Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Rapporti Internazionali |
Titolo: | Israele |
Serie: | Schede Paese Numero: 13 |
Data: | 01/05/2007 |
STATO D’ISRAELE
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maggio 2007
Al termine del Mandato britannico in Palestina e dopo il ritiro delle truppe britanniche, in applicazione della UNSC/RES 181 del 1947, il 14 maggio 1948 lo Stato ebraico dichiarò la propria indipendenza. Il rifiuto arabo di costituire un altro Stato nella regione, come previsto dalla stessa Risoluzione 181, determinò l’aprirsi di un durissimo conflitto che coinvolse sia la popolazione araba palestinese che gli Stati arabi confinanti. Il mancato riconoscimento dello Stato ebraico da parte di questi ultimi coinvolse Israele in vari conflitti con gli Stati vicini: nel 1948–49, nel 1956, nel 1967 e nel 1973.
Durante il Mandato britannico e nei primi anni di vita dello Stato ebraico il Partito Laburista dominò la vita politica israeliana, ereditando l’egemonia dei movimenti socialisti sionisti nel plasmare le istituzioni politico-economiche dello Stato. In questa prima fase, il partito Herut, antecedente dell’odierno Likud, ebbe un ruolo di secondaria importanza. Con la guerra dei Sei Giorni del 1967, anche la compagine politica del Paese subì una radicale trasformazione: a partire da quella data anche nella società ebraica emersero nuove divisioni come quella etnica tra Ashkenaziti e Sefarditi e quella tra “falchi” e “colombe”. Tali divisioni sociali ebbero un peso determinante nella prima vittoria del Likud nelle elezioni del 1977, grazie alla crescente rilevanza delle frange religiose e dei falchi. La stabilità della base di consenso del Likud consentì a quel partito di mantenere il potere per 20 anni, conducendo il Paese alla firma degli accordi con l’Egitto del 1978 e all’invasione del Libano nel 1982.
Negli anni ‘80, la consistenza elettorale dei due grandi partiti raggiunse un certo bilanciamento, tanto che nessuna delle due parti riuscì a prevalere sull’altra. Crebbe invece l’importanza dei Partiti religiosi che divennero determinanti sul piano elettorale. Ciò condusse Likud e Labour a collaborare tra il 1984 e il 1988. Nonostante i punti di divergenza tra le due forze politiche avessero posto dei forti limiti al programma di coalizione di Governo, con l’insorgere dell’Intifada nel dicembre 1987 e l’avanzare della possibilità di negoziare con i palestinesi, furono poste le basi per una maggiore unità politica nel Paese.
Grazie al mutato clima internazionale, in seguito alla caduta del muro di Berlino e agli eventi legati alla crisi del Golfo, si crearono condizioni storico-politiche favorevoli alla ripresa del dialogo tra arabi e israeliani. Il processo di pace aperto ad Oslo aprì una fase di distensione nei rapporti tra Israele e OLP, ma anche tra Israele e Paesi arabi vicini: nel 1993 venne firmata da Israele e OLP la Dichiarazione di Principi, che aprì una fase di negoziati permanenti tra le due parti.
Con il 1995 e l’assassinio di Ytzhak Rabin sembrò chiudersi il periodo della distensione tra israeliani e palestinesi. La vittoria elettorale di Netanyahu nel 1996 riportò il Likud alla guida d’Israele e nel 1997 e 1998 furono conclusi due nuovi accordi per concedere altri territori all’Autorità Nazionale Palestinese, ma il Governo intensificò l’attività di espansione degli insediamenti. In seguito, nel 1999 elezioni anticipate portarono di nuovo i laburisti al governo con Ehud Barak e nel maggio 2000 il Governo decise il ritiro dal Libano. Numerosi negoziati continuarono tra le Parti finché, dopo il fallimento dei negoziati di Camp David nel luglio 2000, si assistette ad un ritorno della tensione nei Territori e allo scoppio della seconda intifada. Con la scomparsa di Arafat e l’elezione di Abu Mazen a nuovo Presidente dell’ANP il 9 gennaio 2005 si assiste ora ad una fase di rilancio del processo di pace che ha segnato un significativo passo con il ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza e da quattro insediamenti della Cisgiordania (agosto-settembre 2005).
DATI GENERALI |
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Abitanti |
6.700.000 (inclusi gli abitanti degli insediamenti) |
Tasso di crescita della popolazione
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1,2% |
Superficie |
20.770 Kmq
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Capitale |
Gerusalemme (605.000 abitanti) Lo Stato di Israele ha proclamato nel 1950 Gerusalemme come propria capitale, ma gran parte delle ambasciate straniere, tra cui quella italiana, si trovano a Tel Aviv.
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Gruppi etnici |
ebrei 80,1%[1]; non-ebrei 19,9% (in prevalenza arabi)
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Religioni praticate |
ebraica (80%) musulmana sciita (14%) cristiana ed altre (6%)
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Lingua |
Ebraico, Arabo |
Cariche dello Stato
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Presidente dello Stato d’Israele |
Moshe KATSAV (dall'agosto 2000) Katsav si è “autosospeso” dalla carica in seguito alle accuse a sfondo sessuale che gli sono state mosse da alcune sue collaboratrici. Sottoposto ad un vigoroso attacco da parte dei media, potrebbe dare le dimissioni, anche se non è stato ancora formalmente incriminato. Le sue funzioni sono state assunte dal Presidente della Knesset, Dalia Itzik, come previsto dalla legge ebraica in caso di impedimento o incapacità temporanea del Presidente. Mentre la classe politica e l’opinione pubblica attende le spontanee dimissioni di Katsav, quest’ultimo continuerà a mantenere l’immunità presidenziale fino alla decisione definitiva della Procura Generale riguardo ad una sua definitiva incriminazione. Il mandato di Katsav scade comunque in luglio.
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Presidente della Knesset e Capo dello Stato facente funzione
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Dalia ITZIK (Kadima, dal 4 maggio 2006)
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Primo Ministro e Ministro delle Finanze ad interim |
Ehud OLMERT (Kadima)Olmert è subentrato a Sharon a seguito dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute, agli inizi di gennaio. Sharon permane a tutt’oggi in stato di coma.
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Vice Primo Ministro e Ministro degli Esteri |
Tzipora ”Tizpi” LIVNI (Kadima) |
Ministro della Difesa |
AMIR PERETZ (LABURISTI). |
Ministro per lo Sviluppo del Negev e la Galilea |
Shimon PERES (Kadima) |
Ministro per le Minacce Strategiche |
Avigdor LIEBERMAN (Yisrael Beitenu)
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Capo di Stato Maggiore |
Gaby ASHKENAZI(Dal 14 Febbraio, al Posto del dimissionario Dan Halutz)
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scadenze elettorali
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Prossime elezioni politiche
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2010. Le ultime elezioni, anticipate, si sono tenute il 28 marzo 2006 |
Prossime elezioni presidenziali
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LUGLIO 2007[2]
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QUADRO POLITICO
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Governo in carica
L’attuale Governo è entrato in carica nel maggio 2006, dopo che le elezioni anticipate hanno visto la vittoria del Partito di centro, Kadima, e dei laburisti. Dopo l’ingresso nella maggioranza del Partito ultranazionalista russofono Israel Beitenu (“Israele è casa mia), il Governo risulta appoggiato da Kadima, laburisti, Shas, Partito dei Pensionati Gil e Israel Beitenu.
L’attuale composizione della Knesset è la seguente:
GRUPPO PARLAMENTARE |
SEGGI |
Kadima (centro) |
29 |
Laburista-Meimad |
19 |
Shas (ultraortodosso, sefardita) |
12 |
Likud (destra) |
12 |
Yisrael Beitenu (nazionalista, russofono) |
11 |
Ichud Leumi (ultraortodosso) |
7 |
Partito dei Pensionati Gil |
7 |
Giudaismo Unito della Torah (ultraortodosso) |
6 |
Meretz (sinistra) |
5 |
Ra’am-Ta’al (arabo) |
4 |
Balad (arabo) |
3 |
Hadash (arabo) |
3 |
TOTALE |
120 |
I dati principali emersi dalle elezioni del 28 marzo sono tre: la scomparsa del partito centrista liberale Shinui (i cui elettori si sono spostati in modo massiccio verso Kadima[3]), il rafforzamento della destra (escluso il Likud che perde ben 15 seggi) e, soprattutto, l’importanza giocata dai temi economici, come testimoniata dall’affermazione dei laburisti e di una formazione politica nel panorama politico israeliano: il Partito dei Pensionati[4].
Quadro istituzionale
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Sistema politico
Israele è una Repubblica parlamentare, proclamata il 14 maggio 1948.
Lo Stato non dispone di una Costituzione scritta[5], per cui l’assetto istituzionale è disciplinato da alcune “leggi fondamentali” di rango costituzionale adottate nel corso degli anni.
Capo dello Stato
Il Presidente dello Stato d’Israele è eletto dalla Knesset per sette anni a maggioranza assoluta dei suoi membri e non è rieleggibile. Il Presidente firma le leggi, ma non ha alcun potere di rinvio. Dopo le elezioni, spetta a lui aprire la prima sessione della Knesset. I suoi poteri sono puramente simbolici, ma la Knesset può, per gravi motivi, votare l’impeachment del Presidente, approvandola con 90 voti su 120. Il Presidente dello Stato è eletto con voto segreto da parte dei membri della Knesset
Parlamento
Il potere legislativo è esercitato dalla Knesset, composta da 120 membri eletti per quattro anni con sistema proporzionale e sbarramento al 2%. Tale soglia è stata innalzata dall’1,5% al 2% durante l’attuale legislatura.
L'iniziativa legislativa spetta ai membri della Knesset, al Governo e ai singoli ministri.
Ogni progetto di legge deve superare tre letture alla Knesset (nel caso di progetti di legge presentati da parlamentari, è prevista una lettura preliminare ad opera di un Presidium che delibera in merito all'inserimento del progetto nell’agenda della Knesset).
In prima lettura il progetto, presentato dal relatore, è esaminato dalla Knesset in seduta plenaria mediante un breve dibattito cui fa seguito un voto. Nel caso non sia respinto, il progetto è inviato in seconda lettura alla Commissione competente, che può elaborarlo nei dettagli, accorparlo ad altri progetti simili, come pure apportare modifiche. Al termine dell’esame in Commissione il progetto di legge torna in aula ed è votato nei singoli articoli. Se non è necessario rimandarlo di nuovo alla Commissione per ulteriori emendamenti, il progetto di legge è votato nel suo complesso (terza lettura).
Un iter simile seguono le mozioni, che sono esaminate preliminarmente dal Presidium della Knesset ed eventualmente sottoposte al Ministro competente, che può preparare una risposta. Fa quindi seguito un dibattito in aula in cui può essere votato un ulteriore allargamento della discussione, o l’invio del testo in Commissione per un esame approfondito, o il rigetto della stessa.
Il quorum previsto per le decisioni alla Knesset, nella maggior parte dei casi, è quello della maggioranza dei presenti. La Knesset può anche decidere il proprio autoscioglimento mediante una legge in cui viene fissata la data delle nuove elezioni.
Governo
A seguito della legge di riforma costituzionale varata dalla Knesset nel marzo 2001, il Premier, che deve essere membro della Knesset, viene nominato dal Presidente della Repubblica, a seguito di consultazioni con i partiti politici. In precedenza, dal 1996, il Primo Ministro era eletto a suffragio universale diretto.
Il Premier nomina i ministri in un numero variabile e si presenta alla Knesset dove espone il proprio programma per ottenere la fiducia. I ministri possono essere scelti anche al di fuori dei membri della Knesset, mentre i sottosegretari devono necessariamente farne parte.
Sistema giudiziario e amministrativo
Il sistema giudiziario comprende corti secolari e religiose. Al vertice del sistema giudiziario (anche religioso) è la Corte Suprema, i cui membri sono nominati dal Presidente della Repubblica. La Corte può imporre una revisione delle decisioni adottate da qualsiasi organo dello Stato[6].
Lo Stato è suddiviso in sei distretti che sono coordinati a livello amministrativo dal Ministero degli Interni. L’amministrazione nei territori occupati spetta invece al Ministero della Difesa.
attualità politica
A pochi mesi dal termine della seconda guerra in Libano, Israele affronta un periodo particolarmente confuso della sua vita politica, segnato da numerosi scandali – sia pure di carattere diverso - che coinvolgono il presidente della Repubblica, Moshe Katsav[7] (potrebbe dare le dimissioni, in seguito alle accuse di violenza carnale mossegli da alcune collaboratrici), il Premier, Ehud Olmert (che ha subito indagini su alcune malversazioni finanziarie)[8], il Ministro della Difesa, Amir Peretz, nonché i vertici dell’Esercito per la condotta della guerra in Libano. Il Capo di Stato Maggiore, Dan Halutz, ha dato le dimissioni alla fine del 2006, mentre Peretz è incalzato dall’ex Primo Ministro, Ehdu Barak, che vorrebbe subentrare alla difesa.
Il recente accordo siglato da Olmert ed Avigdor Lieberman, leader di Yisrael Beiteinu, pone una serie di interrogativi sul futuro politico della sempre più variegata coalizione di governo, ma soprattutto richiede l’elaborazione di una nuova agenda governativa in relazione agli obiettivi di lungo periodo del Governo Olmert.
La Commissione Winograd
Il rapporto della Commissione Winograd è stato diffuso il 2 maggio. Secondo la Commissione, il Premier Omert, il Ministro della Difesa Peretz e l’allora Capo di Stato Maggiore, Dan Halutz, sono i maggiori responsabili della decisione di andare in guerra nell’estate 2006 contro gli Hezbollah. Il Ministro della Difesa, Peretz, ha dapprima manifestato l’intenzione di dare le dimissioni, quindi ha dichiarato di voler restare in carica fino al prossimo congresso laburista che si terrà il 28 maggio prossimo. Sono state chieste le dimissioni anche del Primo Ministro Olmert da parte del Ministro degli Esteri, Livni, e da parte dei membri del suo partito, Kadima.
Tra le possibili alternative che Olmert dovrà prendere in considerazione dopo la pubblicazione del rapporto Winograd vi sono innanzitutto le dimissioni dall’incarico, lo scioglimento della Knesset e le elezioni anticipate. Appare però poco realistica la possibilità di ricorrere di nuovo alle urne a solo un anno dall’inizio del mandato in quanto, anche nel caso in cui cambi la leadership sia in Kadima[9] che nel Labor, i due maggiori partiti di maggioranza proveranno prevedibilmente a tenere assieme la coalizione che sostiene l’esecutivo.
Seconda ipotesi riguarda la possibilità che Olmert abbandoni il proprio incarico sotto la pressione dell’opinione pubblica, lasciando d’ufficio la guida dell’esecutivo a Tzipi Livni, Vice Premier e Ministro degli Esteri del governo. In tal caso si aprirebbe però la lotta di successione al leader anche nella suo partito, con diversi esponenti a contendersi la candidatura per le prossime elezioni politiche. La Livni gode oggi della simpatia dell’opinione pubblica e può contare anche sull’appoggio della comunità internazionale e dei media. All’interno di Kadima, i maggiori rivali per la leadership potrebbero essere il Ministro degli Interni Avi Ditcher e il Ministro dei Trasporti Shaul Mofaz, ma nessuno dei due sembra ad oggi godere dello stesso favore da parte del pubblico. Il maggiore ostacolo per la leadership è però lo statuto del partito che non prevede meccanismi per il ricambio del leader a meno che questi non rassegni le proprie dimissioni. Dunque nel caso in cui Olmert non voglia rinunciare alla guida di Kadima, la Livni potrebbe essere costretta ad un accordo con uno dei due rivali nel partito per assicurarsi una maggiore forza numerica per fare pressione sul premier.
La situazione interna al Labor è altrettanto complicata, con la posizione di Peretz messa in bilico dalla questione della guerra in Libano e con Ehud Barak pronto secondo indiscrezioni a sostituire il compagno di partito alla guida del dipartimento della Difesa. Alla fine di maggio il Labor eleggerà il proprio candidato ufficiale per le prossime elezioni politiche (anche nel timore di un ricorso anticipato alle urne) e la leadership di Peretz non appare più certa, appannata dalle accuse di aver inciso poco sulla politica governativa e di aver anzi permesso l’ingresso nell’esecutivo della formazione di destra di Lieberman.
Sul versante del Likud la leadership di Netanyahu sembra abbastanza netta, con i sondaggi che danno il partito di nuovo in crescita e con una previsione di quasi 30 seggi nella Knesset. Considerata però l’improbabilità di nuove elezioni, Netanyahu potrebbe provare a formare in Parlamento una nuova maggioranza raccogliendo attorno al suo partito tutte le formazioni moderate e di destra. In questo caso, però, il Likud avrebbe bisogno del sostegno di almeno 10 parlamentari sfiduciati di Kadima che avrebbero già mostrato segni di disaffezione per il governo e sarebbero pronti a ritornare nel partito da cui la stessa formazione di Olmert si separò sotto la guida di Sharon. Una terza opzione tra le scelte del Premier riguarderebbe la decisione di mantenere la guida dell’esecutivo, probabilmente inaugurando una nuova fase governativa con l’apertura a nuove alleanze che gli garantiscono una maggiore stabilità parlamentare.
In conclusione, nel primo anno del suo mandato, il governo Olmert ha osservato una crescente delusione nella sua politica, incapace di adempiere alla promessa di portare a compimento il processo di pace e limitato nella gestione della politica interna, con il solo successo della politica economica nazionale. Una volta interrotto (e ripreso poi a singhiozzo) il processo di ritiro unilaterale dai territori palestinesi voluto da Sharon, Olmert sembra aver perso anche l’investitura ideale per cui era stato eletto il suo esecutivo e la mancanza di autorevolezza del premier si riproduce nei rapporti di forza interni alla coalizione. La popolarità del premier non era mai stata molto alta neanche prima delle elezioni del 2006 e Olmert sconta oggi la sua successione al leader e fondatore di Kadima avvenuta “d’ufficio” in quanto nominato nel 2003 Sostituto Primo Ministro, figura senza precedenti nella storia israeliana. In effetti, anche in caso di un cambiamento alla guida politica del paese, la grande disaffezione per la politica registrata nell’opinione pubblica non verrebbe presto riassorbita, come dimostrano i sondaggi con il desiderio della maggioranza della popolazione (57%) di andare ad elezioni anticipate. Di fronte a tale ipotesi si rendono evidenti non solo i limiti del governo ma anche quelli della Knesset, priva della capacità – o della volontà – di mettere in crisi l’esecutivo per aprire una nuova strada politica a solo un anno dall’inizio del mandato.
Le reazioni all’offensiva di Hamas nella Striscia di Gaza
Il braccio armato di Hamas le Brigate Ezzedim Al Qassam, ha rivendicato il lancio di missili Qassam, lo scorso 24 aprile, in reazione all’uccisione da parte israeliana di nove palestinesi nei giorni precedenti. Il 26 aprile, le fazioni palestinesi si sono dichiarate disposte a riprendere una tregua nei confronti di Israele se quest’ultimo si impegnerà a cessare tutte le sue operazioni militari contro attivisti e miliziani nei territori occupati.
Gerusalemme, dal canto suo, ha escluso un’operazione militare nella Striscia di Gaza, almeno per il momento.
La “nuova” destra di Lieberman
La firma di un accordo di coalizione tra Kadima ed Yisrael Beiteinu è stata fortemente ricercata da Olmert che guarda con favore agli undici deputati di Lieberman. Yisrael Beiteinu costituisce il foro principale di rappresentazione dell’immigrazione russa in Israele: una componente migratoria che cresce senza riposo nel già composito quadro nazionale (lo stesso leader è israeliano solo dal 1978). Lieberman manifesta tesi liberiste nella competitiva economia israeliana. Allo stesso tempo occorre sottolineare come il suo progetto di riforma presidenziale dello stato israeliano nonché l’elaborazione di un piano per privare in maniera definitiva della cittadinanza gli arabo-israeliani costituiscano i punti cruciali del suo programma. I cittadini arabo-israeliani, secondo il suo programma, dovrebbero essere trasferiti nell’edificando Stato palestinese. Un altro punto che caratterizza il programma di Yisrael Beiteinu corrisponde al progetto di innalzare la soglia di rappresentanza nella Knesset al 10%, estromettendo di fatto i tre piccoli partiti degli arabi-israeliani dalla rappresentanza parlamentare. Al leader di Yisrael Beiteinu è stato assegnato il dicastero per le minacce strategiche (Iran, Hezbollah al confine nord e la permanente agitazione interna a Gaza). In altri termini, Lieberman siederà nel gabinetto di sicurezza del Governo Olmert come un “senior partner” e avrà un sostanziale potere nel direzionare la politica estera governativa. Il leader di Yisrael Beiteinu è stato Direttore generale dell’ufficio del Premier quando, nel 1998, Benjamin Nethanyau rivestiva questo ruolo. Tuttavia, le sue attività private sono state spesso soggette ad indagini giudiziarie: collegamenti con diversi gruppi di potere russi; oscuri finanziamenti al partito.
Nel breve periodo, l’allargamento della coalizione rappresenta un buon viatico per il governo Olmert. Tuttavia, la stabilità, tanto ricercata dal premier, non può essere solamente frutto di una semplice addizione di gruppi. Kadima, il Labour e Yisrael Beiteinu non hanno un programma comune. La nuova agenda governativa, presentata nella legge di bilancio, sembra allontanarsi dai proclami elettorali. Non solo il Piano di Convergenza è stato rinviato sine die, ma vengono autorizzati nuovi insediamenti a ridosso di Gerusalemme Est, e non vengono smantellati gli insediamenti illegali, il che costituiva peraltro una della clausole della sin qui inapplicata “road map”.
Inoltre, gravi nubi si addensano sulla persona di Ehud Olmert. La vendita della porzione di controllo sulla Banca Leumi ha portato alla luce una serie di questioni legate alla buona condotta di Olmert. L’eventuale inizio di un procedimento contro il premier potrebbe portare rapidamente alle sue dimissioni, che lascerebbero Israele nella totale impasse politica. L’asse Olmert – Peretz, che aveva portato ad un soddisfacente ma non eccezionale risultato elettorale, risulta d’altronde indebolito dalla mancata attuazione di alcune misure sociali, oltre che dall’ingresso nell’esecutivo di Yisrael Beiteinu. Il Labour aveva inserito nel suo programma una serie di interventi sociali, quale ad esempio l’aumento del salario minimo, scomparsi dall’orizzonte politico governativo. Di conseguenza, il ruolo di Amir Peretz, già contestato per la conduzione della guerra in Libano, viene ancor più messo in discussione. L’accordo che conferma la presenza del Labour nel governo è considerato dai media israeliani come una soluzione al ribasso e pro tempore. In questo contesto politico frammentato e caratterizzato da una diffusa disaffezione nei confronti della politica si inserisce lo scandalo legato al Presidente Moshe Katsav. Con la proposta di candidare per l’eventuale successione a Katsav l’anziano premio Nobel, ex leader dei laburisti, Shimon Peres, Ehud Olmert intende rinsaldare la fiducia dell’incerto Labour nel momento dell’apertura a destra. Il dibattito sul sistema presidenziale avviato dalle proposte di Lieberman si inserisce in questo particolare momento per la politica israeliana. Il dibattito relativo alla riforma istituzionale costituisce senza dubbio un importante snodo per Israele, data la sua continua instabilità politica. Tuttavia, sembra generalmente condiviso che tale questione non possa essere il nodo cruciale dell’agenda governativa.
Secondo molti osservatori, Israele si troverà a combattere una nuova guerra e dovrebbe iniziare un’adeguata preparazione per questo evento. In realtà, la sua classe politica sembra attraversare una forte crisi d’identità, rilanciata dall’andamento non proprio esaltante del conflitto in Libano. La democrazia israeliana, mentre è circondata da nemici che sembrano rafforzarsi ed il suo esercito non è riuscito a stroncare il rischio Hezbollah, sta affrontando un momento particolarmente critico della sua esistenza tra scandali legati alla corruzione e quelli che riconducono a presunte violenze sessuali. L’entrata di Lieberman nella coalizione, con il contemporaneo indebolimento del Labour riduce non solo il potenziale propositivo del governo ma divide ulteriormente la frammentata opposizione capeggiata dai dodici deputati del Likud e del loro leader Benjamin Nethanyau. Il prestigio di Lieberman ne esce rafforzato al punto da poter aspirare alla guida di una eventuale leadership in un’alleanza di destra dove lo storico Likud si vedrebbe ridotto ad un ruolo di comprimario nella gestione politica. Basti pensare che, secondo alcune stime di ottobre 2006, il suo partito viene accreditato di quasi venti seggi nel Parlamento. Al riguardo, va anche sottolineata la recente nomina di Sallai Meridor come nuovo ambasciatore israeliano a Washington, incarico che tradizionalmente viene immediatamente dietro, per ordine d’importanza, alle poltrone principali dell’esecutivo a Tel Aviv. Meridor appartiene ad un’importante famiglia legata al Likud. In tal modo, il premier vuole far pressione negli USA per sostenere la sua causa e non quella di Benjamin Nethanyau, che continua a riscuotere successo oltreoceano ed aveva relegato Meridor ad incarichi di secondo piano. Come emerge da questa breve analisi, la strategia di Olmert si muove su più livelli per tentare di rafforzare sia il governo sia il suo ruolo. Certo i toni forti di Lieberman, che prima erano considerati sostanzialmente estranei alla dialettica israeliana, ora vengono dotati di una maggiore legittimità politica, frutto ovviamente dell’estensione della maggioranza. Il ruolo del leader di Yisrael Beiteinu nella compagine governativa avrà senza dubbio effetti rilevanti nella formulazione delle principali linee politiche, sebbene Olmert si sia affrettato a dire che Lieberman si occuperà esclusivamente di Iran.
Il progetto laburista
La vittoria di Amir Peretz alle primarie del Labor contro uno dei leader storici del partito, Shimon Peres, è in larga parte legata al malcontento nei confronti delle riforme di Netanyahu. Ex leader dell’anomala istituzione parastatale Histadrut, uno “stato nello stato” che ha ereditato dall’agenzia ebraica degli anni del Mandato britannico il controllo su un numero significativo di strutture produttive e dell’apparato sindacale, Peretz incarna l’auspicio di una consistente parte dell’elettorato di sinistra di veder ripristinato e possibilmente ampliato il ruolo dello stato nell’economia israeliana. Il Labour, sotto la guida di Peretz, ha ribadito la necessità di “tagliare la burocrazia” e di continuare sulla via dell’apertura al mercato; tuttavia, come recita il programma ufficiale del partito, lo Stato si deve arrogare il diritto di correggere «i fallimenti e le distorsioni» del mercato attraverso un’apposita politica redistributiva.” Due sono gli ambiti nei quali l’intervento statale, secondo Peretz, dovrebbe essere più incisivo. Il primo è l’educazione ed il sostegno alle famiglie, attraverso una politica a favore delle scuole dell’infanzia – che, peraltro, permetterebbe ad un numero maggiore di genitori di affluire nella forza lavoro – e dell’istruzione pubblica.
L’occupazione rimane, tuttavia, il cuore del progetto laburista. Peretz ha promesso ai suoi elettori che nei quattro anni di governo la disoccupazione sarà dimezzata, il salario minimo innalzato a 1000$, e che il ruolo preponderante delle agenzie di lavoro interinale nel gestire le assunzioni di lavoratori dipendenti sarà drasticamente contenuto. Inoltre, Peretz ha promesso un maggiore attivismo dello stato nella risoluzione delle dispute di lavoro e forti sostegni agli investimenti nel campo tecnologico. L’aspetto più rilevante del progetto laburista consiste nel fatto che, almeno nelle intenzioni dei suoi estensori, il crescente interventismo statale che vi è delineato sarebbe finanziato da fonti finanziarie esterne rispetto al normale budget dello stato. Dei 68 miliardi di NIS necessari per sostenere questo progetto al di fuori del bilancio ordinario, 18 dovrebbero provenire dal disimpegno dai Territori e dalla riduzione delle spese militari, ma ben 50 miliardi sono legati al surplus fiscale che sarebbe generato da una crescita pari o superiore al 5% per i prossimi quattro anni.
Mentre le prospettive di crescita del PIL, almeno per il 2005 (per il primo trimestre 2006 la crescita è stata superiore al 6%), stanno rispettando le aspettative dei laburisti, la guerra in Libano ed i successivi sviluppi sembrano aver irrimediabilmente minato il loro progetto.
Stati Uniti: il viaggio di Nancy Pelosi in Medio Oriente e le relazioni USA-RUSSIA
Alla fine del mese di marzo la speaker della Camera dei Rappresentanti statunitense, la democratica Nancy Pelosi, ha affrontato una missione diplomatica in Medio Oriente in cui ha incontrato i rappresentanti del governo israeliano e il presidente Bashar Al-Assad.
La prima tappa della missione diplomatica in Medio Oriente della speaker della Camera, Nancy Pelosi, è stata Gerusalemme. Nel corso della visita si sono susseguiti incontri con il vicepremier israeliano Shimon Peres e colloqui con il Ministro degli Esteri Tzipi Livni e con il Primo Ministro israeliano Ehud Olmert; argomento principale delle varie discussioni con i rappresentanti del governo israeliano è stata la possibile riapertura delle trattative tra Israele e Siria per la controversa questione riguardante le Alture del Golan. Parziali consensi ad un possibile nuovo avvio dei negoziati si sono avuti sia riguardo alla questione siriana sia per i rapporti da sempre conflittuali tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese. Dopo aver lasciato Gerusalemme, Nancy Pelosi ha incontrato il presidente palestinese Abu Mazen con il quale ha discusso della situazione interna dei territori e dei contrasti tra le istituzioni palestinesi ed Israele.
Momento centrale della missione diplomatica
è stata la visita della rappresentante statunitense a Damasco dopo essere
passata dal Libano. Già dalle prime dichiarazioni rilasciate all’arrivo
l’obiettivo della missione è parso chiaro: riuscire a convincere le autorità
siriane a riprendere il dialogo interrotto con Israele, consegnando al leader
siriano Bashar Al-Assad un comunicato del presidente israeliano Olmert in cui
le istituzioni israeliane si sono dette pronte ad aprire negoziati di pace con
la Siria. La visita a Damasco della Pelosi è stata la risposta ad un invito
inoltrato alla rappresentante della Camera dall’ambasciatore siriano negli
Stati Uniti ed i colloqui ufficiali sono serviti a discutere del tema della
pace tra Siria e Israele e dell’importante ruolo che il paese guidato da Bashar
Al-Assad può svolgere insieme ad Hamas per rendere questa pace duratura. Il
presidente siriano in una dichiarazione ufficiale ha fatto sapere che per il
suo paese la pace è una scelta strategica e che Damasco è impegnata nel
raggiungere questo obiettivo sin dalla conferenza di Madrid tenutasi nel 1991.
In questo senso il Al-Assad si è detto pronto a riaprire con Israele negoziati
di pace, che portino finalmente ad una stabilizzazione dei rapporti tra i paesi
della regione.
A margine degli incontri avuti
con il presidente siriano sulla questione israeliana i rappresentanti dei due
paesi hanno poi discusso dell’ingresso illegale in Iraq di combattenti
provenienti dai territori siriani e delle preoccupazioni americane riguardanti
i rapporti, considerati troppo stretti, tra Damasco ed il gruppo libanese
Hezbollah. Il presidente siriano ha ribadito la necessità di mantenere l’unità
dell’Iraq e di ripristinare la sua indipendenza e stabilità attraverso una
completa riconciliazione nazionale, rinnovando alla Pelosi la richiesta di
fissare un calendario per il ritiro delle forze straniere in Iraq.
Il viaggio della Pelosi è stato interpretato da molti analisti come un tentativo di delegittimare la politica di Bush in Iraq e nella regione mediorientale, cercando eventualmente di spingere l’amministrazione repubblicana ad aprire un dialogo con la Siria, passo che l'attuale leadership alla Casa Bianca si è sempre rifiutata di compiere. L’iniziativa della Pelosi non rientrerebbe comunque nella strategia dei democratici di aumentare la pressione politica sull’amministrazione per costringerla a stabilire una data per il ritiro delle truppe in Iraq (sempre più al centro del dibattito politico statunitense dopo il voto favorevole della Camera dei Rappresentanti), ma secondo alcuni servirebbe solo a mettere in evidenza l’errore della politica in Medio Oriente della presidenza Bush: rifiutando il dialogo con alcuni importanti attori regionali gli Stati Uniti rifiutano anche la cooperazione di questi paesi per riportare equilibrio nel sempre più caotico scenario iracheno.
Il
tour della leader democratica potrebbe essere un primo passo di avvicinamento
ai paesi considerati canaglia dall’amministrazione repubblicana in vista del
previsto successo democratico alle elezioni del 2008 e, quindi, di un
conseguente verosimile ritorno alla normalizzazione delle relazioni
diplomatiche con i paesi mediorientali. L’apertura al dialogo con la Siria e,
potenzialmente, con l'Iran, potrebbe portare ad un nuovo scenario
caratterizzato dal riaffermarsi dell'influenza statunitense nella regione.
POLITICA ESTERA A CURA DEL MAE |
La politica estera di Israele è per tradizione filo-occidentale e, in particolare, filo-americana. L'obiettivo di fondo americano resta la ripresa dei negoziati di pace che realizzino la visione dei due Stati, anche se Washington si rende conto che, qualora, ciò non fosse possibile, l’attuazione del “piano di riallineamento” di Olmert sarà inevitabile. Gli Stati Uniti sono infatti un punto di riferimento indispensabile per Israele, per quanto riguarda la sicurezza (Israele è il primo Paese beneficiario di armamenti e tecnologia militare statunitensi[10]), gli aiuti economici e come partner affidabile e ponte nei negoziati di pace. Profonda è inoltre l’influenza delle comunità ebraiche americane sull’establishment di Washington[11]. Si è consapevoli che l’Amministrazione americana è stata indotta ad un rinnovato impegno nel processo di pace, anche in vista di un necessario miglioramento della propria immagine nel mondo arabo nel quadro della crisi irachena. Rimane comunque viva l’attenzione americana riguardo alla costruzione della barriera e all'espansione degli insediamenti ebraici, questioni suscettibili di modificare la situazione sul terreno in modo tale da rendere più problematica la definizione degli assetti territoriali definitivi e la costituzione di uno Stato palestinese vitale (come previsto dalla Road Map).
Nel corso della sua ultima visita a Washington (12 novembre 2006), Olmert ha colto l'occasione per prospettare il suo nuovo piano di "riallineamento consensuale". L'orientamento è quello di attuare una politica di concessioni ad Abu Mazen, per rafforzarlo politicamente e metterlo in grado di andare a nuove elezioni, entro la fine del 2007, con possibilità di successo nei confronti di Hamas. Se tale successo si verificasse, Olmert potrebbe discutere con il Presidente palestinese l'evacuazione coordinata da gran parte della Giudea e della Samaria, mantenendo però i grandi blocchi di insediamenti: si creerebbero così le condizioni per la proclamazione di uno Stato palestinese con confini provvisori, quale primo passo verso un regolamento di pace completo. Nell'immediato, quindi, da parte israeliana vi sarebbe disponibilità ad adottare misure di confidence-building, quali: rilascio dei prigionieri, scongelamento di fondi, apertura dei valichi, oltre al rafforzamento della Guardia Presidenziale. Il processo potrà innescarsi solo dopo la liberazione del caporale Shalit e la costituzione del nuovo Governo palestinese con l’accettazione delle tre note condizioni, tra cui la cessazione della violenza. Al momento attuale, vi è sfiducia di fondo sulle possibilità reali di riavviare un dialogo, fintantoché non emergerà dal campo palestinese una forza interlocutrice pronta ad assumersi l'impegno di una soluzione di pace.
Con tali premesse, a seguito di due settimane di intensi contatti, il 23 dicembre 2006, Olmert ed Abu Mazen hanno avuto un incontro a Gerusalemme in occasione del quale Olmert ha deciso di trasferire direttamente all’Ufficio della Presidenza palestinese 100 milioni di dollari dei fondi fiscali palestinesi trattenuti, si è impegnato a riesaminare le procedure di sicurezza ai valichi fra Israele e Gaza e di rivedere la situazione dei checkpoints in Cisgiordania e si è dichiarato disponibile liberare molti prigionieri dopo il rilascio del Caporale Shalit. Abu Mazen, per parte sua, ha promesso di aumentare i pattugliamenti della guardia presidenziale nella Striscia di Gaza per mettere fine al lancio dei missili Kassam. Le misure concordate vanno effettivamente nella direzione di quei piccoli passi per migliorare la situazione nei Territori che Olmert, nel suo discorso di Sde Boker del 27 novembre, aveva fatto discendere da una cessazione della violenza.
Il Segretario di Stato Americano, Condoleeza Rice, si è recata in visita in Israele dal 13 al 15 gennaio 2007, con l'intenzione di esplorare concretamente la possibilità di stabilire uno Stato palestinese nei prossimi due anni, entro la fine dell'Amministrazione Bush. In questo senso essa si pone sulla stessa posizione del presidente Abu Mazen, che non intende entrare nella seconda fase della Road Map (negoziato sullo Stato palestinese con confini provvisori) senza che essa sia collegata strettamente alla terza (negoziato sullo status finale). In caso di riscontro positivo il vertice per suggellare la firma di un Accordo sulla creazione di una Palestina dai confini provvisori con il contemporaneo avvio di una trattativa sullo status finale dei Territori potrebbe tenersi a Washington.
L’incontro Tripartito di Gerusalemme tra il Segretario di Stato USA Rice, il Premier Olmert e il Presidente Abbas del 19 febbraio ha segnato un importante passo avanti nella ripresa del dialogo israelo-palestinese. L’incontro si è tenuto subito dopo la conclusione dell’Accordo della Mecca tra il Presidente Abbas e il Primo Ministro Hanyeh, con il quale erano stati concordati i termini della composizione e del programma del Governo di Unità Nazionale, e l’assenza di un esplicito riferimento alle tre condizioni del Quartetto nella lettera di incarico del Presidente Abbas ad Hanyeh ha influito sul clima generale della riunione, visto che per questo motivo sia il Governo israeliano sia l’Amministrazione USA continuano a mantenere intatte le proprie riserve sul nuovo Governo palestinese. Nonostante le prime manifestazioni di delusione nei confronti dell’Intesa della Mecca e del costituendo Governo di Unità Nazionale, Olmert ha comunque dichiarato di voler mantenere un canale di comunicazione con il Presidente palestinese e l’incontro tripartito di Gerusalemme ha dato un significativo impulso al prosieguo del dialogo bilaterale. In realtà, non si sono raggiunti risultati concreti particolarmente visibili: Abbas ed Olmert hanno reiterato il proprio impegno verso la soluzione bi-statuale e la Road Map ed a favore del mantenimento della tregua. I due leaders si sono nuovamente incontrati l’11 marzo a Gerusalemme, mentre è prevista a fine marzo una missione della Rice.
Egitto, ed in sub-ordine Giordania, svolgono un ruolo di primo piano nel Processo di Pace. L'iniziativa del Cairo è fortemente apprezzata dal "Quartetto", nella convinzione che la presenza di un Paese arabo moderato nella Striscia possa fornire un contributo centrale alla stabilità. Sulla base delle intese israelo-egiziane conseguite il 10 marzo 2005, gli egiziani hanno schierato 750 guardie di frontiera; mentrela forza multinazionale di osservazione MFO continua a svolgere pienamente la sua funzione.Israele ha altresì manifestato apprezzamento per il ruolo dell’Egitto nel controllo del Philadelphi Corridor, affermando che “la situazione di sicurezza in termini di traffico d‘armi e di infiltrazioni è migliorata”. L’Egitto sta altresì svolgendo un importante ruolo di mediazione per la liberazione del Caporale Shalit, rapito a Gaza il 25 giugno.
Un ruolo importante è svolto dall’Egitto anche per quanto riguarda la gestione del passaggio di frontiera con la Striscia di Gaza. Questo è basato su un accordo sull’accesso e i movimenti attraverso Gaza (Framework Agreement), concluso tra ANP e Governo di Israele il 15 novembre 2005. Come previsto dall’Accordo e dal Memorandum of Understanding fra le due Parti e l’Unione Europea, il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto è stato aperto il 25 novembre 2005 con l’arrivo della missione europea. Delicato e centrale è il ruolo del Capo missione, il Generale dei Carabinieri Pistolese. La missione (EU Border Assistance Mission -EUBAM) svolge ora un monitoraggio attivo delle attività delle forze palestinesi a Rafah, verificando e valutando il rispetto delle intese fra le Parti. Compito dell’EUBAM è anche di partecipare al capacity building (in particolare nel settore delle dogane) e di contribuire al dialogo e al collegamento tra Autorità palestinesi, egiziane ed israeliane relativamente alla gestione del valico
Dal 1989 sono ripresi, con sempre maggiore intensità, i rapporti con la Russia, Paese dal quale proviene un sesto della popolazione ebraica dello Stato di Israele. Permane tuttavia a Tel Aviv un certo sospetto per l’attivismo russo nella regione (dovuta alla tradizionale politica filo-araba di Mosca ed alla stretta cooperazione militare con l’Iran e la Siria). Nonostante tutto (anche grazie all’inclusione di Mosca nel Quartetto), le relazioni con la Russia vengono per importanza subito dopo quelle con gli USA, l’UE e i suoi Stati membri.
Mosca attualmente manifesta preoccupazione per la delicata fase politica apertasi con l’uscita di scena di Sharon, ma nutre fiducia nell’operato di Olmert, un personaggio che il Paese conosce bene, essendo tuttora Presidente del Comitato intergovernativo bilaterale Russia-Israele. In ragione dell’influenza che Mosca svolge su Damasco e Teheran, Israele ha deciso di avviare un dialogo strategico sull'Iran - a livello di alti funzionari - con la Russia, sulla falsariga di quello avviato con gli Stati Uniti.
D’altro canto, la Russia è da sempre convinta che qualunque esercizio diplomatico debba coinvolgere tutti gli attori regionali (Siria, Hamas, Hezbollah ed Iran). In questo quadro, le leve politiche di cui Mosca dispone sono rappresentate dalla lunga tradizione di rapporti con i paesi arabi, soprattutto con quelli – Siria ed Iran – attualmente ai margini della Comunità internazionale, nonché con i movimenti emergenti come Hamas. D’altra parte, la presenza di una comunità di immigrati ebrei russi in Israele (circa un milione su una popolazione totale di sei milioni) contribuisce al forte legame con lo Stato ebraico.Riguardo al processo di pace, gli ebrei di origine russa – in maggioranza residenti nei nuovi insediamenti israeliani- sono in larga parte schierati su posizioni oltranziste. Infatti se i "padri fondatori" di Israele erano in massima parte russi ashkenaziti, politicamente laici e intrisi dei valori democratici europei, i nuovi immigrati dall'ex-URSS tendono a votare a destra per partiti quali l’Israel Bel-Aliya, il Mahar e l’Israel Beitenu (entrato nel Governo di Olmert).
Gerusalemme ha altresì avviato un lavoro politico di normalizzazione delle relazioni diplomatiche con i Paesi arabi moderati del Nord Africa e del Golfo, che sta portando i primi frutti, con il rientro degli Ambasciatori cairota e giordano e la missione di Shalom in Tunisia in occasione del Vertice Mondiale sulla Società dell’Informazione (17 novembre 2005). Dopo il successo del negoziato sul rafforzamento del controllo egiziano alla frontiera di Gaza, l’auspicio di Gerusalemme, pronta ad accogliere le delegazioni diplomatiche degli Stati arabi, è di portareanche altri Paesi sulla stessa scia (Tunisia, Marocco, Qatar, per il quale Israele ha annunciato il sostegno alla candidatura al Consiglio di Sicurezza, e Oman in primis). Intanto, dopo quasi un anno di negoziati, sarebbe stata raggiunta un’intesa per l’apertura di una rappresentanza diplomatica israeliana a Dubai. Da ultimo, l’incontro tra Shalom e l’omologo pakistano Kasuri (31 agosto 2005) segna altresì un importante passo per lo stabilimento delle relazioni diplomatiche e potrebbe incoraggiare altri Stati mussulmani a normalizzare i rapporti con lo Stato ebraico.
Nell’ottica israeliana, il pericolo rappresentato dall'Iran spingerebbe gli Stati arabi moderati ad aprire un canale di dialogo con Tel Aviv.
Sul dossier siro-libanese, Tel Aviv manifesta grande preoccupazione per una situazione che sembra precipitare a seguito dell’uccisione del Ministro Gemayal, aprendo scenari in cui la caduta del governo Siniora sarebbe seguita dalla guerra civile e dall'instaurazione di un regime islamico radicale, sulla falsariga di quello iraniano, per di più alle soglie di Israele. Questo scenario porterebbe ad un ulteriore scontro tra Israele ed Hezbollah. Inoltre, Israele non si ritiene completamente soddisfatta dell'applicazione della 1701. Il trasferimento di armamenti al Partito di Dio continua e Regev e Goldwasser, i due soldati rapiti, non sono ancora tornati a casa. Allo scopo di mantenere la capacità di raccogliere informazioni sulla situazione sul terreno in Libano, l’Aeronautica israeliana continua ad effettuare sorvoli di ricognizione sul territorio libanese.
Rimane quindi improntato alla massima fermezza il linguaggio della Livni nei confronti di Siria e Iran, ritenuti i mandanti delle forze estremiste nella regione. Sulle stesse note già spese da Olmert nella sua ultima visita a Washington, la Livni ribadisce che sarebbe un errore irreparabile sotto il profilo della sicurezza comune (e non solo di Israele), adottare una linea più accomodante rispetto ad Iran e Siria. Un eventuale "decoupling" della Siria dall'Iran appare difficile, ma non assolutamente impossibile. Damasco, nell'analisi israeliana, vorrebbe in cambio il Golan, garanzie sull'operato del Tribunale Hariri e soprattutto il mantenimento della propria influenza in Libano (anche per motivi economici, la Siria mira alle ricchezze commerciali e turistiche del Paese dei Cedri). L'opinione pubblica israeliana è certamente più propensa a restituire le Alture del Golan che la Cisgiordania, ma le Autorità ebraiche pretendono maggiori garanzie di sicurezza.
La questione nucleare iraniana costituisce invece il maggior pericolo per Israele. Per la prima volta nella storia, un Paese che disconosce ed addirittura fa apologia dell'Olocausto rischia di dotarsi di armi nucleari. Obbiettivo di Teheran è di diventare una superpotenza mondiale, estendendo la propria influenza fino al Mediterraneo, attraverso l'Iraq (una volta partiti gli americani), l'alleata Siria ed un Libano ridotto nuovamente a vassallo. Occorrono sanzioni forti, che possano indurre dinamiche di "regime change". Gli israeliani hanno espresso la preoccupazione che molti Paesi esitino, anche in ragione dei loro interessi commerciali nell'area.
Per quanto concerne, i rapporti con la Turchia, la svolta “islamista” del Paese anatolico non sembra aver troppo turbato le intense relazioni bilaterali (Israele importa, tra l’altro, ingenti quantitativi di acqua potabile, circa 50 milioni di metri cubici all’anno, per far fronte alla sua cronica carenza di risorse idriche), anche se il Governo di Ankara non ha mancato di recente di assumere in modo più netto delle prese di distanza dalla politica israeliana verso i palestinesi. Tuttavia, il Primo Ministro Erdogan si rende conto che, al di là delle dichiarazioni e delle schermaglie diplomatiche, la cooperazione con Israele è difficilmente rinunciabile nei delicati equilibri della regione.
All’inizio di Gennaio 2007 il Primo Ministro Olmert si è recato in visita ufficiale nella Repubblica Popolare Cinese, per celebrare il quindicesimo anniversario della normalizzazione dei rapporti tra i due stati. Oltre all’obiettivo principale, l’aumento del interscambio commerciale sino-israeliano da portare, entro il l 2009, da 4 a 6 milioni di dollari, argomento delicato di discussione sono stati i rapporti della Cina col governo di Teheran. Olmert ha tentato di convincere anche la Cina – dopo la Russia - che la risoluzione 1731/2006 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU è priva di effetto contro il programma nucleare iraniano, reale minaccia anche per le autorità di Pechino. Queste ultime, in linea con l’atteggiamento della comunità internazionale, hanno recentemente sollecitato l’Iran a cessare l’arricchimento dell’uranio ed a risolvere la questione del nucleare con mezzi diplomatici.
Una svolta importante si è avuta, nel corso del 2000, riguardo alla posizione di Israele nell’ambito delle Nazioni Unite. Dopo cinquant’anni, durante i quali lo Stato ebraico non ha mai avuto l’opportunità di aderire al gruppo dei Paesi asiatici, a causa della ferma opposizione dei Paesi arabi, il 31 maggio 2000 esso è stato temporaneamente accolto in seno al gruppo dei Paesi occidentali (WEOG), in attesa che mutino le circostanze che ne impediscono l’ingresso nel gruppo geografico “naturale”, quello asiatico. La nuova posizione acquisita permette allo Stato ebraico di concorrere per i seggi dei diversi organismi del sistema delle Nazioni Unite (a partire dal CdS), dai quali prima era completamente escluso.
Tel Aviv non ha mancato di sottolineare in sede ONU il suo auspicio a che la nuova situazione determinatasi sul terreno dopo l’approvazione della Road Map, si traduca in un linguaggio nuovo nelle risoluzioni sul Medio Oriente. In occasione dei suoi interventi alla 59° UNGA, il Ministro degli Esteri israeliano, Silvan Shalom, non si è pronunciato sulla riforma del CdS. Elemento prioritario della posizione di Israele in materia di riforma, resta in ogni caso la salvaguardia del diritto di veto per gli attuali membri permanenti. Qualsiasi riforma che limiti la facoltà americana di farvi ricorso sarebbe vista infatti da Israele come direttamente pregiudizievole per la sicurezza del paese.Nell’ultimo anno Gerusalemme ha fatto molto per riavvicinarsi alle Nazioni Unite ed ha riconosciuto lo status di Kofi Annan nel Quartetto (nei media israeliani si è anche cominciato a discutere della necessità di una presenza ONU/NATO nei Territori per garantire i futuri confini), ma è sempre molto critica della pletora di Risoluzioni onusiane sul Medio Oriente, ritenute un esercizio di retorica araba.
Alla luce dell’esito dell’ultima battaglia sulle proposte di riforma del CdS, Israele ha preso la storica decisione di candidarsi a membro non permanente del CdS per il biennio 2019-2020.
La collaborazione tra Israele e NATO, già in atto nell'ambito del Dialogo Mediterraneo dell'Alleanza Atlantica ha guadagnato un profilo più marcato con la partecipazione della "INS Eilat", nave lanciamissili multimissione della classe "Sa'ar5", alle esercitazioni NATO "Cooperation Mako" in Romania. E' la prima volta che Israele partecipa attivamente a un'esercitazione NATO, avendovi preso parte nelle precedenti occasioni come osservatore. Fonti della marina militare hanno commentato con grande favore la crescente collaborazione tra questo paese e l'Alleanza Atlantica sottolineando che il contributo che Gerusalemme puo' offrire e' ora ancor piu' apprezzato a Bruxelles alla luce della minaccia nucleare iraniana.
E' stato accolta con grande soddisfazione la decisione adottata il 22 giugno 2006 dalla 29ma Conferenza della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa di incorporare l'ulteriore emblema del Cristallo Rosso, e di ammettere quale membro della Federazione l'israeliana Magen David Adom (assieme alla Società della Mezzaluna Rossa palestinese), sottolineando come la più grande e antica organizzazione umanitaria abbia finalmente acquisito un carattere effettivamente universale, rimediando a quella che qui è stata percepita come un'ingiustizia storica durata per oltre 57 anni.
RAPPORTI BILATERALI A CURA DEL MAE |
I rapporti bilaterali tra Italia e Israele hanno conosciuto negli ultimi anni uno straordinario sviluppo, promosso dai due Governi ma anche da una autonoma spinta delle rispettive società civili, degli ambienti imprenditoriali, culturali e scientifici. Israele, nella prospettiva di una pace pur difficile, vede nell’Italia un modello di riferimento che gli è particolarmente congeniale: una grande democrazia mediterranea che riesce a contemperare avanzato sviluppo tecnologico con attenzione alla vita familiare, al sociale ed alle fasce più deboli della popolazione.
Esiste una tradizione ormai consolidata di frequenti visite governative. Il Ministro degli Esteri Tzipi Livni ha svolto una missione in Italia, nella quale ha incontrato il Ministro D’Alema (24 agosto 2006), mentre D’Alema si è recato in Israele l’8 settembre e il 21 dicembre. I due Ministri degli Esteri si sono anche incontrati il 27 novembre al Vertice Euromediterraneo di Tampere. Mentre il 2007 si è aperto con una visita del Vice Ministro Intini in Terra Santa (15-17 gennaio). Da ultimo, si segnala l’incontro tra D’Alema e la Livni a margine del CAGRE (5 marzo).
Non si è trattato di semplici esercizi di diplomazia dell’immagine, bensì di momenti significativi che hanno contribuito a confermare lo spessore e la varietà delle relazioni bilaterali, nonché il contributo che l’Italia può fornire alle iniziative del Governo israeliano volte a stabilire relazioni con i Paesi arabi moderati della fascia mediterranea e del Golfo nello scopo di dare impulso ad un rilancio del processo di pace con i palestinesi. Si segnalano altresì i proficui incontri bilaterali avutisi a margine delle Conferenze internazionali
Un elemento di particolare importanza nei rapporti bilaterali è l’Accordo di Collaborazione Industriale Scientifica e Tecnologica, firmato a Bologna nel 2000 ed entrato in vigore nel 2002.
La Commissione mista italo-israeliana deputata ad applicarlo si è già riunita sei volte, l’ultima volta il 10 luglio 2006 a Roma, dove sono stati scelti cinque nuovi progetti congiunti di ricerca e sviluppo tra imprese, università e centri di ricerca italiani e israeliani che verranno finanziati dai due Governi (per un totale di 23 progetti). Sono già stati stanziati da parte israeliana 5,5 milioni di NIS per la partecipazione delle imprese israeliane ai progetti. Si segnala altresì la firma da parte del Responsabile Scientifico israeliano, Eli Ofer, di un accordo di collaborazione tra Matimop e la Regione Lazio.
Nel quadro dell’Accordo sono stati inoltre organizzati in Israele una serie di seminari di altissimo livello che hanno messo in contatto i mondi scientifici dei due Paesi e hanno attirato grande interesse. Nel corso del 2005 sono stati effettuati dei convegni e seminari su diverse tematiche, tra cui il workshop sull’oncologia e quello sulle tematiche ambientali. L’accordo mira quindi a creare un vero e proprio legame permanente e istituzionalizzatoattraverso il quale promuovere lo scambio di conoscenze ed esperienze tra le comunità scientifiche ed imprenditoriali e stimolare la messa in comune di risorse, non solo finanziarie, ma soprattutto in termini di competenze e cognizioni. In quest’ottica si sta cercando di ampliare il numero di convegni organizzati per il biennio 2006-2007 .
Il 9-10 febbraio 2005, l’allora Ministro dell’Interno Pisanu si è recato in visita in Israele e, con l’occasione ha firmato l’Accordo bilaterale in materia di lotta alla criminalità (contrasto del traffico illecito di stupefacenti, sostanze psicotrope, terrorismo ed altri reati gravi), accordo che ha aggiornato l’intesa già esistente in tale materia, del 1994.
Il 9-10 maggio 2004 ha avuto luogo in Israele la visita dell’allora Ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, la quale ha dato luogo alla firma di una dichiarazione di intenti sulla cooperazione in materia di sicurezza delle reti, firmato a Roma durante la visita dell’allora Ministro delle Comunicazioni, del Lavoro e dei Trasporti, Olmert, il 29 settembre 2004. Il 30 giugno 2006 il Presidente della Repubblica ha firmato lo Strumento di ratifica per l’entrata in vigore dell’accordo succitato. Si attende lo scambio delle relative notifiche dalle parti contraenti per l’effettiva entrata in vigore dell’Accordo.
Il 16 giugno 2003, in occasione di un incontro a Parigi, il Ministro della Difesa Martino e l’omologo israeliano Mofaz hanno firmato un Memorandum of Understanding di collaborazione nel campo della difesa ratificato dal Parlamento italiano (17 maggio 2005).
Nel giugno 2005 è stata firmata l’intesa tecnica di attuazione del MoU difesa. Durante la visita dell’allora Ministro Martino (27-28 giugno 2005), Sharon aveva dichiarato che la collaborazione bilaterale tra i due Paesi in materia di difesa rappresenta per Israele un quadro privilegiato che lo Stato ebraico “non ha stabilito con molti altri Paesi”.
A seguito della visita dell’allora Ministro israeliano della Difesa, Mozaf, (18 novembre 2004), si è concordato su una possibile collaborazione nel campo dei sistemi e della tecnologia radar, in quella degli UAV, nonché delle capacità dei sistemi di guerra elettronica. Si è inoltre proceduto ad uno scambio di lettere relative all’avvio di uno studio di fattibilità per un progetto di collaborazione fra le rispettive industrie (elettronica e ELISRA) per l’ammodernamento dei sistemi di contromisure elettroniche per l’Aeronautica.
In campo spaziale, Alenia ed IAI (Israel Aircraft Industries) hanno siglato un MOU per realizzare e commercializzare satelliti civili.
Il 3 aprile 2003 è stato firmato a Roma il Memorandum d’Intesa tra il Ministero dell’Ambiente e l’Università di Tel Aviv. A tale proposito sono stati definiti 6 progetti che coinvolgono varie istituzioni israeliane.
Sempre nel settore ambientale è stata firmata il 30 giugno 2004, tra l’allora Min. Altero Matteoli e dell’allora Ministro Sandberg, una dichiarazione congiunta bilaterale, finalizzata a sviluppare nuove attività di cooperazione in aggiunta ai progetti già in corso con l’Università di Tel Aviv.
Si è svolta in Israele, dal 30 maggio al 1° giugno 2004, la visita dell’ex Ministro dell’Istruzione, Moratti che ha partecipato come ospite d’onore alla Conferenza economica internazionale “Israel Gateway”, tenutasi all’interno della manifestazione “Italy-Israel R&D Day”. A questo evento sono seguite le firme di due “dichiarazioni congiunte” (una con il MIUR ed una con il Ministero del Commercio) finalizzate a sviluppare forme di cooperazione in settori di reciproco interesse.
Il 30 maggio 2004, Moratti e Sandberg hanno firmato una “dichiarazione comune” nella quale viene promosso il dialogo tra l’Agenzia Spaziale Italiana e l’Agenzia Spaziale Israeliana al fine di una collaborazione in campo spaziale tra i due paesi.
L’8 dicembre 2003 è stata firmata tra l’ex Ministro delle Politiche Agricole italiano, Giovanni Alemanno e il suo omologo israeliano, Yisrael Katz, una dichiarazione di intenti per la collaborazione bilaterale che prevede soprattutto: sviluppo di tecnologie nel campo agricolo e agro-alimentare; sviluppo nel settore dell’acquacoltura e creazione di partnership per la commercializzazione delle produzioni; sviluppo nel settore dell’olio di oliva; tecnologie per l’acqua irrigua e la lotta alla siccità.
Sii è tenuto altresì un incontro tra l’allora Min. Alemanno e il Vice Ministro Simon Peres, visita inserita in prospettiva dell’auspicata creazione di un’area di libero scambio euro-mediterraneo nel 2010. La collaborazione tra Alemanno e il Min. Katz è stata rinnovata con la visita dell’allora Sottosegretario On. Teresio Delfino compiuta a Tel Aviv nei giorni 20-22 febbraio 2005. La missione in Israele di una delegazione tecnica del MIPAF ha permesso di sviluppare le ipotesi di collaborazione scientifica concretizzatesi con la firma di una bozza di Memorandum di cooperazione nel settore agricolo il 19 luglio 2005, a cui dovrebbe seguire la firma del testo definitivo ancora in negoziato tra i due Ministri.
E’ stato firmato a Roma l’8 ottobre 2002, un accordo bilaterale di cooperazione tra i Ministeri della Salute italiano ed israeliano, entrato in vigore il 6 agosto 2003, questo anche a sottolineare l’importanza rivestita nel settore dalle già esistenti ed avanzate strutture ospedaliere italiane sul territorio israeliano: l’“ospedale italiano” di Haifa ed il “Fatebenefratelli” di Nazareth (che fornisce tradizionalmente servizi ad un vasto bacino di utenza), la cui nascita è precedente allo stesso Stato ebraico.
Sempre in ambito sanitario, appare opportuno segnalare che la multinazionale farmaceutica israeliana Teva si starebbe ben posizionando nella gara per acquistare la società italiana Recordati.
Si segnalano anche le numerose collaborazioni tra l’Israel Institute of Technology (Technion) con Università (Politecnici di Milano e Torino) ed imprese (Fiat, Augusta, Alenia ed Ansaldo).
La Daitelecom, azienda di telefonia appartenente alla Polar Investement Ltd/Sfk, uno dei più importanti gruppi israeliani nel settore dell’alta tecnologia che ha rilevato la Telit, ha annunciato che creerà a Catania un polo di sviluppo di tecnologie nei settori delle telecomunicazioni, agricoltura, ed idrotecnologia per i servizi di localizzazione. L’insediamento, nel quale si investirà un capitale di oltre 27.165 milioni di euro, è operativo dal gennaio 2005.
Si segnala inoltre, che aziende israeliane hanno ottenuto importanti commesse per progetti relativi alle comunicazioni e alla sicurezza delle Olimpiadi invernali di Torino del 2006.
I rapporti economici bilaterali sono stati finora caratterizzati soprattutto da un cospicuo volume di scambi commerciali. Il mercato israeliano si sta sempre confermando come strategico per l’Italia. Gli ultimi dati disponibili (gennaio 2007 – analisi del Jerusalem Post) segnano un volume di interscambio pari a circa 2 miliardi di dollari tra Italia e Israele nei primi 9 mesi del 2006,con un aumento del 5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Dai dati ufficiali, risulta che le nostre esportazioni verso Israele sono aumentate per valore nel corso del 2005 del 10,8%, crescendo da 1,56 a 1,73 miliardi di dollari. Anche i primi 7 mesi del 2006, riflettono una tendenza positiva. L’Italia rappresenta circa il 3% delle importazioni nel mercato israeliano (ottavo esportatore, dopo USA, Germania, Regno Unito Paesi Bassi, Turchia, Belgio e Francia). I settori più importanti del nostro export rimangono le macchine e gli apparecchi meccanici, i prodotti chimici ed i metalli di base, mentre la nostra quota di mercato rimane stabile sul 4,9%, come nel 2004.
Le nostre importazioni da Israele sono invece aumentate negli ultimi 12 mesi del 10,8%, da 810 a 898 milioni di dollari (diamanti esclusi). Il totale dell’ interscambio tra i due paesi è salito nel 2005 a 2,63 miliardi di dollari, con un surplus a nostro favore di 835 milioni di dollari. I settori dominanti dei prodotti importati sono quelli della chimica, degli equipaggiamenti elettrici e delle materie plastiche. L’Italia è il quarto fornitore israeliano (con circa il 5% del totale delle importazioni israeliane), essendo stata superata in questa classifica nel corso del 2005 dalla Cina. Questa performance positiva è favorita dall’ottimo clima delle relazioni politiche bilaterali e dal forte impegno del Sistema Italia in Israele, con un immagine molto positiva del Made in Italy in Israele in termini di qualità, prestigio, design e tecnologia.
Conseguenza di questa vitalità dei rapporti economici bilaterali è l’affacciarsi,sul nostro mercato, di società Israeliane che rilevano societa' italiane quali ad esempio la Prosintex Industrie Chimiche Italiane di proprieta' di Teva, Monplan di proprieta' del Dor Chemicals, Brandt di proprieta' della Elco (nel settore degli elettrodomestici).
In questo spirito, è entrato in funzione presso la stessa sede dell’Ambasciata d’Italia, dal 1’ gennaio 2005, il nuovo Sportello unico commerciale e tecnologico (“Italian Business desk”) che unisce in modo sinergico gli Uffici Commerciale e Scientifico dell`Ambasciata, l`ICE e la Camera di Commercio e Industria Israele-Italia. Lo Sportello rappresenta un punto di riferimento unico per gli imprenditori e gli altri operatori economici interessati a sviluppare i rapporti bilaterali. Nel marzo 2006 lo Sportello Unico si e’ impegnato in una campagna promozionale presso il TIV TAAM , maggiore gruppo alimentare in Israele, mirata a facilitare l’ingresso di nuove aziende italiane nel settore agroalimentare locale.
Infatti l'esistenza nel settore di molti campi in cui esistono, in Italia, delle esperienze di eccellenza (sistemi di irrigazione, erbe e disinfestanti chimici, attrezzatura per serre, costituzione di stalle) desta grande interesse per le aziende israeliane ed ancora poco conosciute dagli operatori economici di questo Paese.
Un ufficio della Compagnia delle Opere è stato recentemente inserito nella sede israeliana di tale Associazione presso lo sportello unico.
Importante è stata la partecipazione israeliana al Forum Economico del Mediterraneo svoltosi a Palermo nel mese di febbraio 2006, realizzato in collaborazione con UCME (Union of Mediterranean Confederations of Enterprises), Confindustria e ICE, cui hanno partecipato delegazioni di 13 paesi del mediterraneo oltre all’Italia, paese ospitante. Nell’ambito di tale iniziativa, volta a rilanciare la penetrazione economica italiana e il processo d’integrazione coi paesi del Mediterraneo e a promuovere investimenti, la vicinanza geografica e culturale fa dell’Italia la porta ideale d’accesso per Israele verso il mercato unico europeo.
Prospettive di particolare interesse per il futuro sviluppo delle esportazioni italiane e la cooperazione commerciale vi sono nel settore dei trasporti (ferrovie) , delle tecnologie ambientali, dei sistemi di sicurezza per impianti e strutture e nel settore turistico.
Il settore turistico vede l’Italia come meta privilegiata per il turismo israeliano. Il nostro Paese si colloca al quinto posto per flusso verso Israele, superato solo da USA, Francia, Germania e Regno Unito.Fra i vari fattori che influenzano la scelta verso il nostro Paese, dovuti sia all’ammirazione per la cultura, l’arte, la lingua e la gastronomia, è da sottolineare anche la percezione dell’Italia come uno dei Paesi più amici sulla scena internazionale. Si segnala che è stato organizzato recentemente il “Festival Italiano” alle Torri Azrieli di Tel Aviv, inteso sia ad una presentazione generale e turistica del nostro Paese che a stimolare l’acquisto di prodotti italiani. Il Ministero del Turismo israeliano ha deciso di riaprire il proprio Ufficio di rappresentanza in Italia, chiuso negli anni scorsi per questioni di bilancio. L’Ufficio – che si aggiunge ai sei esistenti (tre in Nord America: New York, Los Angeles e Canada) e tre in Europa (Inghilterra, Francia e Germania) – sarà responsabile anche per la Spagna.
La decisione di riaprire la rappresentanza nel nostro Paese e’ stata assunta sulla base dei dati, giudicati confortanti, relativi ai flussi turistici dall’Italia. Nei primi sette mesi del 2005 sarebbero giunti in Israele circa 30 mila italiani, in buona misura pellegrini, ma si ritiene qui che esistano promettenti prospettive per consistenti aumenti nei prossimi anni.
La promozione delle mete turistiche italiane in Israele può avere interessanti effetti di ricaduta sulle comunità ebraiche nel mondo, soprattutto in Europa e in Nordamerica, per un pubblico complessivo di almeno 14 milioni di persone.
Attualmente l’ENIT non è attualmente presente in Israele. L’Ambasciata ha attribuito ogni priorità alla promozione del turismo israeliano in Italia, attraverso azioni ad hoc in collaborazione con numerose Regioni o altri Enti locali da un lato e i soggetti istituzionali italiani qui presenti, in particolare lo Sportello Unico (che racchiude in sé Ufficio Commerciale dell’Ambasciata, Ufficio ICE e Camera di Commercio italo-israeliana), l’Istituto Italiano di Cultura e la Delegazione dell’Accademia della Cucina Italiana.
Quello che emerge con chiarezza è però la necessità di garantire una presentazione dell’offerta turistica Italia più omogenea e completa, comprendente anche le Regioni e le destinazioni meno conosciute, evitando per il futuro gli interventi discontinui e parziali realizzati finora dai Singoli Enti locali : il pubblico israeliano non riesce altrimenti a percepire la straordinaria varietà della nostra offerta turistica. Necessario sarà anche, per l’ incremento dei flussi turistici israeliani verso l’Italia dipenderanno, nel prossimo futuro, la possibilità di aumentare il numero dei voli disponibili- oggi operati solo dalle compagnie ALITALIA e EL AL- e la diminuzione delle tariffe dei biglietti aerei (essendo l’aereo l’unico mezzo di trasporto utilizzabile).
Si e` svolta dal 3 al 5 giugno 2006, una missione in Israele di SACE. La visita ha consentito l’acquisizione di aggiornate informazioni sulle opportunita` di sostegno alle esportazioni ed agli investimenti italiani in Israele, sia in relazione alle agevolazioni fiscali qui attualmente vigenti per l’acquisto di macchinari industriali, sia soprattutto in una prospettiva temporale di medio-lungo termine, finalizzata ad un sostanziale rafforzamento delle possibilita` operative del Sistema Italia. Da parte di tutti gli interlocutori israeliani e` stato espresso forte interesse per un piu` ampio coinvolgimento di SACE in attivita` su questo mercato, anche con riferimento agli importanti progetti infrastrutturali in corso in vari settori (energia, trasporti, risorse idriche, ambiente), nonche` per il possibile supporto a cooperazioni italo-israeliane su mercati terzi.
Per quanto riguarda gli investimenti diretti italiani in Israele, la presenza più significativa si riscontra nel settore assicurativo. Generali nel 1997 ha acquisito il 59% della maggiore società assicurativa locale, la Migdal, aumentando quindi la propria quota al 64%. A partire dal 1999, Generali è entrata tramite Migdal nel capitale della seconda principale banca israeliana, "Bank Leumi”, con una quota iniziale del 3%, salita successivamente all’7,6%.
Telecom Italia è attiva nella posa e nella gestione di cavi sottomarini a fibre ottiche: con partners israeliani ha costituito nel 1999 la società "Med 1" per la posa e la gestione di un primo cavo a fibre ottiche tra Mazara del Vallo e Tel Aviv, che costituisce oggi la principale arteria per le comunicazioni telefoniche tra Israele e l'Europa.
Nel maggio 2000 Telecom Italia ha varato il progetto Nautilus. Il progetto si articola in tre tronconi, per un totale di circa 7000 km di cavo: un cavo tra Catania e Haifa via Creta; il cavo tra Catania-Tel Aviv, con potenziale estensione ad Alessandria d'Egitto; l'estensione del cavo da Creta verso Atene ed Istanbul. La posa in opera è stata completata e si e` dato avvio allo sfruttamento commerciale. Nel 2005 la Telecom Italia e’ divenuta unico proprietario del Consorzio, dopo aver acquistato le restanti quote dai partners israeliani.
Leumi, seconda banca per importanza in Israele, ha reso nota l’intenzione di vendere metà della quota del 20% in suo possesso della compagnia di assicurazioni Migdal al Gruppo Generali, che ne possedeva già il 60%. Il prezzo d' acquisto e stato quantificato in 142 milioni di dollari. La vendita delle azioni in mano a Leumi si e` resa necessaria in relazione al recente obbligo posto alle banche di separare in maniera graduale, nell' arco dei prossimi 4 anni, la loro proprietà da quella dei fondi di previdenza e dei fondi comuni, creando cosi le basi per una sostanziale deconcentrazione del mercato. La mossa di Generali conferma l’interesse di lungo periodo del gruppo triestino per il mercato israeliano.
Il Gruppo Pompea, una delle imprese leader in Europa nell’abbigliamento intimo, calze e collant, ha inaugurato nel mese di gennaio 2006 una partnership industriale con Nilit nel settore tessile.
Un’altra tipologia di servizi la cui importanza è in crescita è data dall’immagazzinamento, nei grandi laboratori sotterranei di Tirat Hacarmel, nei pressi di Haifa, di dati di back-up informatico appartenenti a banche ed istituzioni israeliane. Recentemente, la grande impresa israeliana di navigazione marittima Zim intende spostare a Taranto il proprio hub regionale, attualmente situato ad Haifa.
Il 21 marzo 2006 la SIMEST ha deliberato l’intervento nella società estera ATURA Ltd, attiva nella produzione di elastomero, il cui capitale sociale è interamente detenuto dalla società italiana Albis SpA. L’iniziativa promossa dalla società italiana, azienda attiva nella produzione di tessuto-non-tessuto, riguarda l’acquisizione del 70% delle quote della società israeliana Mirabu Industries Ltd, tramite la ATURA Ltd., per un controvalore dell’operazione pari a 7,5 milioni di dollari USA.
La navigazione commerciale tra Italia ed Israele riscuote un crescente interesse delle compagnie di trasporto marittimo. La società Hatsu Marine, una diramazione del Gruppo Evergreen (che include il Lloyd Triestino) ha annunciato un rafforzamento dei servizi offerti sulla tratta Taranto-Ashdod e dei collegamenti tra Taranto e gli altri porti italiani interessati al traffico da e per Israele.
L’industria farmaceutica israeliana Teva, specializzata nei farmaci generici, ha annunciato l’acquisto dalla Pfizer Italia, per un costo di circa 85 milioni di dollari. Secondo quanto dichiarato dall’Amministratore Delegato Israel Makov, Teva intende diventare il più grande produttore di farmaci generici in Italia, offrendo una linea di circa 60 specialità e mirando ad una quota mercato di almeno il 20%. La Teva aveva già investito in Italia, rilevando la divisione chimica della Honeywell. Essa è anche proprietaria della Prosintex Industrie chimiche Italiane.
Fiat tramite il proprio Centro di Ricerche ha avviato una serie di progetti con imprese israeliane anche con il finanziamento dei fondi europei del quinto programma quadro dell’Unione Europea.
Nel settore dei beni di consumo e servizi, quasi tutte le imprese italiane fanno riferimento a distributori locali per la vendita dei propri prodotti. Fanno eccezione Luxottica e Benetton, presenti con propri punti vendita.
L’AnsaldoBreda partecipa, infine, in un consorzio con Daewoo, BVG e Granite Hacarmel Investments alla gara per la costruzione della metropolitana leggera a Tel Aviv.
Recentemente la societa'
israeliana PINEAPP, creatrice e
distributrice di soluzioni per la sicurezza dei sistemi informativi e dei
sistemi di posta elettronica, ha firmato tre accordi con importanti clienti
europei tra i quali quello per la creazione di una piattaforma per la sicurezza
della posta elettronica della sede rumena della societa' delle Assicurazioni
Generali.
La compagnia israeliana vi installera' il proprio sistema denominato
Mail-SeCure (un intervento gia' effettuato presso la Banca Centrale russa e la
Borsa Valori slovena).
I rapporti bilaterali in campo culturale tra Italia ed Israele sono molto buoni. La nostra presenza culturale e di promozione della lingua è estremamente apprezzata, come dimostra il notevole riscontro ottenuto dalle varie iniziative realizzate dalle istituzioni italiane in loco.
E’ stato firmato (4 agosto 2005) tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e l’Israel Antiquities Authority un Memorandum d’Intesa in materia di cooperazione, restauro e tutela del patrimonio archeologico.
Il quadro di riferimento normativo delle relazioni bilaterali in questo settore, è dato dall’Accordo di Collaborazione Culturale firmato a Roma nel 1971 e dai relativi Protocolli esecutivi. Nel marzo 2004, in occasione della visita in Israele dell’On. Ministro, è stato firmato il nuovo Protocollo triennale ed il Programma Esecutivo dell’Accordo di collaborazione culturale e scientifica 2004-2007.Il programma permetterà di sviluppare cinque progetti congiunti di particolare rilevanza nel campo della ricerca scientifica di base.
L’attività di cooperazione universitaria è abbastanza intensa. Si segnalano accordi tra la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e l’Università Ebraica di Gerusalemme. Sono altresì in essere vari accordi finanziati dal MIUR che coinvolgono, tra l'altro, le Università di Milano, Roma Tre, Torino, Bologna e il Politecnico di Milano, che riguardano programmi congiunti per l’attivazione di master e dottorati. Dal 2002 ha avuto inizio una cooperazione quadriennale tra le Facoltà di Giurisprudenza delle Università di Milano e Tel Aviv.
In quest’ambito assume particolare rilievo l’iniziativa dell’Università Ebraica di Gerusalemme che ha approvato, nel settembre 2002, l'istituzione nel proprio ambito del “centro di studi italiani”, progetto che si svilupperà in collaborazione con l'Università di Roma "La Sapienza". Nel corso di una missione in loco (ottobre 2003), i docenti dei due Atenei hanno convenuto che il Centro, potrà accedere ai finanziamenti del MIUR, ad avvenuta attivazione di alcuni progetti di collaborazione.
Anche il Ministero degli Affari Esteri ha previsto la concessione di borse di studio, per l’a.a. 2006-2007, di n. 40 mensilità dell’importo di Euro 774,69. Delle suddette mensilità 9 dovranno essere destinate per una borsa di studio (con borsellino mensile di Euro 1000) per il Diploma avanzato in Studi Europei presso il Collegio Europeo di Parma e 8 mensilità per una borsa di studio nell’ambito del progetto speciale dell’Associazione Rondine.
Nel Paese non vi sono istituzioni scolastiche italiane. Hannoperò sede l’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv e una sezione dello stesso
Istituto ad Haifa.
Queste ultime hanno organizzato, già da due anni, corsi linguistici per
studenti universitari, che hanno riscosso vivo apprezzamento. I corsi formano i
numerosi studenti interessati a alle nostre università ( circa 500 all’anno)
prevedendo, oltre all’apprendimento della lingua, anche l’insegnamento – sempre
in italiano- delle principali materie che saranno affrontate nei test per
l’ammissione presso le nostre facoltà. Da questa positiva esperienza è nata
l’iniziativa “MECHINA”: tale corso, aperto a studenti che abbiano già
frequentato corsi intensivi di lingua italiana, si giova dell’apporto di
selezionati professori madrelingua e riesce a portare, dopo un anno, gli
studenti israeliani ad un padronanza linguistica di base sufficiente per la
frequenza di qualunque corso universitario italiano.
E’ operante un Dipartimento di italiano presso l’Università di Gerusalemme, con docenti locali. In altri Atenei del Paese vengono tenuti corsi, che registrano un’alta affluenza di studenti, grazie anche al contributo di due lettori di ruolo inviati dal MAE, uno presso l’Università di Tel Aviv, l’altro ad Haifa, presso l’Università e presso il Technion (Israel Institute of Technology), Politecnico del Paese di alto prestigio internazionale.
Riguardo ai corsi di lingua, questa strategia di espansione ha portato all’apertura di altri due nuovi centri di insegnamento a Ramat Gan e a Natanya e Nazaret, nel 2004, facendo salire a nove il numero complessivo dei centri di insegnamento gestiti dall’Istituto Italiano di Cultura in Israele. E’ giunta al contempo la richiesta di aprire corsi di lingua in nuove località più decentrate del Paese, come Ra’anana, Ashdod, Ashkelon, Givataym, Rosh Pina e Tiberiade. Nel 2005 l’aumento percentuale di studenti nei corsi degli IIC è stato di oltre il 20%, il dato conferma il costante incremento delle iscrizioni degli ultimi anni.
E’ stata aperta la prima Delegazione israeliana dell’Accademia Italiana della Cucina in occasione della grande mostra “Cinquant’anni di cucina italiana” organizzata in occasione del Cinquantenario dell’Accademia Italiana della Cucina; nel settore cinematografico è stata sostenuta la promozione del nuovo cinema italiano. Va ricordato infine che nel campo delle belle arti tutti i più importanti musei, ed in primo luogo il Museo d’Arte di Tel Aviv, possiedono collezioni e sezioni interamente dedicate all’arte italiana.
L’attività di promozione culturale in Israele è svolta dagli Istituti di Cultura italiani di Tel Aviv e Haifa, che programmano manifestazioni ed eventi indirizzati a tutte e tre le comunità presenti sul territorio israeliano (quella musulmana, ebraica e cristiana), allo scopo di creare spazi di confronto e di dialogo interculturale.
Dall’inizio dell’Anno accademico 2006-2007 l’Istituto Italiano di Cultura ha avviato, in cooperazione con la sezione di Haifa, l’apertura di una serie di corsi di italiano curriculare in cinque scuole superiori secondarie israeliane, localizzate nel centro-nord del Paese. Tale iniziativa è stata presa anche in considerazione della crescente richiesta di studio della lingua italiana da parte del pubblico israeliano e nell’ottica di promuovere il riconoscimento della lingua italiana come materia di licenza liceale riconosciuta dal Ministero dell’Educazione locale.
La comunità italiana residente in Israele, la più numerosa tra i Paesi dell’intero continente asiatico, è costituita da circa 8000 concittadini, di cui 7.921 iscritti all'anagrafe consolare al 10 febbraio 2003 e un numero imprecisato di oriundi.
La collettività presenta alcune marcate peculiarità che derivano dal suo carattere “confessionale”. Essa è costituita, ad eccezione di alcuni connazionali che risiedono in Israele per ragioni attinenti alle loro funzioni (missionari o uomini d’affari), da italiani di religione ebraica, quasi tutti con doppia cittadinanza, generalmente emigrati permanentemente ed integrati nel Paese. Gli italiani di religione ebraica si considerano innanzitutto ebrei, in secondo luogo israeliani ed infine italiani.
Nell’ambito della società israeliana esiste un forte senso di appartenenza a gruppi originari dello stesso Paese ed una sorta di competitività basata sul prestigio del Paese d’origine.
La comunità italiana è orgogliosa di costituire una delle più antiche realtà dell’ebraismo della Diaspora (quella di Roma è stata una delle prime comunità “in esilio” al mondo) e tende ad identificarsi con l’Italia soprattutto nella cultura e nell’arte, senza mancare di rivendicare una precisa identità ebreo-italiana.
L’emigrazione dall’Italia è avvenuta inizialmente nel periodo fascista, a seguito dell’entrata in vigore delle leggi razziali, per la necessità di trovare sicuro rifugio dalle persecuzioni e, successivamente, per motivi vocazionali ed ideologici da parte di quanti tra gli ebrei italiani si identificavano nella causa del sionismo.
La comunità ha un rapporto particolare con il Paese d’origine: vivono ancora ricordi del periodo fascista, dovuti anche alla pluridecennale assenza dall’Italia democratica, ma anche un profondo senso di attaccamento e nostalgia, una necessità di rivalutazione e riscatto anche nei confronti degli altri gruppi israeliani.
Con grande gioia è stata accolta la legge che permette la doppia cittadinanza, che rende oggi possibile agli italiani di Israele di poter vivere appieno la propria doppia identità, colmando un precedente senso di lacerazione e contraddizione ed evitando scelte dolorose.
Si tratta di una collettività dinamica e di buon livello culturale che costituisce un prezioso patrimonio per il nostro Paese, soprattutto nell’ottica di uno sviluppo dei rapporti economici e commerciali. La principale richiesta dei nostri connazionali è un maggiore impegno del nostro Paese in ambito culturale, che permetta di valorizzare la loro immagine di italiani nella società israeliana e rafforzare il loro orgoglio di appartenenza.
Assai meritoria e di grande impatto sociale e culturale appare poi l’opera di numerosi missionari e studiosi che tuttavia, a causa della complessa situazione politica del Paese, necessitano talvolta di tutela nei rapporti con le Autorità locali. Si tratta di individui impegnati soprattutto nei settori dell’assistenza sociale e sanitaria, che gestiscono in particolare centri di cura e ospedali di primissimo ordine, come quelli presenti a Haifa e Nazareth.
La collettività italiana costituisce peraltro un'élite culturale e sociale, in quanto i suoi membri sono per lo più giornalisti, scrittori, studiosi, professori universitari e liberi professionisti. Alcuni dei suoi esponenti si sono distinti nella vita pubblica, come l’Architetto David Cossuto, ex Vice Sindaco di Gerusalemme, ed i Professori Alfredo Rabello e Sergio Della Pergola, rispettivamente docenti presso le Facoltà di Giurisprudenza e di Statistica dell’Università di Gerusalemme.
COMITES
E’ stato eletto nel marzo 2004 il primo COMITES Israele.
CGIE
La Comunità italiana in Israele non è al momento rappresentata nel Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, ma il COMITES parteciperà all’elezione del prossimo CGIE.
ASSOCIAZIONI
In termini assoluti, le Associazioni costituiscono un numero piuttosto limitato. Esse sono però guidate da personalità capaci e motivate e le attività promosse sono di alto livello e portate avanti con efficienza e serietà. Si segnalano le seguenti associazioni:
A) Associazione Ebrei di Origine italiana in Israele.
Raggruppa la grande maggioranza degli italiani di Israele e a cui fanno capo un Centro Studi sull’Ebraismo Italiano, il Museo “U. Nahon” di arte ebraica ed il Tempio italiano, una sinagoga molto antica. L’Associazione produce anche un bollettino in lingua italiana denominato “Qol ha-Italkim” (la Voce degli Italiani);
B) Associazione Amicizia Italia – Israele.
Esistono poi un “Fondo Anziani Italiani Bisognosi” e la Società Dante Alighieri, rappresentata dal Comitato di Gerusalemme e dal meno attivo Comitato di Haifa. ASSISTENZA DIRETTA (CAP. 3121):sono stati assegnati all’Ambasciata di Tel Aviv 8.700 Euro per il 2005
PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI 2006
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PIL a parità di potere d’acquisto |
166,3 miliardi dollari USA (al cambio ufficiale: 140,3 miliardi di dollari)
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Composizione per settore |
agricoltura 2,8%; industria 37,7%; servizi 59,5%
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Crescita del PIL |
5%
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PIL pro capite a parità di potere d’acquisto |
26.200 (Italia: 29.700)
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Popolazione sotto la soglia della povertà (2005) |
21,6%[12] (redditi al di sotto di 320 euro al mese). Le aree più povere sono concentrate soprattutto a sud del Paese |
Inflazione |
2%
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Tasso di disoccupazione |
8,3%
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Crescita industriale |
8,5%
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Rapporto debito pubblico / PIL |
89% del PIL (Italia: 107,8%)
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Quota del PIL destinato alle spese militari |
9% (Italia: 1,8%) |
Debito estero |
81,98 miliardi di dollari
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Fonte: CIA Worldfactbook.2006. Dati sul PIL espressi a parità di potere d’acquisto. |
Israele ha un’economia di mercato particolarmente sviluppata nel settore tecnologico. E’ dipendente dalle importazioni di petrolio, cereali, materie prime ed equipaggiamento militare. Nonostante le limitate risorse territoriali, il Paese ha saputo sviluppare ampiamente i settori industriali ed agricoli negli ultimi 20 anni. A parte i cereali, il Paese ha raggiunto l’autosufficienza per gli altri prodotti agricoli. Israele esporta alta tecnologia, diamanti tagliati e prodotti agricoli (frutta e vegetali). La metà del debito estero Israele lo deve agli USA, che costituiscono il principale partner economico e militare. L’inasprimento del conflitto con i palestinesi, le difficoltà del settore dell’alta tecnologia, dell’edilizia e del turismo, hanno portato ad un declino del PIL negli anni 2001 e 2002, alla crescita dell’inflazione e ad una politica di austerità. L’economia ha successivamente goduto di un trend positivo negli anni 2003-2006, con una crescita media annua intorno al 5%, crescita dovuta alle riforme varate dal Governo per liberalizzare il mercato ed aumentare la competitività.
Nonostante l’attacco al Libano e nonostante i problemi politici e militari, Israele è ulteriormente cresciuta da un punto di vista economico. Molti indicatori dipingono un paese economicamente in espansione che sta cercando di indirizzare maggiori risorse nello sviluppo tecnologico sia in ambito civile che militare.
La congiuntura è nettamente favorevole, con una forte fiducia estera, con alti tassi di investimento, con la disoccupazione, seppur ancora alta, in discesa, e soprattutto con un importante sviluppo tecnologico. Per la prima volta nel 2006 il bilancio estero è stato in equilibro con un leggero surplus. Il calo del turismo è stato solamente fisiologico, non affatto attribuibile al conflitto con il Libano, seguendo un trend in calo a partire dal 1997. I turisti nel 2006 (1,8 milioni) sono stati nettamente superiori rispetto al triennio 2002-2004 e leggermente inferiori al 2005 (-4,5%). La straordinaria crescita del PIL del 5% e della produzione industriale (8,5%), mettono in evidenza un paese che non ha risentito affatto della guerra, che non ha inciso in modo negativo sulla crescita del paese. Il Wall Street Journal ha messo Israele al 37 esimo posto al mondo per apertura economica, risultando l’economia di mercato più libera del Medio Oriente e dell’Africa. Tutto ciò in un momento in cui il paese si sta riorganizzando da un punto di vista militare, con l’aumento degli investimenti per le forze armate, oltre che una riorganizzazione della struttura e dei vertici.
Pil, inflazione e bilancia dei pagamenti
Il 2006 ha fatto registrare un aumento della spesa pubblica del 3,2% (soprattutto per la riparazione dei danni di guerra nel nord del paese), contro il 2,7% del 2005. Il consumo privato è aumentata del 4,6%. In totale la spesa in Israele nel 2006 è aumentata del 4,1%. I guadagni commerciali rispetto al Pil sono calati dello 0,6%, il reddito reale è aumentato del 4,4% il più alto del 2003, mentre il Pil è aumentato del 5%, contro il 5,2% del 2005. In merito alla ricchezza nazionale ci sono stati dei dati contradditori: la Banca di Israele, dopo aver parlato di una crescita del 5,3% per il 2006, aveva abbassato la stima al 4,6% dopo la guerra al Libano, percentuale smentita nei fatti poi dall’Ufficio Centrale di Statistica che ha stabilito la crescita del PIL nel 2006 al 5%. Sono aumentati gli investimenti in capitali fissi, principalmente per apparecchiature e macchinari, e sono aumentate oltre le aspettative le esportazioni in particolar modo le vendite di tecnologie hi-tech negli Usa. Proprio il mercato dell’hi-tech ha fatto registrare nel 2006 un’annata record.
Per quanto riguarda l’inflazione il 2006 è stato il primo anno con deflazione passando ad un tasso annuo del 2%. L’indice dei prezzi al consumo è leggermente calato (a dicembre dello 0,1/0,2%), soprattutto per il calo dei prezzi di frutta, verdura e attrezzature domestiche. Con una domanda di beni di consumo bassa, e la disoccupazione sempre alta (8,3% anche se in calo rispetto agli inizi del 2006, quando si attestava all’8,8%), la Banca centrale è intervenuta a più riprese ad abbassare il tasso di interesse, per una riduzione di un punto percentuale nell’arco del 2006, con la previsione di un’ulteriore ritocco a febbraio 2007 (0,25%), per rilanciare la domanda di beni e servizi (sempre bassa), rilanciare l’occupazione e evitare tagli alla spesa pubblica. Anche se i dati sull’occupazione non destano allarme, l’obbiettivo auspicabile sarebbe quello di portare l’inflazione oltre la soglia del 2%, anche se molte proiezioni sembrano condurla all’1,8% per il 2007. Le cause di questa deflazione sembrerebbe attribuibile alla caduta del prezzo del greggio. In sostanza nel 2006 Israele è continuato a crescere. Secondo quanto prevede la Banca centrale di Israele, il PIL nel 2007 dovrebbe essere ancora in forte aumento (4,6%), il tasso di disoccupazione dovrebbe passare dall’8,5% del 2006 all’ 8,1%. Si prevede un forte incremento delle esportazioni dall’8,4% del 2006 al 9,5% per il 2007. Anche la bilancia dei pagamenti ha fatto registrare, nel 2006, un anno record: il saldo positivo si è aggirato intorno ai 2,2 miliardi di dollari, superiore di sette volte quello del 2005 (0,3 miliardi di dollari). Le proiezioni indicano un saldo positivo di 3,3 miliardi di dollari per il 2007.
Il totale dell’import nel 2006 è
stato di 47,2 miliardi di dollari in relazione ad un export di 39,4 miliardi di
dollari, con un deficit di 7,9 miliardi, una cifra simile al 2005. Se si
escludono però navi, aerei, diamanti e combustibili, il deficit scende del
56,7%. Nel 2006 le esportazioni sono aumentate, rispetto al 2005 di un 7,5%,
(escludendo di navi, aerei e diamanti è salito del 14,4%). Le importazioni sono
salite del 6,2%, (escludendo navi, aerei, diamanti e combustibili, sono salite
del 9,3%), sempre in riferimento all’anno precedente. I dati non includono il
commercio tra Israele e l’Autorità Palestinese, non sono inclusi gli export di
servizi, che tra gli altri includono anche l’export di software. Analizzando
nel dettaglio le esportazioni notiamo una crescita considerevole
dell’esportazione di prodotti farmaceutici, di alto contenuto tecnologico e di
fiori, con le nuove specie prodotte proprio in Israele. L’aumento dell’export
dei beni manifatturieri (escluso diamanti) è stato del 15%. Ripartendo
ulteriormente l’export manifatturiero, notiamo un aumento nell’export
tecnologico: l’alta tecnologia industriale registra una aumento del 20,2%,
l’alta e media tecnologia industriale dell’11,5%, la bassa-media tecnologia del
10,8%, la bassa tecnologia del 2%. Nell’alta tecnologia industriale emerge come
i beni principalmente esportati sono stati apparecchiature di controllo e
supervisione, comunicazione elettronica, prodotti farmaceutici, nanotecnologie.
Per quella medio-alta, sono state il settore chimico e dalla raffinazione del
petrolio a garantire la crescita. Nella medio-bassa sono stati i prodotti
metallici, gommosi e plastici. Nel settore basso, a tirare la crescita, sono
stati tabacco e bevande.
Va detto che l’export di
prodotti manifatturieri (escluso diamanti) rappresenta il 73,8% di tutti i beni
esportati (il più alto nel triennio 2002-2005). Il 22,8% rappresenta l’export
di diamanti, il residuo dell’agricoltura. Sono aumentate del 10,1% le
importazioni di materie prime (escludendo diamanti e combustibili), del 10,7%
l’import dei beni di consumo, del 6,2% l’import di macchinari, veicoli ed
apparecchiature per investimenti. Significativi rialzi sono stati registrati
nelle importazioni di metalli non ferrosi (31,7%), di gomma e plastica (19,7%),
di prodotti chimici (14,8%), di ferro e acciaio (11,1%). Nel 2006
l’importazione di diamanti è scesa del 6% rispetto al 2005, mentre quella di
combustibili è aumentata del 10,2%. Il maggiore esportatore in Israele è la
U.E. con il 37%, segue l’Asia con il 19%, e gli USA con il 13%. Israele esporta
essenzialmente nella U.E. (33%) e negli Stati Uniti (31%). Lo sviluppo del
commercio nel 2006, rispetto al 2005, è stato influenzato essenzialmente
dall’aumento delle quantità, così come dal cambio del valore del dollaro nei
confronti di altre monete attraverso le quali il commercio internazionale è
condotto.
Nel 2006 la spesa nazionale per la ricerca e lo sviluppo civile è cresciuta al 4,7% del PIL, contro il 4,4% del 2004 e il 4,5% del 2005 (nel 1998 era del 3,2%). L’incremento è attribuibile in particolar modo al settore commerciale. Sono cresciute le spese per la ricerca anche nelle istituzioni governative e in quelle no-profit. Unico dato in contro tendenza è quello dell’alta educazione, dove le spese per la ricerca e lo sviluppo è calato dell’1%, seguendo il trend del 2004, dove il declino fu del 2%. In base a dati del 2003 emerge come Israele sia il paese che investe di più nella ricerca e lo sviluppo, seguito dalla Svezia, dalla Finlandia e dal Giappone, molto distanti gli Stati Uniti all’2,1% del Pil e all’Italia 1,1% del Pil. Le spese governative sono essenzialmente dirette verso la ricerca avanzata (52%), e verso la ricerca per nuove tecnologie industriali (30%). Infatti sono i ministeri dell’industria e del lavoro che spendono maggiormente. Le spese per la ricerca e lo sviluppo in agricoltura, pesca e foreste si attesta al 7%, così come per i servizi sociali, mentre scende al 2% per le infrastrutture.
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PRINCIPALI ESPORTAZIONI E IMPORTAZIONI ITALIANE 2006 |
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ESPORTAZIONI |
IMPORTAZIONI |
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1. Prodotti petroliferi raffinati |
1. Prodotti chimici di base |
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2. Prodotti chimici di base |
2. Prodotti petroliferi raffinati |
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3. Altre macchine di impiego generale |
3. Prodotti farmaceutici e prodotti chimici e botanici per usi medicinali |
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Fonte: ICE – Dicembre 2006 |
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QUOTE DI MERCATO 2005 (diamanti esclusi) |
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PRINCIPALI FORNITORI |
% su import |
PRINCIPALI ACQUIRENTI |
% su export |
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1. Stati Uniti |
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1. Stati Uniti |
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2. Germania |
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2. Regno Unito |
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3. Cina |
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3. Germania |
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4. Italia |
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4. Paesi Bassi |
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SACE (situazione al 31.12.2005) |
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Categoria di rischio* |
3 su 7 |
A - Paesi assicurabili con o senza particolari restrizioni
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Impegni in essere (a) |
80,05 |
0,4% del totale |
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Indennizzi erogati da recuperare (b) |
80,79 |
0,8% del totale |
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Mancati incassi (sinistri in corso)(c) |
0,03 |
0,03% del totale |
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Esposizione complessiva (a+b+c) |
160,87 |
0,54% del totale |
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Ultimo accordo bilaterale: 9-10 febbraio 2005 |
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Fonte: SACE- 31 Dicembre 2005 (mln di Euro) |
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[1] Di questi, circa il 32,1% provengono dall’Europa o dagli USA, il 20,8% sono israeliani di nascita, il 14,6% provengono dall’Africa ed il 12,6% provengono dall’Asia.
Dal 1989 ad oggi, circa 950.000 ebrei sono emigrati in Israele dai territori dell’ex Unione sovietica e rappresentano oltre il 16% della popolazione totale (Fonte: Il Cannocchiale: febbraio 2006).
[2] Le ultime elezioni per il Presidente della Repubblica si sono tenute il 31 luglio 2000, in anticipo rispetto alla scadenza naturale prevista per il 2003, a seguito delle dimissioni presentate dal Presidente in carica, Ezer Weizman, coinvolto in uno scandalo di finanziamenti illeciti. Moshe Katzav ha prevalso al secondo scrutinio con 63 voti a favore contro i 57 del suo avversario, il laburista Shimon Peres.
[3] In previsione di una pesante sconfitta elettorale ed a fronte delle scissioni presenti nel partito, il leader e fondatore del Partito, Tommy Lapid, ha rassegnato le sue dimissioni il 25 gennaio 2006.
[4] Il Partito dei pensionati ha portato in piazza le difficoltà di tutti coloro che devono sopravvivere con pensioni non adeguate al costo della vita e di chi non ha, o teme di non avere, accesso in futuro ad un trattamento pensionistico. A votarlo sono stati in maggioranza israeliani con meno di 40 anni che temono di dover affrontare la vecchiaia senza la certezza di una pensione.
[5] E’ allo studio una Costituzione scritta. I maggiori oppositori sono i Partiti religiosi che temono possa incrinare il carattere “ebraico” dello Stato.
[6] Si ricorda, in particolare, che la Corte si è espressa con sfavore riguardo alla costruzione della barriera di difesa.
[7] Allo scandalo a sfondo sessuale del Presidente israeliano va aggiunto quello dell’ex ministro della giustizia, Haim Ramon, è stato dichiarato colpevole da una Corte nazionale di condotta sessuale impropria, dopo aver forzato nel luglio 2006 una soldatessa ventunenne dell’esercito israeliano ad un bacio nei suoi uffici governativi. Dopo l’apertura del caso giudiziario, il ministro ha rassegnato le proprie dimissioni già in agosto
[8]
Olmert è sotto accusa e sospettato di aver tentato nel 2005 di esercitare forme
di influenza impropria nel processo di privatizzazione della Bank Leumi, secondo più grande istituto
creditizio del paese. Secondo le accuse, il premier – allora Ministro delle
finanze nel governo Sharon – avrebbe scorrettamente provato a determinare gli
esiti della privatizzazione a favore di amici personali, sebbene alla fine
della vicenda la banca fosse finita sotto il controllo di un’impresa priva di
legami con l’allora ministro.
[9] Kadima ha vinto le elezioni del marzo 2006 sia grazie al programma di ritiro unilaterale dalla Cisgiordania sia grazie ai numerosi interventi sociali promessi (e richiesti dall’alleato Amir Peretz). Dopo la guerra in Libano durante la quale l’esercito israeliano non è riuscito ad avere la meglio delle milizie Hezbollah (in un territorio peraltro ben conosciuto, dopo la lunga occupazione militare, 1982-2000), Olmert ha deciso di allargare la coalizione di governo a destra, al movimento Yisrael Beiteinu guidato da Avigdor Lieberman.. Il Piano di Convergenza, secondo il quale si sarebbero accorpati gli insediamenti in pochi grandi blocchi a ridosso della linea verde e si sarebbe realizzato il ritiro dalla Cisgiodania, è stato rapidamente accantonato, giudicato come non attuabile dopo l’azione militare in Libano.
[10] I principali programmi includono la fornitura di elicotteri d’attacco AH-64 ed AH-1, caccia F-15, missili AMRAAM, lanciarazzi multipli MLRS.
[11] La cosiddetta “lobby ebraica”, la cui influenza sulla politica americana verso il Medio Oriente è ampiamente riconosciuta
[12] La parte più povera della popolazione dello Stato d’Israele è costituita prevalentemente da arabi.