Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento lavoro | ||
Titolo: | Riordino della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro - Schema di Decreto legislativo n. 233 (art. 1, L. 123/2007) | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 200 | ||
Data: | 11/03/2008 | ||
Organi della Camera: | XI-Lavoro pubblico e privato | ||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati |
XV LEGISLATURA |
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SERVIZIO STUDI |
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Atti del Governo |
Riordino della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro Schema di Decreto legislativo n. 233 |
(art. 1, L. 123/2007) |
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n. 200 |
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11 marzo 2008 |
Dipartimento Lavoro
SIWEB
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File: LA0388.doc
INDICE
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Rispetto degli altri princìpi costituzionali
Incidenza sull’ordinamento giuridico
Il sistema di prevenzione e sicurezza contenuto nel D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626
La delega contenuta nell’articolo 1 della L. 123/2007
Il contenuto del decreto legislativo
Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa
Numero dello schema di decreto legislativo |
233 |
Titolo |
Schema di decreto legislativo recante attuazione dell’art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro |
Norma di delega |
Art. 1, L. 3 agosto 2007, n. 123 |
Settore d’intervento |
Sicurezza sul lavoro |
Numero di articoli |
305 |
Date |
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§ presentazione |
7 marzo 2008 |
§ assegnazione |
7 marzo 2008 |
§ termine per l’espressione del parere |
16 aprile 2008 |
§ scadenza della delega |
25 maggio 2008 |
Commissione competente |
11ª Commissione Lavoro e 12ª Affari sociali |
Rilievi di altre Commissioni |
5ª Bilancio |
Lo schema di decreto legislativo in esame è predisposto in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della L. 123/2007, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro.
Il Titolo I (articoli 1-61), dedicato alle “Disposizioni generali”, contiene le principali novità rispetto alla normativa vigente, che consistono soprattutto nell’ampliamento del campo di applicazione della disciplina in materia di salute e sicurezza dei lavoratori e nel potenziamento e maggior coordinamento dell’azione pubblica.
L’articolo 1 individua le finalità del provvedimento nel riordino della normativa vigente in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, realizzato assicurando l’applicazione sull’intero territorio nazionale della disciplina dei diritti e degli obblighi di datori di lavoro e lavoratori nel rispetto dell’assetto delle competenze tra Stato e Regioni e delle normative comunitarie ed internazionali in materia.
L’articolo 2 reca alcune definizioni, di massima corrispondenti a quelle già contenute nel D.Lgs. 626/1994. Particolarmente importante risulta l’introduzione delle figure del dirigente e del preposto. Oltre a ciò l’articolo in esame introduce il concetto di salute, corrispondente alla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nonché i concetti, considerati elementi fondamentali per orientare i comportamenti dei datori di lavoro e migliorare i livelli di tutela definiti legislativamente, di norma tecnica, di buone prassi e di responsabilità sociale delle imprese.
L’articolo 3 amplia il campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza, riferibile ora tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio, senza alcuna differenziazione di tipo formale (c.d. principio di effettività della tutela che implica la tutela di tutti coloro, a qualunque titolo, operano in azienda) nonché a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati ed anche ai lavoratori autonomi.
L’articolo 4 introduce la regolamentazione del computo dei lavoratori, ove rilevante a fini di sicurezza. E’ stato disposto, come evidenziato nella relazione illustrativa, di diversificare parte della previgente disciplina “sul presupposto che l’organizzazione del lavoro e le necessità delle aziende meno grandi non possono avere eguali caratteristiche rispetto alle aziende a più ampio organico.
Gli articoli 5 e 6, istituiscono specifici organismi deputati al coordinamento delle politiche attive sulla sicurezza sul lavoro (Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanzain materia di salute e sicurezza sul lavoro e Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.
L’articolo 7, sempre con la finalità di un più efficace coordinamento degli interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, dispone che in ogni regione operi un Comitato regionale di coordinamento.
L’articolo 8 istituisce il Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro, con lo scopo di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l’efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l’utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l’integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
Sempre in riferimento alla razionalizzazione dell’attività di tutela della salute sui luoghi di lavoro, l’articolo 9 definisce compiutamente le competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro di INAIL, IPSEMA ed ISPESL, inquadrandole in un’ottica di sistema.
L’articolo 10 riprende, con modifiche marginali, il contenuto del D.Lgs. 626/1994, relativo all’informazione e all’assistenza in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.
L’articolo 11 individua una serie di attività di sostegno alle imprese nella effettiva applicazione degli obblighi di legge e di diffusione della cultura della salute e sicurezza.
L’articolo 12 disciplina la possibilità di inoltrare alla Commissione per gli interpelli istituita presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale gli interpelli inerenti quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, la cui risposta vincola gli organi di vigilanza.
L’articolo 13 effettua una ricognizione delle competenze in materia di vigilanza trovando corrispondenza nell’articolo 23 del D.Lgs. 626/1994 mentre l’articolo 14 riprende le disposizioni di cui alla L. 123/2007 per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Per quanto concerne le misure di prevenzione e tutela, gli articoli 15-26, nel definire la gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro, introducono alcune innovazioni. Tra queste si segnala che, per quanto attiene alle funzioni proprie del datore di lavoro, l’articolo 16 prevede la possibilità della delega di funzioni sottoposta a specifiche limitazioni e condizioni. I successivi articoli da 17 a 19 identificano precisamente, a differenza della normativa vigente, gli obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti.
L’articolo 27 attribuisce alla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro la definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi,
Gli articoli da 28 a 30 recano disposizioni in merito alla regolamentazione della valutazione dei rischi, individuando, rispettivamente, l’obbligo per il datore di lavoro di considerare tutti i potenziali rischi riferibili alla salute e sicurezza dei lavoratori, le modalità di effettuazione della valutazione dei rischi, le caratteristiche che debbono possedere i modelli di organizzazione e gestione.
Gli articoli da 31 a 35 disciplinano il servizio di prevenzione e protezione. Al riguardo, si segnala che l’articolo 31, comma 7, prevede la costituzione di un unico servizio di prevenzione e protezione nelle aziende con più unità produttive e nei gruppi di imprese.
Gli articoli 36 e 37 concernono la formazione e l’informazione dei lavoratori.
Si segnala, al riguardo, il comma 4 dell’articolo 36 prevede il principio della facile comprensione del contenuto della informazione da parte dei lavoratori, consentendo loro di acquisire le relative conoscenze. Lo stesso articolo dispone altresì l’obbligo di informare i lavoratori immigrati previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo.
Il successivo articolo 37 provvede a potenziare la formazione dei lavoratori e delle loro rappresentanze rispetto alle disposizioni contenute nel D.Lgs. 626 del 1994.
Gli articoli da 38 a 42 concerne la sorveglianza sanitaria.
L’articolo 38 definisce i titoli ed i requisiti del medico competente, prevedendo l’istituzione di un albo dei medici competenti presso il Ministero della salute.
Ai sensi dell’articolo 39, l’attività di medico competente deve essere ispirata ai principi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICHO)
L’articolo 40 disciplina le modalità ed i tempi con i quali il medico competente deve trasmettere ai servizi interessati i dati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria. Le regioni trasmettono poi tali informazioni all’ISPESL.
L’articolo 41 reca norme in materia di sorveglianza sanitaria. Innovando la disciplina vigente (che prevede solo accertamenti preventivi e periodici), lo schema di decreto stabilisce che la sorveglianza sanitaria include la visita medica preventiva intesa a valutare l’idoneità alla mansione specifica, la visita medica periodica, la visita medica richiesta dal lavoratore alle condizioni sopraindicate, la visita medica svolta in occasione del cambio della mansione e la visita medica all’atto della cessazione del rapporto di lavoro.
L’articolo 42 stabilisce che, in caso di accertata inidoneità alla mansione specifica, il datore di lavoro applica le misure indicate dal medico competente e adibisce il lavoratore, ove possibile, ad una mansione compatibile con il suo stato di salute.
Gli articoli da 43 a 46 riguardano la gestione delle emergenze.
L’articolo 43, che riproduce sostanzialmente l’articolo 12 del decreto legislativo 626/1994,individua alcune disposizioni di carattere generale, con particolare riferimento agli adempimenti a carico del datore di lavoro.
L’articolo 44 ripropone le previsioni dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 626 del 1994, ribadendo i diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato. In particolare si esclude qualsiasi pregiudizio ove il lavoratore si allontani dal posto di lavoro in presenza di un pericolo grave ed immediato e che non è possibile evitare.
L’articolo 45 reca norme in materia di primo soccorso,in linea con le previsioni contenute nelle direttive di riferimento (first aid).
L’articolo 46 regolamenta la prevenzione incendi, che èdefinita come funzione di preminente interesse pubblico e di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell’ambiente.
Gli articoli da 47 a 52 riguardano la consultazione e partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori.
In primo luogo, gli articoli 47 e 48 recano rispettivamente disposizioni in merito al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (le cui attribuzioni sono disciplinate dall’articolo 50) e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale.
L’articolo 49 istituisce la nuova figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del sito produttivo, individuato in specifici contesti produttivi, caratterizzati dalla compresenza di più aziende o cantieri.
L’articolo 51 dispone in materia di compiti e prerogative degli organismi paritetici, il cui ruolo di supporto alle imprese, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, risulta notevolmente valorizzato.
Il successivo articolo 52 prevede l’istituzione, presso l’INAIL, del Fondo di sostegno alla piccola e media impresa cui partecipano finanziariamente le aziende prive di rappresentanti per la sicurezza.
Gli articoli 53 e 54 concernono la documentazione tecnico-aministrativa e le statistiche inerenti gli infortuni e le malattie professionali. In particolare, l’articolo 53 prevede espressamente che ogni documentazione rilevante in materia di salute e sicurezza sul lavoro possa essere tenuta tramite sistemi di elaborazione automatica di dati, mentre l’articolo 54 prevede che ogni trasmissione di documentazione o comunicazione a enti o amministrazioni pubbliche possa avvenire tramite sistemi informatizzati, secondo le procedure di volta in volta individuate dalla strutture riceventi.
I Titoli da II a XI sono dedicati invece all’attuazione di specifiche direttive “particolari” in materia di salute e sicurezza sul lavoro rispetto alla direttiva “madre” 89/391/CEE.
Nella relazione illustrativa viene evidenziato che in tutti i su menzionati Titoli le direttive applicabili hanno costituito il parametro indefettibile di riferimento per individuare quale parte di normativa nazionale mantenere intatta nella sua formulazione, quale modificare o integrare, quale invece trasformare in buona tecnica oppure abrogare.
Infine, per quanto riguarda l’apparato sanzionatorio, si consideri che, in base ai criteri indicati dalla legge delega, il sistema sanzionatorio delineato dallo schema di decreto legislativo in commento è basato sulla contravvenzione.
Il decreto rivisita l’attuale apparato sanzionatorio in materia di salute e sicurezza sul lavoro rimodulando gli obblighi (e le conseguenti sanzioni in caso di violazione) del datore di lavoro, dei dirigenti, dei preposti e degli altri soggetti del sistema aziendale, sulla base dell’effettività dei compiti rispettivamente svolti.
In via generale ed in estrema sintesi, si rileva che il decreto prevede la pena dell’arresto da sei a diciotto mesi per il datore di lavoro che non abbia effettuato la valutazione dei rischi cui possono essere esposti i lavoratori in aziende che svolgano attività con elevata pericolosità.
Nella maggior parte dei casi, però, il decreto legislativo prevede che al datore di lavoro si applichi la sanzione dell’arresto alternativo all’ammenda o la sola ammenda, con un’attenta graduazione delle sanzioni in relazione alle singole violazioni. Per favorire l’adeguamento alle disposizioni indicate dal decreto legislativo, al datore di lavoro che si metta in regola non è applicata la sanzione penale ma una sanzione pecuniaria.
Nella stessa logica, il datore di lavoro che cominci ad eliminare concretamente le conseguenze della violazione o che adempia, pur tardivamente, all’obbligo violato ottiene, nel primo caso, una riduzione della pena, nel secondo caso la sostituzione della pena con una sanzione pecuniaria che va da un minimo di 8.000 euro a un massimo di 24.000. Ovviamente tale possibilità è esclusa quando il datore di lavoro sia recidivo o si siano determinati, in conseguenza della mancata valutazione del rischio, infortuni sul lavoro con danni alla salute del lavoratore.
Oltre alla relazione illustrativa sono allegate la relazione sull’analisi tecnico normativa (ATN) e la relazione tecnica sugli oneri finanziari.
Il provvedimento in esame appare riconducibile alle materie della "tutela e sicurezza del lavoro" e della “tutela della salute”. Queste, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, rientrano nell'ambito delle materie di legislazione concorrente tra Stato e regioni.
Si consideri che il provvedimento non reca espressamente una clausola di cedevolezza in attuazione di quanto disposto dall’articolo 117, quinto comma, della Costituzione e dall’articolo 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
L’articolo 117, quinto comma, della Costituzione prevede che le Regioni e le Province autonome, nelle materie di rispettiva competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
L’articolo 16, comma 3, della legge n. 11 del 2005 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari) stabilisce che, ai fini di cui all'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, le disposizioni legislative adottate dallo Stato per l'adempimento degli obblighi comunitari, nelle materie di competenza legislativa regionale, si applicano, per le regioni e le province autonome, alle condizioni e secondo la procedura di cui all'articolo 11, comma 8, secondo periodo.
In particolare, in caso di inerzia delle autonomie regionali nel dare attuazione a norme comunitarie, gli atti normativi statali eventualmente adottati si applicano, per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa comunitaria. Tali atti perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute.
Pur tuttavia, vertendosi nel caso dello schema in esame nel campo della legislazione concorrente, in cui spetta allo Stato solamente dettare i principi fondamentali, è da ritenere che, anche in mancanza di una espressa clausola di cedevolezza, in base ai principi generali desumibili dalle norme su menzionate, le disposizioni dello schema di origine comunitaria che presentano una valenza di dettaglio si applicano solamente se e fino a quando le regioni non abbiano ancora provveduto al recepimento della direttiva di riferimento. Naturalmente la disciplina regionale dovrà rispettare, oltre ai principi fondamentali desumibili dal decreto, anche i vincoli derivanti dalla medesima direttiva.
Lo schema di decreto legislativo attiene al principio costituzionale della tutela della salute come interesse della collettività e diritto fondamentale dell’individuo (art. 32 Cost.).
La Commissione ha presentato, il 13 dicembre 2006 (Causa C-504/06)[1], ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee per non corretto recepimento nell’ordinamento italiano dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 92/57/CEE, del 24 giugno 1992, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili. Tale articolo stabilisce che è obbligatorio designare uno o più coordinatori in materia di sicurezza e salute (quali definiti dalla direttiva medesima) “per un cantiere in cui sono presenti una o più imprese”, senza contemplare alcuna deroga all’obbligo in questione.
La Commissione osserva che la normativa italiana, invece, introduce una restrizione alla portata applicativa del menzionato obbligo, prevedendo la designazione di un coordinatore esclusivamente per i cantieri la cui entità presunta è pari o superiore a 220 uomini-giorno ed ai cantieri i cui lavori comportano i rischi elencati nell’allegato II del decreto n. 494/96, introducendo pertanto una deroga non contemplata dalla direttiva.
La Commissione, inoltre, osserva che nel diritto italiano i cantieri che non raggiungono i 200 uomini-giorno e che non espletano i lavori, di cui all’allegato II della direttiva, sono coperti esclusivamente dalle disposizioni in materia di coordinamento di cui all’articolo 7 del decreto n. 626/1994. Questo articolo però impone soltanto un obbligo generale di cooperazione e di coordinamento ai datori di lavoro che all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva affidano lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi.
Secondo la Commissione, pertanto, non è possibile ritenere che le disposizioni precise e dettagliate della direttiva 92/57/CE relative al coordinamento richiesto durante le fasi di elaborazione e di realizzazione dell’opera siano considerate recepite dall’articolo del decreto in questione, come sostenuto dal Governo italiano nel corso della procedura di infrazione.
Il 21 febbraio 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Migliorare la qualità e la produttività sul luogo di lavoro: strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro” (COM(2007) 62), il cui obiettivo principale è una riduzione continua, durevole ed omogenea degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. In particolare, la Commissione mira a ridurre del 25% l’incidenza degli infortuni sul lavoro a livello dell’UE-27, entro il 2012.
Per raggiungere questo obiettivo, la Commissione propone le seguenti misure:
· garantire una buona attuazione della legislazione dell’UE;
· sostenere le PMI nell’applicazione della legislazione in vigore;
· adattare il contesto giuridico all’evoluzione del mondo del lavoro e semplificarlo;
· favorire lo sviluppo e l’attuazione di strategie nazionali;
· promuovere un mutamento dei comportamenti dei lavoratori, nonché approcci orientati alla salute presso i datori di lavoro;
· mettere a punto metodi per l’identificazione e la valutazione dei nuovi rischi potenziali;
· migliorare il follow-up dei progressi realizzati;
· promuovere la salute e la sicurezza a livello internazionale.
La comunicazione è accompagnata da un documento di lavoro (SEC(2007) 214) “Relazione sulla valutazione della strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro 2002-2006”, volto a rilevare il raggiungimento degli obiettivi definiti nella precedente strategia, determinare la misura nella quale sono stati raggiunti e apprezzarne gli effetti. Il documento afferma che la valutazione effettuata evidenzia un miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori dell’UE nel corso del periodo 2002-2006; evidenzia, inoltre, che la strategia precedente ha dato un nuovo impulso alle politiche di prevenzione negli Stati membri.
La comunicazione sottolinea che diverse sfide in materia di salute e sicurezza, già evidenziate nel periodo precedente, continuano ad assumere sempre più importanza. Si tratta, in particolare di:
- evoluzione demografica e invecchiamento della popolazione attiva;
- nuove tendenze del lavoro, ivi compreso lo sviluppo del lavoro indipendente, i subappalti e l’incremento dell’occupazione nelle PMI;
- nuovi più importanti flussi migratori verso l’Europa.
La comunicazione rileva inoltre che è in continua crescita la partecipazione delle donne al mondo del lavoro, spesso accompagnata da una segregazione fra i sessi sul mercato del lavoro; ritiene pertanto necessario prendere meglio in considerazione gli aspetti della salute e della sicurezza che sono specifici per le donne. Inoltre sottolinea che l’incidenza di alcuni tipi di malattie professionali è in aumento e che pertanto è necessaria una migliore comprensione del fenomeno, attraverso una ricerca specializzata, per definire misure efficaci di prevenzione.
Con la comunicazione, la Commissione intende stimolare tutte le parti interessate ad agire di concerto per ridurre i costi elevati degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, nonché ad assicurare il benessere sul luogo di lavoro per i cittadini europei, facendo un deciso passo avanti verso l’attuazione dell’agenda per i cittadini adottata il 10 maggio 2006[2].
A tal fine, la comunicazione afferma la necessità di un coordinamento effettivo, a livello comunitario e nazionale, tra le politiche in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro e politiche che potrebbero avere un impatto in questo settore, quali sanità pubblica, sviluppo regionale e coesione sociale, appalti pubblici, occupazione e ristrutturazioni.
La comunicazione sottolinea, inoltre, la necessità di mettere a punto una cultura della prevenzione dei rischi nell’ambito dei programmi di formazione in tutti i livelli del ciclo di istruzione e in tutti i settori, ivi comprese la formazione professionale e l’università.
L’attenzione è infine rivolta alla formazione dei giovani imprenditori in materia di gestione della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro, nonché alla formazione dei lavoratori per quanto riguarda i rischi nelle imprese e i mezzi per prevenirli e combatterli. Al riguardo, la comunicazione sottolinea che tale aspetto è particolarmente importante per le PMI e per i lavoratori migranti e ricorda che il Fondo sociale europeo svolge un ruolo essenziale sostenendo le iniziative degli Stati membri per lo sviluppo di una cultura della prevenzione in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro.
La relazione sottolinea che il successo della strategia comunitaria dipenderà dall’impegno degli Stati membri nell’adottare strategie nazionali coerenti che definiscano, in particolare, obiettivi quantitativi per la riduzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. La definizione di queste strategie dovrebbe basarsi su una valutazione dettagliata della situazione nazionale, con la partecipazione e la consultazione di tutte le parti in causa, in particolare delle parti sociali.
Nell’ambito delle strategie nazionali, secondo la Commissione, quattro settori richiedono un’attenzione particolare:
- incrementare l’efficacia preventiva della sorveglianza della salute;
- intervenire a favore della riabilitazione e della reintegrazione dei lavoratori;
- far fronte ai mutamenti sociali e demografici;
- rafforzare la coerenza delle politiche (sanità pubblica, sviluppo regionale e coesione sociale, appalti pubblici, occupazione e ristrutturazioni).
La Commissione, inoltre, invita gli Stati membri a utilizzare maggiormente il potenziale rappresentato dal Fondo sociale europeo e da altri fondi comunitari al fine di elaborare progetti di formazione dei datori di lavoro e dei lavoratori in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro.
La Commissione, tramite il nuovo programma PROGRESS (Programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale, 2007-2013)[3] e in collaborazione con il Comitato consultivo per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro (CCSS), proseguirà l’elaborazione di guide pratiche per la corretta applicazione delle direttive 92/57/CEE (cantieri temporanei o mobili), 2004/40/CE (campi elettromagnetici) e 2006/25/CE (radiazioni ottiche).
L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro concentrerà ulteriormente le azioni di sensibilizzazione, promozione e diffusione nei settori ad alto rischio e nelle PMI.
Il 25 giugno 2007 il Consiglio, ribadendo la sua posizione espressa il 30 maggio 2007, ha approvato una risoluzione sulla strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro con cui accoglie favorevolmente la strategia proposta dalla Commissione, condividendone l’impostazione e gli obiettivi.
In particolare, invita gli Stati membri a:
- definire e attuare strategie nazionali in materia di sicurezza e di salute coerenti e adattate alle realtà nazionali in cooperazione con le parti sociali e, se necessario, fissando in questo contesto obiettivi quantificabili per ridurre ulteriormente gli infortuni sul lavoro e l’incidenza delle malattie professionali, soprattutto nei settori di attività nei quali i tassi di incidenza sono superiori alla media;
- dare ai sistemi di protezione sociale e ai sistemi sanitari nazionali, se del caso, un ruolo più attivo nel miglioramento della prevenzione e nella riabilitazione e reintegrazione dei lavoratori;
- tener conto del potenziale rappresentato dal Programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale (PROGRESS), dal Fondo sociale europeo e da altri fondi comunitari per la promozione della strategia comunitaria 2007-2012;
- incoraggiare lo scambio di informazioni tra gli organismi di ricerca nazionali ed europei;
- aumentare la sensibilizzazione migliorando l’informazione, la formazione e la partecipazione dei lavoratori grazie a linee guida semplici, in particolare per le piccole imprese e analizzando e divulgando esempi di buone prassi;
- promuovere un approccio sistematico al benessere sul luogo di lavoro mediante iniziative a favore della qualità del lavoro integrando segnatamente salute e sicurezza, apprendimento lungo tutto l’arco della vita e parità di genere nella gestione delle imprese e in tutti i livelli dell’istruzione;
- prendere le misure opportune per dotare gli ispettorati del lavoro di risorse appropriate;
- dedicare particolare attenzione alle nuove tendenze occupazionali, come l’aumento del lavoro autonomo, dell’esternalizzazione, del subappalto, del ricorso ai lavoratori migranti e ai lavoratori distaccati.
Invita la Commissione, in particolare, a:
- continuare a sorvegliare e a sostenere l’attuazione della legislazione in tutti gli Stati membri, anche elaborando manuali per l’applicazione delle direttive, in particolare per le PMI;
- migliorare il coordinamento con le altre politiche comunitarie;
- collaborare con le autorità legislative al fine di istituire un sistema statistico europeo appropriato nel settore della salute e della sicurezza sul lavoro che tenga conto dei diversi sistemi nazionali e non imponga oneri amministrativi supplementari.
Invita le parti sociali, tra l’altro, a:
- assumere un ruolo attivo nel diffondere i principi fondamentali di questa nuova strategia a livello europeo, nazionale, regionale e delle singole imprese;
- collaborare attivamente con le autorità nazionali nell’elaborazione e applicazione delle strategie nazionali in materia di salute e sicurezza, promuovendo sul luogo di lavoro l’applicazione corretta dei principi di prevenzione dei rischi collegati al lavoro;
- proseguire i negoziati per quanto riguarda la prevenzione della violenza e delle molestie sul lavoro e tener conto della valutazione dell’attuazione dell’accordo quadro a livello europeo relativo allo stress[4] connesso all’attività lavorativa.
Il 15 gennaio 2008 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla medesima strategia, nella quale, tra l’altro:
· si compiace dell’ambizioso obiettivo della Commissione di ridurre in media del 25% il numero degli infortuni sul lavoro nell’Unione europea, invitando la Commissione e gli Stati membri a tenere debitamente in considerazione non solo le diseguaglianze tra i differenti Stati membri, ma anche quelle all’interno degli stessi, e a impegnarsi per la loro riduzione;
· esorta la Commissione a prestare particolare attenzione, nell’ambito della sua strategia, alle attività o ai settori particolarmente inclini al rischio, quali metallurgia, edilizia, elettricità, attività forestale, ecc.;
· ritiene che il forte accento posto dalla Commissione sull’assistenza alle piccole e medie imprese (PMI) affinché soddisfino i loro obblighi in materia di salute e sicurezza sia estremamente positivo e sostiene pienamente tale approccio;
· deplora il fatto che nella comunicazione della Commissione non si faccia riferimento ad obiettivi per la riduzione delle malattie professionali; invita pertanto la Commissione a sottoporre a riesame l’uso e l’attuazione delle attuali procedure statistiche, in modo da individuare e misurare correttamente le malattie professionali, in particolare i tumori, e propone che la Commissione studi la possibilità di trasformare la raccomandazione 2003/670/CE della Commissione sull’elenco europeo delle malattie professionali in una direttiva;
· sottolinea la necessità di considerare la dimensione di genere nel trattare le questioni riguardanti la salute e la sicurezza sul lavoro;
· esorta gli Stati membri ad attuare le direttive esistenti sulla sicurezza e la salute sul lavoro in modo da tenere maggiormente conto del genere e ad effettuare la valutazione dell’impatto di genere di tali direttive;
· sottolinea che la riabilitazione e la reintegrazione dei lavoratori dopo una malattia e un infortunio sul lavoro sono essenziali e si compiace del fatto che le strategie nazionali pongano un accento particolare su tali aspetti;
· esprime grave preoccupazione per l’incidenza troppo elevata di infortuni fra i lavoratori temporanei, a breve termine e scarsamente qualificati;
· chiede l’adozione di misure per verificare il rispetto dei diritti in materia di salute e sicurezza delle donne in posti di lavori atipici, come ad esempio nel caso delle badanti che assistono i malati a domicilio;
· ritiene particolarmente importante garantire una migliore applicazione degli attuali strumenti legislativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro e chiede pertanto alla Commissione e agli Stati membri di utilizzare tutti i mezzi a loro disposizione per raggiungere tale obiettivo; ritiene che le misure da prendere in considerazione dovrebbero comprendere:
- requisiti minimi per la qualità dei servizi di prevenzione e di ispezione sul lavoro;
- sanzioni più severe;
- una migliore valutazione dell’attuazione della normativa;
- lo scambio delle migliori prassi;
- il rafforzamento della cultura della prevenzione e dei sistemi di allarme preventivo, compreso un maggior accesso della società all’informazione in materia di condizioni di lavoro e di sicurezza sul luogo di lavoro;
- un maggiore coinvolgimento dei lavoratori sul luogo di lavoro;
- uno stimolo affinché i datori di lavoro soddisfino i loro impegni nel settore della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro;
- il rafforzamento del ricorso ad accordi di dialogo sociale;
· ritiene che le ispezioni sul lavoro costituiscano un fattore essenziale per l’attuazione della normativa sulla salute e la sicurezza;
· riconosce che la prevenzione riveste un’importanza fondamentale e invita la Commissione, nell’ambito della sua strategia, a:
- garantire che i datori di lavoro riconoscano e si assumano le loro responsabilità prevedendo adeguati servizi di prevenzione in tutti i luoghi di lavoro, riconoscendo nel contempo l’importanza di un atteggiamento responsabile dei lavoratori verso la loro propria salute e sicurezza;
- assicurare che le attività di prevenzione siano svolte per quanto possibile all’interno dell’impresa;
- adattare sistematicamente la legislazione relativa alla salute e alla sicurezza sul posto di lavoro per tenere il passo con il progresso tecnologico;
· ritiene necessario, visti gli elevati pericoli cui sono esposti i lavoratori dell’industria mineraria, dell’industria estrattiva, dell’industria siderurgica e della cantieristica, che gli Stati membri e la Commissione liberino risorse sufficienti per i necessari investimenti atti a garantire la salute e la sicurezza sul lavoro;
· chiede agli Stati membri e alla Commissione di applicare un approccio sistematico che tenga conto del genere e di sviluppare nel contempo strategie comunitarie e nazionali per quanto riguarda la sicurezza e salute sul lavoro e la raccolta dei dati, svolgendo indagini e effettuando ricerche sulla sicurezza e salute sul lavoro.
Il 3 novembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro (COM(2006)652).
Scopo della proposta è quello di avviare la codificazione della direttiva 89/655/CEE, relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori. La nuova direttiva intende sostituire le varie direttive che essa incorpora[5], preservando in pieno la sostanza degli atti oggetto di codificazione.
Il Parlamento europeo ha esaminato la proposta in prima lettura, il 19 giugno 2007, secondo la procedura di codecisione. La Commissione ha approvato, il 29 febbraio 2008, una proposta modificata di direttiva (COM(2008) 111).
Il 7 novembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro (COM(2006) 664).
Lo scopo della proposta è quello di avviare la codificazione della direttiva 83/477CEE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro. La nuova direttiva sostituisce le varie direttive che essa incorpora[6], preserva in pieno la sostanza degli atti oggetto di codificazione.
Il Parlamento europeo ha approvato la proposta il 19 giugno 2007, in prima lettura, nell’ambito della procedura di codecisione.
Il 26 ottobre 2007 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (COM(2007)669.
La proposta intende rinviare fino al 30 aprile 2012 il termine per il recepimento della direttiva 2004/40/CE.
La proposta è stata approvata in prima lettura dal Parlamento europeo il 19 febbraio 2008, secondo la procedura di codecisione.
Nel Capo IV (articoli 206-212) dello schema sono state mutuate le disposizioni di cui al D.Lgs. 257/2007, di attuazione della direttiva 2004/40/CE contenente prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori dai rischi derivanti dai campi elettromagnetici. Si segnala, al riguardo, che il menzionato Capo IV già tiene conto delle disposizioni correttive e integrative al D.Lgs. 257/2007 recate dallo schema di decreto legislativo adottato in base alla previsione dell’articolo 1, comma 5, della L. 29/2006 (legge comunitaria 2005) e trasmesso al Parlamento ai fini dell’espressione del parere da parte delle Commissioni competenti (atto n. 234).
Il Capo V (articoli 213-220) dello schema prevede l’attuazione delle prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dalle radiazioni ottiche artificiali di cui alla direttiva 2006/25/CE. Al riguardo, si segnala che la relazione illustrativa evidenzia la trasfusione, nel provvedimento in esame, delle disposizioni contenute nello schema di decreto legislativo volto a dare attuazione alla direttiva 2006/25/CE (che stabilisce le prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dalle radiazioni ottiche artificiali), approvato dal Governo e trasmesso al Parlamento ai fini dell’espressione del parere da parte delle Commissioni competenti (atto n. 228). Si osserva, tuttavia, che le disposizioni contenute nello schema n. 233 in esame si discostano in alcuni punti da quelle corrispondenti contenute nello schema n. 228 e che, pertanto, sarebbe opportuno coordinare al riguardo i due provvedimenti.
Si rinvia alle osservazioni contenute nelle schede di lettura.
In materia di igiene e sicurezza sul lavoro, la Costituzione italiana (articoli 2, 32 e 41) prevede la tutela della persona umana nella sua integrità psico-fisica come principio assoluto ai fini della predisposizione di condizioni ambientali sicure e salubri.
Partendo da tali principi costituzionali la giurisprudenza[7] ha stabilito che la tutela del diritto alla salute del lavoratore si configura sia come diritto all’incolumità fisica sia come diritto ad un ambiente salubre.
Il quadro normativo che disciplina la materia della sicurezza sul lavoro è articolato e complesso. Più specificamente, tale quadro normativo è costituito:
§ da disposizioni del codice civile (articolo 2087);
§ dalla disciplina-quadro, contenuta nel D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626[8] (e successive modificazioni), che, recependo la corrispondente normativa comunitaria, ha definito il sistema generale della prevenzione e sicurezza sul lavoro;
§ da una serie di provvedimenti specifici, emanati allo scopo di disciplinare la sicurezza sul lavoro con riferimento ai rischi connessi a particolari lavorazioni, recependo specifiche direttive comunitarie;
§ dallo Statuto de lavoratori[9], per quanto attiene agli aspetti legati al controllo dell’applicazione delle misure antinfortunistiche;
§ dalla contrattazione collettiva.
A distanza di più di un decennio dall’emanazione del D.Lgs. 626 del 1994, il processo di produzione legislativa in materia di tutela e sicurezza del lavoro in pratica non ha conosciuto soste. In particolare, il legislatore italiano si è trovato di fronte ad una notevole produzione normativa di fonte comunitaria, ed ha continuato nel corso degli anni a trasporre quanto prodotto a livello europeo. Tutto ciò non soltanto ha comportato una produzione normativa che ha aggiornato o integrato le norme già inserite nel D.Lgs. 626/1994, ma ha dato vita ad una serie di discipline settoriali che si sono aggiunte alla disciplina-quadro per garantire la protezione e tutela, soprattutto su base preventiva, dei lavoratori esposti a rischi specifici, ad esempio ad agenti o lavorazioni pericolose[10].
Il quadro normativo in materia di sicurezza sul lavoro è quindi caratterizzato da un'integrazione tra previgente diritto interno e disciplina di origine comunitaria in un nuovo assetto che, definito nelle sue linee essenziali nella prima parte degli anni Novanta, ha conosciuto negli ultimi anni un progressivo ampliamento.
L'impatto della disciplina comunitaria, con particolare forza a seguito di quanto previsto nel Trattato che istituisce la Comunità europea dall’attuale articolo 137 (ex articolo 118)[11], ha portato ad una profonda trasformazione della normativa applicabile alle diverse attività produttive e della sua ispirazione di fondo, con l'emergere in primo piano di una logica basata sulla prevenzione degli infortuni (piuttosto che sulla tutela risarcitoria del lavoratore), che si esplica tra l’altro attraverso un'attività informativa e formativa cui i lavoratori e gli imprenditori sono chiamati a partecipare e collaborare attivamente.
Le profonde modificazioni all'impianto normativo determinate dall'impatto della nuova legislazione di origine comunitaria sul previgente diritto interno, nell'offrire risposte più moderne ed efficaci ai problemi della sicurezza, hanno peraltro determinato difficoltà "di transizione", legate alla modificazione dello spirito di fondo dell'azione per la sicurezza imposta a imprenditori, lavoratori e autorità di controllo, alla oggettiva complessità normativa che ne è risultata, nonché ai tempi e alle modalità per la sua attuazione a livello secondario e per la sua concreta applicazione. Anche per tali motivi, il sistema delineato è apparso talvolta connotato da scarsa effettività: il campo della sicurezza sul lavoro è infatti caratterizzato da una non trascurabile dicotomia tra rigore formale delle norme e pratica applicazione delle stesse nel sistema produttivo.
Negli ultimi anni l’attività legislativa interna in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori volta ad adeguarsi all’ordinamento comunitario è avvenuta secondo le seguenti modalità alternative:
§ attraverso il progressivo e costante aggiornamento ed adeguamento del testo fondamentale in materia costituito dal D.Lgs. 626/1994, con particolare riferimento ai seguenti temi:
- individuazione delle capacità e dei requisiti professionali richiesti agli addetti ed ai responsabili dei servizi di prevenzione e protezione dei lavoratori (D.Lgs. 23 giugno 2003, n. 195, in base alla delega contenuta nell’articolo 21 della L. 39/2002, comunitaria 2001);
- prescrizioni minime contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dagli effetti prodotti da agenti chimici presenti sul luogo di lavoro, o risultanti da qualunque attività professionale che comporti la presenza o l'utilizzazione di agenti chimici (D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25, emanato in base alla delega contenuta nella L. 422/2000, comunitaria 1999, che dà attuazione alla direttiva 98/24/CE, c.d. “quattordicesima direttiva particolare” ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della “direttiva-madre” 89/391/CEE);
- prescrizioni di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio delle atmosfere esplosive (D.Lgs. 12 giugno 2003, n. 233, emanato in base alla delega contenuta nella L. 39/2002, legge comunitaria 2001, che dà attuazione alla direttiva 1999/92/CE);
- prescrizioni minime di sicurezza da adottare per l'uso delle attrezzature di lavoro ai fini dell'esecuzione di lavori temporanei in quota che possono esporre i lavoratori a rischi di caduta e ad altri gravi infortuni (D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 235, emanato in base alla delega contenuta nella L. 39/2002, legge comunitaria 2001, che dà attuazione alla direttiva 2001/45/CE);
- sicurezza sanitaria per i lavoratori addetti ai videoterminali, ai sensi dell’articolo 7 della legge comunitaria 2002 (L. 14/2003);
- prescrizioni di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori esposti ai rischi derivanti dagli agenti fisici (rumore) (D.Lgs. 10 aprile 2006 n. 195, emanato in base alla delega contenuta nella L. 18 aprile 2005, n. 62, legge comunitaria 2004, in attuazione della direttiva 2003/10/CE, diciassettesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, deIla direttiva 89/391/CEE);
- protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro (D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 257, emanato in base alla delega contenuta nella L. 62/2005, legge comunitaria 2004, in attuazione della direttiva 2003/18/CE, modificativa della direttiva 83/477/CEE);
- prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 257, emanato in base alla delega contenuta nell’articolo 1, commi 1 e 3, della L. 29/2006 (legge comunitaria 2005), in attuazione della direttiva 2004/40/CE).
§ attraverso autonomi provvedimenti legislativi complementari al D.Lgs. 626 del 1994, volti al recepimento delle direttive comunitarie riguardanti specifici settori di attività o particolari categorie di lavoratori[12]. In tal senso, vanno in particolare ricordati gli interventi riguardanti le prescrizioni minime in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o possono derivare, dall’esposizione a vibrazioni meccaniche, attuate con il D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 187, adottato in base alla delega contenuta nella legge comunitaria 2003 (L. 306 del 2003), che dà attuazione alla direttiva 2002/44/CE, sedicesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della “direttiva-madre” n. 89/391/CEE[13];
§ ulteriori interventi, comunque legati alla normativa comunitaria in materia di sicurezza sul lavoro. A titolo indicativo, si ricordano:
- la modifica dei requisiti previsti per la nomina del direttore responsabile di taluni impianti nei quali si esercita l’attività estrattiva (articolo 20 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624), in base alla delega contenuta nell’articolo 19 della legge comunitaria 2001 (L. 39 del 2002),
- l’adeguamento delle attrezzature di lavoro mobili utilizzate dai lavoratori delle miniere (articolo 20 della richiamata L. 39 del 2002).
Il quadro normativo in materia di sicurezza è stato arricchito anche in maniera indiretta, attraverso il richiamo delle disposizioni del D.Lgs. 626 del 1994 in altri importanti provvedimenti emanati nel corso degli ultimi anni. Un esempio significativo al riguardo è rappresentato dalle relazioni tra tutela della salute e sicurezza sui posti di lavoro e nuove tipologie contrattuali contenute nel D.Lgs. n. 276 del 2003, emanato sulla base della delega di cui alla L. 30 del 2003 in materia di occupazione e mercato del lavoro. Rinvii alla disciplina del D.Lgs. 626 del 1994 sono presenti, per esempio, nelle disposizioni relative al lavoro a progetto (prevedendosi l’applicazione della disciplina sulla sicurezza quando la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente) e alla somministrazione di lavoro (con una ripartizione degli obblighi di sicurezza tra somministratore e utilizzatore), mentre in altre tipologie (lavoro intermittente e lavoro ripartito) è da ritenersi applicabile sostanzialmente la disciplina generale sulla sicurezza, con i marginali adattamenti richiesti dalla particolarità delle forme contrattuali.
La disciplina generale in materia di sicurezza sul lavoro definita dal D.Lgs. 626 del 1994 ha introdotto un sistema di prevenzione e sicurezza a livello aziendale basato sulla partecipazione attiva di una serie di soggetti interessati alla realizzazione di un ambiente di lavoro idoneo a garantire la salute e la protezione dei lavoratori.
Le misure principali sono costituite da una serie di linee di intervento, riconducibili:
§ al monitoraggio dei rischi nonché all’attuazione di azioni volte alla riduzione degli stessi;
§ agli interventi sugli impianti, sui metodi di lavorazione, sulle materie prime o comunque sulle materie da lavorare;
§ alla protezione individuale o collettiva dei lavoratori;
§ alle procedure di informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori.
L’applicazione della disciplina riguarda tutti i settori di attività, sia privati sia pubblici.
Soggetti destinatari degli obblighi previsti dalla disciplina sono:
§ datori di lavoro: essi sono i principali destinatari degli obblighi di sicurezza;
§ dirigenti e preposti: sono coloro che dirigono o sovrintendono le attività alle quali si applicala normativa in oggetto. Nei loro confronti vige l’obbligo, nell’ambito delle proprie competenze, di adottare le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori. Essi, inoltre, possono essere delegati dal datore di lavoro all’adempimento degli obblighi posti dalla legge a carico di quest’ultimo, ad eccezione degli adempimenti non delegabili (ad esempio gli obblighi connessi agli accordi di riallineamento contributivo). Si ricorda, infine, che obblighi identici sussistono anche nei confronti del consulente esterno (cioè non facente parte del sistema aziendale) nel caso in cui tale soggetto abbia assunto mansioni corrispondenti a quelle di un dirigente di fatto.
Soggetti destinatari delle tutele previste dalla disciplina sono, in primo luogo, i lavoratori subordinati[14]. La normativa riguarda anche:
o i soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto; gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di macchine ed attrezzature in genere nonché agenti chimici, fisici e biologici;
o gli utenti di sevizi di orientamento o formazione scolastica, universitaria o professionale, avviati presso i datori di lavoro al fine di agevolare o perfezionare le loro scelte professionali.
La normativa in oggetto, invece, non si applica:
agli addetti ai servizi domestici e familiari con rapporto di lavoro subordinato, anche speciale;
alle seguenti categorie lavorative, a meno che i medesimi soggetti non rivestano la posizione di datori di lavoro (nel qual caso sono soggetti ai relativi obblighi):
o autonomi;
o agenti e rappresentanti;
o associati in partecipazione;
o soci di società che apportano solamente capitale;
o liberi professionisti, anche organizzati in studi professionali.
Inoltre, fermo restando il rispetto dei principi di prevenzione e protezione previsti per la generalità dei lavoratori e dei settori produttivi, sono previsti discipline particolari per particolari tipologie di lavoratori o con riferimento a specifiche lavorazioni.
Obblighi del datore di lavoro
Oltre ad una serie di obblighi di carattere generale, consistenti nell’adozione di tutte le misure, anche se non espressamente previste da norme di legge, necessarie o anche solamente utili ed opportune al fine della prevenzione degli infortuni e della garanzia della massima sicurezza possibile sulla base della tecnologia disponibile, la normativa individua obblighi specifici a carico del datore di lavoro, concernenti:
§ la prevenzione.
Ai fini della prevenzione l’attività fondamentale risiede nella valutazione del rischio, effettuata dal datore di lavoro in relazione alla natura dell’attività dell’azienda, e che si concretizza nella redazione di un apposito documento al termine della valutazione, contenente una relazione sulla valutazione dei rischi, l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione utilizzate, nonché un programma delle misure al fine di garantire il miglioramento della prevenzione nel tempo. La valutazione ed il relativo documento devono comunque essere rielaborati in occasione di significative modifiche del processo produttivo. Inoltre, in ciascuna azienda deve essere presente un Servizio di prevenzione e protezione, formato all’interno della medesima azienda e costituito da dipendenti oppure affidato obbligatoriamente a persone od enti esterni qualificati, qualora le capacità interne siano insufficienti. Il datore di lavoro, infine, in funzione della situazione di fatto e dei rischi ipotizzati, ha l’obbligo di designare preventivamente i lavoratori adibiti alla gestione di possibili emergenze quali incendi, evacuazione del personale, pronto soccorso;
§ l’informazione, formazione e consultazione dei lavoratori.
Essa consiste nel portare a conoscenza dei lavoratori sia i pericoli derivanti dai rischi connessi alle lavorazioni o agli impianti, sia l’esistenza ed il corretto utilizzo dei mezzi di protezione. In particolare, il datore di lavoro deve predisporre un’adeguata segnaletica sui luoghi di lavoro, in relazione ad oggetti, attività o situazioni, fornendo al contempo un’adeguata indicazione sulla sicurezza, utilizzando anche cartelli, colori, segnali luminosi ecc. Il datore di lavoro, inoltre, è tenuto a garantire un’adeguata formazione al lavoratore in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al posto di lavoro e alle mansioni. Infine, nelle aziende con più di 15 dipendenti il datore di lavoro almeno una volta l’anno deve indire una riunione, al fine di esaminare il documento di valutazione dei rischi, l’idoneità dei mezzi di protezione individuali e i programmi di informazione e formazione, alla quale partecipano i rappresentanti del Servizio di prevenzione e protezione, il medico competente qualora tale figura sia obbligatoria, ed il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza[15]. La riunione è comunque obbligatoria nel caso in cui siano avvenute variazioni che modifichino le condizioni di esposizione al rischio. In quest’ultima ipotesi è consentito al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di indire la riunione anche nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti. Si ricorda, infine, che tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori è prevista la costituzione di organismi paritetici a livello territoriale, rappresentanti il primo riferimento sui diritti di rappresentanza, informazione e formazione dei lavoratori in materia di sicurezza;
§ la fornitura di mezzi di protezione.
Il sistema di prevenzione è prioritariamente indirizzato alla prevenzione tecnico-organizzativa rispetto a quella personale. I dispositivi di protezione individuale debbano essere impiegati qualora non sia possibile evitare o ridurre significativamente i rischi utilizzando mezzi di protezione collettiva. In particolare, il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti sono obbligati ad esigere dai singoli lavoratori l’utilizzo dei mezzi di protezione individuale. Tale obbligo non può essere derogato né con il consenso del lavoratore né con quello delle organizzazioni sindacali. In relazione a specifiche tipologie di lavorazioni o macchine utilizzate, sono inoltre previste particolari protezioni;
§ i luoghi e le attrezzature di lavoro.
Principalmente gli obblighi concernono la regolare manutenzione dei luoghi e degli impianti, al fine della verifica del loro funzionamento. Per quanto attiene agli aspetti igienici, i principali doveri concernono il rispetto dei limiti minimi dello spazio di lavoro ed il divieto di lavoro in locali sotterranei. Inoltre, specifiche disposizioni riguardano le vie di circolazione, le vie ed uscite di emergenza, l’illuminazione dei locali e la costruzione, installazione e manutenzione degli impianti elettrici. Per quanto attiene alle attrezzature, si ricorda l’obbligo, per il datore di lavoro, di fornire ai lavoratori attrezzature adeguate e idonee ai fini della sicurezza e salute, prevedendo, inoltre, appositi dispositivi di sicurezza nel caso in cui gli elementi delle macchine rappresentino un pericolo;
§ le sostanze pericolose e nocive.
Il trattamento di tali sostanze prevede appositi procedimenti al fine della tutela dei lavoratori. Ad esempio, si prevede la lavorazione in spazi separati delle sostanze particolarmente pericolose o insalubri, nonché particolari forme di raccolta degli scarti e rifiuti generati dalle materie in questione. Il datore di lavoro, inoltre, deve adottare tutti i provvedimenti necessari al fine di contenere lo sviluppo e la diffusione di gas, vapori, polveri, fumi e odori nocivi;
§ la sorveglianza sanitaria.
Nell’ambito di specifiche lavorazioni (indicate nell’allegato al D.P.R. 303 del 1956), che espongono il lavoratore a sostanze tossiche o nocive, i lavoratori devono essere obbligatoriamente visitati da un medico competente, sia prima dell’ammissione al lavoro, ai fini della valutazione di idoneità, sia periodicamente, secondo apposite tabelle di lavorazione. Per tali accertamenti il datore di lavoro ha l’obbligo di nominare un medico competente, che può essere dipendente di una struttura esterna – pubblica o privata – convenzionata con lo stesso datore di lavoro, un libero professionista oppure un dipendente del datore di lavoro; comunque il medico competente deve essere in possesso di determinati requisiti professionali. Infine, nelle aziende con più di 25 dipendenti è richiesta la presenza dei presidi sanitari, indispensabili per prestare le prime cure ai lavoratori interessati da incidenti o colti da malore;
§ il controllo e la vigilanza.
E’ obbligo del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti far osservare ai lavoratori le norme di igiene e sicurezza. Da tale obbligo discende anche il dovere di vigilare sul rispetto nei luoghi di lavoro delle richiamate norme.
E’ opportuno ricordare, infine, in relazione agli obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti, che la normativa vigente prevede anche discipline specifiche, di origine comunitaria, per le attività produttive nelle quali i lavoratori sono esposti a rumore, piombo, amianto, agenti cancerogeni (o mutageni), chimici o biologici, atmosfere esplosive, oppure dove i lavoratori sono addetti ai video terminali o alla movimentazione manuale di carichi. Tali discipline sono contenute non solamente nel D.Lgs. 626 del 1994, ma anche in altri provvedimenti (D.Lgs. 277 del 1991), che hanno provveduto a recepire la corrispondente normativa comunitaria.
Obblighi del lavoratore
Oltre agli obblighi derivanti da specifici ruoli (quali il rappresentante della sicurezza per i lavoratori, i componenti del Servizio i prevenzione e protezione e gli addetti alla prevenzione incendi, evacuazione e pronto soccorso) il lavoratore è coinvolto nel sistema di sicurezza, in una posizione di garanzia attiva rispetto alla tutela della propria e dell’altrui sicurezza e salute.
In particolare, ogni lavoratore ha il dovere, direttamente riconducibile all’obbligo di diligenza, di:
§ osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti,
§ utilizzare correttamente i macchinari, le apparecchiature, le sostanze, le attrezzature e i dispositivi di sicurezza, i dispositivi di protezione;
§ segnalare immediatamente al datore di lavoro al dirigente o al preposto eventuali deficienze delle attrezzature e dei dispositivi di protezione nonché le condizioni di pericolo ad esse legate;
§ sottoporsi ai controlli sanitari previsti;
§ contribuire, con il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti all’adempimento degli obblighi imposti dalle autorità competenti.
Oltre a ciò, sono previsti anche obblighi negativi, quali il divieto di rimuovere senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza, oppure di compiere di propria iniziativa azioni non di competenza potenzialmente compromettenti la propria sicurezza o quella di altri lavoratori.
Va infine ricordato che la legge riconosce al lavoratore alcuni specifici strumenti di tutela, derivanti anche dalle norme civilistiche. In particolare, si ricorda: il diritto di resistenza (consistente nella legittimazione del rifiuto della prestazione lavorativa svolta in condizioni non sicure); il diritto del lavoratore ad ottenere un altro posto nell’ambito della stessa azienda in seguito all’allontanamento temporaneo del lavoratore per motivi sanitari inerenti alla sua persona connessi all’esposizione ad agenti chimici, fisici o biologici; la possibilità di ricorso al giudice in via cautelare (nel caso in cui il lavoratore ritenga che non sia sufficiente ad evitare situazioni pregiudizievoli far valere i suoi diritti in via ordinaria); il diritto al mutamento di mansioni a causa dell’insorgenza di eventi morbosi; la tutela del lavoratore in caso di malattia causata dall’inadempimento da parte del datore di lavoro degli obblighi relativi alla sicurezza, che potrebbe comportare per il datore di lavoro l’impossibilità di recedere dal rapporto per superamento del periodo di comporto.
Responsabilità
L’apparato normativo in materia di igiene e sicurezza individua quali soggetti penalmente responsabili della violazione delle norme oltre ai datori di lavoro, anche i dirigenti ed i preposti con compiti di direzione e sorveglianza delle lavorazioni, nonché gli stessi lavoratori beneficiari delle tutele in materia.
Tra i soggetti attivi della sicurezza sono compresi anche i costruttori e i commercianti, la cui responsabilità si concretizza nel divieto di fabbricare, vendere, noleggiare e concedere in uso macchinari, parti di essi, attrezzature, e apparecchi in genere destinati al mercato interno nonché di installare impianti non rispondenti alla normativa in materia. Specifiche responsabilità sono inoltre previste nel caso in cui il datore di lavoro affidi i lavori all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi.
La legge inoltre prevede che l’esercizio dei poteri-doveri del datore di lavoro possa essere delegato ad altri soggetti, a condizione che non siano gli stessi lavoratori beneficiari della tutela.
Spettano invece esclusivamente al datore di lavoro, e quindi non possono essere delegati, gli obblighi relativi:
§ all’effettuazione della valutazione del rischio;
§ all’elaborazione del documento di valutazione;
§ alla designazione del responsabile del Servizio di prevenzione e protezione;
§ all’autocertificazione, per le aziende familiari e per quelle che occupano fino a 10 addetti, dell’avvenuta valutazione dei rischi e degli adempimenti collegati.
L’apparato sanzionatorio che tende a colpire la violazione delle norme poste a tutela della salute e sicurezza del lavoratore opera fondamentalmente attraverso due tipologie di reato:
§ reati contravvenzionali che sanzionano un comportamento semplicemente omissivo del datore di lavoro anche se da esso non derivi in concreto una situazione di pericolo e nessun lavoratore ha subito un danno;
§ reati derivanti dall’inosservanza da parte del datore di lavoro degli obblighi generali e particolari di sicurezza, da cui derivano determinati eventi, dannosi o pericolosi per l’incolumità psico-fisica dei lavoratori. Si tratta dei seguenti reati: delitti colposi contro la persona; omissione o rimozione di cautele infortunistiche; omissione o rimozione colposa di dispositivi di sicurezza.
Controlli
I controlli in materia di sicurezza del lavoro, prevenzione infortuni ed igiene sono attribuiti in via generale alle Aziende Sanitarie Locali (ASL). Di alcune specifiche attribuzioni sono invece titolari i Servizi ispettivi delle Direzioni provinciali del lavoro e le rappresentanze sindacali.
Per la tutela della salute dei lavoratori, le ASL sono dotate di particolari poteri, tra i quali rientrano la prescrizione ad adempiere in caso di accertamento di contravvenzioni e il potere di accesso e di disposizione (cioè il potere, rispettivamente, di visitare in ogni parte e in qualunque ora del giorno cantieri, opifici laboratori nonché i dormitori e refettori annessi agli stabilimenti, e di imporre al datore di lavoro un determinato comportamento, al fine di colmare eventuali vuoti normativi).
Anche i lavoratori, attraverso le loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
Nel corso della XV legislatura l’esigenza di riformare e razionalizzare la normativa relativa alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, sempre più impellente negli ultimi anni, soprattutto a causa dell’alto numero delle “morti bianche” verificatesi nei luoghi di lavoro, ha condotto all’emanazione della legge 3 agosto 2007, n. 123 che ha previsto un’apposita delega per rispondere alla medesima esigenza.
In particolare, l’intervento realizzato attraverso la L. 123/2007 si sviluppa attraverso due distinte direttrici: in primo luogo, si è appunto prevista una delega al Governo per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, da attuare entro il 25 agosto 2008; in secondo luogo, sono state introdotte norme immediatamente precettive, incidenti sul quadro normativo vigente, da un lato continuando i percorsi già delineati dalle disposizioni di cui al D.L. 4 luglio 2006, n. 223[16], e dalla legge finanziaria per il 2007[17] in tema di appalto e lavoro irregolare e sommerso, dall’altro anticipando alcuni aspetti della riforma stessa.
Per quanto concerne, più specificamente le disposizioni di delega, l’articolo 1, comma 1, delega il Governo ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega, e cioè entro il 25 maggio 2008, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano e alle relative norme di attuazione, e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione dei lavoratori immigrati.
Il successivo comma 2 prevede i principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega.
In primo luogo la lettera a) prevede il riordino e coordinamento delle disposizioni vigenti, nel rispetto delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, in ottemperanza a quanto disposto dall’articolo 117 della Costituzione.
La lettera b) dispone che la normativa in materia sicurezza dei lavoratori debba essere applicata a tutti i settori di attività e a tutti i tipi di rischio, ferma restando l’esigenza di considerare le peculiarità o la specifica pericolosità di particolari settori ed ambiti lavorativi. Al riguardo la norma fa particolare riferimento alle peculiarità del settore della pubblica amministrazione, così come disciplinate dall’art. 1, comma 2 e dall’art. 2, comma 1, lett. b), secondo periodo, del D.Lgs. 626 del 1994.
Si ricorda che l’art. 1, comma 2 del D.Lgs. 626 del 1994 dispone che nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, dei servizi di protezione civile, nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di istruzione universitaria, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello Stato delle rappresentanze diplomatiche e consolari e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le norme del medesimo decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato, individuate con apposito decreto interministeriale.
Invece l’art. 2, comma 1, lett. b), secondo periodo del medesimo decreto legislativo dispone che nelle pubbliche amministrazioni, per datore di lavoro si intende il dirigente, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio che possieda autonomia gestionale.
Nell’ambito del criterio direttivo in esame, inoltre, viene prevista la necessità di rispettare, nell’applicazione delle norme sulla sicurezza dei lavoratori, le competenze in materia di sicurezza antincendio così come definite dal D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139[18], nonchéil Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 sulle sostanze e preparati chimici prodotti ed importati nell’Unione europea.
Relativamente alle competenze in materia di sicurezza antincendio, si ricorda che l’art. 14 del d.lgs. n. 139/2006 affida la prevenzione incendi “alla competenza esclusiva del Ministero dell'interno, che esercita le relative attività attraverso il Dipartimento e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco”.
Lo stesso articolo, al comma 2, elenca le attività di prevenzione incendi affidate alle strutture indicate, tra cui si ricordano, in particolare, il rilascio del certificato di prevenzione incendi (la cui procedura è disciplinata dall’art. 16), di atti di autorizzazione, di benestare tecnico, di collaudo e di certificazione, comunque denominati, attestanti la conformità alla normativa di prevenzione incendi di attività e costruzioni civili, industriali, artigianali e commerciali e di impianti, prodotti, apparecchiature e simili.
Si segnala che l’articolo 21, comma 1, del disegno di legge A.S. 1644 (Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale), approvato dalla Camera e attualmente all’esame del Senato, reca una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi per semplificare, nel rispetto del mantenimento dei livelli di sicurezza per la collettività e della tutela dell’ambiente, le procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi (CPI).
Il regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006 sulle sostanze e preparati chimici prodotti ed importati nell’Unione europea (cd. REACH[19]), definisce un complesso sistema di registrazione, valutazione ed autorizzazione delle sostanze e preparati chimici, che interessa circa 30.000 sostanze e sostituisce più di 40 norme vigenti sulla materia, è entrato formalmente in vigore il 1° giugno 2007 e andrà a pieno regime nel 2018.
Il sistema REACH, obbliga il produttore e l’importatore a registrare, valutare e richiedere l’eventuale autorizzazione della sostanza prima di immetterla sul mercato. Questo obbligo vige per tutta la catena di approvvigionamento e produzione di sostanze e preparati chimici, onde pervenire alla sicurezza chimica per la tutela della salute dei lavoratori, dei consumatori e dell’ambiente.
L’articolo 5-bis del D.L. n. 10/2007[20] affida al Ministero della salute il compito di provvedere - di intesa con i Ministeri dell’ambiente, dello sviluppo economico e con il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri - agli adempimenti previsti dal regolamento REACH, e designa lo stesso Ministero della salute quale “autorità competente” ai sensi dell’articolo 121 del citato regolamento.
La lettera b) prevede inoltre che il Governo, nell’esercizio della delega, assicuri il coordinamento, ove necessario, con la normativa ambientale.
Una previsione analoga è contenuta nel già richiamato art. 21 dell’A.S. 1644 che, come detto, ai fini della semplificazione delle procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, impone al legislatore delegato il vincolo del rispetto della tutela dell’ambiente.
Per quanto riguarda le interrelazioni tra le norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro e quelle ambientali, si ricorda che le principali normative interessate sembrano essere, oltre alle norme previste dal cd. codice ambientale (che prescrivono una serie di procedure e controlli relativamente a vari settori della tutela dell’ambiente, dai rifiuti alle emissioni in atmosfera), la disciplina relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, recata dal d.lgs. n. 334/99 (di recepimento della direttiva 96/82/CE, cd. Seveso), come integrato e modificato dal d.lgs. n. 238/2005, nonché la disciplina dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) - introdotta nell’ordinamento nazionale con il recepimento della direttiva 96/61/CE (cd. IPPC), avvenuto in modo integrale solo con il d.lgs. n. 59/2005. Tale autorizzazione sostituisce ad ogni effetto ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere in materia ambientale per le attività industriali di maggiore dimensione e rilievo dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente.
La lettera c) dispone che la normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro debba essere applicata a tutti i lavoratori e lavoratrici, autonomi e subordinati, nonché ai soggetti ad essi equiparati. In tal modo si intende estendere il campo di applicazione della disciplina in questione a tutti i lavoratori, anche a quelli “parasubordinati” e autonomi, prevedendo, in particolare:
o specifiche misure atte a tutelare determinate categorie di lavoratori e lavoratrici nonché specifiche tipologie di lavoro o settori di attività (lettera c), n. 1);
o adeguate e specifiche misure di tutela per i lavoratori autonomi in relazione ai rischi connessi con le attività svolte, secondo i principi della Raccomandazione 2003/134/CE del Consiglio del 18 febbraio 2003[21] (lettera c), n. 2).
Sulla base della comunicazione della Commissione relativa a un programma comunitario nel settore della sicurezza, dell'igiene e della salute sul luogo di lavoro (1996-2000), che prevedeva di esaminare la necessità di una proposta di raccomandazione del Consiglio riguardante la salute e la sicurezza dei lavoratori autonomi, dato il numero crescente di lavoratori autonomi, e della risoluzione del Parlamento europeo sul quadro generale per l'azione della Commissione nel settore della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro (1994-2000), che proponeva misure miranti a estendere la direttiva quadro ai lavoratori autonomi, la richiamata raccomandazione, rilevato che i lavoratori autonomi non sono, in regola generale, coperti dalle direttive comunitarie che riguardano la salute e la sicurezza sul lavoro, in particolare dalla direttiva quadro 89/391/CEE, e che, in alcuni Stati membri, tali lavoratori non sono coperti dalla legislazione applicabile in materia di salute e sicurezza sul lavoro, pur essendo esposti a rischi per la salute e la sicurezza analoghi a quelli che corrono i lavoratori dipendenti, ha previsto di promuovere la sicurezza e la salute dei lavoratori autonomi, tenendo conto dei particolari rischi esistenti in settori specifici e della natura specifica della relazione tra le imprese contraenti e i lavoratori autonomi, adottando le misure ritenute più opportune, quali, ad esempio, provvedimenti legislativi, incentivi, campagne d'informazione e incoraggiamento delle parti interessate.
La stessa raccomandazione, inoltre, ha disposto l’adozione delle misure necessarie per garantire ai lavoratori autonomi, nella maniera più facile possibile, informazioni e consigli utili riguardo alla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, nonché l’accesso ad una formazione sufficiente per ottenere qualifiche adeguate in materia di sicurezza e di salute. Allo stesso tempo, si prevede, in conformità delle legislazioni e/o pratiche nazionali, di consentire ai lavoratori autonomi che lo desiderino di beneficiare di controlli medici proporzionati ai rischi cui sono esposti.
La lettera d) prevede la semplificazione degli adempimenti meramente formali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, con particolare riferimento alle piccole, medie e micro imprese senza però compromettere il rispetto dei livelli di tutela, nonché la previsione di forme di unificazione documentale.
La lettera e) contempla il riordino della normativa in materia di macchine, impianti, attrezzature di lavoro, opere provvisionali e dispositivi di protezione individuale, al fine di operare il necessario coordinamento tra le direttive di prodotto e quelle di utilizzo concernenti la tutela della salute e sicurezza sul lavoro e di razionalizzare il sistema pubblico di controllo.
La lettera f) prevede la riformulazione e razionalizzazione dell’apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, per la violazione delle norme vigenti e per le infrazioni alle disposizioni introdotte dai decreti legislativi emanati in attuazione della delega, tenendo conto delle funzioni svolte da ciascun soggetto obbligato, con particolare riguardo alla responsabilità del preposto, e alla natura formale o invece sostanziale della violazione[22].
In particolare, il Governo dovrà prevedere:
§ la modulazione delle sanzioni in funzione del rischio e l’utilizzazione di strumenti che favoriscano la regolarizzazione e l’eliminazione del pericolo da parte dei soggetti destinatari dei provvedimenti amministrativi, confermando e valorizzando il sistema della disciplina sanzionatoria in materia di lavoro di cui al D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758[23] (lettera f), n. 1);
Al riguardo, si segnala che il citato decreto legislativo reca modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro. In particolare, il citato d.lgs. ha previsto, in primo luogo, la sanzione amministrativa per molte contravvenzioni in materia di stipulazione ed esecuzione del rapporto di lavoro per le quali non si è ritenuta giustificabile la sanzione penale. In secondo luogo è stato previsto un peculiare meccanismo estintivo per le contravvenzioni in materia di sicurezza e igiene del lavoro. Tale meccanismo è modellato sulla diffida amministrativa ad adempiere. L’organo di vigilanza, quando accerta una violazione, impartisce obbligatoriamente una prescrizione al datore di lavoro al fine di eliminare la violazione entro un termine, e ne informa il pubblico ministero. Entro 60 gg. dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione l’organo di vigilanza verifica l’eliminazione della violazione. Se il datore di lavoro ha adempiuto è ammesso a pagare in sede amministrativa una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa; con tale pagamento, che dovrà essere effettuato entro i trenta giorni dalla data di notifica del corrispettivo verbale, si estingue il reato.
Viceversa, qualora si accerti la mancata regolarizzazione della situazione illecita, o qualora il datore di lavoro non paghi, l’organo di vigilanza ne dà comunicazione al pubblico ministero entro 90 gg., in modo che il procedimento penale possa proseguire. Infine, con il Capo III del D.Lgs. 758 del 1994 si procede alla riqualificazione delle sanzioni penali, con particolare riferimento alla trasformazione delle contravvenzioni in materia di lavoro punite con la sola pena dell’ammenda in altrettante fattispecie di illecito amministrativo.
§ la determinazione delle sanzioni penali dell’arresto e dell’ammenda, previste solo nei casi in cui le infrazioni ledano interessi generali dell’ordinamento, individuati in base ai criteri ispiratori degli articoli 34 e 35 della L. 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni da comminare in via esclusiva ovvero alternativa, con previsione della pena dell’ammenda fino a euro ventimila per le infrazioni formali, della pena dell’arresto fino a tre anni per le infrazioni di particolare gravità, della pena dell’arresto fino a tre anni ovvero dell’ammenda fino a euro centomila negli altri casi (lettera f), n. 2);
L’articolo 34 della L. 689 del 1981 prevede che siano esclusi dalla depenalizzazione i reati previsti dal codice penale, ad eccezione degli articoli 669, 672, 687, 693 e 694, nonchè una serie ulteriore di fattispecie espressamente richiamate dal medesimo articolo 34 che, al riguardo, contempla espressamente i reati previsti dalle leggi in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro ed all'igiene del lavoro L’articolo 35 prevede, poi, che non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni previste dalle leggi in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, punite con la sola ammenda.
§ la previsione della sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma di denaro fino ad euro centomila per le infrazioni non punite con la sanzione penale (lettera f), n. 3);
§ la graduazione delle misure interdittive in dipendenza della particolare gravità delle disposizioni violate (lettera f), n. 4);
§ il riconoscimento ad organizzazioni sindacali ed associazioni dei familiari delle vittime della possibilità di esercitare, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 91 e 92 del codice di procedura penale, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa, con riferimento ai reati commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale (lettera f), n. 5);
Ai sensi dell'articolo 91 c.p. gli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede, sono state riconosciute, in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato.
Il rinvio agli artt. 91 e 92 c.p.p., contenuto nel criterio di delega in esame, comporta, quindi, la possibilità, per i citati enti esponenziali (sindacati e associazioni familiari delle vittime) di essere titolari di un potere d’impulso probatorio e processuale al pari del lavoratore-persona offesa, al cui consenso è peraltro condizionata la possibilità di esercizio dei diritti indicati. Oltre alla costituzione di parte civile[24], per detti enti sarà possibile l’esercizio di poteri in via esclusiva o parallela come: la richiesta al giudice di rivolgere domande a testimoni, periti, consulenti tecnici e parti private nonché l’ammissione di nuovi mezzi di prova (art. 505); la richiesta al giudice di lettura degli atti contenuti nel fascicolo dibattimentale e di indicare gli atti utili ai fini decisori (art. 511); la richiesta motivata al PM di proporre impugnazione a ogni effetto penale (art. 572).
§ la previsione della destinazione degli introiti delle sanzioni pecuniarie per interventi volti alla prevenzione, a campagne informative e alle attività dei dipartimenti di prevenzione delle ASL (lettera f), n. 6,);
La lettera g) contempla la revisione dei requisiti, delle tutele, delle attribuzioni e delle funzioni dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale (ivi compreso il medico competente), anche tramite adeguate attività di formazione, in particolare rafforzando il ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale, nonché introduzione della figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del sito produttivo.
Il rappresentante per la sicurezza, disciplinato dagli artt. 18 e 19 del D.Lgs. 626 del 1994, ha il compito di rappresentare i lavoratori con riferimento alla sicurezza e salute sui luoghi di lavoro.
Distinte modalità di elezione sono previste a seconda della dimensione dell’azienda. Nella aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno; nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell'ambito territoriale ovvero del comparto produttivo. Invece, nelle aziende con più di 15 dipendenti, il rappresentante per la sicurezza è eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell'azienda al loro interno. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.
E’ previsto un numero minimo di rappresentanti per la sicurezza a seconda della dimensione aziendale e precisamente:
§ 1 rappresentante nelle aziende, ovvero unità produttive, sino a 200 dipendenti;
§ 3 rappresentanti nelle aziende, ovvero unità produttive, da 201 a 1000 dipendenti;
§ 6 rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.
Il rappresentante per la sicurezza, per poter valutare i rischi presenti nell’azienda e le relative misure di prevenzione, tra l’altro, può accedere ai luoghi in cui si svolgono le lavorazioni e deve essere consultato e informato dal datore di lavoro su una serie di rilevanti aspetti connessi alla sicurezza sul lavoro.
Si ricorda inoltre che una definizione di “sito” è contenuta nel Regolamento (CE) 19 marzo 2001, n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, sull'adesione volontaria delle organizzazioni al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), sistema al quale possono aderire volontariamente le organizzazioni, per valutare e migliorare le prestazioni ambientali delle organizzazioni stesse e fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati informazioni pertinenti. Secondo tale definizione (che naturalmente è prevista ai fini del medesimo Regolamento) come “sito” deve intendersi “tutto il terreno, in una zona geografica precisa, sotto il controllo gestionale di un'organizzazione che comprende attività, prodotti e servizi. Esso include qualsiasi infrastruttura, impianto e materiali” (articolo 2, comma 1, lettera t)). In sostanza, il “sito” rappresenta la più piccola entità da considerare registrata come organizzazione ai sensi di EMAS, a condizione che non superi i confini di uno Stato membro[25].
Ai sensi della lettera h) il legislatore delegato deve procedere alla rivisitazione e potenziamento delle funzioni degli organismi paritetici, anche in qualità di strumento di aiuto alle imprese nell’individuazione di soluzioni volte a migliorare la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
Si ricorda che l’art. 20 del D.Lgs. 626 del 1994 prevede la costituzione, a livello territoriale, di organismi paritetici tra le organizzazioni sindacali e datoriali, con funzioni di orientamento e di promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori. Gli organismi paritetici inoltre costituiscono la prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalla normativa vigente. Sono fatti salvi comunque gli organismi bilaterali o partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o aziendali.
La lettera i) prevede la realizzazione del coordinamento su tutto il territorio nazionale delle attività e politiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro e ridefinizione dei compiti e della composizione della commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro e dei comitati regionali di coordinamento. La ridefinizione della composizione di tali organi deve avvenire su base tripartita (quindi, sembrerebbe, garantendo la presenza di rappresentanti delle parti sociali) e di norma paritetica e nel rispetto delle attribuzioni delle regioni e delle province autonome di cui all’art. 117 della Costituzione.
La Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, di cui all’articolo 393 del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, è istituita presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
La Commissione è presieduta dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale o dal direttore generale della Direzione generale dei rapporti di lavoro da lui delegato, ed è composta da:
o funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di cui tre ispettori del lavoro, laureati uno in ingegneria, uno in medicina e chirurgia e uno in chimica o fisica;
o il direttore e 3 funzionari dell'ISPESL;
o un funzionario dell'Istituto superiore di sanità;
o il direttore generale competente del Ministero della sanità (attualmente: della salute) ed un funzionario per ciascuno dei seguenti Ministeri: industria, commercio ed artigianato (attualmente: dello sviluppo economico); interno; difesa; trasporti; risorse agricole alimentari e forestali (attualmente: politiche agricole alimentari e forestali); ambiente (attualmente: ambiente e tutela del territorio e del mare) e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimenti della funzione pubblica;
o 6 rappresentanti delle regioni e province autonome designati dalla Conferenza Stato-regioni;
o un rappresentante dei seguenti organismi: INAIL; Corpo nazionale dei vigili del fuoco; CNR; UNI; CEI; Agenzia nazionale protezione ambiente; Istituto italiano di medicina sociale;
o 8 esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale;
o 8 esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, anche dell'artigianato e della piccola e media impresa, maggiormente rappresentative a livello nazionale;
o un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei dirigenti d'azienda maggiormente rappresentative a livello nazionale.
Per ogni rappresentante effettivo è designato un membro supplente.
I comitati regionali di coordinamento sono invece disciplinati dall’art. 27 del D.Lgs. 626 del 1994 e dal D.P.C.M. 5 dicembre 1997.
L’articolo 27 del D.Lgs. 626 del 1994 prevede che con atto di indirizzo e coordinamento, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta dei Ministri del lavoro e della salute, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono indicati criteri generali relativi all'individuazione di organi operanti nella materia della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare uniformità di interventi ed il necessario raccordo con la commissione consultiva permanente.
In attuazione di tale previsione è stato quindi emanato il citato D.P.C.M. 5 dicembre 1997, il quale prevede che per realizzare sul territorio l'uniformità degli interventi della pubblica amministrazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro ed il necessario raccordo con la commissione consultiva permanente, le regioni istituiscono comitati di coordinamento. Tali comitati, presieduti dal presidente della giunta regionale o da un suo delegato, devono comprendere come membri rappresentanti degli assessorati regionali competenti, dei dipartimenti di prevenzione delle ASL, dei settori ispezione del lavoro delle direzioni regionali del lavoro, degli ispettorati regionali dei vigili del fuoco, dei dipartimenti periferici dell’ISPESL) e degli uffici periferici dell’INAIL, dell'ANCI, dell’UPI e, laddove presenti, rappresentanti degli uffici di sanità aerea e marittima del Ministero della salute.
Viene inoltre previsto che le regioni assicurano forme di consultazione delle parti sociali secondo le modalità vigenti nei rispettivi ordinamenti con riferimento all’attività dei comitati di coordinamento.
La lettera l) contempla lavalorizzazione, anche tramite apposito rinvio da parte delle disposizioni legislative, degli accordi aziendali, territoriali e nazionali, nonché dei codici di condotta ed etici e delle buone prassi che abbiano il fine di orientare i comportamenti dei datori di lavoro (anche secondo i principi della responsabilità sociale), dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti sul piano legislativo.
La lettera m) dispone che si debba prevedere un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, fondato sulla specifica esperienza ovvero sulle competenze in materia salute e sicurezza sul lavoro acquisite attraverso percorsi formativi ad hoc.
Ai sensi della lettera n), si deve procedere alla definizione di un assetto istituzionale basato sull’organizzazione e circolazione delle informazioni, delle linee guida e delle buone pratiche utili a favorire la promozione e la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, che valorizzi le competenze esistenti ed elimini ogni sovrapposizione o duplicazione di interventi. La definizione di tale assetto deve avvenire anche tramite il sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro.
La lettera o) dispone che si debba prevedere la partecipazione delle parti sociali al sistema informativo nazionale per la prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, costituito da Ministeri, regioni e province autonome, INAIL, IPSEMA ed ISPESL, con il contributo del CNEL, e il concorso allo sviluppo del medesimo sistema da parte degli organismi paritetici e delle associazioni e degli istituti di settore a carattere scientifico, ivi compresi quelli che si occupano della salute delle donne.
La lettera p) prevede la promozione della cultura e delle azioni di prevenzione, attraverso:
o la realizzazione di un sistema di governo per la definizione, tramite forme di partecipazione tripartita, di progetti formativi, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, da indirizzare, anche attraverso il sistema della bilateralità, nei confronti di tutti i soggetti del sistema di prevenzione aziendale anche attraverso il sistema della bilateralità (lettera p), n. 1);
o il finanziamento degli investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro delle piccole, medie e microimprese, i cui oneri siano sostenuti dall’INAIL, nell’ambito e nei limiti delle spese istituzionali del medesimo Istituto. Deve essere garantita la semplicità delle procedure relative a tali finanziamenti (lettera p), n. 2);
o la promozione e la diffusione della cultura della salute e della sicurezza sul lavoro in ambito scolastico ed universitario e nei percorsi di formazione, nel rispetto delle disposizioni vigenti e in considerazione dei relativi principi di autonomia didattica e finanziaria (lettera p), n. 3).
Merita segnalare che successivamente l’articolo 2, comma 532 della L. 244/2007 (legge finanziaria per il 2008) ha modificato il contenuto della lettera p), sopprimendo l’originaria modalità di finanziamento che attribuiva il finanziamento delle attività elencate ai nn. 1) e 2), a decorrere dal 1° gennaio 2008, a valere su una quota delle risorse destinate alla riduzione dei premi INAIL relativi alla gestione separata artigianato, di cui all’articolo 1, comma 780[26], della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006), accertate in sede di bilancio consuntivo per l’anno 2007 dell’INAIL. Queste risorse vengono, pertanto, destinate integralmente alla riduzione dei premi dell’assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali relativi alla gestione separata artigianato.
A tal riguardo, il successivo comma 533 dell’articolo 2 della L. 244 ha altresì introdotto il comma 7-bis all’articolo 1 della L. 123/2007. Pertanto, in sostituzione della soppressa modalità di finanziamento per l’esercizio del principio di delega nella su menzionata lettera p), viene previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro annui, a decorrere dal 2008.
Ai sensi della lettera q) si deve procedere alla razionalizzazione e coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 19 del D.Lgs 19 dicembre 1994, n. 758[27], e dell’articolo 23, comma 4, del D.Lgs. 626 del 1994, in modo da rendere più efficaci gli interventi di pianificazione, programmazione, promozione della salute, vigilanza, nel rispetto dei risultati verificati, per evitare sovrapposizioni, duplicazioni e carenze negli interventi e valorizzando le specifiche competenze delle diverse strutture, anche riordinando il sistema delle amministrazioni e degli enti statali aventi compiti di prevenzione, formazione e controllo in materia e prevedendo criteri uniformi ed idonei strumenti di coordinamento.
In merito ai procedimenti d’estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, di cui al Capo II del richiamato D.Lgs. 758, il citato articolo 19 dispone che, agli effetti delle disposizioni di cui al medesimo Capo, si intende per:
o contravvenzioni, i reati in materia di sicurezza e di igiene del lavoro puniti con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda in base alle norme indicate nell'allegato I;
o organo di vigilanza, il personale ispettivo delle ASL, di cui all'articolo 21, terzo comma, della L. 23 dicembre 1978, n. 833[28], fatte salve le diverse competenze previste da altre norme.
Invece l’articolo 23 del D.Lgs. 626 del 1994 dispone che la vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute sul lavoro è svolta dalle ASL e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché, per il settore minerario, dal Ministero dello sviluppo economico, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano.
L'attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro può essere esercitata anche dall'ispettorato del lavoro che ne informa preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell’ASL competente per territorio. In ogni caso restano ferme le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla normattiva vigente all'ispettorato del lavoro, per attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare con apposito D.P.C.M.
Vengono inoltre confermate le competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori attribuite dalla normativa vigente agli uffici di sanità aerea e marittima ed alle autorità marittime, portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale, ed ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze di polizia.
La lettera r) prevede che debba essere escluso qualsiasi onere per i lavoratori e le lavoratrici in connessione con l’adozione delle misure per la salute e sicurezza sul lavoro.
Ai sensi della lettera s) il legislatore delegato deve procedere alla revisione della normativa in materia di appalti, prevedendo misure dirette a:
o migliorare l’efficacia della responsabilità solidale tra appaltante ed appaltatore e il coordinamento degli interventi di prevenzione dei rischi, con particolare riferimento ai subappalti, anche attraverso l’adozione di meccanismi che consentano di valutare l’idoneità sul piano tecnico-professionale delle imprese pubbliche e private, ponendo il rispetto delle norme relative alla salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro quale condizione necessaria per la partecipazione alle gare relative agli appalti e subappalti pubblici e per l’accesso ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza pubblica (lettera s), n. 1);
Si ricorda che la responsabilità solidale del committente e delle imprese appaltatrici è prevista dall'articolo 7 del D.Lgs. n. 626 del 1994, e successive modificazioni, che disciplina gli specifici profili di sicurezza del lavoro nelle ipotesi di affidamento di lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi. Tale disciplina è stata da ultimo modificata dall'art. 1, comma 910, della L. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007).
L'articolo 7 del D.Lgs 626 del 1994 pone diverse obbligazioni in capo al datore di lavoro-committente in caso di affidamento dei lavori all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi. Tali obblighi vanno dalla verifica di idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici e dei lavoratori autonomi, alla fornitura di informazioni sui rischi specifici dell’ambiente in cui le loro prestazioni dovranno essere eseguite, alla prescrizione di attività di cooperazione e di coordinamento nell'attuazione delle misure di protezione e di prevenzione dei rischi incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto, o comunque connessi all’interferenza tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva. Nella formulazione originaria dell'art. 7 citato, tale complesso di obblighi scattava solo nei casi in cui le imprese appaltatrici o i lavoratori autonomi operassero all'interno dell'azienda o dell’unità produttiva dell’impresa committente, con una delimitazione che riprendeva quella degli appalti "interni" di cui all’art. 3, comma 1, della L. 23 ottobre 1960, n. 1369 (all'epoca ancora vigente). Successivamente, l'art. 1, comma 910, della L. n. 296 del 2006 ha esteso tutti gli obblighi previsti dall'art. 7 del D.Lgs. n. 626 del 1994 anche al caso in cui il datore di lavoro affidi lavori a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi nell’ambito dell’intero ciclo produttivo della propria azienda. Pertanto con la modificazione apportata dall'art. 1, comma 910, della L. n. 296 del 2006, gli obblighi dell'art. 7 del D.Lgs. n. 626 del 1994 sono destinati ad operare in un ambito definito sia da un criterio topografico (lavori interni all’azienda o all'unità produttiva), che da un criterio di natura funzionale (lavori attinenti al ciclo produttivo).
Si ricorda, inoltre, che il medesimo art. 1, comma 910, della L. n. 296/2006 ha aggiunto un comma 3-bis nel suddetto art. 7 del D.Lgs. n. 626/1994. Il nuovo comma prevede la responsabilità solidale dell’imprenditore committente per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato dall’INAIL.
o modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso, in modo da garantire che l’assegnazione non determini la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori (lettera s), n. 2);
o operare una revisione della normativa in materia di appalti recata dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, considerando i costi relativi alla sicurezza che dovranno essere specificamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture oggetto di appalto (lettera s), n. 3).
Posto che il successivo articolo 8 procede direttamente a novellare l’articolo 86 del D.Lgs. 163/
2006 (cd. codice dei contratti pubblici), nel senso indicato dalle disposizioni contenute nei nn. 2) e 3) della lettera s) in esame, occorre valutare l’opportunità di mantenere tali disposizioni quali criteri direttivi della delega.
La lettera t) dispone che si debba procedere allarivisitazione delle modalità di attuazione della sorveglianza sanitaria, adeguandola alle differenti modalità organizzative del lavoro e alle particolarità delle lavorazioni, nonché ai criteri ed alle linee guida scientifici più avanzati, anche con riferimento al prevedibile momento di insorgenza della malattia.
La lettera u) è volta a rafforzare e garantire le tutele previste nel caso di allontanamento temporaneo del lavoratore a seguito di esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici, di cui all’articolo 8 del D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277.
Il citato articolo 8 prevede che il lavoratore allontanato temporaneamente, per motivi sanitari inerenti la sua persona, da un'attività comportante esposizione ad un agentechimico o fisico o biologico, deve essere assegnato, in quanto possibile, ad un altro posto di lavoro nell'ambito della medesima azienda in conformità al parere del medico competente. Avverso il parere del medico competente è ammesso ricorso, entro 30 giorni dalla data di comunicazione del parere medesimo, all'organo di vigilanza, che riesamina la valutazione degli esami degli accertamenti effettuati dal medico competente disponendo la conferma o la modifica o la revoca delle misure adottate nei confronti dei lavoratori (comma 1). Il lavoratore in precedenza richiamato che sia adibito a mansioni inferiori conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originaria (comma 2), applicandosi le norme sulla retribuzione delle mansioni superiori svolte, di cui all'articolo 13 della L. 300 del 1970 (cd. “Statuto dei lavoratori”), qualora il lavoratore venga adibito a mansioni equivalenti o superiori. Infine, spetta alla contrattazione collettiva determinare il periodo massimo dell'allontanamento temporaneo agli effetti delle mansioni in precedenza richiamate (comma 3).
La lettera v) prevede l’introduzione dello strumento dell’interpello di cui all’articolo 9 del D.Lgs. 124 del 2004, relativamente ai quesiti di carattere generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, individuando all’uopo il soggetto titolare competente a fornire tempestivamente la risposta.
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 9 del D.Lgs. 124 del 2004, il diritto di interpello consiste nella facoltà, per gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali, gli enti pubblici nazionali, nonché le organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale e i consigli nazionali degli ordini professionali, di inoltrare, esclusivamente per via telematica, alla Direzione generale per l’attività ispettiva, quesiti di ordine generale sull’applicazione delle normative di competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. LaDirezione generale per il coordinamento delle attività ispettive fornisce i relativi chiarimenti d’intesa con le Direzioni generali del Ministero del lavoro competenti per materia e sentiti gli enti previdenziali, qualora interessati dal quesito (comma 1). L’adeguamento alle indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti mette al riparo i soggetti interpellanti dall’applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative (comma 2).
Il successivo comma 3 stabilisce il divieto, per i decreti legislativi da emanare in attuazione della delega, di introdurre un abbassamento dei livelli di protezione, di sicurezza e di tutela, o una riduzione dei diritti e delle prerogative dei lavoratori e delle loro rappresentanze.
I commi 4 e 5 dispongono in merito alla procedura per l’attuazione della delega in esame.
In particolare, ai sensi del comma 4, i decreti legislativi devono essere adottati con la procedura di cui all’articolo 14 della L. 23 agosto 1988, n. 400[29] (che appunto detta la disciplina generale per l’emanazione dei decreti legislativi), su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle infrastrutture (limitatamente a quanto previsto dalla lettera s) del comma 2), dello sviluppo economico (limitatamente a quanto previsto dalla lettera e) del comma 2), di concerto con il Ministro per le politiche europee, il Ministro della giustizia, il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro della solidarietà sociale (limitatamente a quanto previsto dalla lettera l) del comma 2), nonché gli altri Ministri competenti per materia, acquisito il parere della Conferenza Stato-regioni e sentite le organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative.
Il richiamato articolo 14 prevede l’emanazione dei citati decreti legislativi da parte del dal Presidente della Repubblica con la denominazione di «decreto legislativo» e con l'indicazione, nel preambolo, della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei ministri e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione. Inoltre, l'emanazione del decreto legislativo deve avvenire entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il testo del decreto legislativo adottato dal Governo è trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza. Se la delega legislativa si riferisce ad una pluralità di oggetti distinti suscettibili di separata disciplina, il Governo può esercitarla mediante più atti successivi per uno o più degli oggetti predetti. In relazione al termine finale stabilito dalla legge di delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio della delega.
Infine, qualora il termine previsto per l'esercizio della delega ecceda i due anni, in ogni caso il Governo è tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei decreti delegati. Il parere è espresso dalle Commissioni permanenti delle due Camere competenti per materia entro sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive della legge di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere definitivo che deve essere espresso entro trenta giorni.
Il comma 5 dispone la trasmissione degli schemi di decreti legislativi alla Camera e al Senato al fine dell’espressione, entro quaranta giorni, dei parere delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari. Trascorso tale termine in mancanza dell’espressione di tali pareri, i decreti legislativi possono essere comunque emanati.
Lo stesso comma prevede altresì la proroga, pari a tre mesi, dei termini previsti per l’adozione dei decreti legislativi nel caso in cui il termine per l’espressione dei pareri parlamentari scada nei trenta giorni precedenti la scadenza dei termini fissati per l’esercizio della delega. Analogo meccanismo di proroga viene previsto con riferimento all’adozione dei decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive di cui al comma successivo.
Ai sensi del comma 6, è prevista la possibilità, per il Governo, di adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della delega, disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi.
Nel comma 7 si stabilisce che l’attuazione della delega non deve determinare nuovi o ulteriori oneri per la finanza pubblica, ad eccezione degli oneri derivanti dai criteridi delega cui al comma 2, lettera p), numeri 1) e 2) concernenti, rispettivamente, la realizzazione di un sistema di governo per la definizione di progetti formativi ed il finanziamento degli investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro delle piccole, medie e microimprese (cfr. supra). Pertanto le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti richiesti dai decreti attuativi della delega attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse umane, strumentali ed economiche, allo stato già in dotazione alle medesime amministrazioni.
Lo schema di decreto legislativo in esame è predisposto in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della L. 123/2007, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro.
In proposito, la relazione illustrativa al provvedimento in esame afferma che, in virtù del fatto che la delega ha previsto “non solo un’operazione di riorganizzazione della normativa di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro bensì anche la rivisitazione della medesima materia attraverso l’armonizzazione di tutte le leggi vigenti in una logica unitaria ed innovativa e nel pieno rispetto delle previsioni dell’art. 117 della Costituzione, il cui terzo comma attribuisce alla competenza ripartita di Stato e Regioni la materia della tutela e sicurezza del lavoro”, con il presente schema si assiste ad una rielaborazione “nel pieno rispetto della filosofia delle direttive comunitarie in materia e del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, il quale – come noto – trova i suoi capisaldi nella programmazione della sicurezza in azienda, da realizzare tramite la partecipazione di tutti i soggetti delle comunità di lavoro”.
Il Titolo I (articoli 1-61) contiene le principali novità rispetto alla normativa vigente, che consistono soprattutto nell’ampliamento del campo di applicazione della disciplina in materia di salute e sicurezza dei lavoratori e nel potenziamento e maggior coordinamento dell’azione pubblica.
L’articolo 1 ha, a differenza delle vigenti disposizioni contenute nel D.Lgs. 626/1994, “una portata generale ed esplicativa diretto a precisare la finalità del provvedimento”, come sottolinea la relazione illustrativa, “sulla falsariga di quanto è previsto nella Direttiva “quadro” n. 89/391/CEE”. Lo scopo del provvedimento, individuato nel riordino della normativa vigente in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, quindi, sempre secondo quanto affermato nella relazione illustrativa, viene realizzato “assicurando l’applicazione sull’intero territorio nazionale della disciplina dei diritti e degli obblighi di datori di lavoro e lavoratori nel rispetto dell’assetto delle competenze tra Stato e Regioni e delle normative comunitarie ed internazionali in materia”.
L’articolo 2 reca alcune definizioni, di massima corrispondenti a quelle già contenute nel D.Lgs. 626/1994. Come evidenziato nella relazione illustrativa, particolarmente importante risulta l’introduzione delle figure del dirigente cioè la “persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa”, e la figura del preposto, cioè la “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”.
Oltre a ciò l’articolo in esame introduce il concetto di salute, corrispondente alla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, inteso come lo “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità”, nonché i concetti, considerati elementi fondamentali per orientare i comportamenti dei datori di lavoro e migliorare i livelli di tutela definiti legislativamente, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera l), della legge di delega, di norma tecnica (cioè la specifica tecnica, approvata e pubblicata da un’organizzazione internazionale, da un organismo europeo o da un organismo nazionale di normalizzazione, la cui osservanza non sia obbligatoria), di buone prassi (sono le soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi e il miglioramento delle condizioni di lavoro, elaborate e raccolte da specifici enti ed organismi) e di responsabilità sociale delle imprese (cioè l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende e organizzazioni nelle loro attività commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate).
L’articolo 3 amplia il campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza, riferibile ora tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio, senza alcuna differenziazione di tipo formale (c.d. principio di effettività della tutela che implica la tutela di tutti coloro, a qualunque titolo, operano in azienda) nonché a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati ed anche ai lavoratori autonomi.
Lo stesso articolo delinea altresì la tutela di alcune particolari forme contrattuali flessibili: Più specificamente:
§ contratto di somministrazione di lavoro (articolo 20 del D.Lgs. 276/2003): tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico dell’utilizzatore, fatto salvo l’obbligo a carico del somministratore di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali viene assunto (comma 5);
§ distacco del lavoratore (articolo 30 D.Lgs. 276/2003): tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario, fatto salvo l’obbligo a carico del distaccante di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato. Per quanto concerne il personale delle pubbliche amministrazioni individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, che presta servizio con rapporto di dipendenza funzionale presso altre amministrazioni pubbliche, organi o autorità nazionali, gli obblighi sono a carico del datore di lavoro designato dall’amministrazione, organo o autorità ospitante (comma 6);
§ lavoratori a progetto (articoli 61 e ss. D.Lgs. 276/2003) e collaboratori coordinati e continuativi (articolo 409, n. 3, c.p.c.): le disposizioni si applicano ove la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente (comma 7);
§ prestazioni occasionali di tipo accessorio (articoli 70 e ss. del D.Lgs. 276/2003): la normativa di cui al presente provvedimento e tutte le altre norme speciali vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute si applicano con esclusione dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l’insegnamento privato supplementare e l’assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili (comma 8);
§ lavoratori a domicilio (L. 877/1973) e lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati: trovano applicazione gli obblighi di informazione e formazione di cui agli articoli 36 e 37. Ad essi devono inoltre essere forniti i necessari dispositivi di protezione individuali in relazione alle effettive mansioni assegnate. Sono altresì previste ulteriori ipotesi relative ai casi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi (comma 9);
§ lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico (compresi quelli di cui al D.P.R. 70/1999 e dell’accordo-quadro europeo sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002): trovano applicazioni le disposizioni concernenti le attrezzature munite di videoterminali, di cui al Titolo VII, indipendentemente dall’ambito in cui si svolge la prestazione stessa, sono previste altresì ulteriori ipotesi nel caso in cu i il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi. I lavoratori a distanza sono informati dal datore di lavoro circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Al fine di verificare la corretta attuazione della normativa in materia, il datore di lavoro, le rappresentanze dei lavoratori e le autorità competenti hanno accesso (mediante preavviso e consenso del lavoratore nel caso in cui il lavoro sia svolto nel domicilio del lavoratore) al luogo in cui viene svolto il lavoro. E’ previsto altresì il diritto del lavoratore a distanza all’interazione con gli altri lavoratori, al fine di prevenirne l’isolamento (comma 10);
§ lavoratori autonomi di cui all’articolo 2222 c.c.: trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 21 e 26 (comma 11);
§ componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis c.c., piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 c.c. e soci delle società semplici operanti nel settore agricolo: si applicano le disposizioni di cui all’articolo 21 (comma 12).
Lo stesso articolo prevede altresì:
§ particolari applicazioni per specifici settori (ad esempio Forze armate e di Polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco, protezione civile, strutture giudiziarie, penitenziarie, università) tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative, individuate entro e non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame mediante specifici decreti (comma 2);
§ specifiche disposizioni per il settore dell’agricoltura, da emanare entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente provvedimento, limitatamente alle imprese che impiegano lavoratori stagionali ciascuno dei quali non superi le 50 giornate lavorative e per un numero complessivo di lavoratori compatibile con gli ordinamenti colturali aziendali, al fine di semplificare gli adempimenti relativi all’informazione, formazione e sorveglianza sanitaria previsti (comma 13).
L’articolo 4 introduce la regolamentazione del computo dei lavoratori, ove rilevante a fini di sicurezza.
In particolare, anche in attuazione del criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge di delega, che dispone che la normativa in materia sicurezza dei lavoratori debba essere applicata a tutti i settori di attività e a tutti i tipi di rischio, ferma restando l’esigenza di considerare le peculiarità o la specifica pericolosità di particolari settori ed ambiti lavorativi, è stato disposto, come evidenziato nella relazione illustrativa, di diversificare parte della previgente disciplina “sul presupposto che l’organizzazione del lavoro e le necessità delle aziende meno grandi non possono avere eguali caratteristiche rispetto alle aziende a più ampio organico. In pratica, per la realizzazione dell’obiettivo di diversificazione di cui sopra, si è ritenuto opportuno non computare – o computare solo in parte, tenendo conto della loro effettiva presenza sui luoghi di lavoro – i lavoratori non stabilmente inseriti nella organizzazione aziendale”.
Al riguardo, si dispone che non sono computati, ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il provvedimento fa discendere particolari obblighi (comma 1):
a) i collaboratori familiari di cui all’articolo 230-bis c.c.;
b) i soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all’articolo 18 della L. 196/1997, nonché delle specifiche disposizioni delle leggi regionali aventi lo scopo di alternare studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro;
c) gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici;
d) i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato, ai sensi dell’articolo 1 del D.Lgs. 368/2001, in sostituzione di altri prestatori di lavoro assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro;
e) i lavoratori che svolgono prestazioni occasionali di tipo accessorio ai sensi degli articoli 70 e ss. del D.Lgs 276/2003, nonché prestazioni che esulano dal mercato del lavoro ai sensi dell’articolo 74 del medesimo decreto.;
f) i lavoratori a domicilio, nel caso in cui la loro attività non sia svolta in forma esclusiva a favore del datore di lavoro committente;
g) i volontari, i volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile e i volontari che effettuano il servizio civile;
h) i lavoratori utilizzati nei lavori socialmente utili;
i) i lavoratori autonomi di cui all’articolo 2222 del codice civile, fatto salvo quanto previsto dalla successiva lettera l);
l) i collaboratori coordinati e continuativi e i lavoratori a progetto, ove la loro attività non sia svolta in forma esclusiva a favore del committente.
Lo stesso articolo reca ulteriori disposizioni sul computo di altre specifiche categorie di lavoratori, stabilendo, in particolare, che:
per i lavoratori utilizzati mediante somministrazione di lavoro e per i lavoratori assunti a tempo parziale ai sensi del D.Lgs 61/2000, il computo si effettua sulla base del numero di ore di lavoro effettivamente prestato nell’arco di un semestre (comma 2);
per le attività stagionali di cui al D.P.R. 1525/1963, nonché per le attività individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, fatte salve le successive disposizioni per il settore agricolo, il personale si computa a prescindere dalla durata del contratto e dall’orario di lavoro effettuato (comma 3);
Il numero dei lavoratori impiegati per l’intensificazione dell’attività in determinati periodo dell’anno nel settore agricolo e nell’ambito di attività diverse da quelle indicate nel precedente comma 3, invece, corrispondono a frazioni di unità-lavorative-anno (ULA) come individuate sulla base della normativa comunitaria (comma 4).
Gli articoli 5 e 6, al fine di attuare quanto disposto dall’articolo 1, comma 2, lettere i) e q) della legge di delega, nel razionalizzare e coordinare l’attività di vigilanza in materia nonché evitare sovrapposizioni, duplicazioni e carenze negli interventi e valorizzando le specifiche competenze, anche riordinando il sistema delle amministrazioni e degli enti statali aventi compiti di prevenzione, formazione e controllo in materia, istituiscono specifici organismi deputati al coordinamento delle politiche attive sulla sicurezza sul lavoro. Essi sono il Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanzain materia di salute e sicurezza sul lavoro (presso il ministero della salute) e la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale).
In particolare, attuando quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, lettera i), prima parte, e l’articolo 1, comma 2, lettera q), prima parte, della L. 123/2007, l’articolo 5 ha disposto l’istituzione di un Comitato, presso il Ministero della Salute, con compiti di indirizzo e valutazione delle politiche e delle attività di vigilanza di Stato e Regioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In tal modo si intende eliminare le sovrapposizioni delle rispettive attività al fine di raggiungere una maggiore efficienza dell’azione pubblica.
Il successivo articolo 6, attuando l’articolo 1, comma 2, lettera q), seconda parte, ha provveduto, così come affermato nella relazione illustrativa, a rivisitare la composizione e i compiti della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, secondo uno schema tendenzialmente tripartito, quale sede di confronto tra Amministrazioni e parti sociali su temi di fondamentale rilevanza.
La richiamata lettera i), come accennato in precedenza, ha disposto la realizzazione del coordinamento su tutto il territorio nazionale delle attività e politiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro nonché la ridefinizione dei compiti e della composizione della commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro e dei comitati regionali di coordinamento, mentre la richiamata lettera q) ha disposto la razionalizzazione e coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza.
L’articolo 7, sempre con la finalità di un più efficace coordinamento degli interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, dispone che in ogni regione operi un Comitato regionale di coordinamento.
L’articolo 8, attuando l’articolo 1, comma 2, lettere n) ed o), della L. 123/2007, istituisce il Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro, con lo scopo di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l’efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l’utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l’integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate (comma 1). Il SINP è costituito (comma 2) dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero della salute, dal Ministero dell’interno, dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, dall’INAIL, dall’IPSEMA e dall’ISPESL, con il contributo del CNEL. Le regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del SINP sono definite con apposito decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con l Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazioni, da emanarsi entro 180 dall’entrata in vigore del provvedimento in esame (comma 4).
Ai sensi del comma 6, infine, i contenuti dei flussi informativi devono almeno riguardare: il quadro produttivo ed occupazionale; il quadro dei rischi; il quadro di salute e sicurezza dei lavoratori; il quadro degli interventi di prevenzione delle istituzioni preposte; il quadro degli interventi di vigilanza delle istituzioni preposte.
Sempre in riferimento alla razionalizzazione dell’attività di tutela della salute sui luoghi di lavoro, l’articolo 9, in attuazione dell’articolo 1, comma 2, lettera q), seconda parte, definisce compiutamente le competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro di INAIL, IPSEMA ed ISPESL, inquadrandole in un’ottica di sistema.
L’articolo 10 riprende, con modifiche marginali, il contenuto del D.Lgs. 626/1994, relativo all’informazione e all’assistenza in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.
L’articolo 11, in attuazione dell’articolo 1, comma 2, lettera p), della legge di delega, individua una serie di attività di sostegno alle imprese nella effettiva applicazione degli obblighi di legge e di diffusione della cultura della salute e sicurezza. In particolare, il comma 1 prevede la definizione, nell’ambito della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, i finanziamenti a favore delle piccole e medie imprese, garantendo la semplicità delle procedure, nonché il finanziamento di progetti formativi e di specifici istituti educativi (comma 1).
Gli oneri per i richiamati finanziamenti (vedi supra) sono a carico delle risorse destinate all’attuazione della stessa lettera p), pari a 50 milioni di euro a decorrere dal 2008 (comma 2). Il successivo comma 4 dispone, come evidenziato nella relazione illustrativa, che la materia venga portata nell’ambito dell’”attività scolastica ed universitaria” con il chiaro obiettivo di favorire, nei futuri lavoratori, la consapevolezza dell’esistenza del problema infortunistico. Inoltre, il comma 6, attribuisce alle Amministrazioni pubbliche, nell’ambito dei rispettivi compiti istituzionali, la promozione di attività formative destinate ai lavoratori immigrati o alle lavoratrici
La richiamata lettera p), come analizzato in precedenza (vedi supra), ha disposto la promozione della cultura e delle azioni di prevenzione, attraverso una serie di interventi, concernenti la realizzazione di un sistema di governo per la definizione, tramite forme di partecipazione tripartita, di progetti formativi, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, nonché il finanziamento degli investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro delle piccole, medie e microimprese, i cui oneri siano sostenuti dall’INAIL, e la promozione e la diffusione della cultura della salute e della sicurezza sul lavoro in ambito scolastico ed universitario e nei percorsi di formazione.
L’articolo 12, in attuazione dell’articolo 1, comma 2, lettera v), della L. 123/2007, disciplina la possibilità di inoltrare alla Commissione per gli interpelli istituita (comma 2) presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale gli interpelli inerenti quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, la cui risposta vincola gli organi di vigilanza (comma 3).
L’articolo 13 effettua una ricognizione delle competenze in materia di vigilanza trovando corrispondenza nell’articolo 23 del D.Lgs. 626/1994 mentre l’articolo 14 riprende le disposizioni di cui alla L. 123/2007 per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Per quanto concerne le misure di prevenzione e tutela, gli articoli 15-26, nel definire la gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro, introducono alcune innovazioni.
In primo luogo, per quanto attiene alle funzioni proprie del datore di lavoro, l’articolo 16 prevede la possibilità della delega di funzioni sottoposta a specifiche limitazioni e condizioni.
I successivi articoli da 17 a 19 identificano precisamente, a differenza della normativa vigente, gli obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti.
Più specificamente, ai sensi dell’articolo 17, non sono delegabili dal datore di lavoro la valutazione di tutti i rischi con la conseguente adozione dei documenti previsti dall’articolo 28 e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
Il successivo articolo 18, comma 1, identifica gli obblighi del datore di lavoro e dei dirigenti, tra i quali rientrano, tra gli altri, la nomina del medico competente, la designazione preventiva dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza, adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37, consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l’espletamento della sua funzione, copia del documento di valutazione del rischio, elaborare il documento di valutazione dei rischi connesso con gli obblighi relativi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione e consegnarne copia, su richiesta, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
Il successivo comma 2 obbliga in ogni caso il datore di lavoro a fornire al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente informazioni in merito alla natura dei rischi, all’organizzazione del lavoro, la programmazione e l’attuazione delle misure preventive e protettive, alla descrizione degli impianti e dei processi produttivi, ai dati di cui al comma 1, lettera q), e quelli relativi alle malattie professionali, ai provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.
Infine (comma 3), si dispone che gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell’amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione.
L’articolo 19 individua gli obblighi del preposto. Tra essi rientrano: la vigilanza e la sovrintendenza sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti; la verifica inerente al fatto che solamente i lavoratori con adeguate istruzioni possano accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico; la tempestiva informazione dei lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione; la tempestiva segnalazione al datore di lavoro o al dirigente delle deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, nonché di ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta.
L’articolo 20 individua gli obblighi dei lavoratori, tra i quali rientrano i seguenti (comma 2): contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; l’osservanza delle disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; il corretto utilizzo delle attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e, nonché i dispositivi di sicurezza; l’appropriato utilizzo dei dispositivi di protezione messi a loro disposizione; l’immediata segnalazione al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l’obbligo di non rimuovere o modificare i dispositivi di sicurezza per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro.
Per i lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto, è previsto altresì l’obbligo (comma 3) di esporre la tessera di riconoscimento. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.
L’articolo 21 identifica gli obblighi e le facoltà dei componenti delle imprese familiari, dei piccoli imprenditori e dei lavoratori autonomi, mentre gli articoli 22, 23 e 24 disciplinano rispettivamente gli obblighi dei progettisti, dei fabbricanti e dei fornitori e degli installatori.
L’articolo 25 definisce il ruolo del medico competente, potenziandolo, come evidenziato nella relazione illustrativa, e individuandone gli obblighi. In particolare, il medico competente, oltre a collaborare con il datore di lavoro ed il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro, riveste importanza per una serie di funzioni. In particolare:
§ è il responsabile della sorveglianza sanitaria, di cui al successivo articolo 41, attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati;
§ aggiorna e custodisce la cartella sanitaria e di rischio, consegna al datore di lavoro alla cessazione dell’incarico la documentazione sanitaria in suo possesso, la medesima documentazione sanitaria è inoltre consegnata al lavoratore in caso di cessazione del rapporto di lavoro presso l’azienda;
§ invia all’ISPESL, esclusivamente per via telematica, le cartelle sanitarie e di rischio, al fine di consentire un efficace monitoraggio delle attività dei medici competenti ed, al contempo, di evitare che notizie fondamentali in ordine alla sicurezza dei lavoratori vadano perse,
§ fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione della attività che comporta l’esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
§ visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all’anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi (la indicazione di una periodicità diversa dall’annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi);
§ partecipa alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria.
L’articolo 26, individua, ai fini del potenziamento della solidarietà tra committente ed appaltatore, di cu all’articolo 1, comma 2, lettera s), n. 1, della legge di delega, gli obblighi dei datori di lavoro committenti ed appaltatori nei contratti di appalto. In particolare, come anche evidenziato nella relazione illustrativa, vengono riprese le disposizioni di cui all’articolo 3 della stessa L. 123/2007, relativamente al documento unico di valutazione dei rischi da interferenza delle lavorazioni (comma 3) ed alla indicazione dei “costi relativi alla sicurezza del lavoro” (comma 5). Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l’imprenditore committente inoltre (comma 4) è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’INAIL o dell’IPSEMA.
Viene inoltre confermato il principio secondo il quale il datore di lavoro non può rispondere dei rischi propri della impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo.
L’articolo 27, attuando l’articolo 1, comma 2, lettera m), della L. 123/2007, attribuisce alla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro la definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, specificando altresì (comma 2) che il possesso dei requisiti per ottenere la qualificazione delle imprese costituisce elemento vincolante per la partecipazione a gare relative agli appalti e subappalti pubblici, nonché per l’accesso ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza pubblica, sempre se correlati ai medesimi appalti i subappalti.
Gli articoli da 28 a 30 recano disposizioni in merito alla regolamentazione della valutazione dei rischi, individuando, rispettivamente, l’obbligo per il datore di lavoro di considerare tutti i potenziali rischi riferibili alla salute e sicurezza dei lavoratori, le modalità di effettuazione della valutazione dei rischi, le caratteristiche che debbono possedere i modelli di organizzazione e gestione.
Gli articoli da 31 a 35 disciplinano il servizio di prevenzione e protezione. Al riguardo, si segnala che l’articolo 31, comma 7, prevede la costituzione di un unico servizio di prevenzione e protezione nelle aziende con più unità produttive e nei gruppi di imprese.
Gli articoli 36 e 37 concernono la formazione e l’informazione dei lavoratori.
Si segnala, al riguardo, il comma 4 dell’articolo 36 prevede il principio della facile comprensione del contenuto della informazione da parte dei lavoratori, consentendo loro di acquisire le relative conoscenze. Lo stesso articolo dispone altresì l’obbligo di informare i lavoratori immigrati previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo.
Il successivo articolo 37 provvede, come sottolineato nella relazione illustrativa, a potenziare la formazione dei lavoratori e delle loro rappresentanze rispetto alle disposizioni contenute nel D.Lgs. 626 del 1994.
In proposito, si segnalano i seguenti interventi: previsione dell’addestramento, da effettuarsi a cura di persona esperta e sul luogo di lavoro (comma 5); formazione dei preposti (comma 7); formazione dei lavoratori di cui all’articolo 21, comma 1, che possono avvalersi di percorsi formativi appositamente definiti (comma 8); formazione particolare dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (comma 10). Riprendendo il principio della facile comprensione delle informazioni di cui al precedente articolo 36, Il comma 13 stabilisce il principio della formazione facilmente comprensibile per i lavoratori, in modo da consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Anche in questo caso, in presenza di lavoratori immigrati la formazione deve essere effettuata previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso formativo. Infine, il comma 14 dispone che la formazione acquisita debba essere registrata nel libretto formativo del cittadino, di cui all’articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 276/2003.
Il libretto formativo del cittadino è il libretto personale del lavoratore in cui vengono registrate le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l'arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento permanente, purché riconosciute e certificate. Con il D.M. 10 ottobre 2005 è stato approvato il modello di libretto formativo del cittadino.
La Sezione V (articoli da 38 a 42) concerne la sorveglianza sanitaria.
L’articolo 38 definisce i titoli ed i requisiti del medico competente. Per lo svolgimento di tali funzioni è necessario possedere uno dei seguenti titoli:
In generale, per assolvere alle funzioni di medico competente occorre partecipare al programma di educazione continua in medicina.
Infine, si prevede l’istituzione di un albo dei medici competenti presso il Ministero della salute.
Ai sensi dell’articolo 39, l’attività di medico competente deve essere ispirata ai principi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICHO)[31]. Il medico, come già attualmente previsto, può operare come dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o privata, come libero professionista o come dipendente del datore di lavoro. Per gli accertamenti diagnostici, il professionista può avvalersi della collaborazione di medici specialisti scelti in accordo con il datore di lavoro (il decreto legislativo 626/1994 statuisce invece che la scelta dei collaboratori del medico competente è di competenza del datore di lavoro). Nelle aziende con più unità produttive e negli altri casi in cui risulti necessario, il datore di lavoro può nominare più medici competenti e designarne uno con funzioni di coordinamento.
L’articolo 40 disciplina le modalità ed i tempi con i quali il medico competente deve trasmettere ai servizi interessati i dati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria. Le regioni trasmettono poi tali informazioni all’ISPESL.
L’articolo 41 reca norme in materia di sorveglianza sanitaria, prevedendo che essa sia svolta, oltre che nei casi in cui è prescritta dalla normativa vigente (analogamente a quanto stabilito dal decreto legislativo 626/1994), anche nelle ipotesi in cui ne faccia richiesta il lavoratore e il medico competente la ritenga correlata ai rischi lavorativi. Innovando la disciplina vigente (che prevede solo accertamenti preventivi e periodici[32]), lo schema di decreto stabilisce che la sorveglianza sanitaria include la visita medica preventiva intesa a valutare l’idoneità alla mansione specifica, la visita medica periodica, la visita medica richiesta dal lavoratore alle condizioni sopraindicate, la visita medica svolta in occasione del cambio della mansione e la visita medica all’atto della cessazione del rapporto di lavoro.
Le visite mediche comprendono, a cura e a spese del datore di lavoro, i necessari esami clinici e biologici e le indagini diagnostiche, anche la fine di verificare, nei casi indicati dall’ordinamento, stati di alcol dipendenza o assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti. Il medico competente allega gli esiti delle visite alla cartella sanitaria e di rischio secondo modelli e criteri predefiniti.
All’esito della visita, il medico competente esprime uno dei seguenti giudizi: idoneità; idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; inidoneità temporanea; inidoneità permanente. Lo stesso medico informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore dei suddetti giudizi, che possono essere impugnati – come già attualmente previsto[33] – mediante ricorso all’organo di vigilanza territorialmente competente.
L’articolo 42 stabilisce che, in caso di accertata inidoneità alla mansione specifica, il datore di lavoro applica le misure indicate dal medico competente e adibisce il lavoratore, ove possibile, ad una mansione compatibile con il suo stato di salute. Il predetto lavoratore conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte nonché la qualifica originaria. Per i casi in cui il lavoratore sia adibito a mansioni equivalenti o superiori si richiamano le disposizioni dettate in materia dal codice civile[34] e dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[35].
La Sezione VI (articoli da 43 a 46) riguarda la gestione delle emergenze.
L’articolo 43, che riproduce sostanzialmente l’articolo 12 del decreto legislativo 626/1994,individua alcune disposizioni di carattere generale, con particolare riferimento agli adempimenti a carico del datore di lavoro. In particolare, spetta al datore di lavoro l’organizzazione dei rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di primo soccorso, di salvataggio, di lotta antincendio e di gestione dell’emergenza, la designazione dei lavoratori addetti alla prevenzione incendi e alle procedure di esodo, l’informazione dei lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato, la programmazione e l’adozione degli interventi finalizzati all’evacuazione del luogo di lavoro, l’assunzione dei provvedimenti volti a garantire che qualsiasi lavoratore, in caso d’impossibilità di contattare il superiore gerarchico, possa prendere le misure atte ad evitare il pericolo. La disposizione conferma altresì che i lavoratori devono essere formati, in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate e che il datore di lavoro, salvo eccezioni debitamente motivate, non può chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di pericolo grave ed immediato.
L’articolo 44 ripropone le previsioni dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 626 del 1994, ribadendo i diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato. In particolare si esclude qualsiasi pregiudizio ove il lavoratore si allontani dal posto di lavoro in presenza di un pericolo grave ed immediato e che non è possibile evitare.
L’articolo 45 reca norme in materia di primo soccorso[36],in linea con le previsioni contenute nelle direttive di riferimento (first aid). Nel sancire l’obbligo del datore di lavoro di organizzare il primo soccorso e l’assistenza medica di emergenza secondo la natura dell’attività e le dimensioni dell’azienda, la disposizione rinvia al decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388, al fine di identificare le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione.
L’articolo 46 regolamenta la prevenzione incendi, che èdefinita come funzione di preminente interesse pubblico e di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell’ambiente. E’ altresì esplicitamente affermato l’obbligo di adottare nei luoghi di lavoro idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l’incolumità dei lavoratori. I Ministri dell’interno e del lavoro e della previdenza sociale sono chiamati ad adottare uno o più decreti finalizzati a definire, oltre alle caratteristiche del servizio di prevenzione e protezione antincendio, anche i criteri per l’individuazione delle misure antincendio, delle misure precauzionali di esercizio, dei metodi di controllo degli impianti e delle attrezzature e dei provvedimenti di gestione delle emergenze.
Al fine di favorire il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio, si demanda ad un decreto del Ministro dell’interno l’istituzione, presso ogni direzione regionale dei vigili del fuoco, di nuclei specialistici per l’effettuazione di attività di assistenza alle aziende.
La norma precisa altresì che le maggiori risorse derivanti dall’espletamento delle funzioni di controllo sono riassegnate al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro.
Infine, si prevede che le funzioni relative alla prevenzione incendi, sia per l’attività di disciplina che di controllo, devono essere riferite agli organi centrali e periferici del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.
La Sezione VII (articoli da 47 a 52) riguarda la consultazione e partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori.
In primo luogo, gli articoli 47 e 48 recano rispettivamente disposizioni in merito al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale. Si consideri che, in attuazione dell’articolo 1, comma 2, lettera g), della L. 123/2007, l’articolo 48 rafforza le competenze del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale.
Il successivo articolo 49 istituisce il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo.
Si ricorda, infatti, che la richiamata lettera g) ha disposto la revisione dei requisiti, delle tutele, delle attribuzioni e delle funzioni dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale (ivi compreso il medico competente), anche tramite adeguate attività di formazione, in particolare rafforzando il ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale, nonché l’introduzione, appunto, della figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del sito produttivo.
Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale, ai sensi del comma 1 dell’articolo 48, esercita le competenze del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di cui al successivo articolo 50 con riferimento a tutte le aziende o unità produttive del territorio o del comparto di competenza nelle quali non sia stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Al fine di favorire la sua attività, il successivo comma 3 prevede che le tutte le aziende prive di rappresentanti per la sicurezza debbano partecipare al Fondo di sostegno ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali e alla pariteticità, costituito presso l’INAIL ai sensi del successivo articolo 52. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale ha diritto di accesso ai luoghi di lavoro nei quali esplica la propria attività (comma 4), ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza sul lavoro, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi (comma 7) e non può svolgere altre funzioni sindacali operative (comma 8).
La nuova figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del sito produttivo è individuato (articolo 49, comma 1), in specifici contesti produttivi, caratterizzati dalla compresenza di più aziende o cantieri, e specificamente:
a) i porti classificati ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettere b), c) e d) della L. 84/1994 (porti, o specifiche aree portuali, rispettivamente, di rilevanza economica internazionale, di rilevanza economica nazionale e di rilevanza economica regionale e interregionale) sedi di autorità portuale nonché quelli sede di autorità marittima da individuare con appositi decreti.
b) centri intermodali di trasporto di cui alla direttiva del Ministro dei trasporti del 18 ottobre 2006, n. 3858.
La richiamata direttiva, nel definire il nuovo atto di indirizzo concernente l’individuazione delle priorità politiche da realizzarsi nel 2007, tra le aree di intervento relative alle priorità del Sistema integrato dei trasporti – Diritto alla mobilità, ha disposto la realizzazione di una serie di interventi per l’integrazione tra i modi di trasporto, aerei, via mare e terrestri (su ferro e su strada), attraverso la realizzazione di centri intermodali e per l’integrazione tra le linee di grande percorrenza e il trasporto locale, attraverso la realizzazione di centri di scambio, anche al fine di garantire lo sviluppo sostenibile di un sistema integrato dei trasporti;
c) impianti siderurgici;
d) cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno, intesa quale entità presunta dei cantieri, rappresentata dalla somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la realizzazione di tutte le opere;
e) contesti produttivi con complesse problematiche legate alla interferenza delle lavorazioni e da un numero complessivo di addetti mediamente operanti nell’area superiore a 500.
In tali contesti, la richiamata figura è individuata su iniziativa dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza delle aziende che operino nel sito produttivo interessato (comma 2).
Le modalità di individuazione richiamate nonché le modalità secondo cui il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo esercita le proprie attribuzioni in tutte le aziende o cantieri del sito produttivo in cui non vi siano rappresentanti per la sicurezza sono stabilite dalla contrattazione collettiva, la quale altresì realizza il coordinamento tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza del medesimo sito (comma 3).
L’articolo 51 dispone in materia di compiti e prerogative degli organismi paritetici, il cui ruolo di supporto alle imprese, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, risulta notevolmente valorizzato.
Il successivo articolo 52 prevede, come accennato in precedenza, l’istituzione, presso l’INAIL, del Fondo di sostegno alla piccola e media impresa cui partecipano finanziariamente le aziende prive di rappresentanti per la sicurezza (comma 1).
Il Fondo opera a favore delle realtà in cui non sono previsti sistemi di rappresentanza dei lavoratori e di pariteticità migliorativi o, almeno, di pari livello.
Il suo scopo, secondo quanto affermato nella relazione illustrativa, “è quello di sostenere le rappresentanze su base territoriale o di comparto ma anche le piccole e medie imprese e gli organismi paritetici, all’evidente scopo di favorire la effettiva diffusione delle rispettive attività ed il consequenziale, positivo, impatto – in termini di tutela della salute e sicurezza – sugli ambienti di lavoro”.
Tra gli obiettivi del Fondo rientrano:
§ il sostegno ed il finanziamento, in misura non inferiore al 50% delle disponibilità del Fondo, delle attività delle rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza territoriali, anche con riferimento alla formazione;
§ il finanziamento della formazione dei datori di lavoro delle piccole e medie imprese, dei piccoli imprenditori, dei lavoratori stagionali del settore agricolo e dei lavoratori autonomi;
§ il sostegno delle attività degli organismi paritetici.
Il Fondo è finanziato (comma 2):
§ da un contributo delle aziende nel cui ambito non è stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (al riguardo si segnala che il testo non fa riferimento alle unità produttive), in misura pari a due ore lavorative annue per lavoratore;
§ dalle entrate derivanti dall’irrogazione delle sanzioni previste dal provvedimento in esame per la parte eccedente quanto riscosso a seguito dell’irrogazione delle sanzioni previste dalla vigente normativa, successivamente abrogata dal medesimo provvedimento, nel corso dell’anno 2007, incrementato del 10%;
§ con una quota parte delle risorse relative alle attività di consulenza di cui al precedente articolo 9, comma 3;
§ relativamente all’attività formative per le piccole e medie imprese richiamate in precedenza, anche dalle risorse di cui all’articolo 11, comma 2
Il comma 3 demanda ad un decreto interministeriale la individuazione delle regole di funzionamento del fondo nonché quelle di elezione o designazione dei rappresentanti della sicurezza territoriali, nell’ipotesi in cui tale regole non vengano individuate tramite la contrattazione collettiva, mentre il comma 4 prevede l’obbligo, per il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale di informare il Fondo, tramite una relazione annuale, sulle attività svolte.
Gli articoli 53 e 54 concernono la documentazione tecnico-aministrativa e le statistiche inerenti gli infortuni e le malattie professionali.
In particolare, l’articolo 53, comma 1, prevede espressamente che ogni documentazione rilevante in materia di salute e sicurezza sul lavoro possa essere tenuta tramite “sistemi di elaborazione automatica di dati”, secondo determinate regole di immissione dati (comma 2). Al riguardo, la relazione illustrativa evidenzia (comma 3) come nelle aziende ad articolazione complessa, formata da varie sedi geografiche oppure distinti settori funzionali, l’accesso ai dati possa avvenire mediante reti di comunicazione elettronica, sempre nel rispetto delle richiamate regole generali.
Infine, l’articolo 54 prevede che ogni trasmissione di documentazione o comunicazione a enti o amministrazioni pubbliche possa avvenire tramite sistemi informatizzati, secondo le procedure di volta in volta individuate dalla strutture riceventi.
I Titoli da II a XI sono dedicati invece all’attuazione di specifiche direttive “particolari” in materia di salute e sicurezza sul lavoro rispetto alla direttiva “madre” 89/391/CEE.
Nella relazione illustrativa si fa presente che in tutti i su menzionati Titoli le direttive applicabili hanno costituito il parametro indefettibile di riferimento per individuare quale parte di normativa nazionale mantenere intatta nella sua formulazione, quale modificare o integrare, quale invece trasformare in buona tecnica oppure abrogare.
In particolare, le disposizioni del Titolo II (articoli 62-68) corrispondono a quelle del Titolo II del D.Lgs. 626/1994, che recepiscono la direttiva 89/654/CEE in materia di prescrizioni minime di sicurezza per i luoghi di lavoro[37] oltre a riprendere alcune disposizioni contenute nel D.P.R. 303/1956 (recante norme generali per l’igiene del lavoro).
In particolare, si segnala tra le novità introdotte quella riguardante la definizione di luogo di lavoro in cui sono compresi anche “i campi, i boschi e altri terreni facenti parte di un’azienda agricola o forestale” i quali prima venivano esclusi dall’applicazione della disciplina recata dal titolo II se situati fuori dall’area edificata dell’azienda (articolo 62).
Inoltre, si precisa l’esigenza di strutturare i luoghi di lavoro tenendo conto dell’eventuale presenza di lavoratori disabili (articolo 63).
Il successivo Titolo III (articoli da 69 a 87), suddiviso in tre Capi, reca disposizioni in materia di “Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale”.
Il Capo I, recante “Uso delle attrezzature di lavoro (articoli da 69 a 73), corrisponde al Titolo III del D.Lgs 626/1994, che ha recepito la direttiva 89/655/CEE relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro oltre a riprendere alcune disposizioni normative di cui al D.P.R. 547/1955 recante norme per la prevenzione degli infortuni.
In particolare, nel testo dello schema di decreto si segnala l’articolo 71, che disciplina gli obblighi del datore di lavoro, il quale riprende sostanzialmente la norma attualmente vigente all’articolo 35 del D.Lgs. 626/1994.
Inoltre, con riferimento alla norma che impone degli obblighi di informazione del datore di lavoro verso il lavoratore affinché disponga di ogni necessaria informazione e istruzione (articolo 73), si segnala che, per il datore di lavoro è previsto l’obbligo a provvedere ad una formazione adeguata e specifica dei lavoratori incaricati dell’uso di attrezzature che richiedano conoscenze e responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici (di cui al precedente articolo 71, comma 7). A tal riguardo, si attribuisce alla competenza della Conferenza Stato-regioni l’individuazione delle attrezzature di lavoro per cui sia richiesta una specifica abilitazione degli operatori, con il necessario riconoscimento di tale abilitazione, soggetti formatori e requisiti per la validità di formazione.
Il Capo II, recante “Uso dei dispositivi di protezione individuale” (articoli da 74 a 79), riporta in maniera sostanziale le norme contenute nel Titolo IV del D.Lgs 626/1994, di recepimento della direttiva 89/656/CEE[38].
Si osserva che, all’articolo 78, comma 1, per quanto riguarda l’obbligo dei lavoratori di sottoporsi ad un apposito programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro, non appare corretto il riferimento all’ “articolo 68, commi 4, lettera h), e 5”, dovendosi invece far riferimento all’ “articolo 77, commi 4, lettera h), e 5)” che disciplina gli obblighi del datore di lavoro.
Il Capo III, infine, in materia di “impianti ed apparecchiature elettriche” (articoli da 80 a 87), prende in considerazione le misure necessarie affinché i materiali, le apparecchiature e gli impianti elettrici messi a disposizione dei lavoratori siano progettati, costruiti, installati, utilizzati e mantenuti in modo da salvaguardare i lavoratori da tutti i rischi di natura elettrica. Le previsioni in esso contenute derivano dal D.P.R. 547/1955, nonché dalle normative di buona tecnica esistenti.
Il Titolo IV (articoli 88-160) reca norme in materia di “Cantieri temporanei e mobili” ed è articolato in tre Capi.
Il Capo I recante le “Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili“ (articoli da 88 a 104), riprende le norme del D.Lgs 494/1996[39] di recepimento della direttiva 92/57/CEE[40] ed è costituito inoltre da una serie di allegati derivanti dal citato decreto legislativo e dal D.P.R. 222/2003[41].
Nel testo dello schema di decreto si segnala all’articolo 89 tra le definizioni in esso riportate quella di impresa affidataria (articolo 89, comma 1, lettera i)), definita come l’impresa titolare del contratto di appalto con il committente che, nell’esecuzione dell’opera appaltata, si avvale di imprese subappaltatrici e o di lavoratori autonomi.
Si evidenzia inoltre che l’articolo 97, in materia di obblighi del datore di lavoro dell’impresa affidataria, reca una disposizione non presente nel testo attualmente vigente del D.Lgs 494/1996. Tale disposizione, tra l’altro, pone a carico del datore di lavoro dell’impresa affidataria gli obblighi indicati all’articolo 26 del provvedimento in esame, in materia di “obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione”.
Il Capo II recante “Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota“ (articoli da 105 a 160), contiene disposizioni derivanti dal D.P.R. 547/1955, dal DPR 164/1956[42], dal D.Lgs. 494/1996, dal D.Lgs. 626/1994 e dal D.Lgs. 235/2003[43]. Questo insieme di norme è corredato da una serie di allegati derivanti:
· dai decreti del Ministero del lavoro e della previdenza sociale 2 settembre 1968 sul riconoscimento di efficacia[44], del 23 marzo 1990, n. 115[45] sul riconoscimento di efficacia, del 27 marzo 1998 sui trabattelli[46], del 23 marzo 2000 sulle scale portatili[47] e del 6 agosto 2004 in materia di laboratori di certificazione[48];
· dagli accordi Stato-regioni del 26 gennaio 2006 sui lavori in quota e del 16 marzo 2006 sulle bevande alcoliche;
· dalle circolari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 46 del 2000 e n. 25 del 2006.
In particolare, oltre a disposizioni di carattere generale, l’articolato contiene norme riguardanti scavi e fondazioni, ponteggi e impalcature in legname, ponteggi fissi e movibili, costruzioni edilizie e demolizioni.
Va sottolineato come l’articolo 111 dello schema di decreto riporta la norma dell’articolo 36-bis del D.Lgs 626/1994 in materia di“ Obblighi del datore di lavoro nell’uso di attrezzature per lavori in quota” e l’articolo 116 dello schema riprende l’articolo 36-quinquies del D.lgs 626/1994 che disciplina gli “Obblighi dei datori di lavoro concernenti l’impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi”[49].
Il capo III (articoli da 157 a 160), infine, reca disposizioni in materia di sanzioni per le quali si rinvia all’apposita scheda.
Il Titolo V (articoli da 161 a 166), suddiviso in due Capi (relativi rispettivamente alle disposizioni generali e alle sanzioni), reca disposizioni in materia di “Segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro”. In sostanza, in esso vengono riprese le norme del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 493 di attuazione della direttiva 92/58/CE[50] concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
Le disposizioni del Titolo VI (articoli 167-171) corrispondenti a quelle del Titolo V del D.Lgs. 626/1994, che ha recepito la direttiva 90/269CEE, si applicano alle attività lavorative di movimentazione manuale dei carichi che comportano per i lavoratori rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari.
Il Titolo VII (articoli 172-179) reca disposizioni in materia di attrezzature munite di videoterminale, ribadendo il dettato del Titolo VI del D.Lgs. 626/1994 che ha recepito la direttiva 90/270/CEE relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali.
Il Titolo VIII (articoli 180-220) reca disposizioni in materia di agenti fisici ed è suddiviso i 5 Capi, concernenti, rispettivamente, le disposizioni generali (Capo I), il rumore (Capo II), le vibrazioni (Capo III), i campi elettromagnetici (Capo IV) e le radiazioni ottiche (Capo V).
Più specificamente, secondo quanto affermato nella relazione illustrativa, il Capo I (articoli 180-186) contiene disposizioni di carattere generale che trovano applicazione nei confronti di tutti gli agenti fisici disciplinati dal titolo in materia, tra gli altri, di valutazione dei rischi, di informazione e formazione dei lavoratori, di sorveglianza sanitaria.
Il successivo Capo II (articoli 187- 198), corrispondente al Titolo V-bis del D.Lgs. 626/1994, che ha dato attuazione alla direttiva 2003/10/CE, determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall’esposizione al rumore durante il lavoro e, in particolare, per l’udito.
Il Capo III (articoli 199-205) introduce le disposizioni relative al D.Lgs. 187/2005 che ha dato attuazione alla direttiva 2002/44/CE contenente prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da vibrazioni meccaniche.
Con il Capo IV (articoli 206-212) sono state mutuate le disposizioni di cui al D.Lgs. 257/2007, di attuazione della direttiva 2004/40/CE contenente prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori dai rischi derivanti dai campi elettromagnetici.
Si segnala, al riguardo, che il Capo IV in esame già tiene conto delle disposizioni correttive e integrative al D.Lgs. 257/2007 recate dallo schema di decreto legislativo adottato in base alla previsione dell’articolo 1, comma 5, della L. 29/2006 (legge comunitaria 2005) e trasmesso al Parlamento ai fini dell’espressione del parere da parte delle Commissioni competenti (atto n. 234). Il Capo V (articoli 213-220), infine, prevede l’attuazione delle prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dalle radiazioni ottiche artificiali di cui alla direttiva 2006/25/CE. Al riguardo, si segnala che la relazione illustrativa evidenzia la trasfusione, nel provvedimento in esame, delle disposizioni contenute nello schema di decreto legislativo volto a dare attuazione alla direttiva 2006/25/CE (che stabilisce le prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dalle radiazioni ottiche artificiali), approvato dal Governo e trasmesso al Parlamento ai fini dell’espressione del parere da parte delle Commissioni competenti (atto n. 228).
Si osserva, tuttavia, che le disposizioni contenute nello schema n. 233 in esame si discostano in alcuni punti da quelle corrispondenti contenute nello schema n. 228 e che, pertanto, sarebbe opportuno coordinare al riguardo i due provvedimenti.
Il Titolo IX (articoli 221-265) reca disposizioni concernenti le sostanze pericolose ed è suddiviso in 3 Capi, concernenti la protezione da agenti chimici (Capo I), la protezione da agenti cancerogeni e mutageni (Capo II) e la protezione dai rischi connessi all’esposizione ad amianto (Capo III).
In particolare, il Capo I reca disposizioni corrispondenti al Titolo VII-bis del D.Lgs. 626/1994, introdotto dal D.Lgs. 25/2002, di attuazione della direttiva 98/24/CE sulla protezione della salute e la sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro.
Con il Capo II sono ribadite le disposizioni di cui al Titolo VII del D.Lgs. 626/1994, così come sostituito dal D.Lgs. 66/2000, emanato in attuazione delle direttive 97/42/CE e 99/38/CE che modificano la direttiva 90/394/CE in materia di protezione di lavoratori contro i rischi derivanti da esposizioni ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro.
Il Capo III, infine, riconduce nel provvedimento in esame le disposizioni di cui al D.Lgs. 257/2006, di attuazione della direttiva 2003/18/CE relativa alla protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione all’amianto dei lavoratori durante il lavoro.
Il Titolo X (articoli 266-286) contiene le disposizioni del Titolo VIII del D.Lgs. 626/1994, con il quale è stata attuata la direttiva 90/679/CEE relativa alla protezione di lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione agli agenti biologici durante il lavoro.
Infine, il Titolo XI (articoli 287-297) corrisponde al Titolo VIII-bis del D.Lgs. 626/1994, introdotto dall’articolo 2 del D.Lgs. 233/2003, che ha recepito la direttiva 99/92/CE relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori esposti a rischio di atmosfere esplosive.
Per quanto riguarda il Titolo XII (articoli 298-303), recante “Disposizioni diverse in materia penale e di procedura penale”, si rinvia all’apposita sezione dedicata all’apparato sanzionatorio (cfr. infra)
L’articolo 1, comma 2, lettera f) della legge delega n. 123 del 2007 prevede la riformulazione e razionalizzazione dell’apparato sanzionatorio (amministrativo e penale) per la violazione delle norme vigenti e per le infrazioni alle disposizioni introdotte dai decreti legislativi emanati in attuazione della delega, tenendo conto delle funzioni svolte da ciascun soggetto obbligato, con particolare riguardo alla responsabilità del preposto, e alla natura formale o invece sostanziale della violazione.
In particolare, il Governo era chiamato a prevedere:
· la modulazione delle sanzioni in funzione del rischio e l’utilizzazione di strumenti che favoriscano la regolarizzazione e l’eliminazione del pericolo da parte dei soggetti destinatari dei provvedimenti amministrativi, confermando e valorizzando il sistema della disciplina sanzionatoria in materia di lavoro di cui al D. Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 (lettera f), n. 1);
· la determinazione delle sanzioni penali dell’arresto e dell’ammenda, previste solo nei casi in cui le infrazioni ledano interessi generali dell’ordinamento, individuati in base ai criteri ispiratori degli articoli 34 e 35 della L. 24 novembre 1981, n. 689[51], da comminare in via esclusiva ovvero alternativa, con previsione della pena dell’ammenda fino a euro 20.000 per le infrazioni formali, della pena dell’arresto fino a tre anni per le infrazioni di particolare gravità, della pena dell’arresto fino a tre anni ovvero dell’ammenda fino a euro 100.000 negli altri casi (lettera f), n. 2);
· la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma di denaro fino a 100.000 euro per le infrazioni non punite con la sanzione penale (lettera f), n. 3);
· la graduazione delle misure interdittive in dipendenza della particolare gravità delle disposizioni violate (lettera f), n. 4);
· il riconoscimento ad organizzazioni sindacali ed associazioni dei familiari delle vittime della possibilità di esercitare, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 91 e 92 del codice di procedura penale[52], i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa, con riferimento ai reati commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale (lettera f), n. 5);
· la previsione della destinazione degli introiti delle sanzioni pecuniarie per interventi volti alla prevenzione, a campagne informative e alle attività dei dipartimenti di prevenzione delle ASL (lettera f), n. 6,).
In base ai criteri indicati dalla legge delega, il sistema sanzionatorio delineato dallo schema di decreto legislativo in commento è basato sulla contravvenzione.
In merito si ricorda che, in sede di esame della legge delega, la Commissione giustizia del Senato ha espresso un parere negativo sul sistema sanzionatorio contravvenzionale. Secondo la Commissione, «le soluzioni adottate sono eccessivamente blande e non idonee a reprimere penalmente un fenomeno così grave; arresto e ammenda, previste, tra l’altro, anche in via alternativa, andrebbero a punire illeciti rispetto ai quali è palese la sproporzionata irrisorietà della sanzione penale proposta e quindi la non dissuasività della medesima». Inoltre, continuava la Commissione, l’opzione per la natura contravvenzionale incide negativamente sul regime della prescrizione, consentendo l’estinzione in soli quattro anni dei più gravi reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Conseguentemente, la Commissione giustizia del Senato aveva sollevato la necessità di procedere ad una correzione della parte relativa al regime delle sanzioni penali, prevedendo che i fatti più gravi (comportamenti/omissioni gravi in violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro) fossero puniti come delitti.
Il decreto rivisita l’attuale apparato sanzionatorio in materia di salute e sicurezza sul lavoro rimodulando gli obblighi (e le conseguenti sanzioni in caso di violazione) del datore di lavoro, dei dirigenti, dei preposti e degli altri soggetti del sistema aziendale, sulla base dell’effettività dei compiti rispettivamente svolti.
Rinviando alle tabelle allegate per l’analisi delle singole condotte illecite e della relativa sanzione, in via generale ed in estrema sintesi, si rileva che il decreto prevede la pena dell’arresto da sei a diciotto mesi per il datore di lavoro che non abbia effettuato la valutazione dei rischi cui possono essere esposti i lavoratori in aziende che svolgano attività con elevata pericolosità.
Nella maggior parte dei casi, però, il decreto legislativo prevede che al datore di lavoro si applichi la sanzione dell’arresto alternativo all’ammenda o la sola ammenda, con un’attenta graduazione delle sanzioni in relazione alle singole violazioni. Per favorire l’adeguamento alle disposizioni indicate dal decreto legislativo, al datore di lavoro che si metta in regola non è applicata la sanzione penale ma una sanzione pecuniaria.
Nella stessa logica, il datore di lavoro che cominci ad eliminare concretamente le conseguenze della violazione o che adempia, pur tardivamente, all’obbligo violato ottiene, nel primo caso, una riduzione della pena, nel secondo caso la sostituzione della pena con una sanzione pecuniaria che va da un minimo di 8.000 euro a un massimo di 24.000. Ovviamente tale possibilità è esclusa quando il datore di lavoro sia recidivo o si siano determinati, in conseguenza della mancata valutazione del rischio, infortuni sul lavoro con danni alla salute del lavoratore.
In particolare, gli articoli da 55 a 60 individuano le sanzioni da applicare ai diversi soggetti della normativa sulla sicurezza sul lavoro (datore di lavoro, dirigenti, preposti, medico competente ma anche lavoratori), in relazione alla violazione di specifici obblighi posti dallo stesso schema di decreto legislativo (per un’analisi analitica delle sanzioni si rinvia alle tabelle allegate).
L’articolo 61 conferma la possibilità per l’INAIL di costituirsi parte civile nel processo penale a carico del datore di lavoro, accusato di omicidio colposo o lesioni personali colpose in seguito alla violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, e di agire in regresso (ai sensi dell’art. 11 del DPR n. 1124 del 1965[53]) nei confronti del datore di lavoro stesso. A tal fine si prevede la comunicazione immediata all’Ente dell’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero. Con riferimento agli stessi reati, la disposizione conferma inoltre le attuali previsioni in ordine alla costituzione di parte civile delle organizzazioni sindacali e delle associazioni dei familiari delle vittime degli infortuni sul lavoro.
Ulteriori sanzioni a carico del solo datore di lavoro sono previste dall’articolo 68, per quanto riguarda lo stato dei luoghi di lavoro, e dall’articolo 87 in relazione agli impianti e alle apparecchiature elettriche (v. tabelle allegate).
Gli articoli 157-160 introducono sanzioni per la violazione della disciplina relativa ai cantieri temporanei e mobili.
Gli articoli 165 e 166 introducono sanzioni a carico di datori di lavoro, dirigenti e preposti in materia di segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro; analogamente dispongono gli articoli 170 e 171 relativamente alla movimentazione manuale dei carichi, gli articoli 178 e 179 per i videoterminali, e gli articoli 219 e 220 per la violazione delle disposizioni in tema di agenti fisici (rumore, vibrazioni, campi elettromagnetici e radiazioni ottiche). In quest’ultimo caso la disposizione in commento sanziona anche la condotta illecita del medico competente.
Datore di lavoro, dirigenti e preposti, ma anche medico competente e lavoratori sono inoltre destinatari della disciplina sanzionatoria prevista dagli articoli da 262 a 265, in relazione alle misure di prevenzione del rischio derivante da sostanze pericolose (es. amianto) e dagli articoli da 282 a 286 e 297, in relazione alla prevenzione rispetto all’esposizione ad agenti biologici e ad atmosfere esplosive.
Infine, gli articoli da 298 a 303 del provvedimento recano disposizioni in materia penale e processuale, relative all'applicazione del principio di specialità, all'esercizio di fatto di poteri direttivi, a modifiche al decreto legislativo in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (D.Lgs 231/2001), nonché alla definizione delle contravvenzioni, con particolare riferimento a quelle punite con sola pena dell'arresto. In particolare,
· l'art. 300 introduce una nuova formulazione dell'art. 25-septies del citato D.Lgs 231 del 2001, relativo alle sanzioni a carico alle aziende condannate per omicidio colposo o lesioni gravi e gravissime commessi in violazione delle norme antinfortunstiche e sulla tutela dell'igiene e della salute sul lavoro. Il nuovo testo reca - in ragione della nuova disciplina introdotta dallo schema di decreto - una graduazione delle sanzioni (sia pecuniarie che interdittive) a carico delle aziende-persone giuridiche.
· l'art. 301 prevede che la regolarizzazioni delle contravvenzioni in materia di sicurezza e di igiene del lavoro puniti con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda debba avvenire, di regola entro sei mesi; in specifiche ipotesi, tale termine è prorogabile una sola volta, a richiesta del contravventore, per un tempo ulteriore di sei mesi.
· l'art. 302 prevede che - nelle contravvenzioni punite con la sola pena dell'arresto - a richiesta dell' imputato, il giudice debba sostituire la pena da irrogare con il pagamento di una somma tra 8.000 e 24.000 euro. Tale conversione non è ammessa nelle ipotesi in cui sussista un contribuito causale dell'autore dell'illecito nell'infortunio sul lavoro, in caso di recidiva di violazione di norme antinfortunistiche o di condanna per omicidio colposo o lesioni personali colpose, inflitte per violazione delle stesse norme. La norma prevede l'estinzione del reato contravvenzionale decorsi tre anni dalla formazione del giudicato sulla sentenza che ha convertito la pena, salvo i casi di recidiva.
· l'art. 303, infine, prevede una circostanza attenuante dei reati previsti dal decreto e puniti con l'arresto, consistente - sulla falsariga delle previsioni del n. 6), comma 1, dell'art. 62 c.p. - nell' adoperarsi concretamente per la rimozione delle irregolarità accertate dagli organi di vigilanza e delle conseguenze dannose dell'illecito.
Il Titolo XIII (articoli 304 e 305), recante “Disposizioni finali”, dispone all’articolo 304 in merito alle abrogazioni.
In particolare, si prevede che dall’entrata in vigore del provvedimento in esame vengono interamente abrogati i seguenti provvedimenti (lettera a)):
· il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, recante “Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”;
· il D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, in materia di “Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni”;
· il D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, “Norme generali per l'igiene del lavoro”;
· il D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277, di “Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della L. 30 luglio 1990, n. 212”;
· il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, recante “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”;
· Il D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 493, di “Attuazione della direttiva 92/58/CE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e salute sul luogo di lavoro”;
· il D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, di “Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili”;
· Il D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 187, Attuazionedella direttiva 2002/44/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da vibrazioni meccaniche.
Inoltre, vengono abrogati (lettera b)) i commi 1 e 2 dell’articolo 36-bis, D.L. 223/2006[54], recante “Misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro”. In tale norma, si prevede al comma 1 l’adozione di un provvedimento di sospensione dei lavori nei cantieri edili, da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro e dellaprevidenza sociale, anche su segnalazione di INPS o INAIL, qualora fosse riscontrato l’impiego di personale non risultate dalle scritture in misura almeno pari o superiore al 20 per cento dei lavoratori ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro e di riposo giornaliero e settimanale; tale provvedimento viene trasmesso al Ministero dello sviluppo economico per l’adozione di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche. Nel comma 2 si prevede la revoca del provvedimento sospensivo dei lavori per la regolarizzazione dei lavoratori e il ripristino delle regolari condizioni di lavoro. Si fa presente che tale norma è stata riportata all’articolo 14 dello schema di decreto in esame recante “Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori” avente portata generale per tutti i settori.
Ai sensi della successiva lettera c)) sono abrogati i seguenti articoli della L. 123/2007:
· l’articolo 2, il quale prevede, nei casi di esercizio dell’azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, che il pubblico ministero dia notizia all’INAIL ai fini dell’eventuale costituzione di parte civile e dell’azione di regresso se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbia determinato una malattia professionale;
· l’articolo 3, il quale dispone alcune modifiche al D.Lgs. 626/1994 ed in particolare, all’articolo 7, in materia di Contratto di appalto o d’opera, all’articolo 18, sul Rappresentante per la sicurezza, e all’articolo 19, sulle Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza;
· L’articolo 5, recante disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, che prevedeva un provvedimento di sospensione di un’attività imprenditoriale di tenore analogo all’articolo 36-bis del D.L 223/2006 sopra esposto: tale norma è stata riportata all’articolo 14 dello schema di decreto;
· l’articolo 6, che prevedeva una tessera di riconoscimento per il personale delle imprese appaltatrici subappaltatrici e l’articolo 7 sui poteri degli organismi paritetici.
Infine, viene inserita alla lettera d) una clausola abrogativa implicita per cui si abroga ogni altra disposizione legislativa e regolamentare nella materia disciplinata dal decreto legislativo medesimo incompatibili con lo stesso.
Infine, l’articolo 305 dispone che, salvo quanto previsto dall’articolo 11 in materia di attività volte a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, dal provvedimento in esame non devono discendere nuovi oneri per la finanza pubblica.
Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Datore di lavoro (art. 55, commi 1-3) |
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· Omissione della valutazione dei rischi e dell’adozione dei documenti previsti (art. 17, comma 1, lett. a) ovvero adozione degli stessi in assenza di alcuni specifici elementi (art. 18, comma 1, lett. q) e z); art. 28, lett. a), b), d), f)) in aziende in cui il rischio connesso all’attività lavorativa risulti maggiormente elevato (es. centrali termoelettriche, aziende che espongono i lavoratori a rischi biologici, attività estrattiva, cantieri temporanei o mobili con entità di lavoro non inferiore a 200 uomini/giorno) |
arresto da 6 mesi a un anno e 6 mesi |
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|
· Omissione della valutazione dei rischi e dell’adozione dei documenti previsti (art. 17, comma 1, lett. a) ovvero adozione degli stessi in assenza di alcuni specifici elementi (art. 18, comma 1, lett. q) e z); art. 28, lett. a), b), d), f)) · Mancata nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione salvo il caso di svolgimento in prima persona da parte del datore di lavoro (art. 17, comma 1, lett. b) |
arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 4.000 a 12.000 |
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· Irregolarità nella redazione del documento di valutazione dei rischi |
ammenda da 5.000 a 15.000 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Datore di lavoro (art. 68) |
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· Violazione del divieto di accesso dei lavoratori in ambienti sospetti d’inquinamento (pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri), senza che sia stata previamente accertata l’assenza di pericolo per la vita e l’integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell’atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell’atmosfera, omessa adozione delle cautele richieste (lavoratori legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione) (art. 66) |
arresto da 6 a 12 mesi o ammenda da 4.000 a 16.000 |
|
|
· Luoghi di lavoro non conformi ai requisiti di legge (art. 64, comma 1, lett. a) e Allegato IV); · Vie di circolazione e uscite di emergenza ostruite (art. 64, comma 1, lett. b); · Irregolare manutenzione tecnica dei i luoghi di lavoro, degli impianti e dei dispositivi (art. 64, comma 1, lett. c); · Omessa regolare pulizia dei luoghi di lavoro, degli impianti e dei dispositivi (art. 64, comma 1, lett. d); · Omessa regolare manutenzione di impianti e dispositivi di sicurezza (art. 64, comma 1, lett. e) · Destinazione al lavoro di locali chiusi o semisotterranei ovvero laddove ciò sia eccezionalmente consentito, omessa assicurazione di condizioni di aerazione, illuminazione e microclimatizzazione idonee (art. 65, commi 1 e 2) |
arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.000 a 10.000 euro |
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· Omessa o irregolare notifica all’organo di vigilanza competente per territorio della costruzione di edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali nonché ampliamenti e ristrutturazioni di edifici esistenti (art. 67, commi 1 e 2) |
sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 2.500 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Datore di lavoro (art. 87, in relazione al Capo III relativo ad impianti ed apparecchiature elettriche)) |
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· Non conformità alle disposizioni comunitarie in materia di requisiti di sicurezza delle attrezzature messe a disposizione dei lavoratori ovvero ai requisiti generali di sicurezza di cui all’Allegato V del decreto, limitatamente a specifici profili (art. 70, commi 1 e 2; art. 71, comma 1); · Mancata valutazione delle condizioni di lavoro e dei rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature e dalle interferenze con altre già in uso e mancata adozione delle misure conseguenti (art. 71, comma 2) · Omessa verifica dell’idonea installazione e utilizzazione delle attrezzature, della loro manutenzione e della presenza di istruzioni d’uso; omessa e irregolare tenuta del registro di controllo delle attrezzature di lavoro (art. 71, comma 4) · Omessa adozione delle misure necessarie affinché l’attrezzatura sia utilizzata, riparata o manutenuta solo da lavoratori adeguatamente formati (art. 71, comma 7) · Mancata verifica periodica e straordinaria delle condizioni di sicurezza dell’attrezzatura (art. 71, comma 8) · Esecuzione di lavori sotto tensione in violazione delle condizioni poste dal decreto (art. 82, comma 1) · Esecuzione di lavori in prossimità di linee elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette senza adottare disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi (art. 83, comma 1) · Mancata protezione degli edifici, impianti, strutture, attrezzature dai pericoli determinati dall’innesco elettrico di atmosfere potenzialmente esplosive per la presenza o sviluppo di gas, vapori, nebbie o polveri infiammabili, o in caso di fabbricazione, manipolazione o deposito di materiali esplosivi (art. 85, comma 1) |
arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.000 a 10.000 |
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· Mancata conformità delle attrezzature di lavoro costruite o messe a disposizione dei lavoratori in assenza di disposizioni legislative e regolamentari ad alcuni requisiti generali di sicurezza di cui all’allegato V del decreto (art. 70, comma 2) · Mancata adozione di alcune delle misure tecniche ed organizzative previste dall’Allegato VI al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all’uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte (art. 71, comma 3) |
arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.000 euro a 4.000 euro |
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· Mancata conformità delle attrezzature di lavoro costruite o messe a disposizione dei lavoratori in assenza di disposizioni legislative e regolamentari a ulteriori requisiti generali di sicurezza di cui all’allegato V e VI del decreto (art. 70, comma 2) · Mancata adozione delle misure necessarie affinché il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l’uso delle attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell’ergonomia (art. 71 comma 6) · Omessa trascrizione scritta dei risultati dei controlli sulle attrezzature e omessa conservazione degli stessi (almeno per gli ultimi tre controlli) per la verifica degli organi di vigilanza (art. 71, comma 9) · Violazione delle norme che impongono a chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria attrezzature di lavoro di attestare che le stesse sono conformi ai requisiti di sicurezza, in buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza a fini di sicurezza. Omessa conservazione di tali atti per tutta la durata del noleggio o della concessione con la dichiarazione del datore di lavoro circa i lavoratori incaricati dell’uso dell’attrezzatura (ovvero omessa formazione di tali lavoratori) (articolo 72) · Mancata verbalizzazione dell’esito dei controlli su impianti elettrici e di protezione dai fulmini (art. 86, comma 3) |
sanzione amministrativa pecuniaria da 750 euro a 2.500 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Datore di lavoro (art. 219, in relazione al Titolo VIII, Agenti fisici) |
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· Mancata attivazione del Servizio di protezione e prevenzione ai fini della valutazione quadriennale dei rischi derivanti dall’esposizione ad agenti fisici (art. 181, comma 2) · Mancata valutazione dell’esposizione dei lavoratori al rumore (art. 190, comma 1) · Mancata individuazione delle misure di prevenzione e protezione per fronteggiare i rischi connessi al rumore (art. 190, comma 5) · Mancata valutazione e – se necessario – misurazione dei livelli dei campi elettromagnetici cui sono esposti i lavoratori (art. 209, commi 1) · Omessa precisazione delle misure adottate in relazione all’esposizione ai campi elettromagnetici nel documento di valutazione del rischio (art. 209, comma 5) · Mancata valutazione e – se necessario – misurazione dei livelli delle radiazioni ottiche a cui possono essere esposti i lavoratori (art. 216, comma 1) |
arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 4.000 a 12.000 |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Datore di lavoro e dirigente (art. 55, commi 4-5) |
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· Affidamento dei compiti ai lavoratori senza tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza nelle aziende in cui il rischio connesso all’attività lavorativa risulti maggiormente elevato (es. centrali termoelettriche, aziende che espongono i lavoratori a rischi biologici, attività estrattiva, cantieri temporanei o mobili con entità di lavoro non inferiore a 200 uomini/giorno) |
arresto da 4 a 8 mesi |
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· Violazione degli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37 (art. 18, comma 1, lett. l) · Richiesta ai lavoratori di riprendere il lavoro in una situazione di pericolo grave e immediato (art. 43, comma 4)[55] |
arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 2.000 a 4.000 euro |
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· In caso di contratto d’appalto, d’opera o di somministrazione, mancata verifica dell’idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi ovvero mancata informazione agli stessi soggetti circa i rischi specifici ambientali e le misure di prevenzione adottate; mancata cooperazione e coordinamento in relazione all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione (art. 26, commi 1 e 2, lett. a) e b))[56] · In caso di svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi, mancata informazione al rappresentante dei lavoratori e/o mancata frequenza ai necessari corsi di formazione (art. 34, commi 1 e 2) · Violazione di specifici obblighi in materia di formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti sui temi della salute e sicurezza sul lavoro (art. 37, commi 1, 4, 6-9) |
arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 1.500 a 6.000 euro |
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· Mancata fornitura ai lavoratori dei dispositivi di protezione individuale (art. 18, comma 1, lett. d) · Mancata adozione di misure per il controllo delle situazioni di rischio e mancata istruzione ai lavoratori circa l’eventuale abbandono del posto di lavoro o della zona pericolosa in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile (art. 18, comma 1, lett. h) · Mancata convocazione della riunione annuale sulla prevenzione dei rischi nelle unità produttive con più di 15 lavoratori (art. 18, comma 1, lett. v) · Omesse informazioni al servizio di prevenzione e al medico competente (art. 18, comma 2) · Mancate informazioni agli appaltatori sui rischi specifici degli ambienti in cui sono chiamati ad operare (art. 26, comma 1, lett. b) · Mancata adozione degli interventi e dei provvedimenti necessari a mettere in sicurezza i lavoratori in caso di pericolo grave e immediato (prevenzione incendi ed evacuazione) (art. 43, comma 1, lett. d), e)) · Mancata adozione dei provvedimenti necessari in materia di primo soccorso e assistenza medica di emergenza (art. 45, comma 1) · Affidamento dei compiti ai lavoratori senza tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza (art. 18, comma 1, lett. c) |
arresto 3 a 6 mesi o ammenda da 2.000 a 5.000 euro |
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· Mancata designazione dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza (art. 18, comma 1, lett. b) · Mancata adozione delle misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico (art. 18, comma 1, lett. e) · Mancata richiesta al medico competente dell’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel decreto (art. 18, comma 1, lett. g)
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arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 800 a 3.000 euro
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· Mancata tempestiva informazione ai lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione (art. 18, comma 1, lett. i) · Richiesta ai lavoratori di riprendere il lavoro in una situazione di persistente pericolo grave e immediato (art. 18, co. 1, lett. m) · Impedimento al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di verifica delle misure di sicurezza e di protezione della salute adottate (art. 18, comma 1, lett. n) · Mancata tempestiva consegna al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di copia del documento di valutazione dei rischi (art. 18, comma 1, lett. o) · Mancata elaborazione del documento unico di valutazione dei rischi in caso di contratti d’appalto, d’opera o di somministrazione (cfr. art. 26) (art. 18, comma 1, lett. p) · Mancata frequenza da parte del datore di lavoro ai corsi di aggiornamento in materia di sicurezza sul lavoro in caso egli svolga in prima persona i compiti di prevenzione e protezione dai rischi (art. 34, comma 3) · Mancata informazione al lavoratore in materia di rischi, misure di prevenzione, procedure da seguire (art. 36, commi 1-3) · Mancata adozione di misure propedeutiche alla gestione delle emergenze in materia di prevenzione incendi ed evacuazione (art. 43, comma 1, lett. a), b), c)) |
arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 800 a 3.000 euro |
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· Omessa comunicazione INAIL o IPSEMA dei dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro di almeno un giorno (art. 18, comma 1, lett. r) |
ammenda da 800 a 3.000 euro |
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· In caso di svolgimento di attività in regime di appalto e subappalto, mancata distribuzione ai lavoratori della tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro (art. 18, comma 1, lett. u) · Mancata custodia presso l’unità produttiva della documentazione in materia di valutazione dei rischi (art. 29, comma 4) · In aziende con più di 15 lavoratori, nell’ambito della riunione annuale, mancata sottoposizione all’esame dei partecipanti della documentazione in materia di valutazione dei rischi, dell’andamento degli infortuni e delle malattie professionale, del programma di informazione e formazione (art. 35, comma 2) |
sanzione amministrativa pecuniaria |
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· Omessa comunicazione INAIL o IPSEMA dei dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro superiore a tre giorni (art. 18, comma 1, lett. r)[57] |
sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 7.500 euro[58] |
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· Omessa comunicazione INAIL o IPSEMA dei dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro superiore a un giorno (art. 18, comma 1, lett. r)[59] |
sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000 euro |
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· In caso di contratto d’appalto o subappalto mancata distribuzione ai lavoratori della tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro (art. 26, comma 8)[60] |
sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ciascun lavoratore |
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· Omessa nomina del medico competente per la sorveglianza sanitaria (art. 18, comma 1, lett. a) |
arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 3.000 a 10.000 euro |
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· Mancata consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza laddove espressamente previsto (art. 18, comma 1, lett. s) e art. 50) |
sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000 euro |
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· Omessa comunicazione annuale all’INAIL dei nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (art. 18, comma 1, lett. aa) |
sanzione amministrativa pecuniaria di 500 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Datore di lavoro e dirigente (art. 159, comma 1, in relazione al Titolo IV, Cantieri temporanei o mobili)) |
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· Violazione delle disposizioni che impongono le prescrizioni di cui all’Allegato XIII; delle misure in materia di accesso e recinzione del cantiere; delle disposizioni in tema di accatastamento di materiali o attrezzature in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento; mancata redazione del piano operativo di sicurezza (art. 96, comma 1, lettere a), b), c) e g) · Mancata vigilanza sulla sicurezza dei lavori aggiudicati e sull’applicazione delle disposizioni del piano di sicurezza (art. 97, comma 1); · Mancata attuazione del piano di sicurezza e di coordinamento, nonché del piano operativo di sicurezza (art. 100, comma 3); · Violazione delle disposizioni in tema di lavori in prossimità di linee o impianti elettrici con parti attive non protette (art. 117), lavori di splateamento o sbancamento (art. 118); · Mancata adozione di idonee misure contro i pericoli derivanti dalla presenza di gas nell’esecuzione di lavori dentro pozzi, fogne, cunicoli, ecc… (art. 121); · Violazione delle disposizioni in tema di parapetti (art. 126) e sottoponti di sicurezza di impalcati e ponti di servizio (art. 128, comma 1); in tema di disarmo delle impalcature (art. 145, commi 1 e 2) e di lavori speciali su lucernari, tetti, coperture e simili (art. 148) |
arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 3.000 a 12.000 euro |
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· Violazione delle disposizioni in tema di idoneità delle opere provvisionali (art. 112); · Mancata applicazione delle necessarie armature di sostegno nello scavo di pozzi e cunicoli (art. 119) · Mancata adozione di adeguate impalcature e ponteggi provvisori nei lavori eseguiti ad altezza superiore a 2 metri (art. 122). Mancata redazione del piano di montaggio, uso e smontaggio del ponteggio nei casi di lavoro in quota (art. 136) · Violazione delle disposizioni che impongono la sorveglianza del preposto ai lavori di montaggio e smontaggio delle opere provvisionali (art. 123) e delle disposizioni tecniche in materia di montanti delle impalcature (art. 125, commi 1, 2 e 3), di ponti a sbalzo (art. 127), di ponti di sicurezza nell’esecuzione di opere in conglomerato cementizio (art. 129, comma 1) · Violazione delle procedure previste per la demolizione (art. 151, comma 1; 152, comma 1, 154) |
arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.500 a 5.000 euro |
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· Mancata adozione di misure per la protezione dei lavoratori contro gli agenti atmosferici nocivi (art. 96, comma 1, lettera d) · Mancato coordinamento degli interventi di tutela (art. 95 e 96) e mancata verifica della congruenza dei piani esecutivi di sicurezza (art. 97, comma 3) · Ogni ulteriore violazione, non altrimenti sanzionata, del Capo II relativo alla prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota |
arresto fino a 2 mesi o ammenda da 500 a 2.000 euro |
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· Mancata messa a disposizione dei rappresentanti per la sicurezza nei tempi previsti di copia dei piani di sicurezza (art. 100, comma 4) · Mancata trasmissione da parte dell’impresa affidataria del piano di sicurezza e di coordinamento alle imprese esecutrici; mancata trasmissione da parta di queste ultime dei propri piani operativi di sicurezza all’impresa affidataria, al fine del coordinamento e della trasmissione al coordinatore per l’esecuzione (art. 101, commi 2 e 3) |
sanzione amministrativa pecuniaria da 1.200 a 3.600 euro |
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Datore di lavoro e dirigente (art. 165, in relazione al Titolo V, Segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro) |
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· Mancato ricorso, nei casi previsti, alla segnaletica di sicurezza (art. 163) · Omessa formazione dei lavoratori sul significato della segnaletica di sicurezza e sui comportamenti da seguire (art. 164, comma 1, lettera b) |
arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.000 a 10.000 euro |
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· Mancata informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sulle misure da adottare in merito alla segnaletica all’interno dell’impresa (art. 164, comma 1, lettera a) |
arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.000 a 4.500 euro |
Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Datore di lavoro e dirigente (art. 170, in relazione al Titolo VI, Movimentazione manuale dei carichi) |
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· Mancata adozione delle misure organizzative necessarie per evitare la movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori, nonché – laddove la movimentazione manuale sia inevitabile – adozione delle misure appropriate per ridurre il rischio (art. 168, commi 1 e 2) · Omessa formazione ai lavoratori sui rischi lavorativi e le modalità corrette di esecuzione dell’attività (art. 169, comma 1, lett. b) |
arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.000 a 10.000 euro |
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· Omessa informazione ai lavoratori sul peso e le caratteristiche del carico movimentato (art. 169, comma 1, lett. a) |
arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.000 a 4.500 euro |
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Datore di lavoro e dirigente (art. 178, in relazione al Titolo VII, Attrezzature munite di videoterminali) |
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· Mancata adozione delle misure per ovviare ai rischi connessi alla vista e agli occhi, alla postura e all’affaticamento fisico e mentale, alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale (art. 174, comma 2) · Mancata predisposizione dei posti di lavoro in conformità dei requisiti minimi di cui all’Allegato XXXIV (art. 174, comma 3) · Violazione delle disposizioni in materia di svolgimento quotidiano del lavoro del videoterminalista (durata massima, pause, ecc.) (art. 175) · Violazione di specifici obblighi di sorveglianza sanitaria (art. 176, commi 1, 3 e 5) · Mancata formazione dei lavoratori circa le modalità di svolgimento dell’attività e la protezione della vista (art. 177, comma 1, lett. b) |
arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.000 a 10.000 euro |
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· Omesse informazioni ai lavoratori circa le misure applicabili al posto di lavoro, le modalità di svolgimento dell’attività e la protezione della vista (art. 177, comma 1, lett. a) |
arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.000 a 4.500 euro |
Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Datore di lavoro e dirigente (art. 219, comma 2, in relazione al Titolo VIII, Agenti fisici) |
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· Superamento dei limiti di esposizione agli agenti fisici ovvero omessa adozione di misure immediate per riportare l’esposizione al di sotto dei valori limite (art. 182, comma 2) · Omessa formazione e informazione ai lavoratori circa i rischi derivanti da agenti fisici (art. 184) · Mancata revisione della valutazione dei rischi e delle misure di protezione in presenza di alterazione nello stato di salute del lavoratore, riscontrata dal medico competente (art. 185) · Mancata misurazione dei livelli di rumore cui sono esposti i lavoratori da riportare nel documento di valutazione del rischio (art. 190, commi 2 e 3) · Mancata elaborazione ed applicazione di un programma di misure tecniche/organizzative volte alla riduzione dell’esposizione al rumore in caso di superamento dei valori minimi (art. 192, comma 2) · Mancata fornitura ai lavoratori di dispositivi di protezione individuale per l’udito (art. 193, comma 1) · Omessa informazione e formazione dei lavoratori sui rischi provenienti dall’esposizione al rumore (art. 195) · Violazione degli obblighi di sorveglianza sanitaria in relazione a lavoratori esposti al rumore (art. 196) · Violazione degli obblighi relativi alla valutazione dei rischi connessi a elevati livelli di vibrazioni meccaniche (art. 202) · Violazione degli obblighi di valutazione del rischio connessi all’esposizione a campi elettromagnetici (art. 209, comma 2) · Mancata elaborazione e applicazione di un programma di azione comprendente misure di prevenzione di esposizioni superiori ai valori limite (art. 210, comma 1) · Violazione degli obblighi di valutazione del rischio connessi all’esposizione a radiazioni ottiche (art. 217, comma 1) |
arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 2.000 a 4.000 euro |
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· Mancata indicazione con apposita segnaletica dei luoghi di lavoro che comportano esposizione a campi elettromagnetici che superano i valori di azione (art. 210, comma 2) · Omessa adozione di misure immediate per riportare l’esposizione a campi elettromagnetici al di sotto dei valori limite di esposizione (art. 210, comma 3) · Mancata indicazione con apposita segnaletica dei luoghi di lavoro che comportano esposizione a radiazioni ottiche che superano i valori di azione (art. 217, comma 2) · Omessa adozione di misure di protezione specifiche in relazione a lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio (art. 217, comma 3) |
arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.000 a 4.500 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Datore di lavoro e dirigente (art. 262, in relazione al Titolo IX, Sostanze pericolose) |
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· Mancata determinazione preliminare della presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro, valutazione dei rischi per i lavoratori e adozione delle misure di prevenzione (art. 223, commi 1-3) · Mancata eliminazione o riduzione del rischio derivante dall’esposizione ad agenti chimici (art. 225) · Mancata predisposizione di procedure di intervento in caso di incidenti o emergenze derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro (art. 226) · Produzione, lavorazione e impiego di agenti chimici, al di fuori delle deroghe previste, in violazione dell’Allegato XL (art. 228, commi 1, 3, 4) · Mancata richiesta di autorizzazione al Ministero del lavoro per l’effettuazione delle attività in deroga (art. 228, comma 5) · Mancata revisione della valutazione dei rischi e delle misure di prevenzione a fronte di segnalazione da parte del medico competente circa l’esistenza di effetti negativi per la salute, imputabili all’esposizione, ovvero il superamento di un valo9re limite (art. 229, comma 7) · Mancata sostituzione dell’agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro con una sostanza meno nociva (art. 235) · Mancata adozione delle misure preventive in materia di agenti cancerogeni e mutageni in relazione alla valutazione del rischio (art. 236, comma 3) · Violazione dell’obbligo di adozione di misure tecniche, organizzative e procedurali (art. 237) · Violazione delle disposizioni tecniche circa la dotazione di servizi igienici, idonei indumenti protettici e dispositivi di protezione individuale (art. 238, comma 1) · Omessa formazione ai lavoratori in relazione agli agenti cancerogeni o mutageni presenti sul luogo di lavoro, i rischi per la salute e le precauzione da adottare (art. 239, comma 2)
· Mancata adozione di misure idonee in caso di eventi non prevedibili o incidenti che possano comportare un’esposizione anomala dei lavoratori agli agenti pericolosi (art. 240, commi 1 e 2) · Mancata predisposizione di misure volte a consentire ai soli lavoratori addetti agli agenti cancerogeni o mutageni l’accesso alle aree interessate ad operazioni lavorative particolari, con conseguente dotazione di mezzi di protezione individuale a tali lavoratori (art. 241) · Violazione delle disposizioni in tema di adozione di misure preventive e protettive per i lavoratori risultati a rischio sulla base degli accertamenti sanitari (art. 242, commi 1, 2 e 5, lett. b) · Omesse notifiche all’organo di vigilanza dell’inizio e dello svolgimento di lavori che esporranno i lavoratori al rischio amianto (art. 250, commi 1, 2 e 4) · Mancata adozione delle misure di prevenzione e protezione dei lavoratori dall’esposizione alla polvere di amianto (art. 251) · Mancata periodica misurazione della concentrazione di fibre di amianto sul luogo di lavoro ai fini del rispetto dei valori limite (art. 253, comma 1) · Mancata adozione delle misure volte ad impedire il superamento del valore limite di esposizione per l’amianto (art. 254) · In caso di operazioni lavorative particolari, quando si prevede che l’esposizione all’amianto superi i valori limite, mancata adozione delle adeguate misure per la protezione dei lavoratori (art. 255) · Mancata predisposizione del piano di lavoro prima dell’inizio di lavori di demolizione o rimozione dell’amianto; mancata predisposizione, in tale piano, delle misure necessarie a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori (art. 256, commi da 1 a 4) · Omesse informazioni ai lavoratori e ai loro rappresentanti circa i rischi connessi all’esposizione all’amianto, le norme igieniche da osservare, il divieto di fumo, le misure da adottare per ridurre al minimi l’esposizione e l’esistenza del valore limite (art. 257) · Omessa formazione dei lavoratori ad intervalli regolari sui rischi connessi all’amianto (art. 258) · Violazione di specifici obblighi di sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti all’amianto (259, commi 1, 2 e 3) · Mancata comunicazione al medico competente dei valori di esposizione individuali a fini di inserimento nella cartella sanitaria e di rischio (art. 260, comma 1, secondo periodo) · Omessa iscrizione dei lavoratori esposti all’amianto nel registro di esposizione (art. 260, comma 2) |
arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 4.000 a 12.000 euro
arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 4.000 a 12.000 euro
arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 4.000 a 12.000 euro
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· Mancata valutazione del rischio connesso alla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro (art. 223, comma 1)[61] · Omesse informazione e formazione dei lavoratori in relazione al rischio derivante dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro (art. 227, commi 1, 2 e 3) · Violazione di specifici obblighi in tema di sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti ad agenti chimici pericolosi (art. 229, commi 1, 2, 3 e 5) · Omesse informazioni e istruzioni ai lavoratori sugli agenti cancerogeni e mutageni presenti nei cicli lavorativi, sulle precauzioni da prendere, le misure igieniche da osservare e la necessità di indossare dispositivi di protezione individuale (art. 239, comma 1) · Violazione di obblighi di etichettatura di impianti, contenitori ed imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni (art. 239, comma 4); · Omessa comunicazione all’organo di vigilanza del verificarsi di eventi imprevedibili o incidenti che possono comportare l’esposizione dei lavoratori ad agenti cancerogeni o mutageni nonché indicazione delle misure adottate (art. 240, comma 3) · Omessa adozione di misure volte a individuare la presenza di amianto prima dell’inizio dei lavori di demolizione o manutenzione (art. 248, comma 1) · Violazione degli obblighi inerenti le appropriate misure igieniche da adottare in caso di rischio di esposizione all’amianto (art. 252) |
arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 2.000 a 4.000 euro
arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 2.000 a 4.000 euro |
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· Violazione dell’obbligo di consentire ai lavoratori l’accesso a richiesta alla documentazione in tema di rischio amianto già inviata agli organi di vigilanza (art. 250, comma 3) · Mancato invio all’organo di vigilanza, nei tempi prescritti, di copia del piano di lavoro, per lavorazioni che espongano al rischio amianto (art. 256, comma 5) · Violazione dell’obbligo di consentire ai lavoratori l’accesso al Piano di lavoro predisposto in occasione di lavorazioni (demolizioni o rimozioni) che espongano al rischio amianto (art. 256, comma 7) |
arresto fino a 3 mesi o ammenda da 1.000 a 3.000 euro |
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· Violazione di specifiche disposizioni in tema di registro di esposizioni e cartelle sanitaria relativamente al rischio da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni (art. 243, commi 3, 4, 5, 6 e 8) · Violazione degli obblighi di consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti in sede di misurazione della concentrazione delle fibre di amianto sui luoghi di lavoro (art. 253, comma 3) · Omessa trasmissione agli organi di vigilanza del registro di esposizione e delle cartelle sanitarie e di rischio (art. 260, commi 3 e 4) |
sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 18.000 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Datore di lavoro e dirigente (art. 282, in relazione al Titolo X, Esposizione ad agenti biologici) |
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· Omessa informazione all’organo di vigilanza dell’esercizio di attività che comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3 (art. 269, comma 1) · Omessa comunicazione all’organo di vigilanza dell’esercizio di attività che comportano uso di agenti biologici del gruppo 4 (previamente autorizzato) (art. 269, comma 2) · Omessa comunicazione all’organo di vigilanza di qualsiasi mutamento nelle lavorazioni che potrebbe comportare una variazione del rischio (art. 269, comma 3) · Utilizzo di un agente biologico del gruppo 4 senza la previa autorizzazione del Ministero della sanità (art. 270, comma 1) · Omesse comunicazioni al Ministero della sanità circa l’impiego o la cessazione di impiego di agenti biologici del gruppo 4 (art. 270, comma 4) · Mancata adozione delle misure di prevenzione e protezione nonostante i rischi accertati (art. 271, comma 2 e art. 272) · Violazione delle specifiche disposizioni in tema di misure igieniche (art. 273, comma 1) · Mancata applicazione di procedure colte a manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l’operatore e la comunità i materiali ed i rifiuti contaminati (art. 274, comma 2) · Mancata adozione delle misure di cui all’Allegato XLVII, volte a ridurre al minimo il rischio infezione in servizi di isolamento che ospitano pazienti o animali (art. 274, comma 3) · Violazione delle disposizioni specifiche volte a contenere il rischio nei laboratori e negli stabulari (art. 275) · Violazioni delle disposizioni specifiche relative ai processi industriali comportanti l’uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4 (art. 276) · Omesse informazioni all’organo di vigilanza e ai lavoratori circa le cause e le misure conseguenti da adottare a seguito di un incidente che abbia provocato la dispersione di un agente biologico dei gruppi 2, 3 o 4 (art. 277, comma 2) · Omessa formazione e informazione ai lavoratori circa il rischio derivante dagli agenti biologico; omessa indicazione attraverso cartelli delle procedure da seguire in caso di infortunio o incidente (art. 278, commi 1, 2 e 4) · Violazione di specifiche disposizioni che impongono la sorveglianza sanitaria (art. 279, commi 1, 2) · Violazione delle disposizioni che impongono la tenuta e l’aggiornamento di un registro dei lavoratori che svolgono attività che comportano l’uso di agenti del gruppo 3 o 4. Tale registro deve essere consultabile dai responsabili della sicurezza (art. 280, commi 1 e 2) |
arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 2.000 a 4.000 euro
arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 2.000 a 4.000 euro |
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· Violazione delle disposizioni che impongono di comunicare i dati contenuti nel registro dei lavoratori che svolgono attività che comportano l’uso di agenti del gruppo 3 o 4 agli organi di vigilanza (art. 280, comma 3) · Mancata conservazione del registro e delle cartelle sanitarie per il periodo di tempo richiesto (art. 280, comma 4) |
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Datore di lavoro e dirigente (art. 297, in relazione al Titolo XI, Protezione da atmosfere esplosive) |
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· Mancata adozione delle cautele imposte laddove la natura dell’attività non consenta di prevenire la formazione di atmosfere esplosive (art. 289, comma 2 e art. 291) · Mancata attuazione del coordinamento imposto dal decreto al datore di lavoro responsabile del luogo di lavoro, laddove nello stesso agiscano soggetti diversi; mancata individuazione delle misure di coordinamento nel documento sulla protezione contro le esplosioni (art. 292, comma 2) · Violazione delle disposizioni che impongono di ripartire in zone, conformemente all’Allegato XLIX le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive e violazione in tali aree delle prescrizioni minime di cui all’Allegato L (art. 293, commi 1 e 2) · Omissione delle verifiche alle installazioni elettriche (art. 296). |
arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.000 a 10.000 euro |
Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Preposto (art. 56) |
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· Omessa sovrintendenza e vigilanza sull’osservanza degli obblighi dei lavoratori, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro (art. 19, comma 1, lett. a) · Richiesta ai lavoratori di riprendere il lavoro in una situazione di persistente pericolo grave e immediato (art. 19, comma 1, lett. e) · Omessa tempestiva segnalazione al datore di lavoro sia delle deficienze delle attrezzature che dei dispositivi di protezione dei lavoratori e, in generale, di ogni situazione di pericolo (art. 19, comma 1, lett. f) |
arresto da 1 a 3 mesi o ammenda da 500 a 2.000 euro |
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· Omessa verifica dell’accesso a zone a grave rischio solo da parte di lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni (art. 19, comma 1, lett. b) · Omessa pretesa dell’osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e omesse istruzioni ai lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, circa l’abbandono del posto di lavoro (art. 19, comma 1, lett. c) · Omessa tempestiva informazione ai lavoratori a rischio sul pericolo grave e immediato (art. 19, comma 1, lett. d) |
arresto fino a un mese o ammenda da 300 a 900 euro |
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· Mancata frequenza agli appositi corsi di formazione in materia di salute e sicurezza, di cui all’art. 37 (art. 19, comma 1, lett. g) |
ammenda da 300 a 900 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Preposto (art. 159, comma 2, in relazione al Titolo IV, Cantieri temporanei o mobili)) |
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· Violazione delle prescrizioni di cui all’Allegato XIII (art. 96, comma 1, lett. a) · Mancata attuazione del piano di sicurezza e di coordinamento, nonché del piano operativo di sicurezza (art. 100, comma 3) · Mancata adozione di idonee misure contro i pericoli derivanti dalla presenza di gas nell’esecuzione di lavori dentro pozzi, fogne, cunicoli, ecc… (art. 121) · Mancata predisposizione della segnaletica di pericolo relativamente a parti di ponteggi non pronti per l’uso (art. 136, comma 5) · Mancata sorveglianza del montaggio/smontaggio dei ponteggi (art. 136, comma 6) · Omesso controllo della funzionalità e sicurezza dei ponteggi ad intervalli periodici o dopo violente perturbazioni atmosferiche (art. 137, comma 1) · Mancata sorveglianza dell’adeguato disarmo delle armature (art. 145, commi 1 e 2) |
arresto fino a 2 mesi o ammenda da 500 a 2.000 euro |
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· Omesso controllo sulla presenza degli operai nel campo di azione dell’escavatore e nella zona di pericolo dello scavo (art. 118, commi 3 e 5) · Omessa sorveglianza del lavoro di montaggio e smontaggio delle opere provvisionali (art. 123) · Omesso controllo del corretto bloccaggio delle ruote del ponte in opera e della verticalità del ponte stesso (art. 140, commi 3 e 6) · Omesso controllo del divieto di lavorazione sui muri in demolizione (art. 152, comma 2) |
arresto fino a un mese o ammenda da 300 a 900 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Preposto (art. 166, in relazione al Titolo V, Segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro) |
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· Mancato ricorso, nei casi previsti, alla segnaletica di sicurezza (art. 163) |
arresto fino a 2 mesi o ammenda da 400 a 1.200 euro |
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· Mancata informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e ai lavoratori circa la segnaletica di sicurezza adottata all’interno dell’impresa (art. 164, comma 1, lettera a) |
arresto fino ad un mese o ammenda da 150 a 600 euro |
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Preposto (art. 171, in relazione al Titolo VI, Movimentazione manuale dei carichi) |
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· Mancata adozione delle misure organizzative necessarie per evitare la movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori, nonché – laddove la movimentazione manuale sia inevitabile – adozione delle misure appropriate per ridurre il rischio (art. 168, commi 1 e 2) |
arresto fino a 2 mesi o ammenda da 400 a 1.200 euro |
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· Omessa informazione ai lavoratori sul peso e le caratteristiche del carico movimentato (art. 169, comma 1, lett. a) |
arresto fino ad un mese o ammenda da 150 a 600 euro |
Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Preposto (art. 179, in relazione al Titolo VII, Attrezzature munite di videoterminali) |
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· Mancata adozione delle misure per ovviare ai rischi connessi alla vista e agli occhi, alla postura e all’affaticamento fisico e mentale, alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale (art. 174, comma 2) · Mancata predisposizione dei posti di lavoro in conformità dei requisiti minimi di cui all’Allegato XXXIV (art. 174, comma 3) · Violazione delle disposizioni in materia di svolgimento quotidiano del lavoro del videoterminalista (durata massima, pause, ecc.) (art. 175) |
arresto fino a 2 mesi o ammenda da 400 a 1.200 euro |
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· Mancata analisi dei posti di lavoro, in sede di valutazione del rischio, con riferimento ai rischi per la vista, legati alla postura, all’affaticamento fisico e mentale, nonché alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale (art. 174, comma 1, lett. a) |
arresto fino ad un mese o ammenda da euro 150 ad euro 600 |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Preposto (art. 263, in relazione al Titolo IX, Sostanze pericolose) |
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· Mancata adozione di specifiche misure di protezione e prevenzione in relazione al rischio derivante dall’esposizione ad agenti chimici sul luogo di lavoro, volte a eliminare o ridurre il rischio stesso (art. 225) · Mancata predisposizione di procedure di intervento in caso di incidenti o emergenze derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro (art. 226) · Produzione, lavorazione e impiego di agenti chimici, al di fuori delle deroghe previste, in violazione dell’Allegato XL (art. 228, commi 1, 3, 4) · Mancata richiesta di autorizzazione al Ministero del lavoro per l’effettuazione delle attività in deroga (art. 228, comma 5) · Mancata sostituzione dell’agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro con una sostanza meno nociva (art. 235) · Mancata adozione delle misure preventive in materia di agenti cancerogeni e mutageni in relazione alla valutazione del rischio (art. 236, comma 3) · Violazione dell’obbligo di adozione di misure tecniche, organizzative e procedurali (art. 237) · Violazione delle disposizioni tecniche circa la dotazione di servizi igienici, idonei indumenti protettici e dispositivi di protezione individuale (art. 238, comma 1) · Mancata adozione di misure idonee in caso di eventi non prevedibili o incidenti che possano comportare un’esposizione anomala dei lavoratori agli agenti pericolosi (art. 240, commi 1 e 2) · Mancata predisposizione di misure volte a consentire ai soli lavoratori addetti agli agenti cancerogeni o mutageni l’accesso alle aree interessate ad operazioni lavorative particolari, con conseguente dotazione di mezzi di protezione individuale a tali lavoratori (art. 241) · Violazione delle disposizioni in tema di adozione di misure preventive e protettive per i lavoratori risultati a rischio sulla base degli accertamenti sanitari (art. 242, commi 1 e 2) |
arresto fino a 2 mesi o ammenda da 400 a 1.200 euro |
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· Violazione di specifici obblighi in tema di sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti ad agenti chimici pericolosi (art. 229, commi 1, 2, 3 e 5) · Omesse informazioni e istruzioni ai lavoratori sugli agenti cancerogeni e mutageni presenti nei cicli lavorativi, sulle precauzioni da prendere, le misure igieniche da osservare e la necessità di indossare dispositivi di protezione individuale (art. 239, comma 1) · Violazione di obblighi di etichettatura di impianti, contenitori ed imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni (art. 239, comma 4) |
arresto fino a un mese o ammenda da 200 a 800 euro |
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Preposto (art. 283, in relazione al Titolo X, Esposizione ad agenti biologici) |
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· Mancata adozione delle misure di prevenzione e protezione nonostante i rischi accertati (art. 271, comma 2 e art. 272) · Violazione delle specifiche disposizioni in tema di misure igieniche (art. 273, comma 1) · Mancata applicazione di procedure volte a manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l’operatore e la comunità i materiali ed i rifiuti contaminati nonché delle misure di cui all’Allegato XLVII, volte a ridurre al minimo il rischio infezione in servizi di isolamento che ospitano pazienti o animali (art. 274, commi 2 e 3) · Violazione delle disposizioni specifiche volte a contenere il rischio nei laboratori e negli stabulari (art. 275) · Violazioni delle disposizioni specifiche relative ai processi industriali comportanti l’uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4 (art. 276) · Omessa informazione ai lavoratori circa il rischio derivante dagli agenti biologico; omessa indicazione attraverso cartelli delle procedure da seguire in caso di infortunio o incidente (art. 278, commi 1 e 4) · Violazione di specifiche disposizioni che impongono la sorveglianza sanitaria (art. 279, commi 1, 2) |
arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 2.000 a 4.000 euro
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Progettisti (art. 57, comma 1) |
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· Progettazione in violazione dei principi generali in materia di salute e sicurezza sul lavoro o scelta di attrezzature e dispositivi di protezione non rispondenti alla normativa (art. 22) |
arresto fino a un mese o ammenda da 600 a 2.000 euro |
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Fabbricanti e fornitori (art. 57, comma 2) |
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· Fabbricazione, vendita, noleggio e concessione in uso di attrezzature e dispositivi di protezione individuali non rispondenti alla normativa in tema di sicurezza sul lavoro (art. 23) |
arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 15.000 a 45.000 euro |
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Installatori (art. 57, comma 3) |
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· Violazione delle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonché delle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti (art. 24) |
arresto fino a 3 mesi o ammenda da 1.000 a 3.000 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Medico competente (art. 58) |
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· Omessa consegna al datore di lavoro a fine incarico della documentazione sanitaria in suo possesso nel rispetto del Codice della privacy (art. 25, comma 1, lett. d) · Omessa consegna al lavoratore alla cessazione del rapporto di lavoro della documentazione sanitaria in suo possesso (art. 25, comma 1, lett. e) · Omesso invio all’ISPESL delle cartelle sanitarie e di rischio alla cessazione del rapporto di lavoro (art. 25, comma 1, lett. f) |
arresto fino a un mese o ammenda da 500 a 2.500 euro |
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· Omessa programmazione ed effettuazione della sorveglianza sanitaria attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici (art. 25, comma 1, lett. b) · Mancata istituzione, aggiornamento e custodia di una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore (art. 25, comma 1, lett. c) · Omesse informazioni ai lavoratori sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e sulla necessità di controlli anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa (in caso di esposizione ad agenti con effetti nocivi a lungo termine) (art. 25, comma 1, lett. g) |
arresto fino a 2 mesi o ammenda da 1.000 a 4.500 euro |
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· Omessa visita periodica agli ambienti di lavoro (art. 25, comma 1, lett. l) |
arresto fino a 3 mesi o ammenda da 1.000 a 5.000 euro |
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· Mancata comunicazione scritta ai responsabili della sicurezza circa i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e mancata conseguente indicazione del significato di tali dati ai fini della tutela della salute (art. 25, comma 1, lett. i) |
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· Omesso rapporto (entro i primi 3 mesi dell’anno) alle ASL territoriali sui risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata (art. 40, comma 1) |
sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.500 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Medico competente (art. 220 in relazione al Titolo VIII, Agenti fisici) |
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· Violazione degli obblighi di sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti ad agenti fisici (art. 185) · Violazione degli obblighi in materia di cartella sanitaria e di rischio individuale (art. 186) |
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Medico competente (art. 264, in relazione al Titolo IX, Sostanze pericolose) |
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· Violazione delle disposizioni che impongono di sottoporre i lavoratori esposti ad agenti per i quali è fissato un valore limite biologico al monitoraggio biologico (art. 229, comma 3, primo periodo) · Omessa informazione al lavoratori e al datore di lavoro di effetti pregiudizievoli per la salute riscontrati in un lavoratore a seguito di esposizione ad agenti chimici pericolosi (art. 229, comma 6 e art. 242, comma 4) · Violazione delle disposizioni che attengono alla tenuta della cartella sanitaria e di rischio del lavoratore (art. 230) |
arresto fino a 2 mesi o ammenda da 1.000 a 4.500 euro |
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· Mancato aggiornamento della cartella sanitaria e di rischio del lavoratore (art. 243, comma 2) |
arresto fino a un mese o ammenda da 200 a 800 euro |
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Medico competente (art. 284, in relazione al Titolo X, Esposizione ad agenti biologici) |
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· Omessa informazione al datore di lavoro circa l’esistenza di un’anomalia riscontrata nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente biologico, imputabile all’esposizione stessa (art. 279, comma 3) |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Lavoratore (art. 59) |
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· Violazione delle disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale (art. 20, comma 2, lett. b) · Scorretto utilizzo delle attrezzature di lavoro, delle sostanze e dei preparati pericolosi, dei mezzi di trasporto e dei dispositivi di sicurezza (art. 20, comma 2, lett. c) · Utilizzo inappropriato dei dispositivi di protezione (art. 20, comma 2, lett. d) · Omessa segnalazione a datore di lavoro, dirigente o preposto delle deficienze dei mezzi e dei dispositivi di protezione e sicurezza; omessa segnalazione di eventuali condizioni di pericolo e mancato intervento in caso di urgenza al fine di eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente (art. 20, comma 2, lett. e) · Rimozione o modificare non autorizzata dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione e controllo (art. 20, comma 2, lett. f) · Effettuazione di operazioni o manovre di altrui competenza che possono compromettere la sicurezza propria o altrui (art. 20, comma 2, lett. g) · Mancata partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro (art. 20, comma 2, lett. h) · Mancata sottoposizione ai controlli sanitari previsti dalla legge o comunque disposti dal medico competente (art. 20, comma 2, lett. i) |
arresto fino a un mese o ammenda da 200 a 600 euro |
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· Omessa esposizione della tessera di riconoscimento da parte di lavoratori autonomi o lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto (art. 20, comma 3) |
sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Componenti dell’impresa familiare, lavoratori autonomi, piccoli imprenditori e soci di società semplici operanti nel settore agricolo (art. 60) |
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· Omessa utilizzazione di attrezzature di lavoro conformi ai requisiti di sicurezza (art. 21, comma 1, lett. a) · Mancato utilizzo di dispositivi di protezione individuale conformi ai requisiti di sicurezza (art. 21, comma 1, lett. b) |
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· Omessa esposizione della tessera di riconoscimento in caso di svolgimento della prestazione in luogo di lavoro nel quale si effettui attività in regime di appalto o subappalto (art. 21, comma 1, lett. c) |
sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Lavoratore autonomo (art. 160, comma 1, in relazione al Titolo IV, Cantieri temporanei o mobili)) |
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· Mancata attuazione di quanto previsto nei piani di sicurezza (art. 100, comma 3) |
arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.000 a 5.000 euro |
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· Mancato adeguamento alle indicazioni in materia di sicurezza fornite dal coordinatore per l’esecuzione dei lavori (art. 94) |
arresto fino a un mese o ammenda da 500 a 2.000 euro |
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Lavoratore (art. 160, comma 2, in relazione al Titolo IV, Cantieri temporanei o mobili)) |
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· Violazione delle disposizioni in materia di deposito dei materiali sulle impalcature (art. 124) · Violazione del divieto di gettare dall’alto gli elementi del ponteggio nonché di salire e scendere lungo i montanti (art. 138, commi 3 e 4) · Violazione del divieto di lavoro sui muri in demolizione (art. 152, comma 2) |
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Lavoratore (art. 265, in relazione al Titolo IX, Sostanze pericolose) |
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· Violazione delle disposizioni che disciplinano l’abbandono dell’area interessata da una esposizione non prevedibile in caso di incidente, prevedendo in particolare che l’accesso a tali aree sia consentito solo a lavoratori addetti alla gestione dell’incidente adeguatamente protetti (art. 240, comma 2) |
arresto fino a 15 giorni o ammenda da 100 a 400 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Lavoratore (art. 285, in relazione al Titolo X, Esposizione ad agenti biologici) |
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· Mancata tempestiva segnalazione di qualsiasi infortunio o incidente relativo all’uso di agenti biologici (art. 277, comma 3) |
arresto fino a un mese o ammenda da 150 a 600 euro |
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· Violazione delle disposizioni che impongono in caso di incidenti che provochino la dispersione di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4, di abbandonare l’area interessata consentendo l’accesso solo ai lavoratori addetti alla gestione dell’emergenza, adeguatamente protetti (art. 277, comma 1) |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Committente e responsabile dei lavori (art. 157 in relazione al Titolo IV, Cantieri temporanei o mobili) |
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· Mancata previsione in sede progettuale della durata o delle fasi di lavoro che si devono svolgere simultaneamente o successivamente tra loro (art. 90, comma 1, secondo periodo) · Mancata designazione nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, e la cui entità presunta è pari o superiore a 200 uomini-giorno ovvero sono previsti rischi particolari, del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori (art. 90, commi 3-5) |
arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.500 a 10.000 euro |
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· Omessa verifica dell'idoneità tecnico-professionale dell’impresa affidataria, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle funzioni o ai lavori da affidare (art. 90, comma 9, lettera a) |
arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.250 a 5.000 euro |
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· Mancata trasmissione del piano di sicurezza e di coordinamento a tutte le imprese invitate a presentare offerte per l'esecuzione dei lavori (art. 101, comma 1, primo periodo) |
sanzione amministrativa pecuniaria da 1.200 a 3.600 euro |
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· Violazione delle disposizioni che impongono di trasmettere all’amministrazione concedente, prima dell’inizio dei lavori, il nominativo delle imprese esecutrici dei lavori e la relativa documentazione (art. 90, comma 9, lettera c) |
sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Coordinatore per la progettazione dei lavori (art. 158 in relazione al Titolo IV, Cantieri temporanei o mobili) |
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· Mancata redazione del piano di sicurezza e di coordinamento; mancata predisposizione del fascicolo contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori (art. 91, comma 1). |
arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 3.000 a 12.000 euro |
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Coordinatore per l’esecuzione dei lavori (art. 158 in relazione al Titolo IV, Cantieri temporanei o mobili) |
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· Violazione delle norme che gli impongono: la verifica, con opportune azioni di coordinamento e controllo, dell'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni che li riguardano contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento; la verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza; l’organizzazione tra i datori di lavoro (ivi compresi i lavoratori autonomi) della cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione; la segnalazione al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, delle inosservanze alle prescrizioni del piano ; la proposta della sospensione dei lavori, dell'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o della risoluzione del contratto con conseguente comunicazione dell’inerzia del committente o del responsabile dei lavori alla ASL e alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti; la sospensione, in caso di pericolo grave e imminente, di singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate (art. 92, comma 1, lettere a), b), c), e) ed f)) |
arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 3.000 a 12.000 euro |
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· Laddove dopo l'affidamento dei lavori a un'unica impresa, l'esecuzione dei lavori sia affidata a più imprese, mancata redazione del piano di sicurezza e di coordinamento e mancata predisposizione del fascicolo (art. 92, comma 2) |
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· Mancata verifica dell’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere (art. 92, comma 1, lettera d) |
arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.250 a 5.000 euro |
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Autore dell’illecito |
Condotta |
Sanzione |
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Chiunque (art. 286, in relazione al Titolo X, Esposizione ad agenti biologici) |
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· Assunzione o conservazione di cibi e bevande, fumo, uso di pipette a bocca e applicazione di cosmetici in aree di lavoro in cui c’è rischio di esposizione ad agenti biologici (art. 273, comma 2) |
Sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro |
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[1] Procedura di infrazione n. 2005/2200
[2] La comunicazione “Un’Agenda dei cittadini per un’Europa dei risultati” (COM(2006)211, presentata il 10 maggio 2006 sottolineava l’esigenza di una nuova agenda dei cittadini per l’Europa capace di portare pace, prosperità e solidarietà nel contesto della globalizzazione.
[3] Il programma PROGRESS è stato istituito con la Decisione n. 1672/2006/CE del 24 ottobre 2006.
[4] L’8 ottobre 2004 le quattro più grandi organizzazioni europee rappresentative delle parti sociali hanno firmato un accordo quadro sullo stress sul luogo di lavoro, conformemente all’articolo 139 del trattato che istituisce la Comunità europea. Con questo accordo, i membri del CES (Confederazione europea dei sindacati), dell’UNICE (Unione confederazioni industriali d’Europa), dell’UEAPME (Unione europea dell’artigianato e delle piccole e medie imprese) e il CEEP (Centro europeo dell’impresa pubblica e delle imprese di interesse economico generale) si impegnano a applicare il contenuto dell’accordo nel rispetto delle pratiche di gestione e di lavoro proprie di ogni Stato membro.
[5] Le direttive sostituite e incorporate sono indicate nell’allegato III, parte A della presente proposta.
[6] Le direttive sostituite sono indicate in allegato alla direttiva: 83/477/CEE, 91/382/CEE, 98/24/CE, 2003/18/CE.
[7] V. Cassazione, S.U., sentenza 6 ottobre 1979, n. 5172; Cassazione, sentenza 26 settembre 1996, n. 8699.
[8] “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.
[9] L. 20 maggio 1970, n. 300, “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”.
[10] Il progressivo completamento del quadro normativo ha dovuto considerare il nuovo riparto di competenza legislativa tra Stato ed enti territoriali. Si ricorda che il nuovo testo dell’articolo 117 della Costituzione ha previsto un nuovo sistema di ripartizione (cd. legislazione concorrente) di funzioni legislative tra Stato e regioni (e province autonome) in determinati settori. Tra le materia soggette al regime di legislazione concorrente tra Stato e regioni vi è anche (articolo 117, terzo comma, della Costituzione) la “tutela e sicurezza del lavoro”.
[11] Che ha introdotto espressamente l'obiettivo di migliorare l'ambiente di lavoro ai fini della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, senza peraltro che ciò possa giustificare un abbassamento dei livelli di protezione già raggiunti a livello nazionale.
[12] Anche per tali specifici settori di attività si applica la disciplina generale in materia di sicurezza di cui al D.Lgs. n. 626/1994, restando salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche relative agli stessi settori di attività e contenute nelle rispettive direttive.
[13] Si ricorda inoltre che alla data di redazione del presente dossier non è stata ancora recepita nell’ordinamento nazionalela direttiva 2004/40/CE, diciottesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della richiamata direttiva 89/391/CEE, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici), per il cui recepimento apposita delega è contenuta nell’allegato B della legge comunitaria 2005 (legge n. 29/2006).
[14] I lavoratori, seppur considerati dalla normativa in primo luogo come destinatari delle tutele previste, sono però coinvolti nel sistema di sicurezza anche in una posizione di garanzia attiva rispetto alla tutela della propria e dell’altrui sicurezza e salute e quindi sono tenuti anche essi ad osservare una serie di obblighi.
[15] Tale figura ha principalmente la funzione di rappresentare i lavoratori nelle materie concernenti la sicurezza e salute sul lavoro. Tale rappresentante deve essere eletto o designato in tutte le aziende o unità produttiva, con determinate modalità in relazione anche al numero dei dipendenti.
[16] "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”, convertito dalla L. 4 agosto 2006, n. 248”.
[17] Legge 27 dicembre 2006, n. 296.
[18] “Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della L. 29 luglio 2003, n. 229”.
[19] Acronimo di “Registration, Evaluation and Authorisation of Chemicals”.
[20] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 6 aprile 2007, n. 46.
[21] “Raccomandazione del Consiglio relativa al miglioramento della protezione della salute e della sicurezza sul lavoro dei lavoratori autonomi”.
[22] Si segnala che sul testo approvato in sede referente dalla 11^ Commissione del Senato la Commissione giustizia del Senato ha espresso un parere favorevole, ad eccezione dell’articolo 1, comma 2, lettera f), in materia di sanzioni, sul quale il parere espresso è stato contrario. Per la Commissione giustizia del Senato, infatti, le soluzioni adottate sono eccessivamente blande e non idonee a reprimere penalmente un fenomeno così grave; arresto e ammenda, previste, tra l’altro, anche in via alternativa, andrebbero a punire illeciti “rispetto ai quali è palese la sproporzionata irrisorietà della sanzione penale proposta e quindi la non dissuasività della medesima” .
Inoltre, continua la Commissione, l’opzione per la natura contravvenzionale incide negativamente sul regime della prescrizione, consentendo l’estinzione in soli quattro anni dei più gravi reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Pertanto, la Commissione giustizia del Senato ha sollevato la necessità di doversi procedere ad una correzione della parte relativa al regime delle sanzioni penali, prevedendo che i fatti più gravi (comportamenti/omissioni gravi in violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro) siano puniti come delitti e quindi con la pena della reclusione e/o della multa.
Si segnala, inoltre, in proposito, che la 11^ Commissione ha soppresso, tra i criteri di razionalizzazione dell’apparato sanzionatorio, l’applicazione ai reati di omicidio colposo e lesioni colpose, commessi in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro, delle disposizioni sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, con previsione di una sanzione pecuniaria non inferiore a mille quote e di sanzione interdittiva non superiore ad un anno.
Il citato parere espresso dalla Commissione giustizia del Senato è allegato all' atto Senato 1507 A.
[23] Pubblicato nella Gazz. Uff. 26 gennaio 1995, n. 21.
[24] In relazione alla costituzione di parte civile nel processo penale dei suddetti enti (art. 74. c.p.p.) è stato rilevato in giurisprudenza che tale possibilità presuppone l'esistenza di un pregiudizio di una situazione soggettiva propria dell’ente o associazione ed è, quindi, ammissibile quando dall’offesa dell’interesse tutelato dall’ente derivi, in modo dIretto e immediato, una lesione del diritto di personalità del sodalizio, con riferimento allo scopo e ai suoi componenti (cfr. Cass. Sez. VI, sentenza 10 gennaio 1990, n. 1959).
[25] Il richiamato Regolamento 761/2001 ha sostituito e contestualmente abrogato il precedente Regolamento (CEE) 836/93, sull'adesione volontaria delle imprese del settore industriale a un sistema comunitario di ecogestione e audit, il quale definiva il “sito” come (articolo 2, comma 1, lettera k)), “l'intera area in cui sono svolte, in un determinato luogo, le attività industriali sotto il controllo di un'impresa, nonché qualsiasi magazzino contiguo o collegato di materie prime, sottoprodotti, prodotti intermedi, prodotti finali e materiale di rifiuto, e qualsiasi infrastruttura e qualsiasi impianto, fissi o meno, utilizzati nell'esercizio di queste attività”.
[26] Il richiamato comma 780 aveva disposto che, a decorrere dal 2008, con riferimento alla gestione separata artigianato presso l’INAIL, i premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro siano ridotti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa delibera dell’INAIL, per un importo non superiore a 300 milioni di euro per il 2008, a valere sull’incremento del complessivo gettito contributivo INAIL ove superiore al tasso di variazione nominale del PIL per l’anno 2007. Ai sensi del successivo comma 781, inoltre, la riduzione dei premi di cui al comma 780 è prioritariamente riconosciuta alle imprese in regola con gli obblighi previsti dalla vigente normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, che abbiano adottato piani pluriennali di prevenzione per l’eliminazione delle fonti di rischio e per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro e non abbiano registrato infortuni nelbiennio precedente alla data della richiesta di ammissione al beneficio
[27] “Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro”.
[28] “Istituzione del Servizio sanitario nazionale”.
[29] “Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”.
[30] Cfr. l’articolo 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277 (Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della L. 30 luglio 1990, n. 212).
[31] La citata Commissione è un’organizzazione internazionale non governativa con lo scopo di promuovere il progresso scientifico, la conoscenza e lo sviluppo di salute e sicurezza sul lavoro in tutti i suoi aspetti.
[32] Cfr. l’articolo 16 del decreto legislativo n. 626 del 1994.
[33] Cfr. l’articolo 17 del decreto legislativo n. 626 del 1994.
[34] Ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad una altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
[35] Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Cfr. in particolare l’articolo 53.
[36] In proposito, va ricordato che l’articolo 15 del decreto legislativo n. 626 del 1994 fa riferimento alle misure di “pronto soccorso”.
[37] Direttiva 30 novembre 1989, n. 89/654/CEE del Consiglio relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro (prima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE
[38] Direttiva 30 novembre 1989, n. 89/656/CEE del Consiglio relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l'uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro (terza direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE).
[39] D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili
[40] Dir. 24 giugno 1992, n. 92/57/CEE Direttiva del Consiglioriguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE).
[41] D.P.R. 3 luglio 2003, n. 222, “Regolamento sui contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, in attuazione dell’articolo 31, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109”.
[42] D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni
[43] D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 235, Attuazione della direttiva 2001/45/CE relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori.
[44] D.M. del Ministero per il lavoro e la previdenza sociale 2 settembre 1968 sul Riconoscimento di efficacia di alcune misure tecniche di sicurezza per i ponteggi metallici fissi, sostitutive di quelle indicate nel D.P.R. 7 gennaio 1956 n. 164.
[45] D.M. 23 marzo 1990, n. 115, Riconoscimento di efficacia per ponteggi metallici fissi aventi interasse tra i montanti superiore a metri 1,80
[46] D.M. 27 marzo 1998, Riconoscimento di conformità alle vigenti norme di mezzi e sistemi di sicurezza relativi alla costruzione e all'impiego di ponti su ruote a torre
[47] D.M. 23 marzo 2000, Riconoscimento di conformità alle vigenti norme di mezzi e sistemi di sicurezza relativi alla costruzione ed all'impiego di scale portatili
[48] D.M. 6 agosto 2004, Autorizzazione ai laboratori di certificazione, ai fini degli accertamenti previsti dalle disposizioni di cui ai decreti adottati ai sensi dell'art. 28 del D.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, e dalle disposizioni di cui all'art. 30 del D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164.
[49] Si sottolinea il fatto che non sono presenti nel testo dello schema di decreto le norme del D.lgs. 626/1994 riguardanti gli obblighi del datore di lavoro relativi all’impiego delle scale a pioli (articolo 36-ter) e relativi all’impiego dei ponteggi (articolo 36-quater).
[50] Dir. 24 giugno 1992, n. 92/58/CEE, Direttiva del Consigliorecante le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro (nona direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE).
[51] L’articolo 34 della legge n. 689 del 1981 prevede che siano esclusi dalla depenalizzazione i reati previsti dal codice penale, ad eccezione degli articoli 669, 672, 687, 693 e 694, nonché una serie ulteriore di fattispecie espressamente richiamate dal medesimo articolo 34 che, al riguardo, contempla espressamente i reati previsti dalle leggi in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro ed all'igiene del lavoro L’articolo 35 prevede, poi, che non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni previste dalle leggi in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, punite con la sola ammenda.
[52] Ai sensi dell'articolo 91 c.p. gli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede, sono state riconosciute, in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato.
Il rinvio agli artt. 91 e 92 c.p.p., contenuto nel criterio di delega in esame, comporta, quindi, la possibilità, per i citati enti esponenziali (sindacati e associazioni familiari delle vittime) di essere titolari di un potere d’impulso probatorio e processuale al pari del lavoratore-persona offesa, al cui consenso è peraltro condizionata la possibilità di esercizio dei diritti indicati. Oltre alla costituzione di parte civile , per detti enti sarà possibile l’esercizio di poteri in via esclusiva o parallela come: la richiesta al giudice di rivolgere domande a testimoni, periti, consulenti tecnici e parti private nonché l’ammissione di nuovi mezzi di prova (art. 505); la richiesta al giudice di lettura degli atti contenuti nel fascicolo dibattimentale e di indicare gli atti utili ai fini decisori (art. 511); la richiesta motivata al PM di proporre impugnazione a ogni effetto penale (art. 572).
[53] Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
[54] D.L. 4 luglio 2006, n. 223, Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, L. 14 agosto 2006, n. 248.
[55] Si osserva che non appare chiara la distinzione tra il suddetto illecito e quello previsto in caso di violazione dell’art. 18, comma 1, lett. m), sanzionato dall’art. 55, comma 4, lett. a), con l’ arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 800 a 3.000 euro.
[56] Si osserva che la violazione di cui all’art. 26, comma 1, lett. b) risulta sanzionata con due pene diverse: “arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.000 a 5.000 euro” (art. 55, comma 4, lett. b) ovvero “arresto da 4 a 8 mesi o ammenda da 1.500 a 6.000 euro” (art. 55, comma 4, lett. d).
[57] Si osserva che la violazione dell’art. 18, comma 1, lett. r) è già sanzionata dall’art. 55, comma 4, lett. f) con l’ammenda da 800 a 3.000 euro.
[58] Ai sensi dell’art. 55, comma 5, l’applicazione di questa sanzione esclude l’applicazione delle sanzioni conseguenti alla violazione degli obblighi di comunicazione all’INAIL degli infortuni superiori a tre giorni (cfr. art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali).
[59] Si osserva che la violazione dell’art. 18, comma 1, lett. r) è già sanzionata dall’art. 55, comma 4, lett. f) con l’ammenda da 800 a 3.000 euro.
[60] Si osserva che la medesima fattispecie è prevista anche dall’art. 18, comma 1, lett. u) e sanzionata dall’art. 55, comma 4, lett. g) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro. A tale sanzione si aggiunge, quindi, quella in commento (art. 55, comma 4, lett. l): da 100 a 500 euro per ogni lavoratore privo del documento.
[61] Si segnala che il medesimo illecito è sanzionato anche dal comma 1, lett. a) dello stesso articolo 262, con l’arresto da 4 a 8 mesi o l’ammenda da 4.000 a 12.000 euro.