Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Recepimento della direttiva 2003/110/CE sull¿assistenza nell¿ambito dei provvedimenti di espulsione per via aerea - Schema di D.Lgs. n. 37 (art. 1, co. 3, L. 62/2005)
Riferimenti:
SCH.DEC 37/XV     
Serie: Atti del Governo    Numero: 31
Data: 20/11/2006
Descrittori:
ESPULSIONE DI STRANIERI     
Altri riferimenti:
D.Lgs. 25-GEN-07 n. 24   L n. 62 del 18-APR-05
03/110     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Atti del Governo

 

 

 

 

Recepimento della direttiva 2003/110/CE
sull’assistenza nell’ambito dei provvedimenti di espulsione per via aerea

Schema di D.Lgs. n. 37
(art. 1, co. 3, L. 62/2005)

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 31

 

 

20 novembre 2006

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: ac0163.doc

 


 

INDICE

Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni e pareri allegati4

Elementi per l’istruttoria legislativa  5

§      Conformità con la norma di delega  5

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  5

§      Compatibilità comunitaria  6

Schede di lettura

L’espulsione del cittadino straniero: il quadro normativo  11

La direttiva 2003/110/CE relativa all’assistenza durante il transito nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea  15

Lo schema di decreto legislativo in esame  18

Schema di decreto legislativo n. 37

§      Recepimento della direttiva 2003/110/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa all’assistenza durante il transito nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea  23

Normativa di riferimento

Normativa nazionale

§      Costituzione della Repubblica (artt. 76 e 87)47

§      Codice di procedura penale (artt. 380, 444)48

§      L. 23 agosto 1988, n. 400. Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (art. 17)53

§      D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.56

§      L. 18 aprile 2005, n. 62. Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004 (art. 1)131

Normativa comunitaria

§      Dir. 2003/110/CE del 25 novembre 2003. Direttiva del Consiglio relativa all'assistenza durante il transito nell'ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea  135

Giurisprudenza costituzionale

§      Corte Costituzionale. Sentenza 5 luglio 2001, n. 252  149

§      Corte Costituzionale. Sentenza 15 luglio 2004, n. 222  154

 

 


Scheda di sintesi
per l'istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero dello schema di decreto legislativo

37

Titolo

Recepimento della Direttiva 2003/110/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa all’assistenza durante il transito nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea

Norma di delega

Art. 1, co. 3, all. B, L. 18 aprile 2005, n. 62, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004.

Settore d’intervento

Immigrazione; Unione europea

Numero di articoli

9

Date

 

§       presentazione

31 ottobre 2006

§       assegnazione

7 novembre 2006

§       termine per l’espressione del parere

17 dicembre 2006

§       scadenza della delega

10 febbraio 2007[1]

Commissioni competenti

I (Affari Costituzionali); XIV (Politiche dell’Unione europea)

Rilievi di altre Commissioni

V Commissione (Bilancio)

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Lo schema di decreto legislativo, composto di nove articoli e di un allegato che specifica i dati che la richiesta di transito per via aerea deve contenere, reca il recepimento della direttiva 2003/110/CE, del 25 novembre 2003, mirante a definire alcune misure comuni in materia di assistenza tra le autorità competenti qualora, nell'ambito dell’esecuzione di provvedimenti di espulsione di cittadini stranieri effettuata per via aerea, si verifichi la necessità del transito in altro Stato membro dell’Unione europea.

Relazioni e pareri allegati

Lo schema di decreto legislativo è accompagnato, oltre che da un’analitica relazione illustrativa, dalla relazione tecnica e dalle relazioni sull’analisi tecnico-normativa (ATN) e sull’analisi di impatto della documentazione (AIR).


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Conformità con la norma di delega

Lo schema di decreto è adottato in virtù della norma di delega conferita al Governo nell’art. 1, comma 3, della L. 62/2005 (legge comunitaria 2004), allegato B[2]; per effetto di tali disposizioni lo schema di decreto è anche sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione alle Camere, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.

Il termine per l’esercizio della delega è fissato dall’art. 1, co. 3, della L. 62/2005 in 18 mesi dall’entrata in vigore della legge. Esso pertanto risulterebbe scaduto il 12 novembre scorso; ai sensi dell’ultimo periodo del co. 3, tuttavia, qualora – come in questo caso – il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega o successivamente, quest’ultimo è prorogato di 90 giorni. Il termine prorogato verrà pertanto a scadenza il 10 febbraio 2007.

Si segnala peraltro che il termine per il recepimento della direttiva è scaduto, essendo stato fissato dalla direttiva stessa al 6 dicembre 2005.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il contenuto del provvedimento è riferibile alla materia “immigrazione”, riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lett. b), della Costituzione.

Può altresì rilevare la materia, anch’essa di competenza esclusiva statale, “rapporti dello Stato con l’Unione europea”, di cui dall’art. 117, secondo comma, lett. a), Cost..

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Non si ravvisano elementi di contrasto al riguardo.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 28 giugno 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato per il mancato recepimento della direttiva in esame, il cui termine di recepimento era il 6 dicembre 2005.

Documenti all’esame delle istituzioni europee
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 1° settembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (COM(2005)391), che stabilisce norme comuni in materia di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi in condizioni di soggiorno irregolare.

 

La proposta di direttiva introduce norme comuni agli Stati membri riguardanti il rimpatrio, l'allontanamento, l'uso di misure coercitive, la custodia temporanea e il reingresso di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente. La proposta è volta a stabilire un corpus di norme applicabile a qualsiasi cittadino di un paese terzo soggiornante illegalmente e prevede una procedura diretta a porre fine ad un soggiorno irregolare. Nei confronti del cittadino di un paese terzo soggiornante illegalmente deve essere presa una decisione di rimpatrio. Va data priorità al rimpatrio volontario e, solo se il cittadino in questione non intende rimpatriare volontariamente, gli Stati membri fanno rispettare l’obbligo di rimpatrio con un provvedimento di allontanamento. La proposta attribuisce una dimensione europea agli effetti delle misure di rimpatrio adottate a livello nazionale, ponendo in essere un divieto al rientro sul territorio valido per l’insieme dell’Unione Europea.

 

Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare la proposta, in prima lettura secondo la procedura di codecisione, nella riunione del 13 marzo 2007.

 

Il 19 luglio 2006 la Commissione ha inoltre adottato un “pacchetto” di iniziative che mira ad accrescere la solidarietà fra gli Stati membri, in particolare per quanto riguarda la gestione delle frontiere, a combattere con maggior vigore l’immigrazione clandestina e a stabilire un’efficiente e coerente politica comunitaria dei visti. Il “pacchetto” è composto da:

·         una comunicazione (COM(2006)402) riguardante le priorità politiche nella lotta contro l’immigrazione clandestina di cittadini di paesi terzi. Nella comunicazione si identificano una serie di settori prioritari: cooperazione con i paesi terzi, ulteriore rafforzamento delle frontiere esterne, contrasto del lavoro clandestino, regolarizzazione degli immigrati clandestini, politica in materia di rimpatrio e migliore scambio d’informazioni.

La comunicazione è stata esaminata il 24 luglio 2006 dal Consiglio, che la ha accolta con favore e ha invitato i propri uffici a portare avanti i lavori relativi alla comunicazione. La comunicazione è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo.

·         una proposta di regolamento (COM(2006)403) che istituisce un Codice comunitario dei visti, volto a facilitare i viaggi effettuati legalmente ed a lottare contro l’immigrazione clandestina mediante una maggiore armonizzazione delle leggi nazionali e delle prassi degli uffici consolari locali. Ai fini della semplificazione e in accordo con la politica della Commissione di “legiferare meglio”, la proposta incorpora in un unico Codice dei visti tutti gli strumenti giuridici che disciplinano le decisioni relative alle condizioni e alla procedure di rilascio dei visti;

Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare la proposta in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, nella riunione del 25 aprile 2007.

·         una proposta di regolamento (COM(2006)401) relativo ai poteri e al finanziamento di squadre di rapido intervento, comprendenti guardie di frontiera distaccate in un altro Stato membro per fornirvi assistenza tecnica ed operativa. La proposta rientra nel quadro dello sviluppo di un sistema integrato di gestione delle frontiere a livello europeo.

Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare la proposta in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, nella riunione del 13 febbraio 2007.

 

 


Schede di lettura

 


L’espulsione del cittadino straniero:
il quadro normativo

 

 

 

Le linee generali delle politiche pubbliche in materia di immigrazione extracomunitaria in Italia, fissate dalla legge n. 40 del 1998[3] (cosiddetta “legge Turco – Napolitano”), sono state successivamente consolidate nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero del 1998[4].

 

Il testo unico interviene in entrambi gli ambiti principali del diritto dell’immigrazione: il diritto dell’immigrazionein senso stretto, concernente la gestione nel suo complesso del fenomeno migratorio: la definizione di regole di ingresso, di soggiorno, di controllo, di stabilizzazione dei migranti ed anche la repressione delle violazioni a tali regole; e il diritto dell’integrazione, che riguarda l’estensione, in misura più o meno ampia, ai migranti dei diritti propri dei cittadini (diritti civili, sociali, politici).

I princìpi fondamentali che sono alla base del testo unico sono essenzialmente tre: la programmazione dei flussi migratori e il contrasto all’immigrazione clandestina (per quanto riguarda il diritto dell’immigrazione); la concessione di una ampia serie di diritti volti all’integrazione degli stranieri regolari (diritto dell’integrazione).

La L. 189/2002[5], mantenendo sostanzialmente inalterato nel complesso la struttura generale del testo unico, ne ha modificato la parte relativa alla gestione dell’immigrazione, non toccando, se non in minima parte, quella riguardante i diritti dei lavoratori immigrati, ma l’ articolato sistema di contrasto, definito dal testo unico del 1998[6], è stato modificato dalla L. 189/2002 che, pur mantenendone inalterate le basi, vi ha apportato notevoli modifiche, volte principalmente a rendere complessivamente più stringenti gli obblighi previsti e più restrittivo l’apparato sanzionatorio.

 

Il testo unico sull’immigrazione contempla diversi tipi di espulsione del cittadino straniero riconducibili sostanzialmente a due categorie giuridiche: l’espulsione quale sanzione amministrativa, comminata, appunto, dall’autorità amministrativa (ministro o prefetto) in caso di violazione delle regole relative all’ingresso e al soggiorno e l’espulsione applicata dal giudicenell’ambito di un procedimento penale (l’espulsione a titolo di misura di sicurezza e l’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa a sanzione penale).

Esse rispondono a due distinte finalità: la prima colpisce coloro che trasgrediscono le procedure fissate per l’ingresso e il soggiorno degli stranieri e costituiscono dunque una sanzione necessaria ai fini del loro rispetto.

La seconda colpisce il comportamento delinquenziale dello straniero a prescindere dalla regolarità della sua posizione amministrativa. Tuttavia, alcune forme di espulsione “giudiziaria” possono essere eseguite solo nei confronti degli stranieri passibili di espulsione amministrativa.

l testo unico prevede poi una serie di situazioni per le quali è stabilito il divieto di espulsione (art. 19).

L’art. 13 del testo unico disciplina l’espulsione amministrativa prevedendo due tipologie distinte di provvedimento:

§      l’espulsione disposta dal ministro dell’interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato;

§      l’espulsione disposta dal prefetto nei seguenti casi:

-       quando lo straniero è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera (immigrato clandestino);

-       quando lo straniero si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, oppure quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato o scaduto da più di sessanta giorni e non è stato chiesto il rinnovo (immigrato irregolare);

-       quando lo straniero sia un delinquente abituale o sia indiziato di appartenere ad associazioni criminali di tipo mafioso.

Una terza ipotesi è costituita dall’espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo introdotta dall’art. 3, co. 1, del D.L. 144/2005[7](il cosiddetto “decreto Pisanu”, emanato dopo gli attentati del 7 luglio a Londra).

Questa ultima forma di espulsione amministrativa è sottoposta in parte ad un regime diverso da quello previsto dal testo unico come modificato dalla L. 189/2002.

Lo stesso D.L. 144/2005(art. 3, co. 3) ha inoltre introdotto la possibilità, in precedenza non prevista, che il prefetto possa in alcuni casi omettere, sospendere o revocare il provvedimento di espulsione, dopo averne informato preventivamente il ministro dell’interno.

L’espulsione amministrativa (sia di iniziativa del ministro dell’interno, sia quella prefettizia) è disposta con decreto motivato ed è eseguita dal questore (co. 3). La L. 189/2002 è intervenuta sul punto in senso restrittivo specificando che il decreto è immediatamente esecutivo, e stabilendo che l’espulsione viene di norma eseguita con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (co. 4, vedi oltre).

 

Qualora lo straniero sia sottoposto a procedimento penale, l’esecuzione del provvedimento di espulsione è eseguita previo nulla osta dell’autorità giudiziaria che può essere negato in presenza di inderogabili esigenze processuali. Nel caso di arresto in flagranza o di fermo il giudice rilascia il nulla osta al momento della convalida.

La L. 189/2002 ha inoltre modificato la disciplina del testo unico concernenti le procedure di espulsione.

L’articolo 13 del testo unico prevedeva che l’espulsione fosse eseguita di regola mediante l’intimazione a lasciare il territorio dello Stato o, esclusivamente in presenza di precisa circostanze, tramite accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica.

La L. 189/2002 ha capovolto tale impostazione, prevedendo che l’espulsione è di norma eseguita dal questore mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

La modalità di espulsione con intimazione a lasciare il territorio dello Stato è indicato unicamente per gli immigrati irregolari il cui permesso di soggiorno è scaduto da oltre 60 giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo. È previsto però l’allontanamento forzato in presenza di sospetti sulla effettiva volontà del soggetto ad ottemperare all’ordine.

Per le altre ipotesi di mancanza di un titolo di soggiorno valido – permesso non richiesto o revocato o annullato – si dispone sempre l’allontanamento forzato.

 

Di fatto, nonostante il rovesciamento di impostazione, l’effetto della norma è simile a quella previgente, pur con due significative differenze:

§         viene eliminato lo spazio di discrezionalità del prefetto nella scelta della forma di espulsione nei confronti dei clandestini e dei delinquenti abituali, per i quali è ora unicamente percorribile l’espulsione con accompagnamento alla frontiera;

§         è ristretta alla sola ipotesi di permesso scaduto (e non anche revocato, annullato o non richiesto) la modalità di espulsione per intimazione.

La L. 189/2002 ha introdotto, inoltre, una nuova fattispecie di espulsione tramite intimazione a lasciare il territorio dello Stato non prevista in origine dal testo unico. Essa è disposta dal questore quando non è possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, oppure sono trascorsi i termini massimi di trattenimento in tali centri (art. 14, co. 5-bis).

 

L’esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento dal territorio nazionale mediante accompagnamento da parte della forza pubblica è sottoposta alla convalida da parte dell’autorità giudiziaria (art. 13, co. 5-bis, T.U.)

 

Il testo unico del 1998 nella sua formulazione originale era privo di un sindacato giurisdizionale nei confronti del provvedimento di allontanamento. La convalida da parte dell’autorità giudiziaria dei provvedimenti di accompagnamento alla frontiera è stata introdotta dal D.L. 51/2002[8] (di poco anteriore alla approvazione della L. 189/2002) al fine di assicurare loro le garanzie previste dall’articolo 13 della Costituzione[9].

In questo modo si è adeguato l’ordinamento giuridico all’orientamento della Corte costituzionale, espresso da ultimo con la sent. 105/2001, nella quale si ritiene contrario alla Costituzione il fatto che l’immigrato clandestino sia allontanato dal territorio nazionale in virtù di un semplice provvedimento amministrativo, emanato dal questore senza il vaglio della magistratura[10]. Un ulteriore intervento normativo, realizzato con il D.L. 241/2004[11], si è reso necessario a seguito della sentenza 222/2004, che ha ritenuto illegittima la prevista possibilità per il questore di disporre l’accompagnamento alla frontiera prima di un controllo ai fini della convalida da parte dell’autorità giudiziaria.

 

In base alla vigente disciplina, l’esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento è sospesa fino alla sua convalida. La competenza per quest’ultima (già del tribunale in composizione monocratica) è oggi del giudice di pace. La relativa procedura è disciplinata dall’art. 13, co. 5-bis e 5-ter del T.U..

Contro il decreto del giudice che dispone la convalida è esperibile ricorso per Cassazione. Tuttavia il ricorso non determina ulteriori effetti sospensivi sul provvedimento di allontanamento.

 

Avverso il decreto di espulsione può essere presentato ricorso al giudice di pace del luogo in cui ha sede l’autorità che ha disposto l’espulsione. Il ricorso può essere presentato anche all’estero presso la rappresentanza diplomatica o consolare nel Paese di destinazione dello straniero espulso. Contro il decreto di espulsione disposto dal ministro dell’interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio.


La direttiva 2003/110/CE
relativa all’assistenza durante il transito
nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea

 

 

 

Il ricorso alla via aerea per l’espulsione dei cittadini di Paesi terzi, o in quanto immigrati illegalmente o perché condannati per reati che prevedono tale misura, si sta diffondendo sempre più nell’Unione europea. Nonostante gli sforzi degli Stati membri di ricorrere prioritariamente a collegamenti aerei diretti, può essere necessario, per motivi economici o tecnici, utilizzare collegamenti che prevedano scali intermedi in aeroporti di transito di altri Stati dell’Unione.

La direttiva 2003/110/CE[12] ha lo scopo di definire alcune misure comuni in materia di assistenza tra le autorità competenti qualora nell'ambito di una procedura di espulsione, con o senza scorta, si verifichi appunto il transito negli Stati membri[13].

 

La direttiva raccoglie le indicazioni contenute nella raccomandazione del Consiglio del 22 dicembre 1995, relative alla concertazione e alla cooperazione nell’attuazione delle misure di espulsione.  La base giuridica appropriata per l’adozione della direttiva è individuabile nell’articolo 63, paragrafo 3, lettera b, del trattato CE.

Come messo più volte in evidenza, la politica di riammissione e di rimpatrio costituisce parte integrante della politica comune europea in materia di immigrazione illegale. A tal fine è stata sottolineata la necessità di individuare azioni concrete in materia di esecuzione delle misure di espulsione e di rimpatrio. In tale ambito ricordiamo inoltre la decisione del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’organizzazione di voli congiunti per l’allontanamento dei cittadini di paesi terzi illegalmente presenti nel territorio di due o più stati membri.[14]

 

La direttiva risponde ad una duplice necessità: in primo luogo, dotare l’Unione di misure comuni contro l’immigrazione illegale e clandestina, il cui contrasto è ormai considerato come una delle priorità della politica comunitaria[15] e contribuire, con una regolamentazione vincolante, alla sicurezza giuridica e alla armonizzazione delle procedure. La direttiva ha infatti lo scopo di stabilire le procedure necessarie per un’organizzazione ottimale del transito dei cittadini di paesi terzi espulsi, attraverso una notifica preventiva dello Stato membro richiedente delle coordinate di viaggio dello straniero, con l’indicazione dell’aeroporto di transito, della presenza della scorta e di ogni altra informazione utile per l’effettuazione del transito.

Le autorità di uno Stato membro, che devono rimpatriare un cittadino di un Paese terzo per via aerea, devono in via generale utilizzare collegamenti diretti verso il Paese di destinazione. Solamente nel caso in cui questo non sia possibile, si può fare richiesta ad un altro Stato membro di transitare per via aerea attraverso il suo territorio (art. 3, co. 2).

Lo Stato di transito deve accogliere in via generale la richiesta. Ha la facoltà di opporsi ad essa solamente se si verificano alcune circostanze espressamente indicate (art. 3, co. 3):

§         l’espulso è imputato o ricercato per gravi reati oppure la sua presenza è considerata una grave minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico;

§         il transito non è fattibile;

§         è previsto un cambio di aeroporto nel territorio dello Stato membro richiesto;

§         l’assistenza richiesta non può essere fornita nel momento richiesto e deve essere posticipato il transito.

La direttiva disciplina le procedure per la richiesta di transito (art. 4). Essa deve pervenire allo Stato membro richiesto per iscritto non oltre due giorni prima del transito. A sua volta lo Stato membro richiesto comunica entro due giorni la decisione allo Stato membro richiedente.

Tuttavia, gli Stati membri possono procedere ad intese od accordi tra loro di carattere generale che consentano una procedura semplificata che prevede la semplice notifica da parte del Paese che deve effettuare l’espulsione.

Gli Stati membri devono comunque provvedere a nominare ciascuno un’autorità centrale alla quale sono trasmesse le richieste; a loro volta le autorità centrali nominano, negli aeroporti di transito pertinenti, “punti di contatto” accessibili per tutta la durata delle operazioni di transito.

Sono inoltre regolate dettagliatamente le modalità di assistenza e i reciproci obblighi delle autorità dei due paesi.

In particolare, le operazioni di transito devono svolgersi nel più breve tempo possibile e comunque entro 24 ore e lo Stato di transito deve assicurare tutte le misure di sostegno necessarie nelle operazioni. Le spese e le prestazioni relative alle misure di sostegno sono comunque a carico dello Stato membro richiedente (art. 5).

Nell’attuazione di tali operazioni, i poteri dei componenti della scorta – che non possono portare armi e devono vestire abiti civili – sono limitati all’autodifesa, essi inoltre devono osservare in ogni circostanza la legislazione dello Stato membro di transito (art. 7).

La direttiva fa salvi gli obblighi derivanti dalla convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati[16], le convenzioni internazionali in materia di diritti dell’uomo[17] e dalle convenzioni internazionali in materia di estradizione[18] (articolo 8).

Ad un comitato ad hoc, da istituirsi nell’ambito della Commissione ai sensi della decisione 1999/468/CE[19], è affidato il compito di adottare le misure di esecuzione necessarie per l’attuazione della direttiva, ed in particolare le misure relative all’aggiornamento e all’adeguamento della richiesta di transito (il cui modello è indicato in allegato alla direttiva) e le modalità di trasmissione della stessa (artt. 4 e 9).


Lo schema di decreto legislativo in esame

 

 

 

Lo schema di decreto legislativo, composto di nove articoli e di un allegato che specifica i dati che la richiesta di transito per via aerea deve contenere, reca recepimento della direttiva 2003/110/CE, del 25 novembre 2003, del Consiglio, relativa all’assistenza durante il transito nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea.

Lo schema di decreto prende in considerazione e disciplina tanto l’ipotesi che l’Italia sia Stato richiedente il transito tanto quella in cui sia lo Stato destinatario della richiesta.

 

Lo schema di decreto è adottato in virtù della norma di delega conferita al governo nell’art. 1, co. 3, della L. 62/2005 (legge comunitaria 2004)[20]; per effetto di tali disposizioni lo schema di decreto è sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari. Si segnala peraltro che il termine per il recepimento è scaduto, essendo stato fissato dalla direttiva stessa al 6 dicembre 2005.

 

Gli articoli 1 e 2 dello schema recano le finalità e l’ambito di applicazione del decreto e definiscono il significato dei termini adottati nel testo.

Ai sensi dell’articolo 3, il Ministero dell’interno, Dipartimento pubblica sicurezza, Direzione centrale per l’Immigrazione e la polizia delle frontiere, è individuato quale autorità centrale competente a ricevere e inoltrare le richieste di transito per via aerea.

L’articolo 4 detta invece le modalità relative alla richiesta di transito per via aerea. A tale proposito, nel caso in cui l’Italia sia il paese richiedente, la Direzione centrale per l’immigrazione e la polizia delle frontiere deve preventivamente accertare la mancanza di impedimenti all’eventuale transito attraverso altri Stati, ovvero alla riammissione da parte dello Stato di destinazione. Come disposto dalla direttiva di riferimento, la richiesta di transito  non è presentata se l’attuazione della misura di espulsione rende necessario un cambio di aeroporto nel territorio dello Stato membro richiesto.

Viceversa, se il nostro paese è lo Stato richiesto per il transito, la Direzione centrale può rifiutare la richiesta presentata dall’Autorità centrale individuata dallo Stato membro richiedente, nel caso in cui risultino a carico del cittadino di un paese terzo procedimenti penali in corso o definiti con condanna, per una serie di ipotesi di reato.

Si tratta, innanzitutto, dei reati particolarmente gravi per i quali la legge prevede l’arresto obbligatorio in flagranza (ai sensi dell’art. 380, commi 1 e 2 del codice di procedura penale). Inoltre, sono considerati una serie di reati, riconducibili direttamente o indirettamente al fenomeno migratorio: sono quelli inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento delle migrazioni clandestine, lo sfruttamento della prostituzione e lo sfruttamento dei minori.

Come rileva la relazione illustrativa, la norma richiama le stesse fattispecie penali che, ai sensi dell’art. 4, co. 3, del D.Lgs. 286/1998 (Testo unico in materia di immigrazione), risultano ostative, in caso di condanna, all’ingresso in Italia.

Il rifiuto è altresì possibile qualora:

§         il soggetto sia destinatario di provvedimenti restrittivi della libertà personale (è espressamente fatta salva la disciplina concernente il c.d. mandato di arresto europeo, di cui alla L. 69/2005[21], e gli obblighi internazionali in materia di estradizione);

§         il soggetto sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza;

§         sussistano impedimenti al transito attraverso altri Stati, o alla riammissione da parte dello Stato di destinazione o dello Stato richiedente;

§         si renda necessario un cambio di aeroporto in territorio italiano;

§         l’assistenza non possa essere fornita al momento della richiesta (in tal caso si procede a un semplice rinvio).

È comunque esclusa la richiesta o l’autorizzazione del transito se il destinatario dell’espulsione corre il rischio di subire – nel paese di transito o di destinazione – trattamenti inumani o umilianti, torture o pena di morte, ovvero rischia la vita o la libertà a causa della sua razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale o convinzione politica.

L’articolo 5 regola la modalità di presentazione della richiesta di transito prevedendo di norma il termine di due giorni prima del transito. In mancanza di comunicazione nei termini previsti o di richiesta di proroga, lo Stato richiedente è autorizzato ad avviare le operazioni di transito. La richiesta deve inoltre prevedere la dotazione della scorta, assente solo per comprovati motivi, segnalati dallo Stato richiedente.

L’articolo 6 prevede che le operazioni di transito debbano essere effettuate nell’arco di ventiquattro ore, prorogabili eccezionalmente a quarantotto. La Direzione centrale per l’immigrazione e la polizia delle frontiere fornisce tutte le misure di sostegno necessarie dall’atterraggio alla partenza del cittadino del paese terzo che, qualora le modalità del transito lo richiedano, è collocato in attesa della partenza, nei locali adibiti ad ufficio di pubblica sicurezza o, negli appositi spazi della zona sterile aeroportuale (punti di contatto). Come previsto dalla direttiva, le spese necessarie per le misure di sostegno sono a carico dello Stato richiedente.

L’articolo 7 assegna inoltre alla Direzione centrale, nel caso in cui non sia stato possibile effettuare il transito, l’obbligo di prestare l’assistenza necessaria per facilitarne la riammissione del cittadino del paese terzo nel territorio dello Stato membro richiedente, a carico del quale saranno le spese del viaggio di ritorno.

L’articolo 8disciplina gli obblighi e i poteri della scorta, conformemente alle prescrizione contenute in materia nella direttiva.

L’articolo 9 contiene la clausola di invarianza finanziaria.

Secondo la relazione tecnica, infatti, il provvedimento non è suscettibile di determinare costi aggiuntivi che richiedano apposita copertura. L’art. 13, comma 4, del D.Lgs. 286/1998 dispone che l’espulsione sia sempre eseguita dal Questore con accompagnamento alla frontiera. Nel caso in cui l’Italia sia il Paese richiedente il transito, i costi relativi all’accompagnamento sono di conseguenza coperti dalla normativa vigente. In caso di richiesta da parte di altro Stato membro, le spese – come si è detto – sono a carico di quest’ultimo.

 

L’articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 286/1998 stabilisce inoltre che le cure urgenti o essenziali siano prestate ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale anche se non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno. Tale diritto è stato confermato dalla Corte costituzionale (sent. 252/2001), trattandosi di un “nucleo irriducibile” attinente alla dignità umana. Pertanto, le cure mediche e d’urgenza sono prestate in ogni caso agli stranieri presenti sul territorio nazionale, tanto più nel corso dei provvedimenti di espulsione.

La relazione ricorda inoltre che l’assistenza via aerea in materia di espulsioni è già assicurata dagli Accordi bilaterali di riammissione stipulati con alcuni Paesi membri, quali l’Austria, la Spagna e la Grecia. Gli oneri derivanti dall’attuazione del decreto legislativo rientrano dunque nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio destinati ai servizi di rimpatrio. In tal senso, il recepimento della direttiva 2003/110/CE si configura come un rafforzamento e ampliamento della fattispecie degli accordi sopra ricordati.




[1]     Si veda infra, il paragrafo Conformità con la norma di delega.

[2]     L. 18 aprile 2005, n. 62, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee.

[3]     L. 6 marzo 1998, n. 40, Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[4]     La riforma del Titolo V della Costituzione ha attribuito alla potestà legislativa esclusiva dello Stato le materie “diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea” (art. 117, co. 2, lett. a) e “immigrazione” (art. 117, co. 2, lett. b); l’art. 118, co. 3, demanda alla legge statale la disciplina delle “forme di coordinamento fra Stato e regioni” in materia di immigrazione, oltre che di ordine pubblico e sicurezza.

[5]     L. 30 luglio 2002, n. 189, Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.

[6]     D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero.

[7]     D.L. 27 luglio 2005, n. 144, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, conv. con mod. dalla L. 31 luglio 2005, n. 155.

[8]     D.L.. 4 aprile 2002, n. 51, Disposizioni urgenti recanti misure di contrasto all’immigrazione clandestina e garanzie per soggetti colpiti da provvedimenti di accompagnamento alla frontiera (conv. con mod. in L. 7 giugno 2002, n. 106).

[9]     In particolare, il secondo co. dell’art. 13 Cost. vieta qualsiasi restrizione della libertà personale “se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.

[10]    Tale motivazione si legge nel Comunicato della Presidenza del Consiglio relativo al Consiglio dei ministri che ha approvato il decreto-legge (28 marzo 2002) ed è ribadita nella relazione illustrativa del d.d.l. di conversione A.C. 2608.

[11]    D.L. 14 settembre 2004, n. 241, Disposizioni urgenti in materia di immigrazione (conv. con mod. in L. 12 novembre 2004, n. 271).

[12]    Dir. 2003/110/CE del 25 novembre 2003, Direttiva del Consiglio relativa all'assistenza durante il transito nell'ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea.

[13]    La materia era regolata dalla decisione del comitato esecutivo del 21 aprile 1998 (SCH/Com-ex(98)10) abrogata dall’articolo 11 della presente direttiva.

[14]    Gazzetta ufficiale L 261 del 06/08/2004.

[15]    A questo proposito, la direttiva in oggetto fa riferimento alle norme comuni procedurali enumerate nel Piano globale per la lotta contro l’immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani nell’Unione europea, adottato il 28 febbraio 2002.

[16]    Ratificata dall’Italia con L. 24 luglio 1954, n. 722, Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951.

[17]    Tra di esse la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 ratificata dall’Italia L. 4 agosto 1955, n. 848, e i relativi protocolli.

[18]    Tra cui la Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, ratificata con la L. 30 gennaio 1963, n. 300.

[19]    1999/468/CE: Decisione del Consiglio del 28 giugno 1999 recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.

[20] L. 18 aprile 2005, n. 62, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità europea – Legge comunitaria 2004.

[21]    L. 22 aprile 2005, n. 69, Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri.