Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||
Titolo: | La riforma del settore vitivinicolo | ||
Serie: | Documentazione sulle politiche dell'Unione europea Numero: 8 | ||
Data: | 20/02/2007 | ||
Descrittori: |
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Camera dei deputati
XV LEGISLATURA
Politiche dell’Unione europea
N. 8 - 20 febbraio 2007
Terza edizione
Segreteria generale - Ufficio rapporti con l’Unione europea
SIWEB
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I N D I C E
1. Il settore vitivinicolo europeo
3. L’attuale organizzazione comune del mercato (OCM)
4. La normativa del settore vitivinicolo (a cura del Servizio Studi)
5. La Comunicazione della Commissione europea
5.2 Le opzioni presentate nella comunicazione della Commissione
5.3 L’opzione di riforma radicale
6. La valutazione d’impatto della Commissione europea
6.2 Incidenza economica e sociale sulle zone rurali
6.4 Incidenza sugli scambi e conformità alle regole OMC
6.5 Incidenza sulla qualità dei vini, la salute e protezione dei consumatori
7. Il dibattito del Parlamento europeo
7.1 Valutazione della comunicazione della Commissione e finalità della riforma
7.5 Liberalizzazione dei diritti
7.7 Etichettatura e politica commerciale esterna
8. La discussione al Consiglio
Commissione europea
Comunicazione della Commissione, Verso un settore vitivinicolo europeo sostenibile, COM(2006)319. 25
Documento di lavoro, Sintesi della valutazione d’impatto relativa alla Comunicazione, Verso un settore vitivinicolo europeo sostenibile 39
Documento di lavoro, Valutazione d’impatto relativa alla Comunicazione, Verso un settore vitivinicolo europeo sostenibile (testo in inglese) 55
Parlamento europeo
Risoluzione sulla riforma dell’organizzazione comune del mercato del settore vitivinicolo, 15 febbraio 2007 117
Le riforme della politica agricola comune attuate nel periodo 2003/2005 hanno riguardato tutti i principali settori agricoli ad eccezione del settore ortofrutticolo[1] e di quello vitivinicolo.
Per quest’ultimo, il 22 giugno 2006, la Commissione ha presentato una comunicazione “Verso un settore vitivinicolo europeo sostenibile”[2] sulla riforma dell’organizzazione comune del mercato del settore vitivinicolo dell’Unione europea.
Secondo il Commissario europeo per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale, Mariann Fischer Boel, il settore vitivinicolo dell’UE ha un enorme potenziale di sviluppo ma deve affrontare i problemi connessi con la discesa dei consumi e il parallelo aumento delle importazioni dei vini dai paesi del nuovo mondo. In Europa si produce troppo vino per il quale non c’è sbocco sui mercati e si destinano ingenti risorse per lo smaltimento delle eccedenze invece di destinarle al rafforzamento della qualità e della competitività. Inoltre, le norme in vigore sull’adeguamento delle pratiche enologiche sono farraginose e frenano la concorrenza. Invece le norme in materia di etichettatura sono, secondo la Commissione, complesse e rigide, creano confusione nei consumatori e ostacolano la commercializzazione dei vini europei. Da qui la necessità di una riforma profonda.
Nell’Unione europea vi sono più di 1,5 milioni di aziende produttrici di vino su un’area di 3,4 milioni di ettari, ossia il 2% della superficie agricola dell’Unione. Nel 2004 la produzione vinicola ha rappresentato il 5,4% della produzione agricola comunitaria. Tuttavia, il consumo interno di vino diminuisce di circa lo 0,65% all’anno, mentre le importazioni aumentano ad un ritmo più sostenuto delle esportazioni. Le eccedenze strutturali di vini rischiano di raggiungere nel 2011, se non si interviene, i 27 milioni di ettolitri. Solo per le misure di distillazione di crisi[3] nel mese di giugno 2006 sono stati stanziati 131 milioni di euro dei fondi comunitari (i paesi beneficiari sono stati la Francia e l’Italia).
L’Italia è il secondo maggior produttore (prima è la Francia) con 51 milioni di ettolitri (28,5% della produzione UE), ma è il primo per occupati: si contano circa 770.000 aziende e oltre un milione di addetti[4]; nel 2004 la produzione vitivinicola italiana ha costituito il 10% del valore delle produzioni agricole nazionali.
La Commissione sottolinea la necessità di rendere l’organizzazione comune del mercato nel settore vitivinicolo compatibile con i requisiti richiesti dalla Organizzazione mondiale del commercio (OMC). La futura riforma dovrebbe pertanto eliminare le misure di intervento attualmente in vigore suscettibili di distorcere gli scambi, misure che l’OMC fa rientrare nella cosiddetta “scatola gialla”[5], sostituendole con misure, qualora continuino a sussistere misure di sostegno, che rientrano nella “scatola verde” e sono quindi considerate non distorsive.
Oltre a comprendere meccanismi tradizionali degli scambi come dazi e restituzioni alle esportazioni, l’OCM attuale del settore vitivinicolo prevede alcune misure volte a gestire il potenziale produttivo attraverso una limitazione dei diritti di impianto e il sostegno al miglioramento strutturale (attraverso l’espianto definitivo e programmi di ristrutturazione/riconversione in funzione della domanda dei consumatori). Le restrizioni relative ai diritti di impianto, come il divieto di nuove piantagioni, si applicano fino al 31 luglio 2010.
Tra le misure relative al mercato interno vi sono misure come la distillazione di crisi per le eccedenze di vino e le eccedenze di vini ottenuti da varietà a doppia classificazione volte a limitare le conseguenze delle diminuzioni di prezzo. Altre misure riguardano la distillazione obbligatoria dei sottoprodotti della vinificazione. Viene versato inoltre un aiuto per l’ammasso privato temporaneo di vino e mosto d’uva e un aiuto per incoraggiare utilizzazioni alternative.
Per garantire uno standard di qualità equo e trasparente per i consumatori, l’OCM del vino comprende anche norme relative all’etichettatura e allepraticheenologiche le cui procedure di adozione e modificazione sono troppo rigide e costituirebbero secondo la Commissione un freno alla competitività. L’OCM prevede infine anche norme per la definizione dei vini da tavola con indicazione geografica (IG).
Con il Regolamento (CE) 1493/99[6], che ha sostituito il vecchio reg. 822/87, più volte modificato, nonché una serie assai numerosa di altri provvedimenti comunitari, ora rifusi, per motivi di chiarezza, nel medesimo reg. 1493, è stata approvata la riforma della Organizzazione comune di mercato (OCM) vitivinicola, che si applica a partire dal 1° agosto 2000.
La riforma della organizzazione comune del mercato vitivinicolo tiene in primo luogo conto della evoluzione verificatasi nel comparto, che si caratterizza, allo stato attuale, per una minore frequenza di eccedenze strutturali, ma anche per una possibile formazione di eccedenze su base pluriennale da connettersi alle sensibili fluttuazioni produttive nella raccolta delle uve.
In secondo luogo, la nuova OCM dà attuazione agli accordi di liberalizzazione dei mercati sottoscritti in sede di Uruguay Round, che prevedono il ridimensionamento degli interventi di sostegno delle produzioni e comportano il potenziamento della competitività dei prodotti destinati all’esportazione.
La riforma di cui al reg. 1493 è stata improntata, pertanto, al fine di garantire una flessibilità sufficiente ad adeguare agevolmente il comparto ai nuovo sviluppi; tale esigenza ha comportato anche come corollario il conferimento da parte del Consiglio alla Commissione delle competenze necessarie alla completa esecuzione della riforma, che si realizzerà anche attraverso una frequente modifica di dati, spesso a carattere fortemente tecnico.
Il Tit. I del reg 1493 (art. 1) designa le merci che, rientrando nel comparto vitivinicolo, sono oggetto di regolazione, mentre l’allegato I dà la esatta definizione dei prodotti.
Il Tit II, allo scopo di assicurare il più possibile una posizione di equilibrio fra domanda ed offerta di prodotti enologici, detta la disciplina in tema di potenziale viticolo stabilendo: limitazioni agli impianti di vigneti (artt.2-7); premi per l’abbandono definitivo delle superfici viticole (artt. 8-10); un sostegno alla ristrutturazione e riconversione dei vigneti (artt. 11-15); quali siano le informazioni che i singoli Stati debbono possedere o trasmettere alle strutture comunitarie (artt. 16-23).
Il Tit. III regola i meccanismi di mercato (artt. 24-38).
Il Tit. IV dispone in tema di associazioni di produttori e organismi di filiera (artt. 39-41).
Il successivo Tit. V regolamenta i trattamenti enologici, le designazioni e le denominazioni dei prodotti (artt. 42-53).
Infine, con il Tit. VI è disciplinato il settore dei vini di qualità (artt. 54- 58) e con il Tit. VII quello degli scambi con paesi terzi (artt. 59-69).
Le norme generali, transitorie e finali sono contenute nel Tit. VIII (artt. 70-82).
Sul versante comunitario merita segnalare, inoltre, per il rilievo che assume nei riguardi del nostro Paese, il regolamento (CE) n. 316 del 20-2-2004, concernente la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli, il quale ha liberalizzato, a determinate condizioni, l’uso internazionale di alcune menzioni tradizionali europee, tra le compaiono 17 "menzioni" tradizionali riservate a prestigiosi vini italiani (brunello amarone, morellino al vinsanto, recioto, gutturnio). Le disposizioni del regolamento sono state oggetto di un ricorso da parte del Governo italiano, peraltro respinto dalla Corte di giustizia (sentenza 3 marzo 2005). La Corte di giustizia (sentenza 12 maggio 2005) ha parimenti respinto il ricorso dell’Italia sulla disputa con l’Ungheria in merito al vino Tocai, con la conseguenza che tale denominazione non potrà più essere utilizzata nel nostro Paese dopo il 31 marzo 2007.
La disciplina delle denominazioni di origine (DOCG, DOC e IGT) è recata dalla legge n.164 del 1992. La legge delinea un articolato impianto normativo, volto a disciplinare, lungo tutte le sue fasi, il procedimento che conduce all’attribuzione della denominazione di origine, provvedendo, in particolare, a stabilire il contenuto dei disciplinari di produzione, a istituire un albo degli imbottigliatori e un albo dei vigneti e delle vigne. Il provvedimento stabilisce, inoltre, le misure per la gestione e la protezione dei marchi, introduce specifiche procedure di controllo e revoca dei riconoscimenti, definisce il ruolo dei consigli interprofessionali e dei consorzi volontari.
La disciplina della produzione e commercio dei vini, degli aceti e dei prodotti di uso enologico è stata di recente oggetto di un complessivo intervento legislativo di riordino, adottato con la legge n. 82 del 2006. Il provvedimento, approvato in sede legislativa dalla Commissione agricoltura con il consenso di tutti i gruppi politici, è volto a chiarire il quadro normativo (caratterizzato da una accentuata stratificazione normativa, sulla quale il provvedimento interviene disponendo numerose abrogazioni), semplificare gli adempimenti a carico dei produttori, razionalizzare le misure finalizzate a garantire la sicurezza dei prodotti e aggiornare il sistema sanzionatorio, superando la logica emergenziale che ha caratterizzato la produzione normativa in materia a partire della vicenda del c.d. vino al metanolo. Più specificamente, la nuova legge introduce (anche al fine di raccordare la normativa interna a quella comunitaria, riconducibile essenzialmente al regolamento CE n.1493/1999 sulla Organizzazione comune di mercato del vino) nuove definizioni normative (quali quelle di “vino passito”, “vinsanto” e “vitigno autoctono italiano”), vieta la detenzione di mosti e vini non rispondenti ai parametri o che abbiano subito trattamenti o aggiunte non consentiti, prevede nuove misure in materia di recipienti, bottiglie, sistemi di chiusura, detenzione di prodotti chimici e igiene delle cantine, dispone la costituzione presso il Ministero delle politiche agricole e forestali di una Commissione consultiva per l’aggiornamento dei metodi ufficiali di analisi e di un Comitato di coordinamento per il servizio di repressione frodi. Per quanto concerne, in particolare, il sistema sanzionatorio (sul quale si erano appuntate da tempo le maggiori critiche del mondo produttivo), il provvedimento dispone la depenalizzazione delle precedenti figure di reato, strutturando un complesso sistema di sanzioni amministrative pecuniarie (la cui entità viene rapportata alla effettiva gravità dei comportamenti, secondo un principio di gradualità e proporzionalità) e introduce, in via generale, lo strumento della diffida.
Merita ricordare, infine, la legge di ratifica ed esecuzione dell’Accordo istitutivo dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (legge n.26 del 2003).
L’Accordo istitutivo dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (OIV) è stato sottoscritto dall’Italia a Parigi il 3 aprile 2001. In virtù di tale Accordo il nuovo organismo ha sostituito il precedente Ufficio internazionale della vite e del vino risalente al 1929, nel quale l’Italia compariva tra i Paesi fondatori. L'O.I.V., che ha sede a Parigi, è l’Organismo intergovernativo a carattere scientifico e tecnico cui viene riconosciuta una competenza per l’intero comparto vitivinicolo (della vigna, del vino, delle bevande a base di vino, delle uve da tavola, delle uve secche e degli altri prodotti della vigna). L’OIV conta al suo interno, tra soggetti membri e semplici osservatori, oltre 45 Paesi produttori e consumatori di vino.
La Commissione, nella comunicazione “Verso un settore vitivinicolo europeo sostenibile” prospetta differenti ipotesi sulla riforma dell’organizzazione comune del mercato del settore vitivinicolo dell’Unione europea ed analizza le varie opzioni possibili.
In particolare, la Commissione invita tutte le parti interessate a partecipare al dibattito sulla riforma del settore vitivinicolo. Gli esiti del dibattito costituiranno la base per le proposte legislative che dovrebbero essere presentate nella prima metà del 2007[7], in prospettiva di un accordo sulle stesse prima dell’estate del 2007.
Obiettivo della Commissione è l’entrata in vigore della nuova OCM nel luglio 2008.
La Commissione, dopo aver richiamato i problemi posti dall’attuale OCM, ritiene che la futura politica del settore dovrà tener conto delle mutate circostanze del mercato internazionale e della necessità di rendere il regime sostenibile per i produttori. In particolare occorrerà perseguire i seguenti obiettivi:
Ø l’aumento della competitività dei produttori europei di vino e il rafforzamento della notorietà dei vini europei così da riconquistare quote di mercato;
Ø l’istituzione di un regime vitivinicolo basato su regole semplici ed efficaci in grado di assicurare il ripristino dell’equilibrio tra offerta e domanda;
Ø la salvaguardia delle migliori tradizioni della viticoltura europea e il rafforzamento del tessuto sociale delle zone rurali, garantendo altresì il rispetto dell’ambiente.
Nel documento presentato il 22 giugno scorso, la Commissione, dopo aver preso in esame quattro scenari di riforma, si schiera decisamente a favore di una riforma radicale, specifica per il settore del vino, da attuare secondo un piano in una o due tappe.
Le opzioni ritenute non adeguate:
· Mantenimento dello status quo: la Commissione ritiene che modifiche puramente “cosmetiche” sarebbero economicamente e politicamente insostenibili;
· Totale deregolazione del mercato: ne deriverebbero aggiustamenti troppo radicali con gravi ripercussioni economiche e sociali nelle regioni interessate;
· Riforma in sintonia con la riforma della PAC: la quota che confluirebbe nel pagamento unico disaccoppiato è ritenuta dalla Commissione troppo modesta e insufficiente a sostenere il reddito.
Tale opzione è quella fortemente sostenuta dalla Commissione e comprende due varianti.
Variante A (una sola fase)
E’ prevista l’abolizione dei diritti di impianto e del regime di estirpazione. Il regime dei diritti di impianto verrebbe lasciato scadere il 1° agosto 2010 o abolito immediatamente; verrebbe abolito anche l’attuale regime di estirpazione; ogni ettaro di superficie estirpata a spese dell’agricoltore entrerebbe a far parte della superficie ammissibile al regime di pagamento unico. Le regole relative all’accesso alle indicazioni geografiche limiterebbero de facto il numero di ettari.
Variante B (due fasi)
La Commissione propone di riattivare temporaneamente il regime di estirpazione di superfici vitate, abbinato ad un premio fissato ad un importo attrattivo e finalizzato ad invogliare i produttori non competitivi ad abbandonare la viticoltura. Tale premio verrebbe ridotto annualmente proprio per spingere i produttori a richiederlo fin dal primo anno. Con questo provvedimento la Commissione si prefigge l’espianto, su scelta del tutto volontaria, di 400.000 ettari in cinque anni, a fronte di aiuti per un importo massimo complessivo di 2,4 miliardi di euro. Le superfici estirpate potrebbero beneficiare del pagamento unico per azienda, subordinato al rispetto di requisiti ambientali. Inoltre la dotazione finanziaria dello Stato membro potrebbe essere maggiorata di un importo supplementare per ogni ettaro estirpato.
Il regime dei diritti di impianto verrebbe prorogato fino al 2013, data di scadenza definitiva.
Elementi comuni alle due varianti
Misure di gestione del mercato. Verrebbero abolite le misure di gestione del mercato come l’aiuto alla distillazione dei sottoprodotti, la distillazione di alcol per usi alimentari e dei vini ottenuti da varietà a doppia classificazione, l’aiuto all’ammasso privato e l’aiuto relativo ai mosti; il sostegno alla distillazione di crisi verrebbe sostituito da una sorta di rete di sicurezza finanziata da una dotazione nazionale assegnata a livello comunitario.
Dotazione nazionale. Calcolata sulla base di criteri obiettivi, permetterebbe agli Stati membri di finanziare misure di loro scelta (come misure di gestione delle crisi, assicurazioni contro calamità naturali o pagamento di spese amministrative connesse all’istituzione di fondi di mutualizzazione). Nella variante A le risorse sarebbero inizialmente più cospicue data l’assenza di spese per l’estirpazione. L’utilizzazione della dotazione sarebbe subordinata al rispetto di regole comuni (come quelle ambientali) per evitare distorsioni alla concorrenza e all’approvazione del programma nazionale specifico da parte della commissione. Il regime di ristrutturazione e riconversione sarebbe mantenuto nei limiti della dotazione finanziaria nazionale.
Sviluppo rurale. Altre misure verrebbero previste nei piani di sviluppo rurale; si tratta di misure come il prepensionamento per gli agricoltori o gli aiuti agroambientali destinati a coprire le perdite di reddito connesse alla creazione e manutenzione dei paesaggi vitivinicoli. Per incoraggiare tali misure potrebbe essere previsto un trasferimento di fondi dal primo al secondo pilastro[8] della PAC per destinare stanziamenti alle regioni viticole.
Indicazioni geografiche. Viene proposta la revisione del quadro normativo attuale per rafforzare la coerenza con le norme internazioni e in particolare con l’accordo ADPIC[9] .
La Commissione propone di istituire due categorie di vini: quelli a indicazione geografica e i vini senza indicazione geografica; la prima categoria sarebbe ulteriormente suddivisa in due sottogruppi, i vini IGP e i vini DOP. La Commissione inoltre intende confermare, adattare, promuovere e rafforzare il concesso di vino di qualità dell’UE basato sull’origine geografica (vino di qualità prodotto in regioni determinate). Sul piano interno occorrerebbe ampliare il ruolo dell organizzazioni interprofessionali per controllare e gestire la qualità dei vini sui territori di loro competenza nonché aumentare gli strumenti di controllo sulla produzione di vini monovitigno.
Pratiche enologiche e arricchimento. La Commissione propone di trasferire a se stessa la competenza (attualmente del Consiglio) di approvare nuove pratiche o modificare quelle esistenti. Inoltre propone di:
· riconoscere le pratiche enologiche ammesse dall’Organizzazione internazionale della vite e del vino (OIV)[10];
· autorizzare l’utilizzazione nell’UE di pratiche enologiche ammesse a livello internazionale per vinificare vini destinati all’esportazione nei rispettivi paesi di destinazione;
· sopprimere il requisito del titolo alcolometrico minimo dei vini , in considerazione della proposta di limitazione o divieto dell’utilizzo di zucchero (divieto che la Commissione ritiene vantaggioso perché aumenterebbe gli sbocchi per il mosto; la Commissione propone di ridurre al 2% la percentuale massima di arricchimento con mosto d’uva tranne che nelle cosiddette zone viticole C dove la percentuale dovrebbe essere dell’1% (tali zone sarebbero alcune regioni di Francia, Spagna , Portogallo, Slovacchia, Italia, Ungheria, Slovenia, Grecia, Cipro e Malta)
Etichettatura. La Commissione ritiene che le regole in materia di etichettatura vadano semplificate e che sia opportuna l’istituzione di un unico quadro normativo applicabile a tutte le categorie di vino e le relative menzioni. Propone pertanto il trasferimento delle competenze dal Consiglio alla Commissione e l’utilizzazione di un unico strumento giuridico a completamento delle norme orizzontali in materia di etichettatura contenute nella direttiva 2000/13/CE. Inoltre, per adattarsi maggiormente alle politiche dell’OMC, la Commissione propone di:
· abolire la distinzione tra norme per l’etichettatura di vini con e senza indicazione geografica, agevolando al tempo stesso l’indicazione di annata e vitigno sui vini senza IG in modo da permettere ai produttori europei di commercializzare vini monovitigno come i loro concorrenti esteri;
· mantenere e migliorare il sistema delle menzioni tradizionali;
· adattare la politica dei marchi commerciali;
· modificare le regole linguistiche per garantire una maggiore flessibilità nell’uso delle lingue;
· informare completamente i consumatori sull’origine del prodotto grazie a norme appropriate sulla tracciabilità in etichetta;
· informare i consumatori sugli aspetti ambientali delle produzioni.
Promozione e informazione. Nel corso del seminario del 16 febbraio 2006 è stata evidenziata la necessità di porre maggiormente l’accento sulle strategie di commercializzazione dei vini. La Commissione sottolinea di voler portare avanti con determinazione una politica di informazione e promozione responsabile e prospetta la possibilità di attuare campagne di informazione sul consumo responsabile e moderato di vino nell’UE.
Ambiente. La Commissione ritiene che la riforma dovrebbe includere nel settore vitivinicolo requisiti ambientali minimi che tengano conto del forte impatto ambientale della viticoltura come l’erosione e la contaminazione del suolo, l’utilizzo di fitofarmaci e la gestione dei rifiuti.
Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Al fine di rendere la riforma del settore del vino compatibile con i requisiti richiesti dall’OMC dovrebbero essere eliminate o modificate le attuali misure di intervento distorsive degli scambi. Nella medesima prospettiva verrà esaminato il divieto di vinificare mosti di importazione e tagliare vini comunitari con vini non comunitari.
La Commissione precisa infine che, per quanto riguarda i vigneti piantati in modo “irregolare” o “illecito”, gli Stati membri devono conformarsi alla normativa in vigore.
L’incidenza finanziaria delle misure sopra descritte non supererebbe i livelli di spesa degli ultimi anni.
La Commissione ha inoltre reso disponibile una valutazione d’impatto[11] delle quattro opzioni di riforma contenute nella comunicazione sulla riforma del settore vitivinicolo.
A partire dal 2002, la Commissione ha deciso di sottoporre tutte le proposte legislative ad una valutazione d’impatto “preliminare” e le proposte di maggiore rilevanza ad una valutazione “estesa” dell’impatto economico, sociale ed ambientale.
Il documento della Commissione mostra come, per quanto riguarda l’equilibrio del mercato, tenuto conto delle prospettive a medio termine dell’Unione a 27, il mantenimento del regime vitivinicolo attuale (opzione 1), anche se con leggere modifiche, provocherebbe un accrescimento delle eccedenze e non può essere considerato pertanto una soluzione sostenibile.
L’abbandono delle misure di mercato previsto dalle altre tre opzioni garantirebbe un equilibrio a più lungo termine. A breve termine, invece, tali tre opzioni avrebbero effetti differenti. L’opzione 2, relativa ad una profonda riforma, permetterebbe l’assorbimento più armonioso e più rapido delle eccedenze favorendo altresì l’adattamento strutturale del settore. L’assenza di misure strutturali nelle opzioni 3 (riforma secondo i principi della PAC) e 4 (deregolamentazione del mercato vitivinicolo) potrebbe comportare difficoltà colossali in un settore abituato da varie decine di anni ad avere strumenti d’intervento.
Per l’aspetto relativo a prezzi e redditi, il documento della Commissione considera che l’opzione 1 (status quo), con l’aumento delle eccedenze e una minore efficacia da parte delle misure d’intervento, vedrebbe il ripetersi di crisi che porterebbero ad un abbassamento dei pressi e ad un deterioramento dei redditi agricoli.
Le altre tre opzioni permetterebbero di raggiungere nel lungo periodo un livello soddisfacente di prezzi e redditi. Tuttavia, a breve termine, i produttori di vino complessivamente dovranno far fronte ad una diminuzione dei prezzi e dei redditi, visto che la stabilizzazione del mercato avrà bisogno di un adattamento strutturale considerevole. Da una simulazione realizzata dalla Commissione, risulta che l’opzione 1 (status quo) e l’opzione 4 (deregolamentazione) avrebbero le conseguenze più pesanti sui prezzi e sui redditi; l’opzione 2 (riforma profonda) avrebbe l’incidenza meno pronunciata, anche se sempre significativa, sui redditi a breve termine e permetterebbe loro di stabilizzarsi rapidamente. L’opzione 3 (riforma secondo i principi della PAC) a breve termine potrebbe risultare quella più interessante, dal momento che il disaccoppiamento degli aiuti compenserebbe in un primo periodo l’abbassamento dei prezzi del vino; tuttavia essa provocherebbe a lungo termine un forte abbassamento dei prezzi e un peggioramento del reddito.
La simulazione della Commissione si è basata su due tappe: nella prima sono stati estrapolati i prezzi dei vini sulla base della relazione statistica determinata tra prezzo del vino da tavola e volume totale degli stock di vino; nella seconda tappa è stata simulata la ricaduta delle variazioni dei prezzi sui redditi agricoli di sette aziende agricole tipo, rappresentative delle categorie di produttori di vino da tavola più significative nelle cinque grandi regioni viticole europee.
Per le varie opzioni, vengono riportati i risultati relativi alla “variazione del valore aggiunto netto dell’azienda agricola per unità di lavoro annuale” (VANE/UTA) di alcune regioni spagnole, francese e italiane, nei primi due anni della riforma. Per l’Italia vengono riportati i dati relativi alla Puglia e alla Sicilia[12].
1° anno
|
Opzione 1 |
Opzione 2 |
Opzione 3 |
Opzione 4 |
Prezzi |
- 6% |
- 5% |
- 8% |
- 12% |
|
|
|
|
|
VANE/UTA della Puglia |
- 11% |
- 9% |
0% |
- 21% |
VANE/UTA della Sicilia |
- 11% |
- 9% |
6% |
- 23 % |
VANE/UTA di Poituou Charentes |
- 10% |
- 8% |
- 3% |
- 20% |
VANE/UTA di Languedoc Ruoussillon |
- 19% |
- 16% |
19% |
- 39% |
VANE/UTA di Castilla La Mancha |
- 8% |
- 7% |
34% |
- 16% |
2° anno
|
Opzione 1 |
Opzione 2 |
Opzione 3 |
Opzione 4 |
Prezzi |
- 12% |
- 8% |
- 16% |
- 23% |
|
|
|
|
|
VANE/UTA della Puglia |
- 21% |
- 14% |
- 14% |
- 41% |
VANE/UTA della Sicilia |
- 23% |
- 15% |
- 9% |
- 43 % |
VANE/UTA di Poituou Charentes |
- 20% |
- 13% |
- 17% |
- 38% |
VANE/UTA di Languedoc Ruoussillon |
- 39% |
- 26% |
- 7% |
- 74% |
VANE/UTA di Castilla La Mancha |
- 16% |
- 11% |
24% |
- 30% |
Dal punto di vista della competitività, il documento sottolinea che l’eliminazione del divieto di nuove piantagioni permetterebbe ai produttori di ottimizzare l’ampiezza delle loro aziende e di esercitare l’attività nel livello di produzione più adeguato. Il divieto di utilizzare saccarosio per l’arricchimento potrebbe invece influire negativamente sulla competitività perché i costi di produzione potrebbero subire aumenti dal 15 al 25%.
Nel caso dell’opzione 1 (status quo), il deterioramento del mercato provocherebbe difficoltà economiche e sociali crescenti nelle zone rurali. Anche l’opzione 3 (riforma secondo i principi della PAC) e l’opzione 4 (deregolarizzazione) metterebbero fortemente in pericolo la coesione di tali zone.
Con l’opzione 2 (riforma profonda) il ritorno progressivo ad una situazione di equilibrio del mercato , così come la realizzazione della sostenibilità della produzione vitivinicola, avrebbero una positiva incidenza sull’attività delle zone rurali nel loro insieme. I fondi della dotazione nazionale e quelli per lo sviluppo rurale faciliterebbero l’adattamento strutturale del settore e attenuerebbero gli effetti della riduzione della produzione.
La produzione vitivinicola ha una forte ricaduta sull’ambiente sotto vari aspetti: l’effetto sul suolo, utilizzo di fitofarmaci, eliminazione dei sottoprodotti della vinificazione, ricorso crescente all’irrigazione, specializzazioni eccessive. L’opzione 3 (riforma della PAC) presenterebbe il vantaggio della ecocondizionalità delle misure; l’opzione 1 (status quo) e l’opzione 4 (deregolazione) non presentano alcuna garanzia dal punto di vista della tutela ambientale. Nel caso dell’opzione 2 (riforma profonda) non sarebbe facile far rispettare le esigenze connesse alla tutela dell’ambiente, visto che le aziende potrebbero non ricevere aiuti diretti soggetti alla ecocondizionalità; tuttavia si potrebbe prendere in considerazione la possibilità di subordinare le misure di sostegno (anche quelle eleggibili alla dotazione nazionale e allo sviluppo rurale) al rispetto di obblighi in materia di ecocondizionalità.
Per il settore, i problemi principali connessi alla normativa internazionale sugli scambi commerciali riguardano il sostegno interno (gran parte delle spese dell’ocm vino sono classificate nella categoria arancio cioè quella delle misure distorsive del mercato), la politica di qualità (attualmente il quadro normativo non permette una protezione ottimale delle indicazioni geografiche nel contesto dell’accordo dell’OMC sugli aspetti relativi ai diritti di proprietà intellettuale che riguardano il commercio - accordo ADPIC), e le regole di etichettatura che vengono considerate discriminatorie verso i paesi terzi.
L’opzione 1 (status quo) non farebbe altro che lasciare inalterati tutti i problemi attuali. Le altre opzioni, invece, sarebbero conformi alle esigenze dell’OMC; sarebbe tuttavia opportuno verificare, per l’opzione 2 (riforma profonda) se la dotazione nazionale verrebbe classificata nella categoria verde, cioè tra le misure non distorsive dei mercati.
L’opzione 1 (status quo) non avrebbe nessun effetto sulla qualità dei vini. Le altre opzioni favorirebbero il segmento dei vini di migliore qualità.
Dal punto di vista della tutela della salute pubblica, l’opzione 1 (status quo), che mantiene alcune misure di sostegno a favore della produzione di acquavite a basso costo, contraddice la politica di salute pubblica. Le altre opzioni invece, abolendo alcune misure e riducendo le eccedenze, avrebbero una ricaduta positiva sulla salute dei consumatori. L’opzione 2 (riforma profonda), inoltre, potrebbe rafforzare la trasparenza verso i consumatori attraverso le semplificazioni proposte alla politica di qualità, al sistema delle indicazioni geografiche e alle regole di etichettatura.
Il 15 febbraio 2007, il Parlamento europeo ha approvato, con 484 voti a favore e 129 contrari, una risoluzione di iniziativa sulla riforma dell’organizzazione comune del mercato del settore vitivinicolo.
Si ricorda
che
· la durata di un anno della fase intermedia consacrata al bilancio della riforma e alla valutazione dei suoi effetti;
· l’opportunità di adottare misure volte ad incoraggiare gli usi alternativi dell’alcool e dei sottoprodotti della vinificazione attraverso politiche relative alle bioenergie in grado di contribuire a limitare le eccedenze di produzione;
· la precisazione che qualsiasi decisione circa la capitalizzazione dovrebbe competere ai produttori e non discendere da disposizioni di diritto dell’UE;
· che la lista positiva comunitaria delle pratiche enologiche consentite dovrebbe essere suscettibile di essere rivista alla luce delle tendenze dei consumi.
La risoluzione, invece, in aggiunta rispetto alla proposta di risoluzione, ha evidenziato la necessità di:
- fornire aiuti per il mosto concentrato e il mosto concentrato rettificato utilizzato per l’arrichimento in quanto necessario a preservare una pratica enologica tradizionale (punto 36);
- aggiungere alle priorità della Commissione il rafforzamento della promozione dei prodotti vitivinicoli e la conquista di nuovi mercati, soprattutto nei paesi emergenti, attraverso una strategia proattiva ed ambiziosa in materia di commercio estero, dotata di mezzi sufficienti (punto 72, che peraltro riprende quanto già affermato al punto 54, su cui si veda infra).
Il Parlamento europeo ritiene possibile, in base alla comunicazione della Commissione, formulare un progetto globale di riforma dell’OCM del settore vitivinicolo, basato sulle diverse varianti proposte dalla Commissione senza identificarsi, però, con nessuna di esse. In particolare, la riforma radicale dell’OCM prospettata dalla Commissione non è condivisa dal PE, in particolare, in quanto:
Ø lo sradicamento massiccio risulta inadeguato, non consentendo di rispondere alla sfida principale della competitività, ma rappresenta un attacco ingiustificato al patrimonio viticolo UE nonché un metodo inadeguato per evitare la produzione eccedente;
Ø la liberalizzazione integrale appare pericolosa, potendo ostacolare il ripristino dell’equilibrio tra domanda e offerta e provocare la delocalizzazione della viticoltura;
Ø la Commissione europea prospetta una ristrutturazione della viticoltura basata sulla concentrazione della produzione in poche aziende e sulla uniformità dei vini, penalizzando la diversità dei vini europei, con ricadute sulla ricchezza economica, culturale e sociale di numerose regioni europee;
Ø il trasferimento di stanziamenti dal primo al secondo pilastro della PAC risulta contrario a qualsiasi logica;
Secondo il PE, al contrario, la revisione dell’OCM deve avere l’obiettivo di:
Ø stabilizzare le regioni viticole ed il settore complessivamente considerato;
Ø regolamentare la domanda e l’offerta in modo efficace nel rispetto della tradizione vitivinicola europea;
Ø assicurare ai consumatori europei ed internazionali la differenza qualitativa e la specificità della produzione UE;
Ø rafforzare la competitività nel contesto internazionale;
Ø mantenere l’OCM del vino nell’ambito del primo pilastro PAC;
Ø puntare sulla sussidiarietà nell’attuazione del nuovo regime da parte degli Stati membri, realizzando programmi nazionali di sostegno e sviluppo del settore; in particolare, le misure legate alla sussidiarietà devono essere definite ed inquadrate a livello comunitario, in modo da evitare distorsioni della concorrenza ed essere finanziate attraverso il primo pilastro;
Ø garantire tutto ciò attraverso una legislazione semplificata, armonizzata e trasparente.
La risoluzione, inoltre:
· chiede che sia rafforzato il ruolo delle associazioni di produttori e che siano finanziate campagne di promozione per conquistare nuovi mercati;
· in parallelo, dovrebbero essere preparate campagne di informazione volte a convincere i cittadini dell’UE ad un uso responsabile e moderato di vino;
· la riforma inoltre dovrebbe tenere conto sia dell’ingresso nell’UE di Bulgaria e Romania (grandi produttori di vino), sia dell’aumento della produzione dei paesi terzi come Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Canada e Sudafrica, sia infine dello sviluppo costante del mercato cinese.
La risoluzione raccomanda un’attuazione progressiva della riforma, che dovrebbe comprendere due fasi. Nella prima fase (2008-2011) l’obiettivo dovrà essere il riequilibrio, il risanamento e la trasparenza del mercato così come il sostegno ai produttori ed alle regioni viticole; a questa prima fase dovrebbe fare seguito un bilancio intemedio della riforma e la valutazione dei suoi effetti per dar modo, nella seconda fase (2012-2015), di effettuare eventuali correzioni e completare la realizzazione degli obiettivi iniziali.
In ogni caso, l'attuale situazione impone di adottare immediate misure per risolvere i problemi del settore vitivinicolo: di conseguenza, è necessario che le politiche a sostegno della riforma - sia attraverso l'attuale bilancio comunitario, sia attraverso un suo eventuale aumento - entrino in vigore fin dall'inizio, “anche se in modo progressivo per talune di esse, come, ad esempio, per la politica di promozione dei flussi commerciali e di miglioramento della qualità, e a ritmo decrescente per altre, ad esempio per la politica riguardante i meccanismi di intervento sul mercato” (cfr. punto 8).
La risoluzione rileva che l’abbandono definitivo dei vigneti non può costituire il fulcro della riforma; l’iniziativa di abbandonare i vigneti deve essere assunta dal produttore a condizione che gli Stati membri abbiano la possibilità di approvare o rifiutare l’abbandono sulla base di criteri ambientali o sociali compatibili con i criteri fissati a livello comunitario. In particolare, i criteri europei volti a limitare l’abbandono definitivo potrebbero essere imperniati sulla scelta di risparmiare i vigneti:
· ubicati nelle zone di montagna, costiere e insulari (principalmente vini con indicazione geografica);
· che hanno sbocchi commerciali;
· la cui riduzione minaccerebbe l’esistenza di tutta la zona vinicola o di una denominazione d’origine controllata;
· il cui abbandono produrrebbe rischi per l’ambiente;
· che hanno beneficiato di aiuti strutturali nell’ambito di programmi UE.
Al contrario, i criteri in base ai quali favorire la scelta dell’abbandono definitivo dovrebbero riguardare:
· i vigneti a basso rendimento;
· i vigneti inadatti alla produzione di vini di qualità o commercializzabili;
· le vigne degli agricoltori in via di pensionamento.
Inoltre, nel documento si suggerisce che gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a varare programmi di sradicamento temporaneo, comprendenti un sostegno finanziario durante gli anni di fermo agli agricoltori prima della scelta tra il ripiantamento, la cessione dei diritti o lo sradicamento definitivo. Inoltre, i terreni dei vigneti sradicati, per i quali è versato un indennizzo forfettario, possono essere aggiunti alle superfici eligibili all’aiuto unico disaccoppiato. In ogni caso, ai fini della fissazione del premio di sradicamento o dell’aiuto unico devono essere prese in considerazione esigenze minime dal punto di vista ambientale per evitare il degrado delle zone rurali. Infine, lo Stato membro dovrà avere la possibilità di fornire ai viticoltori interessati dai programmi di sradicamento un aiuto complementare, proveniente dai programmi di sostegno e sviluppo del settore vitivinicolo o dalla redistribuzione della riserva nazionale dei diritti all’aiuto unico, in maniera che l’aiuto possa raggiungere il livello medio regionale dell’aiuto diretto disaccoppiato; mentre non può essere accordata alcuna indennità per lo sradicamento di vigneti illegali.
Le operazioni di sradicamento devono essere, comunque, controllate dagli Stati membri, dalle regioni e dalle organizzazioni di produttori.
La risoluzione si oppone all’iniziativa, prospettata dalla Commissione europea, di abolire la maggior parte delle misure di gestione del mercato.
In particolare, si sottolinea che la proposta della Commissione relativa al ritiro sotto controllo dei sottoprodotti della vinificazione può provocare problemi ambientali nelle grandi regioni produttrici di vino, mentre la proposta di sopprimere la distillazione delle eccedenze di vini avrebbe la conseguenza di riorientare grandi quantità verso la vinificazione, con inevitabili ripercussioni sul mercato regionale ed europeo. Infine, il riassorbimento non progressivo delle eccedenze esistenti, delineato dalla Commissione, potrebbe provocare alterazioni del mercato e del reddito dei viticoltori.
Il documento - pur riconoscendo che la distillazione del vino è stata inizialmente introdotta come misura di emergenza, trasformandosi poi nella parte più costosa e opinabile dell'OMC vinicola - evidenzia come i programmi di distillazione debbano essere estinti progressivamente “nel corso di un periodo transitorio ragionevole che consenta ai viticoltori di consolidare o adottare metodi di produzione sostenibile e una produzione vinicola di qualità; considera che durante tale periodo transitorio i viticoltori che hanno beneficiato della distillazione debbano essere messi in condizione di affermarsi su mercati di qualità, utilizzando programmi di sradicamento dei vigneti, una gestione volontaria dell'offerta e misure di sviluppo rurale per una migliore commercializzazione e diversificazione dei vini di qualità” (cfr. punto 13). In particolare, si considera necessario, durante la prima fase della riforma, ridurre le quattro forme di distillazione attuali a due sole:
- la distillazione obbligatoria, da mantenere come misura di sicurezza del mercato;
- la distillazione volontaria di alcool da vino, che potrà essere utilizzata per diversi prodotti a base di vino o per la correzione della gradazione alcolica.
Durante la fase intermedia, invece, si dovrebbero ridurre gradualmente i quantitativi ceduti alle misure di gestione, rafforzando al tempo stesso le misure finalizzate al miglioramento della qualità, alla promozione e alla distribuzione commerciale dei vini europei.
Il Parlamento europeo ritiene, inoltre, necessario:
· conservare gli aiuti alle produzioni vitivinicole per continuare a garantire la qualità dei vini europei;
· mantenere un sostegno alla distillazione per il consumo umano, essendo l’unica ad avere sbocco sul mercato.
· mantenere l’aiuto ai mosti destinati alla trasformazione;
· abolire gli aiuti allo stoccaggio pubblico di alcool;
· creare un nuovo meccanismo di gestione delle crisi per reagire a situazioni di emergenza;
· rivedere l’applicazione della distillazione dei sottoprodotti, rendendola meno onerosa e tale da consentire lo smaltimento di parte dell’alcool verso altri sbocchi commerciali.
Contrariamente all’idea della Commissione europea di mantenere fino al 2013 il divieto di nuove piantagioni, la risoluzione sostiene una riattribuzione progressiva ma controllata dei nuovi diritti di piantatura, in modo da evitare ripercussioni negative sul mercato, dovute ad uno sviluppo incontrollato di nuove piantagioni. Gli Stati membri dovrebbero, pertanto, presentare programmi che stabiliscano il livello di piantagione perseguito, il bilancio dell’evoluzione dell’attribuzione dei diritti, le varietà in oggetto in ogni regione e il calendario di applicazione. Secondo il documento, i diritti di piantagione dovrebbero andare prioritariamente a:
- giovani agricoltori;
- produzioni di vini di qualità;
- aziende vinicole che hanno avviato programmi di miglioramento della qualità e della commercializzazione.
In ogni caso, ciascun Paese, in collaborazione con le regioni, le organizzazioni interprofessionali e le associazioni di produttori, è tenuto a valutare il programma e l'andamento degli sradicamenti nonché la situazione delle piantature illegali, prima di avviare la cessione di nuovi diritti.
A tal fine, la risoluzione prevede l’istituzione - presso tutti gli Stati membri - di uno schedario viticolo, che indichi le varietà piantate ed il numero di vigneti in ogni unità[13]. Tale schedario è il principale strumento per controllare il rispetto dei limiti di produzione.
Inoltre, le nuove piantature – sempre secondo il documento – non possono essere inserite tra le azioni ammissibili al finanziamento, ma “tra le azioni collettive delle organizzazioni di produttori e/o delle organizzazioni del settore, che si occupano di politiche di promozione, di informazione dei consumatori, di ricerca di mercato e di indennizzi in caso di calamità naturali, figuranti nei programmi nazionali di sostegno e di sviluppo del settore vitivinicolo” (cfr. punto 29).
Da segnalare, infine, che le decisioni di liberalizzazione relative a zone di produzione con indicazione geografica dovrebbero essere assunte dalle competenti autorità regionali, al fine di salvaguardare il valore degli investimenti realizzati dai viticoltori della zona e non ridurre il prestigio dell'indicazione geografica, mantenendo al contempo il controllo della qualità della produzione.
L'arricchimento - che ha un impatto diretto sui livelli di produzione, in quanto può comportare un incremento della quantità di vino prodotta - avviene sostanzialmente attraverso il mosto concentrato ovvero il saccarosio. Secondo il Parlamento europeo, esso deve essere autorizzato in tutte le regioni viticole dove è tradizionalmente praticato e in cui non esistono eccedenze strutturali. Pertanto non condivide la proposta della Commissione, volta a ridurre il livello massimo di arricchimento.
In particolare, il documento considera ammissibile l'arricchimento con zucchero, subordinatamente al rispetto di determinate condizioni fissate dagli Stati membri, quali il controllo delle misure per il miglioramento della qualità, nonchè alle circostanze climatiche. Del resto, vietare tale pratica potrebbe rappresentare, sempre secondo il PE, una discriminazione nei confronti degli Stati membri situati in regioni dell'UE in cui la coltivazione della vite è più difficile a causa di condizioni climatiche meno favorevoli.
Per quanto riguarda, invece, l’arricchimento mediante aggiunta di mosto concentrato, la risoluzione evidenzia la necessità di fornite aiuti al fine di preservare una pratica enologica tradizionale, richiedendo però che il mosto provenga dallo stesso bacino di produzione.
Dovrebbe essere, invece, vietata la vinificazione di mosti importati e la pratica di
mescolarli con mosti comunitari. Infatti, uno dei rischi più seri di
adulterazione della produzione di vino, di distorsione del commercio e di
riduzione della produzione comunitaria è rappresentato – secondo la risoluzione
– dalla soppressione del divieto di vinificare i mosti importati. Il documento
invita quindi
La risoluzione sottolinea che l'Unione
europea dovrebbe perseguire il consolidamento,
il riconoscimento e la protezione su scala mondiale dei vini di una determinata
provenienza geografica, producendo con metodi tradizionali un vino di
qualità ed etichettandolo specificatamente. Il documento invita, pertanto,
In ogni caso, pur essendo essenziale l'etichettatura dei vini dell'Unione europea, la relativa procedura non dovrebbe risultare più complicata di quella dei vini provenienti dai paesi terzi. Al fine di favorire la riconoscibilità dei vini di qualità europei appare, infatti, necessario semplificarne l'etichettatura.
Per quanto riguarda, poi, le bevande importate, la risoluzione sottolinea che il ricorso a pratiche enologiche non ammesse nell’UE dovrebbe figurare chiaramente nell’etichetta delle stesse.
Peraltro, per assicurare la crescita della domanda delle produzioni vinicole europee di qualità è necessario approntare azioni specifiche, appositamente finanziate, volte ad accrescere la capacità di comunicazione al mercato mondiale. Infatti, per superare le difficoltà derivanti essenzialmente dalle crescenti importazioni di vini di paesi terzi e per rafforzare la competitività del settore sui mercati internazionali, è necessario definire “una politica commerciale esterna per i vini europei che sia proattiva e ambiziosa e a cui si coniughino una ridistribuzione delle risorse di bilancio e di strumenti appropriati” (cfr. punto 54);
La risoluzione ritiene che il trasferimento di stanziamenti dal primo pilastro della PAC (sostegno ai mercati) al secondo pilastro della PAC (sviluppo rurale), attraverso misure da integrare nelle “dotazioni nazionali”, sia contrario a qualsiasi logica, volta a garantire lo sviluppo sostenibile del settore e a fissare regole di concorrenza rispettose dei principi comunitari. Inoltre, si teme che un simile trasferimento possa avere come conseguenza la riduzione delle risorse destinate al settore vitivinicolo, senza contare che il ripristino della competenza nazionale per alcuni interventi potrebbe generare distorsioni della concorrenza e discriminazioni tra le produzioni. Pertanto, ad avviso del Parlamento europeo, tale trasferimento deve essere respinto.
La risoluzione propone varie soluzioni per decidere come ripartire le risorse comunitarie tra i vari programmi nazionali di sostegno e sviluppo del settore vitivinicolo. Si ipotizza, pertanto, di:
· procedere ad una ripartizione a priori del bilancio delle dotazioni nazionali, sulla base di una relazione percentuale fra produzione e superficie occupata dalla viticoltura in ogni Stato membro, per es. durante il periodo 2001-2005; tale ripartizione permetterebbe a ciascuno Stato membro di applicare, nel quadro del pacchetto finanziario assegnatogli, gli strumenti ritenuti più opportuni nell’ambito di un contesto normativo prestabilito a livello comunitario;
· realizzare una ripartizione basata sugli importi utilizzati da ciascuno Stato membro nell’OCM attuale;
· elaborare una formula mista che tenga conto dei dati storici, delle superfici dei vigneti, e delle quantità prodotte o commercializzate per ciascuno Stato membro.
Inoltre, la risoluzione giudica indispensabile che, qualora uno Stato membro consideri necessario un aiuto supplementare per migliorare i suoi interventi strutturali nel settore, tale Stato possa cofinanziare l’aiuto in questione nell’ambito di stanziamenti a titolo di sviluppo rurale (il cosiddetto secondo pilastro della PAC), sempre che si tratti di azioni eligibili e principalmente legate ad interventi strutturali o a programmi di pensionamento anticipato e a politiche di aiuto a giovani agricoltori/trici.
Nel corso del Consiglio agricoltura del 24 e 25 ottobre 2006, si è svolto un dibattito politico sulla riforma del settore vitivinicolo, sulla base di un questionario predisposto dalla Presidenza.
Da notizie di stampa[14] risulterebbe che un‘ampia maggioranza di Stati membri si sia opposta all’autorizzazione d’importare mosti originari di paesi terzi e mescolare vini comunitari con vini stranieri.
Una decina di paesi (Germania, Austria, Paesi Bassi, Regno Unito, Lussemburgo, Ungheria, e Repubblica ceca) hanno ribadito il loro rifiuto della proposta della Commissione di vietare l’uso di zucchero per arricchire il vino.
Vari paesi hanno chiesto una modifica o semplificazione delle regole di etichettatura dei vini.
Il ministro finlandese Juha Korkeaoja, ha riassunto le linee del dibattito evidenziando come vi sia, da un lato ,un accordo generale circa la necessità di una profonda riforma del settore e, dall’altro, sussistano divergenze sulle modalità della riforma.
Nel comunicato stampa che ha seguito la riunione è stato precisato come molte delegazioni appoggino l’opzione 2 (quella relativa ad una profonda riforma del settore) mentre alcune delegazioni suggeriscono di aggiungere all’opzione 2 alcuni elementi dello schema di pagamento disaccoppiato. Inoltre alcune delegazioni si sono dichiarate a favore della proposta di rendere accessibili le pratiche enologiche approvate dall’OIV per usufruire delle stesse possibilità dei produttori dei paesi terzi.
Il Consiglio agricoltura del 25 ottobre si è concluso con l’invito rivolto alla Commissione a presentare la proposta legislativa di riforma del settore vitivinicolo nella prima metà del 2007.
[1] Si
ricorda che per il settore ortofrutticolo
[2] COM(2006)319.
[3] La
distillazione di crisi è una misura di controllo del mercato che permette di
trasformare le uve in eccedenza in alcool che viene poi rivenduto a scopi
alimentari. alimentari. Spetta allo
stato membro interessato presentare richiesta di distillazione alla Commissione
europea che esamina la situazione ed eventualmente prepara una proposta da
sottoporre al Comitato europeo di gestione del vino, in cui vengono fissati sia
il prezzo che il quantitativo di uva che potrà essere distillato. Il Comitato
europeo che riunisce a livello tecnico i rappresentanti dei 25 stati membri si
pronuncia e
[4] Dati della Confagricoltura.
[5] L’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) classifica le sovvenzioni in categorie designate da un colore (verde, blu e giallo), a seconda del grado distorsivo del loro effetto sulla produzione e sugli scambi.
[6] Il
reg. 1493 è stato approvato dal Consiglio il 17 maggio 1999 ed è stato
pubblicato nella GUCE serie L del 14 luglio. L’articolo
[7]
Inizialmente,
[8] Si ricorda che il primo pilastro della PAC è quello relativo al sostegno dei mercati mentre il secondo è relativo allo sviluppo rurale.
[9] Si tratta dell’Accordo sui diritti di proprietà intellettuale nel commercio concluso nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio. Costituisce uno dei capitoli del negoziato relativo al Doha Round per due questioni, la prima attinente alla creazione di un registro multilaterale per i vini e le bevande spiritose e la seconda relativa all’estensione ad altri prodotti del livello più elevato di protezione riservato ai vini e alle bevande spiritose.
[10] L’OIV è un’istituzione intergovernativa a carattere scientifico e tecnico operante nel settore della vite e dei prodotti derivati di cui fanno parte tra gli altri Italia, Spagna, Francia, Lussemburgo, Tunisia, Ungheria, Grecia e Portogallo. A questi paesi tradizionalmente produttori si affiancano i nuovi produttori come Australia, Nuova Zelanda, Argentina, Cile e alcuni paesi del Nord Africa.
[11] SEC (2006)770.
[12]
[13] Conformemente al regolamento (CEE) n. 2392/86.
[14] Agence europe del 26 ottobre 2006.