Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Rapporti Internazionali
Titolo: TURCHIA
Serie: Schede Paese    Numero: 42
Data: 08/11/2007

 

T U R C H I A

 

(in collaborazione con il ministero degli affari esteri)

 

 

 

 

Map of Turkey

 

NOVEMBRE 2007

 

DATI GENERALI

Superficie

780.580 kmq

Capitale

ANKARA (1.900.000 abitanti)

Abitanti

71.158.000

Tasso di crescita della popolazione

1,04%[1]

Aspettativa di vita

73 anni

Lingue

Turco (ufficiale) curdo, arabo, armeno, greco

Composizione etnica

Turchi (80%),Curdi (20%)

Religioni praticate

Musulmana (99,8%)

 

 

 

CARICHE DELLO STATO

 

Presidente della Repubblica

Abdullah GUL ( dal 28 agosto 2007)

Presidente della Grande Assemblea Nazionale (Parlamento)

Köksal TOPTAN (dall’agosto 2007 fino all’agosto 2009, AKP)

 

Primo Ministro

Recep Tayyp ERDOGAN(dal 15 marzo 2003, AKP)

Vice Primo Ministro

Cemil CICEK

Vice Primo Ministro

nazim EKREN

Vice Primo Ministro

Hayati YAZICI

Ministro degli Esteri e Capo negoziatore con l’Unione europea

Ali BABACAN

Giustizia

Mehmet Ali SAHIN

Finanze

Kemal UNAKITAN

Capo di Stato Maggio dell’Esercito

Gen. YAsar BUYUKANIT

 

 

 

SCADENZE ELETTORALI

 

Presidenziali

2014

Politiche

2012

 

 

 

 

CENNI STORICI

 

 

La Turchia moderna è nata con la dissoluzione dell’Impero Ottomano, alla fine della Prima Guerra mondiale. Il Trattato di Sevres (1920) prevedeva l’attribuzione alla Grecia di una vasta regione attorno a Smirne, la nascita di un’Armenia indipendente e di una regione curda con ampia autonomia. La rivolta nazionalista di Mustafa Kemal Ataturk, un accordo di pace separato con l’URSS e le vittorie militari contro i greci costrinsero gli Alleati a rinegoziare gli accordi di pace: il Trattato di Losanna (1923) riconobbe il Paese nelle sue attuali frontiere, ed un accordo separato con la Grecia dispose il trasferimento incrociato delle rispettive popolazioni installate come minoranze (eccetto i Greci di Istanbul ed i Turchi della Tracia, per cui si previdero statuti specifici). Nell’ottobre del 1923 fu proclamata la nuova Repubblica di Turchia con Ataturk come Presidente. Oltre ad abolire il Califfato, egli avviò un’energica opera di modernizzazione all’insegna di secolarismo, nazionalismo e riferimento all’Europa (da cui trasse i codici di legge e i caratteri dell’alfabeto).

 

Morto Ataturk nel 1938, la Turchia si mantenne neutrale nel secondo conflitto mondiale salvo intervenire negli ultimi mesi a fianco degli Alleati; nel 1952 aderì alla NATO, divenendone il principale bastione sul fronte Sud.

Le prime elezioni aperte ad altri partiti ebbero luogo nel 1950 e furono vinte dal Partito Democratico. Gli anni della Guerra Fredda furono caratterizzati da instabilità interna e da ripetuti interventi dei militari nella vita politica del Paese.

Nel luglio 1974 un putsch a Nicosia pilotato da Atene provocò un intervento militare turco a Cipro, che in due fasi occupò un terzo dell’isola.

Estremismi politici e tensioni con i curdi furono causa di forte instabilità interna, finché nel 1982 un nuovo colpo di Stato militare portò al potere il Generale Evren, che impose la legge marziale e mise al bando il partito di ispirazione islamica.

 

Il potere tornò ai civili nel 1987. Il Governo di Turgut Ozal promosse un forte sviluppo economico, ma permasero fattori destabilizzanti, fra cui soprattutto la guerriglia degli indipendentisti curdi.

La Turchia partecipò alla I Guerra del Golfo (1990-1991), subendone pesanti conseguenze economiche per l’interruzione dei traffici con l’Iraq e l’afflusso di rifugiati dal Paese vicino. Nel 1995 iniziarono vaste azioni militari contro la guerriglia curda del PKK di Ocalan.

Nel 1996, dopo la caduta del Governo di Tansu Ciller – la prima donna alla guida del Paese - il partito filo-islamico del Benessere di Erbakan riuscì a formare un Governo di coalizione, fortemente osteggiato dalle gerarchie militari – garanti dei principi dello Stato kemalista – cui mise fine una decisione della Corte Costituzionale che dichiarò il partito illegale per contrarietà ai principi dell’ordinamento turco.

A partire dal 1999 il Governo di Bulent Ecevit – figura storica, nel 1974 promotore dell’intervento militare a Cipro - avviò una politica di riforme ma crescenti divisioni in seno alla sua coalizione, la gravissima crisi finanziaria del 2001 ed una generale volontà di rinnovamento ne determinarono la sconfitta alle elezioni anticipate del novembre 2002.

 Alle elezioni politiche del 3 novembre 2002 il Partito “neo-islamico” della Giustizia e dello Sviluppo di Tayyip Erdogan conseguiva infatti il 34,40% dei suffragi e 363 seggi. L’unica altra formazione ad aver superato l’elevata soglia di sbarramento del 10% è il Partito Repubblicano/CHP (erede della tradizione kemalista – 178 seggi), guidato da Baykal. Il meccanismo elettorale aveva reso possibile l’attribuzione al partito di Erdogan dei due terzi dei seggi parlamentari (368 su 550), successivamente calati al di sotto di tale quota per alcune defezioni. Già interdetto da cariche pubbliche per cinque anni, a seguito di una condanna nel 1998 per “istigazione all’odio religioso” (in un discorso pubblico aveva citato una poesia che si prestava a dubbie interpretazioni), solo a seguito della revoca del provvedimento Erdogan ha potuto essere eletto deputato nel marzo 2003, condizione necessaria per poter ricevere l’incarico di formare il nuovo Governo, sostituendo il compagno di partito Gul (divenuto Vice Primo Ministro e Ministro degli Esteri). La politica di Erdogan riceveva un forte segnale di sostegno nelle elezioni amministrative del 28 marzo 2004, nelle quali l’AKP conseguiva il 42% dei suffragi, conquistando 59 Province su 82.  

 

Costituisce obiettivo prioritario della decisa politica riformatrice perseguita dalle Autorità turche la prospettiva di adesione all’Unione Europea, a seguito della candidatura accolta nel 1999 e dell’avvio dei negoziati nel dicembre 2005. Il Governo ha peraltro sempre sottolineato di ritenere le riforme comunque necessarie allo sviluppo del Paese, a prescindere quindi dalle richieste europee.

 

 

 

 

 

QUADRO POLITICO

 

 

Governo in carica

 

            Il risultato delle elezioni del 22 luglio 2007 ha dato ragione al Premier uscente Recep Tayyip Erdogan, che aveva deciso di anticipare la scadenza naturale del mandato, inizialmente fissato per novembre, in seguito al recente inasprimento delle polemiche interne sulla delicata questione della laicità dello Stato e del Governo. Il suo partito, l’AKP (Partito per la Giustizia e lo Sviluppo), ha infatti conquistato il 46,4% dei voti, segnando un aumento in termini assoluti pari al 13% rispetto alle elezioni del 2002: secondo le parole del Primo Ministro, per la prima volta nella storia della Turchia democratica un partito al Governo ha visto aumentare i propri consensi.          La crescita in voti assoluti tuttavia, corrisponde ad una perdita di circa 20 seggi in Parlamento, dovuta soprattutto alla capacità di entrambe le opposizioni, quella nazionalista e quella di centrosinistra, di superare l’alta soglia di sbarramento del 10%, prevista dal sistema elettorale turco per ottenere una rappresentanza parlamentare.

           

 

 

QUADRO ISTITUZIONALE

 

 

 

Sistema politico

 

La Turchia è una repubblica parlamentare. L’attuale Costituzione è entrata in vigore nel 1982. La Turchia è il solo stato del mondo islamico a dichiararsi laico nella propria Costituzione. E’ uno Stato fortemente centralizzato.

La Costituzione del 1982 può essere revisionata con due distinte procedure: maggioranza dei due terzi dei parlamentari e successivo referendum se il Presidente della Repubblica lo richiede, oppure maggioranza dei tre quinti e referendum obbligatorio. Le riforme al sistema elettorale non richiedono emendamenti alla Costituzione e possono essere approvate dal Parlamento con maggioranza semplice.

      

 

Presidente della Repubblica

 

Il Presidente della Repubblica, secondo le recenti riforme costituzionali (cfr. infra) sarà  eletto, a partire dal 2014, direttamente dal popolo per un mandato di cinque anni, rinnovabile. Può esercitare il diritto di veto sulla legislazione. La sua figura è considerata al di sopra delle parti, pertanto, prima di assumere la carica, il candidato neo eletto, se iscritto ad un partito, deve dare le dimissioni. E’ il Capo delle Forze Armate. L’attuale Presidente della Repubblica, Gul, eletto dal Parlamento, durerà in carica sette anni, secondo la normativa ora abolita.

 

 

Parlamento

 

La Grande Assemblea Nazionale di Turchia (Turkiye Buruk Millet Meclisi) è composta da 550 membri che dureranno in carica (dal 2012) 4 anni.

Si vota con sistema proporzionale con voto di lista. E’ previsto uno sbarramento al 10%, che non si applica tuttavia per i candidati indipendenti.  In base alle recenti riforme costituzionali, il quorum necessario per la validità delle votazioni in Parlamento è passato da 367 a 164 deputati.

Le prossime elezioni per la Grande Assemblea Nazionale si terranno nel 2012.

 

 

Composizione della Grande Assemblea Nazionale:

 

PARTITO

SEGGI

Giustizia e Sviluppo (AKP)

341

Partito repubblicano del popolo (CHP) e Partito Democratico della Sinistra (DSP)

112

Partito di Azione Nazionalista (MHP)

71

Indipendenti (di cui almeno venti di etnia curda)

26

Totale

550

 

Secondo alcune stime, i deputati di origine curda sarebbero più di 100. Nel solo AKP, secondo quanto affermato dal Premier Erdogan, ammonterebbero a più di 50.

 

 

Governo

 

Il Primo Ministro viene di norma nominato dal Presidente della Repubblica nelle fila del partito di maggioranza relativa. Deve fare parte della Grande Assemblea Nazionale.

     Il Governo deve godere della fiducia della Grande Assemblea Nazionale. Su proposta del Primo Ministro, il Presidente della Repubblica può revocare un Ministro.

 

 

 

 

Magistratura

 

Il sistema giudiziario è indipendente. Le leggi sono sottoposte al controllo della Corte Costituzionale, eccetto quelle relative all’ultimo periodo di dittatura militare (1980-1983). La Corte Costituzionale ha inoltre il potere di giudicare sulle accuse mosse contro il Presidente della Repubblica, il Governo ed i massimi vertici dello Stato, e di pronunciarsi sulla richiesta di scioglimento di un partito politico, avanzata dalla magistratura. Può inoltre effettuare controlli sulla gestione finanziaria dei partiti politici ed annullare le decisione prese dalla Grande Assemblea Nazionale in materia di immunità parlamentare.

Nel giugno 1999, a seguito di richieste da parte della Corte Europea per i Diritti Umani, sono state riformate le Corti di Sicurezza in cui sono processati i dissidenti kurdi ed islamici, ponendo limitazioni alla presenza dei militari. In Turchia è stata inoltre abolita la pena di morte nel 1999.

 

 

Forze Armate

 

Nella vita politica turca sono tuttora influenti le Forze Armate, tradizionali custodi del carattere laico della Repubblica. Esse esercitano la loro influenza soprattutto attraverso il Consiglio Nazionale di Sicurezza[2], organo consultivo del Governo che ha tuttavia recentemente visto accrescere, sull’onda delle riforme necessarie per avvicinare il Paese ai criteri politici di Copenhagen, la sua componente civile.

Nel 1997 le Forze Armate hanno svolto un ruolo cruciale nella caduta di un Governo guidato dall’islamista conservatore Erbakan, leader del Partito del Benessere.

Nell’ambito della NATO, quello turco è il secondo esercito per grandezza, dopo quello degli Stati Uniti. La carica di Capo delle Forze Armate è considerata la quarta in ordine di importanza

 

 

 

 

ATTUALITÀ POLITICA

 

 

 

La vittoria di Erdogan, tra laicità e risultati economici

 

            Il Premier uscente, che è riuscito a guadagnare consensi nonostante i clamorosi attacchi politici subiti negli ultimi mesi e durante la campagna elettorale, soprattutto su un tema centrale nella storia del Paese quale la laicità dello Stato e delle istituzioni: sebbene infatti oggi il partito fondato dal Padre della Patria Kemal Ataturk, il CHP, non goda di grandi consensi elettorali, per gli oltre 70 milioni di cittadini turchi, e non solo per le classi borghesi, il principio della laicità rimane un valore irrinunciabile. In cinque anni di Governo, le maggiori critiche su questo tema erano state avanzate dagli ambienti laici per il tentativo, da parte della maggioranza, di approvare il reato di adulterio e per le dichiarazioni sulla disponibilità all’introduzione del velo islamico per le donne, oggi assolutamente vietato nei luoghi pubblici. Nonostante le polemiche suscitate, Erdogan ha comunque dimostrato di riuscire a governare col sostegno di un partito dichiaratamente islamico e rispettando una costituzione profondamente laica; anzi, uno degli argomenti forti della sua campagna è stato l’annuncio di voler aggiornare proprio il testo costituzionale, voluto dalla giunta militare negli anni ’80, con l’estensione dei diritti civili e la riforma dell’arcaico sistema giuridico. Questa capacità di conciliare il sentimento religioso con i valori occidentali, entrambi così diffusi nel Paese, rappresentano un esempio significativo non solo per gli Stati musulmani, in particolare in Medio Oriente, ma per l’intera comunità internazionale. La rilevante crescita economica che la Turchia ha vissuto negli ultimi 5 anni ha certamente rappresentato la carta vincente nella campagna elettorale del Premier: il Paese infatti è cresciuto ad una media annua del 7,3% e il tasso d’inflazione è sceso da oltre il 50 al di sotto del 10%; le riforme del sistema finanziario e bancario, che hanno migliorato la credibilità e la trasparenza del settore, hanno anche contribuito a far crescere gli investimenti stranieri da 6 a 88 miliardi di dollari l’anno; l’intenso programma di privatizzazioni economiche infine, ha portato il debito pubblico sotto l’1% e il PIL intorno ai 400 miliardi di dollari. Un reddito pro capite salito fino a 5.000 dollari ha messo in secondo piano le questioni politiche irrisolte e i dubbi sollevati da un Governo islamico moderato, ma, sul piano economico, rimane centrale la questione della redistribuzione della ricchezza: i sistemi di welfare attuati dal Governo si sono infatti mostrati nella maggior parte dei casi dei semplici palliativi, non in grado di realizzare un sistema di protezione sociale a sostegno delle classi più svantaggiate, che hanno visto aumentare, anziché ridursi, il divario rispetto ai ceti borghesi più o meno tradizionali. Il prossimo Governo dovrà porre un’attenzione particolare a questo tema se vorrà mantenere la posizione raggiunta nel 2006 nella classifica mondiale delle economie più ricche e il primato, in questo ambito, tra i Paesi musulmani.

            La maggioranza uscita dalle elezioni si troverà presto ad affrontare, insieme a quelle economiche, le questioni politiche che caratterizzano l’agenda del Paese, in particolare l’ingresso nella UE e le rivendicazioni del popolo curdo. La Francia di Sarkozy, più che la Germania della Merkel, oggi appare il nuovo ostacolo al prosieguo dei negoziati, dopo che a giugno il Presidente francese ha posto il veto sul terzo capitolo previsto per l’adesione, quello relativo all’ingresso nel sistema monetario dell’euro, con la motivazione che questo richiede un’adesione completa, mentre per i primi 2 è sufficiente il rapporto definito “privileged partnership”. Non sarà più semplice affrontare la vicenda del popolo curdo, che in Parlamento sarà ora rappresentato da una ventina di deputati eletti come indipendenti, anche alla luce della presenza tra le fila dell’AKP di circa 100 parlamentari di origini curde. L’assetto istituzionale dell’Iraq dopo la caduta del regime ha creato nel nord del Paese, lungo il confine sudorientale della Turchia, una regione fortemente autonoma, estremamente ricca di risorse energetiche e governata dai curdi iracheni: Ankara, anche sotto la pressione dei militari, non ha alcuna intenzione di seguire l’esempio dei Governi post-Saddam, ma non può neanche continuare l’estenuante guerra che porta avanti dal 1984 contro il PKK e la repressione dei diritti nei confronti di questa etnia e potrebbe quindi valutare la proposta lanciata dai deputati curdi per l’avvio di un’iniziativa di pace; una soluzione pacifica definitiva appare comunque ancora lontana.

 

 

Il risultato delle opposizioni

            L’alleanza formata dal Partito Democratico Popolare (CHP) e il Partito Democratico della Sinistra (DSP) ha in effetti conquistato il 20% circa dei voti, pari a 112 seggi, ma si tratta di un risultato non certo esaltante, considerando il fatto che nel 2002 il CHP si era presentato da solo ottenendo all’incirca il 20%, mentre il DSP non aveva raggiunto la soglia di sbarramento: nel complesso, lo schieramento laico di centrosinistra ha finito col perdere oltre 60 deputati.

            I commentatori imputano questa sconfitta a diversi fattori, tra cui la mancanza di una classe dirigente diffusa e un senso di sfiducia soprattutto da parte della tradizionale base elettorale composta dai lavoratori e dalle élites cittadine intellettuali; la cosa certa è che, anche a causa di una scarsa capacità della classe dirigente dei 2 partiti, la coalizione non è riuscita a tradurre in termini elettorali i consensi di cui sembrava godere sul piano politico durante le imponenti manifestazioni della scorsa primavera.

            Rispetto alla precedente tornata elettorale il Partito del Movimento Nazionalista (MHP) invece, ha acquisito all’incirca il 6% di nuovi consensi, riuscendo in tal modo a superare la soglia di sbarramento e ad eleggere 71 parlamentari, laddove fino ad oggi non ne aveva alcuno. La spiegazione più probabile di questo successo va imputata proprio agli avvenimenti degli ultimi mesi e alla tradizionale capacità dei militari turchi di rappresentarsi come i guardiani della laicità dello Stato nonostante la vicinanza politica, sin dagli anni ‘60 e ’70, con i movimenti ultra-nazionalisti e religiosi quali i Lupi Grigi allora e l’MHP oggi. Il Jerusalem Post ha recentemente affermato che la campagna contro il Partito dei Lavoratori Curdo (PKK) rilanciata ultimamente proprio dalle forze militari nel sud-est del Paese sia stata pianificata per accusare l’AKP di debolezza nei confronti del terrorismo curdo e provocare una reazione in termini elettorali a vantaggio dello schieramento più conservatore.

 

Abdullah Gul, il primo Presidente islamico della Repubblica turca

           

            Forte del consenso ottenuto a luglio, Erdogan ha mantenuto la candidatura del suo ex Ministro degli Esteri per la Presidenza della Repubblica, nonostante le forti critiche e le manifestazioni che questa figura aveva suscitato da parte dell’opposizione laica e dei potenti ambienti militari. Il passato di Gul come militante radicale islamico, per cui è stato anche detenuto dopo il “coup” del 1980, e il fatto che sua moglie indossi il “turban”, vietato negli uffici pubblici secondo la Costituzione vigente, non sembrano preoccupare tanto gli elettori turchi, quanto gli esponenti politici ed istituzionali: gli alti ufficiali infatti, non hanno presenziato alla cerimonia di investitura e il Generale Buyukanit ha affermato che “centri del male” stanno tentando di colpire la Repubblica laica, mentre gli esponenti del CHP non hanno partecipato alla votazione. Il Presidente Gul quindi, è stato eletto con 339 voti su 448 votanti, ben oltre la maggioranza assoluta di 276 richiesta alla terza seduta: nelle due tornate precedenti infatti, i soli voti dell’AKP non erano stati sufficienti per raggiungere i 2/3 del Parlamento necessari secondo la legge.

            L’undicesimo Capo dello Stato ha pronunciato un equilibrato discorso nel giorno del giuramento in Parlamento: ha citato più volte Ataturk ed il secolarismo, definito uno dei principi fondamentali della Repubblica; ha incassato gli applausi dei deputati curdi del DTP quando si è detto contro ogni discriminazione, comprese quelle etniche e linguistiche; ha riaffermato con forza l’impegno a proseguire nelle riforme nella prospettiva dell’adesione all’UE.

            Non facile si prevede il rapporto con i militari, a cui comunque egli ha reso omaggio nel suo discorso, ma che non si sono presentati al giuramento. Del resto il Capo di Stato Maggiore Buyukanit, alla vigilia delle celebrazioni dell’anniversario della Vittoria (30 agosto) e della designazione di Gul, aveva reso pubblico un comunicato per riaffermare la laicità dello Stato in pericolo e il dovere delle Forze Armate di preservarla.

 

 

            Il referendum costituzionale del 21 ottobre 2007

 

            Il referendum, voluto dal Premier Erdogan, si è tenuto in una delle giornate più nere nella storia della recente Turchia, nuovamente segnata dalla violenza nel Kurdistan turco: gli atti di terrorismo e gli scontri tra forme armate e membri del PKK sono costati la vita a 16 militari e 32 separatisti.

     I referendum sono stati approvati con una maggioranza superiore al 69%, mentre i no hanno superato di poco la soglia del 30%. L’affluenza è stata del 66% - irrilevante per assicurare la validità della consultazione, dal momento che la Costituzione non impone un limite minino alla partecipazione – ma lontana dalle percentuali relative ultime elezioni legislative (oltre 80%).

 

 Queste le riforme approvate:

 

§         Elezione diretta del Capo dello Stato;

§         Riduzione del mandato del Capo dello Stato a cinque anni (rinnovabili);

§         Diminuzione del mandato parlamentare da cinque a quattro anni;

§         Abbassamento del quorum necessario per la validità delle votazioni in Parlamento (da 367 a 164 deputati).

 

             

Questione curda

           

          I Curdi sono un popolo non arabo, in prevalenza musulmani sunniti, che parlano una lingua molto simile al persiano. Non hanno uno stato ma vivono in un territorio montagnoso diviso tra Turchia, Iraq, Iran e Siria.   Per la maggior parte della loro storia sono stati sotto dominazione straniera. In tempi recenti Iran, Iraq e Turchia si sono opposti alla creazione di uno stato indipendente curdo e le potenze occidentali non ne hanno aiutato la nascita.   Il nazionalismo curdo venne alla luce con più forza alla fine del 1800, col declino dell'impero ottomano. Nel 1920 il trattato di Sevres, che smembrò l'impero ottomano e i suoi  possedimenti, promise l'indipendenza ai curdi.

          Tre anni dopo, il leader della Turchia moderna, Mustafa Kemal (Ataturk) stracciò il trattato. Rivolte curde negli anni '20 e '30 venero soffocate dalle forze turche e la lotta armata dei curdi rimane quiescente fino al 1984, anno in cui il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) prese le armi contro Ankara con il fine di creare uno stato indipendente nel sud-est della Turchia a maggioranza curda. Da allora oltre 35.000 persone sono morte nel conflitto.  

La politica ufficiale turca  è stata per decenni quella di negare il problema, arrivando a qualificare i curdi come “turchi di montagna”, o leggendolo solo in chiave repressiva quale contrasto delle attività terroristiche intraprese da alcuni gruppi, in particolare il PKK.

          Il leader del Pkk, Abdullah Ocalan, dopo essersi rifugiato in Italia in cerca di asilo e espulso, è stato catturato dai turchi e processato nel 1999. La sua condanna a morte è stata commutata nell'ergastolo nel 2002 dopo che la Turchia ha abolito la pena di morte.

         

La risonanza internazionale del caso Ocalan nel 1998/99, da un lato, e le aspirazioni turche di integrazione all’Europa, dall’altro, hanno innestato negli ultimi anni una dinamica che ha portato lo Stato turco a rivedere in parte le proprie posizioni: abolito nel 2002 lo stato di emergenza del Sud-Est, è stata autorizzata la celebrazione del Newroz (il “Capodanno” curdo in precedenza occasione di scontri e repressioni), avviati programmi in curdo sulle emittenti pubbliche ed alcune private, autorizzati corsi privati di curdo. Certo persistono resistenze e difficoltà: ad esempio la legge sugli indennizzi stenta a funzionare così come resta carente quella sul rientro nei villaggi abbandonati.

                Grandi aspettative aveva suscitato la visita di Erdogan il 15 agosto 2005 a Dyarbakir, città simbolo della regione curda, visita apprezzata dai leaders curdi e di forte impatto data anche la forza con cui Erdogan – in occasione di un incontro con intellettuali curdi qualche giorno prima - aveva sottolineato la scelta strategica per le riforme, e non la repressione, quale soluzione per i problemi dell’area. Da allora, tuttavia, non si sono registrati sviluppi, né vi sono indicazioni su tempi e contenuti dell’Action Plan per lo sviluppo socio-economico già annunciato, in sostituzione del precedente risalente al 1996.

            Nella stessa estate del 2005 si assisteva tuttavia ad una significativa ripresa di attacchi  da parte del PKK e di formazioni ad esso vicine e  si registravano pesanti azioni repressive delle polizia. La ripresa delle attività terroristiche dava nuovo vigore ai sostenitori dell’opportunità di rafforzare la legislazione anti-terrorismo: la forte pressione degli apparati di sicurezza portava all’approvazione di una legge anti-terrorismo, nel giugno 2006, che suscitava perplessità per alcuni aspetti, quali l’estensione della definizione di terrorismo, la vaghezza de reato di “propaganda”, l’inasprimento delle pene e la restrizione del diritto alla difesa per le persone implicate in attività terroristiche. In definitiva, sembrava tornare a prevalere un approccio “securitario”: nel settembre 2006 si apriva ad esempio a Dyarbakir un processo contro 56 sindaci di origine curda, incluso quello del capoluogo, Osman Baydemir, esponente di spicco del DTP, in connessione con una lettera inviata al Primo Ministro danese contro la possibile chiusura dell’emittente Roj tv, che i turchi considerano legata al PKK. La magistratura di Diyarbakir chiedeva inoltre un nuovo rinvio a giudizio per i leaders di DTP, Ahmet Turk e Leyla Zana, con il reato di “elogio a criminali” per alcune dichiarazioni su Talabani, Balzani e Ocalan.

            L’unico possibile interlocutore per il Governo turco è al momento il  Partito  per la Società Democratica (DTP), considerato il successore del Partito Democratico del Popolo (DEHAP). Il DTP, considerato il braccio politico del PKK, è messo sotto accusa per non aver preso le distanze da un movimento definito terrorista a livello internazionale (USA, Ue, NATO) e dai suoi atti di violenza. Il Partito si considera socialdemocratico ed ha lo status di osservatore nell’Internazionale Socialista. E’ stato fondato nel 2005 e tra i suoi fondatori figura anche la ex deputata Leyla Zana, in favore della cui scarcerazione si è creato un movimento internazionale. Il leader del DTP è Ahmet Türk.. Il DTP è fermamente contrario allo sbarramento del 10% introdotto nelle elezioni legislative, in quanto lo ritiene un’iniziativa del Governo per non consentirgli l’accesso in Parlamento.

            All’approssimarsi delle ultime elezioni, il PKK ha indirizzato minacce di morte ai principali partiti turchi (CHP, MHP, DYP e AKP) affinché ritirassero i loro candidati nelle province di Van ed Hakkari, permettendo in tal modo dal DTP di avere il completo controllo sul processo elettorale: “Il nostro popolo, “ha comunicato il PKK,” deve dimostrare la propria appartenenza etnica in queste elezioni. Se si sviluppassero altre prese di posizioni, anche la nostra strategia sarebbe differente (…) Chiunque danneggi il nostro movimento o il nostro partito non sarà perdonato e sappia che sta affrontando la morte”. I risultati hanno visto il successo di una ventina di deputati, candidatisi da indipendenti ma appoggiati dal DTP.

            Attualmente circa 3 mila combattenti del Pkk hanno posto le loro basi nell'Iraq settentrionale da dove lanciano attacchi su obiettivi in territorio turco. Qualche altro migliaio di combattenti del Pkk si troverebbe invece in Turchia.

            Sempre in relazione al PKK, il Governo turco ha criticato anche l’Unione Europea, colpevole di non aver fatto nulla per contrastare i ribelli del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, il premier turco Erdogan ha ricordato che nessun paese europeo ha finora estradato in Turchia rappresentanti del PKK pur avendo classificato l’organizzazione come terroristica e aver incriminato per attività legate al terrorismo alcuni suoi appartenenti. Secondo il premier turco sia coloro che sostengono i terroristi sia chi non si impegna attivamente per fermarne le attività sono complici e responsabili degli attentati e delle uccisioni.

Le trattative tra il Governo iracheno ed Ankara si sono susseguite frenetiche negli ultimi giorni ma non si è ancora arrivati ad un punto di accordo: Ankara chiede infatti la consegna da parte del Governo iracheno di molti esponenti del PKK che la Turchia accusa di terrorismo e misure dure per tenere sotto controllo le attività del movimento armato che ha le sue basi tra le montagne del nord dell’Iraq. Alle trattative tra il governo turco e quello iracheno hanno partecipato anche funzionari statunitensi e rappresentanti dei due partiti curdi dell’Iraq: la partecipazione degli americani ai negoziati è un segnale del fatto che la questione tra Turchia e PKK non è più solo legata a presunti atti terroristici dei ribelli curdi ma sta trasformandosi in una questione internazionale.

 

Dopo che la Grande Assemblea Nazionale Turca ha dato l’assenso per operazioni militari nel nord dell’Iraq (9 ottobre), si teme un allargamento del conflitto con conseguenze destabilizzanti in tutta l’area medio-orientale.

La decisione turca, motivata dall’escalation del conflitto con i ribelli del PKK (costato la vita a 150 militari turchi dall’inizio dell’anno), ha suscitato le preoccupazione americane (cfr: infra). Il Premier Erdogan ha affermato, prima di iniziare un tour che prevede, tra le altre, tappe negli USA e in Italia, che “La Turchia rispetta la sovranità nazionale e l’integrità territoriale dell’Iraq, ma è sua intenzione fermare gli attacchi terroristici del PKK che, specialmente dal 2003, agisce indisturbato nel nord dell’Iraq (…) Il PKK è un’organizzazione terroristica e non rappresenta in alcuna maniera i nostri cittadini di origine curda. Dal 1984, gli atti terroristici compiti dal PKK hanno provocato la morte di più di 35.000 cittadini turchi, tra i quali innocenti, insegnanti ed altri funzionari statali. (…) . Secondo alcune fonti, le autorità turche avrebbero ammassato circa 200.000 soldati al confine con l’Iraq.

Gli analisti sono convinti che, per non rischiare di non innescare un conflitto di larga portata, la Turchia avrebbe bisogno, prima di agire, dell’assenso dell’Iraq e degli USA.

Washington, pur condannando i sanguinosi attacchi del PKK degli ultimi giorni, ha ribadito la necessità di una “cooperazione tripartita” Ankara-Washington-Baghdad. Quest’ultima, in particolare, non ha lasciato spazi di manovra alla Turchia, dato che il portavoce del Governo iracheno ha affermato che Ankara si deve attenere ai limiti stabiliti dal recentissimo accordo turco-iracheno sulla sicurezza, in base al quale, alle forze militari turche non è concesso neppure il c.d. “inseguimento a caldo” oltre  i confini. L’opinione irachena non è condivisa dal Ministro della Difesa turco, Vecdi Gonul, che ha puntualizzato che l’autorizzazione irachena non è prevista – secondo il trattato -  per gli “inseguimenti a caldo”.

 

La visita di Erdogan negli USA (5-6 novembre 2007) non ha portato sostanziali mutamenti nella situazione. Mentre Erdogan ha affermato che la Turchia non intende recedere dalle sue posizioni, Bush ha deciso di far cooperare i militari USA con quelli turchi ed iracheni per combattere il PKK nel Kurdistan iracheno. Erdogan si è detto pienamente soddisfatto del sostegno dell’alleato. Fra le formule di cooperazione che si possono pronosticare, prime fra tutte figura l’appoggio logistico all’esercito turco con apparecchiature in grado di mostrare i campi dei ribelli nel nord dell’Iraq.

 

             

I rapporti con la Siria e i nuovi interessi mediorientali

            Da qualche anno è in atto un riavvicinamento tra Ankara e Damasco, dopo gli attriti che hanno caratterizzato gli anni ’90. La Turchia deve fronteggiare nuovi problemi regionali, connessi con l’invasione statunitense dell’Iraq e i conseguenti assetti che ne stanno scaturendo. Damasco ha bisogno di alleati forti nell’area per poter controbilanciare l’isolamento cui è sottoposta per le sue scelte di politica estera. In particolar modo, la Turchia è fondamentale per mantenere viva l’economia siriana ed il suo commercio con l’estero, oltre che per ragioni strategiche ed energetiche.

            Sembrano lontani i tempi in cui Ankara schierava reparti del suo Esercito lungo il confine meridionale con la Siria, decisa a risolvere militarmente la crisi legata all’appoggio del regime di Assad ai guerriglieri curdi del PKK (Partito dei Lavoratori Curdi). La questione si risolse con l’estradizione del capo del PKK Abdullah Ocalan, successivamente catturato a Nairobi con la collaborazione della CIA e del Mossad. Questo momento può essere individuato come l’inizio di un nuovo rapporto tra i due Paesi, non più caratterizzato da tensioni e diffidenza (Assad si sentiva soffocato dall’alleanza strategica Ankara-Gerusalemme, all’epoca molto più consolidata di ora, e ricattava la Turchia proprio tramite l’arma dell’appoggio al PKK), ma da visioni ed interessi comuni. La situazione mediorientale è evoluta drammaticamente, con lo scoppio della seconda intifada, gli attacchi terroristici dell’11 settembre e le spedizioni militari in Afghanistan e Iraq. I rapporti di forza sono cambiati, la cooperazione tra Israele e Turchia è meno rilevante, così come sta mutando l’atteggiamento di Ankara nei confronti degli Stati Uniti e, di conseguenza, nelle politiche mediorientali.
Allo stesso tempo il regime di Damasco ha affrontato un periodo di crisi, culminato con il ritiro dal Libano a seguito dell’attentato mortale a Rafiq Hariri, la conseguente guerra dell’estate 2006 tra Israele ed Hezbollah ed un irrigidimento delle posizioni di Washington nei suoi confronti, dovuto anche alla vicinanza agli Ayatollah di Teheran.         La recente visita di Bashar al-Assad in Turchia suggella una rinnovata collaborazione tra i due Paesi soprattutto in merito alle questioni di natura strategico-militare, economica e di gestione delle risorse. In particolar modo, se si va più nel concreto, i rapporti economici bilaterali si stanno rafforzando notevolmente, contrassegnati anche da progetti di investimenti turchi in Siria a lungo termine, segno della volontà di Ankara di voler mantenere vivi i buoni rapporti con Damasco anche in prospettiva futura. Attualmente la Turchia è il maggior investitore estero in Siria, essendo coinvolta in più di 30 progetti, per la maggior parte industriali, per una cifra complessiva che si aggira attorno agli 800 milioni di dollari, con l’aspettativa che l’industria di Damasco possa crescere ulteriormente nei prossimi anni. E’ in via di definizione un accordo di libero commercio che potrebbe far salire il volume degli scambi anche fino al 20% in più rispetto ad ora. Questo nell’ultimo anno ha quasi raggiunto il miliardo di dollari (mentre negli anni ’90 il valore degli scambi ammontava a circa 300 milioni di dollari), con una ripartizione di circa 1/3 di esportazioni dalla Siria alla Turchia e 2/3 da Ankara verso Damasco.

            La Siria, nonostante l’appoggio ad Hezbollah e Hamas, il rapporto privilegiato con l’Iran e le recenti accuse di collaborazione con la Corea del Nord per lo sviluppo di un proprio piano nucleare, sembra essere comunque ancora lontana da un isolamento vero e proprio. Nel 2006 il volume del suo commercio è cresciuto del 12% rispetto all’anno precedente, superando la soglia dei 20 miliardi di dollari, equamente ripartiti tra esportazioni ed importazioni (importante sottolineare che però le esportazioni sono cresciute del 19%, mentre le importazioni del 5%). Inoltre, altro dato significativo, si sta rendendo via via più indipendente dalle rendite petrolifere, che per tutto il decennio passato ammontavano a circa il 65% del totale, mentre adesso costituiscono il 40% delle esportazioni.

            Nei rapporti siro-turchi non può essere ignorato il fattore curdo che sta tornando di grande attualità proprio in questi giorni. Attualmente è questo il perno attorno al quale fanno leva tutte le scelte prese dalla Turchia nei confronti degli Stati Uniti e della NATO da un lato, e dei vicini mediorientali dall’altro. Sebbene, come accennato in precedenza, i ribelli curdi del PKK siano stati in passato appoggiati da attori esterni (tra cui proprio la Siria) per destabilizzare la Turchia al suo interno, oggi la posizione di Damasco ed Ankara sulla questione converge. Durante l’ultima visita in Turchia, Bashar al-Assad ha espresso il suo pieno appoggio alle operazioni militari in corso nell’Iraq settentrionale, dove si rifugiano i guerriglieri del PKK. Proprio su questo tema Ankara sta manifestando l’intenzione di agire anche indipendentemente, senza l’appoggio, o quantomeno l’approvazione, dell’alleato statunitense. In effetti già nel 2003 la Turchia rifiutò di concedere le proprie basi agli USA per attaccare l’Iraq, sebbene l’eventuale concessione avrebbe probabilmente permesso alla Turchia una maggiore libertà di movimento nel Kurdistan iracheno. In realtà ad Ankara andava bene lo status quo imposto da Saddam Husseyn, con la minoranza curda privata senza la possibilità circa una futura autonomia. Con l’invasione dell’Iraq la situazione è cambiata e i curdi non solo sono partecipano attivamente alla guida di un paese ma stanno ottenendo ciò che desideravano, una regione semi-indipendente. Su questo punto Ankara e Damasco, cui si aggiunge Teheran, sono d’accordo nel vedere come un minaccia l’entità autonoma del Kurdistan, che potrebbe portare a simili rivendicazioni nei propri rispettivi territori.

            Sebbene un intervento su larga scala delle forze di terra turche in territorio iracheno sembri ancora una soluzione piuttosto remota, le incursioni mirate con F-16 e altri mezzi aerei già in corso potrebbero in ogni caso portare instabilità nell’Iraq, proprio nella zona fino ad ora meno colpita dalla guerra. Fermo restando il fatto che l’alleanza con Washington non sia compromessa al punto di poter sfociare in uno strappo tra Stati Uniti e Turchia, è indubbio che quest’ultima stia agendo in maniera relativamente svincolata da Washington, forte del nuovo peso all’interno dell’area mediorientale e anche come conseguenza della delusione incassata dalla mancata integrazione all’Unione Europea e della percezione di un’indifferenza del mondo occidentale di fronte agli sforzi del governo di Ankara in senso riformatore.

            Damasco cerca di inserirsi proprio in questo contesto. Continuamente tenuta sotto pressione da Israele e consapevole di non essere in grado di affrontare il nemico sul campo; con una capacità di influenza ridotta sensibilmente in Libano e Palestina, le due aree su cui si basava il suo peso nella regione; infine, con i rapporti con i vicini arabi Giordania, Egitto ed Arabia Saudita che si sono allentati, i nuovi atteggiamenti turchi fanno sì che la Siria guardi proprio ad Ankara come nuovo alleato. Nel momento in cui la Turchia sembra interessarsi all’area mediorientale molto più di qualche anno fa, quando si rivolgeva soltanto verso Ovest, preoccupandosi delle questioni mediorientali solo in funzione anti-curda, la Siria vede un’opportunità da non lasciarsi sfuggire per recuperare crediti a livello internazionale. Per Damasco potrebbero diventare secondarie tutte le tensioni e le controversie ancora in corso, prima tra tutte la disputa sulla gestione delle risorse idriche dell’Eufrate, appannaggio dalla Turchia, che viene accusata di non far scorrere in territorio siriano abbastanza acqua. La Siria ha due motivi ben validi per rafforzare le relazioni con Ankara: innanzitutto ciò renderebbe meno probabile un attacco militare da parte degli Stati Uniti, visti i rapporti che malgrado tutto continuano a legare USA e Turchia (soprattutto alla luce dell’appartenenza turca alla NATO); in secondo luogo vi è un calcolo strettamente pragmatico. Se le sanzioni contro Damasco dovessero inasprirsi per via dei suoi rapporti con l’Iran, il commercio con la Turchia diventerebbe vitale per il Paese.
Ankara si trova in una posizione di forza decisamente privilegiata. La Turchia non è più il Paese in ascesa di qualche anno fa, ma mira ormai a diventare una vera potenza regionale, essendo arrivata tra l’altro ad essere la diciottesima economia mondiale, prima tra tutti gli stati a maggioranza musulmana, Arabia Saudita compresa. Se decidesse di continuare a perseguire politiche indipendenti dagli alleati occidentali e di ridisegnare le proprie strategie geopolitiche, la Siria potrebbe diventare un buon alleato, fermo restando che si tratta di scenari di lungo periodo, non essendo verosimili cambiamenti di tale portate nel breve-medio termine.



I rapporti con gli USA alla luce delle recenti prese di posizione del Congresso sul riconoscimento del genocidio degli armeni

            Dopo l’annuncio  della votazione presso la Commissione Esteri del  Congresso americano di una mozione in cui viene definito “genocidio” quanto successo alla popolazione armena in Turchia nel 1915 (9 ottobre 2007), la situazione diplomatica tra i due paesi è diventata tesa.

            Da sempre paese alleato degli Stati Uniti e facente parte del blocco Nato, la Turchia è da considerarsi geopoliticamente come un avamposto occidentale alle porte del Medio Oriente. Dalla prima Guerra del Golfo le forze armate statunitensi hanno utilizzato lo spazio aereo e le basi su suolo turco per rifornire le proprie truppe impegnate in Iraq e il 70% dei rifornimenti parte ancora oggi da basi militari site in Turchia per giungere a Baghdad. La decisione della Commissione Esteri del Congresso statunitense di votare una legge in cui viene definito “genocidio” quanto accaduto alla popolazione armena in Turchia nel 1915 rischia di portare cambiamenti di rilevanza fondamentale nel futuro degli approvvigionamenti delle truppe impegnate nella missione Iraqi Freedom, poiché il governo di Ankara ha fatto sapere di essere pronto a chiudere la base aerea di Incerlink, che ospita 1700 soldati statunitensi e da cui partono la maggior parte dei rifornimenti destinati alle truppe impegnate su suolo iracheno.

            Allo scoppiare della crisi diplomatica il Vice Segretario di Stato statunitense per gli Affari Esteri, Dan Fried, e il Sottosegretario alla Difesa, Eric Eldman, sono partiti entrambi da Mosca, dove erano in visita ufficiale con il Segretario di Stato americano Condoleezza Rice, per raggiungere Ankara e incontrare i rappresentanti del governo turco. Come già sostenuto in precedenza dal Segretario di Stato, anche i due rappresentanti del governo Bush hanno sottolineato l’impegno del Presidente nel cercare di bloccare la risoluzione del Congresso e hanno chiesto che la base di Incerlink non venga chiusa come segno di protesta verso le posizioni decise dalla maggioranza democratica al Congresso. Successive dichiarazioni sono giunte da Washington e alcuni alti ufficiali militari statunitensi hanno chiesto ad Ankara di seguire una strada moderata per la risoluzione di problemi di natura politica, poiché una reazione sproporzionata potrebbe portare gravi danni alle truppe impegnate in una guerra dura e dall’esito incerto. Al termine della visita è giunta però dagli Stati Uniti la notizia che la Speaker della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi si è detta pronta ad inoltrare la risoluzione alla Camera al completo nei primi giorni del mese di novembre (l’esame in Assemblea non è ancora iniziato).

            Il passaggio della risoluzione dalla Commissione Esteri alla Camera riunita in seduta plenaria potrebbe portare ad una votazione favorevole per l’entrata in vigore della proposta di legge che dovrebbe poi essere votata anche al Senato per diventare effettiva.

            La Turchia sta conducendo una mediazione diplomatica per assicurare la partecipazione della Siria alla Conferenza per il Medio Oriente che sarà organizzata dagli Stati Uniti alla fine di novembre ad Annapolis (Maryland).   Damasco ha più volte affermato che parteciperà all’incontro solo se la questione della restituzione delle Alture del Golan sarà inserita nell’agenda dei lavori. Anche Israele ha espresso il proprio favore riguardo alla partecipazione della Siria. Al momento (7 novembre), gli inviti ufficiali non sono ancora stati inviati.

            La Conferenza rischia però di trasformarsi in un semplice incontro diplomatico senza approdare a risultati concreti: non solo nell’ultimo periodo i rapporti tra Stati Uniti e Turchia si sono incrinati, ma il premier israeliano Ehud Olmert ha fatto sapere che il raggiungimento di una dichiarazione congiunta sul Medio Oriente con i palestinesi non è condizione indispensabile per partecipare all’incontro. Olmert ha poi reso noto che sarà il Ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni a guidare la commissione incaricata di negoziare con l’Autorità Palestinese. La scelta della Livni spinge a pensare che sarà difficile arrivare ad un compromesso tra le parti poiché la responsabile della diplomazia di Gerusalemme ha già invitato Israele a non avventurarsi in concessioni esagerate.

 

 

 

 

POLITICA ESTERA

 

           

 

Il precedente Esecutivo Erdogan, nonostante fosse sostenuto da un partito di ispirazione religiosa, aveva nella sostanza aderito alle posizioni tradizionali di Ankara sui grandi temi di politica estera (adesione all’Unione Europea, appartenenza alla NATO e solido legame transatlantico, funzione di stabilità nelle crisi regionali); nel discorso programmatico del suo attuale Governo, Erdogan ha ribadito tale continuità.

E’ indubbio peraltro che Ankara tende oggi a muoversi su piu’ scacchieri, specie nelle relazioni con il mondo arabo-mussulmano e la Russia, anche perché il rapporto strategico con gli Stati Uniti, pur rimanendo centrale, si è indebolito e quello con l’Europa non è ancora consolidato.

 

Prosegue un costante dialogo con la Grecia, avviato nel 1999 dopo decenni di duro confronto legato ai numerosi motivi di contenzioso bilaterale (delimitazione della piattaforma continentale e dei confini aerei e marittimi sull’Egeo) ed alla questione cipriota. In tale contesto, ad aprile 2005 si era arrivati all’adozione di nuove “confidence-building measures” per evitare attriti nell’Egeo. Peraltro continuano le denunce greche di violazioni della propria sovranità da parte di aerei turchi (Atene rivendica nell’Egeo 6 miglia di acque territoriali ma 10 di spazio aereo).

In generale, nonostante gli ottimi rapporti anche personali tra i due Primi Ministri, nell’ultimo triennio si è registrato un progressivo raffreddamento nelle relazioni bilaterali, data anche l’irritazione greca per le posizioni turche nei confronti di Cipro. Prova ne e’ stato il continuo rinvio della visita ad Ankara del Primo Ministro Karamanlis, prevista sin dal luglio 2005.

La Germania rappresenta tradizionalmente un partner di riferimento, data anche la consistenza della comunità turca emigrata; dopo gli stretti rapporti intrattenuti con il Governo Schroeder, si era verificato un prevedibile raffreddamento nei confronti del Cancelliere Merkel, nota sostenitrice di una “partnership privilegiata” UE/Turchia come alternativa all’adesione. Peraltro il Governo di coalizione tedesco ha adottato la linea del “pacta sunt servanda”, anche se in occasione dei suoi incontri con Erdogan il Cancelliere Merkel non si è spinta oltre la rassicurazione che la Germania sosterrà il processo di adesione della Turchia, sempre che Ankara adempia pienamente agli obblighi assunti.

Da circa un anno si assiste ad un progressivo raffreddamento nei rapporti con la Francia, a partire dall’approvazione nell’ottobre 2006 in Assemblea Nazionale a Parigi di un progetto di legge – poi sospeso - che introduceva il reato di negazionismo del genocidio armeno. Ulteriori difficoltà sono insorte dopo la designazione di Sarkozy – che in campagna elettorale aveva sostenuto che “la Turchia non è Europa”, posizione piu’ volte reiterata – quale nuovo Presidente della Repubblica. Si sono avute ripercussioni di rilievo: l’ente nazionale turco per l’energia-BOTAS decideva ad esempio di sospendere le trattative con Gaz de France, potenziale sub contractor del progetto “Nabucco” e il Governo rinnovava l’autorizzazione permanente al sorvolo del proprio territorio da parte di velivoli militari francesi; venivano inoltre escluse le imprese francesi dalle commesse nel settore della difesa.

Ad inizio ottobre la visita del Ministro Kouchner ad Ankara ha riaperto i canali di dialogo, pur rimanendo il favore francese per la partnership privilegiata. Kouchner si è peraltro dichiarato contrario alla ripresa dell’iter parlamentare della risoluzione sul genocidio armeno, auspicando un diverso atteggiamento turco in materia di collaborazione economica e militare.

 

La questione cipriota, una volta tramontate le aspettative favorevoli suscitate all’inizio del 2004 dal negoziato sul Piano Annan,  ha finito con l’intrecciarsi con le aspirazioni europee di Ankara. Il Governo turco da tempo ha puntato sulla ripresa del negoziato sotto egida ONU, ed a tal fine aveva presentato a gennaio 2006 un “Action Plan” – respinto da Nicosia - che prevedeva la rimozione di tutti gli ostacoli al commercio esterno per entrambe le Comunità, senza pregiudizio per la soluzione politica. Una nuova proposta in extremis era stata presentata a novembre 2006 prima del Consiglio Europeo, egualmente senza risultati.

La posizione di fondo di Ankara rileva come l’aver ammesso una Cipro divisa nell’Unione Europea abbia aggravato i termini della questione. Ankara non puo’ accettare alcuna forma di “riconoscimento” di Nicosia (inclusa l’apertura di porti ed aeroporti in ottemperanza del Protocollo di Ankara) se non vengano prima adottate le misure già decise dall’Unione Europea in favore dei turco-ciprioti – in particolare il commercio diretto – e considera comunque il riconoscimento quale tema da affrontare nel contesto dei negoziati sotto egida ONU.

Da ultimo, ulteriore motivo di contrasto tra Ankara e Nicosia e’ venuto dalla decisione cipriota di procedere, dopo la sottoscrizione a gennaio 2007 di un’intesa con il Libano sulla delimitazione delle Zona Economica Esclusiva, al rilascio di autorizzazioni a prospezioni petrolifere. Ankara ritiene in particolare che l’area già oggetto di un’intesa tra Cipro ed Egitto nel 2003 si sovrapponga in parte a quella sulla quale vanta diritti.

 

La Turchia si e’ mostrata, in particolare dopo l’ascesa al Governo dell’AKP, sempre piu’ coinvolta nella ricerca di soluzioni ai problemi regionali, cercando un difficile equilibrio tra il mantenimento delle tradizionali alleanze (Israele) e lo sviluppo di relazioni migliori con Iran, Siria e il mondo islamico in generale. Non estranee a questo parziale riorientamento sono le motivazioni economiche, che si tratti di approvvigionamenti energetici, opportunita’ di investimento, attrazione di capitali o  afflusso di turisti da Paesi quali Iran e Russia. Il fatto che il rafforzamento delle relazioni politiche nella regione medio-orientale, ma anche nell’area del Mar Nero e centro asiatica, abbia un importante versante economico costituisce di per se’ una novita’ per la politica estera turca, tradizionalmente imperniata sulla sicurezza.

L’assunzione di un piu’ attivo ruolo regionale si e’ tradotta anche in un impegno consistente nel settore del peace-keeping, anche questa una novita’ per un apparato militare concepito per la difesa territoriale. Truppe turche sono oggi dislocate in Afghanistan, dove la Turchia ha anche detenuto il comando della missione della NATO ISAF, e sono attive nel quadro di UNIFIL in Libano. Una partecipazione quest’ultima assunta nel settembre 2006 con una decisione molto sofferta, considerate le perplessità espresse dai militari e dall’allora Presidente Sezer e d’altro lato la contrarietà dei settori islamici.

 

Va nel contesto segnalata l’iniziativa turca di promuovere un riavvicinamento tra Afghanistan e Pakistan, avviata con l’incontro al vertice trilaterale di Ankara del 30 aprile scorso. Il Gruppo di lavoro congiunto istituito nell’occasione si e’ riunito ad inizio luglio, raggiungendo intese su aspetti specifici in materia di lotta al terrorismo e al traffico di droga.

 

Nel contesto mediorientale la politica estera turca nell’era bipolare era stata dettata da condizioni di sicurezza – il deterioramento delle relazioni con la Siria; il vuoto di potere nelle regioni curde irachene dopo la guerra del 1991 - che l’avevano portata all’alleanza con Israele, il solo Paese dell’area in grado di garantirle assistenza economica e militare: dal 1996 i due Paesi sono legati da un accordo di cooperazione militare che prevede addestramento, trasferimento di tecnologia, condivisione di intelligence e operazioni navali congiunte, oltre che da un accordo di libero scambio.

Dopo l’insediamento del Governo dell’Akp, la Turchia ha cercato di giocare, con limitati risultati, un ruolo di “mediatore” nel conflitto israelo-palestinese.

La relazione privilegiata con Israele aveva sofferto del deterioramento del quadro regionale: oltre a lamentare un presunto sostegno di Tel Aviv al separatismo curdo in Iraq, il governo di Erdogan aveva criticato la pratica israeliana degli omicidi mirati e la decisione di sospendere i fondi all’Autorità palestinese dopo la vittoria di Hamas alle elezioni del gennaio 2006. Dal canto suo Israele non aveva certo gradito la visita ad Ankara di una delegazione di Hamas nel febbraio 2006. Gli incontri ad alto livello nel corso del 2006 hanno conseguito l’obiettivo di ricondurre – almeno a livello formale - le relazioni bilaterali sui binari consolidati, sulla base di un pragmatismo che prevale sulle occasioni di disaccordo. Nel contesto, va segnalato che Turchia ed Israele hanno concordato di procedere con il progetto di costruzione di una infrastruttura multifunzionale che colleghera’ il Mar Nero al Mar Rosso per il trasporto di gas, petrolio, acqua, cavi a fibre ottiche ed energia elettrica; nelle intenzioni dei due Governi il nuovo progetto, che costituirebbe una estensione dell’oleodotto Samsun-Cehyan, consentira’ ad Israele di assicurarsi i rifornimenti energetici ed alla Turchia di rafforzare ancora di piu’ il suo ruolo di hub energetico.

Positiva è l’evoluzione dei rapporti tra Turchia e Siria – con la quale si era quasi giunti nell’ottobre 1998 allo scontro armato per il sostegno offerto da Damasco al PKK - e lo stesso può dirsi di quelli con il mondo arabo nel suo complesso. La Turchia aveva riposto molte speranze in un’evoluzione democratica del Paese a seguito dell’ascesa al potere di Bashar al-Assad e sottolinea l’importanza per la comunita’ internazionale di “non perdere Damasco”, la cui collaborazione e’ ritenuta indispensabile per la stabilizzazione della regione. Grande risalto aveva ottenuto la visita ad Aleppo del Primo Ministro Erdogan (aprile 2007): nell’agenda, i temi delle risorse idriche (e, in particolare, la costruzione di una “diga dell’amicizia” turco-siriana lungo il fiume Oronte), e di quelle energetiche (Ankara è fortemente interessata al completamento del c.d. gasdotto arabo che dall’Egitto giunge in Giordania e che necessita del completamento sul territorio siriano), oltre alla prossima ratifica di un accordo volto alla costituzione di una joint-venture siro-turca nel settore petrolifero.

 

Le relazioni con l’Iran – già molto difficili – hanno conosciuto nell’ultimo triennio un certo miglioramento, in un quadro strutturato di consultazioni bilaterali. La visita del Primo Ministro Erdogan a Teheran nel dicembre 2006 faceva registrare nuovi sviluppi, in particolare in tema di cooperazione economica, ma anche di lotta al terrorismo di matrice curda. Anche le visite del Presidente del Parlamento e del Ministro degli Esteri dell’Iran nel febbraio 2007 avevano assunto particolare rilievo, collocandosi alla vigilia del termine posto all’Iran dalla risoluzione del CdS per la sospensione dell’arricchimento dell’uranio.

Ampio risalto ha avuto lo scorso agosto l’incontro tra i rispettivi Ministri dell’Energia a Teheran: è stato siglato un Memorandum sulla produzione e distribuzione dell’energia elettrica, con costruzione di tre centrali elettriche (due in Turchia, una in Iran) a gas naturale. L’intesa includerebbe inoltre un progetto di costruzione di centrali idroelettriche sul territorio iraniano, soprattutto attraverso capitali privati turchi. Sarebbe stato raggiunto un accordo anche in merito alla costituzione di un consorzio per la costruzione di un gasdotto dalla citta’ iraniana di Asaluye per allacciarsi a pipeline operanti sul territorio turco.

Ankara, anche per motivi di equilibri strategici, non puo’ accettare l’ipotesi di un Iran dotato di armi nucleare, ma d’altro lato vede i rischi di un’eventuale escalation militare e dell’indurimento delle sanzioni: se quindi la Turchia si e’ allineata alla posizione della comunità internazionale, d’altra parte ha evitato di utilizzare toni troppo duri, richiamando il diritto di ogni Paese di sviluppare il nucleare a scopi pacifici e non mancando mai di sottolineare il proprio sostegno ad una soluzione diplomatica della crisi.

 

Quanto all’Iraq, vanno tenuti presenti sia la sensibilità di Ankara per la salvaguardia della minoranza turcomanna installata nel Paese vicino, sia – soprattutto - i tradizionali timori di una divisione del Paese che consenta la nascita di uno Stato a base curda ai confini sud-orientali.

La posizione della Turchia sul futuro assetto dell’Iraq si riassume quindi:

- difesa dell’integrità’ territoriale, indispensabile per preservare l’equilibrio geopolitico della regione;

- equità di trattamento delle diverse componenti etnico-religiose, con particolare riferimento alla distribuzione dei proventi del petrolio;

- status di Kirkuk, citta’ del Kurdistan iracheno in cui vive una consistente popolazione turkmena. Ankara teme che la politica di spostamento degli equilibri etnici, asseritamente condotta dai curdi, possa generare ulteriori tensioni nel gia’ incandescente contesto iracheno. Per questa ragione, ha premuto perche’ fosse rinviato il referendum previsto nel 2007;

- sicurezza della frontiera settentrionale, con riguardo particolare alle attivita’ del PKK.

A margine del vertice della Lega Araba di Riad (marzo ’07) il Primo Ministro Erdogan aveva per la prima volta incontrato il Presidente iracheno Talabani. Il 7 agosto si e’ recato ad Ankara il Primo Ministro Al Maliki: con Erdogan e’ stato sottoscritto un Memorandum con un impegno a far cessare le attività del PKK in territorio iracheno. Un risultato inferiore alle aspettative di Ankara - che voleva un  accordo con impegni precisi - ma comunque utile ad allentare la pressione interna sulla questione. Del tema si è tornati a discutere in occasione della vista a fine settembre del Ministro dell’Interno iracheno. Infine, il 23 ottobre il Ministro degli Esteri Babacan si è recato a Bagdad.

Nel recente passato l’Iraq aveva espresso preoccupazione per l’avvio dei lavori per la costruzione, da parte turca, della diga di Aliso sul Tigri, temendo ne possa derivare una riduzione del flusso delle acque del Tigri verso il proprio territorio. La questione della ripartizione delle risorse idriche era stata del resto spesso al centro di contenziosi nella regione, specie dopo l’avvio del “Progetto GAP” nel Sud-Est anatolico, ma aveva perso rilievo dopo il riavvicinamento tra Ankara e Damasco.

 

Oltre a seguire con attenzione la situazione nell’area balcanica -con riferimento al Kossovo, Albania e Macedonia – la politica estera turca si concentra anche sul Caucaso. In particolare quanto all’Armenia, la questione del riconoscimento del “genocidio” ha continuato a bloccare possibili avanzamenti, tanto che le frontiere terrestri tra i due Paesi continuano a rimanere chiuse. Ankara vede con forte preoccupazione il tentativo armeno di sfruttare a proprio vantaggio il negoziato di adesione della Turchia all’Unione Europea, e le sensibilità di alcuni Paesi, in primis la Francia, sul tema. Per cercare di disinnescare detto pericolo, nel 2005 si era registrata una certa evoluzione rispetto alla tradizionale posizione di puro e semplice diniego delle vicende armene: alla vigilia del 24 aprile (90.mo anniversario dei massacri), il Parlamento turco aveva per la prima volta discusso la questione armena approvando all’unanimità una dichiarazione di sostegno alla proposta - contenuta in una lettera di Erdogan al Presidente armeno - di istituire una commissione mista di storici per esaminare nel dettaglio la questione, per rimuoverla dalla scena politica. Una proposata non accolta da Yerevan, che sostiene viceversa che la questione vada esaminata sul piano politico generale.

La questione armena rappresenta del resto un elemento fortemente condizionate per la politica estera turca, come dimostrano le difficoltà nei rapporti con la Francia, nonche’ con gli altri Paesi che decidano di “riconoscere” il genocidio. Da ultimo la questione aveva costituito ulteriore elemento di dissidio con Washington, dopo che la Commissione Affari Esteri del Congresso aveva approvato una risoluzione che qualifica gli eventi del 1915 come “genocidio”, nonostante la ferma contrarietrà di Bush. Risulta peraltro che la Risoluzione non verrà sottoposta all’approvazione del  Congresso.

Le difficoltà con l’Armenia non si limitano del resto alla questione del“genocidio”, ma includono anche la richiesta turca di riconoscimento delle frontiere fissate dal Trattato di Kars del 1921 e la mancata soluzione del “conflitto congelato” del Nagorno- Karabach.

 

Richiamandosi a legami di carattere culturale e linguistico, Ankara si era impegnata nella ricerca di un ruolo di riferimento nei confronti delle Repubbliche turcofone dell’Asia centrale, dopo la loro indipendenza dall’URSS, impegno rivelatosi peraltro molto ambizioso rispetto alle possibilità politiche ed economiche del Paese. Il Vertice di Antalya, svoltosi nel novembre 2006 con la partecipazione dei Capi di Stato di Azerbajian, Kazakhistan e Kirghikisistan, aveva segnato un rinnovato impegno nella regione. Punto focale è costituito dalla cooperazione economica, soprattutto nel settore dell’energia, per sviluppare la direttrice tran-caucasica, connettendo i giacimenti del Caspio agli oleodotti e gasdotti esistenti o in via di completamento.

A conferma, si segnala la firma nello scorso febbraio a Tbilisi dell’intesa per la costruzione della ferrovia che collegherà l’Azerbaijan alla Turchia passando per la Georgia.

 

Come indicato, la crisi irachena ha comportato e comporta una fase di forte difficoltà nei rapporti con gli Stati Uniti - tradizionale partner strategico – iniziata a partire dal marzo 2003, allorché il Parlamento di Ankara negò l’autorizzazione al transito delle truppe americane impegnate contro l’Iraq di Saddam Hussein. I numerosi incontri ad alto livello hanno avviato un certo rasserenamento, ma permangono le divergenze di fondo legate alla crisi irachena.

D’altro lato, si segnala il costante sostegno degli USA al processo di adesione all’Unione Europea; Washington appare inoltre particolarmente sensibile alle istanze dei turco-ciprioti a costo di frequenti attriti con il Governo di Nicosia.

Nel luglio 2006 l’allora Ministro degli Esteri Gul ha sottoscritto a Washington un documento congiunto il cui significato politico è quello di fornire un ancoraggio alle relazioni turco-americane nelle questioni di interesse comune. Nel documento viene affermato “l’impegno a lavorare insieme” per promuovere la pace e la stabilità del Medio Oriente allargato, mediante l’estensione della democrazia, con particolare riferimento all’Iraq “unito” e si esprime il sostegno al raggiungimento di una soluzione equa, duratura, globale e “accettata da tutti” della questione di Cipro, nel quadro delle Nazioni Unite e, “in questo contesto”, alla fine dell’isolamento dei turco-ciprioti.

Il Sottosegretario Burns si è recato ad Ankara lo scorso settembre, primo contatto con il nuovo Governo Erdogan; quest’ultimo è stato a Washington il 5 novembre. 

 

Costante cura continua ad essere posta nelle relazioni con la Russia, partner importante sotto il profilo economico e con cui si constata anche una convergenza crescente anche sul piano politico, specie in riferimento allo scenario mediorientale e allo scacchiere strategico del Mar Nero.

Un settore in cui le relazioni turco-russe sono particolarmente intense è quello della cooperazione energetica ed i due paesi hanno deciso di puntare soprattutto sulla complementarietà data dal fatto che l’uno è paese produttore, l’altro consumatore e Paese di transito. Non mancano tuttavia elementi di oggettiva concorrenzialità con la Russia, resa da ultimo evidente dall’annuncio del progetto “South Stream”, che, collegando le sponde del Mar Nero con un percorso sottomarino da Est o Ovest, eviterebbe il territorio turco.

Persistono inoltre divergenze sulla questione armena e su Cipro: Mosca chiede l’apertura della frontiera con Yerevan, mentre Ankara e’ rimasta delusa dal mancato sostegno russo all’Action Plan su Cipro del gennaio 2006.

 

I rapporti con la Santa Sede possono considerarsi soddisfacenti grazie al bilancio più che positivo del viaggio apostolico in Turchia del Papa Benedetto XVI (28 novembre- 1° dicembre 2006). Tre i fattori principali: l’invito da parte del Presidente turco Sezer per il 28 novembre, l’espressoauspicio del Papa ad Erdogan affinchè la Turchia possa accedere all’Unione Europea, il caloroso incontro tra il Pontefice ed il Presidente del Dipartimento Affari Religiosi Bardakoglu, con il riconoscimento della “necessità vitale” del dialogo tra cristianesimo ed Islam dopo le polemiche – molto forti in Turchia – per le dichiarazioni del Papa a Ratisbona.

 

Una menzione merita infine il tema della sicurezza energetica quale fattore della politica estera: la Turchia e’ un protagonista di crescente importanza del “grande gioco” degli oledotti e dei gasdotti riguardanti le risorse di idrocarburi del Medio Oriente e del Caspio. Oltre ad assicurarsi le risorse necessarie ad alimentare la sua crescita economica (il Paese non dispone di materie prima energetiche), punta infatti a  rafforzare il suo ruolo di Paese di transito, posizionandosi come hub sia per le materie prime provenienti dalla Russia e dal Caspio, sia di quelle mediorientali.

Nella politica di diversificazione delle fonti di approvvigionamento rientrano la costruzione del gasdotto Blue Stream (gas russo), e degli oledotti Tbilisi-Baku-Ceyhan (che collega il Caspio al Mediterraneo) e Samsun-Ceyhan, come anche i progetti per l’estensione della rete degli oleodotti e dei gasdotti dal Medio Oriente e dalla regione del Caspio. Partners importanti di questa politica sono la Russia, da un lato; la Georgia, l’Azerbaigian, il Kazakhstan e, in prospettiva, il Turkmenistan, dall’altro lato.

 

 

 

 

 

Relazioni con le principali Organizzazioni Internazionali

 

Sulla riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la Turchia da tempo condivide ed appoggia le posizioni italiane e ha pienamente aderito al movimento “Uniting for Consensus”.  Tale sviluppo e’ particolarmente significativo, considerata l’influenza della Turchia su vari Paesi ed il suo crescente ruolo sul piano internazionale.

La Turchia ha presentato la propria candidatura ad un seggio non permanente per il biennio 2009/10, e chiede anche il nostro sostegno (siamo peraltro vincolati per il primo turno di votazioni all’impegno già assunto con Austria e Islanda).

Ankara punta inoltre a porsi quale protagonista nell’ambito delle iniziative tese a promuovere il dialogo di culture, facendo valere la propria vocazione multiforme di paese islamico laico e orientato verso l’Europa: la Turchia ha ad esempio ospitato, nel febbraio 2002, una conferenza dei Ministri degli Esteri dell’Organizzazione della Conferenza Islamica e dei Paesi dell’Unione Europea, la cui seconda edizione era prevista nell’ottobre 2004 (poi annullata a causa del problema della denominazione con la quale avrebbe dovuto partecipare Cipro Nord).

Inoltre, va sottolineato che Erdogan co-sponsorizza l’iniziativa di “Alleanza di Civiltà”, proposta dal Primo Ministro spagnolo Zapatero nel suo intervento all’ONU nel settembre 2004. Obiettivo prioritario e’ quello di individuare e combattere pregiudizi e percezioni ostili, valorizzando d’altro lato gli elementi di interdipendenza, dall’ambiente all’economia, dalla sanità alla finanza. Ha avuto molto rilievo la seconda riunione nel novembre 2006 ad Istanbul del Gruppo ad Alto Livello, con la partecipazione di Zapatero e Erdogan; da ultimo e’ stato designato quale Alto Rappresentante l’ex Presidente portoghese Sampaio.

Inoltre, la Turchia partecipa con Italia e Yemen al meccanismo del “Democracy Assistance Dialogue” varato in occasione del Vertice G8 di Sea Island nel giugno 2004, la cui prima riunione ministeriale si e’ svolta a Roma nel novembre 2004.

Va infine menzionata la partecipazione della Turchia ad un’iniziativa islamico-moderata – dai contorni ancora piuttosto vaghi - promossa lo scorso febbraio dal Presidente pakistano Musharraf per contribuire a rilanciare il processo di pace in Medio Oriente e cui hanno aderito anche Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Malesia e Indonesia.

 

Forte è l’impegno di Ankara nei fori regionali cui partecipa: “Iniziativa di Difesa del Sud-Est Europeo”, SECI, “Processo di cooperazione per l’Europa del sud-est”. 

In particolare, rilevante è il suo ruolo nell’Organizzazione per la Cooperazione nel Mar Nero/BSEC, che ha il proprio Segretariato ad Istanbul. In tale città ha avuto luogo il 25 giugno scorso il 15mo Vertice, cui hanno partecipato 11 Capi di Stato e di Governo su 12 Paesi membri (mancava il Presidente armeno Kocharian, rappresentato dal Ministro degli Esteri Oskanyan); per l’Italia, dal 1995 Paese osservatore, era presente il Sottosegretario Crucianelli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SITUAZIONE ECONOMICA

 

 

 

PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI 2006

 

PIL (a parità di potere d’acquisto)

640,4 miliardi dollari USA

Composizione per settore

agricoltura 9,3%; industria 31%; servizi 59,7%

Crescita PIL

6%

PIL pro capite (a parità di potere d’acquisto)

9.100 dollari USA (Italia: 30.200)

Inflazione

9,6%

Popolazione al di sotto della soglia di povertà

20% (2002)

Tasso di disoccupazione

10,2% (a questa percentuale va aggiunta quella dei sottoccupati, pari al 4,0%)

Debito estero

207,4 miliardi di dollari

Fonti: The Cia Worldfactbook, 2007

 

 

            Il Governo turco ha attuato con determinazione il programma di risanamento economico concordato con il FMI a partire dal 1999, conseguendo importanti risultati che rendono oggi l’economia turca più robusta ed in grado di resistere a possibili nuove crisi, dopo quella gravissima del 2001.

            Il Pnl é cresciuto del 5,9% nel 2003, del 9,9 nel 2004, del 7,7 nel 2005 e del 6% nel 2006, mentre nel primo quadrimestre del 2007 l’incremento è stato del 6,7%. Tale fase di espansione è stata accompagnata da una costante riduzione dell’inflazione, che dopo un nuova risalita nel 2006 al 9,6%, da ultimo è scesa al 7% (settembre).

            La crescita e’ stimolata dalla domanda interna, da ottime prestazioni delle esportazioni  nonché da un forte impulso del turismo. Superati i 21 milioni di visitatori nel 2005 (nono posto a livello mondiale), in calo del 7% nel 2006, nei primi 6 mesi del 2007 il settore ha mostrato segnali di forte ripresa con un totale di 13 milioni di visitatori (solo ad agosto 3,4 milioni, con un incremento del 16,5%). La Germania continua ad occupare la prima posizione, seguita dalla Russia.

            Degno di nota inoltre il sensibile aumento registrato nella produzione industriale, aumentata del 5,3% nel primo semestre 2007 ed un avanzo primario che soddisfa il requisito del 6,5%, richiesto dal FMI.

2. In questi anni sono state approvate importanti riforme strutturali, quali la legge quadro sugli investimenti esteri, la normativa sulla creazione di imprese, la riforma del mercato del lavoro, la legge sul controllo della finanza pubblica, oltre alle prime  misure di liberalizzazione. Da ultimo e’ stata completata la riforma della sicurezza sociale, con l’unificazione in un unico istituto di previdenza e l’introduzione di un’assicurazione sanitaria (a causa di una sentenza della Corte Costituzionale di fine 2006 quest’ultima riforma non e’ entrata in vigore e dovrà ora essere riformulata).

            Rimangono aperti alcuni dossier particolarmente rilevanti in merito alle liberalizzazioni, in particolare nel settore degli alcolici, della telefonia fissa e mobile, delle autostrade, energia elettrica - cui sia Enel che Edison sono particolarmente interessate - trasporti aerei (Turkish Airlines) e della petrolchimica (Petkim).

            A partire dal 2005 si è registrata un’accelerazione nel processo di privatizzazioni, con un introito in quell’anno di oltre 8 miliardi di dollari, inclusa la cessione della maggioranza della “Turk Telekom”. Obiettivo entro il 2014 e’ quello di un introito pari a 20 miliardi di dollari: i settori coinvolti saranno energia, autostrade, petrolchimico e bancario. Si segnala nel contesto che Mediobanca e Turkiye Sinai Kalkinma Bankasi (Banca turca d’Industria e Sviluppo) si sono aggiudicate l’incarico di consulenza finanziaria in favore dell’Autorità per le privatizzazioni di alcune autostrade, ponti ed infrastrutture in Turchia per oltre 2000 km.

 

3. A fronte dei notevoli progressi sin qui compiuti, sul sistema economico turco gravano ancora alcuni fattori di disequilibrio.

            Il debito pubblico è ancora molto alto: nei primi sette mesi del 2007 e’ risultato pari a 265 miliardi $, di cui il 74% di debito interno e il 26 di debito estero, con una composizione tale da esporre pericolosamente il paese in caso di indebolimento del cambio e rialzo dei tassi di interesse. Nel 2006 il deficit pubblico ha avuto un aumento del 37%, ma rimane inferiore all’1%. Inoltre, la bilancia dei pagamenti riporta livelli sempre maggiori di deficit nelle partite correnti: nei primi sei mesi del 2007 il deficit e’ aumentato dello 0,1% rispetto allo stesso periodo del 2006, toccando quota US$ 19,6 miliardi.

            Nel 2006, il deficit commerciale aveva  raggiunto 51,9 miliardi $, con un aumento del 19,9 %. Nei primi sei mesi del 2007 ha raggiunto 28 miliardi (+ 6,1%).

Preoccupa altresì la persistenza di un alto tasso di disoccupazione, per quanto in discesa dal 10,1% del 2005 all’8,9% nel giugno 2007, anche se vi è un fenomeno molto diffuso di sottoccupazione.

            Infine, non sono segnalati progressi sul problema dell’economia sommersa e delle carenze del sistema fiscale: secondo il Ministero delle Finanze, l’economia sommersa ammonta al 25.5% e per contrastarla, è stato predisposto in giugno il piano quinquennale “Lotta all’Economia Sommersa” (KADEM), basato su una serie di quindici punti miranti sostanzialmente all’efficienza fiscale.

4. In sintesi, si prevede che dopo la forte crescita registrata nell’ultimo quadriennio, nel 2007 proseguirà la tendenza positiva, verosimilmente con qualche rallentamento (il dato del I trimestre, +6,7%, e’ peraltro superiore alle previsioni, grazie all’incremento dell’export).

            Nel programma triennale 2008-2010 e’ prevista una crescita economica del 5,6%, l’aumento della spesa pubblica del 3,7% e quella privata del 6,4% ed un avanzo primario al 7% del PNL. Le entrate generali dell Stato, pari al 43,5% del PNL nel 2007, dovrebbero ammontare fra tre anni al 42,7% del PNL. Al 31,8% del PNL a fine 2007 la pressione fiscale, che dovrebbe scendere a quota 31,3% alla fine del 2010. Per ciò che riguarda la bilancia dei pagamenti, alla fine del triennio in questione, le esportazioni dovrebbero raggiungere un valore di $137,5 miliardi con una crescita media dell’11,1% mentre le importazioni si assesterebbero sui $200 miliardi con una crescita media del 9,5%. Le entrate derivanti dal settore del turismo, stimate a $19 miliardi nel 2008, dovrebbero raggiungere invece i 20,5 miliardi di dollari nel 2010. Quanto all’inflazione, a fine 2009 si prevede un tasso annuo pari al 4%. Quanto all’occupazione, infine, si prevede la creazione di circa 1,5 milioni di nuovi posti di lavoro.

            Imperativo per il Governo e la Banca Centrale è continuare a condurre una rigida disciplina di bilancio e di controllo della massa monetaria. Nei prossimi mesi Ankara dovrà rivelarsi pertanto all’altezza delle aspettative della comunità internazionale e proseguire con determinazione sulla strada della stabilizzazione macroeconomica, consolidando i virtuosi risultati raggiunti sul piano fiscale e monetario, impegnandosi altresì a risolvere i problemi che ancora minano la sostenibilità della crescita attraverso opportuni interventi, soprattutto nel senso di una riduzione del deficit commerciale e del debito pubblico.

5. Come già rilevato, la vittoria dell’AKP di Erdogan è in buona parte legata ai successi sul piano economico, visto che la crescita complessivamente nei 21 trimestri di presidenza è stata mediamente del 7,4%, come riconosciuto dalla stessa Confindustria turca che pure evidenzia la persistenza di alcune incertezze. Non solo quindi continuità, ma anche maggiore risolutezza viene espressamente richiesta alla nuova compagine governativa. Oltre ai nodi strutturali menzionati, altro tassello economico fondamentale su cui fondare la nuova esperienza di governo dell’AKP sarà, secondo una larga maggioranza della comunità d’affari turca, quello delle riforme, soprattutto nel campo della previdenza sociale, del diritto commerciale, nel settore della riscossione delle imposte, nel mercato del lavoro, nel campo delle liberalizzazioni in vari settori, dall’energia alle telecomunicazioni.

 

RELAZIONI ECONOMICHE CON I PRINCIPALI PAESI PARTNERS

 

            Il grado di apertura della Turchia al commercio internazionale e’ elevato. Il Paese ha un sistema produttivo trainato dalle esportazioni che, a sua volta, si alimenta grazie alle forniture di beni intermedi e di investimento. Ne deriva una situazione di deficit della bilancia commerciale, che nel 2006 era arrivato a 51,9 miliardi $ e nel primo semestre del 2007 ha raggiunto 28 mld $, con un aumento del 6,1% (anche se in flessione dato che l’import turco è cresciuto del 18,6% ma l’export del 23,9%).

            I dati del I semestre confermano la Germania quale primo partner commerciale del Paese, con un interscambio che ha raggiunto i 13,4 miliardi di dollari ed un attivo pari a 2,2 miliardi. La Russia, che si è consolidata quale secondo partner commerciale, è divenuto il primo paese fornitore superando la stessa Germania, con 10,5 miliardi di dollari (+30,65%, quasi tutti ottenuti dalla vendita di gas naturale). L’Italia si è confermata quale terzo partner commerciale con un interscambio di 8,2 miliardi di dollari, esportazioni pari ad 4,6 miliardi ed importazioni corrispondenti a 3,6 miliardi.

            Complessivamente le esportazioni della Turchia verso l’UE sono state pari al 57,4% del totale per un  valore complessivo di 28,3 miliardi di dollari (+ 33,7%).

            La Cina si è confermata anche nel 2006 il terzo paese fornitore – avendo sorpassato l’Italia già nel 2005 - con un export pari a 9,6 miliardi di dollari, mentre la Francia, che pure era stata soggetta nell’ultima fase del 2005 a forme varie di “boicottaggio” per ragioni politiche, ha visto crescere il suo export del 12% (quinto paese fornitore). È da rilevare, inoltre, la crescita consistente delle esportazioni dell’Iran (+62), Arabia Saudita (+18), degli Stati Uniti (+33,79) e Grecia (+42).

            Quanto ai mercati di sbocco, nel 2006 la Germania aveva confermato il primo posto, con 9,7 miliardi di importazioni (+2.2%), seguita da Regno Unito con 6,8 miliardi (+14,2) e dall’Italia con 6,7 miliardi (+20). Al quarto posto gli Stati Uniti, seguiti da Francia, Spagna e Russia. Nei primi sei mesi del 2007 la situazione è rimasta sostanzialmente immutata rispetto all’anno precedente, con la Germania che si conferma al primo posto (5,6 miliardi), seguita dal Regno Unito (3,8 miliardi) e dall’Italia (3,6 miliardi).

 

            Quanto alla struttura degli scambi, le esportazioni turche sono principalmente composte da beni di consumo e da beni intermedi, mentre un ruolo minore, seppure in forte crescita, e’ occupato dai beni di investimento; le importazioni sono costituite da beni capitali, seguiti dai beni intermedi e, a lunga distanza, dai beni di consumo.

 

L’INTERSCAMBIO COMMERCIALE DELLA TURCHIA

(valori in migliaia di dollari)

                                                                     

Gennaio - Giugno  2006

Gennaio - Giugno 2007

Var %

 

 

IMPORTAZIONI

      66,293,614

 77,439,049

 

16.81%

 
ESPORTAZIONI

39,915,470

49,460,326

 

23.91%

 

di cui :

PAESE

IMPORTAZIONI

Gennaio – Giugno 2007

Var%

 

ESPORTAZIONI

Gennaio–Giugno 2007

Var%

 

RUSSIA

 

 10,538,095

30.65%

  2,135,028

60.10%

GERMANIA

 

   7,834,111

8.89%

  5,620,220

21.04%

CINA (R.P.)

 

   5,728,289

26.83%

     455,104

48.65%

ITALIA

 

   4,634,962

12.17%

  3,658,366

7.28%

STATI UNITI

 

   3,742,726

33.79%

  2,079,344

-19.89%

FRANCIA

 

   3,601,633

-1.73%

  2,793,718

19.76%

IRAN

 

   3,172,526

18.04%

     579,100

27.30%

REGNO UNITO

 

   2,715,588

6.84%

  3,858,491

22.51%

SVIZZERA

 

   2,348,052

11.55%

     440,915

-5.71%

SPAGNA

 

   1,988,951

2.78%

  2,282,687

29.27%

COREA DEL SUD

 

   1,966,410

17.06%

             ----  

----

GIAPPONE

 

   1,620,613

0.63%

             ----  

----

BELGIO

 

   1,423,995

18.08%

     871,220

33.81%

PAESI BASSI

 

   1,294,542

21.61%

  1,382,858

18.22%

ARABIA SAUDITA

 

      993,863

-10.52%

     634,786

46.31%

FONTE: ELABORAZIONI ICE  ISTANBUL SU DATI TUIK ( ISTITUTO TURCO DI STATISTICA)   

 

Il flusso di investimenti diretti esteri può beneficiare delle novità introdotte dalle riforme in materia. Nonostante tali facilitazioni ed i miglioramenti introdotti nel sistema dalla disciplina imposta dal FMI nonché dall’esigenza di adeguamento agli standards europei, il livello di investimenti diretti esteri era rimasto piuttosto basso fino al 2004.           Un notevole incremento si è registrato a partire dal 2005, con un dato record di oltre 9 miliardi di dollari, gran parte dei quali destinati al settore dei servizi ed ai numerosi progetti di privatizzazione. Lo scorso anno lo stock degli investimenti esteri era risultato pari a 83,5 miliardi di dollari, rafforzato da un flusso in entrata di 20,2 miliardi di dollari (+101,7%), che ha posizionato la Turchia al quinto posto fra i principali recettori di investimenti esteri a livello mondiale, con un balzo straordinario rispetto alla 53ma posizione nel 2002. Dei 20,2 miliardi di dollari, il 39,3% e' stato destinato al settore bancario/finanziario, mentre il 37,2% ai trasporti e comunicazioni.

            I settori di maggiore interesse da parte degli investitori esteri sono risultati i seguenti banche, telecomunicazioni, petrolchimica, immobiliare e cemento.

Nel 2006 i principali paesi investitori in Turchia erano stati: Olanda (1.189 imprese ed uno stock di 19,2 miliardi di dollari); Francia (558 imprese ed 8 miliardi); Germania (2.627 imprese e 7 miliardi); Belgio (265 imprese e 6,6 miliardi); Regno Unito (1.420 imprese e 6,5 miliardi); USA (733 imprese e 5,3  miliardi); Italia (513 imprese e 4,3 miliardi).

 

            Nel primo semestre del 2007 il flusso di investimenti esteri diretti e’ stato pari a 11,8 miliardi $. La maggior parte degli investimenti e’ giunta dagli Stati Uniti (3,5 miliardi), seguiti dalla Grecia (2,2 miliardi), dai Paesi Bassi (1,3 miliardi), dal Portogallo (701 milioni) e dall’Austria (335 milioni). L'Italia si è collocata al 12° posto.

Al 30 aprile di quest'anno erano presenti in Turchia 16.087 imprese a capitale estero (14.955 a fine 2006), oltre la metà nell'area di Istanbul, quindi Antalya (11,8%), Ankara (6,9%) ed Izmir (6,2%).

            Secondo i dati della Banca Centrale turca, nel periodo 1° gennaio 2002 - 31 gennaio 2007 il flusso di investimenti diretti turchi verso l'estero ha raggiunto quota 5,5 miliardi di dollari. Nello specifico, nel 2005 gli investimenti all'estero sono ammontati a 1,1 miliardi di dollari, mentre nel 2006 hanno raggiunto il valore di 1,7 miliardi di dollari. Nel primo semestre del 2007 il totale ha gia’ raggiunto 1,5 miliardi.

I Paesi che hanno attratto la maggior parte degli investimenti turchi all'estero sono quelli europei: in prima posizione l'Olanda con 989 milioni di dollari, seguono Malta, la Germania e l'Italia (US$ 121 milioni). I settori di maggiore interesse per gli investitori turchi sono risultati i seguenti: finanza/banche e tessile/abbigliamento. La Banca Centrale segnala inoltre un crescente interesse per  investimenti diretti turchi verso l’Egitto ed il Medioriente in genere, oltre alla Cina ed all'Asia Centrale.

 

 

Rapporti con le Istituzioni Finanziarie Internazionali

 

            Il Fondo Monetario Internazionale nel maggio 2005 ha approvato un nuovo Accordo triennale di Stand-By a sostegno del programma economico e finanziario del Governo turco per il periodo 2005-2008, per un ammontare complessivo di 10 miliardi di USD.

            Il programma è stato elaborato per prolungare i benefici effetti economici ottenuti con il precedente e ridurre le residue vulnerabilità dell’economia. In particolare, l’impegno del Governo a mantenere il surplus di bilancio al 6,5% del PIL ridurrà in maniera sostanziosa il debito pubblico e contribuirà a contenere il deficit corrente.

            L’attuazione delle riforme fiscali è la chiave di volta del programma, concentrandosi sull’aumento degli introiti attraverso la semplificazione e la riduzione delle esenzioni, mentre la riforma della spesa dovrebbe ridurre il deficit della sicurezza sociale e la riforma dell’amministrazione fiscale dovrebbe a sua volta ridurre l’ampiezza dell’economia sommersa.

            Il programma prevede il raggiungimento di un obiettivo di crescita del 5% annuo, un deficit corrente del 4,4% del PIL che dovrebbe gradualmente ridurre il rapporto debito/PIL di un ulteriore 10%.

            Nel maggio scorso il FMI ha completato e approvato la sesta revisione dell’Accordo, giudicando l’andamento dell’economia turca essenzialmente in linea con il programma concordato, pur rilevando l’esigenza di controllare la spesa pubblica e proseguire con le riforme strutturali. Dopo la scadenza nel maggio del 2008, si pongono tre distinti scenari: un post-programma di monitoraggio;  consultazioni annuali, cosi’ come previsto dall’Art. IV; la stipula di un nuovo prestito al Paese.

 

            Anche la Banca Mondiale sostiene il programma di riforme economiche della Turchia; a tale fine sono stati deliberati finanziamenti per US$ 4,5 miliardi nel triennio 2004-06 (prolungato fino al 2007 e con il prestito inizialmente concesso innalzato a $6.6 miliardi), facendo seguito allo stanziamento di US$ 5 miliardi del periodo 2001/2003.

            Le attività della Banca in questi ultimi quattro anni si sono concentrate sul miglioramento degli indicatori macroeconomici, riduzione della poverta’, sviluppo sociale e gestione delle risorse naturali ed ambientali.

            Lo scorso giugno il Consiglio Esecutivo della Banca ha approvato la concessione alla Turchia di un “Competitiveness and Employment Policy Loan (CEDPL) per un ammontare di 500 milioni di dollari, un prestito ordinario IBRD, con l’obiettivo di sostenere l’adozione di riforme mirate a favorire il consolidamento istituzionale e la crescita economica. Come altri Paesi che hanno registrato rapidi processi di trasformazione economica, la Turchia necessita infatti di consolidare le politiche sociali ed educative. Secondo la Banca Mondiale, interventi mirati in tali settori dovrebbero determinare ricadute positive anche sui tassi di occupazione e sulla competitività complessiva del Paese.

 

 

 

 

POLITICA ESTERA

 

 

1. Priorità di politica estera

 

L’Esecutivo Erdogan, nonostante sia sostenuto da un partito di ispirazione religiosa, ha nella sostanza aderito alle posizioni tradizionali di Ankara sui grandi temi di politica estera (adesione all’Unione Europea, appartenenza alla NATO e solido legame transatlantico, funzione di stabilità nelle crisi regionali), perseguendo inoltre il costruttivo dialogo con Atene avviato sin dal 1999 dal precedente Esecutivo, ed in particolare dall’allora Ministro degli Esteri, Ismail Cem, dopo decenni di duro confronto legato ai numerosi motivi di contenzioso bilaterale (delimitazione della piattaforma continentale e dei confini aerei e marittimi sull’Egeo) ed alla questione cipriota. In tale contesto, ad aprile 2005 si era arrivati all’adozione di nuove “confidence-building measures” per evitare attriti nell’Egeo. Peraltro continuano le denunce greche di violazioni della propria sovranità da parte di aerei turchi (Atene rivendica nell’Egeo 6 miglia di acque territoriali ma 10 di spazio aereo). In particolare un grave incidente e’ accaduto lo scorso maggio, con una collisione in volo che ha causato la morte di un pilota greco.

In tale contesto, un segnale positivo e’ venuto con la visita ad Atene del Capo di Stato maggiore turco, Buyukanit, il 2.11, che ha discusso della possibile adozione di un “codice di condotta” e di collaborazione nelle operazioni di peace-keeping.

In generale, nonostante gli ottimi rapporti anche personali tra i due Primi Ministri, nell’ultimo anno si e’ registrato un progressivo raffreddamento nelle relazioni, data anche l’irritazione greca per le posizioni turche nei confronti di Cipro. Prova ne e’ il continuo rinvio della visita ad Ankara del Primo Ministro Karamanlis, inizialmente prevista per il luglio 2005 (i due Capi di Governo si sono peraltro incontrati a Salonicco il 3.5 u.s. a margine del Vertice del processo di cooperazione del sud-est europeo). In occasione del dibattito sulla politica estera al Parlamento greco ad inizio novembre si e’ rilevata una certa freddezza di Karamanlis alla prospettiva di adesione turca, mentre il leader dell’opposizione Papandreou ha pesantemente criticato una presunta “debolezza” nei confronti di Ankara.

 

La Germania rappresenta tradizionalmente un partner di riferimento, data anche la consistenza della comunità turca emigrata; dopo gli stretti rapporti intrattenuti con il Governo Schroeder, si guardava con forte apprensione alla vittoria di Angela Merkel, nota sostenitrice di una “partnership privilegiata” UE/Turchia come alternativa all’adesione; peraltro il nuovo Governo di coalizione ha adottato una linea di sostanziale continuità. Sia in occasione dell’incontro a Berlino il 26 maggio scorso con il Primo Ministro Erdogan che nella visita ad Ankara il 5 ottobre scorso, il Cancelliere Merkel non si è spinta oltre la rassicurazione che la Germania si muoverà sulla linea del rispetto agli impegni presi e che sosterrà il processo di adesione della Turchia, ma non ha mancato di sottolineare come Ankara debba adempiere pienamente agli obblighi assunti nel quadro negoziale con l’UE.

 

La questione cipriota, una volta tramontate le aspettative favorevoli suscitate all’inizio del 2004,  sta divenendo sempre più un dossier di particolare complessità, ed ha finito con l’intrecciarsi con le aspirazioni europee di Ankara.

Di fronte ai rischi che l’impasse negoziale pone al suo percorso europeo, il Governo turco continua ad auspicare la ripresa del negoziato sotto egida ONU, ed a tal fine aveva presentato a fine gennaio un “Action Plan” – respinto senza mezzi termini da Nicosia - che prevedeva la rimozione di tutti gli ostacoli al commercio esterno per entrambe le Comunità, senza pregiudizio per la soluzione politica. Una nuova proposta in extremis e’ stata presentata a fine novembre prima del Consiglio Europeo, egualmente senza risultati.

La posizione di fondo di Ankara rileva come l’aver ammesso Cipro quale membro dell’Unione Europea nonostante il perdurare della divisione dell’Isola abbia aggravato i termini della questione. Da parte sua Ankara non può accettare alcuna forma di “riconoscimento” di Nicosia (inclusa l’apertura di porti ed aeroporti in ottemperanza del Protocollo di Ankara) se non vengano prima adottate le misure già decise dall’Unione Europea in favore dei turco-ciprioti – in particolare il commercio diretto – e considera comunque il riconoscimento quale tema da affrontare a lungo termine nel contesto dei negoziati sotto egida ONU.

 

Nel contesto mediorientale la politica estera turca nell’era bipolare era stata dettata da condizioni di sicurezza – il deterioramento delle relazioni con la Siria per questioni territoriali e per il sostegno al Pkk; il vuoto di potere nelle regioni curde irachene dopo la guerra del 1991 e l’istituzione della no fly zone che hanno di fatto creato un’autonomia curda nel nord dell’Iraq - che l’avevano portata all’alleanza con Israele, il solo Paese dell’area in grado di garantirle assistenza economica e militare: dal 1996 i due Paesi sono legati da un accordo di cooperazione militare che prevede addestramento, trasferimento di tecnologia, condivisione di intelligence e operazioni navali congiunte, oltre che da un accordo di libero scambio.

Da quando l’Akp è al governo la Turchia ha cercato di giocare, finora con limitati risultati, un ruolo di “mediatore” nel conflitto israelo-palestinese.

La relazione privilegiata con Israele aveva peraltro sofferto del deterioramento del quadro regionale: oltre a lamentare un presunto sostegno di Tel Aviv al separatismo curdo in Iraq, il governo di Erdogan aveva criticato la pratica israeliana degli omicidi mirati e la decisione di sospendere i fondi all’Autorità palestinese dopo la vittoria di Hamas alle elezioni del gennaio 2006. Anche in occasione del conflitto israeliano-libanese il Governo turco non aveva mancato di esprimere posizioni critiche nei confronti di Tel Aviv, per la “sproporzione” della reazione all’attacco di Hezbollah. Dal canto suo Israele non ha certo gradito la visita ad Ankara di una delegazione di Hamas in febbraio, seppur non ricevuta dal Primo Ministro Erdogan. La visita in Turchia del Ministro degli Esteri israeliano Livni lo scorso maggio ha conseguito l’obiettivo di inviare un messaggio pubblico sulla ritrovata solidità delle relazioni bilaterali, al di là di occasionali disaccordi. Va inoltre segnalato nel contesto che da ultimo Turchia ed Israele hanno concordato di procedere con il progetto di costruzione di una infrastruttura multifunzionale che collegherà il Mar Nero al Mar Rosso per il trasporto di gas, petrolio, acqua, cavi a fibre ottiche ed energia elettrica; nelle intenzioni dei due Governi il nuovo progetto, che costituirebbe una estensione dell’oleodotto Samsun-Cehyan, consentira’ ad Israele di assicurarsi i rifornimenti energetici ed alla Turchia di rafforzare ancora di piu’ il suo ruolo di hub energetico, senza contare che anche la Giordania  potrebbe partecipare al progetto per la parte relativa alla fornitura di acqua.

Va sottolineato che il Parlamento turco agli inizi di settembre ha approvato la decisione del Governo Erdogan di partecipare alla forza UNIFIL in Libano con un contingente di circa 800 soldati; una decisione sofferta, considerate le perplessità espresse dai militari e dallo stesso Presidente Sezer e d’altro lato la contrarietà dei settori islamici.

Positiva è l’evoluzione dei rapporti tra Turchia e Siria – con la quale si era quasi giunti nell’ottobre 1998 allo scontro armato per il sostegno offerto da Damasco al PKK - e lo stesso può dirsi di quelli con il mondo arabo nel suo complesso. Nonostante i forti malumori espressi da Washington, il Presidente Sezer ha compiuto una visita ufficiale a Damasco nell’aprile 2005.

 

Le relazioni con l’Iran – già molto difficili – hanno conosciuto nell’ultimo  triennio un certo miglioramento, in un quadro più strutturato di consultazioni bilaterali (Erdogan vi si era recato in visita ufficiale nel luglio 2004). Da ultimo, pur esprimendo preoccupazione per la questione nucleare, Ankara continua a sostenere la necessità di proseguire con la strada politica. La visita del Primo Ministro Erdogan a Teheran ad inizio dicembre ha fatto registrare nuovi sviluppi, in particolare in tema di cooperazione economica, ma anche di lotta al terrorismo di matrice curda. 

 

Quanto alla crisi irachena, vanno tenuti presenti sia la sensibilità di Ankara per la salvaguardia della minoranza turcomanna installata nel Paese vicino, sia i tradizionali timori di una divisione interna all’Iraq che consenta la nascita di uno Stato a base curda ai confini sud-orientali. Nel corso della visita ad Ankara nel novembre ’06 del Primo Ministro iracheno, Al-Maliki, due sono stati i principali temi politici affrontati, lo status di Kirkuk e la lotta al PKK sui quali la parte trca non ha ottenuto i riscontri auspicati (positivi invece i risultato in materia di collaborazione economica).

 

Oltre a seguire con particolare attenzione la situazione nell’area balcanica -con riferimento al Kossovo, Albania e Macedonia – la politica estera turca si concentra anche sul Caucaso. In particolare quanto all’Armenia, la questione del riconoscimento del “genocidio” ha continuato a bloccare possibili avanzamenti, tanto che le frontiere terrestri continuano a rimanere chiuse. Ankara vede con forte preoccupazione il tentativo armeno di sfruttare a proprio vantaggio il negoziato di adesione della Turchia all’Unione Europea, e le sensibilità di alcuni Paesi, in primis la Francia, sul tema. Per cercare di disinnescare detto pericolo, lo scorso anno si era registrata una certa evoluzione rispetto alla tradizionale posizione turca di puro e semplice diniego delle vicende armene: alla vigilia della scadenza del 24 aprile 2005 (anniversario del genocidio), il Parlamento aveva per la prima volta discusso la questione armena approvando all’unanimità una dichiarazione di sostegno alla proposta (contenuta in una lettera di Erdogan al Presidente armeno) di istituire una commissione mista di storici per esaminare nel dettaglio la questione, per rimuoverla dalla scena politica. Da parte di Yerevan si sostiene viceversa che la questione vada esaminata sul piano politico generale.

A riprova della perdurante delicatezza del tema si segnala che lo scorso aprile l’Ambasciatore turco ad Ottawa era stato richiamato per consultazioni a seguito di alcune dichiarazioni del Primo Ministro canadese che aveva commemorato il “triste anniversario” del genocidio degli armeni del 1915. Dure sono state le reazioni anche dopo l’approvazione il 15.10 u.s. all’Assemblea Nazionale francese di un disegno di legge sulla penalizzazione del diniego del genocidio armeno. Occorre ora verificare quali ne saranno i seguiti in Senato (peraltro il Governo francese si e’ pubblicamente dissociato dall’iniziativa).

 

Richiamandosi a legami di carattere culturale e linguistico, Ankara si era impegnata nella ricerca di un ruolo di riferimento nei confronti delle Repubbliche turcofone dell’Asia centrale, dopo la loro indipendenza dall’URSS, impegno rivelatosi peraltro molto ambizioso rispetto alle possibilità politiche ed economiche del Paese. Il recente vertice di Antalya, svoltosi il 17 novembre u.s., ha segnato un rinnovato impegno della Turchia nella regione. Erano presenti i Capi di Stato di Azerbaigian, Kazakhstan, e Kirghikisistan. Vero punto focale è stato costituito dalla cooperazione economica, soprattutto nel settore dell’energia per sviluppare la direttrice tran-caucasica, connettendo i giacimenti del Caspio agli oleodotti e gasdotti esistenti o in via di completamento.

 

Come indicato, la crisi irachena ha comportato momenti di difficoltà nei rapporti con gli Stati Uniti - tradizionale partner strategico - specie allorché nel marzo 2003 il Parlamento di Ankara negò l’autorizzazione al transito delle truppe americane impegnate contro l’Iraq di Saddam Hussein. I successivi incontri ad alto livello hanno avviato un certo rasserenamento, pur permanendo le diffidenze legate alla crisi irachena. A fine aprile scorso il Segretario di Stato USA Condoleeza Rice e’ tornata ad Ankara; per l’Iraq, Turchia e Stati Uniti hanno concordato sull’opportunità di pervenire quanto prima alla stabilizzazione istituzionale del Paese. Sulla questione del programma nucleare iraniano da parte turca non sarebbe  venuta più che l’assicurazione ad agire sulla base delle decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

D’altro lato, si segnala il costante sostegno degli USA al processo di adesione all’Unione Europea; Washington appare inoltre particolarmente sensibile alle istanze dei turco-ciprioti a costo di frequenti attriti con il Governo di Nicosia.

Lo scorso luglio il Ministro degli Esteri Gul ha sottoscritto a Washington un documento congiunto il cui significato politico è quello di fornire un ancoraggio alle relazioni turco-americane nelle questioni di interesse comune. Nel documento viene affermato “l’impegno a lavorare insieme” per promuovere la pace e la stabilità del Medio Oriente allargato, mediante l’estensione della democrazia, con particolare riferimento all’Iraq “unito” e si esprime il sostegno al raggiungimento di una soluzione equa, duratura, globale e “accettata da tutti” della questione di Cipro, nel quadro delle Nazioni Unite e, “in questo contesto”, alla fine dell’isolamento dei turco-ciprioti.   

Infine, il Primo Ministro Erdogan ha ottenuto un sostegno al percorso di di integrazione europea da parte di Bush nell’incontro a Washington del 2 ottobre; anche in quell’occasione tuttavia non si e’ registrata piena sintonia sul tema della lotta al PKK, ma anche su Siria e Iran.

 

Costante cura continua ad essere posta nelle relazioni con la Russia, partner importante sotto il profilo economico e con cui si constata anche una convergenza crescente anche sul piano politico, specie in riferimento allo scenario mediorientale e allo scacchiere strategico del Mar Nero.  Lo scorso dicembre e’ stato inaugurato il gasdotto “Blue Stream”, e si sono svolti con frequenza incontri ai massimi livelli. La visita del Ministro degli Esteri russo Lavrov in Turchia, nel maggio 2006, ha confermato il livello eccellente delle relazioni. Un altro settore in cui le relazioni turco-russe sono particolarmente intense è quello della cooperazione energetica ed i due paesi hanno deciso di puntare soprattutto sulla complementarietà data dal fatto che l’uno è paese produttore, l’altro consumatore e Paese di transito.

 

I rapporti con la Santa Sede possono considerarsi soddisfacenti grazie al bilancio più che positivo del recente viaggio apostolico in Turchia del Papa Benedetto XVI, tra il 28 novembre ed il 1° dicembre 2006. Tre i fattori principali: l’invito da parte del Presidente turco Sezer per il 28 novembre, l’espresso auspicio del Papa ad Erdogan affinchè la Turchia possa accedere all’Unione Europea, ed il caloroso incontro tra il Pontefice ed il Presidente degli Affari Religiosi Bardakoglu, con il riconoscimento della “necessità vitale” del dialogo tra cristianesimo ed Islam dopo le polemiche – molto forti in Turchia – per le dichiarazioni del Papa a Ratisbona..

 

 

2. Relazioni con le principali Organizzazioni Internazionali

 

Sulla riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la Turchia ha lungo condiviso ed appoggiato le posizioni italiane e, dopo qualche perplessità nel 2004, ha pienamente aderito al movimento “Uniting for Consensus”.  Tale sviluppo e’ particolarmente significativo, considerata l’influenza della Turchia su vari Paesi ed il suo crescente ruolo sul piano internazionale.

La Turchia ha presentato la propria candidatura ad un seggio non permanente per il biennio 2009/10, e chiede anche il nostro sostegno (siamo peraltro vincolati all’impegno assunto in precedenza con Austria e Islanda).

Forte è l’impegno di Ankara nei fori regionali cui partecipa: “Cooperazione Economica del Mar Nero”, “Iniziativa di Difesa del Sud-Est Europeo”, SECI, “Processo di cooperazione per l’Europa del sud-est”. 

Ankara punta inoltre a porsi quale protagonista nell’ambito delle iniziative tese a promuovere il dialogo di culture, facendo valere la propria vocazione multiforme di paese islamico laico e orientato verso l’Europa: la Turchia ha ospitato, nel febbraio 2002, una conferenza congiunta dei Ministri degli Esteri dell’Organizzazione della Conferenza Islamica e dei Paesi membri dell’Unione Europea, la cui seconda edizione era prevista nell’ottobre 2004 (poi annullata a causa del problema della denominazione con la quale avrebbe dovuto partecipare Cipro Nord).

Inoltre, va sottolineato che Ankara co-sponsorizza l’iniziativa spagnola di “Alleanza di Civiltà” proposta da Zapatero nel suo intervento all’ONU nel settembre 2004. Obiettivo prioritario e’ quello di individuare - e combattere - pregiudizi e percezioni ostili, valorizzando d’altro lato gli elementi di interdipendenza, dall’ambiente all’economia, dalla sanità alla finanza. Ha avuto molto rilievo la seconda riunione il 12.11 u.s. ad Istanbul del Gruppo ad Alto Livello, con la partecipazione di Zapatero e Erdogan.

Infine, la Turchia partecipa con Italia e Yemen al meccanismo del “Democracy Assistance Dialogue” varato in occasione del Vertice G8 di Sea Island nel giugno 2004, la cui prima riunione ministeriale si e’ svolta a Roma nel novembre 2004.

 

 

 

RAPPORTI BILATERALI

 

 

            Nel quadro delle ottime relazioni bilaterali abbiamo un forte interesse ad incoraggiare la dirigenza di Ankara a proseguire con determinazione nel suo ambizioso processo di riforma e modernizzazione, esortandola nel contempo a mantenere un atteggiamento coerente e positivo sulle questioni internazionali ed in particolare sulla questione cipriota e la crisi irachena.

            Oltre a favorire l’emergere di un quadro di stabilità in un’area di particolare importanza per noi, la modernizzazione della Turchia assume particolare rilevanza anche per le prospettive che essa fornisce alle nostre imprese, molte delle quali hanno già saputo costituirsi posizioni di rilievo sul mercato turco.

            Proprio il rilievo delle relazioni bilaterali con Ankara, dinamiche ed articolate in vari settori, ha indotto il MAE a varare un “Tavolo Permanente sulla Turchia”, inaugurato dal Ministro Fini il 9 maggio 2005, cui partecipano Ministeri tecnici, enti economici e culturali, Regioni ed Università; ad oggi si sono tenute varie sessioni tematiche del Tavolo (trasporti, agricoltura, cultura, Enti locali), mentre una seconda sessione plenaria si e’ svolta il 10 ottobre 2006 con la presenza, oltre che dell’On.Ministro, anche dei Ministri Livia Turco ed Emma Bonino.

 

Relazioni politiche

 

            Le relazioni politiche sono particolarmente intense, dopo l’ormai lontana crisi legata alla vicenda Ocalan (fine del 1998), e si presentano oggi in costante crescita ed articolazione nei vari settori. L’ottimo rapporto politico ha propiziato una maggiore collaborazione anche in materia di immigrazione clandestina, che ha portato a partire dal 2003 ad una forte diminuzione dei flussi in partenza dalle coste turche e diretti in Italia.

            L’eccellenza delle relazioni bilaterali era stata confermata nel novembre 2005 in occasione della visita di Stato del Presidente Ciampi, accompagnato da una delegazione imprenditoriale di 500 persone. Per parte sua, il Presidente Sezer ha compiuto in Italia la sua ultima visita di Stato all’estero, nel gennaio 2007.

Sin dall’insediamento del Governo Prodi si sono avute frequenti occasioni di incontri ministeriali, con un inevitabile rallentamento legato al lungo periodo elettorale in Turchia: le visite del Ministro Bonino a giugno 2006 e lo scorso 9 settembre, quelle del Ministro Bersani a luglio 2006 per l’inaugurazione del gasdotto Baku-Ceyhan e nuovamente il 24 aprile scorso per l’avvio dei lavori di costruzione dell’oleodotto Samsun-Ceyhan, tre incontri tra l’On.Ministro ed il Ministro Gul a luglio 2006, a New York dell’UNGA ed ancora l’8 novembre 2006 a Roma. Un primo contatto con il nuovo Ministro Babacan ha avuto luogo a Lisbona lo scorso settembre.

L’On. Ministro aveva compiuto una visita ad Ankara il 12-13 giugno, occasione per confermare la solidità dei rapporti bilaterali, anche promuovendo nuove iniziative quale quella, avanzata da parte turca, di istituire una “Università italo-turca” ad Istanbul.

Quanto ai Capi di Governo, dopo una bilaterale a margine della ministeriale NATO di Riga nel novembre 2006, il Presidente Prodi si e’ recato in visita ufficiale in Turchia il 22-23 gennaio 2007. In quell’occasione i due Capi di Governo hanno sottoscritto un Documento inteso quale “strategy paper”. Un nuovo colloquio si è svolto a settembre a margine dell’UNGA.

Va ricordato che la rivista Limes con il sostegno di Unicredit promuove un Foro di Dialogo quale meccanismo di confronto delle società civili, con l’obiettivo di una migliore conoscenza reciproca ed articolazione di rapporti: inaugurato nel novembre 2004 a Roma, il Foro ha tenuto la seconda edizione ad Istanbul nel novembre 2005, la terza l’8 novembre 2006 mentre è stata fissata per il 21-22 novembre la prossima riunione ad Istanbul con la partecipazione dei Ministri D’Alema e Babacan.

 

 

 

Relazioni economiche, finanziarie e commerciali

 

A partire dall’anno 2000 si e’ registrato un costante, consistente incremento nel volume globale degli scambi tra Italia e Turchia che nel 2006 hanno raggiunto la cifra record di 15,3 miliardi di dollari, con un incremento del 16,8%. L’Italia e’ stato il terzo partner commerciale della Turchia, con un avanzo di 1,9 miliardi di dollari, esportazioni in crescita del 13,3% ed un aumento delle importazioni del 20. Dal 2005 siamo scesi tuttavia al quarto posto tra i fornitori, superati dalla Cina.

I dati riguardanti il primo semestre del 2007 sono i seguenti: esportazioni verso l’Italia pari a 3,6 miliardi di dollari (+ 7,3%), ed importazioni dall’Italia pari a 4,6 miliardi (+12,17%), con un interscambio di 8,2 miliardi (+ 10,3%) ed un saldo positivo per l’Italia di 1 miliardo.

 

 

 

 (valori in milioni  di dollari)

 

2001

   2002
     2003
 
   2004
 
  2005
2006

2007 primo sem.

IMPORTAZIONI                               

3.484

4.102

5.472

6.857

7.523

8.568

4.634

ESPORTAZIONI 

 

2.342

2.237

3.193

4.602

5.601

6.748

3.658

SALDO

-1.142

-1.865

-2.279

-2.255

-1.922

-1.820

- 976

 

Va registrato il forte incremento delle esportazioni turche, che hanno raggiunto nel 2006 un valore pari a 6,7 miliardi di dollari. In particolare, sono aumentate le voci relative all’abbigliamento, ai tessuti, ai prodotti petroliferi raffinati, ai prodotti siderurgici, agli apparecchi per uso domestico, agli autoveicoli. L’aumento delle esportazioni italiane (+13,3%) è stato significativo nei seguenti settori:  macchine utensili, autoveicoli, parti di ricambio per autoveicoli, prodotti chimici ed apparecchi per uso domestico. Oltre il 70% delle forniture italiane e’ legato ai beni strumentali ed ai beni intermedi, confermando la stretta complementarietà fra i due sistemi produttivi.

Si può in definitiva notare che è costantemente aumentato l’import dalla Turchia, anche se il saldo commerciale e’ ancora ampiamente a favore dell’Italia. A tal proposito è utile sottolineare che parte delle esportazioni turche verso l’Italia vengono effettuate da filiali di imprese nazionali o da imprese locali di proprieta’ italiana presenti nel Paese (a partire da FIAT Auto).

Va inoltre rilevato che, pur nel dinamismo delle relazioni economiche bilaterali, in termini comparativi si registri un’erosione della nostra quota di mercato sul totale delle importazioni della Turchia: dal 7,1% del 2004 essa e’ scesa nel 2005 al 6,5 e nel 2006 al 6,3%. Nei primi 8 mesi del 2007 la quota di mercato ha subito un’ulteriore erosione, toccando il 6%. Cio’ induce ad incrementare una politica di attiva promozione commerciale, ed il favorevole andamento dell’export italiano deve essere sempre piu’ rafforzato da un’ulteriore corrente di investimenti diretti che possa consolidare nel tempo il flusso commerciale bilaterale. In caso contrario le fasce di prodotto medie e medio-basse italiane potrebbero risentire sempre piu’ non solo della concorrenza dei Paesi dell’Estremo Oriente, ma anche di quella di alcuni tra i partners europei piu’ competitivi.

 

Nel primo semestre del 2007 le imprese italiane presenti con investimenti diretti hanno raggiunto quota 563, per un ammontare di 4,4 miliardi di dollari. Come numero di aziende l'Italia si colloca all’ottavo posto. Nelle prime cinque posizioni si trovano la Germania (2.926 imprese), Regno Unito (1.676), Olanda (1.333), Iran (867), USA (790). Per quanto concerne lo stock degli investimenti diretti italiani, il dato ufficiale della Banca Centrale Turca e del Sottosegretariato al Tesoro e' fermo al 2006 e segnala 4,4 miliardi di dollari. Secondo dati non ufficiali, nei primi sei  mesi del 2007 l’Italia ha investito in Turchia ulteriori 44 milioni di dollari.

 

Sul piano dei meccanismi a carattere istituzionale si segnala che in occasione della visita dell’allora Vice Ministro Urso nel dicembre 2004 si istitui’ un “Monitoring Committee” bilaterale per la promozione dell’interscambio: inaugurato a Roma nel marzo 2005, esso e’ tornato a riunirsi a Roma nel marzo 2006 e ad Istanbul il 10 maggio scorso. Dai lavori del Comitato, cui hanno partecipato da parte italiana il Ministero del Commercio Internazionale, il MAE, l’Ufficio italiano Brevetti e Marchi, il Dipartimento del Turismo, l’Agenzia delle Dogane, ICE, CONFINDUSTRIA, UNIONCAMERE, SIMEST e IPI, era emersa l’esigenza di concentrarsi in particolar modo in settori quali il trasporto marittimo, la cantieristica, i parchi tecnologici e Università, l'artigianato e dei marchi e brevetti. Si è inoltre prevista una collaborazione tra l’Ufficio marchi e brevetti italiano e l’Istituto brevetti turco.

Va evidenziata l’istituzione dell’Agenzia turca per gli Investimenti Diretti Esteri (Tispa), con la quale, in occasione della visita del Presidente del Consiglio Prodi nel gennaio 2007, e’ stata firmato un accordo di cooperazione da parte dell’ICE. Possibilità di cooperazione nel settore della tecnologia sono previste dal Protocollo firmato dall’Istituto per la Produzione Industriale (I.P.I.) e il Kosgeb (Organizzazione per lo Sviluppo delle Piccole e Medie Imprese) il 23 novembre 2005.

L’Italia rappresenta un “partner” fondamentale in settori di importanza strategica, anzitutto energia e difesa, grazie a ENI e Finmeccanica.

Quanto al settore energetico, l’ENI partecipa al progetto di gasdotto Blue Stream per il trasporto di gas dalla Russia alla Turchia con un lungo tratto sottomarino nel Mar Nero, opera realizzata dall’italiana Saipem, ed inaugurata nel 2005. Nel luglio 2006 e’ stato ufficialmente inaugurato a Ceyhan l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC), gestito dalla British Petroleum, in stretta collaborazione con alcune sue affiliate, tra cui l’ENI che detiene una quota del 5%.  La stessa ENI e’ attivamente coinvolta, insieme alla ditta turca Calik, nella costruzione dell’oleodotto che unirà Samsun e Ceyhan, consentendo di bypassare gli stretti turchi, la cui cerimonia di avvio si è svolta il 24 aprile ’07alla presenza del Ministro Bersani.

Rilevante anche l’interesse dell’Edison tanto nel settore dell’energia elettrica quanto in quello del gas, con particolare riferimento al progetto ITGI di interconnessione tra Italia, Grecia e Turchia. Al termine di un complesso negoziato, e’ stato sottoscritto a Roma a fine luglio l’Accordo tripartito Italia-Grecia-Turchia di interconnessione delle reti di trasporto del gas, che sostituisce i due accordi bilaterali Italia-Grecia e Grecia-Turcia e consentirà l’arrivo in Italia di gas dal Caspio per 8 miliardi di metri cubi all’anno (progetto ITGI). Oltre alla condotta sottomarina in Adriatico per 210 km, vi sarà tratto di 590 km in Grecia, uno di connessione tra Grecia e Turchia di 300 km (già realizzato) ed il potenziamento della rete turca.

 La società partecipa inoltre alla gara per la privatizzazione di una delle tre compagnie di distribuzione e intende altresi’ prendere parte al progetto per la costruzione di un impianto di generazione ad Afsin-Elbistan.

 

Enel ha avviato in Turchia una serie di iniziative finalizzate all’esplorazione di un mercato elettrico locale interessante sia per i tassi di crescita della domanda sia per la necessità di investimenti in nuove centrali. Enel guarda dunque con interesse al processo di privatizzazione delle società di distribuzione elettrica.

In particolare partecipa ad una gara relativa alla vendita di alcune reti di distribuzione dell’energia elettrica nelle zone di Ankara ed Istanbul; tuttavia tale gara, per la quale Enel si era prequalificata ed intendeva partecipare con un socio locale, e’ stata rinviata a data da destinarsi.

Inoltre, Enel sta monitorando la possibile privatizzazione delle società di generazione e il potenziale sviluppo di nuova capacità a gas e carbone, il dibattito sulla possibile introduzione del nucleare in Turchia e le opportunità di generazione elettrica da fonti rinnovabili (idroelettrico, eolico e geotermico).

 

Quanto al settore della difesa (vd.oltre), la Turchia è considerato un Paese strategico, con il quale sono in corso eccellenti rapporti di collaborazione industriale, che hanno come protagonista il Gruppo Finmeccanica). L’Italia punta a giocare un ruolo importante nel programma di consolidamento del settore, avviato a inizio 2005 dal Governo, entrando in particolare a far parte – con una partecipazione azionaria – del polo aerospaziale, il cui assetto è in via di definizione. Va segnalata in particolare l’aggiudicazione ad Agusta Westland della gara per 51 elicotteri d’attacco.

 

E’ diminuito invece il ruolo italiano nelle telecomunicazioni. Nel febbraio 2004 la TIM si era fusa con la turca Aycell nella terza compagnia dı telefonia mobile del Paese, la AVEA, di cui detiene il 40% (Turk Telekom ne detiene il 40% e la IS Bank il rimanente 20%). Nel 2006 Telecom Italia ha tuttavia venduto a Turk telecom la propria quota in Avea.

Di particolare rilievo resta invece la presenza italiana nel settore bancario, con la partecipazione al 50% di Unicredit nella Koc Financial Services, compartecipata dal Gruppo Koc (primario conglomerato industriale turco)e la rilevazione (maggio 2005) da parte della stessa Koc Financial Services del 57.4% del capitale di Yapi Kredi, la quarta banca turca per importanza.

Nell’ottobre 2006 e’ stato siglato un accordo relativo all’acquisto da parte dell’Istituto San Paolo IMI di un ulteriore 70,1% del pacchetto azionario della  Global Menkul Degerler, società turca leader nella trattazione di titoli facente parte della Holding Global Yatirim. La San Paolo IMI, gia’ in possesso del 20% delle azioni della societa’ turca in parola,  assumerebbe pertanto il controllo del 90,1% dell’intero pacchetto azionario. Sono altresi’ presenti una filiale di Capitalia ed Uffıci di rappresentanza del Monte dei Paschi di Siena e Gruppo Intesa.

Tra i grandi gruppi, la Pirelli (settore pneumatici e cavi) dispone di uno stabilimento ad Izmit, la INDESIT Company continua ad incrementare le proprie quote di mercato nel settore degli elettrodomestici, mentre Candy ha da ultimo acquisito una società ad Eskisehir, rafforzando la propria rete produttiva che già comprende stabilimenti in Russia e in Cina.

 

FIAT, in “joint-venture” con la TOFAS del il Gruppo Koc , ha mantenuto sempre una posizione di “leadership” nel Paese (di particolare rilievo la produzione del veicolo “Doblo’”, principalmente destinato all’esportazione). Il gruppo italiano intende costituire in Turchia uno dei suoi centri piu’ estesi di produzione all’estero.

La Menarini ha acquisito la più antica azienda locale nel settore farmaceutico (IE Ulagay) e la Cementir (Gruppo Caltagirone) ha rilevato un’importante azienda turca produttrice di cemento, la Cimentas e tramite questa, nell’ottobre 2005, il Cementificio Lalapasa. Nel settore, va segnalato il recente accordo di joint venture tra le Cementerei Barbetti di Gubbio e la Sanko Holding. La Danieli & C. si è aggiudicata la fornitura di un nuovo complesso siderurgico per produrre 2,4 milioni di tonnellate l’anno di lastre da parte della MKK-Atakas, joint-venture tra la Russian Magnitogorsk Iron & Steel Work e la Turkish Atakas. L’operazione, del valore di 374 milioni di euro, comprende linee di produzione ad Iskenderun ed Istanbul.

E’ stata inoltre costituita una joint venture al 50% tra la Bialetti e la società turca Cem nel settore degli accessori da cucina; il Gruppo Benetton ha acquisito il 50% del capitale azionario detenuto dal gruppo Boyner in Benetton Turchia, dando vita ad una joint venture,  la “Benetton Giyim Sanayi”.

Nostre aziende sono anche presenti nei settori infrastrutturale (Italcementi, Trevi, Astaldi), metallurgico, elettronico (ELDOR, OMRON), chimico, tessile e dell’abbigliamento (Benetton, Chicco, Zegna), alimentare (Barilla, Perfetti), turistico.

Astaldi è impegnata dalla fine degli anni ’80 nella realizzazione dell’autostrada che collega Istanbul ad Ankara (l’ultimo tratto e’ stato inaugurato durante la visita del Presidente Prodi il 21 gennaio u.s.). Astaldi e’ interessata ad un progetto che dovrebbe essere lanciato dal Comune di Istanbul per la riabilitazione della metropolitana locale secondo il modello BOT, nonche’ ad alcuni progetti nel settore idroelettrico: in particolare, la costruzione di una diga nella zona di Konya per un valore di 200 milioni di dollari e di una centrale a Samsun. L’Astaldi figura tra le 13 societa’ che hanno acquistato i documenti per partecipare alla  gara per la costruzione del secondo tunnel sotterraneo nel Bosforo, fissata per il prossimo 12 giugno. Ha inoltre concluso la realizzazione dell’autostrada che collega Istanbul ad Ankara, inaugurata il 23 gennaio 2007 dal Presidente del Consiglio Prodi e dal Primo Ministro Erdogan

Ansaldo Breda si e’ aggiudicata – in consorzio con la Yapi Merkezi– la fornitura di tram per il nuovo sistema tranviario della citta’ di Kayseri, i cui lavori sono stati inaugurati a luglio 2006, ed e’ interessata a progetti analoghi in altre citta’ del Paese (Antalya, Samsun).

 

Nell’ambito del progetto Alta Velocita’, avviato attraverso una collaborazione tra Turchia e Spagna, le Ferrovie dello Stato turche avevano lanciato una gara per il noleggio di un locomotore e vagoni, adatti per il nuovo tracciato ferroviario. La societa’ italiana MER MEC si è aggiudicata la gara, e ha fornito in  leasing il treno in questione quale testing train.

Anche le Ferrovie dello Stato italiane guardano con interesse al mercato turco: l’azienda ITALFERR, società ingegneristica del gruppo, ha vinto la gara bandita dalla TCDD nell’ottobre 2006 per la progettazione di due impianti di manutenzione di materiale rotabile nel settore dell’alta velocità, per l’importo complessivo di euro 2.090.000. Infine, la COLMAR, società leader nel settore delle macchine movimento terra, si è aggiudicata la gara indetta dalle Ferrovie dello Stato turche per la fornitura di 5 caricatori ferroviari.

 

Investimenti di rilievo sono stati anche quelli del Gruppo Ferroli, che ha acquisito uno stabilimento nella zona di Duzce (Nord Est) per la produzione di condizionatori e quello del Gruppo Imer, che ha installato uno stabilimento per la produzione di betoniere nella provincia di Aksaray.

 

In materia di collegamenti, si segnala che nel 3 dicembre 2006 era stata inaugurata una nuova linea RO-RO Canakkale-Brindisi, realizzata dall’azienda italo-turca ITALRORO, grazie anche al contributo della Legge 212.  Difficoltà tra i soci hanno portato alla sospensione dell’attività lo scorso giugno.

Appare per il momento congelata la possibilità dell’apertura della tratta aerea Roma-Istanbul operata dalla compagnia aerea AIR ONE; da parte turca si argomenta con la saturazione di Istanbul, offrendosi in alternativa degli scali alternativi (peraltro non graditi alla compagnia italiana).

TEMI SPECIFICI

 

Interessi nel settore della difesa

 

Il comparto industriale turco della difesa sta attraversando una fase di profonda
ristrutturazione; l’obiettivo consiste nel rendere maggiormente competitivi i produttori locali, per diminuire le importazioni ed incrementare le esportazioni (entro il 2011 da 200 milioni a 1 miliardo. Attualmente la Turchia e'  quarta al mondo in quanto ad import di sistemi per la  difesa, ma solo ventottesima tra i paesi esportatori.

 

La Turchia è considerato un Paese strategico, con il quale sono in corso eccellenti rapporti di collaborazione industriale bilaterale. Ulteriori prospettive si stanno aprendo con il programma di consolidamento del settore, presentato a inizio anno dal Governo: l’Italia vi potrebbe giocare un ruolo importante entrando a far parte – con una partecipazione azionaria – del polo aerospaziale.

 

Twinning Europei assegnati all’Italia

1.         Nel quadro del programma di gemellaggi amministrativi (Twinnings) promosso dalla Commissione Europea per il rafforzamento delle strutture istituzionali ed amministrative dei Paesi Candidati, anche nell’anno 2006 si conferma il positivo andamento della partecipazione italiana (73 proposte presentate e 30 gemellaggi assegnati), che colloca l’Italia in posizione di vertice assieme alla Francia ed alla Germania.

2.         La Turchia è un paese di particolare interesse per l’Italia. Dal 2002 (quando i gemellaggi vennero estesi alla Turchia), il nostro Paese ha presentato venti proposte di twinning, aggiudicandosi sette progetti nei settori dell'energia (assegnato all’Autorità per l’Energia elettrica ed il gas: euro 1.037.000), della lotta al riciclaggio del denaro sporco (Ministero dell’Economia e Guardia di Finanza: euro 2.000.000), degli appalti pubblici (Ministero Economia-Dipartimento del Tesoro in collaborazione con l’Autorità per i Lavori Pubblici: euro 1.820.000), dello sviluppo regionale (Ministero dell’Economia-Dipartimento del Tesoro in collaborazione con Studiare Sviluppo: euro 800.000), della contabilità e della compilazione dei dati contabili (Ministero dell’Economia-Ragioneria Generale dello Stato: euro 2.000.000).

 

3.         Sono stati recentemente assegnati all’Italia due ulteriori progetti: uno relativo alla collaborazione fra Assemblee parlamentari, per un importo di 885.000 euro (nel quale la Camera dei Deputati è junior partner dell’Ungheria) e l’altro, assegnato nei giorni scorsi dopo una seria competizione con i progetti concorrenti presentati da Germania, Austria e Francia, relativo alla formazione della Gendarmeria turca, aggiudicato all’Arma dei Carabinieri (in partenariato con la Guardia Civil spagnola), unitamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri–Dipartimento Diritti e Pari Opportunità, ed al Ministero della Giustizia – Ispettorato Generale, con il supporto scientifico della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Il gemellaggio con la Gendarmeria turca (per un importo di 1.250.000 euro e della durata di 18 mesi) riguarda l’applicazione degli standards internazionali in materia di diritti umani alle attività di polizia e si inserisce nel più ampio processo di democratizzazione delle Istituzioni turche e di adeguamento agli standards europei e internazionali. Il progetto prevede: attività di formazione da svolgersi sia in Turchia che in Italia; elaborazione di una dottrina sull’applicazione dei diritti umani; seminari, cooperazione interistituzionale e campagne informative; sviluppo del sistema di coordinamento tra Gendarmeria, Polizia, Autorità Giudiziaria, avvocatura e società civile nelle attività di polizia.

 

4.        Sono stati pubblicati recentemente due progetti nel settore della cooperazione doganale, per i quali la nostra Amministrazione delle Dogane prenderà prossimamente contatto con le Autorità turche. 

 

Settore energetico

Data la sua collocazione geografica la Turchia costituisce uno snodo prioritario nei flussi di prodotti energetici, e rappresenta un Paese chiave per l’approvvigionamento energetico dell’intera Europa. Di qui il fortissimo interesse dell’Italia per una collaborazione sempre piu’ stretta.

 

a) Il 17.12.05 e’ stato inaugurato il gasdotto Blue Stream per il trasporto di gas dalla Russia alla Turchia con un lungo tratto sottomarino nel Mar Nero, opera realizzata dall’italiana Saipem e cui partecipa anche ENI. Il progetto nasce da un accordo russo-turco del 1997 ed una successiva joint venture del 2000 tra ENI e Gazprom.

 

b) Nel novembre 2005 l’Italia aveva ospitato a Lecce una riunione congiunta ministeriale con Grecia e Turchia per formalizzare la prospettiva di stretto raccordo tra le politiche energetiche dei tre Paesi: il gasdotto che collegherà Italia e Grecia (progetto IGI) e’ infatti la prosecuzione di quello Turchia-Grecia ed a sua volta in Turchia arrivano vari terminali, tra i quali il citato Blue Stream. Nostro obiettivo e’ quello di impegnare i Turchi all’incremento delle capacità di trasporto delle loro infrastrutture per assicurare un flusso sufficiente anche per il mercato italiano.

Lo scorso luglio è stato infine firmato a Roma l’accordo relativo al trasporto di gas naturale tra Turchia, Grecia e Italia tra il Ministro per lo Sviluppo Economico Bersani, il titolare greco del Dicastero dell’Energia Sioufas e l’omologo turco Guler. L’intesa tripartita, che sostituisce gli attuali due accordi bilaterali, rispettivamente tra Turchia e Grecia e tra Italia e Grecia, riguarda il progetto di “Interconnessione delle reti di trasporto di gas” (ITGI) relativo alla realizzazione di una connessione mediante gasdotto sottomarino delle reti di trasporto di gas naturale tra l’Italia e la Grecia al fine di importare in Italia in una prima fase 8 miliardi di metri cubi di metano all’anno (un decimo degli attuali consumi nazionali), prodotti nell’area del Caspio, nella quale si calcola siano ubicate il 20% circa delle riserve mondiali di gas.Tale infrastruttura, che si inserisce in un piu’ ampio programma di interconnessione della rete di trasporto greca con quella turca, appena completato ed in corso di avvio, prevede la realizzazione di una condotta sottomarina di circa 210 km tra le coste greche e italiane (la sezione offshore del progetto ITGI, denominata Poseidon, realizzata da una joint venture tra la Edison e la greca Depa), di un gasdotto di 590km in territorio greco (la sezione in terraferma del progetto IGI, che sara’ realizzata dalla Desfa, gestore della rete nazionale greca di trasporto del gas), di un gasdotto di 300 km circa per la connessione delle reti greca e turca (il progetto ITG, gia’ realizzato e di prossima inaugurazione) ed infine di un potenziamento in futuro della rete interna della Turchia.

 

c) Il 24 aprile scorso, alla presenza dei Ministri Bersani e Guler, si è svolta la cerimonia di avvio dei lavori del progetto “Samsun-Ceyhan” per la costruzione di un oleodotto che consenta il  by-pass del Bosforo per il trasporto degli idrocarburi kazachi, cui ENI partecipa al 50% in consorzio con la turca Calik. L’oleodotto avrà una lunghezza dı 554 km (da Samsun a Ceyhan), una capacita’ di 1,5 milioni dı barili giorno ed un costo stimato  di circa 1,5 milioni US $. Per Eni la realizzazione del By-pass Samsun-Ceyhan rappresenta il naturale completamento all’infrastruttura di trasporto Baku-Tbilisi-Ceyhan dal Kazakhstan al Mar Nero.

Risulta peraltro che alcune importanti compagnie straniere avrebbero manifestato un forte interesse nel partecipare al progetto. Di difficile attuazione, invece, il coinvolgimento dei russi nel consorzio. Tale aspetto andrebbe peraltro calato nel contesto piu’ ampio della rivalita’ tra il progetto Transanadolu cui e’ interessata l’ENI e quello relativo alla condotta Burgos-Alexandroupolis, la cui realizzazione e’ considerata alternativa e che costituisce invece una delle priorita’ strategiche della politica energetica del Presidente russo Putin.

 

d) Va poi menzionato l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, inaugurato formalmente il 13 luglio 2006. Il progetto, guidato dalla British Petroleum che ne detiene il 30% e ne e’ il principale operatore, costituisce per la Turchia una pietra miliare nella costruzione del corridoio energetico “Est-Ovest” che collega i bacini di produzione dell’Asia centrale e caucasica con quelli di utenza. Con una capacità – a regime - pari ad un milione di barili al giorno e 50 milioni di tonnellate l’anno, il BTC e’ attualmente la principale arteria per l’esportazione degli idrocarburi del Caspio verso i mercati occidentali. Alla cerimonia era presente anche il Ministro Bersani per valorizzare il ruolo di crescente rilievo che l’industria energetica italiana svolge in Turchia (l’’Eni ha una partecipazione finanziaria pari al 5% nel progetto BTC).

 

e) Infine si segnala che ENEL e EDISON partecipano alla gara per la privatizzazione di tre aziende di distribuzione dell’energia elettrica: la scadenza iniziale per le offerte, piu’ volte rinviata, lo scorso gennaio e’ stata infine rinviata a data successiva alle elezioni politiche di novembre, sollevando molte critiche da parte degli osservatori.

 

 

Relazioni culturali, scientifiche e tecnologiche

 

Il settore culturale ricopre un’importanza primaria nelle relazioni bilaterali, anche alla luce della vivissima attrazione in Turchia per tutto ciò che viene dall’Italia, della comune appartenenza alla matrice mediterranea europea e dell’interesse per settori nei quali ci viene riconosciuto un indiscusso primato (moda, design, architettura, conservazione del patrimonio artistico ed archeologico).

L’intesa di riferimento e’ l’Accordo di Cooperazione Culturale, Scientifica e Tecnica firmato nel 1954, il cui nuovo Protocollo esecutivo e’ sottoscritto ad Ankara il 6 dicembre 2006.

Considerato il tempo intercorso e le novità emerse, e’ stato avviato il negoziato per un nuovo Accordo Culturale. Un testo e’ stato sottoposto alla controparte, ed un primo esame ha avuto luogo nella sessione negoziale svoltasi nel giugno 2006.

Dato il rilievo acquisito dal settore, si e’ inoltre predisposto un Accordo specifico per la collaborazione scientifica e tecnologica, firmato nel 2001 ed entrato da ultimo in vigore. Il 26 giugno scorso e’ stato sottoscritto a Roma il Primo Protocollo Esecutivo.

Nel corso del 2006 erano stati inoltre sottoscritti un Protocollo tecnico nel settore degli Archivi di Stato ed un Accordo di coproduzione cinematografica che consentirà all’industria del cinema, della televisione, e dei media dei due Paesi, di realizzare congiuntamente film, animazioni, documentari e progetti audiovisivi in generale.

 

Cooperazione interuniversitaria Italia – Turchia

Occorre ricordare che il Ministro dell’Educazione nazionale, Çelik, ha partecipato a fine gennaio 2005 alla Terza Conferenza di Catania, organizzata sotto l’egida del Ministro Moratti, ed in tale occasione ha firmato, con altri 11 Ministri dell’Istruzione, una dichiarazione congiunta per dare vita ad uno spazio comune dell’Istruzione superiore nel Mediterraneo.

A latere della Conferenza di Catania, è stata anche firmata un’intesa tra le Università di Roma “La Sapienza”, Ankara ed Istanbul per la creazione in quest’ultima città di un Centro di alta formazione e ricerca nel settore giuridico.

Nel corso della visita del Presidente Ciampi a novembre 2005, la CRUI (Conferenza dei Rettori Italiani) ha inoltre finalizzato con l’omologo ente turco YÖK (Consiglio per l’istruzione superiore) una significativa intesa di principio per aprire la strada ad una serie di collaborazioni tra Università italiane e turche nel settore dello scambio di studenti, di docenti, e didattica. Tale accordo dovrebbe essere firmato nel corso di una prossima missione in Italia da parte del Presidente dello YÖK.

 

Nel 2005 risultavano 43 Accordi di collaborazione interuniversitaria, tra cui quelle tra Politecnico di Milano e  cinque Università turche, tra l’Università di Pavia (Dipartimento di ingegneria) e l’Università “METU” di Ankara, tra il Politecnico di Bari e l’Università Egea di Smirne, tra l’Università Bocconi di Milano e l’Università di Istanbul, tra l’Università di Palermo e l’Università Egea di Smirne, tra l’Università di Pisa e l’Hacettepe University di Ankara, tra l’Università di Torino e Ankara.

Un interessante progetto in corso tra Roma La Sapienza e la Fatih University riguarda “Turchia e Unione Europea: conoscersi per comprendersi”.

In relazione ad un progetto multilaterale per l’area del Mediterraneo, finanziato dal MIUR, il Politecnico di Torino e l'Università Egea di Smirne stanno avviando un corso di Laurea Specialistica congiunto in Cultura Politecnica Italia-Paesi del Mediterraneo.

Su impulso dell’Ambasciata d’Italia ad Ankara, è stato firmato nel dicembre 2004 un accordo tra l’Università di Verona e quella di Izmir, finalizzato allo scambio di studenti ed allo svolgimento di stages presso aziende che intrattengono rapporti commerciali bilaterali.

Nell’ambito di una collaborazione recentemente instaurata tra le Province di Ancona e di Izmir, sono state avviate intese tra l’Università di Ancona e la Izmir Economi Universitesi,nel settore agrario, e tra l’Università di Macerata e la Ege Universitesi,nel settore delle Scienze Politiche.

 

Il numero degli studenti turchi nelle Università italiane è molto limitato, superando di poco le 150 unità (pari allo 0,60% degli studenti stranieri).

Il numero delle mensilità per borse di studio offerte dall’Italia nell’ultimo anno accademico e’ stato di 170, con un notevole incremento.

 

Va segnalato che lo scorso maggio la parte turca abbia proposto la costituzione di una Università italo-turca ad Istanbul, proposta da noi accolta con grande favore ed oggetto di un primo incontro bilaterale ad Ankara il 30-31 ottobre u.s., che ha consentito l’elaborazione di una bozza di Dichiarazione congiunta.

 

Riconoscimento dei titoli di studio

Il vigente Programma Esecutivo Culturale prevede lo scambio di informazioni sui rispettivi sistemi d’istruzione per concordare, attraverso i lavori di un gruppo tecnico misto, criteri di corretta valutazione comparativa dei rispettivi titoli, da raccomandare alle autorità competenti nei due Paesi per le decisioni di riconoscimento degli stessi. Allo stato attuale, i titoli finali della scuola secondaria turca si conseguono dopo 11 anni di scolarità e consentono l’immatricolazione universitaria in Italia solo se integrati dal superamento degli esami del 1° anno universitario in Turchia.

 

Diffusione della lingua italiana

L’interesse verso la cultura italiana si riflette nel successo crescente delle attività di promozione culturale e linguistica condotte dagli Istituti Italiani di Cultura di Istanbul ed Ankara, nonché dal nostro Centro Culturale di Smirne, con un numero complessivo di oltre 9700 studenti nel 2005 (+10%) e una tendenza in ulteriore sviluppo. Ad essi si aggiungono gli studenti delle cattedre di italiano attivate nelle Università di Istanbul e di Ankara grazie ai contributi ministeriali e gli studenti del Liceo Italiano di Istanbul, che svolge un ruolo significativo nella formazione della classe dirigente turca.

Ad Ankara e ad Istanbul sono attivi da molti anni due Dipartimenti universitari di Filologia italiana di alto livello scientifico. Presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Smirne è attivo un corso d’italiano giuridico biennale. Tre lettori d’italiano operano rispettivamente preso l’Università di Istanbul, presso l’Università di Ankara e presso l’Università Egea di Smirne.

Nel 2005 sono stati concessi nuovi contributi alla Facoltà di Arte e Scienza dell’Università del Bosforo, all’Università Tecnica del Medio Oriente e alla Yedipete Universitesi di Instabul per l’assunzione di lettori locali. Sono stati altresì rinnovati i contributi per la Facoltà di Educazione dell’Università del Bosforo, all’Università di Economia di Smirne e alla Yildiz Teknik Universitesi di Istanbul.

Corsi di lingua italiana si tengono inoltre presso l’Università Bilkent e presso la Facoltà di Architettura dell’Istituto Superiore di Tecnologia.

 

Scuole italiane

- A Istanbul  sono presenti due complessi scolastici italiani: l’istituto scolastico statale "Istituti Medi Italiani", che ospita un Liceo Scientifico, aperto anche a studenti turchi, e una scuola media, aperta solo a studenti italiani ed il  Complesso scolastico gestito dalle "Suore d'Ivrea",   presso il quale funzionano  una scuola materna ed una elementare riconosciute dallo Stato Italiano e frequentate da alunni italiani.  Nell’anno scolastico 2001/2002  è stato  istituito presso lo stesso istituto un liceo scientifico riconosciuto dalle Autorità turche e che nel dicembre 2004 ha ottenuto il riconoscimento italiano paritario.

A Smirne è attiva la "Scuola Italiana" a livello materno ed elementare con presa d'atto.

Il numero complessivo degli alunni delle nostre scuole è di 759 unità. Il MAE invia 31 unità di personale di ruolo. Nell’e.f. 2006 sono stati erogati 145.000 Euro per il funzionamento delle scuole italiane, 10.500 per cattedre d'italiano presso scuole turche e 1.725 euro per corsi d’italiano a docenti locali.

Il quadro delle scuole italiane si completa con l'altro istituto privato "Evoluzione  e Crescita" parimenti funzionante per la scuola elementare e media con riconoscimento legale (gestita dai Padri Salesiani).

La legge turca dell'agosto 1997,che ha previsto l’innalzamento dell’obbligo scolastico fino alla terza media, ha reso necessari incontri ed intese bilaterali (Agreed minutes marzo 1998) al fine di evitare una drastica riduzione della nostra presenza scolastica in Turchia (per legge i cittadini turchi non possono infatti iscriversi a scuole straniere durante il periodo dell’obbligo).

Tali intese prevedono, tra l’altro, l’inserimento dell’italiano fra le lingue straniere previste dai programmi scolastici locali, e l’autorizzazione al funzionamento di scuole turco-italiane, al posto delle precedenti scuole medie italiane, con l’inserimento nei programmi turchi di un adeguato numero di ore d’insegnamento in lingua italiana.

Più recentemente, la legge turca del 2003 relativa ai permessi di lavoro ha reso più complessa e lunga (6 mesi) la procedura per la concessione dei permessi di lavoro e dei visti d'ingresso ai docenti italiani assegnati a istituzioni scolastiche o Università in Turchia, il che rende difficile la presenza dei docenti italiani fin dall'inizio dell'anno scolastico o accademico.

 La problematica resta aperta; una delle istanze delle Scuole italiane riguarda la possibilità di iscrivere bambini in possesso di doppia nazionalità turca ed italiana .

 

Missioni archeologiche

In Turchia la presenza italiana nelle missioni archeologiche è molto diversificata. A partire dalla missione del Politecnico di Torino, presente dal 1957, il nostro Paese può vantare, grazie alle principali Università italiane e non solo, 17 progetti di lavoro attualmente in corso di elaborazione, tra cui si segnalano il progetto per la copertura del Tempio di Augusto e Roma ad Ankara (Università di Trieste), la conservazione delle vestigia archeologiche di Kariye Museum ad Istanbul (Istituto Superiore per le tecniche e la conservazione dei beni culturali e dell’Ambiente A. De Stefano di Trapani), ed il progetto pilota Tyana per lo scavo e la creazione di un parco archeologico in una città di frontiera fra Cappadocia e Cilicia.

Nel 2006 sono stati concessi contributi a 13 missioni archeologiche per un totale di 170.000 euro.

 

 

Comunità italiana in Turchia, comunità turca in Italia

Al 31 dicembre 2006 risultavano iscritti all’Anagrafe Consolare 3.255 connazionali, così suddivisi nelle circoscrizioni consolari: Ankara 167, Istanbul 2.198, Smirne 890.

La comunità italiana e’ costituita da un nucleo storico dei discendenti di coloro che, provenendo dalle antiche Repubbliche marinare, si insediarono nelle principali località costiere oltre che degli immigrati che a fine Ottocento furono richiamati nell’Impero Ottomano dai grandi lavori nel settore delle infrastrutture. A tale nucleo si e’ aggiunto quello, sempre piu’ consistente, costituito dalla “business community”. Vi e’ inoltre una presenza di militari nell’ambito NATO e di religiosi (quasi tutti i sacerdoti cattolici nel Paese sono italiani).

La presenza politico/istituzionale è in sostanza quella di Aldo Kaslowski e Guido Manzini, rispettivamente Vice-Presidente e membro del Consiglio esecutivo della Confindustria locale (TUSIAD).

 

La comunità turca legalmente residente nel nostro Paese è, secondo i dati disponibili, al 30 giugno 2007 di  7.460 persone, di cui 2.518 minori di 14 anni. A questi bisogna aggiungere 577 persone di etnia curda, di cui 171 minori di 14 anni.

I turchi detenuti nelle carceri italiane sono al 31 dicembre 2006, 63 persone di cui 61 uomini e 2 donne.

Nell’anno 2006, 962 cittadini turchi e 6 curdi sono stati rintracciati in posizione irregolare nel territorio italiano. Nei primi sei mesi del 2007, invece, i turchi irregolari sono stati 465, mentre i curdi irregolari 2.

Nel Decreto Flussi 2006 al 21 luglio 2006, i cittadini turchi che hanno presentato domanda per il lavoro non stagionale sono stati 998.

 

La Turchia è un Paese di origine e di transito dell’immigrazione clandestina. Negli ultimi anni i flussi illegali provenienti dalla Turchia verso l’Italia si erano notevolmente ridotti ridotti, probabilmente grazie anche ad un maggior impegno delle Autorità di Ankara nel contrastare il fenomeno.

In particolare nel 2005 le persone di nazionalità turca sbarcate sulle coste italiane sono state 28 e nel 2006 si è registrato un solo caso di ingresso clandestino da parte di un cittadino turco. Nei primi dieci mesi del 2007, invece, il numero dei turchi illegali sbarcati sulle coste italiane è aumentato a 60. Tale notevole aumento potrebbe derivare dall’inasprimento dei controlli alla frontiere dalle Autorità greche che inducono i clandestini ad indirizzarsi direttamente verso l’Italia, in particolare puntando verso le costa calabresi.

Le Autorità turche si sono finora dimostrate restie a concludere un accordo bilaterale di riammissione con l’Italia, pur dichiarandosi disponibili a collaborare per il rimpatrio di propri cittadini. Ankara, infatti, ha condizionato la firma di intese di riammissione con i Paesi europei alla conclusione di analoghi accordi con i Paesi vicini, da cui provengono parte dei flussi di clandestini diretti in Europa. A tale proposito si ricorda che dal 2001 è in vigore un Accordo di cooperazione tra Italia e la Turchia – sottoscritto nel settembre 1998 - che copre una serie di temi tra cui quello del traffico di esseri umani e immigrazione clandestina.

In ambito europeo la Turchia figura tra i Paesi per i quali la  Commissione ha ottenuto in novembre 2002 dal Consiglio un mandato negoziale per un accordo di riammissione. Ma ad oggi le parti non sono giunte a formalizzare un simile accordo.

La Turchia, infine, è anche nella lista dei Paesi di origine e transito di flussi illegali, che il Consiglio Affari Generali ha indicato come prioritari per iniziative di collaborazione.

 

 

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO

 

 

Energie Rinnovabili

 

Il tema e’ di particolare attualità nel Paese, che anche a fronte di un rischio concreto di shock energetico di notevole portata nei prossimi anni sta ponendo le basi per una nuova politica energetica.

Gli obiettivi sono molteplici: non solo un utilizzo più massiccio delle risorse carbonifere del Paese ma anche il rafforzamento delle relazioni con i principali produttori dei Paesi limitrofi, lo sviluppo del nucleare e l’intensificazione dell’utilizzo delle fonti energetiche alternative (geotermico/fotovoltaico, eolico, biomasse). Per quanto riguarda i rapporti con i Paesi dell’area basti pensare alla recente inaugurazione del terminale petrolifero di Ceyhan, tappa finale dell’oleodotto Baku-Tiblisi-Ceyhan (BTC), nella cui la gestione anche l’italiana ENI ha una partecipazione del 5%, come pure la realizzazione da parte dell’ENI di un oleodotto tra il porto turco di Samsun, sul Mar Nero, e Ceyhan, destinato a far arrivare nel Mediterraneo gas e petrolio dalla Russia e dal Turkmenistan e che dovrebbe essere completato entro il 2010.

In merito allo sviluppo del nucleare, il governo turco prevede l’entrata in funzione di tre centrali nucleari dotate di reattori dalla potenza di 5.000 Mw per il 2015.

In questo scenario si prospettano delle opportunità di investimento per gli istituti di ricerca e imprese italiane che si occupano della progettazione e messa a punto di sistemi di sicurezza per le centrali nucleari e smaltimento delle scorie radioattive. Ampio spazio puo’ trovare la formazione e il training del personale impiegato nelle centrali.

Nel corso degli anni ’90 la Turchia ha iniziato a prendere in considerazione la produzione di energia da fonti alternative principalmente per due motivi: l’aumento delle importazioni di minerali, gas naturale e petrolio per soddisfare la domanda interna legata all’energia e l’aumento dell’inquinamento ambientale legato alla combustione delle sostanze utilizzate per la produzione di energia elettrica. L’utilizzo delle energie alternative rappresenta tuttora uno scenario inesplorato e ricco di opportunità commerciali per le aziende italiane.

Per cio’ che concerne il geotermico ed il fotovoltaico, la Turchia occupa l’ottavo posto nel mondo come quantità di energia geotermica utilizzabile e sta attualmente disponendo solo del 2,7% di quella sfruttabile. Il Paese possiede inoltre un enorme potenziale solare; tra il 2001 ed il 2004 la vendita mondiale di pannelli solari e’ aumentata di una percentuale annua che si colloca tra il 10% ed il 15%, con la Turchia che ha assorbito il 5,5% della produzione mondiale. Le industrie italiane potrebbero inserirsi sul mercato turco diffondendo la tecnologia fotovoltaica integrata agli edifici e connessa alla rete elettrica nazionale al fine di cedere l’energia prodotta alla rete elettrica nazionale e ottenere in cambio una tariffa per compensare il costo della bolletta elettrica. Offrendo soluzioni progettuali in cui il fotovoltaico è parte integrante dei progetti edilizi e introducendo sistemi per l’erogazione di energia in luoghi isolati, si avrebbe una riduzione dei costi d’allacciamento alla rete elettrica. In Turchia, Paese che dipende in maniera consistente dall’importazione di gas, la generazione di energia elettrica avviene prevalentemente attraverso impianti che utilizzano combustibili fossili. Per questo motivo, la Turchia inizia a ricorrere a nuove forme di energia, come quella eolica. La legge sulle Energie Rinnovabili emanata in Turchia nel maggio del 2005 ha introdotto una feed-in-tariff che riconosce un prezzo medio per l’energia all’ingrosso pari a quello dell’anno precedente e valido per i primi sette anni di vita dell’impianto. Attualmente sono in atto due progetti riguardanti la produzione di energia eolica nel Paese: quello di Sabenova nascerà nella regione di Antakya, una delle aree più ricche di vento del Paese. Il nuovo parco eolico sarà in grado di produrre 112 GWh all’anno, che corrispondono ad una riduzione di emissione nell’aria pari a 61.000 tonnellate di CO2. Il secondo parco eolico di Karakurt, invece, avrà una produttività media di 41 GWh all’anno, e farà risparmiare l’emissione in ambiente di circa 20.000 tonnellate di CO2 per anno. Questo settore rappresenta delle ottime opportunità di inserimento per i produttori di impianti eolici, di componentistica, di parti di ricambio, di semilavorati e di olii lubrificanti. Dal 1995 è in attività a Istanbul un impianto per la creazione di elettricità dal gas prodotto dai rifiuti solidi. Da questo impianto si producono annualmente 8.000.000 kWh di energia elettrica che riforniscono in media 1.500 case. Interessante sarebbe fornire il know-how per la produzione di energia da bio-massa e biocarburanti liquidi in alternativa ai derivati del petrolio.

 

 

 

 

Incontri bilaterali nell’ultimo triennio

 

 

 

ANNO 2005

 

 

25-28 gennaio

Visita a Roma del Presidente della Grande Assemblea Nazionale Turca, Bulent Arinc.

 

20-23 febbraio

Visita ufficiale del Presidente del Senato, Pera

 

28 febbraio-1 marzo

Visita ad Ankara del Sottosegretario Antonione (riforma del CdS)

 

10-11 marzo

Visita in Italia del Ministro dell’Industria, Coskun; varo del “Monitoring Committee” (MAP).

 

25 maggio

Incontro dell’On. Presidente del Consiglio Berlusconi con il Premier Erdogan ad Istanbul.

 

9-11 giugno

Visita Ministro delle Finanze, Kemal Unakitan

 

12 luglio

Partecipazione del Ministro delle Finanze Unakitan al Laboratorio Euromediterraneo a Milano

 

13-14 luglio

 

Visita dell’On.Ministro Fini ad Ankara ed Istanbul

 

2 settembre

Incontro a Roma tra il Primo Ministro Erdogan ed il Pres.del Consiglio

 

27 settembre

Visita ad Ankara del Ministro della Difesa Martino

 

16-17 ottobre

Visita ad Ankara del Ministro per lo Sviluppo e la coesione territoriale, Miccichè

 

4 novembre

Partecipazione del Ministro dell’Energia Guler all’incontro con Min.Scajola ed omologo greco a Lecce sulle interconnessioni gas

 

17 novembre

Partecipazione dell’On.Presidente del Consiglio alla cerimonia di inaugurazione del gasdotto Blue Stream a Samsun, con Pres. Putin e Primo Min. Erdogan

 

22-24 novembre

Visita di Stato in Turchia del Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi

 

 

ANNO 2006

 

8-10 marzo

Visita Ministro dell’industria, Coskun; II riunione del Monitoring Committee

17-18 giugno

Visita ad Ankara ed Istanbul del Ministro per il Commercio Internazionale, Bonino

12 luglio

Partecipazione del Ministro Bersani alle cerimonie ad Istanbul per l’inaugurazione del gasdotto Bak-Ceyhan

26 luglio

Partecipazione del Ministro Gul alla Conferenza sul Libano a Roma; incontro a margine con l’On.Ministro

19 settembre

Incontro tra i Ministri D’Alema e Gul a margine UNGA a New York

8 novembre

Incontro a Roma tra i Ministri D’Alema e Gul (a margine III Foro di Dialogo italo-turco)

5 dicembre

Visita del Sottosegretario, On. Crucianelli.

 

 

 

 

ANNO 2007

 

 

8-10 gennaio

Visita di Stato del Presidente Sezer

11 gennaio

Visita del Sottosegretario al Ministero per l’Economia, Cento

22-23 gennaio

Visita del Pres.Consiglio Prodi ad Ankara e Istanbul

25 gennaio

Visita ad Ankara del Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo, Bubbico.

24 aprile

Visita del Ministro Bersani per inaugurazione lavori oleodotto Samsun-Ceyhan

25 maggio

Partecipazione del Sottos.Forcieri al Salone industria difesa ad Ankara

12-13 giugno

Visita in Turchia dell’On. Ministro D’Alema

25 giugno

Partecipazione del Sottos.Crucianelli al Vertice BSEC ad Istanbul

9-11 settembre

Visita in Turchia del Ministro del Commercio Internazionale, Emma Bonino

 

27 settembre

Incontro Pres.Prodi-Erdogan a margine UNGA

7-8 novembre

Visita ufficiale a Roma del Primo Ministro Erdogan

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Il 26% della popolazione ha meno di 14 anni, il 67,3% ha un’età compresa tra 14 e 65 anni e il restante 6,7% ha più di 64 anni.

[2] E’ presieduto dal Presidente della Repubblica e ne fanno parte il Primo Ministro, il Capo di Stato Maggiore, i Ministri della Difesa, degli Interni e degli Esteri, ed i comandanti delle forze aeree, navali e terrestri.