Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||||
Titolo: | Recepimento delle direttive 2004/83/CE e 2005/85/CE sull¿attribuzione della qualifica di rifugiato e sulle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato - Schemi di D.Lgs. n.131 e n. 154 (art. 1, co. 3, L. 29/2006 e art. 1, co. 3, art. 12 della L. 13/2007) | ||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 115 | ||||||
Data: | 17/09/2007 | ||||||
Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni | ||||||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati |
XV LEGISLATURA |
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SERVIZIO STUDI |
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Atti del Governo |
Recepimento delle direttive 2004/83/CE e 2005/85/CE sull’attribuzione della qualifica di rifugiato e sulle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato |
Schemi di D.Lgs. n.131 e n. 154 |
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n. 115 |
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17 settembre 2007 |
DIPARTIMENTO istituzioni
SIWEB
Ha partecipato alla redazione del dossier l’Ufficio rapporti con l’Unione europea.
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: ac0288.doc
INDICE
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Conformità con la norma di delega
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
§ Impatto sui destinatari delle norme
§ Il diritto d’asilo e lo status di rifugiato
§ La “legge Martelli” e la “legge Bossi-Fini”
§ Le misure di protezione temporanea
§ La normativa comunitaria: quadro generale
Lo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2004/83/CE
§ Riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria
§ Contenuto della protezione internazionale
Lo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2005/85/CE
§ Garanzie del richiedente asilo
§ La procedura di esame delle domande
§ Attuazione della direttiva 2005/85/CE del Consiglio del 1° dicembre 2005 recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (n. 154)
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
§ Costituzione (artt. 24, 76 e 87)
§ Codice di procedura penale (artt. 380, 407)
§ Codice Civile (artt. 343-358)
§ Codice di Procedura Civile (art. 375)
§ Legge 4 agosto 1955, n. 848. Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952.
§ L. 5 agosto 1978, n. 468. Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio. (artt. 7 e 11-ter)
§ L. 17 agosto 1957, n. 848. Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945. (stralcio)
§ L. 4 maggio 1983, n. 184. Diritto del minore ad una famiglia. (art. 2)
§ L. 16 aprile 1987, n. 183. Coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari.
§ Legge 23 agosto 1988, n. 400. Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 17)
§ D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, conv. con mod., Legge 28 febbraio 1990, n. 39. Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato
§ L. 7 agosto 1990, n. 241. Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi. (Capo I-III, IV-bis-V)
§ D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281. Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. (art. 8)
§ D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
§ D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (artt. 74-89)
§ D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303. Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato
§ D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140. Attuazione della direttiva 2003/9/CE che stabilisce norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri
§ D.L. 27 luglio 2005, n. 144, conv. con mod. L. 31 luglio 2005, n. 155. Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale. (art. 3)
Legge 6 febbraio 2007, n. 13. Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 200 (artt. 1, 2, 12)
Normativa comunitaria
§ Regolamento (CE) n. 343/2003 del 18 febbraio 2003. Regolamento del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo
§ Direttiva 2004/83/CE del 29 aprile 2004. Direttiva del Consiglio recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta
§ Dir. 2005/85/CE del 1° dicembre 2005. Direttiva del Consiglio recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato
Convenzioni internazionali
§ Legge 24 luglio 1954, n. 722. Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951
§ Legge 14 febbraio 1970, n. 95. Adesione al protocollo relativo allo statuto dei rifugiati, adottato a New York il 31 gennaio 1967 e sua esecuzione
Documentazione comunitaria
§ Commissione delle Comunità europee, Libro verde sul futuro regime comune europeo in materia di asilo, giugno 2007
per l’istruttoria legislativa
Numero dello schema di decreto legislativo |
131 |
Titolo |
Attuazione della direttiva 2004/83/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta. |
Norma di delega |
Art. 1, co. 1 e 3, L. 25 gennaio 2006, n. 29, Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2005. |
Settore d’intervento |
Immigrazione; diritti e libertà fondamentali |
Numero di articoli |
34 |
Date |
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§ presentazione |
2 agosto 2007 |
§ assegnazione |
22 agosto 2007 |
§ termine per l’espressione del parere |
1° ottobre 2007 |
§ scadenza della delega |
20 novembre 2007[1] |
Commissione competente |
I (Affari costituzionali), V (Bilancio), XIV (Politiche dell’Unione europea) |
Numero dello schema di decreto legislativo |
154 |
Titolo |
Attuazione della direttiva 2004/85/CE del Consiglio del 1° dicembre 2005 recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. |
Norma di delega |
Art. 1, co. 1 e 3, e art. 12, L. 6 febbraio 2007, n. 13, Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2006. |
Settore d’intervento |
Immigrazione; diritti e libertà fondamentali |
Numero di articoli |
41 |
Date |
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§ presentazione |
31 agosto 2007 |
§ assegnazione |
10 settembre 2007 |
§ termine per l’espressione del parere |
20 ottobre 2007 |
§ scadenza della delega |
4 marzo 2008 |
Commissione competente |
I (Affari costituzionali), V (Bilancio), XIV (Politiche dell’Unione europea) |
Lo schema n. 131, che attua la direttiva 2004/83/CE, disciplina, da una lato, l’insieme dei diritti e delle prerogative di coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato o il riconoscimento della protezione sussidiaria e, dall’altro, alcune norme minime relative alla loro attribuzione (criteri e modalità di valutazione della domanda, requisiti per il riconoscimento dello status etc.).
Queste ultime disposizioni, sono strettamente collegate con l’oggetto principale dello schema n. 154, di recepimento della direttiva 2005/85/CE, ossia le procedure di presentazione ed esame della domanda di protezione. Lo schema, inoltre, regolamenta i procedimenti di revoca e cessazione della protezione e le modalità di impugnazione delle decisioni da parte del richiedente asilo.
I due schemi di decreto legislativo sono esaminati congiuntamente nel presente dossier in quanto tra loro strettamente correlati in ordine alla materia oggetto di disciplina.
Gli schemi di decreto legislativo sono entrambi accompagnati, oltre che da analitiche relazioni illustrative, dalle relazioni tecniche e dalle relazioni sull’analisi tecnico-normativa (ATN) e sull’analisi di impatto della regolamentazione (AIR).
Lo schema di decreto di attuazione della direttiva 2004/83/CE (schema n. 131) è adottato in virtù della norma di delega conferita al Governo dall’art. 1, co. 1 e 3 della L. 29/2006 (legge comunitaria 2005), allegato B[2]; per effetto di tali disposizioni lo schema di decreto è sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione alle Camere, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.
Il termine per l’esercizio della delega è fissato dall’art. 1, co. 1 della L. 29/2006 in 18 mesi dall’entrata in vigore della legge. Esso, pertanto, risulterebbe scaduto il 23 agosto 2007; ai sensi dell’ultimo periodo del co. 3, tuttavia, qualora – come in questo caso – il termine per l’espressione del parere scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega o successivamente, quest’ultimo è prorogato di 90 giorni. Il termine prorogato verrà pertanto a scadenza il 20 novembre 2007.
Lo schema di decreto di attuazione della direttiva 2005/85/CE (schema n. 154) è adottato in virtù della norma di delega conferita al Governo dall’art. 1, co. 1 e 3 della L. 13/2007 (legge comunitaria 2006), allegato B[3]; per effetto di tali disposizioni lo schema di decreto è sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione alle Camere, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.
Il termine per l’esercizio della delega è fissato dall’art. 1, co. 1 della L. 13/2007 in 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, ossia entro il 4 marzo 2008.
Il contenuto del provvedimento è riferibile alla materia “diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea”, riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lett. a), della Costituzione.
Si segnala che il termine per il recepimento della direttiva 2004/83/CE, fissato dalla direttiva stessa al 10 ottobre 2006, è scaduto. il termine per il recepimento della direttiva 2005/85/CE è fissato dalla direttiva stessa al 1° dicembre 2007.
Per alcuni rilevi su specifiche parti dei due schemi si rinvia alle schede di lettura.
Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato ex art. 226 del TCE, per mancata comunicazione sull’attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione, il cui termine di recepimento scadeva il 10 ottobre 2006.
Si ricorda che la direttiva 2004/83/CE, alla cui attuazione è volto lo schema n. 131 in esame, era stata inserita nell’allegato B[4] della legge 25 gennaio 2006, n.29 (legge comunitaria 2005).
Il 6 giugno 2007 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (COM(2007)298), recante modifica della direttiva 2003/109/CE del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, al fine di estendere il suo campo di applicazione anche ai beneficiari di una protezione internazionale (ossia ai rifugiati e ai beneficiari di protezione sussidiaria).
Per agevolare l'integrazione dei cittadini di paesi terzi che beneficiano di protezione nell’UE, la Commissione propone di modificare la direttiva in questione per consentire loro di ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo. Tale status, infatti, consente di godere di maggiore protezione contro un’eventuale espulsione, il diritto al medesimo trattamento riservato ai cittadini dell’UE in ordine a numerose questioni economiche e sociali nonché il diritto di risiedere in un altro Stato membro per motivi di lavoro, di studio o di altro tipo, alle condizioni stabilite nella direttiva. Tutti i cittadini provenienti da paesi terzi che risiedono nell’Unione europea per un lungo periodo di tempo e soddisfano determinate condizioni potranno quindi, in base alla proposta della Commissione, ricevere il medesimo trattamento.
La proposta, che segue la procedura di consultazione dovrebbe essere esaminata dal Consiglio nella riunione del 6 dicembre 2007 e dal Parlamento europeo nella seduta del 12 dicembre 2007.
La proposta di direttiva fa parte di un pacchetto di misure volte ad avviare la realizzazione del futuro regime comune europeo in materia di asilo, entro il 2010, in attuazione di quanto previsto dal Programma dell’Aja[5], sulla base di una piena applicazione della Convenzione di Ginevra e di comuni valori umanitari condivisi dagli Stati membri dell’UE. Oltre alla proposta di direttiva, il pacchetto comprende:
§ una relazione sulla valutazione del sistema di Dublino (COM(2007)299)[6];
§ il Libro verde sul futuro del regime comune europeo di asilo (COM(2007)301)[7]
Attraverso la consultazione lanciata dal Libro verde e conclusasi il 31 agosto 2007, la Commissione ha inteso stimolare il dibattito sul futuro del regime comune europeo in materia di asilo e fornire un contributo affinché sia garantito un più elevato standard di protezione ed una maggiore parità di trattamento in tutta l’UE nonché assicurare un più elevato livello di solidarietà tra gli Stati membri. Nel primo trimestre 2008 la Commissione pubblicherà un piano strategico basato sull’esito della consultazione per delineare le modalità di attuazione del regime comune europeo in materia di asilo e precisare il relativo calendario.
Il 21 giugno 2007 il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione “Cooperazione pratica, qualità del processo decisionale del regime europeo comune in materia di asilo”.
In essa il Parlamento europeo:
§ si compiace degli sforzi compiuti per migliorare la cooperazione pratica nel quadro del regime comune europeo in materia di asilo; ritiene che un miglioramento della qualità delle procedure e delle decisioni sia nell'interesse tanto degli Stati membri quanto dei richiedenti asilo;
§ ribadisce la necessità di una politica UE comune in materia di asilo, che sia proattiva e basata sull'obbligo di ammettere i richiedenti asilo e sul rispetto del principio del non respingimento; ricorda, in tale contesto, il ruolo fondamentale di una forte politica estera e di sicurezza comune, che promuova e salvaguardi la democrazia e i diritti fondamentali;
§ chiede di effettuare nei paesi di origine e di transito campagne di informazione che illustrino ai potenziali migranti i rischi dell'immigrazione illegale e le conseguenze del rifiuto dello status di rifugiato nonché le caratteristiche dell'immigrazione legale e la possibilità di chiedere asilo in casi giustificati, come pure i pericoli del traffico di esseri umani, in particolare di donne e minori non accompagnati;
§ chiede che, una volta esperite tutte le possibilità giudiziarie, le misure applicabili alle persone cui non è stato concesso lo status di rifugiato o il cui status di rifugiato sia stato revocato vengano attuate rapidamente ed equamente, nel pieno rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali delle persone che vanno rimpatriate; chiede inoltre, al riguardo, la messa a punto quanto più rapida possibile di una procedura UE di rimpatrio;
§ chiede un'attuazione rapida ed equa delle misure da applicare alle persone che hanno ottenuto lo status di rifugiato o la protezione umanitaria al fine di favorire condizioni di vita decorose, un’integrazione effettiva nella vita sociale e politica e la partecipazione attiva e condivisa alle scelte della comunità di accoglienza.
Per quanto riguarda le nuove prospettive finanziarie, il programma quadro “Solidarietà e gestione dei flussi migratori” per il periodo 2007-2013 (COM(2005)123-1)[8] intende rispondere al problema della ripartizione equa delle responsabilità tra gli Stati membri, per quanto riguarda l’onere finanziario conseguente all’attuazione di politiche comuni in materia di asilo e immigrazione. Il programma quadro si sostanzia nei seguenti strumenti finanziari specifici:
§ “Fondo europeo per le frontiere esterne”, con una dotazione di 1.820 milioni di euro per il periodo 2007-2013 (decisione 574/2007/CE del 7 maggio 2007);
§ “Fondo europeo per i rifugiati”, con una dotazione di 699,3 milioni di euro per il periodo 2008-2013 (decisione 573/2007/CE del 7 maggio 2007)[9];
§ “Fondo europeo per il rimpatrio”, con una dotazione di 676 milioni di euro per il periodo 2008-2013 (decisione 575/2007/CE del 7 maggio 2007);
§ “Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi”, con dotazione pari a 825 milioni di euro per il periodo 2007-2013 (decisione 2007/435/CE del 25 giugno 2007).
Il 12 settembre 2007, la Commissione ha presentato la terza relazione annuale su migrazione e integrazione, che analizza le misure prese, a livello UE e nazionale, per ammettere ed integrare i cittadini di paesi terzi. La relazione sottolinea, in particolare, che i beneficiari di una protezione internazionale devono formare oggetto di misure di integrazione apposite, data la loro situazione specifica. La relazione ricorda, inoltre, che il Fondo europeo per i rifugiati è propriamente volto a sostenere iniziative di integrazione specifiche a favore dei profughi e beneficiari di protezione sussidiaria il cui soggiorno nell’Unione ha carattere duraturo e stabile.
L’art. 38 dello schema di decreto legislativo n. 154 demanda ad uno o più successivi regolamenti (ex art. 17, co. 1, L. 400/1988), da adottare entro 12 mesi dalla entrata in vigore del decretro (ossia entro il 31 dicembre 2008), l’adozione delle norme di attuazione del decreto medesimo.
Con la presentazione dei due schemi di decreto legislativo in esame, si conclude il recepimento di una fase della politica comunitaria in materia inaugurata con il D.Lgs. 7 aprile 2003, n. 85 (che attua la direttiva 2001/55 recante norme minime per la concessione della protezione temporanea) e proseguita con il D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140 (attuazione della direttiva 2003/9, che introduce alcune norme minime comuni in relazione all'accoglienza dei richiedenti asilo (si veda il paragrafo La normativa comunitaria: quadro generale).
I due schemi in esame e i due decreti legislativi sopra citati costituiscono orami un corpus che disciplina in modo complessivo la concessione e il contenuto della protezione dei rifugiati nello spirito della Convenzione di Ginevra. Infatti, le attuali norme in materia, contenute nei primi articoli del decreto-legge 416/1989 (vedi la scheda sul Quadro normativo) sono quasi interamente abrogate dagli schemi in esame (soprattuto dallo schema n. 154).
Si rileva, infine, che il quadro normativo risultante – che verrebbe ad essere costituito da un insieme eterogeneo di norme (quattro decreti legislativi di origine comunitaria, le residue disposizioni del D.L. 416/1989, oltre ad alcune disposizioni contenute nel testo unico in materia di immigrazione (decreto legislativo 286/1989) – pone in evidenza la necessità di un intervento di riordino legislativo della materia.
Sono attualmente all’esame della I Commissione (Affari costituzionali) della Camera una serie di proposte di legge di iniziativa parlamentare (A.C. 191 ed abbinate), volte a disciplinare in modo complessivo il diritto di asilo, le cui disposizioni in larga parte e per profili analoghi incidono sulla stessa materia che forma oggetto degli schemi in esame.
I principali destinatari delle disposizioni in esame sono innanzitutto i rifugiati e coloro che fanno richiesta di protezione internazionale. Da segnalare l’impatto su diversi settori della pubblica amministrazione (uffici di frontiera, autorità di polizia, commissioni per l’asilo) che dovranno conformare la propria attività alle nuove regole. Tra queste, si segnala in particolare l’amministrazione della giustizia, in relazione alle nuove modalità di impugnazione in sede giurisdizionale recate dallo schema n. 154.
Per alcuni specifici rilevi si rinvia alle schede di lettura.
Il diritto di asilo è tra i diritti fondamentali dell’uomo riconosciuti dalla nostra Costituzione. L’articolo 10, terzo comma, della Costituzione prevede, infatti, che lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Il dettato costituzionale sul diritto di asilo non è stato attuato, mancando ancora una legge organica che ne stabilisca le condizioni di esercizio, anche se la giurisprudenza ha stabilito la possibilità di riconoscere il diritto di asilo allo straniero anche in assenza di una disciplina apposita[10].
Il riconoscimento del rifugiato è, invece, entrato nel nostro ordinamento con l’adesione alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951[11], che definisce lo status di rifugiato, e alla Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990, sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri della Comunità europea[12].
Sul piano del diritto interno rileva il D.L. 416/1989[13] (la cosiddetta “legge Martelli”) che disciplina le modalità per il riconoscimento dello status di rifugiato (ma non anche del diritto di asilo).
La L. 189/2002[14] (cosiddetta “legge Bossi-Fini”), oltre a intervenire sulla disciplina generale dell’immigrazione, attraverso una revisione del testo unico del 1998[15], ha integrato le disposizioni sul diritto di asilo contenute nella legge Martelli.
Secondo il diritto internazionale, presupposto per l’applicazione del diritto di asilo è la nozione di rifugiato internazionale, cioè di colui che, direttamente (mediante provvedimento di espulsione o impedimento al rientro in patria) o indirettamente (per l’effettivo o ragionevolmente temuto impedimento dell’esercizio di uno o più diritti o libertà fondamentali), sia stato costretto dal Governo del proprio Paese ad abbandonare la propria terra e a “rifugiarsi” in un altro Paese, chiedendovi asilo.
Questa nozione risulta ulteriormente specificata dall’art. 1 della Convenzione di Ginevra relativa allo statuto dei rifugiati[16], che indica i seguenti motivi per i quali si ha diritto allo status di rifugiato:
§ discriminazioni fondate sulla razza;
§ discriminazioni fondate sulla nazionalità (cittadinanza o gruppo etnico);
§ discriminazioni fondate sull’appartenenza ad un determinato gruppo sociale;
§ limitazioni al principio della libertà di culto;
§ persecuzione per le opinioni politiche.
La cessazione dello status di rifugiatoavviene quando (sez. C dell’art. 1 della Convenzione):
§ il rifugiato abbia nuovamente usufruito della protezione del Paese di cui abbia la cittadinanza oppure ne riacquisisca volontariamente la cittadinanza;
§ il rifugiato sia tornato a stabilirsi volontariamente nel proprio Paese;
§ il rifugiato abbia acquisito una nuova cittadinanza e goda della protezione del Paese che gliel’ha concessa;
§ siano venute meno le condizioni in seguito alle quali la persona abbia ottenuto il riconoscimento della qualifica di rifugiato.
Le sezioni D, E ed F dell’articolo 1 della Convenzione di Ginevra individuano invece le cause di esclusione, precludendo dai benefici della Convenzione le seguenti categorie di persone:
§ coloro che beneficino attualmente ed effettivamente della protezione o assistenza da parte di organi o agenzie delle Nazioni Unite diverse dall’Alto Commissariato per i rifugiati;
§ i rifugiati o profughi nazionali, cioè i cittadini di un Paese che abbiano la propria residenza abituale in un altro Paese e che, a causa di eventi bellici, politici o altre situazioni verificatesi in tale Paese, volontariamente o forzatamente lo abbandonano o non vi facciano rientro e si rifugiano nel Paese di cui sono cittadini;
§ coloro che non sono degni di protezione internazionale.
L’articolo 32 della Convenzione prevede espressamente il divieto di espulsione del rifugiato che risieda regolarmente nel territorio di uno degli Stati contraenti se non per motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico. In tali casi, il rifugiato dovrà essere messo comunque in condizione di far valere le proprie ragioni e gli dovrà essere accordato un periodo di tempo per cercare di essere ammesso in un altro Paese.
Il principio del divieto di espulsione è stato recepito nel testo unico del 1998 (art. 19) dove si fa divieto di procedere all’espulsione ed al respingimento se nello Stato verso cui lo straniero è estradato, egli può essere oggetto di persecuzione “per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali” (v. scheda Immigrazione – Il contrasto all’immigrazione clandestina).
L’Italia, con la L. 523/1992[17], ha ratificato la Convenzione di Dublino sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri della Comunità europea, in ottemperanza alle statuizioni della Convenzione di Ginevra.
In particolare, gli Stati membri si impegnano affinché la domanda di asilo loro presentata da parte di qualsiasi straniero sia esaminata dallo Stato competente (i criteri di individuazione della competenza sono indicati dagli artt. 5-8 della Convenzione) in conformità alla sua legislazione ed agli obblighi internazionali. È sancito il diritto da parte di ogni Stato membro di prendere in esame la domanda di asilo, liberando quindi lo Stato competente.
Lo Stato competente ha l’obbligo:
§ di accettare il richiedente asilo che abbia presentato domanda in altro Stato membro o di riammetterlo se si trova irregolarmente in altro Stato membro;
§ di condurre a termine l’esame della domanda.
Gli Stati membri hanno poi l’obbligo:
§ di procedere a scambi reciproci riguardanti la legislazione nazionale e i dati statistici relativi al numero dei richiedenti asilo;
§ di comunicare a qualsiasi altro Stato membro che ne faccia domanda le informazioni di carattere personale necessarie per determinare lo Stato competente per l’esame della domanda e l’esecuzione degli obblighi derivanti dalla Convenzione, ovvero (previo consenso dell’interessato) i motivi invocati dal richiedente a sostegno della domanda e della decisione presa nei suoi confronti.
La modalità per il riconoscimento dello status di rifugiato sono contenute nel citato D.L. 416/1989 e nel regolamento di attuazione, il D.P.R. 136/1990[18].
Il D.L. 416/1989 ha pienamente recepito i princìpi propri della Convenzione di Ginevra, in particolare facendo venire meno la “riserva geografica” inizialmente posta dall’Italia al momento di aderire alla Convenzione, in base alla quale l’Italia si impegnava all’osservanza dell’atto solo nei confronti degli stranieri provenienti da determinati Paesi. Attualmente pertanto il riconoscimento dello status di rifugiato interessa gli stranieri provenienti da qualsiasi Paese.
La legge Martelli è stata modificata nel corso della XIV legislatura dalla L. 189/2002 (c.d. “legge Bossi-Fini”).
Si tratta di un intervento di carattere transitorio adottato in attesa di una disciplina organica dell’intera materia. Infatti, l’obiettivo della legge è soprattutto di risolvere il problema dell’abuso delle richieste di asilo, presentate per aggirare le norme sull’immigrazione.
Tale finalità è chiaramente espressa nella relazione illustrativa del disegno di legge presentato alle Camere: “[…] il disegno di legge pone mano ad un vecchio problema ancora irrisolto. In attesa di una disciplina organica in materia di diritto di asilo, che si ritiene comunque di rinviare a quando saranno definite le procedure minime – identiche per tutta l’Unione europea – attualmente in discussione a Bruxelles, mutuando proprio le norme attualmente al vaglio del Consiglio europeo, il Governo ha ritenuto almeno di risolvere il problema costituito dalla domande di asilo realmente strumentali, ossia presentate al solo scopo di sfuggire all’esecuzione di un provvedimento di allontanamento ormai imminente. Finora la normativa vigente – l’articolo 1 della cosiddetta legge Martelli – imponeva non solo la sospensione del provvedimento di allontanamento, ma anche la concessione di un permesso di soggiorno provvisorio in attesa del giudizio della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato che non sarebbe mai arrivato in quanto circa il novanta per cento dei presentatori di queste domande strumentali facevano poi perdere le loro tracce. La disciplina introdotta, invece, precedendo l’approvazione della direttiva in esame, instaura – per quelle domande che si ritengono manifestamente infondate – una ‘procedura semplificata’ che si concluderà entro i tempi previsti per il trattenimento nei centri di permanenza temporanei”[19].
Le finalità sopra indicate sono perseguite in primo luogo attraverso il decentramento della procedura di esame delle domande di riconoscimento, al fine di accelerarne i tempi, con la costituzione di Commissioni territoriali ad hoc a cui sono trasferiti gran parte dei compiti della commissione centrale disciplinata dalla legge Martelli.
Inoltre, sempre con l’obiettivo di accelerare i tempi di esame, viene introdotta una procedura semplificata nei casi di istanze di asilo che, per le circostanze di presentazione, destino dubbi sulle reali motivazioni.
L’attuazione di queste disposizioni era subordinata all’adozione di un apposito regolamento, adottato successivamente con il D.P.R. 303/2004[20] che affianca e integra il regolamento di attuazione delle legge Martelli.
Secondo la disciplina risultante dalla legge Martelli e dalle modifiche apportate dalla L. 189/2002, lo straniero cui venga riconosciuta la condizione di rifugiato politico ha diritto all’ingresso e al soggiorno nel nostro Paese.
Lo straniero che intende entrare nel territorio nazionale per essere riconosciuto rifugiato deve rivolgere istanza motivata all’ufficio di polizia di frontiera. Sino alla definizione della procedura di riconoscimento, allo straniero viene rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo (art. 1, comma 5, D.L. 416/1989).
L’accesso alla procedura di asilo rimane disciplinata dalle disposizioni previste dall’art. 1 del D.L. 416/1989: non è consentito l’ingresso in Italia agli stranieri che intendano chiedere il riconoscimento della condizione di rifugiato qualora l’interessato:
§ sia stato già riconosciuto rifugiato in altro Paese;
§ provenga da altro Paese, diverso da quello di appartenenza, che abbia aderito alla convenzione di Ginevra, nel quale abbia trascorso un periodo di soggiorno, non considerandosi tale il tempo necessario per il transito nel relativo territorio sino alla frontiera italiana;
§ abbia commesso crimini di guerra o altri gravi delitti nel proprio Paese;
§ sia stato condannato in Italia per uno dei delitti previsti dall’articolo 380 c.p.p.[21];
§ risulti pericoloso per la sicurezza dello Stato o appartenente ad associazioni di tipo mafioso o terroristiche o dedite al traffico di stupefacenti.
In tali casi lo straniero viene respinto alla frontiera.
La L. 189/2002 ha introdotto la previsione del trattenimento in appositi centri del richiedente asilo (art. 1-bis del D.L. 416/1990, introdotto dalla legge). Il trattenimento è disposto dal questore, per il tempo strettamente necessario alla definizione delle autorizzazioni alla permanenza nel territorio dello Stato. Il provvedimento di trattenimento è facoltativo nei seguenti casi:
§ per verificare la nazionalità o identità, qualora egli non sia in possesso dei documenti di viaggio o d’identità;
§ per verificare gli elementi su cui si basa la domanda di asilo;
§ in dipendenza del procedimento concernente il riconoscimento del diritto ad essere ammesso nel territorio dello Stato.
Il trattenimento è, invece, disposto in via obbligatoria:
§ a seguito della presentazione di una domanda di asilo presentata dallo straniero fermato per avere eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo, o, comunque, in condizioni di soggiorno irregolare;
§ a seguito della presentazione di una domanda di asilo da parte di uno straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione o respingimento.
In quest’ultimo caso lo straniero viene trattenuto nei centri di permanenza temporanea e assistenza (v. scheda Immigrazione – Contrasto dell’immigrazione clandestina) Si tratta di strutture già previste dal testo unico sull’immigrazione e destinate all’accoglienza degli immigrati extracomunitari in attesa di espulsione (art. 14). In tutti gli altri casi, il trattenimento viene attuato in appositi centri di identificazione, istituiti dalla L. 189/2002 e disciplinati dal regolamento di attuazione (DPR 303/2004, artt- 5-11).
Nei casi di trattenimento non viene rilasciato il permesso di soggiorno temporaneo.
Competenti alla valutazione delle domande dei richiedenti asilo sono le Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato operanti presso le prefetture-uffici territoriali del Governo. Esse sono state introdotte dalla L. 189/2002 “per ridurre i tempi di esame delle istanze di asilo sostituendo ad un unico organo centrale competente una articolazione di organi a livello provinciale”[22].
In precedenza, l’organo competente era la Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, disciplinata dal DPR 136/1990, ora trasformata dalla L. 189/2002 in Commissione nazionale per il diritto di asilo, alla quale sono attualmente affidati compiti di indirizzo e coordinamento delle commissioni territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti delle medesime commissioni, di raccolta di dati statistici oltre che poteri decisionali in tema di revoche e cessazione dello status concessi (art. 1-quinquies D.L. 416/1989, introdotto dalla legge 189).
La Commissione nazionale è nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta congiunta dei Ministri dell’interno e degli affari esteri. È presieduta da un prefetto e composta da un dirigente della Presidenza del Consiglio dei ministri, da un funzionario della carriera diplomatica, da un funzionario della carriera prefettizia del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione e da un dirigente del Dipartimento della pubblica sicurezza. Alle riunioni partecipa un rappresentante del delegato in Italia dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati.
Il procedimento relativo all’esame delle domande di asilo, disciplinato in precedenza principalmente dal regolamento di attuazione delle legge Martelli, il più volte citato D.P.R. 136/1990, è stato riformulato ad opera della L. 189/2002. L’innovazione principale consiste nella distinzione tra una procedura ordinaria, destinata alla generalità dei casi, e una procedura semplificata da attivare per l’esame delle domande di asilo presentate dagli stranieri fermati in condizioni irregolari, per esempio per aver eluso i controlli di frontiera, e da coloro che sono già destinatari di un provvedimento di espulsione o di respingimento. Si tratta delle stesse categorie per i quali è disposto il trattenimento obbligatorio nei centri di identificazione (per gli irregolari) o nei centri temporanei di permanenza (per coloro che devono essere espulsi o respinti).
La procedura ordinaria (art. 1-quater, D.L. 416/1989) prevede che le commissioni, una volta ricevuta dal questore la documentazione necessaria per il riconoscimento dello status di rifugiato (da trasmettere entro due giorni), provvedono entro trenta giorni all’audizione del richiedente, adottando la decisione nei successivi tre giorni. Nel corso dell’audizione è prevista la possibilità di ricorrere all’ausilio di interpreti e del colloquio viene redatto un verbale. Le decisioni devono essere motivate e comunicate all’interessato con l’indicazione delle modalità di impugnazione.
In attesa della conclusione del procedimento il questore rilascia un permesso di soggiorno valido per tre mesi, eventualmente rinnovabile (art. 2, comma 4, D.P.R. 303/2004).
Le decisioni delle commissioni territoriali possono essere impugnate davanti al il tribunale in composizione democratica.
Nel caso della procedura semplificata (art. 1-ter D.L. 416/1989) sono dimezzati i tempi a disposizione della commissione territoriale per l’esame dell’istanza: quindici giorni in luogo di trenta. Inoltre, per coloro che sono destinatari di un provvedimento di espulsione e sono già trattenuti in un centro di permanenza temporanea, il trattenimento è prolungato di trenta giorni, su decisione dell’autorità giudiziaria e dietro richiesta del questore.
L’allontanamento non autorizzato dai centri di identificazione equivale alla rinuncia della domanda.
Anche la procedura semplificata prevede la possibilità di impugnare la decisione della commissione territoriale: in primo luogo è possibile chiederne il riesame davanti alla stessa commissione territoriale che si è espressa in prima istanza, integrata da un componente della commissione nazionale. Inoltre, è possibile presentare ricorso presso il tribunale in composizione democratica. Il ricorso – che può essere presentato anche all’estero tramite le rappresentanze diplomatiche – non sospende il provvedimento di allontanamento. Però il prefetto può concedere all’interessato l’autorizzazione a rimanere sul territorio nazionale fino all’esito del ricorso.
Le nuove procedure sopra descritte sono diventate operative solamente con l’entrata in vigore del citato regolamento di attuazione previsto dalla L. 189/2002, adottato con il D.P.R. 303/2004[23].
Il regolamento, oltre a disciplinare in modo dettagliato le procedure per l’esame delle domande, istituisce le commissioni territoriali indicando le sedi delle prefetture – uffici territoriali in cui hanno sede (Gorizia, Milano, Roma, Foggia, Siracusa, Crotone e Trapani) ognuna competente ad esaminare le domande di più province o regioni (art. 12, DPR 303/2004).
Per quanto riguarda i centri di identificazione, il regolamento ne indica solamente il numero (sette, come le commissioni territoriali) rinviando la loro istituzione ad appositi decreti del Ministro dell’interno previo parere della conferenza unificata e delle regioni interessate.
Alla fine del 2005 risultavano in funzione tre centri di identificazione: a Trapani, Crotone e Foggia; quattro altri centri erano in fase di realizzazione (Roma, Milano, Gorizia e Caltanissetta dove dovrebbe essere spostata anche la commissione territoriale di Siracusa)[24]. Pertanto, i luoghi individuati per i centri di identificazione coincidono con le sedi delle commissioni territoriali.
I servizi di assistenza e di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati sono svolti principalmente dagli enti locali.
La L. 189/2002 ha soppresso la corresponsione di un contributo di prima assistenza per 45 giorni da parte del Ministero dell’interno in favore dei richiedenti asilo privi di mezzi (art. 1, comma 7, DL 416).
In luogo di tale contributo l’articolo 1-sexies del D.L. 416/1989 introdotto dall’art. 32 della legge 189, disciplina un sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati:
§ consentendo agli enti locali di accogliere nell’àmbito dei servizi di accoglienza da essi apprestati i richiedenti asilo privi di mezzi di sussistenza, ove non ricorrano le condizioni (previste dai precedenti articoli 1-bis e 1-ter) di trattenimento nei centri di identificazione (comma 1);
§ prevedendo (commi 2 e 3) forme di sostegno finanziario apprestate dal Ministero dell’interno e poste a carico di un fondo ad hoc (Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo) istituito dal successivo articolo 1-septies;
§ prevedendo l’attivazione (ad opera del Ministero dell’interno) e l’affidamento, mediante convenzione, all’ANCI di un servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali che prestano i servizi di accoglienza (commi 4-6).
Il DL 195/2002, art. 2, comma 8, chiarisce che i soggetti destinatari dei servizi di accoglienza richiamati all’articolo 1-sexies del D.L. 416/1989, sono gli stranieri titolari di permesso umanitario di cui all’articolo 5, comma 6, del testo unico. Ai sensi del citato articolo 5, comma 6, è possibile disporre il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno sulla base di convenzioni o accordi internazionali quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, “salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”.
Il Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo (art. 1-septies) destinato a finanziarie le iniziative degli enti locali è alimentato da:
§ apposite risorse iscritte nel bilancio di previsione del Ministero dell’interno;
§ assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati[25];
§ donazioni private.
Le disponibilità del Fondo sono assegnate annualmente con decreto del Ministro dell’interno, e sono destinate alle iniziative dei comuni e province, in misura non superiore all’80% del costo complessivo di ciascuna iniziativa territoriale (artt. 1-sexies e 1- septies D.L. 416/1989).
Con il decreto del Ministro dell’interno del 23 luglio 2003 si è provveduto alla prima ripartizione tra i comuni del fondo per un importo complessivo di circa 9 milioni di euro per l’esercizio 2003, per il 2004 lo stanziamento è stato di 9,7 milioni di euro (decreti 25 maggio e 26 novembre 2004.[26]
Con decreto del capo del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione 25 maggio 2006 (non pubblicato in Gazzetta ufficiale) è stata fissata la capacità ricettiva massima del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati per l'anno 2007. Il provvedimento fissa la misura di posti n. 2.350 (di cui n. 350 per le categorie più vulnerabili individuate dall’art. 6, co. 1 del precedente D.M. 28 novembre 2005).
I D.M. 5 agosto 2006 e 20 novembre 2006 hanno disposto l’assegnazione dei fondi per l’anno finanziario 2006, per un ammontare complessivo di circa 27,4 milioni di euro.
Il sistema nazionale di accoglienza ha trovato il suo completamento con l’adozione del D.Lgs. 140/2005 di attuazione della disciplina comunitaria in materia di accoglienza dei richiedenti asilo[27].
Si prevede che l’accoglienza dei richiedenti asilo privi di mezzi di sussistenza sia disposta preferibilmente presso i servizi attivati dagli enti locali e, in caso di indisponibilità, nei centri di identificazione o nei centri di accoglienza allestiti ai sensi della legge 563/1995 (cosidetta “legge Puglia”). Agli interessati è rilasciato il permesso di soggiorno. Qualora dopo sei mesi non sia stata adottata le decisione sulla domanda di asilo, il permesso di soggiorno è rinnovato per sei mesi e consente di svolgere attività lavorativa.
Tra le misure in materia di immigrazione recate dalla legge finanziaria per il 2007 (L. 27 dicembre 2006, n. 296), sono esplicitamente rivolte anche ai richiedenti asilo quelle di cui:
§ all’art. 1, co. 312, che dispone l’esenzione dall’IVA per le prestazioni socio-sanitarie rese a vari soggetti svantaggiati, tra i quali le persone richiedenti asilo;
§ all’art. 1, co. 1262, che istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’interno un Fondo per fare fronte alle spese, diverse da quelle per il personale, connesse agli interventi in materia di immigrazione ed asilo ed al funzionamento dei servizi connessi alla gestione delle emergenze derivanti dai flussi migratori. La dotazione del fondo è di 3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007.
Nel caso di profughi che lasciano il proprio Paese non a causa di misure di discriminazione individuale cui siano stati sottoposti, bensì al verificarsi di gravi eventi (guerra civile, violenze generalizzate, aggressioni esterne, catastrofi naturali ecc.) non è prevista nel nostro ordinamento la possibilità di richiedere il riconoscimento dello status di rifugiato.
Tuttavia, il testo unico sull’immigrazione consente di far fronte a emergenze umanitarie causate da eventi eccezionali. In tali circostanze è possibile per il Governo determinare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri gli interventi di protezione temporanea necessari per accogliere in maniera tempestiva e adeguata le popolazioni sfollate che dovessero raggiungere in massa il territorio italiano (art. 20, D.Lgs. 286/1998).
Tale disposizione è stata applicata per la prima volta nel 1999 in occasione della crisi che ha interessato i territori dell’area balcanica, in seguito della quale sono giunti in Italia circa 30.000 stranieri di diversa etnia (kosovari, serbi, montenegrini).
Per oltre 18.000 di loro era stato previsto con il D.P.C.M. 12 maggio 1999 il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione temporanea e l’assistenza in strutture individuate o realizzate nel territorio nazionale con oneri a carico del Ministero dell’interno.
Gli altri 12.000 circa avevano presentato domanda di riconoscimento dello status di rifugiato.
Nel Consiglio europeo di Tampere, in Finlandia, dell’ottobre 1999 è stata definita una politica comune dell’Unione europea in materia di immigrazione e di asilo come politica di carattere globale che abbraccia le questioni della politica, dei diritti umani e dello sviluppo dei Paesi d’origine dei flussi migratori.
La politica fissata a Tampere prevede quattro direttrici d’azione. Una di esse riguarda un regime europeo comune in materia di asilo, secondo la quale l’Unione e gli Stati membri riconoscono l’importanza del rispetto assoluto del diritto di chiedere asilo.
La strategia di Tampere si proponva, in una prima fase, l’armonizzazione delle disposizioni nazionali in materia di asilo per permettere di determinare con chiarezza e praticità lo Stato competente per l’esame delle domande di asilo, per prevedere una procedura di asilo equa ed efficace e condizioni comuni minime per l’accoglienza dei richiedenti asilo nonché il ravvicinamento delle normative relative al riconoscimento e agli elementi sostanziali dello status di rifugiato.
Nel lungo periodo, le norme comunitarie dovrebbero indirizzarsi verso una procedura comune in materia di asilo e uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto l’asilo, valido in tutta l’Unione.
La prima fase della politica di Tampere ha compiuto notevoli progessi con l’adozione di una serie di provvedimenti i principlai dei quali sono:
§ la direttiva 2001/55 del 20 luglio 2001, recante norme minime per la concessione della protezione temporanea (recepita nell’ordinamento interno con il D.Lgs. 7 aprile 2003, n. 85);
§ la direttiva 2003/9 del 27 gennaio 2003, che introduce alcune norme minime comuni in relazione all'accoglienza dei richiedenti asilo (recepita con D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140);
§ il regolamento 2003/343 del 18 febbraio 2003, del Consiglio, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo;
§ la direttiva 2004/83 del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione a cittadini di Paesi terzi della qualifica di rifugiato, non ancora recepita. La legge comunitaria per il 2005 (L. 25 gennaio 2006, n. 29) reca una delega l’autorizzazione al recepimento della direttiva, il cui termine di attuazione è fissato al 10 ottobre 2006) il termine per l’esercizio della delega scadrà il 23 agosto 2007;
§ la direttiva 2005/85 del Consiglio, del 1º dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, non ancora recepita.
Il Consiglio europeo dell’Aja del novembre 2004 ha confermato il programma di Tampere e ha posto le basi per la realizzazione delle seconda fase della politica europea in materia di asilo volta a instaurare entro il 2010 un regime comune in materia di asilo valido nell’intera Unione.
Si ricorda che il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, ratificato dall’Italia con legge 7 aprile 2005, n. 57, disciplina le politiche relative ai controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione negli articoli da 265 a 268 della parte III. Per quanto riguarda il diritto di asilo, esso è annoverato tra i diritti fondamentali indicati nella parte II del Trattato e l’Unione si impegna a garantirne il rispetto (art. II-78). Di particolare rilievo il passaggio dalla semplice individuazione di norme minime in materia di asilo indicate nel TCE (art. 63) ad una vera e propria politica europea comune in materia di asilo i cui princìpi si ispirano alla Convezione di Ginevra del 28 luglio 1951 e agli altri trattati internazionali sui rifugiati (art. III-266).
Alle politiche dell’immigrazione il Trattato costituzionale dedica una disposizione ad hoc (art. III-267). In particolare, tra le misure da adottare con legge o legge quadro europee viene inserita la lotta contro la tratta degli esseri umani, in particolare delle donne e dei minori.
Com’è noto, a seguito dell’esito negativo dei referendum sulla ratifica del Trattato costituzionale in Francia e nei Paesi Bassi, si è aperto un periodo di riflessione sulla prosecuzione del processo aperto con il Trattato.
La direttiva 2004/83/CE reca norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.
Tale direttiva ha come scopo principale quello di “assicurare che gli Stati membri applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale e, dall’altra, di assicurare che un livello minimo di prestazioni sia disponibile per tali persone in tutti gli Stati membri”. Essa si articola in nove capi relativi a:
§ Disposizioni generali (Capo I);
§ Valutazione delle domande di protezione internazionale (Capo II);
§ Requisiti per essere considerato rifugiato (Capo III);
§ Status di rifugiato (Capo IV);
§ Requisiti per poter beneficiare della protezione sussidiaria (Capo V);
§ Status di protezione sussidiaria (Capo VI);
§ Contenuto della protezione internazionale (Capo VII);
§ Cooperazione amministrativa (Capo VIII);
§ Disposizioni finali (Capo IX).
Il Capo I reca le disposizioni generali della direttiva. In particolare, dopo aver definito l’oggetto e il campo di applicazione della direttiva (art. 1), nonché dopo aver specificato il contenuto di diverse definizioni (protezione internazionale, rifugiato, status di protezione sussidiaria ecc.) contenute nella stessa (art. 2), si riconosce agli Stati membri la possibilità di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli sulla determinazione dei soggetti che possono essere considerati rifugiati o persone ammissibili alla protezione sussidiaria nonché in ordine alla definizione degli elementi sostanziali della protezione internazionale (art. 3).
Il Capo II disciplina la valutazione delle domande di protezione internazionale. In particolare:
§ l’esame della domanda di protezione internazionale deve essere effettuato su base individuale (art. 4);
§ il timore fondato di esser perseguitato o il rischio effettivo di subire un danno grave può esser basato su avvenimenti verificatisi dopo la partenza del richiedente dal suo paese di origine (art. 5);
§ i responsabili della persecuzione o del danno grave possono essere: lo Stato, i partiti o le organizzazioni, che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio; i soggetti non statuali, se può essere dimostrato che i soggetti precedenti non possono o non vogliono fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi (art. 6);
§ la protezione può essere fornita dallo Stato, dai partiti o organizzazioni, comprese le organizzazioni internazionali, che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio (art. 7);
§ gli Stati membri possono stabilire che il richiedente non necessiti di protezione internazionale, se in una parte del territorio del paese di origine egli non abbia fondati motivi di temere di esser perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi e se è ragionevole attendere dal richiedente che si stabilisca in quella parte del Paese (art. 8).
Il Capo III disciplina i requisiti per essere considerato rifugiato. In particolare:
§ gli atti di persecuzione devono essere sufficientemente gravi da comportare una violazione grave dei diritti umani fondamentali e devono costituire la somma di diverse misure, tra cui violazioni di diritti umani, il cui impatto sia sufficientemente grave (art. 9);
§ nel valutare i motivi di persecuzione, gli Stati membri tengono conto degli elementi della razza, della religione, della nazionalità, del gruppo sociale, dell’opinione politica (art. 10);
§ la cessazione della qualifica di rifugiato si verifica alternativamente quando (art. 11):
- il cittadino di un paese terzo o un apolide si sia volontariamente avvalso di nuovo della protezione del paese di cui ha la cittadinanza;
- avendo persa la cittadinanza, l’abbia volontariamente riacquistata;
- abbia acquistata una nuova cittadinanza e goda della protezione del Paese di cui ha acquistato la cittadinanza;
- si sia volontariamente ristabilito nel paese che ha lasciato o in cui non ha fatto ritorno per timore di essere perseguitato;
- non possa più rinunciare alla protezione del paese di cui ha la cittadinanza, perché sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato;
- se trattasi di apolide, sia in grado di tornare nel paese nel quale aveva la dimora abituale, perché sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato;
§ l’esclusione dallo status di rifugiato subentra alternativamente se (art. 12):
- il cittadino di un paese terzo o un apolide siano soggetti alla protezione ed all’assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni unite, diversi dall’Alto Commissario delle Nazioni unite per i rifugiati;
- se le autorità competenti del paese nel quale ha stabilito la sua residenza gli riconoscono i diritti e gli obblighi connessi al possesso della cittadinanza del paese stesso o diritti e obblighi equivalenti, nonché se sussistono fondati motivi per ritenere che abbia commesso reati di particolare gravità, quali un crimine contro la pace o un crimine contro l’umanità, come definiti dagli strumenti internazionali.
Il Capo IV disciplina lo status di rifugiato (art. 13), in particolare la revoca, la cessazione o il rifiuto di tale status, che subentrano se la persona avrebbe dovuto essere esclusa o è esclusa dallo status di rifugiato o se il fatto di aver presentato i fatti in modo erroneo o di averli omessi ha costituito un fattore determinante per l’ottenimento dello status, nonchè se vi sono fondati motivi per ritenere che la persona costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato membro o se la persona costituisce un pericolo per la comunità di tale Stato membro (art. 14).
Il Capo V individua i requisiti per poter beneficiare della protezione sussidiaria: si tratta di danni gravi, quali la condanna a morte o all’esecuzione, la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine ovvero la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile, derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale (art. 15).
La cessazione dal beneficio della protezione sussidiaria subentra quando sono venute meno le circostanze, che hanno portato alla concessione dello status di protezione sussidiaria (art. 16).
Diversamente, l’esclusione dal beneficio della protezione sussidiaria consegue alla commissione di un crimine contro la pace, di un crimine di guerra o di un crimine contro l’umanità, quali definiti dagli strumenti internazionali relativi a tali crimini, alla commissione di un reato grave, alla colpevolezza per atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite, al fatto che il soggetto in questione rappresenti un pericolo per la comunità o la sicurezza dello stato in cui si trova (art. 17).
Il Capo VI disciplina lo status di protezione sussidiaria che viene riconosciuto ai cittadini di paesi terzi o a apolidi, ammessi a beneficiare della stessa protezione sussidiaria secondo quanto previsto dal precedente capo (art. 18).
La revoca, cessazione o rifiuto del rinnovo dello status di protezione sussidiaria subentra se il cittadino di un paese terzo o un apolide avrebbe dovuto essere escluso o è escluso dalla qualifica di persona ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria o nel caso in cui la presentazione di fatti in modo erroneo o l’omissione degli stessi, compreso il ricorso a documenti falsi, abbia costituito un fattore determinante per l’ottenimento dello status di protezione sussidiaria (art. 19).
Il Capo VII precisa il contenuto della protezione internazionale che si sostanzia in :
§ protezione dal respingimento (art. 21);
§ accesso ai diritti e obblighi previsti dallo status di protezione in lingua comprensibile al soggetto interessato (art. 22);
§ mantenimento dell’unità familiare (art. 23);
§ permesso di soggiorno, salvo che non vi ostino motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico (art. 24);
§ rilascio di documenti di viaggio al di fuori del territorio degli Stati che riconoscono lo status (art. 25);
§ accesso all’occupazione (art. 26);
§ accesso all’istruzione (art. 27);
§ accesso ad adeguata assistenza sociale (art. 28);
§ accesso all’assistenza sanitaria (art. 29);
§ tutela dei minori non accompagnati (art. 30);
§ accesso ad un alloggio (art. 31);
§ libertà di circolazione nel territorio dello Stato membro (art. 32);
§ accesso agli strumenti di integrazione (art. 33);
§ assistenza per il rimpatrio (art. 34).
Il Capo VIII, relativo alla cooperazione amministrativa, prevede che ciascuno Stato membro designi un punto nazionale di contatto, trasmettendone l’indirizzo alla Commissione, che a sua volta lo comunica a tutti gli Stati membri (art. 35).
Il Capo IX reca le disposizioni finali. In particolare, si prevede:
§ la relazione della Commissione al Parlamento europeo ed al Consiglio - entro il 10 aprile 2008 – sull’applicazione della direttiva negli Stati membri, proponendone le necessarie modifiche che devono riguardare in via prioritaria la definizione di danno grave, la normativa sull’accesso all’occupazione e quella sull’accesso agli strumenti di integrazione (art. 37);
§ il termine per il recepimento della direttiva, fissato al 10 ottobre 2006 (art. 38);
§ l’entrata in vigore della direttiva il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (art. 39);
§ i destinatari della direttiva che sono gli Stati membri (art. 40).
La direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, definisce un quadro minimo di norme, valide per tutti i Paesi dell’Unione europea, relative a due aspetti della disciplina in materia di asilo: il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato.
Gli obiettivi della direttiva sono sostanzialmente quelli di limitare il fenomeno degli spostamenti di richiedenti asilo tra Paesi membri dovuti ai diversi sistemi normativi in essi vigenti in materia (punto 6 dei consideranda) e di favorire l’adozione di procedure efficienti e rapide per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato.
La direttiva si articola in sei capi relativi a:
§ Disposizioni generali (Capo I);
§ Principi fondamentali e garanzie (Capo II);
§ Procedure di primo grado (Capo III);
§ Procedure di revoca dello status di rifugiato (Capo IV);
§ Procedure di impugnazione (Capo V);
§ Disposizioni generali e finali (Capo VI).
Il Capo I reca le disposizioni generali della direttiva. In particolare, viene definito l’oggetto (art. 1) e il campo di applicazione della direttiva (art. 3). La direttiva si applica alle domande di asilo presentate nel territorio (o alla frontiera) degli Stati membri (ma non presso le rappresentanze diplomatiche). Le domande di asilo la cui procedura di esame rientra nella presente direttiva sono quelle presentate a norma della Convezione di Ginevra e quelle previste all’art. 15 della direttiva 2004/83/CE (protezione sussidiaria: vedi supra).
La direttiva, inoltre, prevede la designazione da parte di ciascun Paese membro di una autorità competente per l’esame delle domande di asilo (art. 4) e riconosce agli Stati membri la possibilità di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli sulle procedure di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato, se compatibili con la direttiva (art. 5).
Il Capo II contiene una serie di disposizioni relative alla tutela dei diritti dei richiedenti asilo.
Vengono, innanzitutto, disciplinate dettagliatamente le modalità di accesso alla procedura (art. 6) prevedendo due possibilità: gli Stati membri possono esigere che le domande siano presentate personalmente dall’interessato, oppure anche da parte di un richiedente a nome delle persone a suo carico.
Coloro che presentano richiesta per il riconoscimento dello status di rifugiato possono risiedere, pur senza aver diritto a un titolo di soggiorno, nel Paese dove hanno presentato la domanda fino alla adozione della decisione finale (art. 7).
Di particolare rilievo la disposizione che vieta di respingere o non considerare le domande che non sono state presentate tempestivamente (art. 8).
Un gruppo di disposizioni del Capo II attiene alla disciplina della comunicazione e informazione nei confronti del richiedente asilo.
Innanzitutto, le decisioni sulle domande devono essere comunicate per iscritto e, nel caso in cui la domanda sia respinta, la decisione deve essere motivata (art. 9).
Inoltre, il richiedente ha diritto, se ne fa richiesta, di sostenere un colloquio personale sulla sua domanda di asilo, in condizioni di riservatezza adeguate, sul quale deve essere redatto un verbale (artt. 12, 13 e 14).
Più in generale, il richiedente asilo ha il diritto di essere informato in una lingua a lui comprensibile della procedura da seguire e di ricevere, se necessario, l’assistenza di un interprete (art. 10).
In materia di assistenza legale sono previste garanzie in ogni fase del procedimento, quali la possibilità di consultare un avvocato o consulente legale. Le spese legali sono gratuite nel caso di decisione negativa (art. 15).
Sono previste ulteriori garanzie per i minori non accompagnati (art. 17).
Il Capo III attiene alle procedure di primo grado relative all’esame delle domande di asilo.
Da segnalare la possibilità per gli Stati membri di istituire due tipi di procedure: una ordinaria per la generalità dei casi e una accelerata per una serie tassativamente individuata di situazioni specifiche (art. 23).
La procedura accelerata è destinata a due categorie distinte di domande di asilo: si tratta, da un lato, delle domande verosimilmente fondate o quelle presentate da persone con particolari bisogni, dall’altro, delle domande che presentano una serie di irregolarità o le cui circostanze di presentazione destano sospetti sulla loro fondatezza.
In questa categoria rientrano tra le altre le domande contenenti dati falsi o incompleti, o reiterate in assenza di nuovi elementi. Vi fanno, inoltre, parte le domande presentate da soggetti entrati illegalmente, o destinatari di una decisione di espulsione, oppure da un richiedente che costituisca un pericolo per la sicurezza nazionale.
Sono considerate infondate le domande di asilo presentate da coloro che provengono da un Paese di origine ritenuto “sicuro” (art. 23, par. 4, lett. c), salvo che il richiedente invochi “gravi motivi” per ritenere che esso non sia tale nelle specifiche circostanze che lo riguardano (art. 31, par. 1). Spetta al Consiglio, su proposta della Commissione e con il parere del Parlamento europeo, definire l’elenco dei “Paesi di origine sicuri” (art. 29).
Viene, inoltre, prevista la possibilità di non esaminare le domande, cosiddette irricevibili, che, per diversi motivi, rendono superfluo l’avvio della procedura di esame (art. 25); si tratta per esempio di richiedenti asilo cui è già stato riconosciuto lo status di rifugiato, oppure che godono di un trattamento equivalente.
Gli Stati membri possono prevedere procedure specifiche per le domande reiterate e per quelle presentate ed esaminate nei posti di frontiera (art. 24).
In particolare, per quanto riguarda le procedure di frontiera, la direttiva da facoltà agli Stati membri di adottare procedure speciali per decidere direttamente alla frontiera sulle richieste di asilo, senza permettere l’ingresso dei richiedenti, ma garantendo loro le forme di tutela previste dal Capo II (art. 35, par. 1).
Tuttavia, gli Stati membri possono mantenere in vigore disposizioni vigenti, anche in deroga a tali garanzie, a patto di mantenere un sistema minimo di diritti, quali, ad esempio, il diritto all’informazione e all’assistenza legale (art. 35, par. 2).
In ogni caso, il procedimento deve concludersi entro quattro settimane, trascorse le quali il richiedente deve essere ammesso nel territorio dello Stato e la sua domanda deve essere esaminata secondo la procedura prevista in generale dalla direttiva.
Il procedimento per la revoca dello status di rifugiato è oggetto del Capo IV. L’inizio del procedimento di revoca ha inizio in qualsiasi momento, qualora emergano fatti nuovi che possono giustificare il riesame del caso (art. 37).
Anche nel corso del procedimento di riesame all’interessato sono garantiti i diritti spettanti al richiedente (diritto ad essere informato, ad essere sentito personalmente, ecc.).
Tutti i richiedenti asilo, ai sensi del Capo V, devono poter presentare ricorso contro qualsiasi decisione, compresi i casi di domande considerate irricevibili e di quelle per le quali si è deciso di non proseguire l’esame.
Tuttavia, la presentazione del ricorso non consente automaticamente all’interessato di rimanere nel territorio del Paese dove ha presentato la domanda. Spetta, infatti, a ciascuno Stato membro stabilire se l’atto di impugnazione comporti o meno un effetto sospensivo sulla decisione di allontanamento conseguente al rigetto della domanda di asilo (art. 39).
Il Capo VI contiene le disposizioni generali e finali, tra cui i termini per il recepimento (art. 43). La direttiva prevede due fasi di attuazione: entro il 1° dicembre 2007 ciascun Paese membro dovrà adottare le misure legislative e amministrative per il recepimento di larga parte delle disposizioni della direttiva. Un altro anno di tempo è concesso per l’attuazione delle norme relative al diritto all’assistenza legale di cui all’art. 15 della direttiva (entro il 1° dicembre 2008).
Inoltre, le disposizioni di recepimento si applicheranno solamente alle domande di asilo presentate dopo il 1° dicembre 2007 e non anche a quelle pendenti a tale data (art. 44).
L’articolo 12 della legge comunitaria 2006 (L. 13/2007) ha introdotto un principio e un criterio direttivo – ulteriore rispetto a quelli di carattere generale per il recepimento delle direttive comunitarie indicati nell’art. 2 della legge medesima – che il Governo è tenuto a seguire nell’adozione del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2005/85/CE[28].
Il principio direttivo prevede che la domanda di asilo non possa essere dichiarata infondata solamente perché il richiedente asilo sia cittadino di, o provenga da, un paese “sicuro”, secondo l’elenco definito dal Consiglio. Bisognerà, infatti, verificare che non siano stati invocati gravi motivi per non ritenere sicuro quel Paese in relazione alle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente. Si tratta, quest’ultima, di una disposizione contenuta nell’art. 31 della direttiva.
Tra i motivi di cui sopra possono essere comprese gravi discriminazioni e repressioni di comportamenti che, nel Paese di provenienza, risultano oggettivamente perseguiti, mentre nel nostro Paese non costituiscono reati.
L’obiettivo della disposizione è di inserire, tra gli elementi di valutazione nella decisione di accoglimento o rifiuto delle domande di asilo, la considerazione che il richiedente, pur provenendo da un Paese sicuro, può essere perseguito (non necessariamente in base ad una norma penale, ma comunque in base a disposizioni o atti concludenti, oggettivamente individuabili) a causa di un fatto o comportamento che nel nostro ordinamento non è perseguibile (in quanto non costituisce reato). La norma non sembra però considerare tutti i fatti o i comportamenti perseguiti, bensì quelli la cui repressione lede diritti fondamentali (così potrebbe esser letta l’endiadi “gravi discriminazioni e repressioni di comportamenti […]”)[29].
Per quanto riguarda la definizione di Paese sicuro, la direttiva prevede che spetta al Consiglio, su proposta della Commissione e con il parere del Parlamento europeo, definire e aggiornare l’elenco dei “Paesi di origine sicuri” (art. 29 della direttiva) sulla base di alcuni criteri (rispetto dei diritti fondamentali, assenza di persecuzioni, di trattamenti disumani, di violenze legate a conflitti armati ecc.) indicato nell’allegato II della direttiva.
La predisposizione dell’elenco dei Paesi sicuri risponde all’esigenza di avere uno strumento che consenta di decidere in modo oggettivo in ordine all’ammissibilità delle domande. Infatti, se il richiedente proviene da un Paese di origine sicuro la domanda di asilo è giudicata infondata (art. 23, paragrafo 4, lett. c)). La portata di quest’ultima norma, che sembrerebbe a prima vista lasciare poco spazio al legislatore nazionale, è in parte attenuata da due disposizioni contenute nell’articolo 31 della direttiva. La prima di esse prevede che un Paese contenuto nell’elenco dei Paesi sicuri viene considerato effettivamente tale, in ordine ad una specifica domanda di asilo (e comunque previo esame individuale della domanda), solamente se il richiedente “non ha invocato gravi motivi per ritenere che quel Paese non sia un Paese di origine sicuro nelle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente stesso e per quanto riguarda la sua qualità di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE” (paragrafo 1). La seconda disposizione lascia agli Stati membri la facoltà di stabilire ulteriori norme e modalità inerenti all’applicazione del concetto di Paese di origine sicuro (paragrafo 3)[30].
L’art. 7 della direttiva 2005/85/CE prevede che coloro i quali presentano richiesta per il riconoscimento dello status di rifugiato possono risiedere nel Paese dove hanno presentato la domanda fino alla adozione della decisione finale, pur senza aver diritto a un titolo di soggiorno.
Lo schema di decreto legislativo reca l’attuazione della direttiva 2004/83/CE, del 29 aprile 2004, del Consiglio relativa alla introduzione di norme minime comuni sull’attribuzione della qualifica di rifugiato (o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale) e sul contenuto della protezione riconosciuta.
Lo schema di decreto è adottato in virtù della norma di delega conferita al Governo dall’art. 1, co. 1 e 3 della L. 29/2006 (legge comunitaria 2005)[31]; per effetto di tali disposizioni lo schema di decreto è sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari. Si segnala peraltro che il termine per il recepimento, fissato dalla direttiva stessa al 10 ottobre 2006, è scaduto.
Lo schema segue, sia nell’impianto generale sia nella formulazione testuale di molte fra le disposizioni, l’articolazione della direttiva. Esso è composto da 34 articoli e suddiviso nei seguenti sei capi:
§ Capo I: Disposizioni generali (artt. 1 e 2);
§ Capo II: Valutazione delle domande di protezione internazionale (artt. 3-5);
§ Capo III: Status di rifugiato (artt. 7-13);
§ Capo IV: Protezione sussidiaria (artt. 14-18);
§ Capo V: Contenuto della protezione internazionale (artt.19-30);
§ Capo VI: Disposizioni finali (artt. 31-34).
Il Capo I, recante le disposizioni generali, è composto da due articoli.
L’articolo 1 definisce l’oggetto del provvedimento (disciplina dell’attribuzione della qualifica di rifugiato o della protezione sussidiaria; contenuto dei due status) e individua i destinatari (cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea e apolidi).
L’articolo 2 reca le definizioni di taluni termini utilizzati nel prosieguo dell’articolato. In particolare, mentre per la definizione di rifugiato si mantiene quale modello la Convenzione di Ginevra, costituisce un elemento di novità l’introduzione nell’ordinamento interno, a integrazione di quella che viene definita nel suo complesso “protezione internazionale”, della figura della “persona ammissibile alla protezione sussidiaria”, definita come il cittadino straniero privo dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato il quale, tuttavia, si ritiene che, se ritornasse nel Paese di origine, correrebbe il rischio effettivo di subire un grave danno e che non può o (proprio a cagione di tale rischio) non vuole avvalersi della protezione del Paese di origine.
Degna di menzione è anche la definizione di “familiari” del beneficiario dello status: sono considerati tali ai fini della disciplina in esame il coniuge e i figli minori non sposati e a suo carico. Sono inclusi i figli naturali, adottati o affidati o sottoposti a tutela. Il nucleo familiare dev’essere peraltro già costituito prima dell’ingresso in Italia.
Non è inclusa la figura del partner non sposato avente con il beneficiario una relazione stabile, che la direttiva considera tra i familiari se la legislazione o la prassi dello Stato membro equipara le coppie non sposate a quelle sposate nel quadro della legislazione sugli stranieri, considerato che l’ordinamento italiano non reca tale equiparazione.
Il Capo II definisce le modalità e i criteri per la valutazione delle domande di protezione internazionale, ripercorrendo sostanzialmente il disposto della direttiva, con particolare riguardo all’affermazione del principio secondo cui l’esame della domanda deve essere effettuato su base individuale, tenendo conto di tutti i fatti pertinenti che riguardano sia il Paese d’origine sia il richiedente, e degli elementi (sia meramente dichiarati, sia documentati) offerti dal richiedente medesimo, il quale per parte sua è tenuto a presentarli unitamente alla domanda o, comunque, non appena disponibili.
Il comma 4 dell’articolo 3 (con formula che si incontra anche in altre parti del testo: cfr. art. 9, co. 2 e art. 15, co. 2) introduce quale ulteriore elemento di valutazione l’eventuale presenza di gravi motivi umanitari, che impediscano il ritorno nel Paese di origine anche nell’ipotesi in cui si ritenga cessato il rischio di persecuzioni o danni gravi.
La protezione internazionale è attribuita (articolo 4) anche quando il rischio di persecuzione o di danno grave sia sorto successivamente alla partenza del richiedente dal Paese d’origine. Il testo non fa propria la facoltà, offerta agli Stati membri dall’art. 5, par. 3 della direttiva, di non riconoscere lo status di rifugiato quando il rischio di persecuzioni sia basato su circostanze determinate dal richiedente stesso dopo la partenza dal Paese di origine.
L’articolo 5 individua quali responsabili della persecuzione o del danno grave lo Stato, i partiti o le organizzazioni, che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, o i soggetti non statuali, se i soggetti precedenti non possono o non vogliono fornire protezione. L’articolo 6 esamina l’eventualità che la protezione possa essere fornita nel Paese di originedallo Stato o da partiti o organizzazioni, comprese le organizzazioni internazionali, che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio. Tale eventualità è valutata anche tenendo conto, oltre che degli orientamenti del Consiglio dell’Unione europea (come prevede l’art. 7 della direttiva) anche delle valutazioni dell’Alto Commissariato delle Nazioni unite sui rifugiati e di altre competenti organizzazioni internazionali.
Il testo non esercita la facoltà, che l’art. 8 attribuisce agli Stati membri, di negare la protezione internazionale, se in una parte del territorio del Paese di origine il richiedente non abbia fondati motivi di temere di esser perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi e se è ragionevole attendere dal richiedente che si stabilisca in quella parte del Paese.
Il Capo III e il Capo IV definiscono, rispettivamente, i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato e per l’accesso alla protezione sussidiaria.
Gli articoli 7 e 8 delineano la natura e le caratteristiche degli atti di persecuzione e dei motivi che ad essa danno luogo, considerati rilevanti ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato; il successivo articolo 14 definisce il concetto di “danno grave”, il rischio del quale rileva ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria. Il testo dei tre articoli segue, in buona parte anche letteralmente, quello della direttiva.
Gli articoli 9 e 10 elencano i casi di cessazione e di esclusione dallo status di rifugiato sulla falsariga, anche in questo caso, della direttiva che a sua volta riprende tali ipotesi dalla Convenzione di Ginevra. Lo schema introduce peraltro elementi ulteriori al comma 2 dell’art. 9, escludendo la cessazione in presenza di gravi motivi umanitari che impediscano il ritorno nel Paese d’origine, e al successivo comma 3, ove si ribadisce che la cessazione è dichiarata sulla base di una valutazione individuale della situazione personale del richiedente.
Quanto alle ipotesi di esclusione, quella relativa alla commissione di “reati gravi di diritto comune” al di fuori del Paese di accoglienza (art. 12, par. 2, lett. b) della direttiva) è precisata introducendo un criterio di valutazione della gravità del reato basato sull’entità della pena edittale prevista in Italia (non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni). Tale criterio non appare peraltro esclusivo: il comma 2, lettera b) dell’art. 10 recita infatti: “La gravità del reato è valutata anche tenendo conto della pena […]”.
Come si desume dagli articoli 11 e 12, comma 1, lettera a) (e come precisa peraltro la direttiva al punto 14 della premessa), il riconoscimento dello status di rifugiato ha efficacia dichiarativa di una situazione preesistente e non sembra presentare margini di discrezionalità, in presenza delle circostanze di legge. Il diniego dello status di rifugiato può tuttavia aver luogo (anche) quando lo straniero costituisce (articolo 12) un pericolo per la sicurezza dello Stato (comma 1, lettera b)) o un pericolo per l’ordine o la sicurezza pubblica (comma 1, lettera c)): in quest’ultimo caso, la valutazione dev’essere corroborata dall’intervenuta condanna definitiva per uno tra i reati previsti dall’art. 407, co. 2, lett. a), c.p.p..
Si tratta di una serie di delitti caratterizzati da particolare rilevanza, per i quali l’art. 407 c.p.p. eleva da 18 mesi a due anni la durata massima delle indagini preliminari.
La revoca dello status di rifugiato ha luogo (articolo 13) per il sopravvenire o il successivo accertamento di elementi che avrebbero determinato il diniego, ovvero quando l’aver presentato i fatti in modo erroneo o l’averli omessi ha determinato in modo esclusivo il riconoscimento dello status.
Parallelamente a quanto detto con riguardo allo status di rifugiato, gli articoli 15, 16, 17 e 18 disciplinano, in termini conformi alla direttiva, rispettivamente la cessazione, l’esclusione, il riconoscimento e la revoca dello status di protezione sussidiaria. Diversamente da quanto previsto per i rifugiati, l’articolo 16, comma 1, lettera b), esclude il beneficio in presenza di un reato grave commesso (non solo all’estero ma) anche in Italia; e la successiva lettera d), nell’escludere il beneficio quando il richiedente costituisce un pericolo per l’ordine o la sicurezza pubblica, non richiede il necessario concorso di una condanna penale definitiva.
Il testo non esercita la facoltà, che l’art. 17, par. 3, della direttiva attribuisce agli Stati membri, di escludere dal beneficio uno straniero che, prima di essere ammesso nello Stato membro, abbia commesso reati punibili con la reclusione e abbia lasciato il Paese d’origine soltanto al fine di evitare le sanzioni risultanti da tali reati.
Il Capo V definisce nei suoi vari aspetti il contenuto sia della protezione connessa allo status di rifugiato, sia della protezione sussidiaria.
L’articolo 19 fa comunque salvi i diritti stabiliti dalla Convenzione di Ginevra e introduce quale criterio generale l’obbligo di tener conto della specifica situazione delle persone vulnerabili (minori, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologia, fisica o sessuale).
L’articolo 20 determina il contenuto della protezione dal respingimento, in primo luogo operando un richiamo all’art. 19, co. 1, del testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998[32]), che ha introdotto nell’ordinamento il principio del non refoulement.
Il citato art. 19, co. 1 vieta in ogni caso l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
Nei limiti del rispetto di tale divieto, l’espulsione del rifugiato o dell’ammesso alla protezione sussidiaria può aversi (solo) quando:
§ sussistono motivi per ritenere che rappresenti un pericolo per la sicurezza dello Stato;
§ rappresenti un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica, essendo stato condannato con sentenza definitiva per un reato punibile con la reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni.
L’articolo 21 dà attuazione all’obbligo di fornire adeguate informazioni all’interessato sui diritti e i doveri inerenti al proprio status sia mediante la prevista consegna di un opuscolo redatto in lingua nota allo straniero, sia dettando l’obbligo di fornire informazioni preliminari già nel corso della procedura di riconoscimento, in sede di audizione del richiedente.
Si segnala che il comma 1 dell’articolo 21 omette di indicare espressamente quale debba essere il contenuto dell’opuscolo informativo.
L’articolo 22 regola la condizione dei familiari del soggetto ammesso alla protezione internazionale, come definiti dal precedente art. 2 (vedi supra), equiparandoli al beneficiario a tutela dell’unità del nucleo familiare, a meno che per taluno di essi non ricorra una delle cause che avrebbero determinato l’esclusione o il diniego del beneficio.
Si ricorda che ai familiari del rifugiato, se presenti sul territorio nazionale, è rilasciato il permesso di soggiorno per motivi familiari ai sensi dell’art. 30, co. 1, lett. c), ultimo periodo, del testo unico sull’immigrazione; e che l’art. 29-bis del medesimo testo unico, introdotto dal recente D.Lgs. 5/2007[33], ha attribuito al rifugiato la facoltà di richiedere il ricongiungimento familiare per le medesime categorie di familiari e con la stessa procedura prevista in via generale dal precedente art. 29 per gli stranieri legalmente soggiornanti sul territorio nazionale, escludendo in tale ipotesi la necessità di dimostrare la disponibilità di un alloggio idoneo e di un reddito minimo, richiesta dal co. 3 dell’art. 29.
I commi 3 e 4 dell’articolo 22 in commento estendono entrambe le disposizioni ai titolari dello status di protezione sussidiaria.
Si segnala al riguardo che l’ambito dei familiari per i quali si può richiedere il ricongiungimento ex art. 29 è più ampio rispetto a quello definito dallo schema in esame: oltre al coniuge e ai figli minori a carico, sono compresi anche gli altri figli minori e i figli maggiorenni a carico qualora permanentemente non possano provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute, nonché i genitori a carico che non dispongano di un adeguato sostegno familiare nel Paese di origine o di provenienza.
L’articolo 23 prevede che il permesso di lavoro rilasciato ai rifugiati abbia durata quinquennale e sia rinnovabile; quello rilasciato ai titolari di protezione sussidiaria ha invece durata triennale, e il rinnovo è subordinato a una verifica del permanere delle condizioni che hanno determinato il rilascio.
La direttiva richiede un periodo di validità che non sia non inferiore, rispettivamente, a tre anni e ad un anno.
L’articolo 24 disciplina il rilascio dei documenti necessari a consentire i viaggi al di fuori del territorio nazionale. I documenti di viaggio possono essere negati solo in caso di gravissimi motivi attinenti la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico ovvero (per i soli destinatari della protezione sussidiaria) quando manchi la certezza sull’identità del titolare (tale motivo non è espressamente menzionato dalla direttiva).
L’articolo 25 equipara la posizione dei titolari di protezione internazionale a quella dei cittadini italiani con riguardo all’accesso:
§ al lavoro subordinato,
§ al lavoro autonomo,
§ all’iscrizione agli albi professionali,
§ alla formazione professionale e al tirocinio sul luogo di lavoro,
e con riguardo alla relativa disciplina.
L’accesso al pubblico impiego è consentito al solo titolare dello status di rifugiato (non a chi beneficia della protezione sussidiaria), secondo le stesse modalità e limitazioni previste per i cittadini dell’Unione europea. Si rileva che l’art. 26 della direttiva non parrebbe evidenziare la possibilità di un trattamento differenziato tra i due status, sotto questo specifico profilo.
Ai sensi dell’art. 38, co. 1 e 2, del D.Lgs. 165/2001[34], i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri e non attengono alla tutela dell’interesse nazionale. I requisiti per l’accesso, nonché i posti e le funzioni per i quali non può prescindersi dalla cittadinanza italiana, sono stabiliti con regolamento.
Quanto all’accesso all’istruzione, l’articolo 26 equipara pienamente ai cittadini italiani i minori che beneficino della protezione internazionale; quanto ai maggiorenni, la loro posizione riguardo all’accesso al sistema di istruzione e di formazione professionale è equiparata a quella delle altre categorie di stranieri legalmente soggiornanti. È assicurata l’applicazione della disciplina prevista per i cittadini italiani quanto al riconoscimento di titoli di studio stranieri.
L’art. 38 del testo unico in materia di immigrazione già prevede (art. 1) che i minori stranieri presenti (per qualsiasi ragione) sul territorio nazionale siano soggetti all’obbligo scolastico, e ad essi si applichino tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, accesso ai servizi educativi, partecipazione alla vita della comunità scolastica; ulteriori disposizioni concernono le iniziative volte a garantire l’effettività del diritto allo studio, nonché la realizzazione di un’offerta culturale valida per gli stranieri adulti regolarmente soggiornanti.
L’accesso degli stranieri ai corsi delle università e la parità di trattamento, in quest’ambito, tra lo straniero e il cittadino italiano sono regolati dal successivo art. 39. Quanto agli stranieri residenti in Italia, il co. 5 dell’articolo consente loro l’accesso, a parità di condizioni con gli studenti italiani, se titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero se regolarmente soggiornanti da almeno un anno e in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia.
L’articolo 27 sancisce la piena equiparazione ai cittadini dei titolari della protezione internazionale con riguardo alle prestazioni di assistenza sociale e sanitaria. Tale equiparazione, già prevista per i rifugiati (come per altre categorie di stranieri legalmente soggiornanti) in particolare dall’art. 34 e dall’art. 41 del testo unico in materia di immigrazione, è dunque estesa ai titolari di protezione sussidiaria.
L’articolo 28 disciplina la condizione del minore non accompagnato (cioè dello straniero di età inferiore a 18 anni che si trova per qualsiasi motivo sul territorio nazionale ed è privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili), il quale richieda la protezione internazionale.
L’articolo (commi 1 e 2) rinvia alla disciplina generale relativa a tutti i minori in stato di abbandono, recata dagli artt. 343 e seguenti del codice civile, ove si prevede l’apertura della tutela ad opera dell’autorità giudiziaria per il minore i cui genitori non possono esercitare la potestà. Nelle more, si consente l’applicabilità delle misure di protezione sociale previste per i richiedenti asilo ai sensi dell’art. 1-sexies del D.L. 416/1989[35] (c.d. “legge Martelli”) che ha previsto e disciplinato un sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, e al D.Lgs. 140/2005, di attuazione della disciplina comunitaria in materia di accoglienza dei richiedenti asilo.
L’art. 8, co. 4, del D.Lgs. 140/2005 già dispone che l’accoglienza ai minori non accompagnati è effettuata, secondo il provvedimento del Tribunale dei minorenni, ad opera dell’ente locale, e che nell’àmbito dei servizi del sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati, gli enti locali possono prevedere specifici programmi di accoglienza riservati ai minori non accompagnati, richiedenti asilo e rifugiati, che partecipano alla ripartizione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo.
Il minore, quando sia possibile, è affidato a un familiare adulto e regolarmente soggiornante; altrimenti si procede al suo affidamento ad una famiglia idonea o, in mancanza, all’inserimento in una comunità di tipo familiare o in un istituto di assistenza secondo la disciplina generale recata dall’art. 2, co. 1 e 2, della L. 184/1983[36], curando di evitare la separazione dei fratelli e di limitare gli spostamenti. È qui ribadito il principio secondo cui i provvedimenti in materia sono adottati nel superiore interesse del minore.
Le iniziative di ricerca volte all’individuazione dei familiari devono anch’essi svolgersi (comma 3) nel superiore interesse dei minori e con l’obbligo della assoluta riservatezza, in modo da tutelare la sicurezza del richiedente asilo, oltre che dei suoi familiari.
La disposizione ribadisce quanto previsto dal co. 5 del citato art. 8 del D.Lgs. 140/2005, ove si dispone, inoltre, che il Ministero dell’interno stipula convenzioni, sulla base delle risorse disponibili del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, sentito il Comitato per i minori, con l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM) ovvero con la Croce Rossa Italiana, per l’attuazione di programmi diretti a rintracciare i familiari dei minori non accompagnati.
L’articolo 29 dispone, al comma 1, in ordine al diritto di libera circolazione dei titolari di protezione internazionale sul territorio nazionale, fermi restando i limiti stabiliti nelle leggi militari e la possibilità per il prefetto di vietare agli stranieri il soggiorno in comuni o in località che comunque interessano la difesa militare dello Stato, come prevede l’art. 6 del testo unico in materia di immigrazione.
Il comma 2 prevede che, nell’ambito delle misure di integrazione sociale intraprese in favore degli stranieri regolarmente soggiornanti a sensi dell’art. 42 del testo unico in materia di immigrazione, si tenga conto delle esigenze particolari dei titolari di protezione internazionale. Quanto detto si aggiunge alle misure di accoglienza di cui al poc’anzi citato art. 1-sexies del D.L. 416/1989 e all’art. 5 del D.Lgs. 140/2005, anch’esso concernente l’accoglienza dei richiedenti asilo.
Il comma 3 consente ai titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria l’accesso, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa, come previsto per altre categorie di stranieri regolarmente soggiornanti dall’art. 40, co. 6, del testo unico in materia di immigrazione.
Il citato co. 6 dispone che gli stranieri titolari di carta di soggiorno e gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni regione o dagli enti locali per agevolare l’accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione.
L’articolo 30 richiama, con riguardo all’assistenza al rimpatrio volontario dei titolari di protezione internazionale, i programmi menzionati dall’art. 1-sexies del D.L. 416/1989.
Ai sensi del co. 5, lett. e), dell’art. 1-sexies, tra i compiti del servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali che prestano i servizi di accoglienza dei richiedenti asilo e alla tutela dei rifugiati e degli stranieri destinatari di altre forme di protezione umanitaria, vi è quello di promuovere e attuare, d’intesa con il Ministero degli affari esteri, programmi di rimpatrio attraverso l’Organizzazione internazionale per le migrazioni o altri organismi, nazionali o internazionali, a carattere umanitario.
Il Capo VI consta di quattro articoli.
Il primo (articolo 31) individua nel Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno il punto nazionale di contatto che, ai sensi dell’art. 35 della direttiva, costituisce l’organo di riferimento per le attività di cooperazione amministrativa diretta e per lo scambio di informazioni tra le autorità competenti dei singoli Stati membri.
Il successivo articolo 32 contempla il dovere di impartire la necessaria formazione di base al personale addetto all’applicazione della disciplina in esame, e vincola tale personale all’obbligo di riservatezza su quanto appreso in ragione delle proprie attività.
Ai sensi dell’art. 1-quinquies, co. 2, del D.L. 416/1989 la Commissione nazionale per il diritto d’asilo ha, tra gli altri, compiti di formazione e aggiornamento dei componenti delle commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato[37].
L’articolo 33 reca la quantificazione degli oneri recati dal provvedimento e le disposizioni di copertura finanziaria. Gli oneri derivano dalle prestazioni di assistenza sanitaria e sociale assicurate ai titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria ed ai loro familiari, nonché dalla pubblicazione dell’opuscolo informativo di cui all’art. 21 dello schema.
I commi 1 e 2 recano le seguenti autorizzazioni di spesa:
In euro
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Art. 21 |
50.000 |
50.000 |
50.000 |
- |
- |
Artt. 22 e 27 |
2.031.510 |
11.901.820 |
15.677.600 |
19.453.380 |
23.229.160 |
Totale |
2.081.510 |
11.951.820 |
15.727.600 |
19.453.380 |
23.229.160 |
Come si è altrove ricordato, lo schema di decreto è accompagnato da una articolata relazione tecnica.
La copertura (comma 3) è effettuata attingendo, per il 2007, al fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, di cui all’art. 5 della L. 183/1987[38]; per gli anni successivi, mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui alla medesima L. 183/1987.
L’articolo 34 abroga (comma 1) le lett. c) e d) dell’art. 4, co. 1, del D.L. 416/1989, in quanto – come precisa la relazione illustrativa – la relativa disciplina è stata assorbita e superata dalla normativa di recepimento della direttiva (si vedano in particolare le disposizioni di cui agli artt. 10, co. 2 e 3, 12 e 16).
Le due lettere menzionate escludono il riconoscimento dello status di rifugiato:
§ a chi si trovi nelle condizioni previste dall’art. 1, par. F, della Convenzione di Ginevra (persone che abbiano commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l’umanità; ovvero un grave crimine di diritto comune fuori dal Paese di accoglienza prima di esservi ammesso come rifugiato; ovvero che abbiano agito contro i fini e i princìpi delle Nazioni unite);
§ a chi sia stato condannato in Italia per uno dei delitti previsti dall’art. 380, co. 1 e 2, del codice di procedura penale (delitti per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza) o risulti pericoloso per la sicurezza dello Stato, ovvero risulti appartenere ad associazioni di tipo mafioso o dedite al traffico degli stupefacenti o ad organizzazioni terroristiche.
Il comma 2 fa richiamo alle procedure di cui al D.L. 416/1989 e al relativo regolamento di attuazione ai fini dell’applicazione delle norme del provvedimento in esame, in attesa dell’entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2005/85/CE[39], concernente per l’appunto le procedure di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato.
Il comma 3 include espressamente la nuova figura dello straniero con permesso di protezione sussidiaria, introdotta dal testo in esame, tra i destinatari dei servizi finalizzati all’accoglienza dei richiedenti asilo e alla tutela dei rifugiati e degli stranieri destinatari di altre forme di protezione umanitaria, prestati dagli enti locali ai sensi dell’art. 1-sexies del D.L. 416/1989.
I commi 4 e 5 recano infine disposizioni miranti ad equiparare e ad assorbire gradualmente nello status di protezione sussidiaria gli stranieri già titolari di permesso di soggiorno rilasciato per motivi di carattere umanitario ai sensi dell’art. 5, co. 6, del testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998).
Ai sensi del comma citato, Il permesso di soggiorno può essere rifiutato o revocato (anche) “sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”.
Lo schema di decreto legislativo, reca l’attuazione della direttiva 2005/85/CE, del 1° dicembre 2005, del Consiglio relativa alla introduzione di norme minime comuni per le procedure relative al riconoscimento e alla revoca dello status di rifugiato.
Lo schema di decreto è adottato in virtù della norma di delega conferita al Governo dall’art. 1, co. 1 e 3 della L. 13/2007 (legge comunitaria 2006)[40]; per effetto di tali disposizioni lo schema di decreto è sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari. Il termine per il recepimento della direttiva è fissato dalla direttiva stessa al 1° dicembre 2007.
Lo schema in esame sostituisce in gran parte la disciplina in materia di asilo recata dal D.L. 416/1989[41] (c.d. “legge Martelli”) che viene abrogata quasi completamente.
Lo schema, composto di 41 articoli, si suddivide nei seguenti sei capi:
§ Capo I: Disposizioni generali (artt. 1-5);
§ Capo II: Principi fondamentali e garanzie (artt. 6-25);
§ Capo III: Procedure di primo grado (artt. 26-32);
§ Capo IV: Revoca, cessazione e rinuncia della protezione internazionale (artt. 33 e 34);
§ Capo V: Procedure di impugnazione (artt. 35-36);
§ Capo VI: Disposizioni finali e transitorie (artt. 37-41).
Il Capo I dello schema di decreto in esame reca alcune disposizioni di carattere generale.
In primo luogo, l’articolo 1 (corrispondente agli articoli 1 e 3 della direttiva) delimita l’ambito di applicazione del provvedimento: le procedure per l’esame delle domande di protezione internazionale. Viene specificato che si tratta delle domande presentate nel territorio nazionale da cittadini non appartenenti all’Unione europea o da apolidi.
Il provvedimento reca, inoltre, le procedure per la revoca e la cessazione degli status riconosciuti e quelle per l’impugnazione delle decisioni.
Da rilevare, innanzitutto, che il legislatore delegato ha scelto di applicare una “procedura unica” a tutte le forme di protezione internazionale, attivando l’opzione prevista dalla direttiva 2005/85: questa, infatti, si applica obbligatoriamente alle sole domande di asilo (art. 3, co. 1). Il comma 4 del medesimo art. 3, prevede la possibilità per gli Stati membri di decidere di applicare la stessa procedura ad altre forme di protezione internazionale.
Nella terminologia comunitaria, la protezione internazionale comprende sia il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della convenzione di Ginevra, sia la protezione sussidiaria, prevista per coloro che, pur non avendo i requisiti necessari per essere riconosciuti rifugiati, non possono comunque essere rimpatriati perchè esposti a gravi rischi.
Le due forme di protezione sono oggetto della direttiva “gemella” a quella in esame, la 2004/83/CE che disciplina appunto la qualifica di rifugiato e di protezione sussidiaria[42].
L’articolo 2 contiene le definizioni utilizzate nel provvedimento che coincidono in parte con quelle dell’articolo 2 della direttiva.
Gli articoli 3, 4 e 5 danno attuazione all’art. 4 della direttiva che prevede la designazione di una autorità nazionale competente per l’esame delle domande di asilo.
In particolare, l’articolo 3 individua tre livelli di organismi competenti in materia (un quarto livello è indicato nell’articolo 5) riproducendo sostanzialmente la situazione prevista dalla disciplina vigente.
Innanzitutto, le autorità competenti a ricevere le istanze di protezione sono gli uffici della polizia di frontiera e le questure secondo le modalità indicate dall’art. 26 (comma 2).
La decisione relativa alla determinazione dello Stato competente all’esame della domanda, ai sensi del regolamento (CE) 343/2003 spetta all’Unità Dublino, istituita in attuazione dell’art. 22 del citato regolamento 343, che appunto prevede l’istituzione di una autorità competente in materia (comma 3). Si tratta di un ufficio operante presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno, ed in particolare nell’Ufficio III della Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo, una delle articolazioni del Dipartimento.
L’esame vero è proprio delle domande è svolto dalle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale (comma 1).
Si tratta delle Commissioni territoriali per il riconoscimenti dello status di rifugiato – che assumono la nuova denominazione in virtù del principio di uniformità della procedura di esame delle domande di protezione (vedi art. 1) – istituite dalla L. 189/2002, attraverso l’introduzione dell’art. 1-quater nella legge Martelli (si veda la scheda relativa al quadro normativo).
L’articolo in esame conferma in larga parte la disciplina attuale delle Commissioni territoriali, con alcune significative differenze.
Innanzitutto, viene fissato il numero massimo delle Commissioni pari a dieci: attualmente la legge demanda al regolamento di esecuzione la individuazione del numero delle commissioni che al momento sono sette (art. 12, co. 1, D.P.R. 303/2004). L’individuazione delle sedi spetta comunque al ministro dell’interno.
La competenza relativa alla nomina dei componenti, invece, viene trasferita dal ministro dell’interno, che mantiene un potere di proposta, al Presidente del Consiglio.
La struttura della Commissione rimane inalterata; essa è composta di quattro membri: un prefetto che la presiede, un funzionario della Polizia di Stato, un rappresentante degli enti territoriali e un rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR). A questi può aggiungersi un rappresentante del Ministero degli affari esteri in presenza di particolari afflussi di richiedenti protezione internazionale.
Mentre attualmente è esclusa qualsiasi forma di indennità per i componenti le Commissioni, lo schema di decreto prevede la corresponsione di un gettone di presenza per ogni partecipazione da determinarsi con decreto del ministro dell’interno, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze.
Le Commissioni si avvalgono del supporto organizzativo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno.
L’articolo 5 disciplina il quarto organismo competente in materia, la Commissione nazionale per il diritto di asilo, in termini analoghi a quanto previsto dall’articolo 1-quinques del D.L. 416/1989 e dagli artt. 18-20 del D.P.R. 303/2004 (si veda la scheda sul quadro normativo). Viene confermato, in particolare il ruolo di organo di indirizzo e di coordinamento delle Commissioni territoriali, oltre all’importante compito di decidere in materia di revoca e cessazione degli status di protezione internazionale riconosciuti.
Il Capo II contiene prevalentemente disposizioni volte alla tutela del richiedente asilo, oltre ad alcuni principi di carattere generale.
Innanzitutto, viene disciplinato l’accesso alla procedura prevedendo che la domanda di protezione è presentata dall’interessato presso l’ufficio di frontiera, al momenti dell’ingresso nel territorio dello Stato, oppure presso la questura (art. 6). Viene specificato che la domanda deve essere presentata personalmente dal richiedente, non attuando così la disposizione della direttiva (art. 6, co. 3) che prevede, in via facoltativa, la possibilità di consentire al richiedente di presentare domanda anche per conto delle persone a suo carico. Parimenti, non viene contemplata l’ipotesi di presentazione di domanda di asilo da parte dei minori per proprio conto (art. 6, co. 4, lett. a) della direttiva): per essi vale la domanda presentata dai genitori; ai minori non accompagnati è consentito l’accesso alla procedura secondo le modalità dell’articolo 17.
L’articolo 7 sancisce il principio che il richiedente ha diritto a rimanere nel territorio nazionale per tutto il tempo necessario all’esame della domanda. La permanenza è finalizzata unicamente allo svolgimento della procedura, anche se viene fatto salvo il diritto del richiedente di svolgere una attività lavorativa nel caso in cui la decisione sulla domanda di asilo non venga adottata entro sei mesi dalla presentazione, senza che il ritardo possa essere attribuito al medesimo richiedente asilo (come stabilito dal D.Lgs. 140/2005, art. 11, di attuazione della direttiva n. 9 del 2003)[43].
Il diritto di permanenza non è riconosciuto nei seguenti casi:
§ mandato di arresto europeo;
§ consegna ad un Tribunale penale internazionale;
§ avviamento verso un altro Stati competente per l’esame dell’istanza.
Lo schema non considera una quarta eccezione al diritto di permanenza, prevista in via facoltativa dalla direttiva, relativa alla reiterazione delle domande di asilo in quanto questa particolare fattispecie di domanda (la cui attuazione non è obbligatoria) non è recepita dal presente schema.
L’articolo 8 stabilisce che le domande non possono essere respinte o non esaminate per il solo fatto di non essere state presentate tempestivamente, e che le domande devono essere esaminate in modo obiettivo ed approfondito.
Le decisioni devono essere comunicate per iscritto e le decisioni negative devono essere adeguatamente motivate (articolo 9).
Ai sensi dell’articolo 10 sono definite una serie di garanzie a tutela del richiedente asilo che ricalcano quelle dell’articolo 10 della direttiva: informazione adeguata al richiedente sulla procedura da seguire e sull’esito della domanda, possibilità di comunicare con l’ACNUR, assistenza di interpreti. Si tratta, in larga parte, di disposizioni già presenti nel nostro ordinamento (si veda in particolare l’art. 2, co. 6, art. 3, co. 3, art. 4 del D.P.R. 303/2004).
A sua volta, il richiedente è tenuto a rispettare alcuni obblighi (articolo 11): cooperare con le autorità, comunicare i propri cambiamenti di residenza o domicilio ed in generale agevolare il compimento degli “accertamenti previsti dalla legislazione in materia di pubblica sicurezza”. Con tale ultima espressione, si intende presumibilmente dare attuazione all’articolo 11, comma 2, lettere d), e) ed f) della direttiva che prevedono la possibilità di perquisire e fotografare il richiedente e di registrarne le dichiarazioni.
Gli articoli 12, 13 e 14 dello schema di decreto disciplinano il colloquio personale che il richiedente può sostenere davanti alla commissione territoriale. Si tratta di una delle fasi centrali del procedimento di esame delle domande di protezione regolate dagli articoli 12, 13 e 14 della direttiva (e dall’articolo 16 per quanto riguarda la presenza di un avvocato al colloqui) le cui disposizioni sono sostanzialmente riprese nello schema in esame ed integrate con quelle ora vigenti contenute prevalentemente nell’art. 1-quater del D.L. 416/1989 e negli artt. 13 e 14 del D.P.R. 303/2004. Da rilevare in questa sede l’assenza del riferimento all’obbligo di garantire una adeguata tutela della riservatezza del colloquio contenuta non solo nell’art. 13, co. 2 della direttiva, ma anche nell’art. 14, co. 3, del D.P.R. 303/2004. Tuttavia, il principio dell’obbligo della riservatezza per tutti i soggetti coinvolti nei procedimenti connessi alle domande di asilo è affermato in via generale all’art. 37 che recepisce l’art. 41 della direttiva.
L’articolo 15 affida alla Commissione nazionale il compito di curare la formazione e l’aggiornamento dei propri componenti e di quelli delle commissioni territoriali come prescritto dall’art. 4, co. 3 della direttiva. Tale compito è già previsto dall’art. 1-quinquies del decreto legge 416/1989.
Lo schema di decreto prevede ulteriori garanzie in favore del richiedente asilo, quali il diritto all’assistenza legale e, nel caso di ricorso, al gratuito patrocinio (articolo 16)[44], il diritto all’accesso alle informazioni relative alla procedura (articolo 17), il diritto all’accesso agli atti amministrativi e più in generale alle tutele connesse all’azione amministrativa (articolo 18).
Riguardo a quest’ultimo aspetto, lo schema di decreto amplia la portata del grado di tutela previsto dalla direttiva, estendendo ai richiedenti asilo l’applicazione di alcune forme di garanzia dei cittadini italiani nei confronti dell’attività amministrativa contemplati dalla L. 241/1990[45], quali l’obbligo di conclusione e di motivazione del procedimento (artt. 2 e 3), l’obbligo di individuare un responsabile del procedimento (artt. 5 e 6), la possibilità dell’interessato (ma non anche di soggetti terzi quali associazioni e comitati) di partecipare al procedimento (artt. 7, 8 e 10), il diritto all’acceso agli atti (capo V). Al procedimento si applicano anche le norme generali relative all’efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo (capo IV-bis della L. 241/1990).
Una speciale tutela è assicurata per il minori non accompagnati (articolo 19) al quale deve essere garantita l’assistenza del tutore (nominato secondo le procedure del codice civile, art. 343 e seguenti) in ogni fase del procedimento. In caso di dubbio sull’età, il richiedente può essere sottoposto, previo consenso, ad accertamenti medici. Il mancato consenso non pregiudica il proseguimento della procedura, né il suo esito.
Gli articoli 20, 21 e 22 disciplinano il trattenimento del richiedente asilo nel periodo necessario all’esame della domanda.
In proposito, la direttiva (art. 18) si limita a stabilire il principio che il richiedente asilo non deve essere trattenuto per il solo fatto di aver presentato istanza. Questo principio, del resto già presente nella disciplina vigente (art. 1-bis, co. 1, del D.L. 416/1989) viene recepito dallo schema in esame (art. 20, co. 1) che, inoltre, disciplina in modo dettagliato le modalità di trattenimento.
Viene mantenuta la distinzione prevista dal D.L. 416/1989 (art. 1-bis) tra coloro che fanno richiesta di asilo dopo essere stati oggetto di un provvedimento di espulsione, da trattenere nei centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA) e gli altri richiedenti da trattenere nei centri di identificazione.
Al sistema sopra delineato sono apportate alcune significative modificazioni.
Innanzitutto, viene separata nettamente l’ipotesi di accoglienza da quella del trattenimento.
Nel primo caso, i richiedenti vengono ospitati nei centri di accoglienza (che prendono il posto degli attuali centri di identificazione) quando si verificano le seguenti condizioni:
§ necessità di determinare l’identità o la nazionalità del richiedente;
§ presentazione della richiesta da parte di coloro che sono stati fermati dalla forza pubblica per aver eluso i controlli di frontiera o per essere in condizioni di soggiorno irregolare;
§ presentazione della richiesta da parte di coloro che sono stati oggetto di un provvedimento di espulsione amministrativa per due specifiche cause: ingresso clandestino e trattenimento nel territorio nazionale senza aver fatto richiesta del permesso di soggiorno (art. 13, co. 2, lett. a) e b), del testo unico sull’immigrazione, D.Lgs. 286/1998);
§ presentazione della richiesta da parte di coloro che sono stati respinti alla frontiera (art. 10, D.Lgs. 286/1998).
Rispetto alla normativa vigente, non vengono più accolti nei centri coloro per i quali è necessario verificare gli elementi su cui si basa la domanda e coloro nei cui confronti è pendente un procedimento relativo al riconoscimento del diritto ad essere ammesso nel territorio dello Stato (art. 1-bis, co. 1, lett. b) e c), del D.L. 416/1989,.
La differenza maggiore però consiste nel destinare ai centri di accoglienza gli espulsi (nelle fattispecie viste sopra) e i respinti alla frontiera che, ai sensi delle norme vigenti, devono essere trattenuti nei CPTA.
Inoltre, lo schema in esame introduce una differenziazione dei tempi massimi di permanenza nei centri di accoglienza: il termine vigente di 20 giorni (art. 3, co. 1, D.P.R. 303/2004) è mantenuto solamente nell’ipotesi di dover accertare l’identità del richiedente, mentre per tutti gli altri casi visti sopra il termine è prolungato a 35 giorni, ferma restando una minore permanenza nel caso intervenga nel frattempo la decisione sull’istanza. Decorso tale periodo senza che la procedura si sia conclusa al richiedente è rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo di tre mesi, eventualmente rinnovabile.
L’articolo 21 disciplina i casi di trattenimento presso i CPTA dove affluiscono:
§ coloro che sono esclusi dai benefici della Convenzione di Ginevra, perchè macchiatesi di gravi reati (crimini di guerra, contro l’umanità)[46];
§ coloro che sono stati condannati per uno dei delitti per i quali è previsto l’arresto in flagranza (art. 380 codice procedura penale) o per reati particolarmente gravi quali quelli di droga, libertà sessuale, immigrazione clandestina, prostituzione;
§ coloro che sono destinatari di un provvedimento di espulsione diverso da quelli esaminati sopra e derivanti da più gravi motivi: si tratta dell’espulsione disposta dal Ministro dell’interno per motivi di ordine pubblico (art. 13, co. 1, del testo unico in materia di immigrazione), espulsione disposta per i delinquenti abituali o per gli indiziati di mafia (art. 13, co. 2, lett. c), del testo unico), per motivi di prevenzione del terrorismo (art. 3, D.L. 144/2005), espulsione disposta dall’autorità giudiziaria (artt. 235 e 312 c.p., artt. 15 e 16 del testo unico);
È comunque garantito l’accesso ai CPTA dei rappresentanti dell’ACNUR, degli avvocati e dei rappresentanti degli organismi di tutela dei rifugiati autorizzati dal Ministero dell’interno.
L’articolo 22, al comma 2, stabilisce che l’allontanamento dai centri di accoglienza o di trattenimento senza giustificato motivo fa cessare le condizioni di accoglienza e fa sì che la commissione territoriale decide la domanda sulla base della documentazione in suo possesso. Viene, dunque, abolito l’automatismo, attualmente previsto, che consente di considerare l’allontanamento non autorizzato quale rinuncia della domanda (art. 1-ter, co. 4, D.L. 416/1989). Conseguentemente non viene recepito l’art. 20 della direttiva che disciplina l’ipotesi di ritiro implicito della domanda.
L’articolo 23 disciplina le conseguenze del ritiro della domanda di asilo, prevedendo in tal caso l’estinzione del procedimento, mentre la direttiva offre un’alternativa tra la sospensione e il respingimento (art. 19).
L’articolo 24 consente all’ACNUR l’accesso alle strutture di accoglienza e il potere di svolgere attività di consulenza e supporto al Ministero dell’interno, alla commissione nazionale e alle commissioni territoriali a richiesta del Ministero dell’interno. Si rileva che tale ultima condizione (richiesta all’autorità nazionale per accedere alla strutture) è assente nel testo della direttiva (art. 21). Inoltre, l’articolo in esame non estende i poteri conferiti all’ACNUR di accesso e consulenza anche alle organizzazioni operanti per conto dell’ACNUR come, invece, previsto dal medesimo articolo della direttiva.
Infine, l’articolo 25 vieta l’acquisizione di informazioni dai presunti responsabili delle persecuzioni ai danni del richiedente, e, nel contempo, la diffusione di informazioni sul conto del richiedente che possano nuocergli.
L’articolo 26 disciplina le operazioni preliminari della procedura di esame, disponendo, in particolare, che la presentazione della domanda può avvenire indifferentemente all’ufficio di polizia di frontiera o alla questura (ora la presentazione presso la questura può avvenire unicamente se nel luogo di ingresso nel territorio nazionale non vi è un ufficio di frontiera, art. 2, co.1, D.P.R. 303/2004). L’attività istruttoria è compiuta comunque dal questore che dispone anche l’eventuale trattenimento nel caso ricorrano le condizioni sopra esaminate.
Si rileva che non è più indicato il termine perentorio (due giorni) entro il quale il questore deve trasmettere l’istanza alla commissione territoriale competente (art. 1-quater, co. 2, decreto legge 416/1989).
Nel caso di domanda presentata da minori non accompagnati è lo stesso questore che ne dà comunicazione al Tribunale dei minorenni per la nomina del tutore ai sensi dell’art. 343 del codice civile e per il suo inserimento nelle strutture di accoglienza, così come già previsto dall’art. 2, co. 5, del D.P.R. 303/2004.
L’articolo 27 introduce la disciplina relativa alla procedura vera e propria dell’esame delle domande di protezione.
Viene accolto il sistema delineato dall’articolo 23 della direttiva basato su due tipi di procedura: una ordinaria e una prioritaria o accelerata (facoltativa) che si distingue dalla prima per tempi di esame più brevi. Tale struttura del resto è già presente nella normativa vigente (D.L. 416/1989) che prevede una procedura ordinaria (art. 1-quater) e una semplificata (art. 1-ter).
Il comma 1 dell’articolo 27 affida alle commissioni territoriali il compito di esaminare le domande di asilo, nel rispetto dei principi e delle garanzie indicate nel capi II.
I tempi di esame per la procedura ordinaria (comma 2) sono quelli già previsti dalla normativa vigente: entro 30 giorni dal ricevimento della domanda la commissione territoriale competente provvede al colloquio e nei successivi 3 giorni decide. Tali termini tuttavia possono essere derogati se sopravvenga l’esigenza di acquisire nuovi elementi: in tal caso devono esserne informati il richiedente e la questura competente (comma 3).
La procedura accelerata (definita esame prioritario dall’articolo 28) si attiva in tre ipotesi[47]:
§ domanda palesemente fondata;
§ domanda presentata da persone appartenenti ad una delle categorie vulnerabili individuate dal D.L. 140/2005 (minori, anziani, disabili, donne in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, persone che hanno subito violenze gravi);
§ domanda presentata dai richiedenti che rientrano nelle categorie di cui agli articoli 20 e 21, ossia coloro che sono avviati ai centri di accoglienza (ad eccezione di coloro che devono essere semplicemente identificati) o ai CPTA.
La tipologia di casi per i quali si attiva la procedura prioritaria differisce radicalmente dall’attuale sistema, che prevede la procedura semplificata in due ipotesi: accertamento dell’identità (condizione espressamente esclusa come si è visto sopra dallo schema in esame) e verifica degli elementi su cui si basa la domanda di asilo (art. 1-bis, co. 1, lett. a) e b) del D.L. 416/1989. Un’altra importante differenza risiede nei tempi di esame: nella disciplina vigente sono fissati in 15 giorni per il colloquio e in 3 giorni per la decisione. L’articolo in esame invece non dà indicazioni sui tempi di esame (condizione del resto non richiesta dalla direttiva) ma si limita a precisare che le domande con le caratteristiche di cui sopra devono essere esaminate in via prioritaria. Fanno eccezione le domande presentare dagli espulsi avviati nei CPTA, per i quali sono previsti tempi brevissimi: 7 giorni per il colloquio e 2 per la decisione.
In qualsiasi fase del procedimento il richiedente può inviare ulteriore documentazione alla commissione (articolo 31).
L’articolo 29 disciplina i casi di inammissibilità delle domande. Mentre l’articolo 30 prevede la sospensione dell’esame delle domande per le quali è in corso la decisione in merito allo Stato competente (ai sensi del regolamento (CE) n. 343/2003).
Dei sette casi indicati dalla direttiva come possibili cause di inammissibilità (o più precisamente di irricevibilità come definiti dalla direttiva), lo schema ne considera solamente due:
§ le domande presentate da chi è stato già riconosciuto rifugiato da uno Stato firmatario della convenzione di Ginevra (la direttiva limita tale ipotesi ai soli Stati dell’Unione europea, art. 25, co. 2, lett. a);
§ le reiterazioni di identica domanda senza nuovi elementi.
Due delle altre ipotesi non considerate dal legislatore delegato, riguardano la irricevibilità delle domande di coloro che già godono della protezione di un paese definito paese di primo asilo oppure provengono da un paese terzo sicuro.
Queste ultime due fattispecie (la cui applicazione non è obbligatoria per gli Stati membri) sono disciplinate dagli articoli 26 e 27 della direttiva e non sono recepiti dallo schema in esame. Sinteticamente, si tratta di due elenchi, redatti da ciascun Paese membro, contenenti, rispettivamente, i Paesi che per primi hanno dato asilo (o una qualche altra forma di protezione adeguata) ai richiedenti e i Paesi di provenienza dei richiedenti che il Paese membro dove è stata presentata la domanda di asilo considera sicuri. La redazione dei due elenchi è sottoposta ad alcune norme dettagliate, e consente ai Paesi membri che scelgono di adottarli di considerare non ricevibili le istanze presentate da persone provenienti da quei Paesi.
Come si è detto, il legislatore delegato italiano ha scelto di non attivare questo meccanismo. Un diverso discorso deve farsi in relazione ad una terza fattispecie introdotta dalla direttiva, il concetto di paese di origine sicuro, il cui recepimento apparirebbe invece obbligatorio.
L’articolo 29 della direttiva, infatti, prevede la redazione da parte del Consiglio dell’Unione europea di un elenco comune minimo di Paesi terzi considerati Paesi di origine sicuri. Elenco che può essere integrato da ciascun Paese membro secondo le modalità viste sopra. Ai sensi del successivo articolo 31 della direttiva, se un cittadino di uno dei Paesi dell’elenco comune presenta istanza di asilo, questa deve essere necessariamente respinta (o meglio considerata infondata), a meno che il richiedente non invochi gravi motivi relativi alla condizione personale del richiedente stesso in quel Paese, che inducano a non ritenerlo sicuro.
La definizione di Paese di origine sicuro, operata mediante un mero riferimento all’art. 29 della direttiva, è contenuta nell’art. 2, co. 1, lett. m), dello schema, e un riferimento indiretto a tale concetto è contenuto nel successivo articolo 32 che regola la fase finale del procedimento, ossia quello della decisione.
La commissione territoriale, fatto salvo il caso di ritiro della domanda (art. 23), di inammissibilità della stessa (art. 29), o di sospensione in caso di dubbio sullo Stato competente a decidere (art. 30), deve adottare una delle seguenti decisioni (art. 32):
§ riconoscere lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria;
§ rigettare la domanda qualora non sussistano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale indicati nello schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 83, oppure in caso di cessazione o esclusione dalla protezione ivi previste.
Il comma 2 stabilisce che il solo fatto che un richiedente asilo provenga da un Paese di origine sicuro, non deve necessariamente determinare il respingimento della domanda senza averla esaminata alla luce dei motivi invocati dal richiedente per non ritenere sicuro quel Paese nelle circostanze specifiche in cui egli si trova. Si tratta di una disposizione che recepisce il contenuto di parte dell’articolo 31 della direttiva, descritto sopra. Nello schema si aggiunge la specificazione che i gravi motivi di cui sopra possono comprendere anche gravi discriminazioni e repressioni di comportamenti che pur risultando oggettivamente perseguibili nel Paese di origine, non costituiscono reato per l’ordinamento italiano.
Queste precisazioni sono dovute ad uno specifico criterio direttivo contenuto nella legge di delega, di cui si dirà fra poco.
Si osserva che la disposizione di cui sopra non sembra recepire pienamente l’articolo 31 della direttiva che, come si è accennato, pone l’obbligo, una volta accertata la nazionalità, di ritenere infondata la domanda di un richiedente asilo che provenga da un Paese di origine sicuro. Tale disposizione trova un riflesso, come detto, nella sola disposizione di deroga contenuta nell’art. 32, co. 2, dello schema, che impone di considerare i motivi personali addotti dal richiedente. Ma la portata della deroga appare incerta in considerazione dell’assenza della disposizione generale su cui la deroga incide, ossia dell’obbligo di ritenere infondata la domanda nel caso in cui il richiedente asilo provenga da un Paese di origine sicuro; disposizione contenuta nella direttiva ma non (o almeno, non in termini espliciti) nello schema in esame.
L’articolo 12 della legge comunitaria 2006 ha introdotto un principio e criterio direttivo – ulteriore rispetto a quelli di carattere generale indicati nell’art. 2 della legge comunitaria – che il Governo è tenuto a seguire nell’esercizio della delega per l’attuazione della direttiva 2005/85/CE. Esso prevede che la domanda di asilo non possa essere dichiarata infondata solamente perché il richiedente asilo sia cittadino di un paese sicuro, secondo l’elenco definito dal Consiglio[48]. Bisognerà, infatti, verificare che non siano stati invocati gravi motivi per non ritenere sicuro quel Paese in relazione alle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente. Si tratta, quest’ultima, di una disposizione contenuta nell’art. 31 della direttiva (vedi oltre). Tra i motivi di cui sopra possono essere comprese gravi discriminazioni e repressioni di comportamentiche, nel Paese di provenienza, risultano oggettivamente perseguiti, mentre nel nostro Paese non costituiscono reati.
L’obiettivo della disposizione è di inserire, tra gli elementi di valutazione nella decisione di accoglimento o rifiuto delle domande di asilo, la considerazione che il richiedente, pur provenendo da un Paese sicuro, può essere perseguito (non necessariamente in base ad una norma penale, ma comunque in base a disposizioni o atti concreti, oggettivamente individuabili) a causa di un fatto o comportamento che nel nostro ordinamento non è perseguibile (in quanto non costituisce reato). La norma non sembra però considerare tutti i fatti o i comportamenti perseguiti, bensì quelli la cui repressione lede diritti fondamentali (così potrebbe esser letta l’endiadi “gravi discriminazioni e repressioni di comportamenti […]”)[49].
L’articolo 33 disciplina il procedimento di revoca e cessazione della protezione internazionale secondo i principi degli articoli 37 e 38 della direttiva.
Infine, l’articolo 34 prevede la rinuncia espressa (ipotesi non contemplata dalla direttiva) allo status di rifugiato o di soggetto ammesso alla protezione sussidiaria che comporta la decadenza dal medesimo status.
Il capo V dello schema in esame attua l’articolo 39della direttiva che riconosce al richiedente asilo il diritto a ricorrere davanti al giudice nei confronti delle decisioni relative alla sua domanda.
L’articolo 35 prevede infatti la possibilità di impugnare:
§ la decisione della commissione territoriale relativa all’accoglimento o la rigetto della domanda;
§ la decisione di accordare la protezione sussidiaria in luogo dello status di rifugiato;
§ la decisione sulla revoca o cessazione della protezione internazionale;
§ il provvedimento di inammissibilità della domanda.
In quest’ultima ipotesi, e nel caso di decisione successiva all’abbandono del richiedente del centro di accoglienza o di permanenza, il ricorso non comporta la sospensione della decisione (tranne per decisione del tribunale cui è presentato il ricorso per gravi motivi); sospensione che, invece, scatta per le altre ipotesi.
Da rilevare che ai sensi della legislazione vigente, il ricorso in nessun caso sospende automaticamente l’esecuzione del provvedimento di espulsione (ma il prefetto può autorizzare il richiedente a rimanere nel territorio nazionale, art. 1-ter, co. 6, decreto legge 416/1989).
Il ricorso è presentato dinanzi al tribunale che ha sede nel capoluogo di distretto di corte d’appello dove ha sede la commissione territoriale che ha preso la decisione. La sentenza del tribunale può essere impugnata in secondo grado davanti alla Corte d’appello contro la cui decisione si può ricorrere in Cassazione.
Il sistema proposto dallo schema in esame, interamente giurisdizionale, diverge radicalmente da quello attuale. Questo prevede un riesame di primo grado da parte della stessa commissione territoriale che ha emesso il provvedimento impugnato, pur se integrata da un componente la commissione nazionale, e un ricorso in secondo grado davanti al tribunale in composizione monocratica (art. 1-ter, co. 6, decreto legge 416/1989).
Ai sensi dell’articolo 36 i richiedenti che hanno fatto ricorso possono avere rinnovato il permesso di soggiorno se la decisione non interviene entro 6 mesi (ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs., 140/2005). Inoltre, se sono ospitati nei centri di accoglienza rimangono nei medesimi centri, dove vengono anche trasferiti i richiedenti trattenuti nei CPTA che hanno ottenuto la sospensione del provvedimento impugnato.
L’articolo 37 pone l’obbligo della riservatezza in merito alle informazioni ottenute nel corso del procedimento di esame delle domande.
Le modalità di attuazione della legge sono demandate all’emanazione di uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell’art. 17. co. 1, della L. 400/1988[50]. Si tratta di regolamenti emanati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta. A questo si aggiunge, come prescritto dall’articolo in esame, anche il parere della Conferenza unificata Stato-regioni-autonomie locali (di cui all’art. 8 del D.Lgs. 281/1997[51]).
L’articolo 39 valuta l’onere complessivo derivante dall’applicazione del decreto legislativo nella cifra di 31.589.250 euro per il 2008 e in 23.350.250 euro annui a decorrere dal 2009.
L’articolo 40 contiene alcune disposizioni di abrogazione. In particolare, è quasi del tutto abrogato il D.L. 416/1989, di cui rimangono in vigore alcuni commi dell’art. 1 (co. 1-3 e 8-11) contenenti prevalentemente disposizioni di carattere transitorio, oltre all’art. 1-sexies (relativo al sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati) e all’art. 1-septies (che ha istituito il fondo nazionale per l’asilo). È abrogato interamente il regolamento di attuazione (D.P.R. 303/2004) che sarà sostituito dal regolamento previsto dall’art. 38 e di cui alcune disposizioni sono confluite nello schema in esame.
L’articolo 41 dispone in ordine all’entrata in vigore, che è fissata al 1° gennaio 2008.
Costituzione
(artt. 24, 76 e 87)
Art. 24.
Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.
Art. 76.
L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti .
Art. 87
Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi (101) ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere .
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica.
Codice di procedura penale
(artt. 380, 407)
Art. 380.
Arresto obbligatorio in flagranza.
1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto [Cost. 13] di chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo [c.p. 43], consumato o tentato [c.p. 56], per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni.
2. Anche fuori dei casi previsti dal comma 1, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto di chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o tentati:
a) delitti contro la personalità dello Stato previsti nel titolo I del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;
b) delitto di devastazione e saccheggio previsto dall'articolo 419 del codice penale;
c) delitti contro l'incolumità pubblica previsti nel titolo VI del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni;
d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall'articolo 600, delitto di prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-bis, primo comma, delitto di pornografia minorile previsto dall'articolo 600-ter, commi primo e secondo, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-quinquies del codice penale (1);
e) delitto di furto, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533 quella prevista dall'articolo 625, primo comma, numero 2), prima ipotesi, del codice penale, salvo che, in quest'ultimo caso, ricorra la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale (2);
e-bis) delitti di furto previsti dall'articolo 624-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale (3);
f) delitto di rapina previsto dall'articolo 628 del codice penale e di estorsione previsto dall'articolo 629 del codice penale;
g) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (4);
h) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell'art. 73 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che ricorra la circostanza prevista dal comma 5 del medesimo articolo (5);
i) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni (6);
l) delitti di promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall'articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17 [della associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416-bis comma 2 del codice penale] (7), delle associazioni di carattere militare previste dall'articolo 1 della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2, della legge 20 giugno 1952, n. 645, delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'art. 3, comma 3, della L. 13 ottobre 1975, n. 654 (8);
l-bis) delitti di partecipazione, promozione, direzione e organizzazione della associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416-bis del codice penale (9);
m) delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere prevista dall'articolo 416 commi 1 e 3 del codice penale [c.p. 416], se l'associazione è diretta alla commissione di più delitti fra quelli previsti dal comma 1 o dalle lettere a), b), c), d), f), g), i) del presente comma.
3. Se si tratta di delitto perseguibile a querela, l'arresto in flagranza è eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all'ufficiale o all'agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l'avente diritto dichiara di rimettere la querela, l'arrestato è posto immediatamente in libertà (10).
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(1) Lettera così modificata prima dall'art. 11, L. 3 agosto 1998, n. 269 e poi dall'art. 12, L. 6 febbraio 2006, n. 38.
Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla citata legge n. 38 del 2006 era il seguente: «d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall'articolo 600, delitto di prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-bis, primo comma, delitto di pornografia minorile previsto dall'articolo 600-ter, commi primo e secondo, e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-quinquies del codice penale;».
Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla suddetta legge n. 269 del 1998 così disponeva: «d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall'articolo 600 del codice penale».
(2) Lettera così modificata dall'art. 10, L. 26 marzo 2001, n. 128. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «e) delitto di furto, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533 o taluna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 625 comma 1 numeri 1, 2 prima ipotesi e 4 seconda ipotesi del codice penale.». Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 8-16 febbraio 1993, n. 54 (Gazz. Uff. 24 febbraio 1993, n. 9 - Prima serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità nella parte in cui prevedeva l'arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di furto aggravato ai sensi dell'art. 625 c.p., primo comma, n. 2, prima ipotesi, nel caso in cui ricorresse la circostanza attenuante prevista dall'art. 62 c.p., n. 4.
(3) Lettera aggiunta dall'art. 10, L. 26 marzo 2001, n. 128.
(4) Lettera così sostituita dall'art. 10, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, recante provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza del buon andamento dell'attività amministrativa. La Corte costituzionale, con sentenza 1-8 giugno 1992, n. 260 (Gazz. Uff. 17 giugno 1992, n. 26 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 380, secondo comma, lett. g), del c.p.p., in relazione all'art. 5, ultimo comma, della L. 18 aprile 1975, n. 110 recante norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi, in riferimento all'art. 3 della Cost.
(5) Lettera così sostituita dall'art. 2, D.L. 8 agosto 1991, n. 247, recante modificazioni del testo unico, in materia di sostanze stupefacenti o psicotrope, approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, relativo all'arresto in flagranza.
(6) Lettera così modificata dall'art. 13, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155.
Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «i) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni».
In precedenza l'art. 2, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 aveva aggiunto, dopo la parola«terrorismo», le seguenti: «anche internazionale». La legge di conversione 15 dicembre 2001, n. 438, di conversione del citato decreto-legge, ha però soppresso il suddetto articolo 2. Vedi gli artt. 21 e 29, L. 18 aprile 1975, n. 110, di integrazione della disciplina per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi; l'art. 1, D.L. 15 dicembre 1979, n. 625, per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica, nonché l'art. 11, L. 29 maggio 1982, n. 304, sulla difesa dell'ordinamento costituzionale.
(7) Le parole tra parentesi quadre sono state soppresse dall'art. 4, sesto comma, lettera a), D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356, recante modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti contro la criminalità mafiosa.
(8) Lettera così modificata dall'art. 6, comma 2-bis, D.L. 26 aprile 1993, n. 122, in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa. Il testo precedente alla modifica del 1993 così disponeva: «l) delitti di promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall'articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17 [della associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416-bis comma 2 del codice penale], delle associazioni di carattere militare previste dall'articolo 1 della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2, L. 20 giugno 1952, n. 645».
(9) Lettera aggiunta dall'art. 4, sesto comma, lettera b), D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356, recante modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti contro la criminalità mafiosa.
(10) Le disposizioni relative all'arresto in flagranza non si applicano al procedimento penale davanti al giudice di pace, ai sensi dell'art. 2, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.
Art. 407.
Termini di durata massima delle indagini preliminari.
1. Salvo quanto previsto all'articolo 393 comma 4, la durata delle indagini preliminari non può comunque superare diciotto mesi.
2. La durata massima è tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano:
a) i delitti appresso indicati:
1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale, 291-ter, limitatamente alle ipotesi aggravate previste dalle lettere a), d) ed e) del comma 2, e 291-quater, comma 4, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 (1);
2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello stesso codice penale [c.p. 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, 630];
3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (2);
4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma e 306, secondo comma, del codice penale (3) (4);
5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (5);
6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;
7) delitto di cui all'articolo 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza (6);
7-bis) dei delitti previsto dagli articoli 600, 600-bis, comma 1, 600-ter, comma 1, 601, 602, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'articolo 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale (7);
b) notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese (8);
c) indagini che richiedono il compimento di atti all'estero [c.p.p. 727, 728, 729];
d) procedimenti in cui è indispensabile mantenere il collegamento tra più uffici del pubblico ministero a norma dell'articolo 371 (9).
3. Salvo quanto previsto dall'articolo 415-bis, qualora il pubblico ministero non abbia esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati [c.p.p. 191] (10).
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(1) Numero così sostituito dall'art. 5, L. 19 marzo 2001, n. 92. Vedi, anche, il comma 6 dell'art. 17, D.L 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155.
Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale».
(2) I delitti indicati nel presente numero sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale ai sensi di quanto previsto dall'art. 33-bis c.p.p. Vedi, anche, il comma 6 dell'art. 17, D.L 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155.
(3) I delitti indicati nel presente numero sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale ai sensi di quanto previsto dall'art. 33-bis c.p.p. Vedi, anche, il comma 6 dell'art. 17, D.L 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155.
(4) Numero così modificato prima dall'art. 1, D.L. 5 aprile 2001, n. 98, convertito in legge dall'art. 1, L. 14 maggio 2001, n. 196 e poi dall'art. 1, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438. Gli artt. 3 e 4 del citato D.L. n. 374/2001 hanno disposto che, nei procedimenti per i delitti previsti dal presente numero, si applicano le disposizioni di cui all'art. 13, D.L. 13 maggio 1991, n. 152 e all'art. 10, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419. Il testo in vigore prima di quest'ultima modifica era il seguente: «4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma, 270-bis, secondo comma, e 306, secondo comma, del codice penale». A questo testo l'art. 2 del citato D.L. n. 374 del 2001 aveva aggiunto, dopo la parola «terrorismo», le seguenti: «anche internazionale». La legge di conversione 15 dicembre 2001, n. 438 ha però soppresso il suddetto articolo 2. Il testo in vigore prima della modifica disposta dal citato D.L. n. 98/2001 era il seguente: «4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni».
(5) I delitti indicati nel presente numero sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale ai sensi di quanto previsto dall'art. 33-bis c.p.p.
(6) Lettera così sostituita, da ultimo, dall'art. 21, L. 8 agosto 1995, n. 332. Vedi gli artt. 72, 73 e 74, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, recante il testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dai relativi stati di tossicodipendenza. Il testo precedente, come sostituito dall'art. 6, comma terzo, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni, con L. 7 agosto 1992, n. 356, così disponeva: «a) i delitti indicati nell'articolo 275 comma 3 nonché il delitto previsto dall'articolo 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza».
(7) Numero aggiunto dall'art. 3, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4 e poi così modificato dall'art. 6, L. 11 agosto 2003, n. 228. Il presente numero si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del suddetto D.L. n. 341 del 2000, ai sensi dell'art. 5 dello stesso decreto. Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla citata legge n. 228 del 2003 era il seguente: «7-bis) dei delitti previsto dagli articoli 600-bis, comma 1, 600-ter, comma 1, 601, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'articolo 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale;».
(8) L'art. 1, L. 28 settembre 1998, n. 336 (Gazz. Uff. 30 settembre 1998, n. 228), ha disposto che, nei procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore, aventi ad oggetto i reati di cui agli articoli 285 e 422 del codice penale, commessi anteriormente alla data di entrata in vigore del codice di procedura penale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, il termine di durata massima delle indagini preliminari è di tre anni ove ricorra l'ipotesi di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 407 del codice di procedura penale. Il termine di durata massima delle indagini preliminari per le suddette ipotesi di reato è stato poi aumentato: a quattro anni dall'art. 1, D.L. 27 settembre 1999, n. 330 (Gazz. Uff. 27 settembre 1999, n. 227), convertito in legge dall'art. 1, L. 23 novembre 1999, n. 438 (Gazz. Uff. 26 novembre 1999, n. 278); a cinque anni dall'art. 9, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4 e a sei anni dall'art. 13, D.L. 25 ottobre 2002, n. 236, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 27 dicembre 2002, n. 284.
(9) Vedi l'art. 12, comma quarto e quinto, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, in L. 12 luglio 1991, n. 203, recante provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza del buon andamento dell'attività amministrativa, nonché l'art. 8, D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, recante nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia.
(10) Comma così modificato dall'art. 17, L. 16 dicembre 1999, n. 479. Il testo precedentemente in vigore così disponeva: «3. Qualora il pubblico ministero non abbia esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati».
TITOLO X
Della tutela e dell'emancipazione
Capo I
Della tutela dei minori
Art. 343.
Apertura della tutela.
Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la patria potestà (2) [c.c. 330], si apre la tutela [c.c. 402] presso il tribunale del circondario dove è la sede principale degli affari e interessi del minore [c.c. 90, 424; disp. att. c.c. 129].
Se il tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro circondario, la tutela può essere ivi trasferita [c.c. 45] con decreto del tribunale [disp. att. c.c. 38] (3).
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(1) Vedi la L. 15 gennaio 1994, n. 64, recante ratifica ed esecuzione della convenzione europea sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell'affidamento, aperta alla firma a Lussemburgo il 20 maggio 1980, e della convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, aperta alla firma a L'Aja il 25 ottobre 1980; norme di attuazione delle predette convenzioni, nonché della convenzione in materia di protezione dei minori, aperta a L'Aja il 5 ottobre 1961, e della convenzione in materia di rimpatrio dei minori, aperta alla firma a L'Aja il 28 maggio 1970.
(2) Ora potestà dei genitori, secondo la modifica introdotta all'art. 316 c.c., dall'art. 138, L. 19 maggio 1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia.
(3) Articolo così modificato dall'art. 139, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188. Il testo del presente articolo era il seguente: «Apertura della tutela.
Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la patria potestà, si apre la tutela presso la pretura del mandamento dove è la sede principale degli affari e interessi del minore.
Se il tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro mandamento, la tutela può essere ivi trasferita con decreto del tribunale».
Sezione I
Del giudice tutelare
Art. 344.
Funzioni del giudice tutelare.
Presso ogni tribunale il giudice tutelare [c.c. 318, 321, 336, 337] soprintende alle tutele e alle curatele ed esercita le altre funzioni affidategli dalla legge [disp. att. c.c. 43, 44, 45] (1).
Il giudice tutelare può chiedere l'assistenza degli organi della pubblica amministrazione e di tutti gli enti i cui scopi corrispondono alle sue funzioni [c.c. 2942, n. 1; c.p.c. 732, 733, 734, 739] (2).
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(1) Comma così modificato dall'art. 140, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Presso ogni pretura il giudice tutelare soprintende alle tutele e alle curatele ed esercita le altre funzioni affidategli dalla legge».
(2) Vedi l'art. 47 disp. att. c.c.; l'art. 32, L. 13 marzo 1958, n. 365, recante norme sull'opera nazionale per gli orfani di guerra e l'art. 7, R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404, sull'istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni.
Sezione II
Del tutore e del protutore
Art. 345.
Denunzie al giudice tutelare.
L'ufficiale di stato civile, che riceve la dichiarazione di morte di una persona la quale ha lasciato figli in età minore ovvero la dichiarazione di nascita di un figlio di genitori ignoti, e il notaio, che procede alla pubblicazione di un testamento contenente la designazione di un tutore o di un protutore, devono darne notizia al giudice tutelare entro dieci giorni [c.c. 346, 620, 622].
Il cancelliere, entro quindici giorni dalla pubblicazione o dal deposito in cancelleria, deve dare notizia al giudice tutelare delle decisioni dalle quali derivi la apertura di una tutela.
I parenti entro il terzo grado [c.c. 76] devono denunziare al giudice tutelare il fatto da cui deriva l'apertura della tutela entro dieci giorni da quello in cui ne hanno avuto notizia. La denunzia deve essere fatta anche dalla persona designata quale tutore [c.c. 348] o protutore [c.c. 360] entro dieci giorni da quello in cui ha avuto notizia della designazione.
Art. 346.
Nomina del tutore e del protutore.
Il giudice tutelare, appena avuta notizia del fatto da cui deriva l'apertura della tutela, procede alla nomina del tutore e del protutore [c.c. 345, 348, 354, 355, 360, 389].
Art. 347.
Tutela di più fratelli.
È nominato un solo tutore a più fratelli e sorelle, salvo che particolari circostanze consiglino la nomina di più tutori. Se vi è conflitto di interessi tra minori soggetti alla stessa tutela, il giudice tutelare nomina ai minori un curatore speciale (1).
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(1) Articolo così sostituito dall'art. 160, L. 19 maggio 1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia.
Art. 348.
Scelta del tutore.
Il giudice tutelare nomina tutore [c.c. 346, 402] la persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo la patria potestà (1) [c.c. 350, n. 2]. La designazione può essere fatta per testamento [c.c. 587], per atto pubblico [c.c. 2699] o per scrittura privata autenticata [c.c. 2703].
Se manca la designazione ovvero se gravi motivi si oppongono alla nomina della persona designata, la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti [c.c. 74] o affini [c.c. 78] del minore, i quali in quanto sia opportuno, devono essere sentiti.
Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, deve anche sentire il minore che abbia raggiunto l'età di anni sedici.
In ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio, di ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il minore conformemente a quanto è prescritto nell'articolo 147.
...(2)
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(1) Ora potestà dei genitori, secondo la modifica introdotta all'art. 316 c.c. dall'art. 138, L. 19 maggio 1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia.
(2) Comma abrogato dall'art. 1, R.D.L. 20 gennaio 1944, n. 25 e dall'art. 3, terzo comma, D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 287, recante provvedimenti relativi alla riforma della legislazione civile.
Art. 349.
Giuramento del tutore.
Il tutore, prima di assumere l'ufficio, presta davanti al giudice tutelare giuramento di esercitarlo con fedeltà e diligenza
Art. 350.
Incapacità all'ufficio tutelare.
Non possono essere nominati tutori e, se sono stati nominati, devono cessare dall'ufficio [c.p. 541]:
1) coloro che non hanno la libera amministrazione del proprio patrimonio;
2) coloro che sono stati esclusi dalla tutela per disposizione scritta del genitore il quale per ultimo ha esercitato la patria potestà (1) [c.c. 348];
3) coloro che hanno o sono per avere o dei quali gli ascendenti, i discendenti o il coniuge hanno o sono per avere col minore una lite, per effetto della quale può essere pregiudicato lo stato del minore o una parte notevole del patrimonio di lui;
4) coloro che sono incorsi nella perdita della patria potestà (2) [c.p. 32, 34] o nella decadenza [c.c. 330] da essa, o sono stati rimossi da altra tutela [c.c. 384];
5) il fallito che non è stato cancellato dal registro dei falliti (3).
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(1) Ora potestà dei genitori, secondo la modifica introdotta all'art. 316 c.c. dell'art. 138, L. 19 maggio 1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia.
(2) Ora potestà dei genitori, secondo la modifica introdotta all'art. 316 c.c. dell'art. 138, L. 19 maggio 1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia.
(3) Vedi gli artt. 50 e 142 L. fall. (R.D. 16 marzo 1942, n. 267). La Corte costituzionale, con sentenza 9-15 aprile 1970, n. 57 (Gazz. Uff. 22 aprile 1970, n. 102), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del numero 5) del presente articolo, in riferimento all'art. 30 Cost., commi primo e terzo.
Art. 351.
Dispensa dall'ufficio tutelare.
Sono dispensati dall'ufficio di tutore:
1) [I principi della Famiglia reale, salve le disposizioni che regolano la tutela dei principi della stessa Famiglia] (1);
2) il Presidente del Consiglio dei ministri (2);
3) i membri del Sacro collegio;
4) i Presidenti delle assemblee legislative;
5) i ministri segretari di Stato.
Le persone indicate nei numeri 2, 3 4, e 5 possono far noto al giudice tutelare [c.c. 344] che non intendono valersi della dispensa.
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(1) La disposizione deve ritenersi abrogata a seguito della mutata forma istituzionale dello Stato.
(2) Testo così modificato per effetto dell'art. 92 e seguenti della Costituzione, nonché dell'articolo unico, R.D.L. 16 maggio 1944, n. 136.
Art. 352.
Dispensa su domanda.
Hanno diritto di essere dispensati su loro domanda [c.c. 353] dall'assumere o dal continuare l'esercizio della tutela:
1) i grandi ufficiali dello Stato non compresi nell'articolo precedente (1);
2) gli arcivescovi, i vescovi e i ministri del culto aventi cura d'anime;
3) [le donne] (2);
4) i militari in attività di servizio;
5) chi ha compiuto gli anni sessantacinque;
6) chi ha più di tre figli minori;
7) chi esercita altra tutela;
8) chi è impedito di esercitare la tutela da infermità permanente;
9) chi ha missione dal Governo fuori della Repubblica (3) o risiede per ragioni di pubblico servizio fuori della circoscrizione del tribunale dove è costituita la tutela.
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(1) La qualifica di grande ufficiale dello Stato risulta dall'art. 4, R.D. 16 dicembre 1927, n. 2210, sull'ordine delle precedenze a corte e nelle funzioni pubbliche.
(2) Numero abrogato dall'art. 161, L. 19 maggio 1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia.
(3) Testo così modificato per effetto della mutata forma istituzionale dello Stato.
Art. 353.
Domanda di dispensa.
La domanda di dispensa per le cause indicate nell'articolo precedente deve essere presentata al giudice tutelare prima della prestazione del giuramento [c.c. 349], salvo che la causa di dispensa sia sopravvenuta.
Il tutore è tenuto ad assumere e a mantenere l'ufficio fino a quando la tutela non sia stata conferita ad altra persona [c.c. 360].
Art. 354.
Tutela affidata a enti di assistenza.
La tutela dei minori, che non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio di tutore, può essere deferita dal giudice tutelare ad un ente di assistenza nel comune dove ha domicilio il minore o allo ospizio in cui questi è ricoverato [c.c. 344, 346]. L'amministrazione dell'ente o dell'ospizio delega uno dei propri membri a esercitare la funzione di tutela.
È tuttavia in facoltà del giudice tutelare di nominare un tutore al minore quando la natura o l'entità dei beni o altre circostanze lo richiedono [disp. att. c.c. 43].
Art. 355.
Protutore.
Sono applicabili al protutore [c.c. 359, 360] le disposizioni stabilite per il tutore in questa sezione.
Non si nomina il protutore nei casi contemplati nel primo comma dell'articolo 354 [c.c. 424].
Art. 356.
Donazione o disposizione testamentaria a favore del minore.
Chi fa una donazione [c.c. 769] o dispone un testamento [c.c. 587] a favore di un minore, anche se questi è soggetto alla patria potestà (1) [c.c. 316], può nominargli un curatore speciale per l'amministrazione dei beni donati o lasciati [c.c. 366; c.p.c. 78].
Se il donante o il testatore non ha disposto altrimenti, il curatore speciale deve osservare le forme stabilite dagli articoli 374 e 375 per il compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione.
Si applica in ogni caso al curatore speciale l'articolo 384.
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(1) Ora potestà dei genitori, secondo la modifica introdotta all'art. 316 c.c. dall'art. 138, L. 19 maggio 1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia.
Art. 357.
Funzioni del tutore.
Il tutore ha la cura della persona del minore [c.c. 45, 371, 2048], lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra i beni [c.c. 165, 273, 379, 1471, n. 3; disp. att. c.c. 46].
Art. 358.
Doveri del minore.
Il minore deve rispetto e obbedienza al tutore [c.c. 315]. Egli non può abbandonare la casa o l'istituto al quale è stato destinato, senza il permesso del tutore.
Qualora se ne allontani senza permesso, il tutore ha diritto di richiamarvelo, ricorrendo, se è necessario, al giudice tutelare [disp. att. c.c. 43; c.c. 318, 344].
Codice di Procedura Civile
(art. 375)
Art. 375.
Pronuncia in camera di consiglio.
La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia con ordinanza in camera di consiglio quando riconosce di dovere:
1) dichiarare l'inammissibilità [c.p.c. 331, 387] del ricorso principale [c.p.c. 365, 366, 369] e di quello incidentale [c.p.c. 371] eventualmente proposto;
2) ordinare l'integrazione del contraddittorio o disporre che sia eseguita la notificazione dell'impugnazione a norma dell'articolo 332 ovvero che sia rinnovata (1);
3) provvedere in ordine all'estinzione del processo in ogni caso diverso dalla rinuncia (2);
4) pronunciare sulle istanze di regolamento di competenza e di giurisdizione (3);
5) accogliere o rigettare il ricorso principale e l'eventuale ricorso incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza, ovvero dichiararne l'inammissibilità per mancanza dei motivi previsti nell'articolo 360 o per difetto dei requisiti previsti dall'articolo 366-bis (4);
[La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia sentenza in camera di consiglio quando il ricorso principale e quello incidentale eventualmente proposto sono manifestamente fondati e vanno, pertanto, accolti entrambi, o quando riconosce di dover pronunciare il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi previsti nell'articolo 360 o per manifesta infondatezza degli stessi, nonché quando un ricorso va accolto per essere manifestamente fondato e l'altro va rigettato per mancanza dei motivi previsti nell'articolo 360 o per manifesta infondatezza degli stessi] (5).
[La Corte, se ritiene che non ricorrano le ipotesi di cui al primo e al secondo comma, rinvia la causa alla pubblica udienza] (6).
[Le conclusioni del pubblico ministero, almeno venti giorni prima dell'adunanza della Corte in camera di consiglio, sono notificate agli avvocati delle parti, che hanno facoltà di presentare memorie entro il termine di cui all'articolo 378 e di essere sentiti, se compaiono, nei casi previsti al primo comma, numeri 1), 4) e 5), limitatamente al regolamento di giurisdizione, e al secondo comma] (7) (8).
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(1) Numero così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. L'art. 27 dello stesso decreto legislativo n. 40 del 2006 così dispone:
«27. Disciplina transitoria.
1. Gli articoli 1 e 19, comma 1, lettera f), si applicano ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tuttavia, ai provvedimenti del giudice di pace pubblicati entro la data di entrata in vigore del presente decreto, si applica la disciplina previgente.
2. Le restanti disposizioni del Capo I si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Le disposizioni dell'articolo 20 si applicano alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Le disposizioni dell'articolo 26 si applicano alle ordinanze pronunciate ed alle sentenze pubblicate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.».
Il testo del presente articolo in vigore prima della sostituzione disposta dal citato decreto legislativo n. 40 del 2006 era il seguente:
«2) ordinare l'integrazione del contraddittorio o disporre che sia eseguita la notificazione dell'impugnazione a norma dell'articolo 332;».
(2) Numero così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. L'art. 27 dello stesso decreto legislativo n. 40 del 2006 così dispone:
«27. Disciplina transitoria.
1. Gli articoli 1 e 19, comma 1, lettera f), si applicano ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tuttavia, ai provvedimenti del giudice di pace pubblicati entro la data di entrata in vigore del presente decreto, si applica la disciplina previgente.
2. Le restanti disposizioni del Capo I si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Le disposizioni dell'articolo 20 si applicano alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Le disposizioni dell'articolo 26 si applicano alle ordinanze pronunciate ed alle sentenze pubblicate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.».
Il testo del presente articolo in vigore prima della sostituzione disposta dal citato decreto legislativo n. 40 del 2006 era il seguente:
«3) dichiarare l'estinzione del processo per avvenuta rinuncia a norma dell'articolo 390;».
(3) Numero così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. L'art. 27 dello stesso decreto legislativo n. 40 del 2006 così dispone:
«27. Disciplina transitoria.
1. Gli articoli 1 e 19, comma 1, lettera f), si applicano ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tuttavia, ai provvedimenti del giudice di pace pubblicati entro la data di entrata in vigore del presente decreto, si applica la disciplina previgente.
2. Le restanti disposizioni del Capo I si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Le disposizioni dell'articolo 20 si applicano alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Le disposizioni dell'articolo 26 si applicano alle ordinanze pronunciate ed alle sentenze pubblicate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.».
Il testo del presente articolo in vigore prima della sostituzione disposta dal citato decreto legislativo n. 40 del 2006 era il seguente:
«4) pronunciare in ordine all'estinzione del processo in ogni altro caso;».
(4) Numero così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. L'art. 27 dello stesso decreto legislativo n. 40 del 2006 così dispone:
«27. Disciplina transitoria.
1. Gli articoli 1 e 19, comma 1, lettera f), si applicano ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tuttavia, ai provvedimenti del giudice di pace pubblicati entro la data di entrata in vigore del presente decreto, si applica la disciplina previgente.
2. Le restanti disposizioni del Capo I si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Le disposizioni dell'articolo 20 si applicano alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Le disposizioni dell'articolo 26 si applicano alle ordinanze pronunciate ed alle sentenze pubblicate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.».
Il testo del presente articolo in vigore prima della sostituzione disposta dal citato decreto legislativo n. 40 del 2006 era il seguente:
«5) pronunciare sulle istanze di regolamento di competenza e di giurisdizione.».
(5) Comma abrogato dall'art. 9, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. L'art. 27 dello stesso decreto legislativo n. 40 del 2006 così dispone:
«27. Disciplina transitoria.
1. Gli articoli 1 e 19, comma 1, lettera f), si applicano ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tuttavia, ai provvedimenti del giudice di pace pubblicati entro la data di entrata in vigore del presente decreto, si applica la disciplina previgente.
2. Le restanti disposizioni del Capo I si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Le disposizioni dell'articolo 20 si applicano alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Le disposizioni dell'articolo 26 si applicano alle ordinanze pronunciate ed alle sentenze pubblicate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.».
(6) Comma abrogato dall'art. 9, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. L'art. 27 dello stesso decreto legislativo n. 40 del 2006 così dispone:
«27. Disciplina transitoria.
1. Gli articoli 1 e 19, comma 1, lettera f), si applicano ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tuttavia, ai provvedimenti del giudice di pace pubblicati entro la data di entrata in vigore del presente decreto, si applica la disciplina previgente.
2. Le restanti disposizioni del Capo I si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Le disposizioni dell'articolo 20 si applicano alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Le disposizioni dell'articolo 26 si applicano alle ordinanze pronunciate ed alle sentenze pubblicate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.».
(7) Comma abrogato dall'art. 9, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. L'art. 27 dello stesso decreto legislativo n. 40 del 2006 così dispone:
«27. Disciplina transitoria.
1. Gli articoli 1 e 19, comma 1, lettera f), si applicano ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tuttavia, ai provvedimenti del giudice di pace pubblicati entro la data di entrata in vigore del presente decreto, si applica la disciplina previgente.
2. Le restanti disposizioni del Capo I si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Le disposizioni dell'articolo 20 si applicano alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Le disposizioni dell'articolo 26 si applicano alle ordinanze pronunciate ed alle sentenze pubblicate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.».
(8) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 24 marzo 2001, n. 89.
Il testo precedentemente in vigore - in cui i primi due commi avevano sostituito l'originario primo comma in virtù del disposto dell'art. 64, L. 26 novembre 1990, n. 353, in vigore dal 1° gennaio 1993 per effetto dell'art. 92 della citata legge, come modificato dall'art. 2, L. 4 dicembre 1992, n. 477 - era il seguente: «Pronuncia in camera di consiglio.
Oltre che per il caso di regolamento di competenza la Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia in camera di consiglio con ordinanza quando, su richiesta del pubblico ministero o di ufficio, riconosce di dover dichiarare l'inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale, pronunciare il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi previsti nell'articolo 360, ordinare l'integrazione del contraddittorio o la notificazione di cui all'articolo 332, oppure dichiarare l'estinzione del processo per avvenuta rinuncia.
La Corte, se ritiene che non ricorrono le ipotesi di cui al comma precedente, rinvia la causa alla pubblica udienza.
Le conclusioni del pubblico ministero sono notificate almeno venti giorni prima dell'adunanza della corte in camera di consiglio agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare memorie entro il termine di cui all'articolo 378.». Il testo del primo comma anteriormente alla modifica disposta dalla suddetta legge n. 353 del 1990, era il seguente: «Oltre che per il caso di regolamento di competenza e per quello previsto nell'articolo 373, la corte a sezione semplice, pronuncia in camera di consiglio con ordinanza quando, su richiesta del pubblico ministero o d'ufficio, riconosce di dover dichiarare l'inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale, pronunciare il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi previsti nell'articolo 360, ordinare l'integrazione del contraddittorio, o la notificazione di cui all'articolo 332, oppure dichiarare l'estinzione del processo per avvenuta rinuncia». Ai giudizi pendenti alla data del 1° gennaio 1993 si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anteriormente vigenti, ai sensi del citato art. 92, come modificato, da ultimo, dall'art. 6, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 convertito, con modificazioni, con L. 6 dicembre 1994, n. 673. L'art. 90, primo comma, della suddetta legge n. 353 del 1990, come sostituito dall'art. 9, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito in legge, con modificazioni, con L. 20 dicembre 1995, n. 534 (Gazz. Uff. 20 dicembre 1995, n. 296), ha così disposto: «Ai giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995 si applicano le disposizioni vigenti anteriormente a tale data, nonché l'articolo 186-quater del codice di procedura civile. Gli articoli 5, 40, commi terzo, quarto e quinto, e gli artt. 42, 181, comma primo, 186-bis, 186-ter, 295, 336, comma secondo, 360, comma primo, 361, comma primo, 367, comma primo, 371-bis, 373, comma secondo, 375, comma primo, 377, 384, comma primo, 391-bis, 398, comma quarto, 495, 525, comma terzo, del codice di procedura civile, e gli articoli 144-bis e 159 disp. trans. c.p.c., come modificati dalla presente legge, si applicano anche ai giudizi pendenti alla data del 1° gennaio 1993». In deroga al citato art. 90, per ciò che riguarda la definizione del contenzioso civile pendente alla data del 30 aprile 1995, vedi l'art. 12, L. 22 luglio 1997, n. 276, istitutiva delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari, con la disciplina transitoria ed i correttivi di cui all'art. 1, L. 2 ottobre 1997, n. 333. Il secondo comma dell'art. 1 della suddetta legge n. 534 del 1995 ha disposto che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 21 aprile 1995, n. 121, del D.L. 21 giugno 1995, n. 238 e del D.L. 9 agosto 1995, n. 347, non convertiti in legge.
Legge 4 agosto 1955, n. 848.
Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del
Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo
1952.
(1) (2) (3)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 24 settembre 1955, n. 221.
(2) Il testo della Convenzione è stato modificato conformemente alle disposizioni del Protocollo n. 3, ratificato con L. 13 luglio 1966, n. 653, del Protocollo n. 5, ratificato con L. 19 maggio 1967, n. 448, del Protocollo n. 8, ratificato con L. 27 ottobre 1988, n. 496, del Protocollo n. 9, ratificato con L. 14 luglio 1993, n. 257, del Protocollo n. 10, ratificato con L. 2 gennaio 1995, n. 17 e del Protocollo n. 11, ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(3) Vedi, anche, il Protocollo n. 2, ratificato con L. 13 luglio 1966, n. 653, il Protocollo n. 4 reso esecutivo con D.P.R. 14 aprile 1982, n. 217, il Protocollo n. 6, ratificato con L. 2 gennaio 1989, n. 8, il Protocollo n. 7, ratificato con L. 9 aprile 1990, n. 98 e il Protocollo n. 14 ratificato con L. 15 dicembre 2005, n. 280.
Art. 1.
Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ed il Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952.
Art. 2.
Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione e Protocollo suddetti, a decorrere dalla data della loro entrata in vigore.
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali
Traduzione non ufficiale
I Governi firmatari, Membri del Consiglio d'Europa;
Considerata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, proclamata dall'Assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 (5);
Considerato che questa Dichiarazione tende a garantire il riconoscimento e l'applicazione universali ed effettivi dei diritti che vi sono enunciati;
Considerato che il fine del Consiglio d'Europa è quello di realizzare un'unione più stretta tra i suoi Membri, e che uno dei mezzi per conseguire tale fine è la salvaguardia e lo sviluppo dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali;
Riaffermato il loro profondo attaccamento a queste Libertà fondamentali che costituiscono le basi stesse della giustizia e della pace nel mondo e il cui mantenimento si fonda essenzialmente, da una parte, su un regime politico veramente democratico e, dall'altra, su una concezione comune e un comune rispetto dei Diritti dell'Uomo a cui essi si appellano;
Risoluti, in quanto governi di Stati europei animati da uno stesso spirito e forti di un patrimonio comune di tradizioni e di ideali politici, di rispetto della libertà e di preminenza del diritto, a prendere le prime misure atte ad assicurare la garanzia collettiva di certi diritti enunciati nella Dichiarazione Universale.
hanno convenuto quanto segue:
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(4) Il testo della Convenzione è stato modificato conformemente alle disposizioni del Protocollo n. 3, ratificato con L. 13 luglio 1966, n. 653, del Protocollo n. 5, ratificato con L. 19 maggio 1967, n. 448, del Protocollo n. 8, ratificato con L. 27 ottobre 1988, n. 496, del Protocollo n. 9, ratificato con L. 14 luglio 1993, n. 257, del Protocollo n. 10, ratificato con L. 2 gennaio 1995, n. 17 e del Protocollo n. 11, ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Vedi, anche, il Protocollo n. 2, ratificato con L. 13 luglio 1966, n. 653, il Protocollo n. 4 reso esecutivo con D.P.R. 14 aprile 1982, n. 217, il Protocollo n. 6, ratificato con L. 2 gennaio 1989, n. 8, il Protocollo n. 7, ratificato con L. 9 aprile 1990, n. 98.
(5) Approvata e proclamata, da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, in data 10 dicembre 1948. Il testo ufficiale di tale Dichiarazione fu compilato nelle cinque lingue ufficiali dell'O.N.U., cioè francese, inglese, russa, spagnola e cinese.
Il testo che qui si riporta in lingua italiana è quello risultante dalla traduzione fatta fare dal segretario generale dell'O.N.U. in ottemperanza delle istruzioni a lui date dall'Assemblea che aveva disposto la diffusione della «Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo» nel maggior numero possibile di lingue.
Tale Dichiarazione non essendo stata approvata sotto forma di trattato internazionale, non costituisce strumento giuridico in senso stretto, ma, in considerazione dell'argomento trattato, contiene principi generali di diritto che per il loro carattere morale, sono riconosciuti e perciò vincolanti per tutte le nazioni civili. Si ritiene pertanto opportuno riportare tale Dichiarazione anche in considerazione del fatto che essa è posta a base della stipulazione di vari accordi internazionali, come risulta dalle premesse ad essi poste.
«DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO
Preambolo
Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana, e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà della giustizia e della pace nel mondo;
considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell'uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo;
considerato che è indispensabile che i diritti dell'uomo siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;
considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;
considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'eguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;
considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni:
L'ASSEMBLEA GENERALE
proclama
La presente dichiarazione universale dei diritti dell'uomo come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società avendo costantemente presente questa Dichiarazione si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.
Art. 1. Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Art. 2. 1) Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di ordine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita e di altra condizione.
2) Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità.
Art. 3. Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.
Art. 4. Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.
Art. 5. Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.
Art. 6. Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.
Art. 7. Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.
Art. 8. Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti della costituzione o dalla legge.
Art. 9. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.
Art. 10. Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.
Art. 11. 1). Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.
2). Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.
Art. 12. Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.
Art. 13 1). Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
2). Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.
Art. 14. 1). Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.
2). Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.
Art. 15. 1). Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.
2). Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.
Art. 16. 1). Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.
2). Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
3). La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.
Art. 17. 1). Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.
2). Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.
Art. 18. Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.
Art. 19. Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Art. 20. 1). Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.
2). Nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione.
Art. 21. 1). Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
2). Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.
3). La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.
Art. 22. Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.
Art. 23. 1). Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
2). Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3). Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
4). Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.
Art. 24. Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.
Art. 25. 1). Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
2). La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.
Art. 26. 1). Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
2). L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
3). I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.
Art. 27. 1). Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, a godere delle arti e a partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.
2). Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica letteraria e artistica di cui egli sia autore.
Art. 28. Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.
Art. 29. 1). Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.
2). Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.
3). Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite.
Art. 30. Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuni dei diritti e delle libertà in essa enunciati».
Art. 1.
Obbligo di rispettare i diritti dell'uomo (6).
Le Alte Parti Contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà definiti al Titolo I della presente Convenzione.
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(6) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
TITOLO I
Diritti e libertà
Art. 2.
Diritto alla vita (7).
1. Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nei casi in cui il delitto sia punito dalla legge con tale pena.
2. La morte non è considerata inflitta in violazione di questo articolo quando derivasse da un ricorso alla forza reso assolutamente necessario:
a) per assicurare la difesa di qualsiasi persona da una violenza illegittima;
b) per eseguire un arresto legale o per impedire l'evasione di una persona legalmente detenuta;
c) per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o una insurrezione.
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(7) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 3.
Divieto della tortura (8).
Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.
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(8) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 4.
Divieto di schiavitù e del lavoro forzato (9).
1. Nessuno può essere tenuto in condizioni di schiavitù o di servitù.
2. Nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio.
3. Non è considerato «lavoro forzato o obbligatorio» ai sensi del presente articolo:
a) ogni lavoro normalmente richiesto ad una persona detenuta alle condizioni previste dall'articolo 5 della presente Convenzione o durante il periodo di libertà condizionale;
b) ogni servizio di carattere militare o, nel caso di obiettori di coscienza nei paesi nei quali l'obiezione di coscienza è riconosciuta legittima, un altro servizio sostitutivo di quello militare obbligatorio;
c) ogni servizio richiesto in occasione di calamità che pongono in pericolo la vita o il benessere della comunità;
d) ogni lavoro o servizio che faccia parte dei normali doveri civici.
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(9) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 5.
Diritto alla libertà e alla sicurezza (10).
1. Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà salvo che nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge:
a) se è detenuto legittimamente in seguito a condanna da parte di un tribunale competente;
b) se è stato oggetto di un arresto o di una detenzione legittima per inosservanza di un provvedimento legittimamente adottato da un tribunale ovvero per garantire l'esecuzione di un obbligo imposto dalla legge;
c) se è stato arrestato o detenuto per essere tradotto dinanzi all'autorità giudiziaria competente quando vi sono fondati motivi per sospettare che abbia commesso un reato o ci sono fondati motivi per ritenere necessario di impedirgli di commettere un reato o di fuggire dopo averlo commesso;
d) se si tratta della detenzione legittima di un minore, decisa per sorvegliare la sua educazione, o di sua legale detenzione al fine di tradurlo dinanzi all'autorità competente;
e) se si tratta della detenzione legittima di una persona per prevenire la diffusione di una malattia contagiosa, di un alienato di mente, di un alcoolizzato, di un tossicodipendente o di un vagabondo;
f) se si tratta dell'arresto o della detenzione legittima di una persona per impedirle di entrare clandestinamente nel territorio, o di una persona contro la quale è in corso un procedimento dì espulsione o di estradizione.
2. Ogni persona che venga arrestata deve essere informata al più presto e in una lingua a lei comprensibile dei motivi dell'arresto e degli addebiti contestati.
3. Ogni persona arrestata o detenuta nelle condizioni previste dal paragrafo 1, lettera c) del presente articolo, deve essere tradotta al più presto dinanzi a un giudice o a un altro magistrato autorizzato dalla legge ad esercitare funzioni giudiziarie e ha diritto di essere giudicata entro un termine ragionevole o di essere posta in libertà durante il procedimento. La scarcerazione può essere subordinata ad una garanzia che assicuri la comparizione della persona all'udienza.
4. Ogni persona privata della libertà mediante arresto o detenzione ha il diritto di presentare un ricorso davanti ad un tribunale affinché esso decida, entro breve tempo, sulla legittimità della sua detenzione e ne ordini la scarcerazione se la detenzione è illegittima.
5. Ogni persona vittima di arresto o di detenzione eseguiti in violazione alle disposizioni di questo articolo ha diritto ad un indennizzo.
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(10) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 6.
Diritto ad un processo equo (11).
1. Ogni persona ha diritto ad un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti ad un tribunale indipendente e imparziale e costituito per legge, che decide sia in ordine alla controversia sui suoi diritti e obblighi di natura civile, sia sul fondamento di ogni accusa in materia penale derivata contro di lei. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o una parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la tutela della vita privata delle parti in causa, nella misura ritenuta strettamente necessaria dal tribunale quando, in speciali circostanze, la pubblicità potrebbe pregiudicare gli interessi della giustizia.
2. Ogni persona accusata di un reato si presume innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.
3. Ogni accusato ha diritto soprattutto a:
a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico;
b) disporre del tempo e dei mezzi necessari per preparare la sua difesa;
c) difendersi personalmente o con l'assistenza di un difensore di propria scelta e, se non ha i mezzi per pagare un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d'ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia;
d) interrogare o far interrogare i testimoni a carico ed ottenere la citazione e l'interrogatorio dei testimoni a discarico a pari condizioni dei testimoni a carico;
e) farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata nell'udienza.
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(11) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 7.
Nessuna pena senza legge (12).
1. Nessuno può essere condannato per un'azione o un'omissione che, al momento in cui fu commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non può del pari essere inflitta una pena maggiore di quella che sarebbe stata applicata al momento in cui il reato è stato commesso.
2. Il presente articolo non vieterà il giudizio e la condanna di una persona colpevole d'una azione o d'una omissione che, al momento in cui è stata commessa, era ritenuta crimine secondo i princìpi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili.
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(12) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 8.
Diritto al rispetto della vita privata e familiare (13).
1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
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(13) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 9.
Libertà di pensiero, di coscienza e di religione (14).
1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto importa la libertà di cambiare di religione o credo e la libertà di manifestare la propria religione o credo individualmente o collettivamente, sia in pubblico che in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza di riti.
2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di altre limitazioni oltre quelle previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie in una società democratica, per la sicurezza pubblica, per la protezione dell'ordine pubblico, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.
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(14) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 10.
Libertà di espressione (15).
1. Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche e senza riguardo alla nazionalità. Il presente articolo non impedisce che gli Stati sottopongano a un regime di autorizzazione le imprese di radio-diffusione, di cinema o di televisione.
2. L'esercizio di queste libertà, comportando doveri e responsabilità, può essere subordinato a determinate formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge e costituenti misure necessarie in una società democratica, per la sicurezza nazionale, l'integrità territoriale o l'ordine pubblico, la prevenzione dei disordini e dei reati, la protezione della salute e della morale, la protezione della reputazione o dei diritti altrui, o per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l'autorità e l'imparzialità del potere giudiziario.
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(15) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 11.
Libertà di riunione e di associazione (16).
1. Ogni persona ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà d'associazione, ivi compreso il diritto di partecipare alla costituzione di sindacati e di aderire ad essi per la difesa dei propri interessi.
2. L'esercizio di questi diritti non può costituire oggetto di altre restrizioni oltre quelle che, stabilite per legge, costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, la difesa dell'ordine e la prevenzione dei disordini e dei reati, per la protezione della salute o della morale o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui. Il presente articolo non vieta che restrizioni legittime siano imposte all'esercizio di questi diritti da parte dei membri delle forze armate, della polizia o dell'amministrazione dello Stato.
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(16) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 12.
Diritto al matrimonio (17).
Uomini e donne in età maritale hanno diritto di sposarsi e di formare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l'esercizio di tale diritto.
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(17) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 13.
Diritto ad un ricorso effettivo (18).
Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto di presentare un ricorso avanti ad una magistratura nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone agenti nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali.
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(18) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 14.
Divieto di discriminazione (19).
Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere garantito senza alcuna distinzione di sesso, di razza, di colore, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di appartenenza a una minoranza nazionale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
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(19) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 15.
Deroga in caso di stato di urgenza (20).
1. In caso di guerra o di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, ogni Alta Parte Contraente può prendere misure in deroga agli obblighi previsti nella presente Convenzione nella stretta misura in cui la situazione lo esiga e a condizione che tali misure non siano in contrasto con altri obblighi derivanti dal diritto internazionale.
2. La disposizione precedente non autorizza alcuna deroga all'articolo 2, salvo che per il caso di morte risultante da atti di guerra conformi alle Convenzioni internazionali, e agli articoli 3, 4 (paragrafo 1) e 7.
3. Ogni Alta Parte Contraente che eserciti tale diritto di deroga comunica al Segretario Generale del Consiglio d'Europa delle misure prese e dei motivi che le hanno determinate. Essa deve parimenti informare il Segretario Generale del Consiglio d'Europa della data in cui queste misure sono revocate e la data in cui le disposizioni della Convenzione riacquistano piena applicazione.
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(20) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 16.
Restrizioni all'attività politica di stranieri (21).
Nessuna delle disposizioni degli articoli 10, 11 e 14 può essere interpretata nel senso che vieta alle Alte Parti Contraenti di porre limitazioni all'attività politica degli stranieri.
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(21) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 17.
Divieto dell’abuso del diritto (22).
Nessuna disposizione della presente Convenzione può essere interpretata come implicante il diritto per uno Stato, gruppo o individuo di esercitare un'attività o compiere un atto mirante alla sospensione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione o porre a questi diritti e a queste libertà limitazioni maggiori di quelle previste nella presente Convenzione.
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(22) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 18.
Limiti alla restrizione dei diritti (23).
Le limitazioni che, in base alla presente Convenzione, sono poste a detti diritti e libertà non possono essere applicate che per lo scopo per il quale sono state previste.
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(23) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
TITOLO II
Corte europea dei diritti dell'uomo (24)
Art. 19.
Istituzione della Corte.
Per assicurare il rispetto degli impegni derivanti alle Alte Parti contraenti dalla presente Convenzione e dai suoi protocolli, è istituita una Corte europea dei Diritti dell'uomo, di seguito denominata «la Corte». Essa funziona in maniera permanente (25).
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(24) Gli originari titoli II, III e IV (artt. 19-56) sono stati così sostituiti dall’attuale titolo II (artt. 19-51) ai sensi di quanto disposto dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(25) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 20.
Numero di giudici.
La Corte si compone di un numero di giudici eguale a quello delle Alte Parti contraenti (26).
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(26) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 21.
Condizioni per l'esercizio delle funzioni.
1. I giudici devono godere della più alta considerazione morale e possedere i requisiti richiesti per l'esercizio delle più alte funzioni giudiziarie o essere dei giurisconsulti di riconosciuta competenza.
2. I giudici siedono alla Corte a titolo individuale.
3. Per tutta la durata del loro mandato, i giudici non possono esercitare alcuna attività incompatibile con le esigenze di indipendenza, dì imparzialità o di disponibilità richieste da una attività esercitata a tempo pieno. Ogni problema che sorga nell'applicazione di questo paragrafo è deciso dalla Corte (27).
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(27) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 22.
Elezione dei giudici.
1. I giudici sono eletti dall'Assemblea parlamentare a titolo di ciascuna Alta Parte contraente a maggioranza dei voti espressi su una lista di tre candidati presentata dall'Alta Parte contraente.
2. La stessa procedura è seguita per completare la Corte nel caso in cui altre Parti contraenti aderiscano e per provvedere ai seggi divenuti vacanti (28).
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(28) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 23.
Durata del mandato.
1. I giudici sono eletti per un periodo di sei anni. Essi sono rieleggibili. Tuttavia, per quanto concerne i giudici designati con la prima elezione, i mandati di una metà di essi scadranno al termine dei tre anni.
2. I giudici il cui mandato scade al termine del periodo iniziale di tre anni sono estratti a sorte dal Segretario Generale del Consiglio d'Europa, immediatamente dopo la loro elezione.
3. Al fine di assicurare nella misura del possibile il rinnovo dei mandati di una metà dei giudici ogni tre anni, l'Assemblea parlamentare può, prima di procedere ad ogni ulteriore elezione, decidere che uno o più mandati dei giudici da eleggere abbiano una durata diversa da quella di sei anni, senza tuttavia che questa durata possa eccedere nove anni o essere inferiori a tre anni.
4. Nel caso in cui si debbano conferire più mandati e l'Assemblea parlamentare applichi il paragrafo precedente, la ripartizione dei mandati avviene mediante estrazione a sorte effettuata dal Segretario generale del Consiglio d'Europa immediatamente dopo l'elezione.
5. Il giudice eletto in sostituzione di un giudice che non abbia completato il periodo delle sue funzioni, rimane in carica fino alla scadenza del periodo di mandato del suo predecessore.
6. Il mandato dei giudici termina quando essi raggiungono l'età di 70 anni.
7. I giudici restano in funzione fino a che i loro posti non siano ricoperti. Tuttavia essi continuano a trattare le cause di cui sono stati già investiti (29).
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(29) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 24.
Revoca.
Un giudice può essere sollevato dalle sue funzioni solo se gli altri giudici decidono, a maggioranza dei due terzi, che ha cessato di rispondere ai requisiti richiesti (30).
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(30) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 25.
Ufficio di cancelleria e referendari.
La Corte dispone di un Ufficio di cancelleria i cui compiti e la cui organizzazione sono stabiliti dal regolamento della Corte. Essa è assistita da referendari (31).
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(31) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 26.
Assemblea plenaria della Corte.
La corte riunita in Assemblea plenaria:
a) elegge per un periodo di tre anni il suo presidente ed uno o due vice-presidenti; essi sono rieleggibili;
b) costituisce Camere per un determinato periodo;
c) elegge i presidenti delle Camere della Corte che sono rieleggibili;
d) adotta il regolamento della Corte;
e) elegge il cancelliere ed uno o più vicecancellieri (32).
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(32) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 27.
Comitati, Camere e Grande Camera.
1. Per la trattazione di ogni affare che le viene sottoposto, la Corte si costituisce in un comitato di tre giudici, in una Camera composta da sette giudici ed in una Grande Camera di diciassette giudici. Le Camere della Corte istituiscono i comitati per un determinato periodo.
2. Il giudice eletto a titolo di uno Stato Parte alla controversia è membro di diritto della Camera e della Grande Camera; in caso di assenza di questo giudice, o se egli non è in grado di svolgere la sua funzione, lo Stato Parte nomina una persona che siede in qualità di giudice.
3. Fanno altresì parte della Grande Camera il presidente della Corte, i vice-presidenti, i presidenti delle Camere e altri giudici designati in conformità con il regolamento della Corte. Se la controversia è deferita alla Grande Camera ai sensi dell'articolo 43, nessun giudice della Camera che ha pronunciato la sentenza può essere presente nella Grande Camera, ad eccezione del presidente della Camera e del giudice che siede a titolo dello Stato parte interessato (33).
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(33) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 28.
Dichiarazioni di irricevibilità da parte dei comitati.
Un comitato può, con voto unanime, dichiarare irricevibile o cancellare dal ruolo un ricorso individuale presentato ai sensi dell'articolo 34 quando tale decisione può essere adottata senza un esame complementare. La decisione è definitiva (34).
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(34) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 29.
Decisioni delle Camere sulla ricevibilità ed il merito.
1. Se nessuna decisione è stata adottata ai sensi dell'articolo 28, una delle Camere si pronuncia sulla irricevibilità e sul merito dei ricorsi individuali presentati ai sensi dell'articolo 34.
2. Una delle Camere si pronuncia sulla ricevibilità e sul merito dei ricorsi governativi presentati in virtù dell'articolo 33.
3. Salvo diversa decisione della Corte in casi eccezionali, la decisione sulla ricevibilità è adottata separatamente (35).
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(35) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 30.
Dichiarazione d'incompetenza a favore della Grande Camera.
Se la questione oggetto del ricorso all'esame di una Camera solleva gravi problemi di interpretazione della Convenzione o dei suoi protocolli, o se la sua soluzione rischia di condurre ad una contraddizione con una sentenza pronunciata anteriormente dalla Corte, la Camera, fino a quando non abbia pronunciato la sua sentenza, può spogliarsi della propria competenza a favore della Grande Camera a meno che una delle parti non vi si opponga (36).
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(36) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 31.
Competenze della Grande Camera.
La Grande Camera:
a) si pronuncia sui ricorsi presentati ai sensi dell'articolo 33 o dell'articolo 34 quando il caso le sia stato deferito dalla Camera ai sensi dell'articolo 30 o quando il caso le sia stato deferito ai sensi dell'articolo 43; e
b) esamina le richieste di pareri consultivi presentate ai sensi dell'articolo 47 (37).
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(37) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 32.
Competenza della Corte.
1. La competenza della Corte si estende a tutte le questioni concernenti l'interpretazione e l'applicazione della Convenzione e dei suoi protocolli che siano sottoposte ad essa nelle condizioni previste dagli articoli 33, 34 e 37.
2. In caso di contestazione sulla questione della propria competenza, è la Corte che decide (38).
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(38) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 33.
Ricorsi interstatali.
Ogni Alta Parte contraente può deferire alla Corte ogni inosservanza delle disposizioni della Convenzione e dei suoi protocolli che essa ritenga possa essere imputata ad un'altra Parte contraente (39).
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(39) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 34.
Ricorsi individuali.
La Corte può essere investita di una domanda fatta pervenire da ogni persona fisica, ogni organizzazione non governativa o gruppo di privati che pretenda d'essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli. Le Alte Parti contraenti si impegnano a non ostacolare con alcuna misura l'effettivo esercizio di tale diritto (40) (41).
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(40) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(41) Vedi, anche, l’Accordo europeo concernente le persone che partecipano alle procedure davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo adottato a Strasburgo il 5 marzo 1996 e ratificato con L. 2 ottobre 1997, n. 348.
Art. 35.
Condizioni di ricevibilità.
1. La Corte non può essere adita se non dopo l'esaurimento delle vie di ricorso interne, qual è inteso secondo i princìpi di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed entro un periodo di sei mesi a partire dalla data della decisione interna definitiva.
2. La Corte non ritiene alcuna domanda singola avanzata sulla base dell'ari. 34, se:
a) è anonima; oppure
b) è essenzialmente la stessa di una precedentemente esaminata dalla Corte o già sottoposta ad un'altra istanza internazionale d'inchiesta o di regolamentazione e non contiene fatti nuovi.
3. La Corte dichiara irricevibile ogni singola domanda avanzata sulla base dell'art. 34 quand'essa giudichi tale domanda incompatibile con le disposizioni della Convenzione o dei suoi protocolli, manifestamente infondata o abusiva.
4. La Corte respinge ogni domanda che consideri irricevibile in applicazione del presente articolo. Essa può procedere in tal modo in ogni fase della procedura (42).
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(42) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 36.
Intervento di terzi.
1. Per qualsiasi questione all'esame di una Camera e/o della Grande Camera, un'Alta Parte contraente un cui cittadino sia ricorrente ha diritto di presentare osservazioni per iscritto e di partecipare alle udienze.
2. Nell'interesse di una corretta amministrazione della giustizia, il presidente della Corte può invitare ogni Alta parte contraente, che non è parte in causa o ogni persona interessata diversa dal ricorrente, a presentare osservazioni per iscritto o a partecipare alle udienze (43).
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(43) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 37.
Cancellazione.
1. In ogni momento della procedura la Corte può decidere di cancellare un ricorso dal ruolo quando le circostanze consentono di concludere:
a) che il ricorrente non intende mantenerlo; oppure
b) che la controversia è stata risolta; oppure
c) che non è più giustificato, per ogni altro motivo di cui la Corte accerta l'esistenza, proseguire l'esame del ricorso.
Tuttavia la Corte prosegue l'esame del ricorso qualora ciò sia richiesto dal rispetto dei Diritti dell'Uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi protocolli.
2. La Corte può decidere di riscrivere il ricorso a ruolo quando ritenga che ciò è giustificato dalle circostanze (44).
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(44) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 38.
Esame in contraddittorio del caso e procedura di composizione amichevole.
1. Quando dichiara che il ricorso è ricevibile, la Corte:
a) procede all'esame della questione in contraddittorio con rappresentanti delle Parti e, se del caso, ad un'inchiesta per la quale tutti gli Stati interessati forniranno tutte le facilitazioni necessarie ai fini della sua efficace conduzione;
b) si mette a disposizione degli interessati per pervenire ad una regolamentazione amichevole della controversia sulla base del rispetto dei Diritti dell'Uomo come riconosciuti dalla Convenzione e dai suoi protocolli.
2. La procedura descritta al paragrafo 1, lettera b) è riservata (45).
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(45) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 39.
Ottenimento di una composizione amichevole.
Se consegue una regolamentazione amichevole, la Corte cancella il ricorso dal ruolo mediante una decisione che si limita ad una breve esposizione dei fatti e della soluzione adottata (46).
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(46) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 40
Udienza pubblica e accesso ai documenti.
1. L'udienza è pubblica a meno che la Corte non decida diversamente a causa di circostanze eccezionali.
2. I documenti depositati presso l'Ufficio di cancelleria sono accessibili al pubblico a meno che il presidente della Corte non decida diversamente (47).
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(47) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 41
Equa soddisfazione.
Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette che in modo incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, quando è il caso, un'equa soddisfazione alla parte lesa (48).
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(48) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 42
Sentenze delle Camere.
Le sentenze delle Camere divengono definitive in conformità con le disposizioni dell'articolo 44, paragrafo 2 (49).
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(49) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 43
Rinvio dinnanzi alla Grande Camera.
1. Entro un termine di tre mesi a decorrere dalla data della sentenza di una Camera, ogni Parte alla controversia può, in casi eccezionali, chiedere che il caso sia rinviato dinnanzi alla Grande Camera.
2. Un Collegio di cinque giudici della Grande Camera accoglie la domanda quando la questione oggetto del ricorso solleva gravi problemi di interpretazione o di applicazione della Convenzione o dei suoi protocolli o di carattere generale.
3. Quando il Collegio ha accolto la domanda, la Grande Camera si pronuncia sul caso mediante una sentenza (50).
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(50) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 44
Sentenze definitive.
1. La sentenza della Grande Camera è definitiva.
2. La sentenza di una Camera diviene definitiva:
a) quando le parti dichiarano che non richiederanno il rinvio del caso dinnanzi alla Grande Camera; oppure
b) tre mesi dopo la data della sentenza, se non è stato richiesto il rinvio del caso dinnanzi alla Grande Camera; oppure
c) se il Collegio della Grande Camera respinge una richiesta di rinvio formulata secondo l'art. 43.
3. La sentenza definitiva è pubblicata (51).
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(51) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 45
Motivazione delle sentenze e delle decisioni.
1. Le sentenze e le decisioni che dichiarano i ricorsi ricevibili o non ricevibili devono essere motivate.
2. Se la sentenza non esprime in tutto o in parte l'opinione unanime dei giudici, ogni giudice avrà diritto di unirvi l'esposizione della sua opinione individuale (52).
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(52) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 46
Forza vincolante ed esecuzione delle sentenze.
1. Le Alte Parti contraenti s'impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie nelle quali sono Parti.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l'esecuzione (53).
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(53) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 47
Pareri consultivi.
1. La Corte può, su richiesta del Comitato dei Ministri, fornire pareri consultivi su questioni giuridiche relative all'interpretazione della Convenzione e dei suoi protocolli.
2. Tali pareri non devono vertere su questioni inerenti al contenuto o alla portata dei diritti e libertà definiti nel Titolo I della Convenzione e nei protocolli, né su altre questioni che la Corte o il Comitato dei Ministri si troverebbero a dover giudicare per via della presentazione di un ricorso previsto dalla Convenzione.
3. La decisione del Comitato dei Ministri di chiedere un parere alla Corte è adottata con un voto a maggioranza dei rappresentanti che hanno il diritto di avere un seggio al Comitato (54) (55).
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(54) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(55) Il testo degli articoli 47, 48 e 49 riproduce il contenuto del Protocollo n. 2 firmato a Strasburgo il 6 maggio 1963 e ratificato con L. 13 luglio 1966, n. 653.
Art. 48
Competenza consultiva della Corte.
La Corte decide se la domanda di parere consultivo presentata dal Comitato dei Ministri è di sua competenza secondo l'articolo 47 (56) (57).
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(56) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(57) Il testo degli articoli 47, 48 e 49 riproduce il contenuto del Protocollo n. 2 firmato a Strasburgo il 6 maggio 1963 e ratificato con L. 13 luglio 1966, n. 653.
Art. 49
Motivazione dei pareri consultivi.
1. Il parere della Corte è motivato.
2. Se il parere non esprime in tutto o in parte l'opinione unanime dei giudici, ogni giudice avrà diritto di unirvi l'esposizione della sua opinione individuale.
3. Il parere della Corte è trasmesso al Comitato dei Ministri (58) (59).
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(58) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(59) Il testo degli articoli 47, 48 e 49 riproduce il contenuto del Protocollo n. 2 firmato a Strasburgo il 6 maggio 1963 e ratificato con L. 13 luglio 1966, n. 653.
Art. 50
Spese di funzionamento della Corte.
Le spese di funzionamento della Corte sono a carico del Consiglio d'Europa (60).
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(60) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 51
Privilegi ed immunità dei giudici.
I giudici beneficiano durante l'esercizio delle loro funzioni dei privilegi e delle immunità previste all'articolo 40 dello Statuto del Consiglio d'Europa e negli accordi conclusi a titolo di detto articolo (61).
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(61) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
TITOLO III (62)
Disposizioni varie (63)
Art. 52
Indagini del Segretario Generale (64).
Ogni Alta Parte Contraente, su domanda del Segretario Generale del Consiglio d'Europa, fornirà le spiegazioni richieste sul modo in cui il proprio diritto interno assicura la effettiva applicazione di tutte le disposizioni della presente Convenzione (65).
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(62) L’originario titolo V è divenuto titolo III ai sensi di quanto disposto dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(63) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(64) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(65) Il presente articolo 52, già articolo 57, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 53
Salvaguardia dei diritti dell'uomo riconosciuti (66).
Nessuna delle disposizioni della presente Convenzione può essere interpretata come recante pregiudizio o limitazione ai Diritti dell'Uomo e alle Libertà fondamentali che possano essere riconosciuti in base a leggi di qualunque Stato Contraente o da altri accordi internazionali di cui tale Stato sia parte (67).
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(66) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(67) Il presente articolo 53, già articolo 60, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 54
Poteri del Comitato dei Ministri (68).
Nessuna disposizione della presente Convenzione porta pregiudizio ai poteri conferiti al Comitato dei Ministri dallo Statuto del Consiglio d'Europa (69).
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(68) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(69) Il presente articolo 54, già articolo 61, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 55
Rinuncia ad altri modi di regolamentazione delle controversie (70).
Le Alte Parti Contraenti rinunziano reciprocamente, salvo compromesso speciale, ad avvalersi di trattati, convenzioni o dichiarazioni fra di loro esistenti, in vista di sottomettere, per via di ricorso, una controversia nata dalla interpretazione o dall'applicazione della presente Convenzione ad una procedura di regolamento diversa da quelle previste da detta Convenzione (71).
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(70) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(71) Il presente articolo 55, già articolo 62, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 56
Applicazione territoriale (72).
1. Ogni Stato, al momento della ratifica o in ogni altro momento successivo può dichiarare, mediante notifica indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, che la presente Convenzione si applicherà, salvo quanto previsto dal paragrafo 4 del presente articolo, in tutti i territori o in determinati territori di cui assicura le relazioni internazionali (73).
2. La Convenzione si applicherà al territorio o ai territori designati nella notifica a partire dal trentesimo giorno successivo alla data in cui il Segretario Generale del Consiglio d'Europa avrà ricevuto tale notifica.
3. In detti territori le disposizioni della presente Convenzione saranno applicate tenendo conto delle necessità locali.
4. Ogni Stato che ha fatto una dichiarazione conforme al primo paragrafo di questo articolo può, in ogni momento, dichiarare relativamente a uno o a più territori previsti in tale dichiarazione che accetta la competenza della Corte a conoscere dei ricorsi di persone fisiche, di organizzazioni non governative o di gruppi di privati come previsto dall'articolo 34 della Convenzione (74) (75).
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(72) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(73) Paragrafo così modificato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(74) Paragrafo così modificato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(75) Il presente articolo 56, già articolo 63, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 57
Riserve (76).
1. Ogni Stato, al momento della firma della presente Convenzione o del deposito del suo strumento di ratifica, può formulare una riserva riguardo ad una particolare disposizione della Convenzione, nella misura in cui una legge in quel momento in vigore sul suo territorio non sia conforme a tale disposizione. Le riserve di carattere generale non sono autorizzate in base al presente articolo.
2. Ogni riserva emessa in conformità al presente articolo comporta un breve esposto della legge in questione (77).
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(76) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(77) Il presente articolo 57, già articolo 64, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 58
Denuncia (78).
1. Un'Alta Parte Contraente non può denunciare la presente Convenzione che dopo un periodo di cinque anni a partire dalla data d'entrata in vigore della Convenzione nei suoi confronti e dando un preavviso di sei mesi mediante una notifica indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, che ne informa le altre Alte Parti Contraenti.
2. Tale denuncia non può avere l'effetto di svincolare l'Alta Parte Contraente interessata dagli obblighi contenuti nella presente Convenzione in ciò che concerne qualunque fatto che, potendo costituire una violazione di questi obblighi, fosse stato compiuto da essa anteriormente alla data in cui la denuncia produce il suo effetto.
3. Con la medesima riserva cessa d'essere Parte della presente Convenzione ogni Parte Contraente che cessi d'essere Membro del Consiglio d'Europa.
4. la Convenzione può essere denunciata, in conformità alle disposizioni dei precedenti paragrafi, relativamente a ogni territorio nel quale sia stata dichiarata applicabile in base all'articolo 56 (79) (80).
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(78) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(79) Paragrafo così modificato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(80) Il presente articolo 58, già articolo 65, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 59
Firma e ratifica (81).
1. La presente Convenzione è aperta alla firma dei Membri del Consiglio d'Europa. Essa sarà ratificata. Le ratifiche saranno depositate presso il Segretario Generale del Consiglio d'Europa.
2. La presente Convenzione entrerà in vigore dopo il deposito di dieci strumenti di ratifica.
3. Per ogni firmatario che la ratificherà successivamente, la Convenzione entrerà in vigore dal momento del deposito dello strumento di ratifica.
4. Il Segretario Generale del Consiglio d'Europa notificherà a tutti i Membri del Consiglio d'Europa l'entrata in vigore della Convenzione, i nomi delle Alte Parti Contraenti che l'avranno ratificata, come anche il deposito di ogni altro strumento di ratifica che si sia avuto successivamente (82).
Fatta a Roma il 4 novembre 1950, in francese ed in inglese, i due testi facenti ugualmente fede, in un solo esemplare che sarà depositato negli archivi del Consiglio d'Europa. Il Segretario Generale del Consiglio d'Europa ne comunicherà copia certificata conforme a ciascuno degli Stati membri del Consiglio d'Europa.
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(81) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(82) Il presente articolo 59, già articolo 66, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Protocollo addizionale alla Convezione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali
Art. 1
Protezione della proprietà (83).
Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai princìpi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di emanare leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.
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(83) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 2
Diritto all'istruzione (84).
Il diritto all'istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell'esercizio delle funzioni che assume nel campo dell'educazione e dell'insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di assicurare tale educazione e tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche.
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(84) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 3
Diritto a libere elezioni (85).
Le Alte Parti Contraenti si impegnano ad organizzare, ad intervalli ragionevoli, libere elezioni a scrutinio segreto, in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell'opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo.
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(85) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 4
Applicazione territoriale (86).
Ogni Alta Parte Contraente, al momento della firma o della ratifica del presente Protocollo o in ogni altro momento successivo, può presentare al Segretario Generale del Consiglio d'Europa una dichiarazione che indichi i limiti entro cui si impegna ad applicare le disposizioni del presente Protocollo nei territori di cui assicura le relazioni internazionali che sono designati nella stessa dichiarazione.
Ogni Alta Parte Contraente che ha presentato una dichiarazione in virtù del paragrafo precedente può, di volta in volta, presentare una nuova dichiarazione che modifichi i termini di ogni dichiarazione precedente o che ponga fine all'applicazione delle disposizioni del presente Protocollo in un qualsiasi territorio.
Una dichiarazione fatta conformemente al presente articolo sarà considerata come fatta in conformità al paragrafo 1 dell'articolo 56 della Convenzione (87).
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(86) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
(87) Paragrafo così modificato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 5
Relazioni con la Convenzione (88).
Le Alte Parti Contraenti considereranno gli articoli 1, 2, 3, e 4 di questo Protocollo come articoli addizionali alla Convenzione e tutte le disposizioni della Convenzione si applicheranno di conseguenza.
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(88) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
Art. 6
Firma e ratifica (89).
Il presente Protocollo è aperto alla firma dei Membri del Consiglio d'Europa, firmatari della Convenzione; esso sarà ratificato contemporaneamente alla Convenzione o dopo la ratifica di quest'ultima. Entrerà in vigore dopo il deposito di dieci strumenti di ratifica. Per ogni firmatario che lo ratificherà successivamente, il Protocollo entrerà in vigore dal momento del deposito dello strumento di ratifica.
Gli strumenti di ratifica saranno depositati presso il Segretariato Generale del Consiglio d'Europa che notificherà a tutti i Membri i nomi di quelli che lo avranno ratificato.
Fatto a Parigi il 20 marzo 1952 in francese e in inglese, i due testi facenti egualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli archivi del Consiglio d'Europa. Il Segretario Generale ne trasmetterà copia certificata conforme ad ognuno dei Governi firmatari.
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(89) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.
L. 5 agosto 1978, n. 468.
Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di
bilancio.
(artt. 7 e 11-ter)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 22 agosto 1978, n. 233.
(2) Vedi, anche, il D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279.
(3) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 6 febbraio 1998, n. 16/98;
- Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Circ. 15 maggio 1998, n. 44; Circ. 2 agosto 1999, n. 42; Circ. 3 aprile 2000, n. 17; Circ. 27 marzo 2001, n. 19; Circ. 20 marzo 2001, n. 16;
- Ministero del tesoro: Circ. 16 dicembre 1996, n. 223057; Circ. 26 maggio 1997, n. 149569; Circ. 2 giugno 1997, n. 42; Circ. 22 agosto 1997, n. 65; Circ. 25 settembre 1997, n. 191614; Circ. 22 gennaio 1998, n. 4;
- Ministero dell'economia e delle finanze: Circ. 16 ottobre 2001, n. 33; Circ. 25 marzo 2002, n. 15; Circ. 15 novembre 2002, n. 35; Circ. 26 febbraio 2003, n. 11; Circ. 31 marzo 2003, n. 18; Circ. 2 aprile 2003, n. 22; Ris. 2 dicembre 2003, n. 216/E; Circ. 5 febbraio 2004, n. 6; Circ. 5 aprile 2004, n. 11; Circ. 5 aprile 2004, n. 12; Circ. 7 aprile 2005, n. 13;
- Ministero dell'interno: Circ. 12 dicembre 1998, n. F.L.35/98;
- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 24 maggio 1996, n. 202; Circ. 15 luglio 1996, n. 345; Circ. 20 gennaio 1998, n. 23;
- Ministero delle finanze: Circ. 15 ottobre 1997, n. 265/P; Circ. 16 marzo 1998, n. 86/D;
- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 29 aprile 1997, n. 7;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 24 agosto 1998, n. DIE/ARE/1/3123; Circ. 25 settembre 1998, n. DIE/ARE/1/3484;
- Ragioneria generale dello Stato: Circ. 18 marzo 1996, n. 27; Circ. 6 giugno 1996, n. 46; Circ. 21 marzo 1997, n. 22; Circ. 28 marzo 1997, n. 26.
(omissis)
Art. 7.
Fondo di riserva per le spese obbligatorie e di ordine.
Nello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro è istituito, nella parte corrente, un «Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine» le cui dotazioni sono annualmente determinate, con apposito articolo, dalla legge di approvazione del bilancio.
Con decreti del Ministro del tesoro, da registrarsi alla Corte dei conti, sono trasferite dal predetto fondo ed iscritte in aumento sia delle dotazioni di competenza che di cassa dei competenti capitoli le somme necessarie:
1) per il pagamento dei residui passivi di parte corrente, eliminati negli esercizi precedenti per perenzione amministrativa, [in caso di richiesta da parte degli aventi diritto, con reiscrizione ai capitoli di provenienza, ovvero a capitoli di nuova istituzione nel caso in cui quello di provenienza sia stato nel frattempo soppresso] (41);
2) per aumentare gli stanziamenti dei capitoli di spesa aventi carattere obbligatorio o connessi con l'accertamento e la riscossione delle entrate.
Allo stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro è allegato l'elenco dei capitoli di cui al precedente numero 2), da approvarsi, con apposito articolo, dalla legge di approvazione del bilancio.
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(41) Le parole tra parentesi quadre sono state abrogate dall'art. 6, D.P.R. 24 aprile 2001, n. 270.
(omissis)
Art. 11-ter.
Copertura finanziaria delle leggi.
1. In attuazione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indica espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime. La copertura finanziaria delle leggi che importino nuove o maggiori spese, ovvero minori entrate, è determinata esclusivamente attraverso le seguenti modalità (57):
a) mediante utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali previsti dall'articolo 11-bis, restando precluso sia l'utilizzo di accantonamenti del conto capitale per iniziative di parte corrente, sia l'utilizzo per finalità difformi di accantonamenti per regolazioni contabili e per provvedimenti in adempimento di obblighi internazionali;
b) mediante riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa; ove dette autorizzazioni fossero affluite in conti correnti o in contabilità speciali presso la Tesoreria statale, si procede alla contestuale iscrizione nello stato di previsione della entrata delle risorse da utilizzare come copertura;
c) [a carico o mediante riduzione di disponibilità formatesi nel corso dell'esercizio sui capitoli di natura non obbligatoria, con conseguente divieto, nel corso dello stesso esercizio, di variazioni volte ad incrementare i predetti capitoli. Ove si tratti di oneri continuativi pluriennali, nei due esercizi successivi al primo, lo stanziamento di competenza dei suddetti capitoli, detratta la somma utilizzata come copertura, potrà essere incrementato in misura non superiore al tasso di inflazione programmato in sede di relazione previsionale e programmatica. A tale forma di copertura si può fare ricorso solo dopo che il Governo abbia accertato, con la presentazione del disegno di legge di assestamento del bilancio, che le disponibilità esistenti presso singoli capitoli non debbano essere utilizzate per far fronte alle esigenze di integrazione di altri stanziamenti di bilancio che in corso di esercizio si rivelino sottostimati. In nessun caso possono essere utilizzate per esigenze di altra natura le economie che si dovessero realizzare nella categoria «interessi» e nei capitoli di stipendi del bilancio dello Stato. Le facoltà di cui agli articoli 9 e 12, primo comma, non possono essere esercitate per l'iscrizione di somme a favore di capitoli le cui disponibilità siano state in tutto o in parte utilizzate per la copertura di nuove o maggiori spese disposte con legge] (58);
d) mediante modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate; resta in ogni caso esclusa la copertura di nuove e maggiori spese correnti con entrate in conto capitale.
2. I disegni di legge, gli schemi di decreto legislativo e gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredati da una relazione tecnica, predisposta dalle amministrazioni competenti e verificata dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sulla quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonché delle relative coperture, con la specificazione, per la spesa corrente e per le minori entrate, degli oneri annuali fino alla completa attuazione delle norme e, per le spese in conto capitale, della modulazione relativa agli anni compresi nel bilancio pluriennale e dell'onere complessivo in relazione agli obiettivi fisici previsti. Nella relazione sono indicati i dati e i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro fonti e ogni elemento utile per la verifica tecnica in sede parlamentare secondo le norme da adottare con i regolamenti parlamentari (59).
3. Le Commissioni parlamentari competenti possono richiedere al Governo la relazione di cui al comma 2 per tutte le proposte legislative e gli emendamenti al loro esame ai fini della verifica tecnica della quantificazione degli oneri da essi recati.
4. I disegni di legge di iniziativa regionale e del CNEL devono essere corredati, a cura dei proponenti, da una relazione tecnica formulata nei modi previsti dal comma 2.
5. Per le disposizioni legislative in materia pensionistica la relazione di cui ai commi 2 e 3 contiene un quadro analitico di proiezioni finanziarie almeno decennali, riferite all'andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari. Per le disposizioni legislative in materia di pubblico impiego la relazione contiene i dati sul numero dei destinatari, sul costo unitario, sugli automatismi diretti e indiretti che ne conseguono fino alla loro completa attuazione, nonché sulle loro correlazioni con lo stato giuridico ed economico di categorie o fasce di dipendenti pubblici omologabili. Per le disposizioni legislative recanti oneri a carico dei bilanci di enti appartenenti al settore pubblico allargato la relazione riporta la valutazione espressa dagli enti interessati.
6. Ogni quattro mesi la Corte dei conti trasmette al Parlamento una relazione sulla tipologia delle coperture adottate nelle leggi approvate nel periodo considerato e sulle tecniche di quantificazione degli oneri. La Corte riferisce, inoltre, su richiesta delle Commissioni parlamentari competenti nelle modalità previste dai Regolamenti parlamentari, sulla congruenza tra le conseguenze finanziarie dei decreti legislativi e le norme di copertura recate dalla legge di delega (60).
6-bis. Le disposizioni che comportano nuove o maggiori spese hanno effetto entro i limiti della spesa espressamente autorizzata nei relativi provvedimenti legislativi. Con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, è accertato l'avvenuto raggiungimento dei predetti limiti di spesa. Le disposizioni recanti espresse autorizzazioni di spesa cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto per l'anno in corso alla medesima data (61).
6-ter. Per le Amministrazioni dello Stato, il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, anche attraverso gli uffici centrali del bilancio e le ragionerie provinciali dello Stato, vigila sulla corretta applicazione delle disposizioni di cui al comma 6-bis. Per gli enti ed organismi pubblici non territoriali gli organi interni di revisione e di controllo provvedono agli analoghi adempimenti di vigilanza e segnalazione al Parlamento e al Ministero dell'economia e delle finanze (62).
7. Qualora nel corso dell'attuazione di leggi si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa o di entrata indicate dalle medesime leggi al fine della copertura finanziaria, il Ministro competente ne dà notizia tempestivamente al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale, anche ove manchi la predetta segnalazione, riferisce al Parlamento con propria relazione e assume le conseguenti iniziative legislative. La relazione individua le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri autorizzati dalle predette leggi. Il Ministro dell'economia e delle finanze può altresì promuovere la procedura di cui al presente comma allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica indicati dal Documento di programmazione economico-finanziaria e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari. La stessa procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri (63) (64).
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(57) Alinea così modificato dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come sostituito dalla relativa legge di conversione
(58) Lettera abrogata dall'art. 1-bis, D.L. 20 giugno 1996, n. 323, nel testo aggiunto dalla relativa legge di conversione.
(59) Comma così modificato dall'art. 3, L. 25 giugno 1999, n. 208.
(60) Comma così modificato dall'art. 13, L. 29 luglio 2003, n. 229.
(61) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come sostituito dalla relativa legge di conversione. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il Decr. 5 maggio 2003, il Decr. 15 luglio 2003 e il Decr. 1° giugno 2006.
(62) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come sostituito dalla relativa legge di conversione.
(63) Comma così modificato dal comma 2 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(64) Articolo aggiunto dall'art. 7, L. 23 agosto 1988, n. 362 (Gazz. Uff. 25 agosto 1988, n. 199, S.O.).
L. 17 agosto 1957, n. 848.
Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26
giugno 1945.
(stralcio)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 25 settembre 1957, n. 238, S.O..
Art. 1.
Piena ed intera esecuzione è data allo Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945, a decorrere dal 14 dicembre 1955, data di ammissione dell'Italia alle Nazioni Unite.
Art. 2.
Il Ministro per il tesoro è autorizzato ad adottare i provvedimenti di carattere finanziario richiesti dall'esecuzione dello Statuto suddetto per il pagamento:
a) del contributo annuale del Governo italiano alle spese delle Nazioni Unite con effetto dal 14 dicembre 1955;
b) della quota di partecipazione del Governo italiano al fondo di esercizio delle Nazioni Unite.
Art. 3.
All'onere derivante dall'applicazione della presente legge, previsto in lire 780.000.000 per l'esercizio finanziario 1955-56, si farà fronte con una corrispondente aliquota delle disponibilità nette risultanti dal provvedimento legislativo di variazioni al bilancio per lo stesso esercizio.
All'onere di lire 625.000.000 relativo all'esercizio finanziario 1956-57 si provvederà a carico dello stanziamento del capitolo n. 494 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per il detto esercizio.
Il Ministro per il tesoro è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.
Charte des Nations Unies
NOUS, PEUPLES DES NATIONS UNIES RÉSOLUS
à préserver les générations futures du fléau de la guerre qui deux fois en l'espace d'une vie humaine a infligé à l'humanité d'indicibles souffrances,
à proclamer à nouveau notre foi dans les droits fondamentaux de l'homme, dans la dignité et la valeur de la personne humaine, dans l'égalité de droits des hommes et des femmes, ainsi que des Nations, grandes et petites,
à créer les conditions nécessaires au maintien de la justice et du respect des obligations nées des traités et autres sources du droit international,
à favoriser le progrès social et instaurer de meilleures conditions de vie dans une liberté plus grande,
ET A' CES FINS
à pratiquer la tolérance, à vivre en paix l'un avec l'autre dans un esprit de bon voisinage,
à unir nos forces pour maintenir la paix et la sécurité internationales,
à accepter des principes et instituer des méthodes garantissant qu'il ne sera pas fait usage de la force des armes, sauf dans l'intérêt commun,
à recourir aux institutions internationales pour favoriser le progrès économique et social de tous les peuples,
AVONS DÉCIDÉ D'ASSOCIER NOS EFFORTS POUR RÉALISER CES DESSEINS
En conséquence, nos Gouvernements respectifs, par l'intermédiaire de leurs représentants, réunis en la ville de San Francisco, et munis de plein pouvoirs reconnus en bonne et due forme, ont adopté la présente Charte des Nations Unies et établissent par les présentes une Organisation internationale qui prendra le nom de Nations Unies.
Chapitre I
Buts et principes
Art. 1.
Les buts des Nations Unies sont les suivants:
1. Maintenir la paix et la sécurité internationales et à cette fin: prendre des mesures collectives efficaces en vue de prévenir et d'écarter les menaces à la paix et de réprimer tout acte d'agression ou autre rupture de la paix, et réaliser, par des moyens pacifiques, conformément aux principes de la justice et du droit international, l'ajustement ou le règlement de différends ou de situations, de caractère international, susceptibles de mener à une rupture de la paix;
2. Développer entre les Nations des relations amicales fondées sur le respect du principe de l'égalité de droits des peuples et de leur droit à disposer d'eux-mêmes, et prendre toutes autres mesures propres à consolider la paix du monde;
3. Réaliser la coopération internationale en résolvant les problèmes internationaux d'ordre économique, social, intellectuel ou humanitaire, en développant et en encourageant le respect des droits de l'homme et des libertés fondamentales pour tous sans distinction de race, de sexe, de langue ou de religion;
4. Etre un centre où s'harmonisent les efforts des Nations vers ces fins communes.
Art. 2.
L'Organisation des Nations Unies et ses Membres, dans la poursuite des buts énoncés à l'article 1, doivent agir conformément aux Principes suivants:
1. L'Organisation est fondée sur le principe de l'égalité souveraine de tous ses Membres.
2. Les Membres de l'Organisation, afin d'assurer à tous la jouissance des droits et avantages résultant de leur qualité de Membre, doivent remplir de bonne foi les obligations qu'ils ont assumées aux termes de la présente Charte.
3. Les Membres de l'Organisation règlent leurs différends internationaux par des moyens pacifiques, de telle manière que la paix et la sécurité internationales ainsi que la justice ne soient pas mises en danger.
4. Les Membres de l'Organisation s'abstiennent, dans leurs relations internationales, de recourir à la menace ou à l'emploi de la force, soit contre l'intégrité territoriale ou l'indépendance politique de tout Etat, soit de toute autre manière incompatible avec les buts des Nations Unies.
5. Les Membres de l'Organisation donnent à celle-ci pleine assistance dans toute action entreprise par elle conformément aux dispositions de la présente Charte et s'abstiennent de prêter assistance à un Etat contre lequel l'Organisation entreprend une action préventive ou coercitive.
6. L'Organisation fait en sorte que les Etats qui ne sont pas Membres des Nations Unies agissent conformément à ces principes dans la mesure nécessaire au maintien de la paix et de la sécurité internationales.
7. Aucune disposition de la présente Charte n'autorise les Nations Unies à intervenir dans des affaires qui relèvent essentiellement de la compétence nationale d'un Etat ni n'oblige les Membres à soumettre des affaires de ce genre à une procédure de règlement aux termes de la présente Charte; toutefois ce principe ne porte en rien atteinte à l'application des mesures de coercition prévues au chapitre VII.
(omissis)
L. 4 maggio 1983, n. 184.
Diritto del minore ad una famiglia.
(art. 2)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 maggio 1983, n. 133, S.O.
(2) Titolo così sostituito dall'art. 1, L. 28 marzo 2001, n. 149.
(3) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 21 febbraio 1996, n. 42; Circ. 1 aprile 1999, n. 77;
- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 27 gennaio 2000, n. 25;
- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 28 maggio 2004, n. 77/E;
- Ministero di grazia e giustizia: Circ. 15 luglio 1999, n. 4/99.
(omissis)
TITOLO I-bis
Dell'affidamento del minore (6)
Art. 2.
1. Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell'articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.
2. Ove non sia possibile l'affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Per i minori di età inferiore a sei anni l'inserimento può avvenire solo presso una comunità di tipo familiare.
3. In caso di necessità e urgenza l'affidamento può essere disposto anche senza porre in essere gli interventi di cui all'articolo 1, commi 2 e 3.
4. Il ricovero in istituto deve essere superato entro il 31 dicembre 2006 mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia.
5. Le regioni, nell'àmbito delle proprie competenze e sulla base di criteri stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definiscono gli standard minimi dei servizi e dell'assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare e dagli istituti e verificano periodicamente il rispetto dei medesimi (7).
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(6) Intitolazione aggiunta dall'art. 2, L. 28 marzo 2001, n. 149.
(7) Articolo così sostituito dall'art. 2, L. 28 marzo 2001, n. 149.
L. 16 aprile 1987, n. 183.
Coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle
Comunità europee ed adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi
comunitari.
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 13 maggio 1987, n. 109, S.O.
(2) Vedi, anche, l'art. 2, D.P.R. 13 giugno 1988, n. 396.
(3) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente istruzione:
- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Nota 25 febbraio 2002, n. 525.
TITOLO I
Organi del coordinamento delle politiche comunitarie
Art. 1.
Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie.
1. Per il coordinamento delle politiche derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee e per l'adeguamento della normativa nazionale alle direttive comunitarie è costituito il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie che si avvarrà delle strutture e del personale specificati nel relativo ordinamento cui sarà provveduto con decreto del Presidente della Repubblica da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a seguito di delibera del Consiglio dei ministri, adottata su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite le competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
2. In tale ordinamento verranno indicati i servizi necessari per la gestione amministrativa degli affari di competenza nonché la dotazione organica e le relative modalità per la copertura dei posti nell'ambito della dotazione organica della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Art. 2.
Competenze del comitato interministeriale per la programmazione economica.
1. Il comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), salve le attribuzioni del Consiglio dei ministri, nell'ambito dell'azione necessaria per armonizzare la politica economica nazionale con le politiche comunitarie:
a) esamina le connessioni fra le politiche delle Comunità europee e la programmazione economica nazionale;
b) elabora gli indirizzi generali da adottare per l'azione italiana in sede comunitaria per il coordinamento delle iniziative delle amministrazioni ad essa interessate nonché per la partecipazione finanziaria dello Stato al bilancio comunitario (4);
c) adotta direttive generali per il proficuo utilizzo dei flussi finanziari, sia comunitari che nazionali, indicandone le quote per amministrazioni competenti, dettando altresì i criteri generali per il controllo della spesa.
2. Agli indirizzi ed alle direttive generali di cui al comma 1 si attengono, nelle materie di rispettiva competenza, il comitato interministeriale per il coordinamento della politica industriale (CIPI) e il comitato interministeriale per la politica economica estera (CIPES).
3. Il Ministro delegato per il coordinamento delle politiche comunitarie fa parte dei comitati indicati nei commi 1 e 2, nonché del comitato interministeriale del credito e del risparmio. Le funzioni attribuite a tali comitati sono esercitate su iniziativa dei Ministri competenti d'intesa col suddetto Ministro.
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(4) Per l'attribuzione al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica delle funzioni già spettanti ai CIPE, di cui alla presente lettera, vedi l'art. 2, Del.CIPE 6 agosto 1999.
Art. 3.
Bilancio e programmazione comunitari.
1. Il comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), entro il 30 giugno di ogni anno, determina, con riferimento anche al progetto preliminare di bilancio generale delle Comunità europee, le linee di fabbisogno finanziario, statale e regionale, connesso all'attuazione in Italia delle politiche comunitarie, indicando le relative norme vigenti e le rispettive quote finanziarie di massima sulla base delle informazioni contabili fornite dal fondo di rotazione, di cui all'articolo 5.
2. Il comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), entro il 31 ottobre di ogni anno, definisce il programma degli interventi finanziari da effettuarsi nel corso dell'anno successivo con il concorso comunitario, a tal fine coordinando fra loro i programmi statali e regionali in materia.
Art. 4.
Comitato consultivo.
[1. È istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un comitato presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato per il coordinamento delle politiche comunitarie e composto da funzionari di qualifica non inferiore a dirigente generale, in rappresentanza delle rispettive amministrazioni, designati dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai Ministri degli affari esteri, dell'interno, di grazia e giustizia, delle finanze, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell'agricoltura e delle foreste, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del lavoro e della previdenza sociale, del commercio con l'estero, della sanità, delle partecipazioni statali, per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, per gli affari regionali, per il coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica. Del comitato fanno altresì parte l'Avvocato generale dello Stato, il Ragioniere generale dello Stato, o funzionari da essi delegati, nonché rappresentanti di altri Ministeri eventualmente interessati in relazione a specifici argomenti oggetto di esame.
2. Il comitato consultivo ha compiti di:
a) informazione e consulenza in ordine a questioni di carattere giuridico, amministrativo, economico e finanziario concernenti le attività comunitarie, le norme relative ed i loro riflessi nell'ordinamento, nelle iniziative e nei programmi interni di carattere economico e sociale;
b) studio e proposta delle misure da adottare per l'impiego compiuto e coordinato delle risorse comunitarie e di quelle nazionali ad esse complementari, nonché per la rapida attuazione delle norme comunitarie.
3. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per il coordinamento delle politiche comunitarie provvedono con proprio decreto alla costituzione della segreteria permanente del comitato con personale della Presidenza del Consiglio dei ministri oppure comandato dai Ministeri di cui al comma 1] (5).
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(5) Articolo abrogato dall'art. 26, L. 6 febbraio 2007, n. 13 - Legge comunitaria 2006.
Art. 5.
Fondo di rotazione.
1. È istituito, nell'ambito del Ministero del tesoro - Ragioneria generale dello Stato, un fondo di rotazione con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, ai sensi dell'articolo 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041 .
2. Il fondo di rotazione di cui al comma 1 si avvale di un apposito conto corrente infruttifero, aperto presso la tesoreria centrale dello Stato denominato «Ministero del tesoro - fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie», nel quale sono versate:
a) le disponibilità residue del fondo di cui alla legge 3 ottobre 1977, n. 863 , che viene soppresso a decorrere dalla data di inizio della operatività del fondo di cui al comma 1;
b) le somme erogate dalle istituzioni delle Comunità europee per contributi e sovvenzioni a favore dell'Italia;
c) le somme da individuare annualmente in sede di legge finanziaria, sulla base delle indicazioni del comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), nell'ambito delle autorizzazioni di spesa recate da disposizioni di legge aventi le stesse finalità di quelle previste dalle norme comunitarie da attuare;
d) le somme annualmente determinate con la legge di approvazione del bilancio dello Stato, sulla base dei dati di cui all'articolo 7.
3. Restano salvi i rapporti finanziari direttamente intrattenuti con le Comunità europee dalle amministrazioni e dagli organismi di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 1971, n. 321 , ed alla legge 26 novembre 1975, n. 748 (6).
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(6) Vedi, anche, l'art. 2, D.P.R. 13 giugno 1988, n. 396, nonché l'art. 74, L. 19 febbraio 1992, n. 142, l'art. 65, comma 2, L. 23 dicembre 2000, n. 388, l'art. 54, L. 1° marzo 2002, n. 39 - Legge comunitaria 2001 e l'art. 2-bis, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
Art. 6.
Erogazioni del fondo.
1. Il fondo di rotazione di cui all'articolo 5, su richiesta delle competenti amministrazioni e nei limiti delle quote indicate dal CIPE ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), eroga alle amministrazioni pubbliche ed agli operatori pubblici e privati interessati la quota di finanziamento a carico del bilancio dello Stato per l'attuazione dei programmi di politica comunitaria e può altresì concedere ai soggetti titolari dei progetti compresi nei programmi medesimi, che ne facciano richiesta nei modi stabiliti dal regolamento, anticipazioni a fronte dei contributi spettanti a carico del bilancio delle Comunità europee.
2. L'insieme della quota e della anticipazione di cui al comma 1, erogato a ciascun operatore pubblico o privato, non può superare il 90 per cento di quanto complessivamente spettante a titolo di contributi nazionali e comunitari. Al relativo saldo a conguaglio il fondo di rotazione provvede a seguito della certificazione, da parte dell'amministrazione competente, dell'avvenuta attuazione del progetto. Sulle anticipazioni di cui al comma 1 è trattenuto l'interesse del 5 per cento sino alla data della certificazione sopraindicata.
3. In caso di mancata attuazione del progetto nel termine da esso previsto, o espressamente prorogato, l'amministrazione competente è tenuta a provvedere al recupero ed alla restituzione al fondo di rotazione delle somme erogate e anticipate con la maggiorazione di un importo pari al tasso ufficiale di sconto in vigore nel periodo intercorso tra la data della erogazione e la data del recupero, nonché delle eventuali penalità. Al recupero si applicano le norme vigenti per la riscossione esattoriale delle imposte dirette dello Stato.
4. Restano salve le attribuzioni delle amministrazioni e degli organismi di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 1971, n. 321 , ed alla legge 26 novembre 1975, n. 748 .
Art. 7.
Informazione finanziaria.
1. Il fondo di rotazione, di cui all'articolo 5, assicura la raccolta e la elaborazione dei dati contabili concernenti i flussi finanziari delle Comunità europee riguardanti l'Italia e quelli nazionali ad essi collegati.
2. Per le finalità di cui al comma 1 affluiscono al fondo di rotazione, a cura della rappresentanza permanente di Italia presso le Comunità europee e di tutte le amministrazioni ed enti interessati, i dati ed ogni altro utile elemento relativo ai flussi finanziari, di cui allo stesso comma 1.
3. Al fondo di rotazione sono altresì comunicati, a cura di tutte le amministrazioni statali, regionali e delle province autonome, competenti all'attuazione delle politiche comunitarie, gli elementi relativi alle provvidenze comunitarie ed a quelle interne ad esse collegate, distintamente per ciascuno dei fondi comunitari cui fanno capo, con indicazione delle azioni finanziate, dei destinatari, dello stato dei progetti e di ogni altra utile notizia.
4. Le modalità per l'espletamento delle procedure di raccolta e di elaborazione dei dati saranno rese note alle amministrazioni ed agli enti interessati dal fondo di rotazione, che curerà all'occorrenza ogni iniziativa, anche presso la Commissione delle Comunità europee, per acquisire le ulteriori notizie ritenute necessarie.
5. Il Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie, pubblica ogni due mesi un bollettino del fondo di rotazione, contenente l'ammontare e la provenienza dei fondi e i finanziamenti erogati.
Art. 8.
Regolamento del fondo di rotazione.
1. Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge sarà emanato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro delegato per il coordinamento delle politiche comunitarie, il regolamento del fondo di rotazione di cui all'art. 5, per la determinazione, secondo criteri di efficienza, della sua struttura organizzativa e delle procedure amministrative concernenti le distinte sezioni finanziaria e conoscitiva (7).
2. Al fondo di rotazione è preposto, per la durata di cinque anni prorogabile una sola volta fino a dieci anni, un funzionario con qualifica di dirigente generale appartenente al ruolo dei servizi centrali del Ministero del tesoro - Ragioneria generale dello Stato, nominato dal Ministro del tesoro e collocato fuori ruolo. Detto funzionario è coadiuvato da un dirigente superiore e da due primi dirigenti, anch'essi appartenenti al ruolo dei servizi centrali del Ministero del tesoro - Ragioneria generale dello Stato (8).
3. Sono apportate le necessarie variazioni nelle funzioni indicate al quadro I della tabella 7 allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748 .
4. È destinato al fondo di rotazione personale non dirigenziale della Ragioneria generale dello Stato nei limiti dell'organico determinato col decreto indicato nel comma 1. In non più del 50 per cento dei posti previsti per tale organico può essere utilizzato personale comandato da altre amministrazioni statali interessate.
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(7) Vedi il D.P.R. 29 dicembre 1988, n. 568.
(8) Vedi, anche, l'art. 6, D.P.R. 13 giugno 1988, n. 396.
TITOLO II
Atti normativi comunitari ed adeguamento dell'ordinamento interno
Art. 9.
Comunicazione dei progetti di atti comunitari al Parlamento, alle regioni ed alle province autonome.
[1. I progetti dei regolamenti, delle raccomandazioni e delle direttive delle Comunità europee sono comunicati alle Camere, alle regioni anche a statuto speciale ed alle province autonome dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato per il coordinamento delle politiche comunitarie.
2. Le Camere, le regioni e le province autonome possono inviare al Governo osservazioni] (9).
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(9) Articolo abrogato dall'art. 13, L. 24 aprile 1998, n. 128.
Art. 10.
Comunicazione degli atti normativi comunitari al Parlamento, alle regioni ed alle province autonome.
[1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per il coordina mento delle politiche comunitarie, entro trenta giorni dalla notifica della raccomandazione o della direttiva comunitaria, ne dà comunicazione alle Camere, nonché, per le materie loro attribuite, alle regioni anche a statuto speciale ed alle province autonome.
2. Il Governo, entro il termine di novanta giorni, riferisce per iscritto alle Camere sullo stato di conformità o meno delle norme vigenti nell'ordinamento interno alle prescrizioni della raccomandazione o direttiva comunitaria (10)] (11).
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(10) Comma così sostituito dall'art. 2, L. 9 marzo 1989, n. 86.
(11) Articolo abrogato dall'art. 13, L. 24 aprile 1998, n. 128.
Art. 11.
Attuazione amministrativa degli atti normativi comunitari.
[1. Il Governo o le regioni, se la raccomandazione o la direttiva comunitaria non riguarda materia già disciplinata con legge o coperta da riserva di legge, ne danno attuazione entro i termini previsti dalla stessa mediante regolamenti o altri atti amministrativi generali di competenza dei rispettivi organi e con i procedimenti previsti per l'adozione degli stessi] (12).
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(12) Articolo abrogato dall'art. 22, L. 4 febbraio 2005, n. 11.
Art. 12.
Attuazione legislativa di atti normativi comunitari.
[1. Il Governo, se la raccomandazione o la direttiva comunitaria riguarda materia già disciplinata con legge o coperta da riserva di legge o se comunque esso ritiene di conformare alla stessa l'ordinamento interno con norme di legge, predispone nel più breve tempo possibile il relativo disegno di legge, nel quale sono stabilite per le materie attribuite alle regioni le necessarie norme di principio e viene indicato se, per specifiche materie già disciplinate con legge e non coperte da riserva di legge, l'attuazione nell'ordinamento interno delle raccomandazioni o direttive comunitarie debba avvenire nei modi di cui all'articolo 11.
2. I disegni di legge di cui al comma 1 dopo l'approvazione del Consiglio dei ministri sono comunicati alla Commissione delle Comunità europee.
3. Le regioni trasmettono al Governo i disegni di legge di attuazione di raccomandazioni e direttive comunitarie, per la necessaria comunicazione alla Commissione delle Comunità europee] (13).
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(13) Abrogato dall'art. 15, L. 9 marzo 1989, n. 86.
Art. 13.
Regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e di Bolzano.
[1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di competenza esclusiva, possono dare immediata attuazione alle raccomandazioni e direttive comunitarie, salvo adeguarsi, nei limiti previsti dalla Costituzione e dai relativi statuti speciali, alle leggi dello Stato di cui al comma 1 dell'articolo 12] (14).
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(14) Abrogato dall'art. 15, L. 9 marzo 1989, n. 86.
TITOLO III
Conferimento di forza di legge a direttive. Delega legislativa. Adeguamenti tecnici
Art. 14.
Conferimento di forza di legge ad alcune direttive.
1. Le norme contenute nelle direttive della Comunità economica europea, indicate nell'elenco «A» allegato alla presente legge, hanno forza di legge con effetto dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 2.
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Ministro da lui delegato, da emanarsi su proposta dei Ministri competenti, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, verranno stabilite le norme di attuazione delle direttive di cui al comma 1.
Art. 15.
Delega legislativa.
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro il termine di dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge, con decreti aventi forza di legge, le norme necessarie per dare attuazione alle direttive della Comunità economica europea indicate negli elenchi «B» e «C» allegati alla presente legge, secondo i principi ed i criteri direttivi per ciascuno di detti elenchi formulati, ad integrazione di quelli contenuti in ciascuna delle direttive stesse, negli articoli successivi.
2. I decreti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie, di concerto con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro di grazia e giustizia, con il Ministro del tesoro e con i Ministri preposti alle altre Amministrazioni interessate.
3. Gli schemi di detti decreti sono preventivamente sottoposti al parere delle Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, competenti per materia, che dovranno esprimersi nel termine di quaranta giorni dalla comunicazione. Decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza di detto parere.
Art. 16.
Principi e criteri direttivi della delega legislativa.
1. I decreti delegati di cui all'articolo 15 sono informati ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) i Ministeri direttamente interessati debbono provvedere all'attuazione dei decreti delegati, emanati ai sensi della presente legge, con le ordinarie strutture amministrative di cui attualmente dispongono;
b) restano ferme le competenze attribuite alle regioni a statuto ordinario dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 24 Luglio 1977, n. 616, e le competenze attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano dai rispettivi ordinamenti statutari;
c) saranno previste, quando sia necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti delegati, salve le norme penali vigenti, norme contenenti le sanzioni amministrative e penali, o il loro adeguamento, per le eventuali infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi, nei limiti, rispettivamente, della pena pecuniaria da lire cinquecentomila a lire cinque milioni e dell'ammenda da lire duecentocinquantamila a lire due milioni o dell'arresto fino a tre anni. A tali fini:
1) per le infrazioni alle norme emanate in attuazione delle direttive saranno di regola previste sanzioni amministrative;
2) sanzioni penali saranno previste solo nei casi in cui le infrazioni alle norme di attuazione delle direttive ledano interessi generali dell'ordinamento interno, individuati in base ai criteri ispiratori degli articoli 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689 , e siano comunque di particolare gravità avuto riguardo all'entità del danno o del pericolo provocato.
Art. 17.
Principi e criteri direttivi in materia di agricoltura e sanità.
1. I decreti delegati in materia di agricoltura e sanità, di cui all'elenco «B» allegato alla presente legge, saranno informati ai seguenti principi e criteri, aggiuntivi a quelli contenuti nelle singole direttive:
a) per le direttive comunitarie concernenti gli alimenti per uso zootecnico, i decreti saranno informati all'esigenza di perseguire una più efficiente tutela economica degli allevatori ed a fissare idonee garanzie sanitarie per gli alimenti destinati agli animali evitando che contengano sostanze particolari che possano risultare nocive al bestiame e all'uomo. A tali fini con i decreti si provvederà:
1) a definire i prodotti, da impiegare singolarmente o convenientemente miscelati fra loro, per l'alimentazione degli animali;
2) a stabilire le modalità d'impiego dei prodotti e degli additivi opportunamente ripartiti per categorie;
3) a dettare idonee garanzie, sotto il profilo sanitario, intese ad evitare possibili immissioni sul mercato di alimenti pericolosi per la presenza di agenti patogeni;
4) a disporre efficaci misure di vigilanza e di controllo;
b) per le direttive comunitarie concernenti gli alimenti per uso umano e gli scambi intra ed extra-comunitari di carni fresche e di animali, i decreti provvederanno a stabilire idonee garanzie a tutela della salute umana e del patrimonio zootecnico, nonché a disporre efficaci e tempestive misure di vigilanza, provvedendo anche a semplificare i sistemi di controllo necessari allo scopo.
Art. 18.
Principi e criteri direttivi in materia di salvaguardia della salute umana e di protezione dell'ambiente.
1. I decreti delegati in materia di salvaguardia della salute umana e di protezione dell'ambiente, di cui all'elenco «C» allegato alla presente legge, saranno informati ai seguenti principi e criteri direttivi, aggiuntivi a quelli contenuti nelle singole direttive:
a) disciplinare l'immissione nel mercato e l'uso di sostanze e preparati pericolosi, secondo criteri atti a salvaguardare la salute umana anche con idonee prescrizioni per la necessaria informazione dei consumatori;
b) recuperare e conservare le condizioni ambientali, in difesa degli interessi fondamentali della collettività e della qualità della vita; difendere, conservare e valorizzare le risorse e il patrimonio naturali prescrivendo:
1) norme volte alla prevenzione ed alla riparazione del danno ambientale;
2) misure restrittive rivolte alla protezione e alla tutela dell'ambiente;
3) adeguate misure di vigilanza e controllo.
Art. 19.
Commissione per il recepimento delle normative comunitarie.
[1. Al fine di favorire il sollecito recepimento delle normative comunitarie è autorizzata la costituzione di una commissione, presso il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, formata da funzionari del Dipartimento stesso e delle Amministrazioni dello Stato interessate e da un magistrato del Consiglio di Stato, nominati con decreto del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie.
2. Al personale chiamato a far parte della commissione di cui al comma 1 sarà corrisposto un compenso da stabilirsi con decreto del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie di concerto con il Ministro del tesoro (15).
3. Al relativo onere si farà fronte con uno stanziamento di lire 60 milioni sul capitolo 6921 dello stato di previsione della spesa della Presidenza del Consiglio dei ministri - rubrica 37 - per l'esercizio finanziario 1987, mediante corrispondente riduzione della dotazione iscritta al capitolo 6942 della rubrica stessa (16) (17)] (18).
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(15) Comma abrogato dall'art. 26, L. 6 febbraio 2007, n. 13 - Legge comunitaria 2006.
(16) Comma abrogato dall'art. 26, L. 6 febbraio 2007, n. 13 - Legge comunitaria 2006.
(17) Vedi, anche, l'art. 76, L. 19 febbraio 1992, n. 142.
(18) Articolo abrogato dall'art. 7, D.P.R. 14 maggio 2007, n. 91. Vedi, anche, gli articoli 1, 2, 5 e 6 dello stesso decreto.
Art. 20.
Adeguamenti tecnici.
[1. Con decreti dei Ministri interessati sarà data attuazione alle direttive che saranno emanate dalla Comunità economica europea per le parti in cui modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre direttive della Comunità economica europea già recepite nell'ordinamento nazionale.
2. I Ministri interessati danno immediata comunicazione dei provvedimenti adottati ai sensi del comma 1 al Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie, al Ministro degli affari esteri ed al Parlamento] (19).
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(19) Articolo abrogato dall'art. 22, L. 4 febbraio 2005, n. 11.
TITOLO IV
Norme finali
Art. 21.
Misure di intervento finanziario.
1. Quando i decreti delegati di cui alla presente legge prevedano misure di intervento finanziario non contemplate da leggi vigenti e non rientranti nell'attività ordinaria delle Amministrazioni statali o regionali competenti, si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5.
Art. 22.
Abrogazione di norme.
1. Sono abrogate tutte le norme contrastanti o comunque incompatibili con le disposizioni della presente legge.
Allegato
ELENCO A
(articolo 14, comma 1)
79/113 Direttiva del Consiglio del 19 dicembre 1978 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla determinazione delle emissioni sonore delle macchine e dei materiali per cantieri (20).
81/1051 Direttiva del Consiglio del 7 dicembre 1981 che modifica la direttiva 79/113/CEE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla determinazione delle emissioni sonore delle macchine e dei materiali per cantieri (21).
82/603 Direttiva del Consiglio del 28 luglio 1982 che modifica la direttiva 75/130/CEE relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti di merci combinati strada-ferrovia tra Stati membri.
82/714 Direttiva del Consiglio del 4 ottobre 1982 che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna.
82/885 Direttiva del Consiglio del 10 dicembre 1982 che modifica la direttiva 78/170/CEE concernente la resa dei generatori di calore impiegati per il riscaldamento di locali e la produzione di acqua calda negli edifici non industriali nuovi o già esistenti, nonché l'isolamento della distribuzione del calore e di acqua calda per usi igienici nei nuovi edifici non industriali.
83/190 Direttiva della Commissione del 28 marzo 1983 che adegua al progresso tecnico la direttiva 78/764/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al sedile del conducente dei trattori agricoli o forestali a ruote.
83/575 Direttiva del Consiglio del 26 ottobre 1983 che modifica la direttiva 71/316/CEE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle disposizioni comuni agli strumenti di misura ed ai metodi di controllo metrologico.
83/635 Direttiva del Consiglio del 13 dicembre 1983 recante seconda modifica della direttiva 76/118/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti taluni tipi di latte conservato, parzialmente o totalmente disidratato, destinato all'alimentazione umana.
84/528 Direttiva del Consiglio del 17 settembre 1984 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle disposizioni comuni agli apparecchi di sollevamento e di movimentazione (22).
84/529 Direttiva del Consiglio del 17 settembre 1984 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli ascensori elettrici (23).
84/530 Direttiva del Consiglio del 17 settembre 1984 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle disposizioni comuni agli apparecchi funzionanti con combustibili gassosi, ai dispositivi di sicurezza e di regolazione del gas destinati a detti apparecchi ed ai metodi di controllo di questi ultimi.
84/531 Direttiva del Consiglio del 17 settembre 1984 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli apparecchi funzionanti con combustibili gassosi e destinati alla produzione istantanea di acqua calda ad uso sanitario.
84/532 Direttiva del Consiglio del 17 settembre 1984 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle disposizioni comuni in materia di attrezzature e macchine per cantieri edili.
84/533 Direttiva del Consiglio del 17 settembre 1984 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al livello di potenza acustica ammesso dei motocompressori (24).
84/534 Direttiva del Consiglio del 17 settembre 1984 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al livello di potenza acustica ammesso delle gru a torre (25).
84/535 Direttiva del Consiglio del 17 settembre 1984 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al livello di potenza acustica ammesso dei gruppi elettrogeni di saldatura (26).
84/536 Direttiva del Consiglio del 17 settembre 1984 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al livello di potenza acustica ammesso dei gruppi elettrogeni (27).
84/537 Direttiva del Consiglio del 17 settembre 1984 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al livello di potenza acustica ammesso dei martelli demolitori azionati a mano (28).
84/538 Direttiva del Consiglio del 17 settembre 1984 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al livello di potenza acustica ammesso dei tosaerba.
84/539 Direttiva del Consiglio del 17 settembre 1984 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli apparecchi elettrici utilizzati in medicina umana e veterinaria.
84/647 Direttiva del Consiglio del 19 dicembre 1984 relativa all'utilizzazione dei veicoli noleggiati senza conducente per il trasporto di merci su strada.
85/3 Direttiva del Consiglio del 19 dicembre 1984 relativa ai pesi, alle dimensioni ed a certe altre caratteristiche tecniche di taluni veicoli stradali.
85/210 Direttiva del Consiglio del 20 marzo 1985 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al tenore di piombo nella benzina.
85/397 Direttiva del Consiglio del 5 agosto 1985 concernente i problemi sanitari e di polizia sanitaria negli scambi intracomunitari di latte trattato termicamente.
85/405 Direttiva della Commissione dell'11 luglio 1985 che adegua al progresso tecnico la direttiva 79/113/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla determinazione delle emissioni sonore delle macchine e dei materiali per cantieri (29).
85/406 Direttiva della Commissione dell'11 luglio 1985 che adegua al progresso tecnico la direttiva 84/533/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al livello di potenza acustica ammesso dei motocompressori (30).
85/407 Direttiva della Commissione dell'11 luglio 1985 che adegua al progresso tecnico la direttiva 84/535/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al livello di potenza acustica ammesso dei gruppi elettrogeni di saldatura (31).
85/408 Direttiva della Commissione dell'11 luglio 1985 che adegua al progresso tecnico la direttiva 84/536/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al livello di potenza acustica ammesso dei gruppi elettrogeni (32).
85/409 Direttiva della Commissione dell'11 luglio 1985 che adegua al progresso tecnico la direttiva 84/537/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al livello di potenza acustica ammesso dei martelli demolitori azionati a mano (33).
85/573 Direttiva del Consiglio del 19 dicembre 1985 che modifica la direttiva 77/436/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di estratti di caffè e di estratti di cicoria.
86/94 Direttiva del Consiglio del 10 marzo 1986 recante seconda modifica della direttiva 73/404/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai detergenti.
86/96 Direttiva del Consiglio del 18 marzo 1986 che modifica la direttiva 80/232/CEE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle gamme di quantità nominali e capacità nominali ammesse per taluni prodotti in imballaggi preconfezionati.
86/109 Direttiva della Commissione del 27 febbraio 1986 che limita la commercializzazione delle sementi di talune specie di piante foraggere, oleaginose e da fibra alle sementi ufficialmente certificate «sementi di base» o «sementi certificate».
86/155 Direttiva del Consiglio del 22 aprile 1986 che modifica talune direttive riguardanti la commercializzazione delle sementi e dei materiali di moltiplicazione a seguito dell'adesione della Spagna e del Portogallo.
86/197 Direttiva del Consiglio del 26 maggio 1986 che modifica la direttiva 79/112/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità.
86/217 Direttiva del Consiglio del 26 maggio 1986 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai manometri per pneumatici degli autoveicoli (34).
86/295 Direttiva del Consiglio del 26 maggio 1986 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle strutture di protezione in caso di ribaltamento (ROPS) di determinate macchine per cantieri.
86/296 Direttiva del Consiglio del 26 maggio 1986 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle strutture di protezione in caso di caduta di oggetti (FOPS) di determinate macchine per cantieri.
86/312 Direttiva della Commissione del 18 giugno 1986 sull'adeguamento al progresso tecnico della direttiva 84/529/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli ascensori elettrici (35).
86/360 Direttiva del Consiglio del 24 luglio 1986 che modifica la direttiva 85/3/CEE relativa ai pesi, alle dimensioni e a certe altre caratteristiche tecniche di taluni veicoli stradali.
86/361 Direttiva del Consiglio del 24 luglio 1986 concernente la prima fase del reciproco riconoscimento dell'omologazione delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni.
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(20) Con D.M. 28 novembre 1987, n. 588 (Gazz. Uff. 28 marzo 1988, n. 73, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva. Successivamente il citato D.M. n. 588 del 1987 è stato abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262.
(21) Con D.M. 28 novembre 1987, n. 588 (Gazz. Uff. 28 marzo 1988, n. 73, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva. Successivamente il citato D.M. n. 588 del 1987 è stato abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262.
(22) Con D.M. 28 novembre 1987, n. 586 (Gazz. Uff. 25 marzo 1988, n. 71, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva.
(23) Con D.M. 9 dicembre 1987, n. 587 (Gazz. Uff. 25 marzo 1988, n. 71, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva. Il relativo regolamento è stato approvato con D.P.R. 28 marzo 1994, n. 268 (Gazz. Uff. 3 maggio 1994, n. 101).
(24) Con D.M. 28 novembre 1987, n. 588 (Gazz. Uff. 28 marzo 1988, n. 73, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva. Successivamente il citato D.M. n. 588 del 1987 è stato abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262.
(25) Con D.M. 28 novembre 1987, n. 588 (Gazz. Uff. 28 marzo 1988, n. 73, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva. Successivamente il citato D.M. n. 588 del 1987 è stato abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262.
(26) Con D.M. 28 novembre 1987, n. 588 (Gazz. Uff. 28 marzo 1988, n. 73, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva. Successivamente il citato D.M. n. 588 del 1987 è stato abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262.
(27) Con D.M. 28 novembre 1987, n. 588 (Gazz. Uff. 28 marzo 1988, n. 73, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva. Successivamente il citato D.M. n. 588 del 1987 è stato abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262.
(28) Con D.M. 28 novembre 1987, n. 588 (Gazz. Uff. 28 marzo 1988, n. 73, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva. Successivamente il citato D.M. n. 588 del 1987 è stato abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262.
(29) Con D.M. 28 novembre 1987, n. 588 (Gazz. Uff. 28 marzo 1988, n. 73, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva. Successivamente il citato D.M. n. 588 del 1987 è stato abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262.
(30) Con D.M. 28 novembre 1987, n. 588 (Gazz. Uff. 28 marzo 1988, n. 73, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva. Successivamente il citato D.M. n. 588 del 1987 è stato abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262.
(31) Con D.M. 28 novembre 1987, n. 588 (Gazz. Uff. 28 marzo 1988, n. 73, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva. Successivamente il citato D.M. n. 588 del 1987 è stato abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262.
(32) Con D.M. 28 novembre 1987, n. 588 (Gazz. Uff. 28 marzo 1988, n. 73, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva. Successivamente il citato D.M. n. 588 del 1987 è stato abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262.
(33) Con D.M. 28 novembre 1987, n. 588 (Gazz. Uff. 28 marzo 1988, n. 73, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva. Successivamente il citato D.M. n. 588 del 1987 è stato abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262.
(34) Con D.M. 12 settembre 1988, n. 435 (Gazz. Uff. 13 ottobre 1988, n. 241) è stata data attuazione alla presente direttiva. Successivamente il citato D.M. n. 588 del 1987 è stato abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262.
(35) Con D.M. 9 dicembre 1987, n. 587 (Gazz. Uff. 25 marzo 1988, n. 71, S.O.) è stata data attuazione alla presente direttiva.
Allegato
ELENCO B
AGRICOLTURA E SANITA'
(articolo 15, comma 1)
71/118 Direttiva del Consiglio del 15 febbraio 1971 relativa a problemi sanitari in materia di scambi di carni fresche di volatili da cortile.
74/63 Direttiva del Consiglio del 17 dicembre 1973 relativa alla fissazione di quantità massime per le sostanze e per i prodotti indesiderabili negli alimenti per gli animali.
77/99 Direttiva del Consiglio del 21 dicembre 1976 relativa a problemi sanitari in materia di scambi intracomunitari di prodotti a base di carne.
77/101 Direttiva del Consiglio del 23 novembre 1976 relativa alla commercializzazione degli alimenti semplici per gli animali.
79/372 Direttiva del Consiglio del 2 aprile 1979 che modifica la direttiva 77/101/CEE relativa alla commercializzazione degli alimenti semplici per gli animali.
79/373 Direttiva del Consiglio del 2 aprile 1979 relativa alla commercializzazione degli alimenti composti per animali.
79/797 Prima direttiva della Commissione del 10 agosto 1979 che modifica l'allegato della direttiva 77/101/CEE del Consiglio, relativa alla commercializzazione degli alimenti semplici per gli animali.
80/213 Direttiva del Consiglio del 22 gennaio 1980 che modifica la direttiva 72/461/CEE relativa a problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di carni fresche.
80/214 Direttiva del Consiglio del 22 gennaio 1980 che modifica la direttiva 77/99/CEE relativa a problemi sanitari in materia di scambi intracomunitari di prodotti a base di carne.
80/215 Direttiva del Consiglio del 22 gennaio 1980 relativa a problemi di polizia sanitaria negli scambi intracomunitari di prodotti a base di carni.
80/216 Direttiva del Consiglio del 22 gennaio 1980 che modifica la direttiva 71/118/CEE relativa a problemi sanitari in materia di scambi di carni fresche di volatili da cortile.
80/502 Direttiva del Consiglio del 6 maggio 1980 che modifica la direttiva 74/63/CEE relativa alla fissazione di quantità massime per le sostanze e per i prodotti indesiderabili negli alimenti per gli animali.
80/509 Prima direttiva della Commissione del 2 maggio 1980 che modifica l'allegato della direttiva 79/373/CEE del Consiglio relativa alla commercializzazione degli alimenti composti per gli animali.
80/510 Seconda direttiva della Commissione del 2 maggio 1980 che modifica l'allegato della direttiva 77/101/CEE del Consiglio relativa alla commercializzazione degli alimenti semplici per gli animali.
80/511 Direttiva della Commissione del 2 maggio 1980 che autorizza, in taluni casi, la commercializzazione degli alimenti composti in imballaggi o recipienti non chiusi.
80/695 Seconda direttiva della Commissione del 27 giugno 1980 che modifica l'allegato della direttiva 79/373/CEE del Consiglio relativa alla commercializzazione degli alimenti composti per gli animali.
80/879 Direttiva della Commissione del 3 settembre 1980 relativa alla bollatura sanitaria dei grandi imballaggi di carni fresche di volatili da cortile.
80/1100 Direttiva del Consiglio dell'11 novembre 1980 che modifica la direttiva 80/215/CEE per quanto riguarda la malattia vescicolosa dei suini e la peste suina classica.
82/475 Direttiva della Commissione del 23 giugno 1982 che fissa le categorie di ingredienti che possono essere utilizzate per l'indicazione della composizione degli alimenti composti per gli animali familiari.
82/937 Terza direttiva della Commissione del 21 dicembre 1982 che modifica l'allegato della direttiva 77/101/CEE del Consiglio relativa alla commercializzazione degli alimenti semplici per gli animali.
82/957 Terza direttiva della Commissione del 22 dicembre 1982 che modifica l'allegato della direttiva 79/373/CEE del Consiglio relativa alla commercializzazione degli alimenti composti per gli animali.
83/87 Direttiva della Commissione del 21 febbraio 1983 che modifica la terza direttiva che modifica l'allegato della direttiva 77/101/CEE del Consiglio relativa alla commercializzazione degli alimenti semplici per gli animali.
83/201 Direttiva della Commissione del 12 aprile 1983 recante deroghe alla direttiva 77/99/CEE del Consiglio per alcuni prodotti contenenti altre derrate alimentari e in cui la percentuale di carne o di prodotti a base di carne è minima.
83/417 Direttiva del Consiglio del 25 luglio 1983 relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative a talune lattoproteine (caseine e caseinati) destinate all'alimentazione umana.
84/319 Direttiva della Commissione del 7 giugno 1984 che modifica gli allegati della direttiva 77/96/CEE del Consiglio concernente la ricerca delle trichine all'importazione dai paesi terzi di carni fresche provenienti da animali domestici della specie suina.
84/335 Direttiva del Consiglio del 19 giugno 1984 che modifica la direttiva 71/118/CEE relativa a problemi sanitari in materia di scambi di carni fresche di volatili da cortile.
84/642 Direttiva del Consiglio dell'11 dicembre 1984 che modifica la direttiva 71/118/CEE relativa a problemi sanitari in materia di scambi di carni fresche di volatili da cortile.
84/644 Direttiva del Consiglio dell'11 dicembre 1984 che modifica la direttiva 64/432/CEE per quanto riguarda, relativamente alla brucellosi, la prova all'antigene di brucella tamponato, la prova di microagglutinazione e la prova dell'anello di latte che vengono effettuate su campioni di latte.
85/157 Quarantottesima direttiva della Commissione del 6 febbraio 1985 che modifica gli allegati della direttiva 70/524/CEE del Consiglio relativa agli additivi nell'alimentazione degli animali.
85/312 Quarantanovesima direttiva della Commissione del 31 maggio 1985 che modifica gli allegati della direttiva 70/524/CEE del Consiglio relativa agli additivi nell'alimentazione degli animali.
85/320 Direttiva del Consiglio del 12 giugno 1985 che modifica la direttiva 64/432/CEE, per quanto riguarda talune disposizioni relative alla peste suina classica e alla peste suina africana.
85/321 Direttiva del Consiglio del 12 giugno 1985 che modifica la direttiva 80/215/CEE per quanto riguarda talune disposizioni relative alla peste suina africana.
85/323 Direttiva del Consiglio del 12 giugno 1985 che modifica la direttiva 64/433/CEE relativa a problemi sanitari in materia di scambi intracomunitari di carni fresche.
85/324 Direttiva del Consiglio del 12 giugno 1985 che modifica la direttiva 71/118/CEE relativa a problemi sanitari in materia di scambi di carni fresche di volatili da cortile.
85/325 Direttiva del Consiglio del 12 giugno 1985 che modifica la direttiva 64/433/CEE relativa a problemi sanitari in materia di scambi intracomunitari di carni fresche.
85/326 Direttiva del Consiglio del 12 giugno 1985 che modifica la direttiva 71/118/CEE relativa a problemi sanitari in materia di scambi di carni fresche di volatili da cortile.
85/327 Direttiva del Consiglio del 12 giugno 1985 che modifica la direttiva 77/99/CEE relativa a problemi sanitari in materia di scambi intracomunitari di prodotti a base di carne.
85/328 Direttiva del Consiglio del 20 giugno 1985 che modifica la direttiva 77/99/CEE relativa a problemi sanitari in materia di scambi intracomunitari di prodotti a base di carne.
85/342 Cinquantesima direttiva della Commissione del 24 giugno 1985 che modifica gli allegati della direttiva 70/524/CEE del Consiglio, relativa agli additivi nell'alimentazione degli animali.
85/429 Direttiva della Commissione dell'8 luglio 1985 che modifica gli allegati della direttiva 70/524/CEE relativa agli additivi nell'alimentazione degli animali.
85/509 Seconda direttiva della Commissione del 6 novembre 1985 che modifica l'allegato della direttiva 82/471/CEE del Consiglio, relativa a taluni prodotti impiegati nell'alimentazione degli animali.
86/113 Direttiva del Consiglio del 25 marzo 1986 che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole in batteria.
86/174 Direttiva della Commissione del 9 aprile 1986 che fissa il metodo di calcolo del valore energetico degli alimenti composti destinati al pollame.
86/354 Direttiva del Consiglio del 21 luglio 1986 che modifica la direttiva 74/63/CEE relativa alla fissazione di quantità massime per le sostanze e per i prodotti indesiderabili negli alimenti per gli animali, la direttiva 77/101/ CEE relativa alla commercializzazione degli alimenti semplici per gli animali e la direttiva 79/373/CEE relativa alla commercializzazione degli alimenti composti per gli animali.
86/403 Direttiva della Commissione del 28 luglio 1986 che modifica gli allegati della direttiva 70/524/CEE del Consiglio relativa agli additivi nell'alimentazione degli animali.
Allegato
ELENCO C
SALVAGUARDIA DELLA SALUTE UMANA
E TUTELA DEL CONSUMATORE
(articolo 15, comma 1)
78/631 Direttiva del Consiglio del 26 giugno 1978 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi (antiparassitari).
80/778 Direttiva del Consiglio del 15 luglio 1980 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano.
80/779 Direttiva del Consiglio del 15 luglio 1980 relativa ai valori limite e ai valori guida di qualità dell'aria per l'anidride solforosa e le particelle in sospensione.
81/187 Direttiva del Consiglio del 26 marzo 1981 che modifica la direttiva 78/631/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi (antiparassitari).
82/501 Direttiva del Consiglio del 24 giugno 1982 sui rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali.
82/884 Direttiva del Consiglio del 3 dicembre 1982 concernente un valore limite per il piombo contenuto nell'atmosfera.
83/478 Direttiva del Consiglio del 19 settembre 1983 recante quinta modifica (amianto) della direttiva 76/769/CEE per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi.
84/291 Direttiva della Commissione del 18 aprile 1984 che adegua la direttiva 78/631/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio ed all'etichettatura dei preparati pericolosi (antiparassitari).
84/360 Direttiva del Consiglio del 28 giugno 1984 concernente la lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali.
85/203 Direttiva del Consiglio del 7 marzo 1985 concernente le norme di qualità atmosferica per il biossido di azoto.
85/374 Direttiva del Consiglio del 25 luglio 1985 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi.
85/467 Direttiva del Consiglio del 1° ottobre 1985 recante sesta modifica (PCB/PCT) della direttiva 76/769/CEE concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi.
85/610 Direttiva del Consiglio del 20 dicembre 1985 recante settima modifica (amianto) della direttiva 76/769/CEE concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi.
86/280 Direttiva del Consiglio del 12 giugno 1986 concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco I dell'allegato della direttiva 76/464/CEE.
Legge 23 agosto 1988, n. 400.
Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del
Consiglio dei Ministri
(art. 17)
(1) (2) (3)
-----------------------------------------
(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 12 settembre 1988, n. 214, S.O.
(2) Vedi, anche, il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303.
(3) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 23 gennaio 1997, n. 13; Circ. 6 aprile 1998, n. 76;
- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 18 novembre 1996, n. 7;
- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 21 novembre 1996, n. 5/27319/70/OR;
- Ministero del tesoro: Circ. 6 agosto 1998, n. 70;
- Ministero delle finanze: Circ. 9 maggio 1996, n. 111/E; Circ. 13 agosto 1996, n. 199/E; Circ. 16 settembre 1996, n. 225/E; Circ. 31 dicembre 1996, n. 307/E; Circ. 28 maggio 1998, n. 134/E; Circ. 4 giugno 1998, n. 141/E; Circ. 26 giugno 1998, n. 168/E; Circ. 27 agosto 1998, n. 209/E;
- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 4 ottobre 1996, n. 117;
- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 3 aprile 1996, n. 135; Circ. 3 aprile 1996, n. 133; Circ. 17 aprile 1996, n. 147; Circ. 3 ottobre 1996, n. 627; Circ. 17 ottobre 1996, n. 654; Circ. 16 dicembre 1996, n. 750; Circ. 19 febbraio 1998, n. 60;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 27 marzo 1997, n. 62; Circ. 3 giugno 1997, n. 117; Circ. 18 giugno 1997, n. 116; Circ. 5 gennaio 1998, n. DIE/ARE/1/51; Circ. 30 gennaio 1998, n. DIE/ARE/1/452; Circ. 16 febbraio 1998, n. DIE/ARE/1/687; Circ. 5 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/994; Circ. 5 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/995; Circ. 12 marzo 1998, n. AGP/2/584/SF.49.2/CH; Circ. 19 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/12.03; Circ. 14 maggio 1998, n. DIE/ARE/1/1942; Circ. 24 agosto 1998, n. DIE/ARE/1/3124; Circ. 25 settembre 1998, n. DIE/ARE/1/3484; Circ. 17 giugno 1998, n. AGP/1/2/2154/98/AR2.1; Circ. 5 maggio 1988, n. AGP/1/2/1531/98/AR.2.1; Circ. 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/10888/9.92;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi: Circ. 17 febbraio 1999, n. DAGL041290/10.3.1;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 27 novembre 1995, n. 22/95; Circ. 16 maggio 1996, n. 30692; Circ. 12 dicembre 1996, n. 610.
(omissis)
Art. 17
Regolamenti.
1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:
a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari (28);
b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;
c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;
d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;
e) [l'organizzazione del lavoro ed i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti in base agli accordi sindacali] (29).
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari (30).
3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.
4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di «regolamento», sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.
4-bis. L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono:
a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;
b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;
c) previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;
d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;
e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali (31).
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(28) Lettera così modificata dall'art. 11, L. 5 febbraio 1999, n. 25.
(29) Lettera abrogata dall'art. 74, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e dall'art. 72, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.
(30) La Corte costituzionale, con sentenza 7-22 luglio 2005, n. 303 (Gazz. Uff. 27 luglio 2005, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 23, 70, 76 e 77 della Costituzione.
(31) Comma aggiunto dall'art. 13, L. 15 marzo 1997, n. 59.
(omissis)
D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, conv. con
mod., Legge 28 febbraio 1990, n. 39.
Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei
cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari
ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato
(1) (2)
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 dicembre 1989, n. 303 e convertito in legge, con modificazioni, con L. 28 febbraio 1990, n. 39 (Gazz. Uff. 28 febbraio 1990, n. 49).
(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 12 marzo 1997, n. 57;
- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 10 febbraio 1997, n. 18/97; Circ. 12 gennaio 1998, n. 9/98;
- Ministero dell'interno: Circ. 31 marzo 1999, n. 2040/50;
- Ministero delle finanze: Circ. 28 marzo 1996, n. 80/E;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 18 giugno 1997, n. 116.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare immediate disposizioni in materia di asilo politico e di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari, nonché di regolarizzare tali cittadini e gli apolidi già presenti nel territorio dello Stato;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 dicembre 1989;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell'interno, di grazia e giustizia, del bilancio e della programmazione economica, del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per la funzione pubblica e per gli affari sociali;
Emana il seguente decreto-legge:
Art. 1.
Rifugiati.
1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessano nell'ordinamento interno gli effetti della dichiarazione di limitazione geografica e delle riserve di cui agli articoli 17 e 18 della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, ratificata con legge 24 luglio 1954, n. 722, poste dall'Italia all'atto della sottoscrizione della convenzione stessa. Il Governo provvede agli adempimenti necessari per il formale ritiro di tale limitazione e di tali riserve.
2. Al fine di garantire l'efficace attuazione della norma di cui al comma 1, il Governo provvede ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 , a riordinare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli organi e le procedure per l'esame delle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, nel rispetto di quanto disposto dal comma 1 (3).
3. Agli stranieri extraeuropei «sotto mandato» dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) alla data del 31 dicembre 1989 è riconosciuto, su domanda da presentare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, al Ministro dell'interno, lo status di rifugiato. Tale riconoscimento non comporta l'erogazione dell'assistenza.
4. Non è consentito l'ingresso nel territorio dello Stato dello straniero che intende chiedere il riconoscimento dello status di rifugiato quando, da riscontri obiettivi da parte della polizia di frontiera, risulti che il richiedente:
a) sia stato già riconosciuto rifugiato in altro Stato. In ogni caso non è consentito il respingimento verso uno degli Stati di cui all'articolo 7, comma 10;
b) provenga da uno Stato, diverso da quello di appartenenza, che abbia aderito alla convenzione di Ginevra, nel quale abbia trascorso un periodo di soggiorno, non considerandosi tale il tempo necessario per il transito del relativo territorio sino alla frontiera italiana. In ogni caso non è consentito il respingimento verso uno degli Stati di cui all'articolo 7, comma 10;
c) si trovi nelle condizioni previste dall'articolo 1, paragrafo F, della convenzione di Ginevra;
d) sia stato condannato in Italia per uno dei delitti previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale o risulti pericoloso per la sicurezza dello Stato, ovvero risulti appartenere ad associazioni di tipo mafioso o dedite al traffico degli stupefacenti o ad organizzazioni terroristiche.
5. Salvo quanto previsto dal comma 3, lo straniero che intende entrare nel territorio dello Stato per essere riconosciuto rifugiato deve rivolgere istanza motivata e, in quanto possibile, documentata all'ufficio di polizia di frontiera. Qualora si tratti di minori non accompagnati, viene data comunicazione della domanda al tribunale dei minori competente per territorio ai fini della adozione dei provvedimenti di competenza. Qualora non ricorrano le ipotesi di cui al comma 4, lo staniero elegge domicilio nel territorio dello Stato. Il questore territorialmente competente, quando non ricorrano le ipotesi previste negli articoli 1-bis e 1-ter, rilascia, su richiesta, un permesso di soggiorno temporaneo valido fino alla definizione della procedura di riconoscimento (4).
6. Avverso la decisione di respingimento presa in base ai commi 4 e 5 è ammesso ricorso giurisdizionale.
7. [Fino alla emanazione della nuova disciplina dell'assistenza in materia di rifugiati, in sostituzione di ogni altra forma di intervento di prima assistenza prevista dalla normativa vigente, nei limiti delle disponibilità iscritte per lo scopo nel bilancio dello Stato, il Ministero dell'interno è autorizzato a concedere, ai richiedenti lo status di rifugiato che abbiano fatto ingresso in Italia dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, un contributo di prima assistenza per un periodo non superiore a quarantacinque giorni. Tale contributo viene corrisposto, a domanda, ai richiedenti di cui al comma 5 che risultino privi di mezzi di sussistenza o di ospitalità in Italia] (5).
8. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite la misura e le modalità di erogazione del contributo di cui al comma 7.
9. All'onere derivante dall'attuazione dei commi 2 e 7 valutato rispettivamente in lire 3.000 milioni ed in lire 67.500 milioni in ragione di anno per ciascuno degli anni 1990, 1991 e 1992, si provvede, quanto a lire 20.000 milioni, a carico dello stanziamento iscritto al capitolo 4239 dello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno 1990 e corrispondenti capitoli per gli anni successivi e, quanto a lire 50.500 milioni, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1990-1992, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per il 1990, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Interventi in favore dei lavoratori immigrati». All'eventuale maggiore onere si provvede sulla base di una nuova specifica autorizzazione legislativa.
10. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
11. I richiedenti asilo che hanno fatto ricorso alle disposizioni previste per la sanatoria dei lavoratori immigrati non perdono il diritto al riconoscimento dello status di rifugiato. Nei loro confronti non si fa luogo a interventi di prima assistenza (6).
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(3) Vedi, anche, il D.P.R. 15 maggio 1990, n. 136.
(4) Comma così modificato dall'art. 31, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.
(5) Comma abrogato dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.
(6) Così sostituito dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 39.
Art. 1-bis.
Casi di trattenimento.
1. Il richiedente asilo non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la domanda di asilo presentata. Esso può, tuttavia, essere trattenuto per il tempo strettamente necessario alla definizione delle autorizzazioni alla permanenza nel territorio dello Stato in base alle disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nei seguenti casi:
a) per verificare o determinare la sua nazionalità o identità, qualora egli non sia in possesso dei documenti di viaggio o d'identità, oppure abbia, al suo arrivo nello Stato, presentato documenti risultati falsi;
b) per verificare gli elementi su cui si basa la domanda di asilo, qualora tali elementi non siano immediatamente disponibili;
c) in dipendenza del procedimento concernente il riconoscimento del diritto ad essere ammesso nel territorio dello Stato.
2. Il trattenimento deve sempre essere disposto nei seguenti casi:
a) a seguito della presentazione di una domanda di asilo presentata dallo straniero fermato per avere eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo, o, comunque, in condizioni di soggiorno irregolare;
b) a seguito della presentazione di una domanda di asilo da parte di uno straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione o respingimento.
3. Il trattenimento previsto nei casi di cui al comma 1, lettere a), b) e c), e nei casi di cui al comma 2, lettera a), è attuato nei centri di identificazione secondo le norme di apposito regolamento. Il medesimo regolamento determina il numero, le caratteristiche e le modalità di gestione di tali strutture e tiene conto degli atti adottati dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR), dal Consiglio d'Europa e dall'Unione europea. Nei centri di identificazione sarà comunque consentito l'accesso ai rappresentanti dell'ACNUR. L'accesso sarà altresì consentito agli avvocati e agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell'interno (7).
4. Per il trattenimento di cui al comma 2, lettera b), si osservano le norme di cui all'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Nei centri di permanenza temporanea e assistenza di cui al medesimo articolo 14 sarà comunque consentito l'accesso ai rappresentanti dell'ACNUR. L'accesso sarà altresì consentito agli avvocati e agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell'interno.
5. Allo scadere del periodo previsto per la procedura semplificata di cui all'articolo 1-ter, e qualora la stessa non si sia ancora conclusa, allo straniero è concesso un permesso di soggiorno temporaneo fino al termine della procedura stessa (8).
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(7) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303.
(8) Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.
Art. 1-ter.
Procedura semplificata.
1. Nei casi di cui alle lettere a) e b) del comma 2 dell'articolo 1-bis è istituita la procedura semplificata per la definizione della istanza di riconoscimento dello status di rifugiato secondo le modalità di cui ai commi da 2 a 6.
2. Appena ricevuta la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato di cui all'articolo 1-bis, comma 2, lettera a), il questore competente per il luogo in cui la richiesta è stata presentata dispone il trattenimento dello straniero interessato in uno dei centri di identificazione di cui all'articolo 1-bis, comma 3. Entro due giorni dal ricevimento dell'istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che, entro quindici giorni dalla data di ricezione della documentazione, provvede all'audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.
3. Appena ricevuta la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato di cui all'articolo 1-bis, comma 2, lettera b), il questore competente per il luogo in cui la richiesta è stata presentata dispone il trattenimento dello straniero interessato in uno dei centri di permanenza temporanea di cui all'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; ove già sia in corso il trattenimento, il questore chiede al tribunale in composizione monocratica la proroga del periodo di trattenimento per ulteriori trenta giorni per consentire l'espletamento della procedura di cui al presente articolo. Entro due giorni dal ricevimento dell'istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che, entro quindici giorni dalla data di ricezione della documentazione, provvede all'audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.
4. L'allontanamento non autorizzato dai centri di cui all'articolo 1-bis, comma 3, equivale a rinuncia alla domanda.
5. Lo Stato italiano è competente all'esame delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato di cui al presente articolo, ove i tempi non lo consentano, ai sensi della Convenzione di Dublino ratificata ai sensi della legge 23 dicembre 1992, n. 523.
6. La commissione territoriale, integrata da un componente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, procede, entro dieci giorni, al riesame delle decisioni su richiesta adeguatamente motivata dello straniero di cui è disposto il trattenimento in uno dei centri di identificazione di cui all'articolo 1-bis, comma 3. La richiesta va presentata alla commissione territoriale entro cinque giorni dalla comunicazione della decisione. L'eventuale ricorso avverso la decisione della commissione territoriale è presentato al tribunale in composizione monocratica territorialmente competente entro quindici giorni, anche dall'estero tramite le rappresentanze diplomatiche. Il ricorso non sospende il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale; il richiedente asilo può tuttavia chiedere al prefetto competente di essere autorizzato a rimanere sul territorio nazionale fino all'esito del ricorso. La decisione di rigetto del ricorso è immediatamente esecutiva (9).
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(9) Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.
Art. 1-quater.
Commissioni territoriali.
1. Presso le prefetture-uffici territoriali del Governo indicati con il regolamento di cui all'articolo 1-bis, comma 3, sono istituite le commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato. Le predette commissioni, nominate con decreto del Ministro dell'interno, sono presiedute da un funzionario della carriera prefettizia e composte da un funzionario della Polizia di Stato, da un rappresentante dell'ente territoriale designato dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e da un rappresentante dell'ACNUR. Per ciascun componente deve essere previsto un componente supplente. Tali commissioni possono essere integrate, su richiesta del Presidente della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato prevista dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136, da un funzionario del Ministero degli affari esteri con la qualifica di componente a tutti gli effetti, ogni volta che sia necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti asilo, in ordine alle domande dei quali occorra disporre di particolari elementi di valutazione in merito alla situazione dei Paesi di provenienza di competenza del Ministero degli affari esteri. In caso di parità, prevale il voto del Presidente. Ove necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti asilo, le commissioni possono essere composte da personale posto in posizione di distacco o di collocamento a riposo. La partecipazione del personale di cui al precedente periodo ai lavori delle commissioni non comporta la corresponsione di compensi o di indennità di qualunque natura.
2. Entro due giorni dal ricevimento dell'istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che entro trenta giorni provvede all'audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.
3. Durante lo svolgimento dell'audizione, ove necessario, le commissioni territoriali si avvalgono di interpreti. Del colloquio con il richiedente viene redatto verbale. Le decisioni sono adottate con atto scritto e motivato. Le stesse verranno comunicate al richiedente, unitamente all'informazione sulle modalità di impugnazione, nelle forme previste dall'articolo 2, comma 6, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
4. Nell'esaminare la domanda di asilo le commissioni territoriali valutano per i provvedimenti di cui all'articolo 5, comma 6, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali di cui l'Italia è firmataria e, in particolare, dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848.
5. Avverso le decisioni delle commissioni territoriali è ammesso ricorso al tribunale ordinario territorialmente competente che decide ai sensi dell'articolo 1-ter, comma 6 (10).
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(10) Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002, l'art. 8, O.P.C.M. 27 dicembre 2006, n. 3559 e l'art. 3, O.P.C.M. 29 marzo 2007, n. 3576, corretta con Comunicato 4 aprile 2007.
Art. 1-quinquies.
Commissione nazionale per il diritto di asilo.
1. La Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato prevista dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136, è trasformata in Commissione nazionale per il diritto di asilo, di seguito denominata «Commissione nazionale», nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta congiunta dei Ministri dell'interno e degli affari esteri. La Commissione è presieduta da un prefetto ed è composta da un dirigente in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, da un funzionario della carriera diplomatica, da un funzionario della carriera prefettizia in servizio presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione e da un dirigente del Dipartimento della pubblica sicurezza. Alle riunioni partecipa un rappresentante del delegato in Italia dell'ACNUR. Ciascuna amministrazione designa, altresì, un supplente. La Commissione nazionale, ove necessario, può essere articolata in sezioni di analoga composizione.
2. La Commissione nazionale ha compiti di indirizzo e coordinamento delle commissioni territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti delle medesime commissioni, di raccolta di dati statistici oltre che poteri decisionali in tema di revoche e cessazione degli status concessi.
3. Con il regolamento di cui all'articolo 1-bis, comma 3, sono stabilite le modalità di funzionamento della Commissione nazionale e di quelle territoriali (11).
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11) Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002 e l'art. 8, O.P.C.M. 27 dicembre 2006, n. 3559.
Art. 1-sexies.
Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.
1. Gli enti locali che prestano servizi finalizzati all'accoglienza dei richiedenti asilo e alla tutela dei rifugiati e degli stranieri destinatari di altre forme di protezione umanitaria possono accogliere nell'àmbito dei servizi medesimi il richiedente asilo privo di mezzi di sussistenza nel caso in cui non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli 1-bis e 1-ter.
2. Il Ministro dell'interno, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede annualmente, e nei limiti delle risorse del Fondo di cui all'articolo 1-septies, al sostegno finanziario dei servizi di accoglienza di cui al comma 1, in misura non superiore all'80 per cento del costo complessivo di ogni singola iniziativa territoriale.
3. In fase di prima attuazione, il decreto di cui al comma 2:
a) stabilisce le linee guida e il formulario per la presentazione delle domande di contributo, i criteri per la verifica della corretta gestione dello stesso e le modalità per la sua eventuale revoca;
b) assicura, nei limiti delle risorse finanziarie del Fondo di cui all'articolo 1-septies, la continuità degli interventi e dei servizi già in atto, come previsti dal Fondo europeo per i rifugiati;
c) determina, nei limiti delle risorse finanziarie del Fondo di cui all'articolo 1-septies, le modalità e la misura dell'erogazione di un contributo economico di prima assistenza in favore del richiedente asilo che non rientra nei casi previsti dagli articoli 1-bis e 1-ter e che non è accolto nell'àmbito dei servizi di accoglienza di cui al comma 1 (12).
4. Al fine di razionalizzare e ottimizzare il sistema di protezione del richiedente asilo, del rifugiato e dello straniero con permesso umanitario di cui all'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e di facilitare il coordinamento, a livello nazionale, dei servizi di accoglienza territoriali, il Ministero dell'interno attiva, sentiti l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e l'ACNUR, un servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali che prestano i servizi di accoglienza di cui al comma 1 (13). Il servizio centrale è affidato, con apposita convenzione, all'ANCI.
5. Il servizio centrale di cui al comma 4 provvede a:
a) monitorare la presenza sul territorio dei richiedenti asilo, dei rifugiati e degli stranieri con permesso umanitario;
b) creare una banca dati degli interventi realizzati a livello locale in favore dei richiedenti asilo e dei rifugiati;
c) favorire la diffusione delle informazioni sugli interventi;
d) fornire assistenza tecnica agli enti locali, anche nella predisposizione dei servizi di cui al comma 1;
e) promuovere e attuare, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, programmi di rimpatrio attraverso l'Organizzazione internazionale per le migrazioni o altri organismi, nazionali o internazionali, a carattere umanitario.
6. Le spese di funzionamento e di gestione del servizio centrale sono finanziate nei limiti delle risorse del Fondo di cui all'articolo 1-septies (14).
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(12) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 28 novembre 2005.
(13) Per l'interpretazione autentica delle disposizioni contenute nel presente periodo vedi l'art. 2, comma 8, D.L. 9 settembre 2002, n. 195.
(14) Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.
Art. 1-septies.
Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo.
1. Ai fini del finanziamento delle attività e degli interventi di cui all'articolo 1-sexies, presso il Ministero dell'interno, è istituito il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, la cui dotazione è costituita da:
a) le risorse iscritte nell'unità previsionale di base 4.1.2.5 «Immigrati, profughi e rifugiati» - capitolo 2359 - dello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno 2002, già destinate agli interventi di cui all'articolo 1-sexies e corrispondenti a 5,16 milioni di euro;
b) le assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati, ivi comprese quelle già attribuite all'Italia per gli anni 2000, 2001 e 2002 ed in via di accreditamento al Fondo di rotazione del Ministero dell'economia e delle finanze;
c) i contributi e le donazioni eventualmente disposti da privati, enti o organizzazioni, anche internazionali, e da altri organismi dell'Unione europea.
2. Le somme di cui al comma 1, lettere b) e c), sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo di cui al medesimo comma 1.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (15).
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(15) Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002 e l'art. 13, D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140.
Art. 2.
Ingresso dei cittadini extracomunitari nel territorio dello Stato.
[1. I cittadini stranieri extracomunitari possono entrare in Italia per motivi di turismo, studio, lavoro subordinato o lavoro autonomo, cura, familiari e di culto.
2. È fatto obbligo a tutti gli operatori delle frontiere italiane di apporre il timbro di ingresso, con data, sui passaporti dei cittadini stranieri extracomunitari, che entrino a qualsiasi titolo. È fatto altresì obbligo ai posti di frontiera di rilevare i dati dei cittadini extracomunitari in ingresso e trasmetterli al centro elaborazione dati del Ministero dell'interno.
3. Con decreti adottati di concerto dai Ministri degli affari esteri, dell'interno, del bilancio e della programmazione economica, del lavoro e della previdenza sociale, sentiti i Ministri di settore eventualmente interessati, il CNEL, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale e la conferenza Stato-regioni, vengono definite entro il 30 ottobre di ogni anno la programmazione dei flussi di ingresso in Italia per ragioni di lavoro degli stranieri extracomunitari e del loro inserimento socio-culturale, nonché le sue modalità, sperimentando l'individuazione di criteri omogenei anche in sede comunitaria. Con gli stessi decreti viene altresì definito il programma degli interventi sociali ed economici atti a favorire l'inserimento socio-culturale degli stranieri, il mantenimento dell'identità culturale ed il diritto allo studio e alla casa (16) (17).
Art. 4.
A tale scopo il Governo tiene conto:
a) delle esigenze dell'economia nazionale;
b) delle disponibilità finanziarie e delle strutture amministrative volte ad assicurare adeguata accoglienza ai cittadini stranieri extracomunitari secondo quanto dispongono le convenzioni internazionali sottoscritte dall'Italia, nonché secondo quanto richiede la possibilità di reale integrazione dei cittadini stranieri extracomunitari nella società italiana;
c) delle richieste di permesso di soggiorno per motivi di lavoro avanzate da cittadini stranieri extracomunitari già presenti sul territorio nazionale con permesso di soggiorno per motivi diversi, quali turismo, studio, nonché del numero di cittadini stranieri extracomunitari già in possesso di permesso di soggiorno per motivi di lavoro iscritti nelle liste di collocamento ai sensi dell'articolo 11, comma 1, della legge 30 dicembre 1986, n. 943;
d) dello stato delle relazioni e degli obblighi internazionali, nonché della concertazione in sede comunitaria.
5. Lo schema di decreto di cui al comma 3 viene trasmesso alle competenti Commissioni parlamentari permanenti e, decorsi quarantacinque giorni, viene definitivamente adottato, esaminando le osservazioni pervenute dalle stesse (18)] (19).
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(16) Con D.M. 5 settembre 1995 sono state dettate norme per la programmazione dei flussi di immigrazione per l'anno 1995. Per l'anno 1996, vedi il D.M. 27 dicembre 1996. Per il 1997, vedi il D.M. 23 luglio 1997. Per il 1998, vedi il D.M. 24 dicembre 1997.
(17) Vedi, anche, l'art. 4, D.L. 13 settembre 1996, n. 477.
(18) Così sostituito dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 39.
(19) L'art. 46, L. 6 marzo 1998, n. 40, ha abrogato gli articoli 2 e seguenti del presente decreto. L'abrogazione è stata confermata dall'art. 47, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Art. 3.
Documenti richiesti per l'ingresso dei cittadini extracomunitari nel territorio dello Stato. Respingimento alla frontiera.
[1. Possono entrare nel territorio dello Stato gli stranieri che si presentano ai controlli di frontiera forniti di passaporto valido o documento equipollente, riconosciuto dalle autorità italiane, nonché di visto ove prescritto, che siano in regola con le vigenti disposizioni, anche di carattere amministrativo, in materia sanitaria e assicurativa e che osservino le formalità richieste (20).
2. Il Ministro degli affari esteri, sentito il Ministro dell'interno, entro il 30 giugno 1990 ridefinisce con propri decreti i paesi dai quali è richiesto il visto. A tal fine, si terrà anche conto, nel contesto delle relazioni bilaterali e multilaterali esistenti e di quelle da definire, della provenienza dei flussi più rilevanti, nonché della provenienza degli stranieri extracomunitari entrati in Italia, che sono stati condannati per traffico di stupefacenti negli ultimi tre anni.
3. Il visto di ingresso è rilasciato dalle autorità diplomatiche o consolari competenti in relazione ai motivi del viaggio. Nel visto sono specificati il motivo, la durata e, se del caso, il numero di ingressi consentiti nel territorio dello Stato. Esso può essere limitato alla utilizzazione di determinati valichi di frontiera.
3-bis. Ai fini dell'ingresso nel territorio nazionale sono equiparati ai visti nazionali i visti uniformi rilasciati dalle autorità diplomatiche o consolari degli Stati appartenenti alla Comunità europea sulla base di specifici accordi (21).
4. Salvo quanto previsto dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 , recante norme sulla disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori, gli uffici di polizia di frontiera devono respingere dalla frontiera stessa gli stranieri che non ottemperano agli obblighi di cui al comma 1.
5. Gli uffici predetti devono, altresì, respingere dalla frontiera gli stranieri, anche se muniti di visto, che risulti siano stati espulsi o segnalati come persone pericolose per la sicurezza dello Stato, ovvero come appartenenti ad organizzazioni di tipo mafioso o dedite al traffico illecito di stupefacenti o ad organizzazioni terroristiche, nonché gli stranieri che risultino manifestamente sprovvisti di mezzi di sostentamento in Italia. Il provvedimento di respingimento deve essere motivato per iscritto. Analogo provvedimento è adottato sulla base dell'Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 e della relativa Convenzione di applicazione quando si tratta di stranieri segnalati ai fini della non ammissione, ovvero considerati pericolosi per l'ordine pubblico, la sicurezza nazionale o le relazioni internazionali di ciascuno degli Stati contraenti (22).
6. Non è considerato manifestamente sprovvisto di mezzi, anche se privo di denaro sufficiente, chi esibisce documentazione attestante la disponibilità in Italia di beni o di una occupazione regolarmente retribuita, ovvero l'impegno di un ente o di un'associazione, individuati con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro per gli affari sociali, o di un privato, che diano idonea garanzia, ad assumersi l'onere del suo alloggio e sostentamento, nonché del suo rientro in patria.
7. Il Governo, con decreto adottato ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 , stabilisce i criteri e le modalità per l'attuazione del comma 6.
8. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie attività dirette a favorire l'ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente decreto è punito con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire due milioni. Se il fatto è commesso a fine di lucro, ovvero da tre o più persone in concorso tra loro, la pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da lire dieci milioni a lire cinquanta milioni (23).
9. Il vettore aereo, marittimo o terrestre, eccettuato quello terrestre che esercita il traffico frontaliero, è tenuto ad accertarsi che lo straniero trasportato sia in possesso dei documenti richiesti, a norma delle disposizioni di cui al comma 1, per l'ingresso nel territorio dello Stato, nonché a riferire all'autorità di pubblica sicurezza dell'eventuale presenza a bordo dei rispettivi mezzi di trasporto di stranieri in posizione irregolare. In caso di inosservanza di uno degli obblighi predetti si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire duecentomila a lire cinquecentomila per ciascuno degli stranieri trasportati, determinata dal prefetto. Si osservano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (24).
10. Il vettore che ha condotto alla frontiera uno straniero privo dei documenti di cui al comma 1 o che deve essere comunque respinto a norma delle disposizioni di cui al comma 4 dell'articolo 1, ovvero di cui ai commi 4 e 5 del presente articolo, è tenuto a prenderlo immediatamente a carico ed a ricondurlo nello Stato di provenienza, o in quello che ha rilasciato il documento di viaggio eventualmente in possesso dello straniero, o in altro Stato in cui sia consentita la sua immissione. La disposizione di cui al presente comma non si applica quando lo straniero presenti istanza volta al riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 (25)] (26).
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(20) Con D.M. 5 settembre 1995 sono state dettate norme per la programmazione dei flussi di immigrazione per l'anno 1995. Per l'anno 1996, vedi il D.M. 27 dicembre 1996. Per il 1997, vedi il D.M. 23 luglio 1997. Per il 1998, vedi il D.M. 24 dicembre 1997.
(21) Comma aggiunto dall'art. 13, L. 30 settembre 1993, n. 388.
(22) Periodo aggiunto dall'art. 13, L. 30 settembre 1993, n. 388.
(23) Vedi, anche, l'art. 5, D.L. 13 settembre 1996, n. 477.
(24) Comma così sostituito dall'art. 13, L. 30 settembre 1993, n. 388.
(25) Comma così sostituito dall'art. 13, L. 30 settembre 1993, n. 388.
(26) L'art. 46, L. 6 marzo 1998, n. 40, ha abrogato gli articoli 2 e seguenti del presente decreto. L'abrogazione è stata confermata dall'art. 47, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Art. 4.
Soggiorno dei cittadini extracomunitari nel territorio dello Stato.
[1. Possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri, entrati regolarmente ai sensi dell'articolo 3, che siano muniti di permesso di soggiorno rilasciato in base alle disposizioni del presente decreto, nonché gli stranieri in possesso di permesso di soggiorno o di altro titolo equipollente rilasciato dalle autorità di Stati appartenenti alla Comunità europea nei limiti e alle condizioni stabiliti da specifici accordi (27).
1-bis. Gli stranieri muniti di un permesso di soggiorno o di altro titolo equipollente rilasciato dalle autorità di uno Stato sulla base dell'Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 e della relativa Convenzione di applicazione devono dichiarare la loro presenza al questore della provincia in cui si trovano entro otto giorni lavorativi a decorrere dall'ingresso nel territorio dello Stato. In difetto di tale dichiarazione si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire duecentomila a lire cinquecentomila o, qualora la dichiarazione non venga resa entro trenta giorni dall'ingresso nel territorio dello Stato, la disposizione di cui all'articolo 7, comma 2 (28).
2. Il permesso di soggiorno per gli stranieri che entrano in Italia a scopo di turismo ha la durata prevista dal visto, ovvero, se il visto non è prescritto, ha durata non superiore a tre mesi dalla presentazione ai controlli di frontiera.
3. Il permesso di soggiorno deve essere richiesto, entro otto giorni dalla data d'ingresso, al questore della provincia in cui gli stranieri si trovino ed è rilasciato per i motivi indicati nel visto, ove questo sia prescritto. Il questore rilascia allo straniero idonea ricevuta comprovante l'avvenuta richiesta del permesso di soggiorno. Il permesso di soggiorno è rilasciato, se sussistenti i requisiti di legge, entro otto giorni dalla presentazione della richiesta.
4. Il permesso di soggiorno ha durata di due anni, fatti salvi i più brevi periodi stabiliti dal presente decreto e dalle altre disposizioni vigenti o indicati nel visto di ingresso. Anche per lavori di carattere stagionale e per visite a familiari di primo grado il permesso di soggiorno può avere durata inferiore a due anni. Il permesso deve essere esibito ad ogni richiesta degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza (29).
5. Il permesso di soggiorno può essere validamente utilizzato anche per motivi differenti da quelli per cui è stato inizialmente concesso, qualora sia stato concesso per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo, studio o famiglia.
6. Il permesso di soggiorno è prorogabile. Il rinnovo o la proroga successivi alla prima volta hanno di norma durata doppia rispetto al periodo concesso. Competente alla proroga o al rinnovo è il questore della provincia in cui lo straniero risiede o abitualmente dimora. Il permesso di soggiorno per motivi di studio non può essere rinnovato per più di due anni oltre la durata legale del corso di studi cui lo studente è iscritto.
7. Per gli stranieri extracomunitari coniugati col cittadino italiano e residenti, in stato di coniugi, da più di tre anni in Italia, la durata del permesso di soggiorno è a tempo illimitato.
8. Il rilascio del primo rinnovo del permesso di soggiorno conseguito ai sensi del presente articolo è subordinato all'accertamento che lo straniero disponga di un reddito minimo pari all'importo della pensione sociale. Tale reddito può provenire da lavoro dipendente anche a tempo parziale, da lavoro autonomo, oppure da altra fonte legittima.
9. Gli stranieri in possesso del permesso di soggiorno devono dichiarare ogni trasferimento della dimora abituale, entro quindici giorni dal trasferimento stesso, all'autorità di cui al comma 3, salvo che abbiano richiesto ed ottenuto l'iscrizione anagrafica di cui all'articolo 6.
10. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo, gli stranieri che richiedano alle pubbliche amministrazioni licenze, iscrizioni in appositi albi o registri, approvazioni ed atti similari sono tenuti ad esibire, al momento della richiesta, il permesso di soggiorno in corso di validità. Si osservano le disposizioni che, per lo svolgimento di determinate attività, richiedono il possesso di specifico visto o permesso di soggiorno.
11. Non può soggiornare in Italia lo straniero il cui permesso di soggiorno sia scaduto, revocato o annullato.
12. Il permesso di soggiorno può essere rifiutato se non sono soddisfatti le condizioni ed i requisiti previsti dalla legge ed ove ostino motivate ragioni attinenti alla sicurezza dello Stato e all'ordine pubblico o di carattere sanitario. Il rifiuto del permesso di soggiorno o del suo rinnovo o la revoca dello stesso sono adottati con provvedimento scritto e motivato.
12-bis. Un provvedimento di rifiuto analogo a quello previsto nel comma 12 può essere altresì adottato, sulla base dell'Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 e della relativa Convenzione di applicazione, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili nel territorio di uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano. Il ricorso contro il provvedimento di rifiuto di cui al presente comma è esteso al merito e determina gli effetti di cui all'articolo 5, comma 4 (30).
12-ter. Quando lo straniero non soddisfi più le condizioni di soggiorno applicabili nel territorio di uno degli Stati contraenti, il permesso di soggiorno può essergli revocato con provvedimento scritto e motivato, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano. In tal caso il provvedimento di revoca diviene esecutivo solo dopo l'esaurimento delle istanze giudiziarie eventualmente esperite contro il provvedimento stesso (31).
12-quater. Nell'ipotesi di rifiuto o di revoca del permesso di soggiorno disposti a norma dei commi 12-bis e 12-ter, l'esecuzione del provvedimento avviene mediante immediato accompagnamento alla frontiera (32).
13. Per gli stranieri minori di anni diciotto, ospitati in istituti di istruzione, il permesso di soggiorno può essere richiesto alla questura competente da chi presiede gli istituti, ovvero dai loro tutori.
14. Per gli stranieri ricoverati in case o istituti di cura e di pena, ovvero ospitati in comunità civili o religiose, il permesso di soggiorno può essere richiesto alla questura competente da chi presiede le case, gli istituti o le comunità sopraindicati, per delega degli stranieri medesimi.
15. I soggetti di cui ai commi 13 e 14 sono tenuti a comunicare entro otto giorni alla questura competente per territorio i nomi degli stranieri che lasciano l'istituto o la comunità con l'indicazione, ove possibile, della località dove sono diretti. Nel caso di stranieri ristretti in istituti di pena, la comunicazione è fatta all'atto della scarcerazione.
16. Degli adempimenti di cui al comma 13, nonché di quelli di cui al comma 15 quando riguardino minori, viene data comunicazione al tribunale dei minori competente per territorio ai fini dell'adozione dei provvedimenti di competenza (33)] (34).
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(27) Comma così sostituito dall'art. 14, L. 30 settembre 1993, n. 388.
(28) Comma aggiunto dall'art. 14, L. 30 settembre 1993, n. 388.
(29) Vedi, anche, l'art. 2, D.L. 13 settembre 1996, n. 477.
(30) Comma aggiunto dall'art. 14, L. 30 settembre 1993, n. 388.
(31) Comma aggiunto dall'art. 14, L. 30 settembre 1993, n. 388.
(32) Comma aggiunto dall'art. 14, L. 30 settembre 1993, n. 388.
(33) Così sostituito dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 39.
(34) L'art. 46, L. 6 marzo 1998, n. 40, ha abrogato gli articoli 2 e seguenti del presente decreto. L'abrogazione è stata confermata dall'art. 47, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Art. 5.
Comunicazioni agli interessati e norme in materia di tutela giurisdizionale.
[1. L'autorità emanante i provvedimenti concernenti l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione degli stranieri deve comunicare o notificare all'interessato l'atto che lo riguarda unitamente all'indicazione delle modalità di impugnazione e ad una traduzione in lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese e spagnola.
2. Contro i provvedimenti di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del luogo del domicilio eletto dall'interessato.
3. Contro i provvedimenti di espulsione dal territorio dello Stato e contro il diniego e la revoca del permesso di soggiorno è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del luogo del domicilio eletto dallo straniero.
4. Fatta salva l'esecuzione dei provvedimenti disposti a norma dell'articolo 7, comma 5, per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, qualora venga proposta, e notificata entro quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento, la domanda incidentale di sospensione, l'esecuzione del provvedimento di espulsione adottato dal prefetto resta sospesa fino alla definitiva decisione sulla domanda cautelare.
5. I termini stabiliti all'articolo 36 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 , nonché quelli stabiliti agli articoli 21 e seguenti della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 , sono ridotti alla metà per i ricorsi previsti ai commi 2 e 3 del presente articolo.
6. Il provvedimento di espulsione del cittadino straniero extracomunitario già espulso e rientrato nel territorio dello Stato è immediatamente esecutivo anche in presenza di domanda di sospensione (35)] (36).
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(35) Così sostituito dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 39.
(36) L'art. 46, L. 6 marzo 1998, n. 40, ha abrogato gli articoli 2 e seguenti del presente decreto. L'abrogazione è stata confermata dall'art. 47, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Art. 6.
Iscrizione anagrafica.
[1. Gli stranieri in possesso di permesso di soggiorno hanno diritto all'iscrizione anagrafica presso il comune di residenza secondo le norme in vigore per i cittadini italiani.
2. I sindaci annotano l'iscrizione o la variazione anagrafica sul permesso di soggiorno e ne danno comunicazione, entro dieci giorni, alla questura della provincia.
3. La carta d'identità, di validità limitata al territorio nazionale e alla durata del permesso di soggiorno, è rilasciata agli stranieri che hanno ottenuto l'iscrizione anagrafica di cui al comma 1 su apposito modello approvato con decreto del Ministro dell'interno] (37).
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(37) L'art. 46, L. 6 marzo 1998, n. 40, ha abrogato gli articoli 2 e seguenti del presente decreto. L'abrogazione è stata confermata dall'art. 47, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Art. 7.
Espulsione dal territorio dello Stato.
[1. Fermo restando quanto previsto dal codice penale, dalle norme in materia di stupefacenti, dall'articolo 25 della legge 22 maggio 1975, n. 152 , recante disposizioni a tutela dell'ordine pubblico, e quanto previsto dall'articolo 9, comma 2, del presente decreto, gli stranieri che abbiano riportato condanna con sentenza passata in giudicato per uno dei delitti previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale sono espulsi dal territorio dello Stato (38).
2. Sono altresì espulsi dal territorio nazionale gli stranieri che violino le disposizioni in materia di ingresso e soggiorno, oppure che si siano resi responsabili, direttamente o per interposta persona, in Italia o all'estero, di una violazione grave di norme valutarie, doganali o, in genere, di disposizioni fiscali italiane o delle norme sulla tutela del patrimonio artistico, o in materia di intermediazione di manodopera nonché di sfruttamento della prostituzione o del reato di violenza carnale e comunque dei delitti contro la libertà sessuale (39).
3. Lo stesso provvedimento può applicarsi nei confronti degli stranieri che appartengono ad una delle categorie di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 , recante norme in materia di misure di prevenzione, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327 , nonché nei confronti degli stranieri che si trovano in una delle condizioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575 , recante disposizioni contro la mafia, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646 .
4. L'espulsione è disposta dal prefetto con decreto motivato e, ove lo straniero risulti sottoposto a procedimento penale, previo nulla osta dell'autorità giudiziaria. Dell'adozione del decreto viene informato immediatamente il Ministero dell'interno (40).
5. Il Ministro dell'interno, con decreto motivato, può disporre per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato l'espulsione e l'accompagnamento alla frontiera dello straniero di passaggio o residente nel territorio dello Stato, previo nulla osta dell'autorità giudiziaria ove lo straniero risulti sottoposto a procedimento penale. Del decreto viene data preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Ministro degli affari esteri.
6. Lo straniero espulso è rinviato allo Stato di appartenenza ovvero, quando ciò non sia possibile, allo Stato di provenienza, salvo che, a sua richiesta e per giustificati motivi, l'autorità di pubblica sicurezza ritenga di accordargli una diversa destinazione, qualora possano essere in pericolo la sua vita o la sua libertà personale per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali. L'espulsione verso lo Stato di provenienza può essere esclusa sulla base dell'Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 e della relativa Convenzione di applicazione (41).
7. Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, il questore esegue l'espulsione mediante intimazione allo straniero ad abbandonare entro il termine di quindici giorni il territorio dello Stato secondo le modalità di viaggio prefissato o a presentarsi in questura per l'accompagnamento alla frontiera entro lo stesso termine.
8. Copia del verbale di intimazione è consegnata allo straniero, che è tenuto ad esibirla agli uffici di polizia di frontiera prima di lasciare il territorio dello Stato e ad ogni richiesta dell'autorità.
9. Lo straniero che non osserva l'intimazione o che comunque si trattiene nel territorio dello Stato oltre il termine prefissato è immediatamente accompagnato alla frontiera.
10. In ogni caso non è consentita l'espulsione né il respingimento alla frontiera dello straniero verso uno Stato ove possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione (42).
11. Quando a seguito di provvedimento di espulsione è necessario procedere ad accertamenti supplementari in ordine all'identità ed alla nazionalità dello straniero da espellere, ovvero all'acquisizione di documenti o visti per il medesimo e in ogni altro caso in cui non si può procedere immediatamente all'esecuzione dell'espulsione, il questore del luogo in cui lo straniero si trova può richiedere, senza altre formalità, al tribunale l'applicazione, nei confronti della persona da espellere, della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, con o senza l'obbligo di soggiorno in una determinata località.
12. Nei casi di particolare urgenza, il questore può richiedere al presidente del tribunale l'applicazione provvisoria della misura di cui al comma 11 anche prima dell'inizio del procedimento. In caso di violazione degli obblighi derivanti dalle misure di sorveglianza speciale lo straniero è arrestato e punito con la reclusione fino a due anni (43).
12-bis. Nei confronti degli stranieri sottoposti a custodia cautelare per uno o più delitti, consumati o tentati, diversi da quelli indicati dall'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6), del codice di procedura penale, ovvero condannati con sentenza passata in giudicato ad una pena che, anche se costituente parte residua di maggior pena, non sia superiore a tre anni di reclusione, è disposta l'immediata espulsione nello Stato di appartenenza o di provenienza salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali ovvero ricorrano gravi ragioni personali di salute o gravi pericoli per la sicurezza e l'incolumità in conseguenza di eventi bellici o di epidemie. Le disposizioni previste nel presente comma non si applicano nei confronti degli stranieri sottoposti a custodia cautelare o in espiazione di pena detentiva per il delitto previsto dal comma 12-sexies (44) (45).
12-ter. L'espulsione è disposta, su richiesta dello straniero o del suo difensore, dal giudice che procede se si tratta di imputato e dal giudice dell'esecuzione se si tratta di condannato. Il giudice, acquisite le informazioni dagli organi di polizia, accertato il possesso del passaporto o di documento equipollente, sentito il pubblico ministero e le altre parti, decide con ordinanza. L'espulsione è eseguita dalla polizia giudiziaria con accompagnamento immediato alla frontiera. Avverso l'ordinanza può essere proposto ricorso per cassazione nelle forme e nei termini previsti dall'articolo 311, commi 2, 3, 4 e 5, del codice di procedura penale (46) (47).
12-quater. L'esecuzione dell'espulsione disposta nei confronti degli stranieri in stato di detenzione sospende i termini della custodia cautelare e l'esecuzione della pena. Lo stato di detenzione è ripristinato in ogni caso di rientro dello straniero espulso nel territorio dello Stato e in caso di mancata esecuzione dell'espulsione (48).
12-quinquies. Lo straniero sottoposto a procedimento penale ed espulso ai sensi del comma 12-bis è autorizzato a rientrare temporaneamente in Italia al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di quegli atti per i quali è necessaria la sua presenza. Una volta venute meno le esigenze processuali, lo straniero è riaccompagnato alla frontiera, salvo diversa disposizione dell'autorità giudiziaria competente (49).
12-sexies. Lo straniero che non osserva le prescrizioni del provvedimento di espulsione di cui al comma 12-bis è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e può procedersi al suo arresto anche fuori dei casi di flagranza. Nell'udienza di convalida il giudice, se ne ricorrono i presupposti, dispone l'applicazione di una delle misure coercitive previste dalla legge anche al di fuori dei limiti di cui all'articolo 280 del codice di procedura penale (50)] (51).
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(38) La Corte costituzionale, con sentenza 5 - 14 aprile 1995, n. 129 (Gazz. Uff. 19 aprile 1995, n. 16, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, sollevata in riferimento agli 3, 97, 24, 35 e 25 (recte: 27) della Costituzione. Successivamente la Corte costituzionale, investita nuovamente dello stesso problema, con ordinanza 18-29 luglio 1996, n. 328 (Gazz. Uff. 28 agosto 1996, n. 35, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, commi 1 e 4, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13, 25, 27, 30, 31 e 97 della Costituzione.
(39) La Corte costituzionale, con sentenza 13-21 novembre 1997, n. 353 (Gazz. Uff. 26 novembre 1997, n. 48, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 2, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
(40) La Corte costituzionale, con sentenza 5 - 14 aprile 1995, n. 129 (Gazz. Uff. 19 aprile 1995, n. 16, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, sollevata in riferimento agli 3, 97, 24, 35 e 25 (recte: 27) della Costituzione. Successivamente la Corte costituzionale, investita nuovamente dello stesso problema, con ordinanza 18-29 luglio 1996, n. 328 (Gazz. Uff. 28 agosto 1996, n. 35, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, commi 1 e 4, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13, 25, 27, 30, 31 e 97 della Costituzione.
(41) Periodo aggiunto dall'art. 15, L. 30 settembre 1993, n. 388.
(42) Vedi, anche, l'art. 12, D.L. 13 settembre 1996, n. 477.
(43) Così sostituito dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 39.
(44) Comma aggiunto dall'art. 8, D.L. 14 giugno 1993, n. 187. Il comma 12-bis, inoltre, è stato successivamente così modificato dall'art. 21, L. 8 agosto 1995, n. 332 (Gazz. Uff. 8 agosto 1995, n. 184).
(45) La Corte costituzionale, con ordinanza 22-31 marzo 1995, n. 106 (Gazz. Uff. 5 aprile 1995, n. 14, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, commi 12-bis e 12-ter, sollevata in riferimento agli artt. 3, 10, 27, 79 e 81 della Costituzione. La stessa questione era stata già sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione e dichiarata dalla Corte non fondata con sentenze n. 62 e n. 283 del 1994 e manifestamente infondata con ordinanza n. 401 dello stesso anno. Con altra ordinanza 15-29 giugno 1995, n. 290 (Gazz. Uff. 5 luglio 1995, n. 28, Serie speciale), la stessa Corte, confermando sue precedenti pronunce, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 12-ter, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 13 della Costituzione. La stessa Corte con successiva ordinanza 19-26 ottobre 1995, n. 469 (Gazz. Uff. 2 novembre 1995, n. 45, Serie speciale) ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 7-bis, comma 1, sollevate in riferimento agli artt. 2, 24, primo, secondo e terzo comma, 25, secondo comma, 27, primo comma, e 113, primo comma, della Costituzione; con altra ordinanza 5-13 giugno 1997, n. 176 (Gazz. Uff. 18 giugno 1997, n. 25, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, commi 12-bis e 12-ter, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione.
(46) Comma aggiunto dall'art. 8, D.L. 14 giugno 1993, n. 187. Il comma 12-bis, inoltre, è stato successivamente così modificato dall'art. 21, L. 8 agosto 1995, n. 332 (Gazz. Uff. 8 agosto 1995, n. 184).
(47) La Corte costituzionale, con ordinanza 22-31 marzo 1995, n. 106 (Gazz. Uff. 5 aprile 1995, n. 14, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, commi 12-bis e 12-ter, sollevata in riferimento agli artt. 3, 10, 27, 79 e 81 della Costituzione. La stessa questione era stata già sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione e dichiarata dalla Corte non fondata con sentenze n. 62 e n. 283 del 1994 e manifestamente infondata con ordinanza n. 401 dello stesso anno. Con altra ordinanza 15-29 giugno 1995, n. 290 (Gazz. Uff. 5 luglio 1995, n. 28, Serie speciale), la stessa Corte, confermando sue precedenti pronunce, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 12-ter, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 13 della Costituzione. La stessa Corte con successiva ordinanza 19-26 ottobre 1995, n. 469 (Gazz. Uff. 2 novembre 1995, n. 45, Serie speciale) ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 7-bis, comma 1, sollevate in riferimento agli artt. 2, 24, primo, secondo e terzo comma, 25, secondo comma, 27, primo comma, e 113, primo comma, della Costituzione; con altra ordinanza 5-13 giugno 1997, n. 176 (Gazz. Uff. 18 giugno 1997, n. 25, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, commi 12-bis e 12-ter, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione.
(48) Comma aggiunto dall'art. 8, D.L. 14 giugno 1993, n. 187. Il comma 12-bis, inoltre, è stato successivamente così modificato dall'art. 21, L. 8 agosto 1995, n. 332 (Gazz. Uff. 8 agosto 1995, n. 184).
(49) Comma aggiunto dall'art. 8, D.L. 14 giugno 1993, n. 187. Il comma 12-bis, inoltre, è stato successivamente così modificato dall'art. 21, L. 8 agosto 1995, n. 332 (Gazz. Uff. 8 agosto 1995, n. 184).
(50) Comma aggiunto dall'art. 8, D.L. 14 giugno 1993, n. 187. Il comma 12-bis, inoltre, è stato successivamente così modificato dall'art. 21, L. 8 agosto 1995, n. 332 (Gazz. Uff. 8 agosto 1995, n. 184).
(51) L'art. 46, L. 6 marzo 1998, n. 40, ha abrogato gli articoli 2 e seguenti del presente decreto. L'abrogazione è stata confermata dall'art. 47, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Art. 7-bis.
[1. Lo straniero che distrugge il passaporto o documento equipollente per sottrarsi all'esecuzione del provvedimento di espulsione o che non si adopera per ottenere dalla competente autorità diplomatica o consolare il rilascio del documento di viaggio occorrente è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni (52) (53).
2. Nei casi previsti dal comma 1 è consentito l'arresto anche fuori dei casi di flagranza. Nell'udienza di convalida il giudice, se ne ricorrono i presupposti, dispone l'applicazione di una delle misure coercitive previste dalla legge anche al di fuori dei limiti di cui all'articolo 280 del codice di procedura penale (54)] (55).
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(52) Con sentenza 6-13 febbraio 1995, n. 34 (Gazz. Uff. 15 febbraio 1995, n. 7 - Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 7-bis, comma 1, nella parte in cui punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione «che non si adopera per ottenere dalla competente autorità diplomatica o consolare il rilascio del documento di viaggio occorrente».
(53) La Corte costituzionale, con ordinanza 23 marzo-7 aprile 1995, n. 116 (Gazz. Uff. 12 aprile 1995, n. 15, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 7-bis, comma 1, sollevate in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 25, secondo comma, e 112 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con ordinanza 14-19 giugno 1995, n. 265 (Gazz. Uff. 28 giugno 1995, n. 27, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 7-bis, primo comma, sollevate in riferimento agli articoli 13, terzo comma, 24, secondo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con successiva ordinanza 19-26 ottobre 1995, n. 469 (Gazz. Uff. 2 novembre 1995, n. 45, Serie speciale) ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 7-bis, comma 1, sollevate in riferimento agli artt. 2, 24, primo, secondo e terzo comma, 25, secondo comma, 27, primo comma, e 113, primo comma, della Costituzione.
(54) Articolo aggiunto dall'art. 8, D.L. 14 giugno 1993, n. 187. Vedi, anche, l'art. 7, D.L. 13 settembre 1996, n. 477.
(55) L'art. 46, L. 6 marzo 1998, n. 40, ha abrogato gli articoli 2 e seguenti del presente decreto. L'abrogazione è stata confermata dall'art. 47, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Art. 8.
(56).
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(56) Soppresso dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 39.
Art. 9.
Regolarizzazione dei cittadini extracomunitari già presenti nel territorio dello Stato.
[1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i cittadini extracomunitari e gli apolidi presenti in Italia alla data del 31 dicembre 1989 devono regolarizzare la loro posizione relativa all'ingresso e soggiorno, richiedendo, anche nei modi di cui all'articolo 4, comma 14, all'autorità di pubblica sicurezza il permesso di soggiorno di cui all'articolo 4 anche in assenza dei prescritti visti di ingresso, salvo che siano stati condannati in Italia con sentenza passata in giudicato per uno dei delitti previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale o risultino pericolosi per la sicurezza dello Stato.
2. A tal fine, gli interessati sono tenuti a presentarsi agli appositi uffici delle questure o dei commissariati di pubblica sicurezza territorialmente competenti, muniti di passaporto o di altro documento equipollente o, in mancanza, di dichiarazione resa al comune di dimora abituale dall'interessato e della contestuale attestazione dell'identità personale dello straniero, resa da due persone incensurate, aventi la cittadinanza italiana ovvero appartenenti allo stesso Stato dell'interessato o, se apolide, allo Stato di ultima residenza abituale dell'interessato e regolarmente soggiornanti in Italia da almeno un anno. La falsa dichiarazione o attestazione è punita a norma del primo e terzo comma dell'articolo 495 del codice penale, ma la pena è aumentata fino ad un terzo; alla condanna dello straniero per falsa dichiarazione o attestazione consegue l'espulsione dal territorio dello Stato. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della L. 4 gennaio 1968, n. 15 . Copia della dichiarazione e della attestazione di identità è trasmessa al Ministero dell'interno unitamente, qualora necessario, ad ulteriori elementi certi di identificazione. Presso tale Ministero è istituito un casellario all'esclusivo fine dell'accertamento di eventuali diverse identificazioni degli interessati.
3. Nel caso in cui il soggiorno è richiesto per motivi di studio, il rilascio del relativo permesso ed i rinnovi sono disciplinati dalle specifiche disposizioni che regolano la materia e sono subordinati alla presentazione di apposita certificazione da cui risulti che l'interessato sia stato iscritto all'università o ad altro istituto di istruzione italiano in data precedente a quella di entrata in vigore del presente decreto. Nel caso in cui il soggiorno è richiesto per motivi di lavoro, il rilascio del relativo permesso dà facoltà di iscrizione nelle liste di collocamento predisposte per i lavoratori italiani a livello circoscrizionale, anche nelle more del rilascio del libretto di lavoro, con facoltà di stipulare qualsiasi tipo di contratto di lavoro, ivi compreso quello di formazione e lavoro, secondo le norme in vigore per i lavoratori nazionali, escluso soltanto il pubblico impiego, salvo i casi di cui all'art. 16, L. 28 febbraio 1987, n. 56 . Nel caso in cui il soggiorno è richiesto per l'esercizio di attività di lavoro autonomo, nonché delle libere professioni, si osservano le disposizioni vigenti in materia. L'iscrizione nelle liste di collocamento può essere richiesta anche dai cittadini extracomunitari e dagli apolidi i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, hanno ottenuto il permesso di soggiorno per motivi diversi dallo svolgimento di lavoro subordinato. È comunque abolito per gli studenti il limite delle cinquecento ore annuali previsto dal comma 3 dell'art. 6, L. 30 dicembre 1986, n. 943 .
4. È consentito l'utilizzo di cittadini stranieri per l'esercizio dei profili professionali infermieristici nell'ambito del Servizio sanitario nazionale; a tal fine possono essere stipulati dalle unità sanitarie locali e da enti e case di cura private convenzionate contratti biennali rinnovabili di diritto privato. Con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro del tesoro e con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale sono fissati i contingenti per regioni in misura proporzionale rispetto alle carenze di organico esistenti, i criteri di valutazione dei titoli e di verifica delle professionalità per l'effettivo esercizio della professionale ai fini dell'accesso ai contratti di cui al presente comma nonché le modalità retributive e previdenziali (57).
5. I cittadini extracomunitari e gli apolidi che procedono alla regolarizzazione di cui al presente articolo non sono punibili per le contravvenzioni alle norme vigenti in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri.
6. I cittadini extracomunitari e gli apolidi regolarmente autorizzati a soggiornare nel territorio nazionale hanno la facoltà di costituire società cooperative, ovvero esserne soci, in conformità alle norme di cui agli articoli 2511 e seguenti del codice civile e alle disposizioni vigenti in materia, anche se cittadini di Paesi per i quali non sussiste la condizione di reciprocità.
7. Non è assoggettabile a sanzioni penali o amministrative chiunque abbia contravvenuto alle disposizioni legislative o regolamentari in materia di ospitalità a cittadini stranieri qualora, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, adempia agli obblighi imposti dalle disposizioni medesime.
8. I datori di lavoro che denunciano rapporti di lavoro irregolari, pregressi o in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono punibili per le violazioni delle norme in materia di costituzione del rapporto di lavoro, di quelle stabilite dalla legge 30 dicembre 1986, n. 943 , e successive modifiche ed integrazioni, nonché per le violazioni delle disposizioni sul soggiorno degli stranieri di cui al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e relativo regolamento di esecuzione, compiute in relazione all'occupazione dei lavoratori stranieri e per le quali non sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato. Gli stessi datori di lavoro, per quanto concerne i rapporti di lavoro pregressi o in atto fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono altresì tenuti, per i periodi antecedenti alla regolarizzazione, al versamento dei contributi e premi per tutte le forme di assicurazione sociale e non sono soggetti alle sanzioni previste per le omissioni contributive e per i relativi adempimenti amministrativi. Dette disposizioni si applicano a coloro che effettuano la denuncia entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
9. Per i lavoratori assunti irregolarmente, i periodi relativi ai rapporti di lavoro pregressi o in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per i quali i datori di lavoro adempiono agli obblighi di cui al comma 8, non assumono rilevanza ai fini previdenziali ed assistenziali, salvo che i datori di lavoro medesimi provvedano al versamento dei relativi contributi e premi. Per i periodi di lavoro pregressi o in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, il lavoratore, previa documentazione dell'esistenza del rapporto di lavoro, ha facoltà di sostituirsi al datore di lavoro per il versamento dei contributi relativi all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti.
10. È fatta salva comunque la facoltà dei lavoratori che abbiano adempiuto alle procedure di regolarizzazione di richiedere il versamento dei relativi contributi e premi ai datori di lavoro che non abbiano proceduto alla denuncia dei rapporti di lavoro irregolari pregressi o in atto ai sensi del comma 8.
11. A carico dei datori di lavoro che, a far data dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, si rendono responsabili ai danni di cittadini extracomunitari delle violazioni di cui all'articolo 27 della legge 29 aprile 1949, n. 264 , sono triplicate le relative sanzioni.
12. I cittadini extracomunitari e gli apolidi, che chiedono di regolarizzare la loro posizione ai sensi del comma 1 e che non hanno diritto all'assistenza sanitaria ad altro titolo, sono, a domanda, assicurati presso il Servizio sanitario nazionale ed iscritti alla unità sanitaria locale del comune di effettiva dimora. Limitatamente all'anno 1990, i predetti cittadini sono esonerati dal versamento del contributo dovuto ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663 , convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33.
13. Per i fini di cui al comma 12, il Fondo sanitario nazionale è incrementato per l'anno 1990 di lire 22.800 milioni. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per il medesimo anno, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Interventi in favore dei lavoratori immigrati».
14. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (58)] (59).
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(57) Vedi, anche, il D.M. 5 marzo 1991, n. 174.
(58) Così sostituito dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 39.
(59) L'art. 46, L. 6 marzo 1998, n. 40, ha abrogato gli articoli 2 e seguenti del presente decreto. L'abrogazione è stata confermata dall'art. 47, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Art. 10.
Regolarizzazione del lavoro autonomo svolto dai cittadini extracomunitari presenti nel territorio dello Stato. Norme sulle libere professioni.
[1. I cittadini extracomunitari e gli apolidi presenti in Italia alla data del 31 dicembre 1989 che procedono alla regolarizzazione della loro posizione relativa all'ingresso e al soggiorno, qualora intendano iniziare un'attività lavorativa nel settore dell'artigianato o del commercio debbono iscriversi nell'albo di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443 , o nel registro di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426 , e sono autorizzati all'esercizio delle attività commerciali prescindendo dalla sussistenza delle condizioni di reciprocità.
2. Ai fini dell'iscrizione nel registro di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426 , entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni organizzano appositi corsi professionali, avvalendosi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o di altri enti pubblici e di enti che abbiano i requisiti di cui all'articolo 5 della legge 21 dicembre 1978, n. 845 (legge-quadro in materia professionale), per la qualificazione all'esercizio delle attività commerciali riservati ai cittadini extracomunitari di cui al comma 1 e della durata di almeno centoventi ore. Entro centoventi giorni dalla data predetta, le camere di commercio debbono indire sessioni speciali per gli esami di cui agli articoli 5 e 6 della legge 11 giugno 1971, n. 426 , riservate ai cittadini extracomunitari suddetti. I criteri e le modalità di svolgimento degli esami in tali sessioni sono stabiliti con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
3. Per l'iscrizione nel registro di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426 , si prescinde per i cittadini extracomunitari di cui al comma 1 dall'adempimento degli obblighi scolastici. I programmi dei corsi e degli esami di cui al comma 2 debbono comunque assicurare la conoscenza della lingua italiana ed un grado di cultura generale equiparabile a quello derivante dal possesso della licenza elementare.
4. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, è disciplinato, in conformità con la normativa comunitaria, il riconoscimento dei titoli di studio e professionali, nonché delle qualifiche di mestiere acquisite nei paesi di origine, e sono istituiti altresì gli eventuali corsi di adeguamento e di integrazione da svolgersi presso istituti scolastici o universitari italiani.
5. I cittadini extracomunitari e gli apolidi che alla data di entrata in vigore del presente decreto svolgono attività economiche in violazione delle norme concernenti l'autorizzazione all'esercizio delle stesse e l'iscrizione in registri, albi e ruoli, sempre che entro un anno dalla data suddetta regolarizzino la loro posizione, non sono punibili per le violazioni effettuate fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, salvo che si tratti di attività concernenti armi, munizioni ed esplosivi.
6. In deroga a quanto disposto dal primo e dal quarto comma dell'articolo 1 della legge 19 maggio 1976, n. 398 , i titolari di autorizzazioni amministrative per il commercio ambulante possono assumere in qualità di lavoratori dipendenti fino a cinque cittadini extracomunitari ed apolidi presenti in Italia alla data del 31 dicembre 1989 che abbiano regolarizzato la loro posizione relativa all'ingresso e al soggiorno.
7. Salvo quanto previsto al comma 5, i cittadini extracomunitari, in possesso di laurea o di diploma, conseguiti in Italia, oppure che abbiano il riconoscimento legale di analogo titolo, conseguito all'estero, possono sostenere gli esami di abilitazione professionale e chiedere l'iscrizione agli albi professionali, in deroga alle disposizioni che prevedono il possesso della cittadinanza italiana per l'esercizio delle relative professioni (60)] (61).
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(60) Così sostituito dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 39.
(61) L'art. 46, L. 6 marzo 1998, n. 40, ha abrogato gli articoli 2 e seguenti del presente decreto. L'abrogazione è stata confermata dall'art. 47, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Art. 11.
Pubblicità - Relazione al Parlamento - Contributi alle regioni.
[1. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'informazione e l'editoria, gli uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, del Ministero dell'interno e delle regioni, nonché i patronati e le istituzioni o fondazioni con finalità sociale, provvedono, anche avvalendosi di forme di collaborazione con associazioni di immigrati e rifugiati e le organizzazioni di volontariato, a dare la massima pubblicità alle disposizioni di cui al presente decreto al fine di promuovere la regolarizzazione della posizione dei lavoratori extracomunitari presenti nel territorio. Per la regolarizzazione delle posizioni pregresse gli interessati possono avvalersi dell'opera degli enti di patronato di cui al D.Lgs.C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804 , e successive modificazioni ed integrazioni.
2. Entro il 31 dicembre di ogni anno il Governo presenta al Parlamento una relazione sull'attuazione del presente decreto, specificando il numero complessivo degli stranieri extracomunitari residenti a vario titolo, che abbiano ottenuto il permesso di soggiorno, che siano stati espulsi, che siano stati avviati al lavoro o che frequentino scuole o università.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si provvede alla erogazione di contributi alle regioni che predispongono, in collaborazione con i comuni di maggiore insediamento, programmi per la realizzazione di centri di prima accoglienza e di servizi per gli stranieri immigrati, gli esuli ed i loro familiari.
4. Per le finalità di cui al comma 3 è autorizzata la spesa di lire 30 miliardi per ciascuno degli esercizi finanziari 1990, 1991 e 1992. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1990-1992, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per il 1990, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Interventi in favore dei lavoratori immigrati».
5. I contributi di cui al comma 3 sono revocati con le stesse modalità qualora gli enti interessati non provvedano entro i successivi diciotto mesi alla realizzazione dei programmi finanziati.
6. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto si provvede, con decreto del Ministro del tesoro di concerto con il Ministro per gli affari regionali ed i problemi istituzionali, sentito il Ministro per gli affari sociali, alla emanazione delle necessarie norme regolamentari (62)] (63).
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(62) Così sostituito dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 39.
(63) L'art. 46, L. 6 marzo 1998, n. 40, ha abrogato gli articoli 2 e seguenti del presente decreto. L'abrogazione è stata confermata dall'art. 47, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Art. 12.
Assunzione di duecento assistenti sociali ed altri provvedimenti concernenti la pubblica amministrazione.
[1. Per far fronte alle urgenti e indilazionabili esigenze derivanti dai nuovi compiti di cui al presente decreto e allo scopo di assicurare la migliore funzionalità ed efficienza dei servizi per i lavoratori immigrati, extracomunitari ed apolidi e per le loro famiglie, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è autorizzato a bandire tre concorsi pubblici per l'assunzione, nella settima qualifica funzionale, rispettivamente, di duecento assistenti sociali, di ottanta laureati in sociologia e di venti laureati in psicologia da destinare presso gli uffici del lavoro e della massima occupazione, ivi compresi quelli delle regioni a statuto speciale.
2. I concorsi sono effettuati per titoli e colloquio su materie attinenti alle mansioni da svolgere. Alla individuazione dei titoli da valutare e delle materie oggetto del colloquio si provvede con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica. Le procedure concorsuali devono concludersi entro novanta giorni dalla data di insediamento della commissione esaminatrice.
3. Al fine di poter assumere con immediatezza il personale di cui al comma 1, anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 2, D.L. 27 dicembre 1989, n. 413 , recante disposizioni urgenti in materia di trattamento economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi equiparate, nonché in materia di pubblico impiego, le dotazioni organiche delle qualifiche funzionali e dei profili professionali del personale del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di cui al D.P.C.M. 24 giugno 1987, sono rideterminate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, compensando, senza oneri finanziari aggiuntivi, l'aumento dei trecento posti di cui al comma 1 con la riduzione di posti relativi a profili professionali anche in qualifica funzionale diversa dalla settima.
4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro degli affari esteri, sentiti i Ministri della sanità, per gli affari sociali e del lavoro e della previdenza sociale, sono istituite presso i valichi di frontiera ferroviari, portuali ed aeroportuali strutture di accoglienza con il compito di fornire la necessaria informazione e, se necessario, la prima assistenza agli stranieri che fanno ingresso sul territorio italiano. Tali uffici si avvalgono di almeno due assistenti sociali e di altro personale distaccato dalle amministrazioni interessate, nonché di operatori volontari (64).
5. Per la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 4 si provvede, entro il limite di 5 miliardi di lire per ciascuno degli esercizi finanziari 1990, 1991 e 1992, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1990-1992, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per il 1990, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Interventi in favore dei lavoratori immigrati».
6. Fatte salve le ulteriori esigenze della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza derivanti dai servizi di controllo del territorio e di prevenzione e repressione dei reati, ai fini dell'attuazione del presente decreto l'organico della Polizia di Stato è aumentato di 700 unità nel ruolo degli agenti e assistenti, di 260 unità nel ruolo dei sovrintendenti, di 30 unità nel ruolo dei commissari e di 10 unità nel ruolo dei dirigenti, da destinare agli uffici di polizia di frontiera e uffici stranieri.
7. All'assunzione di 700 allievi agenti si provvede con la procedura di cui all'articolo 2, commi 3, 4 e 5, della legge 19 aprile 1985, n. 150 .
8. Per la copertura dei posti risultanti dall'ampliamento degli organici di cui al comma 6, le assunzioni avverranno in ragione di 300 unità per il 1990 e di 350 unità per ciascuno degli anni 1991 e 1992.
9. Per il completamento e il potenziamento dei sistemi e delle procedure di collegamento degli uffici di polizia di frontiera con il centro elaborazione dati di cui all'articolo 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121 , per le esigenze connesse all'attuazione del presente decreto il Ministro dell'interno attua un piano di interventi straordinari per il biennio 1990-1991 per il quale è autorizzata la spesa di lire 5.000 milioni per ciascuno degli anni 1990 e 1991.
10. All'onere derivante dall'attuazione dei commi 6, 7, 8 e 9, valutato in lire 14.000 milioni per l'anno 1990, in lire 24.000 milioni per l'anno 1991 ed in lire 29.000 milioni per l'anno 1992, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1990-1992, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1990, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Interventi in favore dei lavoratori immigrati».
11. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (65)] (66).
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(64) Il D.M. 21 dicembre 1992, n. 567 (Gazz. Uff. 20 febbraio 1993, n. 42) ha così disposto:
« Art. 1. 1. Le strutture di accoglienza previste dall'art. 12, comma 4, del D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, sono istituite presso i valichi della frontiera aerea, marittima e terrestre indicati nella tabella A allegata al presente regolamento.
2. A tal fine, i locali o le aree attrezzate necessari sono messi a disposizione dall'amministrazione demaniale o dall'ente concessionario della gestione e dei servizi degli scali, rispettivamente competenti per i luoghi di cui al comma precedente.
3. I locali e le aree attrezzate predette sono date in uso gratuito al Ministero dell'interno che provvede agli adempimenti necessari per il primo impianto delle strutture di accoglienza ed alla manutenzione ordinaria.
Art. 2. 1. Alle strutture di accoglienza di cui all'art. 1 sono destinati a prestare servizio un assistente sociale coordinatore appartenente ai ruoli del personale del Ministero dell'interno ed un assistente sociale appartenente ai ruoli del personale del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
2. In caso di necessità, a richiesta della prefettura, può essere chiamato a prestare servizio nelle predette strutture il personale delle amministrazioni dello Stato di volta in volta occorrente, al quale è attribuito il trattamento di missione secondo le disposizioni vigenti, nonché personale del comune interessato.
3. Alle esigenze di interpretariato si provvede con il personale di cui al comma 2 ovvero mediante apposite convenzioni con interpreti o esperti della lingua richiesta.
Art. 3. 1. Alle strutture di accoglienza possono essere altresì ammessi a prestare la loro opera, per l'assolvimento dei compiti previsti dall'art. 12, comma 4, D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 1990, n. 39, operatori volontari, specificatamente autorizzati sulla base di appositi piani di collaborazione fra le amministrazioni pubbliche interessate e le associazioni di volontariato, predisposti dalle competenti prefetture.
2. Alle strutture medesime possono essere altresì ammessi rappresentanti dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Art. 4. 1. Le strutture di accoglienza provvedono a fornire agli stranieri di cui agli articoli 1 e 3, D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 1990, n. 39, entrati nel territorio dello Stato, ogni possibile informazione e collaborazione per gli adempimenti di legge e per l'utilizzazione dei servizi pubblici.
2. Nei casi di urgente necessità le strutture predette provvedono altresì agli interventi di prima assistenza, mediante convenzioni con enti pubblici o con privati.
3. Le prestazioni sanitarie eventualmente occorrenti sono assicurate dalle locali strutture sanitarie pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale ai fini dell'erogazione delle prestazioni stesse.
Art. 5. 1. Le convenzioni di cui agli articoli 2 e 4 ed i contratti o le convenzioni di cui all'art. 1 sono stipulati dalle prefetture secondo schemi-tipo da predisporsi d'intesa con il Ministero del tesoro, con imputazione delle spese ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'interno, nell'ambito delle disponibilità assegnate annualmente a ciascuna prefettura.
Tabella A
Valichi di frontiera presso cui sono istituite le strutture di accoglimento di cui all'art. 12, comma 4, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39.
Frontiera aerea di Roma-Fiumicino
- Frontiera aerea di Milano-Linate
- Frontiera terrestre di Tarvisio
- Frontiera terrestre di Trieste
- Frontiera marittima di Trapani».
(65) Così sostituito dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 39.
(66) L'art. 46, L. 6 marzo 1998, n. 40, ha abrogato gli articoli 2 e seguenti del presente decreto. L'abrogazione è stata confermata dall'art. 47, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Art. 13.
Disposizioni di coordinamento e abrogazioni. Entrata in vigore.
[1. Le disposizioni del presente decreto si applicano anche ai cittadini dei paesi comunitari e agli apolidi, in quanto più favorevoli, nonché ai cittadini o ex cittadini italiani o ai cittadini stranieri di origine italiana che rientrino nel territorio nazionale.
2. Gli articoli 142, 143, 145, 146, 150 e 152 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773 , nonché gli articoli 262, 263, 264 e 267 del regolamento di esecuzione del citato testo unico, approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635 , nonché il comma 2 dell'articolo 14 del regolamento anagrafico della popolazione residente, approvato con D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 , sono abrogati.
3. I riferimenti a istituti già disciplinati dal titolo V del citato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza o a disposizioni abrogate a norma del comma 2 contenuti in altre disposizioni di legge o di regolamento si intendono fatti agli istituti ed alle disposizioni del presente decreto.
4. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge (67)] (68).
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(67) Così sostituito dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 39.
(68) L'art. 46, L. 6 marzo 1998, n. 40, ha abrogato gli articoli 2 e seguenti del presente decreto. L'abrogazione è stata confermata dall'art. 47, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
L. 7 agosto 1990, n. 241.
Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso
ai documenti amministrativi.
(Capo I-III, IV-bis-V)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 18 agosto 1990, n. 192.
(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- A.I.P.A. (Autorità informatica pubblica amministrazione): Circ. 7 maggio 2001, n. AIPA/CR/28;
- Comando generale della Guardia di Finanza: Circ. 8 ottobre 2001, n. 263000/090;
- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Circ. 14 maggio 1996, n. 28; Circ. 14 marzo 1997, n. 17; Informativa 12 febbraio 2000, n. 12; Informativa 4 febbraio 2002, n. 13; Informativa 23 aprile 2002, n. 44; Circ. 27 maggio 2004, n. 33;
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 17 gennaio 1996, n. 15; Circ. 11 luglio 1996, n. 142; Circ. 15 ottobre 1996, n. 199; Circ. 24 giugno 1998, n. 135; Circ. 1 agosto 2000, n. 141;
- ISTAT (Istituto nazionale di statistica): Circ. 19 giugno 1996, n. 30;
- Ministero degli affari esteri: Circ. 10 settembre 1997, n. 02391; Circ. 3 ottobre 1997, n. 9;
- Ministero dei lavori pubblici: Circ. 13 marzo 1996, n. 1333; Circ. 3 marzo 1997, n. 1246; Circ. 29 maggio 1997, n. 2407;
- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 8 ottobre 1996, n. 131/96; Circ. 14 gennaio 1997, n. 305/DG4/4; Circ. 14 febbraio 1997, n. 11MP0170; Circ. 28 novembre 1997, n. 112438; Circ. 12 dicembre 1997, n. 18245; Circ. 12 maggio 1998, n. 43/98; Circ. 31 maggio 2000, n. B23/2000/MOT;
- Ministero dei trasporti: Circ. 10 novembre 1997, n. 119/44;
- Ministero del commercio con l'estero: Circ. 24 dicembre 1997, n. 320388; Circ. 27 maggio 1998, n. 509289;
- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 9 aprile 1998, n. 49/98; Circ. 17 giugno 1998, n. 85/98;
- Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Circ. 24 giugno 1998, n. 57; Circ. 20 ottobre 1999, n. 46; Circ. 20 marzo 2000, n. 14;
- Ministero del tesoro: Circ. 21 marzo 1997, n. 42; Circ. 18 aprile 1997, n. 141343; Circ. 20 gennaio 1998, n. 106022;
- Ministero dell'economia e delle finanze: Circ. 2 agosto 2001, n. 75/E;
- Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato: Ris. 31 gennaio 1996, n. 289415;
- Ministero dell'interno: Circ. 15 gennaio 1997, n. 2; Circ. 9 marzo 1999, n. 24; Circ. 22 marzo 1999, n. 34; Circ. 13 aprile 1999, n. 300/A/42387/124/77; Circ. 4 maggio 1999, n. 49; Circ. 30 giugno 1999, n. 2/99; Circ. 6 luglio 1999, n. 4/99; Circ. 6 giugno 2000, n. 63; Lett.Circ. 11 gennaio 2001, n. P48/4101;
- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Circ. 24 dicembre 2001, n. 176;
- Ministero della difesa: Circ. 12 giugno 1997, n. LEV.-C-56/U.D.G.;
- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 9 gennaio 1996, n. 9; Circ. 9 gennaio 1996, n. 6; Circ. 16 gennaio 1996, n. 19; Circ. 29 febbraio 1996, n. 93; Circ. 4 marzo 1996, n. 100; Circ. 3 aprile 1996, n. 135; Circ. 3 aprile 1996, n. 133; Circ. 19 aprile 1996, n. 155; Circ. 11 giugno 1996, n. 225; Circ. 1 agosto 1996, n. 447; Circ. 30 dicembre 1996, n. 782; Circ. 27 maggio 1997, n. 328; Circ. 28 maggio 1997, n. 331; Circ. 10 luglio 1997, n. 429; Circ. 1 agosto 1997, n. 476; Circ. 6 agosto 1997, n. 487; Circ. 31 ottobre 1997, n. 675; Circ. 10 febbraio 1998, n. 48; Circ. 10 febbraio 1998, n. 1416; Circ. 27 febbraio 1998, n. 78; Circ. 2 aprile 1998, n. 175; Circ. 13 maggio 1998, n. 225; Circ. 29 maggio 1998, n. 252; Circ. 8 giugno 1998, n. 264; Circ. 11 giugno 1998, n. 601229; Circ. 21 luglio 1998, n. 317; Circ. 24 settembre 1998, n. 395; Nota 15 febbraio 2000, n. 1787; Nota 8 marzo 2000, n. 2855;
- Ministero delle finanze: Circ. 11 aprile 1996, n. 90/S; Circ. 9 maggio 1996, n. 111/E; Circ. 17 maggio 1996, n. 131/D; Circ. 8 gennaio 1997, n. 4/D; Circ. 11 marzo 1997, n. 73/D; Circ. 25 marzo 1997, n. 90/D; Circ. 4 aprile 1997, n. 95/S; Circ. 8 maggio 1997, n. 132/S; Circ. 9 giugno 1997, n. 157/E; Circ. 8 luglio 1997, n. 195/E; Circ. 25 luglio 1997, n. 211/T; Circ. 15 ottobre 1997, n. 265/P; Circ. 31 ottobre 1997, n. 284/E; Circ. 30 dicembre 1997, n. 333/E; Circ. 12 marzo 1998, n. 84/E; Circ. 16 marzo 1998, n. 86/D; Circ. 27 ottobre 1998, n. 244/S; Circ. 23 febbraio 1999, n. 49/E; Circ. 14 maggio 1999, n. 107/S;
- Ministero delle politiche agricole e forestali: Circ. 28 giugno 2000, n. 4; Circ. 23 dicembre 2003;
- Ministero delle poste e delle telecomunicazioni: Circ. 9 settembre 1996, n. GM98727/4205DL/CR;
- Ministero di grazia e giustizia: Circ. 10 marzo 1997;
- Ministero marina mercantile: Circ. 13 novembre 1996, n. 113345;
- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 15 luglio 1996, n. 21; Circ. 1 ottobre 1996, n. 109; Circ. 16 ottobre 1996, n. 121; Circ. 29 novembre 1996, n. 142; Circ. 5 marzo 1997, n. 81; Circ. 25 agosto 1997, n. 15; Circ. 8 marzo 1999, n. 55/99; Circ. 24 dicembre 1999, n. 198/99; Circ. 5 marzo 2001, n. 27; Circ. 8 luglio 2002, n. 84/2002;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 30 luglio 1996, n. 1188/TC/PG; Circ. 5 gennaio 1998, n. DIE/ARE/1/51;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 23 gennaio 1996, n. 41; Circ. 25 gennaio 1996, n. 38; Circ. 25 gennaio 1996, n. 840; Circ. 29 gennaio 1996, n. 838; Circ. 31 gennaio 1996, n. 96; Circ. 6 febbraio 1996, n. 860; Circ. 6 febbraio 1996, n. 72; Circ. 12 febbraio 1996, n. 87; Circ. 19 febbraio 1996, n. 103; Circ. 13 marzo 1996, n. 160; Circ. 19 marzo 1996 n. 176; Circ. 20 marzo 1996 n. 676; Circ. 22 marzo 1996 n. 183; Circ. 17 aprile 1996, n. 236; Circ. 19 aprile 1996, n. 249; Circ. 23 aprile 1996, n. 252; Circ. 30 aprile 1996, n. 256; Circ. 2 maggio 1996, n. 30052; Circ. 15 maggio 1996, n. 93; Circ. 29 maggio 1996, n. 311; Circ. 2 giugno 1996, n. 316; Circ. 3 luglio 1996, n. 296; Circ. 3 luglio 1996, n. 309; Circ. 5 luglio 1996, n. 299; Circ. 5 luglio 1996, n. 306; Circ. 11 luglio 1996, n. 451; Circ. 16 luglio 1996, n. 656; Circ. 18 luglio 1996, n. 280; Circ. 3 ottobre 1996, n. 298; Circ. 14 novembre 1996, n. 676; Circ. 21 novembre 1996, n. 1138; Circ. 11 dicembre 1996, n. 843; Circ. 11 dicembre 1996, n. 1153; Circ. 12 dicembre 1996, n. 610; Circ. 12 dicembre 1996, n. 1216; Circ. 16 dicembre 1996, n. 1234; Circ. 29 maggio 1998, n. 5/98;
- Ufficio Italiano Cambi: Circ. 9 febbraio 1998, n. 440.
Capo I - Princìpi
Art. 1.
Principi generali dell'attività amministrativa (3).
1. L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai princìpi dell'ordinamento comunitario (4).
1-bis. La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente (5).
1-ter. I soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei princìpi di cui al comma 1 (6).
2. La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria.
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(3) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(4) Comma così modificato dall'art. 1, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(5) Comma aggiunto dall'art. 1, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(6) Comma aggiunto dall'art. 1, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 2.
Conclusione del procedimento.
1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso.
2. Con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sono stabiliti i termini entro i quali i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali devono concludersi, ove non siano direttamente previsti per legge. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza. I termini sono modulati tenendo conto della loro sostenibilità, sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, e della natura degli interessi pubblici tutelati e decorrono dall'inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte (7) (8).
3. Qualora non si provveda ai sensi del comma 2, il termine è di novanta giorni.
4. Nei casi in cui leggi o regolamenti prevedono per l'adozione di un provvedimento l'acquisizione di valutazioni tecniche di organi o enti appositi, i termini di cui ai commi 2 e 3 sono sospesi fino all'acquisizione delle valutazioni tecniche per un periodo massimo comunque non superiore a novanta giorni. I termini di cui ai commi 2 e 3 possono essere altresì sospesi, per una sola volta, per l'acquisizione di informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell'articolo 14, comma 2.
5. Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, può essere proposto anche senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l'inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti commi 2 o 3. Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza. È fatta salva la riproponibilità dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti (9).
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(7) I termini ed i responsabili dei procedimenti amministrativi, in attuazione di quanto disposto dal presente comma, sono stati determinati con:
- D.M. 23 maggio 1991, per il Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
- D.M. 23 marzo 1992, n. 304, per l'Amministrazione del tesoro;
- D.M. 25 maggio 1992, n. 376, per l'Amministrazione dell'agricoltura e delle foreste;
- Det. 13 novembre 1992, per la Cassa depositi e prestiti;
- D.M. 2 febbraio 1993, n. 284, per l'Amministrazione centrale e periferica dell'interno;
- D.M. 26 marzo 1993, n. 329, per l'Amministrazione dell'industria, del commercio e dell'artigianato;
- D.M. 1° settembre 1993, n. 475, per il Servizio centrale degli affari generali e del personale del Ministero del bilancio e della programmazione economica;
- D.M. 16 settembre 1993, n. 603, per l'Amministrazione della difesa;
- D.M. 14 dicembre 1993, n. 602, per il Ministero del bilancio e della programmazione economica e per i comitati interministeriali operanti presso il ministero stesso;
- D.M. 14 febbraio 1994, n. 543, per la Direzione generale dell'aviazione civile;
- D.P.C.M. 19 marzo 1994, n. 282, per il Consiglio di Stato, i tribunali amministrativi regionali e il tribunale di giustizia amministrativa con sede in Trento e sezione autonoma di Bolzano;
- D.M. 30 marzo 1994, n. 765, per l'Amministrazione dei trasporti e della navigazione;
- D.M. 11 aprile 1994, n. 454, per il Ministero del commercio con l'estero;
- D.M. 18 aprile 1994, n. 594, per la direzione generale della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione;
- D.M. 13 giugno 1994, n. 495, per il Ministero per i beni culturali e ambientali;
- D.M. 14 giugno 1994, n. 774, per il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;
- D.M. 16 giugno 1994, n. 527, per l'Amministrazione dell'ambiente;
- D.M. 19 ottobre 1994, n. 678, per l'Amministrazione delle finanze ivi compresi il Corpo della guardia di finanza e l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
- D.M. 12 gennaio 1995, n. 227, per l'Amministrazione del lavoro e della previdenza sociale;
- D.M. 3 marzo 1995, n. 171, per l'Amministrazione degli affari esteri;
- D.M. 6 aprile 1995, n. 190, per l'Amministrazione della pubblica istruzione;
- D.M. 9 maggio 1995, n. 331, per l'Amministrazione dell'Istituto superiore di sanità;
- Del.C.C. 6 luglio 1995, per la Corte dei conti;
- D.P.C.M. 9 agosto 1995, n. 531, per il dipartimento della protezione civile;
- D.M. 7 settembre 1995, n. 528, per i progetti presentati per il finanziamento al Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga;
- D.M. 20 novembre 1995, n. 540, per l'Amministrazione di grazia e giustizia;
- D.M. 8 agosto 1996, n. 690 (Gazz. Uff. 25 gennaio 1997, n. 20, S.O.), per gli enti, i distaccamenti, i reparti dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica, nonché per quelli a carattere interforze;
- D.M. 8 ottobre 1997, n. 524, per l'Amministrazione dei lavori pubblici;
- D.P.C.M. 30 giugno 1998, n. 310, per il Dipartimento della funzione pubblica;
- D.M. 18 novembre 1998, n. 514, per il Ministero della sanità;
- D.M. 27 dicembre 1999, per l'Ente nazionale italiano per il turismo;
- Del.Consob 2 agosto 2000 (Gazz. Uff. 20 settembre 2000, n. 220), modificata dalla Del.Consob 11 marzo 2004, n. 14468 (Gazz. Uff. 19 marzo 2004, n. 66) e dalla Del.Consob 5 agosto 2005, n. 15131 (Gazz. Uff. 18 agosto 2005, n. 191), per la Consob;
- D.P.C.M. 28 novembre 2000, n. 454, per il Servizio nazionale dighe;
- D.P.C.M. 5 marzo 2001, n. 197, per il Dipartimento per i servizi tecnici nazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
- Provv. 28 febbraio 2002, per gli uffici centrali e periferici dell'Agenzia del territorio;
- D.P.R. 23 dicembre 2005, n. 303, per il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
- Del. 13 febbraio 2003, n. 048/03, per l'Istituto nazionale per il commercio estero;
- Del. 12 maggio 2003, n. 115, per l'A.G.E.A. - Agenzia per le erogazioni in agricoltura;
- Provv. 7 aprile 2006 (Gazz. Uff. 7 aprile 2006, n. 82) e Provv. 17 agosto 2006 (Gazz. Uff. 11 settembre 2006, n. 211), per l'Ufficio Italiano dei Cambi;
- Provv.ISVAP 9 maggio 2006, n. 2, per l'ISVAP;
- Provv.Banca Italia 14 giugno 2006, n. 682855, Provv.Banca Italia 27 giugno 2006 e Provv.Banca Italia 3 agosto 2006 (Gazz. Uff. 12 agosto 2006, n. 187, S.O.), per la Banca d'Italia;
- Del. 12 giugno 2006 (Gazz. Uff. 24 aprile 2007, n. 95), per l'Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM).
(8) Vedi, anche, i commi 6-quater e 6-quinquies dell'art. 3, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(9) Il presente articolo, già modificato dagli artt. 2 e 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15, è stato così sostituito dall'art. 3, comma 6-bis, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
Art. 3.
Motivazione del provvedimento (10).
1. Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria.
2. La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale.
3. Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest'ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l'atto cui essa si richiama.
4. In ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l'autorità cui è possibile ricorrere (11).
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(10) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(11) La Corte costituzionale, con ordinanza 23 ottobre-3 novembre 2000, n. 466 (Gazz. Uff. 8 novembre 2000, n. 46, serie speciale), e con ordinanza 9-14 novembre 2005, n. 419 (Gazz. Uff. 23 novembre 2005, n. 47, 1ª Serie speciale), e con ordinanza 9-14 novembre 2005, n. 420 (Gazz. Uff. 23 novembre 2005, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata in relazione agli artt. 3, 24, 97 e 113 della Cost.
La stessa Corte con successiva ordinanza 4-6 luglio 2001, n. 233 (Gazz. Uff. 11 luglio 2001, n. 27, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3 sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 113 della Cost.
Art. 3-bis.
Uso della telematica.
1. Per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l'uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati (12).
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(12) Articolo aggiunto dall'art. 3, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Capo II - Responsabile del procedimento
Art. 4.
Unità organizzativa responsabile del procedimento (13).
1. Ove non sia già direttamente stabilito per legge o per regolamento, le pubbliche amministrazioni sono tenute a determinare per ciascun tipo di procedimento relativo ad atti di loro competenza l'unità organizzativa responsabile della istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell'adozione del provvedimento finale.
2. Le disposizioni adottate ai sensi del comma 1 sono rese pubbliche secondo quanto previsto dai singoli ordinamenti (14).
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(13) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(14) I termini ed i responsabili dei procedimenti amministrativi, in attuazione di quanto disposto dal presente articolo, sono stati determinati con:
- D.M. 23 maggio 1991, per il Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
- D.M. 23 marzo 1992, n. 304, per l'Amministrazione del tesoro;
- D.M. 25 maggio 1992, n. 376, per l'Amministrazione dell'agricoltura e delle foreste;
- Det. 13 novembre 1992, per la Cassa depositi e prestiti;
- D.M. 2 febbraio 1993, n. 284, per l'Amministrazione centrale e periferica dell'interno;
- D.M. 26 marzo 1993, n. 329, per l'Amministrazione dell'industria, del commercio e dell'artigianato;
- D.M. 1° settembre 1993, n. 475, per il Servizio centrale degli affari generali e del personale del Ministero del bilancio e della programmazione economica;
- D.M. 16 settembre 1993, n. 603, per l'Amministrazione della difesa;
- D.M. 14 dicembre 1993, n. 602, per il Ministero del bilancio e della programmazione economica e per i comitati interministeriali operanti presso il ministero stesso;
- D.M. 14 febbraio 1994, n. 543, per la Direzione generale dell'aviazione civile;
- D.P.C.M. 19 marzo 1994, n. 282, per il Consiglio di Stato, i tribunali amministrativi regionali e il tribunale di giustizia amministrativa con sede in Trento e sezione autonoma di Bolzano;
- D.M. 30 marzo 1994, n. 765, per l'Amministrazione dei trasporti e della navigazione;
- D.M. 11 aprile 1994, n. 454, per il Ministero del commercio con l'estero;
- D.M. 18 aprile 1994, n. 594, per la direzione generale della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione;
- D.M. 13 giugno 1994, n. 495, per il Ministero per i beni culturali e ambientali;
- D.M. 14 giugno 1994, n. 774, per il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;
- D.M. 16 giugno 1994, n. 527, per l'Amministrazione dell'ambiente;
- D.M. 19 ottobre 1994, n. 678, per l'Amministrazione delle finanze ivi compresi il Corpo della guardia di finanza e l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
- D.M. 12 gennaio 1995, n. 227, per l'Amministrazione del lavoro e della previdenza sociale;
- D.M. 3 marzo 1995, n. 171, per l'Amministrazione degli affari esteri;
- D.M. 6 aprile 1995, n. 190, per l'Amministrazione della pubblica istruzione;
- D.M. 9 maggio 1995, n. 331, per l'Amministrazione dell'Istituto superiore di sanità;
- Del.C.C. 6 luglio 1995, per la Corte dei conti;
- D.P.C.M. 9 agosto 1995, n. 531, per il dipartimento della protezione civile;
- D.M. 7 settembre 1995, n. 528, per i progetti presentati per il finanziamento al Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga;
- D.M. 20 novembre 1995, n. 540, per l'Amministrazione di grazia e giustizia;
- D.M. 8 agosto 1996, n. 690 (Gazz. Uff. 25 gennaio 1997, n. 20, S.O.), per gli enti, i distaccamenti, i reparti dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica, nonché per quelli a carattere interforze;
- D.M. 8 ottobre 1997, n. 524, per l'Amministrazione dei lavori pubblici;
- D.P.C.M. 30 giugno 1998, n. 310, per il Dipartimento della funzione pubblica;
- D.M. 18 novembre 1998, n. 514, per il Ministero della sanità;
- D.M. 27 dicembre 1999, per l'Ente nazionale italiano per il turismo;
- Del.Consob 2 agosto 2000 (Gazz. Uff. 20 settembre 2000, n. 220), modificata dalla Del.Consob 11 marzo 2004, n. 14468 (Gazz. Uff. 19 marzo 2004, n. 66) e dalla Del.Consob 5 agosto 2005, n. 15131 (Gazz. Uff. 18 agosto 2005, n. 191), per la Consob;
- D.P.C.M. 28 novembre 2000, n. 454, per il Servizio nazionale dighe;
- D.P.C.M. 5 marzo 2001, n. 197, per il Dipartimento per i servizi tecnici nazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
- Provv. 28 febbraio 2002, per gli uffici centrali e periferici dell'Agenzia del territorio;
- D.P.R. 23 dicembre 2005, n. 303, per il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
- Del. 13 febbraio 2003, n. 048/03, per l'Istituto nazionale per il commercio estero;
- Del. 12 maggio 2003, n. 115, per l'A.G.E.A. - Agenzia per le erogazioni in agricoltura;
- Provv. 7 aprile 2006 (Gazz. Uff. 7 aprile 2006, n. 82) e Provv. 17 agosto 2006 (Gazz. Uff. 11 settembre 2006, n. 211), per l'Ufficio Italiano dei Cambi;
- Provv.ISVAP 9 maggio 2006, n. 2, per l'ISVAP;
- Provv.Banca Italia 14 giugno 2006, n. 682855, Provv.Banca Italia 27 giugno 2006 e Provv.Banca Italia 3 agosto 2006 (Gazz. Uff. 12 agosto 2006, n. 187, S.O.), per la Banca d'Italia;
- Del. 12 giugno 2006 (Gazz. Uff. 24 aprile 2007, n. 95), per l'Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM).
Art. 5.
Responsabile del procedimento (15).
1. Il dirigente di ciascuna unità organizzativa provvede ad assegnare a sé o ad altro dipendente addetto all'unità la responsabilità della istruttoria e di ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento nonché, eventualmente, dell'adozione del provvedimento finale.
2. Fino a quando non sia effettuata l'assegnazione di cui al comma 1, è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto alla unità organizzativa determinata a norma del comma 1 dell'articolo 4.
3. L'unità organizzativa competente e il nominativo del responsabile del procedimento sono comunicati ai soggetti di cui all'articolo 7 e, a richiesta, a chiunque vi abbia interesse.
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(15) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 6.
Compiti del responsabile del procedimento (16).
1. Il responsabile del procedimento:
a) valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l'emanazione di provvedimento;
b) accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all'uopo necessari, e adotta ogni misura per l'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali;
c) propone l'indizione o, avendone la competenza, indice le conferenze di servizi di cui all'articolo 14;
d) cura le comunicazioni, le pubblicazioni e le notificazioni previste dalle leggi e dai regolamenti;
e) adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmette gli atti all'organo competente per l'adozione. L'organo competente per l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale (17).
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(16) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(17) Lettera così modificata dall'art. 4, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Capo III - Partecipazione al procedimento amministrativo
Art. 7.
Comunicazione di avvio del procedimento (18).
1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall'articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento (19).
2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell'amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari.
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(18) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(19) Ai sensi dell'art. 15, comma 5, L. 1° agosto 2002, n. 166, per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria sulla rete stradale di importo non superiore a 200.000 euro, quanto disposto dal presente articolo si intende adempiuto mediante pubblicazione per estratto dell'avvio del procedimento su un quotidiano a diffusione locale.
Art. 8.
Modalità e contenuti della comunicazione di avvio del procedimento (20).
1. L'amministrazione provvede a dare notizia dell'avvio del procedimento mediante comunicazione personale.
2. Nella comunicazione debbono essere indicati:
a) l'amministrazione competente;
b) l'oggetto del procedimento promosso;
c) l'ufficio e la persona responsabile del procedimento;
c-bis) la data entro la quale, secondo i termini previsti dall'articolo 2, commi 2 o 3, deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione (21);
c-ter) nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza (22);
d) l'ufficio in cui si può prendere visione degli atti.
3. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima.
4. L'omissione di taluna delle comunicazioni prescritte può essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista.
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(20) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(21) Lettera aggiunta dall'art. 5, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(22) Lettera aggiunta dall'art. 5, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 9.
Intervento nel procedimento (23).
1. Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento.
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(23) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 10.
Diritti dei partecipanti al procedimento (24).
1. I soggetti di cui all'articolo 7 e quelli intervenuti ai sensi dell'articolo 9 hanno diritto:
a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto dall'articolo 24;
b) di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento.
--------------------------------------------------------------------------------
(24) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 10-bis.
Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza.
1. Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali (25).
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(25) Articolo aggiunto dall'art. 6, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 11.
Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento (26).
1. In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell'articolo 10, l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo (27).
1-bis. Al fine di favorire la conclusione degli accordi di cui al comma 1, il responsabile del procedimento può predisporre un calendario di incontri cui invita, separatamente o contestualmente, il destinatario del provvedimento ed eventuali controinteressati (28).
2. Gli accordi di cui al presente articolo debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti. Ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili.
3. Gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi.
4. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l'amministrazione recede unilateralmente dall'accordo, salvo l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato.
4-bis. A garanzia dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi previste al comma l, la stipulazione dell'accordo è preceduta da una determinazione dell'organo che sarebbe competente per l'adozione del provvedimento (29).
5. Le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi di cui al presente articolo sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
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(26) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(27) Comma così modificato dall'art. 7, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(28) Comma aggiunto dall'art. 39-quinquies, D.L. 12 maggio 1995, n. 163.
(29) Comma aggiunto dall'art. 7, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 12.
Provvedimenti attributivi di vantaggi economici (30).
1. La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi.
2. L'effettiva osservanza dei criteri e delle modalità di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi agli interventi di cui al medesimo comma 1.
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(30) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 13.
Àmbito di applicazione delle norme sulla partecipazione (31).
1. Le disposizioni contenute nel presente capo non si applicano nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione.
2. Dette disposizioni non si applicano altresì ai procedimenti tributari per i quali restano parimenti ferme le particolari norme che li regolano, nonché ai procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni (32).
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(31) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(32) Comma così modificato dall'art. 22, L. 13 febbraio 2001, n. 45.
(omissis)
Capo IV-bis - Efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo. Revoca e recesso (77)
Art. 21-bis.
Efficacia del provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati.
1. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal codice di procedura civile. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati non avente carattere sanzionatorio può contenere una motivata clausola di immediata efficacia. I provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati aventi carattere cautelare ed urgente sono immediatamente efficaci (78).
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(77) Il Capo IV-bis, comprendente gli artt. da 21-bis a 21-nonies, è stato aggiunto dall'art. 14, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(78) Il Capo IV-bis, comprendente gli artt. da 21-bis a 21-nonies, è stato aggiunto dall'art. 14, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 21-ter.
Esecutorietà.
1. Nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge, le pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente l'adempimento degli obblighi nei loro confronti. Il provvedimento costitutivo di obblighi indica il termine e le modalità dell'esecuzione da parte del soggetto obbligato. Qualora l'interessato non ottemperi, le pubbliche amministrazioni, previa diffida, possono provvedere all'esecuzione coattiva nelle ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge.
2. Ai fini dell'esecuzione delle obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro si applicano le disposizioni per l'esecuzione coattiva dei crediti dello Stato (79).
--------------------------------------------------------------------------------
(79) Il Capo IV-bis, comprendente gli artt. da 21-bis a 21-nonies, è stato aggiunto dall'art. 14, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 21-quater.
Efficacia ed esecutività del provvedimento.
1. I provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo.
2. L'efficacia ovvero l'esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa, per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell'atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze (80).
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(80) Il Capo IV-bis, comprendente gli artt. da 21-bis a 21-nonies, è stato aggiunto dall'art. 14, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 21-quinquies.
Revoca del provvedimento.
1. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo. Le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell'indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (81).
1-bis. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico (82).
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(81) Il Capo IV-bis, comprendente gli artt. da 21-bis a 21-nonies, è stato aggiunto dall'art. 14, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(82) Il presente comma, che era stato aggiunto dal comma 4 dell'art. 12, D.L. 31 gennaio 2007, n. 7 poi soppresso dalla relativa legge di conversione, è stato così reintrodotto dal comma 8-duodevicies dell'art. 13 dello stesso decreto-legge, aggiunto dalla relativa legge di conversione.
Art. 21-sexies.
Recesso dai contratti.
1. Il recesso unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione è ammesso nei casi previsti dalla legge o dal contratto (83).
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(83) Il Capo IV-bis, comprendente gli artt. da 21-bis a 21-nonies, è stato aggiunto dall'art. 14, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 21-septies.
Nullità del provvedimento.
1. È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge.
2. Le questioni inerenti alla nullità dei provvedimenti amministrativi in violazione o elusione del giudicato sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (84).
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(84) Il Capo IV-bis, comprendente gli artt. da 21-bis a 21-nonies, è stato aggiunto dall'art. 14, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 21-octies.
Annullabilità del provvedimento.
1. È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.
2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (85).
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(85) Il Capo IV-bis, comprendente gli artt. da 21-bis a 21-nonies, è stato aggiunto dall'art. 14, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 21-nonies.
Annullamento d'ufficio.
1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge.
2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole (86).
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(86) Il Capo IV-bis, comprendente gli artt. da 21-bis a 21-nonies, è stato aggiunto dall'art. 14, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Capo V - Accesso ai documenti amministrativi
Art. 22.
Definizioni e princìpi in materia di accesso.
1. Ai fini del presente capo si intende:
a) per «diritto di accesso», il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi;
b) per «interessati», tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso;
c) per «controinteressati», tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza;
d) per «documento amministrativo», ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale;
e) per «pubblica amministrazione», tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.
2. L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. Resta ferma la potestà delle regioni e degli enti locali, nell'àmbito delle rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela.
3. Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all'articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6.
4. Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo, salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono.
5. L'acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, ove non rientrante nella previsione dell'articolo 43, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, si informa al principio di leale cooperazione istituzionale.
6. Il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l'obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere (87).
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(87) Articolo così sostituito dall'art. 15, L. 11 febbraio 2005, n. 15, con la decorrenza indicata dal comma 3 dell'art. 23 della stessa legge. Vedi, anche, il D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184.
Art. 23.
Àmbito di applicazione del diritto di accesso (88).
1. Il diritto di accesso di cui all'articolo 22 si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi. Il diritto di accesso nei confronti delle Autorità di garanzia e di vigilanza si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, secondo quanto previsto dall'articolo 24 (89).
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(88) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(89) Articolo così sostituito dall'art. 4, L. 3 agosto 1999, n. 265.
Art. 24.
Esclusione dal diritto di accesso.
1. Il diritto di accesso è escluso:
a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo;
b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano;
c) nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione;
d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi.
2. Le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all'accesso ai sensi del comma 1 (90).
3. Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni.
4. L'accesso ai documenti amministrativi non può essere negato ove sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento.
5. I documenti contenenti informazioni connesse agli interessi di cui al comma 1 sono considerati segreti solo nell'àmbito e nei limiti di tale connessione. A tale fine le pubbliche amministrazioni fissano, per ogni categoria di documenti, anche l'eventuale periodo di tempo per il quale essi sono sottratti all'accesso.
6. Con regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo può prevedere casi di sottrazione all'accesso di documenti amministrativi:
a) quando, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all'esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione;
b) quando l'accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria;
c) quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all'attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini;
d) quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono;
e) quando i documenti riguardino l'attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all'espletamento del relativo mandato.
7. Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale (91).
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(90) Le categorie di documenti sottratti al diritto di accesso, ai sensi del presente comma, sono state stabilite con:
- D.M. 10 maggio 1994, n. 415, per il Ministero dell'interno e gli organi periferici dipendenti;
- D.M. 7 settembre 1994, n. 604, per il Ministero degli affari esteri e gli uffici all'estero;
- D.M. 26 ottobre 1994, n. 682, per il Ministero dei beni culturali ed ambientali;
- D.M. 4 novembre 1994, n. 757, per il Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
- D.P.C.M. 20 dicembre 1994, n. 763, per il Consiglio di Stato, il consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana, i tribunali amministrativi regionali e il tribunale regionale di giustizia amministrativa per il Trentino Alto Adige;
- D.M. 14 giugno 1995, n. 519, per il Ministero della difesa;
- D.M. 13 ottobre 1995, n. 561, per il Ministero del tesoro e gli organi periferici in qualsiasi forma da esso dipendenti;
- D.M. 10 gennaio 1996, n. 60, per il Ministero della pubblica istruzione e gli organi periferici dipendenti comprese le istituzioni scolastiche e gli enti vigilati;
- D.M. 25 gennaio 1996, n. 115, per il Ministero di grazia e giustizia e gli organi periferici;
- D.P.C.M. 26 gennaio 1996, n. 200, per l'Avvocatura dello Stato;
- D.M. 10 aprile 1996, n. 296, per il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni;
- D.M. 16 maggio 1996, n. 422, per il Ministero del commercio con l'estero;
- D.M. 29 ottobre 1996, n. 603, per il Ministero delle finanze e gli organi periferici dipendenti compresi l'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ed il Corpo della Guardia di Finanza;
- D.P.C.M. 30 luglio 1997, per l'Istituto nazionale di statistica;
- D.M. 31 luglio 1997, n. 353, per il Ministero della sanità;
- D.M. 5 settembre 1997, n. 392, per il Ministero delle politiche agricole e forestali;
- Provv. 17 novembre 1997 (Gazz. Uff. 7 febbraio 1998, n. 31), per l'Ufficio Italiano dei Cambi;
- Del.Covip 3 febbraio 1999 (Gazz. Uff. 20 febbraio 1999, n. 42), per la Commissione di vigilanza sui fondi di pensione.
- D.P.C.M. 10 marzo 1999, n. 294, per la segreteria generale del Comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza (CESIS), il servizio per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI) e il servizio per le informazioni e la sicurezza democratica (SISDE);
- Del. 26 marzo 1999 (Gazz. Uff. 28 aprile 1999, n. 98), per l'Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti di aziende industriali;
- D.M. 24 agosto 1999, per la società per azioni Poste italiane;
- D.P.C.M. 29 settembre 1999, n. 425, per il Dipartimento per i servizi tecnici nazionali;
- D.M. 27 dicembre 1999, per l'Ente nazionale italiano per il turismo;
- Delib. 31 agosto 2000 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2000, n. 239), modificata dall'art. 1, Del. 10 novembre 2005 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2005, n. 302), per l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici;
- D.M. 5 ottobre 2000, n. 349, per l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro;
- Del.Aut.gar.com. 24 maggio 2001, n. 217/01/CONS (Gazz. Uff. 20 giugno 2001, n. 141), modificata dalla Del.Aut.gar.com. 24 settembre 2003, n. 335/03/CONS (Gazz. Uff. 15 ottobre 2003, n. 240), dalla Del.Aut.gar.com. 22 febbraio 2006, n. 89/06/CONS (Gazz. Uff. 17 marzo 2006, n. 64) e dalla Del.Aut.gar.com. 28 giugno 2006, n. 422/06/CONS (Gazz. Uff. 31 luglio 2006, n. 176), per l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
- D.M. 14 marzo 2001, n. 292, per il Ministero dei lavori pubblici;
- Delib. 5 dicembre 2002, per l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni;
- Delib. 30 gennaio 2003, n. 2/2003, per l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione (AIPA);
- Del. 28 luglio 2003, n. 127, per l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura;
- Provv. 3 marzo 2004, per l'ANAS S.p.A.;
- Comunicato 7 dicembre 2004 (Gazz. Uff. 7 dicembre 2004, n. 287), per la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali;
- Provv. 11 marzo 2005, per SACE S.p.A. - Servizi assicurativi del commercio estero;
- Reg. 29 ottobre 2005 (Gazz. Uff. 29 ottobre 2005, n. 253), per l'Autorità di bacino dei fiumi Liri - Garigliano e Volturno;
- Del.Garante protez. dati pers. 26 luglio 2006, per l'Ufficio del Garante per la protezione dei dati personali;
- Del. 12 giugno 2006 (Gazz. Uff. 24 aprile 2007, n. 95), per l'Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM).
(91) Articolo prima modificato dall'art. 22, L. 13 febbraio 2001, n. 45 e, a decorrere dal 1° gennaio 2004 dal comma 1 dell'art. 176, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e poi così sostituito dall'art. 16, L. 11 febbraio 2005, n. 15, con la decorrenza indicata dal comma 3 dell'art. 23 della stessa legge.
Art. 25.
Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi (92).
1. Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente legge. L'esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura.
2. La richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata. Essa deve essere rivolta all'amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente.
3. Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso sono ammessi nei casi e nei limiti stabiliti dall'articolo 24 e debbono essere motivati.
4. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di diniego dell'accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai sensi dell'articolo 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5, ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per àmbito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la suddetta determinazione. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l'àmbito territoriale immediatamente superiore. Nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato tale richiesta è inoltrata presso la Commissione per l'accesso di cui all'articolo 27. Il difensore civico o la Commissione per l'accesso si pronunciano entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza. Scaduto infruttuosamente tale termine, il ricorso si intende respinto. Se il difensore civico o la Commissione per l'accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano all'autorità disponente. Se questa non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico o della Commissione, l'accesso è consentito. Qualora il richiedente l'accesso si sia rivolto al difensore civico o alla Commissione, il termine di cui al comma 5 decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell'esito della sua istanza al difensore civico o alla Commissione stessa. Se l'accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti terzi, la Commissione provvede, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il parere si intende reso. Qualora un procedimento di cui alla sezione III del capo I del titolo I della parte III del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, o di cui agli articoli 154, 157, 158, 159 e 160 del medesimo decreto legislativo n. 196 del 2003, relativo al trattamento pubblico di dati personali da parte di una pubblica amministrazione, interessi l'accesso ai documenti amministrativi, il Garante per la protezione dei dati personali chiede il parere, obbligatorio e non vincolante, della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi. La richiesta di parere sospende il termine per la pronuncia del Garante sino all'acquisizione del parere, e comunque per non oltre quindici giorni. Decorso inutilmente detto termine, il Garante adotta la propria decisione (93).
5. Contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso e nei casi previsti dal comma 4 è dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. In pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, il ricorso può essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all'amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini. Le controversie relative all'accesso ai documenti amministrativi sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (94).
5-bis. Nei giudizi in materia di accesso, le parti possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore. L'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente, purché in possesso della qualifica di dirigente, autorizzato dal rappresentante legale dell'ente (95).
6. Il giudice amministrativo, sussistendone i presupposti, ordina l'esibizione dei documenti richiesti (96).
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(92) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(93) Comma così sostituito prima dall'art. 15, L. 24 novembre 2000, n. 340 e poi dall'art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15, con la decorrenza indicata nel comma 3 dell'art. 23 della stessa legge.
(94) Comma così modificato prima dall'art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15 e poi dall'art. 3, comma 6-decies, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(95) Comma aggiunto dall'art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(96) Comma così sostituito dall'art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 26.
Obbligo di pubblicazione (97).
1. Fermo restando quanto previsto per le pubblicazioni nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dalla legge 11 dicembre 1984, n. 839, e dalle relative norme di attuazione, sono pubblicati, secondo le modalità previste dai singoli ordinamenti, le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari e ogni atto che dispone in generale sulla organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti di una pubblica amministrazione ovvero nel quale si determina l'interpretazione di norme giuridiche o si dettano disposizioni per l'applicazione di esse.
2. Sono altresì pubblicate, nelle forme predette, le relazioni annuali della Commissione di cui all'articolo 27 e, in generale, è data la massima pubblicità a tutte le disposizioni attuative della presente legge e a tutte le iniziative dirette a precisare ed a rendere effettivo il diritto di accesso.
3. Con la pubblicazione di cui al comma 1, ove essa sia integrale, la libertà di accesso ai documenti indicati nel predetto comma 1 s'intende realizzata.
--------------------------------------------------------------------------------
(97) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 27.
Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi.
1. È istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi.
2. La Commissione è nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio dei Ministri. Essa è presieduta dal sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è composta da dodici membri, dei quali due senatori e due deputati, designati dai Presidenti delle rispettive Camere, quattro scelti fra il personale di cui alla legge 2 aprile 1979, n. 97, su designazione dei rispettivi organi di autogoverno, due fra i professori di ruolo in materie giuridiche e uno fra i dirigenti dello Stato e degli altri enti pubblici. È membro di diritto della Commissione il capo della struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri che costituisce il supporto organizzativo per il funzionamento della Commissione. La Commissione può avvalersi di un numero di esperti non superiore a cinque unità, nominati ai sensi dell'articolo 29 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
3. La Commissione è rinnovata ogni tre anni. Per i membri parlamentari si procede a nuova nomina in caso di scadenza o scioglimento anticipato delle Camere nel corso del triennio.
4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, a decorrere dall'anno 2004, sono determinati i compensi dei componenti e degli esperti di cui al comma 2, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
5. La Commissione adotta le determinazioni previste dall'articolo 25, comma 4; vigila affinché sia attuato il principio di piena conoscibilità dell'attività della pubblica amministrazione con il rispetto dei limiti fissati dalla presente legge; redige una relazione annuale sulla trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione, che comunica alle Camere e al Presidente del Consiglio dei Ministri; propone al Governo modifiche dei testi legislativi e regolamentari che siano utili a realizzare la più ampia garanzia del diritto di accesso di cui all'articolo 22.
6. Tutte le amministrazioni sono tenute a comunicare alla Commissione, nel termine assegnato dalla medesima, le informazioni ed i documenti da essa richiesti, ad eccezione di quelli coperti da segreto di Stato.
7. In caso di prolungato inadempimento all'obbligo di cui al comma 1 dell'articolo 18, le misure ivi previste sono adottate dalla Commissione di cui al presente articolo (98).
--------------------------------------------------------------------------------
(98) Articolo così sostituito dall'art. 18, L. 11 febbraio 2005, n. 15. Vedi, anche, il comma 1346 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296.
Art. 28.
Modifica dell'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, in materia di segreto di ufficio (99).
1. ... (100).
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(99) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
(100) Sostituisce l'art. 15, D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3.
(omissis)
D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed
unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni,
delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
(art. 8)
--------------------------------------------------------------------------------
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1997, n. 202.
(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:
- Ministero delle finanze: Circ. 4 giugno 1998, n. 141/E;
- Ministero per la pubblica istruzione: Circ. 19 febbraio 1998, n. 60.
(omissis)
Capo III - Conferenza unificata
Art. 8.
Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza unificata.
1. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni (13).
2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali nella materia di rispettiva competenza; ne fanno parte altresì il Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanità, il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI. Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le città individuate dall'articolo 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonché rappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici (14).
3. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessità o qualora ne faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM (15).
4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 è convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell'interno (16).
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(13) La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;
ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.
(14) Comma così modificato dal comma 21 dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181.
(15) Vedi, anche, l'art. 28, L. 8 marzo 2000, n. 53.
(16) La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;
ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.
(omissis)
D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero
(1) (2) (3)
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 agosto 1998, n. 191, S.O.
(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 17 dicembre 1998, n. 258; Circ. 26 marzo 1999, n. 67; Circ. 3 giugno 1999, n. 123; Circ. 20 febbraio 2001, n. 44; Circ. 27 marzo 2001, n. 75; Circ. 22 marzo 2002, n. 56; Circ. 9 giugno 2003, n. 99; Circ. 8 luglio 2003, n. 122; Msg. 19 febbraio 2004, n. 4674;
- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 24 marzo 1999, n. 23/99; Circ. 30 marzo 1999, n. 27/99; Circ. 12 aprile 1999, n. 31/99; Circ. 30 luglio 1999, n. 63/99; Circ. 13 settembre 1999, n. 69/99; Circ. 2 dicembre 1999, n. 81/99; Circ. 17 febbraio 2000, n. 11/2000; Circ. 5 giugno 2000, n. 34/2000; Circ. 12 luglio 2000, n. 47/2000; Circ. 21 luglio 2000, n. 54/2000; Circ. 27 luglio 2000, n. 3562; Circ. 28 luglio 2000, n. 55/2000; Circ. 29 settembre 2000, n. 67/2000; Lett.Circ. 2 ottobre 2000, n. 4851; Circ. 23 novembre 2000, n. 82/2000; Circ. 22 gennaio 2001, n. 13/2001; Nota 30 gennaio 2001, n. VII/A3-1/210; Circ. 5 febbraio 2001, n. 20/2001; Circ. 23 febbraio 2001, n. 25/2001; Lett.Circ. 23 febbraio 2001, n. VII/3/I/381; Circ. 28 febbraio 2001, n. 26/2001; Circ. 8 marzo 2001, n. 30/2001;
- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Lett.Circ. 2 luglio 2001, n. VII/3.1/1234; Circ. 12 luglio 2001, n. 69/2001; Circ. 6 agosto 2001, n. 78/2001; Circ. 30 ottobre 2001, n. 84/2001; Circ. 14 gennaio 2002, n. 2/2002; Circ. 21 gennaio 2002, n. 4/2002; Circ. 13 marzo 2002, n. 15/2002; Circ. 8 ottobre 2002, n. 51/2002;
- Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato: Circ. 4 aprile 2000, n. 3484/C;
- Ministero dell'interno: Circ. 27 maggio 1999, n. 300/C/227729/12/207; Circ. 27 maggio 1999, n. 3123/50; Circ. 22 marzo 2000, n. 300/C/2000; Nota 31 ottobre 2002; Circ. 7 novembre 2000, n. 300/C/2000/5464/A/12.229.52/1DIV; Circ. 12 settembre 2000, n. 300/C/2000/4761/A/12.214.19/1DIV; Circ. 24 agosto 2000, n. 300/C/2000/4742/A/12.229.52/1DIV; Circ. 2 agosto 2000, n. 300C/2000/4038/A/12.229.52/1DIV; Circ. 12 aprile 2001, n. 1650/50; Circ. 4 dicembre 2002, n. 48145/30-I.A.; Circ. 19 giugno 2003, n. 14/2003; Circ. 28 aprile 2004, n. 400/C/2004/500/P/10.2.45.1;
- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Nota 13 novembre 2002, n. 9551; Nota 3 aprile 2003, n. 1576; Nota 16 dicembre 2003, n. 3969;
- Ministero della sanità: Circ. 31 marzo 1999, n. 400.3/114.9/1290; Circ. 24 marzo 2000, n. 5; Circ. 14 aprile 2000, n. DPS/III/L.40/00-1259;
- Ministero della università e della ricerca scientifica e tecnologica: Circ. 3 agosto 1999, n. 1315/22-SP;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 13 febbraio 2003.
(3) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-6 aprile 2005, n. 140 (Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 sollevata in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l'articolo 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 47, comma 1, della legge 6 marzo 1998, n. 40, recante delega al Governo per l'emanazione di un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni concernenti gli stranieri, nel quale devono essere riunite e coordinate tra loro e con le norme della citata legge 6 marzo 1998, n. 40, con le modifiche a tal fine necessarie, le disposizioni vigenti in materia di stranieri contenute nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, non compatibili con le disposizioni della predetta legge n. 40 del 1998, le disposizioni della legge 30 dicembre 1986, n. 943, e quelle dell'articolo 3, comma 13, della legge 8 agosto 1995, n. 335, compatibili con le disposizioni della medesima legge n. 40;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 giugno 1998;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 15 giugno 1998;
Acquisito il parere delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;
Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 22 luglio 1998 e del 24 luglio 1998;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per la solidarietà sociale, del Ministro degli affari esteri, del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con il Ministro della sanità, con il Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali;
Emana il seguente decreto:
TITOLO I
Princìpi generali
Art. 1
Àmbito di applicazione.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 1)
1. Il presente testo unico, in attuazione dell'articolo 10, secondo comma, della Costituzione, si applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri.
2. Il presente testo unico non si applica ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, se non in quanto si tratti di norme più favorevoli, e salvo il disposto dell'articolo 45 della legge 6 marzo 1998, n. 40.
3. Quando altre disposizioni di legge fanno riferimento a istituti concernenti persone di cittadinanza diversa da quella italiana ovvero ad apolidi, il riferimento deve intendersi agli istituti previsti dal presente testo unico. Sono fatte salve le disposizioni interne, comunitarie e internazionali più favorevoli comunque vigenti nel territorio dello Stato.
4. Nelle materie di competenza legislativa delle regioni, le disposizioni del presente testo unico costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Per le materie di competenza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, esse hanno il valore di norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
5. Le disposizioni del presente testo unico non si applicano qualora sia diversamente previsto dalle norme vigenti per lo stato di guerra.
6. Il regolamento di attuazione del presente testo unico, di seguito denominato regolamento di attuazione, è emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40 (4).
7. Prima dell'emanazione, lo schema di regolamento di cui al comma 6 è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia, che si esprimono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il regolamento è emanato anche in mancanza del parere.
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(4) Il regolamento di attuazione di cui al presente comma è stato emanato con D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394.
Art. 2
Diritti e doveri dello straniero.
(legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 2; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 1)
1. Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai princìpi di diritto internazionale generalmente riconosciuti.
2. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l'Italia e il presente testo unico dispongano diversamente. Nei casi in cui il presente testo unico o le convenzioni internazionali prevedano la condizione di reciprocità, essa è accertata secondo i criteri e le modalità previste dal regolamento di attuazione.
3. La Repubblica italiana, in attuazione della convenzione dell'OIL n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con legge 10 aprile 1981, n. 158, garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani.
4. Lo straniero regolarmente soggiornante partecipa alla vita pubblica locale.
5. Allo straniero è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell'accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge.
6. Ai fini della comunicazione allo straniero dei provvedimenti concernenti l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione, gli atti sono tradotti, anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero, quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese o spagnola, con preferenza per quella indicata dall'interessato.
7. La protezione diplomatica si esercita nei limiti e nelle forme previsti dalle norme di diritto internazionale. Salvo che vi ostino motivate e gravi ragioni attinenti alla amministrazione della giustizia e alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale, ogni straniero presente in Italia ha diritto di prendere contatto con le autorità del Paese di cui è cittadino e di essere in ciò agevolato da ogni pubblico ufficiale interessato al procedimento. L'autorità giudiziaria, l'autorità di pubblica sicurezza e ogni altro pubblico ufficiale hanno l'obbligo di informare, nei modi e nei termini previsti dal regolamento di attuazione, la rappresentanza diplomatica o consolare più vicina del Paese a cui appartiene lo straniero in ogni caso in cui esse abbiano proceduto ad adottare nei confronti di costui provvedimenti in materia di libertà personale, di allontanamento dal territorio dello Stato, di tutela dei minori, di status personale ovvero in caso di decesso dello straniero o di ricovero ospedaliero urgente e hanno altresì l'obbligo di far pervenire a tale rappresentanza documenti e oggetti appartenenti allo straniero che non debbano essere trattenuti per motivi previsti dalla legge. Non si fa luogo alla predetta informazione quando si tratta di stranieri che abbiano presentato una domanda di asilo, di stranieri ai quali sia stato riconosciuto lo status di rifugiato, ovvero di stranieri nei cui confronti sono state adottate misure di protezione temporanea per motivi umanitari.
8. Gli accordi internazionali stipulati per le finalità di cui all'articolo 11, comma 4, possono stabilire situazioni giuridiche più favorevoli per i cittadini degli Stati interessati a speciali programmi di cooperazione per prevenire o limitare le immigrazioni clandestine.
9. Lo straniero presente nel territorio italiano è comunque tenuto all'osservanza degli obblighi previsti dalla normativa vigente.
Art. 2-bis
Comitato per il coordinamento e il monitoraggio.
1. È istituito il Comitato per il coordinamento e il monitoraggio delle disposizioni del presente testo unico, di seguito denominato «Comitato».
2. Il Comitato è presieduto dal Presidente o dal Vice Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro delegato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ed è composto dai Ministri interessati ai temi trattati in ciascuna riunione in numero non inferiore a quattro e da un presidente di regione o di provincia autonoma designato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome.
3. Per l'istruttoria delle questioni di competenza del Comitato, è istituito un gruppo tecnico di lavoro presso il Ministero dell'interno, composto dai rappresentanti dei Dipartimenti per gli affari regionali, per le pari opportunità, per il coordinamento delle politiche comunitarie, per l'innovazione e le tecnologie, e dei Ministeri degli affari esteri, dell'interno, della giustizia, delle attività produttive, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, della difesa, dell'economia e delle finanze, della salute, delle politiche agricole e forestali, per i beni e le attività culturali, delle comunicazioni, oltre che da un rappresentante del Ministro per gli italiani nel mondo e da tre esperti designati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Alle riunioni, in relazione alle materie oggetto di esame, possono essere invitati anche rappresentanti di ogni altra pubblica amministrazione interessata all'attuazione delle disposizioni del presente testo unico, nonché degli enti e delle associazioni nazionali e delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro di cui all'articolo 3, comma 1.
4. Con regolamento, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per le politiche comunitarie, sono definite le modalità di coordinamento delle attività del gruppo tecnico con le strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri (5) (6).
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(5) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.R. 6 febbraio 2004, n. 100.
(6) Articolo aggiunto dall'art. 2, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
Art. 3
Politiche migratorie.
Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 3)
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la Conferenza Stato-città e autonomie locali, gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi nell'assistenza e nell'integrazione degli immigrati e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, predispone ogni tre anni salva la necessità di un termine più breve il documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, che è approvato dal Governo e trasmesso al Parlamento. Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il loro parere entro trenta giorni dal ricevimento del documento programmatico. Il documento programmatico è emanato, tenendo conto dei pareri ricevuti, con decreto del Presidente della Repubblica ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il Ministro dell'Interno presenta annualmente al Parlamento una relazione sui risultati raggiunti attraverso i provvedimenti attuativi del documento programmatico (7).
2. Il documento programmatico indica le azioni e gli interventi che lo Stato italiano, anche in cooperazione con gli Stati membri dell'Unione europea, con le organizzazioni internazionali, con le istituzioni comunitarie e con organizzazioni non governative, si propone di svolgere in materia di immigrazione, anche mediante la conclusione di accordi con i Paesi di origine. Esso indica altresì le misure di carattere economico e sociale nei confronti degli stranieri soggiornanti nel territorio dello Stato, nelle materie che non debbono essere disciplinate con legge.
3. Il documento individua inoltre i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato, delinea gli interventi pubblici volti a favorire le relazioni familiari, l'inserimento sociale e l'integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia, nel rispetto delle diversità e delle identità culturali delle persone, purché non confliggenti con l'ordinamento giuridico, e prevede ogni possibile strumento per un positivo reinserimento nei Paesi di origine.
4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Comitato di cui all'articolo 2-bis, comma 2, la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le competenti Commissioni parlamentari, sono annualmente definite, entro il termine del 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento del decreto, sulla base dei criteri generali individuati nel documento programmatico, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, tenuto conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte ai sensi dell'articolo 20. Qualora se ne ravvisi l'opportunità, ulteriori decreti possono essere emanati durante l'anno. I visti di ingresso ed i permessi di soggiorno per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, sono rilasciati entro il limite delle quote predette. In caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei Ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, nel limite delle quote stabilite per l'anno precedente (8).
5. Nell'ambito delle rispettive attribuzioni e dotazioni di bilancio, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali adottano i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell'obbiettivo di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato, con particolare riguardo a quelle inerenti all'alloggio, alla lingua, all'integrazione sociale, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana.
6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare di concerto con il Ministro dell'interno, si provvede all'istituzione di Consigli territoriali per l'immigrazione, in cui siano rappresentati le competenti amministrazioni locali dello Stato, la Regione, gli enti locali, gli enti e le associazioni localmente attivi nel soccorso e nell'assistenza agli immigrati, le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, con compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a livello locale.
6-bis. Fermi restando i trattamenti dei dati previsti per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, il Ministero dell'interno espleta, nell'ambito del Sistema statistico nazionale e senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, le attività di raccolta di dati a fini statistici sul fenomeno dell'immigrazione extracomunitaria per tutte le pubbliche amministrazioni interessate alle politiche migratorie (9).
7. Nella prima applicazione delle disposizioni del presente articolo, il documento programmatico di cui al comma 1 è predisposto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40. Lo stesso documento indica la data entro cui sono adottati i decreti di cui al comma 4.
8. Lo schema del documento programmatico di cui al comma 7 è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia che si esprimono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il decreto è emanato anche in mancanza del parere.
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(7) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 3, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(8) Comma così sostituito dal comma 2 dell'art. 3, L. 30 luglio 2002, n. 189. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi, per l'anno 2003, il D.P.C.M. 20 dicembre 2002 e il D.P.C.M. 6 giugno 2003; per l'anno 2004, il D.P.C.M. 19 dicembre 2003 per i lavoratori stagionali e il D.P.C.M. 19 dicembre 2003 per i lavoratori non stagionali; per l'anno 2005, il D.P.C.M. 17 dicembre 2004 per i lavoratori stagionali e non stagionali; per l'anno 2006, il D.P.C.M. 15 febbraio 2006, per i lavoratori stagionali e non stagionali, e il D.P.C.M. 14 luglio 2006, per i lavoratori stagionali. Vedi, inoltre, per i lavoratori cittadini dei nuovi Stati membri dell'Unione europea, il D.P.C.M. 20 aprile 2004 e il D.P.C.M. 8 ottobre 2004, per l'anno 2004, il D.P.C.M. 17 dicembre 2004, per l'anno 2005, il D.P.C.M. 14 febbraio 2006, per l'anno 2006 e il D.P.C.M. 9 gennaio 2007, per l'anno 2007. Vedi, anche, l'art. 1-ter, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(9) Comma aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).
TITOLO II
Disposizioni sull'ingresso, il soggiorno e l'allontanamento dal territorio dello Stato
Capo I - Disposizioni sull'ingresso e il soggiorno
Art. 4
Ingresso nel territorio dello Stato.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 4)
1. L'ingresso nel territorio dello Stato è consentito allo straniero in possesso di passaporto valido o documento equipollente e del visto d'ingresso, salvi i casi di esenzione, e può avvenire, salvi i casi di esenzione, e può avvenire, salvi i casi di forza maggiore, soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti.
2. Il visto di ingresso è rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello Stato di origine o di stabile residenza dello straniero. Per soggiorni non superiori a tre mesi sono equiparati ai visti rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane quelli emessi, sulla base di specifici accordi, dalle autorità diplomatiche o consolari di altri Stati. Contestualmente al rilascio del visto di ingresso l'autorità diplomatica o consolare italiana consegna allo straniero una comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo, che illustri i diritti e i doveri dello straniero relativi all'ingresso ed al soggiorno in Italia. Qualora non sussistano i requisiti previsti dalla normativa in vigore per procedere al rilascio del visto, l'autorità diplomatica o consolare comunica il diniego allo straniero in lingua a lui comprensibile, o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo. In deroga a quanto stabilito dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, per motivi di sicurezza o di ordine pubblico il diniego non deve essere motivato, salvo quando riguarda le domande di visto presentate ai sensi degli articoli 22, 24, 26, 27, 28, 29, 36 e 39. La presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l'inammissibilità della domanda. Per lo straniero in possesso di permesso di soggiorno è sufficiente, ai fini del reingresso nel territorio dello Stato, una preventiva comunicazione all'autorità di frontiera (10).
3. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 4, l'Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l'adesione a specifici accordi internazionali, consentirà l'ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza. I mezzi di sussistenza sono definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro dell'interno, sulla base dei criteri indicati nel documento di programmazione di cui all'articolo 3, comma 1. Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite. Lo straniero per il quale è richiesto il ricongiungimento familiare, ai sensi dell'articolo 29, non è ammesso in Italia quando rappresenti una minaccia concreta e attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone (11) (12) (13) (14) (15).
4. L'ingresso in Italia può essere consentito con visti per soggiorni di breve durata, validi fino a 90 giorni e per soggiorni di lunga durata che comportano per il titolare la concessione di un permesso di soggiorno in Italia con motivazione identica a quella menzionata nel visto. Per soggiorni inferiori a tre mesi, saranno considerati validi anche i motivi esplicitamente indicati in visti rilasciati da autorità diplomatiche o consolari di altri Stati in base a specifici accordi internazionali sottoscritti e ratificati dall'Italia ovvero a norme comunitarie (16).
5. Il Ministero degli affari esteri adotta, dandone tempestiva comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari, ogni opportuno provvedimento di revisione o modifica dell'elenco dei Paesi i cui cittadini siano soggetti ad obbligo di visto, anche in attuazione di obblighi derivanti da accordi internazionali in vigore.
6. Non possono fare ingresso nel territorio dello Stato e sono respinti dalla frontiera gli stranieri espulsi, salvo che abbiano ottenuto la speciale autorizzazione o che sia trascorso il periodo di divieto di ingresso, gli stranieri che debbono essere espulsi e quelli segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai fini del respingimento o della non ammissione per gravi motivi di ordine pubblico, di sicurezza nazionale e di tutela delle relazioni internazionali.
7. L'ingresso è comunque subordinato al rispetto degli adempimenti e delle formalità prescritti con il regolamento di attuazione.
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(10) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 4, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(11) Comma così modificato prima dal comma 1 dell'art. 4, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.
(12) In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi la Dir.Min. 1° marzo 2000.
(13) La Corte costituzionale, con ordinanza 11-14 gennaio 2005, n. 9 (Gazz. Uff. 19 gennaio 2005, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, come sostituito dall'art. 4, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 13, 16, e 29 e seguenti della Costituzione.
(14) La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 dicembre 2006, n. 414 (Gazz. Uff. 20 dicembre 2006, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, e dell'art. 5, comma 5, nel testo risultante a seguito delle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 16, 27 e 35 della Costituzione.
(15) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-19 dicembre 2006, n. 431 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, «applicato in correlazione» con i successivi artt. 5, comma 5, e 13, comma 2, lettera b), nel testo risultante dalle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 13 e 16 della Costituzione.
(16) Vedi, anche, la L. 28 maggio 2007, n. 68.
Art. 5
Permesso di soggiorno.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 5)
1. Possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente ai sensi dell'articolo 4, che siano muniti di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno rilasciati, e in corso di validità, a norma del presente testo unico o che siano in possesso di permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dalla competente autorità di uno Stato appartenente all'Unione europea, nei limiti ed alle condizioni previsti da specifici accordi (17).
2. Il permesso di soggiorno deve essere richiesto, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione, al questore della provincia in cui lo straniero si trova entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato ed è rilasciato per le attività previste dal visto d'ingresso o dalle disposizioni vigenti. Il regolamento di attuazione può provvedere speciali modalità di rilascio relativamente ai soggiorni brevi per motivi di turismo, di giustizia, di attesa di emigrazione in altro Stato e per l'esercizio delle funzioni di ministro di culto nonché ai soggiorni in case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze (18) (19).
2-bis. Lo straniero che richiede il permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici (20).
3. La durata del permesso di soggiorno non rilasciato per motivi di lavoro è quella prevista dal visto d'ingresso, nei limiti stabiliti dal presente testo unico o in attuazione degli accordi e delle convenzioni internazionali in vigore. La durata non può comunque essere (21):
a) superiore a tre mesi, per visite, affari e turismo (22);
b) [superiore a sei mesi, per lavoro stagionale, o nove mesi, per lavoro stagionale nei settori che richiedono tale estensione] (23);
c) superiore ad un anno, in relazione alla frequenza di un corso per studio o per formazione debitamente certificata; il permesso è tuttavia rinnovabile annualmente nel caso di corsi pluriennali;
d) [superiore a due anni, per lavoro autonomo, per lavoro subordinato a tempo indeterminato e per ricongiungimenti familiari] (24);
e) superiore alle necessità specificatamente documentate, negli altri casi consentiti dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione (25).
3-bis. Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è rilasciato a seguito della stipula del contratto di soggiorno per lavoro di cui all'articolo 5-bis. La durata del relativo permesso di soggiorno per lavoro è quella prevista dal contratto di soggiorno e comunque non può superare:
a) [in relazione ad uno o più contratti di lavoro stagionale, la durata complessiva di nove mesi] (26);
b) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, la durata di un anno;
c) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la durata di due anni (27).
3-ter. Allo straniero che dimostri di essere venuto in Italia almeno due anni di seguito per prestare lavoro stagionale può essere rilasciato, qualora si tratti di impieghi ripetitivi, un permesso pluriennale, a tale titolo, fino a tre annualità, per la durata temporale annuale di cui ha usufruito nell'ultimo dei due anni precedenti con un solo provvedimento. Il relativo visto di ingresso è rilasciato ogni anno. Il permesso è revocato immediatamente nel caso in cui lo straniero violi le disposizioni del presente testo unico (28).
3-quater. Possono inoltre soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri muniti di permesso di soggiorno per lavoro autonomo rilasciato sulla base della certificazione della competente rappresentanza diplomatica o consolare italiana della sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 26 del presente testo unico. Il permesso di soggiorno non può avere validità superiore ad un periodo di due anni (29).
3-quinquies. La rappresentanza diplomatica o consolare italiana che rilascia il visto di ingresso per motivi di lavoro, ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 4, ovvero il visto di ingresso per lavoro autonomo, ai sensi del comma 5 dell'articolo 26, ne dà comunicazione anche in via telematica al Ministero dell'interno e all'INPS nonché all'INAIL per l'inserimento nell'archivio previsto dal comma 9 dell'articolo 22 entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione. Uguale comunicazione è data al Ministero dell'interno per i visti di ingresso per ricongiungimento familiare di cui all'articolo 29 entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione (30).
3-sexies. Nei casi di ricongiungimento familiare, ai sensi dell'articolo 29, la durata del permesso di soggiorno non può essere superiore a due anni (31).
4. Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora, almeno novanta giorni prima della scadenza nei casi di cui al comma 3-bis, lettera c), sessanta giorni prima nei casi di cui alla lettera b) del medesimo comma 3-bis, e trenta giorni nei restanti casi, ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio e delle diverse condizioni previste dal presente testo unico. Fatti salvi i diversi termini previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione, il permesso di soggiorno è rinnovato per una durata non superiore a quella stabilita con rilascio iniziale (32).
4-bis. Lo straniero che richiede il rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici (33).
5. Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili. Nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonchè, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale (34) (35) (36).
5-bis. Nel valutare la pericolosità dello straniero per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone ai fini dell'adozione del provvedimento di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, si tiene conto anche di eventuali condanne per i reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero per i reati di cui all'articolo 12, commi 1 e 3 (37).
6. Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.
7. Gli stranieri muniti del permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dall'autorità di uno Stato appartenente all'Unione europea, valido per il soggiorno in Italia sono tenuti a dichiarare la loro presenza al questore con le modalità e nei termini di cui al comma 2. Agli stessi è rilasciata idonea ricevuta della dichiarazione di soggiorno. Ai contravventori si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 200 mila a lire 600 mila. Qualora la dichiarazione non venga resa entro 60 giorni dall'ingresso nel territorio dello Stato può essere disposta l'espulsione amministrativa.
8. Il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno di cui all'articolo 9 sono rilasciati mediante utilizzo di mezzi a tecnologia avanzata con caratteristiche anticontraffazione conformi ai modelli da approvare con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, in attuazione del regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, riguardante l'adozione di un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi. Il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno rilasciati in conformità ai predetti modelli recano inoltre i dati personali previsti, per la carta di identità e gli altri documenti elettronici, dall'articolo 36 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (38).
8-bis. Chiunque contraffà o altera un visto di ingresso o reingresso, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno, ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno, è punito con la reclusione da uno a sei anni. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso la reclusione è da tre a dieci anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale (39).
9. Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro venti giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente testo unico (40).
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(17) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(19) La Corte costituzionale, con sentenza 14-23 dicembre 2005, n. 463 (Gazz. Uff. 28 dicembre 2005, n. 52, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 2, e 5, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione.
(18) Il presente comma era stato sostituito dall’art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10. La sostituzione non è più prevista dalla nuova formulazione del citato articolo 5 dopo la conversione in legge del suddetto decreto.
(20) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi l'art. 2, comma 3, D.L. 9 settembre 2002, n. 195.
(21) Alinea così modificato dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(22) La presente lettera era stata soppressa dall’art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10. La soppressione non è più prevista dalla nuova formulazione del citato articolo 5 dopo la conversione in legge del suddetto decreto.
(23) Lettera abrogata dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(24) Lettera abrogata dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(25) Vedi, anche, la L. 28 maggio 2007, n. 68.
(26) Lettera soppressa dall'art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10.
(27) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(28) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(29) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(30) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dal comma 10 dell'art. 80, L. 27 dicembre 2002, n. 289. Vedi, anche, l'art. 38 della suddetta legge n. 189 del 2002.
(31) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(32) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(33) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(34) Periodo aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.
(35) La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 dicembre 2006, n. 414 (Gazz. Uff. 20 dicembre 2006, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, e dell'art. 5, comma 5, nel testo risultante a seguito delle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 16, 27 e 35 della Costituzione.
(36) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-19 dicembre 2006, n. 431 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, «applicato in correlazione» con i successivi artt. 5, comma 5, e 13, comma 2, lettera b), nel testo risultante dalle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 13 e 16 della Costituzione.
(37) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.
(38) Comma così sostituito prima dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi dall'art. 11, D.L. 27 luglio 2005, n. 144. Vedi, anche, l'art. 38 della legge n. 189/2002.
(39) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(40) Con D.M. 3 agosto 2004 sono state dettate le regole tecniche e di sicurezza relative al permesso ed alla carta di soggiorno. Vedi, anche, i commi 5 e 6 dell'art. 2, D.L. 9 settembre 2002, n. 195 e l'art. 7-vicies ter, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l'art. 2, D.L. 27 luglio 2005, n. 144.
Art. 5-bis
Contratto di soggiorno per lavoro subordinato.
1. Il contratto di soggiorno per lavoro subordinato stipulato fra un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia e un prestatore di lavoro, cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea o apolide, contiene:
a) la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica;
b) l'impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza.
2. Non costituisce titolo valido per il rilascio del permesso di soggiorno il contratto che non contenga le dichiarazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1.
3. Il contratto di soggiorno per lavoro è sottoscritto in base a quanto previsto dall'articolo 22 presso lo sportello unico per l'immigrazione della provincia nella quale risiede o ha sede legale il datore di lavoro o dove avrà luogo la prestazione lavorativa secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione (41).
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(41) Articolo aggiunto dal comma 1 dell'art. 6, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 2, comma 9, D.L. 9 settembre 2002, n. 195.
Art. 6
Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 6; R.D. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 144, comma 2°, e 148)
1. Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari per essere utilizzato anche per le altre attività consentite. Quello rilasciato per motivi di studio e formazione può essere convertito, comunque prima della sua scadenza, e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 26, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell'ambito delle quote stabilite a norma dell'articolo 3, comma 4, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione (42).
2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all'accesso a pubblici servizi, i documenti inerenti al soggiorno di cui all'articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.
3. Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, il passaporto o altro documento di identificazione, ovvero il permesso o la carta di soggiorno è punito con l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda fino a lire ottocentomila (43).
4. Qualora vi sia motivo di dubitare della identità personale dello straniero, questi è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e segnaletici (44).
5. Per le verifiche previste dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione, l'autorità di pubblica sicurezza, quando vi siano fondate ragioni, richiede agli stranieri informazioni e atti comprovanti la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato.
6. Salvo quanto è stabilito nelle leggi militari, il Prefetto può vietare agli stranieri il soggiorno in comuni o in località che comunque interessano la difesa militare dello Stato. Tale divieto è comunicato agli stranieri per mezzo della autorità locale di pubblica sicurezza o col mezzo di pubblici avvisi. Gli stranieri, che trasgrediscono al divieto, possono essere allontanati per mezzo della forza pubblica.
7. Le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione. In ogni caso la dimora dello straniero si considera abitualmente anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza. Dell'avvenuta iscrizione o variazione l'ufficio dà comunicazione alla questura territorialmente competente.
8. Fuori dei casi di cui al comma 7, gli stranieri che soggiornano nel territorio dello Stato devono comunicare al questore competente per territorio, entro i quindici giorni successivi, le eventuali variazioni del proprio domicilio abituale.
9. Il documento di identificazione per stranieri è rilasciato su modello conforme al tipo approvato con decreto del Ministro dell'interno. Esso non è valido per l'espatrio, salvo che sia diversamente disposto dalle convenzioni o dagli accordi internazionali.
10. Contro i provvedimenti di cui all'articolo 5 e al presente articolo è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale competente (45).
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(42) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 7, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(43) La Corte costituzionale, con ordinanza 7 - 16 marzo 2001, n. 68 (Gazz. Uff. 21 marzo 2001, n. 12, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, sollevata in riferimento agli artt. 3, 27 e 97 della Costituzione.
(44) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 7, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 2, comma 6, D.L. 9 settembre 2002, n. 195.
(45) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-18 dicembre 2001, n. 414 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2001, Ediz. Str.), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 10, e 13, comma 8, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
Art. 7
Obblighi dell'ospitante e del datore di lavoro.
(R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 147)
1. Chiunque, a qualsiasi titolo, dà alloggio ovvero ospita uno straniero o apolide, anche se parente o affine, ovvero cede allo stesso la proprietà o il godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello Stato, è tenuto a darne comunicazione scritta, entro quarantotto ore, all'autorità locale di pubblica sicurezza (46).
2. La comunicazione comprende, oltre alle generalità del denunciante, quelle dello straniero o apolide, gli estremi del passaporto o del documento di identificazione che lo riguardano, l'esatta ubicazione dell'immobile ceduto o in cui la persona è alloggiata, ospita o presta servizio ed il titolo per il quale la comunicazione è dovuta.
2-bis. Le violazioni delle disposizioni di cui al presente articolo sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 160 a 1.100 euro (47) (48).
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(46) Comma così modificato dal comma 6-bis dell'art. 4-bis, D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, aggiunto dal comma 1184 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296. Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(47) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 8, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(48) Il presente articolo era stato abrogato dall’art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10. L’abrogazione non è più prevista dalla nuova formulazione del citato articolo 5 dopo la conversione in legge del suddetto decreto.
Art. 8
Disposizioni particolari.
(R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 149)
1. Le disposizioni del presente capo non si applicano ai componenti del sacro collegio e del corpo diplomatico e consolare.
Art. 9
Permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
1. Lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostra la disponibilità di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell'articolo 29, comma 3, lettera b) e di un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio, può chiedere al questore il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, per sè e per i familiari di cui all'articolo 29, comma 1 (49).
2. Il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo è a tempo indeterminato ed è rilasciato entro novanta giorni dalla richiesta.
3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli stranieri che:
a) soggiornano per motivi di studio o formazione professionale;
b) soggiornano a titolo di protezione temporanea o per motivi umanitari ovvero hanno chiesto il permesso di soggiorno a tale titolo e sono in attesa di una decisione su tale richiesta;
c) soggiornano per asilo ovvero hanno chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato e sono ancora in attesa di una decisione definitiva circa tale richiesta;
d) sono titolari di un permesso di soggiorno di breve durata previsto dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione;
e) godono di uno status giuridico previsto dalla convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche, dalla convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari, dalla convenzione del 1969 sulle missioni speciali o dalla convenzione di Vienna del 1975 sulla rappresentanza degli Stati nelle loro relazioni con organizzazioni internazionali di carattere universale.
4. Il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, nonchè, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero.
5. Ai fini del calcolo del periodo di cui al comma 1, non si computano i periodi di soggiorno per i motivi indicati nelle lettere d) ed e) del comma 3.
6. Le assenze dello straniero dal territorio nazionale non interrompono la durata del periodo di cui al comma 1 e sono incluse nel computo del medesimo periodo quando sono inferiori a sei mesi consecutivi e non superano complessivamente dieci mesi nel quinquennio, salvo che detta interruzione sia dipesa dalla necessità di adempiere agli obblighi militari, da gravi e documentati motivi di salute ovvero da altri gravi e comprovati motivi.
7. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 è revocato:
a) se è stato acquisito fraudolentemente;
b) in caso di espulsione, di cui al comma 9;
c) quando mancano o vengano a mancare le condizioni per il rilascio, di cui al comma 4;
d) in caso di assenza dal territorio dell'Unione per un periodo di dodici mesi consecutivi;
e) in caso di conferimento di permesso di soggiorno di lungo periodo da parte di altro Stato membro dell'Unione europea, previa comunicazione da parte di quest'ultimo, e comunque in caso di assenza dal territorio dello Stato per un periodo superiore a sei anni.
8. Lo straniero al quale è stato revocato il permesso di soggiorno ai sensi delle lettere d) ed e) del comma 7, può riacquistarlo, con le stesse modalità di cui al presente articolo. In tal caso, il periodo di cui al comma 1, è ridotto a tre anni.
9. Allo straniero, cui sia stato revocato il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e nei cui confronti non debba essere disposta l'espulsione è rilasciato un permesso di soggiorno per altro tipo in applicazione del presente testo unico.
10. Nei confronti del titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, l'espulsione può essere disposta:
a) per gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato;
b) nei casi di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155;
c) quando lo straniero appartiene ad una delle categorie indicate all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ovvero all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, sempre che sia stata applicata, anche in via cautelare, una delle misure di cui all'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55.
11. Ai fini dell'adozione del provvedimento di espulsione di cui al comma 10, si tiene conto anche dell'età dell'interessato, della durata del soggiorno sul territorio nazionale, delle conseguenze dell'espulsione per l'interessato e i suoi familiari, dell'esistenza di legami familiari e sociali nel territorio nazionale e dell'assenza di tali vincoli con il Paese di origine.
12. Oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, il titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo può:
a) fare ingresso nel territorio nazionale in esenzione di visto e circolare liberamente sul territorio nazionale salvo quanto previsto dall'articolo 6, comma 6;
b) svolgere nel territorio dello Stato ogni attività lavorativa subordinata o autonoma salvo quelle che la legge espressamente riserva al cittadino o vieta allo straniero. Per lo svolgimento di attività di lavoro subordinato non è richiesta la stipula del contratto di soggiorno di cui all'articolo 5-bis;
c) usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale, di quelle relative ad erogazioni in materia sanitaria, scolastica e sociale, di quelle relative all'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico, compreso l'accesso alla procedura per l'ottenimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica, salvo che sia diversamente disposto e sempre che sia dimostrata l'effettiva residenza dello straniero sul territorio nazionale;
d) partecipare alla vita pubblica locale, con le forme e nei limiti previsti dalla vigente normativa.
13. È autorizzata la riammissione sul territorio nazionale dello straniero espulso da altro Stato membro dell'Unione europea titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo di cui al comma 1 che non costituisce un pericolo per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato (50).
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(49) La Corte costituzionale, con sentenza 2-6 ottobre 2006, n. 324 (Gazz. Uff. 11 ottobre 2006, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, come modificato dall'art. 9 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 32, 35, terzo comma, 38, primo e secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione.
(50) Articolo prima modificato dal comma 1 dell'art. 9, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3. Vedi, anche, il D.M. 3 agosto 2004.
Art. 9-bis
Stranieri in possesso di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro.
1. Lo straniero, titolare di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro dell'Unione europea e in corso di validità, può chiedere di soggiornare sul territorio nazionale per un periodo superiore a tre mesi, al fine di:
a) esercitare un'attività economica in qualità di lavoratore subordinato o autonomo, ai sensi degli articoli 5, comma 3-bis, 22 e 26. Le certificazioni di cui all'articolo 26 sono rilasciate dallo Sportello unico per l'immigrazione;
b) frequentare corsi di studio o di formazione professionale, ai sensi della vigente normativa;
c) soggiornare per altro scopo lecito previa dimostrazione di essere in possesso di mezzi di sussistenza non occasionali, di importo superiore al doppio dell'importo minimo previsto dalla legge per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria e di una assicurazione sanitaria per il periodo del soggiorno.
2. Allo straniero di cui al comma 1 è rilasciato un permesso di soggiorno secondo le modalità previste dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione.
3. Ai familiari dello straniero titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e in possesso di un valido titolo di soggiorno rilasciato dallo Stato membro di provenienza, è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di famiglia, ai sensi dell'articolo 30, commi 2, 3 e 6, previa dimostrazione di aver risieduto in qualità di familiari del soggiornante di lungo periodo nel medesimo Stato membro e di essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 29, comma 3.
4. Per soggiorni inferiori a tre mesi, allo straniero di cui ai commi 1 e 3 si applica l'articolo 5, comma 7, con esclusione del quarto periodo.
5. Agli stranieri di cui ai commi 1 e 3 è consentito l'ingresso nel territorio nazionale in esenzione di visto e si prescinde dal requisito dell'effettiva residenza all'estero per la procedura di rilascio del nulla osta di cui all'articolo 22.
6. Il permesso di soggiorno di cui ai commi 2 e 3 è rifiutato e, se rilasciato, è revocato, agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne, anche non definitive, per i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, nonchè, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice. Nell'adottare il provvedimento si tiene conto dell'età dell'interessato, della durata del soggiorno sul territorio nazionale, delle conseguenze dell'espulsione per l'interessato e i suoi familiari, dell'esistenza di legami familiari e sociali nel territorio nazionale e dell'assenza di tali vincoli con il Paese di origine.
7. Nei confronti degli stranieri di cui al comma 6 è adottato il provvedimento di espulsione ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettera b), e l'allontanamento è effettuato verso lo Stato membro dell'Unione europea che ha rilasciato il permesso di soggiorno. Nel caso sussistano i presupposti per l'adozione del provvedimento di espulsione ai sensi dell'articolo 13, comma 1, e dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, l'espulsione è adottata sentito lo Stato membro che ha rilasciato il permesso di soggiorno e l'allontanamento è effettuato fuori dal territorio dell'Unione europea.
8. Allo straniero di cui ai commi 1 e 3, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 9, è rilasciato, entro novanta giorni dalla richiesta, un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Dell'avvenuto rilascio è informato lo Stato membro che ha rilasciato il precedente permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (51).
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(51) Articolo aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3.
Capo II - Controllo delle frontiere, respingimento ed espulsione
Art. 10
Respingimento.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 8)
1. La polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti richiesti dal presente testo unico per l'ingresso nel territorio dello Stato.
2. Il respingimento con accompagnamento alla frontiera è altresì disposto dal questore nei confronti degli stranieri:
a) che entrando nel territorio dello Stato sottraendoli ai controlli di frontiera, sono fermati all'ingresso o subito dopo;
b) che, nelle circostanze di cui al comma 1, sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso.
3. Il vettore che ha condotto alla frontiera uno straniero privo dei documenti di cui all'articolo 4, o che deve essere comunque respinto a norma del presente articolo, è tenuto a prenderlo immediatamente a carico ed a ricondurlo nello Stato di provenienza, o in quello che ha rilasciato il documento di viaggio eventualmente in possesso dello straniero. Tale disposizione si applica anche quando l'ingresso è negato allo straniero in transito, qualora il vettore che avrebbe dovuto trasportarlo nel Paese di destinazione rifiuti di imbarcarlo o le autorità dello Stato di destinazione gli abbiano negato l'ingresso o lo abbiano rinviato nello Stato (52).
4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 e quelle dell'articolo 4, commi 3 e 6, non si applicano nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari.
5. Per lo straniero respinto è prevista l'assistenza necessaria presso i valichi di frontiera.
6. I respingimenti di cui al presente articolo sono registrati dall'autorità di pubblica sicurezza.
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(52) Comma così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 7 aprile 2003, n. 87 (Gazz. Uff. 23 aprile 2003, n. 94).
Art. 11
Potenziamento e coordinamento dei controlli di frontiera.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 9)
1. Il Ministro dell'interno e il Ministro degli affari esteri adottano il piano generale degli interventi per il potenziamento ed il perfezionamento, anche attraverso l'automazione delle procedure, delle misure di controllo di rispettiva competenza, nell'ambito delle compatibilità con i sistemi informativi di livello extranazionale previsti dagli accordi o convenzioni internazionali in vigore e delle disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali.
1-bis. Il Ministro dell'interno, sentito, ove necessario, il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, emana le misure necessarie per il coordinamento unificato dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre italiana. Il Ministro dell'interno promuove altresì apposite misure di coordinamento tra le autorità italiane competenti in materia di controlli sull'immigrazione e le autorità europee competenti in materia di controlli sull'immigrazione ai sensi dell'Accordo di Schengen, ratificato ai sensi della legge 30 settembre 1993, n. 388 (53).
2. Delle parti di piano che riguardano sistemi informativi automatizzati e dei relativi contratti è data comunicazione all'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione (54).
3. Nell'àmbito e in attuazione delle direttive adottate dal Ministro dell'interno, i prefetti delle province di confine terrestre ed i prefetti dei capoluoghi delle regioni interessate alla frontiera marittima promuovono le misure occorrenti per il coordinamento dei controlli di frontiera e della vigilanza marittima e terrestre, d'intesa con i prefetti delle altre province interessate, sentiti i questori e i dirigenti delle zone di polizia di frontiera, nonché le autorità marittime e militari ed i responsabili degli organi di polizia, di livello non inferiore a quello provinciale, eventualmente interessati, e sovrintendendo all'attuazione delle direttive emanate in materia.
4. Il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell'interno promuovono le iniziative occorrenti, d'intesa con i Paesi interessati, al fine di accelerare l'espletamento degli accertamenti ed il rilascio dei documenti eventualmente necessari per migliorare l'efficacia dei provvedimenti previsti dal presente testo unico, e per la reciproca collaborazione a fini di contrasto dell'immigrazione clandestina. A tale scopo, le intese di collaborazione possono prevedere la cessione a titolo gratuito alle autorità dei Paesi interessati di beni mobili ed apparecchiature specificamente individuate, nei limiti delle compatibilità funzionali e finanziarie definite dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e, se si tratta di beni, apparecchiature o servizi accessori forniti da altre amministrazioni, con il Ministro competente (55).
5. Per le finalità di cui al comma 4, il Ministro dell'interno predispone uno o più programmi pluriennali di interventi straordinari per l'acquisizione degli impianti e mezzi tecnici e logistici necessari, per acquistare o ripristinare i beni mobili e le apparecchiature in sostituzione di quelli ceduti ai Paesi interessati, ovvero per fornire l'assistenza e altri servizi accessori. Se si tratta di beni, apparecchiature o servizi forniti da altre amministrazioni, i programmi sono adottati di concerto con il Ministro competente (56).
5-bis. Il Ministero dell'interno, nell'àmbito degli interventi di sostegno alle politiche preventive di contrasto all'immigrazione clandestina dei Paesi di accertata provenienza, contribuisce, per gli anni 2004 e 2005, alla realizzazione, nel territorio dei Paesi interessati, di strutture, utili ai fini del contrasto di flussi irregolari di popolazione migratoria verso il territorio italiano (57).
6. Presso i valichi di frontiera sono previsti servizi di accoglienza al fine di fornire informazioni e assistenza agli stranieri che intendano presentare domanda di asilo o fare ingresso in Italia per un soggiorno di durata superiore a tre mesi. Tali servizi sono messi a disposizione, ove possibile, all'interno della zona di transito (58).
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(53) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 10, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(54) La denominazione «Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione» è da intendersi sostituita da quella di «Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione» ai sensi di quanto disposto dall'art. 176, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
(55) Gli attuali commi 4, 5 e 6 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.Lgs. 19 ottobre 1998, n. 380 (Gazz. Uff. 3 novembre 1998, n. 257).
(56) Gli attuali commi 4, 5 e 6 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.Lgs. 19 ottobre 1998, n. 380 (Gazz. Uff. 3 novembre 1998, n. 257).
(57) Comma aggiunto dall'art. 1-bis, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(58) Gli attuali commi 4, 5 e 6 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.Lgs. 19 ottobre 1998, n. 380 (Gazz. Uff. 3 novembre 1998, n. 257). Vedi, anche, il D.M. 14 luglio 2003.
Art. 12
Disposizioni contro le immigrazioni clandestine.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 10)
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque in violazione delle disposizioni del presente testo unico compie atti diretti a procurare l'ingresso nel territorio dello Stato di uno straniero ovvero atti diretti a procurare l'ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa fino a 15.000 euro per ogni persona (59) (60).
2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato.
3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre profitto anche indiretto, compie atti diretti a procurare l'ingresso di taluno nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico, ovvero a procurare l'ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da quattro a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona (61).
3-bis. Le pene di cui ai commi 1 e 3 sono aumentate se:
a) il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;
b) per procurare l'ingresso o la permanenza illegale la persona è stata esposta a pericolo per la sua vita o la sua incolumità;
c) per procurare l'ingresso o la permanenza illegale la persona è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante;
c-bis) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti (62).
3-ter. Se i fatti di cui al comma 3 sono compiuti al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale ovvero riguardano l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento, la pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona (63).
3-quater. Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 del codice penale, concorrenti con le aggravanti di cui ai commi 3-bis e 3-ter, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti (64).
3-quinquies. Per i delitti previsti dai commi precedenti le pene sono diminuite fino alla metà nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l'individuazione o la cattura di uno o più autori di reati e per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti (65).
3-sexies. All'articolo 4-bis, comma 1, terzo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, dopo le parole: «609-octies del codice penale» sono inserite le seguenti: «nonché dall'articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286» (66).
3-septies. [In relazione ai procedimenti per i delitti previsti dal comma 3, si applicano le disposizioni dell'articolo 10 della legge 11 agosto 2003, n. 228, e successive modificazioni. L'esecuzione delle operazioni è disposta d'intesa con la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere] (67).
4. Nei casi previsti dai commi 1 e 3 è obbligatorio l'arresto in flagranza ed è disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per i medesimi reati, anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti. Nei medesimi casi si procede comunque con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini (68) (69).
5. Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell'ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a lire trenta milioni (70).
6. Il vettore aereo, marittimo o terrestre, è tenuto ad accertarsi che lo straniero trasportato sia in possesso dei documenti richiesti per l'ingresso nel territorio dello Stato, nonché a riferire all'organo di polizia di frontiera dell'eventuale presenza a bordo dei rispettivi mezzi di trasporto di stranieri in posizione irregolare. In caso di inosservanza anche di uno solo degli obblighi di cui al presente comma, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 3.500 a euro 5.500 per ciascuno degli stranieri trasportati. Nei casi più gravi è disposta la sospensione da uno a dodici mesi, ovvero la revoca della licenza, autorizzazione o concessione rilasciata dall'autorità amministrativa italiana inerenti all'attività professionale svolta e al mezzo di trasporto utilizzato. Si osservano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (71).
7. Nel corso di operazioni di polizia finalizzate al contrasto delle immigrazioni clandestine, disposte nell'ambito delle direttive di cui all'articolo 11, comma 3, gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza operanti nelle province di confine e nelle acque territoriali possono procedere al controllo e alle ispezioni dei mezzi di trasporto e delle cose trasportate, ancorché soggetti a speciale regime doganale, quando, anche in relazione a specifiche circostanze di luogo e di tempo, sussistono fondati motivi che possano essere utilizzati per uno dei reati previsti dal presente articolo. Dell'esito dei controlli e delle ispezioni è redatto processo verbale in appositi moduli, che è trasmesso entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, lo convalida nelle successive quarantotto ore. Nelle medesime circostanze gli ufficiali di polizia giudiziaria possono altresì procedere a perquisizioni, con l'osservanza delle disposizioni di cui all'articolo 352, commi 3 e 4 del codice di procedura penale.
8. I beni sequestrati nel corso di operazioni di polizia finalizzate alla prevenzione e repressione dei reati previsti dal presente articolo, sono affidati dall'autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale, salvo che vi ostino esigenze processuali, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia ovvero ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale. I mezzi di trasporto non possono essere in alcun caso alienati. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 100, commi 2 e 3, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (72).
8-bis. Nel caso che non siano state presentate istanze di affidamento per mezzi di trasporto sequestrati, si applicano le disposizioni dell'articolo 301-bis, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni (73).
8-ter. La distruzione può essere direttamente disposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dalla autorità da lui delegata, previo nullaosta dell'autorità giudiziaria procedente (74).
8-quater. Con il provvedimento che dispone la distruzione ai sensi del comma 8-ter sono altresì fissate le modalità di esecuzione (75).
8-quinquies. I beni acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca sono, a richiesta, assegnati all'amministrazione o trasferiti all'ente che ne abbiano avuto l'uso ai sensi del comma 8 ovvero sono alienati o distrutti. I mezzi di trasporto non assegnati, o trasferiti per le finalità di cui al comma 8, sono comunque distrutti. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati. Ai fini della determinazione dell'eventuale indennità, si applica il comma 5 dell'articolo 301-bis del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni (76).
9. Le somme di denaro confiscate a seguito di condanna per uno dei reati previsti dal presente articolo, nonché le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati, sono destinate al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei medesimi reati, anche a livello internazionale mediante interventi finalizzati alla collaborazione e alla assistenza tecnico-operativa con le forze di polizia dei Paesi interessati. A tal fine, le somme affluiscono ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate, sulla base di specifiche richieste, ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'interno, rubrica «Sicurezza pubblica».
9-bis. La nave italiana in servizio di polizia, che incontri nel mare territoriale o nella zona contigua, una nave, di cui si ha fondato motivo di ritenere che sia adibita o coinvolta nel trasporto illecito di migranti, può fermarla, sottoporla ad ispezione e, se vengono rinvenuti elementi che confermino il coinvolgimento della nave in un traffico di migranti, sequestrarla conducendo la stessa in un porto dello Stato (77).
9-ter. Le navi della Marina militare, ferme restando le competenze istituzionali in materia di difesa nazionale, possono essere utilizzate per concorrere alle attività di cui al comma 9-bis (78).
9-quater. I poteri di cui al comma 9-bis possono essere esercitati al di fuori delle acque territoriali, oltre che da parte delle navi della Marina militare, anche da parte delle navi in servizio di polizia, nei limiti consentiti dalla legge, dal diritto internazionale o da accordi bilaterali o multilaterali, se la nave batte la bandiera nazionale o anche quella di altro Stato, ovvero si tratti di una nave senza bandiera o con bandiera di convenienza (79).
9-quinquies. Le modalità di intervento delle navi della Marina militare nonché quelle di raccordo con le attività svolte dalle altre unità navali in servizio di polizia sono definite con decreto interministeriale dei Ministri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti (80).
9-sexies. Le disposizioni di cui ai commi 9-bis e 9-quater si applicano, in quanto compatibili, anche per i controlli concernenti il traffico aereo (81).
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(59) Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(60) La Corte costituzionale, con ordinanza 21 febbraio-9 marzo 2007, n. 75 (Gazz. Uff. 14 marzo 2007, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 25 e 35, quarto comma, della Costituzione.
(61) Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.
(62) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.
(63) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.
(64) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 5, L. 14 febbraio 2003, n. 34.
(65) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(66) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(67) Comma aggiunto dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi abrogato dal comma 11 dell'art. 9, L. 16 marzo 2006, n. 146.
(68) Comma così sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).
(69) La Corte costituzionale con ordinanza 19-23 marzo 2001, n. 78 (Gazz. Uff. 28 marzo 2001, n. 13, serie speciale) ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 4, come modificato dall'art. 2 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113, sollevata in riferimento all'art. 27, primo comma, della Costituzione.
(70) Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.
(71) Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 7 aprile 2003, n. 87 (Gazz. Uff. 23 aprile 2003, n. 94).
(72) Il comma 8 è stato così sostituito, con i commi 8 e 8-bis, dall'art. 2, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).
(73) Il comma 8 è stato così sostituito, con i commi 8 e 8-bis, dall'art. 2, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97). Successivamente il comma 8-bis è stato così sostituito, con i commi da 8-bis a 8-quinquies, dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51 nel testo modificato dalla relativa legge di conversione.
(74) Gli attuali commi da 8-bis a 8-quinquies così sostituiscono l'originario comma 8-bis ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51.
(75) Gli attuali commi da 8-bis a 8-quinquies così sostituiscono l'originario comma 8-bis ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51.
(76) Gli attuali commi da 8-bis a 8-quinquies così sostituiscono l'originario comma 8-bis ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51 nel testo modificato dalla relativa legge di conversione.
(77) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(78) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(79) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(80) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 14 luglio 2003.
(81) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.
Art. 13
Espulsione amministrativa.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 11)
1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell'interno può disporre l'espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro degli affari esteri (82).
2. L'espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero:
a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10 (83);
b) si è trattenuto nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione di cui all'articolo 27, comma 1-bis, o senza aver richiesto il permesso di soggiorno nei termini prescritti, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non è stato chiesto il rinnovo (84) (85) (86);
c) appartiene a taluna delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituto dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646 (87) (88) (89).
2-bis. Nell'adottare il provvedimento di espulsione ai sensi del comma 2, lettere a) e b), nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonchè dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine (90).
3. L'espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato di custodia cautelare in carcere, il questore, prima di eseguire l'espulsione, richiede il nulla osta all'autorità giudiziaria, che può negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all'accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi, e all'interesse della persona offesa. In tal caso l'esecuzione del provvedimento è sospesa fino a quando l'autorità giudiziaria comunica la cessazione delle esigenze processuali. Il questore, ottenuto il nulla osta, provvede all'espulsione con le modalità di cui al comma 4. Il nulla osta si intende concesso qualora l'autorità giudiziaria non provveda entro quindici giorni dalla data di ricevimento della richiesta. In attesa della decisione sulla richiesta di nulla osta, il questore può adottare la misura del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea, ai sensi dell'articolo 14 (91) (92) (93) (94).
3-bis. Nel caso di arresto in flagranza o di fermo, il giudice rilascia il nulla osta all'atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell'articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale, o che ricorra una delle ragioni per le quali il nulla osta può essere negato ai sensi del comma 3 (95).
3-ter. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano anche allo straniero sottoposto a procedimento penale, dopo che sia stata revocata o dichiarata estinta per qualsiasi ragione la misura della custodia cautelare in carcere applicata nei suoi confronti. Il giudice, con lo stesso provvedimento con il quale revoca o dichiara l'estinzione della misura, decide sul rilascio del nulla osta all'esecuzione dell'espulsione. Il provvedimento è immediatamente comunicato al questore (96).
3-quater. Nei casi previsti dai commi 3, 3-bis e 3-ter, il giudice, acquisita la prova dell'avvenuta espulsione, se non è ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere. È sempre disposta la confisca delle cose indicate nel secondo comma dell'articolo 240 del codice penale. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 13, 13-bis, 13-ter e 14 (97) (98) (99).
3-quinquies. Se lo straniero espulso rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dal comma 14 ovvero, se di durata superiore, prima del termine di prescrizione del reato più grave per il quale si era proceduto nei suoi confronti, si applica l'articolo 345 del codice di procedura penale. Se lo straniero era stato scarcerato per decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare, quest'ultima è ripristinata a norma dell'articolo 307 del codice di procedura penale (100).
3-sexies. [Il nulla osta all'espulsione non può essere concesso qualora si proceda per uno o più delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nonché dall'articolo 12 del presente testo unico] (101).
4. L'espulsione è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ad eccezione dei casi di cui al comma 5 (102) (103).
5. Nei confronti dello straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto di validità da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo, l'espulsione contiene l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni. Il questore dispone l'accompagnamento immediato alla frontiera dello straniero, qualora il prefetto rilevi il concreto pericolo che quest'ultimo si sottragga all'esecuzione del provvedimento (104) (105).
5-bis. Nei casi previsti ai commi 4 e 5 il questore comunica immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione, al giudice di pace territorialmente competente il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera. L'esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento dal territorio nazionale è sospesa fino alla decisione sulla convalida. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L'interessato è anch'esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Si applicano le disposizioni di cui al sesto e al settimo periodo del comma 8, in quanto compatibili. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dal presente articolo e sentito l'interessato, se comparso. In attesa della definizione del procedimento di convalida, lo straniero espulso è trattenuto in uno dei centri di permanenza temporanea ed assistenza, di cui all'articolo 14, salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento di allontanamento anche prima del trasferimento in uno dei centri disponibili. Quando la convalida è concessa, il provvedimento di accompagnamento alla frontiera diventa esecutivo. Se la convalida non è concessa ovvero non è osservato il termine per la decisione, il provvedimento del questore perde ogni effetto. Avverso il decreto di convalida è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione dell'allontanamento dal territorio nazionale. Il termine di quarantotto ore entro il quale il giudice di pace deve provvedere alla convalida decorre dal momento della comunicazione del provvedimento alla cancelleria (106) (107).
5-ter. Al fine di assicurare la tempestività del procedimento di convalida dei provvedimenti di cui ai commi 4 e 5, ed all'articolo 14, comma 1, le questure forniscono al giudice di pace, nei limiti delle risorse disponibili, il supporto occorrente e la disponibilità di un locale idoneo (108).
6. [Negli altri casi, l'espulsione contiene l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni, e ad osservare le prescrizioni per il viaggio e per la presentazione dell'ufficio di polizia di frontiera. Quando l'espulsione è disposta ai sensi del comma 2, lettera b), il questore può adottare la misura di cui all'articolo 14, comma 1, qualora il prefetto rilevi, tenuto conto di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero, il concreto pericolo che quest'ultimo si sottragga all'esecuzione del provvedimento] (109).
7. Il decreto di espulsione e il provvedimento di cui al comma 1 dell'articolo 14, nonché ogni altro atto concernente l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione, sono comunicati all'interessato unitamente all'indicazione delle modalità di impugnazione e ad una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola (110) (111) (112) (113).
8. Avverso il decreto di espulsione può essere presentato unicamente il ricorso al giudice di pace del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione. Il termine è di sessanta giorni dalla data del provvedimento di espulsione. Il giudice di pace accoglie o rigetta il ricorso, decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso. Il ricorso di cui al presente comma può essere sottoscritto anche personalmente, ed è presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di destinazione. La sottoscrizione del ricorso, da parte della persona interessata, è autenticata dai funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari che provvedono a certificarne l'autenticità e ne curano l'inoltro all'autorità giudiziaria. Lo straniero è ammesso all'assistenza legale da parte di un patrocinatore legale di fiducia munito di procura speciale rilasciata avanti all'autorità consolare. Lo straniero è altresì ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell'àmbito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonché, ove necessario, da un interprete (114) (115).
9. [Il ricorso, a cui deve essere allegato il provvedimento impugnato, è presentato al pretore del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione. Nei casi di espulsione con accompagnamento immediato, sempreché sia disposta la misura di cui al comma 1 dell'articolo 14, provvede il pretore competente per la convalida di tale misura. Il pretore accoglie o rigetta il ricorso decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni caso, entro dieci giorni dalla data di deposito del ricorso, sentito l'interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile] (116).
10. [Il ricorso di cui ai commi 8, 9 e 11 può essere sottoscritto anche personalmente. Nel caso di espulsione con accompagnamento immediato, il ricorso può essere presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nello Stato di destinazione, entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento; in tali casi, il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte alla presenza dei funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari, che provvedono a certificarne l'autenticità e ne curano l'inoltro all'autorità giudiziaria. Lo straniero, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell'ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni, nonché, ove necessario, da un interprete] (117).
11. Contro il decreto di espulsione emanato ai sensi del comma 1 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.
12. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 19, lo straniero espulso è rinviato allo Stato di appartenenza, ovvero, quando ciò non sia possibile, allo Stato di provenienza.
13. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno. In caso di trasgressione lo straniero è punito con la reclusione da uno a quattro anni ed è nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera. La disposizione di cui al primo periodo del presente comma non si applica nei confronti dello straniero già espulso ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e b), per il quale è stato autorizzato il ricongiungimento, ai sensi dell'articolo 29 (118) (119) (120).
13-bis. Nel caso di espulsione disposta dal giudice, il trasgressore del divieto di reingresso è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Allo straniero che, già denunciato per il reato di cui al comma 13 ed espulso, abbia fatto reingresso sul territorio nazionale si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni (121).
13-ter. Per i reati previsti dai commi 13 e 13-bis è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto anche fuori dei casi di flagranza e si procede con rito direttissimo (122).
14. Salvo che sia diversamente disposto, il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di dieci anni. Nel decreto di espulsione può essere previsto un termine più breve, in ogni caso non inferiore a cinque anni, tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall'interessato nel periodo di permanenza in Italia (123) (124).
15. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano allo straniero che dimostri sulla base di elementi obiettivi di essere giunto nel territorio dello Stato prima della data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40. In tal caso, il questore può adottare la misura di cui all'articolo 14, comma 1.
16. L'onere derivante dal comma 10 del presente articolo è valutato in lire 4 miliardi per l'anno 1997 e in lire 8 miliardi annui a decorrere dall'anno 1998 (125) (126) (127) (128) (129).
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(82) Vedi anche l'art. 3, comma 1, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(83) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.
(84) Lettera così sostituita dall'art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, come sostituito dalla relativa legge di conversione.
(85) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.
(86) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-19 dicembre 2006, n. 431 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, «applicato in correlazione» con i successivi artt. 5, comma 5, e 13, comma 2, lettera b), nel testo risultante dalle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 13 e 16 della Costituzione.
(87) Vedi anche l'art. 3, comma 1, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(88) La Corte costituzionale, con ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 146 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 2, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 35 della Costituzione. La stessa Corte, chiamata, di nuovo, a pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre profili o argomenti nuovi con ordinanza 9-16 maggio 2002, n. 200 (Gazz. Uff. 22 maggio 2002, n. 20, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, comma 2.
(89) La Corte costituzionale, con sentenza 14-23 dicembre 2005, n. 463 (Gazz. Uff. 28 dicembre 2005, n. 52, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 2, e 5, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione.
(90) Comma aggiunto dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.
(91) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 2 dell'art. 3, D.L. 27 luglio 2005, n. 144. Vedi, anche il comma 6 dello stesso art. 3.
(92) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 marzo 2006, n. 142 (Gazz. Uff. 12 aprile 2006, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 3 e 3-quater, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 13, comma 3-quater, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
(93) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.
(94) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.
(95) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(96) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(97) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(98) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 marzo 2006, n. 142 (Gazz. Uff. 12 aprile 2006, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 3 e 3-quater, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 13, comma 3-quater, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
(99) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 marzo 2006, n. 143 (Gazz. Uff. 12 aprile 2006, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, introdotto dall'art. 12, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento all'art. 24 della Costituzione.
(100) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(101) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189 e successivamente abrogato dall'art. 3, comma 7, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(102) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(103) La Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 222 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4 e 5, come sostituito dall'art. 12, comma 1, lettera c), della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 13, 24 e 111 della Costituzione.
(104) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(105) La Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 222 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4 e 5, come sostituito dall'art. 12, comma 1, lettera c), della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 13, 24 e 111 della Costituzione.
(106) Gli attuali commi 5-bis e 5-ter così sostituiscono l'originario comma 5-bis - aggiunto dall'art. 2, D.L. 4 aprile 2002, n. 51, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione - ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, come modificato dalla relativa legge di conversione. Peraltro, la Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 222 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28 - Prima serie speciale), aveva dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dell'originario comma 5-bis, nella parte in cui non prevedeva che il giudizio di convalida dovesse svolgersi in contraddittorio prima dell'esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa. In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 2 dell'art. 3, D.L. 27 luglio 2005, n. 144. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 3.
(107) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-17 marzo 2006, n. 110 (Gazz. Uff. 22 marzo 2006, n. 12, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 5-bis, come modificato dal decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
(108) Gli attuali commi 5-bis e 5-ter così sostituiscono l'originario comma 5-bis - aggiunto dall'art. 2, D.L. 4 aprile 2002, n. 51, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione - ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241.
(109) Comma abrogato dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(110) La Corte costituzionale, con sentenza 8-21 luglio 2004, n. 257 (Gazz. Uff. 28 luglio 2004, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 13 della Costituzione;
ha infine dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 7, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 24 e 27 della Costituzione.
(111) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.
(112) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 388 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nelle parti riguardanti l'arresto obbligatorio e l'obbligatorietà del rito direttissimo, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione; inoltre ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, in relazione all'art. 13, comma 7, nella parte in cui non prescrive l'obbligatoria traduzione dell'ordine di espulsione dello straniero in una lingua conosciuta dallo stesso, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
(113) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-16 marzo 2007, n. 84 (Gazz. Uff. 21 marzo 2007, n. 12, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
(114) Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dal comma 2 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241.
(115) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.
(116) Comma prima sostituito dall'art. 3, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97) e poi abrogato dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(117) Comma così modificato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, con la decorrenza indicata nell'art. 302 dello stesso decreto. Vedi, anche, l'art. 142 del citato D.P.R. n. 115 del 2002. Successivamente il presente comma è stato abrogato dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(118) Gli attuali commi 13, 13-bis e 13-ter hanno sostituito l'originario comma 13 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. Successivamente il comma 13 è stato così modificato dal comma 2-ter dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.
(119) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-6 aprile 2005, n. 142 (Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 13, sollevata in riferimento agli artt. 24, 27, 104 e 111 della Costituzione.
(120) La Corte costituzionale, con ordinanza 20 giugno-1° luglio 2005, n. 261 (Gazz. Uff. 6 luglio 2005, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 13, come modificato dall'art. 12 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost.
(121) Gli attuali commi 13, 13-bis e 13-ter hanno sostituito l'originario comma 13 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. Successivamente il comma 13-bis è stato così modificato dal comma 2-ter dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. La Corte costituzionale, con sentenza 14-28 dicembre 2005, n. 466 (Gazz. Uff. 4 gennaio 2006, n. 1 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del secondo periodo del presente comma 13-bis, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal citato art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(122) Gli attuali commi 13, 13-bis e 13-ter hanno sostituito l'originario comma 13 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. Successivamente il comma 13-ter è stato così sostituito dal comma 2-ter dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(123) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(124) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.
(125) Vedi, anche, il comma 2-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(126) La Corte costituzionale, con ordinanza 16-29 dicembre 2004, n. 439 (Gazz. Uff. 5 gennaio 2005, n. 1, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, come modificato dall'art. 12 della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
(127) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 363 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 376 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 17 come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 104 e 111 della Costituzione.
(128) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 375 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13 come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 10, secondo comma, 24 e 111 della Costituzione.
(129) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-17 marzo 2006, n. 109 (Gazz. Uff. 22 marzo 2006, n. 12, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 27 della Costituzione.
Art. 13-bis
Partecipazione dell'amministrazione nei procedimenti in camera di consiglio.
1. Se il ricorso di cui all'articolo 13 è tempestivamente proposto, il giudice di pace fissa l'udienza in camera di consiglio con decreto, steso in calce al ricorso. Il ricorso presentato fuori dei termini è inammissibile. Il ricorso con in calce il provvedimento del giudice è notificato, a cura della cancelleria, all'autorità che ha emesso il provvedimento (130).
2. L'autorità che ha emesso il decreto di espulsione può stare in giudizio personalmente o avvalersi di funzionari appositamente delegati. La stessa facoltà può essere esercitata nel procedimento di cui all'articolo 14, comma 4.
3. Gli atti del procedimento e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta.
4. La decisione non è reclamabile, ma è impugnabile per Cassazione (131) (132).
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(130) Comma così modificato dal comma 3 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241.
(131) Articolo aggiunto dall'art. 4, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).
(132) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.
Art. 14
Esecuzione dell'espulsione.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 12)
1. Quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (133) (134).
2. Lo straniero è trattenuto nel centro con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità. Oltre a quanto previsto dall'articolo 2, comma 6, è assicurata in ogni caso la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'esterno (135).
3. Il questore del luogo in cui si trova il centro trasmette copia degli atti al giudice di pace territorialmente competente, per la convalida, senza ritardo e comunque entro le quarantotto ore dall'adozione del provvedimento (136) (137) (138) (139).
4. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L'interessato è anch'esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui al sesto e al settimo periodo del comma 8 dell'articolo 13. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 13 e dal presente articolo, escluso il requisito della vicinanza del centro permanenza temporanea ed assistenza di cui al comma 1, e sentito l'interessato, se comparso. Il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia osservato il termine per la decisione. La convalida può essere disposta anche in occasione della convalida del decreto di accompagnamento alla frontiera, nonché in sede di esame del ricorso avverso il provvedimento di espulsione (140) (141) (142) (143) (144).
5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice (145).
5-bis. Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza aver eseguito l'espulsione o il respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. L'ordine è dato con provvedimento scritto, recante l'indicazione delle conseguenze penali della sua trasgressione (146) (147) (148) (149) (150).
5-ter. Lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis, è punito con la reclusione da uno a quattro anni se l'espulsione è stata disposta per ingresso illegale sul territorio nazionale ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato (151). Si applica la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno se l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo. In ogni caso si procede all'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (152) (153) (154) (155) (156) (157) (158) (159) (160).
5-quater. Lo straniero già espulso ai sensi del comma 5-ter, primo periodo, che viene trovato, in violazione delle norme del presente testo unico, nel territorio dello Stato è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Se l'ipotesi riguarda lo straniero espulso ai sensi del comma 5-ter, secondo periodo, la pena è la reclusione da uno a quattro anni (161).
5-quinquies. Per i reati previsti ai commi 5-ter e 5-quater si procede con rito direttissimo. Al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione, il questore dispone i provvedimenti di cui al comma 1. Per i reati previsti dai commi 5-ter, primo periodo, e 5-quater è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto (162) (163) (164) (165) (166) (167) (168).
6. Contro i decreti di convalida e di proroga di cui al comma 5 è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione della misura.
7. Il questore, avvalendosi della forza pubblica, adotta efficaci misure di vigilanza affinché lo straniero non si allontani indebitamente dal centro e provvede a ripristinare senza ritardo la misura nel caso questa venga violata.
8. Ai fini dell'accompagnamento anche collettivo alla frontiera, possono essere stipulate convenzioni con soggetti che esercitano trasporti di linea o con organismi anche internazionali che svolgono attività di assistenza per stranieri.
9. Oltre a quanto previsto dal regolamento di attuazione e dalle norme in materia di giurisdizione, il Ministro dell'interno adotta i provvedimenti occorrenti per l'esecuzione di quanto disposto dal presente articolo, anche mediante convenzioni con altre amministrazioni dello Stato, con gli enti locali, con i proprietari o concessionari di aree, strutture e altre installazioni nonché per la fornitura di beni e servizi. Eventuali deroghe alle disposizioni vigenti in materia finanziaria e di contabilità sono adottate di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Il Ministro dell'interno promuove inoltre le intese occorrenti per gli interventi di competenza di altri Ministri (169).
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(133) La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.
La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.
La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.
La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione;
ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.
(134) La Corte costituzionale, con ordinanza 10-25 luglio 2002, n. 402 (Gazz. Uff. 31 luglio 2002, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione.
La Corte costituzionale, con ordinanza 16 - 30 gennaio 2003, n. 17 (Gazz. Uff. 5 febbraio 2003, n. 5, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione.
(135) La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.
La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.
La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.
La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.
(136) Comma così modificato dal comma 4 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241.
(137) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 297 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 11, 13, 24 e 111 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 14-26 febbraio 2002, n. 35 (Gazz. Uff. 6 marzo 2002, n. 10, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli artt. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione. La stessa Corte con successiva ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 45 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli art. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.
(138) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 298 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 44 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La stessa Corte con ordinanza 24 aprile-7 maggio 2002, n. 170 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 176 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4 e 5, e dell'articolo 14, comma 5, nonché dell'articolo 14 del medesimo decreto legislativo, sollevate in riferimento agli articoli 13 e 24 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 187 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli articoli 13, secondo e terzo comma, e 24 della Costituzione.
(139) La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.
La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.
La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.
La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.
(140) Comma così sostituito dal comma 5 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(141) La Corte costituzionale, con sentenza 22 marzo-10 aprile 2001, n. 105 (Gazz. Uff. 18 aprile 2001, n. 16, serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, comma 4, sollevata in riferimento all'art. 13, commi secondo e terzo, della Costituzione.; dichiara inoltre non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5, sollevata in riferimento all'art. 13, commi secondo e terzo, della Costituzione.
(142) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 297 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 11, 13, 24 e 111 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 14-26 febbraio 2002, n. 35 (Gazz. Uff. 6 marzo 2002, n. 10, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli artt. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione. La stessa Corte con successiva ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 45 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli art. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.
(143) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 298 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 44 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La stessa Corte con ordinanza 24 aprile-7 maggio 2002, n. 170 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 176 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4 e 5, e dell'articolo 14, comma 5, nonché dell'articolo 14 del medesimo decreto legislativo, sollevate in riferimento agli articoli 13 e 24 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 187 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli articoli 13, secondo e terzo comma, e 24 della Costituzione.
(144) La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.
La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.
La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.
La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.
(145) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(146) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(147) La Corte costituzionale, con sentenza 8-21 luglio 2004, n. 257 (Gazz. Uff. 28 luglio 2004, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 13 della Costituzione;
ha infine dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 7, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 24 e 27 della Costituzione.
(148) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.
(149) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.
(150) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 386 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-bis e 5-ter, come modificato della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione.
(151) La Corte costituzionale, con sentenza 22 gennaio-2 febbraio 2007, n. 22 (Gazz. Uff. 7 febbraio 2007, n. 6, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo, come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 16 e 27 della Costituzione; ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del 2004, nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio dello straniero che si trattenga nel territorio dello Stato in violazione del precedente comma 5-ter, primo periodo, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 27 Cost.
(152) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dal comma 5-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(153) La Corte costituzionale, con sentenza 18 dicembre 2003-13 gennaio 2004, n. 5 (Gazz. Uff. 21 gennaio 2004, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25, 27 e 97 della Costituzione. La stessa Corte, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre nuovi profili, con ordinanza 23 febbraio-2 marzo 2004, n. 80 (Gazz. Uff. 10 marzo 2004, n. 10, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24 e 25 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 27-29 settembre 2004, n. 302 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2004, n. 39, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del citato art. 14, comma 5-ter, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 27 della Costituzione.
(154) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 ottobre-5 novembre 2004, n. 333 (Gazz. Uff. 10 novembre 2004, n. 44, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, inseriti dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata dal Tribunale di Velletri. La stessa Corte, con altra ordinanza 12-21 ottobre 2005, n. 395 (Gazz. Uff. 26 ottobre 2005, n. 43, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione.
(155) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 febbraio-8 marzo 2005, n. 100 (Gazz. Uff. 16 marzo 2005, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, aggiunti dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 13 e 25 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 30 novembre-13 dicembre 2005, n. 447 (Gazz. Uff. 21 dicembre 2005, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.
(156) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-6 aprile 2005, n. 141 (Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, inserito dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24, 27, 104 e 111 della Costituzione.
(157) La stessa Corte, con altra ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 364 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 376 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24, 27, 104 e 111 della Costituzione.
(158) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 386 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-bis e 5-ter, come modificato della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione.
(159) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 388 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nelle parti riguardanti l'arresto obbligatorio e l'obbligatorietà del rito direttissimo, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione; inoltre ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, in relazione all'art. 13, comma 7, nella parte in cui non prescrive l'obbligatoria traduzione dell'ordine di espulsione dello straniero in una lingua conosciuta dallo stesso, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
(160) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 gennaio-9 febbraio 2007, n. 35 (Gazz. Uff. 14 febbraio 2007, n. 7, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.
(161) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dal comma 5-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(162) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dal comma 6 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, come sostituito dalla relativa legge di conversione. La Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 223 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28 - Prima serie speciale), aveva dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dell'originario comma 5-quinquies nella parte in cui stabiliva che per il reato previsto dal comma 5-ter del presente articolo fosse obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto.
(163) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 ottobre-5 novembre 2004, n. 333 (Gazz. Uff. 10 novembre 2004, n. 44, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, inseriti dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata dal Tribunale di Velletri.
(164) La Corte costituzionale, con ordinanza 13-21 dicembre 2004, n. 405 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, inserito dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13, terzo comma, della Costituzione.
(165) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 febbraio-8 marzo 2005, n. 100 (Gazz. Uff. 16 marzo 2005, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, aggiunti dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 13 e 25 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 30 novembre-13 dicembre 2005, n. 447 (Gazz. Uff. 21 dicembre 2005, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.
(166) La Corte costituzionale, con ordinanza 7-22 luglio 2005, n. 313 (Gazz. Uff. 27 luglio 2005, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, inserito dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 13, terzo comma, della Costituzione.
(167) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 388 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nelle parti riguardanti l'arresto obbligatorio e l'obbligatorietà del rito direttissimo, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione; inoltre ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, in relazione all'art. 13, comma 7, nella parte in cui non prescrive l'obbligatoria traduzione dell'ordine di espulsione dello straniero in una lingua conosciuta dallo stesso, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
(168) La Corte costituzionale, con sentenza 22 gennaio-2 febbraio 2007, n. 22 (Gazz. Uff. 7 febbraio 2007, n. 6, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo, come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 16 e 27 della Costituzione; ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del 2004, nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio dello straniero che si trattenga nel territorio dello Stato in violazione del precedente comma 5-ter, primo periodo, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 27 Cost.
(169) Vedi, anche, il comma 2-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
Art. 15
Espulsione a titolo di misura di sicurezza e disposizioni per l'esecuzione dell'espulsione (170).
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 13)
1. Fuori dei casi previsti dal codice penale, il giudice può ordinare l'espulsione dello straniero che sia condannato per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, sempre che risulti socialmente pericoloso.
1-bis. Della emissione del provvedimento di custodia cautelare o della definitiva sentenza di condanna ad una pena detentiva nei confronti di uno straniero proveniente da Paesi extracomunitari viene data tempestiva comunicazione al questore ed alla competente autorità consolare al fine di avviare la procedura di identificazione dello straniero e consentire, in presenza dei requisiti di legge, l'esecuzione della espulsione subito dopo la cessazione del periodo di custodia cautelare o di detenzione (171).
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(170) Rubrica così sostituita dal comma 2 dell'art. 14, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(171) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, L. 30 luglio 2002, n. 189.
Art. 16
Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 14)
1. Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna per un reato non colposo o nell'applicare la pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale nei confronti dello straniero che si trovi in taluna delle situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, quando ritiene di dovere irrogare la pena detentiva entro il limite di due anni e non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 163 del codice penale né le cause ostative indicate nell'articolo 14, comma 1, del presente testo unico, può sostituire la medesima pena con la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni.
2. L'espulsione di cui al comma 1 è eseguita dal questore anche se la sentenza non è irrevocabile, secondo le modalità di cui all'articolo 13, comma 4.
3. L'espulsione di cui al comma 1 non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguardi uno o più delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero i delitti previsti dal presente testo unico, puniti con pena edittale superiore nel massimo a due anni.
4. Se lo straniero espulso a norma del comma 1 rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dall'articolo 13, comma 14, la sanzione sostitutiva è revocata dal giudice competente.
5. Nei confronti dello straniero, identificato, detenuto, che si trova in taluna delle situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, che deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni, è disposta l'espulsione. Essa non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguarda uno o più delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero i delitti previsti dal presente testo unico (172) (173).
6. Competente a disporre l'espulsione di cui al comma 5 è il magistrato di sorveglianza, che decide con decreto motivato, senza formalità, acquisite le informazioni degli organi di polizia sull'identità e sulla nazionalità dello straniero. Il decreto di espulsione è comunicato allo straniero che, entro il termine di dieci giorni, può proporre opposizione dinanzi al tribunale di sorveglianza. Il tribunale decide nel termine di venti giorni (174) (175).
7. L'esecuzione del decreto di espulsione di cui al comma 6 è sospesa fino alla decorrenza dei termini di impugnazione o della decisione del tribunale di sorveglianza e, comunque, lo stato di detenzione permane fino a quando non siano stati acquisiti i necessari documenti di viaggio. L'espulsione è eseguita dal questore competente per il luogo di detenzione dello straniero con la modalità dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (176) (177).
8. La pena è estinta alla scadenza del termine di dieci anni dall'esecuzione dell'espulsione di cui al comma 5, sempre che lo straniero non sia rientrato illegittimamente nel territorio dello Stato. In tale caso, lo stato di detenzione è ripristinato e riprende l'esecuzione della pena (178) (179).
9. L'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione non si applica ai casi di cui all'articolo 19 (180) (181) (182).
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(172) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.
(173) La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.
(174) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.
(175) La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.
(176) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.
(177) La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.
(178) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.
(179) La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.
(180) Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 15, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(181) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.
(182) La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.
Art. 17
Diritto di difesa.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 15)
1. Lo straniero parte offesa ovvero sottoposto a procedimento penale è autorizzato a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per l'esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di atti per i quali è necessaria la sua presenza. L'autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta della parte offesa o dell'imputato o del difensore (183) (184).
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(183) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 16, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(184) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 363 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 376 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 17 come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 104 e 111 della Costituzione.
Capo III - Disposizioni di carattere umanitario
Art. 18
Soggiorno per motivi di protezione sociale.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 16)
1. Quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per taluno dei delitti di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, o di quelli previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, ovvero nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali, siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero, ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un'associazione dedita ad uno dei predetti delitti o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche su proposta del Procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità, rilascia uno speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti dell'organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale.
2. Con la proposta o il parere di cui al comma 1, sono comunicati al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza delle condizioni ivi indicate, con particolare riferimento alla gravità ed attualità del pericolo ed alla rilevanza del contributo offerto dallo straniero per l'efficace contrasto dell'organizzazione criminale ovvero per la individuazione o cattura dei responsabili dei delitti indicati nello stesso comma. Le modalità di partecipazione al programma di assistenza ed integrazione sociale sono comunicate al Sindaco.
3. Con il regolamento di attuazione sono stabilite le disposizioni occorrenti per l'affidamento della realizzazione del programma a soggetti diversi da quelli istituzionalmente preposti ai servizi sociali dell'ente locale, e per l'espletamento dei relativi controlli. Con lo stesso regolamento sono individuati i requisiti idonei a garantire la competenza e la capacità di favorire l'assistenza e l'integrazione sociale, nonché la disponibilità di adeguate strutture organizzative dei soggetti predetti.
4. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente articolo ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno, o per il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia. Esso è revocato in caso di interruzione del programma o di condotta incompatibile con le finalità dello stesso, segnalate dal procuratore della Repubblica o, per quanto di competenza, dal servizio sociale dell'ente locale, o comunque accertate dal questore, ovvero quando vengono meno le altre condizioni che ne hanno giustificato il rilascio.
5. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo consente l'accesso ai servizi assistenziali e allo studio, nonché l'iscrizione nelle liste di collocamento e lo svolgimento di lavoro subordinato, fatti salvi i requisiti minimi di età. Qualora, alla scadenza del permesso di soggiorno, l'interessato risulti avere in corso un rapporto di lavoro, il permesso può essere ulteriormente prorogato o rinnovato per la durata del rapporto medesimo o, se questo è a tempo indeterminato, con le modalità stabilite per tale motivo di soggiorno. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì convertito in permesso di soggiorno per motivi di studio qualora il titolare sia iscritto ad un corso regolare di studi.
6. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì rilasciato, all'atto delle dimissioni dall'istituto di pena, anche su proposta del procuratore della Repubblica o del giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni, allo straniero che ha terminato l'espiazione di una pena detentiva, inflitta per reati commessi durante la minore età, e già dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza e integrazione sociale.
6-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche ai cittadini di Stati membri dell'Unione europea che si trovano in una situazione di gravità ed attualità di pericolo (185).
7. L'onere derivante dal presente articolo è valutato in lire 5 miliardi per l'anno 1997 e in lire 10 miliardi annui a decorrere dall'anno 1998 (186).
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(185) Comma aggiunto dal comma 4 dell’art. 6, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, come sotituito dalla relativa legge di conversione.
(186) In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il Comunicato 26 settembre 2002, n. 4, il Comunicato 2 gennaio 2004, n. 5, il Comunicato 24 gennaio 2005, n. 6, il Comunicato 20 gennaio 2006, n. 7 e il Comunicato 21 febbraio 2007, n. 8. Vedi, anche, l'art. 13, L. 11 agosto 2003, n. 228.
Art. 19
Divieti di espulsione e di respingimento.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 17)
1. In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
2. Non è consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'articolo 13, comma 1, nei confronti:
a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi;
b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno, salvo il disposto dell'articolo 9;
c) degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge, di nazionalità italiana (187) (188);
d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono (189) (190) (191) (192) (193) (194) (195) (196).
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(187) La Corte costituzionale, con ordinanza 25 ottobre-8 novembre 2000, n. 481 (Gazz. Uff. 15 novembre 2000, n. 47, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera c), sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
(188) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-14 aprile 2006, n. 158 (Gazz. Uff. 19 aprile 2006, n. 16, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera c), sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione.
(189) La Corte costituzionale, con sentenza 12-27 luglio 2000, n. 376 (Gazz. Uff. 2 agosto 2000, n. 32 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità della presente lettera, che sostituisce la lettera d) del comma 2 dell'art. 17 della L. 6 marzo 1998, n. 40, nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio.
(190) La Corte costituzionale, con ordinanza 4-6 luglio 2001, n. 232 (Gazz. Uff. 11 luglio 2001, n. 27, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione.
(191) La Corte costituzionale, con sentenza 5-17 luglio 2001, n. 252 (Gazz. Uff. 25 luglio 2001, n. 29, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 32 della Costituzione.
(192) La Corte costituzionale, con ordinanza 20 giugno-1° luglio 2005, n. 260 (Gazz. Uff. 6 luglio 2005, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione.
(193) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-14 aprile 2006, n. 161 (Gazz. Uff. 19 aprile 2006, n. 16, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, sollevata in riferimento all'art. 2 della Costituzione.
(194) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-14 aprile 2006, n. 162 (Gazz. Uff. 19 aprile 2006, n. 16, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 19 e 29, comma 1, lettera b-bis), sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione.
(195) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-11 maggio 2006, n. 192 (Gazz. Uff. 17 maggio 2006, n. 20, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera d), sollevata in riferimento agli artt. 2, 30 e 32 della Costituzione.
(196) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-22 dicembre 2006, n. 444 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera d), sollevata in riferimento agli artt. 2, 30, 31 e 32 della Costituzione.
Art. 20
Misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 18)
1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato d'intesa con i Ministri degli affari esteri, dell'interno, per la solidarietà sociale, e con gli altri Ministri eventualmente interessati, sono stabilite, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo di cui all'articolo 45, le misure di protezione temporanea da adottarsi, anche in deroga a disposizioni del presente testo unico, per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all'Unione Europea (197).
2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o un Ministro da lui delegato riferiscono annualmente al Parlamento sull'attuazione delle misure adottate.
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(197) In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi il D.P.C.M. 12 maggio 1999.
TITOLO III
Disciplina del lavoro
Art. 21
Determinazione dei flussi di ingresso.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 19; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 9, comma 3, e art. 10; legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 13)
1. L'ingresso nel territorio dello Stato per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale e di lavoro autonomo, avviene nell'ambito delle quote di ingresso stabilite nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4. Nello stabilire le quote i decreti prevedono restrizioni numeriche all'ingresso di lavoratori di Stati che non collaborano adeguatamente nel contrasto all'immigrazione clandestina o nella riammissione di propri cittadini destinatari di provvedimenti di rimpatrio. Con tali decreti altresì assegnate in via preferenziale quote riservate ai lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea retta di ascendenza, residenti in Paesi non comunitari, che chiedano di essere inseriti in un apposito elenco, costituito presso le rappresentanze diplomatiche o consolari, contenente le qualifiche professionali dei lavoratori stessi, nonché agli Stati non appartenenti all'Unione europea, con i quali il Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'interno e il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, abbia concluso accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi d'ingresso e delle procedure di riammissione. Nell'ambito di tali intese possono essere definiti appositi accordi in materia di flussi per lavoro stagionale, con le corrispondenti autorità nazionali responsabili delle politiche del mercato del lavoro dei paesi di provenienza (198).
2. Le intese o accordi bilaterali di cui al comma 1 possono inoltre prevedere la utilizzazione in Italia, con contratto di lavoro subordinato, di gruppi di lavoratori per l'esercizio di determinate opere o servizi limitati nel tempo; al termine del rapporto di lavoro i lavoratori devono rientrare nel paese di provenienza.
3. Gli stessi accordi possono prevedere procedure e modalità per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro.
4. I decreti annuali devono tenere conto delle indicazioni fornite, in modo articolato per qualifiche o mansioni, dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale sull'andamento dell'occupazione e dei tassi di disoccupazione a livello nazionale e regionale, nonché sul numero dei cittadini stranieri non appartenenti all'Unione europea iscritti nelle liste di collocamento.
4-bis. Il decreto annuale ed i decreti infrannuali devono altresì essere predisposti in base ai dati sulla effettiva richiesta di lavoro suddivisi per regioni e per bacini provinciali di utenza, elaborati dall'anagrafe informatizzata, istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui al comma 7. Il regolamento di attuazione prevede possibili forme di collaborazione con altre strutture pubbliche e private, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio (199).
4-ter. Le regioni possono trasmettere, entro il 30 novembre di ogni anno, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, un rapporto sulla presenza e sulla condizione degli immigrati extracomunitari nel territorio regionale, contenente anche le indicazioni previsionali relative ai flussi sostenibili nel triennio successivo in rapporto alla capacità di assorbimento del tessuto sociale e produttivo (200).
5. Le intese o accordi bilaterali di cui al comma 1 possono prevedere che i lavoratori stranieri che intendono fare ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, si iscrivano in apposite liste, identificate dalle medesime intese, specificando le loro qualifiche o mansioni, nonché gli altri requisiti indicati dal regolamento di attuazione. Le predette intese possono inoltre prevedere le modalità di tenuta delle liste, per il successivo inoltro agli uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
6. Nell'àmbito delle intese o accordi di cui al presente testo unico, il Ministro degli affari esteri, d'intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, può predisporre progetti integrati per il reinserimento di lavoratori extracomunitari nei Paesi di origine, laddove ne esistano le condizioni e siano fornite idonee garanzie dai governi dei Paesi di provenienza, ovvero l'approvazione di domande di enti pubblici e privati, che richiedano di predisporre analoghi progetti anche per altri Paesi.
7. Il regolamento di attuazione prevede forme di istituzione di un'anagrafe annuale informatizzata delle offerte e delle richieste di lavoro subordinato dei lavoratori stranieri e stabilisce le modalità di collegamento con l'archivio organizzato dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.) e con le questure.
8. L'onere derivante dal presente articolo è valutato in lire 350 milioni annui a decorrere dall'anno 1998.
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(198) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 17, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(199) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 17, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(200) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 17, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
Art. 22
Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 20; legge 30 dicembre 1986, n. 943, artt. 8, 9 e 11; legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 13)
1. In ogni provincia è istituito presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo uno sportello unico per l'immigrazione, responsabile dell'intero procedimento relativo all'assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato ed indeterminato.
2. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con uno straniero residente all'estero deve presentare allo sportello unico per l'immigrazione della provincia di residenza ovvero di quella in cui ha sede legale l'impresa, ovvero di quella ove avrà luogo la prestazione lavorativa:
a) richiesta nominativa di nulla osta al lavoro;
b) idonea documentazione relativa alle modalità di sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero;
c) la proposta di contratto di soggiorno con specificazione delle relative condizioni, comprensiva dell'impegno al pagamento da parte dello stesso datore di lavoro delle spese di ritorno dello straniero nel Paese di provenienza;
d) dichiarazione di impegno a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro.
3. Nei casi in cui non abbia una conoscenza diretta dello straniero, il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia può richiedere, presentando la documentazione di cui alle lettere b) e c) del comma 2, il nulla osta al lavoro di una o più persone iscritte nelle liste di cui all'articolo 21, comma 5, selezionate secondo criteri definiti nel regolamento di attuazione.
4. Lo sportello unico per l'immigrazione comunica le richieste di cui ai commi 2 e 3 al centro per l'impiego di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, competente in relazione alla provincia di residenza, domicilio o sede legale. Il centro per l'impiego provvede a diffondere le offerte per via telematica agli altri centri ed a renderle disponibili su sito INTERNET o con ogni altro mezzo possibile ed attiva gli eventuali interventi previsti dall'articolo 2 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181. Decorsi venti giorni senza che sia stata presentata alcuna domanda da parte di lavoratore nazionale o comunitario, anche per via telematica, il centro trasmette allo sportello unico richiedente una certificazione negativa, ovvero le domande acquisite comunicandole altresì al datore di lavoro. Ove tale termine sia decorso senza che il centro per l'impiego abbia fornito riscontro, lo sportello unico procede ai sensi del comma 5.
5. Lo sportello unico per l'immigrazione, nel complessivo termine massimo di quaranta giorni dalla presentazione della richiesta, a condizione che siano state rispettate le prescrizioni di cui al comma 2 e le prescrizioni del contratto collettivo di lavoro applicabile alla fattispecie, rilascia, in ogni caso, sentito il questore, il nulla osta nel rispetto dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi determinati a norma dell'articolo 3, comma 4, e dell'articolo 21, e, a richiesta del datore di lavoro, trasmette la documentazione, ivi compreso il codice fiscale, agli uffici consolari, ove possibile in via telematica. Il nulla osta al lavoro subordinato ha validità per un periodo non superiore a sei mesi dalla data del rilascio.
6. Gli uffici consolari del Paese di residenza o di origine dello straniero provvedono, dopo gli accertamenti di rito, a rilasciare il visto di ingresso con indicazione del codice fiscale, comunicato dallo sportello unico per l'immigrazione. Entro otto giorni dall'ingresso, lo straniero si reca presso lo sportello unico per l'immigrazione che ha rilasciato il nulla osta per la firma del contratto di soggiorno che resta ivi conservato e, a cura di quest'ultimo, trasmesso in copia all'autorità consolare competente ed al centro per l'impiego competente.
7. Il datore di lavoro che omette di comunicare allo sportello unico per l'immigrazione qualunque variazione del rapporto di lavoro intervenuto con lo straniero, è punito con la sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro. Per l'accertamento e l'irrogazione della sanzione è competente il prefetto.
8. Salvo quanto previsto dall'articolo 23, ai fini dell'ingresso in Italia per motivi di lavoro, il lavoratore extracomunitario deve essere munito del visto rilasciato dal consolato italiano presso lo Stato di origine o di stabile residenza del lavoratore.
9. Le questure forniscono all'INPS e all'INAIL, tramite collegamenti telematici, le informazioni anagrafiche relative ai lavoratori extracomunitari ai quali è concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, o comunque idoneo per l'accesso al lavoro, e comunicano altresì il rilascio dei permessi concernenti i familiari ai sensi delle disposizioni di cui al titolo IV; l'INPS, sulla base delle informazioni ricevute, costituisce un «Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari», da condividere con altre amministrazioni pubbliche; lo scambio delle informazioni avviene in base a convenzione tra le amministrazioni interessate. Le stesse informazioni sono trasmesse, in via telematica, a cura delle questure, all'ufficio finanziario competente che provvede all'attribuzione del codice fiscale (201).
10. Lo sportello unico per l'immigrazione fornisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il numero ed il tipo di nulla osta rilasciati secondo le classificazioni adottate nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4 (202).
11. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione ai centri per l'impiego, anche ai fini dell'iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari.
12. Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato (203).
13. Salvo quanto previsto per i lavoratori stagionali dall'articolo 25, comma 5, in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità al verificarsi della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, anche in deroga al requisito contributivo minimo previsto dall'articolo 1, comma 20, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
14. Le attribuzioni degli istituti di patronato e di assistenza sociale, di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152, sono estese ai lavoratori extracomunitari che prestino regolare attività di lavoro in Italia.
15. I lavoratori italiani ed extracomunitari possono chiedere il riconoscimento di titoli di formazione professionale acquisiti all'estero; in assenza di accordi specifici, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la commissione centrale per l'impiego, dispone condizioni e modalità di riconoscimento delle qualifiche per singoli casi. Il lavoratore extracomunitario può inoltre partecipare, a norma del presente testo unico, a tutti i corsi di formazione e di riqualificazione programmati nel territorio della Repubblica.
16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi degli statuti e delle relative norme di attuazione (204).
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(201) Comma così modificato dall'art. 80, comma 11, L. 27 dicembre 2002, n. 289.
(202) La Corte costituzionale, con ordinanza 11-31 luglio 2002, n. 419 (Gazz. Uff. 7 agosto 2002, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 22, comma 10, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 secondo comma, e 101 della Costituzione.
(203) Vedi, anche, il comma 6 dell'art. 33, L. 30 luglio 2002, n. 189 e il comma 6 dell'art. 1, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(204) Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 18, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. Per la definizione della modulistica dello Sportello unico per l'immigrazione vedi, anche, il D.M. 31 marzo 2006.
Art. 23
Titoli di prelazione.
1. Nell'àmbito di programmi approvati, anche su proposta delle regioni e delle province autonome, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e realizzati anche in collaborazione con le regioni, le province autonome e altri enti locali, organizzazioni nazionali degli imprenditori e datori di lavoro e dei lavoratori, nonché organismi internazionali finalizzati al trasferimento dei lavoratori stranieri in Italia ed al loro inserimento nei settori produttivi del Paese, enti ed associazioni operanti nel settore dell'immigrazione da almeno tre anni, possono essere previste attività di istruzione e di formazione professionale nei Paesi di origine.
2. L'attività di cui al comma 1 è finalizzata:
a) all'inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano all'interno dello Stato;
b) all'inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano all'interno dei Paesi di origine;
c) allo sviluppo delle attività produttive o imprenditoriali autonome nei Paesi di origine.
3. Gli stranieri che abbiano partecipato alle attività di cui al comma 1 sono preferiti nei settori di impiego ai quali le attività si riferiscono ai fini della chiamata al lavoro di cui all'articolo 22, commi 3, 4 e 5, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione del presente testo unico.
4. Il regolamento di attuazione del presente testo unico prevede agevolazioni di impiego per i lavoratori autonomi stranieri che abbiano seguito i corsi di cui al comma 1 (205).
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(205) Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 19, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
Art. 24
Lavoro stagionale.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 22)
1. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia, o le associazioni di categoria per conto dei loro associati, che intendano instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a carattere stagionale con uno straniero devono presentare richiesta nominativa allo sportello unico per l'immigrazione della provincia di residenza ai sensi dell'articolo 22. Nei casi in cui il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante o le associazioni di categoria non abbiano una conoscenza diretta dello straniero, la richiesta, redatta secondo le modalità previste dall'articolo 22, deve essere immediatamente comunicata al centro per l'impiego competente, che verifica nel termine di cinque giorni l'eventuale disponibilità di lavoratori italiani o comunitari a ricoprire l'impiego stagionale offerto. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 22, comma 3.
2. Lo sportello unico per l'immigrazione rilascia comunque l'autorizzazione nel rispetto del diritto di precedenza maturato, decorsi dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma 1 e non oltre venti giorni dalla data di ricezione della richiesta del datore di lavoro.
3. L'autorizzazione al lavoro stagionale ha validità da venti giorni ad un massimo di nove mesi, in corrispondenza della durata del lavoro stagionale richiesto, anche con riferimento all'accorpamento di gruppi di lavori di più breve periodo da svolgere presso diversi datori di lavoro.
4. Il lavoratore stagionale, ove abbia rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno e sia rientrato nello Stato di provenienza alla scadenza del medesimo, ha diritto di precedenza per il rientro in Italia nell'anno successivo per ragioni di lavoro stagionale, rispetto ai cittadini del suo stesso Paese che non abbiano mai fatto regolare ingresso in Italia per motivi di lavoro. Può, inoltre, convertire il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, qualora se ne verifichino le condizioni.
5. Le commissioni regionali tripartite, di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, possono stipulare con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale dei lavoratori e dei datori di lavoro, con le regioni e con gli enti locali, apposite convenzioni dirette a favorire l'accesso dei lavoratori stranieri ai posti di lavoro stagionale. Le convenzioni possono individuare il trattamento economico e normativo, comunque non inferiore a quello previsto per i lavoratori italiani e le misure per assicurare idonee condizioni di lavoro della manodopera, nonché eventuali incentivi diretti o indiretti per favorire l'attivazione dei flussi e dei deflussi e le misure complementari relative all'accoglienza.
6. Il datore di lavoro che occupa alle sue dipendenze, per lavori di carattere stagionale, uno o più stranieri privi del permesso di soggiorno per lavoro stagionale, ovvero il cui permesso sia scaduto, revocato o annullato, è punito ai sensi dell'articolo 22, comma 12 (206).
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(206) Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 20, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge e il D.M. 31 marzo 2006.
Art. 25
Previdenza e assistenza per i lavoratori stagionali.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 23)
1. In considerazione della durata limitata dei contratti nonché della loro specificità, agli stranieri titolari di permesso di soggiorno per lavoro stagionale si applicano le seguenti forme di previdenza e assistenza obbligatoria, secondo le norme vigenti nei settori di attività:
a) assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti;
b) assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;
c) assicurazione contro le malattie;
d) assicurazione di maternità.
2. In sostituzione dei contributi per l'assegno per il nucleo familiare e per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria, il datore di lavoro è tenuto a versare all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) un contributo in misura pari all'importo dei medesimi contributi ed in base alle condizioni e alle modalità stabilite per questi ultimi. Tali contributi sono destinati ad interventi di carattere socio-assistenziale a favore dei lavoratori di cui all'articolo 45.
3. Nei decreti attuativi del documento programmatico sono definiti i requisiti, gli àmbiti e le modalità degli interventi di cui al comma 2.
4. Sulle contribuzioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano le riduzioni degli oneri sociali previste per il settore di svolgimento dell'attività lavorativa.
5. Ai contributi di cui al comma 1, lettera a), si applicano le disposizioni dell'articolo 22, comma 13, concernenti il trasferimento degli stessi all'istituto o ente assicuratore dello Stato di provenienza. È fatta salva la possibilità di ricostruzione della posizione contributiva in caso di successivo ingresso (207).
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(207) Comma così modificato dal comma 2 dell'art. 28, L. 30 luglio 2002, n. 189.
Art. 26
Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 24)
1. L'ingresso in Italia dei lavoratori stranieri non appartenenti all'Unione europea che intendono esercitare nel territorio dello Stato un'attività non occasionale di lavoro autonomo può essere consentito a condizione che l'esercizio di tali attività non sia riservato dalla legge ai cittadini italiani, o a cittadini di uno degli Stati membri dell'Unione Europea.
2. In ogni caso lo straniero che intenda esercitare in Italia una attività industriale, professionale, artigianale o commerciale, ovvero costituire società di capitale o di persone o accedere a cariche societarie deve altresì dimostrare di disporre di risorse adeguate per l'esercizio dell'attività che intende intraprendere in Italia; di essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana per l'esercizio della singola attività, compresi, ove richiesti, i requisiti per l'iscrizione in albi e registri; di essere in possesso di una attestazione dell'autorità competente in data non anteriore a tre mesi che dichiari che non sussistono motivi ostativi al rilascio dell'autorizzazione o della licenza prevista per l'esercizio dell'attività che lo straniero intende svolgere.
3. Il lavoratore non appartenente all'Unione europea deve comunque dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (208).
4. Sono fatte salve le norme più favorevoli previste da accordi internazionali in vigore per l'Italia.
5. La rappresentanza diplomatica o consolare, accertato il possesso dei requisiti indicati dal presente articolo ed acquisiti i nulla osta del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell'interno e del Ministero eventualmente competente in relazione all'attività che lo straniero intende svolgere in Italia, rilascia il visto di ingresso per lavoro autonomo, con l'espressa indicazione dell'attività cui il visto si riferisce, nei limiti numerici stabiliti a norma dell'articolo 3, comma 4, e dell'articolo 21. La rappresentanza diplomatica o consolare rilascia, altresì, allo straniero la certificazione dell'esistenza dei requisiti previsti dal presente articolo ai fini degli adempimenti previsti dall'articolo 5, comma 3-quater, per la concessione del permesso di soggiorno per lavoro autonomo (209).
6. Le procedure di cui al comma 5 sono effettuate secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.
7. Il visto di ingresso per lavoro autonomo deve essere rilasciato o negato entro centoventi giorni dalla data di presentazione della domanda e della relativa documentazione e deve essere utilizzato entro centottanta giorni dalla data del rilascio.
7-bis. La condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l'espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (210) (211) (212) (213).
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(208) Comma così modificato dal comma 3 dell'art. 28, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(209) Periodo aggiunto dal comma 2 dell'art. 18, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(210) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 21, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(211) La Corte costituzionale, con ordinanza 2-4 maggio 2005, n. 189 (Gazz. Uff. 11 maggio 2005, n. 19, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis, sollevata in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 27, 35 e 113 della Costituzione.
(212) La Corte costituzionale, con sentenza 7-22 giugno 2006, n. 240 (Gazz. Uff. 28 giugno 2006, n. 26, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 27, terzo comma, e 41 della Costituzione; ha infine dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 8, sollevata in riferimento agli artt. 3, 100, primo comma, e 103, primo comma, della Costituzione.
(213) La Corte costituzionale, con ordinanza 7-21 marzo 2007, n. 101 (Gazz. Uff. 28 marzo 2007, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis, sollevata in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 27, 35, 41, 100, 103 e 113 della Costituzione.
Art. 27
Ingresso per lavoro in casi particolari.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 25; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 14, commi 2 e 4)
1. Al di fuori degli ingressi per lavoro di cui agli articoli precedenti, autorizzati nell'àmbito delle quote di cui all'articolo 3, comma 4, il regolamento di attuazione disciplina particolari modalità e termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per ognuna delle seguenti categorie di lavoratori stranieri:
a) dirigenti o personale altamente specializzato di società aventi sede o filiali in Italia ovvero di uffici di rappresentanza di società estere che abbiano la sede principale di attività nel territorio di uno Stato membro dell'Organizzazione mondiale del commercio, ovvero dirigenti di sedi principali in Italia di società italiane o di società di altro Stato membro dell'Unione europea;
b) lettori universitari di scambio o di madre lingua;
c) professori universitari e ricercatori destinati a svolgere in Italia un incaricato accademico o un'attività retribuita di ricerca presso università, istituti di istruzione e di ricerca operanti in Italia;
d) traduttori e interpreti;
e) collaboratori familiari aventi regolarmente in corso all'estero da almeno un anno, rapporti di lavoro domestico a tempo pieno con cittadini italiani o di uno degli Stati membri dell'Unione europea residenti all'estero che si trasferiscono in Italia, per la prosecuzione del rapporto di lavoro domestico;
f) persone che, autorizzate a soggiornare per motivi di formazione professionale, svolgano periodi temporanei di addestramento presso datori di lavoro italiani effettuando anche prestazioni che rientrano nell'ambito del lavoro subordinato (214);
g) lavoratori alle dipendenze di organizzazioni o imprese operanti nel territorio italiano, che siano stati ammessi temporaneamente a domanda del datore di lavoro, per adempiere funzioni o compiti specifici, per un periodo limitato o determinato, tenuti a lasciare l'Italia quando tali compiti o funzioni siano terminati;
h) lavoratori marittimi occupati nella misura e con le modalità stabilite nel regolamento di attuazione;
i) lavoratori dipendenti regolarmente retribuiti da datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede all'estero e da questi direttamente retribuiti, i quali siano temporaneamente trasferiti dall'estero presso persone fisiche o giuridiche, italiane o straniere, residenti in Italia, al fine di effettuare nel territorio italiano determinate prestazioni oggetto di contratto di appalto stipulato tra le predette persone fisiche o giuridiche residenti o aventi sede in Italia e quelle residenti o aventi sede all'estero, nel rispetto delle disposizioni dell'art. 1655 del codice civile e della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, e delle norme internazionali e comunitarie;
l) lavoratori occupati presso circhi o spettacoli viaggianti all'estero;
m) personale artistico e tecnico per spettacoli lirici, teatrali, concertistici o di balletto;
n) ballerini, artisti e musicisti da impiegare presso locali di intrattenimento;
o) artisti da impiegare da enti musicali teatrali o cinematografici o da imprese radiofoniche o televisive, pubbliche o private, o da enti pubblici, nell'ambito di manifestazioni culturali o folcloristiche;
p) stranieri che siano destinati a svolgere qualsiasi tipo di attività sportiva professionistica presso società sportive italiane ai sensi della legge 23 marzo 1981, n. 91;
q) giornalisti corrispondenti ufficialmente accreditati in Italia e dipendenti regolarmente retribuiti da organi di stampa quotidiani o periodici, ovvero da emittenti radiofoniche o televisive straniere;
r) persone che, secondo le norme di accordi internazionali in vigore per l'Italia, svolgono in Italia attività di ricerca o un lavoro occasionale nell'ambito di programmi di scambi di giovani o di mobilità di giovani o sono persone collocate «alla pari»;
r-bis) infermieri professionali assunti presso strutture sanitarie pubbliche e private (215).
1-bis. Nel caso in cui i lavoratori di cui alla lettera i) del comma 1 siano dipendenti regolarmente retribuiti dai datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede in uno Stato membro dell'Unione europea, il nulla osta al lavoro è sostituito da una comunicazione, da parte del committente, del contratto in base al quale la prestazione di servizi ha luogo, unitamente ad una dichiarazione del datore di lavoro contenente i nominativi dei lavoratori da distaccare e attestante la regolarità della loro situazione con riferimento alle condizioni di residenza e di lavoro nello Stato membro dell'Unione europea in cui ha sede il datore di lavoro. La comunicazione è presentata allo sportello unico della prefettura-ufficio territoriale del Governo, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno (216).
2. In deroga alle disposizioni del presente testo unico i lavoratori extracomunitari dello spettacolo possono essere assunti alle dipendenze dei datori di lavoro per esigenze connesse alla realizzazione e produzione di spettacoli previa apposita autorizzazione rilasciata dall'ufficio speciale per il collocamento dei lavoratori dello spettacolo o sue sezioni periferiche che provvedono, sentito il Dipartimento dello spettacolo, previo nulla osta provvisorio dell'autorità provinciale di pubblica sicurezza. L'autorizzazione è rilasciata, salvo che si tratti di personale artistico ovvero di personale da utilizzare per periodi non superiori a tre mesi, prima che il lavoratore extracomunitario entri nel territorio nazionale. I lavoratori extracomunitari autorizzati a svolgere attività lavorativa subordinata nel settore dello spettacolo non possono cambiare settore di attività né la qualifica di assunzione. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con le Autorità di Governo competenti in materia di turismo ed in materia di spettacolo, determina le procedure e le modalità per il rilascio dell'autorizzazione prevista dal presente comma.
3. Rimangono ferme le disposizioni che prevedono il possesso della cittadinanza italiana per lo svolgimento di determinate attività.
4. Il regolamento di cui all'articolo 1 contiene altresì norme per l'attuazione delle convenzioni ed accordi internazionali in vigore relativamente all'ingresso e soggiorno dei lavoratori stranieri occupati alle dipendenze di rappresentanze diplomatiche o consolari o di enti di diritto internazionale aventi sede in Italia.
5. L'ingresso e il soggiorno dei lavoratori frontalieri non appartenenti all'Unione europea è disciplinato dalle disposizioni particolari previste negli accordi internazionali in vigore con gli Stati confinanti.
5-bis. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, su proposta del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), sentiti i Ministri dell'interno e del lavoro e delle politiche sociali, è determinato il limite massimo annuale d'ingresso degli sportivi stranieri che svolgono attività sportiva a titolo professionistico o comunque retribuita, da ripartire tra le federazioni sportive nazionali. Tale ripartizione è effettuata dal CONI con delibera da sottoporre all'approvazione del Ministro vigilante. Con la stessa delibera sono stabiliti i criteri generali di assegnazione e di tesseramento per ogni stagione agonistica anche al fine di assicurare la tutela dei vivai giovanili (217) (218).
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(214) Vedi, anche, il D.M. 22 marzo 2006.
(215) Lettera aggiunta dal comma 1 dell'art. 22, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(216) Comma aggiunto dall'art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, come sostituito dalla relativa legge di conversione.
(217) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 22, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(218) Vedi, anche, il D.M. 31 marzo 2006.
TITOLO IV
Diritto all'unità familiare e tutela dei minori
Art. 28
Diritto all'unità familiare.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 26)
1. Il diritto a mantenere o a riacquistare l'unità familiare nei confronti dei familiari stranieri è riconosciuto, alle condizioni previste dal presente testo unico, agli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno rilasciato per motivi di lavoro subordinato o autonomo, ovvero per asilo, per studio, per motivi religiosi o per motivi familiari (219).
2. Ai familiari stranieri di cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione Europea continuano ad applicarsi le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1965, n. 1656, fatte salve quelle più favorevoli del presente testo unico o del regolamento di attuazione.
3. In tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all'unità familiare e riguardanti i minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall'articolo 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176.
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(219) Comma così sostituito dalla lettera d) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.
Art. 29
Ricongiungimento familiare.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 27)
1. Lo straniero può chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari:
a) coniuge;
b) figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso;
c) figli maggiorenni a carico qualora permanentemente non possano provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute (220);
d) genitori a carico che non dispongano di un adeguato sostegno familiare nel Paese di origine o di provenienza.
2. Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i figli di età inferiore a diciotto anni al momento della presentazione dell'istanza di ricongiungimento. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli.
3. Salvo quanto previsto dall'articolo 29-bis, lo straniero che richiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilità:
a) di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio. Nel caso di un figlio di età inferiore agli anni quattordici al seguito di uno dei genitori, è sufficiente il consenso del titolare dell'alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà (221);
b) di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di un solo familiare, al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari, al triplo dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di quattro o più familiari. Per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici è richiesto, in ogni caso, un reddito minimo non inferiore al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.
4. È consentito l'ingresso, al seguito dello straniero titolare di carta di soggiorno o di un visto di ingresso per lavoro subordinato relativo a contratto di durata non inferiore a un anno, o per lavoro autonomo non occasionale, ovvero per studio o per motivi religiosi, dei familiari con i quali è possibile attuare il ricongiungimento, a condizione che ricorrano i requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3.
5. Salvo quanto disposto dall'articolo 4, comma 6, è consentito l'ingresso, per ricongiungimento al figlio minore regolarmente soggiornante in Italia, del genitore naturale che dimostri, entro un anno dall'ingresso in Italia, il possesso dei requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3.
6. Al familiare autorizzato all'ingresso ovvero alla permanenza sul territorio nazionale ai sensi dell'articolo 31, comma 3, è rilasciato, in deroga a quanto previsto dall'articolo 5, comma 3-bis, un permesso per assistenza minore, rinnovabile, di durata corrispondente a quella stabilita dal Tribunale per i minorenni. Il permesso di soggiorno consente di svolgere attività lavorativa ma non può essere convertito in permesso per motivi di lavoro.
7. La domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare, corredata della documentazione relativa ai requisiti di cui al comma 3, è presentata allo sportello unico per l'immigrazione presso la prefettura-ufficio territoriale del governo competente per il luogo di dimora del richiedente, il quale ne rilascia copia contrassegnata con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento. L'ufficio, acquisito dalla questura il parere sulla insussistenza dei motivi ostativi all'ingresso dello straniero nel territorio nazionale, di cui all'articolo 4, comma 3, ultimo periodo, e verificata l'esistenza dei requisiti di cui al comma 3, rilascia il nulla osta ovvero un provvedimento di diniego dello stesso. Il rilascio del visto nei confronti del familiare per il quale è stato rilasciato il predetto nulla osta è subordinato all'effettivo accertamento dell'autenticità, da parte dell'autorità consolare italiana, della documentazione comprovante i presupposti di parentela, coniugio, minore età o stato di salute.
8. Trascorsi novanta giorni dalla richiesta del nulla osta, l'interessato può ottenere il visto di ingresso direttamente dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, dietro esibizione della copia degli atti contrassegnata dallo sportello unico per l'immigrazione, da cui risulti la data di presentazione della domanda e della relativa documentazione.
9. La richiesta di ricongiungimento familiare è respinta se è accertato che il matrimonio o l'adozione hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di consentire all'interessato di entrare o soggiornare nel territorio dello Stato.
10. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano:
a) quando il soggiornante chiede il riconoscimento dello status di rifugiato e la sua domanda non è ancora stata oggetto di una decisione definitiva;
b) agli stranieri destinatari delle misure di protezione temporanea, disposte ai sensi del decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85, ovvero delle misure di cui all'articolo 20;
c) nelle ipotesi di cui all'articolo 5, comma 6 (222).
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(220) La Corte costituzionale, con sentenza 25 ottobre-9 novembre 2006, n. 368 (Gazz. Uff. 15 novembre 2006, n. 45, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, comma 1, lettera c), come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 29 della Costituzione.
(221) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-23 novembre 2006, n. 395 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 29, comma 3, lettera a), sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e 31 della Costituzione.
(222) Articolo prima modificato dal comma 1 dell'art. 23, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dalla lettera e) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennio 2007, n. 5.
Art. 29-bis
Ricongiungimento familiare dei rifugiati.
1. Lo straniero al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato può richiedere il ricongiungimento familiare per le medesime categorie di familiari e con la stessa procedura di cui all'articolo 29. Non si applicano, in tal caso, le disposizioni di cui all'articolo 29, comma 3.
2. Qualora un rifugiato non possa fornire documenti ufficiali che provino i suoi vincoli familiari, in ragione del suo status, ovvero della mancanza di un'autorità riconosciuta o della presunta inaffidabilità dei documenti rilasciati dall'autorità locale, rilevata anche in sede di cooperazione consolare Schengen locale, ai sensi della decisione del Consiglio europeo del 22 dicembre 2003, le rappresentanze diplomatiche o consolari provvedono al rilascio di certificazioni, ai sensi dell'articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200, sulla base delle verifiche ritenute necessarie, effettuate a spese degli interessati. Può essere fatto ricorso, altresì, ad altri mezzi atti a provare l'esistenza del vincolo familiare, tra cui elementi tratti da documenti rilasciati dagli organismi internazionali ritenuti idonei dal Ministero degli affari esteri. Il rigetto della domanda non può essere motivato unicamente dall'assenza di documenti probatori.
3. Se il rifugiato è un minore non accompagnato, è consentito l'ingresso ed il soggiorno, ai fini del ricongiungimento, degli ascendenti diretti di primo grado (223).
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(223) Articolo aggiunto dalla lettere f) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.
Art. 30
Permesso di soggiorno per motivi familiari.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 28)
1. Fatti salvi i casi di rilascio o di rinnovo della carta di soggiorno, il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato:
a) allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare, ovvero con visto di ingresso al seguito del proprio familiare nei casi previsti dall'articolo 29, ovvero con visto di ingresso per ricongiungimento al figlio minore;
b) agli stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti;
c) al familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea residenti in Italia, ovvero con straniero regolarmente soggiornante in Italia. In tal caso il permesso del familiare è convertito in permesso di soggiorno per motivi familiari. La conversione può essere richiesta entro un anno dalla data di scadenza del titolo di soggiorno originariamente posseduto dal familiare. Qualora detto cittadino sia un rifugiato si prescinde dal possesso di un valido permesso di soggiorno da parte del familiare;
d) al genitore straniero, anche naturale, di minore italiano residente in Italia. In tal caso il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato anche a prescindere dal possesso di un valido titolo di soggiorno, a condizione che il genitore richiedente non sia stato privato della potestà genitoriale secondo la legge italiana.
1-bis. Il permesso di soggiorno nei casi di cui al comma 1, lettera b), è immediatamente revocato qualora sia accertato che al matrimonio non è seguita l'effettiva convivenza salvo che dal matrimonio sia nata prole (224). La richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero di cui al comma 1, lettera a), è rigettata e il permesso di soggiorno è revocato se è accertato che il matrimonio o l'adozione hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all'interessato di soggiornare nel territorio dello Stato (225).
2. Il permesso di soggiorno per motivi familiari consente l'accesso ai servizi assistenziali, l'iscrizione a corsi di studio o di formazione professionale, l'iscrizione nelle liste di collocamento, lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro.
3. Il permesso di soggiorno per motivi familiari ha la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungimento ai sensi dell'articolo 29 ed è rinnovabile insieme con quest'ultimo.
4. [Allo straniero che effettua il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea è rilasciata una carta di soggiorno] (226).
5. In caso di morte del familiare in possesso dei requisiti per il ricongiungimento e in caso di separazione legale o di scioglimento del matrimonio o, per il figlio che non possa ottenere la carta di soggiorno, al compimento del diciottesimo anno di età, il permesso di soggiorno può essere convertito in permesso per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro (227).
6. Contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonché contro gli altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto all'unità familiare, l'interessato può presentare ricorso al pretore del luogo in cui risiede, il quale provvede, sentito l'interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che accoglie il ricorso può disporre il rilascio del visto anche in assenza del nulla osta. Gli atti del procedimento sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra tassa. L'onere derivante dall'applicazione del presente comma è valutato in lire 150 milioni annui a decorrere dall'anno 1998.
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(224) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 29, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(225) Periodo aggiunto dalla lettera g) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.
(226) Comma così modificato dall'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3 e poi abrogato dall'art. 25, D.Lgs.6 febbraio 2007, n. 30.
(227) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 24, L. 30 luglio 2002, n. 189.
Art. 31
Disposizioni a favore dei minori.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 29)
1. Il figlio minore della straniero con questi convivente e regolarmente soggiornante è iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno di uno o di entrambi i genitori fino al compimento del quattordicesimo anno di età e segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive, ovvero la più favorevole tra quelle dei genitori con cui convive. Fino al medesimo limite di età il minore che risulta affidato ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno dello straniero al quale è affidato e segue la condizione giuridica di quest'ultimo, se più favorevole. L'assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza e il rinnovo dell'iscrizione.
2. Al compimento del quattordicesimo anno di età al minore iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno del genitore ovvero dello straniero affidatario è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore età, ovvero una carta di soggiorno.
3. Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico. L'autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza.
4. Qualora ai sensi del presente testo unico debba essere disposta l'espulsione di un minore straniero il provvedimento è adottato, su richiesta del questore, dal Tribunale per i minorenni.
Art. 32
Disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 30)
1. Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all'articolo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all'articolo 23 (228).
1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, sempreché non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 (229).
1-ter. L'ente gestore dei progetti deve garantire e provare con idonea documentazione, al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis, che l'interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni, ha la disponibilità di un alloggio e frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana, ovvero è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato (230).
1-quater. Il numero dei permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite annualmente nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4 (231) (232).
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(228) La Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-5 giugno 2003, n. 198 (Gazz. Uff. 11 giugno 2003, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, comma 1, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
(229) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 25, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(230) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 25, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(231) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 25, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.
(232) La Corte costituzionale, con sentenza 8-16 luglio 2004, n. 234 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
Art. 33
Comitato per i minori stranieri.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 31)
1. Al fine di vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e di coordinare le attività delle amministrazioni interessate è istituito, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, un Comitato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri composto da rappresentanti dei Ministeri degli affari esteri, dell'interno e di grazia e giustizia, del Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché da due rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), da un rappresentante dell'Unione province d'Italia (UPI) e da due rappresentanti di organizzazioni maggiormente rappresentative operanti nel settore dei problemi della famiglia.
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, sentiti i Ministri degli affari esteri, dell'interno e di grazia e giustizia, sono definiti i compiti del Comitato di cui al comma 1, concernenti la tutela dei diritti dei minori stranieri in conformità alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176. In particolare sono stabilite:
a) le regole e le modalità per l'ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato dei minori stranieri in età superiore a sei anni, che entrano in Italia nell'ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea promossi da enti, associazioni o famiglie italiane, nonché per l'affidamento temporaneo e per il rimpatrio dei medesimi;
b) le modalità di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio dello Stato, nell'ambito delle attività dei servizi sociali degli enti locali e i compiti di impulso e di raccordo del Comitato di cui al comma 1 con le amministrazioni interessate ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento del minore con la sua famiglia nel Paese d'origine o in un Paese terzo (233).
2-bis. Il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato per le finalità di cui al comma 2, è adottato dal Comitato di cui al comma 1. Nel caso risulti instaurato nei confronti dello stesso minore un procedimento giurisdizionale, l'autorità giudiziaria rilascia il nulla osta, salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali (234) (235).
3. Il Comitato si avvale, per l'espletamento delle attività di competenza, del personale e dei mezzi in dotazione al Dipartimento degli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ha sede presso il Dipartimento medesimo.
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(233) Comma così sostituito dall'art. 5, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97). In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.C.M. 9 dicembre 1999, n. 535.
(234) Comma aggiunto dall'art. 5, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).
(235) La Corte costituzionale, con ordinanza 10 luglio-4 agosto 2003, n. 295 (Gazz. Uff. 13 agosto 2003, n. 32, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 33, comma 2-bis, sollevata in riferimento all'articolo 3 della Costituzione.
TITOLO V
Disposizioni in materia sanitaria, nonché di istruzione, alloggio, partecipazione alla vita pubblica e integrazione sociale
Capo I - Disposizioni in materia sanitaria
Art. 34
Assistenza per gli stranieri iscritti al Servizio sanitario nazionale.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 32)
1. Hanno l'obbligo di iscrizione al servizio sanitario nazionale e hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all'obbligo contributivo, all'assistenza erogata in Italia dal servizio sanitario nazionale e alla sua validità temporale:
a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento;
b) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza.
2. L'assistenza sanitaria spetta altresì ai familiari a carico regolarmente soggiornanti. Nelle more dell'iscrizione al servizio sanitario nazionale ai minori figli di stranieri iscritti al servizio sanitario nazionale è assicurato fin dalla nascita il medesimo trattamento dei minori iscritti.
3. Lo straniero regolarmente soggiornate, non rientrante tra le categorie indicate nei commi 1 e 2 è tenuto ad assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità mediante stipula di apposita polizza assicurativa con un istituto assicurativo italiano o straniero, valida sul territorio nazionale, ovvero mediante iscrizione al servizio sanitario nazionale valida anche per i familiari a carico. Per l'iscrizione al servizio sanitario nazionale deve essere corrisposto a titolo di partecipazione alle spese un contributo annuale, di importo percentuale pari a quello previsto per i cittadini italiani, sul reddito complessivo conseguito nell'anno precedente in Italia e all'estero. L'ammontare del contributo è determinato con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e non può essere inferiore al contributo minimo previsto dalle norme vigenti.
4. L'iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale può essere altresì richiesta:
a) dagli stranieri soggiornanti in Italia titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio;
b) dagli stranieri regolarmente soggiornanti collocati alla pari, ai sensi dell'accordo europeo sul collocamento alla pari, adottato a Strasburgo il 24 novembre 1969, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 18 maggio 1973, n. 304.
5. I soggetti di cui al comma 4 sono tenuti a corrispondere per l'iscrizione al servizio sanitario nazionale, a titolo di partecipazione alla spesa, un contributo annuale forfettario negli importi e secondo le modalità previsti dal decreto di cui al comma 3.
6. Il contributo per gli stranieri indicati al comma 4, lettere a) e b) non è valido per i familiari a carico.
7. Lo straniero assicurato al servizio sanitario nazionale è iscritto nella azienda sanitaria locale del comune in cui dimora secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.
Art. 35
Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 33)
1. Per le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale devono essere corrisposte, dai soggetti tenuti al pagamento di tali prestazioni, le tariffe determinate dalle regioni e province autonome ai sensi dell'articolo 8, commi 5 e 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
2. Restano salve le norme che disciplinano l'assistenza sanitaria ai cittadini stranieri in Italia in base a trattati e accordi internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità sottoscritti dall'Italia.
3. Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all'ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presìdi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono, in particolare garantiti:
a) la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane, ai sensi della L. 29 luglio 1975, n. 405, e della L. 22 maggio 1978, n. 194, e del decreto 6 marzo 1995 del Ministro della sanità, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1995, a parità di trattamento con i cittadini italiani;
b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;
c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;
d) gli interventi di profilassi internazionale;
e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventualmente bonifica dei relativi focolai.
4. Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani.
5. L'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.
6. Fermo restando il finanziamento delle prestazioni ospedaliere urgenti o comunque essenziali a carico del Ministero dell'interno, agli oneri recati dalle rimanenti prestazioni contemplate nel comma 3, nei confronti degli stranieri privi di risorse economiche sufficienti, si provvede nell'ambito delle disponibilità del Fondo sanitario nazionale, con corrispondente riduzione dei programmi riferiti agli interventi di emergenza.
Art. 36
Ingresso e soggiorno per cure mediche.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 34)
1. Lo straniero che intende ricevere cure mediche in Italia e l'eventuale accompagnatore possono ottenere uno specifico visto di ingresso ed il relativo permesso di soggiorno. A tale fine gli interessati devono presentare una dichiarazione della struttura sanitaria italiana prescelta che indichi il tipo di cura, la data di inizio della stessa e la durata presunta del trattamento terapeutico, devono attestare l'avvenuto deposito di una somma a titolo cauzionale, tenendo conto del costo presumibile delle prestazioni sanitarie richieste, secondo modalità stabilite dal regolamento di attuazione, nonché documentare la disponibilità in Italia di vitto e alloggio per l'accompagnatore e per il periodo di convalescenza dell'interessato. La domanda di rilascio del visto o di rilascio o rinnovo del permesso può anche essere presentata da un familiare o da chiunque altro vi abbia interesse.
2. Il trasferimento per cure in Italia con rilascio di permesso di soggiorno per cure mediche è altresì consentito nell'ambito di programmi umanitari definiti ai sensi dell'articolo 12, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, previa autorizzazione del Ministero della sanità, d'intesa con il Ministero degli affari esteri. Le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere, tramite le regioni, sono rimborsate delle spese sostenute che fanno carico al fondo sanitario nazionale.
3. Il permesso di soggiorno per cure mediche ha una durata pari alla durata presunta del trattamento terapeutico ed è rinnovabile finché durano le necessità terapeutiche documentate.
4. Sono fatte salve le disposizioni in materia di profilassi internazionale.
Capo II - Disposizioni in materia di istruzione e diritto allo studio e professione
Art. 37
Attività professionali.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 35)
1. Agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, in possesso dei titoli professionali legalmente riconosciuti in Italia abilitanti all'esercizio delle professioni, è consentita, in deroga alle disposizioni che prevedono il requisito della cittadinanza italiana, entro un anno dalla data di entrata in vigore dalla legge 6 marzo 1998, n. 40, l'iscrizione agli Ordini o Collegi professionali o, nel caso di professioni sprovviste di albi, l'iscrizione in elenchi speciali da istituire presso i Ministeri competenti, secondo quanto previsto dal regolamento di attuazione. L'iscrizione ai predetti albi o elenchi è condizione necessaria per l'esercizio delle professioni anche con rapporto di lavoro subordinato. Non possono usufruire della deroga gli stranieri che sono stati ammessi in soprannumero ai corsi di diploma, di laurea o di specializzazione, salvo autorizzazione del Governo dello Stato di appartenenza.
2. Le modalità, le condizioni ed i limiti temporali per l'autorizzazione all'esercizio delle professioni e per il riconoscimento dei relativi titoli abilitanti non ancora riconosciuti in Italia sono stabiliti con il regolamento di attuazione. Le disposizioni per il riconoscimento dei titoli saranno definite dai Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentiti gli Ordini professionali e le associazioni di categoria interessate.
3. Gli stranieri di cui al comma 1, a decorrere dalla scadenza del termine ivi previsto, possono iscriversi agli Ordini, Collegi ed elenchi speciali nell'ambito delle quote definite a norma dell'articolo 3, comma 4, e secondo percentuali massime di impiego definite in conformità ai criteri stabiliti dal regolamento di attuazione.
4. In caso di lavoro subordinato, è garantita la parità di trattamento retributivo e previdenziale con i cittadini italiani.
Art. 38
Istruzione degli stranieri. Educazione interculturale.
(Legge 6 marzo 1998. n. 40, art. 36)
(Legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 9, commi 4 e 5)
1. I minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all'obbligo scolastico; ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all'istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica.
2. L'effettività del diritto allo studio è garantita dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali anche mediante l'attivazione di appositi corsi ed iniziative per l'apprendimento della lingua italiana.
3. La comunità scolastica accoglie le differenze linguistiche e culturali come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco, dello scambio tra le culture e della tolleranza; a tale fine promuove e favorisce iniziative volte alla accoglienza, alla tutela della cultura e della lingua d'origine e alla realizzazione di attività interculturali comuni.
4. Le iniziative e le attività di cui al comma 3 sono realizzate sulla base di una rilevazione dei bisogni locali e di una programmazione territoriale integrata, anche in convenzione con le associazioni degli stranieri, con le rappresentanze diplomatiche o consolari dei Paesi di appartenenza e con le organizzazioni di volontariato.
5. Le istituzioni scolastiche, nel quadro di una programmazione territoriale degli interventi, anche sulla base di convenzioni con le Regioni e gli enti locali, promuovono:
a) l'accoglienza degli stranieri adulti regolarmente soggiornanti mediante l'attivazione di corsi di alfabetizzazione nelle scuole elementari e medie;
b) la realizzazione di un'offerta culturale valida per gli stranieri adulti regolarmente soggiornanti che intendano conseguire il titolo di studio della scuola dell'obbligo;
c) la predisposizione di percorsi integrativi degli studi sostenuti nel paese di provenienza al fine del conseguimento del titolo dell'obbligo o del diploma di scuola secondaria superiore;
d) la realizzazione ed attuazione di corsi di lingua italiana;
e) la realizzazione di corsi di formazione anche nel quadro di accordi di collaborazione internazionale in vigore per l'Italia.
6. Le regioni, anche attraverso altri enti locali, promuovono programmi culturali per i diversi gruppi nazionali, anche mediante corsi effettuati presso le scuole superiori o istituti universitari. Analogamente a quanto disposto per i figli dei lavoratori comunitari e per i figli degli emigrati italiani che tornano in Italia, sono attuati specifici insegnamenti integrativi, nella lingua e cultura di origine.
7. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono dettate le disposizioni di attuazione del presente capo, con specifica indicazione:
a) delle modalità di realizzazione di specifici progetti nazionali e locali, con particolare riferimento all'attivazione di corsi intensivi di lingua italiana nonché dei corsi di formazione ed aggiornamento del personale ispettivo, direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado e dei criteri per l'adattamento dei programmi di insegnamento;
b) dei criteri per il riconoscimento dei titoli di studio e degli studi effettuati nei paesi di provenienza ai fini dell'inserimento scolastico, nonché dei criteri e delle modalità di comunicazione con le famiglie degli alunni stranieri, anche con l'ausilio di mediatori culturali qualificati;
c) dei criteri per l'iscrizione e l'inserimento nelle classi degli stranieri provenienti dall'estero, per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi e per l'attivazione di specifiche attività di sostegno linguistico;
d) dei criteri per la stipula delle convenzioni di cui ai commi 4 e 5.
Art. 39
Accesso ai corsi delle università.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 37)
1. In materia di accesso all'istruzione universitaria e di relativi interventi per il diritto allo studio è assicurata la parità di trattamento tra lo straniero e il cittadino italiano, nei limiti e con le modalità di cui al presente articolo.
2. Le università, nella loro autonomia e nei limiti delle loro disponibilità finanziarie, assumono iniziative volte al conseguimento degli obiettivi del documento programmatico di cui all'articolo 3, promuovendo l'accesso degli stranieri ai corsi universitari di cui all'articolo 1 della legge 19 novembre 1990, n. 341, tenendo conto degli orientamenti comunitari in materia, in particolare riguardo all'inserimento di una quota di studenti universitari stranieri, stipulando apposite intese con gli atenei stranieri per la mobilità studentesca, nonché organizzando attività di orientamento e di accoglienza.
3. Con il regolamento di attuazione sono disciplinati:
a) gli adempimenti richiesti agli stranieri per il conseguimento del visto di ingresso e del permesso di soggiorno per motivi di studio anche con riferimento alle modalità di prestazione di garanzia di copertura economica da parte di enti o cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato in luogo della dimostrazione di disponibilità di mezzi sufficienti di sostentamento da parte dello studente straniero;
b) la rinnovabilità del permesso di soggiorno per motivi di studio e l'esercizio in vigenza di esso di attività di lavoro subordinato o autonomo da parte dello straniero titolare;
c) l'erogazione di borse di studio, sussidi e premi agli studenti stranieri, anche a partire da anni di corso successivi al primo, in coordinamento con la concessione delle provvidenze previste dalla normativa vigente in materia di diritto allo studio universitario e senza obbligo di reciprocità;
d) i criteri per la valutazione della condizione economica dello straniero ai fini dell'uniformità di trattamento in ordine alla concessione delle provvidenze di cui alla lettera c);
e) la realizzazione di corsi di lingua italiana per gli stranieri che intendono accedere all'istruzione universitaria in Italia;
f) il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all'estero.
4. In base alle norme previste dal presente articolo e dal regolamento di attuazione, sulla base delle disponibilità comunicate dalle università, è disciplinato annualmente, con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro dell'interno, il numero massimo dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per l'accesso all'istruzione universitaria degli studenti stranieri residenti all'estero. Lo schema di decreto è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia che si esprimono entro i successivi trenta giorni (236).
5. È comunque consentito l'accesso ai corsi universitari e alle scuole di specializzazione delle università, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia, nonché agli stranieri, ovunque residenti, che sono titolari dei diplomi finali delle scuole italiane all'estero o delle scuole straniere o internazionali, funzionanti in Italia o all'estero, oggetto di intese bilaterali o di normative speciali per il riconoscimento dei titoli di studio e soddisfino le condizioni generali richieste per l'ingresso per studio (237).
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(236) Il numero dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per l'accesso ai corsi universitari presso gli atenei nazionali statali e non statali abilitati al rilascio di titoli di studio aventi valore legale, rilasciati in favore dei cittadini stranieri residenti all'estero, è stato fissato, per l'anno accademico 2000-2001, in 20.220, con D.M. 10 novembre 2000 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2000, n. 289); per l'anno accademico 2001-2002, in 22.019, con D.M. 19 dicembre 2001 (Gazz. Uff. 16 aprile 2002, n. 89); per l'anno accademico 2006-2007, in 47.128, con D.M. 11 ottobre 2006 (Gazz. Uff. 30 novembre 2006, n. 279).
(237) Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 26, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dal comma 6-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
Capo III - Disposizioni in materia di alloggio e assistenza sociale
Art. 40
Centri di accoglienza. Accesso all'abitazione.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 38)
1. Le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni e con le associazioni e le organizzazioni di volontariato predispongono centri di accoglienza destinati ad ospitare, anche in strutture ospitanti cittadini italiani o cittadini di altri Paesi dell'Unione europea, stranieri regolarmente soggiornanti per motivi diversi dal turismo, che siano temporaneamente impossibilitati a provvedere autonomamente alle proprie esigenze alloggiative e di sussistenza. [Il sindaco, quando vengano individuate situazioni di emergenza, può disporre l'alloggiamento nei centri di accoglienza di stranieri non in regola con le disposizioni sull'ingresso e sul soggiorno nel territorio dello Stato, ferme restando le norme sull'allontanamento dal territorio dello Stato degli stranieri in tali condizioni] (238).
1-bis. L'accesso alle misure di integrazione sociale è riservato agli stranieri non appartenenti a Paesi dell'Unione europea che dimostrino di essere in regola con le norme che disciplinano il soggiorno in Italia ai sensi del presente testo unico e delle leggi e regolamenti vigenti in materia (239).
2. I criteri di accoglienza sono finalizzati a rendere autosufficienti gli stranieri ivi ospitati nel più breve tempo possibile. I centri di accoglienza provvedono, ove possibile, ai servizi sociali e culturali idonei a favorire l'autonomia e l'inserimento sociale degli ospiti. Ogni regione determina i requisiti gestionali e strutturali dei centri e consente convenzioni con enti privati e finanziamenti.
3. Per centri di accoglienza si intendono le strutture alloggiative che, anche gratuitamente, provvedono alle immediate esigenze alloggiative ed alimentari, nonché, ove possibile, all'offerta di occasioni di apprendimento della lingua italiana, di formazione professionale, di scambi culturali con la popolazione italiana, e all'assistenza socio-sanitaria degli stranieri impossibilitati a provvedervi autonomamente per il tempo strettamente necessario al raggiungimento dell'autonomia personale per le esigenze di vitto e alloggio nel territorio in cui vive lo straniero.
4. Lo straniero regolarmente soggiornante può accedere ad alloggi sociali, collettivi o privati, predisposti secondo i criteri previsti dalle leggi regionali, dai comuni di maggiore insediamento degli stranieri o da associazioni, fondazioni o organizzazioni di volontariato ovvero da altri enti pubblici o privati, nell'ambito di strutture alloggiative, prevalentemente organizzate in forma di pensionato, aperte ad italiani e stranieri, finalizzate ad offrire una sistemazione alloggiativa dignitosa a pagamento, secondo quote calmierate, nell'attesa del reperimento di un alloggio ordinario in via definitiva.
5. [Le regioni concedono contributi a comuni, province, consorzi di comuni, o enti morali pubblici o privati, per opere di risanamento igienico-sanitario di alloggi di loro proprietà o di cui abbiano la disponibilità legale per almeno quindici anni, da destinare ad abitazioni di stranieri titolari di carta soggiorno o di permesso di soggiorno per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per studio, per motivi familiari, per asilo politico o asilo umanitario. I contributi possono essere in conto capitale o a fondo perduto e comportano l'imposizione, per un numero determinato di anni, di un vincolo sull'alloggio all'ospitalità temporanea o alla locazione a stranieri regolarmente soggiornanti. L'assegnazione e il godimento dei contributi e degli alloggi così strutturati è effettuata sulla base dei criteri e delle modalità previsti dalla legge regionale] (240).
6. Gli stranieri titolari di carta di soggiorno e gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni regione o dagli enti locali per agevolare l'accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione (241).
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(238) Periodo soppresso dal comma 1 dell'art. 27, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(239) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 27, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(240) Comma abrogato dal comma 1 dell'art. 27, L. 30 luglio 2002, n. 189.
(241) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 27, L. 30 luglio 2002, n. 189.
Art. 41
Assistenza sociale.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 39)
1. Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti (242).
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(242) Vedi, anche, l'art. 80, comma 19, L. 23 dicembre 2000, n. 388.
Capo IV - Disposizioni sull'integrazione sociale, sulle discriminazioni e istituzione del fondo per le politiche migratorie
Art. 42
Misure di integrazione sociale.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 40; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 2)
1. Lo Stato, le regioni, le province e i comuni, nell'ambito delle proprie competenze, anche in collaborazione con le associazioni di stranieri e con le organizzazioni stabilmente operanti in loro favore, nonché in collaborazione con le autorità o con enti pubblici e privati dei Paesi di origine, favoriscono:
a) le attività intraprese in favore degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, anche al fine di effettuare corsi della lingua e della cultura di origine, dalle scuole e dalle istituzioni culturali straniere legalmente funzionanti nella Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 389, e successive modificazioni ed integrazioni;
b) la diffusione di ogni informazione utile al positivo inserimento degli stranieri nella società italiana in particolare riguardante i loro diritti e i loro doveri, le diverse opportunità di integrazione e crescita personale e comunitaria offerte dalle amministrazioni pubbliche e dall'associazionismo, nonché alle possibilità di un positivo reinserimento nel Paese di origine;
c) la conoscenza e la valorizzazione delle espressioni culturali, ricreative, sociali, economiche e religiose degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e ogni iniziativa di informazione sulle cause dell'immigrazione e di prevenzione delle discriminazioni razziali o della xenofobia anche attraverso la raccolta presso le biblioteche scolastiche e universitarie, di libri, periodici e materiale audiovisivo prodotti nella lingua originale dei Paesi di origine degli stranieri residenti in Italia o provenienti da essi;
d) la realizzazione di convenzioni con associazioni regolarmente iscritte nel registro di cui al comma 2 per l'impiego all'interno delle proprie strutture di stranieri, titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a due anni, in qualità di mediatori interculturali al fine di agevolare i rapporti tra le singole amministrazioni e gli stranieri appartenenti ai diversi gruppi etnici, nazionali, linguistici e religiosi;
e) l'organizzazione di corsi di formazione, ispirati a criteri di convivenza in una società multiculturale e di prevenzione di comportamenti discriminatori, xenofobi o razzisti, destinati agli operatori degli organi e uffici pubblici e degli enti privati che hanno rapporti abituali con stranieri o che esercitano competenze rilevanti in materia di immigrazione.
2. Per i fini indicati nel comma 1 è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali un registro delle associazioni selezionate secondo criteri e requisiti previsti nel regolamento di attuazione.
3. Ferme restando le iniziative promosse dalle regioni e dagli enti locali, allo scopo di individuare, con la partecipazione dei cittadini stranieri, le iniziative idonee alla rimozione degli ostacoli che impediscono l'effettivo esercizio dei diritti e dei doveri dello straniero, è istituito presso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, un organismo nazionale di coordinamento. Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, nell'ambito delle proprie attribuzioni, svolge inoltre compiti di studio e promozione di attività volte a favorire la partecipazione degli stranieri alla vita pubblica e la circolazione delle informazioni sulla applicazione del presente testo unico.
4. Ai fini dell'acquisizione delle osservazioni degli enti e delle associazioni nazionali maggiormente attivi nell'assistenza e nell'integrazione degli immigrati di cui all'articolo 3, comma 1, e del collegamento con i Consigli territoriali di cui all'art. 3, comma 6, nonché dell'esame delle problematiche relative alla condizione degli stranieri immigrati, è istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro da lui delegato. Della Consulta sono chiamati a far parte, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri:
a) rappresentanti delle associazioni e degli enti presenti nell'organismo di cui al comma 3 e rappresentanti delle associazioni che svolgono attività particolarmente significative nel settore dell'immigrazione in numero non inferiore a dieci (243);
b) rappresentanti degli stranieri extracomunitari designati dalle associazioni più rappresentative operanti in Italia, in numero non inferiore a sei (244);
c) rappresentanti designati dalle confederazioni sindacali nazionali dei lavoratori, in numero non inferiore a quattro;
d) rappresentanti designati dalle organizzazioni sindacali nazionali dei datori di lavoro dei diversi settori economici, in numero non inferiore a tre;
e) otto esperti designati rispettivamente dai Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione, dell'interno, di grazia e giustizia, degli affari esteri, delle finanze e dai Dipartimenti della solidarietà sociale e delle pari opportunità (245);
f) otto rappresentanti delle autonomie locali, di cui due designati dalle regioni, uno dall'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), uno dall'Unione delle province italiane (UPI) e quattro dalla Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (246);
g) due rappresentanti del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL);
g-bis) esperti dei problemi dell'immigrazione in numero non superiore a dieci (247).
5. Per ogni membro effettivo della Consulta è nominato un supplente.
6. Resta ferma la facoltà delle regioni di istituire, in analogia con quanto disposto al comma 4, lettere a), b), c), d) e g), con competenza nelle loro materie loro attribuite dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato, consulte regionali per i problemi dei lavoratori extracomunitari e delle loro famiglie.
7. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di costituzione e funzionamento della Consulta di cui al comma 4 e dei consigli territoriali.
8. La partecipazione alle Consulte di cui ai commi 4 e 6 dei membri di cui al presente articolo e dei supplenti è gratuita, con esclusione del rimborso delle eventuali spese di viaggio per coloro che non siano dipendenti dalla pubblica amministrazione e non risiedano nel comune nel quale hanno sede i predetti organi.
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(243) Lettera così sostituita dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).
(244) Lettera così modificata dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).
(245) Lettera così modificata dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).
(246) Lettera così sostituita dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).
(247) Lettera aggiunta dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).
Art. 43
Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 41)
1. Ai fini del presente capo, costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l'effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica.
2. In ogni caso compie un atto di discriminazione:
a) il pubblico ufficiale o la persona incaricata di pubblico servizio o la persona esercente un servizio di pubblica necessità che nell'esercizio delle sue funzioni compia od ometta atti nei riguardi di un cittadino straniero che, soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità, lo discriminino ingiustamente;
b) chiunque imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;
c) chiunque illegittimamente imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire l'accesso all'occupazione, all'alloggio, all'istruzione, alla formazione e ai servizi sociali e socio-assistenziali allo straniero regolarmente soggiornante in Italia soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;
d) chiunque impedisca, mediante azioni od omissioni, l'esercizio di un'attività economica legittimamente intrapresa da uno straniero regolarmente soggiornante in Italia, soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, confessione religiosa, etnia o nazionalità;
e) il datore di lavoro o i suoi preposti i quali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificata e integrata dalla legge 9 dicembre 1977, n. 903, e dalla legge 11 maggio 1990, n. 108, compiano qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando, anche indirettamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza, ad un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una cittadinanza. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente all'adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori appartenenti ad una determinata razza, ad un determinato gruppo etnico o linguistico, ad una determinata confessione religiosa o ad una cittadinanza e riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento dell'attività lavorativa.
3. Il presente articolo e l'articolo 44 si applicano anche agli atti xenofobi, razzisti o discriminatori compiuti nei confronti dei cittadini italiani, di apolidi e di cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea presenti in Italia.
Art. 44
Azione civile contro la discriminazione.
(Legge 6 marzo 1988, n. 40, art. 42)
1. Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, il giudice però, su istanza di parte, ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione.
2. La domanda si propone con ricorso depositato, anche personalmente dalla parte, nella cancelleria del pretore del luogo di domicilio dell'istante.
3. Il pretore, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto.
4. Il pretore provvede con ordinanza all'accoglimento o al rigetto della domanda. Se accoglie la domanda emette i provvedimenti richiesti che sono immediatamente esecutivi.
5. Nei casi di urgenza il pretore provvede con decreto motivato, assunte, ove occorre, sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni, assegnando all'istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza, il pretore, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati nel decreto.
6. Contro i provvedimenti del pretore è ammesso reclamo al tribunale nei termini di cui all'articolo 739, secondo comma, del codice di procedura civile. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737, 738 e 739 del codice di procedura civile.
7. Con la decisione che definisce il giudizio il giudice può altresì condannare il convenuto al risarcimento del danno, anche non patrimoniale.
8. Chiunque elude l'esecuzione di provvedimenti del pretore di cui ai commi 4 e 5 e dei provvedimenti del tribunale di cui al comma 6 è punito ai sensi dell'articolo 388, primo comma, del codice penale.
9. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza a proprio danno del comportamento discriminatorio in ragione della razza, del gruppo etnico o linguistico, della provenienza geografica, della confessione religiosa o della cittadinanza può dedurre elementi di fatto anche a carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi contributivi, all'assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai licenziamenti dell'azienda interessata. Il giudice valuta i fatti dedotti nei limiti di cui all'articolo 2729, primo comma, del codice civile.
10. Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche in casi in cui non siano individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso può essere presentato dalle rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del presente articolo, ordina al datore di lavoro di definire, sentiti i predetti soggetti e organismi, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.
11. Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori ai sensi dell'articolo 43 posti in essere da imprese alle quali siano stati accordati benefìci ai sensi delle leggi vigenti dello Stato o delle regioni, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture, è immediatamente comunicato dal Pretore, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione, alle amministrazioni pubbliche o enti pubblici che abbiano disposto la concessione del beneficio, incluse le agevolazioni finanziarie o creditizie, o dell'appalto. Tali amministrazioni, o enti revocano il beneficio e, nei casi più gravi, dispongono l'esclusione del responsabile per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie, ovvero da qualsiasi appalto.
12. Le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni, con le associazioni di immigrati e del volontariato sociale, ai fini dell'applicazione delle norme del presente articolo e dello studio del fenomeno, predispongono centri di osservazione, di informazione e di assistenza legale per gli stranieri, vittime delle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Art. 45
Fondo nazionale per le politiche migratorie.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 43)
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è istituito il Fondo nazionale per le politiche migratorie; destinato al finanziamento delle iniziative di cui agli articoli 20, 38, 40, 42 e 46, inserite nei programmi annuali o pluriennali dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni. La dotazione del Fondo, al netto delle somme derivanti dal contributo di cui al comma 3, è stabilito in lire 12.500 milioni per l'anno 1997, in lire 58.000 milioni per l'anno 1998 e in lire 68.000 milioni per l'anno 1999. Alla determinazione del Fondo per gli anni successivi si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Al Fondo affluiscono altresì le somme derivanti da contributi e donazioni eventualmente disposti da privati, enti, organizzazioni, anche internazionali, da organismi dell'Unione europea, che sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnati al predetto Fondo. Il Fondo è annualmente ripartito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri interessati. Il regolamento di attuazione disciplina le modalità per la presentazione, l'esame, l'erogazione, la verifica, la rendicontazione e la revoca del finanziamento del Fondo (248).
2. Lo Stato, le regioni, le province, i comuni adottano, nelle materie di propria competenza, programmi annuali o pluriennali relativi a proprie iniziative e attività concernenti l'immigrazione, con particolare riguardo all'effettiva e completa attuazione operativa del presente testo unico e del regolamento di attuazione, alle attività culturali, formative, informative, di integrazione e di promozione di pari opportunità. I programmi sono adottati secondo i criteri e le modalità indicati dal regolamento di attuazione e indicano le iniziative pubbliche e private prioritarie per il finanziamento da parte del Fondo, compresa l'erogazione di contributi agli enti locali per l'attuazione del programma.
3. Con effetto dal mese successivo alla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40, e comunque da data non successiva al 1° gennaio 1998, il 95 per cento delle somme derivanti dal gettito del contributo di cui all'articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, è destinato al finanziamento delle politiche del Fondo di cui al comma 1. Con effetto dal mese successivo alla data di entrata in vigore del presente testo unico tale destinazione è disposta per l'intero ammontare delle predette somme. A tal fine le medesime somme sono versate dall'INPS all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate al predetto Fondo. Il contributo di cui all'articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, è soppresso a decorrere dal 1° gennaio 2000.
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(248) Alla ripartizione dell'80% dello stanziamento del Fondo nazionale per le politiche migratorie si è provveduto con D.P.C.M. 28 settembre 1998 (Gazz. Uff. 19 novembre 1998, n. 271). Alla ripartizione del residuo 20% si è provveduto con D.P.C.M. 17 dicembre 1998 (Gazz. Uff. 18 marzo 1999, n. 64). Per il 1999, si è provveduto con D.P.C.M. 6 agosto 1999 (Gazz. Uff. 12 novembre 1999, n. 266), corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 8 giugno 2000, n. 132. Per il 2000, si è provveduto con D.P.C.M. 23 giugno 2000 (Gazz. Uff. 26 luglio 2000, n. 173).
Art. 46
Commissione per le politiche di integrazione.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 44)
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali è istituita la commissione per le politiche di integrazione.
2. La commissione ha i compiti di predisporre per il Governo, anche ai fini dell'obbligo di riferire al Parlamento, il rapporto annuale sullo stato di attuazione delle politiche per l'integrazione degli immigrati, di formulare proposte di interventi di adeguamento di tali politiche nonché di fornire risposta a quesiti posti dal Governo concernenti le politiche per l'immigrazione, interculturali, e gli interventi contro il razzismo.
3. La commissione è composta da rappresentanti del Dipartimento per gli affari sociali e del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri degli affari esteri, dell'interno, di grazia e giustizia, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, della pubblica istruzione, nonché da un numero massimo di dieci esperti, con qualificata esperienza nel campo dell'analisi sociale, giuridica ed economica dei problemi dell'immigrazione, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro per la solidarietà sociale. Il presidente della commissione è scelto tra i professori universitari di ruolo esperti nelle materie suddette ed è collocato in posizione di fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Possono essere invitati a partecipare alle sedute della commissione i rappresentanti della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, della Conferenza Stato-città ed autonomie locali di altre amministrazioni pubbliche interessate a singole questioni oggetto di esame (249).
4. Con il decreto di cui al comma 3 sono determinati l'organizzazione della segreteria della commissione istituita presso il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché i rimborsi ed i compensi spettanti ai membri della commissione e ad esperti dei quali la commissione intenda avvalersi per lo svolgimento dei propri compiti.
5. Entro i limiti dello stanziamento annuale previsto per il funzionamento della commissione dal decreto di cui all'articolo 45, comma 1, la commissione può affidare l'effettuazione di studi e ricerche ad istituzioni pubbliche e private, a gruppi o a singoli ricercatori mediante convenzioni deliberate dalla commissione e stipulate dal presidente della medesima, e provvedere all'acquisto di pubblicazioni o materiale necessario per lo svolgimento dei propri compiti.
6. Per l'adempimento dei propri compiti la commissione può avvalersi della collaborazione di tutte le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici, delle regioni e degli enti locali.
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(249) Comma così modificato dall'art. 7, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).
TITOLO VI
Norme finali
Art. 47
Abrogazioni.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 46)
1. Dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, sono abrogati:
a) gli articoli 144, 147, 148 e 149 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
b) le disposizioni della legge 30 dicembre 1986, n. 943, ad eccezione dell'art. 3;
c) il comma 13 dell'articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335.
2. Restano abrogate le seguenti disposizioni:
a) l'articolo 151 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
b) l'articolo 25 della legge 22 maggio 1975, n. 152;
c) l'articolo 12 della legge 30 dicembre 1986, n. 943;
d) l'articolo 5, commi sesto, settimo e ottavo, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33;
e) gli articoli 2 e seguenti del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39;
f) l'articolo 4 della legge 18 gennaio 1994, n. 50;
g) l'articolo 116 del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
3. All'art. 20, comma 2, della legge 2 dicembre 1991, n. 390, restano soppresse le parole:
«, sempre che esistano trattati o accordi internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità tra la Repubblica italiana e gli Stati di origine degli studenti, fatte salve le diverse disposizioni previste nell'ambito dei programmi in favore dei Paesi in via di sviluppo».
4. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di attuazione del presente testo unico sono abrogate le disposizioni ancora in vigore del Titolo V del regolamento di esecuzione del Testo unico 18 giugno 1941, n. 773, delle leggi di sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635.
Art. 48
Copertura finanziaria.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 48)
1. All'onere derivante dall'attuazione della legge 6 marzo 1998, n. 40 e del presente testo unico, valutato in lire 42.500 milioni per il 1997 e in lire 124.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, si provvede:
a) quanto a lire 22.500 milioni per l'anno 1997 e a lire 104.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, mediante riduzione dello stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 1997-1999 al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1997, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a lire 22.500 milioni per l'anno 1997 e a lire 29.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; quanto a lire 50.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999 l'accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri; quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l'accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione; quanto a lire 5.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri;
b) quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999, mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1997, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 49
Disposizioni finali e transitorie (250).
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 49)
1. Nella prima applicazione delle disposizioni della legge 6 marzo 1998, n. 40, e del presente testo unico si provvede a dotare le questure che ancora non ne fossero provviste delle apparecchiature tecnologiche necessarie per la trasmissione in via telematica dei dati di identificazione personale nonché delle operazioni necessarie per assicurare il collegamento tra le questure e il sistema informativo della Direzione centrale della polizia criminale.
1-bis. Agli stranieri già presenti nel territorio dello Stato anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40, in possesso dei requisiti stabiliti dal decreto di programmazione dei flussi per il 1998 emanato ai sensi dell'articolo 3, comma 4, in attuazione del documento programmatico di cui all'articolo 3, comma 1, che abbiano presentato la relativa domanda con le modalità e nei termini previsti dal medesimo decreto, può essere rilasciato il permesso di soggiorno per i motivi ivi indicati. Per gli anni successivi al 1998, gli ingressi per motivi di lavoro di cui all'articolo 3, comma 4, restano disciplinati secondo le modalità ivi previste. In mancanza dei requisiti richiesti per l'ingresso nel territorio dello Stato, si applicano le misure previste dal presente testo unico (251).
2. All'onere conseguente all'applicazione del comma 1, valutato in lire 8.000 milioni per l'anno 1998, si provvede a carico delle risorse di cui all'articolo 48 e comunque nel rispetto del tetto massimo di spesa ivi previsto.
2-bis. Per il perfezionamento delle operazioni di identificazione delle persone detenute o internate, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria adotta modalità di effettuazione dei rilievi segnaletici conformi a quelle già in atto per le questure e si avvale delle procedure definite d'intesa con il Dipartimento della pubblica sicurezza (252).
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(250) Rubrica così sostituita dall'art. 8, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).
(251) Comma aggiunto dall'art. 8, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).
(252) Comma aggiunto dall'art. 8, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).
D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese
di giustizia.
(artt. 74-89)
(1)
--------------------------------------------------------------------------------
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 15 giugno 2002, n. 139, S.O.
(2) Il presente testo unico raccoglie le disposizioni legislative e regolamentari contenute nel D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113 e nel D.P.R. 30 maggio 2002, n. 114. Tali disposizioni sono contrassegnate nel testo, rispettivamente, con le lettere «L» ed «R».
(3) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- Ministero dell'economia e delle finanze: Circ. 14 agosto 2002, n. 70/E; Ris. 4 ottobre 2002, n. 319/E; Ris. 30 dicembre 2002, n. 397/E; Circ. 5 dicembre 2003, n. 56/E; Ris. 25 giugno 2004, n. 88/E; Ris. 10 agosto 2004, n. 114/E; Ris. 24 settembre 2004, n. 124/E; Ris. 6 dicembre 2004, n. 144/E;
- Ministero della giustizia: Circ. 28 giugno 2002, n. 4/2002; Circ. 13 luglio 2002; Circ. 8 ottobre 2002, n. 6/2002; Circ. 15 ottobre 2002; Circ. 14 novembre 2002, n. 7/2002; Nota 18 marzo 2003; Circ. 2 aprile 2003; Circ. 9 aprile 2003; Nota 6 maggio 2003; Circ. 30 maggio 2003; Nota 9 giugno 2003; Nota 10 giugno 2003; Nota 13 giugno 2003; Nota 24 giugno 2003; Circ. 26 giugno 2003, n. 9/2003; Nota 29 settembre 2003; Circ. 23 ottobre 2003, n. 11; Nota 31 dicembre 2003; Nota 10 giugno 2004; Nota 28 maggio 2004,n.1/6307/44/U-04; Nota 1 marzo 2005; Nota 11 maggio 2005, n. 1/5561/U/44/NV.
(omissis)
PARTE III
Patrocinio a spese dello stato
TITOLO I
Disposizioni generali sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario
Capo I - Istituzione del patrocinio
Art. 74.
(L) Istituzione del patrocinio.
1. È assicurato il patrocinio nel processo penale per la difesa del cittadino non abbiente, indagato, imputato, condannato, persona offesa da reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile, responsabile civile ovvero civilmente obbligato per la pena pecuniaria.
2. È, altresì, assicurato il patrocinio nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate.
Art. 75.
(L) Àmbito di applicabilità.
1. L'ammissione al patrocinio è valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse.
2. La disciplina del patrocinio si applica, in quanto compatibile, anche nella fase dell'esecuzione, nel processo di revisione, nei processi di revocazione e opposizione di terzo, nonché nei processi relativi all'applicazione di misure di sicurezza, di prevenzione e nei processi di competenza del tribunale di sorveglianza, sempre che l'interessato debba o possa essere assistito da un difensore o da un consulente tecnico.
Capo II - Condizioni per l'ammissione al patrocinio
Art. 76.
(L) Condizioni per l'ammissione.
1. Può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 9.723,84 (27).
2. Salvo quanto previsto dall'articolo 92, se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante.
3. Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, ovvero ad imposta sostitutiva.
4. Si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi.
--------------------------------------------------------------------------------
(27) L'originario importo di euro 9.296,22 è stato così aggiornato dal Decr. 29 dicembre 2005 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2006, n. 27).
Art. 77.
(L) Adeguamento dei limiti di reddito per l'ammissione.
1. I limiti di reddito sono adeguati ogni due anni in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel biennio precedente, con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Capo III - Istanza per l'ammissione al patrocinio
Art. 78.
(L) Istanza per l'ammissione.
1. L'interessato che si trova nelle condizioni indicate nell'articolo 76 può chiedere di essere ammesso al patrocinio in ogni stato e grado del processo.
2. L'istanza è sottoscritta dall'interessato a pena di inammissibilità. La sottoscrizione è autenticata dal difensore, ovvero con le modalità di cui all'articolo 38, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
Art. 79.
(L) Contenuto dell'istanza.
1. L'istanza è redatta in carta semplice e, a pena di inammissibilità, contiene:
a) la richiesta di ammissione al patrocinio e l'indicazione del processo cui si riferisce, se già pendente;
b) le generalità dell'interessato e dei componenti la famiglia anagrafica, unitamente ai rispettivi codici fiscali;
c) una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell'interessato, ai sensi dell'articolo 46, comma 1, lettera o), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell'articolo 76;
d) l'impegno a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell'anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell'istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione.
2. Per i redditi prodotti all'estero, il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea correda l'istanza con una certificazione dell'autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato.
3. Gli interessati, se il giudice procedente o il consiglio dell'ordine degli avvocati competente a provvedere in via anticipata lo richiedono, sono tenuti, a pena di inammissibilità dell'istanza, a produrre la documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto in essa indicato (28).
--------------------------------------------------------------------------------
(28) La Corte costituzionale, con ordinanza 10-14 maggio 2004, n. 144 (Gazz. Uff. 19 maggio 2004, n. 20, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 79 sollevata in riferimento agli articoli 3, 10 e 24 della Costituzione.
Capo IV - Difensori, ausiliari del magistrato e consulenti tecnici di parte
Art. 80.
(L) Nomina del difensore.
1. Chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore scelto tra gli iscritti negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, istituiti presso i consigli dell'ordine del distretto di corte di appello nel quale ha sede il magistrato competente a conoscere del merito o il magistrato davanti al quale pende il processo.
2. Se procede la Corte di cassazione, il Consiglio di Stato, le sezioni riunite o le sezioni giurisdizionali centrali presso la Corte dei conti, gli elenchi sono quelli istituiti presso i consigli dell'ordine del distretto di corte di appello del luogo dove ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.
3. Colui che è ammesso al patrocinio può nominare un difensore iscritto negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato scelto anche al di fuori del distretto di cui ai commi 1 e 2 (29) (30).
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(29) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 24 febbraio 2005, n. 25 (Gazz. Uff. 2 marzo 2005, n. 50).
(30) La Corte costituzionale, con ordinanza 1°-14 dicembre 2004, n. 387 (Gazz. Uff. 22 dicembre 2004, n. 49, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 80 e 81, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24, terzo comma, della Costituzione.
Art. 81.
(L) Elenco degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato.
1. L'elenco degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato è formato dagli avvocati che ne fanno domanda e che siano in possesso dei requisiti previsti dal comma 2.
2. L'inserimento nell'elenco è deliberato dal consiglio dell'ordine, il quale valuta la sussistenza dei seguenti requisiti e condizioni:
a) attitudini ed esperienza professionale specifica, distinguendo tra processi civili, penali, amministrativi, contabili, tributari ed affari di volontaria giurisdizione;
b) assenza di sanzioni disciplinari superiori all'avvertimento irrogate nei cinque anni precedenti la domanda;
c) iscrizione all'Albo degli avvocati da almeno due anni.
3. È cancellato di diritto dall'elenco l'avvocato per il quale è stata disposta una sanzione disciplinare superiore all'avvertimento.
4. L'elenco è rinnovato entro il 31 gennaio di ogni anno, è pubblico, e si trova presso tutti gli uffici giudiziari situati nel territorio di ciascuna provincia (31) (32).
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(31) Articolo così sostituito dall'art. 2, L. 24 febbraio 2005, n. 25 (Gazz. Uff. 2 marzo 2005, n. 50).
(32) La Corte costituzionale, con ordinanza 1°-14 dicembre 2004, n. 387 (Gazz. Uff. 22 dicembre 2004, n. 49, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 80 e 81, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24, terzo comma, della Costituzione.
Art. 82.
(L) Onorario e spese del difensore.
1. L'onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative ad onorari, diritti ed indennità, tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa (33).
2. Nel caso in cui il difensore nominato dall'interessato sia iscritto in un elenco degli avvocati di un distretto di corte d'appello diverso da quello in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito o il magistrato davanti al quale pende il processo, non sono dovute le spese e le indennità di trasferta previste dalla tariffa professionale.
3. Il decreto di pagamento è comunicato al difensore e alle parti, compreso il pubblico ministero.
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(33) Comma così modificato dal comma 322 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311.
Art. 83.
(L) Onorario e spese dell'ausiliario del magistrato e del consulente tecnico di parte.
1. L'onorario e le spese spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte sono liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento, secondo le norme del presente testo unico (34).
2. La liquidazione è effettuata al termine di ciascuna fase o grado del processo e, comunque, all'atto della cessazione dell'incarico, dall'autorità giudiziaria che ha proceduto; per il giudizio di cassazione, alla liquidazione procede il giudice di rinvio, ovvero quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato. In ogni caso, il giudice competente può provvedere anche alla liquidazione dei compensi dovuti per le fasi o i gradi anteriori del processo, se il provvedimento di ammissione al patrocinio è intervenuto dopo la loro definizione.
3. Il decreto di pagamento è comunicato al beneficiario e alle parti, compreso il pubblico ministero.
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(34) Comma così modificato dall'art. 3, L. 24 febbraio 2005, n. 25 (Gazz. Uff. 2 marzo 2005, n. 50).
Art. 84.
(L) Opposizione al decreto di pagamento.
1. Avverso il decreto di pagamento del compenso al difensore, all'ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte, è ammessa opposizione ai sensi dell'articolo 170.
Art. 85.
(L) Divieto di percepire compensi o rimborsi.
1. Il difensore, l'ausiliario del magistrato e il consulente tecnico di parte non possono chiedere e percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a qualunque titolo, diversi da quelli previsti dalla presente parte del testo unico.
2. Ogni patto contrario è nullo.
3. La violazione del divieto costituisce grave illecito disciplinare professionale.
Capo V - Recupero delle somme da parte dello Stato
Art. 86.
(L) Recupero delle somme da parte dello Stato.
1. Lo Stato ha, in ogni caso, diritto di recuperare in danno dell'interessato le somme eventualmente pagate successivamente alla revoca del provvedimento di ammissione.
Capo VI - Norme finali
Art. 87.
(L) Servizio al pubblico in materia di patrocinio a spese dello Stato.
1. Il servizio al pubblico per il patrocinio a spese dello Stato è disciplinato dall'articolo 20, della legge 29 marzo 2001, n. 134.
Art. 88.
(L) Controlli da parte della Guardia di finanza.
1. Nei programmi annuali di controllo fiscale della Guardia di finanza sono inclusi i controlli dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, individuati sulla base di appositi criteri selettivi, anche tramite indagini bancarie e presso gli intermediari finanziari.
Art. 89.
(L) Norme di attuazione.
1. Con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono emanate le norme di attuazione delle disposizioni della parte III del presente testo unico.
(omissis)
D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303.
Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di
rifugiato
(1)
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 dicembre 2004, n. 299.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l'articolo 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto l'articolo 1-bis, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotto dall'articolo 32 della legge 30 luglio 2002, n. 189, che dispone l'emanazione di apposito regolamento per l'attuazione della medesima norma e dei successivi articoli 1-quater, comma 1, e 1-quinquies, comma 3;
Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella seduta del 10 dicembre 2003;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nelle adunanze del 26 gennaio 2004 e del 19 aprile 2004;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 giugno 2003;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 luglio 2004;
Sulla proposta del Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell'interno e del Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione, di concerto con i Ministri degli affari esteri e del lavoro e delle politiche sociali;
Emana il seguente regolamento:
Art. 1
Definizioni.
1. Ai fini del presente regolamento si intende per:
a) «testo unico»: il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;
b) «decreto»: il decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, e successive modificazioni;
c) «richiedente asilo»: lo straniero richiedente il riconoscimento dello status di rifugiato, ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, resa esecutiva in Italia con legge 24 luglio 1954, n. 722, e modificata dal Protocollo di New York del 3l gennaio 1967;
d) «domanda di asilo»: la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della citata Convenzione di Ginevra;
e) «centri»: i centri di identificazione istituiti ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 3, del predetto decreto-legge;
f) «Commissione territoriale»: la Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato;
g) «Commissione nazionale»: la Commissione nazionale per il diritto di asilo;
h) «Procedura semplificata»: la procedura prevista dall'articolo 1-ter del citato decreto-legge;
i) «ACNUR»: l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati;
l) «minore non accompagnato»: il minore degli anni 18, apolide o di cittadinanza di Stati estranei all'Unione europea, che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza legale.
Art. 2
Istruttoria della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato.
1. L'ufficio di polizia di frontiera che riceve la domanda d'asilo prende nota delle generalità fornite dal richiedente asilo, lo invita ad eleggere domicilio e, purché non sussistano motivi ostativi, lo autorizza a recarsi presso la questura competente per territorio, alla quale trasmette, anche in via informatica, la domanda redatta su moduli prestampati. Ove l'ufficio di polizia di frontiera non sia presente nel luogo di ingresso sul territorio nazionale, si intende per tale l'ufficio di questura territorialmente competente. Alle operazioni prende parte, ove possibile, un interprete della lingua del richiedente. Nei casi in cui il richiedente è una donna, alle operazioni partecipa personale femminile.
2. La questura, ricevuta la domanda di asilo, che non ritenga irricevibile ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto, redige un verbale delle dichiarazioni del richiedente, su appositi modelli predisposti dalla Commissione nazionale, a cui è allegata la documentazione eventualmente presentata o acquisita d'ufficio. Del verbale sottoscritto e della documentazione allegata è rilasciata copia al richiedente.
3. Salvo quanto previsto dall'articolo 1-ter, comma 5, del decreto, la questura avvia le procedure sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri dell'Unione europea.
4. Il questore, quando ricorrono le ipotesi previste dall'articolo 1-bis del decreto, dispone l'invio del richiedente asilo nel centro di identificazione ovvero, unicamente quando ricorre l'ipotesi di cui all'articolo 1-bis, comma 2, lettera b), del decreto, nel centro di permanenza temporanea e assistenza. Negli altri casi rilascia un permesso di soggiorno valido per tre mesi, rinnovabile fino alla definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato presso la competente Commissione territoriale.
5. Qualora la richiesta di asilo sia presentata da un minore non accompagnato, l'autorità che la riceve sospende il procedimento, dà immediata comunicazione della richiesta al Tribunale per i minorenni territorialmente competente ai fini dell'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 346 e seguenti del codice civile, nonché di quelli relativi all'accoglienza del minore e informa il Comitato per i minori stranieri presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il tutore, così nominato, conferma la domanda di asilo e prende immediato contatto con la competente questura per la riattivazione del procedimento. In attesa della nomina del tutore, l'assistenza e accoglienza del minore sono assicurate dalla pubblica autorità del Comune ove si trova. I minori non accompagnati non possono in alcun caso essere trattenuti presso i centri di identificazione o di permanenza temporanea.
6. La questura consegna al richiedente asilo un opuscolo redatto dalla Commissione nazionale secondo le modalità di cui all'articolo 4, in cui sono spiegati:
a) le fasi della procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato;
b) i principali diritti e doveri del richiedente asilo durante la sua permanenza in Italia;
c) le prestazioni sanitarie e di accoglienza per il richiedente asilo e le modalità per richiederle;
d) l'indirizzo ed il recapito telefonico dell'ACNUR e delle principali organizzazioni di tutela dei rifugiati e dei richiedenti asilo;
e) le modalità di iscrizione del minore alla scuola dell'obbligo, l'accesso ai servizi finalizzati all'accoglienza del richiedente asilo, sprovvisto di mezzi di sostentamento, erogati dall'ente locale, le modalità di acceso ai corsi di formazione e riqualificazione professionale, la cui durata non può essere superiore alla durata della validità del permesso di soggiorno.
Art. 3
Trattenimento del richiedente asilo.
1. Il provvedimento con il quale il questore dispone l'invio del richiedente asilo nei centri di identificazione è sinteticamente comunicato all'interessato secondo le modalità di cui all'articolo 4. Nelle ipotesi di trattenimento, previste dall'articolo 1-bis, comma 1, del decreto, il provvedimento stabilisce il periodo massimo di permanenza nel centro del richiedente asilo, in ogni caso non superiore a venti giorni.
2. Al richiedente asilo inviato nel centro è rilasciato, a cura della questura, un attestato nominativo che certifica la sua qualità di richiedente lo status di rifugiato presente nel centro di identificazione ovvero nel centro di permanenza temporanea e assistenza.
3. Con la comunicazione di cui al comma 1, il richiedente asilo è altresì informato:
a) della possibilità di contattare l'ACNUR in ogni fase della procedura;
b) della normativa del presente regolamento in materia di visite e di permanenza nel centro.
4. Allo scadere del periodo previsto per la procedura semplificata ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto e qualora la stessa non sia ancora conclusa, ovvero allo scadere del termine previsto al comma 1, o, comunque, cessata l'esigenza che ha imposto il trattenimento previsto dall'articolo 1-bis, comma 1, del decreto, al momento dell'uscita dal centro è rilasciato all'interessato un permesso di soggiorno valido per tre mesi, rinnovabile fino alla definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato presso la competente Commissione territoriale.
Art. 4
Comunicazioni.
1. Le comunicazioni al richiedente asilo concernenti il procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato sono rese in lingua a lui comprensibile o, se ciò non è possibile, in lingua inglese, francese, spagnola o araba, secondo la preferenza indicata dall'interessato.
Art. 5
Istituzione dei centri di identificazione.
1. Sono istituiti sette centri di identificazione nelle province individuate con decreto del Ministro dell'interno, sentite la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le regioni e le province autonome interessate, che si esprimono entro trenta giorni.
2. Qualora ne ravvisi la necessità, il Ministro dell'interno, con proprio decreto, può disporre, anche temporaneamente, l'istituzione di nuovi centri o la chiusura di quelli esistenti, nel rispetto delle procedure di cui al comma 1.
3. Le strutture allestite ai sensi del decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, possono essere destinate alle finalità di cui al comma 1 mediante decreto del Ministro dell'interno.
Art. 6
Apprestamento dei centri di identificazione.
1. Per l'apprestamento dei centri di identificazione, il Ministero dell'interno può disporre, previa acquisizione di studi di fattibilità e progettazione tecnica:
a) acquisizioni in proprietà, anche tramite locazione finanziaria, nonché locazione di aree o edifici;
b) costruzione, allestimenti, riadattamenti e manutenzioni di edifici o aree;
c) posizionamento di padiglioni anche mobili ed ogni altro intervento necessario alla realizzazione di idonea struttura.
2. Nell'àmbito del centro sono previsti idonei locali per l'attività della Commissione territoriale di cui all'articolo 12, nonché per le visite ai richiedenti asilo, per lo svolgimento di attività ricreative o di studio e per il culto.
Art. 7
Convenzione per la gestione del centro.
1. Il prefetto della provincia in cui è istituito il centro può affidarne la gestione, attraverso apposite convenzioni, ad enti locali, ad enti pubblici o privati che operino nel settore dell'assistenza ai richiedenti asilo o agli immigrati, ovvero nel settore dell'assistenza sociale.
2. In particolare, nella convenzione è previsto:
a) l'individuazione del direttore del centro, da scegliere tra personale in possesso di diploma di assistente sociale, rilasciato dalle scuole dirette a fini speciali, o diploma universitario di assistente sociale unitamente all'abilitazione per l'esercizio della professione, con esperienza lavorativa di almeno un quinquennio nel settore dell'assistenza agli immigrati o nell'assistenza sociale; laurea in servizio sociale, unitamente all'abilitazione per l'esercizio della professione; laurea specialistica in scienze del servizio sociale unitamente all'abilitazione per l'esercizio della professione; laurea in psicologia unitamente all'abilitazione per l'esercizio della professione e con esperienza lavorativa per almeno un biennio nel settore dell'assistenza agli immigrati o nell'assistenza sociale;
b) il numero delle persone necessarie, in via ordinaria, alla gestione del centro, forniti di capacità adeguate alle caratteristiche e alle esigenze dei richiedenti asilo, nonché alle necessità specifiche dei minori e delle donne;
c) le modalità di svolgimento del servizio di ricezione dei richiedenti asilo da ospitare nel centro e di registrazione delle presenze;
d) un costante servizio di vigilanza e la presenza anche durante l'orario notturno e festivo del personale ritenuto necessario per il funzionamento del centro;
e) un servizio di interpretariato, per almeno quattro ore giornaliere, per le esigenze connesse al procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato ed in relazione ai bisogni fondamentali degli ospiti del centro;
f) un servizio di informazione legale in materia di riconoscimento dello status di rifugiato;
g) modalità per la comunicazione delle presenze giornaliere e degli eventuali allontanamenti non autorizzati alla prefettura - Ufficio territoriale del Governo, al Ministero dell'interno e alla Commissione territoriale;
h) l'obbligo di riservatezza per il personale del centro sui dati e le informazioni riguardanti i richiedenti asilo presenti nel centro anche dopo che gli stessi abbiano lasciato il centro;
i) le attività ed i servizi per garantire il rispetto della dignità ed il diritto alla riservatezza dei richiedenti asilo nell'àmbito del centro.
3. La prefettura - Ufficio territoriale del Governo dispone i necessari controlli su amministrazione e gestione del centro e trasmette al Ministero dell'interno, alla regione, alla provincia ed al comune, rispettivamente competenti, entro il mese di marzo di ciascun anno, una relazione sull'attività effettuata nel centro l'anno precedente.
Art. 8
Funzionamento.
1. Nel rispetto delle direttive impartite dalla prefettura - Ufficio territoriale del Governo, il direttore del centro di cui all'articolo 7, comma 2, lettera a) predispone servizi al fine di assicurare una qualità di vita che garantisca dignità e salute dei richiedenti asilo, tenendo conto delle necessità dei nuclei familiari, composti dai coniugi e dai parenti entro il primo grado, e delle persone portatrici di particolari esigenze, quali minori, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, persone che sono state soggette nel paese di origine a discriminazioni, abusi e sfruttamento sessuale. Ove possibile, dispone, sentito il questore, il ricovero in apposite strutture esterne dei disabili e delle donne in stato di gravidanza.
2. Il direttore del centro provvede a regolare lo svolgimento delle attività per assicurare l'ordinata convivenza e la migliore fruizione dei servizi da parte dei richiedenti asilo.
3. Il prefetto adotta le disposizioni relative alle modalità e agli orari delle visite ai richiedenti asilo e quelle relative alle autorizzazioni all'allontanamento dal centro, prevedendo:
a) un orario per le visite articolato giornalmente su quattro ore, nel rispetto di una ordinata convivenza;
b) visite da parte dei rappresentanti dell'ACNUR e degli avvocati dei richiedenti asilo;
c) visite di rappresentanti di organismi e di enti di tutela dei rifugiati autorizzati dal Ministero dell'interno ai sensi dell'articolo 11;
d) visite di familiari o di cittadini italiani per i quali vi è una richiesta da parte del richiedente asilo, previa autorizzazione della prefettura - Ufficio territoriale del Governo.
Art. 9
Modalità di permanenza nel centro.
1. È garantita, salvo il caso di nuclei familiari, la separazione fra uomini e donne durante le ore notturne.
2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1-ter, comma 4, del decreto, è consentita, purché compatibile con l'ordinario svolgimento della procedura semplificata e previa comunicazione al direttore del centro, l'uscita dal centro dalle ore otto alle ore venti, nei confronti dei richiedenti asilo che non versino nelle ipotesi di cui all'articolo 1-bis, comma 1, lettera a), e comma 2, lettera a), del decreto. Il competente funzionario prefettizio può rilasciare al richiedente asilo, anche nelle ipotesi di cui all'articolo 1-bis, comma 1, lettera a), e comma 2, lettera a), del decreto, permessi temporanei di allontanamento per un periodo di tempo diverso o superiore a quello indicato, secondo le disposizioni stabilite ai sensi dell'articolo 8, comma 3, per rilevanti e comprovati motivi personali, di salute o di famiglia o per comprovati motivi attinenti all'esame della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato. L'allontanamento deve, comunque, essere compatibile con i tempi della procedura semplificata. Il diniego è motivato e comunicato all'interessato secondo le modalità di cui all'articolo 4.
3. All'ingresso nel centro è consegnato al richiedente asilo un opuscolo informativo, redatto secondo le modalità di cui all'articolo 4, in cui sono sinteticamente indicate le regole di convivenza e le disposizioni di cui all'articolo 8, comma 3, unitamente all'indicazione dei tempi della procedura semplificata di cui all'articolo 1-ter del decreto e alle conseguenze che l'articolo 1-ter, comma 4, del decreto stesso prevede in caso di allontanamento non autorizzato dal centro.
4. Le informazioni di cui al comma 3 possono essere richieste anche agli interpreti presenti nel centro.
Art. 10
Assistenza medica.
1. Il richiedente asilo, presente nel centro, ha diritto alle cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative per malattia o infortunio, erogate dal Servizio sanitario ai sensi dell'articolo 35, comma 3, del testo unico in base a convenzioni stipulate, ove possibile, dal Ministero dell'interno.
2. Servizi di prima assistenza medico generica, per almeno quattro ore giornaliere, sono attivati nei centri in cui siano presenti oltre 100 richiedenti asilo.
Art. 11
Associazioni ed enti di tutela.
1. I rappresentanti delle associazioni e degli enti di tutela dei rifugiati, purché forniti di esperienza, dimostrata e maturata in Italia per almeno tre anni nel settore, possono essere autorizzati dal prefetto della provincia in cui è istituito il centro all'ingresso nei locali adibiti alle visite, realizzati nei centri di identificazione, durante l'orario stabilito. Il prefetto concede l'autorizzazione che contiene l'invito a tenere conto della tutela della riservatezza e della sicurezza dei richiedenti asilo.
2. Gli enti locali ed il servizio centrale di cui all'articolo 1-sexies, comma 4, del decreto possono attivare nei centri, previa comunicazione al prefetto, che può negare l'accesso per motivate ragioni, servizi di insegnamento della lingua italiana, di informazione ed assistenza legale, di sostegno socio-psicologico nonché di informazione su programmi di rimpatrio volontario, nell'àmbito delle attività svolte ai sensi dell'articolo 1-sexies del decreto.
Art. 12
Individuazione delle Commissioni territoriali.
1. Ai sensi dell'art. 1-quater del decreto, le Commissioni territoriali sono istituite presso le seguenti prefetture - Uffici territoriali del Governo:
Gorizia con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Regioni: Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Trentino-Alto Adige;
Milano con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Regioni: Lombardia, Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna;
Roma con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Regioni: Lazio, Campania, Abruzzo, Molise, Sardegna, Toscana, Marche, Umbria;
Foggia con competenza a conoscere delle domande presentate nella Regione Puglia;
Siracusa con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Province di Siracusa, Ragusa, Caltanissetta, Catania;
Crotone con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Regioni Calabria, Basilicata;
Trapani con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Province di Agrigento, Trapani, Palermo, Messina, Enna.
2. Competente a conoscere delle domande presentate dai richiedenti asilo presenti nei centri di identificazione o nei centri di permanenza temporanea e assistenza è la Commissione territoriale nella cui circoscrizione territoriale è collocato il centro. Negli altri casi è competente la Commissione nella cui circoscrizione è presentata la domanda.
3. I membri della Commissione territoriale sono ammessi a seguire un apposito corso di preparazione all'attività, organizzato dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo.
4. Nella provincia in cui sono istituiti il centro di identificazione e la Commissione territoriale, il prefetto, ove ritenuto opportuno anche per la migliore razionalizzazione delle risorse, può destinare idonei locali del centro a sede degli uffici della Commissione territoriale (2).
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(2) Vedi, anche, l'art. 13, O.P.C.M. 23 marzo 2006, n. 3506.
Art. 13
Convocazione.
1. La convocazione per l'audizione presso la Commissione territoriale è comunicata all'interessato tramite la questura territorialmente competente. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1-ter, comma 4, del decreto, se non è stato possibile eseguire la notifica della convocazione nonostante nuove ricerche dell'interessato, particolarmente nel luogo del domicilio eletto e dell'ultima dimora, la Commissione, dopo aver accertato che il permesso di soggiorno rilasciato allo straniero per richiesta asilo è scaduto e l'interessato non ne ha richiesto il rinnovo, decide in ordine alla domanda di asilo anche in assenza dell'audizione individuale, sulla base della documentazione disponibile.
2. L'audizione può essere rinviata qualora le condizioni di salute del richiedente asilo, adeguatamente certificate, non la rendano possibile ovvero qualora l'interessato richieda ed ottenga il rinvio per gravi e fondati motivi. La mancata presentazione all'audizione individuale non impedisce la decisione della Commissione territoriale sulla domanda d'asilo.
Art. 14
Audizione.
1. La Commissione territoriale in seduta non pubblica procede all'audizione del richiedente asilo. Dell'audizione viene redatto verbale e ne viene consegnata copia allo straniero unitamente a copia della documentazione da lui prodotta.
2. Il richiedente può esprimersi nella propria lingua o in una lingua a lui nota. Se necessario la Commissione nomina un interprete.
3. La Commissione territoriale adotta le idonee misure per garantire la riservatezza dei dati che riguardano l'identità e le dichiarazioni dei richiedenti lo status di rifugiato, nonché le condizioni dei soggetti di cui all'articolo 8, comma 1. Il richiedente asilo ha facoltà di farsi assistere da un avvocato.
4. L'audizione dei minori richiedenti asilo non accompagnati viene disposta dalla Commissione territoriale alla presenza della persona che esercita la potestà sul minore. In ogni caso l'audizione del minore avviene alla presenza del genitore o del tutore e può essere esclusa nei casi in cui la Commissione ritenga di aver acquisito sufficienti elementi per una decisione positiva.
5. Il richiedente asilo può inviare alla competente Commissione territoriale ed alla Commissione nazionale per il diritto di asilo memorie e documentazione in ogni fase del procedimento.
Art. 15
Decisione.
1. La Commissione territoriale è validamente costituita con la presenza di tutti i componenti previsti dall'articolo 1-quater del decreto e delibera a maggioranza.
2. La Commissione territoriale, entro i tre giorni feriali successivi alla data dell'audizione, adotta, con atto scritto e motivato, una delle seguenti decisioni:
a) riconosce lo status di rifugiato al richiedente in possesso dei requisiti previsti dalla Convenzione di Ginevra;
b) rigetta la domanda qualora il richiedente non sia in possesso dei requisiti previsti dalla Convenzione di Ginevra;
c) rigetta la domanda qualora il richiedente non sia in possesso dei requisiti previsti dalla Convenzione di Ginevra ma, valutate le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle Convenzioni internazionali delle quali l'Italia è firmataria e, in particolare, dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, chiede al questore l'applicazione dell'articolo 5, comma 6, del testo unico.
3. La decisione è comunicata al richiedente unitamente alle informazioni sulle modalità di impugnazione nonché, per le ipotesi di cui all'articolo 1-ter, comma 6, del decreto, sulla possibilità di chiedere il riesame e l'autorizzazione al prefetto a permanere sul territorio nazionale.
4. Allo straniero al quale sia stato riconosciuto lo status di rifugiato la Commissione territoriale rilascia apposito certificato sulla base del modello stabilito dalla Commissione nazionale.
5. Lo straniero al quale non sia stato riconosciuto lo status di rifugiato è tenuto a lasciare il territorio dello Stato, salvo che gli sia stato concesso un permesso di soggiorno ad altro titolo. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 16, comma 1, il questore provvede, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del testo unico, nei confronti dello straniero già trattenuto nel centro di identificazione ovvero di permanenza temporanea e assistenza e, ai sensi dell'articolo 13, comma 5, del testo unico, nei confronti dello straniero cui era stato rilasciato il permesso di soggiorno per richiesta di asilo.
Art. 16
Riesame.
1. Il richiedente trattenuto presso uno dei centri di identificazione, di cui all'articolo 1-bis, comma 3, del decreto, può presentare, entro cinque giorni dalla decisione che rigetta la domanda, ai sensi dell'articolo 1-ter, comma 6, del decreto, richiesta di riesame al Presidente della Commissione territoriale. In attesa della decisione sul riesame l'interessato permane nel centro di identificazione.
2. La richiesta di riesame ha ad oggetto elementi sopravvenuti ovvero preesistenti, non adeguatamente valutati in prima istanza, che siano determinanti al fine del riconoscimento dello status di rifugiato.
3. Entro tre giorni dalla data di presentazione della richiesta di riesame, il Presidente della Commissione territoriale chiede al Presidente della Commissione nazionale di provvedere all'integrazione della Commissione territoriale con un componente della Commissione nazionale.
4. La Commissione territoriale integrata può procedere ad una nuova audizione dell'interessato, ove richiesto dallo stesso o dal componente della Commissione nazionale. La Commissione decide con provvedimento motivato, comunicato all'interessato nelle quarantotto ore successive e contro cui è ammesso ricorso, nei quindici giorni successivi alla comunicazione, al tribunale territorialmente competente, che decide in composizione monocratica.
Art. 17
Autorizzazione a permanere sul territorio nazionale in pendenza di ricorso giurisdizionale.
1. Il richiedente asilo che ha presentato ricorso al tribunale può chiedere al prefetto, competente ad adottare il provvedimento di espulsione, di essere autorizzato, ai sensi dell'articolo 1-ter, comma 6, del decreto, a permanere sul territorio nazionale fino alla data di decisione del ricorso. In tal caso il richiedente è trattenuto nel centro di permanenza temporanea ed assistenza, secondo le disposizioni di cui all'articolo 14 del testo unico.
2. La richiesta dell'autorizzazione a permanere deve essere presentata per iscritto ed adeguatamente motivata in relazione a fatti sopravvenuti, che comportino gravi e comprovati rischi per l'incolumità o la libertà personale, successivi alla decisione della Commissione territoriale ed a gravi motivi personali o di salute che richiedono la permanenza dello straniero sul territorio dello Stato. L'autorizzazione è concessa qualora sussista l'interesse a permanere sul territorio dello Stato ed il prefetto non rilevi il concreto pericolo che il periodo d'attesa della decisione del ricorso possa essere utilizzato dallo straniero per sottrarsi all'esecuzione del provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale.
3. La decisione del prefetto è adottata entro cinque giorni dalla presentazione in forma scritta e motivata ed è comunicata all'interessato nelle forme di cui all'articolo 4. In caso di accoglimento, il prefetto definisce con il provvedimento le modalità di permanenza sul territorio, anche disponendo il trattenimento dello straniero in un centro di identificazione o di accoglienza ed assistenza.
4. In caso di autorizzazione a permanere sul territorio dello Stato, il questore rilascia un permesso di soggiorno di durata non superiore a sessanta giorni, rinnovabile nel caso che il prefetto ritenga che persistono le condizioni che hanno consentito l'autorizzazione a permanere sul territorio nazionale.
Art. 18
Commissione nazionale per il diritto di asilo.
1. La Commissione nazionale opera presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno.
2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta congiunta dei Ministri dell'interno e degli affari esteri, provvede, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, alla nomina della Commissione nazionale ed alla sua eventuale articolazione in più Sezioni.
Art. 19
Funzioni della Commissione nazionale per il diritto d'asilo.
1. Ai sensi dell'articolo 1-quinquies, comma 2, del decreto, la Commissione nazionale, nell'àmbito delle funzioni attribuitele dalla legge provvede:
a) alla realizzazione di un centro di documentazione sulla situazione socio-politico-economica dei paesi di origine dei richiedenti asilo, sulla base delle informazioni raccolte e del suo continuo aggiornamento;
b) all'individuazione di linee guida per la valutazione delle domande di asilo, anche in relazione alla applicazione dell'articolo 5, comma 6, del testo unico;
c) alla collaborazione nelle materie di propria competenza con il Ministero degli affari esteri, ed in particolare con le Rappresentanze permanenti d'Italia presso le organizzazioni internazionali di rilievo nel settore dell'asilo e della protezione dei diritti umani;
d) alla collaborazione con gli analoghi organismi dei Paesi membri dell'Unione europea;
e) alla organizzazione di corsi di formazione e di aggiornamento per i componenti delle Commissioni territoriali;
f) alla costituzione e all'aggiornamento di una banca dati informatica contenente le informazioni utili al monitoraggio delle richieste d'asilo;
g) al monitoraggio dei flussi di richiedenti asilo, anche al fine di proporre, ove sia ritenuto necessario, l'istituzione di nuove Commissioni territoriali o di Commissioni territoriali straordinarie;
h) a fornire, ove necessario, informazioni al Presidente del Consiglio dei Ministri per l'eventuale adozione del provvedimento di cui all'articolo 20, comma 1, del testo unico.
Art. 20
Cessazioni e revoche dello status di rifugiato.
1. Ai sensi dell'articolo 1-quinquies, comma 2, del decreto, i casi di cessazione o revoca dello status di rifugiato, di cui all'articolo 1 della Convenzione di Ginevra, debitamente istruiti dalle questure competenti per territorio, sono esaminati dalla Commissione nazionale.
2. La convocazione per l'audizione, ove ritenuta necessaria, deve essere notificata all'interessato tramite la questura competente per territorio. L'interessato può, per motivi di salute o per altri motivi debitamente certificati o documentati, chiedere di essere convocato in altra data; non può essere chiesto più di un rinvio. La Commissione decide entro trenta giorni dall'audizione.
3. La Commissione decide sulla base della documentazione in suo possesso nel caso in cui l'interessato non si presenti all'audizione senza avere presentato richiesta di rinvio.
Art. 21
Norma transitoria.
1. Le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato pendenti presso la Commissione centrale alla data di entrata in vigore del presente regolamento sono decise, ai sensi dell'articolo 34, comma 3, della legge 30 luglio 2002, n. 189, secondo le norme del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136, da una speciale sezione della Commissione nazionale, da istituire ai sensi dell'articolo 18, comma 2 (3).
2. Salvo quanto previsto dal comma 3, le disposizioni del presente regolamento hanno effetto a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
3. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento si provvede alla nomina dei componenti delle Commissioni territoriali, ai sensi dell'articolo 12, e della Commissione nazionale, ai sensi dell'articolo 18. La Commissione nazionale, nei trenta giorni successivi alla nomina, organizza, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, lettera e), il primo corso di formazione per i componenti delle Commissioni territoriali e provvede, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, all'adozione delle linee guida di cui all'articolo 19, comma 1, lettera b).
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(3) Vedi, anche, l'art. 13, O.P.C.M. 23 marzo 2006, n. 3506.
D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140.
Attuazione della direttiva 2003/9/CE che stabilisce norme minime relative
all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri
(1)
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 luglio 2005, n. 168.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la direttiva 2003/9/CE del 27 gennaio 2003 del Consiglio dell'Unione europea, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri;
Vista la legge 31 ottobre 2003, n. 306, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 2003 che ha delegato il Governo a recepire la citata direttiva 2003/9/CE, compresa nell'elenco di cui all'allegato A della medesima legge;
Visto il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, e successive modificazioni, nonché il relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;
Visto il decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, così come integrato e modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, recante il regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 maggio 2005;
Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri degli affari esteri, del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze;
Emana il seguente decreto legislativo:
Art. 1
Finalità.
1. Il presente decreto ha lo scopo di stabilire le norme relative all'accoglienza degli stranieri richiedenti il riconoscimento dello status di rifugiato nel territorio nazionale.
2. Il presente decreto non si applica nell'ipotesi in cui sono operative le misure di protezione temporanea, disposte ai sensi del decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85, recante attuazione della direttiva 2001/55/CE, relativa alla concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla cooperazione in àmbito comunitario.
Art. 2
Definizioni.
1. Ai fini del presente decreto s'intende per:
a) «richiedente asilo»: lo straniero richiedente il riconoscimento dello status di rifugiato, ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967, resa esecutiva in Italia con legge 24 luglio 1954, n. 722;
b) «straniero»: il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea e l'apolide;
c) «domanda di asilo»: la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato presentata dallo straniero, ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967, resa esecutiva in Italia con legge 24 luglio 1954, n. 722;
d) «Commissione territoriale»: la Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato;
e) «minore non accompagnato»: lo straniero di età inferiore agli anni diciotto, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale;
f) «familiare»: i soggetti per i quali è previsto il ricongiungimento familiare, ai sensi dell'articolo 29 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di seguito denominato: «testo unico», che si trovano nel territorio nazionale al momento della presentazione della domanda di asilo.
Art. 3
Informazione.
1. La questura che riceve la domanda di asilo ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, di seguito denominato: «regolamento» provvede, entro un termine non superiore a quindici giorni dalla presentazione, all'informazione sulle condizioni di accoglienza del richiedente asilo, con la consegna all'interessato dell'opuscolo di cui all'articolo 2, comma 6, del regolamento.
Art. 4
Documentazione.
1. Quando non è disposto il trattenimento del richiedente asilo, ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, di seguito denominato: «decreto-legge», la questura rilascia, entro tre giorni dalla presentazione della domanda, al medesimo un attestato nominativo, che certifica la sua qualità di richiedente asilo, nonché, entro venti giorni dalla presentazione della domanda, il permesso di soggiorno per richiesta di asilo, di cui all'articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, recante regolamento di attuazione del testo unico.
2. Quando è disposto il trattenimento del richiedente asilo, ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge, la questura rilascia al medesimo un attestato nominativo, che certifica la sua qualità di richiedente asilo presente nel centro di identificazione ovvero nel centro di permanenza temporanea ed assistenza, di cui all'articolo 3, comma 2, del regolamento.
3. Le attestazioni di cui ai commi 1 e 2 non certificano l'identità del richiedente asilo.
Art. 5
Misure di accoglienza.
1. Il richiedente asilo inviato nel centro di identificazione ovvero nel centro di permanenza temporanea e assistenza ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge, ha accoglienza nelle strutture in cui è ospitato, per il tempo stabilito e secondo le disposizioni del regolamento.
2. Il richiedente asilo, cui è rilasciato il permesso di soggiorno, che risulta privo di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata per la salute e per il sostentamento proprio e dei propri familiari, ha accesso, con i suoi familiari, alle misure di accoglienza, secondo le norme del presente decreto.
3. La valutazione dell'insufficienza dei mezzi di sussistenza, di cui al comma 2, da riferirsi ad un periodo non superiore a sei mesi, è effettuata dalla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo, in base ai criteri relativi al soggiorno per motivi di turismo, definiti dalla direttiva del Ministro dell'interno, di cui all'articolo 4, comma 3, del testo unico.
4. L'accesso alle misure di accoglienza di cui al comma 2 è garantito a condizione che il richiedente dimostri che ha presentato la domanda di asilo, entro il termine previsto dall'articolo 5, comma 2, del testo unico, decorrente dall'ingresso nel territorio nazionale. Nel caso in cui il richiedente sia soggiornante legalmente nel territorio nazionale ad altro titolo, il suddetto termine decorre dal verificarsi dei motivi di persecuzione addotti nella domanda.
5. L'accesso alle misure di accoglienza è disposto dal momento della presentazione della domanda di asilo. Eventuali interventi assistenziali e di soccorso, precedenti alla presentazione della domanda di asilo, sono attuati a norma delle disposizioni del decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, e del relativo regolamento di attuazione, adottato con decreto ministeriale 2 gennaio 1996, n. 233 del Ministro dell'interno.
6. Le misure di accoglienza hanno termine al momento della comunicazione della decisione sulla domanda di asilo, ai sensi dell'articolo 15, comma 3, del regolamento.
7. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 17 del regolamento, in caso di ricorso giurisdizionale avverso la decisione di rigetto della domanda d'asilo, il ricorrente autorizzato a soggiornare sul territorio nazionale ha accesso all'accoglienza solo per il periodo in cui non gli è consentito il lavoro, ai sensi dell'articolo 11, comma 1, ovvero nel caso in cui le condizioni fisiche non gli consentano il lavoro.
Art. 6
Accesso all'accoglienza.
1. Nelle ipotesi di cui all'articolo 5, comma 2, il richiedente asilo, ai fini dell'accesso alle misure di accoglienza per sé e per i propri familiari, redige apposita richiesta, previa dichiarazione, al momento della presentazione della domanda, di essere privo di mezzi sufficienti di sussistenza.
2. La Prefettura - Ufficio territoriale del Governo, cui viene trasmessa, da parte della questura, la documentazione di cui al comma 1, valutata, l'insufficienza dei mezzi di sussistenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, accerta, secondo le modalità stabilite con provvedimento del Capo del Dipartimento per libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, la disponibilità di posti all'interno del sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge.
3. In caso d'indisponibilità nelle strutture di cui al comma 2, l'accoglienza è disposta nei centri d'identificazione ovvero nelle strutture allestite ai sensi del decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, per il tempo strettamente necessario all'individuazione del centro di cui al citato comma. In tale ipotesi, non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 9, comma 2, del regolamento.
4. La Prefettura - Ufficio territoriale del Governo provvede all'invio del richiedente nella struttura individuata, anche avvalendosi dei mezzi di trasporto messi a disposizione dal centro stesso. Gli oneri conseguenti sono a carico della Prefettura.
5. L'accoglienza è disposta nella struttura individuata ed è subordinata all'effettiva residenza del richiedente in quella struttura, salvo il trasferimento in altro centro, che può essere disposto, per motivate ragioni, dalla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo in cui ha sede la struttura di accoglienza che ospita il richiedente.
6. L'indirizzo della struttura di accoglienza, è comunicato, a cura della Prefettura - Ufficio territoriale del Governo, alla Questura, nonché alla Commissione territoriale e costituisce il luogo di residenza del richiedente, valevole agli effetti della notifica e della comunicazione degli atti relativi al procedimento di riconoscimento dello status di rifugiato, nonché alle procedure relative all'accoglienza, disciplinate dal presente decreto. È nella facoltà del richiedente asilo comunicare tale luogo di residenza al proprio difensore o consulente legale.
7. Nei casi d'indisponibilità di posti nelle strutture di cui ai commi 2 e 3, la Prefettura - Ufficio territoriale del Governo eroga il contributo di cui all'articolo 1-sexies, comma 3, lettera c), del decreto-legge. L'erogazione del contributo è limitata al tempo strettamente necessario ad acquisire la disponibilità presso un centro di accoglienza e subordinata alla comunicazione del domicilio eletto alla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo che lo eroga.
8. Avverso il provvedimento di diniego delle misure di accoglienza è ammesso ricorso al Tribunale amministrativo regionale competente.
Art. 7
Competenza delle Commissioni territoriali.
1. Competente a conoscere delle domande d'asilo presentate dai richiedenti ammessi alle misure di accoglienza, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, è la Commissione territoriale nella cui circoscrizione territoriale è collocato il centro individuato per l'accoglienza.
2. La documentazione relativa alla domanda d'asilo è trasmessa alla Commissione territoriale competente ai sensi del comma 1, nei casi in cui quest'ultima sia diversa da quella individuata secondo l'articolo 12, comma 2, del regolamento.
Art. 8
Accoglienza di persone portatrici di esigenze particolari.
1. L'accoglienza è effettuata in considerazione delle esigenze dei richiedenti asilo e dei loro familiari, in particolare delle persone vulnerabili quali minori, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, persone per le quali è stato accertato che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale.
2. Nei centri di identificazione sono previsti servizi speciali di accoglienza delle persone portatrici di esigenze particolari, stabiliti dal direttore del centro, ove possibile, in collaborazione con la ASL competente per territorio, che garantiscono misure assistenziali particolari ed un adeguato supporto psicologico, finalizzato all'esigenze della persona, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, del regolamento.
3. Nell'àmbito del sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge, sono attivati servizi speciali di accoglienza per i richiedenti asilo portatori di esigenze particolari, che tengano conto delle misure assistenziali da garantire alla persona in relazione alle sue specifiche esigenze.
4. L'accoglienza ai minori non accompagnati è effettuata, secondo il provvedimento del Tribunale dei minorenni, ad opera dell'ente locale. Nell'àmbito dei servizi del sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge, gli enti locali interessati possono prevedere specifici programmi di accoglienza riservati ai minori non accompagnati, richiedenti asilo e rifugiati, che partecipano alla ripartizione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo.
5. Il Ministero dell'interno stipula convenzioni, sulla base delle risorse disponibili del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, sentito il Comitato per i minori, con l'Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM) ovvero con la Croce Rossa Italiana, per l'attuazione di programmi diretti a rintracciare i familiari dei minori non accompagnati. L'attuazione dei programmi è svolta nel superiore interesse dei minori e con l'obbligo della assoluta riservatezza, in modo da tutelare la sicurezza del richiedente asilo.
Art. 9
Modalità relative alle condizioni materiali di accoglienza.
1. Salvo per i richiedenti ospitati nei centri di permanenza temporanea e assistenza, per i quali vigono le disposizioni del testo unico, i richiedenti asilo sono alloggiati in strutture che garantiscono:
a) la tutela della vita e del nucleo familiare, ove possibile;
b) la possibilità di comunicare con i parenti, gli avvocati, nonché con i rappresentanti dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, di seguito denominato «ACNUR», ed i rappresentanti delle associazioni e degli enti di cui all'articolo 11 del regolamento.
2. La Prefettura - Ufficio territoriale del Governo, nel cui territorio è collocato il centro di accoglienza di cui all'articolo 6, comma 2, dispone, anche avvalendosi dei servizi sociali del comune, i necessari controlli per accertare la qualità dei servizi erogati.
3. Le persone che lavorano nei centri di accoglienza hanno una formazione adeguata alle funzioni che esercitano nelle strutture di assistenza e sono soggette all'obbligo di riservatezza in ordine ai dati e le notizie concernenti i richiedenti asilo.
4. Fatto salvo quanto previsto dal testo unico in materia di centri di permanenza temporanea e assistenza e dall'articolo 8 del regolamento, sono ammessi nei centri, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge, gli avvocati, i rappresentanti dell'ACNUR e le associazioni o gli enti di cui all'articolo 11 del regolamento, al fine di prestare assistenza ai richiedenti asilo ivi ospitati.
Art. 10
Assistenza sanitaria e istruzione dei minori.
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 10 del regolamento, i richiedenti asilo e i loro familiari, inseriti nei servizi, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge, sono iscritti, a cura del gestore del servizio di accoglienza, al Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, del testo unico.
2. Fatto salvo il periodo di eventuale permanenza nel centro di identificazione, comunque non superiore a tre mesi, i minori richiedenti asilo o i minori figli di richiedenti asilo sono soggetti all'obbligo scolastico, ai sensi dell'articolo 38 del testo unico.
Art. 11
Lavoro e formazione professionale.
1. Qualora la decisione sulla domanda di asilo non venga adottata entro sei mesi dalla presentazione della domanda ed il ritardo non possa essere attribuito al richiedente asilo, il permesso di soggiorno per richiesta asilo è rinnovato per la durata di sei mesi e consente di svolgere attività lavorativa fino alla conclusione della procedura di riconoscimento.
2. Il permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del comma 1 non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
3. Il ritardo è attribuito al richiedente asilo, in particolare, nei seguenti casi:
a) presentazione di documenti e certificazioni false relative alla sua identità o nazionalità o, comunque, attinenti agli elementi della domanda di asilo;
b) rifiuto di fornire le informazioni necessarie per l'accertamento della sua identità o nazionalità;
c) mancata presentazione del richiedente asilo all'audizione davanti l'organo di esame della domanda, nonostante la convocazione sia stata comunicata presso il centro di accoglienza ovvero nel luogo del domicilio eletto, fatti salvi i motivi di forza maggiore.
4. Il richiedente asilo, che svolge attività lavorativa, ai sensi del comma 1, può continuare ad usufruire delle condizioni di accoglienza, erogate dai servizi attivati ai sensi dell'articolo 1-sexies del decreto-legge, nel centro assegnato e a condizione di contribuire alle relative spese. Il gestore del servizio di accoglienza determina l'entità e le modalità di riscossione del contributo, tenendo conto del reddito del richiedente e dei costi dell'accoglienza erogata. Il contributo versato non costituisce corrispettivo del servizio ed è utilizzato per il pagamento delle spese di accoglienza erogate a favore del richiedente che lo versa.
5. I richiedenti asilo, inseriti nei servizi, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge, possono frequentare corsi di formazione professionale, eventualmente previsti dal programma dell'ente locale dedicato all'accoglienza del richiedente asilo.
Art. 12
Revoca delle misure di accoglienza.
1. Il prefetto della provincia in cui ha sede il centro di accoglienza di cui all'articolo 6, commi 2 e 3, dispone, con proprio motivato decreto, la revoca delle misure d'accoglienza in caso di:
a) mancata presentazione presso la struttura individuata ovvero abbandono del centro di accoglienza da parte del richiedente asilo, senza preventiva motivata comunicazione alla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo competente;
b) mancata presentazione del richiedente asilo all'audizione davanti l'organo di esame della domanda, nonostante la convocazione sia stata comunicata presso il centro di accoglienza;
c) presentazione in Italia di precedente domanda di asilo;
d) accertamento della disponibilità del richiedente asilo di mezzi economici sufficienti per garantirsi l'assistenza;
e) violazione grave o ripetuta delle regole del centro di accoglienza da parte del richiedente asilo, ivi ospitato, ovvero comportamenti gravemente violenti.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, lettera a), il gestore del centro è tenuto a comunicare, immediatamente, alla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo la mancata presentazione o l'abbandono del centro da parte del richiedente asilo. Qualora il richiedente asilo sia rintracciato o si presenti volontariamente alle Forze dell'ordine o al centro di assegnazione, il prefetto dispone, con decisione motivata, sulla base degli elementi addotti dal richiedente, l'eventuale ripristino delle misure di accoglienza. Il ripristino è disposto soltanto se la mancata presentazione o l'abbandono sono stati causati da forza maggiore o caso fortuito.
3. Nell'ipotesi di cui al comma 1, lettera e), il gestore del centro deve trasmettere alla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo una relazione sui fatti che possono dare luogo all'eventuale revoca, entro tre giorni dal loro verificarsi.
4. Il provvedimento di revoca delle misure di accoglienza ha effetto dal momento della sua comunicazione, ai sensi dell'articolo 6, comma 6. Avverso il provvedimento di revoca è ammesso ricorso al Tribunale amministrativo regionale competente.
5. Nell'ipotesi di revoca, disposta ai sensi del comma 1, lettera d), il richiedente asilo deve rimborsare al gestore del centro, che ha provveduto all'accoglienza, i costi sostenuti per le misure precedentemente erogate.
Art. 13
Disposizioni finanziarie.
1. Per le esigenze dell'accoglienza di cui all'articolo 5, commi 2 e 7, la dotazione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo di cui all'articolo 1-septies del decreto-legge è aumentata, per l'anno 2005, di euro 8.865.500 e, a decorrere dal 2006, di euro 17.731.000.
2. Per il trasporto di cui all'articolo 6, comma 4, è autorizzata la spesa nel limite massimo di euro 62.400 per l'anno 2005 e di euro 124.800 a decorrere dal 2006.
3. All'onere derivante dall'attuazione del presente decreto, valutato in euro 8.927.900 per l'anno 2005 e in euro 17.855.800 a decorrere dall'anno 2006, si provvede:
per gli anni 2005, 2006 e 2007, mediante corrispondente utilizzo delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183, per la quota destinata al processo normativo comunitario; i predetti importi sono versati, per ciascuno di detti anni, all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati alle pertinenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero dell'interno;
a decorrere dall'anno 2008, si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
4. Con decreto del Ministro dell'interno, da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, si provvede all'eventuale armonizzazione delle linee guida e del formulario, di cui all'articolo 1-sexies, comma 3, lettera a), del decreto-legge, con le disposizioni del presente decreto. La Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, esprime il suo parere nel termine di cui all'articolo 5, comma 1, del regolamento. Con il medesimo decreto si prevede la fissazione di un termine non superiore a trenta giorni per la presentazione delle domande di contributo, relative all'anno 2005, da parte degli enti locali, a carico del Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo. Per gli anni successivi, la ripartizione del Fondo avviene secondo le modalità ed i tempi previsti dal decreto del Ministro dell'interno, di cui al citato articolo 1-sexies del decreto-legge (2).
5. Il sostegno finanziario per le misure di accoglienza, erogato nei limiti delle risorse finanziarie del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, è fissato, anche in deroga al limite dell'80 per cento previsto dall'articolo 1-sexies, comma 2, del decreto-legge, entro un limite massimo individuato annualmente, con riferimento al costo dell'accoglienza, giornaliero ed a persona, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che per gli anni 2005 e 2006 è adottato entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
6. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al presente decreto ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, ovvero delle misure correttive da assumere, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge. Gli eventuali decreti adottati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al presente comma, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.
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(2) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 28 novembre 2005
Art. 14
Disposizioni transitorie.
1. Le disposizioni di cui all'articolo 11, commi 1, 2, 3 e 5, si applicano anche ai richiedenti asilo titolari di permesso di soggiorno, la cui domanda di asilo è pendente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Per i richiedenti asilo di cui al comma 1, per i quali non è applicabile l'articolo 1-bis, comma 2, del decreto-legge, l'accoglienza è disposta, esclusivamente, nell'àmbito del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, di cui all'articolo 1-sexies del medesimo decreto-legge e nei limiti della disponibilità già finanziata prima della data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 15
Norme finali.
1. Fatto salvo quanto stabilito nell'articolo 13, commi 4 e 5, il presente decreto entra in vigore novanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
D.L. 27 luglio 2005, n. 144, conv. con mod.
L. 31 luglio 2005, n. 155.
Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale.
(art. 3)
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 27 luglio 2005, n. 173 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 31 luglio 2005, n. 155 (Gazz. Uff. 1° agosto 2005, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
(omissis)
Art. 3.
Nuove norme in materia di espulsioni degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo.
1. Oltre a quanto previsto dagli articoli 9, comma 5, e 13, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del 1998 il Ministro dell'interno o, su sua delega, il prefetto può disporre l'espulsione dello straniero appartenente ad una delle categorie di cui all'articolo 18 della legge 22 maggio 1975, n. 152, o nei cui confronti vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali (5).
2. Nei casi di cui al comma 1, l'espulsione è eseguita immediatamente, salvo che si tratti di persona detenuta, anche in deroga alle disposizioni del comma 3 dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998, concernenti l'esecuzione dell'espulsione dello straniero sottoposto a procedimento penale, e di quelle di cui al comma 5-bis del medesimo articolo 13. Ugualmente si procede nei casi di espulsione di cui al comma 1 dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998.
3. Il prefetto può altresì omettere, sospendere o revocare il provvedimento di espulsione di cui all'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo n. 286 del 1998, informando preventivamente il Ministro dell'interno, quando sussistono le condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno di cui all'articolo 2 del presente decreto, ovvero quando sia necessario per l'acquisizione di notizie concernenti la prevenzione di attività terroristiche, ovvero per la prosecuzione delle indagini o delle attività informative dirette alla individuazione o alla cattura dei responsabili dei delitti commessi con finalità di terrorismo (6).
4. Contro i decreti di espulsione di cui al comma 1 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo competente per territorio. Il ricorso giurisdizionale in nessun caso può sospendere l'esecuzione del provvedimento (7).
4-bis. Nei confronti dei provvedimenti di espulsione, di cui al comma 1, adottati dal Ministro dell'interno, o su sua delega, non è ammessa la sospensione dell'esecuzione in sede giurisdizionale ai sensi dell'articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, o dell'articolo 36 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 (8).
5. Quando nel corso dell'esame dei ricorsi di cui al comma 4 e di quelli di cui all'articolo 13, comma 11, del decreto legislativo n. 286 del 1998 la decisione dipende dalla cognizione di atti per i quali sussiste il segreto d'indagine o il segreto di Stato, il procedimento è sospeso fino a quando l'atto o i contenuti essenziali dello stesso non possono essere comunicati al tribunale amministrativo. Qualora la sospensione si protragga per un tempo superiore a due anni, il tribunale amministrativo può fissare un termine entro il quale l'amministrazione è tenuta a produrre nuovi elementi per la decisione o a revocare il provvedimento impugnato. Decorso il predetto termine, il tribunale amministrativo decide allo stato degli atti.
6. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 5 si applicano fino al 31 dicembre 2007.
7. All'articolo 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998, il comma 3-sexies è abrogato (9).
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(5) Comma così modificato dalla legge di conversione 31 luglio 2005, n. 155.
(6) Comma così modificato dalla legge di conversione 31 luglio 2005, n. 155.
(7) Periodo aggiunto dalla legge di conversione 31 luglio 2005, n. 155
(8) Comma aggiunto dalla legge di conversione 31 luglio 2005, n. 155
(9) Comma così modificato dalla legge di conversione 31 luglio 2005, n. 155.
(omissis)
Legge 6 febbraio 2007, n. 13.
Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza
dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 200
(artt. 1, 2, 12)
(1)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 febbraio 2007, n. 40, S.O.
Capo I - Delega al governo per l'attuazione di direttive comunitarie
Art. 1
Delega al Governo per l'attuazione di direttive comunitarie.
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B. Per le direttive il cui termine di recepimento sia già scaduto ovvero scada nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, il termine per l'adozione dei decreti legislativi di cui al presente comma è ridotto a sei mesi.
2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva.
3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese nell'elenco di cui all'allegato B, nonché, qualora sia previsto il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi all'attuazione delle direttive comprese nell'elenco di cui all'allegato A sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma, ovvero i diversi termini previsti dai commi 4 e 9, scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di novanta giorni.
4. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive che comportano conseguenze finanziarie sono corredati dalla relazione tecnica di cui all'articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Su di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni. La procedura di cui al presente comma si applica in ogni caso per gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive: 2005/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005; 2005/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005; 2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005; 2005/47/CE del Consiglio, del 18 luglio 2005; 2005/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005; 2005/61/CE della Commissione, del 30 settembre 2005; 2005/62/CE della Commissione, del 30 settembre 2005; 2005/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005; 2005/71/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2005; 2005/81/CE della Commissione, del 28 novembre 2005; 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005; 2005/94/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2005; 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006.
5. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può emanare, con la procedura indicata nei commi 2, 3 e 4, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati ai sensi del comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 6.
6. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, adottati per il recepimento di direttive per le quali la Commissione europea si sia riservata di adottare disposizioni di attuazione, il Governo è autorizzato, qualora tali disposizioni siano state effettivamente adottate, a recepirle nell'ordinamento nazionale con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, secondo quanto disposto dagli articoli 9 e 11 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e con le procedure ivi previste.
7. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione e dall'articolo 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 8, della medesima legge n. 11 del 2005.
8. Il Ministro per le politiche europee, nel caso in cui una o più deleghe di cui al comma 1 non risultino ancora esercitate decorsi quattro mesi dal termine previsto dalla direttiva per la sua attuazione, trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una relazione che dà conto dei motivi addotti dai Ministri con competenza istituzionale prevalente per la materia a giustificazione del ritardo. Il Ministro per le politiche europee ogni sei mesi informa altresì la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome nelle materie di loro competenza.
9. Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi trenta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono adottati anche in mancanza di nuovo parere.
Art. 2
Princìpi e criteri direttivi generali della delega legislativa.
. Salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni di cui al capo IV e in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'articolo 1 sono informati ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:
a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative;
b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, fatte salve le materie oggetto di delegificazione ovvero i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa;
c) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità. Nelle predette ipotesi, in luogo dell'arresto e dell'ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro è prevista per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi da quelli indicati nel secondo periodo della presente lettera. Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni indicate dalla presente lettera sono determinate nella loro entità, tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l'infrazione può recare al colpevole o alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. Entro i limiti di pena indicati dalla presente lettera sono previste sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi;
d) eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse; alla relativa copertura, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, in quanto non sia possibile fare fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, per un ammontare complessivo non superiore a 50 milioni di euro;
e) all'attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata;
f) nella predisposizione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive comunitarie comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;
g) quando si verifichino sovrapposizioni di competenze fra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le più opportune forme di coordinamento, rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili.
(omissis)
Art. 12
Attuazione della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.
1. Nella predisposizione del decreto legislativo per l'attuazione della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, anche il seguente: nel caso in cui il richiedente asilo sia cittadino di un Paese terzo sicuro, ovvero, se apolide, vi abbia in precedenza soggiornato abitualmente, ovvero provenga da un Paese di origine sicuro, prevedere che la domanda di asilo è dichiarata infondata, salvo che siano invocati gravi motivi per non ritenere sicuro quel Paese nelle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente. Tra i gravi motivi possono essere comprese gravi discriminazioni e repressioni di comportamenti riferiti al richiedente e che risultano oggettivamente perseguiti nel Paese d'origine o di provenienza e non costituenti reato per l'ordinamento italiano.
(omissis)
Regolamento (CE) n. 343/2003 del 18 febbraio
2003.
Regolamento del Consiglio
che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro
competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati
membri da un cittadino di un paese terzo
(1) (2)
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(1) Pubblicato nella G.U.U.E. 25 febbraio 2003, n. L 50. Entrata in vigore: 17 marzo 2003.
(2) Vedi, per le modalità di applicazione del presente regolamento, il regolamento (CE) n. 1560/2003.
Il Consiglio dell'Unione europea,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63, primo comma, punto 1, lettera a),
vista la proposta della Commissione (3),
visto il parere del Parlamento europeo (4),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (5),
considerando quanto segue:
(1) Una politica comune nel settore dell'asilo, che preveda un regime europeo comune in materia di asilo, costituisce un elemento fondamentale dell'obiettivo dell'Unione europea di istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nella Comunità.
(2) Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha deciso di lavorare all'istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sull'applicazione, in ogni sua componente, della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, integrata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967, e di garantire in tal modo che nessuno sia rinviato in un paese nel quale rischia di essere nuovamente esposto alla persecuzione, in ottemperanza al principio di non respingimento. Sotto tale profilo, e senza pregiudizio dei criteri di competenza definiti nel presente regolamento, gli Stati membri, tutti rispettosi del principio di non respingimento, sono considerati Stati sicuri per i cittadini di paesi terzi.
(3) Secondo le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, il regime europeo comune in materia di asilo dovrebbe prevedere a breve termine un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo.
(4) Tale meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l'effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento dello status di rifugiato e non dovrebbe pregiudicare l'obiettivo di un rapido espletamento delle domande d'asilo.
(5) Nel contesto della progressiva realizzazione di un regime europeo comune in materia di asilo che potrebbe portare, a termine, all'introduzione di una procedura comune e uno status uniforme e valido in tutta l'Unione per le persone alle quali è stato riconosciuto il diritto d'asilo, è opportuno, nella presente fase, pur apportandovi i necessari miglioramenti individuati alla luce dell'esperienza, ribadire i principi che ispirano la convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, firmata a Dublino il 15 giugno 1990 (di seguito «convenzione di Dublino»), la cui attuazione ha stimolato il processo d'armonizzazione delle politiche in materia di asilo.
(6) L'unità del nucleo familiare dovrebbe essere preservata, nella misura compatibile con gli altri obiettivi perseguiti attraverso l'individuazione dei criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo.
(7) Il trattamento congiunto delle domande d'asilo degli appartenenti alla stessa famiglia da parte di un unico Stato membro consente di assicurare un esame approfondito delle domande e la coerenza delle decisioni adottate nei loro confronti. Nondimeno, gli Stati membri dovrebbero poter derogare ai criteri di competenza per permettere la riunione dei membri di una stessa famiglia quando ciò è reso necessario da motivi umanitari.
(8) La progressiva instaurazione di uno spazio senza frontiere interne, entro il quale è garantita la libera circolazione delle persone in forza del trattato che istituisce la Comunità europea, e la definizione di politiche comunitarie relative alle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini dei paesi terzi, compresi gli sforzi comuni per la gestione delle frontiere esterne, rende necessario instaurare un equilibrio tra i criteri di competenza in uno spirito di solidarietà.
(9) Si può facilitare l'attuazione del presente regolamento e rafforzarne l'efficacia attraverso accordi bilaterali tra Stati membri volti a migliorare le comunicazioni tra i servizi competenti, ridurre le scadenze procedurali o semplificare il trattamento delle richieste di prendere o riprendere in carico i richiedenti asilo o stabilire le modalità per l'esecuzione dei trasferimenti.
(10) Si dovrebbe garantire la continuità tra il meccanismo di determinazione dello Stato competente istituito dalla convenzione di Dublino e quello previsto dal presente regolamento. Inoltre, occorre garantire la coerenza tra il presente regolamento e il regolamento (CE) n. 2725/2000 del Consiglio, dell'11 dicembre 2000, che istituisce il sistema «Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione della convenzione di Dublino.
(11) Il funzionamento del sistema Eurodac quale istituito dal regolamento (CE) n. 2725/2000 e in particolare l'attuazione degli articoli 4 e 8 dovrebbero facilitare l'attuazione del presente regolamento.
(12) Per quanto riguarda il trattamento di persone che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti giuridici internazionali di cui sono parti.
(13) Le misure di attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.
(14) L'applicazione del presente regolamento dovrebbe formare oggetto di periodiche valutazioni.
(15) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi che sono riconosciuti, segnatamente, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (6). In particolare, il presente regolamento intende assicurare il pieno rispetto del diritto d'asilo garantito dall'articolo 18.
(16) Poiché l'obiettivo dell'azione prevista, ossia l'introduzione di criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e, a motivo delle dimensioni e degli effetti dell'azione in questione, può essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire conformemente al principio di sussidiarietà enunciato dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto necessario per conseguire tale obiettivo, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(17) A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato, con lettera del 30 ottobre 2001, la propria volontà di partecipare all'adozione ed applicazione della presente direttiva.
(18) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione del presente regolamento e di conseguenza non è vincolata da esso, né è soggetta alla sua applicazione.
(19) La convenzione di Dublino resta in vigore e continua ad applicarsi tra la Danimarca e gli Stati membri vincolati dal presente regolamento finché non sarà concluso un accordo che consenta la partecipazione della Danimarca al presente regolamento,
ha adottato il presente regolamento:
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(3) Pubblicato nella G.U.C.E. 30 ottobre 2001, n. C 304 E.
(4) Parere reso il 9 aprile 2002.
(5) Pubblicato nella G.U.C.E. 27 maggio 2002, n. C 125.
(6) Pubblicata nella G.U.C.E. 18 dicembre 2000, n. C 364.
Capo I
Oggetto e definizioni
Art. 1
Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo.
Art. 2
Ai fini del presente regolamento si intende per:
a) «cittadino di un paese terzo»: qualsiasi persona che non è un cittadino dell'Unione ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità europea;
b) «convenzione di Ginevra»: la convenzione del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967;
c) «domanda d'asilo»: la domanda presentata da un cittadino di un paese terzo che può considerarsi una richiesta di protezione internazionale da parte di uno Stato membro, a norma della convenzione di Ginevra. Tutte le domande di protezione internazionale sono considerate domande di asilo, salvo che il cittadino di un paese terzo solleciti esplicitamente un distinto tipo di protezione, che può essere richiesto con domanda separata;
d) «richiedente» o «richiedente asilo»: il cittadino di un paese terzo che ha presentato una domanda di asilo in merito alla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva;
e) «esame di una domanda d'asilo»: l'insieme delle misure d'esame, le decisioni o le sentenze pronunciate dalle autorità competenti su una domanda d'asilo conformemente alla legislazione interna, ad eccezione delle procedure volte a determinare quale sia lo Stato competente in applicazione delle disposizioni del presente regolamento;
f) «ritiro della domanda d'asilo»: l'azione con la quale il richiedente asilo mette termine alle procedure avviate con la presentazione della sua domanda d'asilo, conformemente alla legislazione interna, esplicitamente o tacitamente;
g) «rifugiato»: qualsiasi cittadino di un paese terzo al quale è stato riconosciuto lo status definito dalla convenzione di Ginevra ed ammesso a risiedere in quanto tale nel territorio di uno Stato membro;
h) «minori non accompagnati»: le persone non coniugate di età inferiore ai diciotto anni che entrano nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnati da una persona adulta responsabile per esse in base alla legge o agli usi, finché non ne assuma effettivamente la custodia una persona per esse responsabile, ovvero i minori che sono lasciati senza accompagnamento una volta entrati nel territorio degli Stati membri;
i) «familiari»: i seguenti soggetti appartenenti al nucleo familiare del richiedente asilo già costituito nel paese di origine che si trovano nel territorio degli Stati membri:
i) il coniuge del richiedente asilo o il partner non legato da vincoli di matrimonio che abbia una relazione stabile, qualora la legislazione o la prassi dello Stato membro interessato assimili la situazione delle coppie di fatto a quelle sposate nel quadro della legge sugli stranieri;
ii) i figli minori di coppie di cui al punto i) o del richiedente, a condizione che non siano coniugati e siano a carico, indipendentemente dal fatto che siano figli legittimi, naturali o adottivi secondo le definizioni del diritto nazionale;
iii) il padre, la madre o il tutore quando il richiedente o rifugiato è minorenne e non coniugato;
j) «titolo di soggiorno»: qualsiasi permesso rilasciato dalle autorità di uno Stato membro che autorizza il soggiorno di un cittadino di un paese terzo nel suo territorio, compresi i documenti che consentono all'interessato di soggiornare nel territorio nazionale nell'ambito di un regime di protezione temporanea o fino a quando avranno termine le circostanze che ostano all'esecuzione di un provvedimento di allontanamento, ad eccezione dei visti e delle autorizzazioni di soggiorno rilasciati nel periodo necessario a determinare lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento o durante l'istruzione di una domanda d'asilo o di una richiesta di permesso di soggiorno;
k) «visto»: l'autorizzazione o la decisione di uno Stato membro necessaria per il transito o per l'ingresso ai fini di soggiorno in tale Stato membro o in diversi Stati membri. La natura del visto è illustrata dalle seguenti definizioni:
i) «visto per soggiorno di lunga durata»: l'autorizzazione o la decisione di uno Stato membro necessaria per l'ingresso ai fini di un soggiorno nel territorio di tale Stato membro per una durata superiore ai tre mesi;
ii) «visto per soggiorno di breve durata»: l'autorizzazione o la decisione di uno Stato membro necessaria per l'ingresso ai fini di un soggiorno nel territorio di tale Stato membro o di più Stati membri per un periodo di durata inferiore ai tre mesi;
iii) «visto di transito»: l'autorizzazione o la decisione di uno Stato membro necessaria per l'ingresso ai fini di transito attraverso il territorio di tale Stato membro o di diversi Stati membri, ad eccezione del transito aeroportuale;
iv) «visto di transito aeroportuale»: l'autorizzazione o la decisione che permette al cittadino di un paese terzo, soggetto specificamente a tale obbligo, di attraversare la zona di transito di un aeroporto, vale a dire senza accedere al territorio nazionale dello Stato membro interessato, in occasione di uno scalo o di un trasferimento tra due tratte di un volo internazionale.
Capo II
Principi generali
Art. 3
1. Gli Stati membri esaminano la domanda di asilo di un cittadino di un paese terzo presentata alla frontiera o nel rispettivo territorio. Una domanda d'asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III.
2. In deroga al paragrafo 1, ciascuno Stato membro può esaminare una domanda d'asilo presentata da un cittadino di un paese terzo, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento. In tale ipotesi, detto Stato membro diventa lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e assume gli obblighi connessi a tale competenza. Eventualmente, esso ne informa lo Stato membro anteriormente competente, lo Stato membro che ha in corso la procedura volta a determinare lo Stato membro competente o quello al quale è stato chiesto di prendere o riprendere in carico il richiedente asilo.
3. Ogni Stato membro mantiene la possibilità, conformemente alla propria legislazione nazionale, di inviare un richiedente asilo in un paese, nel rispetto delle disposizioni della convenzione di Ginevra.
4. Il richiedente asilo è informato per iscritto in una lingua che possa essere sufficientemente compresa dallo stesso, dell'applicazione del presente regolamento, delle date e degli effetti pertinenti.
Art. 4
1. Il procedimento volto a determinare lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento è avviato non appena una domanda d'asilo è presentata per la prima volta in uno Stato membro.
2. La domanda d'asilo si considera presentata non appena le autorità competenti dello Stato membro interessato ricevono un formulario presentato dal richiedente asilo o un verbale redatto dalle autorità. Nel caso di domanda non scritta, il periodo che intercorre dalla dichiarazione di volontà e la stesura del relativo verbale deve essere quanto più breve possibile.
3. Ai fini del presente regolamento, la situazione del minore che accompagna il richiedente asilo e risponde alla definizione di familiare ai sensi dell'articolo 2, lettera i), è indissociabile da quella del genitore o tutore e rientra nella competenza dello Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo del suddetto genitore o tutore, anche se il minore non è personalmente un richiedente asilo. Lo stesso trattamento è riservato ai figli nati dopo che i richiedenti sono giunti nel territorio degli Stati membri senza che sia necessario cominciare una nuova procedura di presa in carico degli stessi.
4. Quando una domanda d'asilo è presentata alle autorità competenti di uno Stato membro da un richiedente che si trova nel territorio di un altro Stato membro, la determinazione dello Stato membro competente spetta allo Stato membro nel cui territorio si trova il richiedente asilo. Tale Stato membro è informato tempestivamente dallo Stato membro che ha ricevuto la domanda d'asilo e, ai fini del presente regolamento, è considerato lo Stato nel quale la domanda è stata presentata.
Il richiedente è informato per iscritto di tale comunicazione e della data alla quale essa è avvenuta.
5. Lo Stato membro nel quale è stata presentata la domanda d'asilo è tenuto, alle condizioni di cui all'articolo 20 e al fine di portare a termine il procedimento di determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda, a riprendere in carico il richiedente asilo che si trova in un altro Stato membro e ha presentato colà una nuova domanda d'asilo dopo aver ritirato la domanda di asilo durante il procedimento volto a determinare lo Stato membro competente.
Tale obbligo viene meno se il richiedente asilo ha lasciato nel frattempo i territori degli Stati membri per un periodo di almeno tre mesi o se uno Stato membro gli ha rilasciato un titolo di soggiorno.
Capo III
Gerarchia dei criteri
Art. 5
1. I criteri per la determinazione dello Stato membro competente si applicano nell'ordine nel quale sono definiti dal presente capo.
2. La determinazione dello Stato membro competente in applicazione di tali criteri avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente asilo ha presentato domanda di asilo per la prima volta in uno Stato membro.
Art. 6
Se il richiedente asilo è un minore non accompagnato, è competente per l'esame della domanda di asilo lo Stato membro nel quale si trova legalmente un suo familiare, purché ciò sia nel miglior interesse del minore.
In mancanza di un familiare, è competente per l'esame della domanda lo Stato membro in cui il minore ha presentato la domanda d'asilo.
Art. 7
Se un familiare del richiedente asilo, a prescindere dal fatto che la famiglia fosse già costituita nel paese di origine, è stato autorizzato a soggiornare in qualità di rifugiato in uno Stato membro, tale Stato membro è competente per l'esame della domanda d'asilo, purché gli interessati lo desiderino.
Art. 8
Se un familiare di un richiedente asilo ha presentato in uno Stato membro una domanda sulla quale non è ancora stata presa una prima decisione di merito, l'esame della domanda d'asilo compete a detto Stato membro, sempre che gli interessati lo desiderino.
Art. 9
1. Se il richiedente asilo è titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità, lo Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo è quello che ha rilasciato tale titolo.
2. Se il richiedente asilo è titolare di un visto in corso di validità, lo Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo è quello che ha rilasciato il visto, a meno che il visto non sia stato rilasciato in rappresentanza o su autorizzazione scritta di un altro Stato membro. In tal caso, l'esame della domanda d'asilo compete a quest'ultimo. Allorché uno Stato membro consulta preventivamente, per ragioni segnatamente di sicurezza, l'autorità centrale di un altro Stato membro, la risposta di quest'ultimo alla consultazione non costituisce un'autorizzazione scritta ai sensi della presente disposizione.
3. Se il richiedente asilo è titolare di più titoli di soggiorno o visti in corso di validità, rilasciati da vari Stati membri, lo Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo è, nell'ordine:
a) lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno che conferisce il diritto di soggiorno più lungo o, se la validità temporale è identica, lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno la cui scadenza è più lontana;
b) lo Stato membro che ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana, quando i visti sono di analoga natura;
c) quando si tratta di visti di natura diversa, lo Stato membro che ha rilasciato il visto di validità più lunga o, in caso di validità identica, lo Stato membro che ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana.
4. Se il richiedente asilo è titolare soltanto di uno o più titoli di soggiorno scaduti da meno di due anni o di uno o più visti scaduti da meno di sei mesi che gli avevano effettivamente permesso l'ingresso nel territorio di uno Stato membro, si applicano i paragrafi 1, 2 e 3 fino a che il richiedente asilo non abbia lasciato i territori degli Stati membri.
Qualora il richiedente asilo sia titolare di uno o più titoli di soggiorno scaduti da oltre due anni o di uno o più visti scaduti da oltre sei mesi che gli avevano effettivamente permesso l'ingresso nel territorio di uno Stato membro e non abbia lasciato i territori degli Stati membri, è competente lo Stato membro in cui è presentata la domanda.
5. Il fatto che il titolo di soggiorno o il visto sia stato rilasciato ad un cittadino di un paese terzo che ha declinato una identità falsa o usurpata o dietro presentazione di documenti falsificati, contraffatti o non validi non osta all'attribuzione della competenza allo Stato membro che lo ha rilasciato. Tuttavia, lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno o il visto non è competente se può dimostrare che la frode è avvenuta successivamente al rilascio del titolo o del visto.
Art. 10
1. Quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle prove indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all'articolo 18, paragrafo 3, inclusi i dati di cui al capo III del regolamento (CE) n. 2725/2000, che il richiedente asilo ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l'esame della domanda d'asilo. Questa responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera.
2. Quando uno Stato membro non può o non può più essere ritenuto responsabile ai sensi del paragrafo 1 e quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle prove indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all'articolo 18, paragrafo 3, che il richiedente asilo - entrato illegalmente nei territori degli Stati membri o del quale non si possano accertare le circostanze dell'ingresso - all'atto della presentazione della domanda ha soggiornato in precedenza per un periodo continuato di almeno cinque mesi in uno Stato membro, detto Stato membro è competente per l'esame della domanda d'asilo.
Se il richiedente asilo ha soggiornato per periodi di almeno cinque mesi in vari Stati membri, lo Stato membro in cui ciò si è verificato per l'ultima volta è competente per l'esame della domanda d'asilo.
Art. 11
1. Se un cittadino di un paese terzo entra nel territorio di uno Stato membro in cui è dispensato dal visto, l'esame della domanda di asilo compete in questo caso a tale Stato membro.
2. Il principio di cui al paragrafo 1 non si applica se il cittadino di un paese terzo presenta la domanda d'asilo in un altro Stato membro in cui è parimenti dispensato dal visto per l'ingresso nel suo territorio. In questo caso quest'ultimo Stato membro è competente per l'esame della domanda.
Art. 12
Quando la domanda d'asilo è presentata in una zona internazionale di transito di un aeroporto di uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo, detto Stato membro è competente per l'esame della domanda.
Art. 13
Quando lo Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata.
Art. 14
Quando diversi membri di una famiglia presentano una domanda d'asilo nel medesimo Stato membro simultaneamente, o in date sufficientemente ravvicinate perché le procedure di determinazione dello Stato competente possano essere svolte congiuntamente, e se l'applicazione dei criteri enunciati nel presente regolamento porterebbe a trattarle separatamente, la determinazione dello Stato competente si basa sulle seguenti disposizioni:
a) è competente per l'esame delle domande d'asilo di tutti gli appartenenti alla medesima famiglia lo Stato membro che i criteri designano come competente per prendere in carico il maggior numero di familiari;
b) negli altri casi, è competente lo Stato membro che i criteri designano come competente per l'esame della domanda del familiare più anziano.
Capo IV
Clausola umanitaria
Art. 15
1. Qualsiasi Stato membro può, pur non essendo competente in applicazione dei criteri definiti dal presente regolamento, procedere al ricongiungimento dei membri di una stessa famiglia nonché di altri parenti a carico, per ragioni umanitarie, fondate in particolare su motivi familiari o culturali. In tal caso detto Stato membro esamina, su richiesta di un altro Stato membro, la domanda di asilo dell'interessato. Le persone interessate debbono acconsentire.
2. Nel caso in cui la persona interessata sia dipendente dall'assistenza dell'altra a motivo di una gravidanza, maternità recente, malattia grave, serio handicap o età avanzata, gli Stati membri possono lasciare insieme o ricongiungere il richiedente asilo e un altro parente che si trovi nel territorio di uno degli Stati membri, a condizione che i legami familiari esistessero nel paese d'origine.
3. Se il richiedente asilo è un minore non accompagnato in un altro Stato membro che ha uno o più parenti che possono occuparsi di lui/lei, gli Stati membri cercano di ricongiungere il minore con il(i) parente(i), a meno che ciò sia in contrasto con il miglior interesse del minore.
4. Se lo Stato membro richiesto acconsente a tale richiesta, la competenza dell'esame della domanda gli è trasferita.
5. Le condizioni e procedure d'applicazione del presente articolo, ed anche, eventualmente, meccanismi di conciliazione intesi a comporre le divergenze tra Stati membri circa la necessità o il luogo nel quale procedere al ricongiungimento delle persone interessate, sono adottati conformemente alla procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.
Capo V
Obbligo di prendere o riprendere in carico un richiedente asilo
Art. 16
1. Lo Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo in forza del presente regolamento è tenuto a:
a) prendere in carico, alle condizioni specificate negli articoli da 17 a 19, il richiedente asilo che ha presentato domanda d'asilo in un altro Stato membro;
b) portare a termine l'esame della domanda d'asilo;
c) riprendere in carico, alle condizioni di cui all'articolo 20, il richiedente asilo la cui domanda è in corso d'esame e che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza esserne stato autorizzato;
d) riprendere in carico, alle condizioni di cui all'articolo 20, il richiedente asilo che ha ritirato la sua domanda in corso d'esame e che ha presentato una domanda d'asilo in un altro Stato membro;
e) riprendere in carico, alle condizioni di cui all'articolo 20, il cittadino di un paese terzo del quale ha respinto la domanda e che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza esserne stato autorizzato.
2. Se uno Stato membro rilascia al richiedente asilo un titolo di soggiorno, gli obblighi previsti al paragrafo 1 ricadono su detto Stato membro.
3. Gli obblighi di cui al paragrafo 1 vengono meno se il cittadino di un paese terzo si è allontanato dal territorio degli Stati membri per almeno tre mesi, sempre che detto cittadino di un paese terzo non sia titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità rilasciato dallo Stato membro competente.
4. Gli obblighi previsti al paragrafo 1, lettere d) ed e), vengono meno, inoltre, non appena lo Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo ha adottato ed effettivamente messo in atto, a seguito del ritiro o del rigetto della domanda d'asilo, le disposizioni necessarie perché il cittadino di un paese terzo rientri nel suo paese d'origine o in un altro paese in cui poteva legalmente recarsi.
Art. 17
1. Lo Stato membro che ha ricevuto una domanda d'asilo e ritiene che un altro Stato membro sia competente per l'esame della stessa può interpellare tale Stato membro affinché prenda in carico il richiedente asilo quanto prima e, al più tardi, entro tre mesi dopo la presentazione della domanda d'asilo ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2.
Se la richiesta di prendere in carico il richiedente asilo non è formulata entro tre mesi, la competenza dell'esame della domanda d'asilo spetta allo Stato membro al quale la domanda è stata presentata.
2. Lo Stato membro richiedente può sollecitare una risposta urgente nei casi in cui la domanda d'asilo sia stata presentata a seguito di un rifiuto d'ingresso o di soggiorno, di un arresto per soggiorno irregolare o della notificazione o dell'esecuzione di un provvedimento di allontanamento e/o nel caso in cui il richiedente asilo sia detenuto.
La richiesta riporta i motivi che giustificano una risposta urgente e il termine entro il quale tale risposta è attesa. Tale termine è pari ad almeno una settimana.
3. In entrambi i casi, la richiesta di presa in carico da parte di un altro Stato membro viene effettuata utilizzando un formulario uniforme ed accludendo elementi di prova o circostanze indiziarie quali descritti nei due elenchi dell'articolo 18, paragrafo 3, e/o elementi pertinenti tratti dalla dichiarazione del richiedente asilo, che permettano alle autorità dello Stato richiesto di verificare la competenza di questo in base ai criteri definiti dal presente regolamento.
Le norme relative all'emissione e alle modalità di trasmissione delle richieste sono adottate in conformità della procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.
Art. 18
1. Lo Stato membro richiesto procede alle verifiche necessarie, in particolare nei suoi archivi, e deliberà sulla richiesta di presa in carico di un richiedente entro due mesi a decorrere dalla data in cui ha ricevuto la richiesta.
2. Nella procedura di determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo stabilita nel presente regolamento, sono utilizzati elementi di prova e prove indiziarie.
3. Conformemente alla procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2, sono compilati due elenchi, da riesaminare periodicamente, ove figurano gli elementi di prova e le prove indiziarie conformemente ai seguenti criteri:
a) Prove:
i) Si tratta di prove formali che determinano la competenza ai sensi del presente regolamento, finché non siano confutate da prove contrarie.
ii) Gli Stati membri forniscono al comitato di cui all'articolo 27 modelli dei diversi tipi di documenti amministrativi, conformemente alla tipologia stabilita nell'elenco di prove formali.
b) Prove indiziarie:
i) Si tratta di elementi indicativi che, pur essendo oppugnabili, possono essere sufficienti, in alcuni casi, a seconda del valore probatorio ad essi attribuito.
ii) Il loro valore probatorio, in relazione alla competenza per l'esecuzione della procedura di asilo, è esaminato caso per caso.
4. Il requisito della prova non dovrebbe andare oltre quanto necessario ai fini della corretta applicazione del presente regolamento.
5. In mancanza di prove formali, lo Stato membro richiesto si dichiara competente se le prove indiziarie sono coerenti, verificabili e sufficientemente particolareggiate per stabilire la competenza.
6. Se lo Stato membro richiedente ha invocato l'urgenza, conformemente alle disposizioni dell'articolo 17, paragrafo 2, lo Stato membro richiesto compie ogni sforzo al fine di rispettare il termine indicato. In casi eccezionali, quando è possibile dimostrare che l'esame di una richiesta ai fini della presa in carico di un richiedente è particolarmente complessa, lo Stato membro richiesto può fornire la risposta dopo il termine richiesto, ma comunque entro un mese. In tali situazioni lo Stato membro richiesto deve comunicare la propria decisione di differire la risposta allo Stato richiedente entro il termine originariamente richiesto.
7. La mancata risposta entro la scadenza del termine di due mesi citato al paragrafo 1 e di quello di un mese citato al paragrafo 6 equivale all'accettazione della richiesta e comporta l'obbligo di prendere in carico la persona, comprese le disposizioni appropriate all'arrivo della stessa.
Art. 19
1. Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere in carico il richiedente asilo, lo Stato membro nel quale la domanda d'asilo è stata presentata notifica al richiedente asilo la decisione di non esaminare la domanda e l'obbligo del trasferimento del richiedente verso lo Stato membro competente.
2. La decisione menzionata al paragrafo 1 è motivata. Essa è corredata dei termini relativi all'esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e alla data in cui il richiedente deve presentarsi, nel caso in cui si rechi nello Stato membro competente con i propri mezzi. La decisione può formare oggetto di ricorso o revisione. Il ricorso o la revisione della decisione non ha effetto sospensivo ai fini dell'esecuzione del trasferimento a meno che il giudice o l'organo giurisdizionale competente non decida in tal senso caso per caso se la legislazione nazionale lo consente.
3. Il trasferimento del richiedente asilo dallo Stato membro nel quale la domanda d'asilo è stata presentata verso lo Stato membro competente avviene conformemente al diritto nazionale del primo Stato membro, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi a decorrere dall'accettazione della richiesta di presa in carico o della decisione su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo.
Se necessario, lo Stato membro richiedente rilascia al richiedente asilo un lasciapassare conforme al modello adottato con la procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.
Lo Stato membro competente informa lo Stato membro richiedente dell'arrivo a destinazione del richiedente asilo o, eventualmente, del fatto che il medesimo non si è presentato nei termini prescritti.
4. Se il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, la competenza ricade sullo Stato membro nel quale la domanda d'asilo è stata presentata. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento a causa della detenzione del richiedente asilo, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora il richiedente asilo si sia reso irreperibile.
5. Norme complementari concernenti l'esecuzione dei trasferimenti possono essere adottate in conformità della procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.
Art. 20
1. La ripresa in carico di un richiedente asilo in conformità dell'articolo 4, paragrafo 5, e dell'articolo 16, paragrafo 1, lettere c), d) ed e), è effettuata con le seguenti modalità:
a) la richiesta in tal senso deve contenere indicazioni che permettano allo Stato membro richiesto di verificare se è competente;
b) lo Stato membro richiesto è tenuto a procedere alle verifiche necessarie e rispondere a tale richiesta quanto prima e senza comunque superare il termine di un mese dalla data in cui è investito della questione. Quando la richiesta è basata su dati ottenuti dal sistema Eurodac, tale termine è ridotto a due settimane;
c) se lo Stato membro richiesto non comunica la propria decisione entro il termine di un mese o di due settimane di cui alla lettera b), si ritiene che abbia accettato di riprendere in carico il richiedente asilo;
d) lo Stato membro che accetta di riprendere in carico il richiedente asilo è tenuto a riammetterlo nel suo territorio. Il trasferimento avviene conformemente al diritto nazionale dello Stato membro richiedente, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e, al più tardi, entro sei mesi dall'accettazione della richiesta di presa in carico da parte di un altro Stato membro o della decisione su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo;
e) lo Stato membro richiedente notifica al richiedente asilo la decisione relativa alla richiesta allo Stato membro competente di riprenderlo in carico. Detta decisione è motivata. Essa è corredata dei termini relativi all'esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e alla data in cui il richiedente deve presentarsi, nel caso si rechi nello Stato membro competente con i propri mezzi. La decisione può formare oggetto di ricorso o revisione. Il ricorso o la revisione della decisione non ha effetto sospensivo ai fini dell'esecuzione del trasferimento eccetto quando il giudice o l'organo giurisdizionale competente decida in tal senso caso per caso se la legislazione nazionale lo consente.
Se necessario, lo Stato membro richiedente rilascia al richiedente asilo un lasciapassare conforme al modello adottato con la procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.
Lo Stato membro competente informa lo Stato membro richiedente dell'arrivo a destinazione del richiedente asilo o, eventualmente, del fatto che il medesimo non si è presentato nei termini prescritti.
2. Se il trasferimento non avviene entro sei mesi, la competenza ricade sullo Stato membro nel quale è stata presentata la domanda d'asilo. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento o l'esame della domanda a causa della detenzione del richiedente asilo, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora il richiedente asilo si sia reso irreperibile.
3. Le norme relative alle prove e agli indizi, alla loro interpretazione, nonché all'emissione ed alle modalità di trasmissione delle richieste sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.
4. Norme complementari concernenti l'esecuzione dei trasferimenti possono essere adottate in conformità della procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.
Capo VI
Cooperazione amministrativa
Art. 21
1. Ciascuno Stato membro comunica allo Stato membro che ne faccia richiesta i dati di carattere personale riguardanti il richiedente asilo che sono idonei, pertinenti e non eccessivi ai fini:
a) della determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo;
b) dell'esame della domanda d'asilo;
c) dell'attuazione di qualsiasi obbligo derivante dal presente regolamento.
2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 possono riguardare soltanto:
a) i dati relativi all'identificazione del richiedente e, eventualmente, dei suoi familiari (cognome, nome - eventualmente, cognome precedente - soprannomi o pseudonimi, nazionalità - attuale e precedente - data e luogo di nascita);
b) i documenti d'identità e di viaggio (riferimento, periodo di validità, date di rilascio, autorità di rilascio, luogo di rilascio, ecc.);
c) gli altri elementi necessari per stabilire l'identità del richiedente, comprese le impronte digitali trattate a norma delle disposizioni del regolamento (CE) n. 2725/2000;
d) i luoghi di soggiorno e gli itinerari di viaggio;
e) i titoli di soggiorno o i visti rilasciati da uno Stato membro;
f) il luogo nel quale la domanda è stata presentata;
g) la data di presentazione di un'eventuale domanda d'asilo precedente, la data di presentazione della domanda attuale, lo stato di avanzamento della procedura e l'eventuale decisione adottata.
3. Inoltre, e sempre che ciò sia necessario ai fini dell'esame della domanda di asilo, lo Stato membro competente può chiedere a un altro Stato membro di comunicargli le ragioni invocate dal richiedente asilo a sostegno della sua domanda e le ragioni dell'eventuale decisione adottata nei suoi confronti. Lo Stato membro interpellato può rifiutare di dare seguito alla richiesta se la comunicazione delle informazioni può ledere gli interessi fondamentali dello Stato membro o la protezione delle libertà e dei diritti fondamentali della persona interessata o di terzi. In ogni caso, la comunicazione di dette informazioni è subordinata al consenso scritto del richiedente asilo.
4. Qualsiasi richiesta di informazioni è motivata e, quando ha per oggetto la verifica dell'esistenza di un criterio che potrebbe determinare la competenza dello Stato membro interpellato, indica su quale indizio, comprese le informazioni pertinenti, provenienti da fonti affidabili, sulle modalità e sui mezzi con cui i richiedenti asilo entrano nei territori degli Stati membri, o elemento circostanziato e verificabile delle dichiarazioni del richiedente asilo essa si fonda, fermo restando che tali informazioni pertinenti provenienti da fonti affidabili non sono di per sé sufficienti a determinare la responsabilità e la competenza di uno Stato membro ai sensi del presente regolamento, ma che possono contribuire alla valutazione degli ulteriori indizi relativi al singolo richiedente asilo.
5. Lo Stato membro interpellato è tenuto a rispondere entro sei settimane.
6. Lo scambio di informazioni avviene dietro richiesta di uno Stato membro e può avere luogo soltanto tra le autorità di cui lo Stato membro ha dato comunicazione alla Commissione, che ne informa gli altri Stati membri.
7. Le informazioni scambiate possono essere utilizzate soltanto ai fini previsti al paragrafo 1. In ciascuno Stato membro, tali informazioni possono, secondo la loro natura e secondo la competenza dell'autorità destinataria, essere comunicate soltanto alle autorità e giurisdizioni incaricate:
a) della determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo;
b) dell'esame della domanda d'asilo;
c) dell'attuazione di qualsiasi obbligo derivante dal presente regolamento.
8. Lo Stato membro che trasmette i dati ne garantisce l'esattezza e l'aggiornamento. Se risulta che detto Stato membro ha trasmesso dati inesatti o che non avrebbero dovuto essere trasmessi, gli Stati membri destinatari ne sono informati immediatamente. Essi sono tenuti a rettificare tali informazioni o a cancellarle.
9. Il richiedente asilo ha il diritto, dietro richiesta, di conoscere i dati trattati che lo riguardano.
Se constata che dette informazioni sono state trattate in violazione delle disposizioni del presente regolamento o della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, soprattutto perché incomplete o inesatte, ha il diritto di ottenerne la rettifica, la cancellazione o il congelamento.
L'autorità che effettua la rettifica, la cancellazione o il congelamento dei dati ne dà comunicazione, a seconda dei casi, allo Stato membro emittente o destinatario delle informazioni.
10. In ciascuno Stato membro interessato è fatta menzione, nel fascicolo intestato alla persona interessata e/o in un registro, della trasmissione e della ricezione delle informazioni scambiate.
11. I dati scambiati sono conservati per una durata non superiore a quanto necessario ai fini per i quali sono scambiati.
12. Se i dati non sono trattati automaticamente o non sono contenuti o non sono destinati ad essere inseriti in un archivio, ciascuno Stato membro dovrebbe adottare misure idonee per garantire il rispetto del presente articolo mediante idonei mezzi di controllo.
Art. 22
1. Gli Stati membri notificano alla Commissione le autorità responsabili dell'esecuzione degli obblighi risultanti dal presente regolamento e provvedono affinché esse dispongano delle risorse necessarie per lo svolgimento dei loro compiti e in particolare per rispondere entro i termini previsti alle richieste di informazione, alle richieste di presa in carico e alle richieste di ripresa in carico dei richiedenti asilo.
2. Norme relative all'istituzione di linee di comunicazione elettronica sicure tra le autorità di cui al paragrafo 1, per inviare richieste e garantire che il mittente riceva automaticamente un avviso di ricevimento per via elettronica, sono fissate conformemente alla procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.
Art. 23
1. Gli Stati membri possono concludere tra loro accordi amministrativi bilaterali relativi alle modalità pratiche di esecuzione del presente regolamento, al fine di facilitarne l'attuazione e aumentarne l'efficacia. Detti accordi possono avere per oggetto:
a) scambi di ufficiali di collegamento;
b) una semplificazione delle procedure e un accorciamento dei termini applicabili alla trasmissione e all'esame delle richieste di presa in carico o di ripresa in carico dei richiedenti asilo.
2. Gli accordi di cui al paragrafo 1 sono comunicati alla Commissione. La commissione verifica che gli accordi di cui al paragrafo 1, lettera b), non siano contrari alle disposizioni del presente regolamento.
Capo VII
Disposizioni transitorie e finali
Art. 24
1. Il presente regolamento sostituisce la convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, firmata a Dublino il 15 giugno 1990 (convenzione di Dublino).
2. Tuttavia, per garantire la continuità del meccanismo di determinazione dello Stato membro competente della domanda d'asilo, quando la domanda d'asilo è stata presentata dopo la data citata all'articolo 29, secondo comma, i fatti che potrebbero determinare la competenza di uno Stato membro in virtù delle disposizioni del presente regolamento sono presi in considerazione anche se precedenti a tale data, ad esclusione di quelli indicati all'articolo 10, paragrafo 2.
3. Quando, nel regolamento (CE) n. 2725/2000, è fatto riferimento alla convenzione di Dublino, tale riferimento s'intende fatto al presente regolamento.
Art. 25
1. I termini previsti dal presente regolamento si calcolano nel modo seguente:
a) se un termine espresso in giorni, in settimane o in mesi deve essere calcolato dal momento in cui si verifica un evento o si compie un atto, il giorno nel quale si verifica tale evento o si compie tale atto non è incluso nel termine;
b) un termine espresso in settimane o in mesi scade con lo spirare del giorno che, nell'ultima settimana o nell'ultimo mese ha lo stesso nome o lo stesso numero del giorno in cui si è verificato l'evento o è stato compiuto l'atto a partire dai quali il termine dev'essere calcolato. Se in un termine espresso in mesi il giorno determinato per la sua scadenza manca nell'ultimo mese, il termine scade con lo spirare dell'ultimo giorno di detto mese;
c) i termini comprendono i sabati, le domeniche e i giorni festivi legali nello Stato membro interessato.
2. Le richieste e le risposte sono inviate utilizzando metodi che consentano di ottenere prova del ricevimento.
Art. 26
Per quanto riguarda la Repubblica francese, le disposizioni del presente regolamento sono applicabili soltanto al suo territorio europeo.
Art. 27
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.
Il termine di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
Art. 28
Entro tre anni dalla data di cui all'articolo 29, primo comma, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento, proponendo all'occorrenza le necessarie modifiche. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione qualsiasi informazione utile per la stesura della relazione al più tardi sei mesi prima di detta data.
Successivamente alla presentazione di tale relazione, la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione del presente regolamento contemporaneamente alla presentazione delle relazioni sull'attuazione del sistema Eurodac di cui all'articolo 24, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 2725/2000.
Art. 29
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento si applica alle domande d'asilo presentate a partire dal primo giorno del sesto mese successivo alla sua entrata in vigore e, da tale data, si applica ad ogni richiesta di presa in carico o di ripresa in carico di richiedenti asilo indipendentemente dalla data di presentazione della domanda. Per le domande presentate prima di tale data, lo Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo è individuato conformemente ai criteri enunciati nella convenzione di Dublino.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.
Fatto a Bruxelles, addì 18 febbraio 2003.
Per il Consiglio
Il Presidente
N. Christodoulakis
Direttiva 2004/83/CE del 29 aprile 2004.
Direttiva del Consiglio
recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi,
della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione
internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta
(1) (2)
-----------------------------------------
(1) Pubblicata nella G.U.U.E. 30 settembre 2004, n. L 304. Entrata in vigore il 20 ottobre 2004.
(2) Termine di recepimento: 10 ottobre 2006.
Il Consiglio dell'Unione europea,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63, primo comma, punto 1), lettera c), punto 2), lettera a) e punto 3), lettera a),
vista la proposta della Commissione (3),
visto il parere del Parlamento europeo europeo (4),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (5),
visto il parere del Comitato delle regioni (6),
considerando quanto segue:
(1) Una politica comune nel settore dell'asilo, che preveda un regime europeo comune in materia di asilo, costituisce uno degli elementi fondamentali dell'obiettivo dell'Unione europea relativo all'istituzione progressiva di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nella Comunità.
(2) Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha convenuto di lavorare all'istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sull'applicazione, in ogni sua componente, della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951 («convenzione di Ginevra»), integrata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967 («protocollo»), e di garantire in tal modo che nessuno sia nuovamente esposto alla persecuzione, in ottemperanza al principio di non «nonrefoulement» (divieto di rimpatrio a rischio di persecuzione).
(3) La convenzione di Ginevra ed il relativo protocollo costituiscono la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati.
(4) Le conclusioni di Tampere stabiliscono che il regime europeo comune in materia di asilo dovrebbe prevedere, a breve termine, il ravvicinamento delle norme relative al riconoscimento e al contenuto dello status di rifugiato.
(5) Le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere precisano che lo status di rifugiato deve essere completato da misure relative a forme sussidiarie di protezione che offrano uno status appropriato a chiunque abbia bisogno di protezione internazionale.
(6) Lo scopo principale della presente direttiva è quello, da una parte, di assicurare che gli Stati membri applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale e, dall'altra, di assicurare che un livello minimo di prestazioni sia disponibile per tali persone in tutti gli Stati membri.
(7) Il ravvicinamento delle norme relative al riconoscimento e agli elementi essenziali dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria dovrebbe contribuire a limitare i movimenti secondari dei richiedenti asilo tra gli Stati membri, nei casi in cui tali movimenti siano dovuti esclusivamente alla diversità delle normative.
(8) Discende dalla natura stessa delle norme minime che gli Stati membri dovrebbero avere facoltà di stabilire o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli per i cittadini di paesi terzi o per gli apolidi che chiedono ad uno Stato membro protezione internazionale, qualora tale richiesta sia intesa come basata sul fatto che la persona interessata è o un rifugiato ai sensi dell'articolo 1A della convenzione di Ginevra o una persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale.
(9) La presente direttiva non si applica ai cittadini di paesi terzi o agli apolidi cui è concesso di rimanere nel territorio di uno Stato membro non perché bisognosi di protezione internazionale, ma per motivi caritatevoli o umanitari riconosciuti su base di discrezionale.
(10) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Essa mira in particolare ad assicurare il pieno rispetto della dignità umana, il diritto di asilo dei richiedenti asilo e dei familiari al loro seguito.
(11) Per quanto riguarda il trattamento delle persone che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti di diritto internazionale di cui sono parti e che vietano le discriminazioni.
(12) Nell'applicare la presente direttiva gli Stati membri dovrebbero attribuire fondamentale importanza all'«interesse superiore del minore.»
(13) La direttiva si applica nel rispetto del protocollo sull'asilo dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea.
(14) Il riconoscimento dello status di rifugiato è un atto declaratorio.
(15) Delle consultazioni con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati possono offrire preziose indicazioni agli Stati membri all'atto di decidere se riconoscere lo status di rifugiato ai sensi dell'articolo 1 della convenzione di Ginevra.
(16) Dovrebbero essere stabilite norme minime per la definizione ed il contenuto dello status di rifugiato, al fine di orientare le competenti autorità nazionali degli Stati membri nell'applicazione della convenzione di Ginevra.
(17) È necessario introdurre dei criteri comuni per l'attribuzione ai richiedenti asilo, della qualifica di rifugiati ai sensi dell'articolo 1 della convenzione di Ginevra.
(18) In particolare, è necessario introdurre definizioni comuni per: bisogno di protezione internazionale sorto fuori dal paese d'origine (sur place); fonti del danno e della protezione; protezione interna; persecuzione ivi compresi i motivi di persecuzione.
(19) La protezione può essere offerta non soltanto dallo Stato ma anche dai partiti o organizzazioni, comprese le organizzazioni internazionali, che soddisfano le condizioni di cui alla presente direttiva che controllano una regione o una zona più estesa all'interno del territorio dello Stato.
(20) Nel valutare le domande di protezione internazionale presentate da minori, è necessario che gli Stati membri considerino con attenzione le forme di persecuzione riguardanti specificamente i minori.
(21) È altresì importante introdurre una definizione comune del motivo di persecuzione costituito dall'«appartenenza ad un determinato gruppo sociale.»
(22) Gli atti contrari ai fini e ai principi delle Nazioni unite sono enunciati nel preambolo e agli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni unite e si rispecchiano, tra l'altro, nelle risoluzioni delle Nazioni unite relative alle misure di lotta al terrorismo, nelle quali è dichiarato che «atti, metodi e pratiche di terrorismo sono contrari ai fini e ai principi delle Nazioni unite» e che «chiunque inciti, pianifichi, finanzi deliberatamente atti di terrorismo compie attività contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni unite.»
(23) In linea con il riferimento di cui all'articolo 14, «status» può includere anche lo status di rifugiato.
(24) Inoltre occorre stabilire le norme minime per la definizione e gli elementi essenziali della protezione sussidiaria. La protezione sussidiaria dovrebbe avere carattere complementare e supplementare rispetto alla protezione dei rifugiati sancito dalla convenzione di Ginevra.
(25) È necessario introdurre i criteri per l'attribuzione, alle persone richiedenti protezione internazionale, della qualifica di beneficiari della protezione sussidiaria. Tali criteri dovrebbero essere elaborati sulla base degli obblighi internazionali derivanti da atti internazionali in materia di diritti dell'uomo e sulla base della prassi seguita negli Stati membri.
(26) I rischi a cui è esposta in generale la popolazione o una parte della popolazione di un paese di norma non costituiscono di per sé una minaccia individuale da definirsi come danno grave.
(27) I familiari, semplicemente per la loro relazione con il rifugiato, sono di norma esposti ad atti di persecuzione al punto che questo aspetto potrebbe costituire la base per beneficiare dello status di rifugiato.
(28) Nella nozione di sicurezza nazionale e di ordine pubblico rientrano pure i casi in cui un cittadino di un paese terzo faccia parte di un'organizzazione che sostiene il terrorismo internazionale o sostenga una siffatta organizzazione.
(29) Mentre i benefici offerti ai familiari dei beneficiari della protezione sussidiaria non devono essere necessariamente gli stessi previsti per il beneficiario di tale status, essi devono essere equi rispetto a quelli offerti ai beneficiari della protezione sussidiaria.
(30) Entro i limiti derivanti dagli obblighi internazionali, gli Stati membri possono stabilire che la concessione di prestazioni in materia di accesso all'occupazione, assistenza sociale, assistenza sanitaria e accesso agli strumenti d'integrazione sia subordinata al rilascio di un permesso di soggiorno.
(31) La presente direttiva non si applica alle agevolazioni finanziarie accordate dagli Stati membri per promuovere l'istruzione e la formazione.
(32) Si dovrebbe tener conto delle difficoltà pratiche incontrate dai beneficiari dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria per quanto riguarda l'autentificazione dei loro diplomi, certificati o altri titoli stranieri.
(33) Per scongiurare soprattutto il disagio sociale, è opportuno offrire ai beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria, senza discriminazioni nel quadro dei servizi sociali, assistenza sociale e mezzi di sostentamento adeguati.
(34) Con riferimento all'assistenza sociale ed assistenza sanitaria le modalità e i dettagli concernenti l'attribuzione delle prestazioni essenziali dovrebbero essere determinate secondo la legislazione nazionale. La possibilità di limitare le prestazioni per i beneficiari della protezione sussidiaria a quelle essenziali deve intendersi nel senso che queste ultime comprendono almeno un sostegno di reddito minimo, l'assistenza in caso di malattia, di gravidanza e l'assistenza parentale, nella misura in cui le medesime prestazioni siano offerte ai cittadini dello Stato membro in questione conformemente alla legislazione nazionale.
(35) Occorre assicurare l'accesso all'assistenza sanitaria, per quanto riguarda la salute sia fisica che mentale, ai beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria.
(36) L'attuazione della presente direttiva dovrebbe formare oggetto di valutazioni periodiche, tenendo conto in particolare dell'evolversi degli obblighi internazionali degli Stati membri in materia di «non refoulement», dell'evoluzione dei mercati del lavoro negli Stati membri e dell'elaborazione di principi fondamentali comuni in materia d'integrazione.
(37) Poiché gli scopi della direttiva proposta ossia l'elaborazione di norme minime per la concessione della protezione internazionale a cittadini di paesi terzi e ad apolidi da parte degli Stati membri ed il contenuto della protezione concessa non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti della presente direttiva, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(38) A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato, con lettera del 28 gennaio 2002, la propria volontà di partecipare all'adozione ed applicazione della presente direttiva.
(39) In applicazione dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, l'Irlanda ha notificato con lettera del 13 febbraio 2002 la propria volontà di partecipare all'adozione ed applicazione della presente direttiva.
(40) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e di conseguenza non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione,
ha adottato la presente direttiva:
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(3) Pubblicata nella G.U.C.E. 26 febbraio 2002, n. C 51 E.
(4) Pubblicato nella G.U.U.E. 11 dicembre 2003, n. C 300 E.
(5) Pubblicato nella G.U.C.E. 17 settembre 2002, n. C 221.
(6) Pubblicato nella G.U.C.E. 14 novembre 2002, n. C 278.
Capo I
Disposizioni generali
Art. 1
Oggetto e campo d'applicazione.
La presente direttiva stabilisce norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.
Art. 2
Definizioni.
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
a) «protezione internazionale»: lo status di rifugiato e di protezione sussidiaria quale definito alle lettere d) e f);
b) «convenzione di Ginevra»: la convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, come modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967;
c) «rifugiato»: cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese, oppure apolide che si trova fuori dal paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, e al quale non si applica l'articolo 12;
d) «status di rifugiato»: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale rifugiato;
e) «persona ammissibile alla protezione sussidiaria»: cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito all'articolo 15, e al quale non si applica l'articolo 17, paragrafi 1 e 2, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese;
f) «status di protezione sussidiaria»: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale persona ammissibile alla protezione sussidiaria;
g) «domanda di protezione internazionale»: una richiesta di protezione rivolta ad uno Stato membro da parte di un cittadino di un paese terzo o di un apolide di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria e che non sollecita esplicitamente un diverso tipo di protezione, non contemplato nel campo d'applicazione della presente direttiva, che possa essere richiesto con domanda separata;
h) «familiari»: i seguenti soggetti appartenenti al nucleo familiare, già costituito nel paese di origine, del beneficiario dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria che si trovano nel medesimo Stato membro in connessione alla domanda di protezione internazionale:
- il coniuge del beneficiario dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria, o il suo partner non sposato, avente con questi una relazione stabile, se la legislazione o la prassi dello Stato membro interessato equipara le coppie non sposate a quelle sposate nel quadro della legge sugli stranieri,
- i figli minori della coppia di cui al primo trattino o del beneficiario dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria, a condizione che siano non sposati ed a suo carico, indipendentemente dal fatto che siano legittimi, naturali o adottivi secondo le definizioni del diritto nazionale;
i) «minore non accompagnato»: il cittadino di un paese terzo o l'apolide d'età inferiore ai diciotto anni che giunga nel territorio dello Stato membro senza essere accompagnato da un adulto che ne sia responsabile in base alla legge o agli usi, fino a quando non sia effettivamente affidato ad un tale adulto; il termine include i minori che vengono abbandonati dopo essere entrati nel territorio degli Stati membri;
j) «permesso di soggiorno»: qualsiasi titolo o autorizzazione rilasciati dalle autorità di uno Stato membro nella forma prevista dalla legislazione nazionale, che permetta ad un cittadino di un paese terzo o ad un apolide di soggiornare nel territorio dello Stato membro stesso;
k) «paese di origine»: il paese o i paesi di cui il richiedente è cittadino o, per un apolide, in cui aveva precedentemente la dimora abituale.
Art. 3
Disposizioni più favorevoli.
Gli Stati membri hanno facoltà di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli in ordine alla determinazione dei soggetti che possono essere considerati rifugiati o persone ammissibili alla protezione sussidiaria nonché in ordine alla definizione degli elementi sostanziali della protezione internazionale, purché siano compatibili con le disposizioni della presente direttiva.
Capo II
Valutazione delle domande di protezione internazionale
Art. 4
Esame dei fatti e delle circostanze.
1. Gli Stati membri possono ritenere che il richiedente sia tenuto a produrre quanto prima tutti gli elementi necessari a motivare la domanda di protezione internazionale. Lo Stato membro è tenuto, in cooperazione con il richiedente, a esaminare tutti gli elementi significativi della domanda.
2. Gli elementi di cui al paragrafo 1 sono le dichiarazioni del richiedente e tutta la documentazione in possesso del richiedente in merito alla sua età, estrazione, anche, ove occorra, dei congiunti, identità, cittadinanza/e, paese/i e luogo/luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, domande d'asilo pregresse, itinerari di viaggio, documenti di identità e di viaggio nonché i motivi della sua domanda di protezione internazionale.
3. L'esame della domanda di protezione internazionale deve essere effettuato su base individuale e prevede la valutazione:
a) di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d'origine al momento dell'adozione della decisione in merito alla domanda, comprese le disposizioni legislative e regolamentari del paese d'origine e relative modalità di applicazione;
b) della dichiarazione e della documentazione pertinenti presentate dal richiedente che deve anche render noto se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;
c) della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente, in particolare l'estrazione, il sesso e l'età, al fine di valutare se, in base alle circostanze personali del richiedente, gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto si configurino come persecuzione o danno grave;
d) dell'eventualità che le attività svolte dal richiedente dopo aver lasciato il paese d'origine abbiano mirato esclusivamente o principalmente a creare le condizioni necessarie alla presentazione di una domanda di protezione internazionale, al fine di stabilire se dette attività espongano il richiedente a persecuzione o a danno grave in caso di rientro nel paese;
e) dell'eventualità che ci si possa ragionevolmente attendere dal richiedente un ricorso alla protezione di un altro paese di cui potrebbe dichiararsi cittadino.
4. Il fatto che un richiedente abbia già subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di siffatte persecuzioni o danni costituisce un serio indizio della fondatezza del timore del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subire danni gravi, a meno che vi siano buoni motivi per ritenere che tali persecuzioni o danni gravi non si ripeteranno.
5. Quando gli Stati membri applicano il principio in base al quale il richiedente è tenuto a motivare la sua domanda di protezione internazionale e qualora taluni aspetti delle dichiarazioni del richiedente non siano suffragati da prove documentali o di altro tipo, la loro conferma non è comunque necessaria se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
a) il richiedente ha compiuto sinceri sforzi per circostanziare la domanda;
b) tutti gli elementi pertinenti in suo possesso sono stati prodotti ed è stata fornita una spiegazione soddisfacente dell'eventuale mancanza di altri elementi significativi;
c) le dichiarazioni del richiedente sono ritenute coerenti e plausibili e non sono in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso di cui si dispone;
d) il richiedente ha presentato la domanda di protezione internazionale il prima possibile, a meno che egli non dimostri di aver avuto buoni motivi per ritardarla; e
e) è accertato che il richiedente è in generale attendibile.
Art. 5
Bisogno di protezione internazionale sorto fuori dal paese d'origine («sur place»).
1. Il timore fondato di essere perseguitato o il rischio effettivo di subire un danno grave può essere basato su avvenimenti verificatisi dopo la partenza del richiedente dal suo paese di origine.
2. Il timore fondato di essere perseguitato o il rischio effettivo rischio di subire un danno grave può essere basato su attività svolte dal richiedente dopo la sua partenza dal paese d'origine, in particolare quando sia accertato che le attività addotte costituiscono l'espressione e la continuazione di convinzioni od orientamenti già manifestati nel paese d'origine.
3. Fatta salva la convenzione di Ginevra, gli Stati membri possono stabilire di non riconoscere di norma lo status di rifugiato a un richiedente che abbia introdotto una domanda successiva se il rischio di persecuzioni è basato su circostanze determinate dal richiedente stesso dopo la partenza dal paese di origine.
Art. 6
Responsabili della persecuzione o del danno grave.
I responsabili della persecuzione o del danno grave possono essere:
a) lo Stato;
b) i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio;
c) soggetti non statuali, se può essere dimostrato che i responsabili di cui alle lettere a) e b), comprese le organizzazioni internazionali, non possono o non vogliono fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi come definito all'articolo 7.
Art. 7
Soggetti che offrono protezione.
1. La protezione può essere offerta:
a) dallo Stato; oppure
b) dai partiti o organizzazioni, comprese le organizzazioni internazionali, che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio.
2. La protezione è in generale fornita se i soggetti di cui al paragrafo 1 adottano adeguate misure per impedire che possano essere inflitti atti persecutori o danni gravi, avvalendosi tra l'altro di un sistema giuridico effettivo che permetta di individuare, di perseguire penalmente e di punire gli atti che costituiscono persecuzione o danno grave e se il richiedente ha accesso a tale protezione.
3. Per stabilire se un'organizzazione internazionale controlla uno Stato o una parte consistente del suo territorio e se fornisce protezione come enunciato al paragrafo 2, gli Stati membri tengono conto degli eventuali orientamenti impartiti nei pertinenti atti del Consiglio.
Art. 8
Protezione all'interno del paese d'origine.
1. Nell'ambito dell'esame della domanda di protezione internazionale, gli Stati membri possono stabilire che il richiedente non necessita di protezione internazionale se in una parte del territorio del paese d'origine egli non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi e se è ragionevole attendere dal richiedente che si stabilisca in quella parte del paese.
2. Nel valutare se una parte del territorio del paese d'origine è conforme al paragrafo 1, gli Stati membri tengono conto delle condizioni generali vigenti in tale parte del paese nonché delle circostanze personali del richiedente all'epoca della decisione sulla domanda.
3. Il paragrafo 1 si può applicare nonostante ostacoli tecnici al ritorno al paese d'origine.
Capo III
Requisiti per essere considerato rifugiato
Art. 9
Atti di persecuzione.
1. Gli atti di persecuzione ai sensi dell'articolo 1A della convenzione di Ginevra devono:
a) essere sufficientemente gravi, per loro natura o frequenza, da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali, in particolare dei diritti per cui qualsiasi deroga è esclusa a norma dell'articolo 15, paragrafo 2, della convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; oppure
b) costituire la somma di diverse misure, tra cui violazioni dei diritti umani, il cui impatto sia sufficientemente grave da esercitare sulla persona un effetto analogo a quello di cui alla lettera a).
2. Gli atti di persecuzione che rientrano nella definizione di cui al paragrafo 1 possono, tra l'altro, assumere la forma di:
a) atti di violenza fisica o psichica, compresa la violenza sessuale;
b) provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia e/o giudiziari, discriminatori per loro stessa natura o attuati in modo discriminatorio;
c) azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie;
d) rifiuto di accesso ai mezzi di ricorso giuridici e conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria;
e) azioni giudiziarie o sanzioni penali in conseguenza al rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto, quando questo comporterebbe la commissione di crimini, reati o atti che rientrano nelle clausole di esclusione di cui all'articolo 12, paragrafo 2;
f) atti specificamente diretti contro un sesso o contro l'infanzia.
3. In conformità dell'articolo 2, lettera c), i motivi di cui all'articolo 10 devono essere collegati agli atti di persecuzione quali definiti al paragrafo 1.
Art. 10
Motivi di persecuzione.
1. Nel valutare i motivi di persecuzione, gli Stati membri tengono conto dei seguenti elementi:
a) il termine «razza» si riferisce, in particolare, a considerazioni inerenti al colore della pelle, alla discendenza o all'appartenenza ad un determinato gruppo etnico;
b) il termine «religione» include, in particolare, le convinzioni teiste, non teiste e ateiste, la partecipazione a, o l'astensione da, riti di culto celebrati in privato o in pubblico, sia singolarmente sia in comunità, altri atti religiosi o professioni di fede, nonché le forme di comportamento personale o sociale fondate su un credo religioso o da esso prescritte;
c) il termine «nazionalità» non si riferisce esclusivamente alla cittadinanza, o all'assenza di cittadinanza, ma designa, in particolare, l'appartenenza ad un gruppo caratterizzato da un'identità culturale, etnica o linguistica, comuni origini geografiche o politiche o la sua affinità con la popolazione di un altro Stato;
d) si considera che un gruppo costituisce un particolare gruppo sociale in particolare quando:
- i membri di tale gruppo condividono una caratteristica innata o una storia comune che non può essere mutata oppure condividono una caratteristica o una fede che è così fondamentale per l'identità o la coscienza che una persona non dovrebbe essere costretta a rinunciarvi, e
- tale gruppo possiede un'identità distinta nel paese di cui trattasi, perché vi è percepito come diverso dalla società circostante.
In funzione delle circostanze nel paese d'origine, un particolare gruppo sociale può includere un gruppo fondato sulla caratteristica comune dell'orientamento sessuale. L'interpretazione dell'espressione «orientamento sessuale» non può includere atti classificati come penali dal diritto interno degli Stati membri; possono valere considerazioni di genere, sebbene non costituiscano di per sé stesse una presunzione di applicabilità del presente articolo;
e) il termine «opinione politica» si riferisce, in particolare, alla professione di un'opinione, un pensiero o una convinzione su una questione inerente ai potenziali persecutori di cui all'articolo 6 e alle loro politiche o metodi, indipendentemente dal fatto che il richiedente abbia tradotto tale opinione, pensiero o convinzione in atti concreti.
2. Nell'esaminare se un richiedente abbia un timore fondato di essere perseguitato è irrilevante che il richiedente possegga effettivamente le caratteristiche razziali, religiose, nazionali, sociali o politiche che provocano gli atti di persecuzione, purché una siffatta caratteristica gli venga attribuita dall'autore delle persecuzioni.
Art. 11
Cessazione.
1. Un cittadino di un paese terzo o un apolide cessa di essere un rifugiato qualora:
a) si sia volontariamente avvalso di nuovo della protezione del paese di cui ha la cittadinanza; o
b) avendo perso la cittadinanza, l'abbia volontariamente riacquistata; o
c) abbia acquistato una nuova cittadinanza e goda della protezione del paese di cui ha acquistato la cittadinanza; o
d) si sia volontariamente ristabilito nel paese che ha lasciato o in cui non ha fatto ritorno per timore di essere perseguitato; o
e) non possa più rinunciare alla protezione del paese di cui ha la cittadinanza, perché sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato;
f) se trattasi di un apolide, sia in grado di tornare nel paese nel quale aveva la dimora abituale, perché sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato.
2. Ai fini dell'applicazione delle lettere e) e f) del paragrafo 1, gli Stati membri esaminano se il cambiamento delle circostanze ha un significato e una natura non temporanea tali da eliminare il fondato timore di persecuzioni.
Art. 12
Esclusione.
1. Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato se:
a) rientra nel campo d'applicazione dell'articolo 1D della convenzione di Ginevra, relativo alla protezione o assistenza di un organo o di un'agenzia delle Nazioni unite diversi dall'Alto Commissario delle Nazioni unite per i rifugiati. Quando siffatta protezione o assistenza cessi per qualsiasi motivo, senza che la posizione di tali persone sia stata definitivamente stabilita in conformità delle pertinenti risoluzioni adottate dall'assemblea generale delle Nazioni unite, queste persone sono ipso facto ammesse ai benefici della presente direttiva;
b) le autorità competenti del paese nel quale ha stabilito la sua residenza gli riconoscono i diritti e gli obblighi connessi al possesso della cittadinanza del paese stesso o diritti e obblighi equivalenti.
2. Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato ove sussistano fondati motivi per ritenere:
a) che abbia commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità quali definiti dagli strumenti internazionali relativi a tali crimini;
b) che abbia commesso al di fuori del paese di accoglienza un reato grave di diritto comune prima di essere ammesso come rifugiato, ossia prima del momento in cui gli è rilasciato un permesso di soggiorno basato sul riconoscimento dello status di rifugiato, abbia commesso atti particolarmente crudeli, anche se perpetrati con un dichiarato obiettivo politico, che possono essere classificati quali reati gravi di diritto comune;
c) che si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni unite quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni unite.
3. Il paragrafo 2 si applica alle persone che istigano o altrimenti concorrono alla commissione dei crimini, reati o atti in esso menzionati.
Capo IV
Status di rifugiato
Art. 13
Riconoscimento dello status di rifugiato.
Gli Stati membri riconoscono lo status di rifugiato al cittadino di un paese terzo o all'apolide ammissibile quale rifugiato in conformità dei capi II e III.
Art. 14
Revoca, cessazione o rifiuto del rinnovo dello status.
1. Per quanto riguarda le domande di protezione internazionale presentate successivamente all'entrata in vigore della presente direttiva gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di rifugiato riconosciuto a un cittadino di un paese terzo o a un apolide da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario se questi ha cessato di essere un rifugiato ai sensi dell'articolo 11.
2. Fatto salvo l'obbligo del rifugiato, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, di rivelare tutti i fatti pertinenti e di produrre tutta la pertinente documentazione in suo possesso, lo Stato membro che ha riconosciuto lo status di rifugiato dimostra su base individuale che l'interessato ha cessato di essere o non è mai stato un rifugiato ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo.
3. Gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di rifugiato di un cittadino di un paese terzo o di un apolide qualora, successivamente al riconoscimento dello status di rifugiato, lo Stato membro interessato abbia stabilito che:
a) la persona in questione avrebbe dovuto essere esclusa o è esclusa dallo status di rifugiato ai sensi dell'articolo 12;
b) il fatto di aver presentato i fatti in modo erroneo o di averli omessi, compreso il ricorso a documenti falsi, ha costituito un fattore determinante per l'ottenimento dello status di rifugiato.
4. Gli Stati membri hanno la facoltà di revocare, di cessare o di rifiutare di rinnovare lo status riconosciuto a un rifugiato da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario quando:
a) vi sono fondati motivi per ritenere che la persona in questione costituisce un pericolo per la sicurezza dello Stato membro in cui si trova;
b) la persona in questione, essendo stata condannata con sentenza passata in giudicato per un reato di particolare gravità, costituisce un pericolo per la comunità di tale Stato membro.
5. Nelle situazioni previste al paragrafo 4, gli Stati membri possono decidere di non riconoscere lo status ad un rifugiato quando la decisione non è ancora stata presa.
6. Le persone cui si applicano i paragrafi 4 o 5 godono dei diritti analoghi conferiti dagli articoli 3, 4, 16, 22, 31 e 32 e 33 della convenzione di Ginevra, o di diritti analoghi, purché siano presenti nello Stato membro.
Capo V
Requisiti per poter beneficiare della protezione sussidiaria
Art. 15
Danno grave.
Sono considerati danni gravi:
a) la condanna a morte o all'esecuzione; o
b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine; o
c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.
Art. 16
Cessazione.
1. Un cittadino di un paese terzo o un apolide cessa di essere ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria quando le circostanze che hanno indotto alla concessione dello status di protezione sussidiaria sono venute meno o mutate in una misura tale che la protezione non è più necessaria.
2. Nell'applicare il paragrafo 1 gli Stati membri considerano se le mutate circostanze siano di natura così significativa e non temporanea che la persona ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria non sia più esposta a un rischio effettivo di danno grave.
Art. 17
Esclusione.
1. Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dalla qualifica di persona ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria ove sussistano fondati motivi per ritenere:
a) che egli abbia commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità quali definiti dagli strumenti internazionali relativi a tali crimini;
b) che abbia commesso un reato grave;
c) che si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni unite quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni unite;
d) che rappresenti un pericolo per la comunità o la sicurezza dello Stato in cui si trova.
2. Il paragrafo 1 si applica alle persone che istigano o altrimenti concorrono alla commissione dei crimini, reati o atti in esso menzionati.
3. Gli Stati membri possono escludere un cittadino di un paese terzo o un apolide dalla qualifica di persona ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria se questi, prima di essere ammesso nello Stato membro, ha commesso uno o più reati non contemplati al paragrafo 1, che sarebbero punibili con la reclusione se fossero stati perpetrati nello Stato membro interessato e se ha lasciato il paese d'origine soltanto al fine di evitare le sanzioni risultanti da tali reati.
Capo VI
Status di protezione sussidiaria
Art. 18
Riconoscimento dello status di protezione sussidiaria.
Gli Stati membri riconoscono lo status di protezione sussidiaria a un cittadino di un paese terzo o a un apolide ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria in conformità dei capi II e V.
Art. 19
Revoca, cessazione o rifiuto del rinnovo dello status di protezione sussidiaria.
1. Per quanto riguarda le domande di protezione internazionale presentate successivamente all'entrata in vigore della presente direttiva gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di protezione sussidiaria riconosciuta a un cittadino di un paese terzo o a un apolide da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario se questi ha cessato di essere una persona ammissibile alla protezione sussidiaria in conformità dell'articolo 16.
2. Gli Stati membri hanno la facoltà di revocare, di cessare o di rifiutare di rinnovare lo status di protezione sussidiaria riconosciuto a un cittadino di un paese terzo o a un apolide da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario se questi, dopo aver ottenuto lo status di protezione sussidiaria, avrebbe dovuto essere escluso dall'ammissibilità a tale status in conformità dell'articolo 17, paragrafo 3.
3. Gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di protezione sussidiaria di un cittadino di un paese terzo o di un apolide se:
a) questi, successivamente al riconoscimento dello status di protezione sussidiaria, avrebbe dovuto essere escluso o è escluso dalla qualifica di persona ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria ai sensi dell'articolo 17, paragrafi 1 e 2;
b) il fatto di aver presentato i fatti in modo erroneo o di averli omessi, compreso il ricorso a documenti falsi, ha costituito un fattore determinante per l'ottenimento dello status di protezione sussidiaria.
4. Fatto salvo l'obbligo del cittadino di un paese terzo o dell'apolide, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, di rivelare tutti i fatti pertinenti e di produrre tutta la pertinente documentazione in suo possesso, lo Stato membro che ha riconosciuto lo status di protezione sussidiaria dimostra su base individuale che l'interessato ha cessato di essere o non è ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria ai sensi dei paragrafi da 1 a 3 del presente articolo.
Capo VII
Contenuto della protezione internazionale
Art. 20
Disposizioni generali.
1. Le disposizioni del presente capo non pregiudicano i diritti sanciti dalla convenzione di Ginevra.
2. Le disposizioni del presente capo si applicano sia ai rifugiati sia alle persone ammissibili a beneficiare della protezione sussidiaria, ove non diversamente indicato.
3. Nell'attuare il presente capo, gli Stati membri tengono conto della specifica situazione di persone vulnerabili, quali i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologia, fisica o sessuale.
4. Il paragrafo 3 si applica soltanto alle persone per cui si riscontrano esigenze particolari mediante la valutazione della loro situazione individuale.
5. Il prevalente interesse del minore è la principale considerazione degli Stati membri quando attuano le disposizioni del presente capo che coinvolgono i minori.
6. Entro i limiti stabiliti dalla convenzione di Ginevra, gli Stati membri hanno la facoltà di ridurre i benefici del presente capo, riconosciuti a un rifugiato, il cui status di rifugiato sia stato ottenuto per attività svolte al fine esclusivo o principale di creare le condizioni necessarie al riconoscimento di tale status.
7. Entro i limiti derivanti dagli obblighi internazionali degli Stati membri, gli Stati membri hanno la facoltà di ridurre i benefici del presente capo, riconosciuti ad una persona ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria, il cui status di protezione sussidiaria sia stato ottenuto per attività svolte al fine esclusivo o principale di creare le condizioni necessarie al riconoscimento come persona ammissibile alla protezione sussidiaria.
Art. 21
Protezione dal respingimento
1. Gli Stati membri rispettano il principio di «non refoulement» in conformità dei propri obblighi internazionali.
2. Qualora non sia vietato dagli obblighi internazionali previsti dal paragrafo 1, gli Stati membri possono respingere un rifugiato, formalmente riconosciuto o meno, quando:
a) vi siano ragionevoli motivi per considerare che detta persona rappresenti un pericolo per la sicurezza dello Stato membro nel quale si trova; o
b) che, essendo stata condannata con sentenza passata in giudicato per un reato di particolare gravità, detta persona costituisca un pericolo per la comunità di tale Stato membro.
3. Gli Stati membri hanno la facoltà di revocare, di cessare o di rifiutare il rinnovo o il rilascio di un permesso di soggiorno di un (o a un) rifugiato al quale si applichi il paragrafo 2.
Art. 22
Informazioni.
Quanto prima possibile dopo aver riconosciuto loro lo status, gli Stati membri forniscono alle persone che considerano bisognose di protezione internazionale, in una lingua che queste siano in grado di comprendere, l'accesso a informazioni sui diritti e gli obblighi previsti dallo status di protezione loro applicabile.
Art. 23
Mantenimento dell'unità del nucleo familiare.
1. Gli Stati membri provvedono a che possa essere preservata l'unità del nucleo familiare.
2. Gli Stati membri provvedono a che i familiari del beneficiario dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, che individualmente non hanno diritto a tale status o protezione, siano ammessi ai benefici di cui agli articoli da 24 a 34, in conformità delle procedure nazionali e nella misura in cui ciò sia compatibile con lo status giuridico personale del familiare.
Gli Stati membri possono definire le condizioni applicabili ai benefici relativi ai familiari dei beneficiari della protezione sussidiaria.
In tali casi gli Stati membri assicurano che i benefici offerti garantiscano un adeguato tenore di vita.
3. I paragrafi 1 e 2 non si applicano quando il familiare è o sarebbe escluso dallo status di rifugiato o dalla protezione sussidiaria in base ai capi III e V.
4. Nonostante i paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono rifiutare, ridurre o revocare i benefici ivi menzionati, per motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico.
5. Gli Stati membri possono decidere che il presente articolo si applica anche agli altri congiunti che vivevano nel nucleo familiare al momento della partenza dal paese d'origine e che in quel momento erano completamente o principalmente a carico del beneficiario dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria.
Art. 24
Permesso di soggiorno.
1. Gli Stati membri rilasciano ai beneficiari dello status di rifugiato, il più presto possibile dopo aver riconosciuto loro lo status, un permesso di soggiorno valido per un periodo di almeno tre anni rinnovabile, purché non vi ostino imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico e fatto salvo l'articolo 21, paragrafo 3.
Fatto salvo l'articolo 23, paragrafo 1, il permesso di soggiorno da rilasciare ai familiari dei beneficiari dello status di rifugiato può essere valido per un periodo inferiore a tre anni e rinnovabile.
2. Gli Stati membri rilasciano ai beneficiari della protezione sussidiaria, il più presto possibile dopo aver riconosciuto loro lo status, un permesso di soggiorno valido per un periodo non inferiore ad un anno rinnovabile, purché non vi ostino imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico.
Art. 25
Documenti di viaggio.
1. Gli Stati membri rilasciano ai beneficiari dello status di rifugiato documenti di viaggio nella forma prevista dall'allegato della convenzione di Ginevra, allo scopo di permettere loro di viaggiare al di fuori del loro territorio, purché non vi ostino imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico.
2. Gli Stati membri rilasciano ai beneficiari della protezione sussidiaria che si trovino nell'impossibilità di ottenere un passaporto nazionale, documenti che consentono loro di viaggiare, almeno quando sussistano gravi ragioni umanitarie che rendano necessaria la loro presenza in un altro Stato, purché non vi ostino imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico.
Art. 26
Accesso all'occupazione.
1. Gli Stati membri autorizzano i beneficiari dello status di rifugiato ad esercitare un'attività dipendente o autonoma nel rispetto della normativa generalmente applicabile alle professioni e agli impieghi nella pubblica amministrazione, non appena sia stato loro riconosciuto lo status di rifugiato.
2. Gli Stati membri provvedono a che siano offerte ai beneficiari dello status di rifugiato opportunità di formazione occupazionale per adulti, formazione professionale e tirocinio sul luogo di lavoro secondo modalità equivalenti a quelle previste per i loro cittadini.
3. Gli Stati membri autorizzano i beneficiari dello status di protezione sussidiaria ad esercitare un'attività dipendente o autonoma nel rispetto della normativa generalmente applicabile alle professioni e agli impieghi nella pubblica amministrazione, non appena sia stato loro riconosciuto lo status di protezione sussidiaria. Può essere tenuta in considerazione la situazione esistente sul mercato del lavoro degli Stati membri, eventualmente anche per stabilire un ordine di precedenza per l'accesso all'occupazione per un periodo di tempo limitato da determinare conformemente alla normativa nazionale. Gli Stati membri provvedono a che i beneficiari dello status di protezione sussidiaria accedano al posto per il quale hanno ricevuto un'offerta, in conformità delle norme nazionali in materia di ordine di precedenza sul mercato del lavoro.
4. Gli Stati membri provvedono a che ai beneficiari dello status di protezione sussidiaria siano offerte opportunità di formazione occupazionale per adulti, formazione professionale e tirocinio sul luogo di lavoro secondo modalità che saranno decise dagli Stati membri stessi.
5. Si applica la normativa vigente negli Stati membri in materia di retribuzione, di accesso ai regimi di sicurezza sociale connessa all'attività di lavoro dipendente o autonomo, nonché di ogni altra condizione di lavoro.
Art. 27
Accesso all'istruzione.
1. Gli Stati membri offrono il pieno accesso al sistema scolastico, secondo le stesse modalità previste per i loro cittadini, a tutti i minori beneficiari dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria.
2. Gli Stati membri consentono agli adulti beneficiari dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria di accedere al sistema di istruzione generale e di aggiornamento e perfezionamento professionale secondo le stessa modalità previste per i cittadini di paesi terzi in soggiorno regolare.
3. Gli Stati membri garantiscono la parità di trattamento tra i beneficiari dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ed i loro cittadini nel quadro delle vigenti procedure di riconoscimento di diplomi, certificati ed altri titoli stranieri.
Art. 28
Assistenza sociale.
1. Gli Stati membri provvedono affinché i beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria ricevano, nello Stato membro che ha concesso tali status, adeguata assistenza sociale, alla stregua dei cittadini Stato membro in questione.
2. In via d'eccezione alla regola generale di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono limitare l'assistenza sociale per i beneficiari della protezione sussidiaria alle prestazioni essenziali, che in tal caso sono offerte allo stesso livello e alle stesse condizioni di ammissibilità previste per i cittadini dello Stato membro in questione.
Art. 29
Assistenza sanitaria.
1. Gli Stati membri provvedono a che i beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria abbiano accesso all'assistenza sanitaria secondo le stesse modalità previste per i cittadini dello Stato membro che ha riconosciuto loro tali status.
2. In via d'eccezione alla regola generale di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono limitare l'assistenza sanitaria per i beneficiari della protezione sussidiaria alle prestazioni essenziali, che in tal caso sono offerte allo stesso livello e alle stesse condizioni di ammissibilità previste per i cittadini dello Stato membro in questione.
3. Gli Stati membri forniscono adeguata assistenza sanitaria, secondo le stesse modalità previste per i cittadini dello Stato membro che ha concesso tali status, ai beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria che presentano particolari esigenze, quali le donne in stato di gravidanza, i disabili, le vittime di torture, stupri o altre gravi forme di violenza psicologica, fisica o sessuale, o i minori che abbiano subito qualsiasi forma di abuso, negligenza, sfruttamento, tortura, trattamento crudele, disumano o degradante o che abbiano sofferto gli effetti di un conflitto armato.
Art. 30
Minori non accompagnati.
1. Gli Stati membri adottano quanto prima dopo la concessione dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria, misure atte ad assicurare la necessaria rappresentanza dei minori non accompagnati, da parte di un tutore legale oppure, ove necessario, la rappresentanza da parte di un organismo incaricato della cura e del benessere dei minori, oppure qualsiasi altra forma adeguata di rappresentanza, inclusa quella basata sulla legislazione o su un provvedimento giudiziario.
2. Nel dare attuazione alla presente direttiva, gli Stati membri provvedono affinché le esigenze del minore siano debitamente soddisfatte dal tutore o rappresentante designato. Le autorità competenti procedono a valutazioni periodiche.
3. Gli Stati membri provvedono affinché i minori non accompagnati siano alloggiati:
a) presso familiari adulti; o
b) presso una famiglia affidataria; o
c) in centri specializzati nell'ospitare i minori; o
d) secondo altre modalità che offrano un alloggio idoneo per i minori.
In questo contento si tiene conto del parere del minore conformemente all'età e al grado di maturità dello stesso
4. Per quanto possibile i fratelli sono alloggiati insieme, tenendo conto del prevalente interesse del minore in questione e, in particolare, della sua età e del grado di maturità. I cambi di residenza di minori non accompagnati sono limitati al minimo.
5. Gli Stati membri, a tutela del prevalente interesse del minore non accompagnato, si adoperano per rintracciare quanto prima i suoi familiari. Nei casi in cui sussistano rischi per la vita o l'integrità del minore o dei suoi parenti stretti, in particolare se questi sono rimasti nel paese di origine, la raccolta, il trattamento e la diffusione delle informazioni relative a queste persone sono effettuate in via confidenziale.
6. Le persone che si occupano di minori non accompagnati devono aver ricevuto o ricevono una specifica formazione in merito alle particolari esigenze degli stessi.
Art. 31
Accesso all'alloggio.
Gli Stati membri provvedono a che i beneficiari dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria abbiano accesso ad un alloggio secondo modalità equivalenti a quelle previste per altri cittadini di paesi terzi in soggiorno regolare nei loro territori.
Art. 32
Libera circolazione nel territorio dello Stato membro.
Gli Stati membri concedono ai beneficiari dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria la libertà di circolazione all'interno del territorio nazionale, secondo le stesse modalità e restrizioni previste per altri cittadini di paesi terzi in soggiorno regolare nei loro territori.
Art. 33
Accesso agli strumenti di integrazione.
1. Al fine di facilitare l'integrazione dei rifugiati nella società, gli Stati membri stabiliscono i programmi d'integrazione che considerano adeguati o creano i presupposti che garantiscono l'accesso a tali programmi.
2. Laddove lo ritengano opportuno, gli Stati membri consentono ai beneficiari dello status di protezione sussidiaria di accedere ai programmi d'integrazione.
Art. 34
Rimpatrio.
Gli Stati membri possono fornire assistenza ai beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria che desiderano rimpatriare.
Capo VIII
Cooperazione amministrativa
Art. 35
Cooperazione.
Ciascuno Stato membro designa un punto nazionale di contatto, trasmettendone l'indirizzo alla Commissione che a sua volta lo comunica a tutti gli altri Stati membri.
Gli Stati membri, in collegamento con la Commissione, adottano ogni misura idonea ad instaurare una cooperazione diretta e lo scambio di informazioni tra le autorità competenti.
Art. 36
Personale.
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché tutte le autorità competenti e le altre organizzazioni che danno attuazione alla presente direttiva abbiano ricevuto la necessaria formazione di base e siano soggette, conformemente a quanto stabilito dal diritto nazionale, all'obbligo di riservatezza relativamente alle informazioni di cui dovessero venire a conoscenza durante l'attività da loro svolta.
Capo IX
Disposizioni finali
Art. 37
Relazioni.
1. Entro il 10 aprile 2008, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva negli Stati membri, proponendo all'occorrenza le necessarie modifiche. Dette proposte di modifica riguardano in via prioritaria agli articoli 15, 26 e 33. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni informazione utile ai fini di tale relazione entro il 10 ottobre 2007.
2. Successivamente, la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio almeno ogni cinque anni sull'applicazione della presente direttiva.
Art. 38
Recepimento.
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 10 ottobre 2006. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Gli Stati membri determinano le modalità di tali riferimenti.
2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione il testo delle disposizioni nazionali di legge che adottano nel settore trattato dalla presente direttiva.
Art. 39
Entrata in vigore.
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Art. 40
Destinatari.
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.
Fatto a Lussemburgo, addì 29 aprile 2004.
Per il Consiglio
Il presidente
M. McDOWELL
Dir. 2005/85/CE del 1° dicembre 2005.
Direttiva del Consiglio
recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del
riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato
(1) (2)
-----------------------------------------
(1) Pubblicata nella G.U.U.E. 13 dicembre 2005, n. L 326. Entrata in vigore il 2 gennaio 2006.
(2) Termine di recepimento: vedi articolo 43 della presente direttiva. Direttiva recepita con L. 6 febbraio 2007, n. 13 (legge comunitaria 2006).
Il Consiglio dell'Unione europea,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63, primo comma, punto 1, lettera d),
vista la proposta della Commissione (3),
visto il parere del Parlamento europeo (4),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (5),
considerando quanto segue:
(1) Una politica comune nel settore dell'asilo, che preveda un regime europeo comune in materia di asilo, costituisce uno degli elementi fondamentali dell'obiettivo dell'Unione europea relativo all'istituzione progressiva di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nella Comunità.
(2) Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha convenuto di lavorare all'istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sull'applicazione, in ogni sua componente, della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967 (di seguito «convenzione di Ginevra»), affermando in questo modo il principio di «non refoulement» (non respingimento) e garantendo che nessuno sia nuovamente esposto alla persecuzione.
(3) Le conclusioni di Tampere prevedono che il regime europeo comune in materia di asilo debba stabilire, a breve termine, norme comuni per procedure di asilo eque ed efficaci negli Stati membri e che, nel lungo periodo, le norme comunitarie debbano indirizzarsi verso una procedura comune in materia di asilo nella Comunità europea.
(4) Le norme minime di cui alla presente direttiva sulle procedure applicabili negli Stati membri per il riconoscimento o la revoca dello status di rifugiato costituiscono pertanto un primo passo in materia di procedure di asilo.
(5) Obiettivo principale della presente direttiva è stabilire un quadro minimo nella Comunità sulle procedure per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato.
(6) Il ravvicinamento delle norme sulle procedure per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato dovrebbe contribuire a limitare i movimenti secondari dei richiedenti asilo tra gli Stati membri, nei casi in cui tali movimenti siano dovuti alla diversità delle normative.
(7) Discende dalla natura stessa delle norme minime che gli Stati membri dovrebbero avere facoltà di stabilire o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli per i cittadini di paesi terzi o per gli apolidi che chiedono ad uno Stato membro protezione internazionale, qualora tale richiesta sia intesa come basata sul fatto che la persona interessata è un rifugiato a norma dell'articolo 1A della convenzione di Ginevra.
(8) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
(9) Per quanto riguarda il trattamento delle persone che rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti di diritto internazionale di cui sono parti e che vietano le discriminazioni.
(10) È indispensabile che le decisioni in merito a tutte le domande di asilo siano adottate sulla base dei fatti e, in primo grado, da autorità il cui organico dispone di conoscenze adeguate o riceve la formazione necessaria in materia di asilo e di diritto dei rifugiati.
(11) È nell'interesse, sia degli Stati membri sia dei richiedenti asilo, decidere quanto prima possibile in merito alle domande di asilo. L'organizzazione dell'esame delle domande di asilo dovrebbe essere lasciata alla discrezione degli Stati membri, di modo che possano scegliere, in base alle esigenze nazionali, di esaminare in via prioritaria talune domande, o accelerarne l'esame, conformemente alle norme stabilite nella presente direttiva.
(12) La nozione di ordine pubblico può contemplare una condanna per aver commesso un reato grave.
(13) Ai fini di una corretta individuazione delle persone bisognose di protezione in quanto rifugiati a norma dell'articolo 1 della convenzione di Ginevra, è opportuno che, fatte salve talune eccezioni, ciascun richiedente abbia un accesso effettivo alle procedure, l'opportunità di cooperare e comunicare correttamente con le autorità competenti per presentare gli elementi rilevanti della sua situazione nonché disponga di sufficienti garanzie procedurali per far valere i propri diritti in ciascuna fase della procedura. Inoltre, è opportuno che la procedura di esame di una domanda di asilo contempli di norma per il richiedente asilo almeno il diritto di rimanere in attesa della decisione dell'autorità accertante, la possibilità di ricorrere a un interprete per esporre la propria situazione nei colloqui con le autorità, la possibilità di comunicare con un rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (di seguito «UNHCR») o con altre organizzazioni che operino per conto dell'UNHCR, il diritto a un'appropriata notifica della decisione, corredata di una motivazione in fatto e in diritto, la possibilità di consultare un avvocato o altro consulente legale e il diritto di essere informato circa la sua posizione giuridica nei momenti decisivi del procedimento, in una lingua che è ragionevole supporre possa capire.
(14) È inoltre opportuno prevedere specifiche garanzie procedurali per i minori non accompagnati, in considerazione della loro vulnerabilità. L'interesse superiore del minore dovrebbe pertanto costituire un criterio fondamentale per gli Stati membri.
(15) Qualora il richiedente reiteri la domanda senza addurre prove o argomenti nuovi, sarebbe sproporzionato imporre agli Stati membri l'obbligo di esperire una nuova procedura di esame completa. In tali casi gli Stati membri dovrebbero poter scegliere tra diverse procedure con deroghe alle garanzie di cui beneficia di norma il richiedente.
(16) Molte domande di asilo sono presentate alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro prima che sia presa una decisione sull'ammissione del richiedente. Gli Stati membri dovrebbero essere in grado di mantenere le procedure vigenti adeguate alla situazione particolare di detti richiedenti alla frontiera. Si dovrebbero stabilire norme comuni sulle eventuali deroghe fatte in tali condizioni alle garanzie di cui beneficiano di norma i richiedenti. Le procedure di frontiera dovrebbero applicarsi principalmente ai richiedenti che non soddisfano le condizioni per l'ingresso nel territorio degli Stati membri.
(17) Criterio fondamentale per stabilire la fondatezza della domanda di asilo è la sicurezza del richiedente nel paese di origine. Se un paese terzo può essere considerato paese di origine sicuro, gli Stati membri dovrebbero poterlo designare paese sicuro e presumerne la sicurezza per uno specifico richiedente, a meno che quest'ultimo non adduca controindicazioni fondate.
(18) Visto il grado di armonizzazione raggiunto in relazione all'attribuzione della qualifica di rifugiato ai cittadini di paesi terzi e agli apolidi, si dovrebbero definire criteri comuni per la designazione dei paesi terzi quali paesi di origine sicuri.
(19) Se il Consiglio ha accertato che uno specifico paese di origine soddisfa i suddetti criteri e, pertanto, lo ha inserito nell'elenco comune minimo di paesi di origine sicuri da adottare a norma della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero essere tenuti ad esaminare le domande dei cittadini di detto paese o degli apolidi già residenti abitualmente in detto paese, in base alla presunzione confutabile della sicurezza dello stesso. Alla luce dell'importanza politica della designazione dei paesi di origine sicuri, soprattutto in vista delle implicazioni di una valutazione della situazione dei diritti dell'uomo di un paese di origine e delle relative implicazioni per le politiche dell'Unione europea nel settore delle relazioni esterne, il Consiglio dovrebbe prendere le decisioni relative alla fissazione o alla modifica dell'elenco previa consultazione del Parlamento europeo.
(20) La Bulgaria e la Romania, grazie al loro status di paesi candidati all'adesione all'Unione europea e ai progressi compiuti in vista dell'adesione, dovrebbero essere considerati paesi di origine sicuri a norma della presente direttiva fino alla data di adesione all'Unione europea.
(21) La designazione di un paese terzo quale paese di origine sicuro ai fini della presente direttiva non può stabilire una garanzia assoluta di sicurezza per i cittadini di tale paese. Per la sua stessa natura, la valutazione alla base della designazione può tener conto soltanto della situazione civile, giuridica e politica generale in tale paese e se in tale paese i responsabili di persecuzioni, torture o altre forme di punizione o trattamento disumano o degradante siano effettivamente soggetti a sanzioni se riconosciuti colpevoli. Per questo motivo è importante che, quando un richiedente dimostra che vi sono fondati motivi per non ritenere sicuro tale paese per la sua situazione particolare, la designazione del paese come sicuro non può più applicarsi al suo caso.
(22) Gli Stati membri dovrebbero esaminare tutte le domande nel merito, valutare cioè se al richiedente di cui trattasi è attribuibile la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto dello status di protezione, salvo se altrimenti previsto dalla presente direttiva, in particolare se si può ragionevolmente presumere che un altro paese proceda all'esame o fornisca sufficiente protezione. In particolare, gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a valutare il merito della domanda di asilo se il paese di primo asilo ha concesso al richiedente lo status di rifugiato o ha altrimenti concesso sufficiente protezione e il richiedente sarà riammesso in detto paese.
(23) Gli Stati membri non dovrebbero neppure essere tenuti a valutare il merito della domanda di asilo, se si può ragionevolmente prevedere che il richiedente, per un legame con un paese terzo definito nel diritto nazionale, chieda protezione in detto paese terzo. Gli Stati membri dovrebbero procedere in tal modo solo nel caso in cui il richiedente in questione possa essere sicuro nel paese terzo interessato. Per evitare movimenti secondari di richiedenti, si dovrebbero definire principi comuni per la presa in considerazione o la designazione, da parte degli Stati membri, di paesi terzi quali paesi sicuri.
(24) Inoltre, per determinati paesi terzi europei che rispettano norme particolarmente elevate in materia di diritti dell'uomo e di protezione dei rifugiati, agli Stati membri dovrebbe essere consentito di non procedere all'esame o all'esame completo delle domande di asilo dei richiedenti che entrano nel loro territorio in provenienza da detti paesi terzi europei. Viste le potenziali conseguenze derivanti per il richiedente da un esame limitato od omesso, l'applicazione del concetto di paese terzo sicuro dovrebbe essere limitata ai casi di paesi terzi di cui il Consiglio abbia accertato che rispettano le norme elevate di sicurezza stabilite nella presente direttiva. Al riguardo il Consiglio dovrebbe deliberare previa consultazione del Parlamento europeo.
(25) Discende dalla natura delle norme comuni relative ad entrambi i concetti di paese terzo sicuro definiti nella presente direttiva che l'effetto pratico di tali concetti dipende dal fatto che il paese terzo in questione conceda al richiedente interessato l'ingresso nel suo territorio.
(26) Riguardo alla revoca dello status di rifugiato, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i beneficiari di tale status siano debitamente informati dell'eventuale riesame del loro status ed abbiano la possibilità di esporre la loro opinione prima che le autorità possano prendere una decisione motivata di revoca del loro status. A dette garanzie si può tuttavia derogare quando i motivi della cessazione dello status di rifugiato non sono connessi ad un mutamento delle condizioni su cui si fondava il riconoscimento.
(27) È un principio fondamentale del diritto comunitario che le decisioni relative a una domanda di asilo e alla revoca dello status di rifugiato siano soggette ad un rimedio effettivo dinanzi a un giudice a norma dell'articolo 234 del trattato. L'effettività del rimedio, anche per quanto concerne l'esame degli elementi pertinenti, dipende dal sistema amministrativo e giudiziario di ciascuno Stato membro considerato nel suo complesso.
(28) A norma dell'articolo 64 del trattato, la presente direttiva non osta all'esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna.
(29) La presente direttiva non contempla le procedure disciplinate dal regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo.
(30) È opportuno che l'attuazione della presente direttiva formi oggetto di valutazioni periodiche con scadenza non superiore a due anni.
(31) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire l'elaborazione di norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'azione proposta, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(32) A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato, con lettera del 24 gennaio 2001, la propria volontà di partecipare all'adozione e all'applicazione della presente direttiva.
(33) In applicazione dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, l'Irlanda ha notificato, con lettera del 14 febbraio 2001, la propria volontà di partecipare all'adozione e all'applicazione della presente direttiva.
(34) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e di conseguenza non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione,
ha adottato la presente direttiva:
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(3) Pubblicata nella G.U.C.E. 27 febbraio 2001, n. C 62, e G.U.C.E. 26 novembre 2002, n. C 291.
(4) Pubblicato nella G.U.C.E. 28 marzo 2002, n. C 77.
(5) Pubblicato nella G.U.C.E. 10 luglio 2001, n. C 193. Parere espresso in seguito a consultazione non obbligatoria.
Capo I
Disposizioni generali
Art. 1
Obiettivo.
Obiettivo della presente direttiva è stabilire norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.
Art. 2
Definizioni.
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
a) «convenzione di Ginevra»: la convenzione del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967;
b) «domanda» o «domanda di asilo»: la domanda presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide che si può equiparare a una domanda di protezione internazionale ad uno Stato membro a norma della convenzione di Ginevra. Tutte le domande di protezione internazionale sono considerate domande di asilo, salvo che la persona interessata richieda esplicitamente un altro tipo di protezione, che possa essere richiesta con domanda separata;
c) «richiedente» o «richiedente asilo»: qualsiasi cittadino di un paese terzo o apolide che abbia presentato una domanda di asilo sulla quale non sia stata ancora presa una decisione definitiva;
d) «decisione definitiva»: una decisione che stabilisce se a un cittadino di un paese terzo o a un apolide è concesso lo status di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE e che non è più impugnabile nell'ambito del capo V della presente direttiva, indipendentemente dal fatto che il mezzo di impugnazione produca l'effetto di autorizzare i richiedenti a rimanere negli Stati membri interessati in attesa del relativo esito, fatto salvo l'allegato III della presente direttiva;
e) «autorità accertante»: qualsiasi organo quasi giurisdizionale o amministrativo di uno Stato membro che sia competente ad esaminare le domande di asilo e a prendere una decisione di primo grado al riguardo, fatto salvo l'allegato I;
f) «rifugiato»: qualsiasi cittadino di un paese terzo o apolide rispondente ai criteri stabiliti dall'articolo 1 della convenzione di Ginevra, quali specificati nella direttiva 2004/83/CE;
g) «status di rifugiato»: il riconoscimento di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale rifugiato da parte di uno Stato membro;
h) «minore non accompagnato»: una persona d'età inferiore ai diciotto anni che arrivi nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnata da un adulto che ne sia responsabile per la legge o in base agli usi, fino a quando non sia effettivamente affidata a tale adulto, compreso il minore che venga abbandonato dopo essere entrato nel territorio degli Stati membri;
i) «rappresentante»: la persona che agisca per conto di un'organizzazione che rappresenta il minore non accompagnato in qualità di tutore, la persona che agisca per conto di un'organizzazione nazionale responsabile dell'assistenza ai minori e del loro benessere, o qualunque altro idoneo rappresentante, nominato nell'interesse superiore del minore;
j) «revoca dello status di rifugiato»: la decisione di un'autorità competente di revocare, far cessare o rifiutare di rinnovare lo status di rifugiato a una determinata persona, a norma della direttiva 2004/83/CE;
k) «rimanere nello Stato membro»: il fatto di rimanere nel territorio, compreso alla frontiera o in zone di transito, dello Stato membro in cui la domanda di asilo è stata presentata o è oggetto d'esame.
Art. 3
Ambito d'applicazione.
1. La presente direttiva si applica a tutte le domande di asilo presentate nel territorio, compreso alla frontiera o nelle zone di transito degli Stati membri, nonché alla revoca dello status di rifugiato.
2. La presente direttiva non si applica in caso di domande di asilo diplomatico o territoriale presentate presso le rappresentanze degli Stati membri.
3. Qualora gli Stati membri utilizzino o avviino un procedimento in cui le domande di asilo sono esaminate sia quali domande a norma della convenzione di Ginevra sia quali domande concernenti altri tipi di protezione internazionale a seconda delle circostanze definite dall'articolo 15 della direttiva 2004/83/CE, essi applicano la presente direttiva nel corso dell'intero procedimento.
4. Gli Stati membri possono inoltre decidere di applicare la presente direttiva nei procedimenti di esame di domande intese ad ottenere qualsiasi forma di protezione internazionale.
Art. 4
Autorità responsabili.
1. Per tutti i procedimenti gli Stati membri designano un'autorità che sarà competente per l'esame adeguato delle domande a norma della presente direttiva, in particolare dell'articolo 8, paragrafo 2, e dell'articolo 9.
A norma dell'articolo 4, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 343/2003, le domande di asilo presentate in uno Stato membro alle autorità di un altro Stato membro che vi svolgono controlli sull'immigrazione sono trattate dallo Stato membro nel cui territorio è presentata la domanda.
2. Tuttavia, gli Stati membri possono prevedere che sia competente un'altra autorità al fine di:
a) trattare i casi in cui si prevede il trasferimento del richiedente in un altro Stato ai sensi della normativa che stabilisce criteri e meccanismi di determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda d'asilo, fino a che non avvenga il trasferimento o lo Stato richiesto abbia rifiutato di prendere a carico il richiedente o di riprenderlo;
b) decidere in merito alla domanda alla luce delle disposizioni nazionali in materia di sicurezza, purché sia consultata l'autorità accertante prima di decidere se al richiedente sia attribuibile la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE;
c) svolgere un esame preliminare a norma dell'articolo 32, purché detta autorità abbia accesso al fascicolo del richiedente asilo relativo alla domanda precedente;
d) trattare i casi nell'ambito della procedura di cui all'articolo 35, paragrafo 1;
e) rifiutare il permesso di ingresso nell'ambito della procedura di cui all'articolo 35, paragrafi da 2 a 5, secondo le condizioni di cui a detti paragrafi e come da essi stabilito;
f) stabilire che un richiedente asilo sta tentando di entrare o è entrato nello Stato membro da un paese terzo sicuro a norma dell'articolo 36, secondo le condizioni di cui a detto articolo e come da esso stabilito.
3. Ove siano designate autorità a norma del paragrafo 2, gli Stati membri provvedono affinché il relativo personale disponga delle conoscenze adeguate o riceva la formazione necessaria per ottemperare agli obblighi che ad esso incombono nell'applicazione della presente direttiva.
Art. 5
Disposizioni più favorevoli.
Gli Stati membri possono introdurre o mantenere in vigore criteri più favorevoli in ordine alle procedure di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato, purché tali criteri siano compatibili con la presente direttiva.
Capo II
Principi fondamentali e garanzie
Art. 6
Accesso alla procedura.
1. Gli Stati membri possono esigere che le domande di asilo siano introdotte personalmente dal richiedente e/o in un luogo designato.
2. Gli Stati membri provvedono affinché ciascun adulto con capacità giuridica abbia il diritto di presentare una domanda di asilo per proprio conto.
3. Gli Stati membri possono prevedere che una domanda possa essere presentata da un richiedente a nome delle persone a suo carico. In tali casi gli Stati membri provvedono affinché gli adulti a carico acconsentano a che la domanda sia presentata per conto loro, in caso contrario essi hanno l'opportunità di presentare la domanda per proprio conto.
È richiesto il consenso all'atto della presentazione della domanda o, al più tardi, all'atto del colloquio personale con l'adulto a carico.
4. Gli Stati membri possono determinare nella legislazione nazionale:
a) i casi in cui il minore può presentare per proprio conto una domanda;
b) i casi in cui la domanda di un minore non accompagnato deve essere introdotta da un rappresentante a norma dell'articolo 17, paragrafo 1, lettera a);
c) i casi in cui si ritiene che la presentazione di una domanda d'asilo costituisca anche la presentazione di una domanda d'asilo per eventuali minori celibi o nubili.
5. Gli Stati membri provvedono affinché le autorità cui potrebbe rivolgersi chi intende presentare domanda d'asilo siano in grado di fornire indicazioni sulle modalità e sulle sedi per la presentazione della domanda e/o per chiedere che le autorità in questione trasmettano la domanda all'autorità competente.
Art. 7
Diritto di rimanere nello Stato membro durante l'esame della domanda.
1. I richiedenti sono autorizzati a rimanere nello Stato membro, ai fini esclusivi della procedura, fintantoché l'autorità accertante non abbia preso una decisione secondo le procedure di primo grado di cui al capo III. Il diritto a rimanere non dà diritto a un titolo di soggiorno.
2. Gli Stati membri possono derogare a questa disposizione solo se, a norma degli articoli 32 e 34, non sarà dato seguito a una domanda reiterata o se essi intendono consegnare o estradare, ove opportuno, una persona in altro Stato membro in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto europeo [1] o altro, o in un paese terzo, o presso una corte o un tribunale penale internazionale.
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[1] Cfr. decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri.
Art. 8
Criteri applicabili all'esame delle domande.
1. Fatto salvo l'articolo 23, paragrafo 4, lettera i), gli Stati membri provvedono affinché le domande d'asilo non siano respinte né escluse dall'esame per il semplice fatto di non essere state presentate tempestivamente.
2. Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni dell'autorità accertante relative alle domande di asilo siano adottate previo congruo esame. A tal fine gli Stati membri dispongono:
a) che le domande siano esaminate e le decisioni prese in modo individuale, obiettivo ed imparziale;
b) che pervengano da varie fonti informazioni precise e aggiornate, quali l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, nei paesi in cui questi hanno transitato e che tali informazioni siano messe a disposizione del personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito;
c) che il personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito abbia una conoscenza dei criteri applicabili in materia di asilo e di diritto dei rifugiati.
3. Le autorità di cui al capo V, per il tramite dell'autorità accertante o del richiedente o in altro modo, hanno accesso alle informazioni generali di cui al paragrafo 2, lettera b), necessarie per l'adempimento delle loro funzioni.
4. Gli Stati membri possono prevedere norme relative alla traduzione dei documenti pertinenti ai fini dell'esame delle domande.
Art. 9
Criteri applicabili alle decisioni dell'autorità accertante.
1. Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni sulle domande di asilo siano comunicate per iscritto.
2. Gli Stati membri dispongono inoltre che la decisione con cui viene respinta una domanda sia corredata di motivazioni de jure e de facto e che il richiedente sia informato per iscritto dei mezzi per impugnare tale decisione negativa.
Gli Stati membri non sono tenuti a motivare il rifiuto di riconoscere lo status di rifugiato in una decisione con la quale al richiedente è riconosciuto uno status che offre gli stessi diritti e gli stessi vantaggi che il diritto nazionale e quello comunitario riconoscono allo status di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE. In tali casi gli Stati membri provvedono affinché le motivazioni del rifiuto di riconoscere lo status di rifugiato siano esposte nel fascicolo del richiedente e il richiedente abbia accesso, su richiesta, al suo fascicolo.
Inoltre, nel comunicare al richiedente una decisione negativa, gli Stati membri non sono tenuti a informarlo per iscritto dei mezzi per impugnare una decisione, qualora ne sia stata data comunicazione in precedenza per iscritto o per via elettronica, secondo i mezzi cui abbia accesso.
3. Ai fini dell'articolo 6, paragrafo 3, e ogniqualvolta la domanda sia fondata sui medesimi motivi, gli Stati membri possono adottare un'unica decisione che contempli tutte le persone a carico.
Art. 10
Garanzie per i richiedenti asilo.
1. In relazione alle procedure di cui al capo III, gli Stati membri provvedono affinché tutti i richiedenti asilo godano delle seguenti garanzie:
a) il richiedente asilo è informato, in una lingua che è ragionevole supporre possa capire, della procedura da seguire e dei suoi diritti e obblighi durante il procedimento, nonché delle eventuali conseguenze di un mancato adempimento degli obblighi e della mancata cooperazione con le autorità. È informato in merito ai tempi e ai mezzi a sua disposizione per adempiere all'obbligo di addurre gli elementi di cui all'articolo 4 della direttiva 2004/83/CE. Tali informazioni sono fornite in tempo utile affinché il richiedente asilo possa far valere i diritti sanciti dalla presente direttiva e conformarsi agli obblighi descritti nell'articolo 11;
b) il richiedente asilo riceve, laddove necessario, l'assistenza di un interprete per spiegare la propria situazione nei colloqui con le autorità competenti. Gli Stati membri reputano necessario fornire tale assistenza almeno quando l'autorità accertante convoca il richiedente a un colloquio personale di cui agli articoli 12 e 13 e una comunicazione adeguata risulta impossibile in sua mancanza. In questo e negli altri casi in cui le autorità competenti convocano il richiedente asilo, tale assistenza è retribuita con fondi pubblici;
c) non è negata al richiedente asilo la possibilità di comunicare con l'UNHCR o con altre organizzazioni che operino per conto dell'UNHCR nel territorio dello Stato membro conformemente a un accordo con detto Stato membro;
d) la decisione dell'autorità accertante relativa alla domanda di asilo è comunicata al richiedente asilo con anticipo ragionevole. Se il richiedente è legalmente rappresentato da un avvocato o altro consulente legale, gli Stati membri possono scegliere di comunicare la decisione al suo avvocato o consulente anziché al richiedente asilo;
e) il richiedente asilo è informato dell'esito della decisione dell'autorità accertante in una lingua che è ragionevole supporre possa capire, quando non è assistito o rappresentato da un avvocato o altro consulente legale e quando non è disponibile il gratuito patrocinio. Il richiedente è contestualmente informato dei mezzi per impugnare una decisione negativa a norma dell'articolo 9, paragrafo 2.
2. In relazione alle procedure di cui al capo V, gli Stati membri provvedono affinché tutti i richiedenti asilo godano di garanzie equivalenti a quelle di cui al paragrafo 1, lettere b), c) e d), del presente articolo.
Art. 11
Obblighi dei richiedenti asilo.
1. Gli Stati membri possono imporre ai richiedenti asilo l'obbligo di cooperare con le autorità competenti nella misura in cui detto obbligo sia necessario ai fini del trattamento della domanda.
2. In particolare, gli Stati membri possono prevedere che:
a) i richiedenti asilo abbiano l'obbligo di riferire alle autorità competenti o di comparire personalmente dinanzi alle stesse, sia senza indugio sia in una data specifica;
b) i richiedenti asilo debbano consegnare i documenti in loro possesso pertinenti ai fini dell'esame della domanda, quali i passaporti;
c) i richiedenti asilo siano tenuti a informare le autorità competenti del loro luogo di residenza o domicilio del momento e di qualsiasi cambiamento dello stesso, non appena possibile. Gli Stati membri possono prevedere che il richiedente sia tenuto ad accettare eventuali comunicazioni presso il luogo di residenza o domicilio più recente dallo stesso appositamente indicato;
d) le autorità competenti possano perquisire il richiedente e i suoi effetti personali;
e) le autorità competenti possano fotografare il richiedente; e
f) le autorità competenti possano registrare le dichiarazioni orali del richiedente, purché questi ne sia stato preventivamente informato.
Art. 12
Colloquio personale.
1. Prima che l'autorità accertante decida, è data facoltà al richiedente asilo di sostenere un colloquio personale sulla sua domanda di asilo con una persona competente, a norma della legislazione nazionale, a svolgere tale colloquio.
Gli Stati membri possono inoltre accordare la facoltà di sostenere un colloquio personale a ciascuno degli adulti a carico di cui all'articolo 6, paragrafo 3.
Gli Stati membri possono stabilire nel diritto interno i casi in cui a un minore è data facoltà di sostenere un colloquio personale.
2. Il colloquio personale può essere omesso se:
a) l'autorità accertante è in grado di prendere una decisione positiva basandosi sulle prove acquisite; oppure
b) l'autorità competente ha già avuto un incontro con il richiedente, al fine di assisterlo nella compilazione della domanda e nella trasmissione delle informazioni essenziali attinenti alla stessa, ai termini dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2004/83/CE; oppure
c) l'autorità accertante, in base a un esame completo delle informazioni fornite dal richiedente, reputa la domanda infondata nei casi in cui si applicano le circostanze di cui all'articolo 23, paragrafo 4, lettere a), c), g), h) e j).
3. Si può parimenti soprassedere al colloquio personale quando non è ragionevolmente fattibile, in particolare quando l'autorità competente reputa che il richiedente asilo sia incapace o non sia in grado di sostenere un colloquio personale a causa di circostanze persistenti che sfuggono al suo controllo. In caso di dubbio, gli Stati membri possono esigere il certificato di un medico o di uno psicologo.
Quando lo Stato membro non prevede la possibilità per il richiedente di un colloquio personale a norma del presente paragrafo oppure, ove applicabile, per la persona a carico, devono essere compiuti ragionevoli sforzi al fine di consentire al richiedente o alla persona a carico di produrre ulteriori informazioni.
4. La mancanza di un colloquio personale a norma del presente articolo non osta a che l'autorità accertante prenda una decisione sulla domanda di asilo.
5. La mancanza di un colloquio personale a norma del paragrafo 2, lettere b) e c), e del paragrafo 3, non incide negativamente sulla decisione dell'autorità accertante.
6. A prescindere dall'articolo 20, paragrafo 1, gli Stati membri, all'atto di decidere riguardo a una domanda di asilo, possono tener conto del fatto che il richiedente non si sia presentato al colloquio personale, a meno che non avesse validi motivi per farlo.
Art. 13
Criteri applicabili al colloquio personale.
1. Il colloquio personale si svolge, di norma, senza la presenza dei familiari, a meno che l'autorità accertante non ritenga che un esame adeguato deve comportare la presenza di altri familiari.
2. Il colloquio personale si svolge in condizioni atte ad assicurare la riservatezza adeguata.
3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il colloquio personale si svolga in condizioni che consentano al richiedente di esporre in modo esauriente i motivi della sua domanda. A tal fine gli Stati membri:
a) provvedono affinché la persona incaricata di condurre il colloquio abbia la competenza sufficiente per tener conto del contesto personale o generale in cui nasce la domanda, compresa l'origine culturale o la vulnerabilità del richiedente, per quanto ciò sia possibile; e
b) selezionano un interprete idoneo a garantire una comunicazione appropriata fra il richiedente e la persona incaricata di condurre il colloquio. Il colloquio non deve svolgersi necessariamente nella lingua prescelta dal richiedente asilo, se esiste un'altra lingua che è ragionevole supporre possa capire e nella quale è in grado di comunicare.
4. Gli Stati membri possono prevedere norme relative alla presenza di terzi durante un colloquio personale.
5. Il presente articolo si applica anche all'incontro previsto all'articolo 12, paragrafo 2, lettera b).
Art. 14
Valore giuridico del verbale del colloquio personale ai fini della procedura.
1. Gli Stati membri dispongono che sia redatto il verbale di ogni singolo colloquio personale, in cui figurino almeno le informazioni più importanti in merito alla domanda, presentata dal richiedente, a norma dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2004/83/CE.
2. Gli Stati membri provvedono affinché i richiedenti abbiano accesso tempestivo al verbale del colloquio personale. Se l'accesso è autorizzato solo dopo la decisione dell'autorità accertante, gli Stati membri provvedono affinché l'accesso sia possibile non appena necessario per consentire la preparazione e la presentazione del ricorso in tempo utile.
3. Gli Stati membri possono chiedere che il richiedente approvi il contenuto del verbale del colloquio personale.
Se un richiedente asilo rifiuta di approvare il contenuto del verbale, le motivazioni di tale rifiuto sono registrate nel fascicolo del richiedente.
Il rifiuto da parte del richiedente di approvare il contenuto del verbale non osta a che l'autorità accertante prenda una decisione sulla sua domanda di asilo.
4. Il presente articolo si applica anche all'incontro di cui all'articolo 12, paragrafo 2, lettera b).
Art. 15
Diritto all'assistenza e alla rappresentanza legali.
1. Gli Stati membri accordano ai richiedenti asilo la possibilità di consultare, a loro spese, in maniera effettiva un avvocato o altro consulente legale, autorizzato o riconosciuto a norma della legislazione nazionale, sugli aspetti relativi alla domanda di asilo.
2. Nell'eventualità di una decisione negativa dell'autorità accertante, gli Stati membri dispongono che, su richiesta, siano concesse assistenza e/o rappresentanza legali gratuite nel rispetto delle disposizioni del paragrafo 3.
3. Gli Stati membri possono prevedere nella legislazione nazionale di accordare assistenza e/o rappresentanza legali gratuite:
a) soltanto nei procedimenti dinanzi a un giudice a norma del capo V e non per i ricorsi o riesami ulteriori previsti dalla legislazione nazionale, compreso il riesame della causa in seguito ad un ricorso o riesame ulteriori; e/o
b) soltanto a chi non disponga delle risorse necessarie; e/o
c) soltanto rispetto agli avvocati o altri consulenti legali che sono specificamente designati dalla legislazione nazionale ad assistere e/o rappresentare i richiedenti asilo; e/o
d) soltanto se il ricorso o il riesame hanno buone probabilità di successo.
Gli Stati membri provvedono affinché l'assistenza e la rappresentanza legali di cui alla lettera d) non siano oggetto di restrizioni arbitrarie.
4. Le norme a disciplina delle modalità di presentazione e di trattamento di richieste di assistenza e/o rappresentanze legali possono essere previste dagli Stati membri.
5. Gli Stati membri possono altresì:
a) imporre limiti monetari e/o temporali alla prestazione di assistenza e/o rappresentanza legali gratuite, purché essi non costituiscano restrizioni arbitrarie all'accesso all'assistenza e/o rappresentanza legali;
b) prevedere, per quanto riguarda gli onorari e le altre spese, che il trattamento concesso ai richiedenti non sia più favorevole di quello di norma concesso ai propri cittadini per questioni che rientrano nell'assistenza legale.
6. Gli Stati membri possono esigere un rimborso integrale o parziale delle spese sostenute, allorché vi sia stato un considerevole miglioramento delle condizioni finanziarie del richiedente o se la decisione di accordare tali prestazioni è stata presa in base a informazioni false fornite dal richiedente.
Art. 16
Ambito di applicazione dell'assistenza e della rappresentanza legali.
1. Gli Stati membri provvedono affinché l'avvocato o altro consulente legale autorizzato o riconosciuto a norma della legislazione nazionale e che assiste o rappresenta un richiedente asilo a norma della legislazione nazionale, abbia accesso alle informazioni contenute nella pratica del richiedente che potrebbero costituire oggetto di esame da parte delle autorità di cui al capo V, nella misura in cui le informazioni sono pertinenti per la valutazione della domanda.
Gli Stati membri possono derogare a tale disposizione, qualora la divulgazione di informazioni o fonti comprometta la sicurezza nazionale, la sicurezza delle organizzazioni o delle persone che forniscono dette informazioni o la sicurezza delle persone cui le informazioni si riferiscono o qualora gli interessi investigativi relativi all'esame delle domande di asilo da parte delle autorità competenti degli Stati membri o le relazioni internazionali degli Stati membri siano compromesse. In questi casi l'accesso alle informazioni o alle fonti in questione è aperto alle autorità di cui al capo V, salvo che tale accesso sia vietato in casi riguardanti la sicurezza nazionale.
2. Gli Stati membri provvedono affinché l'avvocato o altro consulente legale che assiste o rappresenta un richiedente asilo possa accedere alle aree chiuse, quali le strutture di permanenza temporanea e le zone di transito, per consultare quel richiedente. Gli Stati membri possono limitare le visite ai richiedenti nelle aree chiuse soltanto nei casi in cui questa limitazione è, a norma della legislazione nazionale, oggettivamente necessaria, ai fini della sicurezza, dell'ordine pubblico o della gestione amministrativa dell'area o per garantire un esame efficace della domanda, purché l'accesso da parte dell'avvocato o altro consulente legale non risulti in tal modo seriamente limitato o non sia reso impossibile.
3. Gli Stati membri possono adottare norme che dispongano la presenza di un avvocato o altro consulente legale a tutti i colloqui previsti nel procedimento, fatto salvo il presente articolo o l'articolo 17, paragrafo 1, lettera b).
4. Gli Stati membri possono disporre che il richiedente sia autorizzato a portare con sé al colloquio personale un avvocato o altro consulente legale autorizzato o riconosciuto ai sensi della legislazione nazionale.
Gli Stati membri possono richiedere la presenza del richiedente al colloquio personale, anche se questi è rappresentato a norma della legislazione nazionale da un avvocato o altro consulente legale, e possono chiedere al richiedente di rispondere personalmente alle domande poste.
L'assenza di un avvocato o altro consulente legale non osta a che l'autorità competente svolga il colloquio personale con il richiedente.
Art. 17
Garanzie per i minori non accompagnati.
1. In relazione a tutte le procedure previste dalla presente direttiva e fatti salvi gli articoli 12 e 14, gli Stati membri:
a) non appena possibile adottano misure atte a garantire che un rappresentante rappresenti e/o assista il minore non accompagnato in relazione all'esame della domanda di asilo. Questo rappresentante può anche essere il rappresentante a cui si fa riferimento nell'articolo 19 della direttiva 2003/9/CE, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri;
b) provvedono affinché al rappresentante sia data la possibilità di informare il minore non accompagnato sul significato e le eventuali conseguenze del colloquio personale e, laddove opportuno, di informarlo su come prepararsi ad esso. Gli Stati membri permettono al rappresentante di partecipare al colloquio, porre domande o formulare osservazioni, nel quadro stabilito dalla persona che conduce il colloquio.
Gli Stati membri possono richiedere la presenza del minore non accompagnato al colloquio personale, anche se è presente il rappresentante.
2. Gli Stati membri possono astenersi dal nominare un rappresentante, se il minore non accompagnato:
a) raggiungerà presumibilmente la maggiore età prima che sia presa una decisione in primo grado; o
b) può disporre gratuitamente di un avvocato o altro consulente legale autorizzato, a norma della legislazione nazionale, a svolgere i compiti di cui sopra assegnati al rappresentante; ovvero
c) è, o è stato, sposato.
3. Gli Stati membri, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari in vigore il 1° dicembre 2005, possono altresì astenersi dal nominare un rappresentante, se il minore non accompagnato ha 16 anni o più, a meno che questi non sia in grado di occuparsi della sua domanda senza un rappresentante.
4. Gli Stati membri provvedono affinché:
a) qualora il minore non accompagnato sia convocato a un colloquio personale sulla sua domanda di asilo a norma degli articoli 12, 13 e 14, tale colloquio sia condotto da una persona con la competenza necessaria a trattare i particolari bisogni dei minori;
b) la decisione sulla domanda di asilo di un minore non accompagnato, presa dall'autorità accertante, sia preparata da un funzionario con la competenza necessaria a trattare i particolari bisogni dei minori.
5. Gli Stati membri possono effettuare visite mediche per accertare l'età del minore non accompagnato nel quadro dell'esame di una domanda di asilo.
Se vengono effettuate visite mediche gli Stati membri provvedono affinché:
a) il minore non accompagnato sia informato, prima dell'esame della domanda di asilo e in una lingua che è ragionevole supporre possa capire, della possibilità che la loro età possa essere determinata attraverso una visita medica. Le informazioni comprendono il tipo di visita previsto e le possibili conseguenze dei risultati della visita medica ai fini dell'esame della domanda d'asilo, così come le conseguenze cui va incontro il minore non accompagnato che si rifiuti di sottoporsi a visita medica;
b) i minori non accompagnati e/o i loro rappresentanti acconsentano allo svolgimento di una visita atta ad accertare l'età dei minori interessati; e
c) la decisione di respingere la domanda di asilo di un minore non accompagnato che ha rifiutato di sottoporsi alla visita medica non sia motivata unicamente da tale rifiuto.
Il fatto che un minore non accompagnato abbia rifiutato di sottoporsi alla visita medica non osta a che l'autorità accertante prenda una decisione sulla domanda di asilo.
6. L'interesse superiore del minore costituisce un criterio fondamentale nell'attuazione, da parte degli Stati membri, del presente articolo.
Art. 18
Arresto.
1. Gli Stati membri non trattengono in arresto una persona per il solo motivo che si tratta di un richiedente asilo.
2. Qualora un richiedente asilo sia trattenuto in arresto, gli Stati membri provvedono affinché sia possibile un rapido sindacato giurisdizionale.
Art. 19
Procedura in caso di ritiro della domanda.
1. Nella misura in cui gli Stati membri prevedano la possibilità di un ritiro esplicito della domanda in virtù della legislazione nazionale, ove il richiedente asilo ritiri esplicitamente la domanda, gli Stati membri provvedono affinché l'autorità accertante prenda la decisione di sospendere l'esame ovvero di respingere la domanda.
2. Gli Stati membri possono altresì stabilire che l'autorità accertante può decidere di sospendere l'esame senza prendere una decisione. In questo caso, gli Stati membri dispongono che l'autorità accertante inserisca una nota nella pratica del richiedente asilo.
Art. 20
Procedura in caso di ritiro implicito della domanda o di rinuncia ad essa.
1. Qualora vi siano ragionevoli motivi per ritenere che il richiedente asilo abbia implicitamente ritirato la domanda o rinunciato ad essa, gli Stati membri provvedono affinché l'autorità accertante prenda la decisione di sospendere l'esame ovvero respingere la domanda in base al fatto che il richiedente non ha accertato il suo diritto allo status di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE.
Gli Stati membri possono presumere che il richiedente asilo abbia implicitamente ritirato la domanda o rinunciato ad essa, in particolare quando è accertato che:
a) il richiedente non ha risposto alla richiesta di fornire informazioni essenziali per la sua domanda a norma dell'articolo 4 della direttiva 2004/83/CE né è comparso al colloquio personale di cui agli articoli 12, 13 e 14, a meno che dimostri, entro un ragionevole periodo di tempo, di non aver potuto per cause di forza maggiore;
b) è fuggito o si è allontanato senza autorizzazione dal luogo in cui viveva o era trattenuto, senza contattare l'autorità competente in tempi ragionevoli oppure, trascorso un termine ragionevole, non ha ottemperato al dovere di presentarsi o ad altri obblighi di comunicazione.
Per l'attuazione delle presenti disposizioni gli Stati membri possono fissare termini od orientamenti.
2. Gli Stati membri provvedono affinché il richiedente che si ripresenta all'autorità competente dopo che è stata presa la decisione di sospendere l'esame di cui al paragrafo 1 del presente articolo, abbia il diritto di chiedere la riapertura del suo caso, a meno che la domanda non sia esaminata a norma degli articoli 32 e 34.
Gli Stati membri possono prevedere un termine dopo il quale un caso non può più essere riaperto.
Gli Stati membri garantiscono che quella persona non sia allontanata in violazione del principio di «non refoulement».
Gli Stati membri possono autorizzare l'autorità accertante a riprendere l'esame della domanda dal momento in cui è stato sospeso.
Art. 21
Ruolo dell'UNHCR.
1. Gli Stati membri consentono che l'UNHCR:
a) abbia accesso ai richiedenti asilo, compresi quelli trattenuti e quelli che si trovano in zone di transito aeroportuale o portuale;
b) abbia accesso, previo consenso del richiedente asilo, alle informazioni sulle singole domande di asilo, sullo svolgimento della procedura e sulle decisioni prese;
c) nell'esercizio della funzione di controllo conferitagli a norma dell'articolo 35 della convenzione di Ginevra, presenti pareri a qualsiasi autorità competente e in qualsiasi fase della procedura sulle singole domande di asilo.
2. Il paragrafo 1 si applica anche ad altre organizzazioni che operino per conto dell'UNHCR nel territorio dello Stato membro interessato, conformemente ad un accordo con lo Stato membro stesso.
Art. 22
Raccolta di informazioni su singoli casi.
Per l'esame di singoli casi, gli Stati membri:
a) non rivelano direttamente ai presunti responsabili della persecuzione ai danni del richiedente asilo le informazioni relative alle singole domande di asilo o il fatto che sia stata presentata una domanda;
b) non ottengono informazioni dai presunti responsabili della persecuzione secondo modalità che potrebbero rivelare direttamente a tali responsabili che il richiedente ha presentato una domanda e che potrebbero nuocere all'incolumità fisica del richiedente e delle persone a suo carico o alla libertà e alla sicurezza dei familiari che ancora risiedono nel paese d'origine.
Capo III
Procedure di primo grado
Sezione I
Art. 23
Procedure di esame.
1. Gli Stati membri esaminano le domande di asilo con procedura di esame conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II.
2. Gli Stati membri provvedono affinché siffatta procedura sia espletata quanto prima possibile, fatto salvo un esame adeguato e completo.
Gli Stati membri provvedono affinché, nell'impossibilità di prendere una decisione entro sei mesi, il richiedente asilo interessato:
a) sia informato del ritardo; oppure
b) sia informato, su sua richiesta, del termine entro cui è prevista la decisione in merito alla sua domanda. Tali informazioni non comportano per lo Stato membro alcun obbligo, nei confronti del richiedente in questione, di prendere una decisione entro il suddetto termine.
3. Gli Stati membri possono esaminare in via prioritaria o accelerare l'esame conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, anche qualora la domanda sia verosimilmente fondata o il richiedente abbia particolari bisogni.
4. Gli Stati membri possono altresì prevedere che una procedura d'esame sia valutata in via prioritaria o accelerata conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, se:
a) il richiedente ha sollevato soltanto questioni che non hanno alcuna pertinenza o hanno pertinenza minima per esaminare se attribuirgli la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE; oppure
b) il richiedente chiaramente non può essere considerato rifugiato o non è a lui attribuibile la qualifica di rifugiato in uno Stato membro a norma della direttiva 2004/83/CE; o
c) la domanda di asilo è giudicata infondata:
i) poiché il richiedente proviene da un paese di origine sicuro a norma degli articoli 29, 30 e 31; o
ii) poiché il paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente, fatto salvo l'articolo 28, paragrafo 1; o
d) il richiedente ha indotto in errore le autorità presentando informazioni o documenti falsi od omettendo informazioni pertinenti o documenti relativi alla sua identità e/o alla sua cittadinanza che avrebbero potuto influenzare la decisione negativamente; o
e) il richiedente ha presentato un'altra domanda di asilo contenente dati personali diversi; o
f) il richiedente non ha fornito le informazioni necessarie per accertare, con ragionevole certezza, la sua identità o cittadinanza oppure è probabile che, in mala fede, abbia distrutto o comunque fatto sparire un documento d'identità o di viaggio che avrebbe permesso di accertarne l'identità o la cittadinanza; o
g) il richiedente ha rilasciato dichiarazioni incoerenti, contraddittorie, improbabili o insufficienti, che rendono chiaramente non convincente la sua asserzione di essere stato oggetto di persecuzione di cui alla direttiva 2004/83/CE; o
h) il richiedente ha reiterato la domanda di asilo senza addurre nuovi elementi pertinenti in merito alle sue condizioni personali o alla situazione nel suo paese d'origine; o
i) il richiedente, senza un valido motivo e pur avendo avuto la possibilità di presentare la domanda in precedenza, ha omesso di farlo; o
j) il richiedente presenta la domanda al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione di una decisione anteriore o imminente che ne comporterebbe l'allontanamento; o
k) il richiedente, senza un valido motivo, non ha adempiuto agli obblighi di cui all'articolo 4, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2004/83/CE o all'articolo 11, paragrafo 2, lettere a) e b), e all'articolo 20, paragrafo 1, della presente direttiva; o
l) il richiedente è entrato illegalmente nel territorio dello Stato membro o vi ha prolungato illegalmente il soggiorno e, senza un valido motivo, non si è presentato alle autorità e/o non ha presentato la domanda di asilo quanto prima possibile rispetto alle circostanze del suo ingresso; o
m) il richiedente costituisce un pericolo per la sicurezza nazionale o l'ordine pubblico dello Stato membro o il richiedente è stato espulso con efficacia esecutiva per gravi motivi di sicurezza e di ordine pubblico a norma della legislazione nazionale; o
n) il richiedente rifiuta di adempiere all'obbligo del rilievo dattiloscopico a norma della pertinente normativa comunitaria e/o nazionale; o
o) la domanda è stata presentata da un minore non coniugato cui si applica l'articolo 6, paragrafo 4, lettera c), dopo che una decisione abbia respinto la domanda dei genitori o del genitore responsabili del minore e non siano stati addotti nuovi elementi pertinenti rispetto alle particolari circostanze del minore o alla situazione nel suo paese d'origine.
Art. 24
Procedure specifiche.
1. Gli Stati membri possono inoltre prevedere le seguenti procedure specifiche che derogano ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II:
a) un esame preliminare per il trattamento dei casi considerati nell'ambito della sezione IV;
b) procedure per il trattamento dei casi considerati nell'ambito della sezione V.
2. Gli Stati membri possono inoltre prevedere una deroga per quanto riguarda la sezione VI.
Sezione II
Art. 25
Domande irricevibili.
1. Oltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento (CE) n. 343/2003, gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE, qualora la domanda di asilo sia giudicata irricevibile a norma del presente articolo.
2. Gli Stati membri possono giudicare una domanda di asilo irricevibile a norma del presente articolo se:
a) un altro Stato membro ha concesso lo status di rifugiato;
b) un paese che non è uno Stato membro è considerato paese di primo asilo del richiedente a norma dell'articolo 26;
c) un paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente a norma dell'articolo 27;
d) il richiedente è autorizzato a rimanere nello Stato membro interessato per un altro motivo ed in conseguenza di ciò gli è stato concesso uno status equivalente ai diritti e ai benefici dello status di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE;
e) il richiedente è autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato membro interessato per altri motivi che lo proteggono dal «refoulement» in attesa dell'esito di una procedura relativa alla determinazione del suo status a norma della lettera d);
f) il richiedente ha presentato una domanda identica dopo che sia stata presa una decisione definitiva;
g) una persona a carico del richiedente presenta una domanda, dopo aver acconsentito, a norma dell'articolo 6, paragrafo 3, a che il suo caso faccia parte di una domanda presentata a suo nome e non vi siano elementi relativi alla situazione della persona a carico che giustifichino una domanda separata.
Art. 26
Concetto di paese di primo asilo.
Un paese può essere considerato paese di primo asilo di un particolare richiedente, qualora:
a) quest'ultimo sia stato riconosciuto in detto paese quale rifugiato e possa ancora avvalersi di tale protezione, ovvero
b) goda altrimenti di protezione sufficiente in detto paese, tra cui il fatto di beneficiare del principio di «non refoulement»,
purché sia riammesso nel paese stesso.
Nell'applicare il concetto di paese di primo asilo alle circostanze particolari di un richiedente asilo gli Stati membri possono tener conto dell'articolo 27, paragrafo 1.
Art. 27
Concetto di paese terzo sicuro.
1. Gli Stati membri possono applicare il concetto di paese terzo sicuro solo se le autorità competenti hanno accertato che una persona richiedente asilo nel paese terzo in questione riceverà un trattamento conforme ai seguenti criteri:
a) non sussistono minacce alla sua vita ed alla sua libertà per ragioni di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche o appartenenza a un determinato gruppo sociale;
b) è rispettato il principio di «non refoulement» conformemente alla convenzione di Ginevra;
c) è osservato il divieto di allontanamento in violazione del diritto a non subire torture né trattamenti crudeli, disumani o degradanti, sancito dal diritto internazionale;
d) esiste la possibilità di chiedere lo status di rifugiato e, per chi è riconosciuto come rifugiato, ottenere protezione in conformità della convenzione di Ginevra.
2. L'applicazione del concetto di paese terzo sicuro è subordinata alle norme stabilite dalla legislazione nazionale, comprese:
a) norme che richiedono un legame tra la persona richiedente asilo e il paese terzo in questione, secondo le quali sarebbe ragionevole per detta persona recarsi in tale paese;
b) norme sul metodo mediante il quale le autorità competenti accertano che il concetto di paese terzo sicuro può essere applicato a un determinato paese o a un determinato richiedente. Tale metodo comprende l'esame caso per caso della sicurezza del paese per un determinato richiedente e/o la designazione nazionale dei paesi che possono essere considerati generalmente sicuri;
c) norme conformi al diritto internazionale per accertare con un esame individuale se il paese terzo interessato sia sicuro per un determinato richiedente, norme che consentano almeno al richiedente di impugnare l'applicazione del concetto di paese terzo sicuro a motivo del fatto che egli vi sarebbe soggetto a tortura o ad altra forma di pena o trattamento crudele, disumano o degradante.
3. Quando applicano una decisione basata esclusivamente sul presente articolo gli Stati membri:
a) ne informano il richiedente; e
b) gli forniscono un documento con il quale informano le autorità del paese terzo, nella lingua di quest'ultimo, che la domanda non è stata esaminata nel merito.
4. Se il paese terzo non concede al richiedente asilo l'ingresso nel suo territorio, gli Stati membri assicurano il ricorso a una procedura in conformità dei principi e delle garanzie fondamentali descritte al capo II.
5. Gli Stati membri comunicano periodicamente alla Commissione a quali paesi è applicato il concetto in questione a norma del presente articolo.
Sezione III
Art. 28
Domande infondate.
1. Fatti salvi gli articoli 19 e 20, gli Stati membri possono ritenere infondata una domanda di asilo solo se l'autorità accertante ha stabilito che al richiedente non è attribuibile la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE.
2. Nei casi di cui all'articolo 23, paragrafo 4, lettera b), e nei casi di domande di asilo infondate cui si applichi una qualsiasi delle circostanze elencate nell'articolo 23, paragrafo 4, lettere a) e da c) a o), gli Stati membri possono altresì ritenere una domanda manifestamente infondata, se così definita dalla legislazione nazionale.
Art. 29
Elenco comune minimo di paesi terzi considerati paesi di origine sicuri.
1. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, adotta un elenco comune minimo dei paesi terzi considerati dagli Stati membri paesi d'origine sicuri a norma dell'allegato II.
2. Il Consiglio può modificare, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, l'elenco comune minimo aggiungendo o depennando paesi terzi a norma dell'allegato II. La Commissione esamina le richieste fatte dal Consiglio o dagli Stati membri di presentare una proposta di modifica dell'elenco comune minimo.
3. Nell'elaborare la proposta, a norma dei paragrafi 1 o 2, la Commissione utilizza le informazioni fornite dagli Stati membri, le proprie informazioni e, se necessario, quelle fornite dall'UNHCR, dal Consiglio d'Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti.
4. Quando il Consiglio chiede alla Commissione di presentare una proposta intesa a depennare un paese terzo dall'elenco comune minimo, è sospeso l'obbligo degli Stati membri a norma dell'articolo 31, paragrafo 2, nei confronti del paese terzo a decorrere dal giorno successivo alla decisione con cui il Consiglio chiede tale presentazione.
5. Quando uno Stato membro chiede alla Commissione di presentare al Consiglio una proposta intesa a depennare un paese terzo dall'elenco comune minimo, lo Stato membro notifica al Consiglio per iscritto la richiesta rivolta alla Commissione. L'obbligo dello Stato membro a norma dell'articolo 31, paragrafo 2, è sospeso nei confronti del paese terzo a decorrere dal giorno successivo alla notifica al Consiglio.
6. Il Parlamento europeo è informato delle sospensioni a norma dei paragrafi 4 e 5.
7. Le sospensioni a norma dei paragrafi 4 e 5 cessano dopo tre mesi, a meno che la Commissione non proponga, prima dello scadere di detto termine, di depennare il paese terzo dall'elenco comune minimo. Le sospensioni cessano comunque se il Consiglio respinge la proposta della Commissione di depennare il paese terzo dall'elenco.
8. Su richiesta del Consiglio, la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio se la situazione di un paese incluso nell'elenco comune minimo è ancora conforme all'allegato II. Nel presentare la relazione la Commissione può formulare le raccomandazioni o le proposte che ritiene adeguate.
Art. 30
Designazione nazionale dei paesi terzi quali paesi di origine sicuri.
1. Fatto salvo l'articolo 29, gli Stati membri possono mantenere in vigore o introdurre una normativa che consenta, a norma dell'allegato II, di designare a livello nazionale paesi terzi diversi da quelli che figurano nell'elenco comune minimo quali paesi di origine sicuri ai fini dell'esame delle domande di asilo. È anche possibile designare come sicura una parte di un paese, purché siano soddisfatte le condizioni di cui all'allegato II relativamente a tale parte.
2. In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri possono mantenere la normativa in vigore al 1° dicembre 2005 che consente di designare a livello nazionale paesi terzi diversi da quelli figuranti nell'elenco comune minimo quali paesi di origine sicuri ai fini dell'esame delle domande di asilo, se hanno accertato che le persone nei paesi terzi in questione non sono in genere sottoposte a:
a) persecuzione quale definita nell'articolo 9 della direttiva 2004/83/CE; o
b) tortura o altra forma di pena o trattamento disumano o degradante.
3. Gli Stati membri possono altresì mantenere la normativa in vigore al 1° dicembre 2005, che consente di designare a livello nazionale una parte di un paese sicura o di designare un paese o parte di esso sicuri per un gruppo determinato di persone in detto paese, se sono soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 2 relativamente a detta parte o a detto gruppo.
4. Nel valutare se un paese è un paese di origine sicuro a norma dei paragrafi 2 e 3, gli Stati membri considerano lo status giuridico, l'applicazione della legge e la situazione politica generale del paese terzo in questione.
5. La valutazione volta ad accertare che un paese è un paese di origine sicuro a norma del presente articolo si basa su una serie di fonti di informazioni, comprese in particolare le informazioni fornite da altri Stati membri, dall'UNHCR, dal Consiglio d'Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti.
6. Gli Stati membri notificano alla Commissione i paesi designati quali paesi di origine sicuri a norma del presente articolo.
Art. 31
Concetto di paese di origine sicuro.
1. Un paese terzo designato paese di origine sicuro a norma dell'articolo 29 o dell'articolo 30, previo esame individuale della domanda, può essere considerato paese di origine sicuro per un determinato richiedente asilo solo se:
a) questi ha la cittadinanza di quel paese; ovvero
b) è un apolide che in precedenza soggiornava abitualmente in quel paese;
e non ha invocato gravi motivi per ritenere che quel paese non sia un paese di origine sicuro nelle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente stesso e per quanto riguarda la sua qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE.
2. A norma del paragrafo 1 gli Stati membri considerano infondata la domanda di asilo, se il paese terzo è designato sicuro a norma dell'articolo 29.
3. Gli Stati membri stabiliscono nella legislazione nazionale ulteriori norme e modalità inerenti all'applicazione del concetto di paese di origine sicuro.
Sezione IV
Art. 32
Domande reiterate.
1. Se una persona che ha chiesto asilo in uno Stato membro rilascia ulteriori dichiarazioni o reitera la domanda nello stesso Stato membro, questi può esaminare le ulteriori dichiarazioni o gli elementi della domanda reiterata nell'ambito dell'esame della precedente domanda o dell'esame della decisione in fase di revisione o di ricorso, nella misura in cui le autorità competenti possano tenere conto e prendere in considerazione tutti gli elementi che sono alla base delle ulteriori dichiarazioni o della domanda reiterata in tale ambito.
2. Inoltre, gli Stati membri possono applicare una procedura specifica di cui al paragrafo 3, qualora il richiedente reiteri la domanda di asilo:
a) dopo il ritiro della sua precedente domanda o la rinuncia alla stessa a norma degli articoli 19 o 20;
b) dopo che sia stata presa una decisione sulla domanda precedente. Gli Stati membri possono inoltre decidere di applicare questa procedura solo dopo che sia stata presa una decisione definitiva.
3. Una domanda di asilo reiterata è anzitutto sottoposta a esame preliminare per accertare se, dopo il ritiro della domanda precedente o dopo che sia stata presa la decisione di cui al paragrafo 2, lettera b), del presente articolo, su quella domanda, siano emersi o siano stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi rilevanti per l'esame dell'eventuale qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE.
4. Se, in seguito all'esame preliminare di cui al paragrafo 3 del presente articolo, emergono o sono addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi che aumentino in modo significativo la probabilità che al richiedente possa essere attribuita la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE, la domanda viene sottoposta a ulteriore esame a norma del capo II.
5. Gli Stati membri, in conformità della legislazione nazionale, possono procedere ad un ulteriore esame di una domanda reiterata, se vi sono altre ragioni che rendono necessario avviare nuovamente un procedimento.
6. Gli Stati membri possono decidere di procedere ad un ulteriore esame della domanda solo se il richiedente, senza alcuna colpa, non è riuscito a far valere, nel procedimento precedente, la situazione esposta nei paragrafi 3, 4 e 5 del presente articolo, in particolare esercitando il suo diritto a un rimedio effettivo a norma dell'articolo 39.
7. La procedura di cui al presente articolo può essere applicata anche nel caso di una persona a carico che presenti una domanda dopo aver acconsentito, a norma dell'articolo 6, paragrafo 3, a che il suo caso faccia parte di una domanda presentata a nome suo. In tal caso l'esame preliminare di cui al paragrafo 3 del presente articolo consiste nell'esaminare se i fatti connessi alla situazione della persona a carico giustifichino una domanda separata.
Art. 33
Mancata presentazione.
Gli Stati membri possono mantenere in vigore o adottare la procedura di cui all'articolo 32 nel caso di una domanda di asilo presentata in una data successiva da un richiedente che, intenzionalmente o per negligenza grave, non si rechi in un centro di accoglienza o non si presenti dinanzi alle autorità competenti ad una data stabilita.
Art. 34
Norme procedurali.
1. Gli Stati membri provvedono affinché i richiedenti asilo la cui domanda è oggetto di un esame preliminare a norma dell'articolo 32 godano delle garanzie di cui all'articolo 10, paragrafo 1.
2. Gli Stati membri possono stabilire nella legislazione nazionale norme che disciplinino l'esame preliminare di cui all'articolo 32. Queste disposizioni possono in particolare:
a) obbligare il richiedente a indicare i fatti e a produrre le prove che giustificano una nuova procedura;
b) obbligare il richiedente a presentare le nuove informazioni entro un determinato termine dopo che è venuto in possesso di tale informazione;
c) fare in modo che l'esame preliminare si basi unicamente su osservazioni scritte e non comporti alcun colloquio personale.
Queste disposizioni non rendono impossibile l'accesso del richiedente asilo a una nuova procedura, né impediscono di fatto o limitano seriamente tale accesso.
3. Gli Stati membri provvedono affinché:
a) il richiedente sia opportunamente informato dell'esito dell'esame preliminare e, ove sia deciso di non esaminare ulteriormente la domanda, dei motivi di tale decisione e delle possibilità di presentare ricorso o chiedere il riesame della decisione;
b) se ricorre una delle situazioni di cui all'articolo 32, paragrafo 2, l'autorità accertante procede quanto prima a un ulteriore esame della domanda reiterata, a norma del capo II.
Sezione V
Art. 35
Procedure di frontiera.
1. Gli Stati membri possono prevedere procedure, conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, per decidere alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro in merito alle domande di asilo ivi presentate.
2. Tuttavia, ove non esistano le procedure di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono mantenere in vigore, fatte salve le disposizioni del presente articolo e conformemente alle leggi o ai regolamenti vigenti il 1° dicembre 2005, procedure che derogano ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II per decidere, alla frontiera o nelle zone di transito, in merito all'ammissione nel loro territorio di richiedenti asilo che arrivano e ivi presentano domanda di asilo.
3. Le procedure di cui al paragrafo 2 assicurano in particolare che le persone in questione:
a) siano autorizzate a rimanere alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro, fatto salvo l'articolo 7;
b) siano immediatamente informate dei loro diritti ed obblighi, a norma dell'articolo 10, paragrafo 1, lettera a);
c) abbiano accesso, se necessario, ai servizi di un interprete, a norma dell'articolo 10, paragrafo 1, lettera b);
d) abbiano un colloquio prima che l'autorità competente prenda una decisione nell'ambito di siffatte procedure, in relazione alla loro domanda d'asilo con persone che abbiano un'adeguata conoscenza delle norme applicabili in materia di asilo e di diritto dei rifugiati, a norma degli articoli 12, 13 e 14;
e) possano consultare un avvocato o consulente legale, autorizzato o riconosciuto a norma della legislazione nazionale, a norma dell'articolo 15, paragrafo 1;
f) in caso di minori non accompagnati, dispongano di un rappresentante nominato a norma dell'articolo 17, paragrafo 1, salvo nel caso in cui si applichi l'articolo 17, paragrafo 2 o 3;
Inoltre, nel caso in cui l'ingresso sia rifiutato da un'autorità competente, quest'ultima specifica i motivi de jure e de facto che fanno ritenere infondata o inammissibile la domanda di asilo.
4. Gli Stati membri provvedono affinché la decisione nell'ambito delle procedure di cui al paragrafo 2 sia presa entro un termine ragionevole. Se la decisione non è stata presa entro un termine di quattro settimane, il richiedente asilo è ammesso nel territorio dello Stato membro, affinché la sua domanda di asilo sia esaminata conformemente alle altre disposizioni della presente direttiva.
5. Nel caso in cui particolari tipi di arrivo, o arrivi in cui è coinvolto un gran numero di cittadini di paesi terzi o di apolidi che presentano domande di asilo alla frontiera o in una zona di transito, rendano all'atto pratico impossibile applicare ivi le disposizioni di cui al paragrafo 1 o la procedura specifica di cui ai paragrafi 2 e 3, dette procedure si possono applicare anche nei luoghi e per il periodo in cui i cittadini di paesi terzi o gli apolidi in questione sono normalmente accolti nelle immediate vicinanze della frontiera o della zona di transito.
Sezione VI
Art. 36
Concetto di paesi terzi europei sicuri.
1. Gli Stati membri possono prevedere che l'esame della domanda di asilo e della sicurezza del richiedente stesso relativamente alle sue condizioni specifiche, secondo quanto prescritto al capo II, non abbia luogo o non sia condotto esaurientemente nei casi in cui un'autorità competente abbia stabilito, in base agli elementi disponibili, che il richiedente asilo sta cercando di entrare o è entrato illegalmente nel suo territorio da un paese terzo sicuro a norma del paragrafo 2.
2. Un paese terzo può essere considerato paese terzo sicuro ai fini del paragrafo 1, se:
a) ha ratificato e osserva la convenzione di Ginevra senza limitazioni geografiche;
b) dispone di una procedura di asilo prescritta per legge;
c) ha ratificato la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e ne rispetta le disposizioni, comprese le norme riguardanti i rimedi effettivi; e
d) è stato designato tale dal Consiglio a norma del paragrafo 3.
3. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, adotta o modifica un elenco comune di paesi terzi considerati paesi terzi sicuri ai fini del paragrafo 1.
4. Gli Stati membri interessati stabiliscono nel diritto interno le modalità di applicazione delle disposizioni del paragrafo 1 e le conseguenze di decisioni adottate a norma delle disposizioni stesse, in conformità del principio di «non refoulement» a norma della convenzione di Ginevra, prevedendo altresì le eccezioni all'applicazione del presente articolo per motivi umanitari o politici o di diritto internazionale.
5. Quando applicano una decisione basata esclusivamente sul presente articolo gli Stati membri interessati:
a) ne informano il richiedente; e
b) gli forniscono un documento con il quale informano le autorità del paese terzo, nella lingua di quest'ultimo, che la domanda non è stata esaminata nel merito.
6. Se il paese terzo non riammette il richiedente asilo, gli Stati membri assicurano il ricorso a una procedura in conformità dei principi e delle garanzie fondamentali descritte al capo II.
7. Gli Stati membri che hanno designato paesi terzi sicuri in conformità della legislazione nazionale vigente il 1° dicembre 2005 e sulla base dei criteri di cui al paragrafo 2, lettere a), b) e c), possono applicare il paragrafo 1 ai suddetti paesi terzi fintantoché il Consiglio avrà adottato l'elenco comune a norma del paragrafo 3.
Capo IV
Procedure di revoca dello status di rifugiato
Art. 37
Revoca dello status di rifugiato.
Gli Stati membri provvedono affinché un esame per la revoca dello status di rifugiato di una data persona possa cominciare quando emergano elementi o risultanze nuovi dai quali risulti che vi sono motivi per riesaminare lo status di rifugiato di quella persona.
Art. 38
Norme procedurali.
1. Gli Stati membri provvedono affinché, se l'autorità competente prende in considerazione di revocare lo status di rifugiato di un cittadino di un paese terzo o di un apolide a norma dell'articolo 14 della direttiva 2004/83/CE, l'interessato goda delle seguenti garanzie:
a) sia informato per iscritto che l'autorità competente procede al riesame del suo diritto all'attribuzione dello status di rifugiato e dei motivi del riesame; e
b) gli sia data la possibilità di esporre in un colloquio personale a norma dell'articolo 10, paragrafo 1, lettera b), e degli articoli 12, 13 e 14, o in una dichiarazione scritta, i motivi per cui il suo status di rifugiato non dovrebbe essere revocato.
Inoltre, gli Stati membri provvedono affinché nell'ambito di tale procedura:
c) l'autorità competente sia in grado di ottenere informazioni esatte ed aggiornate da varie fonti, come, se del caso, dall'UNHCR, circa la situazione generale esistente nei paesi di origine degli interessati; e
d) se su ogni singolo caso sono raccolte informazioni ai fini del riesame dello status di rifugiato, esse non siano ottenute dai responsabili della persecuzione secondo modalità che potrebbero rivelare direttamente a tali responsabili che l'interessato è un rifugiato il cui status è oggetto di riesame e che potrebbero nuocere all'incolumità fisica dell'interessato e delle persone a suo carico o alla libertà e alla sicurezza dei familiari rimasti nel paese di origine.
2. Gli Stati membri provvedono affinché la decisione dell'autorità competente di revocare lo status di rifugiato sia comunicata per iscritto. La decisione specifica i motivi de jure e de facto e le informazioni sulle modalità per l'impugnazione della decisione sono comunicate per iscritto.
3. Non appena l'autorità competente ha preso la decisione di revocare lo status di rifugiato, sono applicabili anche l'articolo 15, paragrafo 2, l'articolo 16, paragrafo 1, e l'articolo 21.
4. In deroga ai paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo, gli Stati membri possono decidere che lo status di rifugiato decada per legge in caso di cessazione a norma dell'articolo 11, paragrafo 1, lettere da a) a d), della direttiva 2004/83/CE o se il rifugiato ha rinunciato espressamente ad essere riconosciuto come rifugiato.
Capo V
Procedure di impugnazione
Art. 39
Diritto a un mezzo di impugnazione efficace.
1. Gli Stati membri dispongono che il richiedente asilo abbia diritto a un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice avverso i seguenti casi:
a) la decisione sulla sua domanda di asilo, compresa la decisione:
i) di considerare la domanda irricevibile a norma dell'articolo 25, paragrafo 2;
ii) presa alla frontiera o nelle zone di transito di uno Stato membro a norma dell'articolo 35, paragrafo 1;
iii) di non procedere a un esame a norma dell'articolo 36;
b) il rifiuto di riaprire l'esame di una domanda, sospeso a norma degli articoli 19 e 20;
c) una decisione di non esaminare ulteriormente la domanda reiterata a norma degli articoli 32 e 34;
d) una decisione di rifiutare l'ingresso nell'ambito delle procedure di cui all'articolo 35, paragrafo 2;
e) una decisione di revoca dello status di rifugiato a norma dell'articolo 38.
2. Gli Stati membri prevedono i termini e le altre norme necessarie per l'esercizio, da parte del richiedente, del diritto ad un mezzo di impugnazione efficace di cui al paragrafo 1.
3. Gli Stati membri prevedono, se del caso, norme conformi ai loro obblighi internazionali intese:
a) a determinare se il rimedio di cui al paragrafo 1 produce l'effetto di consentire ai richiedenti di rimanere nello Stato membro interessato in attesa del relativo esito;
b) a prevedere la possibilità di un mezzo di impugnazione giurisdizionale o di misure cautelari, qualora il mezzo di impugnazione di cui al paragrafo 1 non produca l'effetto di consentire ai richiedenti di rimanere nello Stato membro interessato in attesa del relativo esito. Gli Stati membri possono anche prevedere un mezzo di impugnazione d'ufficio; e
c) a stabilire i motivi per impugnare una decisione a norma dell'articolo 25, paragrafo 2, lettera c), conformemente al metodo applicato a norma dell'articolo 27, paragrafo 2, lettere b) e c).
4. Gli Stati membri possono stabilire i termini entro i quali il giudice di cui al paragrafo 1 esamina la decisione dell'autorità accertante.
5. Qualora ad un richiedente sia stato riconosciuto uno status che offre gli stessi diritti e vantaggi secondo il diritto nazionale e comunitario dello status di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE, si può considerare che il richiedente disponga di un mezzo di impugnazione efficace, se un giudice decide che il mezzo di impugnazione di cui al paragrafo 1 è inammissibile o ha poche possibilità di successo a motivo di un insufficiente interesse del richiedente alla continuazione del procedimento.
6. Gli Stati membri possono altresì stabilire nella legislazione nazionale le condizioni che devono sussistere affinché si possa presumere che il richiedente abbia implicitamente ritirato o rinunciato al mezzo di impugnazione di cui al paragrafo 1, nonché le norme procedurali applicabili.
Capo VI
Disposizioni generali e finali
Art. 40
Impugnazione da parte delle autorità pubbliche.
La presente direttiva non pregiudica per le autorità pubbliche la possibilità di impugnare le decisioni amministrative e/o giudiziarie conformemente a quanto previsto dalla legislazione nazionale.
Art. 41
Riservatezza.
Gli Stati membri garantiscono che le autorità che danno attuazione alla presente direttiva siano vincolate dal principio di riservatezza, quale definito nel proprio diritto interno, relativamente a tutte le informazioni ottenute nel corso del loro lavoro.
Art. 42
Relazioni.
Entro il 1° dicembre 2009, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva negli Stati membri, proponendo all'occorrenza le necessarie modifiche. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni informazione utile ai fini della relazione. Dopo la prima relazione la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della presente direttiva negli Stati membri almeno ogni due anni.
Art. 43
Recepimento.
Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° dicembre 2007. Per quanto concerne l'articolo 15, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° dicembre 2008. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Art. 44
Transizione.
Gli Stati membri applicano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative di cui all'articolo 43 alle domande di asilo presentate dopo il 1° dicembre 2007 ed alle procedure di revoca dello status di rifugiato avviate dopo il 1° dicembre 2007.
Art. 45
Entrata in vigore.
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Art. 46
Destinatari.
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva, conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.
Fatto a Bruxelles, addì 1° dicembre 2005.
Per il Consiglio
Il presidente
Ashton of UPHOLLAND
Allegato I
Definizione di «autorità accertante»
Nell'attuare le disposizioni della presente direttiva e nella misura in cui continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 17, paragrafo 1, della legge sui rifugiati del 1996 (e relative modifiche), l'Irlanda può considerare quanto segue:
- per «autorità accertante» di cui all'articolo 2, lettera e), della presente direttiva s'intende l'Office of the Refugee Applications Commissioner, per quanto attiene all'esame volto a determinare se a un richiedente debba essere o meno attribuita la qualifica di rifugiato, e
- le «decisioni di primo grado» di cui all'articolo 2, lettera e), della presente direttiva comprendono le raccomandazioni del Refugee Applications Commissioner in merito all'opportunità o meno di attribuire a un richiedente la qualifica di rifugiato.
L'Irlanda notificherà alla Commissione le eventuali modifiche delle disposizioni dell'articolo 17, paragrafo 1, della legge sui rifugiati del 1996 (e relative modifiche).
Allegato II
Designazione dei paesi di origine sicuri ai fini degli articoli 29 e 30, paragrafo 1
Un paese è considerato paese di origine sicuro se, sulla base dello status giuridico, dell'applicazione della legge all'interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni quali definite nell'articolo 9 della direttiva 2004/83/CE, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.
Per effettuare tale valutazione si tiene conto, tra l'altro, della misura in cui viene offerta protezione contro le persecuzioni ed i maltrattamenti mediante:
a) le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del paese ed il modo in cui sono applicate;
b) il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e/o nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e/o nella Convenzione contro la tortura, in particolare i diritti ai quali non si può derogare a norma dell'articolo 15, paragrafo 2, di detta Convenzione europea;
c) il rispetto del principio di «non refoulement» conformemente alla convenzione di Ginevra;
d) un sistema di rimedi efficaci contro le violazioni di tali diritti e libertà.
Allegato III
Definizione di «richiedente» o «richiedente asilo»
Nell'applicare le disposizioni della presente direttiva e nella misura in cui continuano ad applicarsi le disposizioni della «Ley 30/1992 de Régimen jurídico de las Administraciones Públicas y del Procedimiento Administrativo Común» del 26 novembre 1992 e della «Ley 29/1998 reguladora de la Jurisdicción Contencioso-Administrativa» del 13 luglio 1998, la Spagna può considerare che, ai fini del capo V, la definizione di «richiedente» o «richiedente asilo» di cui all'articolo 2, lettera c), della presente direttiva comprende il «recurrente» secondo quanto stabilito nelle leggi suindicate.
Un «recurrente» gode delle stesse garanzie di un «richiedente» o «richiedente asilo» fissate nella direttiva ai fini dell'esercizio del diritto a un mezzo di impugnazione efficace secondo quanto prescritto al capo V.
La Spagna notificherà alla Commissione le eventuali modifiche alle leggi suindicate.
Legge 24
luglio 1954, n. 722.
Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati,
firmata a Ginevra il 28 luglio 1951
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951.
2. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione suddetta a decorrere dalla data della sua entrata in vigore.
Atto finale della Conferenza dei plenipotenziari delle Nazioni Unite sullo Statuto dei rifugiati e degli apolidi
I
Par sa résolution 429 (V) du 14 décembre 1950, l'Assemblée générale des Nations Unies a décidé de réunir à Genève une Conférence de plénipotentiaires pour achever de rédiger et pour signer une Convention relative au statut des réfugiés et aussi un Protocole relatif au statut des apatrides.
La Conférence s'est réunie à l'Office européen des Nations Unies à Genève où elle a siégé du 2 au 25 juillet 1951.
Les Gouvernements des vingt-six Etats suivants avaient envoyé des représentants qui ont tous présenté des lettres de créance ou autres pouvoirs reconnus valables les habilitant à participer aux travaux de la Conférence:
Australie
Autriche
Belgique
Brésil
Canada
Colombie
Danemark
Egypte
Etats-Unis d'Amérique
France
Grèce
Irak
Israël
Italie
Luxembourg
Monaco
Norvège
République fédéral d'Allemagne
Royaume-Uni de Grande-Bretagne et d'Irlande du Nord
Suède
Suisse (la Délégation suisse représentait aussi le Liechtenstein)
Turquie
Vénézuela
Yougoslavie
Les Gouvernements des deux Etats suivant étaient représentés par des observateurs:
Cuba
Iran
Conformément à la demande de l'Assemblée générale, le Haut Commissaire des Nations Unies pour les Réfugiés a participé, sans droit de vote, aux travaux de la Conférence.
L'Organisation internationale du Travail et l'Organisation internationale pour les réfugiés étaient représentées à la Conférence, sans droit de vote.
La Conférence a invité le Conseil de l'Europe a se faire représenter, sans droit de vote.
Des représentants des organisations non gouvernementales suivantes, dotées du statut consultatif auprès du Conseil économique et social, étaient ègalement présent en qualité d'observateurs:
Catégorie A
Confédération internationale des syndicats libres.
Fédération internationale des syndicats chrétiens.
Union interparlementaire.
Catégorie B
Alliance universelle des Unions chrétiennes de jeunes filles.
Association internationale du droit pénal.
Bureau international pour l'organisation du droit pénal.
Caritas Internationalis.
Comité des Eglises pour les affaires internationales.
Comité consultatif mondial de la Société des amis.
Comité de coordination d'organisations juives.
Comité international de la Croix-Rouge.
Congrès juif mondial.
Conseil consultatif d'organisations juives.
Conseil international des femmes.
Fédération internationale des amis de la jeune fille.
Ligue internationale des droits de l'homme.
Ligue internationale des femmes pour la paix et la liberté.
Organisation mondiale Agudas Istraël.
Pax Romana.
Service social international.
Union catholique internationale de service social.
Union internationale des ligues féminines catholiques.
Union internationale de protection de l'enfance.
World Union for Progressive Judaism.
Registre
Association mondiale des guides et des éclaireuses.
Comité international d'aide aux intellectuels.
Comité permanent des organisations bénévoles.
Ligue des sociétés de la Croix-Rouge.
World University Service.
Les représentants des organisations non gouvernementales auxquelles le Conseil économique et social a accordé le statut consultatif et les représentants des organisations inscrites par le Secrétaire général sur le Registre et dont il est question au paragraphe 17 de la résolution 288 B (X) du Conseil économique et social, avaient, aux termes du Règlement intérieur adopté par la Conférence, le droit de présenter à celle-ci des déclarations écrites ou verbales.
La Conférence a élu Président M. Knud Larsen, représentant du Danemark, et Vice-Présidents M. A. Herment, représentant de la Belgique, et M. Talat Miras, représentant de la Turquie.
A sa seconde séance, la Conférence, sur la proposition du représentant de l'Egypte, a décidé à l'unanimité d'adresser une invitation au Saint-Siège, le priant de bien vouloir désigner un plénipotentiaire pour participer aux travaux de la Conférence. Le 10 juillet 1951 un représentant du Saint-Siège est venu prendre place parmi les membres de la Conférence.
La Conférence a adopté comme ordre du jour l'ordre du jour provisoire établi par le Secrétaire général (A/CONF.2/2/REV.1). Elle a également adopté le Règlement intérieur provisoire rédigé par le Secrétaire général, en y ajoutant une disposition qui autorisait un représentant du Conseil de l'Europe à assister à la Conférence sans droit de vote, et à présenter des propositions (A/CONF.2/3/REV.1).
Conformément au Règlement intérieur de la Conférence, le Président et les Vice-Présidents ont vérifié les pouvoirs des représentants et, le 17 juillet 1951, ils ont fait rapport à la Conférence sur les résultats de cette vérification. La Conférence a adopté ce rapport.
La Conférence a pris pour base de travail le projet de Convention relatif au statut des réfugiés et le projet de Protocole relatif au statut des apatrides préparés par le Comité spécial pour les réfugiés et les apatrides lors de sa deuxième session, tenute à Genève du 14 au 25 août 1950, à l'exception du préambule et de l'article 1 (Définition du terme «réfugié») du projet de Convention. Le texte du préambule dont la Conférence était saisie était celui que le Conseil économique et social avait adopté le 11 août 1950 dans sa résolution 319 B II (XI). Le texte de l'article 1 soumis à la Conférence était celui que l'Assemblée générale avait recommandé le 14 décembre 1950 et qui figure à l'annexe de la résolution 429 (V). Ce texte reprenait, en le modifiant celui qui avait été adopté par le Conseil économique et social dans sa résolution 319 B II (XI) [1].
-------------------------
[1] Les textes mentionnés dans le paragraphe ci-dessus sont reproduits dans le document A/CONF. 2/1.
La Conférence a adopté en première et en deuxième lecture la Convention relative au statut des réfugiés. Avant la seconde lecture, elle avait constitué un comité de style composé du Président et des représentants de la Belgique, des Etats-Unis d'Amérique, de la France, d'Israël, de l'Italie et du Royaume Uni de Grande-Bretagne et d'Irlande du Nord, ainsi que du Haut Commissaire pour les Réfugiés: ce comité de style a élu Président M. G. Warren, représentant des Etats-Unis d'Amérique. Le comité de style a modifié le texte adopté par la Conférence en première lecture; ces modifications ont porté en particulier sur des questions de langue et sur la concordance à assurer entre les textes anglais et français.
La Convention a été adoptée le 25 juillet par 24 voix contre zéro sans abstention. Elle sera ouverte à la signature à l'Office européen des Nations Unies du 28 juillet au 31 août 1951. Elle sera de nouveau ouverte à la signature au Siège permanent des Nations Unies à New-York du 17 septembre 1951 au 31 décembre 1952.
On trouvera, joints au présent Acte final, les textes anglais et français de la Convention, qui font également foi.
II
La Conférence a décidé, par 17 votes contre 3 et 3 abstentions, que les titres des chapitres et des articles de la Convention sont inclus aux fins d'information et ne constituent pas des éléments d'interprétation.
III
En ce qui concerne le projet de Protocole relatif au statut des apatrides, la Conférence a adopté la resolution suivante:
«La Conférence,
«Ayant pris en considération le projet de Protocole relatif au statut des apatrides,
«Considérant que ce sujet exige encore une étude plus approfondie,
«Décide de ne pas prendre de décision à ce sujet à cette Conférence et renvoie le projet de Protocole pour plus ample étude aux organes appropriés des Nations Unies».
IV
La Conférence a adopté à l'unanimité les recommandations suivantes:
A
«La Conférence,
«Considérant que la délivrance et la reconnaissance des titres de voyage sont nécessaires pour faciliter le mouvement des réfugiés et, en particulier, leur reinstallation,
«Demande instamment aux Gouvernements parties à l'Accord concernant la délivrance d'un titre de voyage à des réfugiés relevant de la compétence du Comité inter-gouvernemental pour les réfugiés, signé à Londres le 15 octobre 1946, ou qui reconnaissent la validité des titres de voyage délivrés conformément aux dispositions de ce Accord, de continuer à délivrer ou à reconnaître lesdits titres de voyage et de délivrer ces titres de voyage à tous les réfugiés répondant à la définition donnée de ce terme à l'article premier de la Convention relative au statut des réfugiés ou de reconnaître les titres de voyage ainsi délivrés à ces personnes, jusqu'à ce qu'ils aient assumé les obligations qui découlent de l'article 28 de ladite Convention».
B
«La Conférence,
«Considérant que l'unité de famille, cet élément naturel et fondamental de la société, est un droit essentiel du réfugié, et que cette unité est constamment menacée, et,
«Constatant avec satisfaction que, d'après le commentaire officiel du Comité spécial de l'apatridie et des problèmes connexes (E/1618, p. 38) les droits de réfugié sont étendus aux membres de sa famille,
«Recommande aux Gouvernements de prendre les mesures nécessaires pour la protection de la famille du réfugié et en particulier pour:
«1) Assurer le maintien de l'unité de la famille du réfugié, notamment dans le cas où le chef de la famille a réuni les conditions voulues pour son admission dans un pays;
«2) Assurer la protection des réfugiés mineurs, notamment des enfants isolés et des jeunes filles, spécialement en ce qui concerne la tutelle et l'adoption».
C
«La Conférence,
«Considérant que le réfugié a besoin, dans les divers domaines moraux, juridiques et matériels, du concours de services sociaux appropriés, notamment de celui des organisations non gouvernementales qualifiées,
«Recommande aux Governements et aux organismes intergouvernementaux de faciliter, d'encourager et de soutenir les efforts des organisations dûment qualifiées pour leur tâche».
D
«La Conférence,
«Considérant que nombre de personnes quittent encore leur pays d'origine pour des raisons de persécution et qu'elles ont droit à une protection spéciale à cause de leur condition particulière,
«Recommande aux Gouvernements de continuer à recevoir les réfugiés sur leur territoire et d'agir de concert dans un véritable esprit de solidarité internationale, afin que les réfugiés puissent trouver asile et possibilité de réétablissement».
E
«La Conférence,
«Exprime l'espoir que la Convention relative au statut des réfugiés aura valeur d'exemple, en plus de sa portée contractuelle, et qu'elle incitera tous les Etats à accorder dans toute la mesure du possible aux personnes se trouvant sur leur territoire en tant que réfugiés et qui ne seraient pas couvertes par les dispositions de la Convention, le traitement prévu par cette Convention».
En foi de quoi, le président, les Vice-Présidents et le Secrétaire exécutif de la Conférence ont signé le présent Acte final.
Fait à Genève, ce 28 juillet mil neuf cent cinquante et en un seul exemplaire rédigé en langue anglaise et française, chacun des deux textes faisant également foi. Des traductions du présent Acte final en chinois, en espagnol et en russe seront faites par les soins du Secrétaire général des Nations Unies, qui enverra, sur demande, des exemplaires de ces traductions à chacun des Gouvernements invités à assister à la Conférence.
Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati
Préambule.
Les HAUTES PARTIES CONTRACTANTES,
Considérant que la Charte des Nations Unies et la Déclaration universelle des droits de l'homme approuvée le 10 décembre 1948 (2) par l'Assemblée générale ont affirmé ce principe que les êtres humains, sans distinction, doivent jouir des droits de l'homme et des libertés fondamentales,
Considérant que l'Organisation des Nations Unies a, à plusieurs reprises, manifesté la profonde sollicitude qu'elle éprouve pour les réfugiés et qu'elle s'est préeoccupée d'assurer à ceux-ci l'exercice le plus large possible des droits de l'homme et des libertés fondamentales,
Considérant qu'il est désirable de reviser et de codifier les accords internationaux antérieurs relatifs au statut des réfugiés et d'étendre l'application de ces instruments et la protection qu'ils constituent pour les réfugiés au moyen d'un nouvel accord.
Considérant qu'il peut résulter de l'octroi du droit d'asile des charges exceptionnellement lourdes pour certains pays et que la solution satisfaisante des problèmes dont l'Organisation des Nations Unies a reconnu la portée et le caractère internationaux, ne saurait, dans cette hypothèse, être obtenue sans une solidarité internationale,
Exprimant le voeu que tous les Etats, reconnaissant le caractère social et humanitaire du problème des réfugiés, fassent tout ce qui est en leur pouvoir pour éviter que ce problème ne devienne une cause de tension entre Etats,
Prenant acte de ce que le Haut Commissaire des Nations Unies pour les réfugiés a pour tâche de veiller à l'application des conventions internationales qui assurent la protection des réfugiés, et reconnaissant que la coordination effective des mesures prises pour résoudre ce problème dépendra de la coopération des Etats avec le Haut Commissaire,
Sont convenues des dispositions ci-après:
Artt.
Chapitre I - Dispositions generales 1-11
Chapitre II - Condition juridique 12-16
Chapitre III - Emplois lucratifs. 17-19
Chapitre IV - Bien-etre. 20-24
Chapitre V - Mesures administratives 25-34
Chapitre VI - Dispositions executoires et transitoires 35-37
Chapitre VII - Clauses finales 38-46
Annexe
CHAPITRE I - Dispositions generales.
Article premier.
Définition du terme «réfugié».
A) Aux fins de la présente Convention, le terme «réfugié» s'appliquera à toute personne:
1) Qui a été considérée comme réfugiée en application des Arrangements du 12 mai 1926 et du 30 juin 1928, ou en application des Conventions du 28 octobre 1933 (3) et du 10 février 1939, ou encore en application de la Constitution de l'Organisation internationale pour les réfugiés;
Les décisions de non-élégibilité prises par l'Organisation internationale pour les réfugiés pendant la durée de son mandat ne font pas obstacle à ce que la qualité de réfugié soit accordée à des personnes qui remplissent les conditions prévues au paragraphe 2 de la présente section;
2) Qui, par suite d'événements survenus avant le premier janvier 1951 et craignant avec raison d'être persécutée du fait de sa race, de sa religion, de sa nationalité, de son appartenance à un certain groupe social ou de ses opinions politiques, se trouve hors du pays dont elle a la nationalité et qui ne peut ou, du fait de cette crainte, ne veut se réclamer de la protection de ce pays; ou, qui, si elle n'a pas de nationalité et se trouve hors du pays dans lequel elle avait sa résidence habituelle à la suite de tels événements, ne peut ou, en raison de ladite crainte, ne veut y retourner.
Dans le cas d'une personne qui a plus d'une nationalité, l'expression «du pays dont elle a la nationalité» vise chacun des pays dont cette personne a la nationalité. Ne sera pas considérée comme privée de la protection du pays dont elle a la nationalité, toute personne qui, sans raison valable fondée sur une crainte justifiée, ne s'est pas réclamée de la protection de l'un des pays dont elle a la nationalité.
B) 1. Aux fins de la présente Convention, les mots «événements survenus avant le premier janvier 1951» figurant à l'article 1, section A, pourront être compris dans le sens de soit.
a) «événements survenus avant le premier janvier 1951 en Europe»; soit
b) «événements survenus avant le premier janvier 1951 en Europe ou ailleurs»;
et chaque Etat Contractant fera, au moment de la signature, de la ratification ou de l'adhésion, une déclaration précisant la portée qu'il entend donner à cette expression au point de vue des obligations assumées par lui en vertu de la présente Convention.
2. Tout Etat Contractant qui a adopté la formule a) pourra à tout moment étendre ses obligations en adoptant la formule b) par notification adressée au Secrétaire général des Nations Unies.
C) Cette Convention cessera, dans le cas ci après, d'être applicable à toute personne visée par les dispositions de la section A ci-dessus:
1) Si elle s'est volontairement réclamée à nouveau de la protection du pays dont elle a la nationalité; ou
2) Si, ayant perdu sa nationalité, elle l'a volontairement recouvrée; ou
3) Si elle a acquis une nouvelle nationalité et jouit de la protection du pays dont elle a acquis la nationalité; ou
4) Si elle est retournée volontairement s'établir dans le pays qu'elle a quitté ou hors duquel elle est demeurée de crainte d'être persécutée; ou
5) Si, les circonstances à la suite desquelles elle a été reconnue comme réfugié ayant cessé d'exister, elle ne peut plus continuer à refuser de se réclamer de la protection du pays dont elle a la nationalité;
Etant entendu, toutefois, que les dispositions du présent paragraphe ne s'appliqueront pas à tout réfugié visé au paragraphe 1 de la section A du présent article qui peut invoquer, pour refuser de se réclamer de la protection du pays dont il a la nationalité, des raisons impérieuses tenant à des persécutions antérieures;
6) S'agissant d'une personne qui n'a pas de nationalité, si, les circonstances à la suite desquelles elle a été reconnue comme réfugiée ayant cessé d'exister, elle est en mesure de retourner dans le pays dans lequel elle avait sa résidence habituelle;
Etant entendu, toutefois, que les dispositions du présent paragraphe ne s'appliqueront pas à tout réfugié visé au paragraphe 1 de la section A du présent article qui peut invoquer, pour refuser de retourner dans le pays dans lequel il avait sa résidence habituelle, des raisons imperieuses tenant à des persécutions antérieures.
D) Cette Convention ne sera pas applicable aux personnes qui bénéficient actuellement d'une protection ou d'une assistance de la part d'un organisme ou d'une institution des Nations Unies autre que le Haut Commissaire des Nations Unies pour les réfugiés.
Lorsque cette protection ou cette assistance aura cessé pour une raison quelconque, sans que le sort de ces personnes ait été définitivement réglé, conformement aux résolutions y relatives adoptées par l'Assemblée générale des Nations Unies, ces personnes bénéficieront de plein droit du régime de cette Convention.
E) Cette Convention ne sera pas applicable à une personne considérée par les autorités compétentes du pays dans lequel cette personne a établi sa résidence comme ayant les droits et les obligations attachés à la possession de la nationalité de ce pays.
F) Les dispositions de cette Convention ne seront pas applicables aux personnes dont on aura des raisons serieuses de penser:
a) qu'elles ont commis un crime contre la paix, un crime de guerre ou un crime contre l'humanité, au sens des instruments internationaux élaborés pour prévoir des dispositions relatives à ces crimes;
b) qu'elles ont commis un crime grave de droit commun en dehors du pays d'accueil avant d'y être admises comme réfugiés;
c) qu'elles se sont rendues coupables d'agissements contraires aux buts et aux principes des Nations Unies.
Article 2.
Obligations générales.
Tout réfugié, a, à l'égard du pays où il se trouve, des devoirs qui comportent notamment l'obbligation de se conformer aux lois et règlements ainsi qu'aux mesures prises pour le maintien de l'ordre public.
Article 3.
Non-discrimination.
Les Etats Contractants appliqueront les dispositions de cette Convention aux réfugiés sans discrimination quant à la race, la religion ou le pays d'origine.p
Article 4.
Religion.
Les Etats Contractants accorderont aux réfugiés sur leur territoire un traitement au moins aussi favorable que celui accordé aux nationaux en ce qui concerne la liberté de pratiquer leur religion et en ce qui concerne la liberté d'instruction religieuse de leurs enfants.p
Article 5.
Droits accordés indépendamment de cette Convention.
Aucune disposition de cette Convention ne porte atteinte aux autres droits et avantages accordés, indépendamment de cette Convention, aux réfugiés.p
Article 6.
L'expression «dans les mêmes circonstances».
Aux fins de cette Convention, les termes «dans les mêmes circonstances», impliquent que toutes les conditions (et notamment celles qui ont trait à la durée et aux conditions de séjour ou de résidence) que l'intéressé devrait remplir, pour pouvoir exercer le droit en question s'il n'était pas un réfugié doivent être remplies par lui à l'exception des conditions qui, en raison de leur nature, ne peuvent être remplies par un réfugié.p
Article 7.
Dispense de réciprocité.
1. Sous réserve des dispositions plus favorables prévues par cette Convention, tout Etat Contractant accordera aux réfugiés le régime qu'il accorde aux ètrangers en général.
2. Après un délai de résidence de trois ans, tous les réfugiés bénéficieront, sur le territoire des Etats Contractants, de la dispense de réciprocité legislative.
3. Tout Etat Contractant continuera à accorder aux réfugiés les droits et avantages auxquels ils pouvaient déjà prétendre, en l'absence de réciprocité, à la date d'entrée en vigueur de cette Convention pour ledit Etat.
4. Les Etats Contractants envisageront avec bienveillance la possibilité d'accorder aux réfugiés, en l'absence de réciprocité, des droits et des avantages outres ceux auxquels ils peuvent prétendre en vertu des paragraphes 2 et 3 ainsi que la possibilité de faire bénéficier de la dispense de réciprocité des réfugiés qui ne remplissent pas les conditions visées aux paragraphes 2 et 3.
5. Les dispositions des paragraphes 2 et 3 ci-dessus s'appliquent aussi bien aux droits et avantages visés aux articles 13, 18, 19, 21 et 22 de cette Convention qu'aux droits et avantages qui ne sont pas prévus par elle.p
Article 8.
Dispense de mesures exceptionnelles.
En ce qui concerne les mesures exceptionnelles qui peuvent être prises contre la personne, les biens ou les intérêts des ressortissants d'un Etat déterminé, les Etats Contractants n'appliqueront pas ces mêsures à un réfugié ressortissant formellement dudit Etat uniquement en raison de sa nationalité. Les Etats Contractants, qui de par leur législation, ne peuvent appliquer le principe général consacré dans cet article accorderont dans des cas appropriés des dispenses en faveur de tels réfugiés.p
Article 9.
Mesures provisoires.
Aucune des dispositions de la présente Convention n'a pour effet d'empêcher un Etat Contractant, en temps de guerre ou dans d'autres circonstances graves et exceptionnelles, de prendre provisoirement, à l'égard d'une personne déterminée, les mesures que cet Etat estime indispensables à la sécurité nationale, en attendant qu'il soit établi par ledit Etat Contractant que cette personne est effectivement un réfugié et que le maintien desdites mesures est nécessaire à son égard dans l'intérêt de sa sécurité nationale.p
Article 10.
Continuité de résidence.
1. Lorsqu'un réfugié a été-déporté au cours de la deuxième guerre mondiale et transporté sur le territoire de l'un des Etats Contractants et y réside, la durée de ce séjour forcé comptera comme résidence régulière sur ce territoire.
2. Lorsqu'un réfugié a été déporté du territoire d'un Etat Contractant au cours de la deuxième guerre mondiale et y est retourné avant l'entrée en vigueur de cette Convention pour y établir sa résidence, la période qui précède et celle qui suit cette déportation seront considérées, à toutes les fins pour lesquelles une résidence ininterrompue est nécessaire, comme ne constituant qu'une seule période ininterrompue.p
Article 11.
Gens de mer réfugiés.
Dans le cas de réfugiés régulièrement employés comme membres de l'équipage à bord d'un navire battant pavillon d'un Etat Contractant, cet Etat examinera avec bienveillance la possibilité d'autoriser lesdits réfugiés à s'établir sur son territoire et de leur délivrer des titres de voyage ou de les admettre à titre temporaire sur son territoire, afin, notamment, de faciliter leur établissement dans un autre pays.
CHAPITRE II - Condition juridique.
Article 12.
Statut personnel.
1. Le statut personnel de tout réfugié sera régi par la loi du pays de son domicile ou, à défaut de domicile, par la loi du pays de sa résidence.
2. Les droits, précédemment acquis par le réfugié et découlant du statut personnel, et notamment ceux qui résultent du mariage, seront respectés par tout Etat Contractant, sous réserve, le cas échéant, de l'accomplissement des formalités prévues par la législation dudit Etat, étant entendu, toutefois, que le droit en cause doit être de ceux qui auraient été reconnus par la législation dudit Etat si l'intéressé n'était devenu un réfugié.p
Article 13.
Propriété mobilière et immobilière.
Les Etats Contractants accorderont à tout réfugié un traitement aussi favorable que possible et de toute façon un traitement qui ne soit pas moins favorable que celui qui est accordé, dans les mêmes circonstances, aux étrangers en général en ce qui concerne l'acquisition de la propriété mobilière et immobilière et autres droits s'y rapportant, le louage et les autres contrats relatifs à la propriété mobilière et immobilière.
Article 14.
Propriété intellectuelle et industrielle.
En matière de protection de la propriété industrielle, notamment d'inventions, dessins, modèles, marques de fabrique, nom commercial, et en matière de protection de la propriété littéraire, artistique et scientifique, tout réfugié bénéficiera dans le pays où il a sa résidence habituelle de la protection qui est accordée aux nationaux dudit pays. Dans le territoire de l'un quelconque des autres Etats Contractants, il bénéficiera de la protection qui est accordée dans ledit territoire aux nationaux du pays dans lequel il a sa résidence habituelle.p
Article 15.
Droits d'association.
Les Etats Contractants accorderont aux réfugiés qui résident régulièrement sur leur territoire, en ce qui concerne les associations à but non politique et non lucratif et les syndicats professionnels, le traitement le plus favorable accordé aux ressortissants d'un pays étranger, dans les mêmes circonstances.p
Article 16.
Droit d'ester en justice.
1. Tout réfugié aura, sur le territoire des Etats Contractants, libre et facile accès devant les tribunaux.
2. Dans l'Etat Contractant où il a sa résidence habituelle, tout réfugié jouira du même traitement qu'un ressortissant en ce qui concerne l'accès aux tribunaux, y compris l'assistance judiciaire et l'exemption de la caution judicatum solvi.
3. Dans les Etats Contractants autres que celui où il a sa résidence habituelle, et en ce qui concerne les questions visées au paragraphe 2, tout réfugié jouira du même traitement qu'un national du pays dans lequel il a sa résidence habituelle.
CHAPITRE III - Emplois .
Article 17.
Professions salariées.
1. Les Etats Contractants accorderont à tout réfugié résidant régulièrement sur leur territoire le traitement le plus favorable accordé, dans les mêmes circonstances, aux ressortissants d'un pays étranger en ce qui concerne l'exercice d'une activité professionnelle salariée.
2. En tout cas, les mesures restrictives imposées aux étrangers ou à l'emploi d'étrangers pour la protection du marché national du travail ne seront pas applicables aux réfugiés qui en étaient déjà dispensés à la date de l'entrée en vigueur de cette Convention par l'Etat Contractant intéressé, ou qui remplissent l'une des conditions suivantes:
a) compter trois ans de résidence dans le pays;
b) avoir pour conjoint une personne possédant la nationalité du pays de résidence. Un réfugié ne pourrait invoquer le bénéfice de cette disposition au cas où il aurait abbandonné son conjoint;
c) avoir un ou plusieurs enfants possédant la nationalité du pays de résidence.
3. Les Etats Contractants envisageront avec bienveillance l'adoption de mesures tendant à assimiler les droits de tous les réfugiés en ce qui concerne l'exercice des professions salariées à ceux de leurs nationaux et ce, notamment pour les réfugiés qui sont entrés sur leur territoire en application d'un programme de recrutement de la main-d'±uvre ou d'un plan d'immigration.
Article 18.
Professions non salariées.
Les Etats Contractants accorderont aux réfugiés se trouvant régulièrement sur leur territoire le traitement aussi favorable que possible et en tout cas un traitement non moins favorable que celui accordé dans les mêmes circonstances aux étrangers en général, en ce qui concerne l'exercice d'une profession non salariée dans l'agriculture, l'industrie, l'artisanat et le commerce, ainsi que la création de sociétés commerciales et industrielles.
Article 19.
Professions libérales.
1. Tout Etats Contractants accordera aux réfugiés résidant régulièrement sur leur territoire, qui sont titulaires de diplômes reconnus par les autorités compétentes dudit Etat et qui sont désireux d'exercer une profession libérale, un traitement aussi favorable que possible et en tout cas un traitement non moins favorable que celui accordé, dans les mêmes circonstances, aux étrangers en général.
2. Les Etats Contractants feront tout ce qui est en leur pouvoir, conformément à leurs lois et constitutions, pour assurer l'installation de tels réfugiés dans les territoires, autres que le territoire métropolitain dont ils assument la responsabilité des relations internationales.
CHAPITRE IV - Bien-être.
Article 20.
Rationnement.
Dans le cas où il existe un système de rationnement auquel est soumise la population dans son ensemble et qui réglemente la répartition générale de produits dont il y a pénurie, les réfugiés seront traités comme les nationaux.
Article 21.
Logement.
En ce qui concerne le logement, les Etats Contractants accorderont, dans la mesure où cette question tombe sous le coup des lois et règlements ou est soumise au contrôle des autorités publiques, aux réfugiés résidant régulièrement sur leur territoire un traitement aussi favorable que possible; ce traitement ne saurait être, en tout cas, moins favorable que celui qui est accordé, dans les mêmes circonstances, aux étrangers en général.
Article 22.
Education publique.
1. Les Etats Contractants accorderont aux réfugiés le même traitement qu'aux nationaux en ce qui concerne l'enseignement primaire.
2. Les Etats Contractants accorderont aux refugiés un traitement aussi favorable que possible, et en tout cas non moins favorable que celui qui est accordé aux étrangers en général dans les mêmes circonstances quant aux catégories d'enseignement autre que l'enseignement primaire et notamment en ce qui concerne l'accès aux études, la reconnaissance de certificats d'études, de diplômes et de titres universitaires délivrés à l'étranger, la remise des droits et taxes et l'attribution de bourses d'études.
Article 23.
Assistance publique.
Les Etats Contractants accorderont aux réfugiés résidant régulièrement sur leur territoire le même traitement en matière d'assistance et de secours publics qu'à leurs nationaux.
Article 24.
Législation du travail et sécurité sociale.
1. Les Etats Contractants accorderont aux réfugiés résidant régulièrement sur leur territoire le même traitement qu'aux nationaux en ce qui concerne les matières suivantes:
a) dans la mesure où ces questions sont réglementées par la législation ou dépendent des autorités administratives: la rémunération, y compris les allocations familiales lorsque ces allocations font partie de la rémunération, la durée du travail, les heures supplémentaires, les congés payés, les restrictions au travail à domicile, l'âge d'admission à l'emploi, l'apprentissage et la formation professionnelle, le travail des femmes et des adolescents et la jouissance des avantages offerts par les conventions collectives; b) la sécurité sociale (les dispositions légales relatives aux accidents du travail, aux maladies professionnelles, à la maternité, à la maladie, à l'invalidité, à la vieillesse et au décès, au chômage, aux charges de famille, ainsi qu'à tout autre risque qui, conformément à la législation nationale, est couvert par un système de sécurité sociale), sous réserve:
I) des arrangements appropriés visant le maintien des droits acquis et des droits en cours d'acquisition;
II) des dispositions particulières prescrites par la législation nationale du pays des résidence et visant les prestations ou fractions de prestations payables exclusivement sur les fonds publics, ainsi que les allocations versées aux personnes qui ne réunissent pas les conditions de cotisation exigées pour l'attribution d'une pension normale.
2. Les droits à prestation ouverts par le décès d'un réfugié survenu du fait d'un accident du travail ou d'une maladie professionnelle ne seront pas affectés par le fait que l'ayant droit réside en dehors du territoire de l'Etat Contractant. 3. Les Etats Contractants étendront aux réfugiés le bénéfice des accords qu'ils ont conclus ou viendront à conclure entre eux, concernant le maintien des droits acquis ou en cours d'acquisition en matière de sécurité sociale, pour autant que les réfugiés réunissent les conditions prévues pour les nationaux des Pays signataires des accords en question.
4. Les Etats Contractants examineront avec bienveillance la possibilité d'étendre, dans toute la mesure du possible, aux réfugiés, le bénéfice d'accords similaires qui sont ou seront en vigueur entre ces Etats Contractants et des Etats non contractants.
CHAPITRE V - Mesures administratives.
Article 25.
Aide administrative.
1. Lorsque l'exercice d'un droit par un réfugié nécessiterait normalement le concours d'autorités étrangères auxquelles il ne peut recourir, les Etats Contractants sur le territoire desquels il réside veilleront à ce que ce concours lui soit fourni soit par leurs propres autorités, soit par une autorité internationale.
2. La ou les autorités visées au paragraphe 1 délivreront ou feront délivrer, sous leur contrôle, aux réfugiés, les documents ou certificats qui normalment seraient délivrés à un étranger par ses autorités nationales ou par leur intermédiaire. 3. Les documents ou certificats ainsi délivrés remplaceront les actes officiels délivrés à des étrangers par leurs autorités nationales ou par leur intermédiaire, et feront foi jusqu'à preuve du contraire.
4. Sous réserve des exceptions qui pourraient être admises en faveur des indigents, les services mentionnés dans le présent article pourront être rétribués; mais ces rétributions seront modérées et en rapport avec les perceptions opérées sur les nationaux à l'occasion de services analogues. 5. Les dispositions de cet article n'affectent en rien les articles 27 et 28.
Article 26.
Liberté de circulation.
Tout Etat Contractant accordera aux réfugiés se trouvant régulièrement sur son territoire le droit d'y choisir leur lieu de résidence et d'y circuler librement sous les réserves instituées par la réglementation applicable aux étrangers en général dans les mêmes circonstance.
Article 27.
Pièces d'identité.
Les Etats Contractans délivreront des pièces d'identité à tout refugié se trouvant sur leur territoire et qui ne possède pas un titre de voyage valable.
Article 28.
Titres de voyage.
1. Les Etats Contractans délivreront aux réfugiés résidant régulièrement sur leur territoire, des titres de voyage destinés à leur permettre de voyager hors de ce territoire à moins que des raisons impérieuses de sécurité nationale ou d'ordre public ne s'y opposent; les dispositions de l'Annexe à cette Convention s'appliqueront à ces documents. Les Etats Contractans pourront délivrer un tel titre de voyage à tout autre réfugié se trouvant sur leur territoire; ils accorderont une attention particulière aux cas de rèfugiés se trouvant sur leur territoire et qui ne sont pas en mesure d'obtenir un titre de voyage du pays de leur résidence régulière.
2. Les documents de voyage délivrés aux termes d'accords internationaux antérieurs par les Parties à ces accords seront reconnus par les Etats Contractants, et traités comme s'ils avaient été délivrés aux réfugiés en vertu du présent article.
Article 29.
Charges fiscales.
1. Les Etats Contractants n'assujettiront pas les réfugiés à des droits, taxes, impôts, sous quelque dénomination que ce soit, autres ou plus élévés que ceux qui sont ou qui seront perçus sur leurs nationaux dans des situations analogues.
2. Les dispositions du paragraphe précédent ne s'opposent pas à l'application aux réfugiés des dispositions des lois et règlements concernant les taxes afférentes à la délivrance aux étrangers de documents administratifs, pièces d'identité y comprises.
Article 30.
Transfert des avoirs.
1. Tout Etat Contractant permettra aux réfugiés, conformément aux lois et règlements de leur pays, de transférer les avoirs qu'ils ont fait entrer sur son territoire, dans le territoire d'un autre pays où ils ont été admis afin de s'y réinstaller. 2. Tout Etat Contractant accordera sa bienveillante attention aux demandes présentées par des réfugiés qui désirent obtenir l'autorisation de transférer tous autres avoirs nécessaires à leur réinstallation dans un autre pays où ils ont été admis afin de s'y réinstaller.
Article 31.
Réfugiés en situation irrégulière dans le pays d'accueil.
1. Les Etats Contractants n'appliqueront pas de sanctions pénales, du fait de leur entrée ou de leur séjour irréguliers, aux réfugiés qui, arrivant directement du territoire où leur vie ou leur liberté était menacée au sens prévu par l'article premier, entrent ou se trouvent sur leur territoire sans autorisation, sous la réserve qu'ils se présentent sans délai aux autorités et leur exposent des raisons reconnues valables de leur entrée ou présence irrégulières.
2. Les Etats Contractants n'appliqueront aux déplacements de ces réfugiés d'autres restrinctions que celles qui sont nécessaires; ces restrictions seront appliquées seulement en attendant que le statut de ces réfugiés dans le pays d'accueil ait été régularisé ou qu'ils aient réussi à se faire admettre dans un autre pays. En vue de cette dernière admission les Etats Contractants accorderont à ces réfugiés un délai raisonnable ainsi que toutes facilités nécessaires.
Article 32.
Expulsion.
1. Les Etats Contractants n'expulseront un réfugié se trouvant régulièrement sur leur territoire que pour des raisons de sécurité nationale ou d'ordre public.
2. L'expulsion de ce réfugié n'aura lieu qu'en exécution d'une décision rendue conformément à la procédure prévue par la loi. Le réfugié devra, sauf si des raisons impérieuses de sécurité nationale s'y opposent, être admis à fournir des preuves tendant à le disculper, à présenter un recours et à se faire représenter à cet effet devant une autorité compétente ou devant une ou plusieurs personnes spécialement désignées par l'autorité compétente.
3. Les Etats Contractants accorderont à un tel réfugié un délai raisonnable pour lui permettre de chercher à se faire admettre régulièrement dans un autre pays. Les Etats Contractants peuvent appliquer, pendant ce délai, telle mesure d'ordre interne qu'ils jugeront opportune.
Article 33.
Défense d'expulsion et de refoulement.
1. Aucun des Etats Contractants n'expulsera ou ne refoulera, de quelque manière que ce soit, un réfugié sur les frontières des territoires où sa vie ou sa liberté serait menacée en raison de sa race, de sa religion, de sa nationalité, de son appartenance à un certain groupe social ou de ces opinions politiques.
2. Le bénéfice de la présente disposition ne pourra toutefois être invoqué par un réfugié qu'il y aura des raisons sérieuses de considérer comme un danger pour la sécurité du pays où il se trouve ou qui, ayant été l'objet d'une condamnation définitive pour un crime ou délit particulièrement grave, constitue une menace pour la communauté dudit pays (4).
Article 34.
Naturalisation.
Les Etats Contractants faciliteront, dans toute la mesure du possible, l'assimilation et la naturalisation des réfugiés. Ils s'efforceront notamment d'accélérer la procédure de naturalisation et de réduire, dans toute la mesure du possible, les taxes et les frais de cette procédure.
CHAPITRE VI - Dispositions executoires et transitoires.
Article 35.
Coopération des autorités nationales avec les Nations Unies.
1. Les Etats Contractants s'engagent à coopérer avec le Haut Commissariat des Nations Unies pour les réfugiés, ou toute autre institution des Nations Unies qui lui succéderait, dans l'exercice de ses fonctions et en particulier à faciliter sa tâche de surveillance de l'application des dispositions de cette Convention.
2. Afin de permettre au Haut Commissariat ou à toute autre institution des Nations Unies qui lui succéderait de présenter des rapports aux organes compétents des Nations Unies, les Etats Contractants s'engagent à leurs fournir dans la forme appropriée les informations et les données statistiques demandées relatives:
a) au statut des réfugiés,
b) à la mise en oeuvre de cette Convention, et,
c) aux lois, règlements et décrets, qui sont ou entreront en vigueur en ce qui concerne les réfugiés (5).
Article 36.
Renseignements portant sur les lois et règlements nationaux.
Les Etats Contractants communiqueront au Secrétaire général des Nations Unies le texte des lois et des règlements qu'ils pourront promulguer pour assurer l'application de cette Convention.
Article 37.
Relations avec les conventions antérieures.
Sans préjudice des dispositions du paragraphe 2 de l'article 28, cette Convention remplace, entre les Parties à la Convention, les Accords des 5 juillet 1922, 31 mai 1924, 12 mai 1926, 30 juin 1928 et 30 juillet 1935 ainsi que les Conventions des 28 octobre 1933 (6), 10 février 1938, le Protocole du 14 septembre 1939 et l'Accord du 15 octobre 1946 (7).
CHAPITRE VII - Clauses finales.
Article 38.
Réglement des différends.
Tout différend entre les Parties à cette Convention relatif à son interprétation ou à son application, qui n'aura pu être réglé par d'autres moyens, sera soumis à la Cour internationale de justice à la demande de l'une des Parties au différend.
Article 39.
Signature, ratification et adhésion.
1. Cette Convention sera ouverte à la signature à Genève le 28 juillet 1952 et, après cette date, déposée auprès du Secrétaire général des Nations Unies. Elle sera ouverte à la signature à l'Office européen des Nations Unies du 28 juillet au 31 août 1951, puis ouverte à nouveau à la signature au Siège de l'Organisation des Nations Unies du 17 septembre 1951 au 31 décembre 1952.
2. Cette Convention sera ouverte à la signature de tous les Etats Membres de l'Organisation des Nations Unies ainsi que de tout autre Etat non membre invité à la Conférence de plénipotentiaires sur le statut des réfugiés et des apatrides ou de tout Etat auquel l'Assemblée générale aura adressé une invitation à signer. Elle devra être ratifiée et les instruments de ratification seront déposés auprés du Secrétaire général des Nations Unies.
3. Les Etats visés au paragraphe 2 du présent article pourront adhèrer à cette Convention à dater du 28 juillet 1951. L'adhésion se fera par le dépôt d'un instrument d'adhésion auprès du Secrétaire général des Nations Unies.p
Article 40.
Clause d'application territoriale.
1. Tout Etat pourra, au moment de la signature, ratification ou adhésion, déclarer que cette Convention s'étendra à l'ensemble des territoires qu'il représente sur le plan international, ou à l'un ou plusieurs d'entre eux. Une telle déclaration produira ses effets au moment de l'entrée en vigueur de la Convention pour ledit Etat.
2. A tout moment ultérieur cette extension se fera par notification adressée au Secrétaire général des Nations Unies et produira ses effets à partir du quatre-vingt-dixième jour qui suivra la date à laquelle le Secrétaire général des Nations Unies aura reçu la notification ou à la date d'entrée en vigueur de la Convention pour ledit Etat si cette dernière date est postérieure.
3. En ce qui concerne les territoires auxquels cette Convention ne s'appliquerait pas à la date de la signature, ratification ou adhésion, chaque Etat intéressé examinera la possibilité de prendre aussitôt que possible toutes mesures nécessaires afin d'aboutir à l'application de cette Convention auxdits territoires sous réserve, le cas échéant, de l'assentiment des gouvernements de ces territoires qui serait requis pour des raisons constitutionnelles.
Article 41.
Clauses fédérale.
Dans le cas d'un Etat fédératif ou non unitaire, les dispositions ci-après s'appliqueront:
a) en ce qui concerne les articles de cette Convention dont la mise en ±uvre relève de l'action législative du pouvoir législatif fédéral, les obligations du Gouvernement fédéral seront, dans cette mesure, les mêmes que celles des Parties qui ne sont pas des Etats fédératifs;
b) en ce qui concerne les articles de cette Convention dont l'application relève de l'action législative de chacun des états, provinces ou cantons constituants, qui ne sont pas, en vertu du système constitutionnel de la fédération, tenus de prendre des mesures législatives, le Gouvernement fédéral portera le plus tôt possible, et avec son avis favorable, lesdits articles à la connaissance des autorités compétentes des états, provinces ou cantons;
c) un Etat fédératif Partie à cette Convention communiquera, à la demande de tout autre Etat Contractant qui lui aura été transmise par le Secrétaire général des Nations Unies, un exposé de la législation et des pratiques en vigueur dans la Fédération et ses unités constituantes en ce qui concerne telle ou telle disposition de la Convention, indiquant la mesure dans laquelle effet a été donné, par une action législative ou autre, à ladite disposition.
Article 42.
Réserves.
1. Au moment de la signature, de la ratification ou de l'adhésion tout Etat pourra formuler des réserves aux articles de la Convention autres que les articles 1, 3, 4, 16 (1), 33, 36 à 46 inclus.
2. Tout Etat Contractant ayant formulé une réserve conformément au paragraphe 1 de cet article pourra à tout moment la retirer par une communication à cet effet adressée au Secrétaire général des Nations Unies.
Article 43.
Entrée en vigueur.
1. Cette Convention entrera en vigueur le quatre-vingt-dixième jour qui suivra la date du dépôt du sixième instrument de ratification ou d'adhésion.
2. Pour chacun des Etats qui ratifieront la Convention ou y adhéreront après le dépôt du sixième instrument de ratification ou d'adhésion, elle entrera en vigueur le quatre-vingt-dixième jour qui suivra la date du dépòt par cet Etat de son instrument de ratification ou d'adhésion.p
Article 44.
Dénonciation.
1. Tout Etat Contractant pourra dénoncer la Convention à tout moment par notification adressée au Secrétaire général des Nations Unies.
2. La dénonciation prendra effet pour l'Etat intéressé un an aprés la date à laquelle elle aura été reçue par le Secrétaire général des Nations Unies.
3. Tout Etat qui a fait une déclaration ou une notification conformément à l'article 40 pourra notifier ultérieurement au Secrétaire général des Nations Unies que la Convention cessera de s'appliquer à tout territoire désigné dans la notification. La Convention cessera alors de s'appliquer au territoire en question un an après la date à laquelle le Secrétaire général aura reçu cette notification.
Article 45.
Revision.
1. Tout Etat Contractant pourra en tout temps, par voie de notification adressée au Secrétaire géneral des Nations Unies, demander la revision de cette Convention.
2. L'Assemblée générale des Nations Unies recommandera les mesures à prendre, le cas échéant, au sujet de cette demande.p
Article 46.
Notifications par le Secrétaire général des Nations Unies.
Le Secrétaire général des Nations Unies notifiera à tous les Etats Membres des Nations Unies et aux Etats non membres visés à l'article 39:
a) les déclarations et les notifications visées à la section B de l'article premier;
b) les signatures, ratifications et adhésions visées à l'article 39;
c) les déclarations et les notifications visées à l'article 40;
d) les réserves formulées ou retirées visées à l'article 42;
e) la date à laquelle cette Convention entrera en vigueur, en application de l'article 43;
f) les dénonciations et les notifications visées à l'article 44;
g) les demandes de revision visées à l'article 45.
En foi de quoi, les soussignés, dûment autorisés, ont signé, au nom de leurs Gouvernements respectif, la présente Convention,
Fait à Genève, le 28 juillet mil neuf cent cinquante et un, en un seul exemplaire dont les textes anglais et français font également foi et qui sera déposé dans les archives de l'Organisation des Nations Unies et dont les copies certifiés conformes seront remises à tous les Etats Membres des Nations Unies et aux Etats non membres visés à l'article 39.
Pour l'Afghanistan:
Pour l'Albanie:
Pour l'Argentine:
Pour l'Australie:
Pour l'Autriche:
DR. KAR. FRITZER
Sous les réserves qui suivent: a) les stipulations figurant aux articles 6, 7 (2), 8, 17 (1 et 2), 23 et 25 ne sont reconnues que comme des recommandations et non comme des obligations qui s'imposent juridiquement; b) les stipulations figurant à l'article 22 (1 et 2) ne sont acceptées que dans la mesure où elles s'appliquent à l'education publique; c) les stipulations figurant à l'article 31 (1) ne sont acceptées qu'en ce qui concerne les réfugiés qui n'ont pas fait l'objet dans le passé d'une décision émanant d'une autorité juridictionnelle ou administrative compétente autrichienne d'interdiction de séjour (Aufenthaltverbot) ou d'expulsion (Ausweisung ou Abschaffung); d) les stipulations figurant à l'article 32 ne sont acceptées qu'en ce qui concerne les réfugiés qui ne feraient pas l'objet d'une expulsion pour des raisons de sécurité nationale ou d'ordre public, comme conséquence d'une mesure trouvant son fondement dans le droit pénal, ou pour un autre motif d'intérêt public.
Il est déclaré en outre qu'au point de vue des obligations assumées par la République d'Autriche en vertu de la Convention l'expression «événements survenus avant le premier janvier 1951» figurant à l'article 1, section A, sera comprise comme se référant aux événements survenus avant le premier janvier 1951 en Europe ou ailleurs. Pour la Belgique:
HERMENT
Sous la réserve suivante: Dans tous les cas où la Convention confère aux réfugiés le traitement le plus favorables accordé aux ressortissants d'un pays étranger, cette clause ne sera pas interprétée par le Gouvernement belge comme devant comporter le régime accordé aux nationaux des pays avec lesquels la Belgique a conclu des accords régionaux, douaniers, économiques ou politiques.
Pour la Bolivie:
Pour le Bréil:
Pour la Bulgarie:
Pour la Birmanie:
Pour la République socialiste soviétique de Biélorussie:
Pour la Cambodge:
Pour le Canada:
Pour le Ceylan:
Pour le Chili:
Pour la Chine:
Pour la Colombie:
G.GIRALDO-JARAMILLO
En signant cette Convention, le Gouvernement de la Colombie déclare qu'au point de vue des obligations assumées par lui en vertu de la Convention, l'expression «événements survenus avant le premier janvier 1951» figurant à l'article 1, section A, sera comprise comme se référant aux événements survenus avant le premier janvier 1951 en Europe.
Pour la Costa-Rica:
Pour le Cuba:
Pour la Tchécoslovaquie:
Pour le Danemark:
KNUD LARSEN
In signing this Convention, the Government of Denmark declares that for the purpose of its obligations thereunder the words «events occuring before 1 January 1951» in article 1, section A shall be understood as referring to events occurring in Europe or elsewhere before 1 January 1951.
Pour la République Dominicaine:
Pour l'Equateur:
Pour l'Egypte:
Pour le Salvador:
Pour l'Ethiopie:
Pour la République Fédérale d'Allemagne:
Pour la Finlande:
Pour la France:
Pour la Grèce:
Pour le Guatemala:
Pour le Haíti:
Pour le Royaume Hachémite de Jordanie:
Pour le Saint-Siège:
Pour le Honduras:
Pour la Hongrie:
Pour l'Islande:
Pour l'Inde:
Pour l'Indonésie:
Pour l'Iran:
Pour l'Irak:
Pour l'Irlande:
Pour Israël:
JACOB ROBINSON
1 August 1951
Pour l'Italie:
Pour le Japon:
Pour le Laos:
Pour le Liban:
Pour la Libéria:
Pour le Liechtenstein:
PH. ZUTTER
O.SCHURCH
Pour le Luxembourg:
J. STURN
Sous la réserve suivante:
Dans tous les cas où la Convention confère aux réfugiés le traitement le plus favorable accordé aux ressortissants d'un pays étranger, cette clause ne sera pas interprétée comme devant comporter le régime accordé aux nationaux des pays avec lesquels le Grand-Duché du Luxembourg a conclu des accords régionaux, douaniers, économiques ou politiques.
Pour le Mexique:
Pour le Monaco:
Pour le Népal:
Pour les Pays-Bas:
E.O.BOETZELAER
En signant cette Convention, le Gouvernement des Pays-Bas déclare qu'au point de vue des obligations assumées par lui en vertu de la Convention, l'expression «événements survenus avant le premier janvier 1951» figurant à l'article 1, section A, sera comprise comme se référant aux événements survenus avant le premier janvier 1951 en Europe ou ailleurs.
Cette signature est faite sous la réserve que dans tous les cas où cette Convention confère aux réfugiés le traitement le plus favorable accordé aux ressortissants d'un pays étranger, cette clause ne sera pas interprétée comme comportant le régime accordé aux nationaux de pays avec lesquels les Pays-Bas ont conclu des accords régionaux, douaniers, économiques ou politiques.
Pour la Nouvelle-Zélande:
Pour le Nicaragua:
Pour la Norvège:
PETER ANKER (Sous réserve de ratification)
Pour le Pakistan:
Pour le Panama:
Pour le Paraguay:
Pour le Pérou:
Pour les Philippines:
Pour la Pologne:
Pour le Portugal:
Pour la République de Corée:
Pour la Roumanie:
Pour l'Arabie Séoudite:
Pour la Suède:
STUPRE PETREN
Pour la Suisse:
PH. ZUTTER
O. SCHURCH
Pour la Syrie:
Pour la Thaílande:
Pour la Turquie:
TALAT MIRAS
24 août 1951
En signant cette Convention, le Gouvernement de la République Turque déclare qu'au point de vue des obligations assumées par lui en vertu de la Convention, l'expression «événements survenus avant le premier janvier 1951» figurant à l'article 1, section A, sera comprise comme se référant aux événements survenus avant le premier janvier en Europe. Il n'entend donc assumer aucune obligation en relation avec les événements survenus en dehors de l'Europe.
Le Gouvernement Turc considère, d'autre part, que l'expression «événements survenus avant le premier janvier 1951» se rapporte au commencement des événements. Par conséquent, comme la pression exercée sur la minorité turque de Bulgarie, qui commença avant le premier janvier 1951, continue toujours, les réfugiés de Bulgarie d'origine turque, obligés de quitter ce pays par suite de cette pression, qui, ne pouvant passer en Turquie, se réfugieraient sur le territoire d'une autre partie contractante après le premier janvier 1951, doivent également bénéficier des dispositions de cette Convention.
Le Gouvernement Turc formulera, au moment de la ratification, des réserves qu'il pourrait faire conformément à l'article 42 de la Convention.
Pour la République socialiste soviétique d'Ukraine:
Pour l'Union Sud-Africaine:
Pour l'Union des Républiques Socialistes Soviétiques:
Pour le Royaume-Uni de Grande-Bretagne et d'Irlande du Nord:
S. HOARE
J.B. HOWARD
In signing this Convention, the Governement of the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland declares that for the purpose of its obligations thereunder the words «events occurring before 1 January 1951» in article 1, section A, shall be understood as referring to events occurring in Europe or elsewhere before 1 January 1951.
Pour les Etats-Unis d'Amérique:
Pour l'Uruguay:
Pour le Vénézuela:
Pour le Viet Nam:
Pour le Yémen:
Pour la Yougoslavie:
S. MAKIEDO
Le Gouvernement de la RPF de Yougoslavie se réserve le droit de formuler en ratifiant la Convention telles réserves qu'il jugera appropriées, conformément à l'article 42 de la Convention.
ANNEXE
Paragraphe 1.
1. Le titre de voyage visé par l'article 28 de cette Convention sera conforme au modèle joint en annexe.
2. Ce titre sera rédigé en deux langues au moins: l'une des deux sera la langue anglaise ou la langue française.
Paragraphe 2.
Sous réserve des règlements du pays de délivrance, les enfants pourront être mentionnés dans le titre d'un parent, ou, dans des circonstances exceptionnelles, d'un autre réfugié adulte.
Paragraphe 3.
Les droits à percevoir pour la délivrance du titre ne dépasseront pas le tarif le plus bas appliqué aux passeports nationaux.
Paragraphe 4.
Sous réserve de cas spéciaux ou exceptionnels, le titre sera délivré pour le plus grand nombre possible de pays.
Paragraphe 5.
La durée de validité du titre sera d'une année ou de deux années, au choix de l'autorité qui le délivre.
Paragraphe 6.
1. Le renouvellement ou la prolongation de validité du titre est du ressort de l'autorité qui l'a délivré, aussi longtemps que le titulaire ne s'est pas établi régulièrement sur le territoire de ladite autorlté. L'établissement d'un nouveau titre est, dans les mêmes conditions, du ressort de l'autorité qui a délivré l'ancien titre.
2. Les représentants diplomatiques ou consulaires, spécialement habilités à cet effet, auront qualité
pour prolonger, pour une période qui ne dépassera pas six mois, la validité des titres de voyage délivrés par leurs gouvernements respectifs.
3. Les Etats Contractants examineront avec bienveillance la possibilité de renouveler ou de prolonger la validité des titres de voyage ou d'en délivrer de nouveaux à des réfugiés qui ne sont plus des résidents réguliers dans leur territoire dans les cas où ces réfugiés ne sont pas en mesure d'obtenir un titre de voyage du pays de leur résidence régulière.
Paragraphe 7.
Les Etats Contractants reconnaîtront la validité des titres délivrés conformément aux dispositions de l'article 28 de cette Convention.
Paragraphe 8.
Lcs autorités compétentes du pays dans lequel le réfugié désire se rendre apposeront, si elles sont disposées à l'admettre, un visa sur le titre dont il est détenteur, si un tel visa est nécessaire.
Paragraphe 9.
1. Les Etats Contractants s'engagent à délivrer des visas de transit aux réfugiés ayant obtenu le visa d'un territoire de destination finale.
2. La délivrance de ce visa pourra être refusée pour les motifs pouvant justifier le refus de visa à tout étranger.
Paragraphe 10.
Les droits afférents à la délivrance de visas de sortie, d'admission ou de transit ne dépasseront pas le tarif le plus bas appliqué aux visas de passeports étrangers.
Paragraphe 11.
Dans le cas d'un réfugié changeant de résidence et s'établissant régulièrement dans le territoire d'un autre Etat Contractant, la responsabilité de délivrer un nouveau titre incombera désormais, aux termes et aux conditions de l'article 28, à l'autorité compétente dudit territoire, à laquelle le réfugié aura le droit de présenter sa demande.
Paragraphe 12.
L'autorité qui délivre un nouveau titre est tenue de retirer l'ancien titre et d'en faire retour au pays qui l'a délivré si l'ancien document spécifie qu'il doit être retourné au pays qui l'a délivré; en cas contraire, l'autorité qui délivre le titre nouveau retirera et annulera l'ancien.
Paragraphe 13.
1. Chacun des Etats Contractants s'engage à permettre au titulaire d'un titre de voyage qui lui aura été delivré par ledit Etat en application de l'article 28 de cette Convention, de revenir sur son territoire à n'importe quel moment pendant la période de validité de ce titre.
2. Sous réserve des dispositions de l'alinéa précédent, un Etat Contractant peut exiger que le titulaire de ce titre se soumette à toutes les formalités qui peuvent être imposées à ceux qui sortent du pays ou à ceux qui y rentrent.
3. Les Etats Contractants se réservent la faculté, dans les cas exceptionnels, ou dans les cas où le permis de séjour du réfugié est valable pour une période déterminée, de limiter, au moment de la délivrance dudit titre, la période pendant laquelle le réfugié pourra rentrer, cette période ne pouvant être inférieure à trois mois.
Paragraphe 14.
Sous la seule réserve des stipulations du paragraphe 13, les dispositions de la présente annexe n'affectent en rien les lois et règlements régissant, dans les territoires des Etats Contractants, les conditions d'admission, de transit, de séjour, d'établissement et de sortie.
Paragraphe 15.
La délivrance du titre pas plus que les mentions y apposées, ne déterminent ni n'affectent Ie statut du détenteur, notamment en ce qui concerne la nationalité.
Paragraphe 16.
La délivrance du titre ne donne au détenteur aucun droit à la protection des représentants diplomatiques et consulaires du pays de délivrance, et ne confère pas à ces représentants un droit de protection.
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 agosto 1954, n. 196.
(2) La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo è riportata nella nota 2 posta alla L. 4 agosto 1965, n. 848, riportata alla voce DIRITTI DELL'UOMO E DELLE GENTI.
(3) Convenzione approvata con L. 4 gennaio 1937, n. 205, vedi anche il seguente art. 37 della presente Convenzione nel quale sono stabiliti i rapporti che essa ha con le precedenti convenzioni.
(4) Vedi anche la parte IV dell'Atto finale della conferenza delle Nazioni Unite, premesso alla Convenzione relativa allo statuto degli apolidi, adottata a New York il 28 settembre 1954 e ratificata in Italia con L. 1° febbraio 1962, n. 306, riportata al n. Y/V di questa voce.
(5) Fra il Governo italiano e l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati è stato, in data 2 aprile 1952, a Roma, stipulato un Accordo, approvato e reso esecutivo in Italia con L. 15 novembre 1954, n. 1271, riportata al n. Y/II di questa voce.
(6) Tale Convenzione, stipulata a Ginevra il 28 ottobre 1933, era stata approvata dall'Italia con L. 4 gennaio 1937, n. 205.
(7) Tale Accordo, relativo al rilascio di un documento di viaggio ai rifugiati, concluso a Londra il 15 ottobre 1946, era stato approvato dall'Italia con D.Lgs 18 marzo 1948, n. 604.
Legge 14
febbraio 1970, n. 95.
Adesione al protocollo relativo allo statuto dei rifugiati, adottato a New York
il 31 gennaio 1967 e sua esecuzione
(1)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 28 marzo 1970, n. 79.
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato ad aderire al protocollo relativo alla condizione giuridica dei rifugiati, adottato e New York il 31 gennaio 1967.
2. Piena ed intera esecuzione è data al Protocollo indicato nell'articolo precedente a decorrere dalla sua entrata in vigore, in conformità all'articolo VIII del protocollo stesso.
Protocollo relativo allo statuto dei rifugiati
(New York, 31 gennaio 1967)
Protocole relatif au statut des réfugiés
Les Etats parties au présent Protocole,
Considérant que la Convention relative au status des réfugiés signée à Genève le 28 juillet 1951 (ci-après dénommée la Convention) ne s'applique qu'aux personnes qui sont devenues réfugiées par suite d'événements survenus avant le 1 janvier 1951,
Considérant que de nouvelles catégories de réfugiés sont apparues depuis que la Convention a été adoptée et que, de ce fait, lesdits réfugiés, peuvent ne pas être admis au bénéfice de la Convention,
Considérant qu'il est souhaitable que le même statut s'applique à tous les réfugiés couverts par la définition données dans la Convention sans qu'il soit tenu compte de la date limite du 1 janvier 1951,
Sont convenus de ce qui suit:
Article 1
Disposition générale
1. Les Etats parties au présent Protocole s'engagent à appliquer aux réfugiés, tels qu'ils sont définis ci-après, les articles 2 à 34 inclus de la Convention.
2. Aux fins du présent Protocole, le terme «réfugié», sauf en ce qui concerne l'application du paragraphe 3 du présent article, s'entend de toute personne répondant à la définition donnée à l'article premier de la Convention comme si les mots «par suite d'événements survenus avant le 1 janvier 1951 et ...» et les mots «...à la suite de tels événements» ne figuraient pas au paragraphe 2 de la section A de l'article premier.
3. Le présent Protocole sera appliqué par les Etats qui y sont parties sans aucune limitation géographique; toutefois, les déclarations déjà faites, en vertu de l'alinéa a du paragraphe 1 de la section B de l'article premier de la Convention par des Etats déjà parties à celle-ci, s'appliqueront aussi sous le régime du présent Protocole, à moins que les obligations de l'Etat déclarant n'aient été étendues conformément au paragraphe 2 de la section B de l'article premier de la Convention.
Article II
Coopération des autorités nationales avec les Nations Unies
1. Les Etats parties au présent Protocole s'engagent à coopérer avec le Haut Commissariat des Nations Unies pour les réfugiés ou toute autre institution des Nations Unies qui lui succéderait, dans l'exercice de ses fonctions et, en particulier, à faciliter sa tâche de surveillance de l'application des dispositions du présent Protocole.
2. Afin de permettre au Haut Commissariat ou à toute autre institution des Nations Unies qui lui succéderait de présenter des rapports aux organes compétents des Nations Unies, les Etats parties au présent Protocole s'engagent à leur fournir, dans la forme appropriée, les informations et les données statistiques demandées relatives:
a) Au statut des réfugiés;
b) A la mise en oeuvre du présent Protocole;
c) Aux lois, règlements et décrets qui sont ou entreront en vigueur en ce qui concerne les réfugiés.
Article III
Renseignements portant sur les lois et règlements nationaux
Les Etats parties au présent Protocole communiqueront au Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies le texte des lois et des règlements qu'ils pourront promulguer pour assurer l'application du présent Protocole.
Article IV
Règlements des différends
Tout différend entre les parties au présent Protocole relatif à son interprétation et à son application, qui n'aurait pu être réglé par d'autres moyens, sera soumis à la Cour internationale de Justice à la demande de l'une des parties au différend.
Article V
Adhésion
Le présent Protocole sera ouvert à l'adhésion de tous les Etats parties à la Convention et de tout autre Etat membre de l'Organisation des Nations Unies ou membre de l'une des institutions spécialisées ou de tout Etat auquel l'Assemblée générale aura adressé une invitation à adhérer au Protocole. L'adhésion se fera par le dépôt d'un instrument d'adhésion auprès du Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies.
Article VI
Clause fédérale
Dans le cas d'un Etat fédératif ou non unitaire, les dispositions ci-après s'appliqueront:
a) En ce qui concerne les articles de la Convention à appliquer conformément au paragraphe 1 de l'article premier du présent Protocole et dont la mise en oeuvre relève de l'action législative du pouvoir législatif fédéral, les obligations du gouvernement fédéral seront, dans cette mesure, le mêmes que celles des Etats parties qui ne sont pas des Etats fédératifs;
b) En ce qui concerne les articles de la Convention à appliquer conformément au paragraphe 1 de l'article premier du présent Protocole et dont l'application relève de l'action législative de chacun des Etats, provinces ou cantons constituants, qui ne sont pas, en vertu du système constitutionnel de la fédération, tenus de prendre des mesures législatives, le gouvernement fédéral portera le plus tôt possible, et avec son avis favorable, lesdits articles à la connaissance des autorités compétentes des Etats, provinces ou cantons;
c) Un Etat fédératif partie au présent Protocole communiquera, à la demande de tout autre Etat partie au présent Protocole qui lui aura été transmise par le Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies, un exposé de la législation et des pratiques en vigueur dans la fédération et ses unités constituantes en ce qui concerne telle ou telle disposition de la Convention à appliquer conformément au paragraphe 1 de l'article premier du présent Protocole, indiquant la mesure dans laquelle effet a été donné, par son action législative ou autre, à ladite disposition.
Article VII
Réserves et déclarations
1. Au moment de son adhésion, tout Etat pourra formuler des réserves sur l'article IV du présent Protocole, et au sujet de l'application, en vertu de l'article premier du présent Protocole, de toutes dispositions de la Convention autres que celles des articles premier, 3, 4, 16 (1) et 33, à condition que, dans le cas d'un Etat partie à la Convention, les réserves faites en vertu du présent article ne s'étendent pas aux réfugiés auxquels s'applique la Convention.
2. Les réserves faites par des Etats parties à la Convention conformément à l'article 42 de ladite Convention s'appliqueront, à moins qu'elles ne soient retirées, à leurs obligations découlant du présent Protocole.
3. Tout Etat formulant une réserve en vertu du paragraphe 1 du présent article peut la retirer à tout moment par une communication adressée à cet effet au Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies.
4. Les déclarations faites en vertu des paragraphes 1 et 2 de l'article 40 de la Convention, par un Etat partie à celle-ci, qui adhère au présent Protocole, seront censées s'appliquer sous le régime du présent Protocole, à moins que, au moment de l'adhésion, un avis contraire n'ait été notifié par la partie intéressée au Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies. Les dispositions des paragraphes 2 et 3 de l'article 40 et du paragraphe 3 de l'article 44 de la Convention seront censées s'appliquer, mutatis mutandis, au présent Protocole.
(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 28 marzo 1970, n. 79.
Article VIII
Entrée en vigueur
1. Le présent Protocole entrera en vigueur à la date du dépôt du sixième instrument d'adhésion.
2. Pour chacun des Etats adhérant au Protocole après le dépôt du sixième instrument d'adhésion, le Protocole entrera en vigueur à la date oú cet Etat aura déposé son instrument d'adhésion.
Article IX
Dénonciation
1. Tout Etat partie au présent protocole pourra le dénoncer à tout moment par notification adressée au Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies.
2. La dénonciation prendra effet, pour l'Etat intéressé, un an après la date à laquelle elle aura été reçcue par le Secrétaire général de l'organisation des Nations Unies.
Article X
Notifications par le Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies
Le Secrétaire de l'Organisation des Nations Unies notifiera à tous les Etats visés à l'article V, en ce qui concerne le présent Protocole, les dates d'entrée en vigueur, d'adhésion, de dépôt et de retrait de réserves, de dénonciation et de déclarations et notifications s'y rapportant.
Article XI
Dépôt du Protocole aux archives du Secrétariat de l'Organisation des Nations Unies
Un exemplaire du présent Protocole, dont les textes anglais, chinois, espagnol, françcais et russe font également foi, signé par le Président de l'Assemblée générale et par le Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies, sera déposé aux archives du Secrétariat de l'Organisation. Le Secrétaire général en trasmettra copie certifiée conforme à tous les Etats membres de l'Organisation des Nations Unies et aux autres Etats visés à l'article V.
Conformément à l'article XI du Protocole, nous avons apposé notre signature le trente et un janvier mil neuf cent soixante-sept.
A. A. Pazhwak
Président de l'Assemblée générale de l'Organisation des Nations Unies
U. Thant
Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies
[1] Si veda, infra, il paragrafo Conformità con la norma di delega.
[2] L. 25 gennaio 2006, n. 29, Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2005.
[3] L. 6 febbraio 2007, n. 13, Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2006.
[4] Con parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo.
[5] Il programma dell’Aja per il rafforzamento dello spazio di libertà, giustizia e sicurezza per il periodo 2005-2010 è stato adottato dal Consiglio europeo del 4-5 novembre 2004.
[6] Il sistema di Dublino comprende quattro strumenti legislativi (i regolamenti (CE) n. 343/2003, (CE) n.1560/2003, (CE) n. 2725/2000, (CE) n. 407/2002 ) volti a determinare quale Stato sia competente ad esaminare una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle comunità europee, Norvegia e Islanda da parte di un cittadino proveniente da paesi terzi. Tale sistema è stato elaborato per dare attuazione alla Convenzione di Dublino (GU C 254 del 19 agosto 1997), sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle comunità europee.
[7] Si veda il Dossier Fonti e documenti n. 40 del 18 luglio 2007, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.
[8] La comunicazione della Commissione (COM(2005)123-1), istitutiva del programma quadro Solidarietà e gestione dei flussi migratori, è stata favorevolmente accolta dal Parlamento europeo con una risoluzione il 24 ottobre 2006.
[9] L’attuale Fondo europeo per i rifugiati per il periodo 2005-2010 (COM(2004)102), rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2007.
[10] Corte di Cassazione, Sez. unite civili, sentenza 26 maggio 1997, n. 4674.
[11] La Convenzione di Ginevra è stata ratificata dall’Italia con la legge 24 luglio 1954, n. 722, Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951. Anche le modifiche apportate alla Convenzione dal Protocollo di New York sono state recepite nel nostro ordinamento con la legge 14 febbraio 1970, n. 95.
[12] La Convenzione è stata ratificata con la L. 23 dicembre 1992, n. 523, Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, con processo verbale, fatta a Dublino il 15 giugno 1990.
[13] D.L. 30 dicembre 1989, n. 416 (conv. con mod. in L. 28 febbraio 1990, n. 39), Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato. Si tratta della prima legge organica in materia di immigrazione e di asilo, successivamente abrogata dalla L. 40/1998 (ora confluita nel testo unico in materia di immigrazione), ad eccezione dell’art. 1, tuttora vigente, recante la disciplina dell’esercizio del diritto di asilo. Fino al 1998, dunque, sia la disciplina dell’immigrazione, sia quella relativa al diritto di asilo erano contenute in un unico provvedimento normativo; a partire da quella data la normativa in materia di immigrazione si è consolidata nel testo unico, mentre il diritto di asilo ha continuato a trovare il suo fondamento normativo in un provvedimento di carattere emergenziale come il D.L. 416/1989.
[14] L. 30 luglio 2002, n. 189, Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.
[15] D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero.
[16] L. 24 luglio 1954, n. 722, Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951.
[17] Legge 23 dicembre 1992, n. 523, Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, con processo verbale, fatta a Dublino il 15 giugno 1990.
[18] D.P.R. 15 maggio 1990, n. 136, Regolamento per l’attuazione dell’art. 1, comma 2, del D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, in materia di riconoscimento dello status di rifugiato.
[19] Relazione illustrativa del d.d.l. A.S. 795.
[20] D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303, Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato.
[21] Si tratta dei delitti per i quali il codice prevede l’arresto obbligatorio in flagranza: i delitti per i quali è stabilita la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni, delitti contro la personalità dello Stato, rapina, estorsione, illegale fabbricazione, vendita e detenzione di armi, delitti per finalità di terrorismo o di eversione ecc.
[22] D.P.R. 13 maggio 2005, Approvazione del documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, per il triennio 2004-2006.
[23] DPR 16 settembre 2004, n. 303, Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato.
[24] Si veda l’audizione del prefetto Anna Maria D’Acenzo, capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno presso il Comitato Schenghen (seduta del 15 novembre 2005).
[25] Il 28 settembre 2000, il Consiglio dell’Unione Europea ha istituito il Fondo Europeo per i Rifugiati (Decisione del Consiglio Europeo n. 2000/596/CE, cd. “Decisione FER”), per sostenere le azioni degli Stati membri dell’Unione in merito alle condizioni di accoglienza, integrazione e rimpatrio volontario di richiedenti asilo, rifugiati e profughi. La Decisione introduce un nuovo sistema di gestione degli interventi, che affida a ciascuno Stato membro il compito di individuare, sulla base della situazione esistente nei singoli Paesi, le carenze nel campo dell’accoglienza, dell’integrazione e del rimpatrio volontario e le azioni da intraprendere per far fronte alle specifiche esigenze riscontrate a livello nazionale, attraverso la predisposizione di un apposito programma di attuazione FER. Le risorse finanziarie del FER vengono ripartite fra gli Stati membri, ai quali viene affidata la responsabilità dell’attuazione delle azioni che beneficiano del sostegno comunitario e quindi la selezione, la sorveglianza, il controllo e la valutazione dei singoli progetti. In Italia, l’Autorità Responsabile è il Ministero dell’Interno.
[26] Corte dei conti, Relazione concernente l’indagine di controllo sulla «Gestione delle risorse previste in connessione al fenomeno dell’immigrazione. Regolamentazione e sostegno all’immigrazione. Controllo dell’immigrazione clandestina, Programma di controllo 2004, 11 marzo 2005, pag. 78-79.
[27] D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140, Attuazione della direttiva 2003/9/CE che stabilisce norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri.
[28] L’articolo in esame, non presente nel testo originario del disegno di legge presentato dal Governo (A.C. 1042) è stato introdotto con l’approvazione, da parte della Commissione Politiche dell’Unione europea della Camera, dell’articolo aggiuntivo 8.02 proposto dalla Commissione Affari costituzionali (art. 8-ter dell’A.C. 1042-A, successivamente modificato dall’Assemblea). Il testo approvato dalla Camera prevedeva un altro principio direttivo, soppresso dal Senato, che impegnava al Governo a privilegiare, nel predisporre lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva, le opzioni più aderenti all’articolo 10 della Costituzione tra quelle previste dalla direttiva. Come sembra desumersi dai lavori parlamentari, la decisione di sopprimere il riferimento al dettato costituzionale è stata presa in considerazione del carattere ritenuto pleonastico e generico di tale disposizione (si vedano in particolare le sedute della 14ª Commissione del Senato del 24 e del 26 ottobre 2006, nel corso della quale sono stati discussi e approvati gli identici emendamenti 12.5 e 12.6, soppressivi della lett. a) dell’art. 12, nonché le sedute della 1ª Commissione del Senato in sede consultiva del 18 e del 19 ottobre 2006).
[29] L’esplicitazione che tra i gravi motivi debbano essere compresi le discriminazioni e repressioni di comportamenti è stata aggiunta nel corso dell’esame del Senato dopo una lunga discussione, sia in sede referente, sia in Assemblea. In origine l’emendamento (Em. 12.14 del sen Silvestri) includeva tra i gravi motivi suscettibili di portare all’accoglienza della domanda di asilo la discriminazione e la repressione di orientamenti e di pratiche sessuali. Alla riformulazione definitiva del testo si è giunti principalmente a seguito della considerazione che il testo originario poteva essere giudicato incostituzionale, in quanto privilegiante una tipologia di comportamenti (e di discriminazioni) rispetto ad altre.
[30] In relazione al tema oggetto dell’articolo in esame, si segnala, infine, l’accoglimento da parte dell’esecutivo dell’ordine del giorno presentato al Senato (G12.100, testo 2 del sen. Malan) che impegna il Governo a porre in atto le misure necessarie ad impedire che l’esercizio del diritto di cui all’art. 7 della direttiva sia strumentalmente usato come mezzo per evitare l’espulsione.
[31] L. 25 gennaio 2006, n. 29, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2005.
[32] D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
[33] Il D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5, ha recepito la direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare degli stranieri.
[34] D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
[35] D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato, convertito, con modificazioni, con L. 28 febbraio 1990, n. 39.
[36] L. 4 maggio 1983, n. 184, Diritto del minore ad una famiglia.
[37] V. anche l’art. 19, , co. 1, lett. e), del regolamento di attuazione (D.P.R. 303/2004).
[38] L. 16 aprile 1987, n. 183, Coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari. Ai sensi dell’art. 6 della legge, eroga alle amministrazioni pubbliche ed agli operatori pubblici e privati interessati la quota di finanziamento a carico del bilancio dello Stato per l’attuazione dei programmi di politica comunitaria.
[39] Lo schema del quale è illustrato in altra parte del presente dossier.
[40] L. 6 febbraio 2007, n. 13, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2006.
[41] D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato, convertito, con modificazioni, con L. 28 febbraio 1990, n. 39.
[42] Lo schema del D.Lgs. di recepimento della direttiva 2004/83/CE è illustrato in altra parte del presente dossier.
[43] D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140, Attuazione della direttiva 2003/9/CE che stabilisce norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri.
[44] Il patrocio a spese dello Stato nel processo è garantito per tutte le persone meno abbienti ed è regolato dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, artt. 74 e seguenti.
[45] L. 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.
[46] Art. 1, lett. F) della Convenzione di Ginevra ratificata dalla legge 24 luglio 1954, n. 722.
[47] L’articolo 23 della direttiva indica una rosa molto più ampia, anche se di natura facoltativa, di casi per i quali attivare la procedura prioritaria.
[48] L’art. 12 della legge comunitaria comprendeva anche l’ipotesi del richiedente originario di un Paese terzo sicuro, ossia di un Paese inserito nell’elenco a cura di ciascun Paese membro. Tale ipotesi non è considerata nello schema di decreto in quanto non è stato recepito, come accennato sopra, il concetto di Paese terzo sicuro.
[49] L’esplicitazione che tra i gravi motivi debbano essere compresi le discriminazioni e repressioni di comportamenti è stata aggiunta nel corso dell’esame del Senato dopo una lunga discussione, sia in sede referente, sia in Assemblea. In origine l’emendamento (Em. 12.14 del sen Silvestri) includeva tra i gravi motivi suscettibili di portare all’accoglienza della domanda di asilo la discriminazione e la repressione di orientamenti e di pratiche sessuali. Alla riformulazione definitiva del testo si è giunti principalmente a seguito della considerazione che il testo originario poteva essere giudicato incostituzionale, in quanto privilegiante una tipologia di comportamenti (e di discriminazioni) rispetto ad altre.
[50] L. 23 agosto 1988 n. 400, Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
[51] D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.