Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 2201/2003 sulla competenza e sulla legge applicabile in materia matrimoniale - COM (2006) 399
Serie: Proposte di atti normativi dell'Unione europea    Numero: 1
Data: 23/10/2006
Descrittori:
MATRIMONIO     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 
Ufficio Rapporti con l’Unione europea
Servizio Studi

Proposte di atti normativi dell’Unione europea

 

Proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE)

n° 2201/2003 sulla competenza e sulla legge applicabile in materia matrimoniale

COM(2006) 399

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N. 1 / 23 Ottobre 2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Segreteria generale - Ufficio rapporti con l’Unione europea

 

SIWEB

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I N D I C E

Scheda di lettura      Pag.   1

Dati identificativi“3

1.    La proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE) n° 2201/2003  per quanto concerne la competenza  e che istituisce regole relative  alla legge applicabile in materia matrimoniale    “  5

1.1 Origine e finalità    “  5

1.2 Procedura d’esame    “  7

1.3 Obiettivi della proposta    “  7

1.4 Contenuti della proposta    “  9

2. Valutazione della proposta sotto i profili di sussidiarietà e proporzionalità    “  12

2.1. Le disposizioni del Trattato CE e del Protocollo sull’ applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità    “  12

2.2. La motivazione della proposta di regolamento sotto i profili di sussidiarietà e proporzionalità    “  14

2.3. Il controllo dell’applicazione del principio di sussidiarietà da parte dei Parlamenti nazionali“17

3. La disciplina del divorzio nell’ordinamento italiano    “  25

Documentazione      “   31

Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) 2201/2003 limitatamente alla competenza giurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabile in materia matrimoniale (COM(2206)399)                                                                                        "   33

Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000                         "   51

Allegato alla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) 2201/2003 limitatamente alla competenza giurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabile in materia matrimoniale - Documento di lavoro della Commissione relativo alla valutazione di impatto (SEC(2006)949) (testo in inglese)                                                             "   81

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Scheda di lettura


 

Dati identificativi

 

 

 

Titolo

Proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE) n° 2201/2003 per quanto concerne la competenza
e che istituisce regole relative alla legge applicabile in materia matrimoniale - COM(2006)399

Settori di intervento

Cooperazione giudiziaria in materia civile

Finalità

Stabilire norme europee armonizzate relative alla legge applicabile in caso di divorzio e modificare le attuali norme relative alla competenza giurisdizionale in materia matrimoniale

Base giuridica

Articolo 61, lettera c), e articolo 65, lettera b), del Trattato che istituisce la Comunità europea.

Procedura

Codecisione

Date:

-          proposta iniziale della Commissione europea

-          esame previsto in Assemblea PE

 

 

 

17 luglio 2006

25 aprile 2007

 


1.       La proposta di regolamento
che modifica il regolamento (CE) n° 2201/2003
per quanto concerne la competenza
e che istituisce regole relative
alla legge applicabile in materia matrimoniale

1.1 Origine e finalità

La maggior mobilità dei cittadini all’interno dell’Unione europea ha provocato un aumento dei matrimoni cosiddetti “internazionali”, in cui i coniugi hanno una cittadinanza diversa oppure risiedono in Stati membri diversi o in uno Stato membro di cui almeno uno dei due non è cittadino.

Qualora una coppia “internazionale” decida di divorziare può essere invocato legittimamente il ricorso a diversi ordinamenti.

Scopo delle norme sul diritto applicabile, denominate “norme sui conflitti di legge” (o “norme di conflitto”), è quello di individuare quale delle varie normative nazionali si debba applicare.

Il Trattato di Amsterdam ha stabilito l’obiettivo della realizzazione progressiva di uno spazio europeo comune di libertà, sicurezza e giustizia, anche tramite l’adozione di misure in materia di cooperazione giudiziaria civile.

In questo quadro, la proposta di regolamento che riguarda la competenza giurisdizionale e che istituisce regole relative alla legge applicabile in materia matrimoniale[1] rientra nelle attività in corso nell’UE finalizzate alla creazione di uno spazio giudiziario effettivo - basato sul principio del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie - previsto dal programma di reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie del 2000 e confermato dal Consiglio europeo dell’Aja del novembre 2004.

In particolare, quest’ultimo ha invitato la Commissione a presentare una serie di proposte in materia di diritto di famiglia, tra le quali una relativa al conflitto di leggi in materia di divorzio, con l’obiettivo di una loro adozione entro il 2011.

Gli strumenti in questi settori, secondo il Consiglio europeo, ”dovrebbero contemplare questioni di diritto privato internazionale e non dovrebbero essere basati sui concetti armonizzati di ‘famiglia’, ‘matrimonio’, o altri. Si dovrebbero varare disposizioni uniformi di diritto sostanziale soltanto come misure di accompagnamento, qualora fosse necessario per procedere al reciproco riconoscimento delle decisioni o per migliorare la cooperazione giudiziaria in materia civile”.

Nel marzo 2005 la Commissione ha organizzato una consultazione pubblica sul libro verde[2] relativo al diritto applicabile e alla competenza giurisdizionale in materia di divorzio: la maggioranza delle parti intervenute riterrebbe, secondo la Commissione, che la Comunità debba intervenire per migliorare la certezza del diritto e garantire l’accesso alla giustizia.

Attualmente non esistono norme comunitarie relative alla legge applicabile in materia matrimoniale. Il regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003 (cosiddetto regolamento “Bruxelles II”) fissa norme uniformi in materia di competenza giurisdizionale e riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia matrimoniale, ma non prevede norme sulla legge applicabile.

Quando una procedura di divorzio è avviata nell’ambito della giurisdizione di uno Stato membro, la legge applicabile è determinata secondo le regole nazionali di conflitto di questo Stato, le quali sono fondate su criteri diversi nei diversi ordinamenti nazionali.

Alcuni Stati membri determinano la legge applicabile attraverso una serie di criteri di collegamento (ad esempio, la cittadinanza dei coniugi), diretti a garantire che il procedimento sia disciplinato dall’ordinamento giuridico del Paese con cui i coniugi hanno il legame più stretto.

Altri Stati membri applicano alle procedure di divorzio la legislazione nazionale (lex fori) in modo sistematico, indipendentemente dalla cittadinanza dei coniugi. A causa di tali differenze, secondo la Commissione:

·         può risultare difficile per la coppia prevedere in base a quale legge verrà disciplinato il divorzio;

·         i coniugi hanno un margine di scelta limitato o nullo per quanto riguarda la determinazione della legge applicabile al divorzio;

·         le norme attuali possono indurre ciascun coniuge alla cosiddetta “corsa al tribunale”, a rivolgersi cioè al giudice prima dell’altro coniuge, per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che tuteli meglio i propri interessi.

Infine, le norme attuali non garantirebbero, secondo la Commissione, un accesso alla giustizia sufficiente, soprattutto nel caso di cittadini dell’Unione che risiedano in paesi terzi.

Alla luce di tali considerazioni la Commissione propone, con il progetto di regolamento in questione, l’introduzione di norme europee armonizzate relative alla legge applicabile e la modifica delle attuali norme relative alla competenza giurisdizionale in materia matrimoniale, allo scopo di migliorare la certezza del diritto per le coppie che nell’Unione europea affrontano un divorzio “internazionale” e di garantire l’accesso alla giustizia per i cittadini UE che risiedono in paesi terzi.

1.2 Procedura d’esame

La proposta, presentata dalla Commissione il 17 luglio 2006,segue la procedura di codecisione, secondo la quale il Consiglio decide a maggioranza qualificata, in accordo con il Parlamento europeo.

La base giuridica della proposta è l’articolo 61, lettera c), del Trattato che istituisce la Comunità europea. Tale articolo conferisce alla Comunità il potere di adottare misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, come previsto all'articolo 65.

L’articolo 65 attribuisce alla Comunità poteri legislativi nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, che presenti implicazioni transfrontaliere, per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno.

L’articolo 65, lettera b), menziona espressamente le misure per la promozione della compatibilità delle regole applicabili ai conflitti di leggi e di competenza giurisdizionale.

La proposta è in attesa di esame da parte del Consiglio.

Il Parlamento europeo ha assegnato la proposta per l’esame alla Commissione per le libertà civili, giustizia e affari interni (commissione di merito). Il 13 settembre 2006 la Commissione del Parlamento europeo ha nominato Evelyne Gebhardt (gruppo PSE, Germania) relatrice sulla proposta. La relazione, una volta approvata dalla medesima Commissione, dovrebbe essere esaminata dall'Aula nella sessione del 25 aprile 2007.

1.3 Obiettivi della proposta

La proposta modifica il regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, introducendo norme armonizzate relative alla legge applicabile e modificando le norme relative alla competenza giurisdizionale in materia matrimoniale, allo scopo di raggiungere i seguenti obiettivi:

·         Rafforzare la certezza del diritto e la prevedibilità

La proposta introduce nel regolamento (CE) n. 2201/2003 i nuovi articoli 20-bis, 20-ter, 20-quater, 20-quinquies e 20-sexies, relativi a norme di conflitto armonizzate in materia di divorzio e di separazione personale, in modo da permettere ai coniugi di prevedere quale sarà la legge applicabile alla loro procedura di divorzio. La normativa proposta si basa anzitutto sulla scelta dei coniugi. In mancanza di tale scelta, la legge applicabile è determinata in base ad una serie di criteri di collegamento intesi a garantire che il divorzio sia disciplinato dalla legislazione del paese con cui i coniugi hanno un legame stretto.

·         Aumentare la flessibilità, offrendo ai coniugi una certa possibilità di scelta relativamente alla legge applicabile e al giudice competente

La proposta introduce un nuovo articolo 3-bis nel regolamento (CE) n. 2201/2003 con l’obiettivo di rendere più flessibile il quadro normativo riconoscendo ai coniugi una certa possibilità di scelta in ordine sia alla legge applicabile, sia al giudice competente per i procedimenti di divorzio e separazione personale. Ciò potrebbe risultare particolarmente utile, secondo la Commissione, nei casi di divorzio consensuale. La scelta si limita alla legge o ai giudici degli Stati con cui i coniugi hanno un legame stretto, in quanto vivono o hanno vissuto in tale Stato o in quanto cittadini di tale Stato. Sono introdotte garanzie affinché i coniugi siano consapevoli delle conseguenze della loro scelta. La scelta deve quindi essere effettuata per iscritto e firmata da entrambi i coniugi.

·         Garantire l’accesso alla giustizia

La proposta intende agevolare l’accesso alla giustizia nei casi di divorzio tra coniugi che siano cittadini di Stati dell’UE diversi o che vivano in un paese terzo. Secondo la Commissione, le norme attualmente in vigore non garantiscono in modo efficace che un giudice di uno Stato membro sia competente in materia matrimoniale per i coniugi che siano cittadini UE, di nazionalità diversa, o che vivano in un paese terzo. La proposta modifica quindi il regolamento (CE) n. 2201/2003 introducendo un nuovo articolo 7, sostitutivo del precedente, che reca una norma di competenza giurisdizionale residuale, uniforme ed esaustiva, al fine di rinforzare l’accesso alla giustizia in materia matrimoniale per i coniugi che risiedano in un paese terzo ma desiderino avviare un’ azione giudiziaria in uno Stato membro con il quale abbiano stretti legami.

·         Evitare la “corsa al tribunale” da parte di uno dei coniugi

Attraverso le citate modifiche al regolamento (CE) n. 2201/2003, la proposta mira a ridurre i motivi che possono spingere alla “corsa al tribunale”, a rivolgersi cioè al giudice prima del coniuge, per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che tuteli meglio i propri interessi. Secondo la Commissione la “corsa al tribunale” ostacola i tentativi di conciliazione, non lascia margini di mediazione e può inoltre causare l’applicazione di una legge che non tiene conto degli interessi del convenuto. La proposta mira a ridurre i motivi che spingono a tali comportamenti, in quanto la legge applicabile sarà designata in base a norme comuni, indipendentemente dal giudice al quale ci si rivolge.

1.4 Contenuti della proposta

L’articolo 1 della proposta di regolamento stabilisce in primo luogo la modifica del titolo del regolamento (CE) n. 2201/2003. Inserisce poi nello stesso regolamento un nuovo articolo 3 bis relativo alla Scelta dell’autorità giurisdizionale a opera delle parti nei procedimenti di divorzio e separazione personale.

In base al paragrafo 1 del nuovo articolo 3 bis, i coniugi possono concordare che l’autorità di uno Stato membro sarà competente a decidere nel procedimento di divorzio o separazione personale, purché abbiano un legame sostanziale con quello Stato membro in quanto:

·         esso sia la residenza abituale dei coniugi, o l'ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, o la residenza abituale del convenuto, o, in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, oppure,

·         sia la residenza abituale dell'attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, o la residenza abituale dell'attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso o, nel caso del Regno Unito e dell'Irlanda, ha ivi il proprio «domicile»;

·         è lo Stato di cui uno o entrambi i coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e dell'Irlanda, hanno il «domicile»;

·         è lo Stato in cui i coniugi hanno avuto l’ultima residenza abituale comune per almeno tre anni.

Il paragrafo 2 prevede che l’accordo tra i coniugi relativo alla competenza sia redatto per iscritto e firmato da entrambi, al più tardi al momento in cui viene adita l’autorità giudiziaria.

Il paragrafo 3 dispone che laddove gli articoli 4 (Domanda riconvenzionale) e 5 (Conversione della separazione personale in divorzio) del regolamento 2201/2003 fanno riferimento all’articolo 3 dello stesso regolamento (relativo alla competenza generale in materia di divorzio, separazione personale e annullamento del matrimonio), tale riferimento viene esteso al nuovo articolo 3bis.

Il paragrafo 4 sopprime l’articolo 6 del regolamento 2201/2003, concernente il carattere esclusivo della competenza giurisdizionale stabilita dal regolamento.

Il paragrafo 5 prevede la sostituzione dell’articolo 7 del regolamento 2201/2003 con un nuovo articolo 7 relativo alla Competenza residuale. In base a tale articolo, nel caso in cui i coniugi o uno di essi non abbiano la residenza abituale nel territorio di uno Stato membro o siano cittadini di uno stesso Stato membro ovvero, nel caso del Regno Unito e dell'Irlanda, abbiano il "domicile[3]" nel territorio di uno di questi Stati membri, sono competenti le autorità giurisdizionali di uno Stato membro in quanto:

·         i coniugi hanno avuto la precedente residenza abituale comune nel territorio di quello Stato membro per almeno tre anni, oppure

·         uno dei coniugi è cittadino di quello Stato membro o, nel caso del Regno Unito e dell'Irlanda, ha il “domicile” nel territorio di uno di questi Stati membri.”

Il paragrafo 6 stabilisce che, nell’articolo 12, paragrafo 1 del regolamento 2201/2003, relativo alla Proroga della competenza (la stessa autorità giurisdizionale è competente anche per le domande relative alla responsabilità dei genitori), il riferimento all’articolo 5 sia sostituito dal riferimento agli articoli 3 e 3bis.

Il paragrafo 7 dell’articolo 1 della proposta di regolamentointroduce nel regolamento 2201/2003 un nuovo Capo II bis, che detta disposizioni relative alla Legge applicabile in materia di divorzio e separazione personale.

 L’articolo 20 bis del nuovo Capo disciplina la Scelta della legge a opera delle parti.

In base al paragrafo 1 di tale articolo i coniugi possono designare di comune accordo la legge applicabile al divorzio e alla separazione personale scegliendo tra:

·         la legge dello Stato dell’ultima residenza abituale comune dei coniugi (purché uno dei due vi risieda ancora);

·         la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza o, nel caso del Regno Unito e dell'Irlanda, del “domicile” di uno dei coniugi;

·         la legge dello Stato in cui i coniugi hanno risieduto per almeno cinque anni;

·         la legge dello Stato membro in cui è presentata la domanda.

Il paragrafo 2 prevede che l’accordo tra i coniugi relativo alla competenza sia redatto per iscritto e firmato da entrambi, al più tardi al momento in cui viene adita l’autorità giudiziaria.

L’articolo 20 ter introduce norme relative alla legge applicabile in mancanza di scelta delle parti. In tale evenienza il divorzio e la separazione personale sono disciplinati dalla legge dello Stato:

·         in cui i coniugi hanno la residenza abituale comune o, in mancanza,

·         dell’ultima residenza abituale comune dei coniugi, purché uno dei due vi risieda ancora o, in mancanza,

·         di cui entrambi i coniugi hanno la cittadinanza o, nel caso del Regno Unito e dell'Irlanda, del “domicile” di entrambi i coniugi o, in mancanza,

·         in cui è presentata la domanda.

L’articolo 20 quater dispone che, qualora si applichi una legge di un altro Stato membro, l’autorità giudiziaria può avvalersi della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale[4] per informarsi sui suoi contenuti.

L’articolo 20 quinquies stabilisce che il riferimento all’applicazione della legge designata dal regolamento non ricomprende le norme di diritto internazionale privato in tale legge eventualmente contemplate.

Secondo l’articolo 20 sexies, l'applicazione di una disposizione della legge designata in base alle norme previste dal regolamento in esame può essere omessa, solo ove tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l'ordine pubblico del foro.

Infine l’articolo 2 della propostadisponeche il regolamento in esame entri in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, stabilisce che esso si applichi a decorrere dal 1° marzo 2008 e sancisce la sua obbligatorietà e la sua applicabilità diretta in ciascuno degli Stati membri.

 


2. Valutazione della proposta
sotto i profili di sussidiarietà e proporzionalità

2.1. Le disposizioni del Trattato CE e del Protocollo sull’ applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità

I principi di sussidiarietà e proporzionalità sono previsti dall’articolo 5 del Trattato istitutivo della Comunità europea.

Dopo aver enunciato, al comma primo, il principio per cui “la Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato” (c.d. principio delle competenze di attribuzione), l’articolo in questione prevede al secondo comma che “nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario”.

Il principio di proporzionalità è previsto quale regola generale per l’esercizio di tutte le competenze comunitarie dal terzo comma dell’articolo 5, in base al quale “l'azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente trattato”.

Al fine di fissare le condizioni dell'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità  e di definire con più precisione i criteri della loro applicazione, osservanza e attuazione coerente da parte di tutte le istituzioni, con il Trattato di Amesterdam è stato allegato al Trattato CE un apposito Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

Il Protocollo precisa anzitutto, al paragrafo 3, che il principio di sussidiarietà:

-          dà un orientamento sul modo in cui le competenze non esclusive della Comunità debbono essere esercitate a livello comunitario;

-          è un concetto dinamico e dovrebbe essere applicato alla luce degli obiettivi stabiliti nel Trattato;

-          consente che l'azione della Comunità, entro i limiti delle sue competenze, sia ampliata laddove le circostanze lo richiedano e, inversamente, ristretta e sospesa laddove essa non sia più giustificata.

Il paragrafo 4 stabilisce che “le motivazioni di ciascuna proposta di normativa comunitaria sono esposte, onde giustificare la conformità della proposta ai principi di sussidiarietà e proporzionalità; le ragioni che hanno portato a concludere che un obiettivo comunitario può essere conseguito meglio dalla Comunità devono essere confortate da indicatori qualitativi o, ove possibile, quantitativi”.

In base al paragrafo 5 affinché l'azione comunitaria sia giustificata, devono essere rispettati entrambi gli aspetti del principio di sussidiarietà:

-          gli obiettivi dell'azione proposta non possono essere sufficientemente realizzati con l'azione degli Stati membri nel quadro dei loro sistemi costituzionali nazionali;

-          essi possono dunque essere meglio conseguiti mediante l'azione da parte della Comunità.

Per valutare se tali condizioni sono soddisfatte, in base al Protocollo dovrebbero essere applicati i seguenti principi guida:

-          il problema in esame presenta aspetti transnazionali che non possono essere disciplinati in maniera soddisfacente mediante l'azione degli Stati membri;

-          le azioni dei soli Stati membri o la mancanza di un'azione comunitaria sarebbero in conflitto con le prescrizioni del Trattato (come la necessità di correggere distorsioni di concorrenza o evitare restrizioni commerciali dissimulate o rafforzare la coesione economica e sociale) o comunque pregiudicherebbero in modo rilevante gli interessi degli Stati membri;

-          l'azione a livello comunitario produrrebbe evidenti vantaggi per la sua dimensione o i suoi effetti rispetto all'azione a livello di Stati membri.

In base al paragrafo 6 la forma dell'azione comunitaria deve essere quanto più possibile semplice, in coerenza con un soddisfacente conseguimento dell'obiettivo della misura e con la necessità di un'efficace applicazione. La Comunità legifera soltanto per quanto necessario. A parità di altre condizioni, le direttive dovrebbero essere preferite ai regolamenti e le direttive quadro a misure dettagliate.

Il paragrafo 7 prevede che, “riguardo alla natura e alla portata dell'azione comunitaria, le misure comunitarie dovrebbero lasciare il maggior spazio possibile alle decisioni nazionali, purché sia garantito lo scopo della misura e siano soddisfatte le prescrizioni del trattato. Nel rispetto del diritto comunitario, si dovrebbe aver cura di salvaguardare disposizioni nazionali consolidate nonché l'organizzazione ed il funzionamento dei sistemi giuridici degli Stati membri. Se opportuno, e fatta salva l'esigenza di un'effettiva attuazione, le misure comunitarie dovrebbero offrire agli Stati membri vie alternative per conseguire gli obiettivi delle misure”.

Infine, in base al paragrafo 9, fatto salvo il suo diritto d'iniziativa, la Commissione dovrebbe:

-          eccettuati i casi di particolare urgenza o riservatezza, effettuare ampie consultazioni prima di proporre atti legislativi e se necessario pubblicare i documenti delle consultazioni;

-          giustificare la pertinenza delle sue proposte con riferimento al principio di sussidiarietà; se necessario, la motivazione che accompagna la proposta fornirà dettagli a questo riguardo. Il finanziamento, totale o parziale, di azioni comunitarie con fondi del bilancio comunitario richiede una spiegazione;

-          tenere nel debito conto la necessità che gli oneri, siano essi finanziari o amministrativi, che ricadono sulla Comunità, sui governi nazionali, sugli enti locali, sugli operatori economici, sui cittadini, siano minimi e commisurati all'obiettivo da conseguire.

2.2. La motivazione della proposta di regolamento sotto i profili di sussidiarietà e proporzionalità

Il dodicesimo considerando del preambolo della proposta in esame reca, in ottemperanza al paragrafo 4 del Protocollo, la motivazione della proposta sotto il profilo dei principi di sussidiarietà e proporzionalità che, secondo la prassi consolidata è estremamente sintetica. In particolare, il considerando in questione si limita a rilevare che poiché gli obiettivi dell'azione proposta (aumentare la certezza del diritto, la prevedibilità, la flessibilità e l’accesso alla giustizia nei procedimenti matrimoniali internazionali) non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma possono, a motivo delle dimensioni dell'azione, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare provvedimenti in materia ai sensi del principio di sussidiarietà.

Una motivazione più dettagliata della proposta sotto i profili di sussidiarietà e proporzionalità è contenuta nella relazione illustrativa, nonché nella valutazione d’impatto[5] elaborata dalla Commissione (il cui testo, disponibile soltanto in lingua inglese, è riportato in allegato al presente dossier).

Base giuridica

La base giuridica della proposta di regolamento in esame è l’articolo 61, lettera c), del Trattato CE, che conferisce alla Comunità il potere di adottare “misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, come previsto all'articolo 65” del medesimo Trattato.

Ai sensi dell’articolo 65, la Comunità adotta misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile che presenti implicazioni transfrontaliere, per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno. In particolare, l’articolo 65, lettera b) fa espresso riferimento alle misure per la “promozione della compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di competenza giurisdizionale”.

Nella relazione illustrativa della proposta e, in modo più dettagliato, nella valutazione di impatto, la Commissione sottolinea, anzitutto, che la proposta riguarda disposizioni sulla competenza giurisdizionale e sulla legge applicabile limitatamente alle situazioni internazionali, “a quelle situazioni cioè in cui i coniugi vivono in Stati membri diversi o hanno nazionalità diverse”. Secondo la Commissione il requisito delle implicazioni transfrontaliere di cui all’articolo 65 del Trattato CE è pertanto soddisfatto.

Profili di sussidiarietà

Nella sezione della relazione illustrativa relativa al rispetto del principio di sussidiarietà la Commissione rileva che gli obiettivi della proposta non possono essere realizzati dagli Stati membri e richiedono l’adozione a livello comunitario di norme comuni in materia di competenza giurisdizionale e legge applicabile. Secondo la Commissione le norme sulla competenza giurisdizionale, come quelle di conflitto, devono essere identiche per garantire il duplice obiettivo della certezza del diritto e della prevedibilità a beneficio dei cittadini.

 

Questi profili sono trattati con maggiore dettaglio nella valutazione di impatto, nella quale si evidenzia come l’intervento prospettato dalla proposta si renda necessario, in quanto la situazione attuale può comportare una serie di problemi nei procedimenti matrimoniali aventi carattere internazionale.

La Commissione ricorda che attualmente non esistono norme comunitarie sulla legge applicabile in materia matrimoniale. Il regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio5, che ha abrogato e sostituito il regolamento (CE) n. 1347/2000 a partire dal 1º marzo 2005, stabilisce norme relative alla competenza giurisdizionale, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e relative alla potestà dei genitori sui figli avuti in comune, emesse in occasione di procedimenti matrimoniali. Tuttavia, esso non disciplina la questione della legge applicabile ai matrimoni internazionali. Esso consente ai coniugi di scegliere tra vari criteri di competenza alternativi, ma una volta instaurato il procedimento matrimoniale davanti alle autorità giurisdizionali di uno Stato membro, la legge applicabile è individuata attraverso le norme di conflitto di tale Stato, che si basano su criteri molto diversi. La maggior parte degli Stati membri determina la legge applicabile, attenendosi a una serie di criteri di collegamento diretti a garantire che il procedimento sia disciplinato dall’ordinamento giuridico con cui presenta il legame più stretto. Altri Stati membri applicano sistematicamente la legge nazionale (“lex fori”).

 

Il fatto che le leggi nazionali siano molto diverse sia in termini di diritto sostanziale che di norme di conflitto crea, secondo la Commissione, incertezza giuridica.

In particolare, la grande diversità e la complessità delle norme di conflitto nazionali rendono molto difficile, per una coppia internazionale, prevedere quale legge si applicherà al loro procedimento matrimoniale.

Inoltre, in quasi tutti gli Stati membri i coniugi non hanno la possibilità di scegliere la legge applicabile ai procedimenti matrimoniali; può quindi trovare applicazione una legge con cui i coniugi hanno solo un legame debole, ed accadere che il risultato non corrisponda alle legittime aspettative dei cittadini.

Inoltre, le norme vigenti possono indurre un coniuge a precipitarsi in tribunale per adire il giudice per primo, in modo da assicurarsi che il procedimento sia disciplinato da una legge particolare che ne tuteli gli interessi.

 

A fronte di tale quadro normativo, la Commissione ricorda che la maggiore mobilità dei cittadini all’interno dell’Unione europea ha portato a un aumento dei matrimoni internazionali, ossia di quelle unioni in cui i coniugi hanno una cittadinanza diversa oppure vivono in Stati membri diversi o in uno Stato membro di cui almeno uno dei due non è cittadino. Considerato l’alto tasso di divorzi nell’Unione europea, la legge applicabile e la competenza giurisdizionale in materia matrimoniale riguardano ogni anno un numero considerevole di cittadini.

Nella valutazione di impatto la Commissione riporta dati statistici relativi al numero di matrimoni e divorzi internazionali. In particolare, il numero di matrimoni internazionali nell’UE ammonterebbe a circa 350.000 su un totale di 2,2 milioni di matrimoni celebrati ogni anno; il numero di divorzi internazionali sarebbe pari a circa 170.000, a fronte di 875.000 divorzi annui nell’UE.

 

I problemi in questione, per la loro natura e dimensioni, non possono essere rimossi, secondo la Commissione, se non mediante l’intervento comunitario. Infatti, un’azione unilaterale degli Stati membri sarebbe insufficiente, considerato anche che tra essi non vige nessuna convenzione internazionale sulla legge applicabile in materia matrimoniale.

 

Nella valutazione d’impatto la Commissione ha esaminato in dettaglio sei diverse opzioni regolative per la soluzione dei problemi sopra riportati: (i) mantenimento dello status quo; (ii) rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri; (iii) armonizzazione delle norme di conflitto, compresa una limitata possibilità di scelta per i coniugi in ordine alla legge applicabile; (iv) revisione della norma sulla competenza generale del regolamento (CE) n. 2201/2003; (v) introduzione di una limitata possibilità di scelta per i coniugi in ordine all’autorità giurisdizionale competente; (vi) revisione della norma sulla competenza residuale del regolamento (CE) n. 2201/2003.

Alla luce dell’analisi delle opzioni, svolta secondo indicatori quantitativi e qualitativi, la Commissione è giunta alla conclusione che nessuna di esse consentirebbe di rimuovere adeguatamente gli aspetti problematici e di conseguire gli obiettivi dell’intervento prospettato dalla Commissione. Pertanto, la proposta di regolamento presentata combina differenti elementi di alcune delle opzioni regolative.

Profili relativi alla proporzionalità

Il dodicesimo considerando del preambolo della proposta si limita a rilevare che in ottemperanza al principio di proporzionalità, il regolamento in esame non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalla proposta stessa.

La relazione illustrativa della proposta evidenzia che essa è conforme al principio di proporzionalità, poiché si limita rigorosamente a quanto necessario per conseguire i suoi obiettivi.

In primo luogo, le norme proposte in materia di legge applicabile e proroga si riferiscono solo al divorzio e alla separazione personale e non si applicano all’annullamento del matrimonio. In secondo luogo, la proposta non comporta impegni finanziari o amministrativi supplementari per i cittadini e implica un onere supplementare molto limitato per le autorità nazionali.

In terzo luogo, per quanto riguarda lo strumento legislativo, secondo la Commissione la natura e l’obiettivo della proposta impongono la scelta del regolamento. In particolare, l’esigenza di certezza del diritto e di prevedibilità rendebbero necessarie norme chiare e uniformi; le norme di competenza giurisdizionale e legge applicabile recate dalla proposta sarebbero dettagliate e precise e non necessiterebbero, pertanto, di recepimento nel diritto interno. La Commissione sottolinea che lasciare agli Stati membri un margine di discrezionalità nell’attuare queste norme equivarrebbe a compromettere l’obiettivo certezza del diritto e di prevedibilità.

2.3. Il controllo dell’applicazione del principio di sussidiarietà da parte dei Parlamenti nazionali

La proposta di regolamento in oggetto è stata prescelta nell’ambito della Conferenza degli organismi specializzati per gli affari europei (COSAC) ai fini di un esperimento di procedura di controllo dei Parlamenti nazionali sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

Pur essendo svolta formalmente secondo i trattati vigenti, la procedura prevista in ambito COSAC prospetta l’anticipazione di alcuni elementi della disciplina prevista dai protocolli sul ruolo dei Parlamenti nazionali e sui princìpi di sussidiarietà e proporzionalità, allegati alTrattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, attualmente in corso di ratifica da parte degli Stati membri.

L’esperimento svolto nell’ambito della COSAC si colloca, per altro, nel più ampio contesto del dibattito in corso sulla possibilità di rafforzare, in base ai trattati vigenti e tenuto conto delle difficoltà nel processo di ratifica del trattato costituzionale, il ruolo dei parlamenti nazionali nel processo decisionale dell’UE.

 

I Protocolli vigenti

I Protocolli vigenti relativi al ruolo dei Parlamenti nazionali e all’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità non contengono previsioni specifiche sul ruolo dei Parlamenti nazionali nel controllo di sussidiarietà.

Peraltro, ciascun Parlamento e Camera nazionale può già procedere, secondo le rispettive competenze e procedure, ad esaminare le proposte legislative e ogni altro documento delle istituzioni dell’UE anche sotto il profilo di sussidiarietà e proporzionalità.[6]

Il protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali contiene inoltre alcune disposizioni sulla Conferenza degli organismi specializzati per gli affari europei (COSAC).

Ai sensi del protocollo a COSAC, infatti, può:

Ø      indirizzare alle istituzioni dell'Unione europea qualsiasi contributo che ritenga opportuno, basandosi, in particolare, sui progetti di testi giuridici che i rappresentanti dei governi degli Stati membri decidano di trasmetterle di comune accordo;

Ø      esaminare qualunque proposta o iniziativa legislativa concernente la costituzione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia che possa incidere direttamente sui diritti e le libertà dei singoli, informando di ciò il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione;

Ø      presentare al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione qualsiasi contributo ritenga utile sulle attività legislative dell'Unione, in particolare per quanto riguarda l'applicazione del principio di sussidiarietà, lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, o questioni relative ai diritti fondamentali. In ogni caso, i contributi della COSAC non saranno vincolanti per i parlamenti nazionali, lasciandone impregiudicata la posizione.

I protocolli allegati al Trattato costituzionale

Un notevole rafforzamento del ruolo dei Parlamenti nazionali, anche in merito al controllo di sussidiarietà, viene prospettato nei due protocolli sul ruolo dei Parlamenti nazionali e sui princìpi di sussidiarietà e proporzionalità, allegati alTrattato che istituisce una Costituzione per l’Europa. In particolare, i due protocolli prevedono:

·         la trasmissione diretta ai Parlamenti nazionali dei documenti di consultazione della Commissione, di tutte le proposte legislative, nonché delle loro modifiche nel corso del procedimento, del programma legislativo annuale, della strategia politica annuale e degli altri strumenti di programmazione della Commissione, della relazione annuale della Commissione sull’applicazione dei principi fondamentali in tema di delimitazione delle competenze, della relazione annuale della Corte dei conti;

·         la comunicazione diretta ai Parlamenti nazionali degli ordini del giorno e dei risultatidei lavori del Consiglio –compresi i processi verbali delle sessioni nelle quali il Consiglio delibera su progetti di atti legislativi europei - nello stesso momento in cui sono comunicati ai Governi degli Stati membri;

·         la possibilità per ciascun Parlamento nazionale (o Camera) di sollevare obiezioni, entro un termine di sei settimane dalla data di trasmissione di un progetto, sulla corretta applicazione del principio di sussidiarietà (cosiddetto early warning o allerta precoce) in relazione alle proposte legislative;

 

L’obiezione assume la forma di un parere motivato da inviare ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione nel quale sono esposte le ragioni per le quali si ritiene che la proposta in causa  non sia conforme al principio di sussidiarietà.

Qualora i pareri motivati rappresentino almeno un terzo dell’insieme dei voti attribuiti ai Parlamenti nazionali il progetto deve essere riesaminato. A tal fine ciascun Parlamento nazionale dispone di due voti, ripartiti in funzione del sistema parlamentare nazionale; in un sistema parlamentare nazionale bicamerale ciascuna delle due Camere dispone di un voto. Ciascun Parlamento nazionale o ciascuna Camera può consultare all’occorrenza i parlamenti regionali con poteri legislativi.

La soglia per l’obbligo di riesame è abbassata a un quarto, nel caso di proposte della Commissione o di una iniziativa di un gruppo di Stati membri che si riferiscono allo spazio di libertà sicurezza e giustizia;.

Al termine del riesame il progetto in questione può essere – con una decisione motivata - mantenuto, modificato o ritirato.

 

·         la facoltà per ciascun Parlamentonazionale (oCamera) di presentare – attraverso la trasmissione effettuata dai relativi Stati membri - un ricorso alla Corte di giustizia per violazione del principio di sussidiarietà l’organizzazione di una efficace e regolare cooperazione interparlamentare definita congiuntamente da Parlamento europeo e Parlamenti nazionali;

·         la possibilità  per la Conferenza degli organismi specializzati negli affari comunitari ed europei (COSAC) di sottoporre all'attenzione delle istituzioni europee i contributi che ritiene utili[7]; la Conferenza promuove inoltre lo scambio di informazioni e buone prassi tra i Parlamenti degli Stati membri e il Parlamento europeo, nonché tra le loro commissioni specializzate, e può altresì organizzare conferenze interparlamentari su temi specifici che rientrano nella politica estera e di sicurezza comune e nella politica di sicurezza e di difesa comune.

Il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006

Il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006, oltre a decisioni relative futuro del Trattato costituzionale, ha convenuto una serie di misure intese a migliorare il funzionamento dell’Unione, sfruttando appieno le possibilità offerte dai Trattati vigenti, anche con riguardo al ruolo dei parlamenti nazionali.

In particolare il Consiglio europeo ha accolto con favore l’impegno  della Commissione europea di mettere a disposizione dei Parlamenti nazionali tutte le nuove proposte legislative e i documenti di consultazione, chiedendo loro di esprimere osservazioni e pareri al fine di migliorare il processo di elaborazione delle politiche. Il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a prendere in debita considerazione le osservazioni dei Parlamenti nazionali, in particolare per quanto riguarda i principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Il Consiglio europeo ha altresì invitato i Parlamenti nazionali a rafforzare la cooperazione nel quadro della Conferenza delle Commissioni per gli affari europei (COSAC) all'atto del monitoraggio della sussidiarietà.

La Commissione europea ha precisato che non tutte le versioni linguistiche delle proposte legislative che essa intende trasmettere direttamente ai Parlamenti nazionali saranno disponibili simultaneamente e che i testi in inglese, francese e tedesco saranno predisposti per primi. Poiché la trasmissione delle proposte da parte della Commissione ai Parlamenti nazionali ha rilievo istituzionale, tale trasmissione dovrebbe invece essere effettuata simultaneamente in tutte le lingue ufficiali dell’UE per rispettare il principio dell’uguaglianza linguistica sancito nei Trattati e per consentire ad ogni Parlamento di poter interagire in condizioni di parità con tutti gli altri Parlamenti.

La Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’Unione europea che si è svolta a Copenaghen (29 giugno-2 luglio 2006) ha proposto che la COSAC valuti l’opportunità di organizzare un dibattito sul rafforzamento della cooperazione sul monitoraggio del principio di sussidiarietà, come suggerito dal Consiglio europeo il 15 e 16 giugno, così da riferirne alla prossima Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’UE a Bratislava nel 2007.

 La Conferenza ha inoltre chiesto ai Parlamenti nazionali di esaminare in quale modo possa essere rafforzata la cooperazione sul monitoraggio dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

 Recenti sviluppi nell’ambito della COSAC

La COSAC dell’Aja (23 novembre 2004) ha deciso di condurre un progetto pilota per valutare il funzionamento della procedura di “allerta precoce” in materia di sussidiarietà, previsto dal Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.

Il progetto pilota è stato condotto sulle proposte della Commissione europea relative al  terzo pacchetto ferroviario è si è svolto dal 1° marzo 2005 al 12 aprile 2005. Hanno partecipato al progetto pilota 31 camere sulle 37 che compongono i Parlamenti nazionali (la Camera dei deputati non ha partecipato). 14 Parlamenti  nazionali hanno affermato che una o più delle proposte contenute nel pacchetto violerebbe il principio di sussidiarietà, altri 3 hanno espresso generici dubbi.

 

La COSAC di Lussemburgo (17 e 18 maggio 2005) ha deciso di svolgere un secondo progetto pilota su una proposta legislativa della Commissione ed ha dato mandato alla Presidenza del Regno Unito di avanzare una proposta con un relativo calendario.                 

La COSAC di Londra (10 e 11 ottobre 2005), al fine di non assumere iniziative che potessero configurarsi come una anticipazione delle disposizioni contenute nel Trattato costituzionale - ha deciso di condurre non un secondo progetto pilota sulla sussidiarietà (un primo progetto pilota, basato sul protocollo sulla sussidiarietà allegato al Trattato costituzionale, era stato deciso dalla COSAC dell’Aja - vedi sotto), ma un esercizio denominato “subsidiarity and proportionality check”, sulla base delle disposizioni vigenti contenute negli attuali protocolli sul ruolo dei Parlamenti nazionali e sull’applicazione del principio di sussidiarietà.

 

Occorre al proposito segnale che il “subsidiarity and proportionality check” – a differenza di quanto previsto dal protocollo allegato al Trattato costituzionale - dovrebbe prendere in considerazione non solo l’applicazione del principio di sussidiarietà, ma anche il principio di proporzionalità.

 

La COSAC di Londra ha definito una procedura per il “subsidiarity and proportionality check” in base alla quale i Parlamenti nazionali che desiderino partecipare:

Ø      possono informare la Presidenza della COSAC delle proposte che desideravano sottoporre al controllo di sussidiarietà e proporzionalità. La Troika Presidenziale della COSAC avrebbe poi individuato le proposte più frequentemente indicate;

Ø      devono completare il controllo di sussidiarietà e proporzionalità in un periodo di sei settimane, a partire dalla data in cui le proposte sono pubblicate in tutte le lingue dell’Unione europea;

Ø      dovrebbero inviare, entro il periodo di sei settimane, le proprie osservazioni direttamente alla Commissione europea, al Parlamento europeo, al Consiglio ed alla Presidenza della COSAC, distinguendo chiaramente le osservazioni formulate sotto il profilo della sussidiarietà, da quelle formulate sotto il profilo della proporzionalità;

Ø      nell’esercizio del “subsidiarity and proportionality check” dovrebbero utilizzare, per quanto possibile, l’IPEX(Interparliamentary EU information exchange)[8].

 

I Presidenti della COSAC nella riunione del 20 febbraio 2006 hanno poi concordato - sulla base della proposte dei Parlamenti nazionali[9] - di svolgere il “subsidiarity and proportionality check” su due proposte:

Ø      la proposta di regolamento sulla legge applicabile e sulla giurisdizione in materia di divorzio;

Ø      la proposta direttiva relativa al completamento del mercato interno per i servizi postali[10].

 

La COSAC di Vienna (22-23 maggio 2006) ha accolto positivamente l’annuncio della Commissione europea – in occasione dell’incontro interparlamentare sul futuro dell’Europa che si è svolto a Bruxelles l’8 e il 9 maggio 2006 - di trasmettere direttamente ai Parlamenti nazionali tutte le nuove proposte legislative e documenti di consultazione, invitandoli a reagire al fine di migliorare il processo di definizione delle politiche europee (v. infra). La COSAC ha quindi invitato la Commissione europea a prendere in considerazione le osservazioni dei Parlamenti nazionali, in particolare per quanto riguarda la sussidiarietà e la proporzionalità – attraverso una ricezione formale di tali osservazioni e delle risposte motivate entro un termine di tempo ragionevole. La COSAC ha poi rinviato l’attività di coordinamento del “subsidiarity and proportionality check” alla Presidenza finlandese.

 

Infine, la Presidenza finlandese ha comunicato, in occasione della riunione dei Presidenti COSAC tenutasi ad Helsinki nel settembre 2006, l’intenzione di svolgere, in occasione della prossima  COSAC (Helsinki, 21-22 novembre 2006), uno scambio di vedute sulle migliori pratiche nei Parlamenti nazionali riguardo alla loro esperienza sul “subsidiarity and proportionality check” sulla proposta di regolamento sulla legge applicabile e sulla giurisdizione in materia di divorzio. La Presidenza ha invitato quindi i Parlamenti nazionali a terminare l’esame della proposta entro il 27 settembre 2006.

I Parlamenti nazionali sono stati inoltre invitati ad utilizzare il sistema IPEX per incoraggiare la condivisione di informazioni.

Le osservazioni dei Parlamenti nazionali dovranno essere inviate – se possibile entro il termine di sei settimane a partire dalla data di completamento della pubblicazione delle proposta in tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea – al Parlamento europeo, alla Commissione, al Consiglio e per copia anche alla Presidenza della COSAC.

Il parere motivato del Parlamento olandese

Secondo informazioni comunicate in via informale dalla Commissione europea, alla data del 20 ottobre 2006, sette camere nazionali hanno trasmesso alla Commissione stessa pareri relativi alla proposta di regolamento sulla legge applicabile e sulla giurisdizione in materia di divorzio.

Di queste le sole Camere del Parlamento olandese hanno reso noto, mediante la rete dei funzionari di collegamento dei Parlamenti dell’UE, i contenuti del parere da esse adottato congiuntamente.

Il parere rileva che la Comunità non sarebbe competente ad adottare misure in materie le quali rientrerebbero invece nella competenza dei singoli Stati membri.

Secondo il Parlamento olandese non risulterebbero infatti soddisfatte le condizioni richieste per l’intervento comunitario dalla base giuridica utilizzata per la proposta di regolamento (articoli 61, lettera c) e 65, del trattato CE).

Il parere osserva che, ai sensi dell’articolo 65, la Comunità adotta misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile che:

a)      presenti implicazioni transfrontaliere;

b)      per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno.

La prima condizione non sarebbe soddisfatta in quanto:

-          in base ai dati forniti dalla stessa Commissione europea, i divorzi internazionali dichiarati ogni anno (pari a circa 170.000) coinvolgerebbero lo 0,074 della popolazione dell’UE;

-          non sarebbe chiaro per quanti di questi 170.000 casi di divorzio le attuali divergenze nelle normative nazionali producano le difficoltà segnalate dalla Commissione.

La seconda condizione non sarebbe invece soddisfatta in quanto la Commissione europea non ha dimostrato che i problemi da essa richiamati nella relazione e nella valutazione di impatto costituiscono un ostacolo almeno potenziale al buon funzionamento del mercato interno.


3. La disciplina del divorzio nell’ordinamento italiano

 

La disciplina sostanziale e processuale del divorzio è regolata dalla legge 1 dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), così come modificata dalla legge 6 marzo 1987, n. 74[11].

 

Quanto agli aspetti sostanziali del divorzio, il nostro ordinamento richiede che lo scioglimento del matrimonio sia disposto dal giudice, su ricorso del coniuge interessato o di entrambi, con una sentenza che accerta la presenza di determinate condizioni, soggettive e oggettive (artt. 1 e 2, l. n. 898).

La condizione principale ha carattere soggettivo e consiste nell'essere venuta meno la comunione spirituale e materiale tra i coniugi.

Accertata la fine della communio il giudice deve verificare che ricorra una delle cause oggettive previste dalla legge n. 898 del 1970 all'art. 3.

 

Ai sensi dell'articolo 3, è possibile richiedere ed ottenere lo scioglimento del matrimonio nei seguenti casi:

1)       quando, dopo la celebrazione del matrimonio, l'altro coniuge è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, anche per fatti commessi in precedenza:

-          all'ergastolo ovvero ad una pena superiore a 15 anni, anche con più sentenze, per uno o più delitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale e sociale;

-          a qualsiasi pena detentiva per incesto, violenza carnale, atti di libidine violenta, ratto a fine di libidine o di matrimonio, induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione;

-          a qualsiasi pena per omicidio volontario di un figlio ovvero per tentato omicidio a danno del coniuge o di un figlio;

-          a qualsiasi pena detentiva, con due o più condanne, per i delitti di lesione, di circonvenzione di incapace, di omessa assistenza familiare e di maltrattamenti commessi in danno del coniuge o del figlio.

2)       Ovvero quando con riguardo ai delitti di cui alla predette lettere b) e c), l'altro coniuge sia stato assolto per vizio totale di mente ovvero sia stata emessa sentenze di non doversi procedere per estinzione del reato e il giudice civile adito per il divorzio accerti, nel primo caso, l'inidoneità del convenuto a mantenere o a ricostituire la convivenza familiare e, nel secondo caso, che nei fatti commessi sussistono gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilità dei delitti stessi.

3)       Quando il procedimento penale per incesto si è concluso con sentenza di proscioglimento o di assoluzione che dichiari non punibile il fatto per mancanza di scandalo.

4)       Quando la separazione personale dei coniugi sia stata pronunciata con sentenza passata in giudicato (separazione giudiziale) o con decreto di omologazione (separazione consensuale) da almeno 3 anni.

5)       Quando l'altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all'estero il divorzio o l'annullamento del matrimonio ovvero ha contratto all'estero un nuovo matrimonio.

6)       Quando il matrimonio è stato celebrato ma non consumato.

7)       Quando è passata in giudicato la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso a norma della legge 14 aprile 1982, n. 164.

 

Per quanto riguarda invece gli aspetti processuali del divorzio, il procedimento può aprirsi con:

·         un ricorso al tribunale presentato dal coniuge interessato (l'altro coniuge può anche aderire alla domanda), ovvero

·         un ricorso al tribunale in camera di consiglio presentato congiuntamente dai coniugi.

 

Nel primo caso è competente il tribunale del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio oppure, nel caso di irreperibilità o di residenza all'estero, il tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, nel caso di residenza all'estero di entrambi i coniugi, qualunque tribunale della Repubblica.

Nel secondo caso, invece, il ricorso può essere proposto indifferentemente al tribunale del luogo di residenza o di domicilio di uno o dell'altro coniuge (art. 4, comma 1, l. n. 898).

 

Ai sensi dell'art. 4, comma 2, il ricorso deve contenere: a) l'indicazione del giudice; b) il nome e il cognome, nonché la residenza o il domicilio del ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome e il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del coniuge convenuto; c) l'oggetto della domanda; d) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, con le relative conclusioni; e) l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi.

Inoltre, ai sensi del comma 4, il ricorso deve indicare l'eventuale esistenza di figli legittimi, legittimati od adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio.

 

Se il ricorso è presentato da un solo coniuge si parla di divorzio contenzioso e il procedimento si articola nelle seguenti fasi:

·         Fase preliminare. Si svolge davanti al Presidente del tribunale e prevede la comparizione personale dei coniugi per un tentativo di conciliazione[12]. Se la conciliazione riesce se ne dà atto a verbale così come si verbalizza l'eventuale rinuncia alla domanda. In caso contrario o qualora il coniuge convenuto non compaia il presidente emette con ordinanza i provvedimenti temporanei ed urgenti (c.d. provvedimenti presidenziali) che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi o della prole (e cioè, fissazione dell'assegno e affidamento dei figli). Questa fase si conclude con un provvedimento di rimessione delle parti innanzi al giudice per l'istruzione della causa con intervento obbligatorio del PM (art. 4, comma 8).

·         Fase istruttoria. Si tratta di una fase concentrata in poche udienze. Infatti la domanda giudiziale contiene già tutti gli elementi necessari per decidere, ivi compresa l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi. In questa fase il giudice istruttore può anche revocare o modificare l'ordinanza presidenziale.

·         Sentenza. Il tribunale, previo contraddittorio delle parti e intervento obbligatorio del PM pronuncia sentenza di divorzio dopo aver accertato la sussistenza di una delle ipotesi previste dall'art. 3 della legge del 1970. Con la sentenza il tribunale potrà disporre in ordine all'assegno di divorzio (art. 5) e in ordine alla prole (art. 6). La sentenza è impugnabile dalle parti e dal PM.

 

L'ipotesi di ricorso congiunto, cioè presentato congiuntamente dai coniugi, dà luogo ad una procedura di divorzio particolare, frutto delle modifiche apportate alla legge n. 898 dalla legge 6 marzo 1987, n. 74.

Il comma 13 dell'art. 4 prevede infatti che in caso di ricorso congiunto, contenente gli estremi dell'accordo dei coniugi in ordine alla prole e ai rapporti economici, si apra un procedimento camerale. Il tribunale, uditi i coniugi in camera di consiglio, verificata l'esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all'interesse dei figli, decide con sentenza.

 

Per quanto concerne l’ambito di pertinenza della giurisdizione italiana, è necessario far riferimento alla legge 31 maggio 1995, n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato).

L’articolo 32 della citata legge stabilisce che in materia di nullità e di annullamento del matrimonio, di separazione personale e di scioglimento del matrimonio, la giurisdizione italiana sussiste quando uno dei coniugi è cittadino italiano o il matrimonio è stato celebrato in Italia, oltre che nei casi previsti dall'articolo 3 della stessa legge. Quest’ultimo articolo prevede, infatti, che la giurisdizione italiana sussista:

a) nei casi in cui il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'articolo 77 del codice di procedura civile nonché gli altri casi in cui la giurisdizione è prevista dalla legge (comma 1);

b) in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la legge 21 giugno 1971, n. 804, e successive modificazioni in vigore per l'Italia, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione. Rispetto alle altre materie la giurisdizione sussiste anche in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio.

 

Per i profili che qui interessano, si segnala che la sezione I della Convenzione detta le disposizioni generali in tema di giurisdizione. In particolare, l’articolo 2 prevede che, salve le disposizioni della Convenzione, le persone aventi il domicilio nel territorio di uno Stato contraente sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti agli organi giurisdizionali di tale Stato. Alle persone che non sono in possesso della cittadinanza dello Stato nel quale esse hanno il domicilio, si applicano le norme sulla competenza vigenti per i cittadini. Le persone aventi il domicilio nel territorio di uno Stato contraente possono essere convenute davanti agli organi giurisdizionali di un altro Stato contraente solo in virtù delle norme enunciate alle sezioni 2-6 del Titolo I della Convenzione. Per quanto attiene all’Italia, nei loro confronti non possono essere invocati, in particolare, gli articoli, ora abrogati, 2 e 4, nn. 1 e 2 del Codice di procedura civile (articolo 3). Se il convenuto non è domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, la competenza è disciplinata, in ciascuno Stato contraente, dalla legge di tale Stato, salva l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 16. Chiunque abbia il domicilio nel territorio di uno Stato contraente può, indipendentemente dalla propria nazionalità ed al pari dei cittadini di detto Stato, invocare nei confronti del convenuto le norme sulla competenza in vigore nello Stato medesimo (articolo 4).

La sezione II contempla, invece, alcune ipotesi di competenze speciali. In particolare, il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato in un altro Stato contraente in materia contrattuale, in materia di obbligazioni alimentari, di delitti o quasi-delitti, di risarcimento danni o restituzioni, nascenti da reato, di controversie concernenti l'esercizio di succursali, agenzie o filiali (articolo 5). Le sezioni III e IV, cui si riferisce la legge n. 218 del 1995, disciplinano la competenza, rispettivamente, in materia di assicurazioni e di vendita rateale e prestito con rimborso rateizzato.

 

Si segnala, inoltre, che, con legge 7 settembre 1905, n. 523, l’Italia ha approvato tre convenzioni di diritto internazionale privato, firmate all'Aja il 12 giugno 1902, per regolare i conflitti di legge in materia di matrimonio, i conflitti di leggi e di giurisdizioni in materia di divorzio e di separazione personale, nonché la tutela dei minorenni, tra l’Italia e vari Stati d’Europa (Gli Stati firmatari di tali convenzioni sono stati i seguenti: Italia, Austria-Ungheria, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia e Svizzera). La traduzione italiana, autorizzata dalla stessa legge venne pubblicata una prima volta con regio decreto 18 settembre 1905, n. 524, e, successivamente, con il regio decreto 18 gennaio 1906, n. 37.

 

La Convenzione internazionale del 12 giugno 1902 relativa ai conflitti di leggi e di giurisdizione in materia di divorzio e di separazione personale (la Convenzione, benché risalente, dovrebbe essere ancora in vigore per l’Italia, la Germania, il Portogallo e la Romania) si compone di 13 articoli.

Ai sensi dell’articolo 1, i coniugi non possono proporre domanda di divorzio (analogo principio vale per la separazione personale) se non quando il divorzio sia ammesso, tanto dalla loro legge nazionale, quanto dalla legge del luogo dove la domanda è proposta.

Inoltre, il divorzio non può essere chiesto se non quando esso sia ammesso tanto dalla legge nazionale dei coniugi quanto dalla legge del luogo dove la domanda è proposta, sebbene per cause diverse. Lo stesso principio vale per la separazione personale (articolo 2).

L’articolo 3 precisa che, nonostante le disposizioni degli artt. 1 e 2, sarà osservata soltanto la legge nazionale, se la legge del luogo dove la domanda è proposta lo prescrive o lo permette.

La legge nazionale, invece, non può essere invocata per attribuire a un fatto, avvenuto quando i coniugi o uno di essi avevano una cittadinanza diversa, il carattere di una causa di divorzio o di separazione (articolo 4).

Ai sensi dell’articolo 5, la domanda di divorzio o di separazione personale può essere proposta:

·         davanti la giurisdizione competente secondo la legge nazionale dei coniugi;

·         davanti la giurisdizione competente del luogo dove i coniugi hanno il loro domicilio. Quando, secondo le leggi nazionali, i coniugi non abbiano lo stesso domicilio, la giurisdizione competente è quella del domicilio del convenuto. Nel caso di abbandono, e nel caso di un cambiamento di domicilio compiuto dopo che sia intervenuta la causa di divorzio o di separazione, la domanda può essere proposta anche davanti la giurisdizione competente dell'ultimo domicilio comune. Ciò nonostante, la giurisdizione nazionale è riservata, quando essa sia esclusivamente competente per le azioni di divorzio o di separazione. La giurisdizione straniera resta competente per un matrimonio che non possa dar luogo a un'azione di divorzio o di separazione davanti la competente giurisdizione nazionale.

L’articolo 6 disciplina il caso in cui i coniugi non siano ammessi a proporre domanda di divorzio o di separazione personale nel paese dove hanno il loro domicilio: in tale ipotesi, essi possono rivolgersi alla giurisdizione competente di questo paese per sollecitare le disposizioni provvisorie previste dalla legislazione locale, in vista della cessazione della vita comune. Queste disposizioni sono mantenute se, entro un anno risultano confermate dalla giurisdizione nazionale: esse, tuttavia, non hanno efficacia oltre il termine previsto dalla legge del domicilio.

Il divorzio e la separazione personale pronunciati da un tribunale competente a termini dell'art. 5, sono riconosciuti ovunque (nell’ambito degli Stati aderenti), purché siano state osservate le clausole della convenzione e, nel caso che la sentenza sia stata pronunciata in contumacia, purché il convenuto sia stato citato in conformità delle disposizioni previste dalla sua legge nazionale per il riconoscimento delle sentenze straniere. Sono riconosciuti ovunque anche il divorzio e la separazione personale pronunciati da una giurisdizione amministrativa, se la legge di ciascuno dei coniugi riconosce questo divorzio e questa separazione (articolo 7).

Il comma 8 stabilisce che, se i coniugi non hanno la stessa cittadinanza, sarà considerata come loro legge nazionale l’ultima legislazione comune.

L’articolo 9 disciplina l’ambito di applicazione della Convenzione. In particolare, viene precisato che la Convenzione si applica alle domande di divorzio o di separazione personale proposte in uno degli Stati contraenti, purché una almeno delle parti appartenga a uno di questi Stati. Nessuno Stato, inoltre, è obbligato ad applicare una legge che non sia quella di uno degli Stati contraenti.

Gli articoli 10 e 11 regolamentano, rispettivamente, la ratifica da parete degli Stati membri e l’eventuale adesione successiva da parte degli Stati non firmatari.

L’articolo 12 detta disposizioni relative all’entrata in vigore, mentre l’articolo 13 disciplina il periodo di efficacia della Convenzione, precisando che l’originaria durata di cinque anni potrà essere rinnovata tacitamente di cinque in cinque anni, salvo denuncia. In questo caso, la convenzione rimarrà in vigore per gli Stati diversi da quello denunciante.

 

Per completezza, infine, si fa presente che, con legge 10 giugno 1985, n. 301, è stata autorizzata l’adesione dell’Italia alla Convenzione sul riconoscimento dei divorzi e delle separazioni personali, adottata all’Aja il 1° giugno 1970.

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Documentazione


 



[1] COM(2006)399.

[2] COM(2005)82.

[3] Ai fini del regolamento la nozione di «domicile» cui è fatto riferimento è quella utilizzata negli ordinamenti giuridici del Regno Unito e dell'Irlanda.

[4] La rete ha l’obiettivo di facilitare la cooperazione giudiziaria europea in materia civile e commerciale tra gli Stati membri, ed è composta da:

·         punti di contatto centrali designati dagli Stati membri, eventualmente coadiuvati da un numero limitato di punti di contatto aggiuntivi;

·         altri membri della rete, tra cui le autorità preposte alla cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in virtù di strumenti comunitari o internazionali, magistrati di collegamento e altre autorità (responsabili per la cooperazione in materia civile e commerciale) la cui appartenenza alla rete sia giudicata opportuna dal rispettivo Stato membro.

[5] A partire dal 2002 la Commissione ha deciso di sottoporre tutte le proposte legislative ad una valutazione di impatto preliminare e le proposte di maggiore importanza ad una valutazione “estesa” dell’impatto economico, sociale ed ambientale. La Commissione ha definito al riguardo delle guidelines per assicurare la completezza ed uniformità dei criteri utlizzati per tali valutazioni dai servizi della Commissione. Il 15 giugno 2005 la Commissione ha adottato delle nuove guidelines per tenere conto in misura maggiore dei profili relativi all’economia e alla competitività e per valutare la compatibilità delle proposte con la Carta dei diritti fondamentali.

 

[6] Il vigente protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali, allegato al Trattato di Amsterdam (1997), prevede, al fine di facilitare l’informazione e l’intervento dei parlamenti nazionali in materia europea, che:

Ø       tutti i documenti di consultazione della Commissione (libri bianchi, libri verdi e comunicazioni) siano puntualmente trasmessi ai parlamenti nazionali degli Stati membri;

Ø       le proposte legislative della Commissione siano disponibili con un anticipo sufficiente a far sì che ogni parlamento nazionale le riceva in tempo utile;

Ø       salvo eccezioni per motivi d'urgenza da specificare nell'atto o nella posizione comune, trascorra un periodo di sei settimane tra il momento in cui la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una proposta legislativa - o una proposta relativa ad una misura che debba essere adottata in virtù del titolo VI (cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni) del Trattato sull’Unione europea - e la data di iscrizione di tale proposta all'ordine del giorno del Consiglio affinché questo adotti un atto o una posizione comune.

 

[7] I contributi della Conferenza  non vincolano i Parlamenti nazionali e non pregiudicano la loro posizione.

[8] L’IPEX è un progetto inteso a sostenere la cooperazione interparlamentare nell’UE fornendo una piattaforma per lo scambio elettronico di informazioni in materia europea tra tutti i Parlamenti dell’UE (Parlamenti nazionali e Parlamento europeo). Il lancio ufficiale del sito è stato effettuato in occasione della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’UE di Copenhagen (29 giugno - 2 luglio 2006).

[9] La presidenza austriaca ha ricevute proposte da 18 Camere, appartenenti a 14 Stati membri.

[10] La proposta è stata adottata dalla Commissione europea il 18 ottobre 2006 (COM(2006)594).

[11] Si utilizza il termine divorzio per ragioni di sintesi e comodità nonostante la legge non preveda questa espressione ma, più correttamente, distingua lo "scioglimento del matrimonio", che riguarda i matrimoni civili, dalla "cessazione degli effetti civili del matrimonio", che attiene invece ai matrimoni concordatari.

[12] Il comma 5 dell'art. 4 dispone che il presidente del tribunale fissi con decreto in calce al ricorso, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, la data dell'udienza di comparizione dei coniugi innanzi a sé e il termine per la notificazione del ricorso e del decreto. Egli nominerà anche un curatore speciale quando il convenuto sia malato di mente o legalmente incapace.

Tra la data della notificazione del ricorso e del decreto e quella dell'udienza di comparizione devono intercorrere i termini di cui all'art. 163-bis del codice di procedura civile ridotti alla metà (comma 6).