Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Bilancio dello Stato | ||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||
Titolo: | Nota di aggiornamento al DPEF 2008-2011 | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Documenti e ricerche Numero: 2 | ||
Data: | 01/10/2007 | ||
Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
XV legislatura
Nota di aggiornamento al DPEF 2008-2011
(Doc. LVII, n. 2-bis)
Ottobre 2007
n. 2
DOCUMENTAZIONE DI FINANZA PUBBLICA
SENATO DELLA REPUBBLICA:
Servizio del bilancio
Tel. 066706-5790
CAMERA DEI DEPUTATI:
Servizio Bilancio dello Stato
Tel. 066760-2174 – 066760-9455
Servizio Studi – Dipartimento bilancio e politica economica
Tel. 066760-9932 – 066760-2233
Il presente dossier è destinato alle esigenze di documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per l’eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. |
I N D I C E
1.1 Lo scenario macroeconomico
1.2 I contributi alla crescita del PIL
2.1 Il quadro di finanza pubblica per il 2007
2.2 Il quadro di finanza pubblica per gli anni 2008-2011
2.4 Il bilancio programmatico dello Stato
3.. Debito, fabbisogno e spesa per interessi
4.. La dinamica delle entrate fiscali
4.1 Aggiornamento e revisione stime 2007
4.2 Revisione stime 2007 e andamento principali basi imponibili
4.3 Andamento e composizione degli incassi nei primi mesi dell’anno 2007
4.4 I fattori di crescita delle entrate nel 2006
4.5 Le elasticità delle entrate
4.6 Componente ciclica e componente strutturale delle entrate: un’analisi di medio periodo
4.7 La dinamica prevista nella Nota di aggiornamento del DPEF per gli anni 2008-2011
4.8 Il recupero dell’evasione fiscale
Approfondimenti specifici
- La crisi dei mutui di qualità non primaria..................................................... 9
- L’andamento del tasso di cambio bilaterale euro/dollaro e gli effetti sull’economia reale 12
- Calcolo della componente ciclica delle entrate: confronto fra l'approccio dell'OCSE e quello della BCE.............................................................................................................. 68
- Le misure una tantum: i criteri di identificazione ed i loro effetti sui conti pubblici 72
Raffronto tra Dpef 2008-2011 e Nota di aggiornamento
Per quanto concerne la crescita, il DPEF presentato dal Governo nel giugno scorso stimava per l’anno in corso - in linea con la previsione fornita nel marzo scorso nella Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica (RUEF) - una crescita del PIL, in termini reali, pari al 2 per cento, a fronte dell’1,9 per cento registrato nel 2006.
Analogamente,
In particolare, nel 2008 la crescita del PIL dovrebbe attestarsi al 1,5 per cento, rispetto ad una previsione del 1,9 per cento indicata nel DPEF di giugno, mentre negli anni successivi il PIL è previsto crescere mediamente attorno all’1,7 per centro e all’1,8 per cento a fine periodo, con una leggera flessione rispetto a quanto previsto nel DPEF di giugno.
Tali revisioni - sostanzialmente in linea con le previsioni formulate dai principali organismi internazionali – sono in gran parte ascrivibili alle persistenti incertezze in ordine all’ampiezza e alla durata degli effetti delle forti turbolenze sui mercati finanziari internazionali indotte dalla recente crisi dei mutui sub-prime statunitensi e, più in generale, alle conseguenze del rallentamento statunitense sull’economia mondiale e, di riflesso, su quella italiana.
In particolare, la stima dell’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche per l’anno in corso viene rideterminata al 2,4 per cento del PIL, a fronte del 2,5 per cento indicato nel DPEF di giugno e contenuto nell’aggiornamento annuale del Programma di stabilità (dicembre 2006)
Tale stima incorpora anche gli effetti del decreto legge recante disposizioni urgenti in materia finanziaria adottato contestualmente alla Nota di aggiornamento.
Alla luce degli andamenti di finanza pubblica, che si sono rivelati migliori rispetto alle previsioni, a causa sia del favorevole andamento del gettito tributario, sia di una crescita più contenuta della spesa primaria corrente rispetto a quella stimata in precedenza, il Governo ha ritenuto di adottare, contestualmente alla presentazione della Nota di Aggiornamento, un manovra di carattere espansivo che comporta un incremento dell’indebitamento netto rispetto al valore tendenziale pari allo 0,5 per cento del PIL.
Il quadro a legislazione vigente indica, infatti, un indebitamento netto tendenziale del 1,9 per cento, inferiore di 0,2 punti percentuali rispetto alle previsioni del DPEF di giugno ante decreto legge n.81/07.
Al netto degli effetti delle nuove misure adottate con decretazione d’urgenza[1], l’indebitamento netto per il 2007 avrebbe registrato un miglioramento di 0,6 punti percentuali di PIL rispetto alla previsione contenuta nel DPEF, che già incorporava gli effetti del decreto legge n. 81 adottato lo scorso giugno. Al netto delle due manovre espansive adottate in corso d’anno con decretazione d’urgenza, l’indebitamento netto si sarebbe pertanto attestato all’1, 5 per cento del PIL.
Analogamente, la previsione del saldo primario per il 2007 si sarebbe attestata ad un valore del 2,9 per cento del PIL, a fronte del 2,5per cento indicato nella Nota di aggiornamento, che incorpora gli effetti del decreto legge di ottobre.
Indebitamento netto - Quadro tendenziale
DPEF 2008-2011
e Nota di aggiornamento
|
2007 |
2008 |
Indebitamento
netto tendenziale prima del DL n. 81/2007 |
-2,1 |
-2,1 |
Indebitamento
netto post DL n. 81/2007 |
-2,5 |
-2,2 |
Indebitamento
netto tendenziale aggiornato |
-1,9 |
-1,8 |
Indebitamento
netto post manovra |
-2,4 |
-2,2 |
L’adozione di nuovi ulteriori interventi di spesa a valere sull’esercizio in corso ad opera del citato decreto legge è stato reso possibile dall’andamento particolarmente virtuoso delle entrate tributarie erariali, che hanno manifestato anche nella seconda parte del 2007 una accentuazione del trend positivo superiore a quanto già registrato nella stima delle entrate formulata in sede di predisposizione del DPEF di giugno. L’ulteriore rafforzamento della dinamica positiva delle entrate ha portato a valutare un maggior gettito tributario, in termini di contabilità nazionale, di circa 6 miliardi di euro rispetto a quanto previsto nel DPEF di giugno.
In presenza di un ritocco verso il baso delle aspettative di crescita del PIL, il miglioramento della dinamica delle entrate conferma la tendenza emersa già lo scorso anno di un allargamento della base imponibile, imputabile anche all’efficacia degli interventi adottati in tema di recupero dell’evasione fiscale.
L’utilizzo delle maggiori disponibilità emerse ha comportato una ricomposizione del conto delle Amministrazioni pubbliche, mediante una revisione delle previsioni tendenziali delle entrate e delle spese, che tuttavia non ha determinato un rallentamento nel conseguimento degli obiettivi di risanamento della finanza pubblica concordati in sede comunitaria per il biennio 2006-2007[2].
Il saldo strutturale, corretto per il ciclo e al netto delle misure una tantum viene a collocarsi a -2,3 per cento del PIL.
Per ciò che attiene al rapporto debito pubblico/PIL, la previsione per il 2007 passa dal 105,1 per cento del DPEF di giugno, al 105,0 per cento, mentre la stima della spesa per interessi rimane invariata.
Saldi di finanza pubblica per il 2007
(in percentuale del PIL)
|
DPEF 2008-2011 |
Nota di aggiornamento |
Indebitamento netto |
2,5 |
2,4 |
Al netto misure decreto legge |
|
1,9 |
|
||
Saldo primario |
2,3 |
2,5 |
Al netto misure decreto legge |
|
2,9 |
|
||
Interessi |
4,8 |
4,8 |
|
||
Indebitamento netto corretto* |
2,2 |
2,3 |
|
||
Debito |
105,1 |
105,0 |
* Per il ciclo e al netto delle misure una-tantum
Il quadro tendenziale di finanza pubblica, registrando la favorevole dinamica dei conti pubblici, prospetta, per il 2008, un indebitamento netto pari all’1,8 per cento del PIL, con un miglioramento rispetto alla previsione indicata nel DPEF di 0,4 punti percentuali di PIL.
Sulla base degli andamenti tendenziali delle entrate e delle spese, l’indebitamento netto continuerebbe a diminuire negli anni successivi al 2008 (di 0,2 punti percentuali nel 2009, di 0,4 punti nel 2010 e di 0,2 punti nel 2011), fino a giungere all’1 per cento nel 2011 (contro l’1,3 per cento indicato dal DPEF).
A fronte del
miglioramento degli andamenti tendenziali,
Per il 2008,
La manovra finanziaria per il 2008 comporterà pertanto un peggioramento dei saldi di finanza pubblica rispetto al loro andamento tendenziale.
Il saldo di bilancio registra, infatti, un incremento rispetto al valore tendenziale di quattro decimi di punto nel 2008, di tre decimi in ciascuno degli anni 2009 e 2010, e di due decimi nel 2011.
Sono confermate le stime per la spesa per interessi (4, 9 per cento) e dell’indebitamento netto corretto per il ciclo (2,1 per cento).
È altresì confermato il percorso di crescita dell’avanzo primario, che nel 2008 dovrebbe attestarsi al 2,6 per cento del PIL, mentre si registra un lieve rallentamento della discesa del rapporto debito-PIL, che dovrebbe attestarsi al 103,5 per cento, a fronte del 103,2 previsto dal DPEF.
Sempre per il 2008, le stime provvisorie fornite dalla Nota prevedono il mantenimento al medesimo livello raggiunto nell’anno in corso della pressione fiscale (43 per cento del PIL), mentre la spesa corrente primaria si dovrebbe attestare al 40 per cento del PIL, con un aumento di due decimi di punto percentuale rispetto al 2007 (39,8 per cento del PIL)
Per gli anni
successivi al 2008,
Una lieve flessione si registra invece nel percorso di discesa del rapporto debito-PIL, che risulterebbe pari al 101, 5 per cento nel 2009 (a fronte del 101,2 per cento indicato nel DPEF), al 98,5 per cento nel 2010, (a fronte del 98,3 per cento indicato nel DPEF) e al 95,1 per cento nel 2011 (a fronte del 95 per cento indicato nel DPEF).
Ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica negli anni 2009-2011 occorrerà pertanto una manovra correttiva annua di almeno lo 0,4 per cento del PIL.
Tali risorse dovranno essere reperite senza aggravi della pressione fiscale, ma agendo sul fronte della spesa, in continuità con le azioni intraprese nell’anno in corso ai fini dell’attuazione di un programma di riqualificazione della spesa pubblica.
Coerentemente a tale impostazione, è previsto che la pressione fiscale diminuisca dal 42,8 per cento del PIL nel 2009 al 42,5 per cento nel 2011; analogamente, la spesa corrente primaria dovrebbe passare dal 39, 3 per cento del PIL nel 2009 al 38,6 per cento nel 2011.
Per quanto concerne
gli strumenti con i quali sarà realizzata la manovra di finanza pubblica,
Oltre agli strumenti
ordinari del disegno di legge di bilancio a legislazione vigente e del disegno
di legge finanziaria,
Il decreto legge e il disegno di legge finanziaria comportano, rispettivamente, aumenti di spese e riduzioni fiscali per circa 7,5 miliardi l’uno e 11 miliardi l’altro.
Le maggiori entrate fiscali garantiranno la copertura per circa 6 miliardi (con riferimento al 2007) nel caso del decreto legge e per circa 6,3 miliardi (con riferimento al 2008) per la legge finanziaria, la quale prevede altresì minori spese per circa 4,6 miliardi.
Manovra
finanziaria per il 2008 – Sintesi*
dalla Relazione previsonale e programmatica per il 2008
(valori in miliardi di euro)
REPERIMENTO DELLE RISORSE |
|
USO DELLE RISORSE |
|
ENTRATE |
6,3 |
FISCALITÀ |
3,2 |
(Maggior gettito – Maggiori contributi) |
|
(Interventi casa – agevolazioni fiscali) |
|
SPESE |
4,6 |
PUBBLICO IMPIEGO |
1,9 |
Bilancio dello Stato |
1,7 |
(Rinnovo contratti) |
|
(Misure riorganizzazione/razionalizzazione) |
|
WELFARE E LAVORO |
2,1 |
Consumi intermedi - costi della politica |
0,5 |
(Concertazione- revisione scalone – fondo per l’occupazione) |
|
Gestione residui |
1,5 |
|
|
(Modifica termini conservazione) |
|
ISTRUZIONE |
0,3 |
Pubblico impiego |
0,1 |
(Patto con l’Università) |
|
(Interventi di contenimento) |
|
SICUREZZA |
0,3 |
TFR |
0,4 |
MINISTERI |
0,6 |
Enti previdenziali |
0,4 |
(Iniziative compensate ai sensi Direttiva) |
|
|
|
ALTRI INTERVENTI |
2,5 |
TOTALE |
10,9 |
TOTALE |
10,9 |
* Stime provvisorie
La Nota di
aggiornamento quantifica in 10,9
miliardi di euro l’entità delle risorse necessarie a fronteggiare gli
impegni già sottoscritti, le prassi consolidate e le eventuali nuove iniziative
indicate nel DPEF. Si osserva, al riguardo, che nel DPEF di giugno le risorse
da reperire con la manovra di finanza pubblica per il 2008 per attuare
l’insieme di tali misure erano risultate complessivamente pari a circa 21,3
miliardi di euro per il 2008 e a 19,4 miliardi per il 2009 ed il
Tassonomia delle “spese
eventuali”
da DPEF 2008-2011
(valori in milioni di euro)
|
2008 |
2009 |
2010 |
Impegni sottoscritti (*) |
|
|
|
Tavolo di concertazione su previdenza e lavoro (1) |
1.000 |
1.000 |
1.000 |
Contratti pubblico impiego (inclusa scuola) |
2.354 |
561 |
561 |
Cooperazione allo sviluppo – Fondo AIDS e IDA XIV |
750 |
150 |
150 |
Totale Categoria 1 |
4.104 |
1.711 |
1.711 |
Prassi consolidate (*) |
|
|
|
Ferrovie dello Stato |
4.000 |
3.500 |
3.500 |
ANAS |
1.000 |
1.500 |
1.500 |
ENAV |
30 |
30 |
30 |
POSTE |
130 |
130 |
130 |
Fondo compensazione effetti limiti di impegno |
800 |
1.000 |
1.000 |
Risorse per la prossima tornata contrattuale |
da definire |
||
Proroga agevolazioni fiscali |
1.200 |
1.500 |
1.500 |
Totale Categoria 2 |
7.160 |
7.660 |
7.660 |
Totale (Cat. 1+2) |
11.264 |
9.371 |
9.371 |
Ipotesi di nuove iniziative (Categoria 3) (*) |
10.000 |
10.000 |
10.000 |
Totale complessivo (Cat. 1+2+3) |
21.264 |
19.371 |
19.371 |
(*) Si tratta di un elenco indicativo dei principali interventi mirante esclusivamente a dare un ordine di grandezza. In particolare per la categoria 2 e 3 si tratta di indicazioni di massima e non di specifiche quantificazioni.
(1) Aggiuntivi ai 1.500 già considerati con il provvedimento di giugno.
§ disegno di legge volto a tradurre in atto l’accordo con le Organizzazioni sindacali e le parti sociali in materia di Welfare, del 23 luglio scorso;
§ disegno di legge che interviene sui costi della politica e sulla razionalizzazione della Pubblica Amministrazione;
§ disegno di legge in materia di sostegno ai non autosufficienti e nel campo delle politiche sociali e della famiglia;
§ disegno di legge recante interventi per la razionalizzazione e ammodernamento del sistema sanitario nazionale;
§ disegno di legge recante misure organizzative e procedurali in materia di infrastrutture, ambiente e mobilità sul territorio.
I predetti disegni di legge saranno presentati alle Camere entro il 15 novembre, ai sensi dell’articolo 1-bis, comma 1, lettera c), della legge n. 468/1978 e successive modificazioni, salvo il disegno di legge in materia di Welfare, che sarà presentato entro il mese di ottobre.
Da ultimo,
Tale rideterminazione, effettuata sulla base dei dati del bilancio a legislazione vigente 2008 e degli effetti di ricomposizione quantitativa e qualitativa della spesa recati dalla manovra di finanza pubblica per il 2008, non comporta, secondo quanto affermato dalla Nota, una modifica degli obiettivi in termini di indebitamento netto del conto della P.A.
La correzione degli obiettivi di saldo netto da finanziare si è resa necessaria per far fronte a nuove esigenze. Da un parte, ridurre gli oneri per interessi passivi delle Regioni, prevedendo l’assegnazione di liquidità a carico del Bilancio dello Stato a favore delle stesse per l’estinzione di rapporti debitori con il sistema bancario e di debiti commerciali, per un importo pari a 9,1 miliardi di euro; dall’altra, adeguare alcuni stanziamenti connessi ad impegni internazionali già sottoscritti per un importo di circa 4 miliardi di euro.
La Nota di aggiornamento al DPEF 2008-11 presenta nuove stime di crescita dell’economia italiana per l’anno in corso e per il 2008. Per il 2007, il tasso atteso di crescita del PIL è pari all’1,9 per cento (2 per cento nel DPEF), per l’anno successivo si prevede un rallentamento all’1,5 per cento (1,9 in giugno). Anche le previsioni relative al 2009 e 2010 vengono riviste al ribasso di 0,1 per cento (1,6 e 1,7 per cento rispettivamente, a fronte di 1,7 e 1,8 di giugno), mentre viene confermata la previsione relativa al 2011 (pari all'1,8 per cento). L’inflazione programmata rimane invariata rispetto al DPEF: 2 per cento nel 2007 e 1,7 nel 2008. I deflatori subiscono alcune variazioni. Quello del PIL è stato rivisto al rialzo di due decimali di punto nel 2007 (dal 2,4 per cento al 2,6 per cento) e di un decimale nel 2008 (da 2,3 a 2,4 per cento). Queste revisioni implicano che nonostante il rallentamento previsto nella crescita reale, il PIL nominale rimane pressoché simile a quello previsto nel DPEF in termini di livello. I deflatori dei consumi a giugno venivano previsti come tali da registrare un tasso di variazione pari al 19 per cento in entrambi gli anni. Nella RPP, si prevede ora che nel 2008 il deflatore dei consumi aumenti al 2 per cento rispetto all’1,8 per cento nel 2007.
Nel corso dell’ultimo mese, anche le principali organizzazioni internazionali hanno aggiornato le loro stime di crescita dell’economia internazionale e dei singoli paesi. Per il 2007, FMI e Commissione UE lasciano invariate le loro previsioni di crescita del PIL della scorsa primavera rispettivamente all’1,8 per cento e 1,9 per cento. L’OCSE abbassa la sua precedente previsione dal 2 per cento all’1,8 per cento. Il FMI ha rivisto al ribasso le stime di crescita del 2008 di 0,2 punti percentuali all’1,6 per cento[3], pressoché in linea con le ultime previsioni del governo. OCSE e Commissione UE non forniscono cifre per il 2008 ma sottolineano il peggioramento della bilancia dei rischi per l’economia internazionale e in particolare per gli Stati Uniti, dove la crisi del settore immobiliare e dei mutui potrebbe propagarsi in altri settori.
PIL DELL'ITALIA: PREVISIONI A CONFRONTO
(variazioni %)
|
2007 |
2008 |
||
|
Primavera 2007 |
Settembre 2007 |
Primavera 2007 |
Settembre 2007 |
DPEF
Commissione europea
OCSE
Confindustria
FMI |
2,0
1,9
2,0
1,8
1,8
|
1,9
1,9
1,8
1,7
1,8 |
1,9
1,7
1,7
1,5
1,7 |
1,5
-
-
1,3
1,6 |
Fonte:Commissione UE: Interim forecast settembre 07, Ocse: Economic outolook for OECD countries, an interim assessment settembre 07, Confindustria: Note Economiche settembre 07, FMI: Comunicati stampa, WEO aprile 07.
La revisione delle prospettive di crescita dell’economia italiana riflette l’operare congiunto di fattori domestici e di dinamiche congiunturali internazionali.
Sul fronte domestico, la pubblicazione dei dati di crescita relativi al secondo trimestre dell’anno ha mostrato un tasso di crescita trimestrale modesto (+0,1 per cento rispetto al trimestre precedente) e inferiore alle aspettative. Su base annua, comunque, la crescita è pari all’1,8 per cento e assicura, insieme ai risultati del primo trimestre, un valore di crescita già acquisito per l’anno, pari all’1,5 per cento. La produzione industriale, dopo due trimestri deludenti, è diminuita anche a luglio (-0,4 per cento).
Gli indicatori di fiducia non forniscono segnali univoci per le tendenze dei prossimi mesi. La lettura delle note Commissione UE e OCSE suggerisce la prosecuzione di una espansione moderata della crescita nella seconda parte dell’anno, che continuerà ad essere trainata dalla domanda interna, con un contributo decrescente delle esportazioni.
Sulle prospettive del 2008 pesano le incertezze introdotte nello scenario internazionale dalla crisi del settore immobiliare statunitense e dei mutui subprime (vedi box). Le implicazioni di questa crisi per i settori bancari e finanziari potrebbero comportare una restrizione del credito con possibili ripercussioni sull’economia reale. L’economia più esposta è chiaramente quella statunitense. La portata del ridimensionamento di crescita degli Stati Uniti sarà determinante per valutare le possibili implicazioni per il resto del mondo. I canali di trasmissione possono essere di diversa natura: quello finanziario, qualora la volatilità dei corsi delle principali attività perduri, riducendo la liquidità e rendendo più onerosi i finanziamenti per investimenti e consumi; quello commerciale, legato alla minore domanda statunitense. Dai dati Confindustria[4], le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti sono pari al 7,5 per cento delle esportazioni totali nel 2006, la quota più alta rispetto ai paesi fuori dall’Unione europea. Il forte deprezzamento della valuta statunitense rappresenta un ulteriore elemento di incertezza (a fine settembre l'euro ha toccato i suoi massimi nei confronti del dollaro a quota 1,41). L’area dell’euro potrebbe essere negativamente influenzata qualora la sua moneta continuasse a sostenere la gran parte del deprezzamento del dollaro rispetto allo yen e alle altre valute asiatiche che non registrano analoghe tendenze rialziste registrate dall'euro.
È opportuno ricordare che la crisi di agosto si è innestata in un contesto economico internazionale molto positivo caratterizzato da una forte espansione del commercio. Le economie emergenti continuano a registrare tassi di crescita molto forti e canali di commercio sempre meno dipendenti dall’economia statunitense. Nelle economie industrializzate, la solidità dei bilanci delle imprese non finanziarie gli sviluppi favorevoli sul mercato del lavoro dovrebbero continuare a sostenere tassi positivi di crescita. Qualsiasi considerazione relativa alla effettiva portata della crisi legata ai mutui subprime sull’economia internazionale appare, al momento, prematura.
Il Fondo Monetario Internazionale, nel suo ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria (settembre 2007), evidenzia graficamente il mutare delle condizioni finanziarie rispetto a sei mesi fa (si veda sottostante). Rispetto alla scorsa primavera, i rischi di credito e di liquidità sono aumentati significativamente. Secondo il FMI, le banche sono comunque sufficientemente capitalizzate per far fronte a questi rischi, ma c’è incertezza in merito all’ampiezza e alla distribuzione delle perdite. Sul fronte macroeconomico, l’aumento del rischio è correlato all’evoluzione dei mercati finanziari. La parte bassa del grafico illustra come le condizioni sui mercati finanziari siano più stringenti e come sia aumentata l’avversione al rischio degli investitori. Anche queste condizioni possono influenzare negativamente l’andamento dell’economia reale.
La Relazione previsionale e programmatica stima per il 2007 un rallentamento del PIL previsto per la fine dell’anno, rivedendo al ribasso (1,9%) la stima fornita nel DPEF 2008-2011 (2,0%) e attestandosi pertanto allo stesso livello della crescita registrata lo scorso anno.
La Relazione rileva, in particolare, come nei primi sei mesi del 2007 l’economia italiana abbia mostrato un crescita piuttosto modesta rispetto alla forte accelerazione dell’ultimo trimestre dello scorso anno. Il rallentamento congiunturale, che pure era atteso, nel secondo trimestre si è rivelato tuttavia di maggiore intensità rispetto a quanto i modelli di previsione avevano indicato. In tale periodo la crescita è stata trainata dalla domanda interna, in particolare dai consumi delle famiglie, mentre il settore estero e le scorte hanno sottratto 0,3 punti percentuali alla crescita.
Conto economico delle risorse e degli impieghi
previsioni 2007 – raffronto tra Dpef e Rpp
(variazioni % )
|
2006 |
2007 |
|
DPEF 2008-2011 |
RPP 2008 |
||
PIL |
1,9 |
2,0 |
1,9 |
Importazioni |
4,3 |
4,2 |
1,8 |
Consumi finali nazionali |
1,0 |
- |
1,9 |
Consumi finali nazionali(*) |
1,3 |
2,0 |
2,0 |
- spesa delle famiglie |
1,5 |
2,0 |
2,0 |
- spesa delle P.A. e delle I.S.P. |
-0,3 |
0,5 |
1,6 |
Investimenti fissi lordi |
2,3 |
3,5 |
2,4 |
- macchinari, attrezzature, varie |
2,1 |
- |
1,7 |
- costruzioni |
1,8 |
- |
3,4 |
Variazioni delle scorte(*) |
0,3 |
-0,1 |
-0,1 |
Esportazioni |
5,3 |
4,4 |
2,0 |
Esportazioni nette (*) |
0,3 |
0,0 |
0,0 |
(*) Contributo % relativo alla crescita del PIL.
In media, per il 2007, la stima della variazione della spesa delle famiglie rimane invariata rispetto alle previsioni del DPEF 2008-2011 (2,0%), grazie anche all’aumento del reddito disponibile dovuto alla riduzione dell’inflazione al consumo che farà crescere il dato di 5 decimi di punto rispetto all’anno precedente. In termini di contributo al PIL, dunque, tale voce traina i consumi finali nazionali che passano dall’1,3% del 2006 al 2,0% nel 2007.
In confronto alle previsioni del DPEF, invece, la variazione degli investimenti fissi lordi fa registrare una riduzione di oltre 1 punto percentuale, a causa della contrazione dell’acquisto di macchinari (1,7 per cento contro il 2,6 per cento del 2006), mentre gli investimenti in costruzioni manterranno tassi di crescita elevati (3,4 per cento a fronte del 2,1 per cento del 2006) e superiori alla media registrata negli ultimi cinque anni.
Gli investimenti dovrebbero comunque crescere ad un ritmo superiore a quello registrato nell’anno precedente (2,4 per cento contro il 2,3 per cento del 2006).
Dal lato delle esportazioni, la variazione è data da andamenti parziali di segno opposto: da un lato, l’aumento del tasso di cambio euro/dollaro determina prezzi più elevati, dall’altro, il clima di fiducia nei confronti delle imprese italiane aumenta e si prevede un loro riposizionamento su fasce di mercato più elevate. L’effetto netto è un contributo al PIL delle esportazioni di fatto nullo e comunque in diminuzione di 3 decimi di punto rispetto all’anno precedente.
Anche le importazioni calano, nonostante il rafforzamento della moneta unica, a causa dei rialzi delle materie prime energetiche, passando dalla variazione del 4,3% del 2006 all’1,8% prevista dalla RPP per il 2007, quasi 2,5 punti percentuali in meno rispetto alle stime del DPEF 2008-2011.
Con riferimento al quadro programmatico 2008-2011, la crescita del PIL per il 2008 è prevista in ribasso di 4 decimi di punto rispetto alla previsione per il 2007, per tenere conto degli effetti della turbolenze nei mercati finanziari statunitensi dovute alla crisi dei mutui sub-prime che potrebbero avere ripercussioni anche sull’economia italiana. La previsione relativa alla crescita è tuttavia prevista in costante aumento dall’1,5% all’1,8% nell’orizzonte temporale 2008-2011, sostenuta dal contributo al PIL dato dalla domanda interna e, seppure in misura modesta, dalle esportazioni nette.
Quadro macroeconomico programmatico
(variazioni % e contributi alla crescita del PIL)
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
PIL |
0,1 |
1,9 |
1,9 |
1,5 |
1,6 |
1,7 |
1,8 |
Importazioni |
0,5 |
4,3 |
1,8 |
2,5 |
3,1 |
3,3 |
3,4 |
Domanda nazionale(*) |
0,6 |
1,3 |
2,0 |
1,4 |
1,5 |
1,6 |
1,6 |
- spesa delle famiglie |
0,6 |
1,5 |
2,0 |
1,8 |
1,8 |
1,8 |
1,8 |
- spesa delle P.A. e delle I.S.P. |
1,5 |
-0,3 |
1,6 |
0,3 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
Investimenti fissi lordi |
-0,5 |
2,3 |
2,4 |
1,6 |
1,8 |
2,1 |
2,3 |
Variazioni delle scorte(*) |
-0,2 |
0,3 |
-0,1 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
Esportazioni |
-0,5 |
5,3 |
2,0 |
2,8 |
3,5 |
3,8 |
4,1 |
Esportazioni nette (*) |
-0,3 |
0,3 |
0,0 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,2 |
(*) Contributo % relativo alla crescita del PIL.
Nel 2008, il buon andamento del reddito disponibile e il previsto rinnovo dei contratti di lavoro nel settore pubblico e privato sosterranno i consumi delle famiglie, che si attestano su una variazione costante dell’1,8% per tutto l’arco di previsione, anche grazie alla programmata riduzione della pressione fiscale e al consolidamento dei livelli occupazionali.
Per quanto riguarda gli investimenti, è previsto un rallentamento costante della componente relativa alle costruzioni, a causa della fine del ciclo espansivo del settore nell’ultimo decennio, segnalata anche dalla tendenziale riduzione della concessione di mutui alle famiglie da parte delle banche. Analoga flessione è prevista in relazione all’acquisto dei macchinari e attrezzature che tuttavia non dovrebbe spingersi oltre il 2008. Dopo tale anno, infatti, è prevista una ripresa delle variazioni in aumento di tale voce.
Dal lato del mercato estero, il graduale recupero di quote del mercato internazionale da parte della produzione nazionale sosterrà le esportazioni che sono previste in leggero aumento. Anche per le importazioni vi sarà un incremento durante tutto l’arco 2008-2011, ma il consolidamento della moneta unica su ragioni di scambio bilaterali più elevate rispetto al passato, consentirà una riduzione del deficit corrente della bilancia dei pagamenti rispetto al PIL, che si attesterà su livelli negativi comunque piuttosto bassi.
Infine, il costo del lavoro per unità di prodotto subirà una temporanea accelerazione nel 2008 (+3,4%) per il rinnovo dei contratti scaduti del pubblico impiego e di parte del settore privato. Nell’arco previsivo, tuttavia, è previsto un progressivo rallentamento dovuto ad una riduzione della dinamica incrementale delle retribuzioni.
L’inflazione al consumo è prevista attestarsi in media al di sotto del 2% lungo tutto il periodo 2008-2011, anche grazie alla stabilizzazione del prezzo del petrolio.
La crisi dei mutui di qualità non primaria
Nel corso dei mesi estivi si è osservato un deterioramento dello scenario macroeconomico globale a causa delle turbolenze sui mercati finanziari, innescate dalla crisi dei cosiddetti mutui di qualità non primaria (subprime). Essi si contraddistinguono per la concessione di finanziamenti a soggetti con un profilo di rischiosità fortemente elevato, che si è sviluppata in particolare sul mercato statunitense negli ultimi anni in concomitanza del boom immobiliare, in un contesto di tassi di interesse storicamente bassi. Conseguentemente al calo dei prezzi sul mercato immobiliare americano, in atto da molti mesi, alcune importanti banche e società finanziarie internazionali hanno iniziato a registrare l'insolvenza di numerosi debitori.
Il fenomeno dei mutui di qualità non primaria interesserebbe di fondo il solo mercato finanziario americano, ma gli effetti negativi della crisi si sono riversati anche sui mercati globali. Ciò è avvenuto a causa di operazioni di cartolarizzazione, con cui i mutui con profilo di rischio più elevato sono stati suddivisi in piccole tranche ed inseriti in nuovi strumenti finanziari strutturati, che in teoria avrebbero dovuto incorporare un rischio minore. Questa operazione è stata ripetuta a diversi livelli anche per titoli di successiva derivazione tanto che, allo stato attuale, risulta difficile avere una chiara percezione, sia della quantità di titoli strutturati, legati ai mutui ipotecari, presenti nei portafogli delle grandi banche internazionali, sia dell'effettiva rischiosità degli stessi.
Il sistema bancario si è trovato coinvolto nella crisi finanziaria per mezzo di enti denominati “società veicolo” di proprietà diretta delle banche o legate ad esse attraverso l'apertura di linee di credito. La crisi di liquidità di agosto sui mercati monetari nasce da una accresciuta domanda di liquidità delle maggiori banche internazionali che operavano sul mercato dei mutui attraverso queste società. Le società veicolo, connesse alle banche, ma fuori dei loro bilanci, acquistavano i prodotti strutturati e altre attività ad alto rischio attraverso l’emissione di carta commerciale[5]. Le banche in molti casi garantivano loro linee di credito, cui poter far ricorso in caso di difficoltà nel reperire direttamente i finanziamenti. A fronte del crollo del mercato dei prodotti strutturati, le società veicolo non sono state più in grado di finanziarsi direttamente sul mercato e le banche hanno visto aumentare la loro esposizione. Ad agosto alcune banche internazionali sospendevano le quotazioni dei propri fondi che avevano investito in titoli garantiti da mutui ipotecari. I mercati finanziari hanno reagito con una caduta della propensione al rischio degli investitori che si sono indirizzati verso investimenti più sicuri e le principali borse internazionali hanno registrato generalizzate cadute di quotazioni.
Le tensioni sui mercati interbancari internazionali hanno risentito anche della riluttanza delle banche a concedere prestiti, dovuta ai timori relativi alla insolvenza delle controparti[6]. Ciò ha causato un forte rialzo dell'Euribor a uno, tre, sei e dodici mesi che ad inizio settembre toccava i valori massimi, con un incremento rispetto ai livelli di inizio anno, rispettivamente di 46, 63, 54 e 34 punti base. La crescita dell'Euribor si riflette, anche, su tutti coloro che in Europa hanno contratto mutui a tasso variabile, indicizzati, nella maggior parte dei casi, proprio sulla base dei tassi del mercato interbancario.
Forti aumenti dei tassi si sono registrati anche sui mercati monetari. Il 9 agosto il tasso a brevissimo termine (overnight) sull’euro raggiungeva punte del 4,6 per cento a fronte di livelli normali pari al 4 per cento. Sul mercato monetario in dollari, i tassi aumentavano di 50 punti base al 5,7 per cento. In un clima di incertezza ad elevata volatilità, aumenta l’avversione al rischio degli investitori che si rifugiano in attività con maggior grado di affidabilità. I tassi di interesse sui titoli pubblici, infatti, si sono ridotti a fronte di un innalzamento del differenziale dei tassi emessi da istituzioni private. Fra la metà di luglio e gli inizi di settembre i rendimenti nominali a dieci anni dei titoli di stato dell'area dell'euro sono diminuiti di 40 punti base. Le banche centrali sono intervenute sui mercati massicciamente fornendo ingenti finanziamenti a breve termine. Il 17 agosto la Federal Reserve ha abbassato il tasso di sconto di 50 punti base portandolo al 5,75 per cento. A seguito di tale intervento, è aumentata l’aspettativa dei mercati per un taglio dei tassi bancari (Fed Funds) che è poi intervenuto il 18 settembre. Il taglio di mezzo punto percentuale (il più alto dal novembre 2002) ha portato il tasso base d’interesse bancario al 4,75 per cento.
Il mercato finanziario italiano ha seguito gli andamenti delle principali piazze finanziarie internazionali con una caduta degli indici azionari e una caduta dei tassi a lungo termine sui titoli pubblici, che si è rivelata, però, inferiore rispetto ad altri mercati internazionali. Non vi sono state prese di posizione ufficiale sulla esposizione delle banche italiane. Secondo indicazioni riportate dalla stampa, fonti della Banca d'Italia avrebbero precisato che le ripercussioni della crisi dei mutui di qualità non primaria non dovrebbe interessare direttamente le istituzioni finanziarie italiane.
I ministri economici dell'UE riunitisi nell'ECOFIN di metà settembre, pur non sottovalutando i rischi legati alle turbolenze dei mercati, hanno sottolineato come i fondamentali macroeconomici dell'economia dell'UE siano forti e le prospettive di crescita per la seconda metà del 2007 e per il 2008 siano vicine al tasso potenziale.
Nelle conclusioni della riunione, i ministri pongono l'accento sulla necessità di cooperazione con le altre istituzioni finanziarie internazionali per migliorare la trasparenza dei mercati dei prodotti finanziari complessi ed i processi di gestione e valutazione del rischio sia nel settore bancario che nelle agenzie specializzate. Richiamano anche l’attenzione sul ruolo delle agenzie di rating nella finanza strutturata. Il FMI, nel citato rapporto sulla stabilità finanziaria, individua diverse aree di intervento che riguardano il rafforzamento del sistema finanziario globale attraverso una maggiore trasparenza ed una più accurata valutazione dei rischi degli strumenti finanziari di nuova derivazione, una migliore gestione del rischio di liquidità ed un controllo maggiore sul ruolo e sull'attività svolta dalle agenzie di rating[7].
Fonte: Elaborazione dati Datastream forniti dal MEF.
L’andamento del tasso di cambio bilaterale euro/dollaro e gli effetti sull’economia reale
Nel corso degli ultimi anni, l’euro ha registrato un trend di apprezzamento nei confronti della valuta statunitense, fino ad arrivare al record storico di un tasso di cambio pari a 1,421 dollari in data 28 settembre 2007[8].
Andamento dei tassi di cambio
euro/dollaro
(gennaio 2005 – settembre 2007)
Fonte: Bollettini mensili BCE, tassi di cambio euro/dollaro.
Nel giudizio degli operatori, tale apprezzamento riflette principalmente le difficoltà dell’economia americana, dovute in particolare all’elevato livello del disavanzo di parte corrente - cui ha corrisposto l’ulteriore espansione del surplus dei maggiori paesi asiatici e la formazione di ingenti avanzi nei paesi esportatori di petrolio –, alla flessione del settore immobiliare e ai più recenti timori connessi alla crisi finanziaria dei mutui di qualità non primaria.
L’apprezzamento della valuta europea sarebbe in particolare sostenuto da fattori ciclici, quali il rallentamento dell’economia Usa, l’assottigliamento del differenziale dei tassi di interesse tra gli Stati Uniti e l’Europa e il concomitante irrobustimento della crescita nell’area euro, e da fattori strutturali, legati al processo di diversificazione delle riserve di molti paesi emergenti che alimenta la domanda della valuta europea a sfavore della domanda di dollari. Tali fattori si alimentano reciprocamente, anche se il fattore strutturale denota il progressivo rafforzamento del ruolo dell’euro come valuta di denominazione delle transazioni commerciali e finanziarie[9].
Il marcato rafforzamento dell’euro nei confronti del dollaro, ma anche delle valute asiatiche, soprattutto yen giapponese e yuan cinese[10], oltre a far emergere i rischi connessi alla volatilità dei tassi di cambio bilaterali e ad un disordinato riassorbimento degli squilibri economici internazionali – per i quali gioca un ruolo dirimente la politica del cambio dei paesi asiatici, e soprattutto della Cina, orientata ad una eccessiva rigidità che impedisce un apprezzamento delle valute in linea con le condizioni di mercato e il forte attivo della bilancia corrente - pone un rilevante problema di competitività per l’economia europea.
Infatti, se da un lato il prolungato apprezzamento dell’euro favorisce gli acquisti dall’estero e riduce l’impatto del forte aumento dei prezzi del petrolio, delle materie prime e dei beni alimentari, presentando in tal modo un effetto positivo sui consumi legato al calo dei prezzi e dell’inflazione, dall’altro penalizza le esportazioni nei confronti dei paesi extra UE, con un effetto netto complessivo che tende a comprimere la crescita.
Il grafico che segue espone l’andamento del cambio euro/dollaro nel 2007, confrontato con l’andamento dell’Eurocoin[11].
Andamento dei tassi
di cambio euro/dollaro
e crescita nell’area euro (2007)
Fonte: Bollettini mensili BCE, tassi di cambio euro/dollaro; dati mensili €-coin, www.eurocoin.bancaditalia.it
Sulla base di alcune simulazioni[12] effettuate con l’ausilio del modello econometrico dell’Oxford Economic Forecast in ordine alle conseguenze macroeconomiche di due episodi di deprezzamento (nel 2000) e di apprezzamento (nel 2003) della moneta unica, è emerso che le fasi di fluttuazione della moneta unica hanno sicuramente determinato effetti macroeconomici, di segno opposto, sulle variabili reali, dimostrando che: da un lato, il cambio “debole” (e, simmetricamente, il cambio “forte”) aumenta (diminuisce) la competitività nei confronti dei paesi extra-UE, che si riflette in un innalzamento (abbassamento) delle esportazioni nette; dall’altro, determina una perdita (guadagno) di ragioni di scambio, che si riflette in impulso positivo (negativo) ai consumi interni.
In particolare, il deprezzamento medio dell’euro nei confronti del dollaro nel corso dell’anno 2000 (pari al 13,4% rispetto ai livelli medi storici registrati nel 1999, ) ha comportato, per l’area nel suo insieme, un aumento del PIL pari allo 0, 5 per cento. Tale incremento è da ascriversi al fatto che l’effetto negativo del deprezzamento sulle ragioni di scambio - che ha determinato l’incremento dei prezzi delle importazioni e un conseguente aumento dell’inflazione che, riducendo il reddito disponibile dei consumatori, ne ha contratto la spesa effettiva - è stato inferiore all’effetto positivo che il deprezzamento del cambio ha avuto sulla competitività delle esportazioni europee. L’aumento della domanda estera netta ha infatti più che compensato la riduzione dei consumi, determinando un effetto finale positivo sulla crescita reale.
Analogamente, l’apprezzamento dell’euro verso il dollaro avvenuto nel corso del 2003 (pari al 18% rispetto al livello medio del 2002), ha avuto effetti simili ma di segno opposto sull’economia reale; il miglioramento delle ragioni di scambio ha infatti alimentato i consumi grazie alla riduzione dell’inflazione e al conseguente aumento del reddito disponibile ma, d’altra parte, l’incremento di prezzo dei beni esportati ha determinato una riduzione di domanda estera di entità superiore all’espansione dei consumi. L’effetto finale sulla crescita reale è stato in questo caso negativo, e pari a circa lo 0, 4 per cento per l’intera area.
Da tali simulazioni è emersa inoltre un’asimmetria di comportamento nelle fasi di deprezzamento e apprezzamento: l’effetto reale (positivo) del primo episodio è risultato superiore a quello (negativo) del secondo, pur in presenza di una variazione del tasso di cambio verso il dollaro di entità inferiore. Un’altra asimmetria è stata rilevata nel comportamento dell’economia italiana nell’episodio di apprezzamento del cambio. La maggiore sensibilità al rialzo dei prezzi dei beni importati sembra determinare un impatto negativo sull’economia più intenso di quanto sperimentato dai due principali partners europei, Francia e Germania. Gli effetti macroeconomici delle variazioni del tasso di cambio possono infatti risultare differenti nei singoli paesi, a seconda delle specificità delle economie dell’area, della diversa composizione dei mercati di sbocco e del peso relativo dei mercati extra-UE rispetto a quelli UE[13].
Da ultimo, sulla base di una simulazione condotta dall’ISAE[14]supponendo che, per le persistenti incertezze dei mercati finanziari, gli operatori mantengano per tutto il 2008 il cambio dollaro/euro al livello di 1,40 raggiunto nel quarto trimestre di quest’anno, è emerso che la perdita di competitività indotta dall’apprezzamento della moneta unica potrebbe condurre ad una contrazione del PIL dell’area da due a tre decimi di punto per il prossimo anno, a seconda della reazione della Banca Centrale europea nel tenere conto o meno (abbassando i tassi di interesse o meno) dell’inasprimento delle condizioni monetarie determinato dall’apprezzamento del tasso di cambio. Anche in tal caso, secondo l’istituto di ricerca gli effetti negativi dell’apprezzamento dell’euro, pur simili nei vari paesi, risulterebbero marginalmente più intensi in Italia.
Alla luce dell’evoluzione del quadro macroeconomico e dell’andamento delle principali voci di entrata e di spesa, la Nota di aggiornamento evidenzia un miglioramento dei conti pubblici nell’anno in corso e nel periodo 2008-2011 rispetto alle previsioni contenute nel DPEF presentato a giugno.
Nel 2007, l’indebitamento netto passa dal 2,5 all’1,9 per cento del PIL con una riduzione di 9,2 miliardi in valore assoluto (da 38.302 a 29.097 milioni di euro).
Il miglioramento è ascrivibile all’avanzo primario (+ 9,9 miliardi, da 35.523 a 45.437 milioni), che aumenta l’incidenza sul PIL dal 2,3 al 2,9 per cento, a fronte di una spesa per interessi che aumenta in valore assoluto di 709 milioni (da 73.825 a 74.534 milioni), pur mantenendo invariata al 4,8 per cento la quota sul PIL.
La nuova previsione dei saldi riflette un andamento più favorevole delle entrate tributarie, le cui stime sono riviste in aumento per circa 5,9 miliardi e di quelle contributive (+586 milioni), cui si accompagna una riduzione della spesa al netto degli interessi per 3,4 miliardi.
Rinviando per un’analisi delle entrate al successivo capitolo 4 del presente dossier, si dà conto di seguito dell’andamento della spesa al netto degli interessi.
All’interno delle uscite, é rivista in diminuzione la previsione delle spese correnti al netto degli interessi, che passano dai 614.132 del DPEF ai 612.150 milioni della Nota di aggiornamento (-1,9 miliardi), riducendo di un decimo di punto l’incidenza sul PIL (dal 39,8 al 39,7 per cento).
La variazione netta è il risultato di una riduzione della spesa per consumi intermedi (-688 milioni), delle prestazioni sociali diverse dalla spesa pensionistica (-71 milioni) e delle altre spese correnti (-1.959 milioni), a fronte di una variazione in aumento dei redditi da lavoro dipendente (+ 342 milioni), della spesa previdenziale (+200) e dei contributi alla produzione (+194 milioni).
La riduzione più significativa, relativa alle altre spese correnti, incorpora la riduzione della voce “risorse proprie dell’Unione europea (-1,3 miliardi, come risulta dalle modifiche apportate al disegno di legge di assestamento del bilancio dello Stato 2007), derivante dalla rideterminazione delle quote richieste dalla Commissione UE quale contributo al bilancio comunitario per l’anno in corso.
Diminuiscono inoltre i consumi intermedi (-688 milioni).
Al riguardo appare opportuno che il Governo chiarisca se tale variazione abbia interessato tutte le componenti di tale voce, inclusi i consumi in senso stretto, atteso che, per quanto concerne le prestazioni sociali in natura, quali l’assistenza sanitaria in convenzione e la farmaceutica, si è registrato nell’anno un andamento favorevole.
Si riduce rispetto al DPEF di 71 milioni la spesa relativa alle altre prestazioni sociali. Tale differenza può essere ricondotta alla necessità di correggere un mero errore materiale con riferimento agli interventi disposti dal decreto-legge n. 81/2007.
Si registra, invece, un aumento (+342 milioni) per le spese per redditi da lavoro dipendente, che passano da 164.689 a 165.031 milioni.
Al riguardo appare opportuno un chiarimento da parte del Governo circa i fattori che determinano, a legislazione vigente e indipendentemente dai rinnovi contrattuali, l’aumento di tale spesa nell’anno in corso così come in quelli successivi.
Aumenta inoltre (+200 milioni) la spesa per pensioni (da 215.810 a 216.010 milioni). Anche in questo caso, tale differenza può essere ricondotta alla necessità di adeguare il conto alle disposizioni del decreto-legge n. 81/2007.
Come evidenziato nel Dossier sul DPEF 2008-2011, la spesa tendenziale per pensioni recepiva, con riferimento a quanto disposto per il 2007 dall’articolo 5 del decreto-legge n. 81/2007, un aumento di 700 milioni di euro anziché di 900 milioni di euro come effettivamente disposto dal provvedimento che veniva allora contestualmente presentato.
All’interno della spesa corrente, registra una variazione in aumento (+1.050 milioni) la spesa sanitaria, che passa dai 102.555 milioni del DPEF ai 103.605 milioni della Nota, con un’incidenza sul PIL del 6,7 per cento (6,65 per cento nel DPEF).
Sulla base del confronto con gli esercizi precedenti (2005 e 2006), la crescita della spesa sanitaria stimata nella Nota di aggiornamento appare rallentare: +2,1 per cento nel 2007 rispetto all’anno precedente, a fronte del 5,8 per cento nel 2006 rispetto al 2005.
Tale dinamica sconta il peggioramento di 1.050 milioni di euro, evidenziato dalle stime in esame rispetto a quelle del DPEF, riconducibile, per 250 milioni di euro, alla più elevata spesa sanitaria della regione Sicilia, che ha sottoscritto il Piano di rientro a fine luglio, e, per i restanti 800 milioni di euro, alle altre regioni che non hanno firmato i Piani di rientro: tale aumento di 800 milioni si conferma, nelle previsioni aggiornate, anche negli anni 2008-2011. A fronte di tale scostamento nella spesa, si prevede un riequilibrio dal lato delle entrate da porre a copertura: la Sicilia ha, infatti, già approvato la misura volta alla realizzazione delle maggiori entrate necessarie e le regioni responsabili della maggiore spesa hanno ancora margini per recuperare maggiori entrate attraverso un aumento delle addizionali.
Quanto alle componenti della spesa, la farmaceutica convenzionata ha registrato un rallentamento nei primi sette mesi dell’anno: la Federfarma, che fornisce i dati più aggiornati, indica nell’8,9 per cento la minore spesa pubblica nel settore nel periodo gennaio-luglio 2007, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, attestandosi a 6.863 milioni di euro. Tale andamento rafforza l’ipotesi del rispetto da parte della farmaceutica del tetto del 13% della spesa sanitaria complessiva, fissato in 12.229 milioni di euro[15].
Inoltre, dai dati del monitoraggio trimestrale appaiono in rallentamento sia la componente beni e servizi della spesa per consumi intermedi, nonostante un significativo ricorso alla vendita diretta dei farmaci previsto da tutti i piano di rientro, sia la spesa per prestazioni convenzionate, probabilmente per l’andata a regime delle norme, anch’esse contenute per lo più nei piani di rientro, che rimodulano l’assistenza specialistica sul territorio rispetto alla spesa ospedaliera.
Al riguardo appare opportuno che il Governo fornisca maggiori chiarimenti sullo stato di attuazione dei Piani di rientro, con particolare riferimento alla regione Lazio che, secondo quanto si trae da notizie di stampa, sembra evidenziare uno scostamento negli obiettivi di spesa di oltre 200 milioni di euro.
Per quanto riguarda la spesa in conto capitale, la Nota evidenzia una contrazione di circa 1,5 mld dell’aggregato complessivo nel 2007, che riduce la sua incidenza sul PIL dal 4,3 al 4,2 per cento, a fronte di una sostanziale conferma, a livello aggregato[16], delle stime per gli esercizi successivi, con l’unica eccezione del 2011, in cui viene effettuata una modesta revisione al rialzo della previsione di spesa precedentemente formulata.
Di seguito si pongono a confronto le previsioni tendenziali della spesa in conto capitale formulate dal DPEF e dalla relativa Nota di aggiornamento. Vengono inoltre fornite le stime della spesa in conto capitale inclusive degli effetti del DL collegato alla legge finanziaria, a loro volta indicate nella Nota di aggiornamento.
(mln di euro)
|
|
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
DPEF
integrato con |
totale |
88.981 |
65.667 |
64.754 |
68.105 |
67.773 |
68.249 |
di cui: investimenti |
33.850 |
40.306 |
41.256 |
42.790 |
42.834 |
42.797 |
|
altre spese c/cap. |
55.131 |
25.361 |
23.498 |
25.315 |
24.939 |
25.452 |
|
nota
di agg. DPEF |
totale |
88.981 |
64.192 |
64.749 |
68.100 |
67.784 |
68.144 |
di cui: investimenti (*) |
33.850 |
40.457 |
41.459 |
42.801 |
42.861 |
42.715 |
|
altre spese c/cap. |
55.131 |
23.735 |
23.290 |
25.299 |
24.923 |
25.429 |
|
Revisione stime tendenziali |
totale |
0 |
-1.475 |
-5 |
-5 |
11 |
-105 |
investimenti |
0 |
151 |
203 |
11 |
27 |
-82 |
|
altre spese c/cap. |
0 |
-1.626 |
-208 |
-16 |
-16 |
-23 |
|
nota
di agg. DPEF |
totale |
88.981 |
67.590 |
64.749 |
68.100 |
67.784 |
68.144 |
di cui: investimenti (*) |
33.850 |
42.231 |
41.459 |
42.801 |
42.861 |
42.715 |
|
altre spese c/cap. |
55.131 |
25.359 |
23.290 |
25.299 |
24.923 |
25.429 |
|
effetto del DL sulla spesa c/cap (**) |
totale |
0 |
3.398 |
0 |
0 |
0 |
0 |
di cui: investimenti |
0 |
1.774 |
0 |
0 |
0 |
0 |
|
altre spese c/cap. |
0 |
1.624 |
0 |
0 |
0 |
0 |
(*) Le voci relative alla spesa per investimenti riportate nella tabella differiscono da quelle indicate nella Nota di aggiornamento, in quanto quest'ultima sembra non considerare l'effetto riduttivo delle dismissioni immobiliari. Pertanto, al fine di rendere confrontabili le previsioni del DPEF e quelle della Nota di aggiornamento i dati riportati da quest’ultima sono stati rivisti sottraendo l’ammontare delle dismissioni immobiliari[17].
(**) L’effetto sulla spesa in conto capitale del decreto-legge collegato alla legge finanziaria è ricavato per differenza, confrontando i dati della Nota di aggiornamento “post DL” con quelli “pre DL”.
Un fattore che potrebbe avere inciso sulla revisione al ribasso di 1,5 mld della spesa per il 2007 [18], può essere individuato in una valutazione di preconsuntivo delle spese che sarà possibile effettuare, nell’esercizio in corso, a valere sulle risorse acquisite dai versamenti al Fondo TFR.
Di seguito si riporta sinteticamente il contenuto delle diverse disposizioni che si sono succedute in materia, dando conto dei i relativi effetti finanziari.
La legge finanziaria 2007 ha disposto il trasferimento presso l’INPS delle quote del TFR non destinato alla previdenza complementare[19], prevedendo che da tale operazione derivassero i seguenti riflessi sul conto consolidato delle Amministrazioni Pubbliche:
· sul versante delle entrate, erano previsti incassi, classificati ai fini della contabilità nazionale tra i contributi sociali, pari a in 5.938 milioni di euro nel 2007, 6.052 milioni di euro nel 2008 e 6.187 milioni di euro nel 2009, con effetti sia sul fabbisogno che sull’indebitamento netto;
· sul versante delle uscite, era previsto che il TFR acquisito - al netto delle spese per le relative prestazioni e delle risorse portate a compensazione di altri effetti di minore entrata – fosse destinato al finanziamento di alcune spese di parte capitale, individuate in un elenco allegato alla legge finanziaria stessa, per un importo complessivo pari, in termini di fabbisogno e indebitamento netto, a 5 mld per il 2007, 4,55 mld nel 2008 e 3,89 mld nel 2009.
Tuttavia, l’effettivo utilizzo di tali risorse era subordinato ad un complesso procedimento[20] che prevedeva l’accertamento trimestrale della consistenza delle risorse, attraverso la conferenza dei servizi, e l’emanazione di dpcm di riparto delle risorse accertate. In attesa dell’emanazione di tali provvedimenti è stata prevista in via transitoria, dall’art. 13 del DL n. 81/2007[21], la possibilità per le singole amministrazioni interessate di richiedere, nel 2007, anticipazioni di tesoreria per il finanziamento dei singoli interventi indicati dal medesimo Elenco 1, per un importo massimo pari, complessivamente, al 30% dell’importo totale del citato elenco. Restava quindi bloccato, in attesa del provvedimento di riparto definitivo delle risorse, un importo pari al 70% del fondo (3.500 mln).
Nel testo in bozza del decreto-legge collegato alla finanziaria, disponibile al momento della stesura del presente dossier, è inclusa una disposizione mirante alla semplificazione delle procedure di utilizzo degli stanziamenti di cui al citato elenco 1, la quale, fra l’altro, consente per il 2007 l’utilizzo dell’80 per cento degli importi iscritti nell’elenco medesimo. Non essendo disponibile né la relazione tecnica né il prospetto riassuntivo degli effetti del predetto decreto legge, non è noto se alla norma in esame siano eventualmente ascritti effetti finanziari.
Andrebbe in proposito chiarito se ed eventualmente in che misura la revisione delle stime tendenziali “ante DL”, operata dalla Nota di aggiornamento con riferimento alla spesa in conto capitale per l’esercizio in corso, tenga conto dell’eventualità che le spese previste nel citato Elenco 1 trovi attuazione solo parziale nel corso dell’esercizio 2007.
Si osserva in proposito che l’ammontare della revisione operata (circa 1,5 mld), lascerebbe presumere che la stima tenga comunque conto dell’intervento di sblocco parziale dei fondi operato dal decreto-legge.
Infatti la quota del fondo non sbloccata dal citato decreto legge di ottobre 2007 ammonta a circa 1 mld (il 20% degli importi iscritti nell’Elenco 1). Tale importo potrebbe essere stato incrementato per tenere conto del ristretto margine temporale utile per far sì che la spesa sbloccata produca effetti, in termini di cassa e di competenza economica, entro l’esercizio in corso.
Nel caso in cui l’ipotesi sopra descritta trovi conferma, le previsioni tendenziali qualificate come “ante DL” dalla Nota di aggiornamento, dovrebbero invece essere intese, limitatamente alla posta in esame, come inclusive degli effetti di sblocco prodotti dalla disposizione procedurale sopra descritta, contenuta nel DL stesso.
Andrebbero inoltre fornite informazioni sugli altri eventuali fattori che possono aver concorso a determinare la revisione operata nelle stime.
In particolare, andrebbe chiarito se l’aggiornamento delle stime sconti eventualmente un contenimento più cospicuo del previsto della spesa in conto capitale imputabile agli enti territoriali, tenuti al rispetto degli obiettivi di saldo previsti dal patto di stabilità interno.
A fronte di tali andamenti, il Governo ha ritenuto di adottare, contestualmente alla presentazione della Nota di aggiornamento, con un decreto legge., che reca un complesso di interventi di carattere espansivo a valere sul 2007. Secondo quanto evidenziato dalla Nota, l’effetto complessivo di circa 7,3 miliardi si ripartisce in 1,4 miliardi di minori entrate nette (le minori entrate tributarie pari a 1,7 miliardi sono parzialmente compensati da maggiori contributi per 0,3 miliardi) e 5,8 miliardi di maggiori uscite, di cui 2,4 di parte corrente e 3,4 di parte capitale.
Per effetto di tale manovra, che incide esclusivamente sul 2007, l’indebitamento netto è stimato pari al 2,4 per cento del PIL, evidenziando una riduzione di 0,1 punti rispetto alle previsioni contenute nel DPEF.
Concorre a questo risultato un più elevato ammontare di risorse una tantum rispetto a quanto previsto nel DPEF per un importo pari a un decimo di punto.
Sul punto appare opportuno un chiarimento sulla natura di tali misure una tantum.
PREVISIONE DEI SALDI DELLA P.A. PER IL 2007 |
|||||||
|
|
|
|
|
|
|
|
VOCI ECONOMICHE |
2006 |
2007 |
|||||
Consuntivo(*) |
RUEF |
DPEF non integrato |
DPEF integrato con DL 81/07 |
NOTA agg. pre DL ottobre/07 |
Effetti del DL ottobre/07 |
NOTA agg. integrata post DL ottobre/07 |
|
|
|
marzo 2007 |
luglio 2007 |
settembre 2007 |
|||
Milioni di euro |
|||||||
Saldo corrente |
19.005 |
25.162 |
27.811 |
22.805 |
30.535 |
-3.867 |
26.668 |
Saldo primario |
31.714 |
39.409 |
42.142 |
35.523 |
45.437 |
-7.265 |
38.172 |
Interessi passivi |
67.552 |
73.991 |
73.759 |
73.825 |
74.534 |
0 |
74.534 |
Indebitamento netto |
-35.838 |
-34.582 |
-31.617 |
-38.302 |
-29.097 |
-7.265 |
-36.362 |
% del PIL |
|||||||
Saldo corrente |
1,3 |
1,6 |
1,8 |
1,5 |
2,0 |
-0,3 |
1,7 |
Saldo primario |
2,1 |
2,6 |
2,7 |
2,3 |
2,9 |
-0,5 |
2,5 |
Interessi passivi |
4,6 |
4,8 |
4,8 |
4,8 |
4,8 |
0,0 |
4,8 |
Indebitamento netto |
-2,4 |
-2,3 |
-2,1 |
-2,5 |
-1,9 |
-0,5 |
-2,4 |
PIL nominale (milioni di euro) |
1.541.113 |
1.543.824 |
1.543.824 |
||||
PIL nominale (variazione %) |
3,7 |
4,0 |
4,5 |
4,5 |
4,6 |
4,6 |
4,6 |
|
|
|
|
|
|
|
|
(*) I dati di consuntivo sono al netto degli oneri straordinari. |
|
|
|
|
Il più favorevole andamento dei conti pubblici atteso per il 2007 è previsto confermarsi negli anni successivi, sia pure in misura meno accentuata che nell’anno in corso.
Rispetto alle previsioni contenute nel DPEF, l’indebitamento netto si riduce di 0,4 punti nel 2008, passando dal 2,2 all’1,8 per cento del PIL, di 0,3 punti nel 2009 (dall’1,9 all’1,6 per cento), di 0,2 punti nel 2010 (dall’1,4 all’1,2 per cento) e di 0,3 punti nel 2011 (dall’1,3 all’1 per cento).
Tale miglioramento è ascrivibile interamente alle maggiori entrate correnti, che nel triennio risultano pari a 7.519 milioni nel 2008, 5.318 milioni nel 2009, a 5.488 milioni nel 2010 e a 5.298 milioni nel 2011. Negli stessi anni, la pressione fiscale si situa ad un livello superiore di 0,5 punti del PIL rispetto a quanto previsto con il DPEF.
Per quanto concerne la spesa primaria, il quadro tendenziale evidenzia un aumento pari a 1.236 milioni nel 2008, 1.163 milioni nel 2009, 1.223 milioni nel 2010 e a 1.268 milioni nel 2011.
Si determina, pertanto, un miglioramento dell’avanzo primario che, nel 2008, passa dal 2,6 indicato nel DPEF al 3 per cento della Nota di aggiornamento, per aumentare di 0,3 punti in ciascuno degli anni successivi: dal 3 al 3,3 per cento nel 2009, dal 3,4 al 3,7 per cento nel 2010 e dal 3,6 al 3,9 per cento nel 2011.
Per quanto riguarda la spesa per interessi, essa mantiene l’incidenza sul PIL del 4,9 indicata nel DPEF, a fronte di una riduzione in valore assoluto: 183 milioni nel 2008, 200 milioni nel 2009, 310 milioni nel 2010 e 534 milioni nel 2011.
QUADRO TENDENZIALE - CONTO ECONOMICO DELLA P.A. |
||||||||||
(Valori in milioni di euro) |
||||||||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
|||||
|
DPEF |
Nota agg. post DL |
DPEF |
Nota agg. |
DPEF |
Nota agg. |
DPEF |
Nota agg. |
DPEF |
Nota agg. |
ENTRATE CORRENTI |
710.762 |
715.799 |
738.050 |
745.569 |
761.845 |
767.163 |
785.301 |
790.789 |
809.282 |
814.580 |
ENTRATE TRIBUTARIE |
451.318 |
455.471 |
467.836 |
474.179 |
483.702 |
488.048 |
499.220 |
504.143 |
514.846 |
520.142 |
- Imposte dirette |
226.702 |
229.939 |
237.569 |
242.452 |
246.514 |
250.528 |
255.317 |
259.759 |
264.042 |
268.460 |
- Imposte indirette |
224.616 |
225.532 |
230.267 |
231.727 |
237.188 |
237.520 |
243.903 |
244.384 |
250.804 |
251.682 |
CONTRIBUTI SOCIALI |
206.794 |
207.708 |
216.214 |
217.287 |
223.300 |
223.931 |
230.017 |
230.193 |
236.936 |
236.695 |
ALTRE ENTRATE CORRENTI |
52.650 |
52.620 |
54.000 |
54.103 |
54.843 |
55.184 |
56.064 |
56.453 |
57.500 |
57.743 |
ENTRATE C/CAPITALE |
4.560 |
4.560 |
4.766 |
4.768 |
4.868 |
4.870 |
4.891 |
4.894 |
4.919 |
4.920 |
di cui: imposte in c/capitale |
883 |
883 |
356 |
356 |
33 |
33 |
30 |
30 |
30 |
30 |
ENTRATE COMPLESSIVE |
715.322 |
720.359 |
742.816 |
750.337 |
766.713 |
772.033 |
790.192 |
795.683 |
814.201 |
819.500 |
USCITE CORRENTI |
687.957 |
689.131 |
713.937 |
714.995 |
729.897 |
730.865 |
747.323 |
748.225 |
768.306 |
769.145 |
USCITE CORRENTI AL NETTO INTERESSI |
614.132 |
614.597 |
635.546 |
636.787 |
648.587 |
649.755 |
663.007 |
664.219 |
681.217 |
682.590 |
- Redditi da lavoro dipendente |
164.689 |
166.031 |
172.677 |
173.762 |
174.628 |
175.527 |
177.207 |
177.768 |
180.459 |
180.795 |
- Consumi intermedi (1) |
124.955 |
124.419 |
127.745 |
127.875 |
131.733 |
131.945 |
134.082 |
134.665 |
138.083 |
139.051 |
- Pensioni |
215.810 |
216.010 |
225.520 |
225.520 |
231.620 |
231.620 |
238.530 |
238.530 |
246.130 |
246.130 |
- Altre prestazioni sociali |
49.111 |
49.210 |
51.590 |
51.590 |
51.720 |
51.720 |
53.400 |
53.400 |
55.950 |
55.950 |
- Contributi alla produzione |
15.121 |
15.350 |
14.296 |
14.296 |
14.217 |
14.219 |
14.071 |
14.071 |
14.171 |
14.171 |
- Altre spese correnti |
44.446 |
43.577 |
43.718 |
43.744 |
44.669 |
44.724 |
45.717 |
45.785 |
46.424 |
46.493 |
INTERESSI PASSIVI |
73.825 |
74.534 |
78.391 |
78.208 |
81.310 |
81.110 |
84.316 |
84.006 |
87.089 |
86.555 |
USCITE C/CAPITALE |
65.667 |
67.590 |
64.754 |
64.749 |
68.105 |
68.100 |
67.773 |
67.784 |
68.249 |
68.144 |
USCITE COMPLESSIVE |
753.624 |
756.721 |
778.691 |
779.744 |
798.002 |
798.965 |
815.096 |
816.009 |
836.555 |
837.289 |
di cui: spesa sanitaria |
102.555 |
103.605 |
108.390 |
109.190 |
110.756 |
111.580 |
114.954 |
115.805 |
119.115 |
119.991 |
SALDO CORRENTE |
22.805 |
26.668 |
24.113 |
30.574 |
31.948 |
36.298 |
37.978 |
42.564 |
40.976 |
45.435 |
SALDO PRIMARIO |
35.523 |
38.172 |
42.516 |
48.801 |
50.021 |
54.178 |
59.412 |
63.680 |
64.735 |
68.766 |
INDEBITAMENTO NETTO |
-38.302 |
-36.362 |
-35.876 |
-29.407 |
-31.289 |
-26.932 |
-24.904 |
-20.326 |
-22.354 |
-17.789 |
PIL nominale |
1.541.113 |
1.543.824 |
1.606.072 |
1.605.043 |
1.664.947 |
1.659.615 |
1.723.681 |
1.717.445 |
1.784.358 |
1.776.298 |
(1) Nei consumi intermedi sono comprese le prestazioni sociali in natura
QUADRO TENDENZIALE - CONTO ECONOMICO DELLA P.A. |
||||||||||
(Valori in % del PIL) |
||||||||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
|||||
|
DPEF |
Nota agg. post DL |
DPEF |
Nota agg. |
DPEF |
Nota agg. |
DPEF |
Nota agg. |
DPEF |
Nota agg. |
ENTRATE CORRENTI |
46,1 |
46,4 |
46,0 |
46,5 |
45,8 |
46,2 |
45,6 |
46,0 |
45,4 |
45,9 |
ENTRATE TRIBUTARIE |
29,3 |
29,5 |
29,1 |
29,5 |
29,1 |
29,4 |
29,0 |
29,4 |
28,9 |
29,3 |
- Imposte dirette |
14,7 |
14,9 |
14,8 |
15,1 |
14,8 |
15,1 |
14,8 |
15,1 |
14,8 |
15,1 |
- Imposte indirette |
14,6 |
14,6 |
14,3 |
14,4 |
14,2 |
14,3 |
14,2 |
14,2 |
14,1 |
14,2 |
CONTRIBUTI SOCIALI |
13,4 |
13,5 |
13,5 |
13,5 |
13,4 |
13,5 |
13,3 |
13,4 |
13,3 |
13,3 |
ALTRE ENTRATE CORRENTI |
3,4 |
3,4 |
3,4 |
3,4 |
3,3 |
3,3 |
3,3 |
3,3 |
3,2 |
3,3 |
ENTRATE C/CAPITALE |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
- Imposte in c/capitale |
0,1 |
0,1 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
ENTRATE COMPLESSIVE |
46,4 |
46,7 |
46,3 |
46,7 |
46,1 |
46,5 |
45,8 |
46,3 |
45,6 |
46,1 |
PRESSIONE FISCALE |
42,8 |
43,0 |
42,6 |
43,1 |
42,5 |
42,9 |
42,3 |
42,8 |
42,1 |
42,6 |
USCITE CORRENTI |
44,6 |
44,6 |
44,5 |
44,5 |
43,8 |
44,0 |
43,4 |
43,6 |
43,1 |
43,3 |
USCITE CORRENTI AL NETTO INTERESSI |
39,8 |
39,8 |
39,6 |
39,7 |
39,0 |
39,2 |
38,5 |
38,7 |
38,2 |
38,4 |
- Redditi da lavoro dipendente |
10,7 |
10,8 |
10,8 |
10,8 |
10,5 |
10,6 |
10,3 |
10,4 |
10,1 |
10,2 |
- Consumi intermedi (1) |
8,1 |
8,1 |
8,0 |
8,0 |
7,9 |
8,0 |
7,8 |
7,8 |
7,7 |
7,8 |
- Pensioni |
14,0 |
14,0 |
14,0 |
14,1 |
13,9 |
14,0 |
13,8 |
13,9 |
13,8 |
13,9 |
- Altre prestazioni sociali |
3,2 |
3,2 |
3,2 |
3,2 |
3,1 |
3,1 |
3,1 |
3,1 |
3,1 |
3,1 |
- Contributi alla produzione |
1,0 |
1,0 |
0,9 |
0,9 |
0,9 |
0,9 |
0,8 |
0,8 |
0,8 |
0,8 |
- Altre spese correnti |
2,9 |
2,8 |
2,7 |
2,7 |
2,7 |
2,7 |
2,7 |
2,7 |
2,6 |
2,6 |
INTERESSI PASSIVI |
4,8 |
4,8 |
4,9 |
4,9 |
4,9 |
4,9 |
4,9 |
4,9 |
4,9 |
4,9 |
USCITE C/CAPITALE |
4,3 |
4,4 |
4,0 |
4,0 |
4,1 |
4,1 |
3,9 |
3,9 |
3,8 |
3,8 |
USCITE COMPLESSIVE |
48,9 |
49,0 |
48,5 |
48,6 |
47,9 |
48,1 |
47,3 |
47,5 |
46,9 |
47,1 |
di cui: spesa sanitaria |
6,7 |
6,7 |
6,7 |
6,8 |
6,7 |
6,7 |
6,7 |
6,7 |
6,7 |
6,8 |
SALDO CORRENTE |
1,5 |
1,7 |
1,5 |
1,9 |
1,9 |
2,2 |
2,2 |
2,5 |
2,3 |
2,6 |
SALDO PRIMARIO |
2,3 |
2,5 |
2,6 |
3,0 |
3,0 |
3,3 |
3,4 |
3,7 |
3,6 |
3,9 |
INDEBITAMENTO NETTO |
-2,5 |
-2,4 |
-2,2 |
-1,8 |
-1,9 |
-1,6 |
-1,4 |
-1,2 |
-1,3 |
-1,0 |
PIL nominale |
1.541.113 |
1.543.824 |
1.606.072 |
1.605.043 |
1.664.947 |
1.659.615 |
1.723.681 |
1.717.445 |
1.784.358 |
1.776.298 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
(1) Nei consumi intermedi sono comprese le prestazioni sociali in natura |
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Nel periodo 2008-2011 la Nota di aggiornamento evidenzia un aumento della spesa primaria rispetto al DPEF di 1.236 milioni nel 2008, 1.163 milioni nel 2009, 1.223 milioni nel 2010 e 1.268 milioni nel 2011. Tale variazione è dovuta alla spesa corrente al netto degli interessi, a fronte di una sostanziale stabilità della spesa in conto capitale. L’incidenza dell’aggregato sul PIL passa dal 43,7 per cento nel 2008 (43,6 per cento nel DPEF) a 42,3 per cento nel 2011 (42,0 per cento nel DPEF).
All’interno della spesa corrente variano significativamente le previsioni relative ai redditi per lavoro dipendente: +1.085 milioni nel 2008, +899 milioni nel 2009, +561 milioni nel 2010 e +336 milioni nel 2011.
Riguardo a tali variazioni, così come per quella prevista per l’anno in corso, si ribadisce l’opportunità di un chiarimento da parte del Governo.
Sono inoltre rivisti in aumento le spese per consumi intermedi (130 milioni nel 2008, 212 milioni nel 2009, 583 milioni nel 2010 e 968 milioni nel 2011, e, in misura più contenuta, le altre spese correnti (26 milioni nel 2008, 55 milioni nel 2009, 68 milioni nel 2010 e 69 milioni nel 2011). Appare sul punto opportuno un chiarimento da parte del Governo circa le cause che hanno determinato tali variazioni nelle previsioni di spesa.
Non si registrano, invece, variazioni rispetto al DPEF per quanto concerne la spesa previdenziale e assistenziale e i contributi alla produzione.
Per quanto concerne la spesa in conto capitale, la conferma sostanziale delle stime contenute nel DPEF sembrerebbe implicare che i motivi che hanno indotto la revisione per l’esercizio in corso non determinino analoghi effetti per gli esercizi successivi. Ciò lascerebbe presumere che, sul fronte delle entrate contributive destinate ad alimentare il fondo TFR, si ritengano pienamente acquisibili le risorse stimate dalla relazione tecnica alla legge finanziaria per il 2007 e pertanto la revisione al ribasso operata per il 2007 sia dovuta a meri sfasamenti temporali fra l’acquisizione delle risorse e la relativa spesa, non destinati a produrre effetti negli anni successivi.
In proposito, risulterebbe utile acquisire conferma della ricostruzione sopra ipotizzata.
Non risultano infatti disponibili informazioni di preconsuntivo in merito al gettito delle entrate da TFR destinate ad alimentare il citato fondo di spesa. Da fonti giornalistiche i dati parziali di incasso sembrerebbero leggermente inferiori rispetto alle attese[22].
Risulterebbero inoltre opportune indicazioni in merito ai fattori alla base delle modeste variazioni, in parte compensative, apportate con riferimento agli esercizi 2008[23] e 2011[24].
Alla luce del nuovo quadro tendenziale di finanza pubblica, il Governo conferma gli obiettivi di indebitamento netto indicati nel DPEF, destinando le maggiori risorse resesi disponibili al finanziamento degli interventi oggetto dalla manovra contenuta nel disegno di legge finanziaria. Rispetto al quadro tendenziale, la manovra ha un effetto espansivo di 0,4 punti di PIL nel 2008, di 0,3 nel 2009 e nel 2010 e di 0,2 nel 2011.
Resta dunque confermato nella Nota di aggiornamento il valore dell’indebitamento netto per il 2008, pari al 2,2 per cento del PIL, e per il 2009 (1,9 per cento del PIL). Rispetto a quanto indicato nel DPEF, l’indebitamento netto peggiora, invece, di 0,1 punti nel 2010 (dall’1,4 all’1,5 per cento) per poi migliorare nel 2011 (dall’1,3 all’1,2 per cento).
La Nota non illustra il conto consolidato programmatico della P.A. Qualche indicazione è, tuttavia, contenuta relativamente alla pressione fiscale e alla spesa corrente primaria espressa in percentuale del PIL.
Per quanto riguarda la pressione fiscale, essa è prevista ridursi nel periodo dello 0,5 per cento. Pur confermandosi la riduzione già indicata nel quadro a legislazione vigente contenuto nel DPEF, ne risulta tuttavia un livello più elevato in ciascun anno: mentre nel DPEF si prevedeva una riduzione dal 42,6 per cento del 2008 al 42,1 per cento del 2011, nella Nota si passa dal 43 per cento del 2008 al 42,5 di fine periodo.
Pressione fiscale |
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(in % del PIL) |
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2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
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|
|
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DPEF |
42,8 |
42,6 |
42,5 |
42,3 |
42,1 |
Nota agg. DPEF |
43,0 |
43,0 |
42,8 |
42,6 |
42,5 |
Riguardo alla spesa corrente primaria essa presenta una riduzione di 1,4 punti tra il 2008 e il 2011, anch’essa confermando la variazione già indicata nel quadro a legislazione vigente contenuto nel DPEF. Anche in questo caso, tuttavia, l’aggregato si mantiene, in ciascun anno del periodo di previsione, ad un livello più elevato: mentre nel DPEF si prevedeva una riduzione dal 39,6 per cento del 2008 (39,9 per cento nel DPEF) al 38,2 per cento del 2011, nella Nota si passa dal 40 per cento del 2008 (39,8 per cento nel 2007) al 38,6 del 2011.
Spesa corrente primaria |
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(in % del PIL) |
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2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
|
|
|
|
|
|
DPEF |
39,9 |
39,6 |
38,9 |
38,5 |
38,2 |
Nota agg. DPEF |
39,8 |
40,0 |
39,3 |
38,8 |
38,6 |
Per quanto riguarda gli anni 2009 – 2011 il Governo conferma gli obiettivi di indebitamento netto programmatico già indicati nel DPEF, con la sola eccezione del 2011 per cui è previsto l’azzeramento del deficit in luogo del lieve avanzo in precedenza indicato. La correzione strutturale da effettuare nel triennio è pari allo 0,4 per cento annuo.
Indebitamento netto programmatico (in % del PIL) |
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2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
|
|
|
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|
|
DPEF |
-2,5 |
-2,2 |
-1,5 |
-0,7 |
0,1 |
Nota agg. DPEF |
-2,4 |
-2,2 |
-1,5 |
-0,7 |
0,0 |
Nell’ambito delle procedure di valutazione degli impegni assunti dai singoli Stati membri con il Patto di Stabilità e Crescita e delle procedure di sorveglianza per il rispetto dei parametri di bilancio fissati con il Trattato di Maastricht, una valenza particolare ha assunto il livello e l’evoluzione dell’indebitamento netto strutturale delle Amministrazioni Pubbliche[25]. Il saldo così definito è pari all’indebitamento netto corretto per gli effetti del ciclo sulle componenti di bilancio e per gli effetti delle variazioni legate a provvedimenti aventi carattere non ricorrente.
La Nota di aggiornamento rivede le previsioni di crescita dell’economia e il valore atteso dei saldi di finanza pubblica. L’aggiornamento delle previsioni si riflette in una variazione modesta delle stime del saldo di bilancio strutturale. Il nuovo valore ammonta nel 2007 al 2,3 per cento del PIL, sostanzialmente in linea con quanto previsto dal DPEF dello scorso giugno e di un decimo più elevato di quanto indicato nell’Aggiornamento del Programma di Stabilità 2006 (vedi figura seguente).
La conferma del valore dell’indebitamento netto strutturale si determina in presenza di una riduzione dell’indebitamento netto complessivo di un decimo di punto, rispetto alla previsione precedente, ottenuta tramite un corrispondente incremento delle misure una tantum. Sostanzialmente invariata è infatti la componente ciclica del saldo.
Nell’anno successivo, l’indebitamento netto strutturale si riduce al 2,1 per cento, mentre nel restante periodo di previsione, il saldo dovrebbe mostrare un ulteriore, progressivo aggiustamento fino a raggiungere il pareggio nel 2011. Rispetto alla previsione del DPEF, anche nel 2008 è confermato l’obiettivo di indebitamento, mentre una riduzione di un decimo è attesa in ciascuno degli anni del biennio successivo. Nell’ultimo anno di previsione, lo scostamento del saldo rispetto alla precedente stima cambia di segno e la previsione peggiora, anche questa volta, di un decimo di punto.
Indebitamento netto strutturale
Al riguardo, con particolare riferimento agli anni 2007 e 2008, come già anticipato, il saldo strutturale non evidenzia variazioni. Tale invarianza, pur in presenza di una riduzione del tasso di crescita del PIL reale, dipende essenzialmente dalle caratteristiche proprie del modello di stima del PIL potenziale e della componente ciclica del bilancio.
Nella definizione del livello potenziale del prodotto, infatti, la revisione del livello atteso per gli anni di previsione del tasso di crescita dell’economia comporta una revisione anche del livello del PIL potenziale definito negli anni “di consuntivo”. L’effetto di questa revisione si concretizza, nella fattispecie, nella controintuitiva riduzione dell’output gap previsto per l’anno in corso rispetto alla stima del precedente DPEF (-0,5 rispetto a -0,7) e in un incremento dell’output gap nell’anno successivo, quando la previsione di crescita del PIL sconta un ulteriore e più significativo rallentamento (dall’1,9 del DPEF all’1,5 per cento). Tuttavia, il riflesso delle variazioni dell’output gap sopra descritte sulla componente ciclica del saldo di bilancio (calcolata secondo l’elasticità delle grandezze del bilancio al ciclo) non appare apprezzabile per effetto dell’arrotondamento con cui sono riportati i dati.
Rispetto alla previsione del DPEF, il miglioramento del saldo strutturale atteso per gli anni 2009-2011 è sostanzialmente spiegato dall’incremento della componente ciclica di bilancio che risente a sua volta del più elevato valore dell’output gap previsto per gli stessi anni (tavola seguente). In questo senso si consideri, in prima approssimazione, che il rallentamento previsto per il 2008 (1,5 per cento il tasso di crescita atteso) rispetto alla variazione indicata nel precedente Documento programmatico (1,9 per cento) nello stesso anno, determina un percorso di avvicinamento al PIL potenziale più lento di quello precedentemente stimato, oltre ad una revisione del livello sia del PIL potenziale dell’anno oggetto della stima sia degli anni precedenti. Negli anni successivi, il livello dell’output gap rimane di un decimo superiore a quello della previsione precedente a motivo di un tasso di variazione del PIL potenziale che ricalca, ad un livello inferiore di un decimo di punto, il percorso atteso nel DPEF.
In termini di variazione annua, per l’indebitamento netto strutturale, si conferma il percorso di rientro già prospettato nel precedente documento programmatico. La previsione comporta il sostanziale rispetto degli impegni assunti in ambito europeo, che richiedeva la riduzione dell’indebitamento netto strutturale di 1,6 punti di PIL nel biennio 2006-2007, essendo la stessa variazione pari all’1,8 per cento. Negli anni successivi, 2008-2011, la riduzione del saldo strutturale ammonta complessivamente a 2,4 punti del PIL. Si determina, infatti, una riduzione di 0,2 punti nel 2008 a fronte di una correzione più accentuata negli anni successivi: 0,7 nel 2009, 0,8 nel 2010 e 0,7 nel 2011.
Confronto previsioni Indebitamento netto strutturale
Nel Documento di
programmazione economico-finanziaria 2008-2011 presentato a giugno il saldo
netto da finanziare programmatico veniva previsto, al netto delle regolazioni
contabili e debitorie, ad un livello non superore a 24 miliardi di euro per il
Con la Nota di aggiornamento al DPEF il Governo presenta il quadro programmatico del bilancio dello Stato, rivedendo al rialzo la previsione del saldo netto da finanziare programmatico.
Il nuovo livello del saldo per il 2008 è fissato in 34 miliardi di euro, con un incremento di circa 10 miliardi rispetto al dato indicato precedentemente. Per il 2009 e per il 2010 sono indicati valori più contenuti rispetto a quelli del DPEF, pari rispettivamente a 16 e 8 miliardi di euro.
La Nota di aggiornamento indica che l'incremento del saldo atteso per il 2008 è principalmente riconducibile agli effetti delle disposizioni relative ai piani sanitari di rientro di alcune regioni tra cui le operazioni di ristrutturazione del debito contratto con il sistema bancario e l'estinzione di ulteriori debiti commerciali, per un complessivo importo pari a 9,1 miliardi di euro.
Sul punto, sarebbe opportuno che il Governo chiarisse perché a fronte delle nuove esigenze sopra richiamate, pari 13,1 miliardi di euro, si operi un incremento del saldo netto da finanziare per il 2008 pari a 10 miliardi di euro.
Andrebbero, inoltre, specificate le ragioni in base alle quali anche i nuovi oneri derivanti da impegni internazionali determinerebbero un aumento del livello di saldo netto da finanziare senza implicare conseguenze sull’indebitamento netto.
Si rileva, infine,
che
Il quadro tendenziale dei conti di finanza pubblica presentato nel DPEF 2008-2011, integrato con gli effetti del decreto legge n. 81 del 2007[26], prevedeva un’incidenza della spesa per interessi delle Amministrazioni pubbliche sul PIL pari al 4,8 per cento nel 2007, con un incremento di 0,2 punti percentuali rispetto al 2006, ed al 4,9 per cento in ciascuno degli anni successivi.
Rispetto agli analoghi dati contenuti nella RUEF presentata nel mese di marzo, si riscontrava un incremento delle stime in termini di PIL di 0,1 punti percentuali per il 2008 e di 0,2 punti percentuali per il 2009, a fronte dell’invarianza, anche in termini di valore assoluto, della stima riferita al 2007.
La stabilità della stima per l’anno in corso veniva assunta nonostante la costante crescita dei rendimenti dei titoli di Stato registrata nelle medie mensili da febbraio a giugno[27].
Si ricorda che il tasso minimo di offerta fissato dalla BCE per le operazioni di finanziamento principali, dopo l’incremento di 0,25 punti base subito a metà marzo, ha registrato, a decorrere dal 13 giugno 2007, un ulteriore incremento di 0,25 punti base, stabilizzandosi al 4 per cento. Il tasso medio mensile d’interesse dei BOT ha subito da febbraio a giugno un incremento di circa 0,30 punti percentuali, a fronte di un incremento di oltre 0,5 punti percentuali della media dei rendimenti dei BTP.
Tale invarianza scontava presumibilmente il buon andamento del fabbisogno del settore statale registrato a tutto giugno, inferiore di quasi 7 miliardi di euro rispetto all’analogo dato del 2006.
Il quadro programmatico contenuto nel DPEF 2008-2011 presentava, rispetto al tendenziale, esclusivamente una diminuzione di 0,1 punti percentuali dell’incidenza della spesa per interessi sul PIL in corrispondenza dell’anno 2011, anno in cui il fabbisogno del settore pubblico programmatico avrebbe presentato, per la prima volta, un lieve avanzo.
DPEF 2008-2011 - Spesa per interessi
(% PIL)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Tendenziale [28] |
4,8 |
4,9 |
4,9 |
4,9 |
4,9 |
Programmatico |
4,8 |
4,9 |
4,9 |
4,9 |
4,8 |
Nella Nota di aggiornamento il quadro tendenziale della spesa per interessi per il periodo 2007-2011, in valori assoluti ed in termini di PIL, è il medesimo, sia nella versione a legislazione vigente, sia in quella integrata con gli effetti del decreto legge adottato contestualmente alla Nota.
Tale provvedimento determina per il 2007 un peggioramento del saldo netto da finanziare di 0,5 punti percentuali rispetto al nuovo quadro tendenziale a legislazione vigente, con un effetto complessivo sul conto delle P.A, tra minori entrate e maggiori spese, di 7,268 mld di euro.
Al riguardo, poiché può ragionevolmente presumersi che le misure di tale provvedimento determinino effetti anche in termini di fabbisogno per l’anno 2007, sarebbe opportuno acquisire indicazioni in merito all’insussistenza di ripercussioni in termini di maggior spesa per interessi rispetto al tendenziale a legislazione vigente.
Nel confronto con il DPEF, il quadro tendenziale della spesa per interessi in termini di PIL permane invariato per tutto il periodo considerato.
In particolare, per il 2007, l’invarianza del rapporto (4,8 per cento del PIL) è determinata da un incremento della stima della spesa per interessi (circa 700 milioni di euro) bilanciato da un incremento della stima del PIL nominale[29].
L’incremento della stima per l’anno in corso della spesa per interessi appare motivato dalla previsione di un incremento dei costi del ricorso al mercato, atteso il ridimensionamento della stima di fabbisogno tendenziale del settore pubblico contenuta nella Nota che, nella versione integrata con gli effetti del decreto legge, si attesta a circa 37 miliardi di euro a fronte dei circa 40 stimati nel DPEF.
Negli anni 2008-2011 l’invarianza delle stime tendenziali del rapporto rispetto al DPEF è determinata dal fatto che sia la spesa per interessi che il PIL nominale presentano una crescita inferiore a quella stimata nel DPEF.
Raffronto tra le stime
tendenziali della spesa per interessi
nel DPEF e nella Nota di aggiornamento
(Valori in milioni di euro)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
DPEF |
|||||
Interessi |
73.825 |
78.391 |
81.310 |
84.316 |
87.098 |
Var % |
9,3 |
6,2 |
3,7 |
3,7 |
3,3 |
% PIL |
4,8 |
4,9 |
4,9 |
4,9 |
4,9 |
PIL |
1.541.113 |
1.606.072 |
1.664.947 |
1.723.681 |
1.784.358 |
Nota di aggiornamento |
|||||
Interessi |
74.534 |
78.208 |
81.110 |
84.006 |
86.555 |
Var % |
10,3 |
4,9 |
3,7 |
3,6 |
3,0 |
% PIL |
4,8 |
4,9 |
4,9 |
4,9 |
4,9 |
PIL |
1.543.824 |
1.605.043 |
1.659.615 |
1.717.445 |
1.776.298 |
Analoga invarianza rispetto alle stime contenute nel DPEF si riscontra in riferimento ai valori programmatici.
La tavola che segue contiene il quadro delle previsioni tendenziali e programmatiche contenuto nel DPEF con riguardo al fabbisogno del settore statale ed al fabbisogno del settore pubblico.
DPEF 2008-2011 - Fabbisogno del settore statale e del settore pubblico
Stime tendenziali e programmatiche
(% PIL)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Tendenziale[30] |
|||||
Fabbisogno s. statale |
1,9 |
2,1 |
1,1 |
0,7 |
0,5 |
Fabbisogno s. pubblico |
2,6 |
2,3 |
1,6 |
1,2 |
1,0 |
Programmatico |
|||||
Fabbisogno s. statale |
1,9 |
2,1 |
0,7 |
0,0 |
-0,7 |
Fabbisogno s. pubblico |
2,6 |
2,3 |
1,3 |
0,6 |
-0,1 |
In particolare, il fabbisogno del settore statale per l’anno in corso era previsto attestarsi a circa 28,9 miliardi di euro.
Il valore cumulato dei dati mensili registrati a tutto settembre 2007 evidenzia un fabbisogno a circa 30 miliardi di euro, inferiore per circa 14,3 miliardi a quello del corrispondente periodo del 2006. Il migliore andamento registrato è posto in relazione al più favorevole andamento delle entrate ed ad una più contenuta dinamica delle spese.
Nella Nota di aggiornamento, il quadro delle previsioni relativo ai saldi di cassa è sintetizzato nella tavola che segue[31].
Nota di aggiornamento al DPEF
Fabbisogno del settore statale e del settore pubblico
Stime tendenziali e programmatiche
(% PIL)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Tendenziale |
|||||
Fabbisogno s. statale |
1,7 |
1,8 |
0,8 |
0,3 |
0,0 |
Fabbisogno s. pubblico |
2,4 |
2,0 |
1,4 |
1,0 |
0,6 |
Programmatico |
|||||
Fabbisogno s. statale |
1,7 |
2,2 |
0,6 |
-0,2 |
-0,9 |
Fabbisogno s. pubblico |
2,4 |
2,4 |
1,2 |
0,4 |
-0,3 |
Nel raffronto fra le stime contenute nei due documenti, si segnala che, in riferimento all’anno 2008, nella Nota di aggiornamento i saldi programmatici in percentuale del PIL risultano superiori a quelli tendenziali, in analogia con le analoghe stime di indebitamento netto programmatico, e superiori di 0,1 punti percentuali rispetto alle analoghe stime del DPEF.
Tale circostanza potrebbe, in parte, essere ascritta al fatto che le previsioni tendenziali contenute nella Nota scontano l’effetto di trascinamento al 2008 delle maggiori entrate registrate nel 2007, effetto che supera quello determinato dalla minore crescita del PIL, producendo una riduzione dell’incidenza dei saldi tendenziali rispetto al PIL. Le previsioni programmatiche, invece, a causa della manovra che utilizza il miglioramento delle entrate, risentono del solo effetto della minore crescita del PIL rispetto a quella stimata nel DPEF, determinando un incremento dei valori programmatici, rispetto a quelli stimati in luglio.
Al suddetto andamento potrebbero, inoltre, aver contribuito misure riguardanti la ristrutturazione dei debiti del comparto sanitario, previste nella manovra per il 2008, che producono effetti sul fabbisogno e non sull’indebitamento netto.
Nelle previsioni tendenziali contenute nel DPEF, integrate con gli effetti del decreto legge n. 81 del 2007, il livello del debito era previsto in progressiva riduzione, collocandosi al di sotto del 100 per cento del PIL nel 2010 e raggiungendo il valore del 97, 2 al termine del periodo di previsione.
Il quadro programmatico prevedeva la coincidenza con i valori tendenziali per il 2008 ed un più virtuoso percorso di riduzione negli anni successivi, per effetto delle manovre di finanza pubblica ipotizzate nel triennio 2009-2011.
DPEF 2008-2011 - Debito pubblico
(in % PIL)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Tendenziale |
|||||
Debito pubblico in % PIL |
105,1 |
103,2 |
101,4 |
99,3 |
97,2 |
Variazione del rapporto |
-1,7 |
-1,9 |
-1,8 |
-2,1 |
-2,1 |
Programmatico |
|||||
Debito pubblico in % PIL |
105,1 |
103,2 |
101,2 |
98,3 |
95,0 |
Variazione del rapporto |
-1,7 |
-1,9 |
-2,0 |
-2,9 |
-3,3 |
Nella Nota di aggiornamento i valori tendenziali del rapporto debito PIL sono forniti esclusivamente nella versione integrata dagli effetti del decreto legge adottato contestualmente alla Nota.
Al riguardo appare opportuno che, in analogia con quanto indicato nel DPEF con riguardo agli effetti del decreto legge n. 81 del 2007, sia fornita l’indicazione del profilo del debito al netto degli effetti del nuovo decreto legge.
I valori tendenziali del rapporto indicati nella Nota risultano costantemente inferiori a quelli registrati nel DPEF, in linea con le analoghe previsioni di andamento del fabbisogno del settore pubblico, raggiungendo nel 2011 il livello prossimo al 96 per cento del PIL.
Le stime programmatiche presentano nel periodo un percorso di riduzione del rapporto più accentuato rispetto alle previsioni tendenziali, raggiungendo un livello di poco superiore al 95 per cento nel 2011. Gran parte di tale riduzione si determina tuttavia negli ultimi due anni del periodo considerato, in relazione al sensibile livello dell’avanzo primario.
La variazione del rapporto tra il debito ed il prodotto è riconducibile a tre componenti: l’indebitamento netto primario; il differenziale tra onere medio del debito e la variazione del PIL nominale, che rappresenta la componente di trascinamento del debito; una componente residuale, risultante dall’operare di diversi fattori, quali gli effetti dei diversi criteri di contabilizzazione utilizzati per la determinazione dell’indebitamento netto delle P.A. e del fabbisogno del settore pubblico, le acquisizioni nette di partite finanziarie, gli scarti di emissione, le variazioni dei tassi di cambio, i proventi delle privatizzazioni.
Nell’analisi del quadro tendenziale indicato nella Nota di aggiornamento per il profilo delle componenti che determinano la variazione del rapporto debito PIL, si segnala il miglioramento del saldo primario che passa dal 2,5 al 3,9 per cento. Sembrerebbe invece contribuire negativamente alla variazione del rapporto l’effetto di trascinamento, a causa di una crescita meno sostenuta del PIL, a fronte di un andamento crescente dell’onere medio per il debito.
La componente residuale sembrerebbe determinare nei primi due anni di previsione un contributo negativo, anche se decrescente, alla variazione del rapporto, invertendo tale effetto negli anni successivi.
Tendenziale |
|||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Debito/PIL |
105 |
103,1 |
100,9 |
98,4 |
95,9 |
Var. del rapporto |
-1,8 |
-1,9 |
-2,2 |
-2,5 |
-2,5 |
1. Avanzo primario |
-2,5 |
-3,0 |
-3,3 |
-3,7 |
-3,9 |
2. Trascinamento debito |
0,1 |
0,8 |
1,5 |
1,5 |
1,7 |
Onere medio del debito |
4,7 |
4,8 |
4,9 |
5,0 |
5,1 |
Var. del PIL nominale |
-4,6 |
-4,0 |
-3,4 |
-3,5 |
-3,4 |
3. Residuo |
0,6 |
0,2 |
-0,4 |
-0,3 |
-0,3 |
Nell’analisi per componenti relativa al quadro programmatico si evidenzia, rispetto al quadro tendenziale, il più sostenuto contributo positivo derivante dall’avanzo primario in percentuale del PIL in riferimento agli ultimi tre anni della serie. Ciò a fronte di una sostanziale invarianza della componente di trascinamento, imputabile alla circostanza che il tasso di crescita del PIL nominale non subisce alcuna variazione nel passaggio dalle previsioni tendenziali a quelle programmatiche e rimangono pressoché invariate le previsioni del livello dell’onere medio del debito. Di conseguenza, tende a ridursi in tali anni, rispetto ai valori tendenziali, l’apporto della componente residuale.
Programmatico |
|||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Debito/PIL |
105 |
103,5 |
101,5 |
98,5 |
95,1 |
Var. del rapporto |
-1,8 |
-1,5 |
-2 |
-3 |
-3,4 |
1. Avanzo primario |
-2,5 |
-2,6 |
-3,4 |
-4,2 |
-4,9 |
2. Trascinamento |
0,1 |
0,9 |
1,5 |
1,5 |
1,6 |
Onere medio del debito |
4,7 |
4,9 |
4,9 |
5,0 |
5,0 |
Var. del PIL nominale |
-4,6 |
-4,0 |
-3,4 |
-3,5 |
-3,4 |
3. Residuo |
0,6 |
0,2 |
-0,1 |
-0,3 |
-0,1 |
Poiché tale componente residuale è data dal risultato combinato di diversi fattori, occorrerebbe acquisire indicazioni in merito alle cause, imputabili ai singoli fattori, che possano giustificare il diverso andamento di tale componente rispetto ai livelli tendenziali.
Nel 2008 il livello del rapporto programmatico risulta superiore a quello tendenziale, realizzando una riduzione rispetto all’anno precedente inferiore a quella prevista nel tendenziale, a causa del più basso livello del saldo primario e del maggior rilievo del livello dell’onere medio del debito.
Nel corso del 2007, replicando una dinamica già verificatasi nel 2006, le stime relative all’andamento delle entrate tributarie delle Amministrazioni pubbliche sono state successivamente riviste al rialzo (tabella 1). La Nota di aggiornamento del DPEF migliora ulteriormente le previsioni, incrementandole rispetto a giugno di circa 6 miliardi.
Tab. 1 Entrate tributarie delle Amm. Pubbliche: aggiornamento delle previsioni |
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dati in milioni di euro |
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|
|
2007 |
2008 |
2009 |
a |
RPP (novembre 2006) |
443.257 |
455.136 |
469.468 |
b |
RUEF (marzo 2007) |
449.120 |
462.212 |
477.593 |
c |
DPEF (giugno 2007) |
452.287 |
468.167 |
483.735 |
e |
Nota Agg. DPEF con DL (set 2007) |
456.354 |
474.535 |
488.081 |
f=e-a |
Differenza |
13.097 |
19.399 |
18.613 |
Per valutare l'andamento delle entrate tributarie delle Amministrazioni pubbliche, appare utile riepilogare la dinamica registrata nel 2007 delle entrate tributarie del bilancio dello Stato. Gli emendamenti al disegno di legge sull’assestamento di bilancio fanno emergere una revisione complessiva pari a circa 6 miliardi in più rispetto alle stime di giugno.
Al di là dell’ammontare complessivo della revisione, rileva la composizione delle maggiori entrate emerse in questi mesi.
La stima relativa all’imposizione sui redditi da lavoro - seppure in crescita di circa 6 punti percentuali rispetto al 2006 in termini di cassa - viene ridimensionata di circa 4 miliardi rispetto a giugno. Viene corretto, quindi, il tasso di crescita stimato a giugno, che raggiungeva circa il 9 per cento.
Altra voce che viene ridimensionata è quella relativa alle accise; rispetto al 2006, la stima definitiva fa emergere un calo di circa 2 punti percentuali.
Le componenti di entrata la cui dinamica risulta in accelerazione rispetto a giugno sono quelle relative ai redditi di impresa e quelle relative alle imposte sostitutive sulle attività finanziarie. Queste ultime farebbero registrare sull’anno precedente una variazione superiore al 24 per cento, in linea con la dinamica già registrata lo scorso anno.
Sul fronte della tassazione di impresa l’aumento percentuale sul 2006 sarebbe superiore al 29 per cento, molto superiore rispetto al già elevato tasso di crescita del 17 per cento registrato nel 2006. L’IVA sugli scambi interni e intracomunitari aumenta del 7,4 per cento, in decelerazione rispetto al 2006.
Entrate tributarie del bilancio dello Stato: andamenti 2004-2007 |
|||||
(milioni di euro) |
|||||
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2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
2007 |
|
Incassi del bilancio dello Stato |
Previsioni di cassa al 27/9/07 |
Previsioni di cassa al 30/6/07 |
||
|
|
|
|
|
|
IRE |
131.237 |
137.247 |
146.204 |
154.851 |
159.091 |
IRES |
29.358 |
34.131 |
39.960 |
51.709 |
46.320 |
SOSTITUTIVA |
6.928 |
6.954 |
8.663 |
10.764 |
9.639 |
|
|
|
|
|
|
IVA |
86.708 |
91.241 |
101.716 |
109.256 |
105.676 |
IVA IMP |
11.721 |
12.320 |
14.168 |
14.290 |
15.141 |
ACCISE |
27.677 |
28.673 |
28.884 |
28.285 |
29.219 |
|
|
|
|
|
|
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
2007 |
Variazioni % annue |
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|
Previsioni al 27/9/07 |
previsioni al 30/6/07 |
|
|
|
|
|
|
IRE |
|
4,58 |
6,53 |
5,91 |
8,81 |
IRES |
|
16,26 |
17,08 |
29,40 |
15,92 |
SOSTITUTIVA |
|
0,38 |
24,58 |
24,25 |
11,27 |
|
|
|
|
|
|
IVA |
|
5,23 |
11,48 |
7,41 |
3,89 |
IVA IMP |
|
5,11 |
15,00 |
0,86 |
6,87 |
ACCISE |
|
3,60 |
0,74 |
-2,07 |
1,11 |
Fonte: Relazione generale sulla situazione economica del paese 2006 - ddl assestamento A. S. 1679 |
Da un punto di vista macroeconomico si può osservare come la dinamica delle variabili che rappresentano la base imponibile delle varie imposte sia più contenuta rispetto alle somme in entrata nel bilancio dello stato. Se si prendono in considerazione per esempio i redditi da lavoro dipendente, si ha che, sulla base delle stime del DPEF (in linea con quelle dell’ISAE[32]), la crescita dell’occupazione dovrebbe attestarsi nel 2007 allo 0,9 per cento (2 per cento nel 2006), mentre quella delle retribuzioni unitarie al 2,2 – 2,3 per cento (2,8 per cento nel 2006). Complessivamente, la base imponibile crescerebbe meno del PIL nominale (più del 4,5 per cento). La crescita della base imponibile nel 2006 - pari a circa il 5 per cento - è anche imputabile ai rinnovi contrattuali pubblici, fattore che non dovrebbe influire sul 2007 e che, invece, dovrebbe tornare ad influire nel 2008.
Per quanto riguarda il gettito delle imposte sostitutive sui redditi delle attività finanziarie le previsioni di cassa per il bilancio dello Stato indicano un aumento rispetto al 2006, in linea con quello già significativo dell’anno precedente, pari a più del 24 per cento. Fino all’inizio del mese di agosto, così come nel 2006, l’aumento dei tassi di rendimento sulle principali attività finanziarie (titoli, obbligazioni, azioni) sembra aver contribuito a sostenere le entrate su questo fronte.
Una riduzione della quota rispetto al PIL è invece attesa per le imposte indirette, in particolare l’IVA sugli scambi interni e intracomunitari, che nel 2006 era cresciuta ben al di sopra del tasso di crescita dei consumi.
La determinazione dei fattori esplicativi dell’evoluzione "straordinaria" delle imposte sul reddito delle imprese nel 2007 non è immediata, soprattutto se si tiene conto che sulla dinamica già elevata del 2006 avevano pesato in maniera significativa misure una tantum e l’ampliamento della base imponibile, incluse nella manovra di bilancio 2006 e nel decreto-legge di giugno 2006. Anche la manovra 2007 conteneva misure tese a recuperare la base imponibile e norme per l’accertamento e il contrasto all’evasione e all’elusione ai fini IRES.
Passando all’analisi macroeconomica bisogna innanzitutto precisare la difficoltà dell’individuazione della proxy della base imponibile più opportuna per le imposte in questione. Di solito la variabile più utilizzata è quella del margine operativo lordo[33], fondamentalmente perché i dati relativi sono quelli più facilmente disponibili nella contabilità nazionale. La dinamica di questa variabile nel corso degli ultimi anni è risultata in media superiore al PIL.
Fonte: Elaborazione dati Eurostat
La variabile più appropriata sarebbe quella dei profitti prima della tassazione, per la quale però non sono disponibili i dati con altrettanta immediatezza. Sulla base delle informazioni riportate nel Bollettino di settembre della BCE[34], si evince che: “dal 2003 gli utili realizzati dalle società quotate nell’area dell’euro hanno superato di gran lunga i tassi di crescita dei rispettivi settori economici, associati tra l’altro a una notevole progressione della quota dei profitti sul PIL[35]”. Secondo la BCE, sulla base di un’analisi di lungo periodo, profitti e prodotto seguono una dinamica comune. In alcuni periodi possono verificarsi però delle fluttuazioni dei profitti più accentuate. Nell’attuale contesto, la dinamica più accentuata degli utili societari sarebbe, tra l’altro, il risultato dei processi di ristrutturazione intrapresi nel corso degli ultimi anni dopo la crisi successiva al 2000. Per i prossimi anni, la BCE sostiene che è atteso un rallentamento degli utili ma che continueranno a crescere a tassi superiori al PIL, almeno nel breve periodo, in virtù di un’attesa crescita internazionale ancora sostenuta.
In termini di imposte sui redditi di impresa, la fluttuazione della base imponibile implica per le entrate dello Stato un’altrettanto fluttuante componente di entrata. Un fattore che ulteriormente può influire sulla dinamica di questa imposta può essere imputato alla normativa di riferimento del settore in particolare l’arco temporale messo a disposizione delle imprese per allocare profitti e perdite nei propri bilanci.
Nel grafico che segue si propone un esercizio in cui si compara la media su tre anni delle imposte sui redditi di impresa, rapportata alla propria base imponibile (margine operativo lordo), rispetto alla media di crescita del PIL. L’utilizzo della media è giustificato dall’esigenza di smussare dai dati annuali l’impatto di fattori quali: la scelta di posporre e/o anticipare il pagamento di imposta, gli errori di previsione sulla dinamica di crescita della base rispetto a cui l’impresa paga l’imposta, piccoli interventi normativi.
Fonte:
Elaborazione dati AMECO
L'analisi evidenzia che correlazione tra crescita e imposta è molto alta. Se effettivamente il comportamento delle imprese rispetto alle imposte sui redditi di impresa è inerziale rispetto alla dinamica di crescita del prodotto, ci si potrebbe attendere che – alla luce dei dati positivi di crescita degli ultimi due anni – la crescita di questo tipo di imposta possa mantenersi robusta, sia pur tenendo conto del profilo delle previsioni di crescita più contenute.
Le argomentazioni proposte in questo paragrafo evidenziano la difficoltà di individuare la portata e gli effetti dei diversi fattori esplicativi dell’andamento di questa categoria di imposta, siano essi di natura normativa siano essi legati all’andamento macroeconomico della base imponibile.
Sarebbe necessario pertanto sviluppare un approccio metodologico in grado di spiegare il peso e il ruolo dei diversi fattori. In merito all’impatto degli interventi normativi sarebbe necessario individuare il grado di realizzazione delle quantificazioni indicate all’atto di emanazione delle norme. L’utilizzo dei dati di previsione iniziale potrebbe portare infatti a sottostimare o sovrastimare l’impatto delle varie norme.
Informazioni rilevanti potrebbero, altresì, derivare dalla ricostruzione degli effetti cumulati delle varie misure che si sono succedute in questo settore nel corso degli ultimi anni.
L’andamento delle entrate, limitatamente al gettito erariale e alle principali voci di imposte regionali e comunali, è evidenziato nel bollettino delle entrate tributarie pubblicato mensilmente dal Dipartimento delle Politiche fiscali. Poiché gli ultimi dati riguardano il periodo gennaio-luglio 2007, nella seguente tabella viene indicato il gettito delle principali imposte confrontandole con le entrate conseguite, per la medesima voce, nello stesso periodo (gen-lug) degli anni 2006 e 2005.
in milioni di euro
BILANCIO DELLO STATO |
|||||
|
Gen-lug 2005 |
Gen-lug 2006 |
Gen-lug 2007 |
Variazione 2006/2005 |
Variazione 2007/2006 |
IRE di cui: |
79.372 |
84.563 |
87.157 |
6,54% |
3,07% |
Ritenute lav.dipend. statali |
5.307 |
5.916 |
5.366 |
11,48% |
-9,30% |
Ritenute lav.dipend.privato |
35.027 |
36.735 |
39.296 |
4,88% |
6,97% |
Riten. lav.dipend.enti pubblici |
23.533 |
25.567 |
25.919 |
8,64% |
1,38% |
IRES |
14.659 |
17.715 |
22.618 |
20,85% |
27,68% |
IVA su scambi interni |
46.750 |
50.312 |
52.421 |
7,62% |
4,19% |
IVA importazioni |
6.870 |
8.370 |
8.183 |
21,83% |
-2,23% |
Imposta fabbricazione oli minerali |
11.640 |
11.711 |
11.385 |
0,61% |
-2,78% |
IRAP di cui: |
15.960 |
17.428 |
16.916 |
9,20% |
-2,94% |
IRAP privati |
10.203 |
11.305 |
11.005 |
10,80% |
-2,65% |
IRAP amministrazioni pubbliche |
5.757 |
6.123 |
5.911 |
6,36% |
-3,46% |
Addizionale regionale |
3.870 |
3.650 |
4.027 |
-5,68% |
10,33% |
Addizionale comunale |
937 |
915 |
1.198 |
-2,35% |
30,93% |
In merito alla flessione del gettito relativo alle ritenute sui dipendenti statali, il Bollettino precisa che è imputabile al mancato rinnovo dei contratti nel settore della Pubblica Amministrazione.
Al fine di valutare la stima e la proiezione del gettito delle ritenute da lavoro dipendente del settore pubblico, sarebbe opportuna una più dettagliata analisi quantitativa delle componenti dello scostamento registrato rispetto al corrispondente periodo del 2006.
Ulteriori informazioni sono, tuttavia, necessarie anche in relazione alle previsioni di spesa per redditi da lavoro dipendente iscritte nel Conto economico della Pubblica Amministrazione che sono state riviste al rialzo dalla Nota di aggiornamento[36].
Si può ipotizzare, a titolo esemplificativo, che tale divergenza sia giustificata da un errore di sovrastima del gettito atteso dovuto alla valutazione di una aliquota media IRE ipotizzata superiore a quella effettivamente pagata dai soggetti in esame ovvero da effetti di riduzione dell’imponibile legato alle minori consulenze dei cosiddetti co.co.co (la cui spesa è iscritta tra i consumi intermedi) cui non viene collegata la corrispondente riduzione del gettito delle ritenute IRE. In questa ultima ipotesi, peraltro, gli effetti andrebbero valutati anche in termini di gettito IRAP e addizionali delle Amministrazioni pubbliche.
Per quanto riguarda l’andamento decrescente dell’IVA sulle importazioni e delle accise sugli oli minerali il Bollettino non fornisce alcuna motivazione. Nella nota esplicativa allegata agli emendamenti presentati all’assestamento del bilancio dello Stato[37], il Governo afferma che tale riduzione di gettito è da collegarsi all’aver avuto un inverno piuttosto mite che ha ridotto considerevolmente il consumo di olii combustibili e delle importazioni. In proposito, si fa presente che, se la contrazione dei consumi ha un effetto proporzionale sul gettito delle accise che vengono pagate in misura fissa per ciascuna quantità acquistata, non altrettanto può dirsi per il gettito IVA che, essendo corrisposto in misura proporzionale al costo, dipende sia dalla quantità che dal prezzo pagato.
Andrebbe pertanto chiarito in quale misura siano stati valutati i fattori che determinano il gettito delle variabili in esame, tenuto conto che l’andamento dei prezzi petroliferi registra una crescita per tutto l’anno in corso.
In sede di assestamento di bilancio dello Stato, le previsioni del gettito delle accise sugli oli minerali si riducono da 22.297,9 milioni a 21.470,9 milioni (-3,71 per cento) mentre le previsioni di gettito dell’IVA sulle importazioni si riducono da 15.962 milioni a 15.111 milioni di euro (-5,33 per cento).
Il 2006 è stato un anno estremamente positivo per l'andamento del gettito tributario delle Amministrazioni pubbliche, che è aumentato del 9,6 per cento rispetto all'anno precedente raggiungendo il valore di 432,1 miliardi.
La crescita delle entrate ha significativamente superato l'incremento del PIL nominale (+3,7 per cento). Questa dinamica estremamente favorevole ha fatto sorgere numerosi interrogativi sulle cause di questo fenomeno.
Il presente paragrafo mette a confronto alcune analisi effettuate sulle determinanti del gettito tributario dello scorso anno. Le origini delle variazioni di gettito da un esercizio all'altro sono raggruppate in quattro categorie: la prima è quella relativa all'incremento delle entrate correlato alla crescita del PIL; nella seconda si valutano gli effetti permanenti che si manifestano sulle entrate tributarie a seguito di nuove misure legislative; la terza riguarda le maggiori entrate derivanti da fattori occasionali e provvedimenti straordinari; infine vi è una componente residuale, che rappresenta l'aumento del gettito non imputabile ai fattori precedenti.
I risultati degli studi qui presentati mostrano come non vi sia una completa omogeneità di valutazione sull'origine dell'extra-gettito per il 2006.
Il vice-ministro dell'Economia - nell'audizione del 25 luglio 2007 presso la Commissione Bilancio della Camera dei deputati - quantifica l'aumento delle entrate del bilancio dello Stato nel 2006 (rispetto al 2005) in 35,8 miliardi. Di questi il 30 per cento viene attribuito alla componente congiunturale, legata cioè alla crescita del PIL e al connesso incremento delle basi imponibili; tale calcolo è stato effettuato tenendo conto di un'elasticità media delle entrate tributarie rispetto al PIL dello 0,9 per cento.
Un ulteriore 36 per cento viene spiegato dal contributo delle misure una tantum (22 per cento) e dagli effetti permanenti delle manovre fiscali (14 per cento). Il residuo (33 per cento), circa 12 miliardi, viene attribuito a fattori non facilmente individuabili che vengono racchiusi in un indicatore chiamato tax compliance, che individua la propensione dei contribuenti al pagamento delle imposte. In particolare, le misure antievasione varate nel primo anno di legislatura spiegherebbero direttamente il 7 per cento del residuo, mentre il restante 27 per cento è attribuito ad una spontanea emersione della base imponibile dettata dal mutamento delle attitudini dei contribuenti, a seguito dell'irrigidirsi dei controlli fiscali.
Con riferimento alle entrate IVA, infine, viene sottolineato che il tasso di crescita dei consumi (4,6 per cento, inferiore alla dinamica del gettito) e l'assenza di significativi interventi diretti, farebbe imputare buona parte dell'incremento di gettito alla lotta all'evasione, che avrebbe permesso di recuperare circa 5 miliardi di euro.
Il CER (Centro Europa Ricerche) ha condotto lo stesso tipo di analisi del Ministero[38], utilizzando la medesima stima dell'elasticità media (0,9 per cento) ma concentrandosi sulle entrate della Pubblica amministrazione. I fattori congiunturali spiegherebbero il 30 per cento delle maggiori entrate, mentre il residuo, su cui non vengono fatte ipotesi in merito alla sua origine, ammonterebbe al 18 per cento (6,8 miliardi). Tale differenza rispetto alle valutazioni del Governo sembrerebbe essenzialmente riconducibile al maggior peso imputato alle misure legislative del 2005 e del 2006 (23 per cento)[39].
Nella Relazione Annuale per il 2006 della Banca d'Italia vengono analizzate le determinanti del maggior gettito del 2006. L'analisi evidenzia che poco più del 50 per cento dell'aumento del gettito deriva dalla componente ciclica delle entrate. Nell'approccio seguito dalla Banca d'Italia si utilizza un valore dell'elasticità delle entrate rispetto al PIL più elevato di quello che ritroviamo nelle stime del CER e del Governo. Vi sarebbero infatti alcuni fattori che nel corso degli ultimi anni avrebbero causato un aumento della sensibilità delle entrate rispetto alla crescita del prodotto. La Relazione richiama la dinamica dei salari superiore a quella del PIL, il rialzo dei corsi azionari e dei tassi d'interesse e l'incremento del prezzo del petrolio e di altri prodotti energetici. Infine, viene anche sottolineato che potrebbe essersi configurato un aumento dell'elasticità del gettito IRPEF rispetto alla sua base imponibile causata dalle riforme fiscali degli ultimi anni.
Riguardo alle altre determinanti il contributo della legge finanziaria per il 2006 e del decreto-legge n. 223 del 2006 viene valutato nell'ordine del 30 per cento, mentre il peso di alcuni fattori specifici verificatisi durante l'anno spigherebbe un ulteriore 5 per cento.
La componente residuale, quindi, risulterebbe pari a circa il 15 per cento. La Banca d'Italia spiega che sulla parte residua del gettito possono aver influito provvedimenti legati al contrasto dell'evasione fiscale e alcuni cambiamenti del sistema economico, come l'aumento del peso della grande distribuzione e l'incremento dei consumi delle famiglie in beni durevoli e servizi telefonici, settori che si caratterizzano per una limitata possibilità di evasione nel versamento dell'IVA.
La Banca d'Italia, infine, esprime valutazioni fondamentalmente in linea con le stime del Governo relative al gettito IVA; essa però sottolinea altresì il ruolo giocato dall'incremento dei prezzi del petrolio sulle importazioni dai paesi non UE, che avrebbe contribuito per circa 1 miliardo all'extragettito, dato confermato anche dallo studio del CER.
La dinamica delle entrate effettive ha subito, in Italia, un’accelerazione a partire dal 2004. Una simile dinamica è riscontrabile in altri paesi europei. A partire da tale anno le elasticità effettive (calcolate come variazioni percentuali delle entrate totali delle Pubbliche amministrazioni rispetto alla variazione percentuale del PIL) sono state superiori alle elasticità teoriche calcolate dall’OCSE (vedi la scheda di approfondimento relativa al calcolo della componente ciclica). L’elasticità teorica delle entrate totali – che dovrebbe individuare la relazione costante nel tempo tra entrate e crescita in assenza di interventi discrezionali e fluttuazioni cicliche - calcolata per l’Italia è pari a 1,17.
Fonte: Elaborazioni dati AMECO e OCSE
La metodologia di calcolo e di scelta delle elasticità - su cui basare gli esercizi previsivi delle entrate - presenta un ampio grado di discrezionalità. La discrezionalità dipende fondamentalmente dalla instabilità della relazione tra andamento della base imponibile e andamento delle relative imposte. La fluttuazione di questo rapporto è influenzata da fattori congiunturali legati alle variazioni del ciclo economico, dalla composizione della crescita guidata o meno da componenti a maggiore intensità ”fiscale” (si ricordi ad esempio che una ripresa economica guidata dalle esportazioni genera minori introiti fiscali che non una ripresa trainata dalla domanda interna), da modifiche strutturali dell’economia (per esempio il prevalere della grande distribuzione che tende a ridurre i margini di evasione) e dagli interventi normativi che modificano, in maniera transitoria o permanente, la struttura tributaria dei vari settori e quindi la reattività delle entrate. Tutti e tre i fattori sono difficili da cogliere e quantificare con esattezza e sono alla base della fluttuazione delle elasticità effettive calcolate a consuntivo.
Nel DPEF presentato a giugno, secondo quanto indicato dal Governo, l’elasticità applicata alle entrate tributarie per la previsione del 2007 è pari a 0,951. Alla luce dei dati più recenti l'elasticità effettiva risulta nettamente superiore a quella adottata dal Governo.
Come esercizio alternativo le previsioni per il 2007 sono state rideterminate applicando l’elasticità teorica stimata dall’OCSE, pari a 1,17. Sulla base di tale esercizio le entrate tributarie attese per il 2007 sarebbero state di circa 7 miliardi superiori alla stima presentata nel DPEF. Si nota che un valore simile di elasticità era stato utilizzato nella Relazione Previsionale e Programmatica dello scorso anno (cfr. pag. 41).
Come risulta evidente dall’analisi presentata nel riquadro sul calcolo della componente ciclica delle entrate il calcolo delle elasticità incontra limiti sia teorici che empirici. La consapevolezza di questi limiti può rappresentare una guida nell’individuazione del modello più idoneo di stima, che andrebbe reso pubblico per permettere un confronto delle previsioni e una comprensione delle ipotesi sottostanti.
La scelta di un metodo e/o di un modello che produce stime caute sul fronte delle entrate ha il vantaggio di evitare peggioramenti del disavanzo nel caso di un rallentamento congiunturale. In una situazione di squilibrio dei conti essa permetterebbe il consolidamento nel caso di crescita superiore al previsto. Un approccio troppo cauto può, però, comportare il rischio di far apparire come addizionali entrate che sono il risultato di una sottostima iniziale.
Le entrate effettive incassate nel corso di ciascun esercizio risentono di fattori sia transitori che permanenti. I fattori transitori sono fondamentalmente legati al ciclo economico. Come è noto, infatti, le variazioni di bilancio dipendono fondamentalmente dalla variazione delle entrate, che tendono ad aumentare durante la fase espansiva del ciclo e a ridursi nella fase discendente.
Altri fattori transitori che determinano il livello delle entrate sono rappresentati dalle misure una tantum. I fattori permanenti derivano fondamentalmente dalla struttura del sistema fiscale vigente in ciascun paese. Se il sistema rimanesse stabile nel tempo si potrebbe individuare una relazione stabile tra entrate e basi imponibili (al netto degli effetti ciclici), mentre gli interventi normativi tendono a cambiare questa relazione.
Nel grafico sottostante, si riporta l’andamento delle entrate effettive rispetto a quelle corrette per il ciclo e per le una tantum. La correzione ciclica è stata fatta applicando la metodologia della Commissione europea. Le entrate strutturali risultano dalla differenza tra le entrate effettive e la componente ciclica. La componente ciclica si ottiene moltiplicando l’output gap (la differenza percentuale del reddito effettivo rispetto al potenziale) per la sensitività delle entrate, che la Commissione stima in 0,49[40].
Note: Le correzioni cicliche sono state effettuate utilizzando un'elasticità costante delle entrate rispetto all'output gap di 0,49. Fonte: Elaborazioni del Servizio Bilancio del Senato su dati della Commissione Europea e del Ministero dell'Economia.
Come si evince dal grafico le entrate corrette per gli effetti del ciclo economico in rapporto al PIL hanno subìto una forte contrazione nel periodo 1997-2002, pari circa a 2,5 punti percentuali. Esse seguono il trend decrescente delle entrate effettive, influenzate dalle modifiche apportate alla normativa tributaria operata in quegli anni. La maggiore caduta delle entrate corrette è legata all’inversione di tendenza del ciclo economico, nel 2000, che ha amplificato gli effetti delle riduzioni di imposta. Come si ricorderà, a fronte di una valutazione errata sull’andamento futuro della congiuntura nel 2000, molti paesi europei, tra cui l’Italia, procedettero a riduzioni della pressione fiscale, che si rivelarono di carattere prociclico.
Al netto delle misure una tantum, la riduzione del rapporto entrate/PIL risulta, negli anni in considerazione, ancora più marcato.
La correzione ciclica del bilancio e delle entrate è un esercizio utile per determinare l’effettiva impostazione della politica di bilancio e dei suoi risultati. Essa viene utilizzata soprattutto dalle organizzazioni internazionali ed è prevista dal Patto di stabilità e crescita europeo come strumento di valutazione del rispetto delle regole del trattato di Maastricht. I limiti metodologici dei sistemi di correzione non vanno sottovalutati: la citata esperienza del 2000 ha evidenziato come valutazioni errate sull’andamento del ciclo possano comportare decisioni di politica di bilancio inidonee. Dal lato delle entrate uno dei limiti principali è rappresentato dalla scelta delle elasticità delle imposte alla base imponibile e dell’elasticità della base imponibile rispetto al reddito. Generalmente queste elasticità vengono mantenute costanti (come nel nostro esercizio) e non sono in grado di cogliere tutte le fluttuazioni nelle entrate, che in alcuni anni possono essere consistenti. Bisognerebbe, infatti, poter distinguere nella fluttuazione, oltre le una tantum, l’effettiva portata degli interventi legislativi sulle entrate adottati di anno in anno. Operazione, questa, complessa, soprattutto quando gli interventi sono numerosi e successivi negli anni. Il rischio è che errori di valutazione sulla effettiva posizione ciclica dell’economia e una errata interpretazione delle fluttuazione delle entrate porti a considerare come strutturali gli aumenti temporanei delle entrate.
L’aggiornamento delle stime delle entrate tributarie relative al 2007 non sembra aver influito sulle ipotesi relative ai tassi di crescita di tale aggregato adottate nella Nota di aggiornamento al DPEF per il 2008 e gli anni successivi. I tassi di crescita evidenziati dalla Nota sono infatti analoghi a quelli del DPEF; i maggiori introiti per circa 6 miliardi di euro emersi nel corso del 2007 vengono, cioè, traslati quasi per intero su tutto l’orizzonte temporale coperto dal DPEF. In termini di pressione fiscale, il grafico sottostante mostra come le maggiori entrate registrate nel corso del 2007 comportano uno slittamento quasi parallelo verso l’alto della curva della pressione fiscale prevista a giugno.
Mettendo a confronto i tassi di variazione delle principali voci di imposta per i prossimi anni si nota che, con l’eccezione delle imposte dirette e dei contributi sociali nel 2008, la dinamica di crescita rimane inferiore alla crescita del PIL nominale. A questo proposito si osserva che nella Nota di aggiornamento del DPEF le nuove previsioni relative ai deflatori del PIL (rivisti al rialzo sia nel 2007 che nel 2008) implicano che la differenza tra il livello del PIL nel 2008 rispetto a quello previsto a giugno sia minimale nonostante la revisione al ribasso della crescita reale di 4 decimi di punti base.
L’analisi presentata nei paragrafi precedenti indica diversi fattori che potrebbero spiegare l’ipotesi di crescita delle imposte sui redditi delle persone fisiche nel 2008, in misura superiore alla variazione del PIL. Nonostante la crescita dell’occupazione risulti in decelerazione rispetto al 2007 (0,6 per cento nel 2008 rispetto allo 0,9 per cento nel 2007), le retribuzioni potrebbero crescere alla luce del rinnovo dei contratti previsto nel settore privato. La RPP (pag. 26) sconta, infatti, per il 2008 un buon andamento del reddito disponibile supportato dal previsto rinnovo dei contratti di lavoro scaduti sia nel settore pubblico che in quello privato.
Per quanto riguarda la tassazione sui redditi di impresa, l’analisi presentata porterebbe a prevedere anche per l’anno prossimo una buona tenuta dei profitti. Gli effetti del rallentamento economico potrebbero, su questo fronte, materializzarsi più avanti nel tempo.
Prudenziali sembrerebbero le ipotesi relative alle imposte indirette, che crescerebbero in misura inferiore alla variazione dei consumi privati prevista nella Nota di aggiornamento. Nella media del periodo la variazione annua è pari a circa il 3,6 per cento.
Alla luce delle incertezze relative all’andamento dell’economia internazionale descritte nel quadro macroeconomico e della difficoltà di valutare con un ragionevole grado di accuratezza quanta parte delle maggiori entrate registrate nel corso dei due ultimi anni sia di natura effettivamente strutturale, la scelta di un approccio prudenziale nella stima delle entrate potrebbe essere giustificato.
Proprio in connessione con le incertezze connesse con i modelli di previsione giova ricordare che le principali organizzazioni internazionali continuano a raccomandare prudenza nelle stime macroeconomiche, nel senso di destinare, nei periodi di crescita economica, i proventi di eventuali maggiori entrate alla riduzione del disavanzo. In questo senso va anche la dichiarazione dell’Eurogruppo dello scorso 20 aprile[41].
Il DPEF 2008-2011 registrava un aumento delle entrate fiscali nel 2006 rispetto al 2005 pari a circa il 10 per cento, con una forte componente dovuta alla crescita del gettito IVA (9,20 per cento). Veniva inoltre precisato che parte di tale incremento era dovuto alla lotta all’evasione fiscale.
Nel corso dell’audizione del 25 luglio presso
Alla data del 31 luglio 2007 dai dati che emergono dall’analisi dell’attività di prevenzione e contrasto ai fenomeni di evasione, si rileva che l’Agenzia delle Entrate ha accertato un’evasione per complessivi 5,4 miliardi di euro e che gli incassi sono stati pari a 1,1 miliardi di euro, con un incremento del 17,7 per cento rispetto alla stessa data del 2006.
Confronto risultati al 31 luglio 2006 - 31 luglio 2007[42]
Accertamenti
Attività |
2006 |
2007 |
Variazione % |
Accertamenti II.DD., IRAP e IVA |
180.338 |
259.981 |
44% |
Verifiche |
6.233 |
7.895 |
27% |
Maggiore imposta accertata totale II.DD., IRAP e IVA (milioni di euro) |
€ 3.469 |
€ 5.487 |
58% |
Confronto risultati al 31 luglio 2006 - 31 luglio 20072
Incassi
|
2006 |
2007 |
Incremento |
Versamenti diretti |
612 |
722 |
17,9% |
Ruoli |
324 |
380 |
17,2% |
Totale |
936 |
1102 |
17,7% |
Peraltro secondo i dati di Equitalia Spa il livello nazionale di riscossione di ruoli al 31 agosto 2007 è pari all’87,5 per cento rispetto all’obiettivo annuale.
I ruoli riscossi
(in milioni di euro)
|
Stato di avanzamento al 31 agosto 2007 |
||
|
Obiettivo annuale 2007 |
Valore assoluto |
% |
Ruoli erariali (agenzie entrate e Dogane) |
2.092 |
2.071 |
99,0 |
Ruoli previdenziali (Inps-Inail) |
1.920 |
1.440 |
75,0 |
Totale |
4.012 |
3.511 |
87,5 |
Si segnala inoltre che
Calcolo della componente ciclica delle entrate: confronto fra l'approccio dell'OCSE e quello della BCE
Il calcolo della componente ciclica delle entrate ha assunto in questi ultimi anni un'importanza fondamentale nelle analisi di finanza pubblica a seguito dei forti incrementi del gettito registrati da molti paesi europei nei primi anni del decennio, fenomeno che si sta attualmente riproponendo. A questo proposito si presentano, di seguito, due diverse metodologie per il calcolo del saldo strutturale di bilancio, sviluppate rispettivamente dall'OCSE (e attualmente utilizzata anche dalla Commissione Europea), e dalla Banca Centrale Europea.
Metodo OCSE
L'obiettivo del modello è quello di isolare la componente ciclica del saldo di bilancio[43]. Ci si concentrerà esclusivamente sulla componente ciclica delle entrate, in quanto le spese correlate alle fluttuazioni del prodotto sono marginali, almeno in Italia.
Il primo passo consiste nel calcolare l'elasticità delle entrate rispetto al PIL. Questa viene ricavata moltiplicando l'elasticità di ciascuna categoria di imposta rispetto alla base imponibile di riferimento, per l'elasticità della base imponibile rispetto al PIL. L’elasticità complessiva si ottiene dalla media ponderata delle varie categorie, dove i pesi sono dati dal peso di ciascuna categoria nel totale delle entrate. In questo modo, si dà conto sia della reattività delle basi imponibili alla crescita, sia delle imposte rispetto alle loro basi.
Le entrate vengono suddivise in 4 categorie:
- Imposte sul reddito da lavoro correlate alle retribuzioni.
- Imposte sul reddito d'impresa assunte proporzionali ai profitti.
- Imposte indirette assunte proporzionali ai consumi.
- Contributi sociali correlati alle retribuzioni.
Nel metodo OCSE, l’elasticità delle basi imponibili al ciclo economico vengono stimate econometricamente. Dai risultati dell’analisi emerge che le retribuzioni reagiscono meno che proporzionalmente alla crescita (sia in aumento che in diminuzione). L’Italia è nel gruppo di paesi dove la reattività è maggiore (0,9). La stima relativa ai profitti viene ricavata anch’essa facendo riferimento alle retribuzioni che vengono considerate nel valore aggiunto come il complemento alla remunerazione del capitale. Pertanto, la reattività alla crescita dei profitti risulta più che proporzionale alla crescita (per l’Italia 1,1). Nella stima dell’elasticità dei consumi emergono difficoltà in parte legate all’endogeneità della variabile rispetto alla dinamica della crescita. Per ovviare queste difficoltà, l’OCSE stima che l’elasticità sia per tutti i paesi pari a 1.
L’elasticità delle imposte rispetto alle loro basi è determinata fondamentalmente dalla struttura del sistema fiscale vigente in ciascun paese. Generalmente le imposte sul reddito personale e di impresa sono progressive ed implicano una elasticità superiore ad 1. Per quanto riguarda le imposte indirette, su alcune componenti possono agire fattori che determinano un effetto progressivo (per esempio nel caso dell’IVA, come in generale su tutte le imposte ad valorem un effetto di progressività può derivare dal fatto che la quota di base imponibile assoggettata ad aliquote più elevate corrisponde a quella con maggiore elasticità rispetto al reddito), mentre su altre componenti (tipicamente quelle determinate sui volumi piuttosto che sui valori, come per esempio le accise, il cui andamento riflette i consumi reali indipendentemente dalle oscillazioni dei prezzi) si osservano effetti di regressività. In genere, i contributi sociali vengono fissati ad un’aliquota costante. L’elasticità delle varie tasse rispetto alla loro base viene dedotta dall’OCSE sulla base della legislazione fiscale vigente al 2003 e da altri dati fiscali.
Elasticità entrate
|
Imposte personali |
Imposte impresa |
Contributi sociali |
Imposte indirette |
Totale |
Italia |
1,75 |
1,12 |
0,86 |
1 |
1,17 |
Francia |
1,18 |
1,59 |
0,79 |
1 |
0,98 |
Germania |
1,53 |
1,61 |
0,57 |
1 |
0,97 |
Area euro |
1,48 |
1,43 |
0,71 |
1 |
1,04 |
Fonte: OCSE
Per ricavare la componente ciclica delle entrate si moltiplica l'elasticità delle 4 categorie di imposte considerate, ponderata per il loro peso sulle entrate totali, per l’output gap che misura quanto l’economia cresce di meno o in più rispetto al suo potenziale (il livello quando tutti i fattori produttivi sono impiegati). L’esercizio è soggetto ad errori legati alle difficoltà di misura del potenziale di crescita, alla valutazione di effetti temporanei come le una tantum, errori di classificazione e andamento di alcune variabili come quelle finanziarie che non sono direttamente collegate con il ciclo economico.
I vantaggi dell’approccio OCSE risiedono nella sua semplicità di applicazione e nella possibilità di comparare i dati a livello internazionale.
La sua maggiore limitazione è che non tiene conto dell'effetto composizione del PIL che viene tenuto costante. Viene incluso solamente un effetto composizione medio rappresentato dalle variazioni osservate in passato dalle base imponibili rispetto alle variazioni del PIL. La seconda limitazione è che le elasticità sono mantenute costanti nel tempo e non riescono a catturare le fluttuazioni che di anno in anno possono verificarsi.
Metodo BCE
Per superare il problema relativo alla mancata considerazione dell'effetto composizione del PIL, la BCE usa un approccio alternativo dove le elasticità delle entrate vengono calcolate solo rispetto alle loro basi imponibili. La scelta è imputabile al fatto che le varie basi imponibili possono esibire fluttuazioni diverse da quelle del prodotto nel suo complesso.
Le variabili macroeconomiche considerate per le principali categorie di imposta sono:
- retribuzione media dei dipendenti privati
- occupazione nel settore privato
- utile operativo delle imprese
- consumi privati
- disoccupazione
La differenza principale fra il metodo della BCE e quello precedente consiste nel fatto che nel momento di calcolare la componente ciclica delle entrate viene utilizzato il gap del valore effettivo delle variabili macroeconomiche rispetto al valore potenziale. Questo viene successivamente moltiplicato per l'elasticità della specifica imposta e per l'entità del gettito da essa generato. Le elasticità rispetto alle basi rimangono costanti
Secondo il parere della Commissione Europea uno dei problemi di questo metodo può sorgere dall'utilizzo di due criteri distinti per stimare il prodotto potenziale rispetto al valore potenziale delle altre grandezze macroeconomiche utilizzate[44].
Inoltre sempre secondo il parere della Commissione Europea l'utilizzo di tale metodo andrebbe a discapito del legame tra l'andamento delle entrate e le variazioni cicliche del PIL in quanto le fluttuazioni delle diverse variabili macroeconomiche non sono necessariamente sincronizzate con quelle del prodotto.
Elasticità entrate rispetto alle basi imponibili
|
Imposte personali |
Imposte impresa |
Contributi sociali |
Imposte indirette |
Italia |
1,6 |
1 |
1 |
1 |
Francia |
1,2 |
1,5 |
1 |
1 |
Germania |
1,9 |
1,3 |
1 |
1 |
Area euro |
1,6 |
1,2 |
1 |
1 |
Fonte: ECB Working paper series, no.77, 2001.
Le misure una tantum: i criteri di identificazione ed i loro effetti sui conti pubblici
Il codice di condotta del Nuovo Patto di Stabilità definisce le misure "una tantum" come "...provvedimenti aventi effetti transitori sul bilancio pubblico, incapaci però di produrre cambiamenti duraturi sui saldi strutturali". Tale classificazione è legata ad atti ed eventi, non necessariamente corrispondenti a scelte discrezionali, generanti maggiori uscite o più comunemente maggiori entrate, che non possono essere, però, considerate durature in quanto andranno ad esaurirsi nel corso di un anno o di un numero limitato di anni[45].
L'evidenza empirica mostra come il ricorso alle "una tantum" sia aumentato nel corso dell'ultimo decennio, anche in corrispondenza dei crescenti vincoli di finanza pubblica imposti dalle Istituzioni Europee. L'approvazione di provvedimenti transitori rende in effetti più agevole il rispetto delle regole fiscali europee, permettendo di rinviare nel tempo gli aggiustamenti strutturali necessari .
Preso atto che l'utilizzo di tali strumenti andava in direzione opposta rispetto all'esigenza di assicurare maggiore trasparenza nelle finanze pubbliche con il nuovo Patto di Stabilità, si è deciso di sottrarre l'effetto dei provvedimenti temporanei dal saldo dell'indebitamento netto valido in sede europea.
Le misure una tantum possono essere suddivise in due categorie, a seconda che producano un miglioramento dei conti pubblici o un peggioramento.
Al primo gruppo appartengono a titolo di esempio:
- le alienazioni del patrimonio immobiliare dello Stato;
- cambiamenti legislativi che portano ad una modifica temporanea delle aliquote, dei termini di versamento delle imposte o della erogazione delle spese;
- entrate straordinarie legate al trasferimento al settore statale di obbligazioni pensionistiche private, esclusi i trasferimenti che comportano versamenti e pagamenti regolari;
- maggiori entrate o minori spese a seguito di decisioni di Corti ed altre autorità;
- operazioni di cartolarizzazione;
- condoni fiscali.
Gli eventi che possono generare maggiori spese o minori entrate possono essere a titolo di esempio:
- spese di breve periodo legati a catastrofi naturali o altri eventi eccezionali;
- minori entrate o maggiori spese connessi a decisioni di Corti ed altre autorità[46].
Con la revisione del Patto di Stabilità si richiede ora che queste misure vengano identificate dal Governo nel Programma di Stabilità e che si provveda a fornire una dettagliata descrizione delle circostanze che vi hanno dato origine così come degli effetti finanziari previsti.
A titolo di esempio, le correnti disposizioni sulla esclusione delle una tantum avrebbero reso irrilevante ai fini del raggiungimento dei parametri del Trattato di Maastricht, anche il ricorso alla cosiddetta Eurotax (introdotta in Italia nel 1997 e successivamente restituita ai contribuenti). Altri esempi di misure una tantum adottate in Italia nel quadro delle manovre di contenimento sono stati le dismissioni immobiliari e le sanatorie fiscali, che a partire dal 2002 hanno inciso in modo significativo sui quadri di finanza pubblica[47].
Nel 2006 per la prima volta i fattori una tantum sono stati fonte di maggiori uscite a causa prevalentemente della sentenza della Corte di giustizia europea sui rimborsi IVA, che ha avuto un impatto dell'1,08 per cento.
A tal proposito è opportuno fornire alcune precisazioni sulla entità del saldo per l'anno 2006 depurato dalle misure una tantum.
La relazione della Banca d'Italia indica che il deficit per il 2006, al netto dei fattori temporanei, si attesterebbe al 2,4 per cento del PIL.
Nel DPEF 2008-2011 viene precisato che il saldo complessivo, al netto delle una tantum, è pari al 3,3 per cento. Dall'indebitamento totale delle pubbliche amministrazioni, attestatosi nel 2006 al 4,4 per cento, devono essere sottratte infatti le somme da erogare per i rimborsi IVA, al netto della parte di competenza del 2006 (0,3 per cento); la componente straordinaria da dedurre scenderebbe quindi dal 2 all'1,7 per cento. Ciò comporta che l'indebitamento al netto dei rimborsi IVA ammonterebbe al 2,7 per cento. A questo dato vanno aggiunte entrate transitorie, riferite a dismissioni patrimoniali ed imposte sostitutive (0,5 per cento del PIL), che farebbero risalire l'indebitamento netto al 3,3 per cento (per via degli arrotondamenti). In totale l'effetto netto delle una tantum da dedurre all'indebitamento della PA ammonterebbe all'1,2 per cento
[1] I nuovi interventi vengono finalizzati a sostenere lo sviluppo dell’economia, anche anticipando spese atte a fronteggiare emergenze produttive e finanziando investimenti in infrastrutture (Ferrovie e ANAS). Ulteriori interventi quali quelli sulla mobilità mirano a ridurre gli effetti ambientali ed economici del sistema dei trasporti. In campo sociale si prevedono interventi nell’area della fiscalità, con riguardo anche alle famiglie. Risorse vengono poi stanziate per ottemperare agli impegni nell’ambito della cooperazione e lo sviluppo economico.
[2] Nel biennio 2006-2007 l’aggiustamento cumulato corretto per il ciclo e al netto delle misura una tantum risulta pari all’1,8 per cento, ossia 0,2 punti percentuali in più di quanto richiesto dalla Raccomandazione Ecofin del luglio 2005.
[3] Questo dato è stato reso noto dal Ministro dell'Economia durante la sua audizione di fronte alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato.
[4] Cfr. Note Economiche, Settembre 2007.
[5] La carta commerciale "commercial paper" è uno strumento finanziario a breve termine, costituito da una promessa di pagamento in forma cambiaria. Questo strumento emesso da grandi banche o imprese è utilizzato per la copertura del fabbisogno di capitale circolante.
[6] Su questo argomento si veda lo stralcio dell’intervento del governatore della Banca d’Italia al Cicr pubblicato su La Repubblica del 15 settembre 2007.
[7] Per maggiori approfondimenti si veda il Global Financial Stability Report pubblicato dall'FMI a settembre di quest'anno.
[8] Fonte: sito istituzionale della Banca centrale europea (www.ecb.eu),monitoraggio quotidiano dei tassi di cambio bilaterali.
[9] In particolare, Alan Greenspan ha evidenziato (“L’era della turbolenza”, da il Sole24ore, 26 settembre 2007) che, alla fine del settembre del 2006, l’euro rappresentava un quarto delle riserve delle banche centrali ed il 39% del credito liquido al settore privato internazionale. In termini di riserve, la valuta europea già nello scorso anno colmava il gap rispetto alla valuta statunitense la quale, nel medesimo periodo, rappresentava il 66% delle riserve delle banche centrali e il 43% del credito liquido al settore privato.
[10] Dal primo al secondo trimestre 2007 l’euro ha fatto registrare un
aumento del tasso di cambio nei confronti della moneta giapponese e cinese
rispettivamente da quota
[11] L’Eurocoin (€-coin) è un indice che fornisce una stima mensile in tempo reale della crescita dell’area euro mediante una sintesi di diversi indicatori dell’economia reale (produzione industriale e domanda di mercato) e finanziaria (mercato azionario), depurati dalle componenti erratiche di breve periodo.
[12] Cfr. ISAE, Rapporto Annuale 2003 sullo stato dell’Unione Europea, Cap. 3, “L’Europa nella fase di apprezzamento della moneta unica”.
[13] In Italia, ad esempio, le esportazioni, costituite in prevalenza da beni di consumo finali, potrebbero inizialmente risentire in misura maggiore dell’aumento del tasso di cambio, in quanto tali beni sono caratterizzati da un più elevato tasso di sostituibilità rispetto ai beni durevoli. Sul fronte delle importazioni, al contrario, l’Italia si caratterizza per un paniere più rigido, soprattutto per l’elevata presenza di commodities tipicamente fatturate in dollari (si pensi al peso delle importazioni petrolifere sulle importazioni totali di beni). L’apprezzamento dell’euro risulta quindi vantaggioso in termini di valore complessivo delle importazioni attraverso il miglioramento delle ragioni di scambio, posto che i minori prezzi all’import generano una riduzione dei prezzi alla produzione e al consumo. Tale miglioramento ha effetti positivi immediati sui costi totali sostenuti dalle imprese e sul potere di spesa delle famiglie. L’apprezzamento dell’euro può pertanto determinare un migliore andamento della spesa per consumi privati e investimenti, che tuttavia appare in grado di compensare solo in parte gli effetti negativi delle esportazioni nette sul PIL, determinando comunque un effetto complessivo di minore crescita.
[14] Cfr. ISAE, Le previsioni per l’economia italiana, Luglio 2007.
[15] Secondo Federfarma, a fronte dell’aumento del prezzo di numerosi farmaci, anche ad alto volume di prescrizione e dei consumi (il numero delle ricette è aumentato del +4,3%, attestandosi a oltre 310 milioni), il contenimento della spesa è imputabile alla riduzione del valore medio di ciascuna ricetta (-12,7%). Tale risultato è il frutto degli interventi sui prezzi dei medicinali varati dall'Agenzia del Farmaco (taglio selettivo dei prezzi dei farmaci a maggior impatto sulla spesa, in vigore dal 15 luglio 2006, e ulteriore taglio generalizzato del 5% dei prezzi di tutti i medicinali, in vigore dal 1° ottobre 2006), ma anche degli interventi di contenimento varati dalle Regioni, ivi compresa la rimodulazione del ticket.
[16] Con riferimento al
[17] Nell’importo indicato nel DPEF, pari a 1180 mln per il 2007 e 1000 mln a decorrere dal 2008.
[18] La quale deriva, come indicato nelle tabella sopra riportata, da una riduzione della voce “altre spese in conto capitale” pari a 1.626, parzialmente compensata da un incremento della spesa per investimenti pari a 151 mld.
[19] Articolo 1, commi 755-766, della legge n. 296/2006.
[20] Articolo 1, comma 759, 761 e 762, della legge n. 296/2006.
[21] La relazione tecnica a tale provvedimento sottolineava al riguardo che le procedure per l’accertamento delle disponibilità del Fondo, non ne avrebbero consentito lo sblocco prima del mese di ottobre.
[22] Cfr. il Sole 24 ore del 19 e del 21 settembre che, citando fonti INPS, indica in 2,8 mld l’ammontare conseguito fino al mese di agosto 2007. Rapportando tale ammontare su base annua si perviene ad un importo inferiore rispetto ai 5,9 mld di incassi attesi.
[23] A fronte di una revisione della spesa in conto capitale di soli -5 mln, viene previsto un aumento di 205 mln della voce “investimenti”, evidentemente più che compensato da una riduzione di 208 mln della voce “altre spese in conto capitale”.
[24] In tale esercizio viene apportata una revisione al rialzo della spesa in conto capitale di 105 mln.
[25] Per un approfondimento circa la definizione e le metodologie di
calcolo dell’indebitamento netto strutturale si rimanda al Dossier n. 1
“Documento di programmazione economico-finanziaria 2008-
[26] Legge n. 127 del 2007.
[27] Cfr. Banca d’Italia, Supplementi al bollettino statistico, Mercato finanziario, n. 53, 13 settembre 2007, Tav. 7.
[28] Integrato con gli effetti del decreto legge n. 81 del 2007.
[29] Per tale anno, infatti, a fronte di un ridimensionamento dal 2 all’1,9 per cento della crescita del PIL reale, si stima, rispetto ai dati contenuti nel DPEF, un incremento dal 2,4 al 2,6 del deflatore del PIL. Il tasso di variazione del PIL nominale, rispetto al 2006, si cifra in 4,6, a fronte del 4,5 stimato nel DPEF.
[30] Integrato con gli effetti del decreto legge n. 81 del 2007.
[31] I valori tendenziali scontano gli effetti del D.L. adottato contestualmente alla Nota di aggiornamento.
[32] Rapporto ISAE, “Le previsioni per l’economia italiana”, luglio 2007
[33] Il margine operativo lordo è calcolato sottraendo al PIL i redditi da lavoro dipendente e le imposte sulla produzione (al netto dei contributi alla produzione)
[34] BCE, Bollettino mensile, Settembre 2007, pag. 46 – Riquadro 5 “La relazione fra la crescita degli utili delle società quotate e l’espansione del prodotto nell’insieme dell’economia”
[35] Secondo i dati Mediobanca, fra il 2002 e il 2006 gli utili dei primi cinquanta gruppi italiani crescono di quasi sette volte. Rapporto R&S 2007.
[36] Il DPEF prevedeva, per il 2007 e per il 2008, una spesa per redditi da lavoro dipendente pari, rispettivamente a 164,7 e 172,7 miliardi di euro. Nella Nota di aggiornamento le previsioni (senza gli effetti del decreto legge) sono state riviste al rialzo ed ammontano, rispettivamente, a 165 e 173,7 miliardi.
[37] Emendamento 1.tab1.1 e subemendamento 1.tab1.600 Atto Senato 1679 (Disposizioni per l' assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l' anno finanziario 2007).
[38] Rapporto CER n. 1/2007
[39] In particolare, la ricostruzione proposta dal CER include esplicitamente anche gli effetti del decreto-legge n. 203 del 2005, recante misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni in materia tributaria e finanziaria.
[40] Il valore 0,49 si ottiene attraverso due operazioni. La prima consiste nell’aggregare le elasticità delle varie componenti di imposta ponderate per il loro peso sul totale delle entrate. In secondo luogo, poiché le grandezze di bilancio sono generalmente espresse in percentuale del PIL, l’elasticità aggregata si moltiplica per la quota delle entrate sul PIL. Per maggiori approfondimenti su questo tema si veda: "New and updated budgetary sensitivities", Commissione Europea (2005)
[41] http://www.gouvernement.lu/salle_presse/actualite/2007/04/20pm_krecke_berlin/index.html
[42] Agenzia delle Entrate – Comunicato Stampa del 14 agosto 2007.
[43] Per maggiori approfondimenti sulla metodologia utilizzata dall'OCSE: N. Girouard, C. Andrè: Measuring Cyclically Adjusted Budget Balances for OECD Countries, Economic Department WP, no. 434, 2005.
[44] La Commissione Europea per calcolare l'Output potenziale si serve, dal 2002, di un metodo basato sulla funzione di produzione, mentre il valore potenziale delle variabili macro calcolato dalla BCE si basa sull'utilizzo del filtro di Hodrick-Prescott.
[45] Commissione Europea (2006).
[46] Un esempio è la sentenza sui rimborsi IVA emessa dalla Corte di Giustizia Europea.
[47] Fonte: Documento di programmazione economico-finanziaria 2007-2011, appendice 1.