Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||||
---|---|---|---|---|---|
Autore: | Servizio Biblioteca | ||||
Titolo: | Unione europea e Costituzione spagnola | ||||
Serie: | Note informative sintetiche Numero: 6 Progressivo: 2007 | ||||
Data: | 16/05/2007 | ||||
Descrittori: |
| ||||
Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni |
N. 6 – 16 maggio 2007
Unione Europea e Costituzione spagnola
La Costituzione spagnola non contiene un esplicito riferimento all’Europa. Le limitazioni di sovranità connesse all’ingresso nell’Unione Europea hanno trovato fondamento costituzionale nell’articolo 93 della Costituzione. Tale disposizione, introdotta allo scopo di fornire un’adeguata copertura costituzionale alla partecipazione della Spagna al processo di integrazione comunitaria, dispone che mediante legge organica si possa autorizzare la stipulazione di trattati con cui si attribuisca a un’organizzazione o istituzione internazionale l’esercizio di competenze contemplate dalla Costituzione. Spetta al Parlamento o al Governo garantire l’attuazione di questi trattati e degli atti con cui tali organismi esercitano le competenze delegate. Un meccanismo di garanzia si rinviene nell’articolo 95, secondo il quale i trattati internazionali, che contengono clausole in contrasto con la Costituzione richiedono la previa revisione costituzionale. Il Governo o una delle due Camere possono richiedere al Tribunale Costituzionale una dichiarazione sull’esistenza di tale contrasto.
In due occasioni il Governo ha fatto ricorso a tale meccanismo di garanzia e in entrambi i casi si trattava di verificare la compatibilità di Trattati dell’UE con la Costituzione.
La prima volta nel 1992 il Governo chiese al Tribunale Costituzionale di pronunciarsi sulla compatibilità dell’articolo 13, comma 2 della Costituzione, che nella sua versione originaria riconosceva agli stranieri il solo diritto all’elettorato attivo nelle elezioni locali se previsto per legge o in un trattato, con il conferimento dell’elettorato passivo nelle elezioni locali ai cittadini dei Paesi membri dell’UE in applicazione del Trattato di Maastricht. Nella Dichiarazione n.1/1992 il giudice costituzionale definì l’art. 93 un precetto organico procedimentale, in virtù del quale si rende possibile l’attribuzione dell’esercizio di competenze contemplate dalla Costituzione ad organizzazioni o istituzioni internazionali, precisando, tuttavia, nel caso specifico, che tale precetto non è in grado di fornire copertura ad interventi di trasferimento, che abbiano come conseguenza una revisione della Costituzione. L’articolo 93 non può cioè essere utilizzato come strumento per emendare in forma “implicita o tacita” il dettato costituzionale. Pertanto il Tribunale richiese la modifica dell’articolo 13.2 della Costituzione, secondo il meccanismo di revisione costituzionale disciplinato dall’art. 167, prima di procedere alla ratifica del Trattato di Maastricht con legge organica.
Nella Dichiarazione n.1/2004 il giudice costituzionale, adito per la seconda volta dal Governo sull’eventuale contrasto tra la Costituzione ed alcuni articoli del Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, compie un’analisi più articolata sulla portata dell’articolo 93 e sulla complessa questione del primato del diritto comunitario sul diritto interno. L’articolo 93 continua, infatti, ad essere descritto come una “cerniera” mediante la quale la stessa Costituzione legittima l’entrata nel sistema costituzionale spagnolo di altri sistemi giuridici attraverso la cessione dell’esercizio di talune competenze, ma allo stesso tempo acquista una dimensione “sostanziale o materiale”, in quanto, in virtù di tale trasferimento, muta la cornice all’interno della quale valutare la legittimità del diritto prodotto dall’ordinamento beneficiario della cessione di competenza. Il giudice costituzionale ha ritenuto che “una volta prodotto l’effetto di integrare un altro ordinamento all’ordinamento nazionale, si deve sottolineare che non è più la Costituzione a fornire il quadro di validità delle norme comunitarie, bensì lo stesso Trattato, la stipula del quale costituisce lo strumento di realizzazione dell’operazione sovrana di cessione dell’esercizio di competenze derivate dalla Costituzione, fermo restando che è la stessa Costituzione ad esigere che l’ordinamento di cui si accetta l’integrazione in virtù della cessione di competenze sia compatibile con i suoi principi e valori fondamentali”.
La presenza di limiti costituzionalmente necessari al processo di integrazione comunitaria - riprendendo testualmente le argomentazioni del Tribunale Costituzionale - “deve partire dal riconoscimento del fatto che l’operazione di cessione di talune competenze all’UE, e la conseguente integrazione del diritto comunitario nel diritto interno, impongono limiti inevitabili alle sovrane facoltà dello Stato, accettabili solo in quanto il diritto europeo sia compatibile con i principi fondamentali dello Stato sociale e democratico di diritto stabilito dalla Costituzione nazionale. Per questo motivo, la cessione resa possibile dall’art. 93 incontra limiti materiali che alla stessa cessione si impongono. Questi limiti materiali, non enunciati espressamente nella disposizione costituzionale, risultano implicitamente dalla stessa Costituzione e dal contenuto essenziale dell’art. 93, e si traducono nel rispetto della sovranità dello Stato, delle nostre strutture costituzionali, e del sistema di principi e valori fondamentali consacrati nella nostra Costituzione, nel quale i diritti fondamentali assumono un’autonoma dimensione sostanziale”.
Un orientamento analogo era stato espresso dal Consiglio di Stato nel parere reso al Governo nell’ottobre del 2004. Sull’idoneità dell’articolo 93 a legittimare la ratifica del Trattato Costituzionale europeo il Consiglio aveva concluso in senso positivo, affermando che il modello di integrazione per cessione progressiva di competenze previsto dall’art. 93 della Costituzione non è pregiudicato dal Trattato costituzionale, e che, anzi, il sistema di riparto delle competenze tra Unione e Stati membri previsto nel Trattato stesso non sembra suscettibile di riproporre i problemi legati alla peculiare vis espansiva delle competenze comunitarie, in quanto “precisa e chiarisce il quadro di competenze dell’Unione, riducendo, di conseguenza, l’ampio margine di interpretazione che i Trattati hanno sinora lasciato aperto”.
La Dichiarazione n.1/2004 contiene un’analisi di notevole portata innovativa per la giurisprudenza costituzionale spagnola sulla questione del primato del diritto comunitario. L’istanza del Governo sottoponeva al Tribunale Costituzionale tre questioni: la compatibilità tra la Costituzione e l’articolo I-6 del Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, che codifica il principio del primato del diritto comunitario; la compatibilità tra la Costituzione e gli articoli II-111 e II-112, che disciplinano i rapporti tra i diversi sistemi di tutela dei diritti fondamentali; l’adeguatezza dell’articolo 93 a garantire la partecipazione spagnola al nuovo stadio di integrazione, che si sarebbe profilato a seguito della ratifica del Trattato costituzionale.
In relazione al primo quesito il Tribunale parte dalla considerazione di una sostanziale continuità tra l’acquis precedente e l’articolo I-6 del Trattato costituzionale. In altri termini il Trattato costituzionale opererebbe una trasposizione normativa di quanto già da tempo consolidato nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo la quale il primato del diritto europeo discende da una pura “esigenza esistenziale” (secondo la definizione dello stesso Tribunale), che si distingue nettamente dal concetto di superiorità gerarchica e assicura l’effetto diretto e l’applicazione uniforme del diritto comunitario in tutti gli Stati membri.
La compatibilità del principio del primato con il sistema costituzionale spagnolo è confermata anche dalla considerazione del fatto che esso “non ha portata generale, ma riferita esclusivamente all’ambito di competenza dell’Unione”. Se a ciò si aggiunge che le competenze comunitarie derivano da un atto di volontà sovrana degli Stati membri, si stemperano le preoccupazioni relative all’impatto del principio del primato nell’ordinamento spagnolo, infatti, secondo il Tribunale: “il primato opera rispetto a competenze cedute all’Unione per volontà sovrana dello Stato, e allo stesso tempo sovranamente recuperabili attraverso lo strumento del ritiro volontario, previsto dall’art. I-60 del Trattato”.
Tuttavia nel caso in cui gli strumenti previsti a livello costituzionale interno e nel Trattato non fossero sufficienti ad assicurare la soluzione di un eventuale contrasto tra diritto comunitario e diritto interno “la conservazione della sovranità del popolo spagnolo e della supremazia della Costituzione che questo si è data, potrebbe portare questo Tribunale Costituzionale ad affrontare i problemi che si presentassero in tale situazione”. La c.d. teoria dei controlimiti appare per la prima volta pienamente accolta. Analogamente a quanto affermato dalla Corte Costituzionale italiana, dal Tribunale Costituzionale tedesco e di recente dallo stesso Consiglio Costituzionale francese, anche il Tribunale costituzionale spagnolo afferma il suo ruolo di garante supremo dei principi e dei valori fondamentali contenuti nella Costituzione da eventuali eccessi derivanti da ogni nuova fase dell’integrazione comunitaria.
Pertanto il Tribunale Costituzionale conclude nel senso della piena compatibilità tra l’articolo I-6 del Trattato ed il principio che vede nella Costituzione la norma fondamentale dell’ordinamento giuridico spagnolo, come si ricava dagli articoli 1.2, 9.1, 95, 161, 163, 167 e 168. A conferma di tale compatibilità il Tribunale ricorre anche ad interessanti considerazioni di carattere teorico relative alla differenza tra primato e supremazia della Costituzione. In particolare secondo il giudice costituzionale mentre il concetto di primato attiene al problema dell’applicazione di norme egualmente valide, il concetto di supremazia implica un giudizio di validazione, che si riferisce al diverso ambito della superiorità gerarchica e dei processi di normazione. Secondo il Tribunale “la supremazia si concretizza nel carattere gerarchicamente superiore di una norma, e per ciò stesso, è fonte di validità delle norme sott’ordinate, e implica, come conseguenza, l’invalidità di queste ultime, qualora contravvengano a disposizioni imperative contenute nella prima. Il primato non si concretizza necessariamente in un rapporto gerarchico, bensì nella distinzione tra diversi ambiti di applicazione di norme tra loro differenti, per principio valide, delle quali, tuttavia, una o alcune possiedono la capacità di essere applicate a preferenza di altre, in virtù di ragioni che possono essere le più varie. La supremazia implica sempre, per principio, il primato, salvo che la stessa norma suprema abbia previsto, in qualche ambito, la possibilità di una sua disapplicazione. La supremazia della Costituzione è, pertanto, compatibile con regimi di applicazione che riconoscono preferenza applicativa a norme di ordinamenti diversi da quelli nazionali, sempre che la Costituzione lo abbia previsto, ciò che accade precisamente nel caso dell’articolo 93”.
In relazione alla seconda questione posta dal Governo, che chiedeva di verificare preventivamente la legittimità di un sistema di tutela dei diritti fondamentali articolati su tre livelli ( Costituzione, Carta Europea dei diritti dell’uomo e la Carta dei diritti incorporata nel nuovo Trattato costituzionale), il Tribunale non ha ravvisato problemi di compatibilità in quanto la Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE spiegherà i suoi effetti sia in virtù della sua qualità di norma comunitaria, sia in virtù dello stesso articolo 10.2, che la eleva a parametro interpretativo delle questioni inerenti figure di diritti fondamentali riconosciute e tutelate dalla Costituzione spagnola, che coincidono con analoghe figure di diritti previste nella Carta o in altre Convenzioni Internazionali. Tale compatibilità è ulteriormente confermata dal fatto che la Carta dei diritti si fonda su un corpo di valori comuni alle Costituzioni degli Stati membri e che, pertanto, si pone come una “garantía de minimos”, nel solco della quale può svilupparsi il contenuto di ogni diritto e libertà fino a raggiungere la profondità di contenuti assicurata dal diritto interno.
A queste considerazioni il Tribunale aveva anche premesso che il modello di giustizia costituzionale vigente in Spagna riconosce a soggetti e organi diversi la possibilità di invocare a posteriori il giudizio del Tribunale stesso, pertanto “i problemi concreti che potranno insorgere con l’integrazione del Trattato non possono essere oggetto di una pronuncia anticipata ed astratta”, ma potranno essere correttamente valutati nell’ambito di giudizi di costituzionalità portati all’esame del Tribunale, che li pondererà con le circostanze effettive del caso.
Conseguentemente il Tribunale conclude per l’adeguatezza dell’articolo 93 a fornire copertura costituzionale al processo di integrazione comunitaria.
La questione delle modifiche alla Costituzione spagnola del 1978 è stata posta al centro del dibattito politico a partire dal discorso di investitura del candidato alla Presidenza del Governo attualmente in carica, che indicò tra i punti irrinunciabili della nuova azione di governo una “reforma concreta y limitada” della Costituzione, allo scopo di adeguarne i contenuti ai principali cambiamenti politici e sociali intervenuti nella realtà spagnola degli ultimi anni. Il Governo avrebbe assunto l’iniziativa della riforma richiedendo al Consiglio di Stato una relazione preventiva (informe), che sarebbe stata considerata come testo di riferimento per l’elaborazione del disegno di legge di riforma costituzionale.
Il Presidente Zapatero parlò di una revisione costituzionale circoscritta a quattro aspetti, tra i quali figurava anche il riconoscimento esplicito dell’UE e del suo testo costituzionale nella Costituzione spagnola. In linea con l’impegno assunto in sede parlamentare nel 2005 il Governo ha richiesto al Consiglio di Stato uno studio sulle quattro ipotesi di riforma. In ordine alla partecipazione della Spagna all’UE il Governo ha sottoposto tre questioni: la modalità per riportare nel testo costituzionale la manifesta volontà del popolo spagnolo di partecipare alla costruzione dell’UE; la formulazione di una clausola espressa di integrazione del diritto comunitario nel sistema delle fonti interne; la previsione di una procedura specifica per la ratifica dei Trattati dell’UE.
Il plenum del Consiglio di Stato nella sessione del 16 febbraio 2006 ha approvato a maggioranza lo studio richiesto dal Governo.
Secondo il Consiglio di Stato per rispondere alla prima questione va innanzitutto chiarito se la volontà di partecipare all’integrazione europea da esplicitare nella Costituzione deve essere assoluta o soggetta a determinati limiti e orientata a specifiche finalità. Il Consiglio di Stato osserva che l’UE si fonda sul principio del rispetto dell’uguaglianza degli Stati membri davanti alla Costituzione e dell’identità nazionale, insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali. Pertanto, in coerenza con tale principio, la c.d. “clausola europea” non può che rafforzare l’essenza statale spagnola nella propria Costituzione. Tale rafforzamento si otterrebbe proprio attraverso la previsione esplicita di limiti, che svolgerebbero la funzione di coadiuvare l’interpretazione del principio del primato del diritto comunitario.
Al secondo quesito il Consiglio di Stato ha risposto che non si tratta di inserire un ordinamento nell’altro, ma che trattandosi di due ordinamenti dinamici con distinte logiche giuridiche, bisogna permetterne la coesistenza e assicurarne l’articolazione funzionale. L’obiettivo di coesistenza tra i due ordinamenti richiede il riferimento ai limiti costituzionali all’integrazione applicabili non solo al c.d. diritto comunitario originario ma anche e soprattutto a quello derivato. Il diritto comparato evidenzia due tipologie di limiti: la necessità di garantire un analogo livello di protezione dei diritti fondamentali oppure la necessità di rispettare i principi fondamentali. Tali principi nel caso spagnolo - secondo il Consiglio di Stato- potrebbero coincidere con la difesa dello Stato sociale e democratico, dei principi organizzativi dello Stato, per prevenire qualunque possibilità di alterare, attraverso la via comunitaria, gli equilibri organizzativi dello Stato spagnolo.
Per quanto concerne l’opportunità di delineare un procedimento specifico per la ratifica dei Trattati dell’UE, il Consiglio di Stato ha proposto l’approvazione a maggioranza assoluta in entrambi i rami del Parlamento e nel caso in cui tale maggioranza non fosse raggiunta al Senato, la possibilità per il Congreso di approvare la ratifica a maggioranza dei 3/5.
Il Consiglio di Stato si è, infine, soffermato sulla formulazione degli articoli di riforma e sulla loro collocazione nel testo costituzionale. La volontà del popolo spagnolo di partecipare insieme alle altre democrazie europee al processo di costruzione dell’UE potrebbe essere collocata, insieme alle altre manifestazioni di volontà, nel Preambolo della Costituzione. In relazione alle altre modifiche il Consiglio di Stato ha premesso che per evidenti esigenze di sistematicità del testo, esse devono essere concentrate in un titolo ad hoc riservato alla disciplina dei rapporti con l’UE. Inoltre, la stretta interconnessione tra le tre questioni poste dal Governo impone che le disposizioni aggiuntive siano concentrate in un unico articolo, diviso in tre commi.
Spetta adesso al Governo decidere i prossimi passi della riforma.
Ufficio Legislazione Straniera
Nota predisposta da: Consigliere Valeria Gigliello, tel. 4461