D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394.

 

 

Art. 2

Diritti e doveri dello straniero.

(legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 2; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 1)

1. Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai princìpi di diritto internazionale generalmente riconosciuti.

 

2. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l'Italia e il presente testo unico dispongano diversamente. Nei casi in cui il presente testo unico o le convenzioni internazionali prevedano la condizione di reciprocità, essa è accertata secondo i criteri e le modalità previste dal regolamento di attuazione.

 

3. La Repubblica italiana, in attuazione della convenzione dell'OIL n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con legge 10 aprile 1981, n. 158, garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani.

 

4. Lo straniero regolarmente soggiornante partecipa alla vita pubblica locale.

 

5. Allo straniero è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell'accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge.

 

6. Ai fini della comunicazione allo straniero dei provvedimenti concernenti l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione, gli atti sono tradotti, anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero, quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese o spagnola, con preferenza per quella indicata dall'interessato.

 

7. La protezione diplomatica si esercita nei limiti e nelle forme previsti dalle norme di diritto internazionale. Salvo che vi ostino motivate e gravi ragioni attinenti alla amministrazione della giustizia e alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale, ogni straniero presente in Italia ha diritto di prendere contatto con le autorità del Paese di cui è cittadino e di essere in ciò agevolato da ogni pubblico ufficiale interessato al procedimento. L'autorità giudiziaria, l'autorità di pubblica sicurezza e ogni altro pubblico ufficiale hanno l'obbligo di informare, nei modi e nei termini previsti dal regolamento di attuazione, la rappresentanza diplomatica o consolare più vicina del Paese a cui appartiene lo straniero in ogni caso in cui esse abbiano proceduto ad adottare nei confronti di costui provvedimenti in materia di libertà personale, di allontanamento dal territorio dello Stato, di tutela dei minori, di status personale ovvero in caso di decesso dello straniero o di ricovero ospedaliero urgente e hanno altresì l'obbligo di far pervenire a tale rappresentanza documenti e oggetti appartenenti allo straniero che non debbano essere trattenuti per motivi previsti dalla legge. Non si fa luogo alla predetta informazione quando si tratta di stranieri che abbiano presentato una domanda di asilo, di stranieri ai quali sia stato riconosciuto lo status di rifugiato, ovvero di stranieri nei cui confronti sono state adottate misure di protezione temporanea per motivi umanitari.

 

8. Gli accordi internazionali stipulati per le finalità di cui all'articolo 11, comma 4, possono stabilire situazioni giuridiche più favorevoli per i cittadini degli Stati interessati a speciali programmi di cooperazione per prevenire o limitare le immigrazioni clandestine.

 

9. Lo straniero presente nel territorio italiano è comunque tenuto all'osservanza degli obblighi previsti dalla normativa vigente.

 

 

Art. 2-bis

Comitato per il coordinamento e il monitoraggio.

1. È istituito il Comitato per il coordinamento e il monitoraggio delle disposizioni del presente testo unico, di seguito denominato «Comitato».

 

2. Il Comitato è presieduto dal Presidente o dal Vice Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro delegato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ed è composto dai Ministri interessati ai temi trattati in ciascuna riunione in numero non inferiore a quattro e da un presidente di regione o di provincia autonoma designato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome.

 

3. Per l'istruttoria delle questioni di competenza del Comitato, è istituito un gruppo tecnico di lavoro presso il Ministero dell'interno, composto dai rappresentanti dei Dipartimenti per gli affari regionali, per le pari opportunità, per il coordinamento delle politiche comunitarie, per l'innovazione e le tecnologie, e dei Ministeri degli affari esteri, dell'interno, della giustizia, delle attività produttive, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, della difesa, dell'economia e delle finanze, della salute, delle politiche agricole e forestali, per i beni e le attività culturali, delle comunicazioni, oltre che da un rappresentante del Ministro per gli italiani nel mondo e da tre esperti designati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Alle riunioni, in relazione alle materie oggetto di esame, possono essere invitati anche rappresentanti di ogni altra pubblica amministrazione interessata all'attuazione delle disposizioni del presente testo unico, nonché degli enti e delle associazioni nazionali e delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro di cui all'articolo 3, comma 1.

 

4. Con regolamento, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per le politiche comunitarie, sono definite le modalità di coordinamento delle attività del gruppo tecnico con le strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri (5) (6).

 

 

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(5)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.R. 6 febbraio 2004, n. 100.

(6)  Articolo aggiunto dall'art. 2, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

 

 

Art. 3

Politiche migratorie.

Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 3)

1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la Conferenza Stato-città e autonomie locali, gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi nell'assistenza e nell'integrazione degli immigrati e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, predispone ogni tre anni salva la necessità di un termine più breve il documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, che è approvato dal Governo e trasmesso al Parlamento. Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il loro parere entro trenta giorni dal ricevimento del documento programmatico. Il documento programmatico è emanato, tenendo conto dei pareri ricevuti, con decreto del Presidente della Repubblica ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il Ministro dell'Interno presenta annualmente al Parlamento una relazione sui risultati raggiunti attraverso i provvedimenti attuativi del documento programmatico (7).

 

2. Il documento programmatico indica le azioni e gli interventi che lo Stato italiano, anche in cooperazione con gli Stati membri dell'Unione europea, con le organizzazioni internazionali, con le istituzioni comunitarie e con organizzazioni non governative, si propone di svolgere in materia di immigrazione, anche mediante la conclusione di accordi con i Paesi di origine. Esso indica altresì le misure di carattere economico e sociale nei confronti degli stranieri soggiornanti nel territorio dello Stato, nelle materie che non debbono essere disciplinate con legge.

 

3. Il documento individua inoltre i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato, delinea gli interventi pubblici volti a favorire le relazioni familiari, l'inserimento sociale e l'integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia, nel rispetto delle diversità e delle identità culturali delle persone, purché non confliggenti con l'ordinamento giuridico, e prevede ogni possibile strumento per un positivo reinserimento nei Paesi di origine.

 

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Comitato di cui all'articolo 2-bis, comma 2, la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le competenti Commissioni parlamentari, sono annualmente definite, entro il termine del 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento del decreto, sulla base dei criteri generali individuati nel documento programmatico, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, tenuto conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte ai sensi dell'articolo 20. Qualora se ne ravvisi l'opportunità, ulteriori decreti possono essere emanati durante l'anno. I visti di ingresso ed i permessi di soggiorno per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, sono rilasciati entro il limite delle quote predette. In caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei Ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, nel limite delle quote stabilite per l'anno precedente (8).

 

5. Nell'ambito delle rispettive attribuzioni e dotazioni di bilancio, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali adottano i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell'obbiettivo di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato, con particolare riguardo a quelle inerenti all'alloggio, alla lingua, all'integrazione sociale, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana.

 

6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare di concerto con il Ministro dell'interno, si provvede all'istituzione di Consigli territoriali per l'immigrazione, in cui siano rappresentati le competenti amministrazioni locali dello Stato, la Regione, gli enti locali, gli enti e le associazioni localmente attivi nel soccorso e nell'assistenza agli immigrati, le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, con compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a livello locale.

 

6-bis. Fermi restando i trattamenti dei dati previsti per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, il Ministero dell'interno espleta, nell'ambito del Sistema statistico nazionale e senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, le attività di raccolta di dati a fini statistici sul fenomeno dell'immigrazione extracomunitaria per tutte le pubbliche amministrazioni interessate alle politiche migratorie (9).

 

7. Nella prima applicazione delle disposizioni del presente articolo, il documento programmatico di cui al comma 1 è predisposto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40. Lo stesso documento indica la data entro cui sono adottati i decreti di cui al comma 4.

 

8. Lo schema del documento programmatico di cui al comma 7 è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia che si esprimono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il decreto è emanato anche in mancanza del parere.

 

 

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(7)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 3, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(8)  Comma così sostituito dal comma 2 dell'art. 3, L. 30 luglio 2002, n. 189. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi, per l'anno 2003, il D.P.C.M. 20 dicembre 2002 e il D.P.C.M. 6 giugno 2003; per l'anno 2004, il D.P.C.M. 19 dicembre 2003 per i lavoratori stagionali e il D.P.C.M. 19 dicembre 2003 per i lavoratori non stagionali; per l'anno 2005, il D.P.C.M. 17 dicembre 2004 per i lavoratori stagionali e non stagionali; per l'anno 2006, il D.P.C.M. 15 febbraio 2006, per i lavoratori stagionali e non stagionali, e il D.P.C.M. 14 luglio 2006, per i lavoratori stagionali. Vedi, inoltre, per i lavoratori cittadini dei nuovi Stati membri dell'Unione europea, il D.P.C.M. 20 aprile 2004 e il D.P.C.M. 8 ottobre 2004, per l'anno 2004, il D.P.C.M. 17 dicembre 2004, per l'anno 2005, il D.P.C.M. 14 febbraio 2006, per l'anno 2006 e il D.P.C.M. 9 gennaio 2007, per l'anno 2007. Vedi, anche, l'art. 1-ter, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(9)  Comma aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

 

 

TITOLO II

Disposizioni sull'ingresso, il soggiorno e l'allontanamento dal territorio dello Stato

 

Capo I - Disposizioni sull'ingresso e il soggiorno

 

Art. 4

Ingresso nel territorio dello Stato.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 4)

1. L'ingresso nel territorio dello Stato è consentito allo straniero in possesso di passaporto valido o documento equipollente e del visto d'ingresso, salvi i casi di esenzione, e può avvenire, salvi i casi di esenzione, e può avvenire, salvi i casi di forza maggiore, soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti.

 

2. Il visto di ingresso è rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello Stato di origine o di stabile residenza dello straniero. Per soggiorni non superiori a tre mesi sono equiparati ai visti rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane quelli emessi, sulla base di specifici accordi, dalle autorità diplomatiche o consolari di altri Stati. Contestualmente al rilascio del visto di ingresso l'autorità diplomatica o consolare italiana consegna allo straniero una comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo, che illustri i diritti e i doveri dello straniero relativi all'ingresso ed al soggiorno in Italia. Qualora non sussistano i requisiti previsti dalla normativa in vigore per procedere al rilascio del visto, l'autorità diplomatica o consolare comunica il diniego allo straniero in lingua a lui comprensibile, o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo. In deroga a quanto stabilito dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, per motivi di sicurezza o di ordine pubblico il diniego non deve essere motivato, salvo quando riguarda le domande di visto presentate ai sensi degli articoli 22, 24, 26, 27, 28, 29, 36 e 39. La presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l'inammissibilità della domanda. Per lo straniero in possesso di permesso di soggiorno è sufficiente, ai fini del reingresso nel territorio dello Stato, una preventiva comunicazione all'autorità di frontiera (10).

 

3. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 4, l'Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l'adesione a specifici accordi internazionali, consentirà l'ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza. I mezzi di sussistenza sono definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro dell'interno, sulla base dei criteri indicati nel documento di programmazione di cui all'articolo 3, comma 1. Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite. Lo straniero per il quale è richiesto il ricongiungimento familiare, ai sensi dell'articolo 29, non è ammesso in Italia quando rappresenti una minaccia concreta e attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone (11) (12) (13) (14) (15).

 

4. L'ingresso in Italia può essere consentito con visti per soggiorni di breve durata, validi fino a 90 giorni e per soggiorni di lunga durata che comportano per il titolare la concessione di un permesso di soggiorno in Italia con motivazione identica a quella menzionata nel visto. Per soggiorni inferiori a tre mesi, saranno considerati validi anche i motivi esplicitamente indicati in visti rilasciati da autorità diplomatiche o consolari di altri Stati in base a specifici accordi internazionali sottoscritti e ratificati dall'Italia ovvero a norme comunitarie (16).

 

5. Il Ministero degli affari esteri adotta, dandone tempestiva comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari, ogni opportuno provvedimento di revisione o modifica dell'elenco dei Paesi i cui cittadini siano soggetti ad obbligo di visto, anche in attuazione di obblighi derivanti da accordi internazionali in vigore.

 

6. Non possono fare ingresso nel territorio dello Stato e sono respinti dalla frontiera gli stranieri espulsi, salvo che abbiano ottenuto la speciale autorizzazione o che sia trascorso il periodo di divieto di ingresso, gli stranieri che debbono essere espulsi e quelli segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai fini del respingimento o della non ammissione per gravi motivi di ordine pubblico, di sicurezza nazionale e di tutela delle relazioni internazionali.

 

7. L'ingresso è comunque subordinato al rispetto degli adempimenti e delle formalità prescritti con il regolamento di attuazione.

 

 

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(10)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 4, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(11)  Comma così modificato prima dal comma 1 dell'art. 4, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

(12)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi la Dir.Min. 1° marzo 2000.

(13)  La Corte costituzionale, con ordinanza 11-14 gennaio 2005, n. 9 (Gazz. Uff. 19 gennaio 2005, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, come sostituito dall'art. 4, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 13, 16, e 29 e seguenti della Costituzione.

(14) La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 dicembre 2006, n. 414 (Gazz. Uff. 20 dicembre 2006, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, e dell'art. 5, comma 5, nel testo risultante a seguito delle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 16, 27 e 35 della Costituzione.

(15) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-19 dicembre 2006, n. 431 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, «applicato in correlazione» con i successivi artt. 5, comma 5, e 13, comma 2, lettera b), nel testo risultante dalle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 13 e 16 della Costituzione.

(16) Vedi, anche, la L. 28 maggio 2007, n. 68.

 

 

Art. 5

Permesso di soggiorno.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 5)

1. Possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente ai sensi dell'articolo 4, che siano muniti di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno rilasciati, e in corso di validità, a norma del presente testo unico o che siano in possesso di permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dalla competente autorità di uno Stato appartenente all'Unione europea, nei limiti ed alle condizioni previsti da specifici accordi (17).

 

2. Il permesso di soggiorno deve essere richiesto, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione, al questore della provincia in cui lo straniero si trova entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato ed è rilasciato per le attività previste dal visto d'ingresso o dalle disposizioni vigenti. Il regolamento di attuazione può provvedere speciali modalità di rilascio relativamente ai soggiorni brevi per motivi di turismo, di giustizia, di attesa di emigrazione in altro Stato e per l'esercizio delle funzioni di ministro di culto nonché ai soggiorni in case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze (18) (19).

 

2-bis. Lo straniero che richiede il permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici (20).

 

3. La durata del permesso di soggiorno non rilasciato per motivi di lavoro è quella prevista dal visto d'ingresso, nei limiti stabiliti dal presente testo unico o in attuazione degli accordi e delle convenzioni internazionali in vigore. La durata non può comunque essere (21):

 

a) superiore a tre mesi, per visite, affari e turismo (22);

 

 

b) [superiore a sei mesi, per lavoro stagionale, o nove mesi, per lavoro stagionale nei settori che richiedono tale estensione] (23);

 

c) superiore ad un anno, in relazione alla frequenza di un corso per studio o per formazione debitamente certificata; il permesso è tuttavia rinnovabile annualmente nel caso di corsi pluriennali;

 

d) [superiore a due anni, per lavoro autonomo, per lavoro subordinato a tempo indeterminato e per ricongiungimenti familiari] (24);

 

e) superiore alle necessità specificatamente documentate, negli altri casi consentiti dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione (25).

 

3-bis. Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è rilasciato a seguito della stipula del contratto di soggiorno per lavoro di cui all'articolo 5-bis. La durata del relativo permesso di soggiorno per lavoro è quella prevista dal contratto di soggiorno e comunque non può superare:

 

a) [in relazione ad uno o più contratti di lavoro stagionale, la durata complessiva di nove mesi] (26);

 

b) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, la durata di un anno;

 

c) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la durata di due anni (27).

 

3-ter. Allo straniero che dimostri di essere venuto in Italia almeno due anni di seguito per prestare lavoro stagionale può essere rilasciato, qualora si tratti di impieghi ripetitivi, un permesso pluriennale, a tale titolo, fino a tre annualità, per la durata temporale annuale di cui ha usufruito nell'ultimo dei due anni precedenti con un solo provvedimento. Il relativo visto di ingresso è rilasciato ogni anno. Il permesso è revocato immediatamente nel caso in cui lo straniero violi le disposizioni del presente testo unico (28).

 

3-quater. Possono inoltre soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri muniti di permesso di soggiorno per lavoro autonomo rilasciato sulla base della certificazione della competente rappresentanza diplomatica o consolare italiana della sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 26 del presente testo unico. Il permesso di soggiorno non può avere validità superiore ad un periodo di due anni (29).

 

3-quinquies. La rappresentanza diplomatica o consolare italiana che rilascia il visto di ingresso per motivi di lavoro, ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 4, ovvero il visto di ingresso per lavoro autonomo, ai sensi del comma 5 dell'articolo 26, ne dà comunicazione anche in via telematica al Ministero dell'interno e all'INPS nonché all'INAIL per l'inserimento nell'archivio previsto dal comma 9 dell'articolo 22 entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione. Uguale comunicazione è data al Ministero dell'interno per i visti di ingresso per ricongiungimento familiare di cui all'articolo 29 entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione (30).

 

3-sexies. Nei casi di ricongiungimento familiare, ai sensi dell'articolo 29, la durata del permesso di soggiorno non può essere superiore a due anni (31).

 

4. Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora, almeno novanta giorni prima della scadenza nei casi di cui al comma 3-bis, lettera c), sessanta giorni prima nei casi di cui alla lettera b) del medesimo comma 3-bis, e trenta giorni nei restanti casi, ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio e delle diverse condizioni previste dal presente testo unico. Fatti salvi i diversi termini previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione, il permesso di soggiorno è rinnovato per una durata non superiore a quella stabilita con rilascio iniziale (32).

 

4-bis. Lo straniero che richiede il rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici (33).

 

5. Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili. Nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonchè, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale (34) (35) (36).

 

5-bis. Nel valutare la pericolosità dello straniero per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone ai fini dell'adozione del provvedimento di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, si tiene conto anche di eventuali condanne per i reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero per i reati di cui all'articolo 12, commi 1 e 3 (37).

 

6. Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.

 

7. Gli stranieri muniti del permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dall'autorità di uno Stato appartenente all'Unione europea, valido per il soggiorno in Italia sono tenuti a dichiarare la loro presenza al questore con le modalità e nei termini di cui al comma 2. Agli stessi è rilasciata idonea ricevuta della dichiarazione di soggiorno. Ai contravventori si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 200 mila a lire 600 mila. Qualora la dichiarazione non venga resa entro 60 giorni dall'ingresso nel territorio dello Stato può essere disposta l'espulsione amministrativa.

 

8. Il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno di cui all'articolo 9 sono rilasciati mediante utilizzo di mezzi a tecnologia avanzata con caratteristiche anticontraffazione conformi ai modelli da approvare con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, in attuazione del regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, riguardante l'adozione di un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi. Il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno rilasciati in conformità ai predetti modelli recano inoltre i dati personali previsti, per la carta di identità e gli altri documenti elettronici, dall'articolo 36 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (38).

 

8-bis. Chiunque contraffà o altera un visto di ingresso o reingresso, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno, ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno, è punito con la reclusione da uno a sei anni. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso la reclusione è da tre a dieci anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale (39).

 

9. Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro venti giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente testo unico (40).

 

 

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(17)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(19) La Corte costituzionale, con sentenza 14-23 dicembre 2005, n. 463 (Gazz. Uff. 28 dicembre 2005, n. 52, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 2, e 5, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione.

(18) Il presente comma era stato sostituito dall’art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10. La sostituzione non è più prevista dalla nuova formulazione del citato articolo 5 dopo la conversione in legge del suddetto decreto.

(20)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi l'art. 2, comma 3, D.L. 9 settembre 2002, n. 195.

(21)  Alinea così modificato dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(22) La presente lettera era stata soppressa dall’art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10. La soppressione non è più prevista dalla nuova formulazione del citato articolo 5 dopo la conversione in legge del suddetto decreto.

(23)  Lettera abrogata dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(24)  Lettera abrogata dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(25) Vedi, anche, la L. 28 maggio 2007, n. 68.

(26) Lettera soppressa dall'art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10.

(27)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(28)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(29)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(30)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dal comma 10 dell'art. 80, L. 27 dicembre 2002, n. 289. Vedi, anche, l'art. 38 della suddetta legge n. 189 del 2002.

(31)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(32)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(33)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(34) Periodo aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

(35) La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 dicembre 2006, n. 414 (Gazz. Uff. 20 dicembre 2006, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, e dell'art. 5, comma 5, nel testo risultante a seguito delle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 16, 27 e 35 della Costituzione.

(36) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-19 dicembre 2006, n. 431 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, «applicato in correlazione» con i successivi artt. 5, comma 5, e 13, comma 2, lettera b), nel testo risultante dalle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 13 e 16 della Costituzione.

(37) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

(38)  Comma così sostituito prima dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi dall'art. 11, D.L. 27 luglio 2005, n. 144. Vedi, anche, l'art. 38 della legge n. 189/2002.

(39)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(40)  Con D.M. 3 agosto 2004 sono state dettate le regole tecniche e di sicurezza relative al permesso ed alla carta di soggiorno. Vedi, anche, i commi 5 e 6 dell'art. 2, D.L. 9 settembre 2002, n. 195 e l'art. 7-vicies ter, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l'art. 2, D.L. 27 luglio 2005, n. 144.

 

 

Art. 5-bis

Contratto di soggiorno per lavoro subordinato.

1. Il contratto di soggiorno per lavoro subordinato stipulato fra un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia e un prestatore di lavoro, cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea o apolide, contiene:

 

a) la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica;

 

b) l'impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza.

 

2. Non costituisce titolo valido per il rilascio del permesso di soggiorno il contratto che non contenga le dichiarazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1.

 

3. Il contratto di soggiorno per lavoro è sottoscritto in base a quanto previsto dall'articolo 22 presso lo sportello unico per l'immigrazione della provincia nella quale risiede o ha sede legale il datore di lavoro o dove avrà luogo la prestazione lavorativa secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione (41).

 

 

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(41)  Articolo aggiunto dal comma 1 dell'art. 6, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 2, comma 9, D.L. 9 settembre 2002, n. 195.

 

 

Art. 6

Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 6; R.D. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 144, comma 2°, e 148)

1. Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari per essere utilizzato anche per le altre attività consentite. Quello rilasciato per motivi di studio e formazione può essere convertito, comunque prima della sua scadenza, e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 26, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell'ambito delle quote stabilite a norma dell'articolo 3, comma 4, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione (42).

 

2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all'accesso a pubblici servizi, i documenti inerenti al soggiorno di cui all'articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.

 

3. Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, il passaporto o altro documento di identificazione, ovvero il permesso o la carta di soggiorno è punito con l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda fino a lire ottocentomila (43).

 

4. Qualora vi sia motivo di dubitare della identità personale dello straniero, questi è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e segnaletici (44).

 

5. Per le verifiche previste dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione, l'autorità di pubblica sicurezza, quando vi siano fondate ragioni, richiede agli stranieri informazioni e atti comprovanti la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato.

 

6. Salvo quanto è stabilito nelle leggi militari, il Prefetto può vietare agli stranieri il soggiorno in comuni o in località che comunque interessano la difesa militare dello Stato. Tale divieto è comunicato agli stranieri per mezzo della autorità locale di pubblica sicurezza o col mezzo di pubblici avvisi. Gli stranieri, che trasgrediscono al divieto, possono essere allontanati per mezzo della forza pubblica.

 

7. Le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione. In ogni caso la dimora dello straniero si considera abitualmente anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza. Dell'avvenuta iscrizione o variazione l'ufficio dà comunicazione alla questura territorialmente competente.

 

8. Fuori dei casi di cui al comma 7, gli stranieri che soggiornano nel territorio dello Stato devono comunicare al questore competente per territorio, entro i quindici giorni successivi, le eventuali variazioni del proprio domicilio abituale.

 

9. Il documento di identificazione per stranieri è rilasciato su modello conforme al tipo approvato con decreto del Ministro dell'interno. Esso non è valido per l'espatrio, salvo che sia diversamente disposto dalle convenzioni o dagli accordi internazionali.

 

10. Contro i provvedimenti di cui all'articolo 5 e al presente articolo è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale competente (45).

 

 

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(42)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 7, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(43)  La Corte costituzionale, con ordinanza 7 - 16 marzo 2001, n. 68 (Gazz. Uff. 21 marzo 2001, n. 12, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, sollevata in riferimento agli artt. 3, 27 e 97 della Costituzione.

(44)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 7, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 2, comma 6, D.L. 9 settembre 2002, n. 195.

(45)  La Corte costituzionale, con ordinanza 3-18 dicembre 2001, n. 414 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2001, Ediz. Str.), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 10, e 13, comma 8, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

 

 

Art. 7

Obblighi dell'ospitante e del datore di lavoro.

(R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 147)

1. Chiunque, a qualsiasi titolo, dà alloggio ovvero ospita uno straniero o apolide, anche se parente o affine, ovvero cede allo stesso la proprietà o il godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello Stato, è tenuto a darne comunicazione scritta, entro quarantotto ore, all'autorità locale di pubblica sicurezza (46).

 

2. La comunicazione comprende, oltre alle generalità del denunciante, quelle dello straniero o apolide, gli estremi del passaporto o del documento di identificazione che lo riguardano, l'esatta ubicazione dell'immobile ceduto o in cui la persona è alloggiata, ospita o presta servizio ed il titolo per il quale la comunicazione è dovuta.

 

2-bis. Le violazioni delle disposizioni di cui al presente articolo sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 160 a 1.100 euro (47) (48).

 

 

 

 

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(46)  Comma così modificato dal comma 6-bis dell'art. 4-bis, D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, aggiunto dal comma 1184 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296. Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(47)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 8, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(48) Il presente articolo era stato abrogato dall’art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10. L’abrogazione non è più prevista dalla nuova formulazione del citato articolo 5 dopo la conversione in legge del suddetto decreto.

 

 

Art. 8

Disposizioni particolari.

(R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 149)

1. Le disposizioni del presente capo non si applicano ai componenti del sacro collegio e del corpo diplomatico e consolare.

 

 

Art. 9

Permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

1. Lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostra la disponibilità di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell'articolo 29, comma 3, lettera b) e di un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio, può chiedere al questore il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, per sè e per i familiari di cui all'articolo 29, comma 1 (49).

 

2. Il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo è a tempo indeterminato ed è rilasciato entro novanta giorni dalla richiesta.

 

3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli stranieri che:

 

a) soggiornano per motivi di studio o formazione professionale;

 

b) soggiornano a titolo di protezione temporanea o per motivi umanitari ovvero hanno chiesto il permesso di soggiorno a tale titolo e sono in attesa di una decisione su tale richiesta;

 

c) soggiornano per asilo ovvero hanno chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato e sono ancora in attesa di una decisione definitiva circa tale richiesta;

 

d) sono titolari di un permesso di soggiorno di breve durata previsto dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione;

 

e) godono di uno status giuridico previsto dalla convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche, dalla convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari, dalla convenzione del 1969 sulle missioni speciali o dalla convenzione di Vienna del 1975 sulla rappresentanza degli Stati nelle loro relazioni con organizzazioni internazionali di carattere universale.

 

4. Il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, nonchè, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero.

 

5. Ai fini del calcolo del periodo di cui al comma 1, non si computano i periodi di soggiorno per i motivi indicati nelle lettere d) ed e) del comma 3.

 

6. Le assenze dello straniero dal territorio nazionale non interrompono la durata del periodo di cui al comma 1 e sono incluse nel computo del medesimo periodo quando sono inferiori a sei mesi consecutivi e non superano complessivamente dieci mesi nel quinquennio, salvo che detta interruzione sia dipesa dalla necessità di adempiere agli obblighi militari, da gravi e documentati motivi di salute ovvero da altri gravi e comprovati motivi.

 

7. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 è revocato:

 

a) se è stato acquisito fraudolentemente;

 

b) in caso di espulsione, di cui al comma 9;

 

c) quando mancano o vengano a mancare le condizioni per il rilascio, di cui al comma 4;

 

d) in caso di assenza dal territorio dell'Unione per un periodo di dodici mesi consecutivi;

 

e) in caso di conferimento di permesso di soggiorno di lungo periodo da parte di altro Stato membro dell'Unione europea, previa comunicazione da parte di quest'ultimo, e comunque in caso di assenza dal territorio dello Stato per un periodo superiore a sei anni.

 

8. Lo straniero al quale è stato revocato il permesso di soggiorno ai sensi delle lettere d) ed e) del comma 7, può riacquistarlo, con le stesse modalità di cui al presente articolo. In tal caso, il periodo di cui al comma 1, è ridotto a tre anni.

 

9. Allo straniero, cui sia stato revocato il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e nei cui confronti non debba essere disposta l'espulsione è rilasciato un permesso di soggiorno per altro tipo in applicazione del presente testo unico.

 

10. Nei confronti del titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, l'espulsione può essere disposta:

 

a) per gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato;

 

b) nei casi di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155;

 

c) quando lo straniero appartiene ad una delle categorie indicate all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ovvero all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, sempre che sia stata applicata, anche in via cautelare, una delle misure di cui all'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55.

 

11. Ai fini dell'adozione del provvedimento di espulsione di cui al comma 10, si tiene conto anche dell'età dell'interessato, della durata del soggiorno sul territorio nazionale, delle conseguenze dell'espulsione per l'interessato e i suoi familiari, dell'esistenza di legami familiari e sociali nel territorio nazionale e dell'assenza di tali vincoli con il Paese di origine.

 

12. Oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, il titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo può:

 

a) fare ingresso nel territorio nazionale in esenzione di visto e circolare liberamente sul territorio nazionale salvo quanto previsto dall'articolo 6, comma 6;

 

b) svolgere nel territorio dello Stato ogni attività lavorativa subordinata o autonoma salvo quelle che la legge espressamente riserva al cittadino o vieta allo straniero. Per lo svolgimento di attività di lavoro subordinato non è richiesta la stipula del contratto di soggiorno di cui all'articolo 5-bis;

 

c) usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale, di quelle relative ad erogazioni in materia sanitaria, scolastica e sociale, di quelle relative all'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico, compreso l'accesso alla procedura per l'ottenimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica, salvo che sia diversamente disposto e sempre che sia dimostrata l'effettiva residenza dello straniero sul territorio nazionale;

 

d) partecipare alla vita pubblica locale, con le forme e nei limiti previsti dalla vigente normativa.

 

13. È autorizzata la riammissione sul territorio nazionale dello straniero espulso da altro Stato membro dell'Unione europea titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo di cui al comma 1 che non costituisce un pericolo per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato (50).

 

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(49) La Corte costituzionale, con sentenza 2-6 ottobre 2006, n. 324 (Gazz. Uff. 11 ottobre 2006, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, come modificato dall'art. 9 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 32, 35, terzo comma, 38, primo e secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione.

(50) Articolo prima modificato dal comma 1 dell'art. 9, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3. Vedi, anche, il D.M. 3 agosto 2004.

 

 

Art. 9-bis

Stranieri in possesso di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro.

1. Lo straniero, titolare di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro dell'Unione europea e in corso di validità, può chiedere di soggiornare sul territorio nazionale per un periodo superiore a tre mesi, al fine di:

 

a) esercitare un'attività economica in qualità di lavoratore subordinato o autonomo, ai sensi degli articoli 5, comma 3-bis, 22 e 26. Le certificazioni di cui all'articolo 26 sono rilasciate dallo Sportello unico per l'immigrazione;

 

b) frequentare corsi di studio o di formazione professionale, ai sensi della vigente normativa;

 

c) soggiornare per altro scopo lecito previa dimostrazione di essere in possesso di mezzi di sussistenza non occasionali, di importo superiore al doppio dell'importo minimo previsto dalla legge per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria e di una assicurazione sanitaria per il periodo del soggiorno.

 

2. Allo straniero di cui al comma 1 è rilasciato un permesso di soggiorno secondo le modalità previste dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione.

 

3. Ai familiari dello straniero titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e in possesso di un valido titolo di soggiorno rilasciato dallo Stato membro di provenienza, è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di famiglia, ai sensi dell'articolo 30, commi 2, 3 e 6, previa dimostrazione di aver risieduto in qualità di familiari del soggiornante di lungo periodo nel medesimo Stato membro e di essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 29, comma 3.

 

4. Per soggiorni inferiori a tre mesi, allo straniero di cui ai commi 1 e 3 si applica l'articolo 5, comma 7, con esclusione del quarto periodo.

 

5. Agli stranieri di cui ai commi 1 e 3 è consentito l'ingresso nel territorio nazionale in esenzione di visto e si prescinde dal requisito dell'effettiva residenza all'estero per la procedura di rilascio del nulla osta di cui all'articolo 22.

 

6. Il permesso di soggiorno di cui ai commi 2 e 3 è rifiutato e, se rilasciato, è revocato, agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne, anche non definitive, per i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, nonchè, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice. Nell'adottare il provvedimento si tiene conto dell'età dell'interessato, della durata del soggiorno sul territorio nazionale, delle conseguenze dell'espulsione per l'interessato e i suoi familiari, dell'esistenza di legami familiari e sociali nel territorio nazionale e dell'assenza di tali vincoli con il Paese di origine.

 

7. Nei confronti degli stranieri di cui al comma 6 è adottato il provvedimento di espulsione ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettera b), e l'allontanamento è effettuato verso lo Stato membro dell'Unione europea che ha rilasciato il permesso di soggiorno. Nel caso sussistano i presupposti per l'adozione del provvedimento di espulsione ai sensi dell'articolo 13, comma 1, e dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, l'espulsione è adottata sentito lo Stato membro che ha rilasciato il permesso di soggiorno e l'allontanamento è effettuato fuori dal territorio dell'Unione europea.

 

8. Allo straniero di cui ai commi 1 e 3, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 9, è rilasciato, entro novanta giorni dalla richiesta, un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Dell'avvenuto rilascio è informato lo Stato membro che ha rilasciato il precedente permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (51).

 

 

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(51) Articolo aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3.

 

 

Capo II - Controllo delle frontiere, respingimento ed espulsione

 

Art. 10

Respingimento.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 8)

1. La polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti richiesti dal presente testo unico per l'ingresso nel territorio dello Stato.

 

2. Il respingimento con accompagnamento alla frontiera è altresì disposto dal questore nei confronti degli stranieri:

 

a) che entrando nel territorio dello Stato sottraendoli ai controlli di frontiera, sono fermati all'ingresso o subito dopo;

 

b) che, nelle circostanze di cui al comma 1, sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso.

 

3. Il vettore che ha condotto alla frontiera uno straniero privo dei documenti di cui all'articolo 4, o che deve essere comunque respinto a norma del presente articolo, è tenuto a prenderlo immediatamente a carico ed a ricondurlo nello Stato di provenienza, o in quello che ha rilasciato il documento di viaggio eventualmente in possesso dello straniero. Tale disposizione si applica anche quando l'ingresso è negato allo straniero in transito, qualora il vettore che avrebbe dovuto trasportarlo nel Paese di destinazione rifiuti di imbarcarlo o le autorità dello Stato di destinazione gli abbiano negato l'ingresso o lo abbiano rinviato nello Stato (52).

 

4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 e quelle dell'articolo 4, commi 3 e 6, non si applicano nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari.

 

5. Per lo straniero respinto è prevista l'assistenza necessaria presso i valichi di frontiera.

 

6. I respingimenti di cui al presente articolo sono registrati dall'autorità di pubblica sicurezza.

 

 

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(52)  Comma così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 7 aprile 2003, n. 87 (Gazz. Uff. 23 aprile 2003, n. 94).

 

 

Art. 11

Potenziamento e coordinamento dei controlli di frontiera.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 9)

1. Il Ministro dell'interno e il Ministro degli affari esteri adottano il piano generale degli interventi per il potenziamento ed il perfezionamento, anche attraverso l'automazione delle procedure, delle misure di controllo di rispettiva competenza, nell'ambito delle compatibilità con i sistemi informativi di livello extranazionale previsti dagli accordi o convenzioni internazionali in vigore e delle disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali.

 

1-bis. Il Ministro dell'interno, sentito, ove necessario, il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, emana le misure necessarie per il coordinamento unificato dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre italiana. Il Ministro dell'interno promuove altresì apposite misure di coordinamento tra le autorità italiane competenti in materia di controlli sull'immigrazione e le autorità europee competenti in materia di controlli sull'immigrazione ai sensi dell'Accordo di Schengen, ratificato ai sensi della legge 30 settembre 1993, n. 388 (53).

 

2. Delle parti di piano che riguardano sistemi informativi automatizzati e dei relativi contratti è data comunicazione all'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione (54).

 

3. Nell'àmbito e in attuazione delle direttive adottate dal Ministro dell'interno, i prefetti delle province di confine terrestre ed i prefetti dei capoluoghi delle regioni interessate alla frontiera marittima promuovono le misure occorrenti per il coordinamento dei controlli di frontiera e della vigilanza marittima e terrestre, d'intesa con i prefetti delle altre province interessate, sentiti i questori e i dirigenti delle zone di polizia di frontiera, nonché le autorità marittime e militari ed i responsabili degli organi di polizia, di livello non inferiore a quello provinciale, eventualmente interessati, e sovrintendendo all'attuazione delle direttive emanate in materia.

 

4. Il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell'interno promuovono le iniziative occorrenti, d'intesa con i Paesi interessati, al fine di accelerare l'espletamento degli accertamenti ed il rilascio dei documenti eventualmente necessari per migliorare l'efficacia dei provvedimenti previsti dal presente testo unico, e per la reciproca collaborazione a fini di contrasto dell'immigrazione clandestina. A tale scopo, le intese di collaborazione possono prevedere la cessione a titolo gratuito alle autorità dei Paesi interessati di beni mobili ed apparecchiature specificamente individuate, nei limiti delle compatibilità funzionali e finanziarie definite dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e, se si tratta di beni, apparecchiature o servizi accessori forniti da altre amministrazioni, con il Ministro competente (55).

 

5. Per le finalità di cui al comma 4, il Ministro dell'interno predispone uno o più programmi pluriennali di interventi straordinari per l'acquisizione degli impianti e mezzi tecnici e logistici necessari, per acquistare o ripristinare i beni mobili e le apparecchiature in sostituzione di quelli ceduti ai Paesi interessati, ovvero per fornire l'assistenza e altri servizi accessori. Se si tratta di beni, apparecchiature o servizi forniti da altre amministrazioni, i programmi sono adottati di concerto con il Ministro competente (56).

 

5-bis. Il Ministero dell'interno, nell'àmbito degli interventi di sostegno alle politiche preventive di contrasto all'immigrazione clandestina dei Paesi di accertata provenienza, contribuisce, per gli anni 2004 e 2005, alla realizzazione, nel territorio dei Paesi interessati, di strutture, utili ai fini del contrasto di flussi irregolari di popolazione migratoria verso il territorio italiano (57).

 

6. Presso i valichi di frontiera sono previsti servizi di accoglienza al fine di fornire informazioni e assistenza agli stranieri che intendano presentare domanda di asilo o fare ingresso in Italia per un soggiorno di durata superiore a tre mesi. Tali servizi sono messi a disposizione, ove possibile, all'interno della zona di transito (58).

 

 

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(53)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 10, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(54)  La denominazione «Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione» è da intendersi sostituita da quella di «Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione» ai sensi di quanto disposto dall'art. 176, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

(55)  Gli attuali commi 4, 5 e 6 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.Lgs. 19 ottobre 1998, n. 380 (Gazz. Uff. 3 novembre 1998, n. 257).

(56)  Gli attuali commi 4, 5 e 6 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.Lgs. 19 ottobre 1998, n. 380 (Gazz. Uff. 3 novembre 1998, n. 257).

(57)  Comma aggiunto dall'art. 1-bis, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(58)  Gli attuali commi 4, 5 e 6 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.Lgs. 19 ottobre 1998, n. 380 (Gazz. Uff. 3 novembre 1998, n. 257). Vedi, anche, il D.M. 14 luglio 2003.

 

 

Art. 12

Disposizioni contro le immigrazioni clandestine.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 10)

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque in violazione delle disposizioni del presente testo unico compie atti diretti a procurare l'ingresso nel territorio dello Stato di uno straniero ovvero atti diretti a procurare l'ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa fino a 15.000 euro per ogni persona (59) (60).

 

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato.

 

3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre profitto anche indiretto, compie atti diretti a procurare l'ingresso di taluno nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico, ovvero a procurare l'ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da quattro a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona (61).

 

3-bis. Le pene di cui ai commi 1 e 3 sono aumentate se:

 

a) il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;

 

b) per procurare l'ingresso o la permanenza illegale la persona è stata esposta a pericolo per la sua vita o la sua incolumità;

 

c) per procurare l'ingresso o la permanenza illegale la persona è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante;

 

c-bis) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti (62).

 

3-ter. Se i fatti di cui al comma 3 sono compiuti al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale ovvero riguardano l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento, la pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona (63).

 

3-quater. Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 del codice penale, concorrenti con le aggravanti di cui ai commi 3-bis e 3-ter, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti (64).

 

3-quinquies. Per i delitti previsti dai commi precedenti le pene sono diminuite fino alla metà nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l'individuazione o la cattura di uno o più autori di reati e per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti (65).

 

3-sexies. All'articolo 4-bis, comma 1, terzo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, dopo le parole: «609-octies del codice penale» sono inserite le seguenti: «nonché dall'articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286» (66).

 

3-septies. [In relazione ai procedimenti per i delitti previsti dal comma 3, si applicano le disposizioni dell'articolo 10 della legge 11 agosto 2003, n. 228, e successive modificazioni. L'esecuzione delle operazioni è disposta d'intesa con la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere] (67).

 

4. Nei casi previsti dai commi 1 e 3 è obbligatorio l'arresto in flagranza ed è disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per i medesimi reati, anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti. Nei medesimi casi si procede comunque con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini (68) (69).

 

5. Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell'ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a lire trenta milioni (70).

 

6. Il vettore aereo, marittimo o terrestre, è tenuto ad accertarsi che lo straniero trasportato sia in possesso dei documenti richiesti per l'ingresso nel territorio dello Stato, nonché a riferire all'organo di polizia di frontiera dell'eventuale presenza a bordo dei rispettivi mezzi di trasporto di stranieri in posizione irregolare. In caso di inosservanza anche di uno solo degli obblighi di cui al presente comma, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 3.500 a euro 5.500 per ciascuno degli stranieri trasportati. Nei casi più gravi è disposta la sospensione da uno a dodici mesi, ovvero la revoca della licenza, autorizzazione o concessione rilasciata dall'autorità amministrativa italiana inerenti all'attività professionale svolta e al mezzo di trasporto utilizzato. Si osservano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (71).

 

7. Nel corso di operazioni di polizia finalizzate al contrasto delle immigrazioni clandestine, disposte nell'ambito delle direttive di cui all'articolo 11, comma 3, gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza operanti nelle province di confine e nelle acque territoriali possono procedere al controllo e alle ispezioni dei mezzi di trasporto e delle cose trasportate, ancorché soggetti a speciale regime doganale, quando, anche in relazione a specifiche circostanze di luogo e di tempo, sussistono fondati motivi che possano essere utilizzati per uno dei reati previsti dal presente articolo. Dell'esito dei controlli e delle ispezioni è redatto processo verbale in appositi moduli, che è trasmesso entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, lo convalida nelle successive quarantotto ore. Nelle medesime circostanze gli ufficiali di polizia giudiziaria possono altresì procedere a perquisizioni, con l'osservanza delle disposizioni di cui all'articolo 352, commi 3 e 4 del codice di procedura penale.

 

8. I beni sequestrati nel corso di operazioni di polizia finalizzate alla prevenzione e repressione dei reati previsti dal presente articolo, sono affidati dall'autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale, salvo che vi ostino esigenze processuali, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia ovvero ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale. I mezzi di trasporto non possono essere in alcun caso alienati. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 100, commi 2 e 3, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (72).

 

8-bis. Nel caso che non siano state presentate istanze di affidamento per mezzi di trasporto sequestrati, si applicano le disposizioni dell'articolo 301-bis, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni (73).

 

8-ter. La distruzione può essere direttamente disposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dalla autorità da lui delegata, previo nullaosta dell'autorità giudiziaria procedente (74).

 

8-quater. Con il provvedimento che dispone la distruzione ai sensi del comma 8-ter sono altresì fissate le modalità di esecuzione (75).

 

8-quinquies. I beni acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca sono, a richiesta, assegnati all'amministrazione o trasferiti all'ente che ne abbiano avuto l'uso ai sensi del comma 8 ovvero sono alienati o distrutti. I mezzi di trasporto non assegnati, o trasferiti per le finalità di cui al comma 8, sono comunque distrutti. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati. Ai fini della determinazione dell'eventuale indennità, si applica il comma 5 dell'articolo 301-bis del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni (76).

 

9. Le somme di denaro confiscate a seguito di condanna per uno dei reati previsti dal presente articolo, nonché le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati, sono destinate al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei medesimi reati, anche a livello internazionale mediante interventi finalizzati alla collaborazione e alla assistenza tecnico-operativa con le forze di polizia dei Paesi interessati. A tal fine, le somme affluiscono ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate, sulla base di specifiche richieste, ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'interno, rubrica «Sicurezza pubblica».

 

9-bis. La nave italiana in servizio di polizia, che incontri nel mare territoriale o nella zona contigua, una nave, di cui si ha fondato motivo di ritenere che sia adibita o coinvolta nel trasporto illecito di migranti, può fermarla, sottoporla ad ispezione e, se vengono rinvenuti elementi che confermino il coinvolgimento della nave in un traffico di migranti, sequestrarla conducendo la stessa in un porto dello Stato (77).

 

9-ter. Le navi della Marina militare, ferme restando le competenze istituzionali in materia di difesa nazionale, possono essere utilizzate per concorrere alle attività di cui al comma 9-bis (78).

 

9-quater. I poteri di cui al comma 9-bis possono essere esercitati al di fuori delle acque territoriali, oltre che da parte delle navi della Marina militare, anche da parte delle navi in servizio di polizia, nei limiti consentiti dalla legge, dal diritto internazionale o da accordi bilaterali o multilaterali, se la nave batte la bandiera nazionale o anche quella di altro Stato, ovvero si tratti di una nave senza bandiera o con bandiera di convenienza (79).

 

9-quinquies. Le modalità di intervento delle navi della Marina militare nonché quelle di raccordo con le attività svolte dalle altre unità navali in servizio di polizia sono definite con decreto interministeriale dei Ministri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti (80).

 

9-sexies. Le disposizioni di cui ai commi 9-bis e 9-quater si applicano, in quanto compatibili, anche per i controlli concernenti il traffico aereo (81).

 

 

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(59)  Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(60) La Corte costituzionale, con ordinanza 21 febbraio-9 marzo 2007, n. 75 (Gazz. Uff. 14 marzo 2007, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 25 e 35, quarto comma, della Costituzione.

(61)  Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(62)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(63)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(64)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 5, L. 14 febbraio 2003, n. 34.

(65)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(66)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(67)  Comma aggiunto dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi abrogato dal comma 11 dell'art. 9, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(68)  Comma così sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(69)  La Corte costituzionale con ordinanza 19-23 marzo 2001, n. 78 (Gazz. Uff. 28 marzo 2001, n. 13, serie speciale) ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 4, come modificato dall'art. 2 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113, sollevata in riferimento all'art. 27, primo comma, della Costituzione.

(70) Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(71)  Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 7 aprile 2003, n. 87 (Gazz. Uff. 23 aprile 2003, n. 94).

(72)  Il comma 8 è stato così sostituito, con i commi 8 e 8-bis, dall'art. 2, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(73)  Il comma 8 è stato così sostituito, con i commi 8 e 8-bis, dall'art. 2, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97). Successivamente il comma 8-bis è stato così sostituito, con i commi da 8-bis a 8-quinquies, dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51 nel testo modificato dalla relativa legge di conversione.

(74)  Gli attuali commi da 8-bis a 8-quinquies così sostituiscono l'originario comma 8-bis ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51.

(75)  Gli attuali commi da 8-bis a 8-quinquies così sostituiscono l'originario comma 8-bis ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51.

(76)  Gli attuali commi da 8-bis a 8-quinquies così sostituiscono l'originario comma 8-bis ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51 nel testo modificato dalla relativa legge di conversione.

(77)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(78)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(79)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(80)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 14 luglio 2003.

(81)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

 

 

Art. 13

Espulsione amministrativa.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 11)

1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell'interno può disporre l'espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro degli affari esteri (82).

 

2. L'espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero:

 

a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10 (83);

 

b) si è trattenuto nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione di cui all'articolo 27, comma 1-bis, o senza aver richiesto il permesso di soggiorno nei termini prescritti, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non è stato chiesto il rinnovo (84) (85) (86);

 

c) appartiene a taluna delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituto dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646 (87) (88) (89).

 

2-bis. Nell'adottare il provvedimento di espulsione ai sensi del comma 2, lettere a) e b), nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonchè dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine (90).

 

3. L'espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato di custodia cautelare in carcere, il questore, prima di eseguire l'espulsione, richiede il nulla osta all'autorità giudiziaria, che può negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all'accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi, e all'interesse della persona offesa. In tal caso l'esecuzione del provvedimento è sospesa fino a quando l'autorità giudiziaria comunica la cessazione delle esigenze processuali. Il questore, ottenuto il nulla osta, provvede all'espulsione con le modalità di cui al comma 4. Il nulla osta si intende concesso qualora l'autorità giudiziaria non provveda entro quindici giorni dalla data di ricevimento della richiesta. In attesa della decisione sulla richiesta di nulla osta, il questore può adottare la misura del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea, ai sensi dell'articolo 14 (91) (92) (93) (94).

 

3-bis. Nel caso di arresto in flagranza o di fermo, il giudice rilascia il nulla osta all'atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell'articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale, o che ricorra una delle ragioni per le quali il nulla osta può essere negato ai sensi del comma 3 (95).

 

3-ter. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano anche allo straniero sottoposto a procedimento penale, dopo che sia stata revocata o dichiarata estinta per qualsiasi ragione la misura della custodia cautelare in carcere applicata nei suoi confronti. Il giudice, con lo stesso provvedimento con il quale revoca o dichiara l'estinzione della misura, decide sul rilascio del nulla osta all'esecuzione dell'espulsione. Il provvedimento è immediatamente comunicato al questore (96).

 

3-quater. Nei casi previsti dai commi 3, 3-bis e 3-ter, il giudice, acquisita la prova dell'avvenuta espulsione, se non è ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere. È sempre disposta la confisca delle cose indicate nel secondo comma dell'articolo 240 del codice penale. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 13, 13-bis, 13-ter e 14 (97) (98) (99).

 

3-quinquies. Se lo straniero espulso rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dal comma 14 ovvero, se di durata superiore, prima del termine di prescrizione del reato più grave per il quale si era proceduto nei suoi confronti, si applica l'articolo 345 del codice di procedura penale. Se lo straniero era stato scarcerato per decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare, quest'ultima è ripristinata a norma dell'articolo 307 del codice di procedura penale (100).

 

3-sexies. [Il nulla osta all'espulsione non può essere concesso qualora si proceda per uno o più delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nonché dall'articolo 12 del presente testo unico] (101).

 

4. L'espulsione è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ad eccezione dei casi di cui al comma 5 (102) (103).

 

5. Nei confronti dello straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto di validità da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo, l'espulsione contiene l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni. Il questore dispone l'accompagnamento immediato alla frontiera dello straniero, qualora il prefetto rilevi il concreto pericolo che quest'ultimo si sottragga all'esecuzione del provvedimento (104) (105).

 

5-bis. Nei casi previsti ai commi 4 e 5 il questore comunica immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione, al giudice di pace territorialmente competente il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera. L'esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento dal territorio nazionale è sospesa fino alla decisione sulla convalida. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L'interessato è anch'esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Si applicano le disposizioni di cui al sesto e al settimo periodo del comma 8, in quanto compatibili. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dal presente articolo e sentito l'interessato, se comparso. In attesa della definizione del procedimento di convalida, lo straniero espulso è trattenuto in uno dei centri di permanenza temporanea ed assistenza, di cui all'articolo 14, salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento di allontanamento anche prima del trasferimento in uno dei centri disponibili. Quando la convalida è concessa, il provvedimento di accompagnamento alla frontiera diventa esecutivo. Se la convalida non è concessa ovvero non è osservato il termine per la decisione, il provvedimento del questore perde ogni effetto. Avverso il decreto di convalida è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione dell'allontanamento dal territorio nazionale. Il termine di quarantotto ore entro il quale il giudice di pace deve provvedere alla convalida decorre dal momento della comunicazione del provvedimento alla cancelleria (106) (107).

 

5-ter. Al fine di assicurare la tempestività del procedimento di convalida dei provvedimenti di cui ai commi 4 e 5, ed all'articolo 14, comma 1, le questure forniscono al giudice di pace, nei limiti delle risorse disponibili, il supporto occorrente e la disponibilità di un locale idoneo (108).

 

6. [Negli altri casi, l'espulsione contiene l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni, e ad osservare le prescrizioni per il viaggio e per la presentazione dell'ufficio di polizia di frontiera. Quando l'espulsione è disposta ai sensi del comma 2, lettera b), il questore può adottare la misura di cui all'articolo 14, comma 1, qualora il prefetto rilevi, tenuto conto di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero, il concreto pericolo che quest'ultimo si sottragga all'esecuzione del provvedimento] (109).

 

7. Il decreto di espulsione e il provvedimento di cui al comma 1 dell'articolo 14, nonché ogni altro atto concernente l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione, sono comunicati all'interessato unitamente all'indicazione delle modalità di impugnazione e ad una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola (110) (111) (112) (113).

 

8. Avverso il decreto di espulsione può essere presentato unicamente il ricorso al giudice di pace del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione. Il termine è di sessanta giorni dalla data del provvedimento di espulsione. Il giudice di pace accoglie o rigetta il ricorso, decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso. Il ricorso di cui al presente comma può essere sottoscritto anche personalmente, ed è presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di destinazione. La sottoscrizione del ricorso, da parte della persona interessata, è autenticata dai funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari che provvedono a certificarne l'autenticità e ne curano l'inoltro all'autorità giudiziaria. Lo straniero è ammesso all'assistenza legale da parte di un patrocinatore legale di fiducia munito di procura speciale rilasciata avanti all'autorità consolare. Lo straniero è altresì ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell'àmbito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonché, ove necessario, da un interprete (114) (115).

 

9. [Il ricorso, a cui deve essere allegato il provvedimento impugnato, è presentato al pretore del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione. Nei casi di espulsione con accompagnamento immediato, sempreché sia disposta la misura di cui al comma 1 dell'articolo 14, provvede il pretore competente per la convalida di tale misura. Il pretore accoglie o rigetta il ricorso decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni caso, entro dieci giorni dalla data di deposito del ricorso, sentito l'interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile] (116).

 

10. [Il ricorso di cui ai commi 8, 9 e 11 può essere sottoscritto anche personalmente. Nel caso di espulsione con accompagnamento immediato, il ricorso può essere presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nello Stato di destinazione, entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento; in tali casi, il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte alla presenza dei funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari, che provvedono a certificarne l'autenticità e ne curano l'inoltro all'autorità giudiziaria. Lo straniero, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell'ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni, nonché, ove necessario, da un interprete] (117).

 

11. Contro il decreto di espulsione emanato ai sensi del comma 1 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.

 

12. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 19, lo straniero espulso è rinviato allo Stato di appartenenza, ovvero, quando ciò non sia possibile, allo Stato di provenienza.

 

13. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno. In caso di trasgressione lo straniero è punito con la reclusione da uno a quattro anni ed è nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera. La disposizione di cui al primo periodo del presente comma non si applica nei confronti dello straniero già espulso ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e b), per il quale è stato autorizzato il ricongiungimento, ai sensi dell'articolo 29 (118) (119) (120).

 

13-bis. Nel caso di espulsione disposta dal giudice, il trasgressore del divieto di reingresso è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Allo straniero che, già denunciato per il reato di cui al comma 13 ed espulso, abbia fatto reingresso sul territorio nazionale si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni (121).

 

13-ter. Per i reati previsti dai commi 13 e 13-bis è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto anche fuori dei casi di flagranza e si procede con rito direttissimo (122).

 

14. Salvo che sia diversamente disposto, il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di dieci anni. Nel decreto di espulsione può essere previsto un termine più breve, in ogni caso non inferiore a cinque anni, tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall'interessato nel periodo di permanenza in Italia (123) (124).

 

15. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano allo straniero che dimostri sulla base di elementi obiettivi di essere giunto nel territorio dello Stato prima della data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40. In tal caso, il questore può adottare la misura di cui all'articolo 14, comma 1.

 

16. L'onere derivante dal comma 10 del presente articolo è valutato in lire 4 miliardi per l'anno 1997 e in lire 8 miliardi annui a decorrere dall'anno 1998 (125) (126) (127) (128) (129).

 

 

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(82)  Vedi anche l'art. 3, comma 1, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(83) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(84) Lettera così sostituita dall'art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

(85) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(86) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-19 dicembre 2006, n. 431 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, «applicato in correlazione» con i successivi artt. 5, comma 5, e 13, comma 2, lettera b), nel testo risultante dalle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 13 e 16 della Costituzione.

(87)  Vedi anche l'art. 3, comma 1, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(88)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 146 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 2, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 35 della Costituzione. La stessa Corte, chiamata, di nuovo, a pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre profili o argomenti nuovi con ordinanza 9-16 maggio 2002, n. 200 (Gazz. Uff. 22 maggio 2002, n. 20, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, comma 2.

(89) La Corte costituzionale, con sentenza 14-23 dicembre 2005, n. 463 (Gazz. Uff. 28 dicembre 2005, n. 52, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 2, e 5, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione.

(90) Comma aggiunto dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

(91)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 2 dell'art. 3, D.L. 27 luglio 2005, n. 144. Vedi, anche il comma 6 dello stesso art. 3.

(92) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 marzo 2006, n. 142 (Gazz. Uff. 12 aprile 2006, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 3 e 3-quater, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 13, comma 3-quater, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(93) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

(94) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(95)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(96)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(97)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(98) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 marzo 2006, n. 142 (Gazz. Uff. 12 aprile 2006, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 3 e 3-quater, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 13, comma 3-quater, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(99) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 marzo 2006, n. 143 (Gazz. Uff. 12 aprile 2006, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, introdotto dall'art. 12, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento all'art. 24 della Costituzione.

(100)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(101)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189 e successivamente abrogato dall'art. 3, comma 7, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(102)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(103)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 222 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4 e 5, come sostituito dall'art. 12, comma 1, lettera c), della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 13, 24 e 111 della Costituzione.

(104)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(105)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 222 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4 e 5, come sostituito dall'art. 12, comma 1, lettera c), della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 13, 24 e 111 della Costituzione.

(106)  Gli attuali commi 5-bis e 5-ter così sostituiscono l'originario comma 5-bis - aggiunto dall'art. 2, D.L. 4 aprile 2002, n. 51, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione - ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, come modificato dalla relativa legge di conversione. Peraltro, la Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 222 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28 - Prima serie speciale), aveva dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dell'originario comma 5-bis, nella parte in cui non prevedeva che il giudizio di convalida dovesse svolgersi in contraddittorio prima dell'esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa. In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 2 dell'art. 3, D.L. 27 luglio 2005, n. 144. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 3.

(107) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-17 marzo 2006, n. 110 (Gazz. Uff. 22 marzo 2006, n. 12, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 5-bis, come modificato dal decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(108)  Gli attuali commi 5-bis e 5-ter così sostituiscono l'originario comma 5-bis - aggiunto dall'art. 2, D.L. 4 aprile 2002, n. 51, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione - ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241.

(109)  Comma abrogato dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(110)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-21 luglio 2004, n. 257 (Gazz. Uff. 28 luglio 2004, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 13 della Costituzione;

ha infine dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 7, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 24 e 27 della Costituzione.

(111) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(112) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 388 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nelle parti riguardanti l'arresto obbligatorio e l'obbligatorietà del rito direttissimo, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione; inoltre ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, in relazione all'art. 13, comma 7, nella parte in cui non prescrive l'obbligatoria traduzione dell'ordine di espulsione dello straniero in una lingua conosciuta dallo stesso, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(113) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-16 marzo 2007, n. 84 (Gazz. Uff. 21 marzo 2007, n. 12, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(114)  Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dal comma 2 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241.

(115) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

(116)  Comma prima sostituito dall'art. 3, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97) e poi abrogato dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(117)  Comma così modificato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, con la decorrenza indicata nell'art. 302 dello stesso decreto. Vedi, anche, l'art. 142 del citato D.P.R. n. 115 del 2002. Successivamente il presente comma è stato abrogato dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(118)  Gli attuali commi 13, 13-bis e 13-ter hanno sostituito l'originario comma 13 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. Successivamente il comma 13 è stato così modificato dal comma 2-ter dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

(119)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-6 aprile 2005, n. 142 (Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 13, sollevata in riferimento agli artt. 24, 27, 104 e 111 della Costituzione.

(120) La Corte costituzionale, con ordinanza 20 giugno-1° luglio 2005, n. 261 (Gazz. Uff. 6 luglio 2005, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 13, come modificato dall'art. 12 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost.

(121)  Gli attuali commi 13, 13-bis e 13-ter hanno sostituito l'originario comma 13 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. Successivamente il comma 13-bis è stato così modificato dal comma 2-ter dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. La Corte costituzionale, con sentenza 14-28 dicembre 2005, n. 466 (Gazz. Uff. 4 gennaio 2006, n. 1 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del secondo periodo del presente comma 13-bis, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal citato art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(122)  Gli attuali commi 13, 13-bis e 13-ter hanno sostituito l'originario comma 13 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. Successivamente il comma 13-ter è stato così sostituito dal comma 2-ter dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(123)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(124) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

(125)  Vedi, anche, il comma 2-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(126)  La Corte costituzionale, con ordinanza 16-29 dicembre 2004, n. 439 (Gazz. Uff. 5 gennaio 2005, n. 1, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, come modificato dall'art. 12 della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(127) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 363 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 376 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 17 come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 104 e 111 della Costituzione.

(128) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 375 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13 come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 10, secondo comma, 24 e 111 della Costituzione.

(129) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-17 marzo 2006, n. 109 (Gazz. Uff. 22 marzo 2006, n. 12, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 27 della Costituzione.

 

 

Art. 13-bis

Partecipazione dell'amministrazione nei procedimenti in camera di consiglio.

1. Se il ricorso di cui all'articolo 13 è tempestivamente proposto, il giudice di pace fissa l'udienza in camera di consiglio con decreto, steso in calce al ricorso. Il ricorso presentato fuori dei termini è inammissibile. Il ricorso con in calce il provvedimento del giudice è notificato, a cura della cancelleria, all'autorità che ha emesso il provvedimento (130).

 

2. L'autorità che ha emesso il decreto di espulsione può stare in giudizio personalmente o avvalersi di funzionari appositamente delegati. La stessa facoltà può essere esercitata nel procedimento di cui all'articolo 14, comma 4.

 

3. Gli atti del procedimento e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta.

 

4. La decisione non è reclamabile, ma è impugnabile per Cassazione (131) (132).

 

 

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(130)  Comma così modificato dal comma 3 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241.

(131)  Articolo aggiunto dall'art. 4, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(132) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

 

 

Art. 14

Esecuzione dell'espulsione.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 12)

1. Quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (133) (134).

 

2. Lo straniero è trattenuto nel centro con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità. Oltre a quanto previsto dall'articolo 2, comma 6, è assicurata in ogni caso la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'esterno (135).

 

3. Il questore del luogo in cui si trova il centro trasmette copia degli atti al giudice di pace territorialmente competente, per la convalida, senza ritardo e comunque entro le quarantotto ore dall'adozione del provvedimento (136) (137) (138) (139).

 

4. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L'interessato è anch'esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui al sesto e al settimo periodo del comma 8 dell'articolo 13. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 13 e dal presente articolo, escluso il requisito della vicinanza del centro permanenza temporanea ed assistenza di cui al comma 1, e sentito l'interessato, se comparso. Il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia osservato il termine per la decisione. La convalida può essere disposta anche in occasione della convalida del decreto di accompagnamento alla frontiera, nonché in sede di esame del ricorso avverso il provvedimento di espulsione (140) (141) (142) (143) (144).

 

5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice (145).

 

5-bis. Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza aver eseguito l'espulsione o il respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. L'ordine è dato con provvedimento scritto, recante l'indicazione delle conseguenze penali della sua trasgressione (146) (147) (148) (149) (150).

 

5-ter. Lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis, è punito con la reclusione da uno a quattro anni se l'espulsione è stata disposta per ingresso illegale sul territorio nazionale ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato (151). Si applica la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno se l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo. In ogni caso si procede all'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (152) (153) (154) (155) (156) (157) (158) (159) (160).

 

5-quater. Lo straniero già espulso ai sensi del comma 5-ter, primo periodo, che viene trovato, in violazione delle norme del presente testo unico, nel territorio dello Stato è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Se l'ipotesi riguarda lo straniero espulso ai sensi del comma 5-ter, secondo periodo, la pena è la reclusione da uno a quattro anni (161).

 

5-quinquies. Per i reati previsti ai commi 5-ter e 5-quater si procede con rito direttissimo. Al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione, il questore dispone i provvedimenti di cui al comma 1. Per i reati previsti dai commi 5-ter, primo periodo, e 5-quater è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto (162) (163) (164) (165) (166) (167) (168).

 

6. Contro i decreti di convalida e di proroga di cui al comma 5 è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione della misura.

 

7. Il questore, avvalendosi della forza pubblica, adotta efficaci misure di vigilanza affinché lo straniero non si allontani indebitamente dal centro e provvede a ripristinare senza ritardo la misura nel caso questa venga violata.

 

8. Ai fini dell'accompagnamento anche collettivo alla frontiera, possono essere stipulate convenzioni con soggetti che esercitano trasporti di linea o con organismi anche internazionali che svolgono attività di assistenza per stranieri.

 

9. Oltre a quanto previsto dal regolamento di attuazione e dalle norme in materia di giurisdizione, il Ministro dell'interno adotta i provvedimenti occorrenti per l'esecuzione di quanto disposto dal presente articolo, anche mediante convenzioni con altre amministrazioni dello Stato, con gli enti locali, con i proprietari o concessionari di aree, strutture e altre installazioni nonché per la fornitura di beni e servizi. Eventuali deroghe alle disposizioni vigenti in materia finanziaria e di contabilità sono adottate di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Il Ministro dell'interno promuove inoltre le intese occorrenti per gli interventi di competenza di altri Ministri (169).

 

 

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(133)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione;

ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

(134)  La Corte costituzionale, con ordinanza 10-25 luglio 2002, n. 402 (Gazz. Uff. 31 luglio 2002, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione.

La Corte costituzionale, con ordinanza 16 - 30 gennaio 2003, n. 17 (Gazz. Uff. 5 febbraio 2003, n. 5, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione.

(135)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

(136)  Comma così modificato dal comma 4 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241.

(137)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 297 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 11, 13, 24 e 111 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 14-26 febbraio 2002, n. 35 (Gazz. Uff. 6 marzo 2002, n. 10, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli artt. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione. La stessa Corte con successiva ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 45 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli art. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

(138)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 298 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 44 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La stessa Corte con ordinanza 24 aprile-7 maggio 2002, n. 170 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 176 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4 e 5, e dell'articolo 14, comma 5, nonché dell'articolo 14 del medesimo decreto legislativo, sollevate in riferimento agli articoli 13 e 24 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 187 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli articoli 13, secondo e terzo comma, e 24 della Costituzione.

(139)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

(140)  Comma così sostituito dal comma 5 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(141)  La Corte costituzionale, con sentenza 22 marzo-10 aprile 2001, n. 105 (Gazz. Uff. 18 aprile 2001, n. 16, serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, comma 4, sollevata in riferimento all'art. 13, commi secondo e terzo, della Costituzione.; dichiara inoltre non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5, sollevata in riferimento all'art. 13, commi secondo e terzo, della Costituzione.

(142)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 297 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 11, 13, 24 e 111 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 14-26 febbraio 2002, n. 35 (Gazz. Uff. 6 marzo 2002, n. 10, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli artt. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione. La stessa Corte con successiva ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 45 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli art. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

(143)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 298 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 44 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La stessa Corte con ordinanza 24 aprile-7 maggio 2002, n. 170 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 176 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4 e 5, e dell'articolo 14, comma 5, nonché dell'articolo 14 del medesimo decreto legislativo, sollevate in riferimento agli articoli 13 e 24 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 187 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli articoli 13, secondo e terzo comma, e 24 della Costituzione.

(144)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

(145)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(146)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(147)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-21 luglio 2004, n. 257 (Gazz. Uff. 28 luglio 2004, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 13 della Costituzione;

ha infine dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 7, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 24 e 27 della Costituzione.

(148) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

(149) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(150) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 386 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-bis e 5-ter, come modificato della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione.

(151) La Corte costituzionale, con sentenza 22 gennaio-2 febbraio 2007, n. 22 (Gazz. Uff. 7 febbraio 2007, n. 6, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo, come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 16 e 27 della Costituzione; ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del 2004, nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio dello straniero che si trattenga nel territorio dello Stato in violazione del precedente comma 5-ter, primo periodo, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 27 Cost.

(152)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dal comma 5-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(153)  La Corte costituzionale, con sentenza 18 dicembre 2003-13 gennaio 2004, n. 5 (Gazz. Uff. 21 gennaio 2004, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25, 27 e 97 della Costituzione. La stessa Corte, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre nuovi profili, con ordinanza 23 febbraio-2 marzo 2004, n. 80 (Gazz. Uff. 10 marzo 2004, n. 10, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24 e 25 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 27-29 settembre 2004, n. 302 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2004, n. 39, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del citato art. 14, comma 5-ter, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 27 della Costituzione.

(154)  La Corte costituzionale, con ordinanza 28 ottobre-5 novembre 2004, n. 333 (Gazz. Uff. 10 novembre 2004, n. 44, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, inseriti dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata dal Tribunale di Velletri. La stessa Corte, con altra ordinanza 12-21 ottobre 2005, n. 395 (Gazz. Uff. 26 ottobre 2005, n. 43, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione.

(155)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 febbraio-8 marzo 2005, n. 100 (Gazz. Uff. 16 marzo 2005, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, aggiunti dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 13 e 25 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 30 novembre-13 dicembre 2005, n. 447 (Gazz. Uff. 21 dicembre 2005, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.

(156)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-6 aprile 2005, n. 141 (Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, inserito dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24, 27, 104 e 111 della Costituzione.

(157) La stessa Corte, con altra ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 364 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 376 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24, 27, 104 e 111 della Costituzione.

(158) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 386 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-bis e 5-ter, come modificato della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione.

(159) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 388 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nelle parti riguardanti l'arresto obbligatorio e l'obbligatorietà del rito direttissimo, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione; inoltre ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, in relazione all'art. 13, comma 7, nella parte in cui non prescrive l'obbligatoria traduzione dell'ordine di espulsione dello straniero in una lingua conosciuta dallo stesso, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(160) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 gennaio-9 febbraio 2007, n. 35 (Gazz. Uff. 14 febbraio 2007, n. 7, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.

(161)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dal comma 5-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(162)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dal comma 6 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, come sostituito dalla relativa legge di conversione. La Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 223 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28 - Prima serie speciale), aveva dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dell'originario comma 5-quinquies nella parte in cui stabiliva che per il reato previsto dal comma 5-ter del presente articolo fosse obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto.

(163)  La Corte costituzionale, con ordinanza 28 ottobre-5 novembre 2004, n. 333 (Gazz. Uff. 10 novembre 2004, n. 44, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, inseriti dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata dal Tribunale di Velletri.

(164)  La Corte costituzionale, con ordinanza 13-21 dicembre 2004, n. 405 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, inserito dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13, terzo comma, della Costituzione.

(165)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 febbraio-8 marzo 2005, n. 100 (Gazz. Uff. 16 marzo 2005, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, aggiunti dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 13 e 25 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 30 novembre-13 dicembre 2005, n. 447 (Gazz. Uff. 21 dicembre 2005, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.

(166) La Corte costituzionale, con ordinanza 7-22 luglio 2005, n. 313 (Gazz. Uff. 27 luglio 2005, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, inserito dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 13, terzo comma, della Costituzione.

(167) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 388 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nelle parti riguardanti l'arresto obbligatorio e l'obbligatorietà del rito direttissimo, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione; inoltre ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, in relazione all'art. 13, comma 7, nella parte in cui non prescrive l'obbligatoria traduzione dell'ordine di espulsione dello straniero in una lingua conosciuta dallo stesso, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(168) La Corte costituzionale, con sentenza 22 gennaio-2 febbraio 2007, n. 22 (Gazz. Uff. 7 febbraio 2007, n. 6, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo, come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 16 e 27 della Costituzione; ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del 2004, nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio dello straniero che si trattenga nel territorio dello Stato in violazione del precedente comma 5-ter, primo periodo, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 27 Cost.

(169)  Vedi, anche, il comma 2-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

 

 

Art. 15

Espulsione a titolo di misura di sicurezza e disposizioni per l'esecuzione dell'espulsione (170).

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 13)

1. Fuori dei casi previsti dal codice penale, il giudice può ordinare l'espulsione dello straniero che sia condannato per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, sempre che risulti socialmente pericoloso.

 

1-bis. Della emissione del provvedimento di custodia cautelare o della definitiva sentenza di condanna ad una pena detentiva nei confronti di uno straniero proveniente da Paesi extracomunitari viene data tempestiva comunicazione al questore ed alla competente autorità consolare al fine di avviare la procedura di identificazione dello straniero e consentire, in presenza dei requisiti di legge, l'esecuzione della espulsione subito dopo la cessazione del periodo di custodia cautelare o di detenzione (171).

 

 

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(170)  Rubrica così sostituita dal comma 2 dell'art. 14, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(171)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, L. 30 luglio 2002, n. 189.

 

 

Art. 16

Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 14)

1. Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna per un reato non colposo o nell'applicare la pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale nei confronti dello straniero che si trovi in taluna delle situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, quando ritiene di dovere irrogare la pena detentiva entro il limite di due anni e non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 163 del codice penale né le cause ostative indicate nell'articolo 14, comma 1, del presente testo unico, può sostituire la medesima pena con la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni.

 

2. L'espulsione di cui al comma 1 è eseguita dal questore anche se la sentenza non è irrevocabile, secondo le modalità di cui all'articolo 13, comma 4.

 

3. L'espulsione di cui al comma 1 non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguardi uno o più delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero i delitti previsti dal presente testo unico, puniti con pena edittale superiore nel massimo a due anni.

 

4. Se lo straniero espulso a norma del comma 1 rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dall'articolo 13, comma 14, la sanzione sostitutiva è revocata dal giudice competente.

 

5. Nei confronti dello straniero, identificato, detenuto, che si trova in taluna delle situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, che deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni, è disposta l'espulsione. Essa non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguarda uno o più delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero i delitti previsti dal presente testo unico (172) (173).

 

6. Competente a disporre l'espulsione di cui al comma 5 è il magistrato di sorveglianza, che decide con decreto motivato, senza formalità, acquisite le informazioni degli organi di polizia sull'identità e sulla nazionalità dello straniero. Il decreto di espulsione è comunicato allo straniero che, entro il termine di dieci giorni, può proporre opposizione dinanzi al tribunale di sorveglianza. Il tribunale decide nel termine di venti giorni (174) (175).

 

7. L'esecuzione del decreto di espulsione di cui al comma 6 è sospesa fino alla decorrenza dei termini di impugnazione o della decisione del tribunale di sorveglianza e, comunque, lo stato di detenzione permane fino a quando non siano stati acquisiti i necessari documenti di viaggio. L'espulsione è eseguita dal questore competente per il luogo di detenzione dello straniero con la modalità dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (176) (177).

 

8. La pena è estinta alla scadenza del termine di dieci anni dall'esecuzione dell'espulsione di cui al comma 5, sempre che lo straniero non sia rientrato illegittimamente nel territorio dello Stato. In tale caso, lo stato di detenzione è ripristinato e riprende l'esecuzione della pena (178) (179).

 

9. L'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione non si applica ai casi di cui all'articolo 19 (180) (181) (182).

 

 

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(172)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(173)  La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(174)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(175)  La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(176)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(177)  La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(178)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(179)  La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(180)  Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 15, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(181)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(182)  La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

 

 

Art. 17

Diritto di difesa.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 15)

1. Lo straniero parte offesa ovvero sottoposto a procedimento penale è autorizzato a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per l'esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di atti per i quali è necessaria la sua presenza. L'autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta della parte offesa o dell'imputato o del difensore (183) (184).

 

 

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(183)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 16, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(184) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 363 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 376 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 17 come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 104 e 111 della Costituzione.

 

 

Capo III - Disposizioni di carattere umanitario

 

Art. 18

Soggiorno per motivi di protezione sociale.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 16)

1. Quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per taluno dei delitti di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, o di quelli previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, ovvero nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali, siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero, ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un'associazione dedita ad uno dei predetti delitti o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche su proposta del Procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità, rilascia uno speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti dell'organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale.

 

2. Con la proposta o il parere di cui al comma 1, sono comunicati al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza delle condizioni ivi indicate, con particolare riferimento alla gravità ed attualità del pericolo ed alla rilevanza del contributo offerto dallo straniero per l'efficace contrasto dell'organizzazione criminale ovvero per la individuazione o cattura dei responsabili dei delitti indicati nello stesso comma. Le modalità di partecipazione al programma di assistenza ed integrazione sociale sono comunicate al Sindaco.

 

3. Con il regolamento di attuazione sono stabilite le disposizioni occorrenti per l'affidamento della realizzazione del programma a soggetti diversi da quelli istituzionalmente preposti ai servizi sociali dell'ente locale, e per l'espletamento dei relativi controlli. Con lo stesso regolamento sono individuati i requisiti idonei a garantire la competenza e la capacità di favorire l'assistenza e l'integrazione sociale, nonché la disponibilità di adeguate strutture organizzative dei soggetti predetti.

 

4. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente articolo ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno, o per il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia. Esso è revocato in caso di interruzione del programma o di condotta incompatibile con le finalità dello stesso, segnalate dal procuratore della Repubblica o, per quanto di competenza, dal servizio sociale dell'ente locale, o comunque accertate dal questore, ovvero quando vengono meno le altre condizioni che ne hanno giustificato il rilascio.

 

5. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo consente l'accesso ai servizi assistenziali e allo studio, nonché l'iscrizione nelle liste di collocamento e lo svolgimento di lavoro subordinato, fatti salvi i requisiti minimi di età. Qualora, alla scadenza del permesso di soggiorno, l'interessato risulti avere in corso un rapporto di lavoro, il permesso può essere ulteriormente prorogato o rinnovato per la durata del rapporto medesimo o, se questo è a tempo indeterminato, con le modalità stabilite per tale motivo di soggiorno. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì convertito in permesso di soggiorno per motivi di studio qualora il titolare sia iscritto ad un corso regolare di studi.

 

6. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì rilasciato, all'atto delle dimissioni dall'istituto di pena, anche su proposta del procuratore della Repubblica o del giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni, allo straniero che ha terminato l'espiazione di una pena detentiva, inflitta per reati commessi durante la minore età, e già dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza e integrazione sociale.

 

6-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche ai cittadini di Stati membri dell'Unione europea che si trovano in una situazione di gravità ed attualità di pericolo (185).

 

7. L'onere derivante dal presente articolo è valutato in lire 5 miliardi per l'anno 1997 e in lire 10 miliardi annui a decorrere dall'anno 1998 (186).

 

 

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(185) Comma aggiunto dal comma 4 dell’art. 6, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, come sotituito dalla relativa legge di conversione.

(186)  In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il Comunicato 26 settembre 2002, n. 4, il Comunicato 2 gennaio 2004, n. 5, il Comunicato 24 gennaio 2005, n. 6, il Comunicato 20 gennaio 2006, n. 7 e il Comunicato 21 febbraio 2007, n. 8. Vedi, anche, l'art. 13, L. 11 agosto 2003, n. 228.

 

 

 

Art. 19

Divieti di espulsione e di respingimento.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 17)

1. In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.

 

2. Non è consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'articolo 13, comma 1, nei confronti:

 

a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi;

 

b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno, salvo il disposto dell'articolo 9;

 

c) degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge, di nazionalità italiana (187) (188);

 

d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono (189) (190) (191) (192) (193) (194) (195) (196).

 

 

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(187)  La Corte costituzionale, con ordinanza 25 ottobre-8 novembre 2000, n. 481 (Gazz. Uff. 15 novembre 2000, n. 47, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera c), sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(188) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-14 aprile 2006, n. 158 (Gazz. Uff. 19 aprile 2006, n. 16, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera c), sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione.

(189)  La Corte costituzionale, con sentenza 12-27 luglio 2000, n. 376 (Gazz. Uff. 2 agosto 2000, n. 32 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità della presente lettera, che sostituisce la lettera d) del comma 2 dell'art. 17 della L. 6 marzo 1998, n. 40, nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio.

(190)  La Corte costituzionale, con ordinanza 4-6 luglio 2001, n. 232 (Gazz. Uff. 11 luglio 2001, n. 27, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione.

(191)  La Corte costituzionale, con sentenza 5-17 luglio 2001, n. 252 (Gazz. Uff. 25 luglio 2001, n. 29, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 32 della Costituzione.

(192) La Corte costituzionale, con ordinanza 20 giugno-1° luglio 2005, n. 260 (Gazz. Uff. 6 luglio 2005, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione.

(193) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-14 aprile 2006, n. 161 (Gazz. Uff. 19 aprile 2006, n. 16, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, sollevata in riferimento all'art. 2 della Costituzione.

(194) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-14 aprile 2006, n. 162 (Gazz. Uff. 19 aprile 2006, n. 16, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 19 e 29, comma 1, lettera b-bis), sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione.

(195) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-11 maggio 2006, n. 192 (Gazz. Uff. 17 maggio 2006, n. 20, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera d), sollevata in riferimento agli artt. 2, 30 e 32 della Costituzione.

(196) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-22 dicembre 2006, n. 444 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera d), sollevata in riferimento agli artt. 2, 30, 31 e 32 della Costituzione.

 

 

Art. 20

Misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 18)

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato d'intesa con i Ministri degli affari esteri, dell'interno, per la solidarietà sociale, e con gli altri Ministri eventualmente interessati, sono stabilite, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo di cui all'articolo 45, le misure di protezione temporanea da adottarsi, anche in deroga a disposizioni del presente testo unico, per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all'Unione Europea (197).

 

2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o un Ministro da lui delegato riferiscono annualmente al Parlamento sull'attuazione delle misure adottate.

 

 

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(197)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi il D.P.C.M. 12 maggio 1999.

 

 

TITOLO III

Disciplina del lavoro

 

Art. 21

Determinazione dei flussi di ingresso.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 19; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 9, comma 3, e art. 10; legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 13)

1. L'ingresso nel territorio dello Stato per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale e di lavoro autonomo, avviene nell'ambito delle quote di ingresso stabilite nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4. Nello stabilire le quote i decreti prevedono restrizioni numeriche all'ingresso di lavoratori di Stati che non collaborano adeguatamente nel contrasto all'immigrazione clandestina o nella riammissione di propri cittadini destinatari di provvedimenti di rimpatrio. Con tali decreti altresì assegnate in via preferenziale quote riservate ai lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea retta di ascendenza, residenti in Paesi non comunitari, che chiedano di essere inseriti in un apposito elenco, costituito presso le rappresentanze diplomatiche o consolari, contenente le qualifiche professionali dei lavoratori stessi, nonché agli Stati non appartenenti all'Unione europea, con i quali il Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'interno e il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, abbia concluso accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi d'ingresso e delle procedure di riammissione. Nell'ambito di tali intese possono essere definiti appositi accordi in materia di flussi per lavoro stagionale, con le corrispondenti autorità nazionali responsabili delle politiche del mercato del lavoro dei paesi di provenienza (198).

 

2. Le intese o accordi bilaterali di cui al comma 1 possono inoltre prevedere la utilizzazione in Italia, con contratto di lavoro subordinato, di gruppi di lavoratori per l'esercizio di determinate opere o servizi limitati nel tempo; al termine del rapporto di lavoro i lavoratori devono rientrare nel paese di provenienza.

 

3. Gli stessi accordi possono prevedere procedure e modalità per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro.

 

4. I decreti annuali devono tenere conto delle indicazioni fornite, in modo articolato per qualifiche o mansioni, dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale sull'andamento dell'occupazione e dei tassi di disoccupazione a livello nazionale e regionale, nonché sul numero dei cittadini stranieri non appartenenti all'Unione europea iscritti nelle liste di collocamento.

 

4-bis. Il decreto annuale ed i decreti infrannuali devono altresì essere predisposti in base ai dati sulla effettiva richiesta di lavoro suddivisi per regioni e per bacini provinciali di utenza, elaborati dall'anagrafe informatizzata, istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui al comma 7. Il regolamento di attuazione prevede possibili forme di collaborazione con altre strutture pubbliche e private, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio (199).

 

4-ter. Le regioni possono trasmettere, entro il 30 novembre di ogni anno, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, un rapporto sulla presenza e sulla condizione degli immigrati extracomunitari nel territorio regionale, contenente anche le indicazioni previsionali relative ai flussi sostenibili nel triennio successivo in rapporto alla capacità di assorbimento del tessuto sociale e produttivo (200).

 

5. Le intese o accordi bilaterali di cui al comma 1 possono prevedere che i lavoratori stranieri che intendono fare ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, si iscrivano in apposite liste, identificate dalle medesime intese, specificando le loro qualifiche o mansioni, nonché gli altri requisiti indicati dal regolamento di attuazione. Le predette intese possono inoltre prevedere le modalità di tenuta delle liste, per il successivo inoltro agli uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

 

6. Nell'àmbito delle intese o accordi di cui al presente testo unico, il Ministro degli affari esteri, d'intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, può predisporre progetti integrati per il reinserimento di lavoratori extracomunitari nei Paesi di origine, laddove ne esistano le condizioni e siano fornite idonee garanzie dai governi dei Paesi di provenienza, ovvero l'approvazione di domande di enti pubblici e privati, che richiedano di predisporre analoghi progetti anche per altri Paesi.

 

7. Il regolamento di attuazione prevede forme di istituzione di un'anagrafe annuale informatizzata delle offerte e delle richieste di lavoro subordinato dei lavoratori stranieri e stabilisce le modalità di collegamento con l'archivio organizzato dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.) e con le questure.

 

8. L'onere derivante dal presente articolo è valutato in lire 350 milioni annui a decorrere dall'anno 1998.

 

 

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(198)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 17, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(199)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 17, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(200)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 17, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

 

 

Art. 22

Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 20; legge 30 dicembre 1986, n. 943, artt. 8, 9 e 11; legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 13)

1. In ogni provincia è istituito presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo uno sportello unico per l'immigrazione, responsabile dell'intero procedimento relativo all'assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato ed indeterminato.

 

2. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con uno straniero residente all'estero deve presentare allo sportello unico per l'immigrazione della provincia di residenza ovvero di quella in cui ha sede legale l'impresa, ovvero di quella ove avrà luogo la prestazione lavorativa:

 

a) richiesta nominativa di nulla osta al lavoro;

 

b) idonea documentazione relativa alle modalità di sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero;

 

c) la proposta di contratto di soggiorno con specificazione delle relative condizioni, comprensiva dell'impegno al pagamento da parte dello stesso datore di lavoro delle spese di ritorno dello straniero nel Paese di provenienza;

 

d) dichiarazione di impegno a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro.

 

3. Nei casi in cui non abbia una conoscenza diretta dello straniero, il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia può richiedere, presentando la documentazione di cui alle lettere b) e c) del comma 2, il nulla osta al lavoro di una o più persone iscritte nelle liste di cui all'articolo 21, comma 5, selezionate secondo criteri definiti nel regolamento di attuazione.

 

4. Lo sportello unico per l'immigrazione comunica le richieste di cui ai commi 2 e 3 al centro per l'impiego di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, competente in relazione alla provincia di residenza, domicilio o sede legale. Il centro per l'impiego provvede a diffondere le offerte per via telematica agli altri centri ed a renderle disponibili su sito INTERNET o con ogni altro mezzo possibile ed attiva gli eventuali interventi previsti dall'articolo 2 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181. Decorsi venti giorni senza che sia stata presentata alcuna domanda da parte di lavoratore nazionale o comunitario, anche per via telematica, il centro trasmette allo sportello unico richiedente una certificazione negativa, ovvero le domande acquisite comunicandole altresì al datore di lavoro. Ove tale termine sia decorso senza che il centro per l'impiego abbia fornito riscontro, lo sportello unico procede ai sensi del comma 5.

 

5. Lo sportello unico per l'immigrazione, nel complessivo termine massimo di quaranta giorni dalla presentazione della richiesta, a condizione che siano state rispettate le prescrizioni di cui al comma 2 e le prescrizioni del contratto collettivo di lavoro applicabile alla fattispecie, rilascia, in ogni caso, sentito il questore, il nulla osta nel rispetto dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi determinati a norma dell'articolo 3, comma 4, e dell'articolo 21, e, a richiesta del datore di lavoro, trasmette la documentazione, ivi compreso il codice fiscale, agli uffici consolari, ove possibile in via telematica. Il nulla osta al lavoro subordinato ha validità per un periodo non superiore a sei mesi dalla data del rilascio.

 

6. Gli uffici consolari del Paese di residenza o di origine dello straniero provvedono, dopo gli accertamenti di rito, a rilasciare il visto di ingresso con indicazione del codice fiscale, comunicato dallo sportello unico per l'immigrazione. Entro otto giorni dall'ingresso, lo straniero si reca presso lo sportello unico per l'immigrazione che ha rilasciato il nulla osta per la firma del contratto di soggiorno che resta ivi conservato e, a cura di quest'ultimo, trasmesso in copia all'autorità consolare competente ed al centro per l'impiego competente.

 

7. Il datore di lavoro che omette di comunicare allo sportello unico per l'immigrazione qualunque variazione del rapporto di lavoro intervenuto con lo straniero, è punito con la sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro. Per l'accertamento e l'irrogazione della sanzione è competente il prefetto.

 

8. Salvo quanto previsto dall'articolo 23, ai fini dell'ingresso in Italia per motivi di lavoro, il lavoratore extracomunitario deve essere munito del visto rilasciato dal consolato italiano presso lo Stato di origine o di stabile residenza del lavoratore.

 

9. Le questure forniscono all'INPS e all'INAIL, tramite collegamenti telematici, le informazioni anagrafiche relative ai lavoratori extracomunitari ai quali è concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, o comunque idoneo per l'accesso al lavoro, e comunicano altresì il rilascio dei permessi concernenti i familiari ai sensi delle disposizioni di cui al titolo IV; l'INPS, sulla base delle informazioni ricevute, costituisce un «Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari», da condividere con altre amministrazioni pubbliche; lo scambio delle informazioni avviene in base a convenzione tra le amministrazioni interessate. Le stesse informazioni sono trasmesse, in via telematica, a cura delle questure, all'ufficio finanziario competente che provvede all'attribuzione del codice fiscale (201).

 

10. Lo sportello unico per l'immigrazione fornisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il numero ed il tipo di nulla osta rilasciati secondo le classificazioni adottate nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4 (202).

 

11. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione ai centri per l'impiego, anche ai fini dell'iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari.

 

12. Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato (203).

 

13. Salvo quanto previsto per i lavoratori stagionali dall'articolo 25, comma 5, in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità al verificarsi della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, anche in deroga al requisito contributivo minimo previsto dall'articolo 1, comma 20, della legge 8 agosto 1995, n. 335.

 

14. Le attribuzioni degli istituti di patronato e di assistenza sociale, di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152, sono estese ai lavoratori extracomunitari che prestino regolare attività di lavoro in Italia.

 

15. I lavoratori italiani ed extracomunitari possono chiedere il riconoscimento di titoli di formazione professionale acquisiti all'estero; in assenza di accordi specifici, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la commissione centrale per l'impiego, dispone condizioni e modalità di riconoscimento delle qualifiche per singoli casi. Il lavoratore extracomunitario può inoltre partecipare, a norma del presente testo unico, a tutti i corsi di formazione e di riqualificazione programmati nel territorio della Repubblica.

 

16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi degli statuti e delle relative norme di attuazione (204).

 

 

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(201)  Comma così modificato dall'art. 80, comma 11, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

(202)  La Corte costituzionale, con ordinanza 11-31 luglio 2002, n. 419 (Gazz. Uff. 7 agosto 2002, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 22, comma 10, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 secondo comma, e 101 della Costituzione.

(203)  Vedi, anche, il comma 6 dell'art. 33, L. 30 luglio 2002, n. 189 e il comma 6 dell'art. 1, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(204)  Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 18, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. Per la definizione della modulistica dello Sportello unico per l'immigrazione vedi, anche, il D.M. 31 marzo 2006.

 

 

Art. 23

Titoli di prelazione.

1. Nell'àmbito di programmi approvati, anche su proposta delle regioni e delle province autonome, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e realizzati anche in collaborazione con le regioni, le province autonome e altri enti locali, organizzazioni nazionali degli imprenditori e datori di lavoro e dei lavoratori, nonché organismi internazionali finalizzati al trasferimento dei lavoratori stranieri in Italia ed al loro inserimento nei settori produttivi del Paese, enti ed associazioni operanti nel settore dell'immigrazione da almeno tre anni, possono essere previste attività di istruzione e di formazione professionale nei Paesi di origine.

 

2. L'attività di cui al comma 1 è finalizzata:

 

a) all'inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano all'interno dello Stato;

 

b) all'inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano all'interno dei Paesi di origine;

 

c) allo sviluppo delle attività produttive o imprenditoriali autonome nei Paesi di origine.

 

3. Gli stranieri che abbiano partecipato alle attività di cui al comma 1 sono preferiti nei settori di impiego ai quali le attività si riferiscono ai fini della chiamata al lavoro di cui all'articolo 22, commi 3, 4 e 5, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione del presente testo unico.

 

4. Il regolamento di attuazione del presente testo unico prevede agevolazioni di impiego per i lavoratori autonomi stranieri che abbiano seguito i corsi di cui al comma 1 (205).

 

 

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(205)  Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 19, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

 

 

 

 

Art. 24

Lavoro stagionale.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 22)

1. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia, o le associazioni di categoria per conto dei loro associati, che intendano instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a carattere stagionale con uno straniero devono presentare richiesta nominativa allo sportello unico per l'immigrazione della provincia di residenza ai sensi dell'articolo 22. Nei casi in cui il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante o le associazioni di categoria non abbiano una conoscenza diretta dello straniero, la richiesta, redatta secondo le modalità previste dall'articolo 22, deve essere immediatamente comunicata al centro per l'impiego competente, che verifica nel termine di cinque giorni l'eventuale disponibilità di lavoratori italiani o comunitari a ricoprire l'impiego stagionale offerto. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 22, comma 3.

 

2. Lo sportello unico per l'immigrazione rilascia comunque l'autorizzazione nel rispetto del diritto di precedenza maturato, decorsi dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma 1 e non oltre venti giorni dalla data di ricezione della richiesta del datore di lavoro.

 

3. L'autorizzazione al lavoro stagionale ha validità da venti giorni ad un massimo di nove mesi, in corrispondenza della durata del lavoro stagionale richiesto, anche con riferimento all'accorpamento di gruppi di lavori di più breve periodo da svolgere presso diversi datori di lavoro.

 

4. Il lavoratore stagionale, ove abbia rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno e sia rientrato nello Stato di provenienza alla scadenza del medesimo, ha diritto di precedenza per il rientro in Italia nell'anno successivo per ragioni di lavoro stagionale, rispetto ai cittadini del suo stesso Paese che non abbiano mai fatto regolare ingresso in Italia per motivi di lavoro. Può, inoltre, convertire il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, qualora se ne verifichino le condizioni.

 

5. Le commissioni regionali tripartite, di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, possono stipulare con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale dei lavoratori e dei datori di lavoro, con le regioni e con gli enti locali, apposite convenzioni dirette a favorire l'accesso dei lavoratori stranieri ai posti di lavoro stagionale. Le convenzioni possono individuare il trattamento economico e normativo, comunque non inferiore a quello previsto per i lavoratori italiani e le misure per assicurare idonee condizioni di lavoro della manodopera, nonché eventuali incentivi diretti o indiretti per favorire l'attivazione dei flussi e dei deflussi e le misure complementari relative all'accoglienza.

 

6. Il datore di lavoro che occupa alle sue dipendenze, per lavori di carattere stagionale, uno o più stranieri privi del permesso di soggiorno per lavoro stagionale, ovvero il cui permesso sia scaduto, revocato o annullato, è punito ai sensi dell'articolo 22, comma 12 (206).

 

 

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(206)  Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 20, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge e il D.M. 31 marzo 2006.

Art. 25

Previdenza e assistenza per i lavoratori stagionali.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 23)

1. In considerazione della durata limitata dei contratti nonché della loro specificità, agli stranieri titolari di permesso di soggiorno per lavoro stagionale si applicano le seguenti forme di previdenza e assistenza obbligatoria, secondo le norme vigenti nei settori di attività:

 

a) assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti;

 

b) assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

 

c) assicurazione contro le malattie;

 

d) assicurazione di maternità.

 

2. In sostituzione dei contributi per l'assegno per il nucleo familiare e per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria, il datore di lavoro è tenuto a versare all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) un contributo in misura pari all'importo dei medesimi contributi ed in base alle condizioni e alle modalità stabilite per questi ultimi. Tali contributi sono destinati ad interventi di carattere socio-assistenziale a favore dei lavoratori di cui all'articolo 45.

 

3. Nei decreti attuativi del documento programmatico sono definiti i requisiti, gli àmbiti e le modalità degli interventi di cui al comma 2.

 

4. Sulle contribuzioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano le riduzioni degli oneri sociali previste per il settore di svolgimento dell'attività lavorativa.

 

5. Ai contributi di cui al comma 1, lettera a), si applicano le disposizioni dell'articolo 22, comma 13, concernenti il trasferimento degli stessi all'istituto o ente assicuratore dello Stato di provenienza. È fatta salva la possibilità di ricostruzione della posizione contributiva in caso di successivo ingresso (207).

 

 

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(207)  Comma così modificato dal comma 2 dell'art. 28, L. 30 luglio 2002, n. 189.

 

 

Art. 26

Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 24)

1. L'ingresso in Italia dei lavoratori stranieri non appartenenti all'Unione europea che intendono esercitare nel territorio dello Stato un'attività non occasionale di lavoro autonomo può essere consentito a condizione che l'esercizio di tali attività non sia riservato dalla legge ai cittadini italiani, o a cittadini di uno degli Stati membri dell'Unione Europea.

 

2. In ogni caso lo straniero che intenda esercitare in Italia una attività industriale, professionale, artigianale o commerciale, ovvero costituire società di capitale o di persone o accedere a cariche societarie deve altresì dimostrare di disporre di risorse adeguate per l'esercizio dell'attività che intende intraprendere in Italia; di essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana per l'esercizio della singola attività, compresi, ove richiesti, i requisiti per l'iscrizione in albi e registri; di essere in possesso di una attestazione dell'autorità competente in data non anteriore a tre mesi che dichiari che non sussistono motivi ostativi al rilascio dell'autorizzazione o della licenza prevista per l'esercizio dell'attività che lo straniero intende svolgere.

 

3. Il lavoratore non appartenente all'Unione europea deve comunque dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (208).

 

4. Sono fatte salve le norme più favorevoli previste da accordi internazionali in vigore per l'Italia.

 

5. La rappresentanza diplomatica o consolare, accertato il possesso dei requisiti indicati dal presente articolo ed acquisiti i nulla osta del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell'interno e del Ministero eventualmente competente in relazione all'attività che lo straniero intende svolgere in Italia, rilascia il visto di ingresso per lavoro autonomo, con l'espressa indicazione dell'attività cui il visto si riferisce, nei limiti numerici stabiliti a norma dell'articolo 3, comma 4, e dell'articolo 21. La rappresentanza diplomatica o consolare rilascia, altresì, allo straniero la certificazione dell'esistenza dei requisiti previsti dal presente articolo ai fini degli adempimenti previsti dall'articolo 5, comma 3-quater, per la concessione del permesso di soggiorno per lavoro autonomo (209).

 

6. Le procedure di cui al comma 5 sono effettuate secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.

 

7. Il visto di ingresso per lavoro autonomo deve essere rilasciato o negato entro centoventi giorni dalla data di presentazione della domanda e della relativa documentazione e deve essere utilizzato entro centottanta giorni dalla data del rilascio.

 

7-bis. La condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l'espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (210) (211) (212) (213).

 

 

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(208)  Comma così modificato dal comma 3 dell'art. 28, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(209)  Periodo aggiunto dal comma 2 dell'art. 18, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(210)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 21, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(211) La Corte costituzionale, con ordinanza 2-4 maggio 2005, n. 189 (Gazz. Uff. 11 maggio 2005, n. 19, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis, sollevata in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 27, 35 e 113 della Costituzione.

(212) La Corte costituzionale, con sentenza 7-22 giugno 2006, n. 240 (Gazz. Uff. 28 giugno 2006, n. 26, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 27, terzo comma, e 41 della Costituzione; ha infine dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 8, sollevata in riferimento agli artt. 3, 100, primo comma, e 103, primo comma, della Costituzione.

(213) La Corte costituzionale, con ordinanza 7-21 marzo 2007, n. 101 (Gazz. Uff. 28 marzo 2007, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis, sollevata in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 27, 35, 41, 100, 103 e 113 della Costituzione.

 

 

Art. 27

Ingresso per lavoro in casi particolari.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 25; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 14, commi 2 e 4)

1. Al di fuori degli ingressi per lavoro di cui agli articoli precedenti, autorizzati nell'àmbito delle quote di cui all'articolo 3, comma 4, il regolamento di attuazione disciplina particolari modalità e termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per ognuna delle seguenti categorie di lavoratori stranieri:

 

a) dirigenti o personale altamente specializzato di società aventi sede o filiali in Italia ovvero di uffici di rappresentanza di società estere che abbiano la sede principale di attività nel territorio di uno Stato membro dell'Organizzazione mondiale del commercio, ovvero dirigenti di sedi principali in Italia di società italiane o di società di altro Stato membro dell'Unione europea;

 

b) lettori universitari di scambio o di madre lingua;

 

c) professori universitari e ricercatori destinati a svolgere in Italia un incaricato accademico o un'attività retribuita di ricerca presso università, istituti di istruzione e di ricerca operanti in Italia;

 

d) traduttori e interpreti;

 

e) collaboratori familiari aventi regolarmente in corso all'estero da almeno un anno, rapporti di lavoro domestico a tempo pieno con cittadini italiani o di uno degli Stati membri dell'Unione europea residenti all'estero che si trasferiscono in Italia, per la prosecuzione del rapporto di lavoro domestico;

 

f) persone che, autorizzate a soggiornare per motivi di formazione professionale, svolgano periodi temporanei di addestramento presso datori di lavoro italiani effettuando anche prestazioni che rientrano nell'ambito del lavoro subordinato (214);

 

g) lavoratori alle dipendenze di organizzazioni o imprese operanti nel territorio italiano, che siano stati ammessi temporaneamente a domanda del datore di lavoro, per adempiere funzioni o compiti specifici, per un periodo limitato o determinato, tenuti a lasciare l'Italia quando tali compiti o funzioni siano terminati;

 

h) lavoratori marittimi occupati nella misura e con le modalità stabilite nel regolamento di attuazione;

 

i) lavoratori dipendenti regolarmente retribuiti da datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede all'estero e da questi direttamente retribuiti, i quali siano temporaneamente trasferiti dall'estero presso persone fisiche o giuridiche, italiane o straniere, residenti in Italia, al fine di effettuare nel territorio italiano determinate prestazioni oggetto di contratto di appalto stipulato tra le predette persone fisiche o giuridiche residenti o aventi sede in Italia e quelle residenti o aventi sede all'estero, nel rispetto delle disposizioni dell'art. 1655 del codice civile e della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, e delle norme internazionali e comunitarie;

 

l) lavoratori occupati presso circhi o spettacoli viaggianti all'estero;

 

m) personale artistico e tecnico per spettacoli lirici, teatrali, concertistici o di balletto;

 

n) ballerini, artisti e musicisti da impiegare presso locali di intrattenimento;

 

o) artisti da impiegare da enti musicali teatrali o cinematografici o da imprese radiofoniche o televisive, pubbliche o private, o da enti pubblici, nell'ambito di manifestazioni culturali o folcloristiche;

 

p) stranieri che siano destinati a svolgere qualsiasi tipo di attività sportiva professionistica presso società sportive italiane ai sensi della legge 23 marzo 1981, n. 91;

 

q) giornalisti corrispondenti ufficialmente accreditati in Italia e dipendenti regolarmente retribuiti da organi di stampa quotidiani o periodici, ovvero da emittenti radiofoniche o televisive straniere;

 

r) persone che, secondo le norme di accordi internazionali in vigore per l'Italia, svolgono in Italia attività di ricerca o un lavoro occasionale nell'ambito di programmi di scambi di giovani o di mobilità di giovani o sono persone collocate «alla pari»;

r-bis) infermieri professionali assunti presso strutture sanitarie pubbliche e private (215).

 

1-bis. Nel caso in cui i lavoratori di cui alla lettera i) del comma 1 siano dipendenti regolarmente retribuiti dai datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede in uno Stato membro dell'Unione europea, il nulla osta al lavoro è sostituito da una comunicazione, da parte del committente, del contratto in base al quale la prestazione di servizi ha luogo, unitamente ad una dichiarazione del datore di lavoro contenente i nominativi dei lavoratori da distaccare e attestante la regolarità della loro situazione con riferimento alle condizioni di residenza e di lavoro nello Stato membro dell'Unione europea in cui ha sede il datore di lavoro. La comunicazione è presentata allo sportello unico della prefettura-ufficio territoriale del Governo, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno (216).

 

2. In deroga alle disposizioni del presente testo unico i lavoratori extracomunitari dello spettacolo possono essere assunti alle dipendenze dei datori di lavoro per esigenze connesse alla realizzazione e produzione di spettacoli previa apposita autorizzazione rilasciata dall'ufficio speciale per il collocamento dei lavoratori dello spettacolo o sue sezioni periferiche che provvedono, sentito il Dipartimento dello spettacolo, previo nulla osta provvisorio dell'autorità provinciale di pubblica sicurezza. L'autorizzazione è rilasciata, salvo che si tratti di personale artistico ovvero di personale da utilizzare per periodi non superiori a tre mesi, prima che il lavoratore extracomunitario entri nel territorio nazionale. I lavoratori extracomunitari autorizzati a svolgere attività lavorativa subordinata nel settore dello spettacolo non possono cambiare settore di attività né la qualifica di assunzione. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con le Autorità di Governo competenti in materia di turismo ed in materia di spettacolo, determina le procedure e le modalità per il rilascio dell'autorizzazione prevista dal presente comma.

 

3. Rimangono ferme le disposizioni che prevedono il possesso della cittadinanza italiana per lo svolgimento di determinate attività.

 

4. Il regolamento di cui all'articolo 1 contiene altresì norme per l'attuazione delle convenzioni ed accordi internazionali in vigore relativamente all'ingresso e soggiorno dei lavoratori stranieri occupati alle dipendenze di rappresentanze diplomatiche o consolari o di enti di diritto internazionale aventi sede in Italia.

 

5. L'ingresso e il soggiorno dei lavoratori frontalieri non appartenenti all'Unione europea è disciplinato dalle disposizioni particolari previste negli accordi internazionali in vigore con gli Stati confinanti.

 

5-bis. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, su proposta del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), sentiti i Ministri dell'interno e del lavoro e delle politiche sociali, è determinato il limite massimo annuale d'ingresso degli sportivi stranieri che svolgono attività sportiva a titolo professionistico o comunque retribuita, da ripartire tra le federazioni sportive nazionali. Tale ripartizione è effettuata dal CONI con delibera da sottoporre all'approvazione del Ministro vigilante. Con la stessa delibera sono stabiliti i criteri generali di assegnazione e di tesseramento per ogni stagione agonistica anche al fine di assicurare la tutela dei vivai giovanili (217) (218).

 

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(214) Vedi, anche, il D.M. 22 marzo 2006.

(215)  Lettera aggiunta dal comma 1 dell'art. 22, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(216) Comma aggiunto dall'art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

(217)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 22, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(218) Vedi, anche, il D.M. 31 marzo 2006.

 

 

TITOLO IV

Diritto all'unità familiare e tutela dei minori

 

Art. 28

Diritto all'unità familiare.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 26)

1. Il diritto a mantenere o a riacquistare l'unità familiare nei confronti dei familiari stranieri è riconosciuto, alle condizioni previste dal presente testo unico, agli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno rilasciato per motivi di lavoro subordinato o autonomo, ovvero per asilo, per studio, per motivi religiosi o per motivi familiari (219).

 

2. Ai familiari stranieri di cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione Europea continuano ad applicarsi le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1965, n. 1656, fatte salve quelle più favorevoli del presente testo unico o del regolamento di attuazione.

 

3. In tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all'unità familiare e riguardanti i minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall'articolo 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176.

 

 

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(219) Comma così sostituito dalla lettera d) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

 

 

Art. 29

Ricongiungimento familiare.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 27)

1. Lo straniero può chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari:

 

a) coniuge;

 

b) figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso;

 

c) figli maggiorenni a carico qualora permanentemente non possano provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute (220);

 

d) genitori a carico che non dispongano di un adeguato sostegno familiare nel Paese di origine o di provenienza.

 

2. Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i figli di età inferiore a diciotto anni al momento della presentazione dell'istanza di ricongiungimento. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli.

 

3. Salvo quanto previsto dall'articolo 29-bis, lo straniero che richiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilità:

 

a) di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio. Nel caso di un figlio di età inferiore agli anni quattordici al seguito di uno dei genitori, è sufficiente il consenso del titolare dell'alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà (221);

 

b) di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di un solo familiare, al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari, al triplo dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di quattro o più familiari. Per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici è richiesto, in ogni caso, un reddito minimo non inferiore al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.

 

4. È consentito l'ingresso, al seguito dello straniero titolare di carta di soggiorno o di un visto di ingresso per lavoro subordinato relativo a contratto di durata non inferiore a un anno, o per lavoro autonomo non occasionale, ovvero per studio o per motivi religiosi, dei familiari con i quali è possibile attuare il ricongiungimento, a condizione che ricorrano i requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3.

 

5. Salvo quanto disposto dall'articolo 4, comma 6, è consentito l'ingresso, per ricongiungimento al figlio minore regolarmente soggiornante in Italia, del genitore naturale che dimostri, entro un anno dall'ingresso in Italia, il possesso dei requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3.

 

6. Al familiare autorizzato all'ingresso ovvero alla permanenza sul territorio nazionale ai sensi dell'articolo 31, comma 3, è rilasciato, in deroga a quanto previsto dall'articolo 5, comma 3-bis, un permesso per assistenza minore, rinnovabile, di durata corrispondente a quella stabilita dal Tribunale per i minorenni. Il permesso di soggiorno consente di svolgere attività lavorativa ma non può essere convertito in permesso per motivi di lavoro.

 

7. La domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare, corredata della documentazione relativa ai requisiti di cui al comma 3, è presentata allo sportello unico per l'immigrazione presso la prefettura-ufficio territoriale del governo competente per il luogo di dimora del richiedente, il quale ne rilascia copia contrassegnata con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento. L'ufficio, acquisito dalla questura il parere sulla insussistenza dei motivi ostativi all'ingresso dello straniero nel territorio nazionale, di cui all'articolo 4, comma 3, ultimo periodo, e verificata l'esistenza dei requisiti di cui al comma 3, rilascia il nulla osta ovvero un provvedimento di diniego dello stesso. Il rilascio del visto nei confronti del familiare per il quale è stato rilasciato il predetto nulla osta è subordinato all'effettivo accertamento dell'autenticità, da parte dell'autorità consolare italiana, della documentazione comprovante i presupposti di parentela, coniugio, minore età o stato di salute.

 

8. Trascorsi novanta giorni dalla richiesta del nulla osta, l'interessato può ottenere il visto di ingresso direttamente dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, dietro esibizione della copia degli atti contrassegnata dallo sportello unico per l'immigrazione, da cui risulti la data di presentazione della domanda e della relativa documentazione.

 

9. La richiesta di ricongiungimento familiare è respinta se è accertato che il matrimonio o l'adozione hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di consentire all'interessato di entrare o soggiornare nel territorio dello Stato.

 

10. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano:

 

a) quando il soggiornante chiede il riconoscimento dello status di rifugiato e la sua domanda non è ancora stata oggetto di una decisione definitiva;

 

b) agli stranieri destinatari delle misure di protezione temporanea, disposte ai sensi del decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85, ovvero delle misure di cui all'articolo 20;

 

c) nelle ipotesi di cui all'articolo 5, comma 6 (222).

 

 

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(220) La Corte costituzionale, con sentenza 25 ottobre-9 novembre 2006, n. 368 (Gazz. Uff. 15 novembre 2006, n. 45, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, comma 1, lettera c), come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 29 della Costituzione.

(221) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-23 novembre 2006, n. 395 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 29, comma 3, lettera a), sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e 31 della Costituzione.

(222) Articolo prima modificato dal comma 1 dell'art. 23, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dalla lettera e) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennio 2007, n. 5.

 

 

Art. 29-bis

Ricongiungimento familiare dei rifugiati.

1. Lo straniero al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato può richiedere il ricongiungimento familiare per le medesime categorie di familiari e con la stessa procedura di cui all'articolo 29. Non si applicano, in tal caso, le disposizioni di cui all'articolo 29, comma 3.

 

2. Qualora un rifugiato non possa fornire documenti ufficiali che provino i suoi vincoli familiari, in ragione del suo status, ovvero della mancanza di un'autorità riconosciuta o della presunta inaffidabilità dei documenti rilasciati dall'autorità locale, rilevata anche in sede di cooperazione consolare Schengen locale, ai sensi della decisione del Consiglio europeo del 22 dicembre 2003, le rappresentanze diplomatiche o consolari provvedono al rilascio di certificazioni, ai sensi dell'articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200, sulla base delle verifiche ritenute necessarie, effettuate a spese degli interessati. Può essere fatto ricorso, altresì, ad altri mezzi atti a provare l'esistenza del vincolo familiare, tra cui elementi tratti da documenti rilasciati dagli organismi internazionali ritenuti idonei dal Ministero degli affari esteri. Il rigetto della domanda non può essere motivato unicamente dall'assenza di documenti probatori.

 

3. Se il rifugiato è un minore non accompagnato, è consentito l'ingresso ed il soggiorno, ai fini del ricongiungimento, degli ascendenti diretti di primo grado (223).

 

 

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(223) Articolo aggiunto dalla lettere f) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

 

 

Art. 30

Permesso di soggiorno per motivi familiari.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 28)

1. Fatti salvi i casi di rilascio o di rinnovo della carta di soggiorno, il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato:

 

a) allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare, ovvero con visto di ingresso al seguito del proprio familiare nei casi previsti dall'articolo 29, ovvero con visto di ingresso per ricongiungimento al figlio minore;

 

b) agli stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti;

 

c) al familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea residenti in Italia, ovvero con straniero regolarmente soggiornante in Italia. In tal caso il permesso del familiare è convertito in permesso di soggiorno per motivi familiari. La conversione può essere richiesta entro un anno dalla data di scadenza del titolo di soggiorno originariamente posseduto dal familiare. Qualora detto cittadino sia un rifugiato si prescinde dal possesso di un valido permesso di soggiorno da parte del familiare;

 

d) al genitore straniero, anche naturale, di minore italiano residente in Italia. In tal caso il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato anche a prescindere dal possesso di un valido titolo di soggiorno, a condizione che il genitore richiedente non sia stato privato della potestà genitoriale secondo la legge italiana.

 

1-bis. Il permesso di soggiorno nei casi di cui al comma 1, lettera b), è immediatamente revocato qualora sia accertato che al matrimonio non è seguita l'effettiva convivenza salvo che dal matrimonio sia nata prole (224). La richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero di cui al comma 1, lettera a), è rigettata e il permesso di soggiorno è revocato se è accertato che il matrimonio o l'adozione hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all'interessato di soggiornare nel territorio dello Stato (225).

 

2. Il permesso di soggiorno per motivi familiari consente l'accesso ai servizi assistenziali, l'iscrizione a corsi di studio o di formazione professionale, l'iscrizione nelle liste di collocamento, lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro.

 

3. Il permesso di soggiorno per motivi familiari ha la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungimento ai sensi dell'articolo 29 ed è rinnovabile insieme con quest'ultimo.

 

4. [Allo straniero che effettua il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea è rilasciata una carta di soggiorno] (226).

 

5. In caso di morte del familiare in possesso dei requisiti per il ricongiungimento e in caso di separazione legale o di scioglimento del matrimonio o, per il figlio che non possa ottenere la carta di soggiorno, al compimento del diciottesimo anno di età, il permesso di soggiorno può essere convertito in permesso per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro (227).

 

6. Contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonché contro gli altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto all'unità familiare, l'interessato può presentare ricorso al pretore del luogo in cui risiede, il quale provvede, sentito l'interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che accoglie il ricorso può disporre il rilascio del visto anche in assenza del nulla osta. Gli atti del procedimento sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra tassa. L'onere derivante dall'applicazione del presente comma è valutato in lire 150 milioni annui a decorrere dall'anno 1998.

 

 

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(224)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 29, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(225) Periodo aggiunto dalla lettera g) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

(226) Comma così modificato dall'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3 e poi abrogato dall'art. 25, D.Lgs.6 febbraio 2007, n. 30.

(227)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 24, L. 30 luglio 2002, n. 189.

 

 

Art. 31

Disposizioni a favore dei minori.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 29)

1. Il figlio minore della straniero con questi convivente e regolarmente soggiornante è iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno di uno o di entrambi i genitori fino al compimento del quattordicesimo anno di età e segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive, ovvero la più favorevole tra quelle dei genitori con cui convive. Fino al medesimo limite di età il minore che risulta affidato ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno dello straniero al quale è affidato e segue la condizione giuridica di quest'ultimo, se più favorevole. L'assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza e il rinnovo dell'iscrizione.

 

2. Al compimento del quattordicesimo anno di età al minore iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno del genitore ovvero dello straniero affidatario è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore età, ovvero una carta di soggiorno.

 

3. Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico. L'autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza.

 

4. Qualora ai sensi del presente testo unico debba essere disposta l'espulsione di un minore straniero il provvedimento è adottato, su richiesta del questore, dal Tribunale per i minorenni.

 

 

Art. 32

Disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 30)

1. Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all'articolo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all'articolo 23 (228).

 

1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, sempreché non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 (229).

 

1-ter. L'ente gestore dei progetti deve garantire e provare con idonea documentazione, al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis, che l'interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni, ha la disponibilità di un alloggio e frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana, ovvero è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato (230).

 

1-quater. Il numero dei permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite annualmente nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4 (231) (232).

 

 

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(228)  La Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-5 giugno 2003, n. 198 (Gazz. Uff. 11 giugno 2003, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, comma 1, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(229)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 25, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(230)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 25, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(231)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 25, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(232)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-16 luglio 2004, n. 234 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

 

Art. 33

Comitato per i minori stranieri.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 31)

1. Al fine di vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e di coordinare le attività delle amministrazioni interessate è istituito, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, un Comitato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri composto da rappresentanti dei Ministeri degli affari esteri, dell'interno e di grazia e giustizia, del Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché da due rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), da un rappresentante dell'Unione province d'Italia (UPI) e da due rappresentanti di organizzazioni maggiormente rappresentative operanti nel settore dei problemi della famiglia.

 

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, sentiti i Ministri degli affari esteri, dell'interno e di grazia e giustizia, sono definiti i compiti del Comitato di cui al comma 1, concernenti la tutela dei diritti dei minori stranieri in conformità alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176. In particolare sono stabilite:

 

a) le regole e le modalità per l'ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato dei minori stranieri in età superiore a sei anni, che entrano in Italia nell'ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea promossi da enti, associazioni o famiglie italiane, nonché per l'affidamento temporaneo e per il rimpatrio dei medesimi;

 

 

b) le modalità di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio dello Stato, nell'ambito delle attività dei servizi sociali degli enti locali e i compiti di impulso e di raccordo del Comitato di cui al comma 1 con le amministrazioni interessate ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento del minore con la sua famiglia nel Paese d'origine o in un Paese terzo (233).

 

2-bis. Il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato per le finalità di cui al comma 2, è adottato dal Comitato di cui al comma 1. Nel caso risulti instaurato nei confronti dello stesso minore un procedimento giurisdizionale, l'autorità giudiziaria rilascia il nulla osta, salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali (234) (235).

 

3. Il Comitato si avvale, per l'espletamento delle attività di competenza, del personale e dei mezzi in dotazione al Dipartimento degli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ha sede presso il Dipartimento medesimo.

 

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(233)  Comma così sostituito dall'art. 5, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97). In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.C.M. 9 dicembre 1999, n. 535.

(234)  Comma aggiunto dall'art. 5, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(235)  La Corte costituzionale, con ordinanza 10 luglio-4 agosto 2003, n. 295 (Gazz. Uff. 13 agosto 2003, n. 32, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 33, comma 2-bis, sollevata in riferimento all'articolo 3 della Costituzione.

 

 

TITOLO V

Disposizioni in materia sanitaria, nonché di istruzione, alloggio, partecipazione alla vita pubblica e integrazione sociale

 

Capo I - Disposizioni in materia sanitaria

 

Art. 34

Assistenza per gli stranieri iscritti al Servizio sanitario nazionale.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 32)

1. Hanno l'obbligo di iscrizione al servizio sanitario nazionale e hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all'obbligo contributivo, all'assistenza erogata in Italia dal servizio sanitario nazionale e alla sua validità temporale:

 

a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento;

 

b) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza.

 

2. L'assistenza sanitaria spetta altresì ai familiari a carico regolarmente soggiornanti. Nelle more dell'iscrizione al servizio sanitario nazionale ai minori figli di stranieri iscritti al servizio sanitario nazionale è assicurato fin dalla nascita il medesimo trattamento dei minori iscritti.

 

3. Lo straniero regolarmente soggiornate, non rientrante tra le categorie indicate nei commi 1 e 2 è tenuto ad assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità mediante stipula di apposita polizza assicurativa con un istituto assicurativo italiano o straniero, valida sul territorio nazionale, ovvero mediante iscrizione al servizio sanitario nazionale valida anche per i familiari a carico. Per l'iscrizione al servizio sanitario nazionale deve essere corrisposto a titolo di partecipazione alle spese un contributo annuale, di importo percentuale pari a quello previsto per i cittadini italiani, sul reddito complessivo conseguito nell'anno precedente in Italia e all'estero. L'ammontare del contributo è determinato con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e non può essere inferiore al contributo minimo previsto dalle norme vigenti.

 

4. L'iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale può essere altresì richiesta:

 

a) dagli stranieri soggiornanti in Italia titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio;

 

b) dagli stranieri regolarmente soggiornanti collocati alla pari, ai sensi dell'accordo europeo sul collocamento alla pari, adottato a Strasburgo il 24 novembre 1969, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 18 maggio 1973, n. 304.

 

5. I soggetti di cui al comma 4 sono tenuti a corrispondere per l'iscrizione al servizio sanitario nazionale, a titolo di partecipazione alla spesa, un contributo annuale forfettario negli importi e secondo le modalità previsti dal decreto di cui al comma 3.

 

6. Il contributo per gli stranieri indicati al comma 4, lettere a) e b) non è valido per i familiari a carico.

 

7. Lo straniero assicurato al servizio sanitario nazionale è iscritto nella azienda sanitaria locale del comune in cui dimora secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.

 

 

Art. 35

Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 33)

1. Per le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale devono essere corrisposte, dai soggetti tenuti al pagamento di tali prestazioni, le tariffe determinate dalle regioni e province autonome ai sensi dell'articolo 8, commi 5 e 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.

 

2. Restano salve le norme che disciplinano l'assistenza sanitaria ai cittadini stranieri in Italia in base a trattati e accordi internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità sottoscritti dall'Italia.

 

3. Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all'ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presìdi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono, in particolare garantiti:

 

a) la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane, ai sensi della L. 29 luglio 1975, n. 405, e della L. 22 maggio 1978, n. 194, e del decreto 6 marzo 1995 del Ministro della sanità, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1995, a parità di trattamento con i cittadini italiani;

 

b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;

 

c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;

 

d) gli interventi di profilassi internazionale;

 

e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventualmente bonifica dei relativi focolai.

 

4. Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani.

 

5. L'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.

 

6. Fermo restando il finanziamento delle prestazioni ospedaliere urgenti o comunque essenziali a carico del Ministero dell'interno, agli oneri recati dalle rimanenti prestazioni contemplate nel comma 3, nei confronti degli stranieri privi di risorse economiche sufficienti, si provvede nell'ambito delle disponibilità del Fondo sanitario nazionale, con corrispondente riduzione dei programmi riferiti agli interventi di emergenza.

 

 

Art. 36

Ingresso e soggiorno per cure mediche.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 34)

1. Lo straniero che intende ricevere cure mediche in Italia e l'eventuale accompagnatore possono ottenere uno specifico visto di ingresso ed il relativo permesso di soggiorno. A tale fine gli interessati devono presentare una dichiarazione della struttura sanitaria italiana prescelta che indichi il tipo di cura, la data di inizio della stessa e la durata presunta del trattamento terapeutico, devono attestare l'avvenuto deposito di una somma a titolo cauzionale, tenendo conto del costo presumibile delle prestazioni sanitarie richieste, secondo modalità stabilite dal regolamento di attuazione, nonché documentare la disponibilità in Italia di vitto e alloggio per l'accompagnatore e per il periodo di convalescenza dell'interessato. La domanda di rilascio del visto o di rilascio o rinnovo del permesso può anche essere presentata da un familiare o da chiunque altro vi abbia interesse.

 

2. Il trasferimento per cure in Italia con rilascio di permesso di soggiorno per cure mediche è altresì consentito nell'ambito di programmi umanitari definiti ai sensi dell'articolo 12, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, previa autorizzazione del Ministero della sanità, d'intesa con il Ministero degli affari esteri. Le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere, tramite le regioni, sono rimborsate delle spese sostenute che fanno carico al fondo sanitario nazionale.

 

3. Il permesso di soggiorno per cure mediche ha una durata pari alla durata presunta del trattamento terapeutico ed è rinnovabile finché durano le necessità terapeutiche documentate.

 

4. Sono fatte salve le disposizioni in materia di profilassi internazionale.

 

 

Capo II - Disposizioni in materia di istruzione e diritto allo studio e professione

 

Art. 37

Attività professionali.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 35)

1. Agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, in possesso dei titoli professionali legalmente riconosciuti in Italia abilitanti all'esercizio delle professioni, è consentita, in deroga alle disposizioni che prevedono il requisito della cittadinanza italiana, entro un anno dalla data di entrata in vigore dalla legge 6 marzo 1998, n. 40, l'iscrizione agli Ordini o Collegi professionali o, nel caso di professioni sprovviste di albi, l'iscrizione in elenchi speciali da istituire presso i Ministeri competenti, secondo quanto previsto dal regolamento di attuazione. L'iscrizione ai predetti albi o elenchi è condizione necessaria per l'esercizio delle professioni anche con rapporto di lavoro subordinato. Non possono usufruire della deroga gli stranieri che sono stati ammessi in soprannumero ai corsi di diploma, di laurea o di specializzazione, salvo autorizzazione del Governo dello Stato di appartenenza.

 

2. Le modalità, le condizioni ed i limiti temporali per l'autorizzazione all'esercizio delle professioni e per il riconoscimento dei relativi titoli abilitanti non ancora riconosciuti in Italia sono stabiliti con il regolamento di attuazione. Le disposizioni per il riconoscimento dei titoli saranno definite dai Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentiti gli Ordini professionali e le associazioni di categoria interessate.

 

3. Gli stranieri di cui al comma 1, a decorrere dalla scadenza del termine ivi previsto, possono iscriversi agli Ordini, Collegi ed elenchi speciali nell'ambito delle quote definite a norma dell'articolo 3, comma 4, e secondo percentuali massime di impiego definite in conformità ai criteri stabiliti dal regolamento di attuazione.

 

4. In caso di lavoro subordinato, è garantita la parità di trattamento retributivo e previdenziale con i cittadini italiani.

 

 

Art. 38

Istruzione degli stranieri. Educazione interculturale.

(Legge 6 marzo 1998. n. 40, art. 36)

(Legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 9, commi 4 e 5)

1. I minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all'obbligo scolastico; ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all'istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica.

 

2. L'effettività del diritto allo studio è garantita dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali anche mediante l'attivazione di appositi corsi ed iniziative per l'apprendimento della lingua italiana.

 

3. La comunità scolastica accoglie le differenze linguistiche e culturali come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco, dello scambio tra le culture e della tolleranza; a tale fine promuove e favorisce iniziative volte alla accoglienza, alla tutela della cultura e della lingua d'origine e alla realizzazione di attività interculturali comuni.

 

4. Le iniziative e le attività di cui al comma 3 sono realizzate sulla base di una rilevazione dei bisogni locali e di una programmazione territoriale integrata, anche in convenzione con le associazioni degli stranieri, con le rappresentanze diplomatiche o consolari dei Paesi di appartenenza e con le organizzazioni di volontariato.

 

5. Le istituzioni scolastiche, nel quadro di una programmazione territoriale degli interventi, anche sulla base di convenzioni con le Regioni e gli enti locali, promuovono:

 

a) l'accoglienza degli stranieri adulti regolarmente soggiornanti mediante l'attivazione di corsi di alfabetizzazione nelle scuole elementari e medie;

 

b) la realizzazione di un'offerta culturale valida per gli stranieri adulti regolarmente soggiornanti che intendano conseguire il titolo di studio della scuola dell'obbligo;

 

c) la predisposizione di percorsi integrativi degli studi sostenuti nel paese di provenienza al fine del conseguimento del titolo dell'obbligo o del diploma di scuola secondaria superiore;

 

d) la realizzazione ed attuazione di corsi di lingua italiana;

 

e) la realizzazione di corsi di formazione anche nel quadro di accordi di collaborazione internazionale in vigore per l'Italia.

 

6. Le regioni, anche attraverso altri enti locali, promuovono programmi culturali per i diversi gruppi nazionali, anche mediante corsi effettuati presso le scuole superiori o istituti universitari. Analogamente a quanto disposto per i figli dei lavoratori comunitari e per i figli degli emigrati italiani che tornano in Italia, sono attuati specifici insegnamenti integrativi, nella lingua e cultura di origine.

 

7. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono dettate le disposizioni di attuazione del presente capo, con specifica indicazione:

 

a) delle modalità di realizzazione di specifici progetti nazionali e locali, con particolare riferimento all'attivazione di corsi intensivi di lingua italiana nonché dei corsi di formazione ed aggiornamento del personale ispettivo, direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado e dei criteri per l'adattamento dei programmi di insegnamento;

 

b) dei criteri per il riconoscimento dei titoli di studio e degli studi effettuati nei paesi di provenienza ai fini dell'inserimento scolastico, nonché dei criteri e delle modalità di comunicazione con le famiglie degli alunni stranieri, anche con l'ausilio di mediatori culturali qualificati;

 

c) dei criteri per l'iscrizione e l'inserimento nelle classi degli stranieri provenienti dall'estero, per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi e per l'attivazione di specifiche attività di sostegno linguistico;

 

d) dei criteri per la stipula delle convenzioni di cui ai commi 4 e 5.

 

 

Art. 39

Accesso ai corsi delle università.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 37)

1. In materia di accesso all'istruzione universitaria e di relativi interventi per il diritto allo studio è assicurata la parità di trattamento tra lo straniero e il cittadino italiano, nei limiti e con le modalità di cui al presente articolo.

 

2. Le università, nella loro autonomia e nei limiti delle loro disponibilità finanziarie, assumono iniziative volte al conseguimento degli obiettivi del documento programmatico di cui all'articolo 3, promuovendo l'accesso degli stranieri ai corsi universitari di cui all'articolo 1 della legge 19 novembre 1990, n. 341, tenendo conto degli orientamenti comunitari in materia, in particolare riguardo all'inserimento di una quota di studenti universitari stranieri, stipulando apposite intese con gli atenei stranieri per la mobilità studentesca, nonché organizzando attività di orientamento e di accoglienza.

 

3. Con il regolamento di attuazione sono disciplinati:

 

a) gli adempimenti richiesti agli stranieri per il conseguimento del visto di ingresso e del permesso di soggiorno per motivi di studio anche con riferimento alle modalità di prestazione di garanzia di copertura economica da parte di enti o cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato in luogo della dimostrazione di disponibilità di mezzi sufficienti di sostentamento da parte dello studente straniero;

 

b) la rinnovabilità del permesso di soggiorno per motivi di studio e l'esercizio in vigenza di esso di attività di lavoro subordinato o autonomo da parte dello straniero titolare;

 

c) l'erogazione di borse di studio, sussidi e premi agli studenti stranieri, anche a partire da anni di corso successivi al primo, in coordinamento con la concessione delle provvidenze previste dalla normativa vigente in materia di diritto allo studio universitario e senza obbligo di reciprocità;

 

d) i criteri per la valutazione della condizione economica dello straniero ai fini dell'uniformità di trattamento in ordine alla concessione delle provvidenze di cui alla lettera c);

 

e) la realizzazione di corsi di lingua italiana per gli stranieri che intendono accedere all'istruzione universitaria in Italia;

 

f) il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all'estero.

 

4. In base alle norme previste dal presente articolo e dal regolamento di attuazione, sulla base delle disponibilità comunicate dalle università, è disciplinato annualmente, con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro dell'interno, il numero massimo dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per l'accesso all'istruzione universitaria degli studenti stranieri residenti all'estero. Lo schema di decreto è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia che si esprimono entro i successivi trenta giorni (236).

 

5. È comunque consentito l'accesso ai corsi universitari e alle scuole di specializzazione delle università, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia, nonché agli stranieri, ovunque residenti, che sono titolari dei diplomi finali delle scuole italiane all'estero o delle scuole straniere o internazionali, funzionanti in Italia o all'estero, oggetto di intese bilaterali o di normative speciali per il riconoscimento dei titoli di studio e soddisfino le condizioni generali richieste per l'ingresso per studio (237).

 

 

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(236)  Il numero dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per l'accesso ai corsi universitari presso gli atenei nazionali statali e non statali abilitati al rilascio di titoli di studio aventi valore legale, rilasciati in favore dei cittadini stranieri residenti all'estero, è stato fissato, per l'anno accademico 2000-2001, in 20.220, con D.M. 10 novembre 2000 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2000, n. 289); per l'anno accademico 2001-2002, in 22.019, con D.M. 19 dicembre 2001 (Gazz. Uff. 16 aprile 2002, n. 89); per l'anno accademico 2006-2007, in 47.128, con D.M. 11 ottobre 2006 (Gazz. Uff. 30 novembre 2006, n. 279).

(237)  Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 26, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dal comma 6-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

 

 

Capo III - Disposizioni in materia di alloggio e assistenza sociale

 

Art. 40

Centri di accoglienza. Accesso all'abitazione.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 38)

1. Le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni e con le associazioni e le organizzazioni di volontariato predispongono centri di accoglienza destinati ad ospitare, anche in strutture ospitanti cittadini italiani o cittadini di altri Paesi dell'Unione europea, stranieri regolarmente soggiornanti per motivi diversi dal turismo, che siano temporaneamente impossibilitati a provvedere autonomamente alle proprie esigenze alloggiative e di sussistenza. [Il sindaco, quando vengano individuate situazioni di emergenza, può disporre l'alloggiamento nei centri di accoglienza di stranieri non in regola con le disposizioni sull'ingresso e sul soggiorno nel territorio dello Stato, ferme restando le norme sull'allontanamento dal territorio dello Stato degli stranieri in tali condizioni] (238).

 

1-bis. L'accesso alle misure di integrazione sociale è riservato agli stranieri non appartenenti a Paesi dell'Unione europea che dimostrino di essere in regola con le norme che disciplinano il soggiorno in Italia ai sensi del presente testo unico e delle leggi e regolamenti vigenti in materia (239).

 

2. I criteri di accoglienza sono finalizzati a rendere autosufficienti gli stranieri ivi ospitati nel più breve tempo possibile. I centri di accoglienza provvedono, ove possibile, ai servizi sociali e culturali idonei a favorire l'autonomia e l'inserimento sociale degli ospiti. Ogni regione determina i requisiti gestionali e strutturali dei centri e consente convenzioni con enti privati e finanziamenti.

 

3. Per centri di accoglienza si intendono le strutture alloggiative che, anche gratuitamente, provvedono alle immediate esigenze alloggiative ed alimentari, nonché, ove possibile, all'offerta di occasioni di apprendimento della lingua italiana, di formazione professionale, di scambi culturali con la popolazione italiana, e all'assistenza socio-sanitaria degli stranieri impossibilitati a provvedervi autonomamente per il tempo strettamente necessario al raggiungimento dell'autonomia personale per le esigenze di vitto e alloggio nel territorio in cui vive lo straniero.

 

4. Lo straniero regolarmente soggiornante può accedere ad alloggi sociali, collettivi o privati, predisposti secondo i criteri previsti dalle leggi regionali, dai comuni di maggiore insediamento degli stranieri o da associazioni, fondazioni o organizzazioni di volontariato ovvero da altri enti pubblici o privati, nell'ambito di strutture alloggiative, prevalentemente organizzate in forma di pensionato, aperte ad italiani e stranieri, finalizzate ad offrire una sistemazione alloggiativa dignitosa a pagamento, secondo quote calmierate, nell'attesa del reperimento di un alloggio ordinario in via definitiva.

 

5. [Le regioni concedono contributi a comuni, province, consorzi di comuni, o enti morali pubblici o privati, per opere di risanamento igienico-sanitario di alloggi di loro proprietà o di cui abbiano la disponibilità legale per almeno quindici anni, da destinare ad abitazioni di stranieri titolari di carta soggiorno o di permesso di soggiorno per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per studio, per motivi familiari, per asilo politico o asilo umanitario. I contributi possono essere in conto capitale o a fondo perduto e comportano l'imposizione, per un numero determinato di anni, di un vincolo sull'alloggio all'ospitalità temporanea o alla locazione a stranieri regolarmente soggiornanti. L'assegnazione e il godimento dei contributi e degli alloggi così strutturati è effettuata sulla base dei criteri e delle modalità previsti dalla legge regionale] (240).

 

6. Gli stranieri titolari di carta di soggiorno e gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni regione o dagli enti locali per agevolare l'accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione (241).

 

 

 

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(238)  Periodo soppresso dal comma 1 dell'art. 27, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(239)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 27, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(240)  Comma abrogato dal comma 1 dell'art. 27, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(241)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 27, L. 30 luglio 2002, n. 189.

 

 

Art. 41

Assistenza sociale.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 39)

1. Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti (242).

 

 

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(242)  Vedi, anche, l'art. 80, comma 19, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

 

 

Capo IV - Disposizioni sull'integrazione sociale, sulle discriminazioni e istituzione del fondo per le politiche migratorie

 

Art. 42

Misure di integrazione sociale.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 40; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 2)

1. Lo Stato, le regioni, le province e i comuni, nell'ambito delle proprie competenze, anche in collaborazione con le associazioni di stranieri e con le organizzazioni stabilmente operanti in loro favore, nonché in collaborazione con le autorità o con enti pubblici e privati dei Paesi di origine, favoriscono:

 

a) le attività intraprese in favore degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, anche al fine di effettuare corsi della lingua e della cultura di origine, dalle scuole e dalle istituzioni culturali straniere legalmente funzionanti nella Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 389, e successive modificazioni ed integrazioni;

 

b) la diffusione di ogni informazione utile al positivo inserimento degli stranieri nella società italiana in particolare riguardante i loro diritti e i loro doveri, le diverse opportunità di integrazione e crescita personale e comunitaria offerte dalle amministrazioni pubbliche e dall'associazionismo, nonché alle possibilità di un positivo reinserimento nel Paese di origine;

 

c) la conoscenza e la valorizzazione delle espressioni culturali, ricreative, sociali, economiche e religiose degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e ogni iniziativa di informazione sulle cause dell'immigrazione e di prevenzione delle discriminazioni razziali o della xenofobia anche attraverso la raccolta presso le biblioteche scolastiche e universitarie, di libri, periodici e materiale audiovisivo prodotti nella lingua originale dei Paesi di origine degli stranieri residenti in Italia o provenienti da essi;

 

d) la realizzazione di convenzioni con associazioni regolarmente iscritte nel registro di cui al comma 2 per l'impiego all'interno delle proprie strutture di stranieri, titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a due anni, in qualità di mediatori interculturali al fine di agevolare i rapporti tra le singole amministrazioni e gli stranieri appartenenti ai diversi gruppi etnici, nazionali, linguistici e religiosi;

 

e) l'organizzazione di corsi di formazione, ispirati a criteri di convivenza in una società multiculturale e di prevenzione di comportamenti discriminatori, xenofobi o razzisti, destinati agli operatori degli organi e uffici pubblici e degli enti privati che hanno rapporti abituali con stranieri o che esercitano competenze rilevanti in materia di immigrazione.

 

2. Per i fini indicati nel comma 1 è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali un registro delle associazioni selezionate secondo criteri e requisiti previsti nel regolamento di attuazione.

 

3. Ferme restando le iniziative promosse dalle regioni e dagli enti locali, allo scopo di individuare, con la partecipazione dei cittadini stranieri, le iniziative idonee alla rimozione degli ostacoli che impediscono l'effettivo esercizio dei diritti e dei doveri dello straniero, è istituito presso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, un organismo nazionale di coordinamento. Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, nell'ambito delle proprie attribuzioni, svolge inoltre compiti di studio e promozione di attività volte a favorire la partecipazione degli stranieri alla vita pubblica e la circolazione delle informazioni sulla applicazione del presente testo unico.

 

4. Ai fini dell'acquisizione delle osservazioni degli enti e delle associazioni nazionali maggiormente attivi nell'assistenza e nell'integrazione degli immigrati di cui all'articolo 3, comma 1, e del collegamento con i Consigli territoriali di cui all'art. 3, comma 6, nonché dell'esame delle problematiche relative alla condizione degli stranieri immigrati, è istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro da lui delegato. Della Consulta sono chiamati a far parte, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri:

 

a) rappresentanti delle associazioni e degli enti presenti nell'organismo di cui al comma 3 e rappresentanti delle associazioni che svolgono attività particolarmente significative nel settore dell'immigrazione in numero non inferiore a dieci (243);

 

b) rappresentanti degli stranieri extracomunitari designati dalle associazioni più rappresentative operanti in Italia, in numero non inferiore a sei (244);

 

c) rappresentanti designati dalle confederazioni sindacali nazionali dei lavoratori, in numero non inferiore a quattro;

 

d) rappresentanti designati dalle organizzazioni sindacali nazionali dei datori di lavoro dei diversi settori economici, in numero non inferiore a tre;

 

e) otto esperti designati rispettivamente dai Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione, dell'interno, di grazia e giustizia, degli affari esteri, delle finanze e dai Dipartimenti della solidarietà sociale e delle pari opportunità (245);

 

f) otto rappresentanti delle autonomie locali, di cui due designati dalle regioni, uno dall'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), uno dall'Unione delle province italiane (UPI) e quattro dalla Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (246);

 

g) due rappresentanti del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL);

 

g-bis) esperti dei problemi dell'immigrazione in numero non superiore a dieci (247).

 

5. Per ogni membro effettivo della Consulta è nominato un supplente.

 

6. Resta ferma la facoltà delle regioni di istituire, in analogia con quanto disposto al comma 4, lettere a), b), c), d) e g), con competenza nelle loro materie loro attribuite dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato, consulte regionali per i problemi dei lavoratori extracomunitari e delle loro famiglie.

 

7. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di costituzione e funzionamento della Consulta di cui al comma 4 e dei consigli territoriali.

 

8. La partecipazione alle Consulte di cui ai commi 4 e 6 dei membri di cui al presente articolo e dei supplenti è gratuita, con esclusione del rimborso delle eventuali spese di viaggio per coloro che non siano dipendenti dalla pubblica amministrazione e non risiedano nel comune nel quale hanno sede i predetti organi.

 

 

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(243)  Lettera così sostituita dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(244)  Lettera così modificata dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(245)  Lettera così modificata dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(246)  Lettera così sostituita dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(247)  Lettera aggiunta dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

 

 

Art. 43

Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 41)

1. Ai fini del presente capo, costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l'effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica.

 

2. In ogni caso compie un atto di discriminazione:

 

a) il pubblico ufficiale o la persona incaricata di pubblico servizio o la persona esercente un servizio di pubblica necessità che nell'esercizio delle sue funzioni compia od ometta atti nei riguardi di un cittadino straniero che, soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità, lo discriminino ingiustamente;

 

b) chiunque imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;

 

c) chiunque illegittimamente imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire l'accesso all'occupazione, all'alloggio, all'istruzione, alla formazione e ai servizi sociali e socio-assistenziali allo straniero regolarmente soggiornante in Italia soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;

 

d) chiunque impedisca, mediante azioni od omissioni, l'esercizio di un'attività economica legittimamente intrapresa da uno straniero regolarmente soggiornante in Italia, soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, confessione religiosa, etnia o nazionalità;

 

e) il datore di lavoro o i suoi preposti i quali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificata e integrata dalla legge 9 dicembre 1977, n. 903, e dalla legge 11 maggio 1990, n. 108, compiano qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando, anche indirettamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza, ad un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una cittadinanza. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente all'adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori appartenenti ad una determinata razza, ad un determinato gruppo etnico o linguistico, ad una determinata confessione religiosa o ad una cittadinanza e riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento dell'attività lavorativa.

 

3. Il presente articolo e l'articolo 44 si applicano anche agli atti xenofobi, razzisti o discriminatori compiuti nei confronti dei cittadini italiani, di apolidi e di cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea presenti in Italia.

 

 

Art. 44

Azione civile contro la discriminazione.

(Legge 6 marzo 1988, n. 40, art. 42)

1. Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, il giudice però, su istanza di parte, ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione.

 

2. La domanda si propone con ricorso depositato, anche personalmente dalla parte, nella cancelleria del pretore del luogo di domicilio dell'istante.

 

3. Il pretore, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto.

 

4. Il pretore provvede con ordinanza all'accoglimento o al rigetto della domanda. Se accoglie la domanda emette i provvedimenti richiesti che sono immediatamente esecutivi.

 

5. Nei casi di urgenza il pretore provvede con decreto motivato, assunte, ove occorre, sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni, assegnando all'istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza, il pretore, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati nel decreto.

 

6. Contro i provvedimenti del pretore è ammesso reclamo al tribunale nei termini di cui all'articolo 739, secondo comma, del codice di procedura civile. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737, 738 e 739 del codice di procedura civile.

 

7. Con la decisione che definisce il giudizio il giudice può altresì condannare il convenuto al risarcimento del danno, anche non patrimoniale.

 

8. Chiunque elude l'esecuzione di provvedimenti del pretore di cui ai commi 4 e 5 e dei provvedimenti del tribunale di cui al comma 6 è punito ai sensi dell'articolo 388, primo comma, del codice penale.

 

9. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza a proprio danno del comportamento discriminatorio in ragione della razza, del gruppo etnico o linguistico, della provenienza geografica, della confessione religiosa o della cittadinanza può dedurre elementi di fatto anche a carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi contributivi, all'assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai licenziamenti dell'azienda interessata. Il giudice valuta i fatti dedotti nei limiti di cui all'articolo 2729, primo comma, del codice civile.

 

10. Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche in casi in cui non siano individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso può essere presentato dalle rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del presente articolo, ordina al datore di lavoro di definire, sentiti i predetti soggetti e organismi, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.

 

11. Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori ai sensi dell'articolo 43 posti in essere da imprese alle quali siano stati accordati benefìci ai sensi delle leggi vigenti dello Stato o delle regioni, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture, è immediatamente comunicato dal Pretore, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione, alle amministrazioni pubbliche o enti pubblici che abbiano disposto la concessione del beneficio, incluse le agevolazioni finanziarie o creditizie, o dell'appalto. Tali amministrazioni, o enti revocano il beneficio e, nei casi più gravi, dispongono l'esclusione del responsabile per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie, ovvero da qualsiasi appalto.

 

12. Le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni, con le associazioni di immigrati e del volontariato sociale, ai fini dell'applicazione delle norme del presente articolo e dello studio del fenomeno, predispongono centri di osservazione, di informazione e di assistenza legale per gli stranieri, vittime delle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

 

 

Art. 45

Fondo nazionale per le politiche migratorie.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 43)

1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è istituito il Fondo nazionale per le politiche migratorie; destinato al finanziamento delle iniziative di cui agli articoli 20, 38, 40, 42 e 46, inserite nei programmi annuali o pluriennali dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni. La dotazione del Fondo, al netto delle somme derivanti dal contributo di cui al comma 3, è stabilito in lire 12.500 milioni per l'anno 1997, in lire 58.000 milioni per l'anno 1998 e in lire 68.000 milioni per l'anno 1999. Alla determinazione del Fondo per gli anni successivi si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Al Fondo affluiscono altresì le somme derivanti da contributi e donazioni eventualmente disposti da privati, enti, organizzazioni, anche internazionali, da organismi dell'Unione europea, che sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnati al predetto Fondo. Il Fondo è annualmente ripartito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri interessati. Il regolamento di attuazione disciplina le modalità per la presentazione, l'esame, l'erogazione, la verifica, la rendicontazione e la revoca del finanziamento del Fondo (248).

 

2. Lo Stato, le regioni, le province, i comuni adottano, nelle materie di propria competenza, programmi annuali o pluriennali relativi a proprie iniziative e attività concernenti l'immigrazione, con particolare riguardo all'effettiva e completa attuazione operativa del presente testo unico e del regolamento di attuazione, alle attività culturali, formative, informative, di integrazione e di promozione di pari opportunità. I programmi sono adottati secondo i criteri e le modalità indicati dal regolamento di attuazione e indicano le iniziative pubbliche e private prioritarie per il finanziamento da parte del Fondo, compresa l'erogazione di contributi agli enti locali per l'attuazione del programma.

 

3. Con effetto dal mese successivo alla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40, e comunque da data non successiva al 1° gennaio 1998, il 95 per cento delle somme derivanti dal gettito del contributo di cui all'articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, è destinato al finanziamento delle politiche del Fondo di cui al comma 1. Con effetto dal mese successivo alla data di entrata in vigore del presente testo unico tale destinazione è disposta per l'intero ammontare delle predette somme. A tal fine le medesime somme sono versate dall'INPS all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate al predetto Fondo. Il contributo di cui all'articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, è soppresso a decorrere dal 1° gennaio 2000.

 

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(248)  Alla ripartizione dell'80% dello stanziamento del Fondo nazionale per le politiche migratorie si è provveduto con D.P.C.M. 28 settembre 1998 (Gazz. Uff. 19 novembre 1998, n. 271). Alla ripartizione del residuo 20% si è provveduto con D.P.C.M. 17 dicembre 1998 (Gazz. Uff. 18 marzo 1999, n. 64). Per il 1999, si è provveduto con D.P.C.M. 6 agosto 1999 (Gazz. Uff. 12 novembre 1999, n. 266), corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 8 giugno 2000, n. 132. Per il 2000, si è provveduto con D.P.C.M. 23 giugno 2000 (Gazz. Uff. 26 luglio 2000, n. 173).

 

 

 

Art. 46

Commissione per le politiche di integrazione.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 44)

1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali è istituita la commissione per le politiche di integrazione.

 

2. La commissione ha i compiti di predisporre per il Governo, anche ai fini dell'obbligo di riferire al Parlamento, il rapporto annuale sullo stato di attuazione delle politiche per l'integrazione degli immigrati, di formulare proposte di interventi di adeguamento di tali politiche nonché di fornire risposta a quesiti posti dal Governo concernenti le politiche per l'immigrazione, interculturali, e gli interventi contro il razzismo.

 

3. La commissione è composta da rappresentanti del Dipartimento per gli affari sociali e del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri degli affari esteri, dell'interno, di grazia e giustizia, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, della pubblica istruzione, nonché da un numero massimo di dieci esperti, con qualificata esperienza nel campo dell'analisi sociale, giuridica ed economica dei problemi dell'immigrazione, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro per la solidarietà sociale. Il presidente della commissione è scelto tra i professori universitari di ruolo esperti nelle materie suddette ed è collocato in posizione di fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Possono essere invitati a partecipare alle sedute della commissione i rappresentanti della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, della Conferenza Stato-città ed autonomie locali di altre amministrazioni pubbliche interessate a singole questioni oggetto di esame (249).

 

4. Con il decreto di cui al comma 3 sono determinati l'organizzazione della segreteria della commissione istituita presso il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché i rimborsi ed i compensi spettanti ai membri della commissione e ad esperti dei quali la commissione intenda avvalersi per lo svolgimento dei propri compiti.

 

5. Entro i limiti dello stanziamento annuale previsto per il funzionamento della commissione dal decreto di cui all'articolo 45, comma 1, la commissione può affidare l'effettuazione di studi e ricerche ad istituzioni pubbliche e private, a gruppi o a singoli ricercatori mediante convenzioni deliberate dalla commissione e stipulate dal presidente della medesima, e provvedere all'acquisto di pubblicazioni o materiale necessario per lo svolgimento dei propri compiti.

 

6. Per l'adempimento dei propri compiti la commissione può avvalersi della collaborazione di tutte le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici, delle regioni e degli enti locali.

 

 

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(249)  Comma così modificato dall'art. 7, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

 

 

TITOLO VI

Norme finali

 

Art. 47

Abrogazioni.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 46)

1. Dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, sono abrogati:

 

a) gli articoli 144, 147, 148 e 149 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;

 

b) le disposizioni della legge 30 dicembre 1986, n. 943, ad eccezione dell'art. 3;

 

c) il comma 13 dell'articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335.

 

2. Restano abrogate le seguenti disposizioni:

 

a) l'articolo 151 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;

 

b) l'articolo 25 della legge 22 maggio 1975, n. 152;

 

c) l'articolo 12 della legge 30 dicembre 1986, n. 943;

 

d) l'articolo 5, commi sesto, settimo e ottavo, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33;

 

e) gli articoli 2 e seguenti del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39;

 

f) l'articolo 4 della legge 18 gennaio 1994, n. 50;

 

g) l'articolo 116 del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.

 

3. All'art. 20, comma 2, della legge 2 dicembre 1991, n. 390, restano soppresse le parole:

 

«, sempre che esistano trattati o accordi internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità tra la Repubblica italiana e gli Stati di origine degli studenti, fatte salve le diverse disposizioni previste nell'ambito dei programmi in favore dei Paesi in via di sviluppo».

 

4. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di attuazione del presente testo unico sono abrogate le disposizioni ancora in vigore del Titolo V del regolamento di esecuzione del Testo unico 18 giugno 1941, n. 773, delle leggi di sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635.

 

 

Art. 48

Copertura finanziaria.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 48)

1. All'onere derivante dall'attuazione della legge 6 marzo 1998, n. 40 e del presente testo unico, valutato in lire 42.500 milioni per il 1997 e in lire 124.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, si provvede:

 

a) quanto a lire 22.500 milioni per l'anno 1997 e a lire 104.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, mediante riduzione dello stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 1997-1999 al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1997, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a lire 22.500 milioni per l'anno 1997 e a lire 29.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; quanto a lire 50.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999 l'accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri; quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l'accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione; quanto a lire 5.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri;

 

b) quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999, mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1997, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno.

 

2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


 

Art. 49

Disposizioni finali e transitorie (250).

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 49)

1. Nella prima applicazione delle disposizioni della legge 6 marzo 1998, n. 40, e del presente testo unico si provvede a dotare le questure che ancora non ne fossero provviste delle apparecchiature tecnologiche necessarie per la trasmissione in via telematica dei dati di identificazione personale nonché delle operazioni necessarie per assicurare il collegamento tra le questure e il sistema informativo della Direzione centrale della polizia criminale.

 

1-bis. Agli stranieri già presenti nel territorio dello Stato anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40, in possesso dei requisiti stabiliti dal decreto di programmazione dei flussi per il 1998 emanato ai sensi dell'articolo 3, comma 4, in attuazione del documento programmatico di cui all'articolo 3, comma 1, che abbiano presentato la relativa domanda con le modalità e nei termini previsti dal medesimo decreto, può essere rilasciato il permesso di soggiorno per i motivi ivi indicati. Per gli anni successivi al 1998, gli ingressi per motivi di lavoro di cui all'articolo 3, comma 4, restano disciplinati secondo le modalità ivi previste. In mancanza dei requisiti richiesti per l'ingresso nel territorio dello Stato, si applicano le misure previste dal presente testo unico (251).

 

2. All'onere conseguente all'applicazione del comma 1, valutato in lire 8.000 milioni per l'anno 1998, si provvede a  carico delle risorse di cui all'articolo 48 e comunque nel rispetto del tetto massimo di spesa ivi previsto.

 

2-bis. Per il perfezionamento delle operazioni di identificazione delle persone detenute o internate, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria adotta modalità di effettuazione dei rilievi segnaletici conformi a quelle già in atto per le questure e si avvale delle procedure definite d'intesa con il Dipartimento della pubblica sicurezza (252).

 

 

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(250)  Rubrica così sostituita dall'art. 8, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(251)  Comma aggiunto dall'art. 8, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(252)  Comma aggiunto dall'art. 8, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

 


 

D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394.
Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'art. 1, comma 6, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.


 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 3 novembre 1999, n. 258, S.O.

(2)  Nel testo del presente decreto le parole: «Ministro o Ministero del lavoro e della previdenza sociale» e «Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari sociali» sono state sostituite dalle parole: «Ministro o Ministero del lavoro e delle politiche sociali.», ai sensi di quanto disposto dall'art. 47, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(3)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 22 marzo 2000, n. 300/C/2000; Circ. 5 giugno 2000, n. 34/2000; Circ. 12 luglio 2000, n. 47/2000; Circ. 21 luglio 2000, n. 54/2000; Circ. 28 luglio 2000, n. 55/2000; Circ. 28 luglio 2000, n. 56/2000; Circ. 14 dicembre 2000, n. 89/2000; Circ. 6 marzo 2001, n. 29/2001; Nota 13 novembre 2002, n. 9551;

- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Circ. 18 giugno 2001, n. 62/2001; Lett.Circ. 23 maggio 2002, n. 1459; Circ. 11 febbraio 2005, n. 6/2005;

- Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato: Circ. 4 aprile 2000, n. 3484/C;

- Ministero dell'interno: Circ. 23 dicembre 1999, n. 300/C/227729/12/207; Circ. 22 marzo 2000, n. 300/C/2000; Circ. 4 luglio 2000, n. 300/C/2000/3623/A/12.229.52/1DIV; Circ. 25 marzo 2004, n. 400/A/2004/278/P/12.229.52; Circ. 30 maggio 2005;

- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Nota 3 aprile 2003, n. 1576.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

 

Visto l'articolo 87 della Costituzione;

 

Visto l'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, che dispone l'emanazione del regolamento di attuazione del medesimo testo unico;

 

Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

 

Udita la conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997. n. 281;

 

Acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali;

 

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nelle adunanze dell'11 gennaio 1999 e del 24 maggio 1999;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 gennaio 1999;

 

Acquisito il parere delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;

 

Viste le osservazioni della Corte dei conti;

 

Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 4 giugno e del 4 agosto 1999;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, con il Ministro per gli affari regionali, con il Ministro per la solidarietà sociale, con il Ministro per le pari opportunità, con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro dell'interno, con il Ministro di grazia e giustizia, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con il Ministro della pubblica istruzione, con il Ministro dei trasporti e della navigazione, con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro della sanità e con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;

 

 

Emana il seguente regolamento:

 

 

Capo I

Disposizioni di carattere generale

 

Art. 1.

Accertamento della condizione di reciprocità.

1. Ai fini dell'accertamento della condizione di reciprocità, nei casi previsti dal testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di seguito denominato: «testo unico», il Ministero degli affari esteri, a richiesta, comunica ai notai ed ai responsabili dei procedimenti amministrativi che ammettono gli stranieri al godimento dei diritti in materia civile i dati relativi alle verifiche del godimento dei diritti in questione da parte dei cittadini italiani nei Paesi d'origine dei suddetti stranieri.

 

2. L'accertamento di cui al comma 1, non è richiesto per i cittadini stranieri titolari della carta di soggiorno di cui all'articolo 9 del testo unico, nonché per i cittadini stranieri titolari di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, per l'esercizio di un'impresa individuale, per motivi di famiglia, per motivi umanitari e per motivi di studio, e per i relativi familiari in regola con il soggiorno (4).

 

 

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(4)  Articolo così sostituito dall'art. 1, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 2. 

Rapporti con la pubblica amministrazione.

1. I cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui all'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, limitatamente agli stati, fatti e qualità personali certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici o privati italiani, fatte salve le disposizioni del testo unico o del presente regolamento che prevedono l'esibizione o la produzione di specifici documenti (5).

 

2. Gli stati, fatti, e qualità personali diversi da quelli indicati nel comma 1, sono documentati mediante certificati o attestazioni rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero, legalizzati ai sensi dell'articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200, dalle autorità consolari italiane e corredati di traduzione in lingua italiana, di cui l'autorità consolare italiana attesta la conformità all'originale. Sono fatte salve le diverse disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali in vigore per l'Italia. L'interessato deve essere informato che la produzione di atti o documenti non veritieri è prevista come reato dalla legge italiana e determina gli effetti di cui all'articolo 4, comma 2, del testo unico (6).

 

2-bis. Ove gli stati, fatti e qualità personali di cui al comma 1 non possono essere documentati mediante certificati o attestazioni rilasciati da competenti autorità straniere, in ragione della mancanza di una autorità riconosciuta o della presunta inaffidabilità dei documenti, rilasciati dall'autorità locale, rilevata anche in sede di cooperazione consolare Schengen locale, ai sensi della decisione del Consiglio europeo del 22 dicembre 2003, le rappresentanze diplomatiche o consolari provvedono al rilascio di certificazioni, ai sensi dell'articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200, sulla base delle verifiche ritenute necessarie, effettuate a spese degli interessati (7).

 

 

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(5)  Comma così modificato dall'art. 2, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(6)  Comma così sostituito dall'art. 2, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(7)  Comma aggiunto dall'art. 2, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

Art. 3.

Comunicazioni allo straniero.

1. Le comunicazioni dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria relative ai procedimenti giurisdizionali previsti dal testo unico e dal presente regolamento sono effettuate con avviso di cancelleria al difensore nominato dallo straniero o a quello incaricato di ufficio.

 

2. Le comunicazioni dei provvedimenti concernenti gli stranieri diversi da quelli indicati nel comma 1, emanati dal Ministro dell'interno, dai prefetti, dai questori o dagli organi di polizia sono effettuate a mezzo di ufficiali od agenti di pubblica sicurezza, con le modalità di cui al comma 3, o, quando la persona è irreperibile, mediante notificazione effettuata nell'ultimo domicilio conosciuto.

 

3. Il provvedimento che dispone il respingimento, il decreto di espulsione, il provvedimento di revoca o di rifiuto del permesso di soggiorno, quello di rifiuto della conversione del titolo di soggiorno, la revoca od il rifiuto della carta di soggiorno sono comunicati allo straniero mediante consegna a mani proprie o notificazione del provvedimento scritto e motivato, contenente l'indicazione delle eventuali modalità di impugnazione, effettuata con modalità tali da assicurare la riservatezza del contenuto dell'atto. Se lo straniero non comprende la lingua italiana, il provvedimento deve essere accompagnato da una sintesi del suo contenuto, anche mediante appositi formulari sufficientemente dettagliati, nella lingua a lui comprensibile o, se ciò non è possibile per indisponibilità di personale idoneo alla traduzione del provvedimento in tale lingua, in una delle lingue inglese, francese o spagnola, secondo la preferenza indicata dall'interessato (8) (9).

 

4. Nel provvedimento di espulsione e nella sintesi di cui al comma 3, lo straniero è altresì informato del diritto di essere assistito da un difensore di fiducia, con ammissione, qualora ne sussistano i presupposti, al gratuito patrocinio a spese dello Stato a norma della legge 30 luglio 1990, n. 217, e successive modificazioni, ed è avvisato che, in mancanza di difensore di fiducia, sarà assistito da un difensore di ufficio designato dal giudice tra quelli iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e che le comunicazioni dei successivi provvedimenti giurisdizionali saranno effettuate con l'avviso di cancelleria al difensore nominato dallo straniero o a quello incaricato di ufficio (10).

 

 

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(8)  Comma così sostituito dall'art. 3, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(9) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 gennaio-9 febbraio 2007, n. 37 (Gazz. Uff. 14 febbraio 2007, n. 7, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 3, così come sostituito dall'art. 3, comma 1, lettera a), del D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334, sollevata in riferimento all'art. 24, secondo e terzo comma, della Costituzione.

(10)  Comma così modificato dall'art. 3, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 4. 

Comunicazioni all'autorità consolare.

1. L'informazione prevista dal comma 7 dell'articolo 2 del testo unico contiene:

 

a) l'indicazione dell'autorità giudiziaria o amministrativa che effettua l'informazione;

 

 

b) le generalità dello straniero e la sua nazionalità, nonché, ove possibile, gli estremi del passaporto o di altro documento di riconoscimento, ovvero, in mancanza, le informazioni acquisite in merito alla sua identificazione;

 

 

c) l'indicazione delle situazioni che comportano l'obbligo dell'informazione, con specificazione della data di accertamento della stessa, nonché, ove sia stato emesso un provvedimento nei confronti dello straniero, gli estremi dello stesso;

 

 

d) il luogo in cui lo straniero si trova, nel caso di provvedimento restrittivo della libertà personale, di decesso o di ricovero ospedaliero urgente.

 

2. La comunicazione è effettuata per iscritto, ovvero mediante fonogramma, telegramma, o altri idonei mezzi di comunicazione. Nel caso in cui la rappresentanza diplomatica o consolare più vicina dello Stato di cui lo straniero è cittadino si trovi all'estero, le comunicazioni verranno fatte al Ministero degli affari esteri che provvederà ad interessare la rappresentanza competente.

 

3. L'obbligo di informazione all'autorità diplomatica o consolare non sussiste quando lo straniero, cui la specifica richiesta deve essere rivolta dai soggetti di cui all'articolo 2, comma 7, del testo unico, dichiari espressamente di non volersi avvalere degli interventi di tale autorità. Per lo straniero di età inferiore ai quattordici anni, la rinuncia è manifestata da chi esercita la potestà sul minore.

 

4. Oltre a quanto previsto dall'articolo 2, comma 7, del testo unico, l'informazione all'autorità consolare non è comunque effettuata quando dalla stessa possa derivare il pericolo, per lo straniero o per i componenti del nucleo familiare, di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di origine nazionale, di condizioni personali o sociali.

 

 

Capo II

Ingresso e soggiorno

 

Art. 5. 

Rilascio dei visti di ingresso.

1. Il rilascio dei visti di ingresso o per il transito nel territorio dello Stato è di competenza delle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane a ciò abilitate e, tranne in casi particolari territorialmente competenti per il luogo di residenza dello straniero. Gli uffici di polizia di frontiera italiani possono essere autorizzati a rilasciare visti di ingresso o di transito, per una durata non superiore, rispettivamente, a dieci e a cinque giorni, per casi di assoluta necessità.

 

2. Il visto può essere rilasciato, se ne ricorrono requisiti e condizioni, per la durata occorrente in relazione ai motivi della richiesta e alla documentazione prodotta dal richiedente.

 

3. La tipologia dei visti corrispondente ai diversi motivi di ingresso, nonché i requisiti e le condizioni per l'ottenimento di ciascun tipo di visto sono disciplinati da apposite istruzioni del Ministero degli affari esteri, adottate con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con i Ministri dell'interno, del lavoro e delle politiche sociali, della giustizia, della salute, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, delle attività produttive e per gli affari regionali e sono periodicamente aggiornate anche in esecuzione degli obblighi internazionali assunti dall'Italia (11).

 

4. Le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane sono tenute ad assicurare, per l'esigenze dell'utenza, adeguate forme di pubblicità di detti requisiti e condizioni, nonché degli eventuali requisiti integrativi resi necessari da particolari situazioni locali o da decisioni comuni adottate nell'ambito della cooperazione con le rappresentanze degli altri Stati che aderiscono alla Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen.

 

5. Fermo restando quanto previsto dal comma 4, nella domanda per il rilascio del visto, lo straniero deve indicare le proprie generalità complete e quelle degli eventuali familiari al seguito, gli estremi del passaporto o di altro documento di viaggio riconosciuto equivalente, il luogo dove è diretto, il motivo e la durata del soggiorno (12).

 

6. Alla domanda deve essere allegato il passaporto o altro documento di viaggio riconosciuto equivalente, nonché la documentazione necessaria per il tipo di visto richiesto e, in ogni caso, quella concernente:

 

a) la finalità del viaggio;

 

 

b) l'indicazione dei mezzi di trasporto utilizzati;

 

 

c) la disponibilità dei mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del viaggio e del soggiorno, osservate le direttive di cui all'articolo 4, comma 3, del testo unico (13);

 

 

c-bis) il nullaosta di approvazione del progetto da parte del Comitato per i minori stranieri, rilasciato previa acquisizione di quello della questura per i componenti del nucleo familiare che ospita il minore, con allegata la lista dei minori e degli accompagnatori, per il rilascio del visto per il soggiorno di cui all'articolo 10, comma 3-bis;

 

 

d) le condizioni di alloggio (14).

 

7. [Per i visti relativi ai familiari al seguito lo straniero deve esibire, oltre alla documentazione di cui al comma 6 anche:

 

a) quella comprovante i presupposti di parentela, coniugio, minore età o inabilità al lavoro e di convivenza. A tal fine i certificati rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero sono autenticati dall'autorità consolare italiana che attesta che la traduzione in lingua italiana dei documenti è conforme agli originali;

 

 

b) il nulla osta della questura, utile anche ai fini dell'accertamento della disponibilità di un alloggio, a norma dell'articolo 29, comma 3, lettera a), del testo unico, e dei mezzi di sussistenza di cui allo stesso articolo, comma 3, lettera b). A tal fine l'interessato deve produrre l'attestazione dell'ufficio comunale circa la sussistenza dei requisiti di cui al predetto articolo del testo unico ovvero il certificato di idoneità igienico-sanitaria rilasciato dall'azienda unità sanitaria locale competente per territorio] (15).

 

8. Valutata la ricevibilità della domanda ed esperiti gli accertamenti richiesti in relazione al visto richiesto, ivi comprese le verifiche preventive di sicurezza, il visto è rilasciato entro 90 giorni dalla richiesta, fatto salvo quanto diversamente previsto dal testo unico e dal presente regolamento (16).

 

8-bis. Contestualmente al rilascio del visto d'ingresso, la rappresentanza diplomatica o consolare consegna al titolare del visto una comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile o, ove sia impossibile, in inglese, francese, spagnolo o arabo, secondo le preferenze manifestate dall'interessato, che illustri i diritti e doveri dello straniero relativi all'ingresso ed al soggiorno in Italia, di cui all'articolo 2 del testo unico, nonché l'obbligo di presentarsi nei tempi stabiliti dalla legge alle competenti autorità dopo il suo ingresso in Italia (17).

 

 

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(11)  Comma così sostituito dall'art. 4, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.). In attuazione di quanto disposto nel presente comma, vedi il D.M. 12 luglio 2000.

(12)  Comma così sostituito dall'art. 4, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(13)  Le attuali lettere c), e c-bis), così sostituiscono l'originaria lettera c) ai sensi di quanto disposto dall'art. 4 D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(14)  Le attuali lettere c), e c-bis), così sostituiscono l'originaria lettera c) ai sensi di quanto disposto dall'art. 4 D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(15)  Comma soppresso dall'art. 4, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(16)  Comma così modificato dall'art. 4, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(17)  Comma aggiunto dall'art. 4, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 6. 

Visti per ricongiungimento familiare e per familiari al seguito

1. La richiesta di nullaosta al ricongiungimento familiare, per i soggetti di cui all'articolo 29, comma 1, del testo unico, va presentata allo Sportello unico per l'immigrazione presso la Prefettura-Ufficio territoriale del Governo, competente per il luogo di dimora del richiedente. La domanda dell'interessato deve essere corredata dalla:

 

a) copia della carta di soggiorno o del permesso di soggiorno avente i requisiti di cui all'articolo 28, comma 1, del testo unico;

 

 

b) documentazione attestante la disponibilità del reddito di cui all'articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico;

 

 

c) documentazione attestante la disponibilità di un alloggio, a norma dell'articolo 29, comma 3, lettera a), del testo unico. A tale fine, l'interessato deve produrre l'attestazione dell'ufficio comunale circa la sussistenza dei requisiti di cui al predetto articolo del testo unico ovvero il certificato di idoneità igienico-sanitaria rilasciato dall'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio;

 

 

d) documentazione attestante i rapporti di parentela, la minore età e lo stato di famiglia;

 

 

e) documentazione attestante l'invalidità totale o i gravi motivi di salute previsti dall'articolo 29, comma 1, lettere c) e b-bis), del testo unico, rilasciata, a spese del richiedente, dal medico nominato con decreto della rappresentanza diplomatica o consolare;

 

 

f) documentazione concernente la condizione economica nel Paese di provenienza dei familiari a carico di cui all'articolo 29, comma 1, lettere b-bis) e c) del testo unico, prodotta dalle locali autorità o da soggetti privati, valutata dall'autorità consolare alla luce dei parametri locali.

 

2. L'autorità consolare italiana provvede, ove nulla osti, alla legalizzazione della documentazione di cui al comma 1, lettere d), e) e f), salvo che gli accordi internazionali vigenti per l'Italia prevedano diversamente, nonché alla sua validazione ai fini del ricongiungimento familiare.

 

3. Per i visti relativi ai familiari al seguito, si applica la medesima procedura prevista dai commi 1, lettere b), c), d), e) e f) e 2. Ai fini della richiesta del nullaosta lo straniero può avvalersi di un procuratore speciale.

 

4. Lo Sportello unico per l'immigrazione rilascia ricevuta della domanda e della documentazione presentata mediante apposizione, sulla copia della domanda e degli atti, del timbro datario dell'ufficio e della sigla dell'addetto alla ricezione. Verificata la sussistenza dei requisiti e condizioni previsti dall'articolo 29 del testo unico, nonché i dati anagrafici dello straniero, lo Sportello unico per l'immigrazione verifica l'esistenza del codice fiscale o ne richiede l'attribuzione, secondo le modalità determinate con il decreto del Ministro dell'interno, di cui all'articolo 11, comma 2. Lo Sportello unico per l'immigrazione rilascia, anche attraverso procedure telematiche, entro novanta giorni dalla ricezione, il nullaosta ovvero il provvedimento di diniego, dandone comunicazione all'autorità consolare, avvalendosi anche del collegamento previsto con l'archivio informatizzato della rete mondiale visti presso il Ministero degli affari esteri.

 

5. Le autorità consolari, ricevuto il nullaosta di cui al comma 4 ovvero, se sono trascorsi novanta giorni dalla presentazione della domanda di nullaosta, ricevuta copia della stessa domanda e degli atti contrassegnati a norma del medesimo comma 4, rilasciano il visto di ingresso entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta di visto, dandone comunicazione, in via telematica, allo Sportello unico (18).

 

 

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(18)  Articolo così sostituito dall'art. 5, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 6-bis.

Diniego del visto d'ingresso.

1. Qualora non sussistano i requisiti previsti nel testo unico e nel presente regolamento, l'autorità diplomatica o consolare comunica allo straniero, con provvedimento scritto, il diniego del visto di ingresso, contenente l'indicazione delle modalità di eventuale impugnazione. Il visto di ingresso è negato anche quando risultino accertate condanne in primo grado di cui all'articolo 4, comma 3, del testo unico. Se lo straniero non comprende la lingua italiana, il provvedimento deve essere accompagnato da una traduzione del suo contenuto nella lingua a lui comprensibile o, comunque, in inglese, francese, spagnolo o arabo, secondo le preferenze manifestate dall'interessato. Il provvedimento di diniego è motivato, salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 2, del testo unico. Il provvedimento è consegnato a mani proprie dell'interessato (19).

 

 

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(19)  Articolo aggiunto dall'art. 6, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 7.

Ingresso nel territorio dello Stato.

1. L'ingresso nel territorio dello Stato è comunque subordinato alla effettuazione dei controlli di frontiera, compresi quelli richiesti in attuazione della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, doganali e valutari, ed a quelli sanitari previsti dalla normativa vigente in materia di profilassi internazionale. Per i permessi previsti dalla prassi internazionale in materia trasporti marittimi o aerei si osservano le istruzioni specificamente disposte.

 

2. È fatto obbligo al personale addetto ai controlli di frontiera di apporre sul passaporto il timbro di ingresso, con l'indicazione della data.

 

3. Nei casi di forza maggiore che impediscono l'attracco o l'atterraggio dei mezzi navali o aerei nei luoghi dove sono istituiti i valichi di frontiera deputati ai controlli dei viaggiatori, lo sbarco degli stessi può essere autorizzato dal comandante del porto o dal direttore dell'aeroporto per motivate esigenze, previa comunicazione al questore e all'ufficio o comando di polizia territorialmente competente ed agli uffici di sanità marittima o aerea.

 

4. Nelle circostanze di cui al comma 3, il controllo di frontiera è effettuato dall'ufficio o comando di polizia territorialmente competente, con le modalità stabilite dal questore.

 

5. Le disposizioni dei commi 3 e 4 si osservano anche per il controllo delle persone in navigazione da diporto, che intendono fare ingresso nel territorio dello Stato, le cui imbarcazioni sono eccezionalmente autorizzate ad attraccare in località sprovviste di posto di polizia di frontiera, sulla base delle istruzioni diramate in attuazione della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 30 settembre 1993, n. 388.

 

 

Art. 8. 

Uscita dal territorio dello Stato e reingresso.

1. Lo straniero che lascia il territorio dello Stato per recarsi in uno Stato non appartenente allo spazio di libera circolazione è tenuto a sottoporsi ai controlli di polizia di frontiera. È fatto obbligo al personale addetto ai controlli di apporre sul passaporto il timbro di uscita munito dell'indicazione del valico di frontiera e della data.

 

2. Per lo straniero regolarmente soggiornante in Italia che, dopo esserne uscito, intende farvi ritorno, il reingresso è consentito previa esibizione al controllo di frontiera del passaporto o documento equivalente e del permesso di soggiorno o della carta di soggiorno in corso di validità (20).

 

3. Lo straniero, il cui documento di soggiorno è scaduto da non più di sessanta giorni e che ne abbia chiesto il rinnovo nel rispetto dei termini, per rientrare nel territorio dello Stato è tenuto a munirsi di visto di reingresso, rilasciato dalla rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di provenienza, previa esibizione del documento scaduto. Il predetto termine di sessanta giorni non si applica nei confronti dello straniero che si è allontanato dal territorio nazionale per adempiere agli obblighi militari e si estende fino a sei mesi in caso di sussistenza di comprovati gravi motivi di salute dello straniero, dei suoi parenti di I° grado o del coniuge, fermo restando il possesso dei requisiti previsti per il rinnovo del permesso di soggiorno (21).

 

4. Lo straniero privo del documento di soggiorno, perché smarrito o sottratto, è tenuto a richiedere il visto di reingresso alla competente rappresentanza diplomatica o consolare unendo copia della denuncia del furto o dello smarrimento. Il visto di reingresso è rilasciato previa verifica dell'esistenza del provvedimento del questore concernente il soggiorno.

 

5. [Lo straniero in possesso della carta di soggiorno rientra nel territorio dello Stato mediante la sola esibizione della carta di soggiorno e del passaporto o documento equivalente] (22).

 

 

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(20)  Comma così modificato dall'art. 7, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(21)  Comma così sostituito dall'art. 7, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(22)  Comma soppresso dall'art. 7, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 8-bis.

Contratto di soggiorno per lavoro subordinato.

1. Il datore di lavoro, al momento della richiesta di assunzione di un lavoratore straniero, deve indicare con un'apposita dichiarazione, inserita nella richiesta di assunzione del lavoratore straniero, nonché nella proposta di contratto di soggiorno di cui all'articolo 30-bis, comma 2, lettera d), e comma 3, lettera c), un alloggio fornito di requisiti di abitabilità e idoneità igienico sanitaria, o che rientri nei parametri previsti dal testo unico, e deve impegnarsi, nei confronti dello Stato, al pagamento delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza.

 

2. La documentazione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno, di cui all'articolo 5-bis, comma 1, lettere a) e b), del testo unico, è esibita dal lavoratore al momento della sottoscrizione del contratto di soggiorno, secondo le modalità previste dall'articolo 35, comma 1 (23).

 

 

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(23)  Articolo aggiunto dall'art. 8, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 9. 

Richiesta del permesso di soggiorno.

1. La richiesta del permesso di soggiorno è presentata, entro il termine previsto dal testo unico, al questore della provincia nella quale lo straniero intende soggiornare, ovvero allo Sportello unico in caso di ricongiungimento familiare, di cui all'articolo 6, comma 1, ed in caso d'ingresso per lavoro subordinato, ai sensi dell'articolo 36, comma 1, mediante scheda conforme al modello predisposto dal Ministero dell'interno, sottoscritta dal richiedente e corredata della fotografia dell'interessato, in formato tessera, in quattro esemplari: uno da apporre sulla scheda di domanda, uno da apporre sul permesso di soggiorno, il terzo da conservare agli atti d'ufficio e il quarto da trasmettere al sistema informativo di cui all'articolo 49 del testo unico. In luogo della fotografia in più esemplari, allo straniero può essere richiesto di farsi ritrarre da apposita apparecchiatura per il trattamento automatizzato dell'immagine, in dotazione all'ufficio (24).

 

1-bis. Le modalità di richiesta del permesso di soggiorno, diverse da quelle previste dal comma 1, sono disciplinate con decreto del Ministro dell'interno di attuazione del regolamento (CE) n. 1030/2002 del 13 giugno 2002, del Consiglio, di cui all'articolo 5, comma 8, del testo unico (25).

 

1-ter. In caso di ricongiungimento familiare, lo straniero, entro otto giorni dall'ingresso nel territorio nazionale, si reca presso lo Sportello unico che, a seguito di verifica del visto rilasciato dall'autorità consolare e dei dati anagrafici dello straniero, consegna il certificato di attribuzione del codice fiscale e fa sottoscrivere il modulo precompilato di richiesta del permesso di soggiorno, i cui dati sono, contestualmente, inoltrati alla questura competente per il rilascio del permesso di soggiorno, tramite procedura telematica. Si applica quanto previsto dagli articoli 11, comma 2-bis, e 36, comma 2 (26).

 

1-quater. Lo sportello unico competente richiede l'annullamento dei codici fiscali non consegnati nel termine di diciotto mesi dal rilascio del nullaosta, ovvero conferma l'avvenuta consegna, con la contestuale comunicazione del dato relativo al domicilio fiscale dello straniero, secondo le modalità determinate con il decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo 11, comma 2 (27).

 

2. Nella richiesta di cui al comma 1 lo straniero deve indicare:

 

a) le proprie generalità complete, nonché quelle dei figli minori conviventi, per i quali sia prevista l'iscrizione nel permesso di soggiorno del genitore;

 

 

b) il luogo dove l'interessato dichiara di voler soggiornare;

 

 

c) il motivo del soggiorno.

 

3. Con la richiesta di cui al comma 1 devono essere esibiti:

 

a) il passaporto o altro documento equipollente da cui risultino la nazionalità, la data, anche solo con l'indicazione dell'anno, e il luogo di nascita degli interessati, nonché il visto di ingresso, quando prescritto;

 

 

b) la documentazione, attestante la disponibilità dei mezzi per il ritorno nel Paese di provenienza, nei casi di soggiorno diversi da quelli per motivi di famiglia e di lavoro (28).

 

4. L'ufficio trattiene copia della documentazione esibita e può richiedere, quando occorre verificare la sussistenza delle condizioni previste dal testo unico, l'esibizione della documentazione o di altri elementi occorrenti per comprovare:

 

a) l'esigenza del soggiorno, per il tempo richiesto;

 

 

b) la disponibilità dei mezzi di sussistenza sufficienti commisurati ai motivi e alla durata del soggiorno, in relazione alle direttive di cui all'articolo 4, comma 3, del testo unico, rapportata al numero delle persone a carico;

 

 

c) la disponibilità di altre risorse o dell'alloggio, nei casi in cui tale documentazione sia richiesta dal testo unico o dal presente regolamento.

 

5. Gli stranieri autorizzati al lavoro stagionale ai sensi dell'articolo 24 del testo unico per un periodo non superiore a trenta giorni sono esonerati dall'obbligo di cui all'articolo 5, comma 2-bis, del medesimo testo unico (29).

 

6. La documentazione di cui ai commi 3 e 4 non è necessaria per i richiedenti asilo e per gli stranieri ammessi al soggiorno per i motivi di cui agli articoli 18 e 20 del testo unico e all'articolo 11, comma 1, lettera c) (30).

 

7. L'addetto alla ricezione, esaminati i documenti esibiti, ed accertata l'identità dei richiedenti, rilascia un esemplare della scheda di cui al comma 1, munita di fotografia dell'interessato e del timbro datario dell'ufficio e della sigla dell'addetto alla ricezione, quale ricevuta, indicando il giorno in cui potrà essere ritirato il permesso di soggiorno, con l'avvertenza che all'atto del ritiro dovrà essere esibita la documentazione attestante l'assolvimento degli obblighi in materia sanitaria di cui all'articolo 34, comma 3, del testo unico.

 

 

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(24)  Comma così sostituito dall'art. 9, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(25)  Comma aggiunto dall'art. 9, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(26)  Comma aggiunto dall'art. 9, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(27)  Comma aggiunto dall'art. 9, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

(28)  Lettera così sostituita dall'art. 9, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(29)  Comma così sostituito dall'art. 9, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(30)  Comma così modificato dall'art. 9, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 10. 

Richiesta del permesso di soggiorno in casi particolari.

1. Per gli stranieri in possesso di passaporto o altro documento equipollente, dal quale risulti la data di ingresso nel territorio dello Stato, e del visto di ingresso quando prescritto, che intendono soggiornare in Italia per un periodo non superiore a trenta giorni, l'esemplare della scheda rilasciata per ricevuta a norma dell'articolo 9, comma 7, tiene luogo del permesso di soggiorno per i trenta giorni successivi alla data di ingresso nel territorio nazionale. Ai fini di cui all'articolo 6, comma 3, del testo unico, la scheda deve essere esibita unitamente al passaporto.

 

1-bis. In caso di soggiorno per turismo di durata non superiore a trenta giorni, gli stranieri appartenenti a Paesi in regime di esenzione di visto turistico possono richiedere il permesso di soggiorno al momento dell'ingresso nel territorio nazionale alla frontiera, attraverso la compilazione e la sottoscrizione di un apposito modulo. La ricevuta rilasciata dall'ufficio di polizia equivale a permesso di soggiorno per i trenta giorni successivi alla data di ingresso nel territorio nazionale. Le modalità e le procedure di attuazione del presente comma sono stabilite con decreto del Ministro dell'interno (31).

 

2. Quando si tratta di soggiorno per turismo di durata non superiore a 30 giorni di gruppi guidati la richiesta del permesso di soggiorno può essere effettuata dal capo gruppo, mediante esibizione dei passaporti o documenti equipollenti e, se si tratta di passaporti collettivi, di copia dei documenti di identificazione di ciascuno dei viaggiatori, nonché del programma del viaggio. La disponibilità dei mezzi di sussistenza e di quelli per il ritorno nel Paese d'origine può essere documentata attraverso la attestazione di pagamento integrale del viaggio e del soggiorno turistico.

 

3. Nei casi di cui al comma 2, la ricevuta della richiesta del permesso di soggiorno, munita del timbro dell'ufficio con data e sigla dell'operatore addetto alla ricezione, rilasciata nel numero di esemplari occorrenti, equivale a permesso di soggiorno collettivo per i trenta giorni successivi alla data di ingresso nel territorio nazionale, risultante dall'apposito timbro, munito di data, apposto sul passaporto o altro documento equipollente all'atto del controllo di frontiera.

 

3-bis. Per soggiorni di durata non superiore a novanta giorni di gruppi di minori stranieri partecipanti a progetti di accoglienza a carattere umanitario promossi anche dalla regioni e da enti pubblici locali, per i quali sia stato rilasciato il nullaosta da parte del Comitato per i minori stranieri, la richiesta di soggiorno per i minori può essere presentata dal legale rappresentante dell'ente proponente alla questura competente mediante esibizione del passaporto degli interessati (32).

 

4. Per i soggiorni da trascorrersi presso convivenze civili o religiose, presso ospedali o altri luoghi di cura, la richiesta del permesso di soggiorno può essere presentata in questura dall'esercente della struttura ricettiva o da chi presiede le case, gli ospedali, gli istituti o le comunità in cui lo straniero è ospitato, il quale provvede anche al ritiro e alla consegna all'interessato della ricevuta di cui al comma 1 e del permesso di soggiorno.

 

5. Gli stranieri che intendono soggiornare in Italia per un periodo non superiore a 30 giorni sono esonerati dall'obbligo di cui al comma 8 dell'articolo 6 del testo unico.

 

6. Negli alberghi, negli altri esercizi ricettivi e nei centri di accoglienza alle frontiere deve essere messa a disposizione dei viaggiatori stranieri una trascrizione, nelle lingue italiana, francese, inglese, spagnola e araba delle disposizioni del testo unico e del presente regolamento concernenti l'ingresso e il soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato.

 

 

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(31)  Comma aggiunto dall'art. 10, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(32)  Comma aggiunto dall'art. 10, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 11.

Rilascio del permesso di soggiorno.

1. Il permesso di soggiorno è rilasciato, quando ne ricorrono i presupposti, per i motivi e la durata indicati nel visto d'ingresso o dal testo unico, ovvero per uno dei seguenti altri motivi:

 

a) per richiesta di asilo, per la durata della procedura occorrente, e per asilo;

 

 

b) per emigrazione in un altro Paese, per la durata delle procedure occorrenti;

 

 

c) per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, a favore dello straniero già in possesso del permesso di soggiorno per altri motivi, per la durata del procedimento di concessione o di riconoscimento;

 

 

c-bis) per motivi di giustizia, su richiesta dell'Autorità giudiziaria, per la durata massima di tre mesi prorogabili per lo stesso periodo, nei casi in cui la presenza dello straniero sul territorio nazionale sia indispensabile in relazione a procedimenti penali in corso per uno dei reati di cui all'articolo 380 del codice di procedura penale, nonché per taluno dei delitti di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (33);

 

 

c-ter) per motivi umanitari, nei casi di cui agli articoli 5, comma 6 e 19, comma 1, del testo unico, previo parere delle Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero acquisizione dall'interessato di documentazione riguardante i motivi della richiesta relativi ad oggettive e gravi situazioni personali che non consentono l'allontanamento dello straniero dal territorio nazionale (34);

 

 

c-quater) per residenza elettiva a favore dello straniero titolare di una pensione percepita in Italia (35);

 

c-quinquies) per cure mediche a favore del genitore di minore che si trovi nelle condizioni di cui all'articolo 31, comma 3, del testo unico (36);

 

 

c-sexies) per integrazione del minore, nei confronti dei minori che si trovino nelle condizioni di cui all'articolo 32, commi 1-bis e 1-ter, del testo unico, previo parere del Comitato per i minori stranieri, di cui all'articolo 33 del testo unico (37).

 

1-bis. Allo straniero, entrato in Italia per prestare lavoro stagionale, che si trova nelle condizioni di cui all'articolo 5, comma 3-ter, del testo unico, è rilasciato un permesso di soggiorno triennale, con l'indicazione del periodo di validità per ciascun anno. Il suddetto permesso di soggiorno è immediatamente revocato se lo straniero non si presenta all'ufficio di frontiera esterna al termine della validità annuale e alla data prevista dal visto d'ingresso per il rientro nel territorio nazionale. Tale visto d'ingresso è concesso sulla base del nullaosta, rilasciato ai sensi dell'articolo 38-bis (38).

 

2. Il permesso di soggiorno è rilasciato in conformità al Regolamento (CE) n. 1030/2002 del 13 giugno 2002, del Consiglio, di istituzione di un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi e contiene l'indicazione del codice fiscale. Il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno di cui all'articolo 17, rilasciati in formato elettronico, possono altresì contenere i soli dati biometrici individuati dalla normativa. A tale fine, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinate le modalità di comunicazione, in via telematica, dei dati per l'attribuzione allo straniero del codice fiscale e per l'utilizzazione dello stesso codice come identificativo dello straniero, anche ai fini degli archivi anagrafici dei lavoratori extracomunitari. Con decreto del Ministro dell'interno sono stabilite le modalità di consegna del permesso di soggiorno (39).

 

2-bis. La questura, sulla base degli accertamenti effettuati, procede al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricongiungimento familiare, dandone comunicazione, tramite procedura telematica, allo Sportello unico che provvede alla convocazione dell'interessato per la successiva consegna del permesso o dell'eventuale diniego, di cui all'articolo 12, comma 1 (40).

 

3. La documentazione attestante l'assolvimento degli obblighi in materia sanitaria di cui all'articolo 34, comma 3, del testo unico deve essere esibita al momento del ritiro del permesso di soggiorno.

 

 

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(33)  Lettera aggiunta dall'art. 11, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(34)  Lettera aggiunta dall'art. 11, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(35)  Lettera aggiunta dall'art. 11, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(36)  Lettera aggiunta dall'art. 11, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(37)  Lettera aggiunta dall'art. 11, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(38)  Comma aggiunto dall'art. 11, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(39)  Comma così sostituito dall'art. 11, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(40)  Comma aggiunto dall'art. 11, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 12. 

Rifiuto del permesso di soggiorno.

1. Salvo che debba disporsi il respingimento o l'espulsione immediata con accompagnamento alla frontiera, quando il permesso di soggiorno è rifiutato il questore avvisa l'interessato, facendone menzione nel provvedimento di rifiuto, che, sussistendone i presupposti, si procederà nei suoi confronti per l'applicazione dell'espulsione di cui all'articolo 13 del testo unico.

 

2. Con il provvedimento di cui al comma 1, il questore concede allo straniero un termine, non superiore a quindici giorni lavorativi, per presentarsi al posto di polizia di frontiera indicato e lasciare volontariamente il territorio dello Stato, con l'avvertenza che, in mancanza, si procederà a norma dell'articolo 13 del testo unico.

 

3. Anche fuori dei casi di espulsione, nei casi in cui occorra rimpatriare lo straniero, il prefetto ne avverte il console dello Stato di appartenenza per gli eventuali provvedimenti di competenza e può disporne il rimpatrio, munendolo di foglio di via obbligatorio, anche con la collaborazione degli organismi che svolgono attività di assistenza per stranieri o di altri organismi, anche di carattere internazionale, specializzati nel trasferimento di persone, ovvero concedergli un termine, non superiore a dieci giorni, per presentarsi al posto di polizia di frontiera specificamente indicato e lasciare il territorio dello Stato.

 

 

Art. 13. 

Rinnovo del permesso di soggiorno.

1. Il permesso di soggiorno rilasciato dai Paesi aderenti all'Accordo di Schengen, in conformità di un visto uniforme previsto dalla Convenzione di applicazione del predetto Accordo ovvero rilasciato in esenzione di visto, per i soli motivi di turismo, non può essere rinnovato o prorogato oltre la durata di novanta giorni, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali.

 

2. Ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, fermo restando quanto previsto dall'articolo 22, comma 11, del testo unico, la documentazione attestante la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte lecita, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi a carico può essere accertata d'ufficio sulla base di una dichiarazione temporaneamente sostitutiva resa dall'interessato con la richiesta di rinnovo (41).

 

2-bis. Il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro è subordinato alla sussistenza di un contratto di soggiorno per lavoro, nonché alla consegna di autocertificazione del datore di lavoro attestante la sussistenza di un alloggio del lavoratore, fornito dei parametri richiamati dall'articolo 5-bis, comma 1, lettera a), del testo unico (42).

 

3. La richiesta di rinnovo è presentata in duplice esemplare. L'addetto alla ricezione, esaminati i documenti esibiti, ed accertata l'identità del richiedente, rilascia un esemplare della richiesta, munito del timbro datario dell'ufficio e della propria firma, quale ricevuta, ove sia riportata per iscritto, con le modalità di cui all'articolo 2, comma 6, del testo unico, l'avvertenza che l'esibizione della ricevuta stessa alla competente Azienda sanitaria locale è condizione per la continuità dell'iscrizione al Servizio sanitario nazionale.

 

4. Il permesso di soggiorno non può essere rinnovato o prorogato quando risulta che lo straniero ha interrotto il soggiorno in Italia per un periodo continuativo di oltre sei mesi, o, per i permessi di soggiorno di durata almeno biennale, per un periodo continuativo superiore alla metà del periodo di validità del permesso di soggiorno, salvo che detta interruzione sia dipesa dalla necessità di adempiere agli obblighi militari o da altri gravi e comprovati motivi.

 

 

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(41)  Comma così modificato dall'art. 12, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(42)  Comma aggiunto dall'art. 12, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 14. 

Conversione del permesso di soggiorno.

1. Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo e per motivi familiari può essere utilizzato anche per le altre attività consentite allo straniero, anche senza conversione o rettifica del documento, per il periodo di validità dello stesso. In particolare:

 

a) il permesso di soggiorno rilasciato per lavoro subordinato non stagionale consente l'esercizio di lavoro autonomo, previa acquisizione del titolo abilitativo o autorizzatorio eventualmente prescritto e sempre che sussistano gli altri requisiti o condizioni previste dalla normativa vigente per l'esercizio dell'attività lavorativa in forma autonoma, nonché l'esercizio di attività lavorativa in qualità di socio lavoratore di cooperative;

 

 

b) il permesso di soggiorno rilasciato per lavoro autonomo consente l'esercizio di lavoro subordinato, per il periodo di validità dello stesso, previo inserimento nell'elenco anagrafico o, se il rapporto di lavoro è in corso, previa comunicazione del datore di lavoro alla Direzione provinciale del lavoro;

 

 

c) il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare o per ingresso al seguito del lavoratore, per motivi umanitari ovvero per integrazione minore nei confronti dei minori che si trovino nelle condizioni di cui all'articolo 32, commi 1-bis e 1-ter, del testo unico e per i quali il Comitato per i minori stranieri ha espresso parere favorevole, consente l'esercizio del lavoro subordinato e del lavoro autonomo alle condizioni di cui alle lettere a) e b);

 

 

d) il permesso di soggiorno rilasciato per lavoro subordinato, autonomo e per motivi di famiglia può essere convertito in permesso di soggiorno per residenza elettiva di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c-quater).

 

2. L'ufficio della pubblica amministrazione che rilascia il titolo autorizzatorio o abilitativo, nei casi previsti dal comma 1, lettera a), e la Direzione provinciale del lavoro, nei casi previsti dal comma 1, lettera b), comunicano alla questura, per le annotazioni di competenza, i casi in cui il permesso di soggiorno è utilizzato per un motivo diverso da quello riportato nel documento.

 

3. Con il rinnovo, è rilasciato un nuovo permesso di soggiorno per l'attività effettivamente svolta.

 

4. Il permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione consente, per il periodo di validità dello stesso, l'esercizio di attività lavorative subordinate per un tempo non superiore a 20 ore settimanali, anche cumulabili per cinquantadue settimane, fermo restando il limite annuale di 1.040 ore.

 

5. Fermi restando i requisiti previsti dall'articolo 6, comma 1, del testo unico, le quote d'ingresso definite nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4, del testo unico, per l'anno successivo alla data di rilascio sono decurtate in misura pari al numero dei permessi di soggiorno per motivi di studio o formazione, convertiti in permessi di soggiorno per motivi di lavoro nei confronti di stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale al raggiungimento della maggiore età. La stessa disposizione si applica agli stranieri che hanno conseguito in Italia il diploma di laurea o di laurea specialistica, a seguito della frequenza dei relativi corsi di studio in Italia.

 

6. Salvo che sia diversamente stabilito dagli accordi internazionali o dalle condizioni per le quali lo straniero è ammesso a frequentare corsi di studio in Italia, il permesso di soggiorno per motivi di studio può essere convertito, prima della scadenza, in permesso di soggiorno per motivo di lavoro, nei limiti delle quote fissate a norma dell'articolo 3 del testo unico, e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro presso lo Sportello unico, ai sensi dell'articolo 35, comma 1, o, in caso di lavoro autonomo, previo rilascio della certificazione di cui all'articolo 6, comma 1, del testo unico da parte dello Sportello unico, che cura gli ulteriori adempimenti previsti dall'articolo 39, comma 9. La disposizione si applica, anche agli stranieri ammessi a frequentare corsi di formazione ovvero a svolgere tirocini formativi in Italia. In tali casi la conversione è possibile soltanto dopo la conclusione del corso di formazione frequentato o del tirocinio svolto (43).

 

 

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(43)  Articolo così sostituito dall'art. 13, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 15.

Iscrizioni anagrafiche.

1. Le iscrizioni e le variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate nei casi e secondo i criteri previsti dalla legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e dal regolamento anagrafico della popolazione residente, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, come modificato dal presente regolamento.

 

2. ... (44).

 

3. ... (45).

 

4. ... (46).

 

5. Le iscrizioni, le cancellazioni e le variazioni anagrafiche di cui al presente articolo sono comunicate d'ufficio alla questura competente per territorio entro il termine di quindici giorni.

 

6. ... (47).

 

7. Con decreto del Ministro dell'interno, sentita l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia, l'Istituto nazionale di statistica e l'istituto nazionale per la previdenza sociale, ed il Garante per la protezione dei dati personali, sono determinate le modalità di comunicazione, anche in via telematica, dei dati concernenti i cittadini stranieri fra gli uffici di anagrafe dei comuni, gli archivi dei lavoratori extracomunitari, e gli archivi dei competenti organi centrali e periferici del Ministero dell'interno, nel rispetto dei princìpi di cui agli articoli 9, 22, comma 3, e 27 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni e integrazioni. Lo stesso decreto disciplina anche le modalità tecniche e il calendario secondo cui i Comuni dovranno procedere all'aggiornamento e alla verifica delle posizioni anagrafiche dei cittadini stranieri già iscritti nei registri della popolazione residente alla data di entrata in vigore del presente regolamento (48).

 

 

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(44)  Sostituisce il comma 3 dell'art. 7, D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.

(45)  Sostituisce la lettera c) del comma 1 dell'art. 11, D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.

(46)  Aggiunge un periodo al comma 2 dell'art. 11, D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.

(47)  Aggiunge un periodo al comma 2 dell'art. 20, D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.

(48)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 18 dicembre 2000.

 

 

Art. 16. 

Richiesta della carta di soggiorno.

1. Per il rilascio della carta di soggiorno di cui all'articolo 9 del testo unico, l'interessato è tenuto a farne richiesta per iscritto, su scheda conforme a quella approvata con decreto del Ministro dell'interno.

 

2. All'atto della richiesta, da presentare alla questura del luogo in cui lo straniero risiede, questi deve indicare:

 

a) le proprie generalità complete;

 

 

b) il luogo o i luoghi in cui l'interessato ha soggiornato in Italia nei cinque anni precedenti;

 

 

c) il luogo di residenza;

 

 

d) le fonti di reddito, derivanti anche dal riconoscimento del trattamento pensionistico per invalidità, specificandone l'ammontare (49).

 

3. La domanda deve essere corredata da:

 

a) copia del passaporto o di documento equipollente o del documento di identificazione rilasciato dalla competente autorità italiana da cui risultino la nazionalità, la data, anche solo con l'indicazione dell'anno, e il luogo di nascita, del richiedente;

 

 

b) copia della dichiarazione dei redditi o del modello CUD rilasciato dal datore di lavoro, relativi all'anno precedente, da cui risulti un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale (50);

 

 

c) certificato del casellario giudiziale e certificato delle iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso;

 

 

d) fotografia della persona interessata, in formato tessera, in quattro esemplari, salvo quanto previsto dall'articolo 9, comma 1.

 

4. Salvo quanto previsto dagli articoli 9, comma 2, e 30, comma 4, del testo unico, nel caso di richiesta relativa ai familiari di cui all'articolo 9, comma 1, e all'articolo 29, comma 1, lettera b-bis), del medesimo testo unico, le indicazioni di cui al comma 2 e la documentazione di cui al comma 3 devono riguardare anche il coniuge ed i figli minori degli anni diciotto conviventi, per i quali pure sia richiesta la carta di soggiorno, e deve essere prodotta la documentazione comprovante:

 

a) lo stato di coniuge o di figlio minore. A tale fine, i certificati rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero sono legalizzati dall'autorità consolare italiana che attesta che la traduzione in lingua italiana dei documenti è conforme agli originali, o sono validati dalla stessa nei casi in cui gli accordi internazionali vigenti per l'Italia prevedano diversamente. Tale documentazione non è richiesta qualora il figlio minore abbia fatto ingresso sul territorio nazionale con visto di ingresso per ricongiungimento familiare;

 

 

b) la disponibilità di un alloggio, a norma dell'articolo 29, comma 3, lettera a), del testo unico. A tale fine l'interessato deve produrre l'attestazione dell'ufficio comunale circa la sussistenza dei requisiti di cui al medesimo articolo 29 del testo unico ovvero il certificato di idoneità igienico-sanitaria rilasciato dall'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio;

 

 

c) il reddito richiesto per le finalità di cui all'articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico, tenuto conto di quello dei familiari e conviventi non a carico (51).

 

5. Se la carta di soggiorno è richiesta nelle qualità di coniuge straniero o genitore straniero convivente con cittadino italiano o con cittadino di uno Stato dell'Unione europea residente in Italia, di cui all'articolo 9, comma 2, del testo unico, il richiedente, oltre alle proprie generalità, deve indicare quelle dell'altro coniuge o del figlio con il quale convive. Per lo straniero che sia figlio minore convivente, nelle condizioni di cui all'articolo 9, comma 2, del testo unico, la carta di soggiorno è richiesta da chi esercita la potestà sul minore.

 

6. Nei casi previsti dal comma 5 la domanda deve essere corredata delle certificazioni comprovanti lo stato di coniuge o di figlio minore o di genitore di cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea residente in Italia (52).

 

7. L'addetto alla ricezione, esaminata la domanda e i documenti allegati ed accertata l'identità dei richiedenti, ne rilascia ricevuta, indicando il giorno in cui potrà essere ritirato il documento richiesto. La ricevuta non sostituisce in alcun modo la carta di soggiorno.

 

 

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(49)  Lettera così sostituita dall'art. 15, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(50)  Lettera così sostituita dall'art. 15, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(51)  Comma così sostituito dall'art. 15, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(52)  Comma così modificato dall'art. 15, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 17. 

Rilascio e rinnovo della carta di soggiorno.

1. La carta di soggiorno è rilasciata entro 90 giorni dalla richiesta, previo accertamento delle condizioni richieste dal testo unico.

 

2. [La carta di soggiorno è a tempo indeterminato ma è soggetta a vidimazione su richiesta dell'interessato, nel termine di dieci anni dal rilascio] (53). La carta di soggiorno costituisce documento di identificazione personale per non oltre cinque anni dalla data del rilascio o del rinnovo. Il rinnovo è effettuato a richiesta dell'interessato, corredata di nuove fotografie.

 

 

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(53)  Periodo soppresso dall'art. 16, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Capo III

Espulsione e trattenimento

 

Art. 18. 

Ricorsi contro i provvedimenti di espulsione.

1. La sottoscrizione del ricorso di cui all'articolo 13, comma 8, del testo unico, presentato dallo straniero ad una autorità diplomatica o consolare italiana, viene autenticata dai funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari, che provvedono all'inoltro all'ufficio del giudice di pace del luogo in cui siede l'autorità che ha disposto l'espulsione, cui viene inviata copia del ricorso stesso, indicando la data di presentazione del ricorso (54).

 

2. L'autorità che ha adottato il provvedimento impugnato può far pervenire le proprie osservazioni al giudice, entro cinque giorni dalla data di notifica del ricorso presso i propri uffici.

 

 

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(54)  Comma così sostituito dall'art. 17, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 19. 

Divieto di rientro per gli stranieri espulsi.

1. Il divieto di rientro nel territorio dello Stato nei confronti delle persone espulse opera a decorrere dalla data di esecuzione dell'espulsione, attestata dal timbro d'uscita di cui all'articolo 8, comma 1, ovvero da ogni altro documento comprovante l'assenza dello straniero dal territorio dello Stato.

 

1-bis. Decorso il termine di cui al comma 1, lo straniero deve produrre idonea documentazione comprovante l'assenza dal territorio dello Stato presso la rappresentanza diplomatica italiana del Paese di appartenenza o di stabile residenza, che provvede, verificata l'identità del richiedente, all'inoltro al Ministero dell'interno (55).

 

 

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(55)  Comma aggiunto dall'art. 18, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 19-bis.

Autorizzazione speciale al rientro per gli stranieri espulsi.

1. La richiesta di autorizzazione speciale al rientro in Italia, di cui all'articolo 13, comma 13, del testo unico, è presentata dal cittadino straniero espulso alla rappresentanza diplomatica italiana dello Stato di appartenenza o di stabile residenza, che provvede all'inoltro della stessa al Ministero dell'interno, previa verifica dell'identità e autentica della firma del richiedente nonché acquisizione della documentazione attinente alla motivazione per la quale si chiede il rientro.

 

2. La rappresentanza diplomatica italiana competente provvede a notificare all'interessato il provvedimento del Ministero dell'interno (56).

 

 

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(56)  Articolo aggiunto dall'art. 19, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 20. 

Trattenimento nei centri di permanenza temporanea e assistenza.

1. Il provvedimento con il quale il questore dispone il trattenimento dello straniero presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino, in relazione alla disponibilità dei posti, ai sensi dell'articolo 14 del testo unico, è comunicato all'interessato con le modalità di cui all'articolo 3, commi 3 e 4, unitamente al provvedimento di espulsione o di respingimento (57).

 

2. Con la medesima comunicazione lo straniero è informato del diritto di essere assistito, nel procedimento di convalida del decreto di trattenimento, da un difensore di fiducia, con ammissione, ricorrendone le condizioni, al gratuito patrocinio a spese dello Stato. Allo straniero è dato altresì avviso che, in mancanza di difensore di fiducia, sarà assistito da un difensore di ufficio designato dal giudice tra quelli iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e che le comunicazioni dei successivi provvedimenti giurisdizionali saranno effettuate con avviso di cancelleria al difensore nominato dallo straniero o a quello incaricato di ufficio.

 

3. All'atto dell'ingresso nel centro lo straniero viene informato che in caso di indebito allontanamento la misura del trattenimento sarà ripristinata con l'ausilio della forza pubblica.

 

4. Il trattenimento non può essere protratto oltre il tempo strettamente necessario per l'esecuzione del respingimento o dell'espulsione e, comunque, oltre i termini stabiliti dal testo unico e deve comunque cessare se il provvedimento del questore non è convalidato.

 

5. Lo svolgimento della procedura di convalida del trattenimento non può essere motivo di ritardo dell'esecuzione del respingimento (58).

 

5-bis. Gli avvisi di cui al comma 2 sono altresì dati allo straniero destinatario del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, in relazione all'udienza di convalida prevista dall'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico (59).

 

 

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(57)  Comma così sostituito dall'art. 20, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(58)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 297 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 20 sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 11, 13, 24 e 111 della Costituzione.

La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 20 sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 20 sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

La stessa Corte con successiva ordinanza 14-26 febbraio 2002, n. 35 (Gazz. Uff. 6 marzo 2002, n. 10, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione.

La stessa Corte con successiva ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 45 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 sollevata in riferimento agli art. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 187 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 20 sollevate in riferimento agli articoli 13, secondo e terzo comma, e 24 della Costituzione.

(59)  Comma aggiunto dall'art. 20, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 21. 

Modalità del trattenimento.

1. Le modalità del trattenimento devono garantire, nel rispetto del regolare svolgimento della vita in comune, la libertà di colloquio all'interno del centro e con visitatori provenienti dall'esterno, in particolare con il difensore che assiste lo straniero, e con i ministri di culto, la libertà di corrispondenza, anche telefonica, ed i diritti fondamentali della persona, fermo restando l'assoluto divieto per lo straniero di allontanarsi dal centro.

 

2. Nell'ambito del centro sono assicurati, oltre ai servizi occorrenti per il mantenimento e l'assistenza degli stranieri trattenuti o ospitati, i servizi sanitari essenziali, gli interventi di socializzazione e la libertà del culto, nei limiti previsti dalla Costituzione.

 

3. Allo scopo di assicurare la libertà di corrispondenza, anche telefonica, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono definite le modalità per l'utilizzo dei servizi telefonici, telegrafici e postali, nonché i limiti di contribuzione alle spese da parte del centro (60).

 

4. Il trattenimento dello straniero può avvenire unicamente presso i centri di permanenza temporanea individuati ai sensi dell'articolo 14, comma 1 del testo unico, o presso i luoghi di cura in cui lo stesso è ricoverato per urgenti necessità di soccorso sanitario.

 

5. Nel caso in cui lo straniero debba essere ricoverato in luogo di cura, debba recarsi nell'ufficio giudiziario per essere sentito dal giudice che procede, ovvero presso la competente rappresentanza diplomatica o consolare per espletare le procedure occorrenti al rilascio dei documenti occorrenti per il rimpatrio, il questore provvede all'accompagnamento a mezzo della forza pubblica.

 

6. Nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente residente in Italia, o per altri gravi motivi di carattere eccezionale, il giudice che procede, sentito il questore, può autorizzare lo straniero ad allontanarsi dal centro per il tempo strettamente necessario, informando il questore che ne dispone l'accompagnamento.

 

7. Oltre al personale addetto alla gestione dei centri e agli appartenenti alla forza pubblica, il giudice competente e all'autorità di pubblica sicurezza, ai centri possono accedere i familiari conviventi e il difensore delle persone trattenute o ospitate, i ministri di culto, il personale della rappresentanza diplomatica o consolare, e gli appartenenti ad enti, associazioni del volontariato e cooperative di solidarietà sociale, ammessi a svolgervi attività di assistenza a norma dell'articolo 22 ovvero sulla base di appositi progetti di collaborazione concordati con il prefetto della provincia in cui è istituito il centro.

 

8. Le disposizioni occorrenti per la regolare convivenza all'interno del centro, comprese le misure strettamente indispensabili per garantire l'incolumità delle persone, nonché quelle occorrenti per disciplinare le modalità di erogazione dei servizi predisposti per le esigenze fondamentali di cura, assistenza, promozione umana e sociale e le modalità di svolgimento delle visite, sono adottate dal prefetto, sentito il questore, in attuazione delle disposizioni recate nel decreto di costituzione del centro e delle direttive impartite dal Ministro dell'interno per assicurare la rispondenza delle modalità di trattenimento alle finalità di cui all'articolo 14, comma 9, del testo unico.

 

9. Il questore adotta ogni altro provvedimento e le misure occorrenti per la sicurezza e l'ordine pubblico nel centro, comprese quelle per l'identificazione delle persone e di sicurezza all'ingresso del centro, nonché quelle per impedire l'indebito allontanamento delle persone trattenute e per ripristinare la misura nel caso che questa venga violata. Il questore, anche a mezzo degli ufficiali di pubblica sicurezza, richiede la necessaria collaborazione da parte del gestore e del personale del centro che sono tenuti a fornirla.

 

 

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(60)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 15 gennaio 2001.

 

 

Art. 22. 

Funzionamento dei centri di permanenza temporanea e assistenza.

1. Il prefetto della provincia in cui è istituito il centro di permanenza temporanea e assistenza provvede all'attivazione e alla gestione dello stesso, disciplinandone anche le attività, a norma dell'articolo 21, comma 8, in conformità alle istruzioni di carattere organizzativo e amministrativo-contabile impartite dal Ministro dell'interno, anche mediante la stipula di apposite convenzioni con l'ente locale o con soggetti pubblici o privati che possono avvalersi dell'attività di altri enti, di associazioni del volontariato e di cooperative di solidarietà sociale.

 

2. Per le finalità di cui al comma 1, possono essere disposti la locazione, l'allestimento, il riadattamento e la manutenzione di edifici o di aree, il trasporto e il posizionamento di strutture anche mobili, la predisposizione e la gestione di attività per la assistenza, compresa quella igienico-sanitaria e quella religiosa, il mantenimento, il vestiario, la socializzazione, e quant'altro occorra al decoroso soggiorno nel centro, anche per le persone che vi prestano servizio. Quando occorre procedere all'acquisto di edifici o aree, il competente ufficio del Ministero delle finanze provvede sulla richiesta del Ministero dell'interno.

 

3. Il prefetto individua il responsabile della gestione del centro e dispone i necessari controlli sull'amministrazione e gestione del centro.

 

4. Nell'ambito del centro sono resi disponibili uno o più locali idonei per l'espletamento delle attività delle autorità consolari. Le autorità di pubblica sicurezza assicurano ogni possibile collaborazione all'autorità consolare al fine di accelerare l'espletamento degli accertamenti e il rilascio dei documenti necessari, con spese a carico del bilancio del Ministero dell'interno.

 

 

Art. 23. 

Attività di prima assistenza e soccorso.

1. Le attività di accoglienza, assistenza e quelle svolte per le esigenze igienico-sanitarie, connesse al soccorso dello straniero possono essere effettuate anche al di fuori dei centri di cui all'articolo 22, per il tempo strettamente necessario all'avvio dello stesso ai predetti centri o all'adozione dei provvedimenti occorrenti per l'erogazione di specifiche forme di assistenza di competenza dello Stato.

 

2. Gli interventi di cui al comma 1 sono effettuati a cura del prefetto con le modalità e con l'imputazione degli oneri a norma delle disposizioni di legge in vigore, comprese quelle del decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563.

 

Capo IV

Disposizioni di carattere umanitario

 

Art. 24.

Servizi di accoglienza alla frontiera.

1. I servizi di accoglienza previsti dall'articolo 11, comma 6, del testo unico sono istituiti presso i valichi di frontiera nei quali è stato registrato negli ultimi tre anni il maggior numero di richieste di asilo o di ingressi sul territorio nazionale, nell'ambito delle risorse finanziarie definite con il documento programmatico di cui all'articolo 3 del testo unico e dalla legge di bilancio.

 

2. Le modalità per l'espletamento dei servizi di assistenza, anche mediante convenzioni con organismi non governativi o associazioni di volontariato, enti o cooperative di solidarietà sociale, e di informazione, anche mediante sistemi automatizzati, sono definite con provvedimento del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro per la solidarietà sociale (61).

 

3. Nei casi di urgente necessità, per i quali i servizi di accoglienza di cui al presente articolo non sono sufficienti o non sono attivati, è immediatamente interessato l'ente locale per l'eventuale accoglienza in uno dei centri istituiti a norma dell'articolo 40 del testo unico.

 

 

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(61)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 22 dicembre 2000.

 

 

Art. 25. 

Programmi di assistenza ed integrazione sociale.

1. I programmi di assistenza ed integrazione sociale di cui all'articolo 18 del testo unico, realizzati a cura degli enti locali o dei soggetti privati convenzionati, sono finanziati dallo Stato nella misura del settanta per cento, a valere sulle risorse assegnate al Dipartimento per le pari opportunità, ai sensi dell'art. 38, comma 2, e dall'ente locale, nella misura del trenta per cento, a valere sulle risorse relative all'assistenza. Il contributo dello Stato è disposto dal Ministro per le pari opportunità previa valutazione, da parte della Commissione interministeriale di cui al comma 2, dei programmi elaborati dai comuni interessati o dai soggetti privati convenzionati con questi ultimi dietro presentazione di progetti di fattibilità indicanti i tempi, le modalità e gli obiettivi che si intendono conseguire, nonché le strutture organizzative e logistiche specificamente destinate.

 

2. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le pari opportunità, è istituita la Commissione interministeriale per l'attuazione dell'articolo 18 del testo unico, composta dai rappresentanti dei Ministri per le pari opportunità, per la solidarietà sociale, dell'interno e di grazia e giustizia, i quali designano i rispettivi supplenti. La Commissione può avvalersi di consulenti ed esperti, designati dal Ministro per le pari opportunità, d'intesa con gli altri Ministri interessati.

 

3. La Commissione svolge i compiti di indirizzo, controllo e di programmazione delle risorse in ordine ai programmi previsti dal presente capo. In particolare provvede a:

 

a) esprimere il parere sulle richieste di iscrizione nell'apposita sezione del registro di cui all'articolo 52, comma 1, lettera c);

 

 

b) esprimere i pareri e le proposte sui progetti di convenzione dei comuni e degli enti locali con i soggetti privati che intendono realizzare i programmi di assistenza e di integrazione sociale di cui all'articolo 26;

 

 

c) selezionare i programmi di assistenza e di integrazione sociale da finanziare a valere sul fondo di cui al comma 1, sulla base dei criteri e delle modalità stabiliti con decreto del Ministro per le pari opportunità, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale, dell'interno e di grazia e giustizia (62);

 

 

d) verificare lo stato di attuazione dei programmi e la loro efficacia. A tal fine gli enti locali interessati devono far pervenire alla Commissione ogni sei mesi una relazione sulla base dei rapporti di cui all'articolo 96, comma 4, lettera c) (63).

 

 

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(62)  I criteri e le modalità previsti dalla presente lettera sono stati stabiliti con D.M. 23 novembre 1999.

 

(63)  In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il Comunicato 26 settembre 2002, n. 4 e il Comunicato 2 gennaio 2004, n. 5. Vedi, anche, l'art. 3, D.P.R. 19 settembre 2005, n. 237 e il D.P.R. 14 maggio 2007, n. 102.

 

 

Art. 26. 

Convenzioni con soggetti privati.

1. I soggetti privati che intendono svolgere attività di assistenza ed integrazione sociale per le finalità di cui all'articolo 18 del testo unico debbono essere iscritti nell'apposita sezione del registro di cui all'articolo 42, comma 2, del medesimo testo unico, a norma degli articoli 52 e seguenti del presente regolamento, e stipulare apposita convenzione con l'ente locale o con gli enti locali di riferimento.

 

2. L'ente locale stipula la convenzione con uno o più soggetti privati di cui al comma 1 dopo aver verificato:

 

a) l'iscrizione nella apposita sezione del registro di cui all'articolo 42, comma 2, del testo unico;

 

 

b) la rispondenza del programma o dei programmi di assistenza e di integrazione sociale, che il soggetto intende realizzare, ai criteri ed alle modalità stabiliti con il decreto di cui all'articolo 25, comma 3, lettera c), tenuto conto dei servizi direttamente assicurati dall'ente locale;

 

 

c) la sussistenza dei requisiti professionali, organizzativi e logistici occorrenti per la realizzazione dei programmi.

 

3. L'ente locale dispone verifiche semestrali sullo stato di attuazione e sull'efficacia del programma, ed eventualmente concorda modifiche che lo rendano più adeguato agli obiettivi fissati.

 

4. I soggetti privati convenzionati con gli enti locali che attuano programmi di assistenza e di integrazione sociale sono tenuti a:

 

a) comunicare al sindaco del luogo in cui operano l'inizio del programma;

 

 

b) effettuare tutte le operazioni di carattere amministrativo, anche per conto degli stranieri assistiti a norma dell'articolo 18, comma 3, del testo unico, qualora impossibilitati, per la richiesta del permesso di soggiorno, l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale e ogni altro adempimento volto alla effettività dei diritti riconosciuti ai medesimi stranieri;

 

 

c) presentare all'ente locale convenzionato un rapporto semestrale sullo stato di attuazione del programma e sugli obiettivi intermedi raggiunti;

 

 

d) rispettare le norme in materia di protezione dei dati personali nonché di riservatezza e sicurezza degli stranieri assistiti, anche dopo la conclusione del programma;

 

 

e) comunicare senza ritardo al sindaco e al questore che ha rilasciato il permesso di soggiorno l'eventuale interruzione, da parte dello straniero interessato, della partecipazione al programma (64).

 

 

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(64)  In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il Comunicato 26 settembre 2002, n. 4 e il Comunicato 2 gennaio 2004, n. 5.

 

 

 

Art. 27. 

Rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale.

1. Quando ricorrono le circostanze di cui all'articolo 18 del testo unico, la proposta per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale è effettuata:

 

a) dai servizi sociali degli enti locali, o dalle associazioni, enti ed altri organismi iscritti al registro di cui all'articolo 52, comma 1, lettera c), convenzionati con l'ente locale, che abbiano rilevato situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti dello straniero;

 

 

b) dal procuratore della Repubblica nei casi in cui sia iniziato un procedimento penale relativamente a fatti di violenza o di grave sfruttamento di cui alla lettera a), nel corso del quale lo straniero abbia reso dichiarazioni.

 

2. Ricevuta la proposta di cui al comma 1 e verificata la sussistenza delle condizioni previste dal testo unico, il questore provvede al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, valido per le attività di cui all'articolo 18, comma 5, del testo unico, acquisiti:

 

a) il parere del procuratore della Repubblica quando ricorrono le circostanze di cui al comma 1, lettera b), ed il procuratore abbia omesso di formulare la proposta o questa non dia indicazioni circa la gravità ed attualità del pericolo;

 

 

b) il programma di assistenza ed integrazione sociale relativo allo straniero, conforme alle prescrizioni della Commissione interministeriale di cui all'articolo 25;

 

 

c) l'adesione dello straniero al medesimo programma, previa avvertenza delle conseguenze previste dal testo unico in caso di interruzione del programma o di condotta incompatibile con le finalità dello stesso;

 

 

d) l'accettazione degli impegni connessi al programma da parte del responsabile della struttura presso cui il programma deve essere realizzato.

 

3. Quando la proposta è effettuata a norma del comma 1, lettera a), il questore valuta la gravità ed attualità del pericolo anche sulla base degli elementi in essa contenuti.

 

3-bis. Il permesso di soggiorno di cui all'articolo 18, comma 5, del testo unico, può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro, secondo le modalità stabilite per tale tipo di permesso. Le quote d'ingresso definite nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4, del testo unico, per l'anno successivo alla data di rilascio, sono decurtate in misura pari al numero dei permessi di soggiorno di cui al presente comma, convertiti in permessi di soggiorno per lavoro (65).

 

3-ter. Il permesso di soggiorno di cui all'articolo 18 del testo unico contiene, quale motivazione, la sola dicitura «per motivi umanitari» ed è rilasciato con modalità che assicurano l'eventuale differenziazione da altri tipi di permesso di soggiorno e l'agevole individuazione dei motivi del rilascio ai soli uffici competenti, anche mediante il ricorso a codici alfanumerici (66).

 

 

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(65)  Comma aggiunto dall'art. 21, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(66)  Comma aggiunto dall'art. 21, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 28. 

Permessi di soggiorno per gli stranieri per i quali sono vietati l'espulsione o il respingimento.

1. Quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno:

 

a) per minore età, salvo l'iscrizione del minore degli anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell'affidatario stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. In caso di minore non accompagnato, rintracciato sul territorio e segnalato al Comitato per i minori stranieri, il permesso di soggiorno per minore età è rilasciato a seguito della segnalazione al Comitato medesimo ed è valido per tutto il periodo necessario per l'espletamento delle indagini sui familiari nei Paesi di origine. Se si tratta di minore abbandonato, è immediatamente informato il Tribunale per i minorenni per i provvedimenti di competenza (67);

 

 

a-bis) per integrazione sociale e civile del minore, di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c-sexies), previo parere del Comitato per i minori stranieri (68);

 

 

b) per motivi familiari, nei confronti degli stranieri che si trovano nelle documentate circostanze di cui all'articolo 19, comma 2, lettera c) del testo unico:

 

 

c) per cure mediche, per il tempo attestato mediante idonea certificazione sanitaria, nei confronti delle donne che si trovano nelle circostanze di cui all'articolo 19, comma 2, lettera d) del testo unico;

 

 

d) per motivi umanitari, negli altri casi, salvo che possa disporsi l'allontanamento verso uno Stato che provvede ad accordare, una protezione analoga contro le persecuzioni di cui all'articolo 19, comma 1, del testo unico.

 

 

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(67)  Lettera così sostituita dall'art. 22, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(68)  Lettera aggiunta dall'art. 22, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Capo V

 

Disciplina del lavoro

 

Art. 29. 

Definizione delle quote d'ingresso per motivi di lavoro.

1. I decreti che definiscono le quote massime di ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato per motivi di lavoro, definite anche in base alla indicazioni delle regioni ai sensi dell'articolo 21, comma 4-ter, del testo unico, indicano le quote per il lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per il lavoro autonomo. Relativamente alle professioni sanitarie, si tiene conto, sentite le regioni, delle valutazioni effettuate dal Ministero della salute, connesse alle rilevazioni sui fabbisogni di personale sanitario, di cui all'articolo 6-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni (69).

 

2. Per le finalità di cui al presente Capo il Ministero del lavoro e delle politiche sociali adotta le misure occorrenti per i collegamenti informativi dei propri uffici centrali e periferici ed i trattamenti automatizzati dei dati dei lavoratori stranieri e, mediante convenzioni con i Ministeri interessati, per i collegamenti occorrenti con le rappresentanze diplomatiche e consolari e con le questure (70).

 

3. (Comma non ammesso al «Visto» della Corte dei conti).

 

 

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(69)  Comma così sostituito dall'art. 23, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(70)  Nel presente comma le parole: «Ministero del lavoro e della previdenza sociale» sono state sostituite dalle seguenti: «Ministero del lavoro e delle politiche sociali», ai sensi di quanto disposto dall'art. 47, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 30. 

Sportello unico per l'immigrazione.

1. Lo Sportello unico per l'immigrazione, di cui all'articolo 22, comma 1, del testo unico, diretto da un dirigente della carriera prefettizia o da un dirigente della Direzione provinciale del lavoro, è composto da almeno un rappresentante della Prefettura - Ufficio territoriale del Governo, da almeno uno della Direzione provinciale del lavoro, designato dal dirigente della Direzione provinciale del lavoro e da almeno uno appartenente ai ruoli della Polizia di Stato, designato dal questore. Lo Sportello unico viene costituito con decreto del prefetto, che può individuare anche più unità operative di base. Con lo stesso decreto viene designato il responsabile delle Sportello unico, individuato in attuazione di direttive adottate congiuntamente dal Ministro dell'interno e dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione dell'articolo 22, comma 16, del testo unico, sono disciplinate, mediante apposite norme di attuazione, forme di raccordo tra lo Sportello unico e gli uffici regionali e provinciali per l'organizzazione e l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di lavoro, attribuite allo sportello medesimo dagli articoli 22, 24 e 27 del testo unico e dall'articolo 40 del presente regolamento, compreso il rilascio dei relativi nullaosta.

 

2. Lo Sportello si avvale anche del sistema informativo di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 2004, n. 242, nonché di procedure e tecnologie informatiche, in modo da assicurare certezza delle informazioni, efficacia dei controlli e speditezza delle procedure (71).

 

 

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(71)  Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 24, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.). La Corte costituzionale, con sentenza 4-7 dicembre 2006, n. 407 (Gazz. Uff. 13 dicembre 2006, n. 49 - Prima serie speciale), ha dichiarato che spettava allo Stato prevedere, con il citato art. 24, comma 1, che nella Regione Friuli-Venezia Giulia fossero disciplinate, mediante l'emanazione di apposite norme di attuazione, forme di raccordo tra lo Sportello unico per l'immigrazione e gli uffici regionali e provinciali per l'organizzazione e l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di lavoro, attribuite allo sportello medesimo.

 

 

Art. 30-bis.

Richiesta assunzione lavoratori stranieri.

1. Il datore di lavoro, italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia, presenta la documentazione necessaria per la concessione del nullaosta al lavoro subordinato allo Sportello unico, scegliendo, in alternativa, tra quello della provincia di residenza ovvero quello della provincia ove ha sede legale l'impresa o quello della provincia ove avrà luogo la prestazione lavorativa, con l'osservanza delle modalità previste dall'articolo 22, comma 2, del testo unico.

 

2. In particolare, la richiesta nominativa o numerica viene redatta su appositi moduli che facilitano l'acquisizione dei dati su supporti magnetici o ottici. Essa deve contenere i seguenti elementi essenziali:

 

a) complete generalità del datore di lavoro, del titolare o legale rappresentante dell'impresa, la ragione sociale, la sede e l'indicazione del luogo di lavoro;

 

 

b) nel caso di richiesta nominativa, le complete generalità del lavoratore straniero che si intende assumere comprensive della residenza all'estero e, nel caso di richiesta numerica, il numero dei lavoratori da assumere;

 

 

c) il trattamento retributivo ed assicurativo, nel rispetto delle leggi vigenti e dei contratti collettivi nazionali di lavoro applicabili, riportato anche sulla proposta di contratto di soggiorno;

 

 

d) l'impegno di cui all'articolo 8-bis, comma 1, che deve risultare anche nella proposta di contratto di soggiorno per lavoro;

 

 

e) l'impegno a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro.

 

3. Alla domanda devono essere allegati:

 

a) autocertificazione dell'iscrizione dell'impresa alla Camera di commercio, industria ed artigianato, per le attività per le quali tale iscrizione è richiesta;

 

 

b) autocertificazione della posizione previdenziale e fiscale atta a comprovare, secondo la tipologia di azienda, la capacità occupazionale e reddituale del datore di lavoro;

 

 

c) la proposta di stipula di un contratto di soggiorno a tempo indeterminato, determinato o stagionale, con orario a tempo pieno o a tempo parziale e non inferiore a 20 ore settimanali e, nel caso di lavoro domestico, una retribuzione mensile non inferiore al minimo previsto per l'assegno sociale, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.

 

4. Qualora il datore di lavoro intenda rivalersi delle spese per la messa a disposizione dell'alloggio, trattenendo dalla retribuzione mensile una somma massima pari ad un terzo del suo importo, la decurtazione deve essere espressamente prevista nella proposta di contratto di soggiorno, che ne deve determinare la misura. Non si fa luogo alla decurtazione con riferimento ai rapporti di lavoro per i quali il corrispondente contratto collettivo nazionale di lavoro fissa il trattamento economico tenendo già conto che il lavoratore fruisce di un alloggio messo a disposizione dal datore.

 

5. Il datore di lavoro specifica nella domanda se è interessato alla trasmissione del nullaosta, di cui all'articolo 31, comma 4, e della proposta di contratto, di cui al comma 3, lettera c), agli uffici consolari tramite lo Sportello unico.

 

6. La documentazione di cui ai commi 2 e 3 è presentata allo Sportello unico, anche in via telematica, ai sensi del regolamento di cui all'articolo 34, comma 2, della legge 30 luglio 2002, n. 189.

 

7. Lo Sportello unico competente al rilascio del nullaosta al lavoro è quello del luogo in cui verrà svolta l'attività lavorativa. Nel caso in cui la richiesta di nullaosta sia stata presentata allo Sportello unico del luogo di residenza o della sede legale dell'impresa, lo Sportello unico ricevente la trasmette allo Sportello unico competente, ove diverso, dandone comunicazione al datore di lavoro.

 

8. Lo Sportello unico, fermo quanto previsto dall'articolo 30-quinquies, procede alla verifica della regolarità, della completezza e dell'idoneità della documentazione presentata ai sensi del comma 1, nonché acquisisce dalla Direzione provinciale del lavoro, anche in via telematica, la verifica dell'osservanza delle prescrizioni del contratto collettivo di lavoro applicabile alla fattispecie e la congruità del numero delle richieste presentate, per il medesimo periodo, dallo stesso datore di lavoro, in relazione alla sua capacità economica e alle esigenze dell'impresa, anche in relazione agli impegni retributivi ed assicurativi previsti dalla normativa vigente e dai contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria applicabili. La disposizione relativa alla verifica della congruità in rapporto alla capacità economica del datore di lavoro non si applica al datore di lavoro affetto da patologie o handicap che ne limitano l'autosufficienza, il quale intende assumere un lavoratore straniero addetto alla sua assistenza.

 

9. Nei casi di irregolarità sanabile o di incompletezza della documentazione, lo Sportello unico invita il datore di lavoro a procedere alla regolarizzazione ed all'integrazione della documentazione. In tale ipotesi, i termini previsti dagli articoli 22, comma 5, e 24, comma 2, del testo unico, per la concessione del nullaosta al lavoro subordinato e per il rilascio dell'autorizzazione al lavoro stagionale decorrono dalla data dell'avvenuta regolarizzazione della documentazione (72).

 

 

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(72)  Articolo aggiunto dall'art. 24, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 30-ter.

Modulistica.

1. Gli elementi, le caratteristiche e la tipologia della modulistica, anche informatizzata, per la documentazione, le istanze e le dichiarazioni previste per le esigenze dello Sportello unico sono definite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali (73).

 

 

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(73)  Articolo aggiunto dall'art. 24, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.). In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il D.M. 31 marzo 2006.

 

 

Art. 30-quater.

Archivio informatizzato dello Sportello unico.

1. I soggetti che trasmettono i dati da acquisire nel sistema informatizzato in materia di immigrazione, di cui all'articolo 30, comma 2, sono i soggetti privati, le questure, lo Sportello unico, le regioni e le province per il tramite del responsabile del Centro per l'impiego, i Centri per l'impiego, l'autorità consolare tramite il Ministero degli affari esteri, le Direzioni provinciali del lavoro e il competente ufficio dell'Amministrazione centrale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

2. Sono soggetti privati le associazioni di categoria, i datori di lavoro, i lavoratori extracomunitari.

 

3. I dati identificativi ed informativi in materia di immigrazione, le caratteristiche e le ulteriori informazioni da registrare nell'archivio informatizzato dello Sportello unico sono definiti con decreto del Ministero dell'interno, sentiti la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie ed il Garante per la protezione dei dati personali.

 

4. Le regole tecniche di funzionamento attinenti all'archivio informatizzato, alle eventuali e ulteriori misure di sicurezza per il trattamento dei dati e per la tenuta dell'archivio rispetto a quelle contenute nel decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni, e nei relativi regolamenti d'attuazione, sono disciplinate con decreto del Ministero dell'interno, sentiti la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie ed il Garante per la protezione dei dati personali.

 

5. L'individuazione dei soggetti autorizzati alla consultazione e le modalità tecniche e procedurali per la consultazione dell'archivio di cui al comma 1 e per la trasmissione telematica dei dati e dei documenti all'archivio medesimo sono regolate con il decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 2004, n. 242, in modo che, secondo le concrete possibilità tecniche, le procedure possano svolgersi su supporto cartaceo e informatico, anche con differenziazioni territoriali.

 

6. La documentazione originaria rimane in custodia delle Amministrazioni e degli organi emittenti (74).

 

 

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(74)  Articolo aggiunto dall'art. 24, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 30-quinquies.

Verifica delle disponibilità di offerta di lavoro presso i centri per l'impiego.

1. Le richieste di lavoro subordinato, sia nominative che numeriche, sono trasmesse, anche per via telematica, dallo Sportello unico per 1'immigrazione, per il tramite del sistema informativo, al Centro per l'impiego competente in relazione alla provincia di residenza, domicilio o sede legale del richiedente, ad eccezione delle richieste nominative di lavoratori stagionali, di cui all'articolo 24, comma 1, primo periodo, del testo unico.

 

2. Il Centro per l'impiego, entro il termine di 20 giorni dalla ricezione della richiesta, provvede, per il tramite del sistema informativo, a diffonderla ed a comunicare allo Sportello unico ed al datore di lavoro i dati delle dichiarazioni di disponibilità pervenute anche da parte di lavoratori extracomunitari iscritti nelle liste di collocamento o, comunque, censiti come disoccupati in cerca di occupazione, ovvero le eventuali certificazioni negative.

 

3. Qualora il centro per l'impiego, entro il termine di cui al comma 2, comunichi allo Sportello unico ed al datore di lavoro la disponibilità di lavoratori residenti sul territorio italiano, la richiesta di nullaosta relativa al lavoratore straniero rimane sospesa sino a quando il datore di lavoro comunica, dando atto della valutazione delle predette offerte, allo Sportello unico e, per conoscenza, al Centro per l'impiego, che intende confermare la richiesta di nullaosta relativa al lavoratore straniero (75).

 

 

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(75)  Articolo aggiunto dall'art. 24, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 30-sexies.

Rinuncia all'assunzione.

1. Il datore di lavoro, entro 4 giorni dalla comunicazione di cui all'articolo 30-quinquies, comma 2, se non sono pervenute dichiarazioni di disponibilità all'impiego da parte di lavoratori italiani o stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, comunica allo Sportello unico e, per Conoscenza, al centro per l'impiego se intende revocare la richiesta di nullaosta relativa al lavoratore straniero (76).

 

 

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(76)  Articolo aggiunto dall'art. 24, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 31. 

Nullaosta dello Sportello unico e visto d'ingresso.

1. In presenza di certificazione negativa pervenuta dal Centro per l'impiego competente od in caso di espressa conferma della richiesta di nullaosta da parte del datore di lavoro o, comunque, decorsi 20 giorni senza alcun riscontro del Centro per l'impiego, lo Sportello unico richiede al questore della stessa sede, tramite procedura telematica, la verifica della sussistenza o meno, nei confronti del lavoratore straniero, di motivi ostativi all'ingresso ed al soggiorno nel territorio dello Stato e, nei confronti del datore di lavoro, di motivi ostativi di cui al comma 2.

 

2. Il questore esprime parere contrario al rilascio del nullaosta qualora il datore di lavoro a domicilio o titolare di un'impresa individuale ovvero, negli altri casi, il legale rappresentante ed i componenti dell'organo di amministrazione della società, risultino denunciati per uno dei reati previsti dal testo unico, ovvero per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo che i relativi procedimenti si siano conclusi con un provvedimento che esclude il reato o la responsabilità dell'interessato, ovvero risulti sia stata applicata nei loro confronti una misura di prevenzione, salvi, in ogni caso, gli effetti della riabilitazione (77).

 

3. Lo Sportello unico acquisisce dalle Direzioni provinciali del lavoro, tramite procedura telematica, la verifica dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi, determinati a norma degli articoli 3, comma 4 e 21, del testo unico.

 

4. In assenza di motivi ostativi di cui al comma 1 e nell'ipotesi di verifica positiva dei limiti di cui al comma 3, lo Sportello unico provvede alla convocazione del datore di lavoro per il rilascio del nullaosta, la cui validità è di sei mesi dalla data del rilascio stesso.

 

5. Lo Sportello unico, accertati i dati identificativi del lavoratore straniero e acquisito il parere del questore, verifica l'esistenza del codice fiscale o ne richiede l'attribuzione, secondo le modalità determinate con il decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo 11, comma 2.

 

6. Lo Sportello unico, in presenza di espressa richiesta formulata dal datore di lavoro, anche ai sensi dell'articolo 30-bis, comma 5, trasmette la documentazione di cui all'articolo 30-bis, commi 2 e 3, ivi compreso il codice fiscale, nonché il relativo nullaosta agli uffici consolari. Nell'ipotesi di trasmissione della documentazione per via telematica, lo Sportello unico si avvale del collegamento previsto con l'archivio informatizzato della rete mondiale visti presso il Ministero degli affari esteri.

 

7. Il datore di lavoro informa il lavoratore straniero dell'avvenuto rilascio del nullaosta, al fine di consentirgli di richiedere il visto d'ingresso alla rappresentanza diplomatica o consolare competente, entro i termini di validità del nullaosta.

 

8. La rappresentanza diplomatica o consolare, alla quale sia pervenuta la documentazione di cui al comma 6, comunica allo straniero la proposta di contratto di soggiorno per lavoro e rilascia, previa verifica dei presupposti di cui all'articolo 5, il visto d'ingresso, comprensivo del codice fiscale, entro 30 giorni dalla data di richiesta del visto da parte dell'interessato, dandone comunicazione, per via telematica, al Ministero dell'interno, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, all'INPS ed all'INAIL. Lo straniero viene informato dell'obbligo di presentazione allo Sportello unico, entro 8 giorni dall'ingresso in Italia, ai sensi dell'articolo 35 (78).

 

 

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(77)  Con Sentenza n. 780/2005 del 22 settembre 2005 (Gazz. Uff. 3 gennaio 2005, n. 2) il Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia ha annullato il presente comma.

(78)  Articolo così sostituito dall'art. 25, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 32. 

Liste degli stranieri che chiedono di lavorare in Italia.

1. Le liste di lavoratori stranieri che chiedono di lavorare in Italia, formate in attuazione degli accordi di cui all'articolo 91, comma 5, del testo unico, sono compilate ed aggiornate per anno solare, distintamente per lavoratori a tempo indeterminato, a tempo determinato e per lavoro stagionale, e sono tenute nell'ordine di presentazione delle domande di iscrizione.

 

2. Ciascuna lista consta di un elenco dei nominativi e delle schede di iscrizione che gli interessati sono tenuti a compilare e sottoscrivere, su modello definito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato di concerto con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell'interno e, per quanto concerne la fattispecie di cui all'articolo 32-bis, con il concerto del Ministro per gli italiani nel mondo, contenente:

 

a) Paese d'origine;

 

 

b) numero progressivo di presentazione della domanda;

 

 

c) complete generalità;

 

 

d) tipo del rapporto di lavoro preferito, stagionale, a tempo determinato, a tempo indeterminato;

 

 

e) capacità professionali degli interessati o loro appartenenza ad una determinata categoria di lavoratori, qualifica o mansione;

 

 

f) conoscenza della lingua italiana, ovvero di una delle lingue francese, inglese o spagnola, o di altra lingua;

 

 

g) eventuali propensioni lavorative o precedenti esperienze di lavoro nel Paese d'origine o in altri Paesi;

 

 

h) l'eventuale diritto di priorità per i lavoratori stagionali che si trovano nelle condizioni previste dall'articolo 24, comma 4, del testo unico, attestate dalla esibizione del passaporto o altro documento equivalente, da cui risulti la data di partenza dall'Italia al termine del precedente soggiorno per lavoro stagionale (79).

 

3. Le liste di cui al comma 2 sono trasmesse, in via telematica, per il tramite della rappresentanza diplomatico-consolare, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, previa verifica formale della rispondenza ai criteri stabiliti, provvede, entro 30 giorni dalla data di ricevimento, alla loro diffusione mediante l'inserimento nel sistema informativo delle Direzioni provinciali del lavoro. Le predette liste sono distinte per Paesi di provenienza (80).

 

4. L'interessato, iscritto nelle liste di lavoratori stranieri di cui al comma 1, ha facoltà di chiedere al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, la propria posizione nella lista (81).

 

 

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(79)  Comma così sostituito dall'art. 26, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.). Con D.M. 4 settembre 2000 (Gazz. Uff. 11 settembre 2000, n. 212) è stato approvato il modello di cui al presente comma.

(80)  Comma così sostituito dall'art. 26, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(81)  Nel presente comma le parole: «Ministero del lavoro e della previdenza sociale» sono state sostituite dalle seguenti: «Ministero del lavoro e delle politiche sociali», ai sensi di quanto disposto dall'art. 47, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 32-bis.

Liste dei lavoratori di origine italiana.

1. Presso ogni rappresentanza diplomatico-consolare è istituito un elenco dei lavoratori di origine italiana, di cui all'articolo 21, comma 1, del testo unico, compilato ed aggiornato secondo le modalità previste dall'articolo 32, commi 1 e 2. La scheda, di cui all'articolo 32, comma 2, contiene, per tali lavoratori, l'indicazione del grado di ascendenza.

 

2. Agli iscritti alla lista di cui al comma 1 si applica quanto previsto dall'articolo 32, comma 4.

 

3. Ai fini dell'inserimento nel sistema informativo delle Direzioni provinciali del lavoro di cui all'articolo 33, comma 1, il Ministero degli affari esteri trasmette al Ministero del lavoro e delle politiche sociali i predetti elenchi (82).

 

 

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(82)  Articolo aggiunto dall'art. 27, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 33. 

Autorizzazione al lavoro degli stranieri iscritti nelle liste.

1. I dati di cui all'articolo 32 sono immessi nel Sistema informativo lavoro (S.I.L.) del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e sono posti a disposizione dei datori di lavoro e delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro che ne fanno motivata richiesta, tramite le Direzioni provinciali del lavoro. Fino alla completa attuazione del S.I.L., i dati medesimi sono posti a disposizione dei datori di lavoro e delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro con le modalità previste dall'articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (83).

 

2. Le richieste di nullaosta al lavoro per ciascun tipo di rapporto di lavoro sono effettuate, anche se riferite ai nominativi iscritti nelle liste, con le modalità di cui agli articoli 30-bis, 30-quinquies e 31 (84).

 

2-bis. Nell'ipotesi di richieste numeriche, oltre a quanto previsto nell'articolo 30-bis, lo Sportello unico acquisisce, tramite procedura telematica, dalle Direzioni provinciali del lavoro, i nominativi delle persone iscritte nelle liste di cui all'articolo 21, comma 5, del testo unico (85).

 

3. Nel caso in cui il datore di lavoro non intenda avvalersi della scelta nominativa, per le richieste numeriche si procede nell'ordine di priorità di iscrizione nella lista, a parità di requisiti professionali.

 

 

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(83)  Nel presente comma le parole: «Ministero del lavoro e della previdenza sociale» sono state sostituite dalle seguenti: «Ministero del lavoro e delle politiche sociali», ai sensi di quanto disposto dall'art. 47, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(84)  Comma così sostituito dall'art. 28, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(85)  Comma aggiunto dall'art. 28, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 34. 

Titoli di prelazione.

1. Con decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sono fissate le modalità di predisposizione e di svolgimento dei programmi di formazione e di istruzione da effettuarsi nel Paese di origine ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del testo unico, e sono stabiliti i criteri per la loro valutazione. I programmi sono presentati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, sentito il Ministero degli affari esteri, procede all'istruttoria e, congiuntamente con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, provvede alla relativa valutazione e all'eventuale approvazione, dando precedenza ai programmi validati dalle regioni e che siano coerenti con il fabbisogno da queste formalizzato ai sensi dell'articolo 21, comma 4-ter, del testo unico (86).

 

2. I lavoratori in possesso dell'attestato di qualifica ovvero di frequenza con certificazione delle competenze acquisite, conseguito nell'àmbito dei predetti programmi, sono inseriti in apposite liste istituite presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

3. Le liste di cui al comma 2, distinte per Paesi di origine, constano di un elenco di nominativi contenente il Paese di origine, le complete generalità, la qualifica professionale, il grado di conoscenza della lingua italiana, il tipo di rapporto di lavoro preferito, stagionale, a tempo determinato o indeterminato, nonché l'indicazione del programma formativo svolto e del rispettivo settore di impiego di destinazione.

 

4. I dati inseriti in tali liste sono posti a disposizione, tramite il sistema informativo delle Direzioni provinciali del lavoro, dei datori di lavoro, che possono procedere con la richiesta di nullaosta al lavoro ai sensi dell'articolo 22, commi 3, 4 e 5, del testo unico, oppure nei casi in cui abbiano conoscenza diretta degli stranieri, con la richiesta nominativa di nullaosta di cui all'articolo 22, comma 2, del testo unico. Il nullaosta al lavoro per tali lavoratori è rilasciato senza il preventivo espletamento degli adempimenti previsti dall'articolo 22, comma 4, del testo unico.

 

5. I lavoratori inseriti nell'elenco hanno un diritto di priorità, rispetto ai cittadini del loro stesso Paese, secondo l'ordine di iscrizione nelle liste, ai fini della chiamata numerica di cui all'articolo 22, comma 3, del testo unico.

 

6. Nel caso di richieste numeriche di nullaosta per lavoro stagionale, tale diritto di priorità opera esclusivamente rispetto ai lavoratori che non si trovano nella condizione prevista dall'articolo 24, comma 4, del testo unico.

 

7. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di cui all'articolo 3, comma 4, del testo unico, è riservata una quota di ingressi per lavoro subordinato non stagionale ai lavoratori inseriti nell'elenco che abbiano partecipato all'attività formativa nei Paesi di origine, anche sulla base delle indicazioni fornite dalle regioni, ai sensi dell'articolo 21, comma 4-ter, del testo unico. Qualora si verifichino residui nell'utilizzo della quota riservata, trascorsi nove mesi dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, la stessa rientra nella disponibilità della quota di lavoro subordinato.

 

8. Entro i limiti della riserva fissata ai sensi del comma 7, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali provvederà alla ripartizione della relativa quota di ingressi, tenendo conto in via prioritaria delle richieste di manodopera da impiegare nelle aree di destinazione lavorativa dei cittadini extracomunitari, individuate nei programmi di istruzione e formazione professionale approvati ai sensi del comma 1.

 

9. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri può prevedere che, in caso di esaurimento della quota riservata prevista al comma 7, siano ammessi ulteriori ingressi, sulla base di effettive richieste di lavoratori formati ai sensi dell'articolo 23 del testo unico.

 

10. Ai partecipanti ai corsi di formazione destinati ai lavoratori autonomi stranieri, inseriti in appositi elenchi, è riservata, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di cui all'articolo 3, comma 4, del testo unico, una quota stabilita a livello nazionale (87).

 

 

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(86) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 22 marzo 2006.

(87)  Articolo così sostituito dall'art. 29, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 35. 

Stipula del contratto di soggiorno per lavoro subordinato.

1. Entro 8 giorni dall'ingresso nel territorio nazionale, il lavoratore straniero si reca presso lo Sportello unico competente che, a seguito di verifica del visto rilasciato dall'autorità consolare e dei dati anagrafici del lavoratore straniero, consegna il certificato di attribuzione del codice fiscale. Nello stesso termine, il lavoratore straniero, previa esibizione di un titolo idoneo a comprovare l'effettiva disponibilità dell'alloggio, della richiesta di certificazione d'idoneità alloggiativa, nonché della dichiarazione di impegno al pagamento delle spese di viaggio di cui all'articolo 5-bis, comma 1, lettera b), del testo unico, sottoscrive il contratto di soggiorno per lavoro, senza apporre modifiche o condizioni allo stesso, che viene conservato presso lo Sportello medesimo.

 

2. Copia del contratto di soggiorno sottoscritto è trasmessa dallo Sportello unico, ove possibile, in via telematica, al Centro per l'impiego, all'autorità consolare competente, nonché al datore di lavoro.

 

3. Lo Sportello unico competente richiede l'annullamento dei codici fiscali non consegnati nel termine di diciotto mesi dal rilascio del nullaosta, ovvero conferma l'avvenuta consegna, secondo le modalità determinate con il decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo 11, comma 2, con la contestuale indicazione del dato relativo al domicilio fiscale dello straniero (88).

 

 

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(88)  Articolo così sostituito dall'art. 30, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 36. 

Rilascio del permesso di soggiorno per lavoro.

1. All'atto della sottoscrizione del contratto di soggiorno per lavoro, ai sensi dell'articolo 35, comma 1, lo Sportello unico provvede a far sottoscrivere al lavoratore straniero il modulo precompilato di richiesta del permesso di soggiorno, i cui dati sono, contestualmente, inoltrati alla questura competente per il rilascio del permesso di soggiorno, tramite procedura telematica. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 2-bis.

 

2. Lo Sportello provvede, altresì, a comunicare allo straniero la data della convocazione stabilita dalla questura per i rilievi fotodattiloscopici, previsti dall'articolo 5, comma 2-bis, del testo unico (89).

 

 

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(89)  Articolo così sostituito dall'art. 31, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 36-bis.

Variazioni del rapporto di lavoro.

1. Per l'instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro, fermo restando quanto previsto dall'articolo 37, deve essere sottoscritto un nuovo contratto di soggiorno per lavoro, anche ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, di cui all'articolo 13.

 

2. Il datore di lavoro deve comunicare allo Sportello unico, entro 5 giorni dall'evento, la data d'inizio e la data di cessazione del rapporto di lavoro con il cittadino straniero, ai sensi dell'articolo 37, nonché il trasferimento di sede del lavoratore, con la relativa decorrenza (90).

 

 

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(90)  Articolo aggiunto dall'art. 32, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 37. 

Iscrizione nelle liste o nell'elenco anagrafico finalizzata al collocamento del lavoratore licenziato, dimesso o invalido.

1. Quando il lavoratore straniero perde il posto di lavoro ai sensi della normativa in vigore in materia di licenziamenti collettivi, l'impresa che lo ha assunto deve darne comunicazione allo Sportello unico e al Centro per l'impiego competenti entro 5 giorni dalla data di licenziamento. Il Centro per l'impiego procede, in presenza delle condizioni richieste dalla rispettiva disciplina generale, all'iscrizione dello straniero nelle liste di mobilità, anche ai fini della corresponsione della indennità di mobilità ove spettante, nei limiti del periodo di residua validità del permesso di soggiorno e, comunque, salvo che per il lavoratore stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi. Qualora il licenziamento collettivo non dia luogo all'iscrizione nelle liste di mobilità si applica la disposizione del comma 2.

 

2. Quando il licenziamento è disposto a norma delle leggi in vigore per il licenziamento individuale, ovvero in caso di dimissioni, il datore di lavoro ne dà comunicazione entro 5 giorni allo Sportello unico e al Centro per l'impiego competenti. Lo straniero, se interessato a far risultare lo stato di disoccupazione, per avvalersi della previsione di cui all'articolo 22, comma 11, del testo unico, deve presentarsi, non oltre il quarantesimo giorno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, presso il Centro per l'impiego e rendere la dichiarazione, di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dal decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, che attesti l'attività lavorativa precedentemente svolta, nonché l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa, esibendo il proprio permesso di soggiorno.

 

3. Il Centro per l'impiego provvede all'inserimento del lavoratore nell'elenco anagrafico, di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2000, n. 442, ovvero provvede all'aggiornamento della posizione del lavoratore qualora già inserito. Il lavoratore mantiene l'inserimento in tale elenco per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno e, comunque, ad esclusione del lavoratore stagionale, per un periodo complessivo non inferiore a sei mesi.

 

4. Il Centro per l'impiego notifica, anche per via telematica, entro 10 giorni, allo Sportello unico la data di effettuazione dell'inserimento nelle liste di cui al comma 1 ovvero della registrazione dell'immediata disponibilità del lavoratore nell'elenco anagrafico di cui al comma 2, specificando, altresì, le generalità del lavoratore straniero e gli estremi del rispettivo permesso di soggiorno.

 

5. Quando, a norma delle disposizioni del testo unico e del presente articolo, il lavoratore straniero ha diritto a rimanere nel territorio dello Stato offre il termine fissato dal permesso di soggiorno, la questura rinnova il permesso medesimo, previa documentata domanda dell'interessato, fino a sei mesi dalla data di iscrizione nelle liste di cui al comma 1 ovvero di registrazione nell'elenco di cui al comma 2. Il rinnovo del permesso è subordinato all'accertamento, anche per via telematica, dell'inserimento dello straniero nelle liste di cui al comma 1 o della registrazione nell'elenco di cui al comma 2. Si osservano le disposizioni dell'articolo 36-bis.

 

6. Allo scadere del permesso di soggiorno, di cui al comma 5, lo straniero deve lasciare il territorio dello Stato, salvo risulti titolare di un nuovo contratto di soggiorno per lavoro ovvero abbia diritto al permesso di soggiorno ad altro titolo, secondo la normativa vigente.

 

7. Nel caso di straniero regolarmente soggiornante per motivo di lavoro o per un motivo che consente il lavoro subordinato, che sia dichiarato invalido civile, l'iscrizione delle liste di cui all'articolo 8 della legge 12 marzo 1999, n. 68, equivale all'iscrizione ovvero alla registrazione di cui ai commi 1 e 2 (91).

 

 

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(91)  Articolo così sostituito dall'art. 33, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 38. 

Accesso al lavoro stagionale.

1. Il nullaosta al lavoro stagionale, anche con riferimento all'accorpamento di gruppi di lavori di più breve periodo da svolgere presso diversi datori di lavoro, ha validità da 20 giorni ad un massimo di nove mesi decorrenti dalla data di sottoscrizione del contratto di soggiorno. Il nullaosta è rilasciato dallo Sportello unico, per la durata corrispondente a quella del lavoro stagionale richiesto, non oltre 20 giorni dalla data di ricevimento delle richieste di assunzione del datore di lavoro, con le modalità definite dagli articoli 30-bis e 31, commi 1, limitatamente alla parte in cui si prevede la richiesta di parere al questore, 2, 3, 4, 5, 6 e 7, e nel rispetto del diritto di precedenza in favore dei lavoratori stranieri, di cui all'articolo 24, comma 4, del testo unico (92).

 

1-bis. In caso di richiesta numerica, redatta secondo le modalità di cui all'articolo 30-bis, lo Sportello unico procede all'immediata comunicazione della stessa, anche per via telematica, al Centro per l'impiego competente che, nel termine di 5 giorni, verifica l'eventuale disponibilità di lavoratori nazionali, comunitari o extracomunitari regolarmente iscritti nelle liste di collocamento o, comunque, censiti come disoccupati in cerca di occupazione a ricoprire l'impiego stagionale offerto. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 30-quinquies, comma 2 e 30-sexies. I termini ivi previsti sono ridotti della metà (93).

 

1-ter. In caso di certificazione negativa pervenuta dal Centro per l'impiego o di espressa conferma della richiesta di nullaosta o, comunque, nel caso di decorso di 10 giorni senza alcun riscontro da parte del Centro per l'impiego, lo Sportello unico dà ulteriore corso alla procedura (94).

 

2. Ai fini dell'autorizzazione, i lavoratori stranieri che hanno fatto rientro nello Stato di provenienza alla scadenza del permesso di soggiorno rilasciato l'anno precedente per lavoro stagionale hanno diritto di precedenza presso lo stesso datore di lavoro o nell'ambito delle medesime richieste cumulative, nonché nelle richieste senza indicazione nominativa, rispetto ai lavoratori stranieri che non si trovano nelle stesse condizioni.

 

3. Per le attività stagionali, le richieste di autorizzazione al lavoro possono essere presentate anche dalle associazioni di categoria per conto dei loro associati.

 

4. La autorizzazione al lavoro stagionale a più datori di lavoro che impiegano lo stesso lavoratore straniero per periodi di lavoro complessivamente compresi nella stazione, nel rispetto dei limiti temporali, minimi e massimi, di cui all'articolo 24, comma 3, del testo unico, deve essere unica, su richiesta dei datori di lavoro, anche cumulativa, presentata contestualmente, ed è rilasciata a ciascuno di essi. Sono ammesse ulteriori autorizzazioni anche a richiesta di datori di lavoro diversi, purché nell'ambito del periodo massimo previsto.

 

5. Ai fini della verifica della corrispondenza del trattamento retributivo ed assicurativo offerto allo straniero con quello previsto dai contratti collettivi nazionali di categoria, lo Sportello unico si conforma alle convenzioni di cui all'articolo 24, comma 5, del testo unico, eventualmente stipulate (95).

 

6. [L'autorizzazione al lavoro stagionale deve essere corredata del nulla osta della questura, secondo le disposizioni dell'articolo 31] (96).

 

7. I lavoratori stranieri che hanno fatto rientro nello Stato di provenienza alla scadenza del permesso di soggiorno rilasciato l'anno precedente per lavoro stagionale, i quali sono autorizzati a tornare in Italia per un ulteriore periodo di lavoro stagionale, ed ai quali sia offerto un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, nei limiti delle quote di cui all'articolo 29, possono richiedere alla questura il rilascio del permesso di soggiorno, osservate le disposizioni dell'articolo 9 del presente regolamento. Il permesso di soggiorno è rilasciato entro 20 giorni dalla presentazione della domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previste dal testo unico e dal presente articolo.

 

 

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(92)  Comma così sostituito dall'art. 34, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(93)  Comma aggiunto dall'art. 34, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(94)  Comma aggiunto dall'art. 34, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(95)  Comma così modificato dall'art. 34, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(96)  Comma soppresso dall'art. 34, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 38-bis.

 Permesso pluriennale per lavoro stagionale.

1. Il datore di lavoro dello straniero che si trova nelle condizioni di cui all'articolo 5, comma 3-ter, del testo unico, può richiedere il rilascio del nullaosta al lavoro pluriennale in favore del medesimo lavoratore. Lo Sportello unico, accertati i requisiti di cui al medesimo articolo, rilascia il nullaosta secondo le modalità di cui all'articolo 38.

 

2. Il nullaosta triennale è rilasciato con l'indicazione del periodo di validità, secondo quanto previsto dall'articolo 5, comma 3-ter, del testo unico.

 

3. Sulla base del nullaosta triennale al lavoro stagionale, i visti di ingresso per le annualità successive alla prima sono concessi dall'autorità consolare, previa esibizione della proposta di contratto di soggiorno per lavoro stagionale, trasmessa al lavoratore interessato dal datore di lavoro, che provvede, altresì, a trasmetterne copia allo Sportello unico competente. Entro 8 giorni dalla data di ingresso nel territorio nazionale, il lavoratore straniero si reca presso lo Sportello unico per sottoscrivere il contratto di soggiorno per lavoro, secondo le disposizioni dell'articolo 35.

 

4. Il rilascio dei nullaosta pluriennali avviene nei limiti delle quote di ingresso per lavoro stagionale. I nullaosta pluriennali e la rispettiva loro estensione temporale annuale sono considerati in sede di determinazione dei flussi relativi agli anni successivi a quello di rilascio (97).

 

 

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(97)  Articolo aggiunto dall'art. 35, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 39. 

Disposizioni relative al lavoro autonomo.

1. Lo straniero che intende svolgere in Italia attività per le quali è richiesto il possesso di una autorizzazione o licenza o l'iscrizione in apposito registro o albo, ovvero la presentazione di una dichiarazione o denuncia, ed ogni altro adempimento amministrativo è tenuto a richiedere alla competente autorità amministrativa, anche tramite proprio procuratore, la dichiarazione che non sussistono motivi ostativi al rilascio del titolo abilitativo o autorizzatorio, comunque denominato, osservati i criteri e le procedure previsti per il rilascio dello stesso. Oltre a quanto previsto dagli articoli 49, 50 e 51, per le attività che richiedono l'accertamento di specifiche idoneità professionali o tecniche, il Ministero delle attività produttive o altro Ministero o diverso organo competente per materia provvedono, nei limiti delle quote di cui all'articolo 3, comma 4, del testo unico, al riconoscimento dei titoli o degli attestati delle capacità professionali rilasciati da Stati esteri.

 

2. La dichiarazione è rilasciata quando sono soddisfatte tutte le condizioni e i presupposti previsti dalla legge per il rilascio del titolo abilitativo o autorizzatorio richiesto, salvo, nei casi di conversione di cui al comma 9, l'effettiva presenza dello straniero in Italia in possesso del prescritto permesso di soggiorno.

 

3. Anche per le attività che non richiedono il rilascio di alcun titolo abilitativo o autorizzatorio, lo straniero è tenuto ad acquisire presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per il luogo in cui l'attività lavorativa autonoma deve essere svolta, o presso il competente ordine professionale, l'attestazione dei parametri di riferimento riguardanti la disponibilità delle risorse finanziarie occorrenti per l'esercizio dell'attività. Tali parametri si fondano sulla disponibilità in Italia, da parte del richiedente, di una somma non inferiore alla capitalizzazione, su base annua, di un importo mensile pari all'assegno sociale.

 

4. La dichiarazione di cui al comma 2 e l'attestazione di cui al comma 3 sono rilasciate, ove richieste, a stranieri che intendano operare come soci prestatori d'opera presso società, anche cooperative, costituite da almeno tre anni.

 

5. La dichiarazione di cui al comma 2, unitamente a copia della domanda e della documentazione prodotta per il suo rilascio, nonché l'attestazione della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di cui al comma 3 devono essere presentate, anche tramite procuratore, alla questura territorialmente competente, per l'apposizione del nullaosta provvisorio ai fini dell'ingresso.

 

6. Il nullaosta provvisorio è posto in calce alla dichiarazione di cui al comma 2 entro 20 giorni dalla data di ricevimento, previa verifica che non sussistono, nei confronti dello straniero, motivi ostativi all'ingresso e al soggiorno nel territorio dello Stato per motivi di lavoro autonomo. La dichiarazione provvista del nullaosta è rilasciata all'interessato o al suo procuratore.

 

7. La dichiarazione, l'attestazione, ed il nullaosta di cui ai commi 2, 3 e 5, di data non anteriore a tre mesi, sono presentati alla rappresentanza diplomatica o consolare competente per il rilascio del visto di ingresso, la quale, entro 30 giorni, provvede a norma dell'articolo 26, comma 5, del testo unico, previo accertamento dei requisiti richiesti sulla base della normativa e della documentazione presentata. La rappresentanza diplomatica o consolare, nel rilasciare il visto, ne dà comunicazione al Ministero dell'interno, all'INPS e all'INAIL e consegna allo straniero la certificazione dell'esistenza dei requisiti di cui al presente comma, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per lavoro autonomo.

 

8. La questura territorialmente competente provvede al rilascio del permesso di soggiorno.

 

9. Oltre a quanto previsto dall'articolo 14, lo straniero già presente in Italia, in possesso di regolare permesso di soggiorno per motivi di studio o di formazione professionale, può richiedere la conversione del permesso di soggiorno per lavoro autonomo. A tale fine, lo Sportello unico, su richiesta dell'interessato, previa verifica della disponibilità delle quote d'ingresso per lavoro autonomo, determinate a norma dell'articolo 3, comma 4, del testo unico, rilascia la certificazione di cui all'articolo 6, comma 1, del testo unico, sulla base della documentazione di cui ai commi 1, 2 e 3. Lo Sportello unico provvede a far sottoscrivere all'interessato il modulo per la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, i cui dati sono, contestualmente, inoltrati alla questura competente, tramite procedura telematica. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 2-bis (98).

 

 

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(98)  Articolo così sostituito dall'art. 36, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 40. 

Casi particolari di ingresso per lavoro.

1. Il nullaosta al lavoro per gli stranieri di cui all'articolo 27, commi 1 e 2, del testo unico, quando richiesto, è rilasciato, fatta eccezione per i lavoratori di cui alle lettere d) e r-bis) del comma 1 del medesimo articolo, senza il preventivo espletamento degli adempimenti previsti dall'articolo 22, comma 4, del testo unico. Si osservano le modalità previste dall'articolo 30-bis, commi 2 e 3, e quelle ulteriori previste dal presente articolo. Il nullaosta al lavoro è rilasciato al di fuori delle quote stabilite con il decreto di cui all'articolo 3, comma 4, del testo unico.

 

2. Salvo diversa disposizione di legge o di regolamento, il nullaosta al lavoro non può essere concesso per un periodo superiore a quello del rapporto di lavoro a tempo determinato e, comunque, a due anni; la proroga oltre il predetto limite biennale, se prevista, non può superare lo stesso termine di due anni. Per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato di cui ai commi 6 e 21 il nullaosta al lavoro viene concesso a tempo indeterminato. La validità del nullaosta deve essere espressamente indicata nel provvedimento.

 

3. Salvo quanto previsto dai commi 9, lettera a), 12, 14, 16 e 19 del presente articolo e dal comma 2 dell'articolo 27 del testo unico, il nullaosta al lavoro è rilasciato dallo Sportello unico. Ai fini del visto d'ingresso e della richiesta del permesso di soggiorno, il nullaosta al lavoro deve essere utilizzato entro 120 giorni dalla data del rilascio, osservate le disposizioni degli articoli 31, commi 1, limitatamente alla richiesta del parere del questore, 2, 4, 5, 6, 7 e 8.

 

4. Fatti salvi, per gli stranieri di cui all'articolo 27, comma 1, lettera f), del testo unico, i più elevati limiti temporali previsti dall'articolo. 5, comma 3, lettera c), del medesimo testo unico, il visto d'ingresso e il permesso di soggiorno per gli stranieri di cui al presente articolo sono rilasciati per il tempo indicato nel nullaosta al lavoro o, se questo non è richiesto, per il tempo strettamente corrispondente alle documentate necessità.

 

5. Per i lavoratori di cui all'articolo 27, comma 1, lettera a), del testo unico, il nullaosta al lavoro si riferisce ai dirigenti o al personale in possesso di conoscenze particolari che, secondo il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato all'azienda distaccataria, qualificano l'attività come altamente specialistica, occupati da almeno sei mesi nell'àmbito dello stesso settore prima della data del trasferimento temporaneo, nel rispetto degli impegni derivanti dall'Accordo GATS, ratificato e reso esecutivo in Italia con la legge 29 dicembre 1994, n. 747. Il trasferimento temporaneo, di durata legata all'effettiva esigenza dell'azienda, definita e predeterminata nel tempo, non può superare, incluse le eventuali proroghe, la durata complessiva di cinque anni. Al termine del trasferimento temporaneo è possibile l'assunzione a tempo determinato o indeterminato presso l'azienda distaccataria.

 

6. Per il personale di cui all'articolo 27, comma 1, lettere b) e c), del testo unico, il nullaosta al lavoro è subordinato alla richiesta di assunzione anche a tempo indeterminato dell'università o dell'istituto di istruzione superiore e di ricerca, pubblici o privati, che attesti il possesso dei requisiti professionali necessari per l'espletamento delle relative attività.

 

7. Per il personale di cui all'articolo 27, comma 1, lettera d), del testo unico, la richiesta deve essere presentata o direttamente dall'interessato, corredandola del contratto relativo alla prestazione professionale da svolgere in Italia, oppure dal datore di lavoro in caso di assunzione in qualità di lavoratore subordinato, nonché del titolo di studio o attestato professionale di traduttore o interprete, specifici per le lingue richieste, rilasciati, rispettivamente, da una scuola statale o da ente pubblico o altro istituto paritario, secondo la legislazione vigente nello Stato del rilascio, debitamente vistati, previa verifica della legittimazione dell'organo straniero al rilascio dei predetti documenti, da parte delle rappresentanze diplomatiche o consolari competenti.

 

8. Per i lavoratori di cui all'articolo 27, comma 1, lettera e), del testo unico, deve essere acquisito il contratto di lavoro autenticato dalla rappresentanza diplomatica o consolare. Il nullaosta al lavoro non può essere rilasciato a favore dei collaboratori familiari di cittadini stranieri.

 

9. La lettera f) del comma 1 dell'articolo 27 del testo unico, si riferisce agli stranieri che, per finalità formativa, debbono svolgere in unità produttive del nostro Paese:

 

a) attività nell'àmbito di un rapporto di tirocinio funzionale al completamento di un percorso di formazione professionale,

 

ovvero

 

 

b) attività di addestramento sulla base di un provvedimento di trasferimento temporaneo o di distacco assunto dall'organizzazione dalla quale dipendono.

 

10. Per le attività di cui alla lettera a) del comma 9 non è richiesto il nullaosta al lavoro e il visto di ingresso per motivi di studio o formazione viene rilasciato su richiesta dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, del D.M. 25 marzo 1998, n. 142 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, nei limiti del contingente annuo determinato ai sensi del comma 6 dell'articolo 44-bis. Alla richiesta deve essere unito il progetto formativo, redatto ai sensi delle norme attuative dell'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, vistato dalla regione. Per le attività di cui al comma 9, lettera b), il nullaosta al lavoro viene rilasciato dallo Sportello unico, su richiesta dell'organizzazione presso la quale si svolgerà l'attività lavorativa a finalità formativa. Alla richiesta deve essere allegato un progetto formativo, contenente anche indicazione della durata dell'addestramento, approvato dalla regione.

 

11. Per i lavoratori, di cui all'articolo 27, comma 1, lettera g), del testo unico, il nullaosta al lavoro può essere richiesto solo da organizzazione o impresa, italiana o straniera, operante nel territorio italiano, con proprie sedi, rappresentanze o filiali, e può riguardare, soltanto, prestazioni qualificate di lavoro subordinato, intendendo per tali quelle riferite all'esecuzione di opere o servizi particolari, per i quali occorre esperienza specifica nel contesto complessivo dell'opera o del servizio stesso, per un numero limitato di lavoratori. L'impresa estera deve garantire lo stesso trattamento minimo retributivo del contratto collettivo nazionale di categoria applicato ai lavoratori italiani o comunitari nonché il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali previsti dall'ordinamento italiano.

 

12. Per gli stranieri di cui all'articolo 27, comma 1, lettera h), del testo unico, dipendenti da società straniere appaltatrici dell'armatore chiamati all'imbarco su navi italiane da crociera per lo svolgimento di servizi complementari di cui all'articolo 17 della legge 5 dicembre 1986, n. 856, si osservano le specifiche disposizioni di legge che disciplinano la materia e non è necessaria l'autorizzazione al lavoro. I relativi visti d'ingresso sono rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche o consolari entro termini abbreviati e con procedure semplificate definite con le istruzioni di cui all'articolo 5, comma 3. Essi consentono la permanenza a bordo della nave anche quando la stessa naviga nelle acque territoriali o staziona in un porto nazionale. In caso di sbarco, si osservano le disposizioni in vigore per il rilascio del permesso di soggiorno. Restano ferme le disposizioni in vigore per il rilascio dei visti di transito.

 

13. Nell'àmbito di quanto previsto all'articolo 27, comma 1, lettera i), del testo unico, è previsto l'impiego in Italia, di gruppi di lavoratori alle dipendenze, con regolare contratto di lavoro, di datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede all'estero, per la realizzazione di opere determinate o per la prestazione di servizi oggetto di contratti di appalto stipulati con persone fisiche o giuridiche, italiane o straniere residenti in Italia ed ivi operanti. In tali casi il nullaosta al lavoro da richiedersi a cura dell'appaltante, il visto d'ingresso e il permesso di soggiorno sono rilasciati per il tempo strettamente necessario alla realizzazione dell'opera o alla prestazione del servizio, previa comunicazione, da parte del datore di lavoro, agli organismi provinciali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative nel settore interessato. L'impresa estera deve garantire ai propri dipendenti in trasferta sul territorio italiano lo stesso trattamento minimo retributivo del contratto collettivo nazionale di categoria applicato ai lavoratori italiani o comunitari, nonché il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.

 

14. Per i lavoratori dello spettacolo di cui all'articolo 27, comma 1, lettere l), m), n) e o), del testo unico, il nullaosta al lavoro, comprensivo del codice fiscale, è rilasciato dalla Direzione generale per l'impiego - Segreteria del collocamento dello spettacolo di Roma e dall'Ufficio speciale per il collocamento dei lavoratori dello spettacolo per la Sicilia di Palermo, per un periodo iniziale non superiore a dodici mesi, salvo proroga, che, nei casi di cui alla lettera n), può essere concessa, sulla base di documentate esigenze, soltanto per consentire la chiusura dello spettacolo ed esclusivamente per la prosecuzione del rapporto di lavoro con il medesimo datore di lavoro. Il rilascio del nullaosta è comunicato, anche per via telematica, allo Sportello unico della provincia ove ha sede legale l'impresa, ai fini della stipula del contratto di soggiorno per lavoro.

 

15. I visti d'ingresso per gli artisti stranieri che effettuano prestazioni di lavoro autonomo di breve durata e, comunque, inferiore a 90 giorni, sono rilasciati al di fuori delle quote di cui all'articolo 3, comma 4, del testo unico, con il vincolo che gli artisti interessati non possano svolgere attività per un produttore o committente di spettacolo diverso da quello per il quale il visto è stato rilasciato.

 

16. Per gli sportivi stranieri di cui all'articolo 27, comma 1, lettera p), e comma 5-bis, del testo unico, il nullaosta al lavoro è sostituito dalla dichiarazione nominativa di assenso del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), comprensiva del codice fiscale, sulla richiesta, a titolo professionistico o dilettantistico, della società destinataria delle prestazioni sportive, osservate le disposizioni della legge 23 marzo 1981, n. 91. La dichiarazione nominativa di assenso è richiesta anche quando si tratti di prestazione di lavoro autonomo. In caso di lavoro subordinato, la dichiarazione nominativa d'assenso è comunicata, anche per via telematica, allo Sportello unico della provincia ove ha sede la società destinataria delle prestazioni sportive, ai fini della stipula del contratto di soggiorno per lavoro. La dichiarazione nominativa di assenso e il permesso di soggiorno di cui al presente comma possono essere rinnovati anche al fine di consentire il trasferimento degli sportivi stranieri tra società sportive nell'àmbito della medesima federazione.

 

17. Gli ingressi per lavoro autonomo, nei casi di cui al comma 16, sono considerati al di fuori delle quote stabilite con il decreto di cui all'articolo 3, comma 4, del testo unico. Al fine dell'applicazione dell'articolo 27, comma 5-bis, del testo unico, le aliquote d'ingresso stabilite per gli sportivi stranieri ricomprendono le prestazioni di lavoro subordinato e di lavoro autonomo e sono determinate sulla base dei calendari e delle stagioni sportive federali e non si applicano agli allenatori ed ai preparatori atletici. Lo straniero titolare di permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro o per motivi familiari può essere tesserato dal CONI, nell'àmbito delle quote fissate dall'articolo 27, comma 5-bis, del testo unico.

 

18. Nell'ipotesi in cui la dichiarazione di assenso rilasciata dal CONI riguardi un cittadino extracomunitario minore, la richiesta della predetta dichiarazione deve essere corredata dall'autorizzazione rilasciata dalla Direzione provinciale del lavoro competente ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345, sulla base dell'istruttoria effettuata dalla federazione sportiva nazionale di appartenenza della società destinataria della prestazione sportiva.

 

19. Per i lavoratori di cui all'articolo 27, comma 1, lettera q), del testo unico, e per quelli occupati alle dipendenze di rappresentanze diplomatiche o consolari o di enti di diritto internazionale aventi sede in Italia, il nullaosta al lavoro non è richiesto.

 

20. Per gli stranieri di cui all'articolo 27, comma 1, lettera r), del testo unico, il nullaosta al lavoro è rilasciato nell'àmbito, anche numerico, degli accordi internazionali in vigore, per un periodo non superiore ad un anno, salvo diversa indicazione degli accordi medesimi. Se si tratta di persone collocate alla pari al di fuori di programmi di scambio di giovani o di mobilità di giovani, il nullaosta al lavoro non può avere durata superiore a tre mesi. Nel caso di stranieri che giungono in Italia con un visto per vacanze-lavoro, nel quadro di accordi internazionali in vigore per l'Italia, il nullaosta al lavoro può essere rilasciato dallo Sportello unico successivamente all'ingresso dello straniero nel territorio dello Stato, a richiesta del datore di lavoro, per un periodo complessivo non superiore a sei mesi e per non più di tre mesi con lo stesso datore di lavoro.

 

21. Le disposizioni di cui all'articolo 27, comma 1, lettera r-bis), del testo unico, riguardano esclusivamente gli infermieri dotati dello specifico titolo riconosciuto dal Ministero della salute. Le strutture sanitarie, sia pubbliche che private, sono legittimate all'assunzione degli infermieri, anche a tempo indeterminato, tramite specifica procedura. Le società di lavoro interinale possono richiedere il nullaosta per l'assunzione di tale personale previa acquisizione della copia del contratto stipulato con la struttura sanitaria pubblica o privata. Le cooperative sono legittimate alla presentazione della richiesta di nullaosta, qualora gestiscano direttamente l'intera struttura sanitaria o un reparto o un servizio della medesima.

 

22. Gli stranieri di cui all'articolo 27, comma 1, lettere a), b), c) e d), del testo unico possono far ingresso in Italia anche per effettuare prestazioni di lavoro autonomo. I corrispondenti ingressi per lavoro autonomo sono al di fuori delle quote stabilite con decreto di cui all'articolo 3, comma 4, del testo unico. In tali casi, lo schema di contratto d'opera professionale è, preventivamente, sottoposto alla Direzione provinciale del lavoro del luogo di prevista esecuzione del contratto, la quale, accertato che, effettivamente, il programma negoziale non configura un rapporto di lavoro subordinato, rilascia la corrispondente certificazione. Tale certificazione, da accludere alla relativa richiesta, è necessaria ai fini della concessione del visto per lavoro autonomo, in applicazione della presente disposizione.

 

23. Il nullaosta al lavoro e il permesso di soggiorno di cui al presente articolo possono essere rinnovati, tranne nei casi di cui all'articolo 27, comma 1, lettera n), del testo unico, in costanza dello stesso rapporto di lavoro, salvo quanto previsto dal comma 16, previa presentazione, da parte del richiedente, della certificazione comprovante il regolare assolvimento dell'obbligo contributivo. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il nullaosta non può essere utilizzato per un nuovo rapporto di lavoro. I lavoratori di cui all'articolo 27, comma 1, lettere d), e) e r-bis), del testo unico possono instaurare un nuovo rapporto di lavoro a condizione che la qualifica di assunzione coincida con quella per cui è stato rilasciato l'originario nullaosta. Si applicano nei loro confronti l'articolo 22, comma 11, del testo unico e gli articoli 36-bis e 37 del presente regolamento. I permessi di soggiorno rilasciati a norma del presente articolo non possono essere convertiti, salvo quanto previsto dall'articolo 14, comma 5 (99).

 

 

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(99)  Articolo così sostituito dall'art. 37, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 41. 

Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari.

1. Gli uffici della pubblica amministrazione, che rilasciano un titolo autorizzatorio o abilitativo per lo svolgimento di un'attività di lavoro autonomo e i centri per l'impiego che ricevono dallo straniero la dichiarazione di disponibilità alla ricerca di un'attività lavorativa, ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, sono tenuti a comunicare alla questura e all'Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari costituito presso l'Istituto nazionale per la previdenza sociale, per le annotazioni di competenza, i casi in cui il permesso di soggiorno è utilizzato, a norma dell'articolo 14, per un motivo diverso da quello riportato nel documento. Analoga comunicazione al predetto Archivio è effettuata, in via informatica o telematica, dalla questura, sulla base dei provvedimenti di rilascio o rinnovo dei permessi di soggiorno, delle comunicazioni concernenti le iscrizioni o variazioni anagrafiche previste dall'articolo 6, comma 7, del testo unico, e di quelle del datore di lavoro effettuate a norma dell'articolo 7 del medesimo testo unico (100).

 

 

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(100)  Articolo così sostituito dall'art. 38, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Capo VI

Disposizioni in materia sanitaria

 

Art. 42. 

Assistenza per gli stranieri iscritti al Servizio Sanitario Nazionale.

1. Lo straniero in possesso del permesso di soggiorno per uno dei motivi di cui all'articolo 34, comma 1, del testo unico e per il quale sussistono le condizioni ivi previste e tenuto a richiedere l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale ed è iscritto, unitamente ai familiari a carico negli elenchi degli assistibili dell'Azienda unità sanitaria locale, d'ora in avanti indicata con la sigla U.S.L., nel cui territorio ha residenza ovvero, in assenza di essa, nel cui territorio ha effettiva dimora, a parità di condizioni con il cittadino italiano. L'iscrizione è altresì dovuta, a parità di condizioni con il cittadino italiano nelle medesime circostanze, allo straniero regolarmente soggiornante iscritto nelle liste di collocamento. Alle medesime condizioni di parità sono assicurate anche l'assistenza riabilitativa e protesica.

 

2. In mancanza di iscrizione anagrafica, per luogo di effettiva dimora si intende quello indicato nel permesso di soggiorno, fermo restando il disposto dell'articolo 6, commi 7 e 8, del testo unico. L'iscrizione alla U.S.L. è valida per tutta la durata del permesso di soggiorno.

 

3. Per il lavoratore straniero stagionale l'iscrizione è effettuata, per tutta la durata dell'attività lavorativa, presso l'U.S.L. del comune indicato ai fini del rilascio del permesso di soggiorno.

 

4. L'iscrizione non decade nella fase di rinnovo del permesso di soggiorno. L'iscrizione cessa altresì per mancato rinnovo, revoca o annullamento del permesso di soggiorno ovvero per espulsione, comunicati alla U.S.L., a cura della questura, salvo che l'interessato esibisca la documentazione comprovante la pendenza del ricorso contro i suddetti provvedimenti. L'iscrizione parimenti cessa negli altri casi in cui vengono meno le condizioni di cui al comma 1 (101).

 

5. L'iscrizione al Servizio sanitario nazionale di cui all'articolo 34, comma 1, del testo unico, non è dovuta per gli stranieri di cui all'articolo 27, comma 1, lettere a), i) e q), del testo unico, che non siano tenuti a corrispondere in Italia, per l'attività ivi svolta, l'imposta sul reddito delle persone fisiche, fermo restando l'obbligo, per sé e per i familiari a carico, della copertura assicurativa di cui all'articolo 34, comma 3, del testo unico. L'iscrizione non è dovuta neppure per gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per affari.

 

6. Fuori dai casi di cui all'articolo 34, comma 1, del testo unico, in alternativa all'assicurazione contro il rischio di malattia, infortunio e maternità prevista dall'articolo 34, comma 3, del medesimo testo unico, e fatta salva la specifica disciplina di cui al successivo comma 4 dello stesso articolo, concernente gli stranieri regolarmente soggiornanti per motivi di studio o collocati «alla pari», lo straniero che abbia richiesto un permesso di soggiorno di durata superiore a tre mesi, può chiedere l'iscrizione volontaria al Servizio sanitario nazionale, previa corresponsione del contributo prescritto.

 

 

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(101)  Comma così modificato dall'art. 39, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 43. 

Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio Sanitario Nazionale.

1. Ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti, ma non iscritti al Servizio sanitario nazionale, sono assicurate le prestazioni sanitarie urgenti, alle condizioni previste dall'articolo 35, comma 1, del testo unico. Gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale possono inoltre chiedere all'azienda ospedaliera o alla unità sanitaria locale (U.S.L.) di fruire, dietro pagamento delle relative tariffe, di prestazioni sanitarie di elezione.

 

2. Ai cittadini stranieri presenti nel territorio dello Stato, non in regola con le norme relative all'ingresso e al soggiorno, sono comunque assicurate, nei presìdi sanitari pubblici e privati accreditati, le prestazioni sanitarie previste dall'articolo 35, comma 3, del testo unico.

 

3. La prescrizione e la registrazione delle prestazioni nei confronti degli stranieri privi di permesso di soggiorno vengono effettuate, nei limiti indicati dall'articolo 35, comma 3, del testo unico, utilizzando un codice regionale a sigla STP (Straniero Temporaneamente Presente). Tale codice identificativo è composto, oltre che dalla sigla STP, dal codice ISTAT relativo alla struttura sanitaria pubblica che lo rilascia e da un numero progressivo attribuito al momento del rilascio. Il codice, riconosciuto su tutto il territorio nazionale, identifica l'assistito per tutte le prestazioni di cui all'articolo 35, comma 3 del testo unico. Tale codice deve essere utilizzato anche per la rendicontazione delle prestazioni effettuate da parte delle strutture pubbliche è private accreditate ai fini del rimborso e la prescrizione, su ricettario regionale, di farmaci erogabili, a parità di condizioni di partecipazione alla spesa con i cittadini italiani, da parte delle farmacie convenzionate.

 

4. Gli oneri per le prestazioni sanitarie di cui all'articolo 35, comma 3, del testo unico, erogate ai soggetti privi di risorse economiche sufficienti, comprese le quote di partecipazione alla spesa eventualmente non versate, sono a carico della U.S.L, competente per il luogo in cui le prestazioni sono state erogate. In caso di prestazioni sanitarie lasciate insolute dal cittadino straniero, l'azienda ospedaliera ne chiede il pagamento alla U.S.L., ovvero, se si tratta di prestazioni ospedaliere urgenti o comunque essenziali, al Ministero dell'interno, secondo procedure concordate. Lo stato d'indigenza può essere attestato attraverso autodichiarazione presentata all'ente sanitario erogante.

 

5. La comunicazione al Ministero dell'interno per le finalità di cui al comma 4, è effettuata in forma anonima, mediante il codice regionale S.T.P, di cui al comma 3, con l'indicazione della diagnosi, del tipo di prestazione erogata e della somma di cui si chiede il rimborso.

 

6. Salvo quanto previsto in attuazione dell'articolo 20 del testo unico, le procedure di cui ai commi 4 e 5 si applicano anche nel caso di prestazioni sanitarie effettuate nei confronti di profughi o sfollati, assistiti dal Servizio sanitario nazionale per effetto di specifiche disposizioni di legge che pongono i relativi oneri a carico dello Stato.

 

7. Sono fatte salve le disposizioni che disciplinano l'assistenza sanitaria ai cittadini stranieri in Italia sulla base di trattati o accordi internazionali di reciprocità bilaterali o multilaterali, sottoscritti dall'Italia. In tal caso, l'U.S.L. chiede il rimborso eventualmente dovuto degli oneri per le prestazioni erogate secondo le direttive emanate dal Ministero della sanità in attuazione dei predetti accordi.

 

8. Le regioni individuano le modalità più opportune per garantire che le cure essenziali e continuative previste dall'articolo 35, comma 3, del testo unico, possono essere erogate nell'ambito delle strutture della medicina del territorio o nei presìdi sanitari, pubblici e privati accreditati, strutturati in forma poliambulatoriale od ospedaliera, eventualmente in collaborazione con organismi di volontariato aventi esperienza specifica.

 

 

Art. 44. 

Ingresso e soggiorno per cure mediche.

1. Il cittadino straniero che intende effettuare, dietro pagamento dei relativi oneri, cure mediche in Italia, richiede il visto, alle condizioni stabilite dal decreto del Ministro degli affari esteri, di cui all'articolo 5, comma 3, alla competente rappresentanza diplomatica o consolare ed il relativo permesso di soggiorno alla questura, allegando la seguente documentazione:

 

a) dichiarazione della struttura sanitaria prescelta, pubblica o privata accreditata, che indichi il tipo di cura, la data di inizio e la durata presumibile della stessa, la durata dell'eventuale degenza prevista, osservate le disposizioni in vigore per la tutela dei dati personali;

 

 

b) attestazione dell'avvenuto deposito di una somma a titolo cauzionale sulla base del costo presumibile delle prestazioni richieste. Il deposito cauzionale, in euro o in dollari statunitensi, dovrà corrispondere al 30 per cento del costo complessivo presumibile delle prestazioni richieste e dovrà essere versato alla struttura prescelta;

 

 

c) documentazione comprovante la disponibilità in Italia di risorse sufficienti per l'integrale pagamento delle spese sanitarie e di quelle di vitto e alloggio fuori dalla struttura sanitaria e il rimpatrio per l'assistito e per l'eventuale accompagnatore;

 

 

d) certificazione sanitaria, attestante la patologia del richiedente nel rispetto delle disposizioni in materia di tutela dei dati personali. La certificazione rilasciata all'estero deve essere corredata di traduzione in lingua italiana (102).

 

2. Con l'autorizzazione di cui all'articolo 36, comma 2, del testo unico sono stabilite le modalità per il trasferimento per cure in Italia nei casi previsti dalla stessa disposizione e per quelli da effettuarsi nell'ambito dei programmi di cui all'articolo 32, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

 

 

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(102)  Comma così sostituito dall'art. 40, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 44-bis.

Visti di ingresso per motivi di studio, borse di studio e ricerca.

1. È consentito l'ingresso in territorio nazionale, per motivi di studio, ai cittadini stranieri che intendono seguire corsi universitari, con le modalità definite dall'articolo 39 del testo unico e dall'articolo 46.

 

2. È ugualmente consentito l'ingresso nel territorio nazionale per motivi di studio, alle condizioni definite dal decreto del Ministro degli affari esteri, di cui all'articolo 5, comma 3, in favore dei cittadini stranieri:

 

a) maggiori di età, che intendano seguire corsi superiori di studio o d'istruzione tecnico-professionale, a tempo pieno e di durata determinata, verificata la coerenza dei corsi da seguire in Italia con la formazione acquisita nel Paese di provenienza, accertate le disponibilità economiche di cui all'articolo 5, comma 6, nonché la validità dell'iscrizione o pre-iscrizione al corso da seguire in Italia;

 

 

b) minori di età, comunque, maggiori di anni quattordici, i cui genitori o tutori, residenti all'estero, intendano far seguire corsi di studio presso istituti e scuole secondarie nazionali statali o paritarie o presso istituzioni accademiche, nell'àmbito di programmi di scambi e di iniziative culturali approvati dal Ministero degli affari esteri, dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca o dal Ministero per i beni e le attività culturali. Al di fuori di tali fattispecie, l'ingresso dei minori per studio, limitatamente ai maggiori di anni quindici, è consentito in presenza dei requisiti di cui alla lettera a), nonché accertata l'esistenza di misure di adeguata tutela del minore e la rispondenza del programma scolastico da seguire in Italia alle effettive esigenze formative e culturali del beneficiario.

 

3. È consentito l'ingresso in Italia ai cittadini stranieri assegnatari di borse di studio accordate dalle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, da Governi stranieri, da fondazioni ed istituzioni culturali italiane di chiara fama ovvero da organizzazioni internazionali, secondo le modalità stabilite dal decreto di cui all'articolo 5, comma 3.

 

4. È consentito l'ingresso in Italia per attività scientifica ai cittadini stranieri che, a richiesta degli enti di cui al comma 3 e per motivi di preminente interesse della Repubblica italiana, intendano svolgere in territorio nazionale attività di alta cultura o di ricerca avanzata, che non rientrino tra quelle previste dall'articolo 27, comma 1, lettera c), del testo unico. Analogo visto è accordato al coniuge e ai figli minori al seguito, secondo le modalità stabilite dal decreto di cui all'articolo 5, comma 3.

 

5. Lo straniero in possesso dei requisiti previsti per il rilascio del visto di studio che intende frequentare corsi di formazione professionali organizzati da enti di formazione accreditati, secondo le norme attuative dell'articolo 142, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, finalizzati al riconoscimento di una qualifica o, comunque, alla certificazione delle competenze acquisite, di durata non superiore a 24 mesi, può essere autorizzato all'ingresso nel territorio nazionale, nell'àmbito del contingente annuale determinato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di cui al comma 6. La presente disposizione si applica anche agli ingressi per i tirocini formativi di cui all'articolo 40, comma 9, lettera a).

 

6. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'interno e degli affari esteri, sentita la Conferenza permanente Stato-regioni di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanarsi entro il 30 giugno di ciascun anno, è determinato il contingente annuale degli stranieri ammessi a frequentare i corsi di cui al comma 5, ovvero a svolgere i tirocini formativi. In sede di prima applicazione della presente disposizione, le rappresentanze diplomatiche e consolari, nelle more dell'emanazione del decreto annuale e, comunque, non oltre il 30 giugno, rilasciano i visti di cui al comma 5, previa verifica dei requisiti previsti dal medesimo comma. Il numero di tali visti viene portato in detrazione dal contingente annuale indicato nel predetto decreto. Per le annualità successive, si applicano le stesse modalità, ma il numero dei visti rilasciabili anteriormente alla data di pubblicazione del decreto annuale di programmazione e, comunque, non oltre il 30 giugno di ciascun anno, non può eccedere il numero dei visti rilasciati nel primo semestre dell'anno precedente. Nel caso che la pubblicazione del decreto di programmazione annuale non venga effettuata entro la scadenza stabilita, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nel secondo semestre di ciascun anno, può provvedere, in via transitoria, con proprio decreto, nel limite delle quote stabilite per l'anno precedente (103) (104).

 

 

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(103) Il limite massimo di ingressi di cittadini stranieri per il rilascio del visto di studio è stato determinato, per il 2005, con D.M. 24 marzo 2006 (Gazz. Uff. 18 luglio 2006, n. 165); per il 2006, con D.M. 24 luglio 2006 (Gazz. Uff. 27 settembre 2006, n. 225); per il 2007, con D.M. 16 luglio 2007 (Gazz. Uff. 11 ottobre 2007, n. 237).

(104)  Articolo aggiunto dall'art. 41, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Capo VII

Disposizioni in materia di istruzione - Diritto allo studio e professioni

 

Art. 45. 

Iscrizione scolastica.

1. I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all'istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani. Essi sono soggetti all'obbligo scolastico secondo le disposizioni vigenti in materia. L'iscrizione dei minori stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani. Essa può essere richiesta in qualunque periodo dell'anno scolastico. I minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva.

 

2. L'iscrizione con riserva non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole di ogni ordine e grado. In mancanza di accertamenti negativi sull'identità dichiarata dell'alunno, il titolo viene rilasciato all'interessato con i dati identificativi acquisiti al momento dell'iscrizione. I minori stranieri soggetti all'obbligo scolastico vengono iscritti alla classe corrispondente all'età anagrafica, salvo che il collegio dei docenti deliberi l'iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto:

 

a) dell'ordinamento degli studi del Paese di provenienza dell'alunno, che può determinare l'iscrizione ad una classe, immediatamente inferiore o superiore rispetto a quella corrispondente all'età anagrafica;

 

 

b) dell'accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione dell'alunno;

 

 

c) del corso di studi eventualmente seguito dall'alunno nel Paese di provenienza;

 

 

d) del titolo di studio eventualmente posseduto dall'alunno.

 

3. Il collegio dei docenti formula proposte per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi; la ripartizione è effettuata evitando comunque la costituzione di classi in cui risulti predominante la presenza di alunni stranieri.

 

4. Il collegio dei docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni, stranieri, il necessario adattamento dei programmi di insegnamento; allo scopo possono essere adottati specifici interventi individualizzati o per gruppi di alunni, per facilitare l'apprendimento della lingua italiana, utilizzando, ove possibile, le risorse professionali della scuola. Il consolidamento della conoscenza e della pratica della lingua italiana può essere realizzata altresì mediante l'attivazione di corsi intensivi di lingua italiana sulla base di specifici progetti, anche nell'ambito delle attività aggiuntive di insegnamento per l'arricchimento dell'offerta formativa.

 

5. Il collegio dei docenti formula proposte in ordine ai criteri e alle modalità per la comunicazione tra la scuola e le famiglie degli alunni stranieri. Ove necessario, anche attraverso intese con l'ente locale, l'istituzione scolastica si avvale dell'opera di mediatori culturali qualificati.

 

6. Allo scopo di realizzare l'istruzione o la formazione degli adulti stranieri il Consiglio di circolo e di istituto promuovono intese con le associazioni straniere, le rappresentanze diplomatiche e consolari dei Paesi di provenienza, ovvero con le organizzazioni di volontariato iscritte nel Registro di cui all'articolo 52 allo scopo di stipulare convenzioni e accordi per attivare progetti di accoglienza; iniziative di educazione interculturale; azioni a tutela della cultura e della lingua di origine e lo studio delle lingue straniere più diffuse a livello internazionale.

 

7. Per le finalità di cui all'articolo 38, comma 7, del testo unico, le istituzioni scolastiche organizzano iniziative di educazione interculturale e provvedono all'istituzione, presso gli organismi deputati all'istruzione e alla formazione in età adulta, di corsi di alfabetizzazione di scuola primaria e secondaria di corsi di lingua italiana; di percorsi di studio finalizzati al conseguimento del titolo della scuola dell'obbligo; di corsi di studio per il conseguimento del diploma di qualifica o del diploma di scuola secondaria superiore; di corsi di istruzione e formazione del personale e tutte le altre iniziative di studio previste dall'ordinamento vigente. A tal fine le istituzioni scolastiche possono stipulare convenzioni ed accordi nei casi e con le modalità previste dalle disposizioni in vigore.

 

8. Il Ministro della pubblica istruzione, nell'emanazione della direttiva sulla formazione per l'aggiornamento in servizio del personale ispettivo, direttivo e docente, detta disposizioni per attivare i progetti nazionali e locali sul tema dell'educazione interculturale. Dette iniziative tengono conto delle specifiche realtà nelle quali vivono le istituzioni scolastiche e le comunità degli stranieri, al fine di favorire la loro migliore integrazione nella comunità locale.

 

 

Art. 46. 

Accesso degli stranieri alle università.

1. In armonia con gli orientamenti comunitari sull'accesso di studenti stranieri all'istruzione universitaria, di atenei, sulla base di criteri predeterminati e in applicazione della regolamentazione sugli accessi all'istruzione universitaria, stabiliscono, entro il 31 dicembre di ogni anno, il numero dei posti da destinare alla immatricolazione degli studenti stranieri ai corsi di studio universitari, per l'anno accademico successivo, anche in coerenza con le esigenze della politica estera culturale e della cooperazione allo sviluppo, fatti salvi gli accordi di collaborazione universitaria con i Paesi terzi. Sono ammessi in soprannumero ai predetti corsi, per effetto di protocolli esecutivi di accordi culturali e di programmi di cooperazione allo sviluppo, nonché di accordi fra università italiane e università dei Paesi interessati, studenti stranieri beneficiari di borse di studio, assegnate per l'intera durata dei corsi medesimi, dal Ministero degli affari esteri o dal Governo del Paese di provenienza. Nel caso di accesso a corsi a numero programmato l'ammissione è, comunque, subordinata alla verifica delle capacita ricettive delle strutture universitarie e al superamento delle prove di ammissione.

 

2. Sulla base dei dati forniti dalle università al Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica ai sensi del comma 1, è emanato il decreto di cui al comma 4 dell'articolo 39 del testo unico e con successivo provvedimento sono definiti i conseguenti adempimenti amministrativi per il rilascio del visto di ingresso. A tal fine, la sufficienza dei mezzi di sussistenza è valutata considerando anche le garanzie prestate con le modalità di cui all'articolo 34, le borse di studio, i prestiti d'onore ed i servizi abitativi forniti da pubbliche amministrazioni o da altri soggetti pubblici o privati italiani, o per i quali le amministrazioni stesse o gli altri soggetti attestino che saranno forniti allo studente straniero, a norma del comma 5.

 

3. Le università italiane istituiscono, anche in convenzione con altre istituzioni formative, con enti locali e con le regioni, corsi di lingua italiana ai quali sono ammessi gli stranieri provenienti dai Paesi terzi in possesso del visto di ingresso e del permesso di soggiorno per motivi di studio, rilasciati ai sensi del decreto di cui al comma 2, nonché gli stranieri indicati all'articolo 39, comma 5, del testo unico, i quali non siano in possesso di una certificazione attestante una adeguata conoscenza della lingua italiana. Al termine dei corsi è rilasciato un attestato di frequenza.

 

4. I visti e i permessi di soggiorno per motivi di studio sono rinnovati agli studenti che nel primo anno di corso abbiano superato una verifica di profitto e negli anni successivi almeno due verifiche. Per gravi motivi di salute o di forza maggiore, debitamente documentati, il permesso di soggiorno può essere rinnovato anche allo studente che abbia superato una sola verifica di profitto, fermo restando il numero complessivo di rinnovi. Essi non possono essere comunque rilasciati per più di tre anni oltre la durata del corso di studio.

 

Il permesso di soggiorno può essere ulteriormente rinnovato per conseguire il titolo di specializzazione o il dottorato di ricerca, per la durata complessiva del corso, rinnovabile per un anno.

 

5. Gli studenti stranieri accedono, a parità di trattamento con gli studenti italiani, ai servizi e agli interventi per il diritto allo studio di cui alla legge 2 dicembre 1991, n. 390, compresi gli interventi non destinati alla generalità degli studenti, quali le borse di studio, i prestiti d'onore ed i servizi abitativi, in conformità alle disposizioni previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato ai sensi dell'articolo 4 della stessa legge n. 390 del 1991, che prevede criteri di valutazione del merito dei richiedenti, in aggiunta a quella delle condizioni economiche degli stessi e tenuto, altresì, conto del rispetto dei tempi previsti dall'ordinamento degli studi. La condizione economica e patrimoniale degli studenti stranieri è valutata secondo le modalità e le relative tabelle previste dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e certificata con apposita documentazione rilasciata dalle competenti autorità del Paese ove i redditi sono stati prodotti e tradotta in lingua italiana dalle autorità diplomatiche italiane competenti per territorio. Tale documentazione è resa dalle competenti rappresentanze diplomatiche o consolari estere in Italia per quei Paesi ove esistono particolari difficoltà a rilasciare la certificazione attestata dalla locale ambasciata italiana e legalizzata dalle prefetture - Uffici territoriali del Governo ai sensi dell'articolo 33 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Le regioni possono consentire l'accesso gratuito al servizio di ristorazione agli studenti stranieri in condizioni, opportunamente documentate, di particolare disagio economico (105).

 

6. Per le finalità di cui al comma 5 le competenti rappresentanze diplomatiche consolari italiane rilasciano le dichiarazioni sulla validità locale, ai fini dell'accesso agli studi universitari, dei titoli di scuola secondaria stranieri, fornendo contestualmente informazioni sulla scala di valori e sul sistema di valutazioni locali cui fa riferimento il voto o giudizio annotato sul titolo di studio. Con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro della pubblica istruzione e del Ministro degli affari esteri sono determinate le tabelle di corrispondenza per la valutazione del voto o giudizio riportato sul titolo straniero con la valutazione adottata nell'ordinamento scolastico italiano.

 

 

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(105)  Comma così sostituito dall'art. 42, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 47. 

Abilitazione all'esercizio della professione.

1. Specifici visti d'ingresso e permessi di soggiorno, di durata non superiore alle documentate necessità, possono essere rilasciati agli stranieri che hanno conseguito il diploma di laurea presso una università italiana, per l'espletamento degli esami di abilitazione all'esercizio professionale.

 

2. Il superamento degli esami di cui al comma 1, unitamente all'adempimento delle altre condizioni richieste dalla legge, consente l'iscrizione negli albi professionali, indipendentemente dal possesso della cittadinanza italiana, salvo che questa sia richiesta a norma dell'articolo 37 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni. L'aver soggiornato regolarmente in Italia da almeno cinque anni è titolo di priorità rispetto ad altri cittadini stranieri.

 

 

Art. 48. 

Riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all'estero.

1. La competenza per il riconoscimento dei titoli di accesso all'istruzione superiore, dei periodi di studio e dei titoli accademici ai fini della prosecuzione degli studi di qualunque livello, conseguiti in Paesi esteri, è attribuita alle università e agli istituti di istruzione universitari, i quali la esercitano nell'ambito della loro autonomia e in conformità ai rispettivi ordinamenti, fatti salvi gli accordi bilaterali in materia e le convenzioni internazionali.

 

2. Le istituzioni di cui al comma 1 si pronunciano sulle richieste di riconoscimento entro il termine di novanta giorni dalla data di ricevimento della relativa domanda. Nel caso in cui l'autorità accademiche rappresentino esigenze istruttorie, il termine è sospeso fino al compimento entro i 30 giorni successivi, degli atti supplementari.

 

3. Contro il provvedimento di rigetto della domanda, ovvero se è decorso il termine di cui al comma 2, senza che sia stato adottato alcun provvedimento, il richiedente può presentare ricorso giurisdizionale al Tribunale amministrativo regionale o ricorso straordinario al Capo dello Stato, ovvero, entro il termine previsto per quest'ultimo, può presentare istanza al Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, che, nei successivi venti giorni, se la ritiene motivata, può invitare l'università a riesaminare la domanda, dandone contestuale comunicazione all'interessato. L'università si pronuncia nei successivi sessanta giorni. Nel caso di rigetto, ovvero in assenza, nei termini rispettivamente previsti, dell'invito al riesame da parte del Ministero o della pronuncia dell'Università, è ammesso ricorso al Tribunale amministrativo regionale o ricorso straordinario al Capo dello Stato.

 

4. Il riconoscimento dei titoli di studio per finalità diverse da quelle previste al comma 1, è operato in attuazione dell'articolo 387 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 997, nonché delle disposizioni vigenti in materia di riconoscimento, ai tini professionali e di accesso ai pubblici impieghi.

 

 

Art. 49. 

Riconoscimento titoli abilitanti all'esercizio delle professioni.

1. I cittadini stranieri, regolarmente soggiornanti in Italia che intendono iscriversi agli ordini, collegi ed elenchi speciali istituiti presso le amministrazioni competenti, nell'ambito delle quote definite a norma dell'articolo 3, comma 4, del testo unico e del presente regolamento, se in possesso di un titolo abilitante all'esercizio di una professione, conseguito in un Paese non appartenente all'Unione europea, possono richiederne il riconoscimento ai fini dell'esercizio in Italia, come lavoratori autonomi o dipendenti, delle professioni corrispondenti.

 

1-bis. Il riconoscimento del titolo può essere richiesto anche dagli stranieri non soggiornanti in Italia. Le amministrazioni interessate, ricevuta la domanda, provvedono a quanto di loro competenza. L'ingresso in Italia per lavoro, sia autonomo che subordinato, nel campo delle professioni sanitarie è, comunque, condizionato al riconoscimento del titolo di studio effettuato dal Ministero competente (106).

 

2. Per le procedure di riconoscimento dei titoli di cui al comma 1 si applicano le disposizioni del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115, e decreto legislativo 2 maggio 1994, n. 319, compatibilmente con la natura, la composizione e la durata della formazione professionale conseguita (107).

 

3. Ove ricorrano le condizioni previste dai decreti legislativi di cui al comma 2, per l'applicazione delle misure compensative, il Ministro competente, cui è presentata la domanda di riconoscimento, sentite le conferenze dei servizi di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 115 del 1992 e all'articolo 14 del decreto legislativo n. 319 del 1994, può stabilire, con proprio decreto, che il riconoscimento sia subordinato ad una misura compensativa, consistente nel superamento di una prova attitudinale o di un tirocinio di adattamento. Con il medesimo decreto sono definite le modalità di svolgimento della predetta misura compensativa, nonché i contenuti della formazione e le sedi presso le quali la stessa deve essere acquisita, per la cui realizzazione ci si può avvalere delle regioni e delle province autonome (108).

 

3-bis. Nel caso in cui il riconoscimento è subordinato al superamento di una misura compensativa ed il richiedente si trova all'estero, viene rilasciato un visto d'ingresso per studio, per il periodo necessario all'espletamento della suddetta misura compensativa (109).

 

4. Le disposizioni dei commi 2 e 3 si applicano anche ai fini del riconoscimento di titoli rilasciati da Paesi terzi, abilitanti all'esercizio di professioni regolate da specifiche direttive della Unione europea.

 

 

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(106)  Comma aggiunto dall'art. 43, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(107) Il riferimento ai decreti legislativi indicati nel presente comma si intende fatto al titolo III del D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 206 ai sensi di quanto disposto dall'art. 60 dello stesso decreto.

(108)  Comma così sostituito dall'art. 43, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(109)  Comma aggiunto dall'art. 43, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 50. 

Disposizioni particolari per gli esercenti le professioni sanitarie.

1. Presso il Ministero della sanità sono istituiti elenchi speciali per gli esercenti le professioni sanitarie sprovviste di ordine o collegio professionale.

 

2. Per l'iscrizione e la cancellazione dagli elenchi speciali si osservano per quanto compatibili le disposizioni contenute nel Capo I del decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950, n. 221, e successive modificazioni ed integrazioni.

 

3. Il Ministro della sanità pubblica annualmente gli elenchi speciali di cui al comma 1 nonché gli elenchi degli stranieri che hanno ottenuto il riconoscimento dei titoli abilitanti all'esercizio di una professione sanitaria.

 

4. L'iscrizione negli albi professionali e quella negli elenchi speciali di cui al comma 1 sono disposte previo accertamento della conoscenza della lingua italiana e delle speciali disposizioni che regolano l'esercizio professionale in Italia, con modalità stabilite dal Ministero della sanità. All'accertamento provvedono, prima dell'iscrizione, gli ordini e collegi professionali e il Ministero della sanità, con oneri a carico degli interessati.

 

5. [I presìdi e le istituzioni sanitarie pubbliche e private comunicano al Ministero della sanità il nominativo dello straniero assunto, e comunque utilizzato, con l'indicazione del titolo professionale abilitante posseduto, entro tre giorni dalla data di assunzione o di utilizzazione] (110).

 

6. (Comma non ammesso al «Visto» della Corte dei conti).

 

7. Con le procedure di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 49, il Ministero della Sanità provvede altresì, ai fini dell'ammissione agli impieghi e dello svolgimento di attività sanitarie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, al riconoscimento dei titoli accademici, di studio e di formazione professionale, complementari di titoli abilitanti all'esercizio di una professione o arte sanitaria, conseguiti in un Paese non appartenente all'Unione europea.

 

8. La dichiarazione di equipollenza dei titoli accademici nelle discipline sanitarie, conseguiti all'estero, nonché l'ammissione ai corrispondenti esami di diploma, di laurea o di abilitazione, con dispensa totale o parziale degli esami di profitto, non danno titolo all'esercizio delle relative professioni. A tale fine, deve essere acquisito il preventivo parere del Ministero della salute; il parere negativo non consente l'iscrizione agli albi professionali o agli elenchi speciali per l'esercizio delle relative professioni sul territorio nazionale e dei Paesi dell'Unione europea (111).

 

8-bis. Entro due anni dalla data di rilascio del decreto di riconoscimento, il professionista deve iscriversi al relativo albo professionale, ove esistente. Trascorso tale termine, il decreto di riconoscimento perde efficacia. Per le professioni non costituite in ordini o in collegi, il decreto di riconoscimento perde efficacia, qualora l'interessato non lo abbia utilizzato, a fini lavorativi, per un periodo di due anni dalla data del rilascio (112).

 

 

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(110)  Comma soppresso dall'art. 44, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(111)  Comma così sostituito dall'art. 44, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(112)  Comma aggiunto dall'art. 44, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 51. 

Articolo non ammesso al «Visto» della Corte dei conti.

 


 

Capo VIII

Disposizioni sull'integrazione sociale

 

Art. 52. 

Registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività a favore degli immigrati.

1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è istituito il registro delle associazioni, degli enti e degli altri organismi privati che svolgono le attività a favore degli stranieri immigrati, previste dal testo unico. Il registro è diviso in due sezioni:

 

a) nella prima sezione sono iscritti associazioni, enti e altri organismi privati che svolgono attività per favorire l'integrazione sociale degli stranieri, ai sensi dell'articolo 42 del testo unico;

 

 

b) nella seconda sezione sono iscritti associazioni, enti ed altri organismi privati abilitati alla realizzazione dei programmi di assistenza e protezione sociale degli stranieri di cui all'articolo 18 del testo unico (113).

 

2. L'iscrizione al registro di cui al comma 1, lettera a), è condizione necessaria per accedere direttamente o attraverso convenzioni con gli enti locali o con le amministrazioni statali, al contributo del Fondo nazionale per l'integrazione di cui all'articolo 45 del testo unico.

 

3. Non possono essere iscritti nel registro le associazioni, enti o altri organismi privati il cui rappresentante legale o uno o più componenti degli organi di amministrazione e di controllo, siano sottoposti a procedimenti per l'applicazione di una misura di prevenzione o a procedimenti penali per uno dei reati previsti dal testo unico o risultino essere stati sottoposti a misure di prevenzione o condannati, ancorché con sentenza non definitiva, per uno dei delitti di cui agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo che i relativi procedimenti si siano conclusi con un provvedimento che esclude il reato o la responsabilità dell'interessato, e salvi in ogni caso gli effetti della riabilitazione.

 

 

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(113)  Comma così sostituito dall'art. 46, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 53. 

Condizioni per l'iscrizione nel Registro.

1. Possono iscriversi nella sezione del registro di cui all'articolo 52, comma 1, lettera a), gli organismi privati, gli enti e le associazioni che svolgono attività per l'integrazione di cui all'articolo 42, comma 1, del testo unico, che abbiano i seguenti requisiti:

 

a) forma giuridica compatibile con i fini sociali e di solidarietà desumibili dall'atto costitutivo e dallo statuto in cui devono essere espressamente previsti l'assenza di fini di lucro, il carattere democratico dell'ordinamento interno, l'elettività delle cariche associative, i criteri di ammissione degli aderenti, i loro obblighi e diritti. I predetti requisiti non sono richiesti per gli organismi aventi natura di organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS), ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460;

 

 

b) obbligo di formazione del bilancio o del rendiconto dal quale devono risultare i beni, i contributi o le donazioni, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli aderenti;

 

 

c) sede legale in Italia e possibilità di operatività in Italia ed eventualmente all'estero qualunque sia la forma giuridica assunta;

 

 

d) esperienza almeno biennale nel settore dell'integrazione degli stranieri e dell'educazione interculturale, della valorizzazione delle diverse espressioni culturali, ricreative, sociali, religiose ed artistiche, della formazione, dell'assistenza e dell'accoglienza degli stranieri.

 

2. I soggetti di cui al comma 1, si iscrivono al registro su richiesta del rappresentante legale, con una domanda corredata da:

 

a) copia dell'atto costitutivo e dello statuto o degli accordi degli aderenti:

 

 

b) dettagliata relazione sull'attività svolta negli ultimi due anni;

 

 

c) copia del bilancio o del rendiconto relativo agli ultimi due anni di attività;

 

 

d) eventuale iscrizione all'albo regionale delle associazioni del volontariato;

 

 

e) ogni altra documentazione ritenuta utile per comprovare l'adeguatezza dell'associazione a svolgere attività nel settore dell'integrazione degli stranieri;

 

 

f) dichiarazione redatta e sottoscritta ai sensi delle vigenti disposizioni concernente l'assenza, nei confronti del legale rappresentante e di ciascuno dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo dell'ente, delle condizioni interdittive di cui al comma 3 dell'articolo 52.

 

3. [Ai fini di cui all'articolo 23, comma 2, del testo unico, possono iscriversi nel registro di cui all'articolo 52, comma 1, lettera b), gli enti e le associazioni di volontariato operanti nel settore dell'immigrazione da almeno tre anni, in possesso dei requisiti di cui al comma 1, lettere a), b) e c), comprovati con la documentazione di cui al comma 2, nonché dei seguenti ulteriori requisiti:

 

a) disponibilità di strutture alloggiative idonee, al fine di ospitare il cittadino straniero per il quale viene prestata garanzia;

 

 

b) patrimonio e disponibilità economica risultante dalla documentazione contabile e fiscale dell'ente o dell'associazione, adeguata ad assicurare il sostentamento e l'assistenza sanitaria dello straniero per la durata del permesso di soggiorno e l'eventuale rimpatrio] (114).

 

4. [Gli enti e le associazioni di cui al comma 3, al momento della richiesta di cui all'art. 23, comma 1, del testo unico devono indicare il luogo dove intendono ospitare il cittadino straniero e le relative caratteristiche strutturali e sanitarie, certificate a norma dell'articolo 16, comma 4, lettera b), del presente regolamento. Gli stessi soggetti devono altresì indicare la disponibilità economica adeguata per il sostentamento dello straniero, non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale aumentato a norma dell'articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico, ovvero, per un numero di ospiti superiore a cinque, aumentato del 75% per ciascuno di essi. Il decreto di cui all'articolo 54, comma 1, indica il numero massimo di garanzie annuali che possono essere presentate da ciascun ente o associazione iscritti al registro, individuato sulla base del suo patrimonio e della disponibilità di alloggio] (115).

 

5. Nell'ambito del registro di cui all'articolo 52, comma 1, lettera b), possono iscriversi le associazioni, gli enti e gli organismi privati abilitati alla realizzazione dei programmi di assistenza e integrazione sociale di cui all'articolo 18, comma 3, del testo unico. Nella fase di prima applicazione possono richiedere l'iscrizione solo gli organismi privati che, indipendentemente dalla natura giuridica, abbiano già svolto attività di assistenza sociale e di prestazione dei servizi in materia di violenza contro le donne, prostituzione, tratta, violenza e abusi sui minori, assistenza ai lavoratori in condizione di grave sfruttamento, con particolare riferimento al lavoro minorile (116).

 

6. Ai fini dell'iscrizione, i soggetti di cui al comma 5 presentano un curriculum attestante le precedenti esperienze, e una dichiarazione dalla quale risultino:

 

a) la disponibilità, a qualsiasi titolo, di operatori competenti nelle aree psicologica, sanitaria, educativa e dell'assistenza sociale, che assicurino prestazioni con carattere di continuità, ancorché volontarie;

 

 

b) la disponibilità, a qualsiasi titolo, di strutture alloggiative adeguate all'accoglienza e alla realizzazione del programma di assistenza e di integrazione sociale, con la specificazione delle caratteristiche tipologiche e della ricettività;

 

 

c) i rapporti instaurati con enti locali, regioni o altre istituzioni;

 

 

d) la descrizione del programma di assistenza e integrazione sociale che intendano svolgere, articolato in differenti programmi personalizzati. Il programma indica finalità, metodologia di intervento, misure specifiche di tutela fisica e psicologica, tempi costi e risorse umane impiegate; prevede le modalità di prestazione di assistenza sanitaria e psicologica, e le attività di formazione, finalizzate ove necessario all'alfabetizzazione e all'apprendimento della lingua italiana, e comunque alla formazione professionale in relazione a specifici sbocchi lavorativi;

 

 

e) l'adozione di procedure per la tutela dei dati personali, ai sensi della legge 31 dicembre 1996, n. 675, anche relativi ai soggetti ospitati nelle strutture alloggiative;

 

 

f) l'assenza, nei confronti del legale rappresentante e di ciascuno dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo dell'ente, delle condizioni interdittive di cui al comma 3 dell'articolo 52.

 

7. A decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente regolamento possono richiedere l'iscrizione anche organismi privati che non abbiano svolto precedentemente attività di assistenza nei campi indicati dal comma 6, purché stabiliscano un rapporto di partenariato con uno dei soggetti già iscritti nella sezione del registro di cui all'articolo 52, comma 1, lettera b). Tali organismi devono presentare una dichiarazione dalla quale risultino, oltre ai requisiti indicati dal comma 6 lettere a), b) e d), il curriculum di ciascuno dei componenti ed il rapporto di partenariato (117).

 

 

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(114)  Comma abrogato dall'art. 46, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(115)  Comma abrogato dall'art. 46, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(116)  Comma così modificato dall'art. 46, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(117)  Comma così modificato dall'art. 46, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 54. 

Iscrizione nel Registro.

1. L'iscrizione degli organismi privati, degli enti e delle associazioni nel registro di cui all'articolo 52, è disposta dal Ministro per la solidarietà sociale, con proprio decreto, sentita la Commissione di cui all'articolo 25, comma 2, limitatamente all'iscrizione alla sezione di cui all'articolo 52, comma 1, lettera b) (118).

 

2. L'iscrizione o il provvedimento di diniego dell'iscrizione è comunicato entro 90 giorni dalla richiesta. Trascorso tale termine l'iscrizione è da ritenersi avvenuta.

 

3. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali provvede all'aggiornamento annuale del registro, di cui all'articolo 52, comma 1. A tal fine gli organismi privati e le associazioni e gli enti interessati trasmettono entro il 30 gennaio di ogni anno una relazione sull'attività svolta. Ogni cambiamento sostanziale di uno dei requisiti richiesti per l'iscrizione dovrà essere invece comunicato tempestivamente (119).

 

4. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può effettuare controlli o richiedere la trasmissione di documentazione. La rilevazione di comportamenti non compatibili con le finalità dei soggetti di cui al comma 1, comporta la cancellazione dal registro, a decorrere dalla data di comunicazione all'interessato (120).

 

5. L'elenco degli organismi privati e delle associazioni e degli enti iscritte al registro è comunicato annualmente alle regioni e alle province autonome.

 

 

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(118)  Comma così modificato dall'art. 46, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(119)  Nel presente comma le parole: «Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari sociali» sono state sostituite dalle seguenti: «Ministero del lavoro e delle politiche sociali», ai sensi di quanto disposto dall'art. 47, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

(120)  Nel presente comma le parole: «Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari sociali» sono state sostituite dalle seguenti: «Ministero del lavoro e delle politiche sociali», ai sensi di quanto disposto dall'art. 47, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 

Art. 55. 

Funzionamento della Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie.

1. La Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie, di cui all'art. 4 del testo unico, istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ha sede presso il Dipartimento per gli affari sociali. Con lo stesso decreto vengono nominati i componenti della Consulta ai sensi del comma 4 del predetto articolo 42 del testo unico (121).

 

2. Il Presidente della Consulta può invitare a partecipare ai lavori della Consulta i rappresentanti dei Consigli territoriali, di cui all'articolo 3, comma 6, del testo unico.

 

3. I componenti della Consulta rimangono in carica per tre anni.

 

4. La Consulta è convocata almeno ogni sei mesi. La Consulta si avvale di una propria segreteria composta da personale in servizio presso il Dipartimento per gli affari sociali, che assicura il supporto tecnico-organizzativo (122).

 

5. La Consulta acquisisce le osservazioni degli enti e delle associazioni nazionali maggiormente attivi nell'assistenza e nell'integrazione degli immigrati ai fini della predisposizione del Documento programmatico di cui all'articolo 3 del testo unico; in relazione alle condizioni degli immigrati, inoltre, esamina le problematiche relative alla loro integrazione a livello, economico, sociale e culturale: verifica lo stato di applicazione della legge evidenziandone difficoltà e disomogeneità a livello territoriale; elabora proposte e suggerimenti per una migliore convivenza tra immigrati e cittadinanza locale e per la tutela dei diritti fondamentali; assicura la diffusione delle informazioni relative alla realizzazione di esperienze positive maturate nel settore dell'integrazione a livello sociale, nel rispetto delle disposizioni in vigore in materia di dati personali.

 

6. Con il decreto di cui al comma 1, sentito il Presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, può essere nominato il Vice presidente della Consulta e sono stabilite le modalità di raccordo e di collaborazione con l'attività dell'organismo di cui all'articolo 56.

 

 

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(121)  L'art. 47, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.) ha disposto che, nel presente decreto, le parole: «Ministro o Ministero del lavoro e della previdenza sociale» e «Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari sociali» siano sostituite dalle seguenti: «Ministro o Ministero del lavoro e delle politiche sociali».

(122)  L'art. 47, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.) ha disposto che, nel presente decreto, le parole: «Ministro o Ministero del lavoro e della previdenza sociale» e «Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari sociali» siano sostituite dalle seguenti: «Ministro o Ministero del lavoro e delle politiche sociali».

 

 

Art. 56. 

Organismo nazionale di coordinamento.

1. L'Organismo nazionale di coordinamento di cui all'articolo 42, comma 3, del testo unico opera in stretto collegamento con la Consulta per l'immigrazione di cui al comma 4 dello stesso articolo, con i Consigli territoriali per l'immigrazione, con i centri di osservazione, informazione e di assistenza legale contro le discriminazioni razziali, etniche, nazionali e religiose, con le istituzioni e gli altri organismi impegnati nelle politiche di immigrazione a livello locale, al fine di accompagnare e sostenere lo sviluppo dei processi locali di accoglienza ed integrazione dei cittadini stranieri, la loro rappresentanza e partecipazione alla vita pubblica.

 

2. La composizione dell'Organismo nazionale di cui al comma 1 è stabilita con determinazione del Presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (C.N.E.L.), d'intesa con il Ministro per la solidarietà sociale.

 

3. L'Organismo nazionale si avvale di una segreteria composta da funzionari del C.N.E.L. e personale ed esperti con contratto a tempo determinato.

 

 

Art. 57. 

Istituzione dei Consigli territoriali per l'immigrazione.

1. I Consigli territoriali per l'immigrazione di cui all'articolo 3, comma 6, del testo unico, con compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a livello locale, sono istituiti, a livello provinciale, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'interno (123). È responsabilità del prefetto assicurare la formazione e il funzionamento di detti Consigli. Essi sono così composti:

 

a) dai rappresentanti dei competenti uffici periferici delle amministrazioni dello Stato;

 

 

b) dal Presidente della provincia;

 

 

c) da un rappresentante della regione;

 

 

d) dal sindaco del comune capoluogo, o da un suo delegato, nonché dal sindaco, o da un suo delegato, dei comuni della provincia di volta in volta interessati;

 

 

e) dal Presidente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o da un suo delegato;

 

 

f) da almeno due rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro;

 

 

g) da almeno due rappresentanti delle associazioni più rappresentative degli stranieri extracomunitari operanti nel territorio;

 

 

h) da almeno due rappresentanti degli enti e delle associazioni localmente attivi nel soccorso e nell'assistenza agli immigrati.

 

2. Possono essere invitati a partecipare alle riunioni dei Consigli i rappresentanti delle Aziende sanitarie locali, nonché degli enti o altre istituzioni pubbliche interessati agli argomenti in trattazione.

 

3. I Consigli territoriali per l'immigrazione operano, per la necessaria interazione delle rispettive attività, in collegamento con le Consulte regionali di cui all'articolo 42, comma 6, del testo unico, eventualmente costituite con legge regionale. Ai fini di una coordinata ed omogenea azione di monitoraggio ed analisi delle problematiche connesse al fenomeno dell'immigrazione e delle esigenze degli immigrati, nonché di promozione dei relativi interventi, il prefetto assicura il raccordo dei Consigli territoriali con la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie, di cui all'articolo 42, comma 4, del testo unico.

 

4. Nell'adozione del decreto di cui al comma 1 del presente articolo, il Presidente del Consiglio dei Ministri tiene conto, ai fini dell'istituzione dei Consigli territoriali per l'immigrazione, degli eventuali organi costituiti, con analoghe finalità, presso i comuni. In tal caso, il prefetto assicura il raccordo tra i predetti organi e la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie.

 

 

 

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(123)  Per l'istituzione in ciascuna provincia di un Consiglio territoriale per l'immigrazione vedi il D.P.C.M. 18 dicembre 1999.

 

Art.  58. 

Fondo nazionale per le politiche migratorie.

1. Il Ministro per la solidarietà sociale, con proprio decreto adottato di concerto con i Ministri interessati secondo quanto disposto dall'articolo 59, comma 46, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e dall'articolo 133, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ripartisce i finanziamenti relativi al Fondo nazionale per le politiche migratorie di cui all'articolo 45 del testo unico, in base alle seguenti quote percentuali:

 

a) una quota pari all'80% dei finanziamenti dell'intero Fondo è destinata ad interventi annuali e pluriennali attivati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, nonché dagli enti locali, per straordinarie esigenze di integrazione sociale determinate dall'afflusso di immigrati;

 

 

b) una quota pari al 20% dei finanziamenti è destinata ad interventi di carattere statale comprese le spese relative agli interventi previsti dagli articoli 20 e 46 del testo unico.

 

2. [Le somme stanziate dall'articolo 18 del testo unico per interventi di protezione sociale confluiscono nel Fondo di cui all'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, per essere successivamente riassegnate al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, adottato di concerto con i Ministri interessati, secondo quanto previsto dall'articolo 59, comma 46, della predetta legge n. 449 e dall'articolo 129, comma 1, lettera e), del predetto decreto legislativo n. 112 del 1998] (124).

 

3. Le regioni possono impiegare una quota delle risorse loro attribuite ai sensi del comma 1, lettera a), per la realizzazione di programmi interregionali di formazione e di scambio di esperienze in materia di servizi per l'integrazione degli immigrati.

 

4. Le risorse attribuite alle regioni ai sensi del comma 1, lettera a), costituiscono quote di cofinanziamento dei programmi regionali relativi ad interventi nell'ambito delle politiche per l'immigrazione. A tal fine le regioni partecipano con risorse a carico dei propri bilanci per una quota non inferiore al 20% del totale di ciascun programma. Le risorse attribuite alle regioni possono altresì essere utilizzate come quota nazionale di cofinanziamento per l'accesso ai fondi comunitari.

 

5. Il decreto di ripartizione di cui al comma 1 tiene conto, sulla base dei dati rilevati dall'ISTAT e dal Ministero dell'interno:

 

a) della presenza degli immigrati sul territorio;

 

 

b) della composizione demografica della popolazione immigrata e del rapporto tra immigrati e popolazione locale;

 

 

c) delle situazioni di particolare disagio nelle aree urbane e della condizione socioeconomica delle aree di riferimento.

 

6. Per la realizzazione della base informativa statistica necessaria alla predisposizione del decreto di cui al comma 1, il Ministero dell'interno trasmette all'ISTAT, secondo modalità concordate e nel rispetto della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni e integrazioni, le informazioni di interesse statistico sui cittadini stranieri, contenute nei propri archivi automatizzati, incluse quelle relative ai minorenni registrati sul permesso di soggiorno o carta di soggiorno dei genitori.

 

7. Il decreto di cui al comma 1 tiene altresì conto delle priorità di intervento e delle linee guida indicate nel documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri predisposto ogni tre anni ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del testo unico.

 

8. I programmi annuali e pluriennali predisposti dalle regioni sono finalizzati allo svolgimento di attività volte a:

 

a) favorire il riconoscimento e l'esercizio, in condizione di parità con i cittadini italiani, dei diritti fondamentali delle persone immigrate;

 

 

b) promuovere l'integrazione degli stranieri favorendone l'accesso al lavoro, all'abitazione, ai servizi sociali, alle istituzioni scolastiche;

 

 

c) prevenire e rimuovere ogni forma di discriminazione basata sulla razza, il colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica o religiosa;

 

 

d) tutelare l'identità culturale, religiosa e linguistica degli stranieri;

 

 

e) consentire un positivo reinserimento nel Paese d'origine.

 

9. Il Ministro per la solidarietà sociale predispone, con proprio decreto, sentita la Conferenza Unificata, un apposito modello uniforme per la comunicazione dei dati statistici e socio-economici e degli altri parametri necessari ai fini della redazione dei programmi regionali e statali, che devono essere trasmessi al Dipartimento per gli affari sociali ai sensi dell'articolo 59, comma 1, e dell'articolo 60, comma 2, e per la presentazione della relazione annuale ai sensi dell'articolo 59, comma 5, e dell'articolo 60, comma 4 (125).

 

 

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(124)  Comma abrogato dall'art. 12, L. 11 agosto 2003, n. 228.

(125)  L'art. 47, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.) ha disposto che, nel presente decreto, le parole: «Ministro o Ministero del lavoro e della previdenza sociale» e «Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari sociali» siano sostituite dalle seguenti: «Ministro o Ministero del lavoro e delle politiche sociali».

 

 

 

Art. 59. 

Attività delle regioni e delle province autonome.

1. Entro sei mesi dalla data di pubblicazione del decreto del Ministro per la solidarietà sociale di cui all'articolo 58, comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sulla base delle risorse del Fondo rispettivamente assegnate, comunicano al Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri i programmi annuali o pluriennali, comunque della durata massima di tre anni, che intendono realizzare nell'ambito delle politiche per l'immigrazione. La comunicazione dei programmi è condizione essenziale per la erogazione del finanziamento annuale (126).

 

2. Per favorire l'elaborazione dei piani territoriali anche ai fini dell'armonizzazione con i piani di intervento nazionale, il Ministro per la solidarietà sociale, d'intesa con la Conferenza Unificata, adotta con proprio decreto linee guida per la predisposizione dei programmi regionali (127).

 

3. I programmi regionali indicano i criteri per l'attuazione delle politiche di integrazione degli stranieri ed i compiti attribuiti ai comuni quali soggetti preposti all'erogazione dei servizi sociali ai sensi dell'articolo 131, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. I programmi regionali prevedono accordi di programma con gli enti locali che indichino gli obiettivi da perseguire, gli interventi da realizzare, le modalità e i tempi di realizzazione, i costi e le risorse impegnate, i risultati perseguiti, i poteri sostitutivi in caso di ritardi e inadempienze.

 

4. Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, ai fini dell'attuazione dei propri programmi, possono avvalersi della partecipazione delle associazioni di stranieri e delle organizzazioni stabilmente operanti in loro favore iscritte nel registro di cui all'articolo 52, comma 1, lettera a).

 

5. Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, entro un anno dalla data di erogazione del finanziamento, presentano una relazione al Ministro per la solidarietà sociale sullo stato di attuazione degli interventi previsti nei programmi, sulla loro efficacia, sul loro impatto sociale, sugli obiettivi conseguiti e sulle misure da adottare per migliorare le condizioni di vita degli stranieri sul territorio. Nello stato di attuazione degli interventi deve essere specificato anche il grado di avanzamento dei programmi in termini di impegni di spesa, pagamenti e residui passivi desunti dai rispettivi bilanci.

 

6. Qualora le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano non adempiano nei termini all'obbligo di comunicazione dei programmi che intendono realizzare ovvero, entro dodici mesi dalla data di erogazione dei finanziamenti, non abbiano provveduto all'impegno contabile delle rispettive quote assegnate, il Ministro per la solidarietà sociale, sentita la Conferenza Unificata provvede alla revoca del finanziamento e alla ridestinazione dei fondi alle regioni e alle province autonome.

 

7. L'obbligo di comunicazione dei programmi di cui al comma 1 e quello dell'iscrizione nel registro di cui al comma 4 e le quote di cofinanziamento previste a carico delle regioni dall'articolo 58, comma 4, operano relativamente alla ripartizione degli stanziamenti previsti per gli esercizi finanziari successivi a quello di entrata in vigore del presente regolamento.

 

 

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(126)  L'art. 47, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.) ha disposto che, nel presente decreto, le parole: «Ministro o Ministero del lavoro e della previdenza sociale» e «Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari sociali» siano sostituite dalle seguenti: «Ministro o Ministero del lavoro e delle politiche sociali».

(127)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 6 dicembre 1999.

 

 

Art. 60. 

Attività delle Amministrazioni statali.

1. Gli interventi realizzati dalle amministrazioni statali sono finanziati ai sensi dell'articolo 58, comma 1, lettera b), secondo le priorità indicate dal documento programmatico di cui all'articolo 3, comma 1, del testo unico.

 

2. Il Ministro per la solidarietà sociale, promuove e coordina, d'intesa con i Ministri interessati, i programmi delle amministrazioni statali presentati al Dipartimento per gli affari sociali entro sei mesi dalla pubblicazione del decreto di ripartizione del Fondo (128).

 

3. Le amministrazioni statali predispongono i propri programmi anche avvalendosi delle associazioni di stranieri e delle organizzazioni stabilmente operanti in loro favore iscritte nel registro di cui all'articolo 52, comma 1, lettera a).

 

4. Le amministrazioni statali, entro un anno dalla data di erogazione del finanziamento, presentano una relazione al Ministro per la solidarietà sociale sullo stato di attuazione degli interventi previsti nei rispettivi programmi, sulla loro efficacia, sul loro impatto sociale e sugli obiettivi conseguiti.

 

 

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(128)  L'art. 47, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.) ha disposto che, nel presente decreto, le parole: «Ministro o Ministero del lavoro e della previdenza sociale» e «Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari sociali» siano sostituite dalle seguenti: «Ministro o Ministero del lavoro e delle politiche sociali».

 

 

Art. 61. 

Disposizione transitoria.

1. La condizione dell'iscrizione al registro di cui all'articolo 52, comma 1, è richiesta per gli interventi adottati sugli stanziamenti previsti per gli esercizi finanziari degli anni successivi a quello di entrata in vigore del presente regolamento.

 

 

Art. 61-bis.

Sistemi informativi.

1. Per l'attuazione dei procedimenti del testo unico e del regolamento, le amministrazioni pubbliche si avvalgono degli archivi automatizzati e dei sistemi informativi indicati nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 2004, n. 242, per la razionalizzazione e l'interconnessione tra le pubbliche amministrazioni, nonché dei sistemi informativi e delle procedure telematiche indicate nel presente regolamento. Le modalità tecniche e procedurali per l'accesso e la trasmissione di dati e documenti tra i sistemi informativi delle amministrazioni pubbliche sono disciplinate con i provvedimenti previsti nel regolamento di attuazione, di cui all'articolo 34, comma 2, della legge 30 luglio 2002, n. 189.

 

2. Per le procedure di ingresso, soggiorno ed uscita e per i collegamenti informativi con le altre amministrazioni pubbliche, le questure si avvalgono anche dell'archivio informatizzato dei permessi di soggiorno previsto dal regolamento di attuazione di cui all'articolo 34, comma 2, della legge n. 189 del 2002.

 

3. I criteri e le modalità di funzionamento dell'archivio di cui al comma 2 sono stabilite con decreto del Ministro dell'interno (129).

 

 

 

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(129)  Articolo aggiunto dall'art. 45, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

 

 


 

L. 30 luglio 2002, n. 189.
Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.

 

(1) (2)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 26 agosto 2002, n. 199, S.O.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.A.I.L. (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro): Circ. 10 settembre 2002, n. 58; Nota 26 giugno 2003;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Msg. 16 ottobre 2002, n. 353; Circ. 25 ottobre 2002, n. 161; Circ. 14 novembre 2002, n. 169; Msg. 20 dicembre 2002, n. 821; Msg. 7 febbraio 2003, n. 16; Msg. 7 febbraio 2003, n. 17; Circ. 28 febbraio 2003, n. 45; Msg. 23 luglio 2003, n. 28; Msg. 17 febbraio 2004, n. 4383; Circ. 6 aprile 2004, n. 61;

- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Circ. 20 settembre 2002, n. 50/2002; Circ. 20 dicembre 2002, n. 62/2002;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Circ. 16 ottobre 2002, n. 79/E; Circ. 21 marzo 2003, n. 16/E;

- Ministero dell'interno: Circ. 9 settembre 2002, n. 14; Nota 31 ottobre 2002; Circ. 9 gennaio 2003, n. 300/C/2002/2800/P/12.222.11/1^Div.; Circ. 20 gennaio 2003, n. 300/C/2002/2879/P/12.222.8/1^Div.

 

 

Capo I

Disposizioni in materia di immigrazione

 

Art. 1. 

Cooperazione con Stati stranieri.

1. Al fine di favorire le elargizioni in favore di iniziative di sviluppo umanitario, di qualunque natura, al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) all'articolo 13-bis, comma 1, lettera i-bis), dopo le parole: «organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS),» sono inserite le seguenti: «delle iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nei Paesi non appartenenti all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)»;

 

 

b) all'articolo 65, comma 2, lettera c-sexies), dopo le parole: «a favore delle ONLUS» sono aggiunte, in fine, le seguenti: «, nonché le iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 13-bis, comma 1, lettera i-bis), nei Paesi non appartenenti all'OCSE;».

 

2. Nella elaborazione e nella eventuale revisione dei programmi bilaterali di cooperazione e di aiuto per interventi non a scopo umanitario nei confronti dei Paesi non appartenenti all'Unione europea, con esclusione delle iniziative a carattere umanitario, il Governo tiene conto anche della collaborazione prestata dai Paesi interessati alla prevenzione dei flussi migratori illegali e al contrasto delle organizzazioni criminali operanti nell'immigrazione clandestina, nel traffico di esseri umani, nello sfruttamento della prostituzione, nel traffico di stupefacenti, di armamenti, nonché in materia di cooperazione giudiziaria e penitenziaria e nella applicazione della normativa internazionale in materia di sicurezza della navigazione.

 

3. Si può procedere alla revisione dei programmi di cooperazione e di aiuto di cui al comma 2 qualora i Governi degli Stati interessati non adottino misure di prevenzione e vigilanza atte a prevenire il rientro illegale sul territorio italiano di cittadini espulsi.

 

 

Art. 2. 

Comitato per il coordinamento e il monitoraggio.

1. Al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di seguito denominato «testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998», dopo l'articolo 2, è inserito il seguente:

 

«Art. 2-bis. - (Comitato per il coordinamento e il monitoraggio) - 1. È istituito il Comitato per il coordinamento e il monitoraggio delle disposizioni del presente testo unico, di seguito denominato «Comitato».

 

2. Il Comitato è presieduto dal Presidente o dal Vice Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro delegato dal Presidente del Consiglio dei ministri, ed è composto dai Ministri interessati ai temi trattati in ciascuna riunione in numero non inferiore a quattro e da un presidente di regione o di provincia autonoma designato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome.

 

3. Per l'istruttoria delle questioni di competenza del Comitato, è istituito un gruppo tecnico di lavoro presso il Ministero dell'interno, composto dai rappresentanti dei Dipartimenti per gli affari regionali, per le pari opportunità, per il coordinamento delle politiche comunitarie, per l'innovazione e le tecnologie, e dei Ministeri degli affari esteri, dell'interno, della giustizia, delle attività produttive, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, della difesa, dell'economia e delle finanze, della salute, delle politiche agricole e forestali, per i beni e le attività culturali, delle comunicazioni, oltre che da un rappresentante del Ministro per gli italiani nel mondo e da tre esperti designati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Alle riunioni, in relazione alle materie oggetto di esame, possono essere invitati anche rappresentanti di ogni altra pubblica amministrazione interessata all'attuazione delle disposizioni del presente testo unico, nonché degli enti e delle associazioni nazionali e delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro di cui all'articolo 3, comma 1.

 

4. Con regolamento, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per le politiche comunitarie, sono definite le modalità di coordinamento delle attività del gruppo tecnico con le strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri».

(omissis)

Art. 33. 

Dichiarazione di emersione di lavoro irregolare.

1. Chiunque, nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della presente legge, ha occupato alle proprie dipendenze personale di origine extracomunitaria, adibendolo ad attività di assistenza a componenti della famiglia affetti da patologie o handicap che ne limitano l'autosufficienza ovvero al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare, può denunciare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la sussistenza del rapporto di lavoro alla prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per territorio mediante presentazione della dichiarazione di emersione nelle forme previste dal presente articolo. La dichiarazione di emersione è presentata dal richiedente, a proprie spese, agli uffici postali. Per quanto concerne la data, fa fede il timbro dell'ufficio postale accettante. La denuncia di cui al primo periodo del presente comma è limitata ad una unità per nucleo familiare, con riguardo al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.

 

2. La dichiarazione di emersione contiene a pena di inammissibilità:

 

a) le generalità del datore di lavoro ed una dichiarazione attestante la cittadinanza italiana o, comunque, la regolarità della sua presenza in Italia;

 

 

b) l'indicazione delle generalità e della nazionalità dei lavoratori occupati;

 

 

c) l'indicazione della tipologia e delle modalità di impiego;

 

 

d) l'indicazione della retribuzione convenuta, in misura non inferiore a quella prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento.

 

3. Ai fini della ricevibilità, alla dichiarazione di emersione sono allegati:

 

a) attestato di pagamento di un contributo forfettario, pari all'importo trimestrale corrispondente al rapporto di lavoro dichiarato, senza aggravio di ulteriori somme a titolo di penali ed interessi;

 

 

b) copia di impegno a stipulare con il prestatore d'opera, nei termini di cui al comma 5, il contratto di soggiorno previsto dall'articolo 5-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, introdotto dall'articolo 6 della presente legge;

 

 

c) certificazione medica della patologia o handicap del componente la famiglia alla cui assistenza è destinato il lavoratore. Tale certificazione non è richiesta qualora il lavoratore extracomunitario sia adibito al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.

 

4. Nei venti giorni successivi alla ricezione della dichiarazione di cui al comma 1, la prefettura - ufficio territoriale del Governo competente per territorio verifica l'ammissibilità e la ricevibilità della dichiarazione e la questura accerta se sussistono motivi ostativi all'eventuale rilascio del permesso di soggiorno della durata di un anno, dandone comunicazione alla prefettura - ufficio territoriale del Governo, che assicura la tenuta di un registro informatizzato di coloro che hanno presentato la denuncia di cui al comma 1 e dei lavoratori extracomunitari cui è riferita la denuncia. È data facoltà all'INAIL di accedere al registro informatizzato (4).

 

5. Nei dieci giorni successivi alla comunicazione della mancanza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 4, la prefettura - ufficio territoriale del Governo invita le parti a presentarsi per stipulare il contratto di soggiorno nelle forme previste dalla presente legge e alle condizioni contenute nella dichiarazione di emersione e per il contestuale rilascio del permesso di soggiorno, permanendo le condizioni soggettive di cui al comma 4. Il permesso di soggiorno è rinnovabile previo accertamento da parte dell'organo competente della prova della continuazione del rapporto e della regolarità della posizione contributiva previdenziale ed assistenziale del lavoratore extracomunitario interessato, salvo quanto previsto dall'articolo 5, commi 5 e 9, e dall'articolo 6, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. La mancata presentazione delle parti comporta l'archiviazione del relativo procedimento (5).

 

6. I soggetti di cui al comma 1, che inoltrano la dichiarazione di emersione del lavoro irregolare ai sensi dei commi da 1 a 3, non sono punibili per le violazioni delle norme relative al soggiorno, al lavoro, di carattere finanziario, fiscale, previdenziale e assistenziale nonché per gli altri reati e le violazioni amministrative comunque afferenti all'occupazione dei lavoratori extracomunitari indicati nella dichiarazione di emersione, compiute antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge. Fino alla data del rilascio del permesso di soggiorno ovvero fino alla data della comunicazione della sussistenza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno non si applica l'articolo 22, comma 12, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali determina con proprio decreto i parametri retributivi e le modalità di calcolo e di corresponsione delle somme di cui al comma 3, lettera a), nonché le modalità per la successiva imputazione delle stesse sia per fare fronte all'organizzazione e allo svolgimento dei compiti di cui al presente articolo, sia in relazione alla posizione contributiva previdenziale e assistenziale del lavoratore interessato in modo da garantire l'equilibrio finanziario delle relative gestioni previdenziali. Il Ministro, con proprio decreto, determina altresì le modalità di corresponsione delle somme e degli interessi dovuti per i contributi previdenziali concernenti periodi denunciati antecedenti ai tre mesi di cui al comma 3 (6).

 

7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai rapporti di lavoro che occupino prestatori d'opera extracomunitari: a) nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale. La revoca, fermi restando i casi di esclusione di cui alle lettere b) e c), non può essere in ogni caso disposta nell'ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo che non si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l'interessato non lo ha commesso, ovvero risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ovvero abbia lasciato il territorio nazionale e si trovi nelle condizioni di cui all'articolo 13, comma 13, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, e successive modificazioni. Le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato di cui all'articolo 3, comma 4, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, come sostituito dall'art. 3, comma 2, della presente legge, sono decurtate dello stesso numero di permessi di soggiorno per lavoro, rilasciati a seguito di revoca di provvedimenti di espulsione ai sensi della presente lettera (7); b) che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato; c) che risultino denunciati per uno dei reati indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo che i relativi procedimenti si siano conclusi con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l'interessato non lo ha commesso ovvero nei casi di archiviazione previsti dall'articolo 411 del codice di procedura penale, ovvero risultino destinatari dell'applicazione di una misura di prevenzione, salvi in ogni caso gli effetti della riabilitazione. Le disposizioni del presente articolo non costituiscono impedimento all'espulsione degli stranieri che risultino pericolosi per la sicurezza dello Stato (8) (9).

 

8. Chiunque presenta una falsa dichiarazione di emersione ai sensi del comma 1, al fine di eludere le disposizioni in materia di immigrazione della presente legge, è punito con la reclusione da due a nove mesi, salvo che il fatto costituisca più grave reato.

 

 

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(4)  Periodo aggiunto dall'art. 80, comma 12, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

(5)  Comma così modificato prima dall'art. 2, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi dall'art. 1-quater, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(6)  Comma così modificato dall'art. 2, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 26 agosto 2002.

(7) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-18 giugno 2007, n. 218 (Gazz. Uff. 27 giugno 2007, n. 25, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 33, comma 7, lettera a), sollevata in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione.

(8)  Comma così modificato dall'art. 2, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. La Corte costituzionale, con sentenza 10-18 febbraio 2005, n. 78 (Gazz. Uff. 23 febbraio 2005, n. 8 - Prima Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità della lettera c) del presente comma, nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto della istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla presentazione di una denuncia per uno dei reati per i quali gli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale prevedono l'arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza.

(9) La Corte costituzionale, con ordinanza 22 febbraio-3 marzo 2006, n. 86 (Gazz. Uff. 8 marzo 2006, n. 10, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 33, comma 7, lettera b), sollevate in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione.

 


 

Capo III

Disposizioni di coordinamento

Art. 34. 

Norme transitorie e finali.

1. Entro sei mesi dalla data della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale si procede, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, all'emanazione delle norme di attuazione ed integrazione della presente legge, nonché alla revisione ed armonizzazione delle disposizioni contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. Con il medesimo regolamento sono definite le modalità di funzionamento dello sportello unico per l'immigrazione previsto dalla presente legge; fino alla data di entrata in vigore del predetto regolamento le funzioni già esercitate in materia di immigrazione dalle direzioni provinciali del lavoro alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad essere svolte dalle direzioni medesime (10).

 

2. Entro quattro mesi dalla data della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale si procede, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, alla revisione ed integrazione delle disposizioni regolamentari vigenti sull'immigrazione, sulla condizione dello straniero e sul diritto di asilo, limitatamente alle seguenti finalità:

 

a) razionalizzare l'impiego della telematica nelle comunicazioni, nelle suddette materie, tra le amministrazioni pubbliche;

 

 

b) assicurare la massima interconnessione tra gli archivi già realizzati al riguardo o in via di realizzazione presso le amministrazioni pubbliche;

 

 

c) promuovere le opportune iniziative per la riorganizzazione degli archivi esistenti (11).

 

3. Il regolamento previsto dall'articolo 1-bis, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotto dall'articolo 32, è emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Le disposizioni di cui agli articoli 31 e 32 si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del predetto regolamento; fino a tale data si applica la disciplina anteriormente vigente.

 

4. Fino al completamento di un adeguato programma di realizzazione di una rete di centri di permanenza temporanea e assistenza, accertato con decreto del Ministro dell'interno, sentito il Comitato di cui al comma 2 dell'articolo 2-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, introdotto dall'articolo 2 della presente legge, il sindaco, in particolari situazioni di emergenza, può disporre l'alloggiamento, nei centri di accoglienza di cui all'articolo 40 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, di stranieri non in regola con le disposizioni sull'ingresso e sul soggiorno nel territorio dello Stato, fatte salve le disposizioni sul loro allontanamento dal territorio medesimo.

 

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(10)  Comma così modificato dall'art. 2, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. In attuazione di quanto disposto dal presente comma è stato emanato il D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.) che apporta modifiche al D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394.

(11)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.R. 27 luglio 2004, n. 242.

 

 

Art. 35.

Istituzione della Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere.

1. È istituita, presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere con compiti di impulso e di coordinamento delle attività di polizia di frontiera e di contrasto dell'immigrazione clandestina, nonché delle attività demandate alle autorità di pubblica sicurezza in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri. Alla suddetta Direzione centrale è preposto un prefetto, nell'àmbito della dotazione organica esistente.

 

2. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, la determinazione del numero e delle competenze degli uffici in cui si articola la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, nonché la determinazione delle piante organiche e dei mezzi a disposizione, sono effettuate con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 5 della legge 1° aprile 1981, n. 121. Dall'istituzione della Direzione centrale, che si avvale delle risorse umane, strumentali e finanziarie esistenti, non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

3. La denominazione della Direzione centrale di cui all'articolo 4, comma 2, lettera h), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001, n. 398, è conseguentemente modificata in «Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato».

 

4. Eventuali integrazioni e modifiche delle disposizioni di cui ai commi precedenti sono effettuate con la procedura di cui all'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

 

Art. 36.

Esperti della Polizia di Stato.

1. Nell'àmbito delle strategie finalizzate alla prevenzione dell'immigrazione clandestina, il Ministero dell'interno, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, può inviare presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari funzionari della Polizia di Stato in qualità di esperti nominati secondo le procedure e le modalità previste dall'articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18. A tali fini il contingente previsto dal citato articolo 168 è aumentato sino ad un massimo di ulteriori undici unità, riservate agli esperti della Polizia di Stato, corrispondenti agli esperti nominati ai sensi del presente comma.

 

2. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, determinato nella misura di 778.817 euro per l'anno 2002 e di 1.557.633 euro annui a decorrere dall'anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

 

Art. 37. 

Disposizioni relative al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.

1. Al Comitato parlamentare istituito dall'articolo 18 della legge 30 settembre 1993, n. 388, che assume la denominazione di «Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione» sono altresì attribuiti compiti di indirizzo e vigilanza circa la concreta attuazione della presente legge, nonché degli accordi internazionali e della restante legislazione in materia di immigrazione ed asilo. Su tali materie il Governo presenta annualmente al Comitato una relazione. Il Comitato riferisce annualmente alle Camere sulla propria attività.

 

 

Art. 38. 

Norma finanziaria.

1. Dall'applicazione degli articoli 2, 5, 17, 18, 19, 20, 25 e 34 non devono derivare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

 

2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 30, comma 1, valutato in euro 1.515.758 per l'anno 2002, e in euro 3.031.517 per l'anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

 

3. All'onere derivante dall'attuazione degli articoli 1, 12, comma 1, lettera c), 13 e 32, valutato in 25,91 milioni di euro per l'anno 2002, 130,65 milioni di euro per l'anno 2003, 125,62 milioni di euro per l'anno 2004 e 117,75 milioni di euro a decorrere dal 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


 

D.M. 14 luglio 2003.
Disposizioni in materia di contrasto all'immigrazione clandestina.

 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 settembre 2003, n. 220.

 

 

IL MINISTRO DELL'INTERNO

 

di concerto con

 

I MINISTRI DELLA DIFESA, DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

 

E DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

 

Visto il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189;

 

Visti in particolare gli articoli 11 e 12, commi 9-bis e seguenti del citato testo unico, rispettivamente in materia di potenziamento e coordinamento dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre e in materia di fermo, ispezione e sequestro delle navi adibite o coinvolte nel traffico illecito di migranti;

 

Visto l'art. 35 della legge 30 luglio 2002, n. 189, con il quale è stata istituita la Direzione centrale dell'immigrazione e della Polizia delle frontiere;

 

Vista la legge 1° aprile 1981, n. 121, recante il nuovo ordinamento dell'amministrazione della Pubblica sicurezza;

 

Visti i decreti del Ministro dell'interno recanti direttive per il coordinamento delle Forze di polizia e, in particolare, il decreto del 25 marzo 1998, con il quale sono state fissate le direttive per il coordinamento dei servizi di ordine e sicurezza pubblica sul mare;

 

 

Decreta:

 

Art. 1.

Princìpi generali.

1. Le attività di vigilanza, prevenzione e contrasto dell'immigrazione clandestina via mare sono svolte, a norma dell'art. 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di seguito denominato «testo unico» e secondo le disposizioni del presente decreto, dai mezzi aeronavali:

 

della Marina militare;

 

delle Forze di polizia;

 

delle Capitanerie di porto.

 

2. Ferme restando le competenze stabilite dall'art. 11, comma 3, del testo unico, il raccordo degli interventi operativi in mare e i compiti di acquisizione ed analisi delle informazioni connesse alle attività del comma 1 sono svolti dalla Direzione centrale dell'immigrazione e della Polizia delle frontiere del Dipartimento della pubblica sicurezza, di seguito denominata «Direzione centrale».

 

3. In relazione ai compiti di raccordo e di analisi di cui al comma 2, nonché per il coordinamento delle direttive operative occorrenti per l'integrazione delle attività aeronavali, gli enti e le amministrazioni interessate comunicano con immediatezza alla Direzione centrale tutte le informazioni e i dati relativi ad imbarcazioni che, per comportamenti o altri indizi, possano ragionevolmente essere sospettate di essere coinvolte nel traffico o nel trasporto di migranti. A tal fine, la Direzione centrale può avvalersi di qualificati rappresentanti rispettivamente designati dalla Marina militare e dai Comandi generali interessati.

 

4. La Direzione centrale esamina con immediatezza gli interventi da effettuare anche sulla base di accordi di riammissione e di intese conseguite con il Paese del quale il natante batte bandiera o da cui risulta partito, nonché gli interventi da effettuare su natanti privi di bandiera e dei quali non si conosce il porto di partenza.

 

5. Le attività previste dal presente decreto sono svolte dai mezzi aeronavali della Marina militare fatte salve, in ogni caso, le competenze istituzionali in materia di difesa nazionale.

 

 

Art. 2. 

Linee di azione.

1. L'attività di prevenzione e contrasto del traffico di migranti via mare si sviluppa attraverso le seguenti tre fasi:

 

a) nei Paesi di origine dei flussi o interessati al transito, tramite attività di carattere prevalentemente diplomatico con l'obiettivo di prevenire il fenomeno «alla fonte»;

 

 

b) nelle acque internazionali, tramite il dispositivo aeronavale della Marina militare, della Guardia di finanza, del Corpo delle capitanerie di porto e delle altre unità navali o aeree in servizio di polizia. L'intervento si estrinseca nell'esercizio dei poteri di polizia dell'alto mare diretti al monitoraggio, alla sorveglianza, all'individuazione, al controllo degli obiettivi navali in navigazione ed all'accertamento dei flussi migratori clandestini;

 

 

c) nelle acque territoriali, tramite le unità ed i mezzi navali in servizio di polizia, con il concorso, ove necessario, delle navi della Marina militare ai sensi dell'art. 12, comma 9-ter, del testo unico. L'intervento è finalizzato all'attività istituzionale delle Forze di polizia diretta alla repressione dei reati ed alla scoperta delle connessioni con le organizzazioni transnazionali che gestiscono l'illecito traffico, al fine di sequestrare e confiscare i patrimoni d'illecita provenienza.

 

2. Restano immutate le competenze del Corpo delle capitanerie di porto per quanto riguarda la salvaguardia della vita umana in mare. Nell'espletamento di tali attività le situazioni che dovessero presentare aspetti connessi con l'immigrazione clandestina, ferma restando la pronta adozione degli interventi di soccorso, devono essere immediatamente portate a conoscenza della Direzione centrale e dei comandi responsabili del coordinamento dell'attività di contrasto all'immigrazione clandestina indicati agli articoli 4 e 5.

 

3. Le attività in mare possono assumere il carattere di:

 

a) sorveglianza;

 

 

b) intervento di soccorso, il cui coordinamento è di competenza del Corpo delle capitanerie di porto;

 

 

c) intervento di polizia, la cui competenza è attribuita, in via prioritaria, alle Forze di polizia secondo i piani regionali di coordinata vigilanza nella acque territoriali ed interne e alle Forze armate e di polizia secondo quanto indicato al successivo art. 4 per le acque internazionali.

 

4. Gli interventi di soccorso e di polizia possono essere concomitanti.

 

 

Art. 3. 

Dispositivo di controllo.

1. Le unità navali in servizio di polizia esercitano l'azione di vigilanza prevalentemente nelle acque territoriali, fatti salvi gli interventi connessi all'assolvimento dei fini istituzionali a carattere esclusivo delle amministrazioni di appartenenza.

 

2. Le unità navali della Marina militare esercitano, nell'àmbito delle proprie funzioni d'istituto, anche l'azione di controllo nelle acque internazionali. Le stesse unità navali, nei casi di necessità e urgenza, anche su richiesta della Direzione centrale, possono essere utilizzate per concorrere all'attività di cui all'art. 12 del testo unico.

 

 

Art. 4. 

Attività di sorveglianza.

1. L'attività di sorveglianza, orientata sulla base delle informazioni e delle situazioni oggettive che caratterizzano il flusso migratorio via mare, si articola, di massima, su:

 

a) dati operativi integrati provenienti dalla rete radar costiera della Marina militare e dagli analoghi dispositivi di «scoperta» delle altre amministrazioni che effettuano vigilanza nelle acque territoriali;

 

 

b) pattugliamento delle unità navali specificamente impiegate per tali attività;

 

 

c) sorveglianza coordinata a lungo raggio a mezzo velivoli di pattugliamento marittimo della Marina militare e di aeromobili della Guardia di finanza e del Corpo delle capitanerie di porto;

 

 

d) concorso eventuale di tutti gli altri assetti aeronavali della Marina militare, della Guardia di finanza, delle altre Forze di polizia e delle Capitanerie di porto che perseguono i fini istituzionali delle proprie amministrazioni quali compiti primari;

 

 

e) valorizzazione delle informazioni provenienti da altri comandi operativi internazionali operanti nel bacino del Mediterraneo o da organismi di intelligence.

 

 

Art. 5. 

Attività in acque internazionali.

1. Ai fini della prevenzione e del contrasto del traffico illecito di migranti in acque internazionali è assicurata una costante attività di sorveglianza finalizzata alla localizzazione, alla identificazione e al tracciamento di natanti sospettati di traffico di clandestini.

 

2. L'attività di identificazione è svolta prevalentemente con il concorso dei mezzi aerei assegnati e cooperanti al fine di ottenere la situazione di superficie dell'area di competenza.

 

3. La fase di tracciamento deve essere condotta, compatibilmente con la situazione contingente e con i sensori disponibili, in forma occulta al fine di non vanificare l'intervento repressivo nei confronti delle organizzazioni criminali che gestiscono l'illecito traffico.

 

4. In considerazione dell'area interessata alle operazioni e del potenziale informativo disponibile da parte degli assetti aeronavali, ed al fine di rispettare i criteri di efficienza, efficacia ed economicità dell'impiego, il Comando in capo della squadra navale (CINCNAV) svolge la necessaria azione di raccordo delle fasi di pianificazione dell'attività di cui al comma 1, in stretta cooperazione con il Comando generale della Guardia di finanza (CENOP) e con il Comando generale delle Capitanerie di porto (centrale operativa).

 

5. Nella fase esecutiva ciascuna amministrazione/ente è responsabile dell'emanazione delle direttive attuative ai mezzi dipendenti, tenendo debitamente informati gli altri. Le unità della Marina militare, per le specifiche caratteristiche e capacità dei sistemi di comunicazione di cui dispongono, assumono il coordinamento operativo nei casi in cui mezzi di diverse amministrazioni si trovino ad operare sulla medesima scena d'azione. La Marina militare - CINCNAV riceve, tramite le strutture di comando e direzione delle amministrazioni di appartenenza, i rapporti delle unità impiegate, dirama ai mezzi coinvolti sulla scena d'azione le modalità di dettaglio e le direttive di intervento ed affida gli obiettivi specifici. In tale contesto, i mezzi aeronavali delle Forze di polizia e delle Capitanerie di porto che operano nella stessa area e con le stesse missioni, devono stabilire collegamenti radio con le unità della Marina militare.

 

6. Qualora all'attività di sorveglianza concorrano i velivoli di pattugliamento marittimo dell'Aviazione per la Marina (MPA), il Comando in capo della squadra navale (CINCNAV) che ne detiene il controllo operativo è delegato a coordinare, di concerto con il Comando generale della Guardia di finanza e il Comando generale delle Capitanerie di porto, l'impiego nelle aree di specifico interesse di tutti i mezzi aerei di pattugliamento resi disponibili per il concorso alla specifica attività. A tal fine e per garantire la massima sicurezza delle operazioni, i comandi interessati assicurano il più completo scambio informativo sulle attività programmate da parte degli organismi responsabili.

 

 

Art. 6. 

Attività nelle acque territoriali e nella zona contigua.

1. Ferme restando le competenze dei prefetti dei capoluoghi di regione ai sensi dell'art. 11, comma 3, del testo unico in materia di coordinata vigilanza, nelle acque territoriali e interne italiane le unità navali delle Forze di polizia svolgono attività di sorveglianza e di controllo ai fini della prevenzione e del contrasto del traffico illecito di migranti. Le unità navali della Marina militare e delle Capitanerie di porto concorrono a tale attività attraverso la tempestiva comunicazione dell'avvistamento dei natanti in arrivo o mediante tracciamento e riporto dei natanti stessi, in attesa dell'intervento delle Forze di polizia. Quando in relazione agli elementi meteomarini ed alla situazione del mezzo navale sussistano gravi condizioni ai fini della salvaguardia della vita umana in mare, le unità di Stato presenti, informata la Direzione centrale e sotto il coordinamento dell'organizzazione di soccorso in mare di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1994, n. 662, provvedono alla pronta adozione degli interventi di soccorso curando nel contempo i riscontri di polizia giudiziaria.

 

2. Al fine di rendere più efficace l'intervento delle Forze di polizia nelle acque territoriali è stabilita una fascia di coordinamento che si estende fino al limite dell'area di mare internazionalmente definita come «zona contigua» nelle cui acque il coordinamento delle attività navali connesse al contrasto dell'immigrazione clandestina, in presenza di mezzi appartenenti a diverse amministrazioni, è affidato al Corpo della guardia di finanza.

 

 

Art. 7. 

Norme di comportamento.

1. Nell'assolvimento del compito assegnato l'azione di contrasto è sempre improntata alla salvaguardia della vita umana ed al rispetto della dignità della persona.

 

2. Su conformi direttive della Direzione centrale le unità navali di cui al presente decreto procedono, ove ne ricorrano i presupposti, all'effettuazione dell'inchiesta di bandiera, alla visita a bordo, qualora sussista un'adeguata cornice di sicurezza, ed al fermo delle navi sospettate di essere utilizzate nel trasporto di migranti clandestini, anche al fine di un loro possibile rinvio nei porti di provenienza.

 

3. In acque internazionali, qualora a seguito dell'inchiesta di bandiera se ne verifichino i presupposti, può essere esercitato il diritto di visita. Nell'ipotesi di navi battenti bandiera straniera, l'eventuale esercizio di tale diritto sarà richiesto formalmente dal Ministro dell'interno una volta acquisito, tramite Ministero degli affari esteri, l'autorizzazione del Paese di bandiera. Parimenti, l'esercizio del diritto di visita può essere richiesto formalmente dal Ministro dell'interno anche nell'ipotesi di interventi da effettuarsi su natanti privi di bandiera e dei quali non si conosce il porto di partenza.

 

4. La visita a bordo di mercantili sospettati di essere coinvolti nel traffico di migranti deve avvenire in una cornice di massima sicurezza, onde salvaguardare l'incolumità del team ispettivo e dei migranti stessi.

 

5. Fermo restando quanto previsto dal comma 1 del presente articolo, ove si renda necessario l'uso della forza, l'intensità, la durata e l'estensione della risposta devono essere proporzionate all'intensità dell'offesa, all'attualità e all'effettività della minaccia.

 

6. Qualora le notizie fornite dalle navi mercantili, a seguito di interrogazione da parte dei mezzi aeronavali in pattugliamento, appaiano ragionevolmente sospette sulla natura del carico, porto di partenza o di arrivo, la Direzione centrale, immediatamente informata dalle amministrazioni di appartenenza, intraprende le opportune iniziative per verificare l'attendibilità di tale notizie e per l'adozione di conseguenti misure.

 

 

Art. 8. 

Supporto informativo.

1. La Direzione centrale si avvale della rete informativa nazionale che collega i vari dicasteri/enti e comandi interessati con l'obiettivo di conseguire la massima integrazione e tempestività nella diffusione delle pertinenti informazioni.

 

 

Art. 9. 

Formazione.

1. Al fine di assicurare una base di formazione comune tra il personale delle varie amministrazioni chiamato ad operare nel settore del contrasto all'immigrazione clandestina, sono individuati, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, corsi di qualificazione avanzata, in Italia ed all'estero, cui inviare personale altamente qualificato e con specifica esperienza nell'impiego di dispositivi aeronavali di sorveglianza nel particolare settore.

 

 

Art. 10. 

Disposizioni finali.

1. Il capo della Polizia - direttore generale della Pubblica sicurezza, il capo di Stato Maggiore della Marina, il comandante generale dell'Arma dei carabinieri, il comandante generale della Guardia di finanza, il comandante generale delle Capitanerie di porto sono incaricati, ciascuno per la parte di propria competenza, per l'esecuzione del presente decreto.

 


 

D.P.R. 6 febbraio 2004, n. 100.
Regolamento recante modalità di coordinamento delle attività del gruppo tecnico presso il Ministero dell'interno con la apposita struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di immigrazione.

 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 2004, n. 94.

 

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

 

Visto l'articolo 87 della Costituzione;

 

Visto l'articolo 2-bis, comma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, introdotto dall'articolo 2 della legge 30 luglio 2002, n. 189, che dispone l'emanazione di apposito regolamento per la definizione delle modalità di coordinamento delle attività del gruppo tecnico con le strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

 

Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

 

Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, recante ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59;

 

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 luglio 2002, recante ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 207 del 4 settembre 2002;

 

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001, n. 398, regolamento recante l'organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell'interno;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 giugno 2003;

 

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 15 dicembre 2003;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 gennaio 2004;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro per le politiche comunitarie;

 

 

Emana il seguente regolamento:

 

 

Art. 1.

Definizioni.

1. Ai fini del presente regolamento si intende per:

 

a) «testo unico»: il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, così come modificato dal decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 2002, n. 106; dalla legge 30 luglio 2002, n. 189; dal decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2002, n. 222;

 

b) «Comitato»: il Comitato per il coordinamento ed il monitoraggio di quanto previsto dal testo unico, istituito ai sensi del comma 1 dell'articolo 2-bis del medesimo testo unico;

 

c) «gruppo tecnico»: il gruppo tecnico di lavoro istituito ai sensi del comma 3 dell'articolo 2-bis del testo unico;

 

d) «struttura»: l'insieme delle risorse umane e strumentali della Presidenza del Consiglio dei Ministri che supportano, nell'esercizio delle competenze di cui al testo unico, le attività del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Comitato di cui all'articolo 2-bis, comma 3, del medesimo testo unico, individuate nelle forme di cui all'articolo 3, comma 1.

 

 

Art. 2.

Attività del gruppo tecnico.

1. Il gruppo tecnico svolge l'istruttoria degli affari di competenza del Comitato.

 

2. Le funzioni di segreteria del gruppo tecnico sono espletate dal Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, che trasmette altresì alla struttura le risultanze delle istruttorie svolte dal gruppo tecnico.

 

 

Art. 3.

Attività della struttura.

1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri individua, con proprio decreto, la struttura di cui all'articolo 1, comma 1, lettera d), determinandone altresì i compiti e le modalità di funzionamento (2).

 

2. Sulla base degli indirizzi espressi dal Presidente del Consiglio dei Ministri e delle indicazioni fornite ai sensi degli articoli 3, comma 1, e 21 del testo unico, la struttura cura la predisposizione del documento di programmazione triennale, di cui al medesimo articolo 3 del testo unico.

 

3. Sulla base degli indirizzi e delle indicazioni di cui al comma 2 e di quelle del Comitato, che si avvale delle elaborazioni fornite dal gruppo tecnico, la struttura cura la predisposizione del decreto annuale sui flussi di ingresso e degli eventuali decreti da adottare in via transitoria, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del testo unico.

 

4. Sulla base delle indicazioni fornite dal gruppo tecnico, la struttura cura, secondo le procedure di cui al comma 3, la predisposizione dei decreti di decurtazione delle quote annuali di ingresso fissate a norma dell'articolo 3, comma 4, del testo unico, in applicazione dell'articolo 32, comma 1-quater, del medesimo testo unico, nonché dell'articolo 1, comma 8, lettera a), del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2002, n. 222.

 

 

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(2)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.C.M. 19 maggio 2004.

 

 

Art. 4.

Ulteriori modalità di coordinamento.

1. La struttura assicura il coordinamento tra le attività del gruppo tecnico e quelle proprie anche mediante riunioni periodiche tra rappresentanti dei due organismi.

 

 

Art. 5.

Disposizione finale.

1. Dall'applicazione del presente regolamento non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

 


 

D.P.C.M. 19 maggio 2004.
Modifica al D.P.C.M. 23 luglio 2002, riguardante l'ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 14 ottobre 2004, n. 242.

 

 

IL PRESIDENTE

 

DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

 

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

 

Visto l'art. 8 del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639;

 

Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e successive modificazioni, recante ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59;

 

Visto, in particolare, l'art. 7 del predetto decreto legislativo n. 303 del 1999, ai sensi del quale il Presidente del Consiglio dei Ministri individua, con propri decreti, le aree funzionali omogenee da affidare alle strutture in cui si articola il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

 

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 luglio 2002, recante ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ed in particolare, 1'art. 2, comma 1, lettera a) e l'art. 18;

 

Visto il decreto del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2003, recante disposizioni sul Dipartimento per il coordinamento amministrativo, ed in particolare gli articoli 7 e 9;

 

Visto l'art. 2-bis, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero», aggiunto dall'art. 2 della legge 30 luglio 2002, n. 189, recante modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo, che dispone l'emanazione di apposito regolamento per l'attuazione della medesima norma;

 

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 2004, n. 100, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 94 del 22 aprile 2004, con il quale è stato emanato il «Regolamento recante modalità di coordinamento delle attività del Gruppo tecnico con la apposita Struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di immigrazione»;

 

Tenuto conto che ai sensi dell'art. 1, lettera d), e dell'art. 3, comma 1, del predetto decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 2004, n. 100, il Presidente del Consiglio dei Ministri deve individuare con proprio decreto la «Struttura» della Presidenza del Consiglio dei Ministri che, nell'esercizio delle competenze di cui al citato decreto legislativo n. 286 del 1998, e successive modificazioni ed integrazioni, assicura il supporto alle attività del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Comitato di cui all'art. 2-bis, comma 3, del predetto decreto legislativo n. 286 del 1998;

 

Sentite le organizzazioni sindacali;

 

Decreta:

 

Art. 1.

1. Il Dipartimento per il coordinamento amministrativo di cui all'art. 18 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 luglio 2002 è la «Struttura» individuata ai sensi dell'art. 1, lettera d) e dell'art. 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 2004, n. 100.

 

2. Il Dipartimento per il coordinamento amministrativo, in quanto «Struttura» individuata dal comma 1, provvede:

 

ad assicurare il supporto alle attività del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Comitato di cui all'art. 2-bis, comma 3, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, per tutte le competenze previste dallo stesso decreto legislativo;

 

a curare la predisposizione del documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, di cui all'art. 3, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del 1998;

 

a curare la predisposizione dei decreti annuali sui flussi d'ingresso ed eventuali decreti da emanare in via transitoria, ai sensi dell'art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 286 del 1998;

 

a predisporre i decreti di decurtazione delle quote annuali d'ingresso ai sensi dell'art. 3, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 2004, n. 100;

 

ad assicurare il coordinamento tra le attività previste dal Gruppo tecnico di cui all'art. 2-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998 e quelle proprie attraverso periodiche riunioni.

 

Il presente decreto è trasmesso, per gli adempimenti di competenza, all'Ufficio bilancio e ragioneria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 


 

D.P.R. 27 luglio 2004, n. 242.
Regolamento per la razionalizzazione e la interconnessione delle comunicazioni tra Amministrazioni pubbliche in materia di immigrazione.

 

(1)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 settembre 2004, n. 220.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

 

Visto l'articolo 87 della Costituzione;

 

Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

 

Visto l'articolo 34, comma 2, della legge 30 luglio 2002, n. 189, che dispone l'emanazione di apposito regolamento per la razionalizzazione dell'impiego della telematica nelle comunicazioni concernenti l'immigrazione, la condizione dello straniero ed il diritto d'asilo;

 

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nelle adunanze del 9 febbraio e del 19 aprile 2004;

 

Udito il parere del Garante per la protezione dei dati personali;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 giugno 2003;

 

Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella seduta del 10 dicembre 2003;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 luglio 2004;

 

Sulla proposta del Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell'interno e del Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione, di concerto con i Ministri degli affari esteri, per l'innovazione e le tecnologie e del lavoro e delle politiche sociali;

 

 

Emana il seguente regolamento:

 

 

Art. 1.

Definizioni generali.

1. Nel presente regolamento, si intende per:

 

a) «testo unico»: il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

 

b) «regolamento»: il regolamento recante norme di attuazione del predetto testo unico, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni;

 

c) «RUPA»: la rete unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 15 della legge 15 marzo 1997, n. 59, o la sua evoluzione definita come «sistema pubblico di connettività».

 

 

Art. 2.

Sistemi informativi.

1. I sistemi informativi automatizzati già realizzati o in fase di realizzazione presso le amministrazioni pubbliche, da utilizzare nelle attività previste dai procedimenti di cui al testo unico e al regolamento, sono:

 

a) l'anagrafe annuale informatizzata per il lavoro subordinato, tenuta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi dell'articolo 21 del testo unico;

 

b) i sistemi informativi automatizzati finalizzati alla costruzione del Sistema informativo del lavoro e della borsa del lavoro, derivanti dall'accordo Stato-regioni-autonomie locali dell'11 luglio 2002, dall'articolo 1, comma 2, lettera b), n. 4), della legge 14 febbraio 2003, n. 30, e dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;

 

c) l'archivio informatizzato della rete mondiale visti, tenuto dal Ministero degli affari esteri;

 

d) l'anagrafe tributaria, tenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze e dalle Agenzie fiscali;

 

e) l'archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari, tenuto dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, ai sensi dell'articolo 41 del regolamento;

 

f) il casellario giudiziale, il casellario dei carichi pendenti e l'anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato, di cui al decreto legislativo 14 novembre 2002, n. 311, tenuti dal Ministero della giustizia;

 

g) l'archivio informatizzato dei permessi di soggiorno, tenuto dal Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza;

 

h) l'archivio informatizzato per l'emersione-legalizzazione di lavoro irregolare, tenuto dal Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, ai sensi dell'articolo 33 della legge 30 luglio 2002, n. 189, e dell'articolo 1 del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2002, n. 222;

 

i) il casellario nazionale d'identità, tenuto dal Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza;

 

l) l'archivio informatizzato dei richiedenti asilo, tenuto dal Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione;

 

m) l'archivio informatizzato dei rifugiati, tenuto dal Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione;

 

n) il sistema anagrafico integrato Indice nazionale delle anagrafi (INA) - Sistema di accesso e interscambio anagrafico (SAIA) del Ministero dell'interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali.

 

2. Ai fini della razionalizzazione del trattamento e dello scambio delle informazioni relative ai procedimenti di cui al testo unico e al regolamento, sono istituiti e tenuti dal Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione archivi automatizzati in materia di immigrazione e di asilo. A tali archivi accedono le pubbliche amministrazioni interessate, individuate con decreto del Ministro dell'interno.

 

3. Gli archivi di cui al comma 2 sono interconnessi con i sistemi informativi di cui al comma 1 e con quelli delle regioni, delle province autonome e degli enti locali e possono essere aggiornati tramite le modalità tecniche ai sensi del presente regolamento.

 

4. Gli archivi indicati al comma 1, lettere g), h), l), m), e al comma 2 costituiscono il sistema informativo in materia di ingresso, soggiorno e uscita dal territorio nazionale, di immigrazione e di asilo, per l'attuazione unitaria dei procedimenti previsti dal testo unico e dal regolamento, anche a supporto degli adempimenti dello sportello unico di cui all'articolo 22 del testo unico.

 

5. Al fine di assicurare il monitoraggio dell'attività di acquisizione, certificazione e visura di dati e documenti memorizzati nel sistema informativo di cui al comma 4, ciascuna postazione avente accesso al sistema è soggetta a previa registrazione con annotazioni dei dati identificativi dell'utente. I dati personali, concernenti l'identificazione degli utenti e le operazioni di accesso e consultazione degli archivi sono utilizzabili per fini di sicurezza del sistema e di accertamento di eventuali illeciti, nel rispetto del principio dell'articolo 11 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

 

6. Ai fini del testo unico e del regolamento, ciascuna amministrazione menzionata nei commi 1, 2 e 3 è responsabile, per i sistemi informativi e gli archivi di propria competenza, delle procedure e delle tecnologie informatiche utilizzate; dei dati e dei documenti raccolti, elaborati e gestiti nei propri archivi, diffusi o scambiati con i soggetti del testo unico e del regolamento; della sicurezza e dei servizi di accesso dei propri sistemi informatici, nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999, n. 318.

 

 

Art. 3.

Collegamenti telematici.

1. I sistemi informativi e gli archivi di cui all'articolo 2, commi 1, 2 e 3, sono interconnessi in rete per consentire l'attuazione dei procedimenti del testo unico e del regolamento, nel rispetto delle competenze e delle responsabilità delle amministrazioni interessate.

 

2. I sistemi informativi e gli archivi automatizzati delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 2 sono interconnessi tra di loro e con quelli di altre amministrazioni pubbliche e di altri utenti, per l'accesso ai dati, ai documenti ed agli archivi stessi, attraverso i servizi della RUPA e della rete internazionale della pubblica amministrazione, secondo le effettive possibilità tecniche, nel rispetto della normativa in vigore e con le limitazioni da essa previste.

 

3. I collegamenti con gli uffici consolari sono realizzati tramite la rete mondiale visti del Ministero degli affari esteri o la rete internazionale della pubblica amministrazione.

 

4. Per l'attuazione dei procedimenti amministrativi di cui al testo unico e al regolamento, allo scopo di completamento e di verifica delle informazioni memorizzate, i sistemi informativi di cui all'articolo 2 possono cooperare con gli archivi automatizzati di altre amministrazioni pubbliche centrali e territoriali e possono trasmettere dati al sistema informativo sanitario relativi all'anagrafe degli assistiti, osservando i princìpi del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

 

 

Art. 4.

Regole tecniche.

1. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sentiti la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed il Garante per la protezione dei dati personali, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, sono stabilite le regole tecniche per l'operatività dei collegamenti di cui all'articolo 3, in relazione alla tipologia delle informazioni, all'utilizzo di strumenti in grado di assicurare la sicurezza e la riservatezza delle trasmissioni telematiche e alle modalità di abilitazione per l'accesso agli archivi.

 

 

Art. 5.

Accesso alle informazioni.

1. Gli archivi informatizzati di cui all'articolo 2 sono accessibili in via telematica, secondo i princìpi stabiliti nelle regole tecniche di cui all'articolo 4.

 

2. Le modalità tecniche applicative per la consultazione degli archivi informatizzati e per l'accesso ai sistemi informativi di ciascuna amministrazione statale, ai fini del presente regolamento, ove non diversamente stabilito, sono definite con decreto dirigenziale, emanato dall'amministrazione competente, sentiti il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione ed il Garante per la protezione dei dati personali.

 

 

Art. 6.

Trasmissione dei dati e dei documenti.

1. La trasmissione di dati e documenti, necessari all'attuazione dei procedimenti del testo unico e del regolamento, avviene nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e delle regole tecniche di cui all'articolo 4.

 

2. Le specifiche tecniche ed operative per lo scambio dei dati e documenti tra i sistemi informativi di cui all'articolo 2 sono definite convenzionalmente tra le amministrazioni pubbliche interessate, nel rispetto delle regole tecniche di cui all'articolo 4.

 


D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303.
Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato.

 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 dicembre 2004, n. 299.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visto l'articolo 87 della Costituzione;

 

Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

 

Visto l'articolo 1-bis, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotto dall'articolo 32 della legge 30 luglio 2002, n. 189, che dispone l'emanazione di apposito regolamento per l'attuazione della medesima norma e dei successivi articoli 1-quater, comma 1, e 1-quinquies, comma 3;

 

Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella seduta del 10 dicembre 2003;

 

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nelle adunanze del 26 gennaio 2004 e del 19 aprile 2004;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 giugno 2003;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 luglio 2004;

 

Sulla proposta del Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell'interno e del Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione, di concerto con i Ministri degli affari esteri e del lavoro e delle politiche sociali;

 

 

Emana il seguente regolamento:

 

 

Art. 1.

Definizioni.

1. Ai fini del presente regolamento si intende per:

 

a) «testo unico»: il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

 

b) «decreto»: il decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, e successive modificazioni;

 

c) «richiedente asilo»: lo straniero richiedente il riconoscimento dello status di rifugiato, ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, resa esecutiva in Italia con legge 24 luglio 1954, n. 722, e modificata dal Protocollo di New York del 3l gennaio 1967;

 

d) «domanda di asilo»: la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della citata Convenzione di Ginevra;

 

e) «centri»: i centri di identificazione istituiti ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 3, del predetto decreto-legge;

 

f) «Commissione territoriale»: la Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato;

 

g) «Commissione nazionale»: la Commissione nazionale per il diritto di asilo;

 

h) «Procedura semplificata»: la procedura prevista dall'articolo 1-ter del citato decreto-legge;

 

i) «ACNUR»: l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati;

 

l) «minore non accompagnato»: il minore degli anni 18, apolide o di cittadinanza di Stati estranei all'Unione europea, che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza legale.

 

 

Art. 2.

Istruttoria della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato.

1. L'ufficio di polizia di frontiera che riceve la domanda d'asilo prende nota delle generalità fornite dal richiedente asilo, lo invita ad eleggere domicilio e, purché non sussistano motivi ostativi, lo autorizza a recarsi presso la questura competente per territorio, alla quale trasmette, anche in via informatica, la domanda redatta su moduli prestampati. Ove l'ufficio di polizia di frontiera non sia presente nel luogo di ingresso sul territorio nazionale, si intende per tale l'ufficio di questura territorialmente competente. Alle operazioni prende parte, ove possibile, un interprete della lingua del richiedente. Nei casi in cui il richiedente è una donna, alle operazioni partecipa personale femminile.

 

2. La questura, ricevuta la domanda di asilo, che non ritenga irricevibile ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto, redige un verbale delle dichiarazioni del richiedente, su appositi modelli predisposti dalla Commissione nazionale, a cui è allegata la documentazione eventualmente presentata o acquisita d'ufficio. Del verbale sottoscritto e della documentazione allegata è rilasciata copia al richiedente.

 

3. Salvo quanto previsto dall'articolo 1-ter, comma 5, del decreto, la questura avvia le procedure sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri dell'Unione europea.

 

4. Il questore, quando ricorrono le ipotesi previste dall'articolo 1-bis del decreto, dispone l'invio del richiedente asilo nel centro di identificazione ovvero, unicamente quando ricorre l'ipotesi di cui all'articolo 1-bis, comma 2, lettera b), del decreto, nel centro di permanenza temporanea e assistenza. Negli altri casi rilascia un permesso di soggiorno valido per tre mesi, rinnovabile fino alla definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato presso la competente Commissione territoriale.

 

5. Qualora la richiesta di asilo sia presentata da un minore non accompagnato, l'autorità che la riceve sospende il procedimento, dà immediata comunicazione della richiesta al Tribunale per i minorenni territorialmente competente ai fini dell'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 346 e seguenti del codice civile, nonché di quelli relativi all'accoglienza del minore e informa il Comitato per i minori stranieri presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il tutore, così nominato, conferma la domanda di asilo e prende immediato contatto con la competente questura per la riattivazione del procedimento. In attesa della nomina del tutore, l'assistenza e accoglienza del minore sono assicurate dalla pubblica autorità del Comune ove si trova. I minori non accompagnati non possono in alcun caso essere trattenuti presso i centri di identificazione o di permanenza temporanea.

 

6. La questura consegna al richiedente asilo un opuscolo redatto dalla Commissione nazionale secondo le modalità di cui all'articolo 4, in cui sono spiegati:

 

a) le fasi della procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato;

 

b) i principali diritti e doveri del richiedente asilo durante la sua permanenza in Italia;

 

c) le prestazioni sanitarie e di accoglienza per il richiedente asilo e le modalità per richiederle;

 

d) l'indirizzo ed il recapito telefonico dell'ACNUR e delle principali organizzazioni di tutela dei rifugiati e dei richiedenti asilo;

 

e) le modalità di iscrizione del minore alla scuola dell'obbligo, l'accesso ai servizi finalizzati all'accoglienza del richiedente asilo, sprovvisto di mezzi di sostentamento, erogati dall'ente locale, le modalità di acceso ai corsi di formazione e riqualificazione professionale, la cui durata non può essere superiore alla durata della validità del permesso di soggiorno.

 

 

Art. 3.

Trattenimento del richiedente asilo.

1. Il provvedimento con il quale il questore dispone l'invio del richiedente asilo nei centri di identificazione è sinteticamente comunicato all'interessato secondo le modalità di cui all'articolo 4. Nelle ipotesi di trattenimento, previste dall'articolo 1-bis, comma 1, del decreto, il provvedimento stabilisce il periodo massimo di permanenza nel centro del richiedente asilo, in ogni caso non superiore a venti giorni.

 

2. Al richiedente asilo inviato nel centro è rilasciato, a cura della questura, un attestato nominativo che certifica la sua qualità di richiedente lo status di rifugiato presente nel centro di identificazione ovvero nel centro di permanenza temporanea e assistenza.

 

3. Con la comunicazione di cui al comma 1, il richiedente asilo è altresì informato:

 

a) della possibilità di contattare l'ACNUR in ogni fase della procedura;

 

b) della normativa del presente regolamento in materia di visite e di permanenza nel centro.

 

4. Allo scadere del periodo previsto per la procedura semplificata ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto e qualora la stessa non sia ancora conclusa, ovvero allo scadere del termine previsto al comma 1, o, comunque, cessata l'esigenza che ha imposto il trattenimento previsto dall'articolo 1-bis, comma 1, del decreto, al momento dell'uscita dal centro è rilasciato all'interessato un permesso di soggiorno valido per tre mesi, rinnovabile fino alla definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato presso la competente Commissione territoriale.

 

 

Art. 4.

Comunicazioni.

1. Le comunicazioni al richiedente asilo concernenti il procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato sono rese in lingua a lui comprensibile o, se ciò non è possibile, in lingua inglese, francese, spagnola o araba, secondo la preferenza indicata dall'interessato.

 

 

Art. 5.

Istituzione dei centri di identificazione.

1. Sono istituiti sette centri di identificazione nelle province individuate con decreto del Ministro dell'interno, sentite la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le regioni e le province autonome interessate, che si esprimono entro trenta giorni.

 

2. Qualora ne ravvisi la necessità, il Ministro dell'interno, con proprio decreto, può disporre, anche temporaneamente, l'istituzione di nuovi centri o la chiusura di quelli esistenti, nel rispetto delle procedure di cui al comma 1.

 

3. Le strutture allestite ai sensi del decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, possono essere destinate alle finalità di cui al comma 1 mediante decreto del Ministro dell'interno.

 

 

Art. 6.

Apprestamento dei centri di identificazione.

1. Per l'apprestamento dei centri di identificazione, il Ministero dell'interno può disporre, previa acquisizione di studi di fattibilità e progettazione tecnica:

 

a) acquisizioni in proprietà, anche tramite locazione finanziaria, nonché locazione di aree o edifici;

 

b) costruzione, allestimenti, riadattamenti e manutenzioni di edifici o aree;

 

c) posizionamento di padiglioni anche mobili ed ogni altro intervento necessario alla realizzazione di idonea struttura.

 

2. Nell'àmbito del centro sono previsti idonei locali per l'attività della Commissione territoriale di cui all'articolo 12, nonché per le visite ai richiedenti asilo, per lo svolgimento di attività ricreative o di studio e per il culto.

 

 

Art. 7.

Convenzione per la gestione del centro.

1. Il prefetto della provincia in cui è istituito il centro può affidarne la gestione, attraverso apposite convenzioni, ad enti locali, ad enti pubblici o privati che operino nel settore dell'assistenza ai richiedenti asilo o agli immigrati, ovvero nel settore dell'assistenza sociale.

 

2. In particolare, nella convenzione è previsto:

 

a) l'individuazione del direttore del centro, da scegliere tra personale in possesso di diploma di assistente sociale, rilasciato dalle scuole dirette a fini speciali, o diploma universitario di assistente sociale unitamente all'abilitazione per l'esercizio della professione, con esperienza lavorativa di almeno un quinquennio nel settore dell'assistenza agli immigrati o nell'assistenza sociale; laurea in servizio sociale, unitamente all'abilitazione per l'esercizio della professione; laurea specialistica in scienze del servizio sociale unitamente all'abilitazione per l'esercizio della professione; laurea in psicologia unitamente all'abilitazione per l'esercizio della professione e con esperienza lavorativa per almeno un biennio nel settore dell'assistenza agli immigrati o nell'assistenza sociale;

 

b) il numero delle persone necessarie, in via ordinaria, alla gestione del centro, forniti di capacità adeguate alle caratteristiche e alle esigenze dei richiedenti asilo, nonché alle necessità specifiche dei minori e delle donne;

 

c) le modalità di svolgimento del servizio di ricezione dei richiedenti asilo da ospitare nel centro e di registrazione delle presenze;

 

d) un costante servizio di vigilanza e la presenza anche durante l'orario notturno e festivo del personale ritenuto necessario per il funzionamento del centro;

 

e) un servizio di interpretariato, per almeno quattro ore giornaliere, per le esigenze connesse al procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato ed in relazione ai bisogni fondamentali degli ospiti del centro;

 

f) un servizio di informazione legale in materia di riconoscimento dello status di rifugiato;

 

g) modalità per la comunicazione delle presenze giornaliere e degli eventuali allontanamenti non autorizzati alla prefettura - Ufficio territoriale del Governo, al Ministero dell'interno e alla Commissione territoriale;

 

h) l'obbligo di riservatezza per il personale del centro sui dati e le informazioni riguardanti i richiedenti asilo presenti nel centro anche dopo che gli stessi abbiano lasciato il centro;

 

i) le attività ed i servizi per garantire il rispetto della dignità ed il diritto alla riservatezza dei richiedenti asilo nell'àmbito del centro.

 

3. La prefettura - Ufficio territoriale del Governo dispone i necessari controlli su amministrazione e gestione del centro e trasmette al Ministero dell'interno, alla regione, alla provincia ed al comune, rispettivamente competenti, entro il mese di marzo di ciascun anno, una relazione sull'attività effettuata nel centro l'anno precedente.

 

 

Art. 8.

Funzionamento.

1. Nel rispetto delle direttive impartite dalla prefettura - Ufficio territoriale del Governo, il direttore del centro di cui all'articolo 7, comma 2, lettera a) predispone servizi al fine di assicurare una qualità di vita che garantisca dignità e salute dei richiedenti asilo, tenendo conto delle necessità dei nuclei familiari, composti dai coniugi e dai parenti entro il primo grado, e delle persone portatrici di particolari esigenze, quali minori, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, persone che sono state soggette nel paese di origine a discriminazioni, abusi e sfruttamento sessuale. Ove possibile, dispone, sentito il questore, il ricovero in apposite strutture esterne dei disabili e delle donne in stato di gravidanza.

 

2. Il direttore del centro provvede a regolare lo svolgimento delle attività per assicurare l'ordinata convivenza e la migliore fruizione dei servizi da parte dei richiedenti asilo.

 

3. Il prefetto adotta le disposizioni relative alle modalità e agli orari delle visite ai richiedenti asilo e quelle relative alle autorizzazioni all'allontanamento dal centro, prevedendo:

 

a) un orario per le visite articolato giornalmente su quattro ore, nel rispetto di una ordinata convivenza;

 

b) visite da parte dei rappresentanti dell'ACNUR e degli avvocati dei richiedenti asilo;

 

c) visite di rappresentanti di organismi e di enti di tutela dei rifugiati autorizzati dal Ministero dell'interno ai sensi dell'articolo 11;

 

d) visite di familiari o di cittadini italiani per i quali vi è una richiesta da parte del richiedente asilo, previa autorizzazione della prefettura - Ufficio territoriale del Governo.

 

 

Art. 9.

Modalità di permanenza nel centro.

1. È garantita, salvo il caso di nuclei familiari, la separazione fra uomini e donne durante le ore notturne.

 

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1-ter, comma 4, del decreto, è consentita, purché compatibile con l'ordinario svolgimento della procedura semplificata e previa comunicazione al direttore del centro, l'uscita dal centro dalle ore otto alle ore venti, nei confronti dei richiedenti asilo che non versino nelle ipotesi di cui all'articolo 1-bis, comma 1, lettera a), e comma 2, lettera a), del decreto. Il competente funzionario prefettizio può rilasciare al richiedente asilo, anche nelle ipotesi di cui all'articolo 1-bis, comma 1, lettera a), e comma 2, lettera a), del decreto, permessi temporanei di allontanamento per un periodo di tempo diverso o superiore a quello indicato, secondo le disposizioni stabilite ai sensi dell'articolo 8, comma 3, per rilevanti e comprovati motivi personali, di salute o di famiglia o per comprovati motivi attinenti all'esame della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato. L'allontanamento deve, comunque, essere compatibile con i tempi della procedura semplificata. Il diniego è motivato e comunicato all'interessato secondo le modalità di cui all'articolo 4.

 

3. All'ingresso nel centro è consegnato al richiedente asilo un opuscolo informativo, redatto secondo le modalità di cui all'articolo 4, in cui sono sinteticamente indicate le regole di convivenza e le disposizioni di cui all'articolo 8, comma 3, unitamente all'indicazione dei tempi della procedura semplificata di cui all'articolo 1-ter del decreto e alle conseguenze che l'articolo 1-ter, comma 4, del decreto stesso prevede in caso di allontanamento non autorizzato dal centro.

 

4. Le informazioni di cui al comma 3 possono essere richieste anche agli interpreti presenti nel centro.

 

 

Art. 10.

Assistenza medica.

1. Il richiedente asilo, presente nel centro, ha diritto alle cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative per malattia o infortunio, erogate dal Servizio sanitario ai sensi dell'articolo 35, comma 3, del testo unico in base a convenzioni stipulate, ove possibile, dal Ministero dell'interno.

 

2. Servizi di prima assistenza medico generica, per almeno quattro ore giornaliere, sono attivati nei centri in cui siano presenti oltre 100 richiedenti asilo.

 

 

Art. 11.

Associazioni ed enti di tutela.

1. I rappresentanti delle associazioni e degli enti di tutela dei rifugiati, purché forniti di esperienza, dimostrata e maturata in Italia per almeno tre anni nel settore, possono essere autorizzati dal prefetto della provincia in cui è istituito il centro all'ingresso nei locali adibiti alle visite, realizzati nei centri di identificazione, durante l'orario stabilito. Il prefetto concede l'autorizzazione che contiene l'invito a tenere conto della tutela della riservatezza e della sicurezza dei richiedenti asilo.

 

2. Gli enti locali ed il servizio centrale di cui all'articolo 1-sexies, comma 4, del decreto possono attivare nei centri, previa comunicazione al prefetto, che può negare l'accesso per motivate ragioni, servizi di insegnamento della lingua italiana, di informazione ed assistenza legale, di sostegno socio-psicologico nonché di informazione su programmi di rimpatrio volontario, nell'àmbito delle attività svolte ai sensi dell'articolo 1-sexies del decreto.

 

 

Art. 12.

Individuazione delle Commissioni territoriali.

1. Ai sensi dell'art. 1-quater del decreto, le Commissioni territoriali sono istituite presso le seguenti prefetture - Uffici territoriali del Governo:

 

Gorizia con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Regioni: Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Trentino-Alto Adige;

 

Milano con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Regioni: Lombardia, Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna;

 

Roma con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Regioni: Lazio, Campania, Abruzzo, Molise, Sardegna, Toscana, Marche, Umbria;

 

Foggia con competenza a conoscere delle domande presentate nella Regione Puglia;

 

Siracusa con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Province di Siracusa, Ragusa, Caltanissetta, Catania;

 

Crotone con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Regioni Calabria, Basilicata;

 

Trapani con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Province di Agrigento, Trapani, Palermo, Messina, Enna.

 

2. Competente a conoscere delle domande presentate dai richiedenti asilo presenti nei centri di identificazione o nei centri di permanenza temporanea e assistenza è la Commissione territoriale nella cui circoscrizione territoriale è collocato il centro. Negli altri casi è competente la Commissione nella cui circoscrizione è presentata la domanda.

 

3. I membri della Commissione territoriale sono ammessi a seguire un apposito corso di preparazione all'attività, organizzato dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo.

 

4. Nella provincia in cui sono istituiti il centro di identificazione e la Commissione territoriale, il prefetto, ove ritenuto opportuno anche per la migliore razionalizzazione delle risorse, può destinare idonei locali del centro a sede degli uffici della Commissione territoriale (2).

 

 

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(2)  Vedi, anche, l'art. 13, O.P.C.M. 23 marzo 2006, n. 3506.

 

 

Art. 13.

Convocazione.

1. La convocazione per l'audizione presso la Commissione territoriale è comunicata all'interessato tramite la questura territorialmente competente. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1-ter, comma 4, del decreto, se non è stato possibile eseguire la notifica della convocazione nonostante nuove ricerche dell'interessato, particolarmente nel luogo del domicilio eletto e dell'ultima dimora, la Commissione, dopo aver accertato che il permesso di soggiorno rilasciato allo straniero per richiesta asilo è scaduto e l'interessato non ne ha richiesto il rinnovo, decide in ordine alla domanda di asilo anche in assenza dell'audizione individuale, sulla base della documentazione disponibile.

 

2. L'audizione può essere rinviata qualora le condizioni di salute del richiedente asilo, adeguatamente certificate, non la rendano possibile ovvero qualora l'interessato richieda ed ottenga il rinvio per gravi e fondati motivi. La mancata presentazione all'audizione individuale non impedisce la decisione della Commissione territoriale sulla domanda d'asilo.

 

 

Art. 14.

Audizione.

1. La Commissione territoriale in seduta non pubblica procede all'audizione del richiedente asilo. Dell'audizione viene redatto verbale e ne viene consegnata copia allo straniero unitamente a copia della documentazione da lui prodotta.

 

2. Il richiedente può esprimersi nella propria lingua o in una lingua a lui nota. Se necessario la Commissione nomina un interprete.

 

3. La Commissione territoriale adotta le idonee misure per garantire la riservatezza dei dati che riguardano l'identità e le dichiarazioni dei richiedenti lo status di rifugiato, nonché le condizioni dei soggetti di cui all'articolo 8, comma 1. Il richiedente asilo ha facoltà di farsi assistere da un avvocato.

 

4. L'audizione dei minori richiedenti asilo non accompagnati viene disposta dalla Commissione territoriale alla presenza della persona che esercita la potestà sul minore. In ogni caso l'audizione del minore avviene alla presenza del genitore o del tutore e può essere esclusa nei casi in cui la Commissione ritenga di aver acquisito sufficienti elementi per una decisione positiva.

 

5. Il richiedente asilo può inviare alla competente Commissione territoriale ed alla Commissione nazionale per il diritto di asilo memorie e documentazione in ogni fase del procedimento.

 

 

Art. 15.

Decisione.

1. La Commissione territoriale è validamente costituita con la presenza di tutti i componenti previsti dall'articolo 1-quater del decreto e delibera a maggioranza.

 

2. La Commissione territoriale, entro i tre giorni feriali successivi alla data dell'audizione, adotta, con atto scritto e motivato, una delle seguenti decisioni:

 

a) riconosce lo status di rifugiato al richiedente in possesso dei requisiti previsti dalla Convenzione di Ginevra;

 

 

b) rigetta la domanda qualora il richiedente non sia in possesso dei requisiti previsti dalla Convenzione di Ginevra;

 

 

c) rigetta la domanda qualora il richiedente non sia in possesso dei requisiti previsti dalla Convenzione di Ginevra ma, valutate le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle Convenzioni internazionali delle quali l'Italia è firmataria e, in particolare, dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, chiede al questore l'applicazione dell'articolo 5, comma 6, del testo unico.

 

3. La decisione è comunicata al richiedente unitamente alle informazioni sulle modalità di impugnazione nonché, per le ipotesi di cui all'articolo 1-ter, comma 6, del decreto, sulla possibilità di chiedere il riesame e l'autorizzazione al prefetto a permanere sul territorio nazionale.

 

4. Allo straniero al quale sia stato riconosciuto lo status di rifugiato la Commissione territoriale rilascia apposito certificato sulla base del modello stabilito dalla Commissione nazionale.

 

5. Lo straniero al quale non sia stato riconosciuto lo status di rifugiato è tenuto a lasciare il territorio dello Stato, salvo che gli sia stato concesso un permesso di soggiorno ad altro titolo. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 16, comma 1, il questore provvede, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del testo unico, nei confronti dello straniero già trattenuto nel centro di identificazione ovvero di permanenza temporanea e assistenza e, ai sensi dell'articolo 13, comma 5, del testo unico, nei confronti dello straniero cui era stato rilasciato il permesso di soggiorno per richiesta di asilo.

 

 

Art. 16.

Riesame.

1. Il richiedente trattenuto presso uno dei centri di identificazione, di cui all'articolo 1-bis, comma 3, del decreto, può presentare, entro cinque giorni dalla decisione che rigetta la domanda, ai sensi dell'articolo 1-ter, comma 6, del decreto, richiesta di riesame al Presidente della Commissione territoriale. In attesa della decisione sul riesame l'interessato permane nel centro di identificazione.

 

2. La richiesta di riesame ha ad oggetto elementi sopravvenuti ovvero preesistenti, non adeguatamente valutati in prima istanza, che siano determinanti al fine del riconoscimento dello status di rifugiato.

 

3. Entro tre giorni dalla data di presentazione della richiesta di riesame, il Presidente della Commissione territoriale chiede al Presidente della Commissione nazionale di provvedere all'integrazione della Commissione territoriale con un componente della Commissione nazionale.

 

4. La Commissione territoriale integrata può procedere ad una nuova audizione dell'interessato, ove richiesto dallo stesso o dal componente della Commissione nazionale. La Commissione decide con provvedimento motivato, comunicato all'interessato nelle quarantotto ore successive e contro cui è ammesso ricorso, nei quindici giorni successivi alla comunicazione, al tribunale territorialmente competente, che decide in composizione monocratica.

 

 

Art. 17.

Autorizzazione a permanere sul territorio nazionale in pendenza di ricorso giurisdizionale.

1. Il richiedente asilo che ha presentato ricorso al tribunale può chiedere al prefetto, competente ad adottare il provvedimento di espulsione, di essere autorizzato, ai sensi dell'articolo 1-ter, comma 6, del decreto, a permanere sul territorio nazionale fino alla data di decisione del ricorso. In tal caso il richiedente è trattenuto nel centro di permanenza temporanea ed assistenza, secondo le disposizioni di cui all'articolo 14 del testo unico.

 

2. La richiesta dell'autorizzazione a permanere deve essere presentata per iscritto ed adeguatamente motivata in relazione a fatti sopravvenuti, che comportino gravi e comprovati rischi per l'incolumità o la libertà personale, successivi alla decisione della Commissione territoriale ed a gravi motivi personali o di salute che richiedono la permanenza dello straniero sul territorio dello Stato. L'autorizzazione è concessa qualora sussista l'interesse a permanere sul territorio dello Stato ed il prefetto non rilevi il concreto pericolo che il periodo d'attesa della decisione del ricorso possa essere utilizzato dallo straniero per sottrarsi all'esecuzione del provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale.

 

3. La decisione del prefetto è adottata entro cinque giorni dalla presentazione in forma scritta e motivata ed è comunicata all'interessato nelle forme di cui all'articolo 4. In caso di accoglimento, il prefetto definisce con il provvedimento le modalità di permanenza sul territorio, anche disponendo il trattenimento dello straniero in un centro di identificazione o di accoglienza ed assistenza.

 

4. In caso di autorizzazione a permanere sul territorio dello Stato, il questore rilascia un permesso di soggiorno di durata non superiore a sessanta giorni, rinnovabile nel caso che il prefetto ritenga che persistono le condizioni che hanno consentito l'autorizzazione a permanere sul territorio nazionale.

 

 

Art. 18.

Commissione nazionale per il diritto di asilo.

1. La Commissione nazionale opera presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno.

 

2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta congiunta dei Ministri dell'interno e degli affari esteri, provvede, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, alla nomina della Commissione nazionale ed alla sua eventuale articolazione in più Sezioni.

 

 

Art. 19.

Funzioni della Commissione nazionale per il diritto d'asilo.

1. Ai sensi dell'articolo 1-quinquies, comma 2, del decreto, la Commissione nazionale, nell'àmbito delle funzioni attribuitele dalla legge provvede:

 

a) alla realizzazione di un centro di documentazione sulla situazione socio-politico-economica dei paesi di origine dei richiedenti asilo, sulla base delle informazioni raccolte e del suo continuo aggiornamento;

 

 

b) all'individuazione di linee guida per la valutazione delle domande di asilo, anche in relazione alla applicazione dell'articolo 5, comma 6, del testo unico;

 

 

c) alla collaborazione nelle materie di propria competenza con il Ministero degli affari esteri, ed in particolare con le Rappresentanze permanenti d'Italia presso le organizzazioni internazionali di rilievo nel settore dell'asilo e della protezione dei diritti umani;

 

 

d) alla collaborazione con gli analoghi organismi dei Paesi membri dell'Unione europea;

 

 

e) alla organizzazione di corsi di formazione e di aggiornamento per i componenti delle Commissioni territoriali;

 

 

f) alla costituzione e all'aggiornamento di una banca dati informatica contenente le informazioni utili al monitoraggio delle richieste d'asilo;

 

 

g) al monitoraggio dei flussi di richiedenti asilo, anche al fine di proporre, ove sia ritenuto necessario, l'istituzione di nuove Commissioni territoriali o di Commissioni territoriali straordinarie;

 

 

h) a fornire, ove necessario, informazioni al Presidente del Consiglio dei Ministri per l'eventuale adozione del provvedimento di cui all'articolo 20, comma 1, del testo unico.

 

 

Art. 20.

Cessazioni e revoche dello status di rifugiato.

1. Ai sensi dell'articolo 1-quinquies, comma 2, del decreto, i casi di cessazione o revoca dello status di rifugiato, di cui all'articolo 1 della Convenzione di Ginevra, debitamente istruiti dalle questure competenti per territorio, sono esaminati dalla Commissione nazionale.

 

2. La convocazione per l'audizione, ove ritenuta necessaria, deve essere notificata all'interessato tramite la questura competente per territorio. L'interessato può, per motivi di salute o per altri motivi debitamente certificati o documentati, chiedere di essere convocato in altra data; non può essere chiesto più di un rinvio. La Commissione decide entro trenta giorni dall'audizione.

 

3. La Commissione decide sulla base della documentazione in suo possesso nel caso in cui l'interessato non si presenti all'audizione senza avere presentato richiesta di rinvio.

 

 

Art. 21.

Norma transitoria.

1. Le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato pendenti presso la Commissione centrale alla data di entrata in vigore del presente regolamento sono decise, ai sensi dell'articolo 34, comma 3, della legge 30 luglio 2002, n. 189, secondo le norme del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136, da una speciale sezione della Commissione nazionale, da istituire ai sensi dell'articolo 18, comma 2 (3).

 

2. Salvo quanto previsto dal comma 3, le disposizioni del presente regolamento hanno effetto a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

3. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento si provvede alla nomina dei componenti delle Commissioni territoriali, ai sensi dell'articolo 12, e della Commissione nazionale, ai sensi dell'articolo 18. La Commissione nazionale, nei trenta giorni successivi alla nomina, organizza, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, lettera e), il primo corso di formazione per i componenti delle Commissioni territoriali e provvede, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, all'adozione delle linee guida di cui all'articolo 19, comma 1, lettera b).

 

 

 

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(3)  Vedi, anche, l'art. 13, O.P.C.M. 23 marzo 2006, n. 3506.


 

D.L. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con mod. L. 14 maggio 2005, n. 80.
Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.
(art. 1-ter)

 

(1) (2)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 marzo 2005, n. 62 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 14 maggio 2005, n. 80.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Nota 9 giugno 2005, n. 24;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Nota 19 maggio 2005, n. 5502; Circ. 8 luglio 2005, n. 87.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

 

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

 

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure atte a rilanciare lo sviluppo economico, sociale e territoriale;

 

Ritenuta, altresì, la straordinaria necessità ed urgenza di dotare l'ordinamento giuridico di adeguati strumenti coerenti con le determinazioni del Piano d'azione europeo, così da assicurare la crescita interna in misura corrispondente allo scenario europeo;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'11 marzo 2005;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Vicepresidenti del Consiglio dei Ministri e con i Ministri dell'interno, delle attività produttive, delle comunicazioni, delle politiche agricole e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio, delle infrastrutture e dei trasporti, del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per i beni e le attività culturali, per la funzione pubblica, per gli affari regionali e per l'innovazione e le tecnologie;

 

 

Emana il seguente decreto-legge:

 

(omissis)

Art. 1-ter.

Quote massime di lavoratori stranieri per esigenze di carattere stagionale.

1. In attesa della definizione delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, possono essere stabilite, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato per esigenze di carattere stagionale per i settori dell'agricoltura e del turismo, anche in misura superiore alle quote stabilite nell'anno precedente. Sono comunque fatti salvi i provvedimenti già adottati (20).

 

 

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(20)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 14 maggio 2005, n. 80.

 

 (omissis)


 

D.P.C.M. 30 ottobre 2007.
Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali, nel territorio dello Stato, per l'anno 2007.

 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 novembre 2007, n. 279.

 

 

IL PRESIDENTE

 

DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

 

 

Visto il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni ed integrazioni, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero;

 

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni ed integrazioni, Regolamento recante norme di attuazione del testo unico sull'immigrazione;

 

Visto, in particolare, l'art. 3 del testo unico sull'immigrazione, che dispone che la determinazione annuale delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato avviene sulla base dei criteri generali per la definizione dei flussi d'ingresso individuati nel Documento programmatico triennale, relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, e che prevede che, «in caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei Ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, nel limite delle quote stabilite per l'anno precedente»;

 

Considerato che il Documento programmatico per il triennio 2007-2009, ancorchè in fase di avanzata predisposizione, non è stato ancora emanato in quanto necessita dei conclusivi passaggi istruttori previsti dalla legge;

 

Ritenuta l'urgenza di definire, per le esigenze del mercato del lavoro italiano, la quota di lavoratori extracomunitari non stagionali da ammettere nel territorio dello Stato per l'anno 2007;

 

Visti i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 febbraio 2006 e 25 ottobre 2006, con i quali la quota complessiva massima dei lavoratori extracomunitari non stagionali ammessi in Italia per l'anno 2006 è stata determinata in 470.000 unità;

 

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 gennaio 2007, concernente la Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori stagionali extracomunitari e dei lavoratori formati all'estero nel territorio dello Stato per l'anno 2007;

 

Vista la relazione in data 12 ottobre 2007 del Gruppo Tecnico di lavoro istituito presso il Ministero dell'interno ai sensi dell'art. 2-bis del testo unico sull'immigrazione;

 

Visto l'art. 21 del testo unico sull'immigrazione, circa la previsione di quote riservate ai lavoratori di origine italiana, nonchè a favore di Paesi che collaborano nelle politiche di regolamentazione dei flussi di ingresso e nelle procedure di riammissione;

 

Tenuto conto delle necessità e delle esigenze dei settori produttivi nazionali che richiedono lavoratori stranieri anche in posizione dirigenziale o altamente qualificati, nonchè del fabbisogno di lavoratori autonomi, provenienti dall'estero, in particolari settori imprenditoriali, professionali e della ricerca;

 

 

Decreta:

 

Art. 1. 

1. In via di programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali nel territorio dello Stato per l'anno 2007, sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo, i cittadini stranieri non comunitari, entro una quota massima di 170.000 unità da ripartire tra le regioni e le province autonome a cura del Ministero della solidarietà sociale.

 

 

Art. 2. 

1. Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato non stagionale, 47.100 cittadini di Paesi che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere specifici accordi di cooperazione in materia migratoria, così ripartiti:

 

a) 4.500 cittadini albanesi;

 

b) 1.000 cittadini algerini;

 

c) 3.000 cittadini del Bangladesh;

 

d) 8.000 cittadini egiziani;

 

e) 5.000 cittadini filippini;

 

f) 1.000 cittadini ghanesi;

 

g) 4.500 cittadini marocchini;

 

h) 6.500 cittadini moldavi;

 

i) 1.500 cittadini nigeriani;

 

l) 1.000 cittadini pakistani;

 

m) 1.000 cittadini senegalesi;

 

n) 100 cittadini somali;

 

o) 3.500 cittadini dello Sri Lanka;

 

p) 4.000 cittadini tunisini;

 

q) 2.500 cittadini di altri Paesi non appartenenti all'Unione europea che concludano accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi di ingresso e delle procedure di riammissione.

 

 

Art. 3. 

1. Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, sono ammessi in Italia per motivi di lavoro subordinato non stagionale, i cittadini stranieri non comunitari residenti all'estero provenienti dai Paesi non elencati all'art. 2, entro una quota di 110.900 unità così ripartite:

 

a) 65.000 ingressi per motivi di lavoro domestico o di assistenza alla persona;

 

b) 14.200 ingressi per il settore edile;

 

c) 1.000 ingressi per dirigenti o personale altamente qualificato;

 

d) 500 ingressi per conducenti, muniti di patente europea, per il settore dell'autotrasporto e della movimentazione di merci;

 

e) 200 ingressi per il settore della pesca marittima;

 

f) 30.000 ingressi per i restanti settori produttivi.

 

 

Art. 4.

1. Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, è autorizzata la conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato di:

 

a) 3.000 permessi di soggiorno per studio;

 

b) 2.500 permessi di soggiorno per tirocinio;

 

c) 1.500 permessi di soggiorno per lavoro stagionale.

 

2. Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, è riservata una quota di 1.500 ingressi ai cittadini stranieri non comunitari residenti all'estero che abbiano completato i programmi di formazione e di istruzione nel Paese di origine ai sensi dell'art. 23 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. In caso di esaurimento della predetta quota, sono ammessi ulteriori ingressi sulla base di effettive richieste di lavoratori formati ai sensi del citato art. 23 e dell'art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.

 

 

Art. 5. 

1. Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, è consentito l'ingresso di 3.000 cittadini stranieri non comunitari residenti all'estero, per motivi di lavoro autonomo, appartenenti alle seguenti categorie: ricercatori, imprenditori che svolgono attività di interesse per l'economia italiana, liberi professionisti, soci e amministratori di società non cooperative, artisti di chiara fama internazionale e di alta qualificazione professionale ingaggiati da enti pubblici e privati.

 

2. All'interno della quota di cui al comma 1, sono ammesse, sino ad un massimo di 1.500 unità, le conversioni di permessi di soggiorno per motivi di studio e formazione professionale in permessi di soggiorno per lavoro autonomo.

 

 

Art. 6. 

1. Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, per l'anno 2007 sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo, entro una quota di 500 unità, lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea diretta di ascendenza, residenti in Argentina, Uruguay e Venezuela, che chiedano di essere inseriti in un apposito elenco, contenente le qualifiche professionali dei lavoratori stessi, costituito presso le rappresentanze diplomatiche o consolari italiane in Argentina, Uruguay e Venezuela.

 

 

Art. 7.

1. I termini per la presentazione delle domande ai sensi del presente decreto decorrono:

 

a) per i lavoratori provenienti dai Paesi indicati all'art. 2, dalle ore 8 del quindicesimo giorno successivo alla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana;

 

b) per i lavoratori provenienti dai Paesi diversi da quelli indicati all'art. 2:

 

1) dalle ore 8 del diciottesimo giorno successivo alla data di pubblicazione del presente decreto, per il settore del lavoro domestico e di assistenza alla persona;

 

2) dalle ore 8 del ventunesimo giorno successivo alla data di pubblicazione del presente decreto, per tutti i restanti settori.

 

2. Nel limite della quota complessiva di cui all'art. 1, sono ammesse le domande di nulla osta al lavoro presentate entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

 

Art. 8. 

1. Trascorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, qualora vengano rilevate quote significative non utilizzate, le quote stabilite nel presente decreto, ferma restando la quota massima di cui all'art. 1, possono essere diversamente ripartite sulla base delle effettive necessità riscontrate sul mercato del lavoro.

 


 

D.P.C.M. 8 novembre 2007.
Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali nel territorio dello Stato per l'anno 2008.

 

 

(1)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 3 gennaio 2008, n. 2.

 

 

IL PRESIDENTE

 

DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

 

 

Visto il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni ed integrazioni, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero;

 

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni ed integrazioni, regolamento recante norme di attuazione del testo unico sull'immigrazione;

 

Visto l'art. 3 del testo unico sull'immigrazione, il quale dispone che la determinazione annuale delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato avviene, entro il 30 novembre dell'anno precedente, sulla base dei criteri generali per la definizione dei flussi d'ingresso individuati nel Documento programmatico triennale, relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, e che «in caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei Ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, nel limite delle quote stabilite per l'anno precedente»;

 

Considerato che il Documento programmatico per il triennio 2007-2009, ancorchè in fase di avanzata predisposizione, non è stato ancora emanato in quanto necessita dei conclusivi passaggi istruttori previsti dalla legge;

 

Rilevato che è necessario definire la quota di lavoratori extracomunitari stagionali da ammettere in Italia per l'anno 2008, al fine di rendere disponibili sin dall'inizio dell'anno i lavoratori indispensabili per le particolari esigenze del settore turistico e per la raccolta dei prodotti agricoli e che, allo scopo, può provvedersi, in via transitoria, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, nel limite delle quote stabilite per l'anno 2007;

 

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 gennaio 2007, concernente la Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali nel territorio dello Stato per l'anno 2007, che prevede una quota complessiva di 80.000 lavoratori extracomunitari stagionali ammessi in Italia per l'anno 2007;

 

Vista la relazione in data 12 ottobre 2007 del Gruppo tecnico di lavoro istituito presso il Ministero dell'interno ai sensi dell'art. 2-bis del testo unico sull'immigrazione, nella quale viene confermato che il fabbisogno di manodopera extracomunitaria stagionale per l'anno 2008, come segnalato dalle associazioni datoriali, dai sindacati e dalle associazioni maggiormente attive nel campo dell'immigrazione, appositamente interpellate in seno al Gruppo tecnico, risulta essere analogo a quello dell'anno 2007;

 

 

Decreta:

 

 

Art. 1.

1. Come anticipazione delle quote massime di ingresso di lavoratori non comunitari per l'anno 2008, sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato stagionale, i cittadini stranieri non comunitari residenti all'estero entro una quota massima di 80.000 unità, da ripartire tra le regioni e le province autonome a cura del Ministero della solidarietà sociale.

 

2. La quota di cui al comma 1 riguarda:

 

a) i lavoratori subordinati stagionali non comunitari di Serbia, Montenegro, Bosnia-Herzegovina, ex Repubblica Yugoslava di Macedonia, Croazia, India, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka e Ucraina;

 

b) i lavoratori subordinati stagionali non comunitari dei seguenti Paesi che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere accordi di cooperazione in materia migratoria: Tunisia, Albania, Marocco, Moldavia ed Egitto;

 

c) i cittadini stranieri non comunitari titolari di permesso di soggiorno per lavoro subordinato stagionale negli anni 2005, 2006 o 2007.

 


 

D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251.
Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonchè norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.

 

(1)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 gennaio 2008, n. 3.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

 

Vista la direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonchè norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta;

 

Vista la legge 25 gennaio 2006, n. 29, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2005, ed in particolare l'articolo 1 e l'allegato B;

 

Visto il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 26 luglio 2007;

 

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati;

 

Considerato che le competenti Commissioni del Senato della Repubblica non hanno espresso il proprio parere nei termini previsti;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 9 novembre 2007;

 

Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze, della salute, del lavoro e della previdenza sociale, della solidarietà sociale, per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e per i diritti e le pari opportunità;

 

 

Emana

 

il seguente decreto legislativo:

 

 

Capo I - Disposizioni generali

 

Art. 1.

Finalità

1. Il presente decreto stabilisce le norme sull'attribuzione a cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea o ad apolidi, di seguito denominati: «stranieri», della qualifica di rifugiato o di protezione sussidiaria, nonchè norme sul contenuto degli status riconosciuti.

 

 

Art. 2.

Definizioni.

1. Ai fini del presente decreto s'intende per:

 

a) «protezione internazionale»: lo status di rifugiato e di protezione sussidiaria di cui alle lettere f) e h);

 

b) «Convenzione di Ginevra»: la Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, ratificata con legge 24 luglio 1954, n. 722, e modificata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967, ratificato con legge 14 febbraio 1970, n. 95;

 

c) «Carta delle Nazioni Unite»: Statuto delle Nazioni Unite, firmato a S. Francisco il 26 giugno 1945 e ratificato con legge 17 agosto 1957, n. 848;

 

d) «Convenzione sui diritti dell'Uomo»: la Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848;

 

e) «rifugiato»: cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese, oppure apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, ferme le cause di esclusione di cui all'articolo 10;

 

f) «status di rifugiato»: il riconoscimento da parte dello Stato di un cittadino straniero quale rifugiato;

 

g) «persona ammissibile alla protezione sussidiaria»: cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese;

 

h) «status di protezione sussidiaria»: il riconoscimento da parte dello Stato di uno straniero quale persona ammissibile alla protezione sussidiaria;

 

i) «domanda di protezione internazionale»: una domanda di protezione presentata secondo le procedure previste dal decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, e dal relativo regolamento di attuazione, adottato con decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, diretta ad ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria;

 

l) «familiari»: i seguenti soggetti appartenenti al nucleo familiare, già costituito prima dell'arrivo nel territorio nazionale, del beneficiario dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria, i quali si trovano nel territorio nazionale, in connessione alla domanda di protezione internazionale:

 

a) il coniuge del beneficiario dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria;

 

b) i figli minori del beneficiario dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria, a condizione che siano non sposati ed a suo carico. I figli minori naturali, adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli legittimi;

 

m) «minore non accompagnato»: lo straniero di età inferiore agli anni diciotto che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e di rappresentanza legale;

 

n) «Paese di origine»: il Paese o i Paesi di cui il richiedente è cittadino o, per un apolide, il Paese in cui aveva precedentemente la dimora abituale.

 

 

Capo II - Valutazione delle domande di protezione internazionale

 

Art. 3.

Esame dei fatti e delle circostanze.

1. Il richiedente è tenuto a presentare, unitamente alla domanda di protezione internazionale o comunque appena disponibili, tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la medesima domanda. L'esame è svolto in cooperazione con il richiedente e riguarda tutti gli elementi significativi della domanda.

 

2. Gli elementi di cui al comma 1 che il richiedente è tenuto a produrre comprendono le dichiarazioni e tutta la documentazione in possesso del richiedente in merito alla sua età, condizione sociale, anche dei congiunti, se rilevante ai fini del riconoscimento, identità, cittadinanza, paesi e luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, domande d'asilo pregresse, itinerari di viaggio, documenti di identità e di viaggio, nonchè i motivi della sua domanda di protezione internazionale.

 

3. L'esame della domanda di protezione internazionale è effettuato su base individuale e prevede la valutazione:

 

a) di tutti i fatti pertinenti che riguardano il Paese d'origine al momento dell'adozione della decisione in merito alla domanda, comprese, ove possibile, le disposizioni legislative e regolamentari del Paese d'origine e relative modalità di applicazione;

 

b) della dichiarazione e della documentazione pertinenti presentate dal richiedente, che deve anche rendere noto se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;

 

c) della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente, in particolare la condizione sociale, il sesso e l'età, al fine di valutare se, in base alle circostanze personali del richiedente, gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto si configurino come persecuzione o danno grave;

 

d) dell'eventualità che le attività svolte dal richiedente, dopo aver lasciato il Paese d'origine, abbiano mirato, esclusivamente o principalmente, a creare le condizioni necessarie alla presentazione di una domanda di protezione internazionale, al fine di stabilire se dette attività espongano il richiedente a persecuzione o danno grave in caso di rientro nel Paese;

 

e) dell'eventualità che, in considerazione della documentazione prodotta o raccolta o delle dichiarazioni rese o, comunque, sulla base di altre circostanze, si possa presumere che il richiedente potrebbe far ricorso alla protezione di un altro Paese, di cui potrebbe dichiararsi cittadino.

 

4. Il fatto che il richiedente abbia già subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di persecuzioni o danni costituisce un serio indizio della fondatezza del timore del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subire danni gravi, salvo che si individuino elementi o motivi per ritenere che le persecuzioni o i danni gravi non si ripeteranno e purchè non sussistono gravi motivi umanitari che impediscono il ritorno nel Paese di origine.

 

5. Qualora taluni elementi o aspetti delle dichiarazioni del richiedente la protezione internazionale non siano suffragati da prove, essi sono considerati veritieri se l'autorità competente a decidere sulla domanda ritiene che:

 

a) il richiedente ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda;

 

b) tutti gli elementi pertinenti in suo possesso sono stati prodotti ed è stata fornita una idonea motivazione dell'eventuale mancanza di altri elementi significativi;

 

c) le dichiarazioni del richiedente sono ritenute coerenti e plausibili e non sono in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone;

 

d) il richiedente ha presentato la domanda di protezione internazionale il prima possibile, a meno che egli non dimostri di aver avuto un giustificato motivo per ritardarla;

 

e) dai riscontri effettuati il richiedente è, in generale, attendibile.

 

 

Art. 4.

Bisogno di protezione internazionale sorto dopo aver lasciato il Paese d'origine.

1. La domanda di protezione internazionale può essere motivata da avvenimenti verificatisi dopo la partenza del richiedente dal suo Paese di origine ovvero da attività svolte dal richiedente dopo la sua partenza dal Paese d'origine, in particolare quando sia accertato che le attività addotte costituiscono l'espressione e la continuazione di convinzioni od orientamenti già manifestati nel Paese d'origine.

 

 

Art. 5.

Responsabili della persecuzione o del danno grave.

1. Ai fini della valutazione della domanda di protezione internazionale, i responsabili della persecuzione o del danno grave sono:

 

a) lo Stato;

 

b) i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio;

 

c) soggetti non statuali, se i responsabili di cui alle lettere a) e b), comprese le organizzazioni internazionali, non possono o non vogliono fornire protezione, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, contro persecuzioni o danni gravi.

 

 

Art. 6.

Soggetti che offrono protezione.

1. Ai fini dell'esame della domanda di protezione internazionale, è valutata la possibilità di protezione da parte:

 

a) dello Stato;

 

b) dei partiti o organizzazioni, comprese le organizzazioni internazionali, che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio.

 

2. La protezione di cui al comma 1 consiste nell'adozione di adeguate misure per impedire che possano essere inflitti atti persecutori o danni gravi, avvalendosi tra l'altro di un sistema giuridico effettivo che permetta di individuare, di perseguire penalmente e di punire gli atti che costituiscono persecuzione o danno grave, e nell'accesso da parte del richiedente a tali misure.

 

3. Per stabilire se un'organizzazione internazionale controlla uno Stato o una parte consistente del suo territorio e se fornisce protezione, ai sensi del comma 2, si tiene conto degli eventuali orientamenti contenuti negli atti emanati dal Consiglio dell'Unione europea e, ove ritenuto opportuno, delle valutazioni di altre competenti organizzazioni internazionali e in particolare dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.

 

 

Capo III - Stutus di rifugiato

 

Art. 7.

Atti di persecuzione.

1. Ai fini della valutazione del riconoscimento dello status di rifugiato, gli atti di persecuzione, ai sensi dell'articolo 1 A della Convenzione di Ginevra, devono alternativamente:

 

a) essere sufficientemente gravi, per loro natura o frequenza, da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali, in particolare dei diritti per cui qualsiasi deroga è esclusa, ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 2, della Convenzione sui diritti dell'Uomo;

 

b) costituire la somma di diverse misure, tra cui violazioni dei diritti umani, il cui impatto sia sufficientemente grave da esercitare sulla persona un effetto analogo a quello di cui alla lettera a).

 

2. Gli atti di persecuzione di cui al comma 1 possono, tra l'altro, assumere la forma di:

 

a) atti di violenza fisica o psichica, compresa la violenza sessuale;

 

b) provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia o giudiziari, discriminatori per loro stessa natura o attuati in modo discriminatorio;

 

c) azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie;

 

d) rifiuto di accesso ai mezzi di tutela giuridici e conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria;

 

e) azioni giudiziarie o sanzioni penali in conseguenza del rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto, quando questo potrebbe comportare la commissione di crimini, reati o atti che rientrano nelle clausole di esclusione di cui all'articolo 10, comma 2;

 

f) atti specificamente diretti contro un genere sessuale o contro l'infanzia.

 

 

 

Art. 8.

Motivi di persecuzione.

1. Al fine del riconoscimento dello status di rifugiato, gli atti di persecuzione di cui all'articolo 7 devono essere riconducibili ai motivi, di seguito definiti:

 

a) «razza»: si riferisce, in particolare, a considerazioni inerenti al colore della pelle, alla discendenza o all'appartenenza ad un determinato gruppo etnico;

 

b) «religione»: include, in particolare, le convinzioni teiste, non teiste e ateiste, la partecipazione a, o l'astensione da, riti di culto celebrati in privato o in pubblico, sia singolarmente sia in comunità, altri atti religiosi o professioni di fede, nonchè le forme di comportamento personale o sociale fondate su un credo religioso o da esso prescritte;

 

c) «nazionalità»: non si riferisce esclusivamente alla cittadinanza, o all'assenza di cittadinanza, ma designa, in particolare, l'appartenenza ad un gruppo caratterizzato da un'identità culturale, etnica o linguistica, comuni origini geografiche o politiche o la sua affinità con la popolazione di un altro Stato;

 

d) «particolare gruppo sociale»: è quello costituito da membri che condividono una caratteristica innata o una storia comune, che non può essere mutata oppure condividono una caratteristica o una fede che è così fondamentale per l'identità o la coscienza che una persona non dovrebbe essere costretta a rinunciarvi, ovvero quello che possiede un'identità distinta nel Paese di origine, perchè vi è percepito come diverso dalla società circostante. In funzione della situazione nel Paese d'origine, un particolare gruppo sociale può essere individuato in base alla caratteristica comune dell'orientamento sessuale, fermo restando che tale orientamento non includa atti penalmente rilevanti ai sensi della legislazione italiana;

 

e) «opinione politica»: si riferisce, in particolare, alla professione di un'opinione, un pensiero o una convinzione su una questione inerente ai potenziali persecutori di cui all'articolo 5 e alle loro politiche o ai loro metodi, indipendentemente dal fatto che il richiedente abbia tradotto tale opinione, pensiero o convinzione in atti concreti.

 

2. Nell'esaminare se un richiedente abbia un timore fondato di essere perseguitato, è irrilevante che il richiedente possegga effettivamente le caratteristiche razziali, religiose, nazionali, sociali o politiche che provocano gli atti di persecuzione, purchè una siffatta caratteristica gli venga attribuita dall'autore delle persecuzioni.

 

 

Art. 9.

Cessazione.

1. Uno straniero cessa di essere rifugiato quando:

 

a) si sia volontariamente avvalso di nuovo della protezione del Paese di cui ha la cittadinanza;

 

b) avendo perso la cittadinanza, l'abbia volontariamente riacquistata;

 

c) abbia acquistato la cittadinanza italiana ovvero altra cittadinanza e goda della protezione del Paese di cui ha acquistato la cittadinanza;

 

d) si sia volontariamente ristabilito nel Paese che ha lasciato o in cui non ha fatto ritorno per timore di essere perseguitato;

 

e) non possa più rinunciare alla protezione del Paese di cui ha la cittadinanza, perchè sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato;

 

f) se trattasi di un apolide, sia in grado di tornare nel Paese nel quale aveva la dimora abituale, perchè sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato.

 

2. Per l'applicazione delle lettere e) ed f) del comma 1, il cambiamento delle circostanze deve avere una natura non temporanea e tale da eliminare il fondato timore di persecuzioni e non devono sussistere gravi motivi umanitari che impediscono il ritorno nel Paese di origine.

 

3. La cessazione è dichiarata sulla base di una valutazione individuale della situazione personale dello straniero.

 

 

Art. 10.

Esclusione.

1. Lo straniero è escluso dallo status di rifugiato se rientra nel campo d'applicazione dell'articolo 1 D della Convenzione di Ginevra, relativo alla protezione o assistenza di un organo o di un'agenzia delle Nazioni Unite diversi dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Quando tale protezione o assistenza cessa per qualsiasi motivo, senza che la posizione di tali stranieri sia stata definitivamente stabilita in conformità delle pertinenti risoluzioni adottate dall'assemblea generale delle Nazioni Unite, essi hanno pieno accesso alle forme di protezione previste dal presente decreto.

 

2. Lo straniero è altresì escluso dallo status di rifugiato ove sussistono fondati motivi per ritenere:

 

a) che abbia commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità, quali definiti dagli strumenti internazionali relativi a tali crimini;

 

b) che abbia commesso al di fuori del territorio italiano, prima del rilascio del permesso di soggiorno in qualità di rifugiato, un reato grave ovvero che abbia commesso atti particolarmente crudeli, anche se perpetrati con un dichiarato obiettivo politico, che possano essere classificati quali reati gravi. La gravità del reato è valutata anche tenendo conto della pena prevista dalla legge italiana per il reato non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni;

 

c) che si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite, quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della Carta delle Nazioni Unite.

 

3. Il comma 2 si applica anche alle persone che istigano o altrimenti concorrono alla commissione dei crimini, reati o atti in esso previsti.

 

 

Art. 11.

Riconoscimento dello status di rifugiato.

1. La domanda di protezione internazionale ha come esito il riconoscimento dello status di rifugiato quando la relativa domanda è valutata positivamente in relazione a quanto stabilito negli articoli 3, 4, 5 e 6, in presenza dei presupposti di cui agli articoli 7 e 8, salvo che non sussistano le cause di cessazione e di esclusione di cui agli articoli 9 e 10.

 

 

Art. 12.

Diniego dello status di rifugiato.

1. Sulla base di una valutazione individuale, lo status di rifugiato non è riconosciuto quando:

 

a) in conformità a quanto stabilito dagli articoli 3, 4, 5 e 6 non sussistono i presupposti di cui agli articoli 7 e 8 ovvero sussistono le cause di esclusione di cui all'articolo 10;

 

b) sussistono fondati motivi per ritenere che lo straniero costituisce un pericolo per la sicurezza dello Stato;

 

c) lo straniero costituisce un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica, essendo stato condannato con sentenza definitiva per i reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale.

 

 

Art. 13.

Revoca dello status di rifugiato.

1. Fatto salvo l'obbligo del rifugiato di rivelare tutti i fatti pertinenti e di produrre tutta la pertinente documentazione in suo possesso, la revoca dello status di rifugiato di uno straniero è adottata su base individuale, qualora, successivamente al riconoscimento dello status di rifugiato, è accertato che:

 

a) sussistono le condizioni di cui all'articolo 12;

 

b) il riconoscimento dello status di rifugiato è stato determinato, in modo esclusivo, da fatti presentati in modo erroneo o dalla loro omissione, o dal ricorso ad una falsa documentazione dei medesimi fatti.

 

 

Capo IV - Protezione sussidiaria

 

Art. 14.

Danno grave.

1. Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, sono considerati danni gravi:

 

a) la condanna a morte o all'esecuzione della pena di morte;

 

b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine;

 

c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

 

 

Art. 15.

Cessazione.

1. La cessazione dello status di protezione sussidiaria è dichiarata su base individuale quando le circostanze che hanno indotto al riconoscimento sono venute meno o sono mutate in misura tale che la protezione non è più necessaria.

 

2. Per produrre gli effetti di cui al comma 1, è necessario che le mutate circostanze abbiano natura così significativa e non temporanea che la persona ammessa al beneficio della protezione sussidiaria non sia più esposta al rischio effettivo di danno grave di cui all'articolo 14 e non devono sussistere gravi motivi umanitari che impediscono il ritorno nel Paese di origine.

 

 

Art. 16.

Esclusione.

1. Lo status di protezione sussidiaria è escluso quando sussistono fondati motivi per ritenere che lo straniero:

 

a) abbia commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità, quali definiti dagli strumenti internazionali relativi a tali crimini;

 

b) abbia commesso, nel territorio nazionale o all'estero, un reato grave. La gravità del reato è valutata anche tenendo conto della pena, non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni, prevista dalla legge italiana per il reato;

 

c) si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite, quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della Carta delle Nazioni Unite;

 

d) costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato o per l'ordine e la sicurezza pubblica.

 

2. Il comma 1 si applica anche alle persone che istigano o altrimenti concorrono alla commissione dei crimini, reati o atti in esso menzionati.

 

 

Art. 17.

Riconoscimento dello status di protezione sussidiaria.

1. La domanda di protezione internazionale ha come esito il riconoscimento dello status di protezione sussidiaria, in conformità a quanto stabilito dagli articoli 3, 4, 5 e 6, se ricorrono i presupposti di cui all'articolo 14 e non sussistono le cause di cessazione e di esclusione di cui agli articoli 15 e 16.

 

 

Art. 18.

Revoca dello status di protezione sussidiaria.

1. La revoca dello status di protezione sussidiaria di uno straniero è adottata se, successivamente al riconoscimento dello status, è accertato che:

 

a) sussistono le cause di esclusione di cui all'articolo 16;

 

b) il riconoscimento dello status di protezione sussidiaria è stato determinato, in modo esclusivo, da fatti presentati in modo erroneo o dalla loro omissione, o dal ricorso ad una falsa documentazione dei medesimi fatti.

 

 

Capo V - Contenuto della protezione internazionale

 

Art. 19.

Disposizioni generali.

1. Le disposizioni del presente decreto non pregiudicano i diritti stabiliti dalla Convenzione di Ginevra.

 

2. Nell'attuazione delle disposizioni del presente capo, si tiene conto, sulla base di una valutazione individuale, della specifica situazione delle persone vulnerabili, quali i minori, i disabili, gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale.

 

 

Art. 20.

Protezione dall'espulsione.

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 19, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il rifugiato o lo straniero ammesso alla protezione sussidiaria è espulso quando:

 

a) sussistono motivi per ritenere che rappresenti un pericolo per la sicurezza dello Stato;

 

b) rappresenta un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica, essendo stato condannato con sentenza definitiva per un reato per il quale è prevista la pena della reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni.

 

 

Art. 21.

Informazioni.

1. Unitamente alla decisione che riconosce la protezione internazionale è consegnato allo straniero interessato un opuscolo contenente informazioni sui diritti e gli obblighi connessi allo status di protezione riconosciuto, redatto in una lingua che si presume a lui comprensibile o comunque in lingua inglese, francese, spagnola o araba.

 

2. Per garantire la più ampia informazione sui diritti e doveri degli status riconosciuti, in sede di audizione del richiedente lo status di protezione internazionale è comunque fornita una informazione preliminare sui medesimi diritti e doveri.

 

 

Art. 22.

Mantenimento del nucleo familiare.

1. È tutelata l'unità del nucleo familiare dei beneficiari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria.

 

2. I familiari che non hanno individualmente diritto allo status di protezione internazionale hanno i medesimi diritti riconosciuti al familiare titolare dello status.

 

3. Ai familiari del titolare dello status di protezione sussidiaria presenti sul territorio nazionale che individualmente non hanno diritto a tale status è rilasciato il permesso di soggiorno per motivi familiari ai sensi dell'articolo 30 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

 

4. Lo straniero ammesso alla protezione sussidiaria ha diritto al ricongiungimento familiare ai sensi e alle condizioni previste dall'articolo 29 del citato decreto legislativo n. 286 del 1998. Si applica l'articolo 29-bis, comma 2, del medesimo decreto legislativo n. 286 del 1998.

 

5. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano ai familiari che sono o sarebbero esclusi dallo status di rifugiato o dalla protezione sussidiaria ai sensi degli articoli 10, 12 e 16.

 

 

Art. 23.

Permesso di soggiorno.

1. Il permesso di soggiorno per asilo rilasciato ai titolari dello status di rifugiato ha validità quinquennale ed è rinnovabile.

 

2. Ai titolari dello status di protezione sussidiaria è rilasciato un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria con validità triennale rinnovabile previa verifica della permanenza delle condizioni che hanno consentito il riconoscimento della protezione sussidiaria. Tale permesso di soggiorno consente l'accesso al lavoro e allo studio ed è convertibile per motivi di lavoro, sussistendone i requisiti.

 

 

Art. 24.

Documenti di viaggio.

1. Per consentire i viaggi al di fuori del territorio nazionale, la competente questura rilascia ai titolari dello status di rifugiato un documento di viaggio di validità quinquennale rinnovabile secondo il modello allegato alla Convenzione di Ginevra.

 

2. Quando sussistono fondate ragioni che non consentono al titolare dello status di protezione sussidiaria di chiedere il passaporto alle autorità diplomatiche del Paese di cittadinanza, la questura competente rilascia allo straniero interessato il titolo di viaggio per stranieri. Qualora sussistano ragionevoli motivi per dubitare dell'identità del titolare della protezione sussidiaria, il documento è rifiutato o ritirato.

 

3. Il rilascio dei documenti di cui ai commi 1 e 2 è rifiutato ovvero, nel caso di rilascio, il documento è ritirato se sussistono gravissimi motivi attinenti la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico che ne impediscono il rilascio.

 

 

Art. 25.

Accesso all'occupazione.

1. I titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria hanno diritto di godere del medesimo trattamento previsto per il cittadino italiano in materia di lavoro subordinato, lavoro autonomo, per l'iscrizione agli albi professionali, per la formazione professionale e per il tirocinio sul luogo di lavoro.

 

2. È consentito al titolare dello status di rifugiato l'accesso al pubblico impiego, con le modalità e le limitazioni previste per i cittadini dell'Unione europea.

 

 

Art. 26.

Accesso all'istruzione.

1. I minori titolari dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria hanno accesso agli studi di ogni ordine e grado, secondo le modalità previste per il cittadino italiano.

 

2. I maggiorenni, titolari dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria, hanno diritto di accedere al sistema di istruzione generale e di aggiornamento e perfezionamento professionale nei limiti e nei modi stabiliti per gli stranieri regolarmente soggiornanti.

 

3. Si applicano ai titolari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria le disposizioni concernenti il riconoscimento di diplomi, certificati ed altri titoli stranieri per i cittadini italiani.

 

 

Art. 27.

Assistenza sanitaria e sociale.

1. I titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria hanno diritto al medesimo trattamento riconosciuto al cittadino italiano in materia di assistenza sociale e sanitaria.

 

 

Art. 28.

Minori non accompagnati.

1. Quando è accertata la presenza sul territorio nazionale di minori non accompagnati richiedenti la protezione internazionale si applicano gli articoli 343, e seguenti, del codice civile. Nelle more dell'adozione dei provvedimenti conseguenti, il minore che abbia espresso la volontà di richiedere la protezione internazionale può anche beneficiare dei servizi erogati dall'ente locale nell'ambito del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, nell'ambito delle risorse del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, di cui all'articolo 1-septies del citato decreto-legge n. 416 del 30 dicembre 1989.

 

2. Ferma la possibilità di beneficiare degli specifici programmi di accoglienza, riservati a categorie di soggetti vulnerabili ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140, il minore non accompagnato richiedente la protezione internazionale è affidato dalla competente autorità giudiziaria a un familiare, adulto e regolarmente soggiornante, qualora questi sia stato rintracciato sul territorio nazionale; ove non sia possibile, si provvede ai sensi dell'articolo 2, commi 1 e 2, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni. I provvedimenti di cui al presente comma sono adottati nell'interesse prevalente del minore, avendo comunque cura di non separare il medesimo dai fratelli, eventualmente presenti sul territorio nazionale, e di limitarne al minimo gli spostamenti sul territorio stesso.

 

3. Le iniziative per l'individuazione dei familiari del minore non accompagnato, titolare dello status di protezione internazionale, sono assunte nell'ambito delle convenzioni di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140, da stipulare anche con organismi o associazioni umanitarie a carattere nazionale o internazionale. I relativi programmi sono attuati nel superiore interesse del minore e con l'obbligo della assoluta riservatezza in modo da tutelare la sicurezza del titolare della protezione internazionale e dei suoi familiari.

 

 

Art. 29.

Libera circolazione, integrazione e alloggio.

1. Fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 6, comma 6, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, i titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria possono circolare liberamente sul territorio nazionale.

 

2. Oltre quanto previsto dall'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, e dall'articolo 5 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140, nell'attuazione delle misure previste all'articolo 42 del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, si tiene anche conto delle esigenze relative all'integrazione dei titolari della protezione internazionale ed in particolare dei rifugiati.

 

3. L'accesso all'alloggio è consentito ai titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria secondo quanto disposto dall'articolo 40, comma 6, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998.

 

 

Art. 30.

Rimpatrio.

1. L'assistenza al rimpatrio volontario dei titolari della protezione internazionale è disposta nell'ambito dei programmi attuati ai sensi dell'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 febbraio 1990, n. 39, nei limiti dei relativi finanziamenti.

 

 

Capo VI - Disposizioni finali

 

Art. 31.

Punto di contatto.

1. Il Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, in qualità di punto di contatto, adotta, nel limite delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili sulla base della legislazione vigente, ogni misura idonea ad instaurare una cooperazione diretta e lo scambio di informazioni ai fini dell'applicazione del presente decreto con i competenti uffici degli Stati membri dell'Unione europea.

 

 

Art. 32.

Personale.

1. Il personale componente delle Commissioni territoriali che provvede all'applicazione delle norme del presente decreto riceve una formazione di base per l'attuazione della disciplina secondo gli ordinamenti degli uffici e dei servizi in cui espleta la propria attività ed è soggetto all'obbligo di riservatezza in ordine alle informazioni sui rifugiati e sui titolari della protezione sussidiaria che apprende sulla base della attività svolta.

 

 

Art. 33.

Norma finanziaria.

1. Per le finalità di cui all'articolo 21 è autorizzata la spesa di euro 50.000 per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

 

2. Gli oneri di cui agli articoli 22 e 27 sono valutati in euro 2.031.510 per l'anno 2007, in euro 11.901.820 per l'anno 2008, in euro 15.677.600 per l'anno 2009, in euro 19.453.380 per l'anno 2010 e in euro 23.229.160 a decorrere dal 2011.

 

3. All'onere derivante dall'applicazione del presente decreto, valutato in euro 2.081.510 per l'anno 2007, in euro 11.951.820 per l'anno 2008 ed in euro 23.229.160 a decorrere dall'anno 2009, si provvede a decorrere dall'anno 2007 mediante utilizzo delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, che, a tale fine, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e rassegnate ai pertinenti stati di previsione per essere destinate alle finalità di cui al presente decreto.

 

4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

5. Il Ministero dell'interno, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, il Ministero della salute e il Ministero della solidarietà sociale provvedono al monitoraggio degli oneri di cui al comma 2 del presente articolo, informando tempestivamente il Ministro dell'economia e delle finanze, ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, ovvero delle misure correttive da assumere, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater) della medesima legge. Gli eventuali decreti adottati, ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al presente comma, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

 

 

Art. 34.

Disposizioni transitorie e finali.

1. Le lettere c) e d) del comma 4 dell'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, sono soppresse.

 

2. Fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, le norme del presente decreto si applicano secondo le procedure di cui al decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, e al relativo regolamento di attuazione adottato con decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303.

 

3. Al comma 4, primo periodo, dell'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, per soggetto destinatario dei servizi di accoglienza di cui al comma 1 del medesimo articolo si intende anche lo straniero con permesso di protezione sussidiaria di cui al presente decreto.

 

4. Allo straniero con permesso di soggiorno umanitario di cui all'articolo 5, comma 6, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, rilasciato dalla questura su richiesta dell'organo di esame della istanza di riconoscimento dello status di rifugiato, prima dell'entrata in vigore del presente decreto, è rilasciato al momento del rinnovo il permesso per protezione sussidiaria di cui al presente decreto.

 

5. Ai titolari del permesso di soggiorno umanitario di cui al comma 4 sono riconosciuti i medesimi diritti stabiliti dal presente decreto a favore dei titolari dello status di protezione sussidiaria.

 

 

 


Documentazione allegata

 


 

 

 

 

 

 

 

 



[1]     L. 6 marzo 1998, n. 40, Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[2]     D.Lgs. 25 luglio 1986, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[3]     L. 30 luglio 2002, n. 189, Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.

[4]     A.C. 2976, all’esame della I Commissione (Affari costituzionali) insieme a diversi progetti di legge di iniziativa parlamentare.

[5]     D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato, convertito, con modificazioni, con L. 28 febbraio 1990, n. 39.

[6]     D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.

[7]     Tale clausola è stata aggiunta dalla L. 189/2002, art. 3, co. 1.

[8]     D.P.R. 6 febbraio 2004, n. 100, Regolamento recante modalità di coordinamento delle attività del gruppo tecnico presso il Ministero dell'interno con la apposita struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di immigrazione.

[9]     DPCM 19 maggio 2004, Modifica al D.P.C.M. 23 luglio 2002, riguardante l'ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[10]    Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 215 del 15 settembre 1998, Suppl. Ordinario n. 158.

[11]    Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 16 maggio 2001, Suppl. Ordinario n. 119.

[12]    Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 169 del 22 luglio 2005, Suppl. Ordinario n. 128.

[13]   Relazione sui risultati conseguiti attraverso provvedimenti attuativi del documento programmatico riferito al triennio 1998-2000 relativo alla politica dell’immigrazione degli stranieri nel territorio dello Stato, (articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), presentata dal Ministro dell’interno, trasmessa il 24 marzo 2000 (doc. CLVII, n. 1).

[14]    La relazione, curata dalla Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere del Ministero dell’interno, è allegata alla Relazione al Parlamento sull’attività delle Forze di Polizia, sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata, trasmessa alle Camere il 3 agosto 2007 (doc. CCXII, n. 1).

[15]    L’introduzione di un termine per l’emanazione del decreto, in origine non previsto, è stata introdotta ad opera della L. 189/2002.

[16]    D.L. 14 marzo 2005, n. 35 (conv. L. 14 maggio 2005, n. 80) Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.

[17]    www.interno.it.

[18]    Commissione per le verifiche e le strategie dei centri per gli immigrati, Rapporto conclusivo, 31 gennaio 2007, p. 10-11.

[19]    Ivi, p. 12.

[20]    Dossier statistico immigrazione 2006 della Caritas, pag. 94-95.

[21]    La nuova disciplina prevede, tra l’altro, che, al momento della richiesta del permesso di soggiorno o del rinnovo dello stesso, allo straniero siano rilevate le impronte digitali.

[22]    D.L. 14 settembre 2004, n. 241, Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 novembre 2004, n. 271.

[23]    Art. 12 del testo unico in materia di immigrazione.

[24]    L. 11 agosto 2003, n. 228, Misure contro la tratta di persone. Si veda anche il regolamento di attuazione adottato con il D.P.R. 19 settembre 2005, n. 237, Regolamento di attuazione dell'articolo 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228, recante misure contro la tratta di persone.

[25]    D.L. 27 luglio 2005, n. 144 (conv. in L. 31 luglio 2005, n. 155), Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, art. 2.

[26]    Art. 18 del testo unico in materia di immigrazione.

[27]    E’ in corso alla Camera l’esame di una serie di progetti di legge (di cui uno del Governo) di riforma della disciplina sulla cittadinanza, volti in genere ad agevolare l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte degli stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro Paese. Tra le misure principali del disegno di legge del Governo (A.C. 1607) l’abbassamento da dieci a cinque anni del periodo minimo di presenza legale in Italia richiesto ai fini della concessione della cittadinanza per naturalizzazione.

[28]    Agli stranieri provenienti da Paesi membri dell’Unione europea è consentito esercitare il diritto di voto nelle elezioni del Parlamento europeo (legge 9/1989) e nelle elezioni amministrative (D.Lgs. 197/1996).

[29]    A.C. 2976, Disegno di legge delega al Governo per la modifica della disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero.

[30]    D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, Disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari ed internazionali (convertito dalla L. 6 aprile 2007, n. 469).

[31]    D.Lgs. 25 gennaio 2007, n. 24, Attuazione della direttiva 2003/110/CE, relativa all'assistenza durante il transito nell'ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea.

[32]    D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3, Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo.

[33]    D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5,  Attuazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento familiare

[34]    A.C. 1857, Disposizioni in materia di contrasto al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e modifiche al codice di procedura penale, all’esame della II Commissione (Giustizia) della Camera.

[35]    Il disegno di legge, approvato dal Senato (A.S. 1201), è in corso di esame da parte della II Commissione (Giustizia) della Camera (A.C. 2784).

[36]    A.C. 1936 e 1937, Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché al codice penale e al codice di procedura penale, all’esame delle Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) della Camera.

[37]    A.C. 36 e 134.

[38]    Commissione per le verifiche e le strategie dei centri per gli immigrati, Rapporto conclusivo, 31 gennaio 2007, p. 25.

[39]    Il programma dell’Aja, adottato dal Consiglio europeo il 5 novembre 2004 contiene la strategia politica per il rafforzamentodello spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea per il periodo 2005-2010. Il programma dell’Aja fa seguito al precedente programma di Tampere, approvato dal Consiglio europeo nel 1999, con il quale si è data attuazione alle disposizioni del trattato di Amsterdam relative alla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell'Unione europea.

[40]    COM(2006)735. La comunicazione è stata esaminata dal Consiglio nella riunione del 4 dicembre 2006.

[41]    COM(2006)402, vedi infra.

[42]    A questo proposito vedi infra, paragrafo Politiche in materia di asilo e protezione internazionale.

[43]    Comunicazione “Rafforzare la lotta contro il lavoro sommerso”,(COM(2007)628) presentata dalla Commissione il 24 ottobre 2007.

[44]    La risoluzione si basa, tra l’altro, sulla  la comunicazione della Commissione del 12 ottobre 2005 su una strategia relativa alla dimensione esterna dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (COM(2005)491), e la relazione di attività della Commissione sull'attuazione di tale strategia (SEC(2006)1498).

[45]    Si ricorda che il 6 dicembre 2007 il Consiglio ha adottato la decisione 2007/801/CE/sulla piena applicazione delle disposizioni dell’acquis di Schengen ai paesi entrati a far parte dell’Unione europea nel 2004 (Cipro esclusa). In base alla decisione, il 21 dicembre 2007 sono pertanto stati aboliti i controlli alle frontiere interne marittime e terrestri di: Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Malta. I controlli alle frontiere aeree dovranno essere eliminati a partire dal 30 marzo 2008.

[46]    Vedi paragrafo precedente.

[47]    Vedi infra, paragrafo Politica in materia di asilo e protezione internazionale.

[48]A questo proposito, il 24 maggio 2007, l’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne (Frontex) ha lanciato il progetto “Rete di pattuglie europea(EPN)” (vedi infra).

[49]La comunicazione della Commissione (COM(2005)123-1), istitutiva del programma quadro Solidarietà e gestione dei flussi migratori, è stata favorevolmente accolta dal Parlamento europeo con una risoluzione il 24 ottobre 2006.

[50]L’approccio globale in materia di migrazione è stato adottato dal Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005 (vedi supra).

[51]Inaugurata dalla Commissione con la comunicazione COM(2003)104 presentata l’11 marzo 2003, la politica europea di vicinato si rivolge ai nuovi Stati indipendenti ( Bielorussia, Moldova, Ucraina), ai paesi del Mediterraneo meridionale e, a seguito della decisione del Consiglio del 14 giugno 2004, anche agli Stati del Caucaso, con l’obiettivodi creare una zona di prosperità condivisa e buon vicinato. La politica europea di vicinato, nettamente distinta dalla questione della potenziale adesione all’UE, propone un nuovo approccio nei confronti dei paesi interessati: in cambio dei progressi concreti compiuti in termini di riconoscimento dei valori comuni e di attuazione effettiva di riforme politiche, economiche e istituzionali, si riconosce loro una partecipazione al mercato interno dell’UE, nonché un’ulteriore integrazione e liberalizzazione per favorire la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali. Una delle componenti principali della politica europea di vicinato è rappresentata dai piani d’azione, che vengono concordati dall’Unione europea con ciascuno dei paesi interessati. Tali piani d’azione, differenziati, per riflettere lo stato delle relazioni con ciascun paese, le sue necessità e capacità, nonché gli interessi comuni, definiscono il percorso da seguire nei prossimi 3-5 anni.

[52]Nella Comunicazione ”Approccio globale in materia di migrazione un anno dopo” si utilizzava, per queste forme di cooperazione , l’espressione “pacchetti di mobilità”. (Vedi supra).

[53]COM(2005)669. Vedi paragrafo seguente.

[54]Vedi infra, paragrafo Immigrazione legale e integrazione.

[55]Vedi anche paragrafo Procedure di contenzioso.

[56]Si ricorda che nell’ottobre 2006 si è svolto a Rotterdam il primo Forum europeo per l’Integrazione. La seconda edizione ha avuto luogo a Milano nel mese di ottobre 2007.

[57]Il Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003 ha stabilito la pubblicazione di relazioni annuali che descrivano le misure prese a livello nazionale e comunitario in materia di ammissione ed integrazione dei cittadini di paesi terzi e analizzino i cambiamenti intercorsi La prima relazione annuale COM(2004)508 è stata pubblicata nel luglio 2004, la seconda SEC(2006)892 nel giugno 2006.

[58]Il Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2006 ha ribadito la validità degli obiettivi del programma dell’Aja in materia di regime europeo comune in materia di asilo (vedi supra).

[59]Regolamento del Consiglio (CE) n. 343/2003 del 18 Febbraio 2003 (Regolamento di Dublino II) e relativo regolamento di attuazione (Regolamento della Commissione (CE) n.1560/2003 del 2 settembre 2003), e regolamento (CE) n. 2725/2000 dell’ 11 Dicembre 2000, concernente l’istituzione del sistema “EURODAC” per il confronto delle impronte digitali per un efficace applicazione della convenzione di Dublino (Regolamento Eurodac) e relativo regolamento di attuazione (Regolamento del Consiglio (CE) n. 407/2002 del 28 febbraio 2002).

[60]A partire dal 21 febbraio 2006 il sistema è stato esteso anche alla Danimarca, che inizialmente non aveva aderito. L’ambito territoriale del sistema è stato recentemente esteso anche alla Svizzera, attraverso un accordo internazionale, attualmente applicato in forma provvisoria.

[61]Convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle comunità europee - Convenzione di Dublino, pubblicata in GU C 254 del 19 agosto 1997.

[62]A questo proposito, il 26 novembre 2007, la Commissione ha pubblicato una relazione per valutare l’attuazione della direttiva sulle condizioni di accoglienza (COM(2007)745) vedi infra.

[63]Dal settembre 2003 al dicembre 2005, EURODAC ha rilevato che il 12% circa delle richieste di asilo erano state presentate da persone che avevano già presentato una richiesta simile in un altro stato membro.

[64]    Vedi supra, paragrafo La politica migratoria nei programmi delle istituzioni dell’UE.

[65]Sul regolamento di Dublino II vedi paragrafo Asilo e protezione internazionale, in nota.

[66]    La proposta segue la procedura di codecisione ed è in attesa di definitiva adozione da parte del Consiglio.

[67]L’iter di approvazione della proposta, secondo la procedura di consultazione, si è concluso il 12 giugno 2007: Si attende la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

[68]Nell’ambito di un progetto pilota in questo settore, il 25 aprile 2007 è stato inaugurato in Moldova il primo centro comune per la presentazione delle domande di visto. Il centro è ospitato nell’ambasciata d’Ungheria di Chisinau. All’iniziativa hanno aderito Austria, Slovenia e Lettonia. L’Estonia e la Danimarca parteciperanno in un secondo momento.

[69]La proposta fa parte di un “pacchetto” di iniziative che mira ad accrescere la solidarietà fra gli Stati membri, in particolare per quanto riguarda la gestione delle frontiere, a combattere con maggior vigore l’immigrazione clandestina e a stabilire un’efficiente e coerente politica comunitaria dei visti. Oltre alla proposta in questione, il pacchetto comprende la comunicazione (COM(2006)402), riguardante le priorità politiche nella lotta contro l’immigrazione clandestina di cittadini di paesi terzi, e la proposta di regolamento (COM(2006)401) relativa ai poteri e al finanziamento di squadre di rapido intervento alle frontiere, definitivamente adottato dal Consiglio il 12 giugno 2007.(vedi infra).

[70]COM(2005)391.

[71]Oltre alla comunicazione  e alla proposta di direttiva, il pacchetto di misure presentato dalla Commissione il 19 luglio 2006 comprendeva anche la proposta di regolamento (COM(2006)401), relativo alle squadre di rapido intervento, definitivamente approvata il 12 giugno 2007 (vedi infra).

[72]Per le due comunicazioni che, insieme alla proposta di direttiva, costituiscono il “pacchetto” di misure presentato dalla Commissione il 16 maggio 2007, vedi supra, paragrafo “L’approccio globale in materia di migrazione: recenti iniziative della Commissione”.

[73]    A questo proposito si segnala che il 24 ottobre 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2007)628) sul rafforzamento della lotta contro il lavoro non dichiarato.

[74]COM(2006)733.

[75]L’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX) è stata istituita con il regolamento (CE) n. 2007/2004 del 26 ottobre 2004. L’Agenzia ha il compito di:

§          coordinare la cooperazione operativa tra gli Stati membri in materia di gestione delle frontiere esterne;

§          assistere gli Stati membri nella formazione di guardie nazionali di confine, anche elaborando norme comuni in materia di formazione;

§          preparare analisi dei rischi;

§          seguire l’evoluzione delle ricerche in materia di controllo e sorveglianza delle frontiere esterne;

§          aiutare gli Stati membri che devono affrontare circostanze tali da richiedere un’assistenza tecnica e operativa rafforzata alle frontiere esterne;

§          fornire agli Stati membri il sostegno necessario per organizzare operazioni di rimpatrio congiunte.

[76]Regolamento CE n. 863/2007.

[77]Il 30 novembre 2006, sulla base delle indicazioni del Consiglio del 5-6 ottobre 2006, la Commissione ha presentato la comunicazione “Rinforzare la gestione delle frontiere marittime meridionali dell’Unione europea”. La comunicazione, finalizzata a rafforzare l’attività dell’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne, evidenzia una serie di nuovi strumenti destinati a migliorare la gestione integrata delle frontiere europee. Si propone, fra l'altro, una rete di pattugliamento costiero, un sistema europeo di sorveglianza e un'assistenza operativa, volta a migliorare la capacità degli Stati membri di gestire flussi misti di immigranti illegali. La comunicazione è stata esaminata dal Consiglio nella riunione del 4 dicembre 2006.

[78]Ad esempio, nelle operazioni di rimpatrio, di accoglienza, di presa a carico dei richiedenti asilo e dei profughi.

[79]    Il primo vertice si è tenuto al Cairo il 3 e 4 aprile 2000. Al Vertice di Lisbona hanno partecipato i 52 Stati membri dell’Unione africana, il Regno del Marocco, la Commissione africana, i 27  stati membri dell’UE, la Commissione europea, il Segretariato generale del Consiglio dell’Unione europea. Notizie stampa hanno informato che il Primo ministro britannico Gordon Brown non ha partecipato all’incontro in segno di disaccordo per la presenza di Robert Mugabe, Presidente dello Zimbabwe. Mugabe ha potuto avvalersi della deroga al divieto di visto previsto nel regime di sanzioni mirate dell’UE contro di lui  per la partecipazione ad incontri internazionali,

[80]    Alla conferenza hanno partecipato i ministri competenti in materia di immigrazione dei paesi del partenariato euro-mediterraneo (27 Stati membri UE + 12) e della Libia, in qualità di osservatore. Il partenariato euro-mediterraneo è stato inaugurato dalla Conferenza di Barcellona del 27 e 28 novembre 1995 che ha riunito i Ministri degli esteri degli Stati membri dell'Unione insieme a quelli di Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e dell'Autorità palestinese. Dal 6 novembre 2007 il partenariato comprende anche Albania e Mauritania. Obiettivo generale dell'iniziativa è quello di fare del bacino del Mediterraneo una zona di dialogo, di scambi e di cooperazione che garantisca la pace, la stabilità e la prosperità. Entro il 2010 è prevista la creazione di una zona di libero scambio.

[81]La lettera di costituzione in mora rappresenta la prima fase della procedura d’infrazione e mette uno Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni, qualora la Commissione reputi che esso abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù del trattato che istituisce la Comunità europea. Qualora la Commissione non ritenga esaurienti tali osservazioni, essa emette un parere motivato, seconda e ultima fase della procedura d’infrazione, prima che la Commissione europea proceda al deferimento formale dello Stato membro davanti alla Corte di giustizia, affinché accerti la sussistenza di una violazione del diritto comunitario, secondo quanto previsto dall’art. 226 del Trattato.

[82]    Vedi nota precedente.

[83]    Procedura di infrazione n.2006/878.

[84]    Si veda la lettera di accompagnamento del testo del documento trasmessa dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio al Ministro per i rapporti con il Parlamento.

[85]    L. 3 agosto 2007, n. 123, Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia.

[86]    Il disegno di legge, approvato dal Senato (A.S. 1201), è in corso di esame da parte della II Commissione (Giustizia) della Camera (A.C. 2784).

[87]    A tale proposito, nel documento vengono citati i Principi fondamentali comuni su Immigrazione e Integrazione adottati dal Consiglio europeo nel 2004 e la Comunicazione della Commissione europea Un’agenda comune per l’integrazione COM(2005)389.

[88]    A.C. 1607, Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza, in corso di esame in sede referente presso la Commissione affari costituzionali della Camera.

[89]    D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3, Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo.

[90]    Istituita con decreto ministeriale 15 dicembre 2006.

[91]    Il documento cita in tal senso l’esperienza maturata nell’attuazione delle procedure di competenza dello Sportello unico che ha portato alla costituzione di reti operative di intervento recepite da protocolli d’intesa.

[92]    D. Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5, Attuazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento familiare.

[93]    L. 24 dicembre 2007, n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008).

[94]    D. Lgs. 9 luglio 2003, n. 215, Attuazione della direttiva 2000/43/ce per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.

[95]    L'art. 6 del D. Lgs. 215/2003 ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità – il Registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni. Il Registro consente di realizzare un raccordo operativo tra rappresentanti istituzionali e associazioni/enti iscritti.

[96]    I provvedimenti sono stati adottati con due direttive del Ministro dell’interno del 24 aprile 2007 (www.interno.it).

[97]    Direttiva del Ministro dell’interno e del Ministro della giustizia 24 luglio 2007.

[98]   In questo quadro si inserisce il progetto Across Sahara per la cooperazione nella gestione delle frontiere e nel contrasto all’immigrazione clandestina in fase di realizzazione da parte del Ministero dell’interno in cooperazione con la Libia e il Niger.

[99]   D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonchè norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.

[100]  A.C. 191 ed abbinate.

[101]  In merito a quest’ultimo aspetto, si vedano le osservazioni contenute, nel parere della Conferenza unificata – di cui al punto 5.3, alla pagina 8 - riportato in allegato allo schema del documento.