Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Rapporti Internazionali
Titolo: Israele
Serie: Schede Paese    Numero: 7
Data: 01/12/2006

 

STATO D’ISRAELE


Dicembre 2006

 

DATI GENERALI

Abitanti

7.000.000 (inclusi i circa 250.000 israeliani in Cisgiordania, i circa 20.000 delle alture del Golan ed i circa 172.000 della parte orientale di Gerusalemme. Nel 2005, circa 10.000 coloni israeliani sono stati costretti dal Governo a lasciare la Striscia di Gaza)

Tasso di crescita della popolazione

 

1,2%

Superficie

20.770 Kmq (meno di un decimo della superficie dell’Italia)

 

Capitale

Gerusalemme (605.000 abitanti) Lo Stato di Israele ha proclamato nel 1950 Gerusalemme come propria capitale, ma gran parte delle ambasciate straniere, tra cui quella italiana, si trovano a Tel Aviv.

 

Gruppi etnici

ebrei 80,1%[1]; non-ebrei 19,9% (in prevalenza arabi)

 

 

Religioni praticate

ebraica (80%) musulmana sciita (14%) cristiana ed altre (6%)

 

Lingua

Ebraico, Arabo

 

CENNI STORICI

A cura del MAE

 

            Al termine del Mandato britannico in Palestina e dopo il ritiro delle truppe britanniche, in applicazione della UNSC/RES 181 del 1947, il 14 maggio 1948 lo stato ebraico dichiarò la propria indipendenza. Il rifiuto arabo di costituire un altro Stato nella regione, come previsto dalla stessa Risoluzione 181, determinò l’aprirsi di un durissimo conflitto che coinvolse sia la popolazione araba palestinese che gli Stati arabi confinanti. Il mancato riconoscimento dello Stato ebraico da parte di questi ultimi coinvolse Israele in vari conflitti con gli Stati vicini: nel 1948–49, nel 1956, nel 1967 e nel 1973.

            Durante il Mandato britannico e nei primi anni di vita dello Stato ebraico il Partito Laburista dominò la vita politica israeliana, ereditando l’egemonia dei movimenti socialisti sionisti nel plasmare le istituzioni politico-economiche dello Stato. In questa prima fase, il partito Herut, antecedente dell’odierno Likud, ebbe un ruolo di secondaria importanza. Con la guerra dei Sei Giorni del 1967, anche la compagine politica del Paese subì una radicale trasformazione: a partire da quella data anche nella società ebraica emersero nuove divisioni come quella etnica tra Ashkenaziti e Sefarditi e quella tra “falchi” e “colombe”. Tali divisioni sociali ebbero un peso determinante nella prima vittoria del Likud nelle elezioni del 1977, grazie alla crescente rilevanza delle frange religiose e dei falchi. La stabilità della base di consenso del Likud consentì a quel partito di mantenere il potere per 20 anni, conducendo il Paese alla firma degli accordi con l’Egitto del 1978 e all’invasione del Libano nel 1982.

            Negli anni ‘80, la consistenza elettorale dei due grandi partiti raggiunse un certo bilanciamento, tanto che nessuna delle due parti riuscì a prevalere sull’altra. Crebbe invece l’importanza dei Partiti religiosi che divennero determinanti sul piano elettorale. Ciò condusse Likud e Labour a collaborare tra il 1984 e il 1988. Nonostante i punti di divergenza tra le due forze politiche avessero posto dei forti limiti al programma di coalizione di Governo, con l’insorgere dell’Intifada nel dicembre 1987 e l’avanzare della possibilità di negoziare con i palestinesi, furono poste le basi per una maggiore unità politica nel Paese.

            Grazie al mutato clima internazionale, in seguito alla caduta del muro di Berlino e agli eventi legati alla crisi del Golfo, si crearono condizioni storico-politiche favorevoli alla ripresa del dialogo tra arabi e israeliani. Il processo di pace aperto ad Oslo aprì una fase di distensione nei rapporti tra Israele e OLP, ma anche tra Israele e Paesi arabi vicini: nel 1993 venne firmata da Israele e OLP la Dichiarazione di Principi, che aprì una fase di negoziati permanenti tra le due parti.

            Con il 1995 e l’assassinio di Ytzhak Rabin sembrò chiudersi il periodo della distensione tra israeliani e palestinesi. La vittoria elettorale di Netanyahu nel 1996 riportò il Likud alla guida d’Israele e nel 1997 e 1998 furono conclusi due nuovi accordi per concedere altri territori all’Autorità Nazionale Palestinese, ma il Governo intensificò l’attività di espansione degli insediamenti. In seguito, nel 1999 elezioni anticipate portarono di nuovo i laburisti al governo con Ehud Barak e nel maggio 2000 il Governo decise il ritiro dal Libano. Numerosi negoziati continuarono tra le Parti finché, dopo il fallimento dei negoziati di Camp David nel luglio 2000, si assistette ad un ritorno della tensione nei Territori e allo scoppio della seconda intifada. Con la scomparsa di Arafat e l’elezione di Abu Mazen a nuovo Presidente dell’ANP il 9 gennaio 2005 si assiste ora ad una fase di rilancio del processo di pace che ha segnato un significativo passo con il ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza e da quattro insediamenti della Cisgiordania (agosto-settembre 2005).

 

 

PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI 2005

 

PIL a parità di potere d’acquisto

156,9 miliardi dollari USA

 

PIL al cambio ufficiale

123,4 miliardi di dollari

Composizione per settore

agricoltura 2,8%; industria 37,7%; servizi 59,5%

 

Crescita del PIL

5,2 (stime 2006: 4,0%)

 

PIL pro capite a parità di potere d’acquisto

25.000 (Italia: 29.200)

 

Popolazione sotto la soglia della povertà

24%[2] (redditi al di sotto di 320 euro al mese). Le aree più povere sono concentrate soprattutto a sud del Paese

Inflazione

1,3%

 

Tasso di disoccupazione

9%

 

Rapporto debito pubblico / PIL

99,7% del PIL (Italia: 108,8%)

 

Quota del PIL destinato alle spese militari

7,7% (Italia: 1,8%)

Debito estero

75,5 miliardi di dollari

 

 

Fonte: CIA Worldfactbook.2006.  

 

Israele ha un’economia di mercato particolarmente sviluppata nel settore tecnologico. E’ dipendente dalle importazioni di petrolio, cereali, materie prime ed equipaggiamento militare. Nonostante le limitate risorse territoriali, il Paese ha saputo sviluppare ampiamente i settori industriali ed agricoli negli ultimi 20 anni. A parte i cereali, il Paese ha raggiunto l’autosufficienza per gli altri prodotti agricoli. Israele esporta alta tecnologia, diamanti tagliati e prodotti agricoli (frutta e vegetali). La metà del debito estero Israele lo deve agli USA, che costituiscono il principale partner economico e militare. L’inasprimento del conflitto con i palestinesi, le difficoltà del settore dell’alta tecnologia, dell’edilizia e del turismo, hanno portato ad un declino del PIL negli anni 2001 e 2002, alla crescita dell’inflazione e ad una politica di austerità. L’economia ha successivamente goduto di un trend positivo negli anni 2003-2005, con una crescita media annua intorno al 5%, crescita dovuta alle riforme varate dal Governo per liberalizzare il mercato ed aumentare la competitività.

Il Rapporto 2005 sulla competitività pubblicato dal World Economic Forum ha collocato Israele al secondo posto al mondo (dopo la Germania) per capacità di innovazione, e al quinto posto (dopo USA, Finlandia, Regno Unito e Irlanda) per disponibilità di Venture Capital. Ben 68 imprese israeliane sono quotate al Nasdaq: al di fuori degli USA solo il Canada ne ha un numero maggiore pari a 73.

 

Per quanto riguarda il piano di privatizzazione, a novembre 2005 è stata privatizzata la seconda banca in Israele in ordine di grandezza “Leumi Bank” (il più antico istituto di credito) e avviata l’apertura del mercato bancario e finanziario anche ai gruppi bancari e finanziari esteri; è stata avviata la vendita ai privati della compagnia telefonica pubblica Bezeq (vendita del 30% delle azioni del governo) e delle azioni della Zim, la Compagnia Nazionale della Navigazione (vendita del 49% delle azioni allo Israel Corporation) e delle imprese del settore difesa, ad iniziare dalla più grande ovvero IAI (Israel Aircraft Industries). Il Ministero dell’Economia è inoltre intenzionato a vendere la compagnia petrolifera pubblica Oil Refineries. Il Governo intende infine portare competizione nel settore portuale; eliminare i monopoli di Tnuva (centrale del latte) e di Mekorot (società dell’acqua); privatizzare l’Istituto degli Standard Industriali, l’Autorità per le Poste, la Discount Bank, le Raffinerie di Stato , la Israel Electric Corporation e la società di costruzione di strade ed autostrade,“Maa’tz”. Olmert ha recentemente ottenuto l’approvazione da parte del Comitato Ministeriale per le Privatizzazioni di una proposta congiunta sua e dell’allora Ministro della Difesa Shaul Mofaz per la privatizzazione di tre aziende delle Industrie Militari Israeliane (IMI). I candidati stranieri dovranno unirsi ad un partner locale, in quanto il controllo dovra’ comunque rimanere in mani israeliane.

 

Nei primi giorni di febbraio 2006, l'Organizzazione Mondiale del Commercio a Ginevra ha esaminato la politica commerciale di Israele nell'ambito del Comitato competente (Trade Policy Review Body), il Chairman ha incoraggiato Israele a liberalizzare ulteriormente il proprio regime commerciale, sia per quanto riguarda il commercio di beni che quello dei servizi, migliorando altresì la trasparenza.

Il paese è stato infine ritenuto pronto per entrare nell’OCSE, organizzazione della quale era già attivo osservatore. A seguito dell’ultima riunione di coordinamento, è stato osservato che, pur possedendo i requisiti di ammissione, l’adesione israeliana porrebbe forti problemi di equilibrio politico nell’area.

 

 

Cariche dello Stato

 

Presidente della Repubblica

 

Moshe KATSAV (dall'agosto 2000)

 

 

Presidente della Knesset

Dalia ITZIK (Kadima, dal 4 maggio 2006)

 

 

Primo Ministro

Ehud OLMERT (Kadima)Olmert è subentrato a Sharon a seguito dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute, agli inizi di gennaio. Sharon permane a tutt’oggi in stato di coma.

Primo Vice Ministro e Ministro della Difesa

Amir PERETZ (Laburisti)

Secondo Vice Ministro, Ministro per lo Sviluppo del Negev e la Galilea

Shimon PERES (Kadima)

Ministro degli Esteri

Tzipora ”Tizpi” LIVNI (Kadima)

Ministro per le Minacce Strategiche

Avigdor LIEBERMAN (Yisrael Beitenu)

 

Capo di Stato Maggiore

Gen. Dan HALUTZ

 

 

 

scadenze elettorali

 

Prossime elezioni politiche

 

2010. Le ultime elezioni, anticipate, si sono tenute il 28 marzo 2006

Prossime elezioni presidenziali

 

2007

 

 

 

 


QUADRO POLITICO

 

 

Governo in carica

 

L’attuale Governo è entrato in carica nel maggio 2006, dopo che le elezioni anticipate hanno visto la vittoria del Partito di centro, Kadima, e dei laburisti. Dopo l’ingresso nella maggioranza del Partito ultranazionalista russofono Israel Beitenu (“Israele è casa mia”), il Governo risulta appoggiato da Kadima, laburisti, Shas, Partito dei Pensionati Gil e Israel Beitenu.

 

L’attuale composizione della Knesset  è la seguente:

 

GRUPPO PARLAMENTARE

SEGGI

Kadima (centro)

29

Laburista-Meimad

19

Shas (ultraortodosso, sefardita)

12

Likud

12

Yisrael Beitenu (nazionalista, russofono)

11

Ichud Leumi (ultraortodosso)

7

Partito dei Pensionati Gil

7

Giudaismo Unito della Torah (ultraortodosso)

6

Meretz (sinistra)

5

Ra’am-Ta’al (arabo)

4

Balad (arabo)

3

Hadash (arabo)

3

TOTALE

120

 

I dati principali emersi dalle elezioni del 28 marzo sono tre: la scomparsa del partito centrista liberale Shinui (i cui elettori si sono spostati in modo massiccio verso Kadima[3]), il rafforzamento della destra (escluso il Likud che perde ben 15 seggi) e, soprattutto, l’importanza giocata dai temi economici, come testimoniata dall’affermazione dei laburisti e di una formazione politica nel panorama politico israeliano: il Partito dei Pensionati[4].

 

 

Quadro istituzionale

 

 

Sistema politico

 

            Israele è una Repubblica parlamentare, proclamata il 14 maggio 1948.

            Lo Stato non dispone di una Costituzione scritta[5], per cui l’assetto istituzionale è disciplinato da alcune “leggi fondamentali” di rango costituzionale adottate nel corso degli anni.

 

 

Presidente della Repubblica

 

Il Presidente della Repubblica è eletto dalla Knesset per sette anni a maggioranza assoluta dei suoi membri ed e non è rieleggibile. Il Presidente firma le leggi, ma non ha alcun potere di rinvio. Dopo le elezioni, spetta a lui aprire la prima sessione della Knesset.

 

 

Parlamento

 

Il potere legislativo è esercitato dalla Knesset, composta da 120 membri eletti per quattro anni con sistema proporzionale e sbarramento al 2%. Tale soglia è stata innalzata dall’1,5% al 2% durante l’attuale legislatura.

L'iniziativa legislativa spetta ai membri della Knesset, al Governo e ai singoli ministri.

Ogni progetto di legge deve superare tre fasi di esame alla Knesset (nel caso di progetti di legge presentati da parlamentari, è prevista una lettura preliminare ad opera di un Presidium che delibera in merito all'inserimento del progetto nell’agenda della Knesset).

In prima lettura il progetto, presentato dal relatore, è esaminato dalla Knesset in seduta plenaria mediante un breve dibattito cui fa seguito un voto. Nel caso non sia respinto, il progetto è inviato in seconda lettura alla Commissione competente, che può elaborarlo nei dettagli, accorparlo ad altri progetti simili, come pure apportare modifiche. Al termine dell’esame in Commissione il progetto di legge torna in aula ed è votato nei singoli articoli. Se non è necessario rimandarlo di nuovo alla Commissione per ulteriori emendamenti, il progetto di legge è votato nel suo complesso (terza lettura).

Un iter simile seguono le mozioni, che sono esaminate preliminarmente dal Presidium della Knesset ed eventualmente sottoposte al Ministro competente, che può preparare una risposta. Fa quindi seguito un dibattito in aula in cui può essere votato un ulteriore allargamento della discussione, o l’invio del testo in Commissione per un esame approfondito, o il rigetto della stessa.

Il quorum previsto per le decisioni alla Knesset, nella maggior parte dei casi, è quello della maggioranza dei presenti. La Knesset può anche decidere il proprio autoscioglimento mediante una legge in cui viene fissata la data delle nuove elezioni.

 

 

Governo

 

A seguito della legge di riforma costituzionale varata dalla Knesset nel marzo 2001, il Premier, che deve essere membro della Knesset, viene nominato dal Presidente della Repubblica, a seguito di consultazioni con i partiti politici. In precedenza, dal 1996, il Primo Ministro era eletto a suffragio universale diretto.

Il Premier nomina i ministri in un numero variabile e si presenta alla Knesset dove espone il proprio programma per ottenere la fiducia. I ministri possono essere scelti anche al di fuori dei membri della Knesset, mentre i sottosegretari devono necessariamente farne parte.

 

 

Sistema giudiziario e amministrativo

 

            Il sistema giudiziario comprende Corti secolari e religiose. Al vertice del sistema giudiziario (anche religioso) è la Corte Suprema, i cui membri sono nominati dal Presidente della Repubblica. La Corte può imporre una revisione delle decisioni adottate da qualsiasi organo dello Stato[6].

            Lo Stato è suddiviso in sei distretti che sono coordinati a livello amministrativo dal Ministero degli Interni. L’amministrazione nei territori occupati spetta invece al Ministero della Difesa.

 

 

attualità di politicaINTERNA

(In collaborazione con il MAE)

 

A pochi mesi dal termine della seconda guerra in Libano, Israele affronta un periodo particolarmente confuso della sua vita politica, segnato da numerosi scandali che coinvolgono il presidente della Repubblica, Moshe Katsav, il Premier, Ehud Olmert, il Ministro della Difesa, Amir Peretz, nonché i vertici dell’Esercito. Il recente accordo siglato da Olmert ed Avigdor Lieberman, leader di Yisrael Beiteinu, pone una serie di interrogativi sul futuro politico della sempre più variegata coalizione di governo, ma soprattutto richiede l’elaborazione di una nuova agenda governativa in relazione agli obiettivi di lungo periodo del Governo Olmert.

 

Le ultime prese di posizione del Governo riguardo alle trattative con i palestinesi

            Due eventi potrebbero apportare un nuovo dinamismo alla situazione di grave stallo registratasi finora nei Territori palestinesi. Il Primo Ministro israeliano Olmert ha accettato il 25 novembre scorso la richiesta di Abu Mazen, di riscontrare positivamente l’accordo di “comprehensive ceasefire” raggiunto tra le diverse fazioni palestinesi. Israele si è conseguentemente impegnata a por fine alle sue operazioni militari ed a ritirare le sue forze dalla Striscia di Gaza.

            Per altro verso, a seguito della sua visita al Cairo del 23-26 novembre, Khaled Meshal ha fatto chiaramente menzione al costituendo Governo di Unità Nazionale riassumendo tuttavia i punti fermi della posizione di Hamas. Invocando la costituzione di uno Stato palestinese entro i confini del 1967, Meshal ha annunciato che se questo non si verificherà entro sei mesi dalla formazione del Governo di Unità Nazionale, “i Palestinesi chiuderanno ogni dossier politico e ogni possibilità di dialogo e lanceranno la Terza Intifada”.

 

Il futuro di Kadima

            L’azione israeliana contro le forze Hezbollah nel sud del Libano, conclusasi con un sostanziale nulla di fatto, ha gravemente danneggiato la credibilità del Governo Olmert-Peretz ed ha indebolito il già frammentato quadro politico israeliano. Kadima ha vinto le elezioni del marzo 2006 sia grazie al programma di ritiro unilaterale dalla Cisgiordania sia grazie ai numerosi interventi sociali promessi (e richiesti dall’alleato Amir Peretz). Ora, dopo la guerra in Libano durante la quale l’esercito israeliano non è riuscito ad avere la meglio delle milizie Hezbollah (in un territorio peraltro ben conosciuto, dopo la lunga occupazione militare, 1982-2000), Olmert ha deciso di allargare la coalizione di governo a destra, al movimento Yisrael Beiteinu guidato da Avigdor Lieberman. Kadima, con i suoi ventinove deputati, è il partito di maggioranza relativa nella Knesset. Esso è tuttavia attraversato da forti contraddizioni circa il modo di gestire sia la politica estera sia la politica interna. Il Piano di Convergenza, secondo il quale si sarebbero accorpati gli insediamenti in pochi grandi blocchi a ridosso della linea verde e si sarebbe realizzato il ritiro dalla Cisgiodania, è stato rapidamente accantonato, giudicato come non attuabile dopo l’azione militare in Libano. Anzi si è inteso rafforzare il controllo sulla Striscia di Gaza, segnata da uno stato di latente guerra civile. Venendo meno uno dei punti essenziali sui quali Sharon aveva fondato Kadima, la struttura del partito ne esce radicalmente indebolita. Se Israele dovesse andare oggi al voto, con tutta probabilità Kadima vedrebbe i suoi consensi dimezzati.

 

La crisi delle forze armate (IDF) ed il rapporto Sasson (West Bank)

         La cessazione delle ostilità con il Libano (14 agosto 2006), ottenuta con l’adozione della Risoluzione 1701 a seguito di 33 giorni di conflitto, hanno portato ad una crisi politica e psicologica, diretta conseguenza della caduta del mito dell'invincibilità delle Forze armate dello Stato ebraico, e dell’idea che l'opzione del ricorso alla sola forza militare non è sufficiente a garantire la sicurezza nazionale. Critiche hanno investito sia il Primo Ministro Olmert che il Ministro della Difesa Peretz, accusati dalle forze politiche di destra e di sinistra di aver condotto la guerra in maniera ondivaga, dando scarsa prova di leadership.

         Al Primo Ministro, prima ancora della mancanza di risultati, si rimprovera di non essere riuscito a definire una strategia vincente, sia dal punto di vista diplomatico-militare, sia da quello della comunicazione. Peretz è accusato anche all'interno del partito laburista, in particolare per essersi dimostrato troppo succube dei militari e di aver accantonato del tutto l'agenda sociale sulla base della quale era stato eletto. Notevoli le critiche anche nei confronti dei vertici delle forze armate, imputati di aver contato eccessivamente sull'uso dell'aviazione per conseguire gli obbiettivi della guerra; di non aver compreso che tipo di nemico le IDF avessero di fronte e di non aver elaborato strategie idonee contro i sistemi di bunker utilizzatida Hezbollah ed i missili anti-carro; infine di essere arrivati impreparati alla guerra. In questo senso, critiche sono state rivolte anche a Netanyahu, ex Ministro delle Finanze, responsabile nella precedente amministrazione per i tagli al bilancio della difesa. Anche l'intelligence avrebbe avuto le sue responsabilità per non aver rilevato, nel corso degli anni precedenti, che Hezbollah stava fortificando il Libano meridionale costruendo una efficace rete di bunker, per non aver saputo fornire indicazioni circa i siti di provenienza dei lanci dei katyusha e, infine, per non aver potuto indicare la presenza di civili nei bersagli dei bombardamenti israeliani, in particolare a Cana. Olmert ha difeso energicamente l'operato del Governo e delle forze armate israeliane, reclamando di aver inferto un “serio colpo” ad Hezbollah e di aver modificato radicalmente l'equilibrio strategico sul confine settentrionale. Anche il Capo di Stato Maggiore, gen. Dan Halutz, è stato invitato dall’opinione pubblica a rassegnare le dimissioni.[7]

         Anche per rispondere alle critiche, il Ministrodella Difesa Peretz ha nominato una commissione d'inchiesta, guidata dall'ex capo di Stato Maggiore, Amnon Lipkin-Shahak, e composta da ufficiali e personale dell'esercito in pensione, incaricata di condurre delle indagini “ampie e complete” sulla condotta dell'esercito durante l'offensiva in Libano.

         L’alta Corte di Giustizia ha chiesto al Governo di spiegare i motivi della scelta di una Commissione governativa anziché la costituzione di una Commissione di Stato per indagare sull’accaduto.

         Nel frattempo il Ministrodella Difesa Peretz ha predisposto l’evacuazione di quattro insediamenti illegali in Cisgiordania, tre nell’ area di Yitzar e uno a sud di Hebron, in ottemperanza a quanto previsto dal Rapporto Sasson[8] che ha individuato gli avamposti da evacuare nella West Bank. Egli ha ribadito però che le IDF risponderanno con durezza a qualunque provocazione di Hetzbollah, come il raduno di suoi aderenti in prossimità del confine e il lancio, da parte degli stessi, di sassi ai danni delle IDF stesse.
Secondo fonti vicine al governo, infatti, sarebbe già ripreso il trasferimento di armi dalla Siria a Hetzbollah lungo il confine Libanese. Tutto ciò conferma la crisi di credibilità in cui versano le IDF e i vertici delle forze armate israeliane dopo il cessate il fuoco sul fronte libanese.

            Tuttavia, il problema principale che i vertici politici e militari hanno dovuto affrontare in questi mesi, è stato quello legato all’uso di armi vietate dalle convenzioni internazionali nel conflitto in Libano. Il generale Halutz ha istituito una commissione d’inchiesta in merito all’impiego delle “cluster bomb”, con lo scopo di mettere in luce se gli ordini del generale sono stati rispettati o meno dai suoi subordinati. Quello che non è chiaro è che se questi ordini da lui impartiti, prevedevano o meno l’uso di questa tipologia di bomba, o semplicemente una restrizione dell’uso della stessa. La questione delle “cluster bomb” ha portato ad un scontro anche con le Nazioni Unite, le quali sostengono che sono state circa 4 milioni le sub-munizioni sparate sul territorio libanese, con un quarto di queste inesplose. I vertici delle IDF negano, sostenendo che le “cluster bomb” sono state sparate esclusivamente su obiettivi strategico militari. Nel caso in cui la commissione d’inchiesta dovesse accertare le responsabilità, le conseguenze per i colpevoli sarebbero di carattere penale. Non solo la questione delle cluster bomb, ma anche quella dell’uso delle armi al fosforo ha gettato ombra sulla condotta dell’IDF. E’ stato lo stesso ministro per i rapporti con il parlamento, Yaakov Edri, ad ammettere che l’esercito possiede armi al fosforo e di averle impiegate nel recente conflitto in Libano per colpire obiettivi militari.
            Altro grave episodio, che ha messo in discussione l’immagine delle IDF, è stata quello delle recente strage a Gaza provocata dall’esercito. Yoav Galant, responsabile del comando sud e delle operazioni a Gaza, ha definito l’episodio un tragico errore, un problema tecnico legato al sistema di allineamento via radar del bersaglio da colpire. Lo scarico di responsabilità tra politici e militari, ha messo in ulteriore evidenza la frattura tra la classe politica e i militari. Lo scontro tra il Ministro della Difesa Peretz e il capo di Stato Maggiore Halutz, emerso già nelle ultime settimane del conflitto in Libano, ha raggiunto livelli di tensione elevati. La politica chiede ai militari “la testa” dei responsabili dell’ordine di colpire con l’artiglieria, dopo che era iniziato il ritiro da Beir Hanoun. Dimissioni che vuole anche la maggioranza degli israeliani, circa il 62% secondo un recente sondaggio.

            Nonostante il generale Nissim Berda, del dipartimento delle risorse umane, abbia sottolineato che l’adesione alle unità di combattimento si è ulteriormente rafforzata, Israele si trova a dover affrontare una crisi di vocazione alla leva. A testimonianza di questo si è aperta una imponente campagna di incentivazione. Lo stesso generale Dan Halutz sta puntando notevolmente sui nuovi giovani per rilanciare le IDF, sia quantitativamente che in termini di immagine. Per il generale, il conflitto libanese non ha intaccato le motivazioni e la voglia dei giovani cadetti. Secondo alcune statistiche presentate dal maggiore generale Stern, circa il 70% dei giovani coscritti chiede di servire nelle unità di fanteria di combattimento, affermando che sono proprio le unità di combattimento che offrono le maggiori motivazioni e esaltazione. La grande campagna di incentivazione alla leva ottiene forte risalto attraverso i media del paese e coinvolge anche le giovani ragazze israeliane. Viene evidenziato con slogan e dichiarazioni di eminenti personaggi delle IDF, come ci siano molte ragazze che chiedono di arruolarsi nelle unità di combattimento, pronte per essere spedite direttamente sui campi di battaglia. Secondo molti osservatori, Israele potrebbe trovarsi  a combattere una nuova guerra e dovrebbe iniziare un’adeguata preparazione per questo evento.

           

La “nuova” destra di Lieberman

            La firma di un accordo di coalizione tra Kadima ed Yisrael Beiteinu è stata fortemente ricercata da Olmert che guarda con favore agli undici deputati di Lieberman. Yisrael Beiteinu costituisce il foro principale di rappresentazione dell’immigrazione russa in Israele: una componente migratoria che cresce senza riposo nel già composito quadro nazionale (lo stesso leader è israeliano solo dal 1978). Lieberman manifesta tesi liberiste nella competitiva economia israeliana. Allo stesso tempo occorre sottolineare come il suo progetto di riforma presidenziale dello stato israeliano nonché l’elaborazione di un piano per privare in maniera definitiva della cittadinanza gli arabo-israeliani costituiscano i punti cruciali del suo programma. I cittadini arabo-israeliani, secondo il suo programma, dovrebbero essere trasferiti nell’edificando Stato palestinese. Un altro punto che caratterizza il programma di Yisrael Beiteinu corrisponde al progetto di innalzare la soglia di rappresentanza nella Knesset al 10%, estromettendo di fatto i tre piccoli partiti degli arabi-israeliani dalla rappresentanza parlamentare. Al leader di Yisrael Beiteinu è stato assegnato il dicastero per le minacce strategiche (Iran, Hezbollah al confine nord e la permanente agitazione interna a Gaza). In altri termini, a Lieberman è stato attribuito il gabinetto di sicurezza del Governo Olmert come un “senior partner”, con un sostanziale potere nel direzionare la politica estera governativa. Il leader di Yisrael Beiteinu è stato Direttore generale dell’ufficio del Premier quando, nel 1998, Benjamin Nethanyau rivestiva questo ruolo. Tuttavia, le sue attività private sono state spesso soggette ad indagini giudiziarie: collegamenti con diversi gruppi di potere russi; oscuri finanziamenti al partito.

            Nel breve periodo, l’allargamento della coalizione rappresenta un buon viatico per il governo Olmert. Tuttavia, la stabilità, tanto ricercata dal premier, non sembra essere solamente frutto di una semplice addizione di gruppi. Kadima, il Labour e Yisrael Beiteinu non hanno un programma comune. E’ stato da più parti evidenziato come la nuova agenda governativa, presentata nella legge di bilancio, sembra allontanarsi dai proclami elettorali. Non solo il Piano di Convergenza è stato rinviato sine die, ma vengono autorizzati nuovi insediamenti a ridosso di Gerusalemme Est, e non vengono smantellati gli insediamenti illegali, il che costituiva peraltro una della clausole della sin qui inapplicata “road map”.

            Inoltre, gravi nubi si addensano sulla persona di Ehud Olmert. La vendita della porzione di controllo sulla Banca Leumi ha portato alla luce una serie di questioni legate alla buona condotta di Olmert. L’eventuale inizio di un procedimento contro il premier potrebbe portare rapidamente alle sue dimissioni, che lascerebbero Israele nella totale impasse politica. L’asse Olmert – Peretz, che aveva portato ad un soddisfacente ma non eccezionale risultato elettorale, risulta d’altronde indebolito dalla mancata attuazione di alcune misure sociali, oltre che dall’ingresso nell’esecutivo di Yisrael Beiteinu. Il Labour aveva inserito nel suo programma una serie di interventi sociali, quale ad esempio l’aumento del salario minimo, scomparsi dall’orizzonte politico governativo. Di conseguenza, il ruolo di Amir Peretz, già contestato per la conduzione della guerra in Libano, viene ancor più messo in discussione. L’accordo che conferma la presenza del Labour nel governo è considerato dai media israeliani come una soluzione al ribasso e pro tempore. In questo contesto politico frammentato e caratterizzato da una diffusa disaffezione nei confronti della politica si inserisce lo scandalo legato al Presidente Moshe Katsav. Con la proposta di candidare per l’eventuale successione a Katsav l’anziano premio Nobel, ex leader dei laburisti, Shimon Peres, Ehud Olmert intende rinsaldare la fiducia dell’incerto Labour nel momento dell’apertura a destra. Il dibattito sul sistema presidenziale avviato dalle proposte di Lieberman si inserisce in questo particolare momento per la politica israeliana. Il dibattito relativo alla riforma istituzionale costituisce senza dubbio un importante snodo per Israele, data la sua continua instabilità politica. Tuttavia, sembra generalmente condiviso che tale questione non possa essere il nodo cruciale dell’agenda governativa.

            L’entrata di Lieberman nella coalizione, con il contemporaneo indebolimento del Labour riduce non solo il potenziale propositivo del governo ma divide ulteriormente la frammentata opposizione capeggiata dai dodici deputati del Likud e del loro leader Benjamin Nethanyau. Il prestigio di Lieberman ne esce rafforzato al punto da poter aspirare alla guida di una eventuale leadership in un’alleanza di destra dove lo storico Likud si vedrebbe ridotto ad un ruolo di comprimario nella gestione politica. Basti pensare che, secondo alcune stime di ottobre 2006, il suo partito viene accreditato di quasi venti seggi nel Parlamento. Al riguardo, va anche sottolineata la recente nomina di Sallai Meridor come nuovo ambasciatore israeliano a Washington, incarico che tradizionalmente viene immediatamente dietro, per ordine d’importanza, alle poltrone principali dell’esecutivo a Tel Aviv. Meridor appartiene ad un’importante famiglia legata al Likud. In tal modo, il premier vuole far pressione negli USA per sostenere la sua causa e non quella di Benjamin Nethanyau, che continua a riscuotere successo oltreoceano ed aveva relegato Meridor ad incarichi di secondo piano. Come emerge da questa breve analisi, la strategia di Olmert si muove su più livelli per tentare di rafforzare sia il governo sia il suo ruolo. Certo i toni forti di Lieberman, che prima erano considerati sostanzialmente estranei alla dialettica israeliana, ora vengono dotati di una maggiore legittimità politica, frutto ovviamente dell’estensione della maggioranza. Il ruolo del leader di Yisrael Beiteinu nella compagine governativa avrà senza dubbio effetti rilevanti nella formulazione delle principali linee politiche, sebbene Olmert si sia affrettato a dire che Lieberman si occuperà esclusivamente di Iran.

 

 

 

Il progetto laburista

 

            La vittoria di Amir Peretz alle primarie del Labor contro uno dei leader storici del partito, Shimon Peres, è in larga parte legata al malcontento nei confronti delle riforme di Netanyahu. Ex leader dell’anomala istituzione parastatale Histadrut, uno “stato nello stato” che ha ereditato dall’agenzia ebraica degli anni del Mandato britannico il controllo su un numero significativo di strutture produttive e dell’apparato sindacale, Peretz incarna l’auspicio di una consistente parte dell’elettorato di sinistra di veder ripristinato e possibilmente ampliato il ruolo dello stato nell’economia israeliana. Il Labour, sotto la guida di Peretz, ha ribadito la necessità di “tagliare la burocrazia” e di continuare sulla via dell’apertura al mercato; tuttavia, come recita il programma ufficiale del partito, lo Stato si deve arrogare il diritto di correggere «i fallimenti e le distorsioni» del mercato attraverso un’apposita politica redistributiva” Due sono gli ambiti nei quali l’intervento statale, secondo Peretz, dovrebbe essere più incisivo. Il primo è l’educazione ed il sostegno alle famiglie, attraverso una politica a favore delle scuole dell’infanzia – che, peraltro, permetterebbe ad un numero maggiore di genitori di affluire nella forza lavoro – e dell’istruzione pubblica.                

            L’occupazione rimane, tuttavia, il cuore del progetto laburista. Peretz ha promesso ai suoi elettori che nei quattro anni di governo la disoccupazione sarà dimezzata, il salario minimo innalzato a 1000$, e che il ruolo preponderante delle agenzie di lavoro interinale nel gestire le assunzioni di lavoratori dipendenti sarà drasticamente contenuto. Inoltre, Peretz ha promesso un maggiore attivismo dello stato nella risoluzione delle dispute di lavoro e forti sostegni agli investimenti nel campo tecnologico. L’aspetto più rilevante del progetto laburista consiste nel fatto che, almeno nelle intenzioni dei suoi estensori, il crescente interventismo statale che vi è delineato sarebbe finanziato da fonti finanziarie esterne rispetto al normale budget dello stato. Dei 68 miliardi di NIS necessari per sostenere questo progetto al di fuori del bilancio ordinario, 18 dovrebbero provenire dal disimpegno dai Territori e dalla riduzione delle spese militari, ma ben 50 miliardi sono legati al surplus fiscale che sarebbe generato da una crescita pari o superiore al 5% per i prossimi quattro anni.

            Mentre le prospettive di crescita del PIL, almeno per il 2005 (per 2006 le stime parlano di una crescita intorno al 6%), stanno rispettando le aspettative dei laburisti, la guerra in Libano ed i successivi sviluppi sembrano aver irrimediabilmente minato il loro progetto.

 

 

 

attualità di politicaESTERA

(A CURA MAE)

 

            La politica estera di Israele è per tradizione filo-occidentale e, in particolare, filo-americana. L'obiettivo di fondo americano resta la ripresa di negoziati di pace che realizzino la visione dei due Stati, anche se Washington si rende conto che, qualora, ciò non fosse possibile, l’attuazione del “piano di riallineamento” di Olmert sarà inevitabile. Gli Stati Uniti sono infatti un punto di riferimento indispensabile per Israele, per quanto riguarda la sicurezza (Israele è il primo Paese beneficiario di armamenti e tecnologia militare statunitensi), gli aiuti economici e come partner affidabile e ponte nei negoziati di pace. Profonda è inoltre l’influenza delle comunità ebraiche americane sull’establishment di Washington. Si è consapevoli che l’Amministrazione americana è stata indotta ad un rinnovato impegno nel processo di pace, anche in vista di un necessario miglioramento della propria immagine nel mondo arabo nel quadro della crisi irachena. Rimane comunque viva l’attenzione americana riguardo alla costruzione della barriera e all'espansione degli insediamenti ebraici (dove il tasso della popolazione ebraica è del 5.3%), questioni suscettibili di modificare la situazione sul terreno in modo tale da rendere più problematica la definizione degli assetti territoriali definitivi e la costituzione di un “viabile” Stato palestinese (come previsto dalla Road Map). Il Governo israeliano ha formalizzato, anche per iscritto, con la Casa Bianca il proprio impegno a smantellare gli insediamenti “illegali” (ovvero, quelli ritenuti tali anche dall'ordinamento interno israeliano) e a tenere in considerazione la situazione umanitaria nei Territori.

            A seguito della missione del Ministro degli Esteri israeliano Tipzi Livni (9 febbraio 2006), che ha confermato la grande sintonia politica fra Americani e Israeliani, la visita di Olmert a Washington (23 maggio 2006) è stata considerata un successo in Israele. Gli Stati Uniti hanno sottolineato la necessità di riavviare la Road Map e, solo qualora il negoziato non avesse successo malgrado gli sforzi israeliani, gli americani accetterebbero il cosiddetto “piano di riallineamento” unilaterale. Ciò spiega la preferenza di Olmert di attuare il suo piano prima della fine della Presidenza Bush. Il successo del negoziato dipenderà dalla capacità degli attori internazionali di influenzare gli israeliani ma, soprattutto, i palestinesi. E' chiaro che, nell’ipotesi del disimpegno unilaterale, trattandosi di una operazione di estrema difficoltà, gli USA non vogliono trovarsi da soli a sostenere Israele e cercano acquiescenza da parte dell'Europa, dell'Egitto e della Giordania.

            Nel corso della sua recente visita a Washington (12 novembre), Olmert ha colto l'occasione per prospettare il suo nuovo piano di "riallineamento consensuale". L'orientamento sarebbe quello di attuare una politica di concessioni ad Abu Mazen, per rafforzarlo politicamente e metterlo in grado di andare a nuove elezioni, tra otto-dieci mesi, con possibilità di successo nei confronti di Hamas. Se tale successo si verificasse, Olmert potrebbe discutere con il Presidente palestinese l'evacuazione coordinata da gran parte della Giudea e della Samaria, mantenendo però i grandi blocchi di insediamenti: si creerebbero così le condizioni per la proclamazione di uno Stato palestinese con confini provvisori, quale primo passo verso un regolamento di pace completo. Nell'immediato, quindi, da parte israeliana vi sarebbe disponibilità ad adottare misure di confidence-building, quali: rilascio dei prigionieri, scongelamento di fondi, apertura dei valichi, oltre al rafforzamento della Guardia Presidenziale. Il processo potrà innescarsi solo dopo la liberazione del caporale Shalit e la costituzione del nuovo Governo palestinese con l’accettazione delle tre note condizioni, tra cui la cessazione della violenza.

            Egitto, ed in sub-ordine Giordania, svolgono un ruolo di primo piano nel Processo di Pace. L'iniziativa del Cairo è fortemente apprezzata dal "Quartetto", nella convinzione che la presenza di un Paese arabo moderato nella Striscia possa fornire un contributo centrale alla stabilità. Sulla base delle intese israelo-egiziane conseguite il 10 marzo 2005, gli egiziani hanno schierato 750 guardie di frontiera; mentre la forza multinazionale di osservazione MFO continua a svolgere pienamente la sua funzione. Israele ha altresì manifestato apprezzamento per il ruolo dell’Egitto nel controllo del Philadelphi Corridor, affermando che “la situazione di sicurezza in termini di traffico d‘armi e di infiltrazioni e’ migliorata”.

            Grazie ad un intenso lavoro condotto dall’inviato del Quartetto Wolfensohn ed ad un intervento risolutivo del Segretario di Stato americano Rice in visita nella regione, Israele e ANP hanno finalmente raggiunto, il 15 novembre 2005, un accordo sull’accesso e i movimenti attraverso Gaza (Framework Agreement). Come previsto dall’Accordo e dal Memorandum of Understanding fra le due Parti e l’Unione Europea, il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto è stato aperto il 25 novembre scorso con l’arrivo della missione europea. Delicato e centrale è il ruolo del Capo missione, il Generale dei Carabinieri Pistolese. La missione (EU Border Assistance Mission -EUBAM) svolge ora un monitoraggio attivo delle attività delle forze palestinesi a Rafah, verificando e valutando il rispetto delle intese fra le Parti. Compito dell’EUBAM è anche di partecipare al capacity building (in particolare nel settore delle dogane) e di contribuire al dialogo e al collegamento tra Autorità palestinesi, egiziane ed israeliane relativamente alla gestione del valico

            Gerusalemme ha altresì avviato un lavoro politico di normalizzazione delle relazioni diplomatiche con i Paesi arabi moderati del Nord Africa e del Golfo, che sta portando i primi frutti, con il rientro degli Ambasciatori cairota e giordano e la missione di Shalom in Tunisia in occasione del Vertice Mondiale sulla Società dell’Informazione (17 novembre 2005). Dopo il successo del negoziato sul rafforzamento del controllo egiziano alla frontiera di Gaza, l’auspicio di Gerusalemme, pronta ad accogliere le delegazioni diplomatiche degli Stati arabi, è di portareanche altri Paesi sulla stessa scia (Tunisia, Marocco, Qatar, per il quale Israele ha annunciato il sostegno alla candidatura al Consiglio di Sicurezza, e Oman in primis). Intanto, dopo quasi un anno di negoziati, sarebbe stata raggiunta un’intesa per l’apertura di una rappresentanza diplomatica israeliana a Dubai. Da ultimo, l’incontro tra Shalom e l’omologo pakistano Kasuri (31 agosto 2005) segna altresì un importante passo per lo stabilimento delle relazioni diplomatiche e potrebbe incoraggiare altri Stati mussulmani a normalizzare i rapporti con lo Stato ebraico.

            Dal 1989 sono ripresi, con sempre maggiore intensità, i rapporti con la Russia, Paese dal quale proviene un sesto della popolazione ebraica dello Stato di Israele. Permane tuttavia a Tel Aviv un certo sospetto per l’attivismo russo nella regione (dovuta alla tradizionale politica filo-araba di Mosca ed alla stretta cooperazione militare con l’Iran e la Siria). Nonostante tutto (anche grazie all’inclusione di Mosca nel Quartetto), le relazioni con la Russia vengono per importanza subito dopo quelle con gli USA, l’UE e i suoi Stati membri.

            Mosca attualmente manifesta preoccupazione per la delicata fase politica apertasi con l’uscita di scena di Sharon, ma nutre fiducia nell’operato di Olmert, un personaggio che il Paese conosce bene, essendo tuttora Presidente del Comitato intergovernativo bilaterale Russia-Israele. In ragione dell’influenza che Mosca svolge su Damasco e Teheran, Israele ha deciso di avviare un dialogo strategico sull'Iran - a livello di alti funzionari - con la Russia, sulla falsariga di quello avviato con gli Stati Uniti.
            Olmert ha svolto, dal 17 al 19 ottobre 2006, un viaggio in Russia, nel corso del quale, tra l’altro, è stata affrontata la questione del passaggio delle armi russe ad Hetzbollah attraverso la Siria.

            Una svolta importante si è avuta, nel corso del 2000, riguardo alla posizione di Israele nell’ambito delle Nazioni Unite. Dopo cinquant’anni, durante i quali lo Stato ebraico non ha mai avuto l’opportunità di aderire al gruppo dei Paesi asiatici, a causa della ferma opposizione dei Paesi arabi, il 31 maggio 2000 esso è stato temporaneamente accolto in seno al gruppo dei Paesi occidentali (WEOG), in attesa che mutino le circostanze che ne impediscono l’ingresso nel gruppo geografico “naturale”, quello asiatico. La nuova posizione acquisita permette allo Stato ebraico di concorrere per i seggi dei diversi organismi del sistema delle Nazioni Unite (a partire dal CdS), dai quali prima era completamente escluso.

            Tel Aviv non ha mancato di sottolineare in sede ONU il suo auspicio a che la nuova situazione determinatasi sul terreno dopo l’approvazione della Road Map, si traduca in un linguaggio nuovo nelle risoluzioni sul Medio Oriente. In occasione dei suoi interventi alla 59° UNGA, il Ministro degli Esteri israeliano, Silvan Shalom, non si è pronunciato sulla riforma del CdS. Elemento prioritario della posizione di Israele in materia di riforma, resta in ogni caso la salvaguardia del diritto di veto per gli attuali membri permanenti. Qualsiasi riforma che limiti la facoltà americana di farvi ricorso sarebbe vista infatti da Israele come direttamente pregiudizievole per la sicurezza del paese. Nell’ultimo anno Gerusalemme ha fatto molto per riavvicinarsi alle Nazioni Unite ed ha riconosciuto lo status di Kofi Annan nel Quartetto (nei media israeliani si è anche cominciato a discutere della necessità di una presenza ONU/NATO nei Territori per garantire i futuri confini), ma è sempre molto critica della pletora di Risoluzioni onusiane sul Medio Oriente, ritenute un esercizio di retorica araba.

            Alla luce dell’esito dell’ultima battaglia sulle proposte di riforma del CdS, Israele ha preso la storica decisione di candidarsi a membro non permanete del CdS per il biennio 2019-2020.

            La collaborazione tra Israele e NATO, gia' in atto nell'ambito del Dialogo Mediterraneo dell'Alleanza Atlantica ha guadagnato un profilo piu' marcato con la partecipazione della "INS Eilat", nave lanciamissili multimissione della classe "Sa'ar5", alle esercitazioni NATO "Cooperation Mako" in Romania. E' la prima volta che Israele partecipa attivamente a un'esercitazione NATO, avendovi preso parte nelle precedenti occasioni come osservatore. Fonti della marina militare hanno commentato con grande favore la crescente collaborazione tra questo paese e l'Alleanza Atlantica sottolineando che il contributo che Gerusalemme puo' offrire e' ora ancor piu' apprezzato a Bruxelles alla luce della minaccia nucleare iraniana.

            E' stato accolta con grande soddisfazione la decisione adottata il 22 giugno 2006 dalla 29ma Conferenza della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa di incorporare l'ulteriore emblema del Cristallo Rosso, e di ammettere quale membro della Federazione l'israeliana Magen David Adom (assieme alla Societa' della Mezzaluna Rossa palestinese), sottolineando come la piu' grande e antica organizzazione umanitaria abbia finalmente acquisito un carattere effettivamente universale, rimediando a quella che qui e' stata percepita come un'ingiustizia storica durata per oltre 57 anni.

Altro tema regionale di primaria importanza per Israele è l’Iran, i cui disegni nucleari e la cui scoperta ostilità al processo di pace sono considerati minacce dirette contro lo Stato ebraico. Anche il sostegno dato dalla Repubblica Islamica a movimenti quali Hezbollah, Hamas e la Jihad Islamica è visto con viva preoccupazione. Le gravi parole del Presidente Amadhinejad (“Israele deve essere cancellata dalla carta geografica”) hanno provocato una durissima reazione da parte delle Autorità israeliane, che hanno formalizzato una richiesta di espulsione della Repubblica Islamica dalle Nazioni Unite. Teheran preoccupa Israele e crede che sia nell’interesse iraniano favorire un'escalation di violenza nei Territori, per distogliere l'attenzione dalla sua diatriba con la comunità internazionale. L'Iran rappresenta dunque il vero pericolo esistenziale per Israele. Ciò spiega il timore delle ambizioni nucleari di Teheran e la soddisfazione per le pressioni svolte dal resto del mondo.

            Per quanto concerne, i rapporti con la Turchia, la svolta “islamista” del Paese anatolico non sembra aver troppo turbato le intense relazioni bilaterali (Israele importa, tra l’altro, ingenti quantitativi di acqua potabile, circa 50 milioni di metri cubici all’anno, per far fronte alla sua cronica carenza di risorse idriche), anche se il Governo di Ankara non ha mancato di recente di assumere in modo più netto delle prese di distanza dalla politica israeliana verso i palestinesi. Tuttavia, il Primo Ministro Erdogan si rende conto che, al di là delle dichiarazioni e delle schermaglie diplomatiche, la cooperazione con Israele è difficilmente rinunciabile nei delicati equilibri della regione.

 

 

RELAZIONI CON L’UNIONE EUROPEA

 

            Il Governo Sharon ha perseguito con più determinazione una linea di avvicinamento all'Europa. L'impegno del Governo israeliano risponde a molteplici esigenze, ad iniziare dalla consapevolezza del crescente ruolo che l’UE è chiamata a svolgere in Medio Oriente. n ulteriore elemento propulsore è rappresentato dall'allargamento a 25 dell’Unione. L’impatto che l’allargamento ha per Israele può essere sintetizzato dalla stima secondo cui – in ragione della sua provenienza dai Paesi dell'Europa centro-orientale – quasi il 50% della popolazione israeliana potrebbe, in linea di principio, aver titolo per possedere anche il passaporto di un Paese UE. Israele ha richiesto di incrementare il livello di collaborazione con l’UE in numerosi settori (ad esempio nell’ambiente, nei trasporti, nell’istruzione, negli standard industriali, nell’attività delle televisioni pubbliche, nella sicurezza e nella lotta al terrorismo), anche attraverso l’adesione ad Agenzie europee, gruppi di lavoro e programmi comunitari.

 

L’Accordo Euro Mediterraneo di Associazione (AEMA) UE-Israele (che sostituisce l’Accordo di Cooperazione del 1975) è stato firmato il 20 novembre 1995 ed è entrato in vigore il 1° giugno 2000, per una durata illimitata. Esso prevede ed istituzionalizza il dialogo politico sulla base dei principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite e con particolare attenzione al rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, nonché alla cooperazione economica e finanziaria tra le Parti. In attuazione dell’Accordo, UE ed Israele s’incontrano due volte l’anno: a livello senior officials, nel “Comitato di Associazione” e, a livello ministeriale, nel “Consiglio di Associazione”.

            L’Accordo liberalizza il commercio bilaterale, prevedendo concessioni reciproche su prodotti agricoli, prodotti agricoli trasformati e prodotti industriali. Il corpus di tale Accordo prevede un regolare dialogo politico a livello di alti funzionari e a livello parlamentare attraverso costanti contatti tra il Parlamento Europeo e la Knesset. Grande attenzione è rivolta alla cooperazione nel processo di pace e alla necessità di contribuire alla stabilità e prosperità del Mediterraneo, nonché all’insegnamento della comprensione e della tolleranza. Inoltre, l’Accordo prevede una maggiore libertà di movimento dei capitali, regole di competitività, maggiore cooperazione economica, sociale e culturale.

            Sinora l’applicazione è stata giudicata dai Servizi della Commissione soddisfacente, ed è stata risolta la questione delle regole d’origine (metodo di determinazione dell’origine di un prodotto sulla base della quale si applicano diversi sistemi tariffari) per le quali persistevano divergenze di interpretazione quanto al loro ambito di applicazione territoriale. Tel Aviv, non riconoscendo l’Accordo interinale di Associazione stipulato tra la Comunità Europea e l’OLP, infatti, rifiutava di imputare un’origine separata ai prodotti palestinesi e sosteneva che l’UE non doveva considerare i Territori palestinesi alla stregua di un’entità doganale distinta. In occasione della visita a Bruxelles del Vice Primo Ministro Olmert, è stata raggiunta un’intesa di principio sulle regole d’origine. Secondo i termini dell’Intesa, Tel Aviv mette l’UE al corrente delle istruzioni interne impartite agli operatori doganali israeliani, contenenti l’identificazione dei luoghi di produzione dei beni d’esportazione. L’UE riesce così a desumere la provenienza delle merci e a distinguere quelle israeliane da quelle prodotte all’interno degli insediamenti. L'accordo, adottato dal Consiglio di Associazione UE-Israele del 13 dicembre 2004, prevede che il luogo d'origine figuri sul prodotto. A decorrere dal 1° febbraio 2005 trovano applicazione le nuove disposizioni contenute nell’Accordo tecnico sulle modalità di identificazione dell'origine dei prodotti esportati da Israele verso l'UE. L’Avviso agli Importatori comunica che tutte le dichiarazioni su fattura e tutti i certificati di circolazione EUR.1 emessi da Israele, dovranno recare il nome della città, del paese o della zona industriale in cui ha avuto luogo la produzione che determina l’origine del prodotto. Tale indicazione ha permesso di ridurre drasticamente il numero dei casi in cui sussistono ragionevoli dubbi sull’origine dei prodotti importati da Israele. Viene pertanto negato il trattamento preferenziale alle merci la cui prova di origine indichi che la produzione ha avuto luogo in una città, un paese o una zona industriale che dal 1967 si trova sotto il controllo dell’amministrazione israeliana.

            Questi ambienti economici hanno accolto con soddisfazione l’approvazione da parte del Consiglio dell'UE della proposta della Commissione per la creazione di una zona Euromediterranea per il cumulo delle regole d’origine, con la partecipazione di Israele.

            I vantaggi maggiori per l’industria israeliana sono da attendersi nel settore tessile, nel quale varie aziende hanno dislocato parte della propria attività in Giordania, in Egitto o nell'Est Europa. L'accordo consentirà al settore tessile israeliano di avvantaggiarsi del più basso costo della manodopera in tali Paesi, conservando allo stesso tempo i vantaggi tariffari nel Mercato Unico.

            Il 13 maggio 2003, il Consiglio dei Ministri dell’UE ha approvato l’Accordo di cooperazione tecnica e scientifica tra UE e Israele, che è stato firmato dalla Presidenza greca e che si trova ora al Parlamento Europeo per la ratifica. L’Accordo prevede la partecipazione di Israele al 6° Programma di Ricerca e Sviluppo (2003-2006).

            Il 13 dicembre 2004 è stato sottoscritto l’Accordo per la partecipazione israeliana al Progetto Galileo che prevede la cooperazione nei settori scientifici, tecnologici ed industriali, incluse la standardizzazione, le frequenze e le certificazioni. E’ stata accolta con soddisfazione la firma dell’Accordo con l’UE e l’Agenzia Europea per lo spazio per la partecipazione di Israele al programma satellitare Galileo. Il Governo israeliano, nell’arco di cinque anni, investirà nel progetto 100 milioni di shekel (poco meno di 20 miliardi di Euro), ottenendo di partecipare alla gestione del progetto e di ammettere nello stesso aziende israeliane, che parteciperanno al bando di gara per la prima fase del programma, nel quale si prevedono la costruzione e il lancio dei primi quattro satelliti. Tra le società israeliane che parteciperanno al programma vi sono Rafael, IAI (Israel Aircraft Industries), Orbit-FR e Rokar International.

            L’Accordo Agricolo, entrato in vigore nel gennaio 2004, prevede, per quanto concerne le esportazioni agricole europee verso Israele, l’aumento delle quote per bovini, carne kosher, latte e derivati, cipolle e aglio, vegetali trattati ed essiccati, mele, pere, riso, zucchero, frutta in scatola, succhi di frutta, oli, mangimi animali, aceto e vino. L’Unione Europea garantirà invece ad Israele un migliore trattamento per importazioni di frutta fresca, vegetali freschi, trattati ed essiccati, tacchino, succhi di frutta, vino, fiori, succhi di limone e d’arancia. Le rispettive quote di importazioni preferenziali ammesse sono aumentate del 3% l’anno.

            L’UE rappresenta il primo partner commerciale di Israele. Nel 2002 il commercio con l’UE ha rappresentato rispettivamente il 33% del totale delle esportazioni israeliane e il 41% del totale delle importazioni israeliane. Vi è una costante crescita della penetrazione europea in questo mercato ai danni dei prodotti statunitensi. Il saldo negativo della bilancia commerciale israeliana continua a rappresentare una costante dei rapporti bilaterali con l’UE, pur essendo diminuito in termini assoluti negli ultimi anni.

            Da ultimo, l’UE ha reagito all’espansione degli insediamenti a Gerusalemme Est ribadendo le sue preoccupazioni per le iniziative unilaterali israeliane che pregiudichino lo status della Città Santa, aveva previsto la divulgazione di una propria analisi degli sviluppi sul terreno (l’Italia, insieme ad altri partners ed a Solana, si è adoperata perché un documento preparatorio al riguardo – che ha formato oggetto di fughe di stampa – non fosse ufficializzato prima di un’attenta disamina politica). Tale presa di posizione ha provocatouna reazione negativa da parte israeliana, provocando lo slittamento del Consiglio di Associazione al 13 giugno 2006. Nella riunione del 6 il Consiglio di Associazione, la Presidente Plassnik ed il Commissario Ferrero-Waldner hanno sottolineato la valenza strategica che caratterizza l'approfondimento del dialogo fra l'UE ed Israele, elencando i settori in cui si sono registrati progressi significativi a seguito dell'adozione del Piano d'Azione. Si e' parlato, pertanto, dell'avvio dei negoziati di liberalizzazione del commercio dei servizi e del commercio dei prodotti agricoli e della pesca, dell'istituzione di un meccanismo per la soluzione delle controversie commerciali, della prossima partecipazione di Israele al 7 Programma quadro per la ricerca e lo sviluppo e al Programma quadro per l'innovazione e la competitività, dell'inclusione di Israele come "osservatore attivo" nel gruppo ristretto di esperti Moneyval del Consiglio d'Europa (per il contrasto del riciclaggio dei capitali) e delle prospettive di collaborazione con Europol, dei programmi relativi ai settori dell'istruzione, dell'ambiente, dell'energia, delle dogane. La Commissione ha precisato che nell'ambito delle prospettive finanziarie 2007-2013 sono stati introdotti numerosi programmi ai quali Israele potrà partecipare. L'avvio della collaborazione nella lotta contro il terrorismo é stata oggetto di marcato apprezzamento, soprattutto da parte israeliana. Il Ministro Livni ha ribadito con enfasi l'opportunità di estendere la cooperazione al di là del livello tecnico, sulla base di una strategia comune e di valori condivisi.

 

 

RAPPORTI BILATERALI

(A CURA DEL MAE)

 

 

1.     Rapporti politici ed economici

 

I rapporti bilaterali tra Italia e Israele hanno conosciuto negli ultimi anni uno straordinario sviluppo, promosso dai due Governi ma anche da una autonoma spinta delle rispettive società civili, degli ambienti imprenditoriali, culturali e scientifici. Israele, nella prospettiva di una pace pur difficile, vede nell’Italia un modello di riferimento che gli è particolarmente congeniale: una grande democrazia mediterranea che riesce a contemperare avanzato sviluppo tecnologico con attenzione alla vita familiare, al sociale ed alle fasce più deboli della popolazione.

Esiste una tradizione ormai consolidata di frequenti visite governative. Il Ministro degli Esteri Tzipi Livni ha incontrato il Ministro D’Alema a Roma il 24 agosto, mentre D’Alema si è recato in Israele l’8 settembre. Non si è trattato di semplici esercizi di diplomazia dell’immagine, bensì di momenti significativi che hanno contribuito a confermare lo spessore e la varietà delle relazioni bilaterali, nonché il contributo che l’Italia può fornire alle iniziative del Governo israeliano volte a stabilire relazioni con i Paesi arabi moderati della fascia mediterranea e del Golfo nello scopo di dare impulso ad un rilancio del processo di pace con i palestinesi. Si segnalano altresì i proficui incontri bilaterali avutisi a margine delle Conferenze internazionali.

Nell’ambito del sistema Nazioni Unite sono numerosi gli “scambi” di sostegno alle reciproche candidature. E’ stato ufficialmente formalizzato l’appoggio israeliano alla candidatura italiana al Consiglio di Sicurezza per il biennio 2007-2008. Inoltre, Gerusalemme aveva sostenuto la Candidatura di Trieste quale sede dell’Expo 2008.

 

Un elemento di particolare importanza nei rapporti bilaterali è l’Accordo di Collaborazione Industriale Scientifica e Tecnologica, firmato a Bologna nel 2000 ed entrato in vigore nel 2002.

La Commissione mista italo-israeliana deputata ad applicarlo si è già riunita sei volte, l’ultima volta il 10 luglio 2006 a Roma, dove sono stati scelti cinque nuovi progetti congiunti di ricerca e sviluppo tra imprese, università e centri di ricerca italiani e israeliani che verranno finanziati dai due Governi (per un totale di 23 progetti). Sono già stati stanziati da parte israeliana 5,5 milioni di NIS per la partecipazione delle imprese israeliane ai progetti. Si segnala altresì la firma da parte del Responsabile Scientifico israeliano, Eli Ofer, di un accordo di collaborazione tra Matimop e la Regione Lazio.

Nel quadro dell’Accordo sono stati inoltre organizzati in Israele una serie di seminari di altissimo livello che hanno messo in contatto i mondi scientifici dei due Paesi e hanno attirato grande interesse. Nel corso del 2005 sono stati effettuati dei convegni e seminari su diverse tematiche, tra cui il workshop sull’oncologia e quello sulle tematiche ambientali. L’accordo mira quindi a creare un vero e proprio legame permanente e istituzionalizzatoattraverso il quale promuovere lo scambio di conoscenze ed esperienze tra le comunità scientifiche ed imprenditoriali e stimolare la messa in comune di risorse, non solo finanziarie, ma soprattutto in termini di competenze e cognizioni. In quest’ottica si sta cercando di ampliare il numero di convegni organizzati per il biennio 2006-2007 .

 

Il 9-10 febbraio 2005, l’allora Ministro dell’Interno Pisanu si è recato in visita in Israele e, con l’occasione ha firmato l’Accordo bilaterale in materia di lotta alla criminalità (contrasto del traffico illecito di stupefacenti, sostanze psicotrope, terrorismo ed altri reati gravi), accordo che ha aggiornato l’intesa già esistente in tale materia, del 1994.

 

Il 9-10 maggio 2004 ha avuto luogo in Israele la visita dell’allora Ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, la quale ha dato luogo alla firma di una dichiarazione di intenti sulla cooperazione in materia di sicurezza delle reti, firmato a Roma durante la visita dell’allora Ministro delle Comunicazioni, del Lavoro e dei Trasporti, Olmert, il 29 settembre 2004. Il 30 giugno 2006 il Presidente della Repubblica ha firmato lo Strumento di ratifica per l’entrata in vigore dell’accordo succitato. Si attende lo scambio delle relative notifiche dalle parti contraenti per l’effettiva entrata in vigore dell’Accordo.

 

Il 16 giugno 2003, in occasione di un incontro a Parigi, il Ministro della Difesa Martino e l’omologo israeliano Mofaz hanno firmato un Memorandum of Understanding di collaborazione nel campo della difesa, recentemente ratificato dal Parlamento italiano.

Nel giugno 2005 è stata firmata l’intesa tecnica di attuazione del MoU difesa. Durante la visita dell’allora Ministro Martino (27-28 giugno 2005), Sharon aveva dichiarato che la collaborazione bilaterale tra i due Paesi in materia di difesa rappresenta per Israele un quadro privilegiato che lo Stato ebraico “non ha stabilito con molti altri Paesi”.

A seguito della visita dell’allora Ministro israeliano della Difesa, Mozaf, (18 novembre 2004), si è concordato su una possibile collaborazione nel campo dei sistemi e della tecnologia radar, in quella degli UAV, nonché delle capacità dei sistemi di guerra elettronica. Si è inoltre proceduto ad uno scambio di lettere relative all’avvio di uno studio di fattibilità per un progetto di collaborazione fra le rispettive industrie (elettronica e ELISRA) per l’ammodernamento dei sistemi di contromisure elettroniche per l’Aeronautica.

In campo spaziale, Alenia ed IAI (Israel Aircraft Industries) hanno siglato un MOU per realizzare e commercializzare satelliti civili.

Il 3 aprile 2003 è stato firmato a Roma il Memorandum d’Intesa tra il Ministero dell’Ambiente e l’Università di Tel Aviv. A tale proposito sono stati definiti 6 progetti che coinvolgono varie istituzioni israeliane.

Sempre nel settore ambientale è stata firmata il 30 giugno 2004, tra l’allora Min. Altero Matteoli e dell’allora Ministro Sandberg, una dichiarazione congiunta bilaterale, finalizzata a sviluppare nuove attività di cooperazione in aggiunta ai progetti già in corso con l’Università di Tel Aviv.

Si è svolta in Israele, dal 30 maggio al 1° giugno 2004, la visita dell’ex Ministro dell’Istruzione, Moratti che ha partecipato come ospite d’onore alla Conferenza economica internazionale “Israel Gateway”, tenutasi all’interno della manifestazione “Italy-Israel R&D Day”. A questo evento sono seguite le firme di due “dichiarazioni congiunte” (una con il MIUR ed una con il Ministero del Commercio) finalizzate a sviluppare forme di cooperazione in settori di reciproco interesse.

Il 30 maggio 2004, Moratti e Sandberg hanno firmato una “dichiarazione comune” nella quale viene promosso il dialogo tra l’Agenzia Spaziale Italiana e l’Agenzia Spaziale Israeliana al fine di una collaborazione in campo spaziale tra i due paesi.

L’8 dicembre 2003 è stata firmata tra l’ex Ministro delle Politiche Agricole italiano, Giovanni Alemanno e il suo omologo israeliano, Yisrael Katz, una dichiarazione di intenti per la collaborazione bilaterale che prevede soprattutto: sviluppo di tecnologie nel campo agricolo e agro-alimentare; sviluppo nel settore dell’acquacoltura e creazione di partnership per la commercializzazione delle produzioni; sviluppo nel settore dell’olio di oliva; tecnologie per l’acqua irrigua e la lotta alla siccità.

E’ stato firmato a Roma l’8 ottobre 2002, un accordo bilaterale di cooperazione tra i Ministeri della Salute italiano ed israeliano, entrato in vigore il 6 agosto 2003, questo anche a sottolineare l’importanza rivestita nel settore dalle già esistenti ed avanzate strutture ospedaliere italiane sul territorio israeliano: l’“ospedale italiano” di Haifa ed il “Fatebenefratelli” di Nazareth (che fornisce tradizionalmente servizi ad un vasto bacino di utenza), la cui nascita è precedente allo stesso Stato ebraico.

Sempre in ambito sanitario, appare opportuno segnalare che la multinazionale farmaceutica israeliana Teva si starebbe ben posizionando nella gara per acquistare la società italiana Recordati.

Si segnalano anche le numerose collaborazioni tra l’Israel Institute of Technology (Technion) con Università (Politecnici di Milano e Torino) ed imprese (Fiat, Augusta, Alenia ed Ansaldo).

I rapporti economici bilaterali sono stati finora caratterizzati soprattutto da un cospicuo volume di scambi commerciali. Il mercato israeliano si sta sempre confermando come strategico per l’Italia.

Dai dati ufficiali, risulta che le nostre esportazioni verso Israele sono aumentate per valore nel corso del 2005 del 10,8%, crescendo da 1,56 a 1,73 miliardi di dollari. Anche i primi 7 mesi del 2006, riflettono una tendenza positiva. L’Italia rappresenta circa il 3% delle importazioni nel mercato israeliano (ottavo esportatore, dopo USA, Germania, Regno Unito Paesi Bassi, Turchia, Belgio e Francia). I settori più importanti del nostro export rimangono le macchine e gli apparecchi meccanici, i prodotti chimici ed i metalli di base, mentre la nostra quota di mercato rimane stabile sul 4,9%, come nel 2004.

Le nostre importazioni da Israele sono invece aumentate negli ultimi 12 mesi del 10,8%, da 810 a 898 milioni di dollari (diamanti esclusi). Il totale dell’ interscambio tra i due paesi è salito nel 2005 a 2,63 miliardi di dollari, con un surplus a nostro favore di 835 milioni di dollari. L’Italia è il quarto fornitore israeliano (con circa il 5% del totale delle importazioni israeliane), essendo stata superata in questa classifica nel corso del 2005 dalla Cina. Questa performance positiva è favorita dall’ottimo clima delle relazioni politiche bilaterali e dal forte impegno del Sistema Italia in Israele, con un immagine molto positiva del Made in Italy in Israele in termini di qualità, prestigio, design e tecnologia.

In questo spirito, è entrato in funzione presso la stessa sede dell’Ambasciata d’Italia, dal 1° gennaio 2005, il nuovo Sportello unico commerciale e tecnologico (“Italian Business desk”) che unisce in modo sinergico gli Uffici Commerciale e Scientifico dell`Ambasciata, l`ICE e la Camera di Commercio e Industria Israele-Italia. Lo Sportello rappresenta un punto di riferimento unico per gli imprenditori e gli altri operatori economici interessati a sviluppare i rapporti bilaterali. Nel marzo 2006 lo Sportello Unico si e’ impegnato in una campagna promozionale presso il TIV TAAM , maggiore gruppo alimentare in Israele, mirata a facilitare l’ingresso di nuove aziende italiane nel settore agroalimentare locale. Un ufficio della Compagnia delle Opere è stato recentemente inserito nella sede israeliana di tale Associazione presso lo sportello unico.

Importante è stata la partecipazione israeliana al Forum Economico del Mediterraneo svoltosi a Palermo nel mese di febbraio 2006, realizzato in collaborazione con UCME (Union of Mediterranean Confederations of Enterprises), Confindustria e ICE, cui hanno partecipato delegazioni di 13 paesi del mediterraneo oltre all’Italia, paese ospitante. Nell’ambito di tale iniziativa, volta a rilanciare la penetrazione economica italiana e il processo d’integrazione coi paesi del Mediterraneo e a promuovere investimenti, la vicinanza geografica e culturale fa dell’Italia la porta ideale d’accesso per Israele verso il mercato unico europeo.

Prospettive di particolare interesse per il futuro sviluppo delle esportazioni italiane e la cooperazione commerciale vi sono nel settore dei trasporti (ferrovie) , delle tecnologie ambientali, dei sistemi di sicurezza per impianti e strutture e nel settore turistico.

Il settore turistico vede l’Italia come meta privilegiata per il turismo israeliano. Il nostro Paese si colloca al quinto posto per flusso verso Israele, superato solo da USA, Francia, Germani e Regno Unito.Fra i vari fattori che influenzano la scelta verso il nostro Paese, dovuti sia all’ammirazione per la cultura, l’arte, la lingua e la gastronomia, è da sottolineare anche la percezione dell’Italia come uno dei Paesi più amici sulla scena internazionale. Si segnala che è stato organizzato recentemente il “Festival Italiano” alle Torri Azrieli di Tel Aviv, inteso sia ad una presentazione generale e turistica del nostro Paese che a stimolare l’acquisto di prodotti italiani. Il Ministero del Turismo israeliano ha deciso di riaprire il proprio Ufficio di rappresentanza in Italia, chiuso negli anni scorsi per questioni di bilancio. L’Ufficio – che si aggiunge ai sei esistenti (tre in Nord America: New York, Los Angeles e Canada) e tre in Europa (Inghilterra, Francia e Germania) – sarà responsabile anche per la Spagna.

La decisione di riaprire la rappresentanza nel nostro Paese e’ stata assunta sulla base dei dati, giudicati confortanti, relativi ai flussi turistici dall’Italia. Nei primi sette mesi del 2005 sarebbero giunti in Israele circa 30 mila italiani, in buona misura pellegrini, ma si ritiene qui che esistano promettenti prospettive per consistenti aumenti nei prossimi anni.

 

Si è svolta dal 3 al 5 giugno 2006, una missione in Israele di SACE. La visita ha consentito l’acquisizione di aggiornate informazioni sulle opportunità di sostegno alle esportazioni ed agli investimenti italiani in Israele, sia in relazione alle agevolazioni fiscali qui attualmente vigenti per l’acquisto di macchinari industriali, sia soprattutto in una prospettiva temporale di medio-lungo termine, finalizzata ad un sostanziale rafforzamento delle possibilità operative del Sistema Italia. Da parte di tutti gli interlocutori israeliani è stato espresso forte interesse per un più ampio coinvolgimento di SACE in attività su questo mercato, anche con riferimento agli importanti progetti infrastrutturali in corso in vari settori (energia, trasporti, risorse idriche, ambiente), nonchè per il possibile supporto a cooperazioni italo-israeliane su mercati terzi.

 

Per quanto riguarda gli investimenti diretti italiani in Israele, la presenza più significativa si riscontra nel settore assicurativo. Generali nel 1997 ha acquisito il 59% della maggiore società assicurativa locale, la Migdal, aumentando quindi la propria quota al 64%. A partire dal 1999, Generali è entrata tramite Migdal nel capitale della seconda principale banca israeliana, "Bank Leumi”, con una quota iniziale del 3%, salita successivamente all’7,6%.

Telecom Italia è attiva nella posa e nella gestione di cavi sottomarini a fibre ottiche: con partners israeliani ha costituito nel 1999 la società "Med 1" per la posa e la gestione di un primo cavo a fibre ottiche tra Mazara del Vallo e Tel Aviv, che costituisce oggi la principale arteria per le comunicazioni telefoniche tra Israele e l'Europa.

Nel maggio 2000 Telecom Italia ha varato il progetto Nautilus. Il progetto si articola in tre tronconi, per un totale di circa 7000 km di cavo: un cavo tra Catania e Haifa via Creta; il cavo tra Catania-Tel Aviv, con potenziale estensione ad Alessandria d'Egitto; l'estensione del cavo da Creta verso Atene ed Istanbul. La posa in opera è stata completata e si è dato avvio allo sfruttamento commerciale. Nel 2005 la Telecom Italia e’ divenuta unico proprietario del Consorzio, dopo aver acquistato le restanti quote dai partners israeliani.

Leumi, seconda banca per importanza in Israele, ha reso nota l`intenzione di vendere meta` della quota del 20% in suo possesso della compagnia di assicurazioni Migdal al Gruppo Generali, che ne possedeva gia` il 60%. Il prezzo d'acquisto è stato quantificato in 142 milioni di dollari. La vendita delle azioni in mano a Leumi si è resa necessaria in relazione al recente obbligo posto alle banche di separare in maniera graduale, nell' arco dei prossimi 4 anni, la loro proprieta' da quella dei fondi di previdenza e dei fondi comuni, creando cosi le basi per una sostanziale deconcentrazione del mercato. La mossa di Generali conferma l’interesse di lungo periodo del gruppo triestino per il mercato israeliano.

Il Gruppo Pompea, una delle imprese leader in Europa nell’abbigliamento intimo, calze e collant, ha inaugurato nel mese di gennaio 2006 una partnership industriale con Nilit nel settore tessile.

Un’altra tipologia di servizi la cui importanza è in crescita è data dall’immagazzinamento, nei grandi laboratori sotterranei di Tirat Hacarmel, nei pressi di Haifa, di dati di back-up informatico appartenenti a banche ed istituzioni israeliane. Recentemente, la grande impresa israeliana di navigazione marittima Zim intende spostare a Taranto il proprio hub regionale, attualmente situato ad Haifa.

Il 21 marzo 2006 la SIMEST ha deliberato l’intervento nella società estera ATURA Ltd, attiva nella produzione di elastomero, il cui capitale sociale è interamente detenuto dalla società italiana Albis SpA. L’iniziativa promossa dalla società italiana, azienda attiva nella produzione di tessuto-non-tessuto, riguarda l’acquisizione del 70% delle quote della società israeliana Mirabu Industries Ltd, tramite la ATURA Ltd., per un controvalore dell’operazione pari a 7,5 milioni di dollari USA.

La navigazione commerciale tra Italia ed Israele riscuote un crescente interesse delle compagnie di trasporto marittimo.

L’industria farmaceutica israeliana Teva, specializzata nei farmaci generici, ha annunciato l’acquisto dalla Pfizer Italia, per un costo di circa 85 milioni di dollari. Secondo quanto dichiarato dall’Amministratore Delegato Israel Makov, Teva intende diventare il più grande produttore di farmaci generici in Italia, offrendo una linea di circa 60 specialità e mirando ad una quota mercato di almeno il 20%. La Teva aveva già investito in Italia, rilevando la divisione chimica della Honeywell.

Fiat tramite il proprio Centro di Ricerche ha avviato una serie di progetti con imprese israeliane anche con il finanziamento dei fondi europei del quinto programma quadro dell’Unione Europea.

Nel settore dei beni di consumo e servizi, quasi tutte le imprese italiane fanno riferimento a distributori locali per la vendita dei propri prodotti. Fanno eccezione Luxottica e Benetton, presenti con propri punti vendita.

L’AnsaldoBreda partecipa, infine, in un consorzio con Daewoo, BVG e Granite Hacarmel Investments alla gara per la costruzione della metropolitana leggera a Tel Aviv.

 

 

2.      Relazioni culturali

 

I rapporti bilaterali in campo culturale tra Italia ed Israele sono molto buoni. La nostra presenza culturale e di promozione della lingua è estremamente apprezzata, come dimostra il notevole riscontro ottenuto dalle varie iniziative realizzate dalle istituzioni italiane in loco.

E’ stato firmato (4 agosto 2005) tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e l’Israel Antiquities Authority un Memorandum d’Intesa in materia di cooperazione, restauro e tutela del patrimonio archeologico.

Il quadro di riferimento normativo delle relazioni bilaterali in questo settore, è dato dall’Accordo di Collaborazione Culturale firmato a Roma nel 1971 e dai relativi Protocolli esecutivi. Nel marzo 2004, in occasione della visita in Israele dell’On. Ministro, è stato firmato il nuovo Protocollo triennale ed il Programma Esecutivo dell’Accordo di collaborazione culturale e scientifica 2004-2007. Il programma permetterà di sviluppare cinque progetti congiunti di particolare rilevanza nel campo della ricerca scientifica di base.

L’attività di cooperazione universitaria è abbastanza intensa. Si segnalano accordi tra la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e l’Università Ebraica di Gerusalemme. Sono altresì in essere vari accordi finanziati dal MIUR che coinvolgono, tra l'altro, le Università di Milano, Roma Tre, Torino, Bologna e il Politecnico di Milano, che riguardano programmi congiunti per l’attivazione di master e dottorati. Dal 2002 ha avuto inizio una cooperazione quadriennale tra le Facoltà di Giurisprudenza delle Università di Milano e Tel Aviv.

            In quest’ambito assume particolare rilievo l’iniziativa dell’Università Ebraica di Gerusalemme che ha approvato, nel settembre 2002, l'istituzione nel proprio ambito del “centro di studi italiani”, progetto che si svilupperà in collaborazione con l'Università di Roma "La Sapienza". Nel corso di una missione in loco (ottobre 2003), i docenti dei due Atenei hanno convenuto che il Centro, potrà accedere ai finanziamenti del MIUR, ad avvenuta attivazione di alcuni progetti di collaborazione.

Anche il Ministero degli Affari Esteri ha previsto la concessione di borse di studio, per l’a.a. 2006-2007, di n. 40 mensilità dell’importo di Euro 774,69. Delle suddette mensilità 9 dovranno essere destinate per una borsa di studio (con borsellino mensile di Euro 1000) per il Diploma avanzato in Studi Europei presso il Collegio Europeo di Parma e 8 mensilità per una borsa di studio nell’ambito del progetto speciale dell’Associazione Rondine.

N         el Paese non vi sono istituzioni scolastiche italiane. Hannoperò sede l’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv e una sezione dello stesso Istituto ad Haifa.
Queste ultime hanno organizzato, già da due anni, corsi linguistici per studenti universitari, che hanno riscosso vivo apprezzamento. I corsi formano i numerosi studenti interessati a alle nostre università ( circa 500 all’anno) prevedendo, oltre all’apprendimento della lingua, anche l’insegnamento – sempre in italiano- delle principali materie che saranno affrontate nei test per l’ammissione presso le nostre facoltà. Da questa positiva esperienza è nata l’iniziativa “MECHINA”: tale corso, aperto a studenti che abbiano già frequentato corsi intensivi di lingua italiana, si giova dell’apporto di selezionati professori madrelingua e riesce a portare, dopo un anno, gli studenti israeliani ad un padronanza linguistica di base sufficiente per la frequenza di qualunque corso universitario italiano.

E’ operante un Dipartimento di italiano presso l’Università di Gerusalemme, con docenti locali. In altri Atenei del Paese vengono tenuti corsi, che registrano un’alta affluenza di studenti, grazie anche al contributo di due lettori di ruolo inviati dal MAE, uno presso l’Università di Tel Aviv, l’altro ad Haifa, presso l’Università e presso il Technion (Israel Institute of Technology), Politecnico del Paese di alto prestigio internazionale.

Riguardo ai corsi di lingua, questa strategia di espansione ha portato all’apertura di altri due nuovi centri di insegnamento a Ramat Gan e a Natanya e Nazaret, nel 2004, facendo salire a nove il numero complessivo dei centri di insegnamento gestiti dall’Istituto Italiano di Cultura in Israele. E’ giunta al contempo la richiesta di aprire corsi di lingua in nuove località più decentrate del Paese, come Ra’anana, Ashdod, Ashkelon, Givataym, Rosh Pina e Tiberiade. Nel 2005 l’aumento percentuale di studenti nei corsi degli IIC è stato di oltre il 20%, il dato conferma il costante incremento delle iscrizioni degli ultimi anni.

In occasione della Quinta Settimana della Lingua Italiana (23-29 ottobre 2005) l’Ambasciata e l’IIC hanno programmato numerosi eventi, fra i quali due Tavole Rotonde, l’una sull'opera di Pier Paolo Pasolini e l’altra con la partecipazione del prof. Itzhak Laor dell'Università di Tel Aviv, del critico cinematografico Dan Angelo Muggia e del saggista e critico teatrale Emiliano Sbaraglia. I programmi culturali dei due Istituti presentano significative proposte nei diversi settori di attività. Gli eventi sono spesso organizzati in collaborazione con importanti istituzioni culturali ed accademiche locali. In particolare si assicura la partecipazione italiana ai principali Festival Internazionali di musica, teatro, cinema, e danza che si svolgono in Israele. E’ stata aperta la prima Delegazione israeliana dell’Accademia Italiana della Cucina in occasione della grande mostra “Cinquant’anni di cucina italiana” organizzata in occasione del Cinquantenario dell’Accademia Italiana della Cucina; nel settore cinematografico è stata sostenuta la promozione del nuovo cinema italiano. Va ricordato infine che nel campo delle belle arti tutti i più importanti musei, ed in primo luogo il Museo d’Arte di Tel Aviv, possiedono collezioni e sezioni interamente dedicate all’arte italiana.

            L’attività di promozione culturale in Israele è svolta dagli Istituti di Cultura italiani di Tel Aviv e Haifa, che nel 2005 hanno programmato manifestazioni ed eventi indirizzati a tutte e tre le comunità presenti sul territorio israeliano (quella musulmana, ebraica e cristiana), allo scopo di creare spazi di confronto e di dialogo interculturale.

Tra i vari convegni organizzati nel corso del 2005 dagli istituti di Tel Aviv e di Haifa, hanno riscosso particolare apprezzamento da parte del pubblico e della critica i sei incontri dedicati al regista italiano Federico Fellini, oltre alla presentazione dei libri “Verso Gerusalemme” del Cardinale Carlo Maria Martini e “Il Posto degli Ebrei” del Prof. Amos Luzzato, Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

 

 

3.     Comunità italiana in Israele

 

            La comunità italiana residente in Israele, la più numerosa tra i Paesi dell’intero continente asiatico, è costituita da circa 8000 concittadini, di cui 7.921 iscritti all'anagrafe consolare al 10 febbraio 2003 e un numero imprecisato di oriundi.

            La collettività presenta alcune marcate peculiarità che derivano dal suo carattere “confessionale”. Essa è costituita, ad eccezione di alcuni connazionali che risiedono in Israele per ragioni attinenti alle loro funzioni (missionari o uomini d’affari), da italiani di religione ebraica, quasi tutti con doppia cittadinanza, generalmente emigrati permanentemente ed integrati nel Paese. Gli italiani di religione ebraica si considerano innanzitutto ebrei, in secondo luogo israeliani ed infine italiani.

            Nell’ambito della società israeliana esiste un forte senso di appartenenza a gruppi originari dello stesso Paese ed una sorta di competitività basata sul prestigio del Paese d’origine.

            La comunità italiana è orgogliosa di costituire una delle più antiche realtà dell’ebraismo della Diaspora (quella di Roma è stata una delle prime comunità “in esilio” al mondo) e tende ad identificarsi con l’Italia soprattutto nella cultura e nell’arte, senza mancare di rivendicare una precisa identità ebreo-italiana.

L’emigrazione dall’Italia è avvenuta inizialmente nel periodo fascista, a seguito dell’entrata in vigore delle leggi razziali, per la necessità di trovare sicuro rifugio dalle persecuzioni e, successivamente, per motivi vocazionali ed ideologici da parte di quanti tra gli ebrei italiani si identificavano nella causa del sionismo.

La comunità ha un rapporto particolare con il Paese d’origine: vivono ancora ricordi del periodo fascista, dovuti anche alla pluridecennale assenza dall’Italia democratica, ma anche un profondo senso di attaccamento e nostalgia, una necessità di rivalutazione e riscatto anche nei confronti degli altri gruppi israeliani.

Con grande gioia è stata accolta la legge che permette la doppia cittadinanza, che rende oggi possibile agli italiani di Israele di poter vivere appieno la propria doppia identità, colmando un precedente senso di lacerazione e contraddizione ed evitando scelte dolorose.

Si tratta di una collettività dinamica e di buon livello culturale che costituisce un prezioso patrimonio per il nostro Paese, soprattutto nell’ottica di uno sviluppo dei rapporti economici e commerciali. La principale richiesta dei nostri connazionali è un maggiore impegno del nostro Paese in ambito culturale, che permetta di valorizzare la loro immagine di italiani nella società israeliana e rafforzare il loro orgoglio di appartenenza.

Assai meritoria e di grande impatto sociale e culturale appare poi l’opera di numerosi missionari e studiosi che tuttavia, a causa della complessa situazione politica del Paese, necessitano talvolta di tutela nei rapporti con le Autorità locali. Si tratta di individui impegnati soprattutto nei settori dell’assistenza sociale e sanitaria, che gestiscono in particolare centri di cura e ospedali di primissimo ordine, come quelli presenti a Haifa e Nazareth.

La collettività italiana costituisce peraltro un'élite culturale e sociale, in quanto i suoi membri sono per lo più giornalisti, scrittori, studiosi, professori universitari e liberi professionisti. Alcuni dei suoi esponenti si sono distinti nella vita pubblica, come l’Architetto David Cossuto, ex Vice Sindaco di Gerusalemme, ed i Professori Alfredo Rabello e Sergio Della Pergola, rispettivamente docenti presso le Facoltà di Giurisprudenza e di Statistica dell’Università di Gerusalemme.

 

 

 

COMITES

E’ stato eletto nel marzo 2004 il primo COMITES Israele.

CGIE

La Comunità italiana in Israele non è al momento rappresentata nel Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, ma il COMITES parteciperà all’elezione del prossimo CGIE.

ASSOCIAZIONI

In termini assoluti, le Associazioni costituiscono un numero piuttosto limitato. Esse sono però guidate da personalità capaci e motivate e le attività promosse sono di alto livello e portate avanti con efficienza e serietà. Si segnalano le seguenti associazioni:

A) Associazione Ebrei di Origine italiana in Israele.

Raggruppa la grande maggioranza degli italiani di Israele e a cui fanno capo un Centro Studi sull’Ebraismo Italiano, il Museo “U. Nahon” di arte ebraica ed il Tempio italiano, una sinagoga molto antica. L’Associazione produce anche un bollettino in lingua italiana denominato “Qol ha-Italkim” (la Voce degli Italiani);

B) Associazione Amicizia Italia – Israele.

Esistono poi un “Fondo Anziani Italiani Bisognosi” e la Società Dante Alighieri, rappresentata dal Comitato di Gerusalemme e dal meno attivo Comitato di Haifa. ASSISTENZA DIRETTA (CAP. 3121):sono stati assegnati all’Ambasciata di Tel Aviv 8.700 Euro per il 2005

 


 

DATI STATISTICI BILATERALI

 

 

 

PRINCIPALI ESPORTAZIONI E IMPORTAZIONI ITALIANE 2005

ESPORTAZIONI

IMPORTAZIONI

1. macchinari ed apparecchi meccanici

1. prodotti chimici e fibre sintetiche artificiali

2. prodotti chimici e fibre sintetiche e artif.

2. macchine elettriche e di precisione

3. metalli e prodotti del metallo

3. prodotti industria manifatturiera

Fonte: ICE

 

 

QUOTE DI MERCATO 2005 (diamanti esclusi)

 

PRINCIPALI FORNITORI

% su import

PRINCIPALI ACQUIRENTI

% su export

 

1. Stati Uniti

 

1. Stati Uniti

 

 

2. Germania

 

2. Regno Unito

 

 

3. Cina

 

3. Germania

 

 

4. Italia

 

4. Paesi Bassi

 

SACE (situazione al 31.12.2005)

Categoria di rischio*

3 su 7

 A - Paesi assicurabili con o senza particolari restrizioni

 

Impegni in essere (a)

80,05

0,4% del totale

Indennizzi erogati da recuperare (b)

80,79

0,8% del totale

Mancati incassi (sinistri in corso)(c)

0,03

0,03% del totale

Esposizione complessiva (a+b+c)

160,87

0,54% del totale

Ultimo accordo bilaterale:             9-10 febbraio 2005

Fonte: SACE- 31 Dicembre 2005 (mln di Euro)

 

 

 



[1] Di questi, circa il 32,1% provengono dall’Europa o dagli USA, il 20,8% sono israeliani di nascita, il 14,6% provengono dall’Africa ed il 12,6% provengono dall’Asia.

Dal 1989 ad oggi, circa 950.000 ebrei sono emigrati in Israele dai territori dell’ex Unione sovietica e rappresentano oltre il 16% della popolazione totale (Fonte: Il Cannocchiale: febbraio 2006).

[2] La parte più povera della popolazione dello Stato d’Israele è costituita prevalentemente da arabi.

[3] In previsione di una pesante sconfitta elettorale ed a fronte delle scissioni presenti nel partito, il leader e fondatore del Partito, Tommy Lapid, ha rassegnato le sue dimissioni il 25 gennaio 2006.

[4] Il Partito dei pensionati ha portato in piazza le difficoltà di tutti coloro che devono sopravvivere con pensioni non adeguate al costo della vita e di chi non ha, o teme di non avere, accesso in futuro ad un trattamento pensionistico. A votarlo sono stati in maggioranza israeliani con meno di 40 anni  che temono di dover affrontare la vecchiaia senza la certezza di una pensione.

[5] E’ allo studio una Costituzione scritta. I maggiori oppositori sono i Partiti religiosi che temono possa incrinare il carattere “ebraico” dello Stato.

[6] Si ricorda, in particolare, che la Corte si è espressa con sfavore riguardo alla costruzione della barriera di difesa.

[7] I dibattiti interni si concentrano sul fatto che il primo errore sia stato quello di sottovalutare gli Hezbollah, e pensare che si sarebbe innescato un processo interno al Libano che avrebbe di fatto rimosso i guerriglieri dal monopolio della forza nel paese, il secondo di aver pensato che l’impiego esclusivo della forza avrebbe portato con sé di conseguenza la creazione di un nuovo ambiente politico. Infine, come terzo, gli errori da un punto di vista strategico-militari, causati anche dall’inadeguatezza dei sistemi di difesa anti-missili Qassam e dall’inefficienza dell’aeronautica, incapace di occuparsi in modo efficace dei razzi Katyusha di corta gettata. Per occuparsi dei lanci di questi missili, era necessaria un immediata avanzata della fanteria, che vista le riluttanze della politica a dare il via libera a tale azione, ha permesso per un mese intero ai guerriglieri libanesi di colpire Israele con questi razzi. L’azione di terra, circoscritta e limitata, con l’intenzione di portare a casa meno perdite possibile, non è stato altro che una mezza azione. Ciò ha costretto le forze aeree a non poter bombardare le postazioni di lancio dei Katyuscha posti al confine. Quella che è mancata è una strategia su vasta scala che avrebbe messo in preventivo, tra l’altro, il rischio di ingenti perdite. La non completa digitalizzazione dell’esercito di terra, è stato un altro problema, anche se restano dubbi sull’efficacia di questo tipo di sviluppo tecnologico, che prevede il controllo del territorio e non la conquista. Polemiche ci sono sorte anche intorno al sistema logistico applicato sul campo, che è stato centralizzato e ha lasciato poca autonomia alle unità di combattimento, vincolandole totalmente al “centro”. Molti attribuiscono questa problematica alla restrizione dei fondi destinati all’esercito, problema che avrebbe creato due eserciti in uno: uno normale, professionale, maggiormente equipaggiato (anche se non sempre in modo adeguato), e le unità di riserva, meno professionali, mal equipaggiate e meno addestrati. Carenza di fondi che avrebbe anche causato pesanti ritardi allo sviluppo del nuovo sistema di difesa anti-missilistico, nonostante il ministro della difesa abbia ribadito più volte che Israele sta sviluppando sistemi anti-missili efficaci contro i missili Qassam che minacciano il nord e il sud del paese, prevedendo che, entro il 2007, tutte le scuole israeliane nei pressi della Striscia di Gaza, saranno protette contro il lancio di questi missili.

 

[8] Il 9 marzo 2005, il procuratore Talia Sasson ha ufficialmente consegnato i risultati dell’inchiesta sugli avamposti illegali nella West Bank. “La violazione della legge in tale grossolana maniera rischia di minacciare le fondamenta democratiche del Paese e deve essere contrastata” ha ammonito la Sasson, riferendosi al ruolo esercitato sistematicamente e di concerto, negli ultimi tredici anni, da alcune istituzioni statali nella costituzione ed espansione di 105 avamposti mai autorizzati dal Governo nel territorio della West Bank, 54 dei quali edificati su terra di proprietà privata palestinese. 24 dei 105 avamposti illegali sono stati costituiti durante il Governo Sharon; 71 precedentemente ad esso; dei rimanenti 10 non si conosce la data di costituzione. Il Governo israeliano ha interinato il rapporto Sasson. Tuttavia, nei fatti, poco è ancora cambiato e le costruzioni continuerebbero a ritmo immutato. Si segnala comunque l’operazione di sgombero forzato dell'avamposto illegale di Amona, nei pressi di Hebron, ordinata dal Primo Ministro Olmert, nei primi giorni di febbraio 2006. Per parte sua, il movimento dei coloni ha deciso di lasciare l'avamposto rinunciando alla resistenza attiva per tentare la via dei ricorsi giuridico-amministrativi.