Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Rapporti Internazionali
Titolo: CINA
Serie: Schede Paese    Numero: 32
Data: 17/10/2007

 


 

II Riunione della Commissione Parlamentare  di collaborazione  Italia-Cina

 

Roma, 18-19 OTTOBRE 2007

 

 

 

 

 

Repubblica Popolare Cinese

 

Con una popolazione di circa 1.3 miliardi di abitanti, la Cina è il paese più popoloso della terra ed il quarto per superficie. Ha sperimentato a partire dal 1978 una crescita rapidissima e su larga scala che ha fatto oltrepassare la linea della povertà a oltre 300 milioni di persone nel corso di una singola generazione. La crescita registrata ha finora privilegiato le regioni costiere, cresciute molto più rapidamente di quelle interne. L’attuale dirigenza cinese è chiamata alla gestione di un’ulteriore fase di rapido sviluppo economico e delle difficoltà strutturali ad esso connesse, che mettono in dubbio la sostenibilità nel medio-lungo termine della scommessa finora apparentemente vincente del “socialismo di libero mercato”. Il successo di tale scommessa e la permanenza al potere del Partito Comunista sono di fatto condizionale dal modo in cui verranno affrontate sfide immense quali la perequazione dello sviluppo tra le diverse aree del Paese, la lotta all’inquinamento, l’approvvigionamento energetico, la riforma delle aziende di Stato, la capacità di creare nuovi posti di lavoro, la riforma del sistema bancario e del welfare.

 

 

 

DATI GENERALI (2007)

Superficie

9.596.960 Kmq

Capitale

PECHINO (14 milioni di abitanti)

Abitanti

1.321.851.888[1]  (il 71,7% della popolazione ha tra i 15  e i 64 anni);

Tasso crescita popol.

0,6%

Aspettativa di vita

72,8 anni

Mortalità infantile

22,12 per mille

Tasso alfabetizzazione

90,9% (95,1% uomini; 86,5% donne)

Composizione etnica

91,9% cinese di etnia Han

Religioni praticate

Le principali religionipraticate, nonostante la Cina sia ufficialmente atea, sono quella buddista (circa 150 milioni di praticanti) e quella taoista (circa 30 milioni). Diffuse sono la religione musulmana (1%-2%) e la cristiana[2] (3%-4%).

Lingue ufficiali

cinese standard o mandarino

 

 

 

CARICHE DELLO STATO

 

 

Segretario generale del Partito Comunista cinese, Presidente della Repubblica e Presidente della Commissione militare centrale

 

HU Jintao  (dal marzo 2003)

Il 18 settembre 2004, Hu Jintao ha assunto la carica di Presidente della Commissione militare centrale, organismo di controllo politico dell’esercito, succedendo all’ex leader Jiang Zemin)

 

 

Premier

Presidente del Consiglio di Stato

 

 

WEN Jiabao (dal marzo 2003)

 

Presidente dell’Assemblea Nazionale del Popolo

 

 

WU Bangguo (dal marzo 2003)

 

 

 

Ministro degli esteri

YANG Jiechi(dall’aprile 2007)

 

 

 

SCADENZE ELETTORALI

 

Elezioni politiche

 

2008

 

 

 

QUADRO POLITICO INTERNO

(in collaborazione con il  MAE)

 

 

L’esecutivo in carica guidato dal Primo Ministro Wen Jiabao è stato eletto dalla prima sessione plenaria della X legislatura dell’ANP, nel marzo 2003.

 

            Tra il 2003 ed il 2004 si è perfezionato il passaggio di consegne tra la “terza generazione” (nata negli anni ’30 e figlia diretta della rivoluzione comunista) e la “quarta” che vede i suoi principali esponenti in Hu Jintao, Presidente della Repubblica, Segretario Generale del Partito nonché Capo della Commissione Militare Centrale e in Wen Jiabao, Primo Ministro.

            L’attuale gruppo dirigente, di matrice tecnocratica, sostiene i valori dello sviluppo di un’economia di mercato e sta proseguendo, anche sotto Hu, la politica di riforme avviata nel 1978 da Deng Xiaoping e sviluppata da Jiang Zemin.

            Benché presti ossequio al suo predecessore Jiang Zemin anche sul terreno dell’ideologia, il Presidente Hu si è progressivamente  affrancato dall’influenza dei notabili di partito vicino all’ex Segretario Generale (la c.d. “Cricca di Shanghai”). Egli sta consolidando una autonoma base di potere e cooptando una nuova generazione (“la quinta”) di tecnocrati quaranta-cinquantenni, più che sulla base di una loro particolare provenienza geografica su quella della frequenza della Scuola Centrale di Partito (diretta dallo stesso Hu tra il 1993 ed il 2002) e della sua alma mater, l’Università Qinghua di Pechino.

Tra i favoriti alla successione di Hu appaiono alcuni dei cosiddetti 'princelings', i figli di padri illustri: oltre al Ministro del Commercio Bo Xilai, il Sindaco di Pechino Wang, il neosegretario di Shanghai Xi, il responsabile della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e la Ricerca Ma Kai, e Liu Yandong (attuale responsabile del Fronte Unito, sarebbe la prima donna nel gruppo di vertice).

Problema fondamentale per la generazione attualmente al potere e per quella destinata a succederle è quello della legittimità. Non avendo preso parte, per motivi anagrafici, all’epos della fondazione e del consolidamento della RPC e privo di un mandato democratico, il gruppo dirigente cinese trova legittimità, consenso e ragion d’essere dell’attuale assetto nella sostenuta crescita economica che il “socialismo di libero mercato” ha finora realizzato.

Sul piano interno, il 2007 vede la fondamentale scadenza del 17mo Congresso di Partito, chiamato inter alia ad affrontare a partire dal prossimo 15 ottobre, la delicata questione della successione nella leadership dell’attuale Segretario Generale del PCC e Presidente cinese Hu Jintao. Il ritiro del Segretario Generale dovrebbe avvenire allo scadere del suo secondo mandato, vale a dire nel 2012. La soluzione di tale questione passa necessariamente per unaridiscussione degli attuali equilibri di potere e accordi interni alla leadership di Partito di cui si è avuto un primo assaggio con un consistente rimpasto governativo nel corso dell’estate che ha condotto all’avvicendamento del Ministro delle Finanze (Jin Renqing uscente, per un possibile scandalo di natura sessuale; Xie Xuren entrante), del Ministro della Sicurezza nazionale (entrante Geng Huichang), del Ministro della Funzione Pubblica (entrante Yin Weimin).

In tale contesto, è stata molto amplificata dai media occidentali, la pubblicazione a fine agosto, di una lettera aperta a Hu Jintao da parte di oltre mille intellettuali cinesi (avvocati, accademici, attivisti, etc.) con la richiesta al Partito Comunista di governare secondo la legge e nel rispetto dei diritti umani, nonché del rilascio di alcuni prigionieri condannati per opinioni contrarie al regime.

In attesa del Congresso Nazionale del Popolo, i dirigenti cinesi rafforzano l’orientamento per una crescita più equilibrata e sostenibile finalizzata alla costruzione – secondo i nuovi slogan - di una "società armoniosa" (cfr. infra) ponendo enfasi sulle riforme economiche, dando priorità all'emergenza ambientale, all'istruzione, al welfare, alle campagne, agli interessi della gente, alla redistribuzione dei dividendi dello sviluppo in corso.

L’attuale gruppo dirigente è consapevole che la velocità del cambiamento socio-economico in corso determina una dislocazione sociale che, a fronte di un larghissimo numero di beneficiari delle riforme, vede la penalizzazione di una cospicua minoranza, potenziale fonte di instabilità politica: lavoratori migranti dal basso tasso di istruzione, dipendenti “licenziati” delle industrie statali in via di privatizzazione, popolazioni rurali[3], costituiscono alcuni dei soggetti sociali più vulnerabili ed esposti al cambiamento, la cui posizione è resa particolarmente precaria dall’assenza di adeguate reti di protezione sociale – paradosso di un sistema che formalmente si dichiara ancora socialista. 

In vista del Congresso la dirigenza cinese sta inoltre promuovendo una nuova campagna di monitoraggio dei funzionari pubblici per arginare fenomeni di corruzione, soprattutto nei settori dell'educazione e della sanità. Secondo dati del Ministero della Supervisione nella prima metà del 2007 sono state prese misure nei confronti di circa cinquemila membri del Partito per aver violato la disciplina di partito e aver usato fondi pubblici in attività non legali (banchetti, viaggi all'estero, acquisto di automobili e attività ludiche).

In un paese dall’assetto autoritario e dalle dimensioni continentali, appare infine fondamentale il controllo delle forze centrifughe che, traendo ispirazione da circostanze storiche e da motivazioni etniche e/o religiose, possono minare l’unitarietà della Cina. Ciò riguarda in particolare territori attualmente considerati “irredenti” (Taiwan) o quelli che, storicamente nell’orbita cinese, sono stati sottoposti ad un più diretto controllo politico-amministrativo di Pechino, pur con qualche discontinuità, solo a partire dal XVIII secolo (Tibet e Xinjiang).

In particolare le questioni taiwanese e tibetana vengono viste dalla dirigenza cinese come questioni di politica interna, su cui le Autorità di Pechino sono molto sensibili, interventiste e tenaci. Per evitare qualsiasi interferenza straniera, la Cina ha conseguentemente posto, come assunto della propria politica interna e della sua diplomazia, nonché cartina di tornasole dell’amicizia nei suoi confronti da parte della comunità internazionale, il principio della One China Policy,in base al quale i governi amici devono riconoscere il Governo della Repubblica Popolare Cinese (e non quello di Taipei) come il solo governo legale della Cina, e rispettare l’integrità del territorio della Repubblica Popolare Cinese, in cui viene inclusa Taiwan. La questione viene sollevata molto spesso anche nei fori multilaterali, dove la partecipazione di Taiwan viene sempre contestata da parte di Pechino.

 

                                                                                                                                        

Cina: i passi verso la "società armoniosa" di Hu Jintao

Durante la sessione annuale del NPC[4] (3-5 marzo 2007) è stato compiuto il primo dei passi che la Cina di Hu Jintao intraprenderà nei prossimi anni nella direzione dell'ideale della società armoniosa, in altre parole di una più equa redistribuzione della ricchezza. Due sono le leggi significative in proposito: un’ulteriore estensione dei diritti di proprietà privata e la modifica delle tasse a carico delle imprese straniere. Gli interventi sono molto dibattuti e mettono in discussione l'anima, più o meno vicina alle ali di destra o di sinistra della leadership di governo.

 

La legge che più di tutte si colloca nel tentativo di colmare il divario tra la popolazione urbana e quella delle campagne è quella sulla proprietà privata. Si è parlato di proprietà privata già dagli anni '90 a proposito delle abitazioni nelle aree urbane. Nel corso degli anni è stato ampiamente dibattuto e ha trovato ampia opposizione all'interno delle ali più a sinistra del partito, per le quali l'argomento costituisce un vero e proprio tabù. Questi esponenti temono che gli esigui diritti concessi possano ledere i principi dell'economia socialista e rendere il paese troppo "capitalista": è la privatizzazione che sta aumentando il divario tra ricchi e poveri. Gli oppositori pensano cioè che questa legge favorirà la corruzione della società. I firmatari delle neonate società private sono nella maggioranza dei casi ex ministri, ex militari o leader provinciali. Si teme anche uno strapotere di pochi uomini d'affari, nonché delle multinazionali straniere. I leader al governo, d'altra parte, tengono a sottolineare che la legge servirà a rafforzare l'impianto socialista e a creare una società più equa e armoniosa. Sottolineano che la privatizzazione di aziende statali, già ampiamente realizzata negli anni precedenti, non toccherà settori strategici quali difesa, telecomunicazioni, energia elettrica, petrolio, gas e carbone, aviazione e industria navale. Tuttavia, il processo proseguirà per tutte quelle aziende che risulteranno poco produttive entro il 2008.

            La legge prevede che vengano ampliati i diritti di proprietà già esistenti della classe medio borghese urbana. Ad esempio, a proposito delle aree di parcheggio che circondano i sempre più numerosi appartamenti in complessi condominiali, si stabilisce che siano di proprietà dei condomini e non dei gestori delle aree. La parte realmente innovativa della legge, quella che dovrebbe tentare di tutelare i contadini e permettere loro di usufruire delle conseguenze non solo negative del boom economico, riguarda la proprietà privata delle terre.

             Si incomincia a parlare anche dei diritti del contadino di disporre della terra che lavora o di non esserne privato indebitamente. Non sono pochi infatti i casi che negli ultimi anni hanno visto milioni di contadini diventare disoccupati a causa dell'appropriazione delle campagne da parte di privati per la costruzione di abitazioni o di fabbriche, senza ricevere una equa compensazione. I diritti che vengono concessi ai singoli individui non sono in alcun modo equiparabili a quelli noti nelle società occidentali e soprattutto non sono quelli realmente auspicati dai contadini. Un soggetto non può infatti vendere la propria terra, né può usarla come garanzia per un investimento, né ha la garanzia contro l'espropriazione da parte dello Stato.

            L'unico diritto che viene garantito al singolo è che non gli venga espropriata da altri soggetti privati (ma lo Stato ha questo potere) e che, nel qual caso, gli venga conferita una equa ricompensa. Viene data anche la possibilità di rinnovare i contratti d'affitto (trentennali) una volta terminati. La legge presenta un consistente problema nella sua concreta applicazione: molto spesso è la corruzione dei governi locali che aggrava le condizioni delle campagne. Per i governi locali rendere una terra da rurale a urbana rappresenta un enorme vantaggio economico. I privati a cui viene concesso l'uso per fini industriali pagano alte tasse ai governi locali che però difficilmente vengono utilizzati per migliorare le condizioni di vita delle persone rimaste senza casa e senza lavoro.

            I leader governativi sottolineano anche che a favore dei più poveri sono stati disposti dei maggiori finanziamenti per la sanità e l'istruzione nelle campagne: aumenti del 90% nella sanità e del 40% nell'istruzione. Nonostante gli aumenti ci siano, non sono in ogni caso sufficienti e ancora molto lontani dalla media internazionale stimata dalle Nazioni Unite. Questi, insieme al problema irrisolto della disoccupazione altalenante, continuano a rimanere ancora uno degli argomenti di critica da parte delle popolazioni anche urbane.

 

            L'altra legge particolarmente significativa per la politica economica di Hu Jintao è quella relativa agli investimenti stranieri. Fino ad ora infatti la Cina ha condotto una politica di totale apertura agli investimenti stranieri che ha permesso la crescita economica a due cifre degli ultimi anni. Le tasse sui ricavi delle imprese private erano più alte per le compagnie nazionali rispetto a quelle previste per le compagnie straniere.

            La nuova legge riordina l'impianto della tassazione e cerca di equiparare il peso gravante su compagnie di bandiera e compagnie straniere. Se in precedenza le tasse erano del 24 o del 15% per le compagnie straniere e del 27 o 18% per le compagnie nazionali, ora questa percentuale è stata equiparata al 25% per entrambe le categorie, tranne che per il settore hi-tech e per le piccole medie imprese straniere, per le quali il tasso rimane al 15%.

            L'intenzione è quella di favorire la nuova borghesia urbana e di cercare di accumulare capitale all'interno del paese. Nel settore hi-tech e in altri settori come quello della protezione ambientale invece si preferisce ancora incentivare gli investimenti stranieri e quindi cercare di attrarre tecnologie che nel paese non sono ancora sviluppate. Un ulteriore intervento significativo per l'economia cinese e per le sue relazioni con l'estero è la scelta di imporre delle tasse più alte sulle esportazioni e maggiori incentivi agli investimenti stranieri all'estero. Questo perché la quantità di riserve straniere, soprattutto statunitensi, incomincia a diventare preoccupante (circa 1000 miliardi di dollari) e già da tempo gli Stati Uniti lamentano un valore troppo basso dello yuan che favorirebbe eccessivamente le esportazioni cinesi.

            Tutto questo per riequilibrare il “boom” di investimenti stranieri e favorire una maggiore circolazione di capitali all'interno del paese. Al fine di riequilibrare il deficit commerciale tra Cina e Stati Uniti è stata anche prevista una maggiore diversificazione delle riserve straniere. Attualmente il 70% è infatti statunitense.

 

 

Il dissenso in Cina

 

            Secondo il rapporto 2007di Amnesty international un crescente numero di avvocati e giornalisti sono stati oggetto di vessazioni, detenzioni e carcerazioni. Migliaia di persone che praticano la propria fede religiosa fuori dal contesto delle chiese ufficialmente riconosciute sono state sottoposte a vessazioni e molte di loro sono state arrestate e imprigionate. Sono state migliaia le persone condannate a morte o che hanno avuto le loro sentenze eseguite. Migranti provenienti dalle zone rurali sono stati privati dei diritti fondamentali. È continuata la severa repressione degli uiguri nella Regione Autonoma dello Xinjiang e libertà di espressione e di religione continuano a subire forti restrizioni in Tibet.

            Dal rapporto emerge, infatti, che il giro di vite del governo contro avvocati e attivisti per i diritti abitativi si è intensificato. Molti difensori dei diritti umani sono stati soggetti a lunghi periodi di detenzione arbitraria senza accusa, nonché a vessazioni da parte della polizia o di bande locali manifestamente tollerate dalla polizia. Il governo sta conducendo anche una dura azione repressiva nei confronti dei giornalisti, scrittori, e utenti di Internet. Numerosi quotidiani e giornali popolari sono stati chiusi. Centinaia di siti web internazionali sono rimasti bloccati e migliaia di siti cinesi sono stati chiusi.          Decine di giornalisti sono stati detenuti per aver trattato argomenti delicati. Il governo ha rafforzato i sistemi per bloccare, filtrare e controllare il flusso di informazioni.

            Si ricorda che la Cina è stata eletta  nel nuovo Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani per il triennio 2006-2009[5]. Prima di essere eletta la Cina ha assunto impegni in materia di diritti umani, incluse la ratifica del Patto internazionale sui diritti civili e politici e l’attiva cooperazione con le Nazioni Unite in tema di diritti umani. Tuttavia, le società cinesi hanno continuato a esportare armi in Paesi dove presumibilmente vengono utilizzate per compiere gravi violazioni dei diritti umani come Sudan e Myanmar.

 

 

Pena di morte

 

            Secondo il rapporto di Amnesty International la Cina capeggia la lista dei Paesi che nel 2006 hanno applicato la pena di morte. La pena di morte ha continuato ad essere applicata in modo esteso per punire circa 68 reati, anche di tipo economico e non violento.

            Basandosi su resoconti pubblici, Amnesty ha stimato che nel corso del 2006 sono state messe a morte almeno 1.010 persone mentre le condanne comminate risultano essere pari a 2.790, sebbene si ritenga che i dati reali siano di molto superiori. Il numero delle condanne è infatti considerato in Cina un segreto di Stato e non viene divulgato. Peraltro, Il 10 luglio 2007 Zheng Xiaoyu, ex responsabile dell’Agenzia del farmaco, è stato messo a morte. La Corte Suprema ha confermato la sentenza di colpevolezza per aver ricevuto pagamenti per 850mila dollari dalle imprese farmaceutiche che volevano evitare i controlli.

            Nel 2006 l’Assemblea nazionale del popolo ha votato una legge che prevede di restituire alla Corte Suprema stessa il potere di confermare o di annullare tutte le condanne a morte emesse dai tribunali cinesi a partire dal 2007. Studiosi ritengono che ciò potrebbe portare a una riduzione di errori giudiziari e dell’uso della pena di morte.

            Nel marzo 2007 la Corte Suprema, il massimo organo giudiziario del paese, la Procura Generale e il Ministero della Pubblica Sicurezza hanno quindi introdotto una nuova serie di regole restrittive per l' applicazione della pena di  morte.

 

 

La questione del Tibet

 

            Il 19 luglio 2007 il Dalai Lama, in Germania per un incontro internazionale di buddisti, è tornato a denunciare la violazione dei diritti umani in Tibet da parte delle autorità cinesi. “In Tibet non vi è alcun miglioramento. Non vi è alcuna libertà di culto e i diritti umani vengono violati”. Più volte in passato il Dalai Lama ha dichiarato di accettare la sovranità della Cina sul Tibet e di non volere la sua indipendenza, ma una "vera autonomia" per il Tibet e, pertanto, di essere sempre pronto a continuare  il dialogo con Pechino. La Cina, invece, continua ad accusare il  Dalai Lama di condurre una campagna clandestina per ottenere l'indipendenza formale, nonostante dichiari di volere un'autonomia maggiore nella speranza di preservare la cultura dei buddisti tibetani. Il  governo  cinese anche nel marzo 2007 aveva dichiarato che la Cina era pronta ad avviare le trattative con il Dalai Lama se il leader spirituale dei tibetani avesse rinunciato all'indipendenza.

            Il Dalai Lama è fuggito in India nel 1959, dopo una fallita rivolta contro il dominio cinese. Da allora non è mai più rientrato in Cina.


 

Libertà religiosa

 

            Il governo ha continuato a colpire le confessioni religiose al di fuori dei canali ufficialmente riconosciuti. Migliaia di membri delle “chiese-casa” clandestine protestanti e di chiese cattoliche non ufficiali sono stati detenuti, e molti di loro sono stati maltrattati o torturati in detenzione. Membri del movimento spirituale Falun Gong sono stati detenuti e assegnati a detenzione amministrativa per il loro credo, oltre ad essere stati costantemente ad alto rischio di tortura o maltrattamenti.

            Si ricorda che la US Commission on International Religious Freedom ha inserito la Cina nella lista degli 11  Paesi c.d. “Countries of particolar concern” per la mancanza di libertà religiosa nel paese.

 

 

Proteste nelle campagne contro la politica del figlio unico

 

            Il 21 maggio 2007 la polizia si è scontrata violentemente, in Cina meridionale, con decine di agricoltori decisi a protestare con forza nei confronti della politica del figlio unico adottata dal governo nel quadro del programma per il controllo delle nascite. Le dimostrazioni sono la protesta nei confronti del governo locale che ha deciso nelle scorse settimane di inviare "squadre per il controllo famigliare" a setacciare le campagne, per multare le famiglie che violano la legge del figlio unico.

             La politica di controllo demografico, caposaldo del governo comunista cinesi, consente dal 1978 un solo figlio ai residenti urbani e due ai contadini. Nell'arco degli anni, nell'ambito del programma di diminuzione delle nascite e di stabilizzazione della popolazione il governo ha costretto un gran numero di donne ad aborti anche tardivi e a sterilizzazioni forzate.

 

 

 

QUADRO ISTITUZIONALE

 

 

 

            La Carta costituzionale, promulgata nel 1982, descrive la Cina come una “dittatura socialista del popolo guidata dalla classe operaia, e basata sull’alleanza di operai, contadini ed intellettuali”. La Costituzione è essenzialmente di tipo descrittivo, anziché normativo, ed è stata soggetta a frequenti revisioni. Al di là qualche sporadica iniziativa di “riforma politica” negli anni ’80, la struttura politica di base rimane quella di uno Stato autoritario governato da un solo partito.

 


 

Sistema politico

 

            Le strutture del Partito Comunista Cinese si sovrappongono e controllano tutti i livelli istituzionali.  

L’organo chiave del potere politico è il Politburo del Partito Comunista Cinese (24 membri) il cui Comitato Permanente (9[6] membri) concentra il controllo di tutte le istituzioni statali: legislative, esecutive, giudiziarie ed amministrative.

 

            Capo dello Stato è il Presidente della Repubblica (carica reintrodotta dalla Costituzione del 1982), che è eletto dall’Assemblea Nazionale del Popolo (Parlamento) insieme al Vice Presidente per cinque anni (le nomine di fatto vengono però decise dal Partito). Il mandato può essere rinnovato solo una volta. Il Presidente è il Segretario generale del PCC, Hu Jintao.

 

Costituzionalmente, il potere esecutivo è costituito dal Consiglio di Stato (Governo)cui compete l’attuazione dei principi e delle politiche decise dall’Assemblea Nazionale del Popolo. Il Consiglio di Stato si compone del Primo Ministro, Vice Primi Ministri, Consiglieri di Stato, Ministri, Ragioniere Generale e Segretario Generale (Cost. art. 86). Il Premier, i Vice Premier ed i Consiglieri di Stato non possono essere eletti per più di due mandati consecutivi.

Il Primo Ministro, che ha il compito di dirigere la politica generale del governo di cui è responsabile, è eletto dall’Assemblea Nazionale del Popolo su proposta del Presidente della Repubblica. Il Primo Ministro indica gli altri componenti del Consiglio di Stato, i cui nominativi sono poi ratificati dall’Assemblea Nazionale. Il Consiglio di Stato è responsabile, e risponde del suo operato, nei confronti dell’Assemblea Nazionale.

I ministri sono responsabili dell’attività condotta dalle 5 Commissioni Statali (Economia e commercio, Pianificazione dello sviluppo economico, Affari etnici Pianificazione familiare, Scienza, Tecnologia e industria per la difesa) e dai 22 Ministeri. I Ministeri e le Commissioni emanano ordinanze, direttive e regolamenti nell’ambito delle competenze dei rispettivi dipartimenti e in accordo con il corpus regolamentare generale adottato dal Consiglio di Stato. Spetta al  Consiglio di Stato, tra l’altro, adottare misure amministrative e esercitare la propria potestà regolamentare in conformità degli statuti e della Costituzione; presentare proposte di legge all’Assemblea Nazionale; redigere ed attuare il piano di sviluppo economico-sociale del paese nonché il bilancio dello Stato.

L’esecutivo in carica guidato dal Primo Ministro Wen Jiabao è stato eletto dalla prima sessione plenaria della X legislatura dell’ANP, nel marzo 2003.

 

La Corte Suprema e la Procura Suprema regolano il sistema giudiziario, i cui Presidenti sono eletti dall’Assemblea Nazionale del Popolo, mentre la Commissione Militare Centrale presiede alle strutture militari (il suo Presidente è eletto dall’ANP che è chiamata anche a ratificare le nomine degli altri componenti fatte dal Presidente della Commissione) .

 

Il 1° luglio 2000 è entrata in vigore, dopo sette anni di elaborazione, la "legge sulla legge" (li fa fa), che ha riformato il procedimento di formazione delle leggi e degli atti amministrativi, la ripartizione delle competenza tra Governo centrale e autorità locali, la gerarchia delle fonti ed ha introdotto un pur embrionale meccanismo di controllo della conformità alla Costituzione e alle leggi di qualunque atto subordinato.

La nuova legge rappresenta, inoltre, un forte segnale della volontà del Paese di regolare in maniera più chiara e organica il rapporto tra i diversi centri di potere.

 

 

 

L’Esercito di Liberazione del Popolo

 

Il ruolo dell’Esercito di Liberazione del Popolo è tuttora significativo. Il suo potere politico è garantito dal fatto di essere protettore e garante delle regole del Partito; tuttavia, negli ultimi anni, la leadership politica ha imposto la propria autorità sull’esercito riducendone l’influenza sulla politica. Unica eccezione riguarda la politica cinese rispetto a Taiwan, dove l’opinione dei militari è ancora importante. 

Il controllo politico dell’esercito è affidato alla Commissione Militare Centrale, organo di direzione degli affari militari dello Stato che esercita il comando supremo sull’insieme delle forze armate nazionali costituite dall’Esercito di Liberazione del Popolo, dalle unità di polizia armata popolare e dalla milizia. L’esercito di Liberazione del Popolo costituisce l’esercito regolare dello Stato; le unità di polizia armata popolare garantiscono, su incarico dello Stato, la sicurezza e il mantenimento dell’ordine sociale; la milizia è costituita, invece, da forze armate popolari vincolate al mondo della produzione.

Il 18 settembre 2004, il Comitato centrale del Partito comunista ha accettato le dimissioni da Presidente della Commissione militare centrale del vecchio leader Jiang Zemin e ha nominato al suo posto il Presidente della Repubblica e Segretario generale del Partito comunista cinese, Hu Jintao che ricopre tutte le più alte cariche dello Stato.

 

 

 

Parlamento (Assemblea Nazionale del Popolo)

 

L’Assemblea Nazionale del Popolo (ANP), supremo organo statale, è composta da 2978 deputati. Si riunisce in seduta plenaria una volta l’anno (l’ultima seduta si è avuta in marzo) e rimane in carica per 5 anni. I deputati sono eletti indirettamente dalle “Assemblee del popolo” locali, nonché dalle forze armate, sulla base di collegi plurinominali a maggioranza assoluta dei voti. Il numero dei deputati dell’Assemblea Popolare Nazionale (non più di 3.000) è fissato dal Comitato permanente in base al principio che un deputato delle aree rurali rappresenta il quadruplo della popolazione che rappresenta un deputato delle aree urbane (880.000 contro 220.000 cittadini). E’ garantita altresì la rappresentanza delle nazionalità minoritarie.

Quella attuale è la X  legislatura. Le prossime elezioni si terranno nel 2008.

 

L’ANP costituisce il vertice del sistema delle locali Assemblee del Popolo (ristabilite nel 1979 dopo gli anni dei “Comitati rivoluzionari” dell’era maoista) elette a livello cittadino[7], di contea, distrettuale, provinciale e regionale.

            All’interno dell’ANP è eletto un Comitato Permanente (175 membri) che si riunisce regolarmente ogni due mesi e garantisce la continuità dei lavori tra una sessione e l’altra dell’ANP.

            La sessione plenaria viene convocata dal Comitato Permanente.

 

L’ANP ha il compito di emendare la Costituzione; fare proposte di legge e votare le leggi organiche; eleggere e dimettere dalle loro funzioni i principali dirigenti dello Stato (il Presidente e il Vice-Presidente della Repubblica, il Primo Ministro e i Ministri; il Presidente della Commissione Militare Centrale, il Presidente della Corte Suprema ed il Presidente della Procura Suprema); esaminare e approvare le principali decisioni del governo (in particolar modo il bilancio); dichiarare la guerra o concludere la pace; modificare o annullare le decisioni del Comitato Permanente; interpellare il governo.

L’ANP è articolata in nove Commissioni con il compito di studiare, esaminare ed elaborare le proposte di competenza. Sono composte da una ventina di funzionari e specialisti del settore ed esercitano una certa influenza sull’elaborazione delle leggi e degli emendamenti presentati dall’ANP.

La necessità di dotare il Paese di un corpus di leggi che accompagnasse la politica delle riforme ha incrementato l’attività dell’ANP, anche se il suo ruolo resta limitato e spesso definito “di velina” alle decisioni prese dal Comitato Centrale del Partito. La maggior parte dei progetti di legge, ad esempio, non è votata dalla sessione plenaria ma dal suo Comitato Permanente. Inoltre, nel 1985 l’Assemblea delegò parte del suo potere legislativo accettando che il Consiglio di Stato realizzasse le riforme economiche e la politica di apertura attraverso regolamenti. Negli ultimi anni, l’Assemblea ha cercato di aumentare il suo ruolo per quanto riguarda il lavoro di supervisione sull’esecuzione delle normative e si assiste ad un maggior attivismo dell’istituzione dove si incrociano e confrontano – pur sempre mediate dal Partito -  le istanze e gli interessi delle diverse province ed entità amministrative periferiche.

Nel 1999, l’Assemblea ha approvato alcuni importanti emendamenti alla Costituzione fra i quali quello che recita: “La Repubblica Popolare Cinese persegue lo Stato di diritto, essa costruisce uno Stato socialista governato secondo le leggi”. Il concetto cinese di Stato di diritto significa sostanzialmente favorire l’abbandono di una gestione basata sulle direttive politiche e sulla volontà del singolo dirigente - caratteristiche del periodo della Rivoluzione culturale - per far ricorso invece ad un sistema basato su leggi e regolamenti adottati secondo le procedure previste, senza peraltro rimettere in causa il ruolo dirigente del Partito.

Nel rapporto sul lavoro svolto dal Comitato Permanente e presentato nel  marzo 2000, l’allora Presidente, Li Peng, aveva peraltro chiaramente ribadito che l’ANP deve accettare consapevolmente la guida del Partito nello svolgimento del suo lavoro.

Il nuovo Presidente dell’Assemblea Wu Bangguo, viene inserito tra i leader riformisti e rappresenta, quindi, un segno di discontinuità rispetto alla posizione intransigente del suo predecessore.

 

 

Il Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale del Popolo

 

Dato l’alto numero dei componenti dell’Assemblea Nazionale del Popolo ed i pochi giorni dell’anno in cui essa è chiamata ad esercitare le sue funzioni, i compiti che ad essa sono attribuiti vengono in realtà esercitati, nella maggior parte dei casi, dal Comitato Permanente (attualmente 175 componenti).

Questo si presenta come un organo collegiale assai più ristretto a funzionamento continuo: è formato da un presidente, 15 vice presidenti (di cui 3 donne), un segretario generale e 150/155 membri circa (nella sua composizione anche le minoranze nazionali devono avere un’adeguata rappresentanza). I suoi componenti sono eletti dall’Assemblea Nazionale del Popolo tra i suoi membri e possono essere revocati dalla rispettive funzioni in ogni momento. Restano in carica per tutta la durata della legislatura. Il Presidente e i vice Presidenti non possono essere rieletti per più di due legislature. L’attuale Presidente è Wu Bangguo.

Il Comitato, nell’intervallo tra le sessioni dell’Assemblea Nazionale, svolge gran parte delle funzioni di questo, da quella legislativa a quella relativa alle nomine e alle elezioni delle più alte cariche dello Stato a quella di controllo dell’operato dei titolari delle medesime.

Un limite rilevante- almeno sulla carta - ai poteri esercitati dal Comitato permanente è tuttavia la competenza dell’Assemblea di poterne sempre modificare o annullare le decisioni che siano ritenute inopportune (art. 67 Cost.).

Il Comitato permanente è responsabile di fronte all’Assemblea e deve perciò rendere conto alla medesima della sua attività.

 

 

Il Partito Comunista Cinese

 

            Il Partito Comunista cinese (PCC) il 1° luglio 2001 ha compiuto 80 anni.

            L’ultimo Congresso si è tenuto nel 2002.Il prossimo Congresso del PCC si terrà a partire dal 15 ottobre 2007. Il Partito, infatti, si riunisce in Congresso ogni 5 anni.

            Hu Jintao è  il Segretario Generale del Partito.

 

 

 

Nel 2002si è tenuto il suo 16° Congresso nel corso del quale è stato deciso il ricambio dei vertici del potere nel paese con l’avvento della “quarta generazione” della dirigenza cinese. Il passaggio di poteri si è perfezionato con la ratifica, il 15 marzo 2003, da parte dei deputati dell'Assemblea Nazionale del Popolo delle decisioni prese dal Partito nel novembre 2002.

A conclusione del congresso, i delegati hanno inserito in modo ufficiale la dottrina delle "tre rappresentanze", formulata dal presidente Jiang Zemin, nello statuto del partito, che intende far progredire le riforme economiche e far entrare pienamente il Paese nell’economia di mercato. La dottrina di Jiang Zemin chiama il partito e il suo tradizionale ruolo di "avanguardia della classe operaia" ad evolversi per rappresentare tutte le categorie di una società sempre più capitalista. Il Congresso ha approvato gli emendamenti allo Statuto, aprendo di fatto le porte del Pcc a tutte le forze sociali, inclusi gli imprenditori privati. L'idea di Jiang Zemin delle “tre rappresentanze”- delle forze produttive avanzate, della cultura più avanzata e dei fondamentali interessi del popolo  - è stata introdotta nello Statuto fra i principi guida del Partito, accanto al marxismo-leninismo, pensiero di Mao Zedong e teoria di Deng Xiaoping.

 

 

Il Partito Comunista cinese (PCC) conta circa 64,5 milioni di iscritti, (5,2% della popolazione)[8] risultando il più grande partito del mondo. Il PCC è  il massimo centro di direzione politica, essendo sostanzialmente le istituzioni dello Stato, controllate, direttamente o indirettamente, dal partito.

 

Il Comitato Centrale, composto da 151 membri a pieno diritto e 191 aggiuntivi, è l’organo decisionale del PCC e si riunisce due volte all’anno. È eletto ogni cinque anni dal congresso del partito, l'ultimo dei quali, il XVI, ha avuto luogo nel novembre 2002.

Nei periodi di interim le funzioni del Comitato Centrale sono assunte dal Politburo, al cui interno confluiscono alcuni quadri di partito, anche a livello periferico, nonché Consiglieri di Stato e rappresentanti dei vertici militari.

Il Comitato permanente del Politburo è composto da 9 membri e costituisce il principale nucleo di potere in Cina. Di esso fanno parte Hu Jintao (unico membro del precedente Politburo), Wu Bangguo, Wen Jiabao, Jia Qinglin, Zeng Qinghong, Huang Ju, Wu Guanzheng, Li Chanchun e Luo Gan.

 

La legittimazione del partito si basa essenzialmente sul fatto che, negli anni ,si è fatto garante della crescita economica e della stabilità politica che ha portato ad evidenti miglioramenti della qualità della vita di larga parte della popolazione cinese. Tuttavia, la sua influenza e credibilità presso la popolazione è messa in dubbio da una serie di fattori come la corruzione endemica, il divario di ricchezza sempre più grande tra aree rurali e urbane e il numero elevati di licenziamenti che ha accompagnato la riforma delle imprese di Stato. Ciò ha portato alla crescita delle proteste popolari rispetto al passato, che sono state tuttavia prontamente e duramene represse. La classe politica ha comunque preso atto della situazione ed ha iniziato ad affrontare le radici del problema  aumentando ad esempio le pensioni, e rafforzando il sistema di sostegno alla disoccupazione e l’assistenza sanitaria. Il governo ha inoltre cercato di contrastare la corruzione ordinando ai funzionari di non intraprendere numerosi tipi di attività economica e nel 2005 è stata avviata una campagna  che prevede un’educazione ideologica e morale dei funzionari di partito. Tuttavia, una campagna condotta su larga scala rimane improbabile in quanto colpirebbe troppe persone e sarebbe politicamente destabilizzante.


 


 

POLITICA ESTERA

(a cura del MAE)

 

 

 

I cambiamenti in corso nella società cinese si riflettono naturalmente sulla politica estera del paese. A partire al 1949 la politica estera cinese si è fondata è affiancata, con un’enfasi divenuta più forte negli ultimi mesisu cinque principi: il mutuo rispetto della sovranità e integrità territoriale, la non aggressione, la non interferenza negli affari interni degli Stati, l’eguaglianza e mutuo beneficio e infine la pacifica coesistenza. Oggi l’azione diplomatica della Cina appare sostanzialmente ispirata alla teoria dell’ascesa pacifica (corollario della coesistenza pacifica) che sostiene il dinamico ruolo di Pechino nelle relazioni internazionali contemporanee.

Nel momento in cui la Cina si profila quale attore globale e uno dei nuovi baricentri geopolitici del mondo, tra gli obiettivi principali della politica estera cinese rimangono la pace e la stabilità nei teatri geopolitica ad essa più immediati, il mantenimento di un contesto internazionale propizio agli scambi ed alla cooperazione economica e tecnologica, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico, la stabilità regionale e lo sviluppo di relazioni  strategiche con Stati Uniti, Unione Europea e Russia. Le pressanti e crescenti necessità energetiche del paese, così come la sicurezza delle principali vie internazionali del commercio marittimo, costituiscono in particolare un elemento destinato ad influenzare sempre di più alcune scelte di politica estera cinese, non solo nell’ Asia Centrale ed in quella  sub-continentale, ma anche nel Medio Oriente, in Africa ed in America Latina, dove Pechino ha dimostrato di sapersi muovere con spregiudicatezza, in particolare nei riguardi di paesi “sotto osservazione” internazionale come ad esempio Iran, Birmania, Uzbekistan, Sudan,Venezuela e Zimbabwe.

 

Particolare rilievo hanno i rapporti con Washington, Il ruolo di honest broker assunto da Pechino nei confronti della proliferazione nucleare nella penisola coreana, insieme allo spirito collaborativo nella lotta al terrorismo internazionale, costituiscono i principali titoli di merito che la Cina può vantare verso gli Stati Uniti, a fronte dei quali Pechino conta di ottenere un’azione di moderazione sulle tentazioni della dirigenza di Taipei a modificare lo status quo negli Stretti. caratterizzati da una complessa ed irrisolta miscela di sentimenti di collaborazione e di competizione. A fronte di una accentuata interdipendenza dei due sistemi economici caratterizzata da un interscambio bilaterale nel 2006 di oltre 343 miliardi di dollari, dal massiccio acquisto cinese dei buoni del Tesoro americano, dall’ingente flusso di investimenti diretti americani nella RPC e dall’acquisizione da parte cinese di aziende americane simbolo (Lenovo/segmento PC della IBM) si contrappongono elementi di tensione. In primis il disavanzo commerciale americano (144 miliardi di USD nel 2006 secondo dati cinesi, ma oltre 232 mld USD secondo le statistiche americane). Pesa anche sulla relazione la percezione da parte di Washington di una concorrenza “asimmetrica” ed “ingiusta” di cui la questione del rapporto dollaro/renmimbi (considerato sottovalutato dagli americani) è il simbolo. Motivi di frizione si presentano sul piano della competizione per gli approvvigionamenti energetici e del deficit commerciale. “Forte rammarico” ha destato a Pechino la decisione USA di ricorrere all'OMC contro la pirateria dei diritti d'autore e le restrizioni all'accesso al mercato cinese per film, musica e libri americani.

La polemica si è riflessa sulla dialogo strategico economico sino-americano, esercizio guidato dal Segretario di Stato al Tesoro Paulson e dal Vice Premier Wu Yi,  che serve comunque a creare quella indispensabile cornice di riferimento entro cui affrontare in maniera coordinata e strategica i singoli dossier delle articolate relazioni economiche bilaterali: dall'energia all'ambiente, dal valore delle due monete alla proprietà intellettuale.

Sul piano politico-strategico persiste una certa diffidenza sulle reciproche intenzioni. Da parte cinese, l’insediamento della potenza militare americana in Asia centrale dopo l’11 settembre 2001, il rafforzamento dell’alleanza con il Giappone, l’avvio di un dialogo strategico con l’India, appaiono come le manifestazioni di una possibile intenzione americana di accerchiamento e di contenimento della emergente potenza cinese. D’altra parte, taluni interessi convergenti sono alla base del miglioramento delle relazioni tra i due paesi. Tali interessi hanno trovato un loro concreto banco di prova nella crisi nord-coreana dove Pechino ha assunto un ruolo di honest broker assumendo un lead nel negoziato esapartito (Six-Party-Talks). Anche sul terreno della lotta al terrorismo internazionale cinesi e americani hanno trovato modo di collaborare proficuamente dopo l’11 settembre 2001. Pechino apprezza poi l’azione di moderazione svolta da Washington sulle pulsioniindipendentiste dellattuale dirigenza di Taipei volte a modificare lo status quo nello Stretto di Taiwan.

 

Per quanto riguarda il Giappone, al dinamismo delle relazioni economiche, fanno da contraltare incomprensioni politiche come testimoniano le manifestazioni antigiapponesi in diverse città cinesi lo scorso nella primavera del 2005. Tali tensioni sonoaprile alimentate anche da una diversa interpretazione nipponica della storia recente, che secondo Pechino non prende sufficientemente le distanze dal passato colonialista giapponese, negando le atrocità compiute sul suolo cinese tra il 1931 ed il 1945  che lo hanno contraddistinto. Ferma opposizione cinese si è finora manifestata al tentativo giapponese di ottenere un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza.  Un leggero miglioramento nelle relazioni tra i due Paesi si è verificato durante il mandato dell’ex Primo Ministro giapponese Shinzo Abe che ha preso l’iniziativa di visitare  Pechino nell’ottobre 2006 nell’intento di imprimere un corso più positivo al rapporto sino-nipponico. Il Premier cinese Wen Jiabao ha restituito la visita recandosi in Giappone fra l’11 e il 13 aprile scorso. La prima visita di un capo di governo cinese da sette anni a questa parte è stata considerata un momento storico nelle relazioni tra i due grandi Paesi asiatici. Ora a Pechino si ripone la speranza che il nuovo Premier giapponese Fukuda confermi e rinforzi il miglioramento del clima politico nippo-cinese.

 

Imperniato sulle questioni energetiche è il rapporto con la Russia che intende assumere in prospettiva un ruolo di rilievo nelle forniture alla Cina. L’apporto russo è giudicato “strategico” da parte cinese ed appare fondato - oltre che sulla comune preoccupazione verso la potenza americana - anche sul riconoscimento dei rispettivi autonomi interessi politici ed economici. Le manovre militari congiunte, tenutesi nell’agosto 2005 nella Provincia Marittima dell’estremo oriente russo e nella provincia cinese dello Shandong, hanno evidenziato l’elevato grado di sviluppo della collaborazione in materia di sicurezza tra i due Paesi. La collaborazione tra Pechino e Mosca si estende anche al vasto spazio geopolitica dell’Asia Centrale, tradizionale chasse gardée russa in cui il reciproco interesse allo sfruttamento delle risorse energetiche (petrolio e gas) e al contenimento della minaccia islamista ha trovato nella Shanghai Cooperation Organization (SCO) un foro di concertazione regionale.

 

            La questione della Penisola coreanavede poi la Cina come uno dei principali attori in gioco. La caduta dell’URSS ha reso la Cina il principale partner della Corea del Nord, anche se questo rapporto è stato indebolito dal riavvicinamento tra Pechino e Seoul. La Cina, a fronte di un complessivo isolamento internazionale di Pyongyang, resta infatti l’unico baluardo politico-diplomatico e sicuro fornitore di grano e risorse energetiche. Pechino non può assolutamente permettersi un collasso del Paese vicino, che nel breve termine rischierebbe di destabilizzare la frontiera e la regione intera, e nel lungo, priverebbe i cinesi di una preziosa buffer zone in chiave di “contenimento” degli Stati Uniti e del Giappone. Per questo motivo, e per il fatto che la questione nordcoreana consente al governo di Pechino di avere in mano una carta importante da far valere nei confronti di Washington, la Cina è finora stata il principale “facilitatore” del negoziato “a Sei”che oltre a Cina e USA vede impegnati Giappone, Russia e le due Coree. A seguito del test nucleare sotterraneo di Pyongyang il 9 ottobre 2006, Pechino ha esercitato la sua influenza sul regime nordcoreano affinché ritornasse al negoziato “a Sei”. Il “leverage” esercitato da Pechino ha sortito effetti positivi con un round dei Six-Party-Talks tenutosi nella capitale cinese fra il 8 e il 13 febbraio 2007 al termine del quale è stato raggiunto un Accordo sul disarmo nucleare della Nord Corea in cambio di forniture energetiche. Il momento positivo della situazione nordcoreana ha trovato conferma nel ritorno degli Ispettori della AIEA nel Paese  (in luglio) e nello spegnimento del reattore nucleare di Yongbyon, verificato dagli stessi Ispettori (sempre in luglio) rafforzandosi,  in parallelo, il dialogo intercoreano, che ha avuto come momento culminante il vertice dei due Capi di Stato Roh Moo-hyun e Kim Jong-il,  il 2-4 ottobre 2007.

Con l’India, infine il superamento dei motivi di frizione che condussero Pechino e Nuova Delhi alla guerra nel 1962 (la questione tibetana in primis), il raffreddamento del contenzioso nelle zone di confine, l’adozione di politiche di sviluppo di impianto liberista, hanno condotto negli ultimi anni ad un riavvicinamento  in nome di alcuni comuni interessi. Tra questi, in particolare, il rafforzamento dei legami commerciali e la ri-configurazione in senso multipolare degli equilibri mondiali. Esiste comunque una competizione per posizioni di leadership nelle organizzazioni regionali (ASEAN, SAARC) e globali (ONU, G8), la concorrenza commerciale e circa l’attrazione degli investimenti diretti esteri, la questione energetica, ed i problemi relativi alla difesa ed alla questione nucleare.

 

 

Aumento delle spese militari

 

            Il Governo cinese ha deciso nel marzo 2007 un aumento delle spese militari pari al 17,8 %. Il Governo ha quindi ribadito che la Cina persegue una politica estera indipendente di pace a tutela dei propri diritti legittimi e interessi e anche dei diritti e interessi degli altri Paesi.

 

 

I rapporti tra Cina e  Santa Sede: la lettera di Papa Benedetto XVI

 

            Il 30 giugno 2007 Benedetto XVI ha indirizzato alla Chiesa cinese una lettera aperta. Nella lettera dal titolo “Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai vescovi, ai presbiteri,alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica popolare cinese” si esorta l’apertura al dialogo (riaffermando la disponibilità della Santa Sede a proseguire il dialogo con il Governo  di Pechino) e si richiede la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Vaticano e Cina, oltre alla possibilità di vedere presto una Nunziatura a Pechino. Nel testo vi è anche la richiesta di nessuna distinzione tra Chiesa ufficiale e chiesa clandestina (perché “la Chiesa è una” ed è quella legata al Papa) oltre alla rivendicazione dell'autonomia della Chiesa (la nomina indipendente dei vescovi - il Papa infatti, non riconosce l'attuale Collegio dei vescovi cattolici di Cina), alla richiesta di proclamare una giornata di preghiera per la Chiesa cinese, il 24 maggio. Tornano ricorrenti, nel documento pontificio, i riferimenti alle “gravi sofferenze” e alle “persecuzioni” subite dalla Chiesa cinese. Il Papa ammonisce, infatti, più volte che la comunità cattolica cinese vive in circostanze veramente difficili.

            Il Pontefice sottolinea la volontà di non ingerenza della Chiesa nelle questioni politiche: “La Chiesa in Cina ha la missione non di cambiare la struttura o l'amministrazione dello Stato, bensì di annunciare agli uomini il Cristo”. Il Papa chiede di superare questo "permanente conflitto con le legittime autorità civili (ovvero tra chiesa clandestina e chiesa patriottica" e afferma che "non è accettabile un'arrendevolezza alle medesime quando esse interferiscano indebitamente in materie che riguardano la fede e la disciplina della Chiesa".

            In numerosi passaggi della lettera, il Papa chiede infatti di garantire "un'autentica libertà religiosa".

            Benedetto XVI revoca inoltre "tutte le facoltà che erano state concesse per far fronte a particolari esigenze pastorali, sorte in tempi veramente difficili".

 

            A seguito della lettera, il capo ufficiale della Chiesa cinese (Associazione patriottica, alternativa alla c.d. “chiesa sotterranea” fedele a Roma), Liu Bainin, ha invitato in via informale il Pontefice a visitare la Cina, ma la dichiarazione è stata subito smentita. Sull’episodio è intervenuto anche l’arcivescovo di Hong Kong, Joseph Zen Ze-kiun[9] (che nell’estate scorsa è stato ricevuto dal Benedetto XV nel corso delle vacanze a Lorenzago). Zen ha affermato che per poter vedere il Papa in Cina è necessario innanzi tutto che siano stabile relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Nella lettera, ha precisato Zen, non si fa alcun accenno ad un possibile trasferimento della nunziatura da Taiwan a Pechino, ma il fatto che sia stata accolta favorevolmente dal Governo cinese è già un segno incoraggiante.

 

            Allo stato attuale non vi sono state reazioni ufficiali del governo di Pechino alla lettera del Papa, anche se, secondo alcuni osservatori, all'esecutivo cinese interessa soprattutto ribadire i due punti "fissi" della politica della Repubblica Popolare: se il Vaticano vuole essere un interlocutore a tutti gli effetti a livello diplomatico, non deve praticare nessuna forma di ingerenza negli affari interni della Cina e, come condizione imprescindibile ad ogni forma di dialogo, deve interrompere le relazioni diplomatiche con Taiwan (la nunziatura della Santa Sede presso la Repubblica popolare cinese è a Taipei dal 1951). Quanto a quest'ultimo punto la Santa Sede è sempre stata disponibile ad un’apertura, considerando una priorità il dialogo con la Cina e anche per la certezza che Taiwan saprà comprendere, anche se ancora la strada in questo senso è lunga.

 

            Si ricorda che i cattolici nel 2007 in Cina sono tra gli 8 e i 12 milioni,145 le circoscrizioni ecclesiastiche e oltre 200 i vescovi, dei quali il 60% ha oltre 80 anni; 3.200 i sacerdoti e 156 le comunità religiose, 6.000 le religiose, 2.300 i seminaristi e 30 i seminari.

 

            Le relazioni diplomatiche tra la Cina ed il Vaticano sono state rotte nel 1951, quando il governo comunista espulse dal Paese tutti i religiosi stranieri. La nomina dei vescovi, i rapporti tra la chiesa nazionale e quella 'clandestina', la libertà di culto, il ristabilimento delle relazioni diplomatiche, che finora il Vaticano ha soltanto con Taiwan, sono alcuni tra i principali argomenti ancora aperti nel non facile rapporto tra Santa Sede e Repubblica Popolare Cinese.

            Negli ultimi vent'anni, dopo la fine del maoismo, erano ripresi contatti informali, grazie anche ad una serie di missioni diplomatiche vaticane, più o meno segrete e non ufficiali, guidate in particolare dal Card. Roger Etchegaray. Questi tentativi di arrivare ad una risoluzione positiva dei contrasti si erano bruscamente azzerati il primo ottobre 2000, anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese, quando il Papa aveva santificato 120 martiri (87 cinesi e 33 stranieri) uccisi ''in odio alla fede'' in Cina negli ultimi secoli. Nell'ottobre 2001 Giovanni Paolo II ha teso la mano alla Cina, chiedendo perdono per il passato coloniale del cristianesimo e proponendo una normalizzazione delle relazioni tra Pechino e la Chiesa di Roma. Un gesto apprezzato dalla Cina che subito dopo ha espresso la sua disponibilità a migliorare i rapporti con il Vaticano a condizione che venga risolto il problema di Taiwan e che non ci sia ingerenza negli affari religiosi.

            Nel corso degli anni numerosi sacerdoti sono stati imprigionati per lunghi periodi. La Santa Sede, nell’ultimo periodo, diversamente dal passato, ha reagito duramente lamentando l’assenza delle garanzie di ogni stato di diritto.

            La Costituzione cinese garantisce la libertà di religione ma in realtà la normale attività religiosa è consentita solo alla cosiddetta Chiesa “patriottica” riconosciuta da Pechino e la libertà di culto è ammessa solo in luoghi registrati all’ufficio statale per gli affari religiosi, mentre tutti coloro che si radunano in luoghi privati sono considerati fuorilegge.

 


 

 

 

QUADRO ECONOMICO

 (in collaborazione con il MAE)

 

 

 

 

PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI (2006)

 

PIL, a parità di potere di acquisto

10.170  miliardi di dollari USA[10]

Composizione per settore

agricoltura 11,9%;  industria 48,1%; servizi  40%

Crescita PIL

10,7% (crescita primi sei mesi 2007: 11,5%)

PIL pro capite, a parità di potere di acquisto

7.700 dollari USA (Italia: 30.200) Si segnalano a titolo comparativo i PIL pro capite di Vietnam (3.100), Tailandia (9.200), Filippine (5.000).

Inflazione (%)

1,5%

Tasso di disoccupazione

4,2%

Tasso di povertà

10% (2004)

Debito estero

305,6 miliardi di dollari USA

Fonti: The Cia Worldfactbook.

 

La  straordinaria, complessiva performance economica cinese degli ultimi venti anni costituisce un motivo di forte orgoglio per Pechino. Infatti, secondo uno studio recente della Commissione Nazionale per le Riforme e lo Sviluppo l'economia cinese dal 1978, ossia dall'avvio delle pragmatiche riforme economiche sotto Deng Xiaoping, al 2006 il tasso medio di crescita cinese è stato di 9,67% su base annua a fronte di una media mondiale del 3,3%. Tale tasso di crescita fa di quella cinese la quarta economia al mondo e la terza in termini commerciali. Negli ultimi 14 anni la Cina è inoltre stata la prima destinataria al mondo di investimenti dall'estero. A questo riguardo i dati cinesi fanno registrare una crescita dell’11,8%  nei primi 8 mesi del 2007 (circa 42 miliardi di USD).

Secondo dati ufficiali cinesi l'economia è cresciuta dell'11.5% nel primo semestre del 2007, continuando su una strada “stabile e rapida”, secondo i commenti ufficiali. Il PIL ha toccato i 10.680 miliardi di yuan (circa 1.068 miliardi di Euro) nei primi sei mesi, crescendo del 0.5% in più rispetto all'anno precedente. Il PIL aumenta più velocemente rispetto all'obiettivo prestabilito l'anno scorso dell'8%, soprattutto grazie alle politiche industriali e fiscali che hanno stimolato la crescita economica.

A fronte della soddisfazione cinese per la continua crescita si pone la preoccupazione per un possibile eccessivo surriscaldamento dell'economia di cui l’incremento del tasso di inflazione (3,5% in agosto ) è indizio.

Inflazione. A preoccupare maggiormente, dopo un biennio caratterizzato da inflazione contenuta, è il dato sulla crescita dell'indice dei prezzi al consumo che, attestandosi in agosto al 3,9%, testimonia dei rischi che la vorticosa crescita economica possa, alla fine, ripercuotersi negativamente sulla vita quotidiana dei cittadini. L’aumento dell’inflazione appare determinato da pressioni sui costi dei prodotti alimentari (in particolare la carne di suino) ed anche di prodotti manifatturieri con il rischio di tensioni sui salari. Le misure di contrasto adottate dalle autorità cinesi si concretizzano  in un aumento  dei tassi di interesse (ora al 7,29%) disposto dalla banca centrale alla fine di luglio e nel contestuale abbattimento, dal 20 al 5%, dell'aliquota di imposizione sui depositi bancari, la cui remunerazione reale tuttavia si mantiene ancora negativa.

Commercio estero.

I dati economici cinesi pubblicati alla data dello scorso 31 luglio (Ministero del Commercio e Dogane) fanno registrare un surplus commerciale cinese per i primi 7 mesi dell'anno pari a 136,8 miliardi di USD (+77% rispetto allo stesso periodo del 2006), frutto di esportazioni pari a 654,4 miliardi di USD (+28,6%) ed importazioni per 517,6 miliardi di USD (+19,5%). L'UE si conferma primo partner commerciale (190 miliardi di USD di interscambio, +28,5%), seguita da USA (167 miliardi di USD, +17,5%) e Giappone (130 miliardi di USD, +15,2%). La pubblicazione di questi dati ha indotto analisti ed agenzie governative a rivedere al rialzo le previsioni sui dati di fine anno. Secondo le ultime stime, entro la fine di quest'anno la Cina dovrebbe superare gli USA collocandosi alle spalle della sola Germania quale Paese con il maggior volume di esportazioni al mondo. Il surplus commerciale di Pechino dovrebbe attestarsi tra i 250 ed i 300 miliardi di USD, con una crescita tra il 40 ed il 70% rispetto al dato finale del 2006 (177 miliardi di USD). E, sempre secondo queste proiezioni, la Cina dovrebbe superare il Giappone quale terzo importatore di merci statunitensi (dopo Canada e Messico).

Nel corso dell’estate ampio risalto sui media internazionali, con implicazioni potenzialmente negative per il trend dell’ export cinese, hanno avuto le notizie relative alle segnalazioni di difetti di qualità delle merci cinesi (giocattoli, tessile, prodotti agro-alimentari, farmaci,cosmetici, ecc.). Il governo cinese ha reagito sia al fine di salvaguardare l'immagine della produzione locale che per venire incontro alle preoccupazioni dei consumatori interni ed internazionali. Per un migliore controllo della qualità dei prodotti è stata creata una task force, guidata dalla potente Vice Premier Signora Wu Yi, ormai a suo agio nei panni di “trooubleshooter” (fu incaricata anche della crisi della SARS nel 2003). Misure nazionali sono state prese per il ritiro dal mercato di giocattoli e prodotti alimentari che non rispettino i requisiti di qualità previsti dalla normativa locale.

A fronte delle preoccupazioni internazionali per la galoppata apparentemente inarrestabile delle esportazioni cinesi va sottolineato come la sua continua crescita negli ultimi 5 anni abbia contribuito a tenere basso il tasso d'inflazione a livello mondiale, anche in quei Paesi (USA) o quelle aree (UE) che oggi lamentano gravi deficit commerciali con Pechino.

Occupazione. I dati relativi all'occupazione cinese nel primo trimestre dell'anno indicano che nel periodo in questione il Paese ha creato 2,6 milioni di posti di lavoro, raggiungendo quasi il 30% dell'obiettivo nazionale di 9 milioni di nuovi posti di lavoro entro la fine dell'anno. A fine 2006 l'economia nazionale aveva provveduto a trovare nuovi posti di lavoro per 11,8 milioni di lavoratori, facendo arrestare il tasso di disoccupazione a 4,1% (0,1% meno del 2005). Secondo alcuni analisti, la Cina dovrebbe provvedere a creare almeno 13 milioni posti di lavoro ogni anno per far fronte all'immissione di nuova forza di lavoro sul mercato ed al processo di rapido inurbamento in corso. Secondo dati della Banca Mondiale, questo fenomeno dell'inurbamento dalle campagne coinvolgerà, nei prossimi anni, tra 150 e 200 milioni di persone (cui aggiungere circa 100 milioni di unità di agricoltori in "eccesso" rispetto alle esigenze del Paese ed ai metodi di coltivazione) rappresentando il più grosso spostamento interno di popolazione in tempi di pace ed una sfida  storica per queste Autorità.

Politica monetaria. In maggio la People's Bank of China ha annunciato l'adozione di nuove misure restrittive di politica monetaria. In particolare, sono stati elevati i tassi di riferimento delle operazioni bancarie attive e passive, ed  è stata ulteriormente ritoccata al rialzo l'aliquota di riserva obbligatoria. Contestualmente alla manovra sui tassi e sulla riserva obbligatoria, la People's Bank ha annunciato l'ampliamento della banda di oscillazione giornaliera del renminbi nei confronti del dollaro statunitense, dal precedente valore dello 0,3% allo 0,5%. La banca centrale cinese ha così voluto trasmettere un segnale di distensione nei confronti delle rinnovate pressioni americane incentrate sulla necessità di una nuova rivalutazione o sull'accelerazione dell'attuale processo di rafforzamento "pilotato" della valuta cinese. Tali misure sono però state giudicate insufficienti in ambito internazionale.

 

 

 

 

RAPPORTI BILATERALI

(a cura del MAE)

 

 

 

Inquadramento

Le relazioni bilaterali italo-cinesi hanno registrato negli ultimi anni un netto progresso in termini di qualità e intensità. Tale progresso si è realizzato sullo sfondo della crescente integrazione cinese nell’economia internazionale, del rafforzarsi dei suoi rapporti con la UE, dell’incremento dell’interscambio commerciale bilaterale a partire dai primi anni ‘90 e dell’ascesa di Pechino sulla scena internazionale.

Sul piano politico, la frequenza delle visite e la profondità e ampiezza della collaborazione possono far parlare di una vera e propria partnership.

Nell’ambito delle relazioni bilaterali si distinguono quattro pilastri principali: cultura, economia, ambiente e sanità. Il 2006 ha ribadito la centralità della cooperazione culturale nell’ambito delle relazioni italo-cinesi: è stato infatti l’”Anno dell’Italia in Cina”, una grande vetrina di manifestazioni ed eventi italiani (concerti, mostre, esposizioni, convegni e seminari, ecc.) di altissimo profilo culturale ed artistico. Gli eventi dell’”Anno dell’Italia in Cina” hanno offerto dell’Italia un’immagine attuale e poliedrica in cui la modernità attinge ad una ricca tradizione e la costruzione del futuro coesiste con la valorizzazione delle radici culturali.

Il netto progresso in termini di qualità e intensità dei rapporti non riguarda solo le Amministrazioni Centrali, ma anche quelle locali. E’ anzi questa una delle precise finalità dell’attività del Comitato Governativo Italia-Cina, organismo di centrale rilievo incaricato di coordinare i nostri vari interventi sui mercati e sugli scenari cinesi.

Sul piano economico-commerciale, è costante l’impegno italiano per bilanciare il grave squilibrio della bilancia commerciale bilaterale, promuovere il rispetto da parte cinese dei diritti di proprietà intellettuale, a tutela della peculiare struttura produttiva nazionale nei settori maggiormente esposti alla concorrenza cinese (tessile, calzaturiero, moda). Una tendenza già in corso appare quella della maggiore integrazione economica tra i due sistemi, come del resto dimostrato dal numero crescente di joint venture italo-cinesi, e dalla delocalizzazione delle imprese italiane in Cina.

Altro visibile settore di cooperazione è la cultura. Al riguardo, un importante passo in avanti è stato compiuto con l’Accordo sui visti di studio agli studenti cinesi che prevede la possibilità di ottenere il visto di ingresso per studio in Italia anche senza una conoscenza basilare della nostra lingua, a condizione che gli studenti risultino pre-iscritti ad un corso universitario in Italia. Risultato di particolare rilievo è stato, sempre in questo ambito, l’apertura a Shanghai nel settembre 2006 del campus universitario congiunto italo-cinese. Il progetto di un Centro Polifunzionale Sino-Italiano per la tutela dei beni culturali, oggetto di uno specifico MoU firmato in occasione della visita del Presidente del Consiglio Prodi, ha inoltre costituito l’ulteriore espressione di una cooperazione molto ben consolidata tra Italia e Cina. L’idea è quella di una struttura che possa accogliere a Pechino tutte le cooperazioni da tempo avviate con successo (recupero architettonico, programmi di formazione, catalogazione digitale, lotta al contrabbando, ecc.).

Gli altri due pilastri, su cui si articola la cooperazione bilaterale italo-cinese, sono l’ambiente e la sanità. La collaborazione della Cina con il nostro Ministero dell’Ambiente è più rodata (57 progetti in corso per un totale di 190 milioni di euro). Sta ora entrando nella fase d’attuazione il programma della nostra Cooperazione allo sviluppo (complessivi 81 milioni di euro), che dovrà essere integrato con il lavoro già realizzato dal Ministero dell’Ambiente. Altrettanto fondamentale è lo sviluppo della cooperazione sanitaria. L’Italia può dare molto in materia di medicina rurale, telemedicina, prevenzione e può ricavare beneficio dalla ricerca clinica congiunta e dall’industrializzazione di nuovi farmaci ricavati dai principi attivi della medicina tradizionale cinese.

Ricca di ulteriori potenzialità appare la cooperazione in materia sanitaria già avviata con successo sui canali della Cooperazione Italiana allo Sviluppo. Oltre all’impiego di parte dei fondi già erogati per progetti in corso nel settore sanitario per finanziare attività di prevenzione delle malattie infettive, sono i settori della medicina rurale, della telemedicina e della commercializzazione dei medicinali tradizionali cinesi a offrire prospettive interessanti di collaborazione.

In tale contesto si è inserita la visita che il Ministro della Salute Sen. Livia Turco ha compiuto in Cina dal 13 al 17 gennaio 2007, che si è svolta nel contesto di un dibattito interno cinese, sulla necessità di modificare e migliorare il sistema sanitario nazionale, estremamente carente. Sono stati firmati due importanti accordi: uno fra i rispettivi Centri di controllo delle malattie trasmissibili, per la collaborazione nel settore della prevenzione e cura della diffu-sione di tali malattie; e l’altro sull’istituzione di un Laboratorio congiunto per lo sviluppo della collaborazione fra medicina cinese tradizionale e medicina occidentale.

 

 

Il dialogo politico

 

Con costante, reciproco impegno i rapporti bilaterali sono molto cresciuti in questi anni nell’intento di stabilire, come si è detto, un partenariato strategico. Lo stato positivo dei rapporti è stato confermato dall’ulteriore approfondimento del dialogo politico in particolare grazie alle visite ufficiali in Cina del Presidente del Consiglio On. Romano Prodi (13-18 settembre 2006), e del Vice Presidente del Consiglio e Ministro per gli Affari Esteri On. Massimo D’Alema (12-15 novembre 2006). Il 15 giugno u.s. si è recato in Italia il Ministro del Commercio, Bo Xilai, per svolgere una nuova sessione della Commissione economica mista che non si riuniva dal 2002. Oltre ad avere un incontro con il Ministro del Commercio Internazionale, Emma Bonino, egli ha avuto un breve colloquio con il Presidente Prodi.

Sempre in giugno, e poi successivamente in settembre,  si è recato in Cina anche il Sottosegretario Vernetti (nella prima circostanza egli ha co-presieduto con il suo collega cinese Li Huey una Conferenza sul dialogo interreligioso, organizzata nel quadro Asem).

 

 

Le visite e gli incontri ad alto livello più recenti:

Novembre 2006: Visita in Cina del Ministro degli Esteri Massimo D’Alema

Settembre 2006 : Visita in Cina del Presidente del Consiglio Romano Prodi

Marzo 2005: Visita in Italia del Ministro per gli Affari Esteri cinese Li Zhaoxing

Dicembre 2004: Visita di Stato in Cina del Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi

Maggio 2004: Visita in Italia del Primo Ministro cinese Wen Jiabao

 

 

Impegno delle due parti è quello di dare al dialogo italo-cinese crescente continuità e visibilità non solo con incontri al più alto livello politico (inviti pendenti a visitare l’Italia al Presidente Hu Jintao e al PM Wen Jiabao),ma anche con incontri tra ministri “tecnici” (quali per citare solo i più recenti quelli svoltisi in Italia in settembre con il Ministro delle Ferrovie  cinesi Liu Zhijun  e il Ministro della Scienza e della Tecnologia  Wan Gang).

L’azione italiana è volta ad intensificare non solo lo scambio di visite delle Autorità di Governo ma anche i contatti tra parlamenti, tra regioni e amministrazioni locali.

Per l’Italia è interesse prioritario riequilibrare l’interscambio tra Italia e Cina e auspicabilmente raddoppiarlo nei prossimi cinque anni. Allo sviluppo dell’interscambio si intende far corrispondere quello degli investimenti di gruppi cinesi sulla base di loro valutazioni di mercato e profittabilità,  facilitando un maggior afflusso di capitali cinesi in Italia.  A tale riguardo una importante e concreta realizzazione è stata quella del fondo di investimento denominato ‘Mandarin’, con il quale i due Paesi hanno inteso dotarsi di uno strumento operativo per promuovere flussi di investimento di imprese italiane in Cina e di imprese cinesi in Italia.

Nei colloqui politici si è ribadito da parte italiana anche il nostro forte interesse per la tematica dei diritti umani: lo sviluppo del dialogo sui diritti umani è fondamentale per arrivare a rimuovere le divergenze che ancora pesano sul rapporto sino-europeo.

In occasione della visita nel novembre 2006 del Ministro degli Esteri D’Alema,  è stata firmata una dichiarazione politica, che illustra i temi del rapporto bilaterale e della relazione UE-Cina, e le posizioni delle due parti sui principali scenari geopolitici: Asia, Medio Oriente e Africa. I due Ministri degli Esteri italiano e cinese hanno presieduto la seconda riunione del Comitato Intergovernativo italo-cinese, che si è conclusa con la firma di un memorandum che riassume i contenuti dei lavori del Comitato e traccia le linee della futura cooperazione bilaterale (nei settori: economico-commerciale; energia, tecnologia e scienza; cultura, formazione, sport, media e turismo).

 

 

Il Comitato Governativo Italia-Cina

 

Nel contesto bilaterale, assume una particolare valenza l’attività del Comitato Governativo Italia-Cina, istituito nel maggio 2004, in occasione della visita del Primo Ministro cinese Wen Jiabao a Roma e  presieduto dai due Ministri degli Esteri. Tale organismo riveste ormai la funzione di strumento centrale nelle relazioni bilaterali italo-cinesi. In tre anni di vita il Comitato Governativo è divenuto un efficace strumento d’indirizzo e di coordinamento delle relazione tra Italia e Cina, e al contempo di impulso e promozione di specifici dossier, attraverso il lavoro di raccordo – non sempre facile – tra Amministrazione e Enti, privati e pubblici, che nei due Paesi operano per lo sviluppo delle relazioni bilaterali.

Il Comitato Governativo si pone altresì come un meccanismo necessario di coordinamento, di verifica e di indirizzo dei rapporti bilaterali. Il Comitato è chiamato istituzionalmente a far sì che gli accordi politici raggiunti al più alto livello vengano tradotti in pratica. La Seconda Sessione del Comitato Governativo, che ha avuto luogo lo scorso novembre a Pechino, sotto la presidenza del Ministro D’Alema e del Ministro Li, ha consentito di rilanciare ulteriormente e concretamente le possibilità di cooperazione bilaterale su un ampio spettro di settori.La Terza Sessione è prevista entro la fine del 2007 inizio del 2008.

Nel corso del 2007 l’attività del Comitato si è così articolata:

temi economici: lo scorso giugno sono state avviate le attività dei gruppi di lavoro bilaterali su PMI e su porti e logistica. Una seconda riunione dovrebbe avere luogo prima della fine dell’anno. Per quanto riguarda le infrastrutture, soprattutto nel settore ferroviario alcune nostre aziende (Ansaldo; Mermec) sono particolarmente attive e permane il nostro auspicio all’acquisizione di commesse di rilievo. Inoltre rimane molto forte l’attenzione verso le tematiche della contraffazione, della tutela del marchio e della tutela dei diritti di proprietà intellettuale;

partenariati territoriali: sono in corso alcune collaborazioni importanti (Campania-Tianjin, Campania-Pechino, Roma-Pechino, Roma-Tianjin, Roma-Xian, Torino-Shenzhen) e altre, più articolate, quale quella con il Guangdong, potrebbero essere avviate a breve;

temi culturali: le questioni sul tappeto riguardano innanzitutto i progetti di tutela del patrimonio culturale. Dopo che, con la dichiarazione congiunta del 18/9/06, firmata dal Sottosegretario agli Esteri Vernetti, il MAE aveva stanziato 70 milioni di euro sui fondi della cooperazione da destinare prioritariamente al settore cultura, una missione della DGCS nel febbraio scorso ha però constatato alcune perplessità del Ministero delle Finanze cinese, controparte diretta nell’utilizzo dei crediti d’aiuto. Abbiamo allora sollecitato la controparte cinese ad individuare un progetto pilota (ad esempio, il censimento del patrimonio culturale) da presentare in chiave locale, scegliendo uno o due Province particolarmente significative dal punto di vista culturale. In secondo luogo stiamo esaminando lepossibilità dell’organizzazione di eventi culturali italiani durante le Olimpiadi. Infine è in corso di negoziato l’organizzazione della mostra Imperi paralleli (Roma e gli Han);

temi dell’ambiente, scienza e tecnologia: in previsione dei due importanti appuntamenti dei Giochi Olimpici di Pechino del 2008 e dell’Expo universale di Shanghai del 2010, da parte nostra si auspica un rafforzamento della cooperazione in materia ambientale. Per quanto riguarda la cooperazione in materia scientifica e tecnologica, il Parlamento ha finalmente approvato la legge di ratifica dell’Accordo bilaterale in materia di S&T.

 

 

 

INTERSCAMBIO COMMERCIALE ITALIA-RPC

 

 

2006

 

Dati dell’interscambio bilaterale: nel 2006, secondo i dati cinesi, l’interscambio commerciale sino-italiano ha fatto registrare una crescita del 32% rispetto al 2005, attestandosi a 24,5 miliardi di USD. Le nostre esportazioni verso la Cina sono aumentate del 24% (8,6 miliardi di USD), ma ancora più sostenuta e’ stata la crescita delle esportazioni cinesi verso l’Italia (+37% su base annua, 15,9 miliardi di USD), con un conseguente approfondimento del nostro disavanzo commerciale con la Cina (7,3 miliardi di USD). In ambito comunitario (la UE e’ il primo partner commerciale della Cina) siamo il quinto Paese in termini di volume complessivo dell’interscambio con la Cina, ma in termini di sole esportazioni risaliamo al terzo posto dietro Germania e Francia.

 

 

2007

 

I dati al primo trimestre 2007 confermano questa tendenza. Il volume totale dell’interscambio è stato di 6,7 miliardi di USD, +35% rispetto allo stesso periodo 2006. Ottima performance delle nostre esportazioni (2,2, miliardi di USD; +28%); ma quelle cinesi sono aumentate del 39% (4,5 miliardi di USD) frutto di un surplus record cinese nel primo trimestre.

Se ne ricava la necessità, per assicurare un progressivo riequilibrio dell’interscambio, di insistere sul tema dell’attrazione degli investimenti cinesi in Italia. Nel 2006 la Cina ha investito all’estero per circa 16 miliardi di USD, con una crescita annua del 32%, ed un cumulativo negli ultimi 5 anni di 63 miliardi di USD. Si tratta di un fenomeno ancora agli stadi iniziali, ma destinato a rafforzarsi nel corso degli anni in linea con la politica go-global promossa dalla dirigenza del Paese.

Secondo l’ISTAT, gli investimenti cinesi in Italia, cumulati alla fine del 2005, sono stati pari a 54,75 milioni di dollari; di questi 21,27 milioni di dollari si riferiscono al 2005. 

 

 

 

Interscambio commerciale Italia-Cina - Fonte ISTAT

(Milioni di Euro)

 

 

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

primo trimestre

Esportazioni italiane

2.380

3.275

4.017

3.850

4.445

4.605

5.702

1.641

Variazione percentuale

29,8%

37,6%

22,6%

-4,1%

15,4%

3,6%

24%

28%

Importazioni italiane

7.028

7.484

8.307

9.552

11.827

14.131

17.962

3.358

Variazione percentuale

40,5%

6,5%

11,0%

15,0%

23,8%

19,5%

37%

39%

Saldo

-4.648

-4.209

-4.290

-5.702

-7.382

-9.526

-12.260

-1.717

Interscambio

9.408

10.759

12.324

13.402

16.272

18.736

23.664

4.999

Fonte: ISTAT

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Al luglio 2007.

[2] Secondo la US Commission on International Religious Freedom  almeno 40 sacerdoti membri della Chiesa cattolica non ufficiale e non riconosciuti dall’autorità di Pechino sono ancora in carcere, nonostante la libertà religiosa sia in teoria garantita dalla Costituzione cinese.

[3] Le popolazioni delle campagne sono state quelle che hanno subito le conseguenze negative del boom economico, soprattutto in seguito agli espropri di terre, alla crescita dell'inquinamento ed ai disastri ambientali. Il disagio delle popolazioni rurali si è manifestato più volte negli ultimi anni con episodi di protesta che hanno coinvolto anche le forze di polizia. Nel 2006 si contano circa 23.000 episodi di protesta. Le ragioni dello scontento sono, oltre al disagio economico e alla difficoltà di accesso ai trattamenti sanitari e alla scuola, la corruzione dei governi locali.

[4] La sessione annuale del Congresso Nazionale del Popolo è unico incontro annuale che vede riunita l'intera assemblea composta di 3.000 membri e quella della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese, un organo con una composizione più ampia ma con soli poteri consultivi nei confronti dell'Assemblea Nazionale.

[5] L’Italia è stata eletta nel CdU per il triennio 2007-2010.

[6]In precedenza erano 7.

[7] Il 10 dicembre 2003 si sono svolte le elezioni, dirette, dell’Assemblea cittadina di Pechino.

[8] Fra i tesserati, 11, 2 milioni sono donne, 4 milioni appartengono ad etnie minoritarie. Trenta milioni hanno meno di 45 anni (sono nati cioè dopo la fondazione della Repubblica popolare nel 1949). Circa la metà dei membri sono impiegati, operai, contadini e militari.

[9] Hong-Kong ha conservato, anche dopo l’annessione alla Cina, le condizioni di uno Stato di diritto. Per tale motivo il Cardinale Zen può muoversi liberamente. Pechino lo ha comunque accusato di “fomentare l’instabilità”.

[10] Lo stesso parametro economico per l’economia USA è apri a 13.130 miliardi di dollari USA.