Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Rapporti Internazionali |
Titolo: | Afghanistan - Visita del Presidente della Commissione Affari costituzionali, On. Luciano Violante, in Afghanistan - 2 ' 9 aprile 2008 |
Serie: | Schede Paese Numero: 60 |
Data: | 10/04/2008 |
AFGHANISTAN
DOSSIER SCHEDE - PAESE
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XV legislatura |
repubblica islamica dell’Afghanistan
MARZO 2008
DATI GENERALI |
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Superficie |
647.500 Kmq (più di due volte L’Italia) |
Capitale |
KABUL (3.000.000 abitanti) |
Abitanti |
29.900.000 |
Tasso di crescita della popolazione |
4,77% |
Tasso di alfabetizzazione |
36% (maschi: 51%; femmine: 21%) |
Aspettativa di vita |
42,9 anni |
Gruppi etnici |
PASHTUN 42% (Lingua: Pashto; religione: Musulmana sunnita)TAJIKI 27% (Lingua: Dari; religione: Musulmana sunnita)HAZARI 9%, (Lingua: Dari; religione: Musulmana sciita)UZBEKI 9% (Lingua: Uzbeko; religione: Musulmana sciita)ALTRI 13% (AIMAK, TURCHI , BALOCH, NURISTAN, KIZILIBASH)
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Religioni |
Musulmani sunniti (80%), Musulmani sciiti, (19%) |
Lingue |
Pashtu (ufficiale) 35%, Afghano Persiano Dari (ufficiale) 50%, Lingue turche (Uzbeko e turkmeno) 11% |
CRONOLOGIA RECENTE
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OTT/NOV 2004 |
Elezioni presidenziali. E’ dichiarato vincitore Hamid Karzai (55,4% dei voti). |
APRILE 2004 |
Gli USA annunciano una diminuzione delle truppe schierate in Afghanistan. |
MAGGIO 2005 |
Trapelano notizie riguardo presunti abusi commessi dalle forze USA a danno dei detenuti afghani. |
AGOSTO 2005 |
L’Italia assume il comando della missione ISAF. |
SETTEMBRE 2005 |
Gli afghani si recano alle urne per le prime elezioni politiche dopo più di 30 anni. |
NOVEMBRE 2005 |
Cambio al vertice del contingente italiano “Italfor 11” a Kabul. Dopo cinque mesi di attività, il colonnello Gerardo Restaino, comandante del Reggimento di Supporto tattico e logistico del corpo di armata di reazione rapida di Solbiate Olona (VA) cede il comando al colonnello Enzo Mosolo, comandante del 132mo Reggimento di artiglieria corazzato “Ariete”[1]. |
DICEMBRE 2005 |
Il nuovo Parlamento tiene la sua prima sessione. La NATO annuncia di voler inviare un contingente extra di 6.000 uomini nelle regioni sud-orientali del Paese, dove è più minacciosa la presenza di talebani. Tre militari italiani restano feriti a seguito di un attacco kamikaze ad Herat. Il Segretario alla Difesa USA, Donald Rumsfeld conferma l’impegno USA in Afghanistan, anche in presenza di un parziale ritiro delle truppe americane. Qanuni, di etnia tajika, oppositore di Karzai, viene eletto Presidente del Parlamento. L’anno si chiude con un bilancio tragico, il più alto dal 2001: 1.400 morti. I militari USA morti in Afghanistan sono circa 100. Dall’11 settembre 2001, il costo del conflitto contro il terrorismo è costato agli Stati Uniti circa 300 miliardi di dollari. |
GENNAIO 2006 |
Si apre a Londra la Conferenza sull’Afghanistan. La Conferenza inaugura la fase di ricostruzione afghana, c.d. “afghan ownership” ed il superamento dei “lead” nazionali. |
APRILE 2006 |
La Camera Bassa del Parlamento (Wolesi Jirga) vota il 20 aprile la fiducia al nuovo Governo Karzai, pur respingendo 5 Ministri su 25[2] (fra questi l’unica donna, Soraya Rahim Sobhrang, che non ha ottenuto la fiducia dei parlamentari come Ministro per la Condizione Femminile). |
MAGGIO 2006 |
L’Italia cede il comando ISAF al Regno Unito. Al gen. Mauro del Vecchio è subentrato il britannico David Richards. |
GIUGNO 2006 |
Viene accolta positivamente in Occidente la notizia della morte di Abu Musab al Zarqawi (7 giugno), capo di Al Qaeda in Iraq. Al Zarqawi aveva condotto un periodo di addestramento in Afghanistan nel 2000 ad Herat dove avrebbe anche eseguito dei test per la produzione di armi chimiche. La Nato prende il comando delle operazioni militari. |
LUGLIO 2006 |
La Commissione indipendente dei diritti dell’uomo in Afghanistan (AHIRC) rende noto che più di cento civili sono morti o rimasti feriti negli ultimi tre mesi a causa delle operazioni anti talebane condotte a sud del Paese. Il Dipartimento di Stato USA rende noto che, dall’invasione USA dell’Afghanistan (2001), sono 260 i militari americani che hanno perso la vita in operazioni in Afghanistan, Pakistan e Uzbekistan. Passaggio di consegne, nella parte meridionale del Paese, tra le truppe USA ed il contingente ISAF: |
OTTOBRE 2006 |
La NATO si assume la responsabilità di garantire la sicurezza in tutto il Paese, precedentemente degli USA. |
FEBBRAIO 2007 |
Il comando delle forze ISAF passa dal britannico Richards al generale USA Dan Mc Neill. |
MARZO 2007 |
Le autorità pakistane annunciano l’arresto del Mullah Obaidullah Akhund, figura di spicco nella leadership talebana. La NATO lancia l’operazione Achille, la più vasta offensiva mai lanciata nei confronti dei Talebani nel sud del Paese. Duri combattimenti nella provincia di Helmand. |
MAGGIO 2007 |
Uno dei più importanti capi militari talebani, il Mullah Dadullah, resta ucciso in combattimento. |
LUGLIO 2007 |
L’ex Re Zahir Shah muore. |
AGOSTO 2007 |
In un rapporto redatto dalle Nazioni Unite, figura che la produzione di oppio nel Paese ha raggiunto un nuovo record. |
GENNAIO 2008 |
Il comando delle forze ISAF passa da Mc Neill ad un altro generale USA, David Kiernan |
FEBBRAIO 2008 |
Gli USA rivolgono pressioni nei confronti degli alleati NATO affinché aumentino le forze militari e le risorse impiegata in Afghanistan. La Germania oppone un netto rifiuto. Il tema dell’Afghanistan è al centro del Vertice NATO di Vilnius (6-7 febbraio). In Lituania si decide di rinviare le questioni più spinose (Afghanistan e allargamento) al prossimo Vertice NATO in programma a Bucarest in aprile. Le autorità italiane dichiarano che non è arrivata all’Italia alcuna richiesta ufficiale da parte USA di aumentare il numero dei militari presenti in Afghanistan. Nel progetto di bilancio presentato al Congresso USA dal Presidente Bush, figura uno stanziamento di 70 miliardi di dollari per le guerre in Afghanistan ed Iraq. I democratici hanno contestato lo stanziamento, giudicandolo troppo basso. Un militare italiano, Giovanni Pezzulo, resta ucciso in uno scontro a fuoco nella valle di Uzeebin. Pezzullo, insieme ad altri militari italiani, stava distribuendo viveri e vestiario alla popolazione locale.
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MARZO 2008 |
Il Segreatario Generale ONU, Ban Ki-Moon nomina il norvegese Kai Eide suo rappresentante speciale e capo della Missione ONU di Assistenza in Afghanistan (UNAMA)[3].Dal Consiglio dei Ministri Ue che si tiene a Bruxelles il 10 marzo non emerge niente di nuovo riguardo all’Afghanistan. L’UE esprime soddisfazione per i risultati raggiunti dalla missione di polizia in Afghanistan ed appoggi la prossima Conferenza in programma a Parigi in giugno.
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PRINCIPALI CARICHE POLITICHE
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Presidente della Repubblica e Capo del Governo |
Hamid KARZAI (Di etnia Pashtun, dal 7 dicembre 2004) |
Vice Presidente |
Ahmad Zia MASUD |
Vice Presidente |
abdul Karim KHALILI |
Ministro degli Esteri |
Rangin Dadfar Spanta |
Ministro delle Finanze |
Anwar ul-Haq AHADI |
Ministro della Difesa |
Abdul RAhim WARDAK |
Ministro degli Interni |
Ahmad Moqbel ZARAR |
Presidente della Wolesi Jirga (Camera del Popolo) |
Muhammad Yunos QANUNI (di etnia tajika) dal 19 dicembre 2005 |
Presidente della Meshrano Jirga (Senato, Camera degli Anziani) |
Segbatollah MOJADEDDI |
Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani |
Louise Arbour (CANADA) |
Presidente della Commissione afghana indipendente per i diritti umani |
Sima Samar |
Rappresentante speciale dell’Unione europea per l’Afghanistan |
Francesc Vendrell (Spagna) |
Capo della Missione di Assistenza delle Nazioni Unite all’Afghanistan (UNAMA) |
Kai Eide (Norvegia) |
Comandante della Missione ISAF |
GEn. David Kiernan (USA)
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L’ISAF (International Security Assistance Force)
Parallelamente, gli USA continuano a dirigere la forza di coalizione internazionale (composta per il 90% da truppe USA) che ha come compito principale quello di combattere il terrorismo. Tra ISAF e forza di coalizione internazionale, sono operanti in Afghanistan circa 52.000 militari.
Ad oggi, sono circa 1.400 i militari italiani presenti in Afghanistan (poco più di un migliaio a Kabul per la missione ISAF) e circa 370 ad Herat, dove ha sede il PRT (Provincial Reconstruction Team) italiano.
SCADENZE ELETTORALI
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Presidenziali |
2009
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Politiche |
2010 (Le ultime elezioni si sono tenute il 18 SETTEMBRE 2005)
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QUADRO POLITICO
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Governo in carica
Hamid Karzai, che ha guidato l’amministrazione provvisoria creata dopo il rovesciamento del regime talebano (2001), è stato eletto Presidente della Repubblica nel 2004. Karzai ha ottenuto il 55,4% dei voti. Sebbene si siano riscontrate delle irregolarità, queste – secondo gli osservatori internazionali – non sono state di livello tale da mettere in discussione la vittoria di Karzai. Il Presidente ha di fronte difficili sfide: disarmo delle milizie, lotta alla produzione di oppio. Le prime elezioni parlamentari dalla fine del regime talebano si sono svolte il 18 settembre 2005.
QUADRO ISTITUZIONALE
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Sistema politico
La Loya Girga (Assemblea nazionale) Costituente (502 membri) – prevista dalla Conferenza di Bonn il 5 dicembre 2001, e che ha fatto seguito alla Loya Girga cosiddetta “di emergenza” – ha terminato di svolgere le sue funzioni il 4 gennaio 2004 adottando una Carta Costituzionale che ha previsto un assetto presidenziale per la Repubblica afghana. La nuova Costituzione è stata firmata dall’allora Presidente ad interim, Hamid Karzai, il 26 gennaio 2004. Secondo la nuova Costituzione, nessuna legge potrà essere contraria ai principi della religione musulmana. Di fatto, l’Afghanistan è una Repubblica Islamica, anche se la Sharia, o legge islamica, non viene menzionata nella Costituzione. Lo Stato deve favorire la nascita di una società democratica, in cui a tutti i cittadini siano assicurati pari diritti e deve aderire a tutte le principali Dichiarazioni delle Nazioni Unite. Il controllo di legittimità costituzionale è affidato alla Suprema Corte di Giustizia[4].
La ricostruzione politica del Paese procede secondo le linee fissate nella Conferenza di Bonn del dicembre 2001. Gli Accordi di Bonn hanno anche previsto il dispiegamento di una forza multinazionale di pace. La forza, denominata ISAF, opera sotto mandato ONU ed è costituita da contingenti NATO tra cui anche un contingente italiano.
Il Presidente della Repubblica
L’Afghanistan è una Repubblica in cui i poteri presidenziali sono molto accentuati. Il Presidente è eletto ogni cinque anni a suffragio universale. Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta dei voti al primo turno, si effettua un ballottaggio tra i due candidati meglio classificati. E’ a capo dell’esecutivo e nomina i Ministri. La fiducia ai Ministri viene votata singolarmente dalla Wolesi Jirga con voto segreto. Il Presidenteè affiancato da due Vicepresidenti che hanno solo compiti di vigilanza. Il Presidente non può essere sottoposto ad un voto di sfiducia dal Parlamento ma può essere sottoposto a procedimento di impeachment.
Potere legislativo
L’Assemblea Nazionale (Loya Jirga) è composta da:
· La Camera del Popolo (Wolesi Jirga, 249 membri) eletta a suffragio universale e dalla durata di 5 anni (almeno 68 membri della Wolesi Jirga, pari a circa il 27% dei componenti, in base alla Costituzione, devono essere donne). Le elezioni si sono tenute il 18 settembre 2005. Dieci seggi sono riservati ai nomadi Kuchi (tre di questi devono essere occupati da donne);
· La Camera degli Anziani (Meshrano Jirga, 102 membri) dei quali un terzo (34) eletto dai Consigli provinciali per 4 anni, un terzo eletto dai Consigli distrettuali per tre anni, un terzo, infine, nominato dal Presidente della Repubblica per 5 anni (fra i nominati dal Presidente devono essere inclusi due rappresentati dell’etnia kuchi e due per i disabili, inoltre, metà devono essere donne).
A causa dei problemi legati alla delimitazione dei confini e della relativa popolazione, le elezioni per i Consigli distrettuali non si sono tenute nel settembre 2005. Tali controversie devono ancora essere risolte dall’Assemblea Nazionale. Nel frattempo, la Camera degli Anziani è stata costituita nel seguente modo: 68 membri eletti dai Consigli provinciali; 34 membri nominati. Le donne sono 23.
La Costituzione prevede la convocazione della Loya Jirga per deliberare su materie di particolare delicatezza, quali quelle legate all’indipendenza, alla sovranità ed all’integrità territoriale del Paese; la Loya Jirgapuò inoltre emendare la Costituzione e sottoporre il Presidente della Repubblica a procedimento di impeachment.
Le elezioni del 18 settembre 2005
Alle elezioni hanno partecipato 2.753 candidati (il 12% era costituito da donne) che si sono presentati come indipendenti. Quarantacinque di questi sono stati esclusi prima della consultazione a causa dei loro legami con i gruppi armati (il loro nome è comunque apparso sulle schede elettorali, dal momento che le schede erano state già stampate). Il JEMB (UN-Afghan Joint Electoral Management Body Electoral), un organo indipendente, ha ammesso difficoltà per quanto riguarda l’informazione agli elettori e le esclusioni. Alcuni candidati, accusati di crimini di guerra, sono stati ritenuti idonei a concorrere.
Una violenza diffusa ha contraddistinto la campagna elettorale. Sette candidati e sei addetti alle votazioni sono stati uccisi nei due mesi che hanno preceduto le elezioni. 286 candidati, fra i quali 56 donne, hanno volontariamente ritirato la propria candidatura, per asseriti motivi di sicurezza.
L’alto analfabetismo è stato un altro grave problema da risolvere. Secondo alcune stime, circa l’85% degli aventi diritto al voto è analfabeta. Per facilitare le operazioni di voto, sulle schede elettorali i nomi dei candidati erano accompagnati dalla loro foto ed i loro simboli.
Le elezioni sono state monitorate da più di 4.700 osservatori nazionali e da 500 osservatori internazionali. La sicurezza è stata garantita dal contingente NATO (circa 12.000 uomini) e dalle forze USA (20.000 uomini). Ha partecipato il 53% degli aventi diritto al voto, una percentuale più bassa rispetto alle presidenziali del 2004, dovuta alle minacce dei guerriglieri talebani (complessivamente hanno partecipato 6,8 milioni di votanti, mentre alle presidenziali avevano partecipato 8 milioni di votanti). I risultati definitivi sono stati resi noti il 13 novembre 2005, dopo un conteggio dei voti condotto con esasperante lentezza fra ritardi ed accuse di brogli. Mancando partiti politici, la composizione del nuovo Parlamento risulta estremamente frammentaria, e giocano un ruolo chiave le affiliazioni etniche e tribali.
La maggioranza dei deputati è di etnia pashtun e favorevole al Presidente Karzai. Il vero elemento di rottura è dato dalla presenza massiccia delle donne (68 su 249, circa il 27% del totale, una delle più alte percentuali al mondo).Molti elettori interpellati hanno dichiarato di aver preferito votare una donna, in quanto non sono compromesse con il passato. Vi sono invece timori, soprattutto tra gli intellettuali ed i liberali afghani, che il nuovo Parlamento abbia una tendenza islamica conservatrice congenita, e che questo porterà a gravi restrizioni nel campo dei media e della libertà di espressione.
I parlamentari della Wolesi Jirga ed alla Meshrano Jirga hanno in media tra i 35 ei 40 anni, un’età elevata rispetto alla speranza di vita nazionale, circa 45 anni. Hanno un livello di educazione molto elevato per un Paese che conta il 70% di analfabeti: il 38% dei deputati della Wolesi Jirga ha un livello di studi superiori, il 50% sono diplomati. Tuttavia, secondo le stime ONU, solo il 10-20% di loro sa come funziona un Parlamento.
Fra i candidati eletti, si segnalano due “signori della guerra” di etnia tajika, Yunus Qanooni, ex Ministro dell’interno e dell’istruzione e successivamente eletto Presidente l’Assemblea, e Burhanuddin Rabbani. Altri due “signori della guerra” presenti in Parlamento sono accusati di crimini contro l’umanità: Haji Mohammad Mohaqiq, di etnia hazara, prima sostenitore di Karzai e poi passato con Qanuni, e il pashtun Abdul Rabb Rasul Sayyaf, un integralista islamico che sostiene Karzai. Siedono in Parlamento anche tre ex figure di primo piano dei talebani: l’ex comandante Haji Mullah Abdul Salama Rocketi, l’ex governatore provinciale di Mawlavi, Islamuddin Mohammadi, ed un ex responsabile della sicurezza, Shah al-Hussein. Siedono in Parlamento anche diversi ex comunisti, tra cui Sayed Mohammad Gulabzoi, che è stato Ministro dell’Interno in uno dei Governi afghani durante l’occupazione sovietica.
La seduta inaugurale (19 dicembre 2005) si è aperta con una preghiera e l’inno nazionale, poi ha preso la parola l’ex re Zaher Shah e i nuovi deputati hanno prestato giuramento davanti al Presidente Hamid Karzai. Il Vice Presidente americano Dick Cheney era presente in aula.
Nel suo discorso inaugurale, il Presidente Karzai ha ricordato come l’Afghanistan sia risorto dalle ceneri dell’invasione e del conflitto attraverso l’apertura del suo primo Parlamento dopo trenta anni. Il nuovo Parlamento è stato definito “una tappa cruciale”per la nascita di uno Stato sicuro. L’ultimo Parlamento si era riunito nel 1973, prima di un colpo di Stato che aveva rovesciato la monarchia.
La magistratura |
La Costituzione del 2004 dedica alla magistratura il Titolo VII. Essa prevede, all’articolo 116, che il potere giudiziario è un organo indipendente dello Stato e che l’ordinamento giurisdizionale si compone di una Corte Suprema, di corti d’appello e di corti di prima istanza, le cui strutture e funzioni sono stabilite dalla legge. Inoltre, la Corte Suprema, in quanto supremo organo giudiziario, sovrintende a tutti gli altri organi giudiziari della Repubblica.
La Corte Suprema
È organo di legittimità ed amministrativo al tempo stesso.
Composizione
E’composta da nove membri, nominati dal Presidente della Repubblica, che durano in carica 10 anni, previa approvazione della Wolesi Jirga; non è ammesso un secondo mandato. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente della Corte tra i suoi membri, che non possono essere in nessun caso rimossi prima del termine del mandato, salvo il caso in cui un terzo dei componenti della Wolesi Jirga ne chiedano la messa in stato d’accusa per un reato commesso nell’esercizio delle sue funzioni, richiesta che deve essere approvata dalla Wolesi Jirga a maggioranza dei due terzi; in tal caso l’accusato è destituito dall’incarico e deferito ad un tribunale speciale.
I membri della Corte Suprema devono possedere i seguenti requisisti:
- non devono avere meno di 40 anni al momento della nomina;
- devono essere cittadini afghani;
- devono essere esperti di diritto o di giurisprudenza islamica e devono possedere una sufficiente competenza ed esperienza nel sistema giudiziario dell’Afghanistan;
- devono avere alti valori etici ed una buona reputazione;
- non devono essere stati condannati per crimini contro l’umanità od altri reati;
- non devono fare parte di alcun partito per l’intera durata del mandato.
Funzioni
La Corte Suprema, su richiesta del governo o dei tribunali, esamina la legittimità costituzionale di leggi, decreti legislativi, trattati internazionali e convenzioni internazionali (art. 121). Inoltre, la Corte Suprema stabilisce le regole sulla nomina, rimozione, promozione, pensionamento, remunerazione nonché sui provvedimenti disciplinari dei funzionari e del personale amministrativo degli organi giudiziari.
I tribunali
Nei tribunali afghani i processi sono pubblici; si svolgono a porte chiuse sono nei casi in cui la segretezza appare necessarie.
Le sentenze devono essere motivate e sono immediatamente esecutive, salvo la sentenza di condanna alla pena capitale che è condizionata dall’approvazione del Presidente della Repubblica.
Durante i processi si applicano le disposizioni della Costituzione o delle altre leggi; nei processi riguardanti lo statuto personale degli sciiti, si applica la giurisprudenza della scuola di diritto sciita, conformemente con la legge (art. 131).
I giudici sono nominati su indicazione della Corte Suprema e con l’approvazione del Presidente della Repubblica. La nomina, il trasferimento, la promozione, il provvedimento disciplinare e le proposte di pensionamento dei giudici sono di competenza della Corte Suprema, in conformità con la legge. La Corte Suprema è competente a giudicare i giudici accusati di aver commesso un reato.
Il Pubblico ministero
Le indagini spettano alla polizia e le attività investigative e d’accusa sono condotte dal pubblico ministero in conformità con le disposizioni di legge.
Il pubblico ministero è un organo del potere esecutivo (art. 134) ed è indipendente nell’esercizio delle sue funzioni.
Al momento i magistrati operanti in Afghanistan sono circa 1.500.
Si ricorda che in Afghanistan è presente la condanna a morte.
ATTUALITA’ POLITICA
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Con la fine del 2007 vi sono state alcune interessanti evoluzioni nella politica interna dello Stato afgano: un’apertura del governo ufficiale nei confronti di alcune frange più moderate della resistenza talebana e la determinazione dimostrata dal presidente Karzai in favore di un risanamento del costume politico del paese, con particolare riguardo alla lotta contro la corruzione e le malversazioni nell’establishment governativo.
A fronte degli indubbi progressi compiuti nel processo di ricostruzione in Afghanistan e nella sua dimensione politica (300 giornali liberi e spesso critici, Parlamento eletto democraticamente e con una componente femminile dell’8%, 3 milioni di scolari/e, almeno 5 milioni di profughi rientrati, etc.), sono altrettanto evidenti i segni di debolezza della governance, testimoniati dai gravi problemi ancora aperti (corruzione, inefficienza amministrativa, incremento della produzione di droga, criminalità e povertà diffusa, inflazione per generi di largo consumo). La nomina del nuovo Ministro per il Counternarcotics, Gen. Khadoiad – già numero due dello stesso dicastero – e il ricambio di alcuni governatori provinciali (Helmand, Ghazni e Loghman) mostrano una ripresa di attenzione del Governo centrale, il cui merito va anche alla neo istituita Independent Directorate for Local Government (IDLG), ma che esita ad assumere natura organica in tutto il Paese.
Le incertezze sono aggravate dai ritardi dell’amministrazione in settori cruciali, dal problematico rapporto tra Presidente e un Parlamento frammentato fino alla complessa preparazione del processo elettorale (a metà febbraio la Wolesi Jirga ha votato a favore dello svolgimento di elezioni presidenziali nel 2009 separate da quelle parlamentari, mentre le discussioni alla Meshrano Jirga sono ancora in corso). Infatti, nonostante il sostegno manifestato dalla comunità internazionale ad una riunificazione delle due scadenze elettorali, la rivalità tra le varie parti afgane interessate sembra spingere verso la separazione dei due eventi.
Nonostante i progressi compiuti nel processo di ricostruzione civile e istituzionale, visibili, tra l'altro, nella rinnovata partecipazione femminile alla vita sociale e politica, il processo di stabilizzazione e di rafforzamento delle istituzioni democraticamente elette registra ancora elementi di criticità. In particolare, la popolazione manifesta un certo scontento sia per il permanere della grande arretratezza e povertà sia per la mancanza di ordine pubblico e l'accresciuto potere regionale dei vari signori della guerra, che hanno peraltro un ruolo primario nella produzione dell'oppio; quest'ultima, nel 2007, ha registrato il picco massimo e continua ad essere la principale risorsa economica del Paese.
La situazione della sicurezza è stata stigmatizzata da un rapporto reso noto a metà dello scorso novembre dal Comitato Congiunto di Sorveglianza e di Coordinamento. Nel rapporto figura che le vittime complessive del conflitto afgano sono quadruplicate rispetto al 2005, passando a 3.700; si rivela inoltre un sostanziale fallimento il costoso programma USA di addestramento della polizia afgana (26.000 effettivi), nel quale sono molti i casi di corruzione e gli episodi di incompetenza più o meno grave. Il profilo di maggiore preoccupazione concerne in particolare la precaria situazione nella parte meridionale del Paese e nelle zone al confine con il Pakistan, nelle quali si è assistito a una progressiva ripresa di influenza degli stessi talebani.
La diffusa percezione del peggioramento della situazione nel Paese, legata alla crescente insicurezza per il ripetersi diattacchi suicidi, si fonda su episodi insurrezionali, attività criminali, nonché su attentati miranti a conseguire la massima visibilità pur a fronte dell’inferiorità sul piano militare dei talebani e di altri oppositori. Ne fa ampiamente stato l’ultimo rapporto trimestrale della NATO al CdS. Nelle ultime settimane si è assistito ad una recrudescenza, sia nella capitale (in particolare, l’attentato all’Hotel Serena) e nella sua area, sia nelle province (in particolare, gli attentati a Kandahar, con un elevato numero di vittime civili). Nel 2007 il livello di attività ostili è aumentato rispetto all’anno precedente (una media di 566 episodi al mese rispetto ai 425 del 2006) ed anche le zone al nord-ovest del Paese, in passato più stabili rispetto al sud e all’est, hanno mostrato un graduale affiorare di forme di insorgenza. Al di là di tali eventi preoccupa l’estensione del territorio non soggetto al controllo del Governo e stimato dal direttore del National Intelligence USA nell’ordine del 70% del Paese.
Per anni gli esponenti politici afgani, compreso
il Presidente Karzai, hanno rivolto appelli alle frange più moderate dei
ribelli talebani affinché si riavvicinassero al governo e iniziassero un’opera
di collaborazione. I recenti sviluppi hanno finalmente aperto qualche spiraglio
di collaborazione: il 7 gennaio 2008, infatti, il governo afgano ha annunciato
che un ex capo talebano è stato nominato responsabile ufficiale del governo Karzai
nella provincia meridionale di Musa Qala, controllata attualmente dalle forze
talebane. Attraverso tale accordo con Mullah Abdul Salaam, il governo
afgano sembra aver intrapreso una strada più disponibile alle aperture. Questo
potrebbe incoraggiare ulteriori defezioni da parte dei talebani più moderati,
attratti dalla possibilità di incarichi istituzionali di rilievo nelle
strutture del governo ufficiale del paese.
Mullah Abdul Salaam, precedentemente capo talebano nella provincia
di Orzugan, ha contribuito a estendere l’autorità del governo centrale in una
parte strategica della provincia di Helmand, una delle più calde del
paese nonché il bastione del supporto popolare alla resistenza talebana. Le negoziazioni
con le forze talebane hanno tuttavia provocato accesi dibattiti in sede
parlamentare e nei principali mezzi di informazione: da una parte, vi sono
coloro che sostengono la necessità di un dialogo e di negoziazioni con i
talebani poiché riconoscono che l’aumento della stabilità e della sicurezza
in Afghanistan è strettamente legato alla partecipazione delle forze talebane
nella politica ufficiale del paese; dall’altra, coloro che temono le
tensioni politiche conseguenti ad una eventuale mancanza di collegamento tra
strategia politica nazionale e strategia militare della NATO nel paese, tesa
quest’ultima ad annientare la resistenza talebana senza la possibilità di
accettare compromessi.
Un altro problema che ha messo alla prova la capacità di mediazione e la risolutezza del governo afgano nell’ultimo periodo è rappresentato dalla diffusa corruzione che affligge la classe dirigente del paese. Il Presidente Karzai ha sottolineato tale situazione a metà novembre 2007, criticando i membri del proprio gabinetto ed i deputati per le pratiche collusive di cui si rendono protagonisti, ed ha affermato che tale problema è talmente diffuso da rischiare di minare e di rallentare il processo di ricostruzione materiale e istituzionale. Nel Corruption Perceptions Index stilato da Transparency International nel 2007, l’Afghanistan si è posizionato al 172° posto, con un punteggio di 1,8 su una scala da 10 (nessun grado di corruzione) ad 1 (altamente corrotto).
Sembra che, dopo tali accuse Karzai, potrebbe introdurre radicali cambiamenti all’interno del suo establishment governativo: si pone così una sfida anche politica sulle reali capacità di governo dell’attuale Presidente, che in passato non ha saputo imporsi sugli altri poteri dello Stato nonostante fossero già stati verificati casi di corruzione e malversazioni.
Dal 16 al 20 ottobre 2007, l’Afghanistan ha ospitato nella città di Herat la conferenza annuale dell’ECO (Economic Cooperation Organization)[5] che riunisce annualmente i leader di Afghanistan, Azerbaijan, Iran, Pakistan, Turchia e delle cinque Repubbliche centroasiatiche. Per l’Afghanistan l’evento ha rappresentato un passo avanti verso la normalizzazione e verso la riconquista di un ruolo internazionale autonomo dopo decenni di guerra. I Paesi ECO inoltre possono rappresentare per l’Afghanistan un’opportunità per consolidare la propria rete di alleanza regionali, per affermare la posizione nodale del paese nell’asse di collegamento tra est e ovest asiatico e per cercare un nuovo sostegno economico e finanziario alternativo agli aiuti occidentali.
La guerriglia talebana. La situazione al confine con il Pakistan
La situazione sul fronte afghano continua ad essere quanto mai incerta e caotica. I talebani stanno riassumendo il controllo di aree sempre più vaste e sembrano aver raggiunto nuovamente un buon livello di organizzazione. Con l’arrivo della primavera sono previsti nuovi attacchi, vincolati però anche da fattori esogeni, come l’attuale crisi istituzionale in Pakistan. D’altra parte, il morale delle Forze NATO sembra peggiorare, come dimostrato dalle recenti divergenze di veduta all’interno della coalizione. I guerriglieri potrebbero sfruttare il momento per portare a termine operazioni su vasta scala e tentare la conquista di nuove roccaforti.
Dopo le elezioni del 18 febbraio 2008 in Pakistan che hanno penalizzato il partito del Presidente Musharraf e quelli di matrice islamica lasciando il campo ad una probabile coalizione fra il PPP e il partito di Nawaz Sharif, gli sviluppi sono ancora in via di definizione sotto il profilo delle alleanze di governo e degli equilibri di potere complessivi, ma sembrerebbero esservi i presupposti per una fase positiva anche per quanto concerne il complesso problema del sostegno su territorio pakistano all’insorgenza in Afghanistan.
Sul piano bilaterale, nonostante recenti tentativi delle due capitali di sottolineare gli sforzi di distensione tra i due Paesi, e a fronte degli obiettivi progressi conseguiti soprattutto nella seconda metà del 2007 - anche attraverso l’avvio del meccanismo di dialogo della Peace Jirga transfrontaliera e la sua strutturazione in analoghi incontri in formati più ristretti - nonché dopo la visita dello scorso dicembre di Karzai in Pakistan, la situazione resta instabile e piena di pericoli.
E’ nelle aree a ridosso della Linea Durand[6] che si concentra la presenza delle retrovie talebane, pronte a sconfinare in Afghanistan per portare i loro attacchi alle Forze della coalizione. Soprattutto nella Federally Administred Tribal Area (FATA) si trovano i centri della resistenza talebana, in quella zona che da sempre è territorio dei gruppi etnici pashtun. Non solo il Waziristan del Sud e del Nord, ma anche la Bajaur Agency e l’area intorno a Peshawar sono diventate zone di influenza dei gruppi fondamentalisti, che cercano di consolidare sempre di più la propria presenza nella zona. D’altro canto, anche nel confine meridionale con il Baluchistan i Talebani stanno intensificando le loro azioni, come dimostrato dalla cattura di Mansur Dadullah proprio in questa area, sfruttando a loro favore il malcontento popolare nei confronti di Islamabad, accusata di politiche discriminatorie nei confronti dei Baluci.
A legare i gruppi talebani alla popolazione di questo arco di confine strategico, è un insieme di fattori difficilmente sradicabili: comune appartenenza all’etnia pashtun, adesione ad una visione conservatrice dell’Islam (il che li pone in contrasto, se non in guerra, anche con le minoranze sciite) e legami di tipo tribale e familiare. In un simile contesto i talebani trovano terreno fertile, potendo contare su due altri valori profondamente sentiti dalle tipiche società tribali: la fedeltà e l’ospitalità. In quest’area si concentrano la maggior parte delle madrase in cui vengono cresciuti e formati i futuri studenti/combattenti e da qui arriva il supporto logistico per le operazioni di guerriglia in territorio afghano. Diverse fonti di intelligence riportano come gli stessi vertici di al-Qaeda (o di quella che fu l’organizzazione negli anni ’80 e ’90) abbiano trovato rifugio ed ospitalità in queste zone montuose, organizzando una ricostruzione delle loro reti e pianificando future strategie di azione. A rendere la situazione estremamente complicata è il fatto che la FATA sia sostanzialmente fuori del controllo centrale di Islamabad, facendo risultare nulli i tentativi di estirpare tali movimenti, se non tramite impopolari raid militari che provocano spesso vittime civili, ottenendo un effetto controproducente.
Proprio in relazione a quanto accade in quel confine montuoso che sembra decidere le sorti del Pakistan, si può delineare la strategia dei Talebani nel breve termine. Nel Waziristan del Sud si concentra il potere di Baitullah Mehsud, capo di un movimento filo-talebano in Pakistan (il Tehrik-e-Taliban) e spina nel fianco del governo di Islamabad. A lui si attribuisce l’ondata di attacchi kamikaze che si è abbattuta sull’Afghanistan ed il Pakistan nel corso del 2007 e, nel caso del Pakistan, nelle ultime settimane durante la campagna elettorale. Inoltre, è ritenuto il responsabile dell’omicidio di Benazir Bhutto e l’elemento più pericoloso per la stabilità del Paese. La sua forza è data da una base di circa 25.000 uomini, concentrati sulla lotta ad Islamabad ed al governo di Karzai in Afghanistan. In questo senso la convergenza di vedute con i Talebani sembrerebbe favorire una “santa alleanza” come, del resto, è successo fino ad ora. Dopo che il cessate il fuoco accordato con Musharraf si è interrotto a seguito degli avvenimenti dello scorso anno nella Moschea Rossa di Islamabad, l’Esercito pakistano sembra essere più risoluto nella lotta ai ribelli di Mehsud. Allo stesso tempo, Mehsud pare essersi concentrato molto di più sulla sua battaglia in Pakistan, piuttosto che sull’Afghanistan.
Rebus sic stantibus, si aprono diversi scenari in chiave Afghanistan e talebani. Da un lato, la concentrazione degli sforzi di Islamabad su Mehsud, cui pare sia stata data priorità assoluta, lascerebbe più margine di movimento ad altri gruppi talebani che, così, avrebbero la possibilità di organizzarsi meglio e pianificare azioni offensive contro le forze ISAF in Afghanistan. Allo stesso tempo, il maggiore interesse dimostrato da Mehsud verso gli affari interni al Pakistan che alla guerra in Afghanistan potrebbe determinare un certo distacco dei talebani dal capo del Tehrik-e-Taliban o, al contrario, far sì che gli stessi talebani decidano di agire con maggiore efficacia in Pakistan, tralasciando al momento il fronte afghano. Pare infatti evidente che un Pakistan destabilizzato e di conseguenza poco incisivo nella lotta ai guerriglieri sul confine, lascerebbe ampi spazi di manovra ai talebani che potrebbero così agire più liberamente in Afghanistan. C’è però da dire che nelle ultime settimane i talebani avrebbero nominato un nuovo gruppo di comando nelle aree di Bajaur e Khyber, snodo fondamentale per i rifornimenti delle Forze NATO dal Pakistan all’Afghanistan, dando maggior peso ai guerriglieri afghani piuttosto che vicini a Mehsud. Ciò farebbe presupporre la predilezione per le offensive volte all’Afghanistan.
Il Sud-Est del Paese, in particolar modo le province di Helmand e Kandahar, sono le aree di maggiore influenza dei talebani, sia sotto il punto di vista del controllo territoriale che dell’appoggio della popolazione. L’Helmand, con la sua ingente produzione di oppio (circa il 48% di tutto l’oppio afghano che, a sua volta, costituisce il 90% della produzione mondiale, si concentra in questa provincia), garantisce ai guerriglieri ottime rendite per auto-finanziarsi. Probabilmente in queste aree continueranno gli attacchi alla NATO, con l’obiettivo di infliggere quante più perdite possibili all’avversario. I talebani sperano di far aumentare in questo modo la pressione interna agli Stati della coalizione, per ottenere un ritiro. In effetti il Canada ha già paventato un ritiro delle sue truppe, a seguito dell’attentato kamikaze contro il proprio contingente nel villaggio di Spin Boldak. Azioni di attacco si sono verificate ultimamente anche nella zona di Kabul contro il contingente italiano e nel Nord, nel Kunduz, contro i tedeschi. Le opinioni pubbliche di Olanda, Germania e Canada sembrano essere le più sensibili alla questione. E’ possibile dunque che anche nell’Uruzgan (dove sono di stanza gli olandesi) si verifichino degli attacchi, con il duplice scopo di mettere a dura prova il governo dell’Aia ed estendere il controllo territoriale dal Sud verso Nord.
La riorganizzazione in corso sulla linea di confine pakistana lascerebbe intendere anche una volontà di compiere attacchi nella Khyber Agency. Da questo valico, attraverso l’asse Karachi-Peshawar, transita circa l’80% delle linee di rifornimento delle Forze ISAF che dal Pakistan entrano in Afghanistan. Per poter commettere delle azioni simili, è necessario assumere il controllo territoriale dell’area; qui però le tribù più influenti, gli Shinwari e gli Afridi, avrebbero ricevuto fondi ed aiuti dalla NATO per collaborare a tenere fuori i talebani. Se i guerriglieri volessero agire da questa zona, dunque, si profilerebbe una lotta con questi gruppi. La tensione intertribale è del resto confermata dalla serie di attacchi kamikaze che hanno colpito i capi locali mentre erano in corso le riunioni per stabilire i nuovi assetti di comando delle aree. Pare chiaro che i talebani stanno tentando in tutti i modi di far sì che la possibile collaborazione tra gli Stati Uniti (e l’ISAF) e alcune tribù influenti in chiave anti-talebana non vada in porto. Del resto, i continui raid aerei della coalizione, che spesso sono sconfinati in Pakistan provocando la morte di molti civili, avrebbero già seriamente compromesso l’influenza della NATO. In aggiunta, la popolazione ed i capi tribù non sarebbero disposti ancora per molto a prestarsi ad una guerra di fatto fratricida tra pashtun musulmani.
Se riuscissero a tagliare i rifornimenti e ad acquistare più influenza nella Khyber Agency, considerato anche il controllo che hanno sul Bajaur, i talebani potrebbero tentare di aprire un altro fronte, tramite un’offensiva nel Kunar e nel Nouristan (a nord-est di Kabul). Considerando che l’influenza talebana è attualmente molto forte nell’area di Wardak, appena 30 km a sud di Kabul, si potrebbe così pensare addirittura ad un accerchiamento di Kabul stessa, come paventato già da due anni. Questo tipo di azione risulta però più difficile da realizzarsi, dal momento che richiederebbe un forte ammassamento di uomini che, a quel punto, diventerebbero facile bersaglio dei B-52 statunitensi. Piuttosto che rischiare ingenti perdite umane, i talebani verosimilmente condurranno una tipica guerra di logoramento con l’obiettivo di causare perdite al nemico e protrarre il conflitto nel tempo (elemento fondamentale per la condotta della guerriglia).
In ultima analisi, il conflitto in Afghanistan, scoppiato con l’obiettivo di stanare i santuari del terrorismo islamico all’indomani dell’11 settembre, si sta rivelando sempre più difficile da risolvere. Le forze messe in campo dagli Stati Uniti e dalla NATO (52.000 uomini) risultano essere troppo esigue per sperare di risolvere la guerra definitivamente in tempi brevi. Basti pensare che l’URSS negli anni ’80 fu sconfitta da una guerriglia simile a quella affrontata oggi dalla coalizione, schierando circa 300 mila soldati. Il Ministro della Difesa norvegese ha dichiarato che si dovrà restare almeno fino al 2015. L’unica soluzione sembrerebbe essere uno spostamento di truppe dall’Iraq, ma al momento non pare applicabile.
D’altro canto i talebani sono ormai riorganizzati e verosimilmente impegneranno le truppe straniere ancora per molto, sfruttando il tempo e cercando di prolungare il conflitto e di estenderlo a varie zone dell’Afghanistan, non solo al sud. Resta fondamentale il ruolo del Pakistan, alle prese con la creazione del nuovo governo. Non sembra possibile che il nuovo esecutivo decida di combattere fino in fondo il fondamentalismo (soprattutto nella FATA), pena una guerra intestina sempre più estesa. Islamabad si concentrerà così su Mehsud, per dimostrare ancora fedeltà agli Stati Uniti, ma allo stesso tempo rischia di lasciare il campo libero alla radicalizzazione dei movimenti talebani e alle loro incursioni in Afghanistan.
La riorganizzazione delle forze armate afghane
Sono ancora numerose le lacune delle forze armate afgane. I paesi impegnati nella missione di stabilizzazione dell'Afghanistan si sono dimostrati pronti a rispondere con maggiori investimenti, mostrando però una certa discrepanza di vedute all'interno della Coalizione. Il ristabilimento della sicurezza interna all'Afghanistan è una priorità per il governo afgano e per la comunità internazionale. Nonostante la riforma delle forze armate e di polizia operata nell'ambito del programma Afghanistan Compact, avviato nel 2006, il raggiungimento degli standard previsti è ancora lontano. Si riscontrano alcune problematiche legate alla non chiara distinzione tra il ruolo dell'ANP (Afghanistan National Police) e quello dell'ANA (Afghanistan National Army) e la mancanza di un codice deontologico che definisca i comportamenti e le misure da adottare a seconda dei vari reati. Soprattutto risultano evidenti problemi nell'addestramento del personale, dovuti alla mancanza di coordinamento e, spesso, la sovrapposizione delle politiche che i paesi collaboratori al progetto adottano .
Il coordinamento delle politiche di riforma delle forze di sicurezza afgane è affidata al Joint, Coordination and Monitoring Board gestito da un ufficiale afgano e un Rappresentate Ufficiale del Segretario dell'ONU. In particolare, l'addestramento delle forze armate e di polizia avviene secondo il programma NATO CSTC-A (Combined Security Transition Command-Afghanistan), che fino al Luglio 2005 prevedeva una divisione di ruoli tra le due nazioni guida nel programma di addestramento, affidando alla Germania il controllo dell'addestramento dell'ANP e agli Stati Uniti quello dell'ANA.
Il 12 luglio 2005 il Governo statunitense ha acquisito un ruolo guida in entrambi i programmi di addestramento. Il cambio di guardia operato in seno al CSTC-A ha però portato ad una discrepanza attualmente presente nelle tecniche di addestramento della polizia afgana, dovuta alle diverse politiche con cui le due nazioni affrontano la questione dell'addestramento. La Germania supporta la National Police Academy, di stanza a Kabul, che prevede un addestramento di tre anni per gli ufficiali di polizia ed un programma di dodici settimane per coloro che vogliono diplomarsi come supervisore o sottufficiale. Il programma di addestramento previsto dall'Accademia di Kabul comprende non solo l'addestramento militare ma anche lo studio del diritto e delle materie sociali. Gli Stati Uniti hanno affidato la pianificazione dei programmi di addestramento all'INL (Bureau of International Narcotics and Law Enforcement Affairs) coadiuvato nella fornitura di addestramento dalla DynCorp, una Private Military Company. L'addestramento viene effettuato nel Central Training Center a Kabul o in uno dei sette Regional Training Centers che operano a Kandahar, Herat, Gardez, Mazar-e- Sharif, Konduz, Jalalabad, e Bamiyan. Il programma prevede nove settimane di addestramento per i candidati alfabetizzati, mentre per gli analfabeti è previsto un corso di cinque settimane. Le differenze di politiche tra Germania e Stati Uniti è alla base della disomogeneità delle attività all'interno dell'Afghanistan. Infatti, mentre la prima punta su un addestramento di pochi uomini ma competenti, gli Stati Uniti preferiscono puntare su un aumento massiccio delle unità militari interne.
Secondo la politica di Security Sector Reform (SSR) adottata nel 2003 dal Presidente Karzai, il consolidamento delle forze armate e di polizia deve rispettare la composizione etnica afgana e delle politiche di genere, prevedendo, ad esempio, la presenza di donne al loro interno. L'ANA, che è addestrata dalla Task-Force Phoenix (alla quale partecipano Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Croazia, Francia, Germania, Italia, Mongolia, Norvegia, Olanda, Polonia, Romania, Slovenia e Svezia), dispone di circa 50.000 uomini di cui 35.000 addestrati dalla Task Force Phoenix. Tuttavia, secondo il 2006 Afghanistan Compact, si dovranno raggiungere le 70.000 unità per poter garantire un livello accettabile di sicurezza interna. Per quanto riguarda l'ANP, l'addestramento e il numero dei membri risulta ancora insufficiente, nonostante nel 2006 il Presidente Karzai abbia fondato l'ANAP (Afghanistan National Auxiliary Police) per far fronte in tempi più rapidi alle più pressanti esigenze. Secondo le linee guida adottate, entro il 2010 il numero di poliziotti dovrebbe ammontare a 62.000 unità, ma a maggio 2007 il Joint-Coordination and Monitoring Board (JCMB) ha richiesto un incremento di 82.000 uomini inclusi 18.500 poliziotti di confine. Nonostante l'aumento previsto, il rapporto tra popolazione e forze di polizia, risulterà comunque inferiore rispetto a quello di altri paesi come l'Iraq. Il JCMB ha riconosciuto apertamente che il numero esatto di uomini che operano nell'ANP non è chiaro, a causa della scarsa diffusione nelle Province delle banche dati elettroniche.
Nonostante le politiche nazionali, la composizione etnica dell'ANP non risulta ancora omogenea, con una forte maggioranza di rappresentanti tajiki. A luglio 2007 i poliziotti addestrati presso i centri di addestramento regionali sono stati 72.000; dei 223 sotto-ufficiali diplomati 167 erano Tajiki, 37 Pashtun, 11 Hazara, 6 Sadat, 1 Uzbek e 1 Gujar; così come dei 376 ufficiali, 210 erano Tajik, 144 Pashtun, 15 Hazara, 3 Uzbek, 3 Sadat e 1 Pashai. La scarsa rappresentanza degli altri gruppi etnici all'interno dell'ANP e la conseguente super rappresentanza del gruppo Tajik, in una situazione di conflitto come quella afgana, potrebbe accrescere il senso di sfiducia della popolazione nei confronti delle autorità. La situazione dell'ANP risulta critica anche a causa dello scarso equipaggiamento di cui dispone, denunciato dal Generale Maggiore statunitense Durbin, che coprirebbe solo il 40% delle unità operative, mente l'ANA, grazie ai più cospicui investimenti (2 miliardi di dollari dall'entrata in vigore dell'Afghanistan Compact) godrebbe di mezzi migliori.
Inoltre, reclutare civili tra le file dell'ANP risulterebbe difficile anche a causa dei salari poco adeguati e inferiori rispetto a quelli previsti per l'ANA, infatti il salario previsto per un poliziotto è di 70 dollari, mentre un soldato viene pagato almeno 100 dollari. La discrepanza tra ANA e ANP, oltre che la presenza nel paese di compagnie di sicurezza private che pagano il proprio personale anche 150-200 dollari al mese, rendono difficile eliminare l'inclinazione alla corruzione all'interno delle forze di polizia. L'apertura dell'ANAP e il reclutamento dei suoi uomini, sembra minare l'obiettivo di una forza di polizia che rispetti degli standard professionali adeguati ad evitare fenomeni di corruzione e di discriminazione.
Le recenti dichiarazioni sullo stato della riforma afgana che si sono succedute in occasione dell'anniversario dell'attacco al World Trade Center, indicano che i paesi impegnati sul fronte afgano sono in generale pronti ad effettuare maggiori investimenti per la stabilizzazione dell'Afghanistan, ma rimane il problema sul modus operandi da adottare. La Germania, in particolare, ha già adottato provvedimenti interni per aumentare il numero dei soldati, ma non vede di buon occhio la politica adottata dagli Stati Uniti nel paese. D'altro canto, l'assistente del Segretario di Stato degli Stati Uniti per l'Asia meridionale e centrale, Richard Boucher, ha chiesto una maggiore flessibilità dei contingenti NATO, in particolare chiamando in causa la Germania che aveva rifiutato di inviare 3000 soldati nella regione meridionale dell'Afghanistan. Nel frattempo, Canada e Paesi Bassi stanno vagliando la possibilità di ritirare le proprie truppe dai territori afgani, a causa del forte dibattito interno sulla reale efficacia della missione NATO.
L'eventuale ritiro delle truppe olandesi e canadesi metterebbe in crisi la missione internazionale, sia dal punto di vista operativo, sia da quello politico. La missione in Aghanistan, all'interno della Coalizione, è percepita come statica a causa della persistenza e dell'aggressività dei gruppi ribelli talebani. Infatti, nonostante i costi economici supportati dai paesi membri (77.242.000 di dollari forniti attraverso l'United Nation Development Program tra gennaio e giugno 2007 da Canada, Italia, Polonia, Norvegia, Svezia e Stati Uniti) la situazione militare non migliora, anzi gli ultimi eventi evidenziano un innalzamento delle tensioni nel paese. Inoltre, il ritardo nell'acquisizione di autonomia e competenza da parte delle forze di sicurezza afgane, dovuto alla disomogeneità delle politiche di addestramento, rischia di incrementare il senso di inutilità della missione in Afghanistan all'interno dei paesi impegnati nel paese.
Dibattito in quadro NATO
La situazione risente inoltre delle difficoltà legate alle divisioni all’interno della NATO emerse in occasione della recente riunione dei Ministri della Difesa a Vilnius, che ha ruotato intorno all’insoddisfacente livello di forze ISAF rispetto a quanto ritenuto indispensabile per l’attività antinsurrezionale ed ai vincoli nazionali di Paesi membri.
Le dichiarazioni del Segretario alla Difesa americano Gates, che ha elogiato Canada, Gran Bretagna, Australia, Olanda e Danimarca, ammonendo contro il rischio di una Alleanza “a due velocità”, hanno provocato ulteriori tensioni senza peraltro contribuire a identificare una soluzione in vista del prossimo Vertice di Bucarest di aprile.
Progetto Conferenza di Parigi sull’Afghanistan.
Si delineano nel frattempo i principali elementi della Conferenza Internazionale di sostegno all’Afghanistan organizzata dalla Francia il 5-6 giugno prossimi, con la prima giornata dedicata ad un foro della società civile. A Parigi verrà prestata attenzione alla dimensione politica, oltre che a quella finanziaria, e si intende perseguire una pluralità di obiettivi, nell’alveo dell’Afghanistan Compact e delle sue scadenze (essenzialmente il 2010), come la precisazione delle priorità e dei metodi di intervento. Oltre a valutare gli obiettivi prioritari e le strategie necessarie per conseguirli, sarà infatti il momento per discutere sulle modalità stesse del sostegno all’Afghanistan, ed il concetto di “condizionalità” nell’aiuto appare emergere come un’opzione realistica nelle discussioni tra donatori. A Parigi peraltro non sarà eludibile l’annuncio di contributi finanziari aggiuntivi da parte dei donatori, e quindi anche da parte italiana, da presentare nel quadro del nostro impegno pluriennale.
Il caso del giornalista Sayed Pervez Kambaksh
Kambaksh è un afghano di 27 anni, studente di giornalismo, condannato a morte in prima istanza il 23 gennaio 2008 da un tribunale religioso di Mazar-i-Sharif (Afghanistan settentrionale) per aver ripreso, il 27 ottobre 2007, da un sito internet iraniano un articolo sui diritti delle donne islamiche[7]. In un’intervista rilasciata al quotidiano inglese “Indipendent” (che sta cercando di salvargli la vita sensibilizzando l’opinione internazionale ed ha aperto una sottoscrizione in suo favore), Kambaksh ha affermato di essere stato condannato al termine di un processo durato 4 minuti, senza assistenza legale e senza la possibilità di prendere la parola.
La vicenda ha avuto larga eco anche in Italia e molti esponenti politici si sono schierati a favore dell’annullamento della condanna a morte. Il primo risultato della campagna internazionale è stato che il Senato afghano[8], che in un primo tempo aveva dato il proprio sostegno alla sentenza, l’ha poi ritirato affermando che la sentenza è stata un “errore tecnico”. A questo punto vi sono speranze che il giovano, ancora in stato di detenzione, possa tornare al più presto in libertà.
Immediate sono state anche le reazioni del Parlamento Europeo, di diversi Stati Membri (per parte nostra, in un colloquio telefonico il Sottosegretario di Stato Vernetti ha richiamato in un colloquio telefonico l’attenzione del Ministro degli Esteri afghano, Spanta), nonché dell’UNAMA, invocando un processo equo in fase appello e soprattutto il pieno rispetto della libertà di espressione. Il caso è stato menzionato anche in occasione della colazione dei Ministri degli Esteri del CAGRE del 18 febbraio scorso con un invito del Commissario Ferrero Waldner a privilegiare al momento interventi bilaterali su Karzai evitando prese di posizione che potrebbero rivelarsi controproducenti, ingenerando reazioni da parte degli ambienti più conservatori della società o delle Istituzioni afgane.
A seguito della richiesta del fratello Said Yaqub, anche egli giornalista e fortemente impegnato nel campo dei diritti umani e delle libertà, di ricevere un visto Schengen per effettuare un viaggio in Europa - in Italia su invito dell’Unione Cronisti Italiani per la consegna di un premio - dopo attento esame, si è ritenuto di autorizzare il rilascio di un visto VTL valido per l’Italia, richiamando l’attenzione dell’interessato circa i rischi che un’eccessiva enfatizzazione della sua presenza in Italia venga strumentalizzata in Afghanistan fino a compromettere le prospettive di soluzione del caso giudiziario del fratello Sayed Parwiz Kambaksh.
PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI*
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PIL a parità di potere d’acquisto |
35 miliardi di dollari |
PIL al cambio ufficiale |
9,93 miliardi di dollari |
Crescita PIL |
7,5% |
PIL pro capite a parità di potere di acquisto |
1000 dollari (Italia: 31.000) |
Composizione del PIL per settori |
Agricoltura (38%), Industria (24%) Servizi (38%) Il 37% del PIL è legato alla coltivazione dell’oppio. |
Popolazione al di sotto della soglia di povertà (2003) |
53% |
Inflazione (2005) |
16,3% |
Quota delle spese militari sul PIL (2006) |
1,9% |
Disoccupazione (2005) |
40% |
Aiuti internazionali |
1,7 miliardi di dollari nel 2002; 1,8 miliardi di dollari nel 2003, 8,2 miliardi di dollari (2004-2007) |
L’Afghanistan è attualmente uno dei paesi più poveri del mondo (secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, FMI, è posizionato al 157° posto su 180 paesi in termini di Pil pro capite). L'Afghanistan ha vissuto per decenni in uno stato di conflitto che ha distrutto le infrastrutture, e l'apparato produttivo, oltre a convogliare il capitale umano nelle operazioni di guerra. Gli sforzi per ricreare una unità nazionale portati avanti dalla politica interna vanno di pari passo con la rinascita economica, nella quale lo sfruttamento del patrimonio di risorse naturali di cui dispone il paese potrebbe giocare un ruolo fondamentale.
L’Afghanistan è stato di recente inserito nel programma di riduzione del debito dei paesi poveri (Heavily Indebted Poor Countries Initiative) elaborato nel 1996 dal FMI e dalla Banca Mondiale. Tale annuncio è giunto dopo che i principali paesi creditori dell’Afghanistan avevano provveduto a simili concessioni: la Russia nel agosto 2007 ha comunicato di voler cancellare il debito di 10 miliardi di dollari contratto in era sovietica, imitata poco dopo da Stati Uniti e Germania. In tal modo l’Afghanistan ha visto negli ultimi anni il proprio debito estero ridotto del 99%.
L’Afghanistan è attualmente il maggior produttore mondiale di oppio (circa 90% della produzione totale) e sebbene il settore non sia parte dell’economia ufficiale, è riconosciuto come il contributo principale al sistema economico afgano (37% del PIL) e per molti agricoltori rappresenta l’unica fonte di sostentamento. Anche non considerando la produzione di oppio, l’agricoltura rimane la linfa vitale dell’economia afgana, alla quale contribuisce con il 38% del PIL e occupa circa l’80% della forza lavoro. La coltivazione dell’oppio e le attività ad esso legate generano 4 miliardi di dollari sotto forma di guadagni illeciti è restano la maggiore fonte di preoccupazione per il Governo.
Un settore dell’economia afgana molto promettente, ma ancora non adeguatamente sfruttato è quello delle risorse energetiche e minerarie contenute nel sottosuolo del paese: i limiti allo sfruttamento delle riserve di idrocarburi sono dati dall’instabilità economica e politica, dalla mancanza di infrastrutture e di vie di trasporto e da insufficienti investimenti di capitali. Ovviare a queste limitazioni potrebbe garantire al paese una notevole crescita. Come affermato nel recente rapporto dell'U.S. Geological Survey in collaborazione con l'Afghanistan Geological Survey del Ministero delle Miniere dell’Afghanistan, le risorse minerarie del Paese sono numerose e pregiate: rame, ferro, zolfo, talco, cromo, magnesio, sale, marmo, rubini, smeraldi, lapislazzuli, amianto, nichel, mercurio, oro, argento, piombo, zinco, bauxite e litio.
Il settore industriale in Afghanistan ha solo recentemente iniziato un percorso di risanamento dopo il collasso quasi totale subito prima della caduta del regime talebano. Attualmente solo il 24% del PIL non legato alla produzione di oppio proviene dall’attività industriale, la quale occupa solamente il 10% della popolazione. Recentemente il governo ha modificato il regime fiscale nello sforzo di sostenere il settore industriale e manifatturiero, adottando politiche di tipo protezionista e stimolando le aziende che esportano i propri prodotti.
L’economia, nel complesso, ha conosciuto un significativo miglioramento dalla caduta del regime talebano (2001), grazie all’assistenza da parte dei Paesi stranieri, la ripresa dell’agricoltura e la crescita nei servizi. Nel 2007 la crescita del PIL è stata del 7,5%. Tuttavia, malgrado i progressi compiuti negli ultimi anni, l’Afghanistan resta estremamente povero. La maggior parte della popolazione continua a soffrire per la mancanza di lavoro, case, acqua potabile, elettricità, cure mediche. La criminalità, che il Governo afghano è incapace di contrastare in tutto il Paese, potrebbe mettere a rischio la crescita del Paese.
La comunità internazionale resta fortemente impegnata nella ricostruzione del Paese (dal 2002, circa 24 miliardi di dollari sono stati concessi al Paese sotto forma di aiuti). I finanziamenti e i prestiti ricevuti da governi esteri e istituzioni multilaterali hanno raggiunto nel 2004-2005 l’ammontare di 3,3 miliardi di dollari (circa il 40% del PIL nazionale e più del 90% della spesa pubblica afgana). La maggior parte di tali entrate, circa il 75%, è gestita direttamente dai soggetti finanziatori, bypassando il governo centrale e figurando in termini di bilancio come “external budget”. Nonostante il governo abbia affermato la volontà di diminuire la percentuale di external budget nei prossimi anni, attualmente esso ha difficoltà anche solo nel gestire la parte di aiuti che riceve direttamente: in altre parole, spende regolarmente meno di quanto è stato finanziato.
[1] Nel corso degli ultimi cinque mesi, il corpo di armata di reazione rapida di Solbiate Olona (VA), oltre ad attività operative e logistiche, ha provveduto ad una costante attività di cooperazione civile e militare incentrata su distribuzioni di aiuti umanitari e di materiale didattico, quali banchi, cattedre e lavagne donate alle scuole; di cisterne per l’acqua, di macchine da cucire per le donne di Kabul; di scarpe e vestiti per migliaia di persone; di apparecchiature radiologiche per l’Università di Kabul, di un campo sportivo polivalente per uno dei tanti orfanotrofi della capitale.
[2] La Costituzione afghana prevede che il Presidente presenti il suo Governo davanti al Parlamento per la fiducia. Ogni singolo Ministro deve ottenere un voto di ratifica da parte dell’Assemblea.
[3] La missione UNAMA è stata istituita nel marzo 2002 ed ha due obiettivi principali: sviluppo e tematiche politiche. Il Consiglio di Sicurezza è stato invitato a ridefinire il mandato della UNAMA, aumentando la sua capacità di coordinamento degli sforzi di assistenza internazionali. I poteri di Eide dovrebbero essere rafforzati rispetto a quelli del suo predecessore, Koenigs, e dovrebbe coordinare l’azione dell’Onu e degli altri alleati in particolare nella lotta al traffico di droga, nella ricostruzione e nello sviluppo del Paese. Il rafforzamento dei poteri dell’UNAMA costituisce un passaggio essenziale per affrontare la prossima fase di preparazione della Conferenza di Parigi (5-6 giugno).
[4] Fra le decisioni prese dalla Corte, si segnala quella che ha cercato di impedire l’apparizione in televisione di cantanti donne. Secondo la tradizione islamica, il canto della donna è considerato una forma di “provocazione” nei confronti dell’uomo.
[5] Si tratta di un’organizzazione internazionale di cui fanno parte dieci nazioni asiatiche. I suoi compiti principali sono quelli di promuovere lo sviluppo, il commercio e gli investimenti. Scopo ultimo dell’ECO è quello di creare un singolo mercato per le merci sul modello dell’Ue. Il Segretariato ECO ed i dipartimenti cultura sono situati a Teheran, il suo ufficio economico in Turchia ed dipartimento scientifico in Pakistan. Ne fanno parte Afghanistan, Azerbaijan, Iran Kazakhstan, Kyrgyzistan, Pakistan, Tajikistan, Turchia, Turkmenistan, Uzbekistan.
[6] La linea di confine, la cosiddetta linea Durand, è stata disegnata nel 1893 e prende nome dal segretario agli affari esteri dell'allora Impero britannico, Sir Mortimer Durand, che firmò il trattato con l' Emiro d’Afghanistan, Abdur Rahman Shah. All'Impero britannico, che aveva bisogno di un Afghanistan cuscinetto per isolare i propri possedimenti dalla Russia zarista, tracciare quel confine serviva anche a dividere in due una popolazione, quella pashtun, che poteva essere una minaccia dall'interno. Oggi i pashtun vivono sui due lati del confine, e l'idea di un grande Pashtunistan, la terra dei pashtun, è un vecchio sogno nazionalista che ancora oggi infiamma gli animi. Inoltre, dal 1949, l'Afghanistan non riconosce più la linea Durand come confine internazionale, ritenendo quindi di avere il diritto di veto sulle scelte di Islamabad riguardo al confine conteso.
[7] Il giovane giornalista giudicato colpevole di blasfemia per aver criticato la discriminazione delle donne nel Corano a fronte della poligamia concessa agli uomini.
[8] La Meshrano Jirga (Camera degli Anziani) non ha alcun potere giudiziario, ma la sua opinione ha valenza politica. La legge prevede due appelli sulla sentenza. La condanna a morte, prevista dalla Costituzione per reati di blasfemia, deve essere approvata dal Capo dello Stato.
* Fonte: Central Intelligence Agency, The World Factbook, edizione 2008.