Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: Legge 24 dicembre 2007, n. 247. Norme di attuazione del Procollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociali - Schede di lettura
Riferimenti:
L n. 247 del 24-DIC-07     
Serie: Progetti di legge    Numero: 283    Progressivo: 5
Data: 26/02/2008
Organi della Camera: XI-Lavoro pubblico e privato


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

Legge 24 dicembre 2007, n. 247

Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale

 

 

 

Schede di lettura

 

 

 

 

n. 283/5

 

 

26 febbraio 2008


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Lavoro

 

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File: LA0328e


INDICE

Introduzione

La legge n. 247 del 2007  3

1. L’iter legislativo  4

2. Il contenuto della legge  8

Schede di lettura

Modifica dei requisiti di accesso al pensionamento anticipato (commi 1-6)19

Razionalizzazione del sistema degli enti previdenziali  (commi 7-11)49

Coefficienti di trasformazione (commi 12-16)61

Contributo di solidarieta’ per gli iscritti ed i pensionati dei fondi speciali (commi 17-18)65

Sospensione dell’indicizzazione delle pensioni superiori a otto volte il minimo (comma 19)69

Benefici previdenziali per esposizione all'amianto (commi 20-22)73

Rivalutazione indennizzi per danno biologico (commi 23 e 24)79

Ammortizzatori sociali (commi 25-29)83

Delega al Governo in materia di mercato del lavoro (commi 30-33)93

finanziamento delle attività di formazione professionale (comma 34)105

Disposizioni in tema di occupazione delle persone con disabilità (commi 35-38)107

Disposizioni in materia di lavoro a termine (commi 39-43)125

Norme in materia di lavoro a tempo parziale (comma 44)139

Abrogazione dell'istituto del lavoro intermittente (comma 45)149

Abolizione dell'istituto della somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (comma 46)153

Tipologie specifiche di lavoro nei settori del turismo e dello spettacolo (commi 47-50)157

Interventi per il settore dell'edilizia (commi 51-53)159

competenza alla irrogazione delle sanzioni amministrative relative all’impiego di lavoro irregolare (comma 54)163

Riforma della normativa in materia di disoccupazione agricola (commi 55-57)167

Incentivi per nuove assunzioni in agricoltura (commi 58-59)173

Interventi in materia di sicurezza sul lavoro (commi 60-61)175

Finanziamento della formazione in agricoltura (commi 62-64)179

Riordino delle provvidenze in caso di calamità naturali (comma 65)183

Compensazione degli aiuti comunitari con i contributi previdenziali dovuti dalle imprese agricole (comma 66)187

Fondo per sgravio su retribuzione di secondo livello (commi 67-69)191

Detassazione della retribuzione di risultato (comma 70)197

Soppressione della contribuzione aggiuntiva su lavoro straordinario (comma 71)199

Norme in materia di accesso dei giovani al credito (commi 72-74)201

Integrazione di emolumenti per assegni e contratti di ricerca (comma 75)205

Totalizzazione dei contributi assicurativi e riscatto della durata dei corsi universitari di studio ai fini pensionistici (commi 76-78)207

Interventi in materia di previdenza per gli iscritti alla gestione separata INPS e alla gestione separata INPGI (commi 79 e 80)217

Riordino della normativa in materia di occupazione femminile (comma 81)227

Modifica all'articolo 8 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 (comma 82)231

Maternità a rischio (comma 83)233

Indennità di disoccupazione per i lavoratori sospesi (comma 84)233

Modifiche alla disciplina in materia di fornitura di lavoro portuale temporaneo (comma 85-89)233

Procedura per l'emanazione dei decreti legislativi (commi 90 e 91)233

Copertura finanziaria ed entrata in vigore (commi 92-94)233

Allegato

Protocollo su previdenza, lavoro e competitivita’ per l’equita’ e la crescita sostenibili 23 luglio 2007

1) PREMESSA  233

2) PREVIDENZA  233

3) AMMORTIZZATORI SOCIALI233

4) MERCATO DEL LAVORO   233

5) COMPETITIVITA’233

6) GIOVANI233

7) DONNE   233

 

 


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Introduzione


La legge n. 247 del 2007

La legge 24 dicembre 2007, n. 247[1], dà attuazione dell’Accordo su previdenza, lavoro e competitività del 23 luglio 2007 tra Governo e parti sociali (cd. “Protocollo sul Welfare”).

Il provvedimento reca numerose disposizioni che intervengono in varie materie che vanno dalla previdenza, al mercato del lavoro, agli ammortizzatori sociali, alla competitività, all’inclusione sociale, in un’ottica di crescita e di equità.

Su tali materie, infatti, con il menzionato Protocollo il Governo e le parti sociali hanno raggiunto un accordo su un complesso di norme ed interventi che cercano di rispondere alle esigenze sia dei lavoratori sia delle imprese, in modo da rendere i vari istituti giuridici vigenti più consoni alle istanze economiche e sociali attuali, senza dimenticare la necessità di rafforzare la competitività del sistema produttivo nazionale nell’attuale panorama internazionale caratterizzato sempre più da un’accelerazione dei processi concorrenziali.

Il Protocollo e il provvedimento che lo recepisce partono inoltre dal presupposto che, per essere veramente competitivo, il “Sistema Paese” dovrà cercare di utilizzare al meglio tutte le sue risorse, tramite il coinvolgimento nel mercato del lavoro dei soggetti più svantaggiati, quali: i giovani, i più penalizzati dal lavoro flessibile e talvolta da forme di vero e proprio precariato, per i quali il provvedimento si preoccupa di creare i presupposti per maggiori opportunità di lavoro stabile e prospettive pensionistiche più adeguate; le donne, il cui livello di occupazione rimane ancora (soprattutto nel Mezzogiorno) troppo basso rispetto alla media europea e agli obiettivi della “Strategia di Lisbona”, per le quali il provvedimento prevede interventi volti ad aumentare le opportunità di occupazione rendendo più facile la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e rafforzando le garanzie per l’effettiva parità di trattamento sul lavoro tra uomini e donne; le persone con disabilità, che incontrano ancora grandi difficoltà per un effettivo inserimento lavorativo, per le quali il provvedimento prevede appositi interventi volti a rendere effettive le opportunità di inserimento o reinserimento lavorativo tra cui si ricorda la concessione al datore di lavoro di un contributo per l’assunzione di soggetti disabili volto a coprire una parte del costo salariale di tali lavoratori.

Il provvedimento quindi attua un disegno riformatore unitario, che, nelle svariate materie affrontate, cerca di contemperare i vari interessi economici e sociali in un’ottica più generale di maggiore crescita ed equità.

 

1. L’iter legislativo

Il disegno di legge A.C. 3178, recante "Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale", è stato presentato alla Camera il 23 ottobre 2007 ed assegnato, in sede referente, alla XI Commissione Lavoro, che ne ha iniziato l’esame il 31 ottobre 2008.

L’esame in sede referente è stato concluso dalla XI Commissione Lavoro il 22 novembre 2007, licenziando un testo che presentava modifiche, anche significative, rispetto al testo iniziale del disegno di legge.

Si segnalano, di seguito, le principali modifiche introdotte dalla XI Commissione Lavoro (naturalmente la numerazione degli articoli fa riferimento all’A.C. 3178):

 

§      all’articolo 1 (Modifica dei requisiti di accesso al pensionamento anticipato), al comma 3, recante una delega per una apposita disciplina relativa al pensionamento anticipato dei soggetti che svolgono lavori usuranti, è stato eliminato, alla lettera b), per quanto riguarda la definizione di lavoratore notturno, il riferimento al D.Lgs. 66 del 2003; inoltre è stato introdotto l’ulteriore criterio e principio direttivo di cui alla lettera e), che contempla la necessità di prevedere sanzioni amministrative nel caso di omissione degli adempimenti relativi agli obblighi di comunicazione dell’organizzazione dell’orario di lavoro aventi le caratteristiche della c.d.”linea catena” e del lavoro notturno nonché nel caso di dichiarazioni non veritiere al fine di usufruire dei benefici previdenziali previsti per i lavoratori che svolgono attività usuranti;

§      all’articolo 7 (Rivalutazione indennizzi per danno biologico) è stato aggiunto il comma 2, volto ad introdurre un meccanismo di adeguamento sistematico e periodico degli indennizzi per danno biologico erogati dall’INAIL, prevedendo che tali adeguamenti siano effettuati con cadenza annuale a decorrere dal 1° luglio 2009, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, su delibera del consiglio di amministrazione dell’INAIL;

§      all’articolo 9 (Delega al Governo in materia di mercato del lavoro), oltre a varie modifiche nei principi e criteri direttivi della deleghe previste, si sono introdotti due ulteriori commi: il comma 5 prevede la possibilità di conversione del rapporto di apprendistato, nel corso del suo svolgimento, in rapporto a tempo indeterminato ferma restando l'utilizzazione del lavoratore in attività corrispondenti alla formazione conseguita e al completamento dell'obbligo formativo e trovando applicazione, fino alla scadenza del termine originariamente previsto dal contratto di apprendistato, la disciplina previdenziale ed assistenziale prevista per gli apprendisti dalla L. 25 del 1955; il comma 6 invece autorizza una spesa pari a 10 milioni di euro per il finanziamento per il 2008 e il 2009 delle attività di formazione professionale;

§      all’articolo 10 (Disposizioni in tema di occupazione delle persone con disabilità), al comma 3, lettera b), capoverso “Art. 12-bis”, si è introdotta la ulteriore possibilità, per gli uffici competenti, di stipulare con le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative convenzioni-quadro finalizzate all’occupazione di persone disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario;

§      all’articolo 11 (Modifiche ed integrazioni all'articolo 5 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368), recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato,in primo luogo è stato introdotto il comma 01 che, novellando l’articolo 1 del D.Lgs. 368 del 2001, è volto a reintrodurre espressamente nell’ordinamento il principio secondo cui il rapporto di lavoro subordinato “di norma” debba essere instaurato a tempo indeterminato; inoltre si è modificato il capoverso “4-bis”, precisando che ai fini del raggiungimento del “tetto” dei 36 mesi relativo alla durata complessiva dei rapporti di lavoro a termine (superato il quale il rapporto di lavoro viene considerato a tempo indeterminato), vadano considerati tutti i rinnovi, a prescindere dai periodi di interruzione intercorrenti tra un contratto e l’altro, nonché prevedendo che l’ulteriore contratto a termine fra gli stessi soggetti da stipulare presso la Direzione provinciale del lavoro non possa avere durata superiore agli otto mesi;

§      all’articolo 12 (Norme in materia di lavoro a tempo parziale), al comma 1, si è modificata la lettera b) che interviene sul comma 8 dell’articolo 3 del D.Lgs. 61 del 2000, prevedendo che il preavviso in favore del lavoratore nel caso di utilizzazione da parte del datore di lavoro delle clausole flessibili o delle clausole elastiche deve essere di almeno cinque giorni lavorativi; si è inoltre sostituita la lettera c), disponendosi l’abrogazione del comma 2-ter dell’articolo 8 del D.Lgs. 61 del 2000 ai sensi del quale, in assenza di contratti collettivi, il datore di lavoro e il prestatore di lavoro possono concordare direttamente l'adozione di clausole elastiche o flessibili; infine si è introdotta la lettera d), volta a sostituire il testo dell’articolo 12-bis del D.Lgs 61 del 2000, recante disposizioni in materia di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale per i lavoratori affetti da patologie oncologiche;

§      è stato introdotto l’articolo 14 (Abolizione dell’istituto della somministrazione di lavoro a tempo indeterminato), che appuntodispone l’abolizione del contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato disciplinato al Titolo III, Capo I del D.Lgs 276 del 2003.

§      è stato introdotto l’articolo 15 (Tipologie specifiche di lavoro nei settori del turismo e dello spettacolo), che introduce una disciplina relativa alle prestazioni di lavoro di carattere discontinuo nel settore del turismo e dello spettacolo, al fine di contrastare il possibile ricorso a forme di lavoro irregolare o sommerso per sopperire ad esigenze di utilizzo di personale per lo svolgimento di prestazioni nei settori richiamati;

§      è stato introdotto l’articolo 17 (Modifica all'articolo 36-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), che, aggiungendo il comma 7-bis all’articolo 36-bis del D.L. 223 del 2006, dispone che l'adozione dei provvedimenti sanzionatori amministrativi relativi all’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie, con riferimento alle violazioni constatate prima della entrata in vigore del D.Lgs. 223 del 2006, rimane di competenza dell'Agenzia delle entrate, in luogo della Direzione provinciale del lavoro;

§      all’articolo 20 (Interventi in materia di sicurezza sul lavoro), si è aggiunto il comma 2, che dispone, nei confronti delle imprese cooperative e loro consorzi che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici, ai soli fini dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l’applicazione delle disposizioni del settore dell’industria anche con riferimento ai lavoratori subordinati con contratto a termine;

§      all’articolo 31 (Riordino della normativa in materia di occupazione femminile), sono state apportate varie modifiche ai criteri e principi direttivi della relativa delega e ne sono stati introdotti di ulteriori, tra cui si ricordano quelli relativi alla revisione della normativa vigente in materia di congedi parentali nonché alla previsione di azioni ed interventi che agevolino l’accesso e il rientro nel mercato del lavoro delle donne;

§      si è introdotto l’articolo 32 (Modifica all'articolo 8 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252), che, novellando il comma 12 dell’articolo 8 del D.Lgs. 252 del 2005, dispone che i soggetti destinatari del D.Lgs. 565 del 1996, anche se non iscritti al “Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari”, possono effettuare contribuzioni saltuarie alle forme di previdenza complementare a cui aderiscono;

§      si è introdotto l’articolo 33 (Maternità a rischio), che, modificando il comma 791 della legge finanziaria 2007, prevede che alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335 che non risultino iscritte ad altre forme pensionistiche obbligatorie si applichino anche le disposizioni di cui all’articolo 7 del D.Lgs. 151 del 2001, relative a particolari categorie di lavori considerati vietati per le lavoratrici;

§      all’articolo 35 (Modifiche ed integrazioni all'articolo 17 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, in materia di fornitura di lavoro portuale temporaneo), si sono aggiunti i commi 3, 4 e 5, che recano modifiche alla disciplina di cui agli articoli 17 (relativo alla trasformazione delle compagnie e dei gruppi portuali in società o cooperative) e 21 (recante la disciplina della fornitura di lavoro temporaneo alle imprese autorizzate all'esecuzione delle operazioni portuali e dei servizi portuali) della L. 84 del 1994.

 

L’esame presso l’Assemblea della Camera è iniziato, con la discussione sulle linee generali, il 26 novembre 2007. Il giorno successivo il Governo ha posto la questione di fiducia sull’approvazione del suo maxiemendamento 1.100, interamente sostitutivo dell'articolo 1 e soppressivo degli articoli da 2 a 37 e delle allegate tabelle del disegno di legge A.C. 3178-A.

Il maxiemendamento sul quale è stata posta la questione di fiducia, pur riprendendo molte delle modifiche introdotte dalla XI Commissione Lavoro, a sua volta ha introdotto alcune significative modifiche al testo licenziato dalla medesima Commissione.

Le principali modifiche introdotte dal maxiemendamento, che consta di un unico articolo, rispetto al testo licenziato dalla XI Commissione Lavoro, sono state le seguenti:

§         al comma 3, lettera b), dell’articolo 1, è stato reintrodotto, per quanto riguarda la definizione di lavoratore notturno, il riferimento al D.Lgs. 66 del 2003 già presente nel testo iniziale del disegno di legge;

§         al comma 6 dell’articolo 1, si è precisato che, nell’attuazione della delega finalizzata a estendere l’obiettivo dell’elevazione dell’età media di accesso alla pensione ai regimi pensionistici armonizzati e agli altri regimi e gestioni pensionistiche per cui siano previsti requisiti diversi da quelli vigenti nell’assicurazione generale obbligatoria (AGO), il Governo deve tener conto, in particolare, per le Forze armate e per quelle di polizia ad ordinamento civile e militare, della specificità dei relativi comparti, della condizione militare e della trasformazione ordinamentale in atto nelle Forze armate;

§         è stato soppresso il comma 2 dell’articolo 7, introdotto dalla XI Commissione Lavoro, volto a prevedere un meccanismo di adeguamento sistematico e periodico degli indennizzi per danno biologico erogati dall’INAIL;

§         è stato soppresso il comma 5 dell’articolo 9, introdotto dalla XI Commissione Lavoro, volto a prevede la possibilità di conversione del rapporto di apprendistato, nel corso del suo svolgimento, in rapporto a tempo indeterminato;

§         al comma 3 dell’articolo 10 (divenuto il comma 37 dell’articolo unico del maxiemendamento), alla lettera b), capoverso “Art. 12-bis”, si è soppressa la previsione, introdotta dalla XI Commissione Lavoro, relativa alla possibilità, per gli uffici competenti, di stipulare con le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative convenzioni-quadro finalizzate all’occupazione di persone disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario;

§         al comma 2 dell’articolo 11, recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato (divenuto il comma 40 dell’articolo unico del maxiemendamento), alla lettera b), capoverso “4-bis”, si è eliminata la previsione (introdotta dalla XI Commissione Lavoro) secondo cui l’ulteriore contratto a termine fra gli stessi soggetti da stipulare presso la Direzione provinciale del lavoro non possa avere durata superiore agli otto mesi, al contempo stabilendo che la durata del predetto ulteriore contratto sia stabilita con avvisi comuni delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

 

La votazione della questione di fiducia presso l’Assemblea della Camera, terminata con esito favorevole, ha avuto luogo il 28 novembre 2007.

Il 29 novembre 2007 è avvenuta la votazione finale e l’approvazione del disegno di legge A.C. 3178-A, così come modificato dal maxiemendamento su cui era stata posta la questione di fiducia.

Il testo approvato dalla Camera, trasmesso al Senato (A.S. 1903) nella medesima data del 29 novembre 2007, è stato assegnato in sede referente alla 11.a Commissione (Lavoro, previdenza sociale), che ne ha iniziato l’esame il 4 dicembre 2007. La stessa Commissione non ha però terminato l’esame prendendo atto appunto, nella seduta del 12 dicembre 2007, della mancanza delle condizioni per completare l'esame in sede referente.

Il 13 dicembre 2007 è iniziato, con la discussione generale, l’esame da parte dell’Assemblea del Senato.

Nella seduta del 21 dicembre il Governo ha posto al questione di fiducia sull’approvazione dell’articolo 1 del disegno di legge A.S. 1903.

Nella medesima seduta ha avuto luogo la votazione della questione di fiducia, terminata con esito favorevole, e quindi la votazione finale e l’approvazione definitiva del disegno di legge A.S. 1903.

Infine, dopo la promulgazione, la L. 24 dicembre 2007 n. 247 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2007 ed è entrata in vigore il 1° gennaio 2008.

2. Il contenuto della legge

Di seguito si descrivono in maniera sintetica, suddivisi per settori, i principali interventi previsti dalla L. 247/2007, che consta di un unico articolo.

Previdenza

I commi 1-24 recano diver del e disposizioni di carattere previdenziale.

In primo luogo, si interviene sui requisiti per l’accesso (a decorrere dal 2008) al trattamento pensionistico di anzianità e al trattamento pensionistico di vecchiaia liquidato esclusivamente con il sistema contributivo, previsti dalla L. 243 del 2004 (commi 1-6).

Per quanto riguarda le pensioni di anzianità viene eliminato il cd. “scalone”, prevedendo una maggiore gradualità nell’innalzamento del requisito dell’età anagrafica per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità a decorrere dal 2008.

Si prevede che in presenza di almeno 35 anni di contributi si può accedere al pensionamento di anzianità, per il 2008 e dal 1° gennaio 2009 al 30 giugno 2009, con una età anagrafica di almeno 58 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e di 59 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS.

Invece, a decorrere dal 1° luglio 2009 viene introdotto il sistema delle “quote”, date dalla somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva.

Altre misure rilevanti in materia di accesso al pensionamento sono costituite:

§         da una delega per una apposita disciplina relativa al pensionamento anticipato dei soggetti che svolgono lavori usuranti, che permetterà ai lavoratori subordinati rientranti in determinate categorie (lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti di cui all’art. 2 del D.M. 19 maggio 1999; lavoratori notturni; lavoratori addetti alla cd. “linea catena”; conducenti di veicoli pesanti adibiti a servizi pubblici di trasporto di persone) di accedere al pensionamento con un requisito anagrafico minimo ridotto di 3 anni e, comunque, almeno pari a 57 anni di età, fermi restando il requisito minimo di anzianità contributiva pari a 35 anni e la disciplina relativa alla decorrenza del pensionamento (cd. “finestre”);

§         da un’apposita disciplina della decorrenza dei trattamenti pensionistici a regime (cd. “finestre”) per i lavoratori che accedono al pensionamento di anzianità anticipato con 40 anni di contribuzione e al pensionamento di vecchiaia con una età pari o superiore a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne.

 

I successivi commi recano invece disposizioni:

§         in materia di razionalizzazione del sistema degli enti previdenziali, con lo scopo di ridurre i costi di gestione attraverso una più efficiente utilizzazione delle risorse (commi 7-11);

§         in materia di revisione dei coefficienti di trasformazione per il calcolo delle pensioni con il sistema contributivo, nel rispetto degli andamenti e degli equilibri della spesa pensionistica di lungo periodo e nel rispetto delle procedure previste a livello europeo (commi 12-16);

§         per l’introduzione di un contributo di solidarietà a carico a carico degli iscritti e dei pensionati delle gestioni previdenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti e del Fondo volo, allo scopo di determinare in modo equo il concorso dei medesimi al riequilibrio del predetto Fondo (commi 17-18);

§         concernenti i trattamenti pensionistici superiori a otto volte i trattamenti minimi INPS, prevedendo che, per l’anno 2008, non viene concessa la rivalutazione automatica delle pensioni (comma 19);

§         volte a precisare alcuni profili relativi al riconoscimento dei benefici pensionistici per l’esposizione all’amianto ai lavoratori dipendenti da aziende già interessate dagli appositi atti di indirizzo emanati dal Ministero del lavoro (commi 21-22);

§         volte a prevedere un recupero del potere di acquisto degli indennizzi per danno biologico erogati dall’INAIL tramite l’attribuzione di un aumento straordinario degli stessi indennizzi, dal momento che la normativa vigente non prevede un meccanismo di adeguamento automatico dell’importo monetario di tali indennizzi (commi 23-24).

 

Infine, si segnala che l’articolo 1, comma 51, interviene in materia di contribuzione previdenziale ed assistenziale nel settore dell’edilizia, introducendo un più efficace meccanismo relativo alla eventuale proroga annuale della riduzione contributiva prevista dalla normativa vigente in modo da evitare discontinuità della concessione di tale agevolazioni.

Ammortizzatori sociali

I commi 25-29 recano misure in materia di ammortizzatori sociali. Più specificamente, si interviene in materia di:

§         indennità ordinaria di disoccupazione, elevando sia la durata temporale della stessa, sia la percentuale di commisurazione alla retribuzione;

§         indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti, rideterminando la percentuale di commisurazione alla retribuzione e riparametrando il diritto all’indennità stessa in relazione alle giornate lavorative;

§         misura degli aumenti annuali dell’integrazione salariale straordinaria corrisposta sia agli operai sia agli impiegati sospesi dal lavoro, disponendo il recupero integrale dell’inflazione ai fini degli aumenti annuali dell’integrazione salariale straordinaria;

§         riforma della disciplina degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno al reddito, da attuarsi mediante delega governativa.

Occupazione e mercato del lavoro

I commi 30-50 e 54 recano norme in materia di occupazione e di mercato del lavoro.

In particolare:

§         i commi 30-33 recano una delega al Governo finalizzata al riordino della normativa in materia di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato;

§         il comma 34 reca disposizioni in materia di finanziamento delle attività di formazione professionale;

§         i commi 35-38 intervengono in materia di occupazione delle persone con disabilità prevedendo, tra l’altro, la semplificazione della procedura per l’erogazione dell’assegno mensile agli invalidi civili che non svolgono attività lavorativa, l’individuazione di apposite convenzioni dirette ad agevolare l’assunzione di persone disabili con particolari difficoltà di inserimento lavorativo e la concessione al datore di lavoro di un contributo per l’assunzione di soggetti disabili volto a coprire una parte del costo salariale di tali lavoratori.

§         i commi 39-43 recano modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato. Particolare rilevanza assume, tra le altre norme, l’introduzione di una disciplina volta a limitare la possibilità di prevedere continui rinnovi dei contratti a tempo determinato con lo stesso lavoratore:se per effetto della successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra il datore di lavoro e il lavoratore supera complessivamente i 36 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, il rapporto di lavoro viene considerato a tempo indeterminato a decorrere dal superamento del predetto periodo; in deroga a tale previsione, si permette la stipulazione per una sola volta di un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti con una durata stabilita con avvisi comuni delle organizzazioni sindacali e datoriali. Sono escluse da tale disciplina le attività stagionali e le altre attività che saranno eventualmente individuate dagli avvisi comuni e dalla contrattazione collettiva;

§         il comma 44 reca invece modifiche ad alcuni profili della disciplina in materia di lavoro a tempo parziale. In particolare, si interviene sulla disciplina delle “clausole flessibili” (relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione di lavoro a tempo parziale) ed alle “clausole elastiche” (relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativanei rapporti di lavoro a tempo parziale verticali o misti), attribuendo un ruolo “autorizzatorio” alla contrattazione collettiva, nel senso che tali clausole possono essere previste e regolamentate solamente dalla contrattazione collettiva (e quindi non più autonomamente dalle parti del contratto individuale di lavoro);

§         il comma 45 abolisce l’istituto del lavoro intermittente (o a chiamata);

§         il comma 46 abolisce l'istituto della somministrazione di lavoro a tempo indeterminato;

§         i commi 47-50 istituiscono una disciplina relativa alle prestazioni di carattere discontinuo nel settore del turismo e dello spettacolo, al fine di contrastare il possibile ricorso a forme di lavoro irregolare o sommerso per sopperire ad esigenze di utilizzo di personale per lo svolgimento di prestazioni nei settori richiamati;

§         il comma 54, aggiungendo il comma 7-bis all’articolo 36-bis del D.Lgs. 223 del 2006, dispone che l'adozione dei provvedimenti sanzionatori amministrativi relativi all’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie, con riferimento alle violazioni constatate prima della entrata in vigore del D.Lgs. 223 del 2006, rimane di competenza dell'Agenzia delle entrate, in luogo della Direzione provinciale del lavoro.

Misure per il settore agricolo

I commi 55-66 recano misure di varia natura a favore delle imprese e dei lavoratori del settore agricolo, prevedendo:

§      modifiche della normativa in materia di disoccupazione agricola, al fine di rendere omogenee le discipline relative all’indennità ordinaria di disoccupazione e ai trattamenti speciali di disoccupazione per i lavoratori agricoli, con riferimento alla misura e alla durata delle provvidenze erogate. (commi 55-57);

§      la concessione, in via sperimentale, per l’anno 2008, di incentivi per nuove assunzioni in agricoltura, attraverso l’attribuzione ai datori di lavoro agricoli di un credito d’imposta complessivo per ciascuna giornata di lavoro ulteriore rispetto a quelle dichiarate nell’anno precedente (commi 58-59);

§      una incentivazione ad osservare la normativa relativa alla salute e sicurezza dei lavoratori nel settore agricolo, caratterizzato da un’alta percentuale di infortuni sul lavoro, tramite una riduzione dei premi assicurativi per le imprese agricole che possano dimostrare il rispetto di tale disciplina (comma 60);

§      nei confronti delle imprese cooperative e loro consorzi che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici, ai soli fini dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l’applicazione delle disposizioni del settore dell’industria anche con riferimento ai lavoratori subordinati con contratto a termine (comma 61);

§      la destinazione di parte dell’aliquota contributiva relativa all’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria dovuta dai datori di lavoro agricoli al finanziamento delle iniziative di formazione continua rivolte ai lavoratori subordinati del settore agricolo (commi 62-64);

§      modifiche alla disciplina relativa alle provvidenze per i lavoratori agricoli in caso di calamità naturali, al fine di circoscriverne il campo di applicazione (comma 65);

§      modifiche alle disposizioni relative alla compensazione degli aiuti comunitari con i contributi previdenziale dovuti dalle imprese agricole (comma 66).

Competitività

I commi 67-71 recano invece norme in materia di competitività.

In primo luogo, con i commi 67-69, si introduce in via sperimentale una misura che da una parte rende interamente imponibile ai fini previdenziali e quindi anche pensionabile la quota di retribuzione erogata (in base ai contratti collettivi di secondo livello) a titolo di premio di produttività permettendo ai lavoratori di beneficiare di un miglioramento dei trattamenti pensionistici e dall’altra, invece, con l’istituzione di un apposito Fondo, prevede la concessione, nel limite delle risorse del medesimo Fondo, di uno sgravio contributivo per la medesima quota di retribuzione.

Il comma 70 completa l’intervento normativo a favore dellaretribuzione corrisposta a titolo di premio di produttività prevedendo, per l’anno 2008, l’introduzione di opportune misure di detassazione per ridurre l’imposizione fiscale su tale retribuzione, entro un determinato limite massimo di spesa.

Il comma 71 prevede la soppressione del contributo aggiuntivo a carico delle imprese che utilizzano il lavoro straordinario, per realizzare una riduzione del costo del lavoro e favorire la competitività del sistema produttivo.

Misure a favore dei giovani

I commi 72-80 recano invece disposizioni a favore dei giovani, sul piano finanziario, retributivo e previdenziale.

In particolare:

§         con i commi 72-74 si prevede l’istituzione di appositi fondi per rendere possibile concretamente l’accesso al credito dei giovani, per compensare la discontinuità dei compensi di natura lavorativa derivante dallo svolgimento di attività intermittenti ovvero per sviluppare attività innovative ed imprenditoriali;

§         il comma 75 stanzia apposite risorse per l’integrazione dei compensi spettanti ai titolari degli assegni e dei contratti per attività di ricerca che prestino la propria opera presso le università statali e gli enti pubblici di ricerca e siano iscritti alla gestione separata presso l’INPS di cui all’art. 2, comma 26, della L. 335 del 1995;

§         i commi 76-78 recano disposizioni più favorevoli relative alla totalizzazione dei contributi assicurativi e al riscatto della durata dei corsi universitari ai fini pensionistici. Più specificamente, per quanto riguarda la totalizzazione, si riduce da sei a tre anni la durata minima che devono presentare i periodi assicurativi per poter essere cumulati e così si amplia la possibilità di usufruire dell’istituto della totalizzazione. Con riferimento al riscatto della durata dei corsi di studio universitario, si introducono norme volte a rendere meno oneroso e quindi più conveniente tale riscatto, permettendo la rateizzazione dei relativi versamenti senza l’applicazione di interessi e rendendo possibile il riscatto della durata dei corsi universitari di studio anche per i soggetti che non abbiano ancora iniziato l’attività lavorativa e quindi non iscritti ad alcuna gestione previdenziale;

§         i commi 79-80, infine, proseguendo l’intervento già attuato con la legge finanziaria per il 2007, prevedono l’aumento delle aliquote contributive pensionistiche relative ai lavoratori iscritti alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995 (tra cui figurano i lavoratori che svolgono collaborazioni coordinate e continuative, anche a progetto); tali aliquote sono stabilite al 24% per il 2008, al 25% per il 2009 e al 26% a decorrere dal 2010 per gli iscritti che non siano assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie, mentre sono stabilite al 17% a decorrere dal 2008 per gli iscritti che non siano assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie.

Occupazione femminile

Il comma 81 reca una delega al Governo finalizzata al riordino della normativa in materia di occupazione femminile anche tramite l’introduzione di incentivi e sgravi contributivi mirati a sostenere i regimi di orari flessibili, la revisione della disciplina vigente in materia di congedi parentali con particolare riguardo all’estensione della durata e all’incremento del trattamento economico di tali congedi in modo da incentivare l’utilizzo di questi importanti strumenti, il rafforzamento dell’istituto del lavoro a tempo parziale, il potenziamento dei servizi per l’infanzia e agli anziani non autosufficienti, il rafforzamento delle garanzie per l’applicazione effettiva della parità di trattamento tra donne e uomini in materia di occupazione e di lavoro, il potenziamento delle azioni intese a favorire lo sviluppo dell’imprenditoria femminile, la previsione di azioni ed interventi che agevolino l’accesso ed il rientro nel mercato del lavoro delle donne.

Il comma 82 reca disposizioni in materia di finanziamento delle forme pensionistiche complementari, prevedendo che i soggetti destinatari del D.Lgs. 565 del 1996, cioè i soggetti che possono iscriversi al “Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari”, anche se non iscritti al medesimo Fondo, possano effettuare contribuzioni saltuarie e non fisse alle forme di previdenza complementare a cui aderiscono.

Il comma 83, modificando l’articolo 1, comma 791, lettera b), della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006) amplia l’ambito dell’estensione alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS che non risultino iscritte ad altre forme pensionistiche obbligatorie della tutela più ampia, sotto il profilo temporale nonché sotto il profilo del trattamento economico e normativo, prevista per le lavoratrici dipendenti. Più specificamente, per tali lavoratrici, oltre all’applicazione delle disciplina di cui agli articoli 17 e 22 del D.Lgs. 151 del 2001, si prevede anche l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 7 dello stesso D.Lgs. 151 del 2001, relative a particolari categorie di lavori considerati vietati per le lavoratrici.

Ulteriori disposizioni

Il comma 84 prevede, per l’anno 2008, nel limite di 20 milioni di euro, la possibilità di concedere le indennità ordinarie di disoccupazione previste per i lavoratori sospesi in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori, ovvero dovute alle situazioni temporanee di mercato, anche in deroga ai limiti stabiliti dalla normativa vigente relativamente alla durata massima degli interventi di sostegno al reddito in questione.

I commi 85-86 recano disposizioni in materia di lavoro portuale temporaneo, prevedendo, in particolare, il riconoscimento, per l’anno 2008, e con efficacia successiva all’entrata in vigore delle disposizioni relative alla proroga degli ammortizzatori sociali, recate dalla legge finanziaria per l’anno 2008, a favore dei lavoratori portuali addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto a tempo indeterminato nelle imprese o agenzie di fornitura di lavoro temporaneo, per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro, di un’indennità pari ad un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile di integrazione salariale straordinaria, oltre che la relativa contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare.

I successivi commi 87-89 novellano l’art. 21 della L. 84 del 1994, recante disciplina della trasformazione delle compagnie e dei gruppi portuali in società o cooperative e detta la disciplina relativa a tale trasformazione, nonché l’art. 17 della medesima legge, recante la disciplina della fornitura di lavoro temporaneo alle imprese autorizzate all'esecuzione delle operazioni portuali e dei servizi portuali.

Infine, i commi 90-94 recano le disposizioni finali, disciplinando la procedura per l’emanazione dei decreti legislativi da adottare ai sensi della legge in esame (commi 90 e 91), prevedendo la clausola di copertura finanziaria (commi 92 e 93), e, infine, fissando l’entrata in vigore della legge in esame al 1° gennaio 2008 (comma 94).

 


Schede di lettura


Modifica dei requisiti di accesso al pensionamento anticipato
(commi 1-6)

 


1.  1. La Tabella A allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243, è sostituita dalle Tabelle A e B contenute nell’Allegato 1 alla presente legge.

2. All’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243, sono apportate le seguenti modifiche:

a) il comma 6 è così modificato:

1) la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) il diritto per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità per i lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle forme di essa sostitutive ed esclusive si consegue, fermo restando il requisito di anzianità contributiva non inferiore a trentacinque anni, al raggiungimento dei requisiti di età anagrafica indicati, per il periodo dal 1° gennaio 2008 al 30 giugno 2009, nella Tabella A allegata alla presente legge e, per il periodo successivo, fermo restando il requisito di anzianità contributiva non inferiore a trentacinque anni, dei requisiti indicati nella Tabella B allegata alla presente legge. Il diritto al pensionamento si consegue, indipendentemente dall’età, in presenza di un requisito di anzianità contributiva non inferiore a quaranta anni»;

2) alla lettera b), il numero 2 è sostituito dal seguente:

«2) con un’anzianità contributiva pari ad almeno trentacinque anni, al raggiungimento dei requisiti di età anagrafica indicati, per il periodo dal 1° gennaio 2008 al 30 giugno 2009, nella Tabella A allegata alla presente legge e, per il periodo successivo, fermo restando il requisito di anzianità contributiva non inferiore a trentacinque anni, dei requisiti indicati nella Tabella B allegata alla presente legge»;

3) l’ultimo periodo della lettera c) è sostituito dal seguente: «Per il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione dei requisiti entro il 31 dicembre dell’anno avendo come riferimento per l’anno 2009 i requisiti previsti per il primo semestre dell’anno»;

b) il comma 7 è sostituito dal seguente:

«7. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro il 31 dicembre dell’anno 2012, può essere stabilito il differimento della decorrenza dell’incremento dei requisiti di somma di età anagrafica e anzianità contributiva e di età anagrafica minima indicato dal 2013 nella Tabella B allegata alla presente legge, qualora, sulla base di specifica verifica da effettuarsi, entro il 30 settembre 2012, sugli effetti finanziari derivanti dalle modifiche dei requisiti di accesso al pensionamento anticipato, risultasse che gli stessi effetti finanziari conseguenti dall’applicazione della Tabella B siano tali da assicurare quelli programmati con riferimento ai requisiti di accesso al pensionamento indicati a regime dal 2013 nella medesima Tabella B»;

c) al comma 8, le parole: «1° marzo 2004» sono sostituite dalle seguenti: «20 luglio 2007»;

d) dopo il comma 18 è inserito il seguente:

«18-bis. Le disposizioni in materia di pensionamenti di anzianità vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi, nei limiti del numero di 5.000 lavoratori beneficiari, ai lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 15 luglio 2007, che maturano i requisiti per il pensionamento di anzianità entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità di cui all’articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223»;

e) il comma 19 è così modificato:

1) le parole: «10.000 domande di pensione» sono sostituite dalle seguenti: «15.000 domande di pensione»;

2) le parole: «di cui al comma 18» ove ricorrono sono sostituite dalle seguenti: «di cui ai commi 18 e 18-bis».

3. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, al fine di concedere ai lavoratori dipendenti che maturano i requisiti per l’accesso al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2008 impegnati in particolari lavori o attività la possibilità di conseguire, su domanda, il diritto al pensionamento anticipato con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) previsione di un requisito anagrafico minimo ridotto di tre anni e, in ogni caso, non inferiore a 57 anni di età, fermi restando il requisito minimo di anzianità contributiva di 35 anni e il regime di decorrenza del pensionamento secondo le modalità di cui all’articolo 1, comma 6, lettere c) e d), della legge 23 agosto 2004, n. 243;

b) i lavoratori siano impegnati in mansioni particolarmente usuranti di cui all’articolo 2 del decreto 19 maggio 1999 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della sanità e per la funzione pubblica; ovvero siano lavoratori dipendenti notturni come definiti dal decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, che, fermi restando i criteri di cui alla successiva lettera c), possano far valere, nell’arco temporale ivi indicato, una permanenza minima nel periodo notturno; ovvero siano lavoratori addetti alla cosiddetta «linea catena» che, all’interno di un processo produttivo in serie, contraddistinto da un ritmo collegato a lavorazioni o a misurazione di tempi di produzione con mansioni organizzate in sequenze di postazioni, svolgano attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale, che si spostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall’organizzazione del lavoro o dalla tecnologia, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali e al controllo di qualità; ovvero siano conducenti di veicoli pesanti adibiti a servizi pubblici di trasporto di persone;

c) i lavoratori che al momento del pensionamento di anzianità si trovano nelle condizioni di cui alla lettera b) devono avere svolto nelle attività di cui alla lettera medesima:

1) nel periodo transitorio, un periodo minimo di sette anni negli ultimi dieci anni di attività lavorativa;

2) a regime, un periodo pari almeno alla metà della vita lavorativa;

d) stabilire la documentazione e gli elementi di prova in data certa attestanti l’esistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi, anche con riferimento alla dimensione e all’assetto organizzativo dell’azienda, richiesti dal presente comma, e disciplinare il relativo procedimento accertativo, anche attraverso verifica ispettiva;

e) prevedere sanzioni amministrative in misura non inferiore a 500 euro e non superiore a 2.000 euro e altre misure di carattere sanzionatorio nel caso di omissione da parte del datore di lavoro degli adempimenti relativi agli obblighi di comunicazione ai competenti uffici dell’Amministrazione dell’articolazione dell’attività produttiva ovvero dell’organizzazione dell’orario di lavoro aventi le caratteristiche di cui alla lettera b), relativamente, rispettivamente, alla cosiddetta «linea catena» e al lavoro notturno; prevedere, altresì, fermo restando quanto previsto dall’articolo 484 del codice penale e dalle altre ipotesi di reato previste dall’ordinamento, in caso di comunicazioni non veritiere, anche relativamente ai presupposti del conseguimento dei benefìci, una sanzione pari fino al 200 per cento delle somme indebitamente corrisposte;

f) assicurare, nella specificazione dei criteri per la concessione dei benefìci, la coerenza con il limite delle risorse finanziarie di un apposito Fondo costituito, la cui dotazione finanziaria è di 83 milioni di euro per il 2009, 200 milioni per il 2010, 312 milioni per il 2011, 350 milioni per il 2012, 383 milioni a decorrere dal 2013;

g) prevedere che, qualora nell’ambito della funzione di accertamento del diritto di cui alle lettere c) e d) emerga, dal monitoraggio delle domande presentate e accolte, il verificarsi di scostamenti rispetto alle risorse finanziarie di cui alla lettera f), il Ministro del lavoro e della previdenza sociale ne dia notizia tempestivamente al Ministro dell’economia e delle finanze ai fini dell’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

4. Il Governo si impegna, previa verifica del rispetto del principio della compensazione finanziaria, a stabilire entro il 31 dicembre 2011, per i soggetti che accedono al pensionamento anticipato con 40 anni di contribuzione e al pensionamento di vecchiaia con età pari o superiore a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne, la disciplina della decorrenza dei trattamenti pensionistici a regime.

5. In attesa della definizione del regime delle decorrenze di cui al comma 4, per i soggetti che accedono al pensionamento anticipato con 40 anni di contribuzione e al pensionamento di vecchiaia con i requisiti previsti dagli specifici ordinamenti, i quali, sulla base di quanto sotto disciplinato, conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2011, è stabilito quanto segue:

a) coloro ai quali sono liquidate le pensioni a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti, qualora risultino in possesso dei previsti requisiti per l’accesso al pensionamento anticipato con 40 anni di contribuzione, possono accedere al pensionamento sulla base del regime delle decorrenze stabilito dall’articolo 1, comma 29, della legge 8 agosto 1995, n. 335;

b) coloro ai quali sono liquidate le pensioni a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti, qualora risultino in possesso dei previsti requisiti per l’accesso al pensionamento di vecchiaia entro il primo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento dal 1° luglio dell’anno medesimo; qualora risultino in possesso dei previsti requisiti entro il secondo trimestre, possono accedere al pensionamento dal 1° ottobre dell’anno medesimo; qualora risultino in possesso dei previsti requisiti entro il terzo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento dal 1° gennaio dell’anno successivo; qualora risultino in possesso dei previsti requisiti entro il quarto trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento dal 1° aprile dell’anno successivo;

c) coloro i quali conseguono il trattamento di pensione a carico delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti, qualora risultino in possesso dei previsti requisiti entro il primo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento dal 1° ottobre dell’anno medesimo; qualora risultino in possesso dei previsti requisiti entro il secondo trimestre, possono accedere al pensionamento dal 1° gennaio dell’anno successivo; qualora risultino in possesso dei previsti requisiti entro il terzo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento dal 1° aprile dell’anno successivo; qualora risultino in possesso dei previsti requisiti entro il quarto trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento dal 1° luglio dell’anno successivo;

d) per il personale del comparto scuola si applicano le disposizioni di cui al comma 9 dell’articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

6. Il Governo, allo scopo di assicurare l’estensione dell’obiettivo dell’elevazione dell’età media di accesso al pensionamento anche ai regimi pensionistici armonizzati secondo quanto previsto dall’articolo 2, commi 22 e 23, della legge 8 agosto 1995, n. 335, nonchè agli altri regimi e alle gestioni pensionistiche per cui siano previsti, alla data di entrata in vigore della presente legge, requisiti diversi da quelli vigenti nell’assicurazione generale obbligatoria, ivi compresi i lavoratori di cui all’articolo 78, comma 23, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e il personale di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, di cui alla legge 27 dicembre 1941, n. 1570, nonchè dei rispettivi dirigenti, è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività e, in particolare, per le Forze armate e per quelle di polizia ad ordinamento civile e militare, della specificità dei relativi comparti, della condizione militare e della trasformazione ordinamentale in atto nelle Forze armate.


 

Tabella A

Anno

Età anagrafica

Lavoratori dipendenti

pubblici e privati

Lavoratori autonomi

iscritti all'INPS

2008

58

59

2009 - dal

01/01/2009 al

30/06/2009

58

59

 

Tabella B

 

Lavoratori dipendenti pubblici

e privati

Lavoratori autonomi iscritti

all'INPS

 

(1) Somma di età anagrafica e anzianità contributiva

Età anagrafica minima per la maturazione del requisito indicato in colonna 1

(2) Somma di età anagrafica e anzianità contributiva

Età anagrafica minima per la maturazione del requisito indicato in colonna 2

2009 - dal

01/07/2009

al 31/12/2009

95

59

96

60

2010

95

59

96

60

2011

96

60

97

61

2012

96

60

97

61

dal 2013

97

61

98

62

 

 


I commi da 1 a 6 dell’articolo 1 della legge in esame recano modifiche in materia di requisiti di accesso al pensionamento anticipato.

In particolare, i commi 1 e 2 modificano i requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità e al trattamento pensionistico di vecchiaia liquidato esclusivamente con il sistema contributivo, a decorrere dal 1° gennaio 2008, previsti dalla L. 243 del 2004[2]. A tal fine la Tabella A allegata alla medesima legge viene sostituita dalle Tabelle A e B di cui all’Allegato n. 1 della legge in esame.

 

Per quanto concerne i requisiti pensionistici si ricorda che i commi da 6 a 9 dell’articolo 1 della L. 243/2004 avevano modificato, a decorrere dal 2008, i requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità e al trattamento pensionistico di vecchiaia liquidato esclusivamente con il sistema contributivo.

Più in particolare, la L. 243/2004 non aveva modificato il regime di accesso alle prestazioni pensionistiche per coloro che avessero maturato i requisiti del diritto alle pensioni di anzianità o di vecchiaia entro il 31 dicembre 2007; in tal caso i requisiti restano quelli definiti dalla L. 335/1995[3] e dalla L. 449/1997[4], siano le stesse pensioni calcolate con il sistema retributivo, con quello contributivo o con quello misto.[5]

Pertanto ai lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato, sino al il 31 dicembre 2007, il diritto alla pensione di anzianità era riconosciuto in presenza di 57 anni di età e 35 di contributi ovvero, indipendentemente dall’età, qualora ricorresse un requisito contributivo più elevato (39 anni per il biennio 2006-2007)[6]. Per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS erano invece richiesti 58 anni di età e 35 di contributi ovvero, indipendentemente dall’età, 40 anni di contributi.

Sempre fino al 31 dicembre 2007, per i medesimi lavoratori, per la pensione di vecchiaia calcolata con il sistema retributivo o misto, i requisiti erano rappresentati da almeno 20 anni di contributi e 60 anni d’età per le donne e 65 anni d’età per gli uomini.

Per la pensione di vecchiaia calcolata integralmente con il sistema contributivo, valevano invece le seguenti condizioni di accesso: almeno 5 anni di contributi, 57 anni di età ed una pensione da liquidare di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale. Si prescinde dal requisito legato all’importo della pensione al compimento dei 65 anni di età.

I lavoratori che entro la fine del 2007 hanno conseguito i requisiti sopra indicati potranno accedere al relativo trattamento pensionistico secondo la normativa vigente anteriormente all’entrata in vigore della L. 243/2004, anche successivamente al 31 dicembre 2007. Questi stessi lavoratori, dunque, potranno esercitare il diritto alla prestazione pensionistica in base alla disciplina previgente in un qualsiasi momento successivo alla maturazione dei predetti requisiti, indipendentemente dalle modifiche della normativa, e possono chiedere all’ente di appartenenza la certificazione di tale diritto. Per costoro il computo dei periodi di anzianità contributiva, maturati fino al conseguimento del diritto alla pensione, ai fini del calcolo dell’ammontare della prestazione, è comunque effettuato in base alla normativa previgente. Tali disposizioni erano volte evidentemente ad evitare una “fuga” verso le pensioni nel 2007, in considerazione della consistente elevazione del requisito di età anagrafica per l’accesso alla pensione di anzianità previsto a decorrere dal 2008.

Come detto, infatti, la L. 243/2004 aveva stabilito, a decorrere dal 1° gennaio 2008, i seguenti requisiti per accedere al pensionamento:

§         pensione di anzianità nel sistema retributivo e misto: per i lavoratori dipendenti, 35 anni di contributi e 60 anni di età, con incremento di 1 anno di età a decorrere dal 2010; per i lavoratori autonomi, 35 anni di contributi e 61 anni di età, con incremento di 1 anno di età a decorrere dal 2010. In presenza di 40 anni di anzianità contributiva si prescinde dal requisito anagrafico;

§         pensione di vecchiaia nel sistema contributivo: 65 anni di età per gli uomini e 60 di età per le donne e un quinquennio di contributi; oppure 35 anni di contributi e 60 anni di età per i dipendenti (61 per gli autonomi) con gli incrementi anagrafici di cui al precedente punto. Anche in questo caso, in presenza di 40 anni di anzianità contributiva si prescinde dal requisito anagrafico.

 

Come eccezione era consentito, in via sperimentale fino al 2015, alle lavoratrici che optano per la liquidazione della pensione con il sistema contributivo, di conseguire la pensione di anzianità ancora con 35 anni di contributi e 57 anni di età (58 anni per le lavoratrici autonome).

A decorrere dal 2014 veniva previsto l’aumento di un anno del requisito anagrafico che passa da 61 a 62 anni per i lavoratori dipendenti, e da 62 a 63 per i lavoratori autonomi. Si disponeva che tale incremento potesse essere differito qualora, a seguito di apposita verifica da effettuarsi nel 2013, fossero emersi effetti positivi di risparmio sulla spesa previdenziale superiori a quelli che sarebbero potuti derivare dall’elevazione del requisito anagrafico.

Si consideri, inoltre, che la L. 243/2004 aveva modificato in senso restrittivo, a decorrere dal 1° gennaio 2008, la disciplina della decorrenza del pensionamento (cd. finestre), per i lavoratori, di età inferiore a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne, che hanno diritto alla pensione di anzianità o alla pensione di vecchiaia liquidata con il sistema contributivo. Rispetto alla disciplina valida sino al 2007, per i lavoratori che hanno diritto alla pensione di anzianità le “finestre” di uscita erano state portate da quattro a due, mentre per i lavoratori cui si applica esclusivamente il sistema contributivo le “finestre” di uscita erano state introdotte ex novo.

Requisiti per l’accesso alla pensione di anzianità

Come detto, fino al 31 dicembre 2007, i requisiti per l’accesso alla pensione di anzianità erano, alternativamente, i seguenti:

a)  anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni, in concorrenza con almeno 57 anni di età per i lavoratori dipendenti o 58 anni di età per i lavoratori autonomi;

b)   40 anni di anzianità contributiva, a prescindere dall'età anagrafica.

A decorrere dal 1° gennaio 2008, la L. 243 del 2004 aveva mantenutola possibilità di conseguire il diritto al pensionamento in presenza di un’anzianità contributiva non inferiore a 40 anni indipendentemente dall’età anagrafica, innalzando però l’età anagrafica necessaria al pensionamento in presenza di 35 anni di anzianità contributiva.

In particolare, in presenza, come ricordato, di 35 anni di contributi:

q       per gli anni 2008 e 2009 l’età anagrafica era elevata a 60 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e a 61 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS;

q       per gli anni dal 2010 al 2013 l’età anagrafica era elevata a 61 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e a 62 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS.

Peraltro, a decorrere dal 2014 l’età anagrafica richiesta risultava ulteriormente elevata a 62 anni per i lavoratori dipendenti e a 63 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS. Era stato previsto, comunque, che il Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, potesse tuttavia differire tale ulteriore innalzamento, qualora, sulla base di una verifica da effettuare nel 2013, risultasse il conseguimento di risparmi di spesa superiori alle previsioni ed in grado di garantire il raggiungimento di effetti finanziari equivalenti a quelli originariamente previsti come conseguenti all’innalzamento dell’età previsto dal 2014.

 

La L. 247 del 2007, eliminando il cd. “scalone”, ha previsto una maggiore gradualità nell’innalzamento del requisito dell’età anagrafica per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità a decorrere dal 2008.

In particolare - ferma restando la possibilità di conseguire il diritto al pensionamento in presenza di un’anzianità contributiva non inferiore a 40 anni indipendentemente dall’età anagrafica - in presenza di almeno 35 anni di contribuzione si può accedere al pensionamento di anzianità, per il 2008 e dal 1° gennaio 2009 al 30 giugno 2009, con una età anagrafica di almeno 58 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e di 59 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS.

 

Invece, a decorrere dal 1° luglio 2009 viene introdotto il sistema delle “quote”, date dalla somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva.

Pertanto - ferma restando la possibilità di conseguire il diritto al pensionamento in presenza di un’anzianità contributiva non inferiore a 40 anni indipendentemente dall’età anagrafica – si può accedere al pensionamento di anzianità:

§         dal 1° luglio 2009 al 31 dicembre 2010, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati con una “quota” (come detto, somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva) pari almeno a 95, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 59 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS con una “quota” pari almeno a 96, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 60 anni;

§         per gli anni 2011 e 2012, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati con una “quota” pari almeno a 96, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 60 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS con una “quota” pari almeno a 97, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 61 anni;

§         dall’anno 2013, infine, a regime, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati con una “quota” pari almeno a 97, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 61 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS con una “quota” pari almeno a 98, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 62 anni.

Riformulando il comma 7 dell’articolo 1 della L. 243 del 2004, si prevede tuttavia (comma 2, lettera b)) che con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, da emanarsi entro il 31 dicembre dell’anno 2012, possa essere differito l’innalzamento dei requisiti previsto a decorrere dal 2013, qualora, sulla base di una verifica da effettuare entro il 30 settembre 2012, risulti il conseguimento di risparmi di spesa superiori alle previsioni ed in grado di garantire il raggiungimento di effetti finanziari equivalenti a quelli originariamente previsti come conseguenti all’innalzamento dell’età previsto a regime dal 2013.

Requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia liquidata con il sistema contributivo

La pensione di vecchiaia liquidata esclusivamente con il sistema contributivo si applica a tutti gli occupati per la prima volta dopo il 1° gennaio 1996 ed è l’unica forma di trattamento pensionistico prevista per questi soggetti (non esiste più infatti per i medesimi la distinzione tra pensione di vecchiaia e pensione di anzianità).

Fino al 31 dicembre 2007 costoro potevano andare in pensione in presenza di una delle seguenti situazioni:

ipotesi 1)     57 anni di età anagrafica; versamento e accreditamento di almeno 5 anni di contribuzione effettiva; importo della pensione non inferiore a 1,2 volte l’assegno sociale[7] (articolo 1, comma 20, primo periodo, della L. 335/1995);

ipotesi 2)     anzianità contributiva non inferiore a 40 anni[8]; importo della pensione non inferiore a 1,2 volte l’assegno sociale (articolo 1, comma 20, secondo periodo, prima parte, della L. 335/1995);

ipotesi 3)     65 anni di età anagrafica; versamento e accreditamento di almeno 5 anni di contribuzione effettiva (articolo 1, comma 20, secondo periodo, seconda parte, della L. 335/1995).

La L. 243/2004 ha innovato tale disciplina, anche in tal caso innalzando, a decorrere dall’anno 2008, i requisiti di età anagrafica .

Più specificamente, il requisito di 57 anni di età – previsto dall’ipotesi prima ricordata con il numero 1) - è stato elevato a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne (comma 6, lettera b), primo periodo).

Pertanto, in base alla normativa previgente alla L. 247/2007, a decorrere dal 1° gennaio 2008,i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia sarebbero stati i seguenti:

ipotesi 1)   60 anni per le donne e 65 anni per gli uomini di età anagrafica; versamento e accreditamento di almeno 5 anni di contribuzione effettiva; importo della pensione non inferiore a 1,2 volte l’assegno sociale;

ipotesi 2)   anzianità contributiva non inferiore a 40 anni;

ipotesi 3)   anzianità contributiva non inferiore a 35 anni; età anagrafica pari a:

-     per gli anni 2008 e 2009, 60 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e 61 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS;

-     per gli anni dal 2010 al 2013, 61 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e a 62 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS;

-     a decorrere dal 2014, nella disciplina a regime, 62 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e 63 anni per i lavoratori autonomi (a meno che il Ministro non avesse emanato il decreto di cui al comma 7 al fine di mantenere l’età a 61 anni per i dipendenti e a 62 per gli autonomi)[9] .

 

La L. 247 del 2007 modifica i requisiti per l‘accesso alla pensione di vecchiaia di cui all’ipotesi del 3), ferme restando le ipotesi 1) e 2).

Pertanto, a seguito di tale modifica, a decorrere dal 2008, per accedere alla pensione di vecchiaia con il sistema contributivo in base all’ipotesi 3), è necessario possedere i seguenti requisiti:

§           per il 2008 e dal 1° gennaio 2009 al 30 giugno 2009, almeno 35 anni di anzianità contributiva insieme ad una età anagrafica di almeno 58 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e di 59 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS;

§           dal 1° luglio 2009 al 31 dicembre 2010, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, una “quota” (data dalla somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva) pari almeno a 95 purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 59 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, una “quota” pari almeno a 96 purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 60 anni;

§           per gli anni 2011 e 2012, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, una “quota” pari almeno a 96 purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 60 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, una “quota” pari almeno a 97, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 61 anni;

§           dall’anno 2013, infine, a regime, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, una “quota” pari almeno a 97 purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 61 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, una “quota” pari almeno a 98, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 62 anni (a meno che il Ministro del lavoro non emani il decreto di cui al comma 7 dell’articolo 1 della L. 243/2004 – su cui cfr. supra – al fine di differire l’innalzamento dei requisiti pensionistici).

Decorrenza del pensionamento per particolari categorie di personale

Il comma 2, lettera a), n. 3), interviene sulla disciplina della decorrenza del pensionamento per il personale del comparto scuola, sostituendo a tal fine l’ultimo periodo della lettera c) del comma 6 dell’articolo 1 della L. 243 del 2004.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 6, lettera c) della L. 243/2004 disciplina la decorrenza del pensionamento (cd. finestre) per i lavoratori, di età inferiore a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne, che hanno diritto alla pensione di anzianità (di cui alla lettera a) del medesimo comma) o alla pensione di vecchiaia liquidata con il sistema contributivo (di cui alla lettera b) del medesimo comma).

Tale disciplina vale a decorrere dal 2008: il terzo periodo ne dispone infatti l’inapplicabilità ai lavoratori che maturano il diritto alla pensione – liquidata con il sistema retributivo, contributivo o misto - entro il 31 dicembre 2007.

Rispetto alla disciplina previgente (di cui alla L. 335/1995):

§         per i lavoratori che hanno diritto alla pensione di anzianità, le cd. finestre di uscita vengono portate da quattro a due;

§         per i lavoratori cui si applica esclusivamente il sistema contributivo, le cd. finestre di uscita sono introdotte ex novo. In base alla disciplina previgente, infatti, nel silenzio del legislatore, il trattamento pensionistico decorre alla maturazione dei requisiti richiesti.

Il primo ed il secondo periodo prevedono la disciplina applicabile, rispettivamente, ai lavoratori dipendenti ed ai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni per gli artigiani, i commercianti ed i coltivatori diretti (cfr. amplius infra, la parte della scheda relativa al comma 5 dell’articolo in esame).

In base al quarto e ultimo periodo, al personale del comparto scuola si applica la disciplina previgente, di cui all’articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Si ricorda che tale disposizione prevede che per il personale del comparto scuola, ai fini dell'accesso al trattamento pensionistico, la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell'anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell'anno.

 

La nuova formulazione dell’ultimo periodo della menzionata lettera c) conferma nella sostanza il contenuto della norma in questione, precisando però che, ai fini della attribuzione del trattamento pensionistico dalla data di inizio dell’anno scolastico nel caso di prevista maturazione dei requisiti per il pensionamento entro il 31 dicembre dell’anno, si abbiano come riferimento per l’anno 2009 i requisiti previsti con riferimento al primo semestre dell’anno (per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, età anagrafica di almeno 58 anni insieme ad un’anzianità contributiva di almeno 35 anni).

Al comma 2, la lettera c) novella il comma 8 dell’articolo 1 della L. 243/2004, relativo ad alcune eccezioni all’applicazione della nuova disciplina sull’accesso alle pensioni di anzianità.

 

Il citato comma 8 (primo periodo) prevede che le nuove disposizioni non si applicano ai lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione prima del 1° marzo 2004. Lo stesso comma (secondo periodo) prevede che al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate (D.Lgs. 195/1995[10]) e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (L. 1570/1941[11]), ivi compresi i dirigenti, continua ad applicarsi la disciplina speciale attualmente vigente[12].

Con la modifica introdotta, al primo periodo del menzionato comma 8, si esclude dall’applicazione della nuova disciplina sull’accesso alle pensioni di anzianità i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione prima del 20 luglio 2007.

Al comma 2, le lettere d) ed e) intervengono sulla disciplina relativa ad un’ulteriore eccezione all’applicazione delle nuove disposizioni in materia di pensioni di anzianità, di cui ai commi 18 e 19 dell’articolo 1 della L. 243 del 2004.

 

Il citato comma 18 dispone infatti che continua ad applicarsi la normativa previgente alla L. 243/2004 – nei limiti peraltro del numero di 10.000 lavoratori beneficiari – ai:

§         a) lavoratori collocati in mobilità in base ad accordi sindacali siglati in data antecedente al 1° marzo 2004, a condizione che maturino i requisiti richiesti dalla stessa normativa previgente per la pensione di anzianità entro il periodo in cui ancora usufruiscono dell’indennità di mobilità prevista dall’articolo 7, comma 2, della L. 223/1991[13] (cfr. infra)[14];

§         b)   lavoratori che abbiano usufruito dei fondi di solidarietà di settore, previsti dalla L. 662/1996[15] (articolo 2, comma 28) in favore delle aziende sprovviste di un sistema pubblico di ammortizzatori sociali, a condizione che i relativi accordi sindacali siano già stati firmati alla data del 1° marzo 2004.

Il successivo comma 19 dettava i criteri per l’individuazione dei 10.000 lavoratori che avrebbero potuto fruire del beneficio: si trattava dei primi 10.000 lavoratori che avrebbero presentato domanda di pensionamento all’INPS dopo il 1° gennaio 2008, intendendo avvalersi del beneficio medesimo. A tal fine l’INPS avrebbe provveduto ad un apposito monitoraggio delle predette domande, senza prendere in esame quelle che fossero pervenute successivamente al raggiungimento del numero di 10.000.

Con le modifiche recate dalla L. 247/2007, inserendo un nuovo comma 18-bis all’articolo 1 della L. 243/2004, si amplia la platea dei soggetti esclusi dall’applicazione delle nuove disposizioni in materia di pensioni di anzianità.

Difatti, si dispone che la normativa previgente alla L. 243/2004 continua ad applicarsi, nel limite del numero di 5.000 soggetti beneficiari, anche ai lavoratori collocati in mobilità in base ad accordi sindacali siglati in data antecedente al 15 luglio 2007, a condizione che maturino i requisiti richiesti dalla stessa normativa previgente per la pensione di anzianità entro il periodo in cui ancora usufruiscono dell’indennità di mobilità prevista dall’articolo 7, commi 1 e 2, della L. 223/1991 (cfr. infra).

 

La legislazione vigente (L. 23 luglio 1991, n. 223[16]) prevede una apposita procedura ai fini della collocazione in mobilità dei lavoratori. Si ricorda, al riguardo, che hanno diritto all’indennità di mobilità i lavoratori (con eccezione dei dirigenti) con rapporto a tempo indeterminato licenziati da imprese in CIGS che non siano in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi, ovvero licenziati da imprese rientranti nel campo di applicazione della CIGS qualora ricorrano i presupposti del licenziamento collettivo (cfr. infra).

Più in dettaglio, ai sensi dell’articolo 4 della citata L. 223 del 1991, le aziende in CIGS che nel corso o al termine del programma non possano garantire il reimpiego di tutti i lavoratori precedentemente sospesi, prima di effettuare il licenziamento anche di un solo dipendente devono seguire una particolare procedura di riduzione del personale, che si conclude con la messa in mobilità dei lavoratori licenziati.

Analoga procedura deve essere seguita, come accennato, qualora si verifichi la fattispecie del licenziamento collettivo, cioè, ai sensi dell’articolo 24 della L. 223 del 1991, nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti[17], in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare nell’arco temporale di 120 giorni almeno 5 licenziamenti in stabilimenti produttivi dislocati nella stessa provincia. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.

In entrambi i casi sopra indicati (riduzione di personale da parte di aziende in CIGS o licenziamento collettivo), ai sensi dell’articolo 4 della L.. 223 del 1991, la procedura di riduzione del personale, preventiva rispetto al licenziamento e alla messa in mobilità, consta di una fase sindacale e di una fase amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali tentano prima tra loro ed eventualmente presso la Direzione provinciale del lavoro di trovare sbocchi alternativi al licenziamento. Se le parti non dovessero raggiungere alcun accordo, allora la procedura si conclude con la messa in mobilità dei lavoratori.

Più in dettaglio, in primo luogo, è previsto che il datore di lavoro deve versare un contributo d’ingresso[18] e deve comunicare alle RSA la propria intenzione di effettuare una riduzione di personale e di collocare i lavoratori in esubero in mobilità. Dopo aver ricevuto al comunicazione le RSA, entro 7 giorni, possono chiedere un esame congiunto della situazione di esubero con il datore di lavoro, al fine di giungere a soluzioni alternative. Dopo tale fase, il datore di lavoro comunica alla DPL competente l’esito del confronto con i sindacati e i motivi dell’eventuale mancato accordo. La DPL può tentare una mediazione ma, se anche in tale sede non si giunga ad una soluzione condivisa, il datore di lavoro può procedere al licenziamento dei lavoratori in esubero, che usufruiscono del trattamento di mobilità.

Se non vengono osservati tutti i passaggi procedurali sinteticamente descritti, può derivarne l’inefficacia dei licenziamenti, per cui i lavoratori avrebbero diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, da far valere entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione di licenziamento, con qualsiasi atto scritto anche stragiudiziale.

 

Per quanto riguarda il trattamento di mobilità, l’articolo 7 della richiamata L. 223 del 1991, al comma 1, prevede che i lavoratori collocati in mobilità, in possesso di determinati requisiti, anche di anzianità aziendale[19], hanno diritto ad una indennità per un periodo massimo di dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni.

L'indennità spetta nella seguente misura percentuale del trattamento di CIGS che hanno percepito ovvero che sarebbe loro spettato nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro:

§         per i primi dodici mesi: 100 per cento;

§         dal tredicesimo al trentaseiesimo mese: 80 per cento.

Il comma 2 del medesimo articolo 7 dispone che nelle aree del Mezzogiorno, l’indennità di mobilità è corrisposta per un periodo massimo di ventiquattro mesi, elevato a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a quarantotto per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni. Essa spetta nella seguente misura:

§         per i primi dodici mesi: 100 per cento;

§         dal tredicesimo al quarantottesimo mese: 80 per cento.

 

Tutti i lavoratori collocati in mobilità, anche se non in possesso dei requisiti che danno diritto all’indennità di mobilità (cfr. supra), sono iscritti nelle liste di mobilità regionali, in modo da agevolarne la ricollocazione lavorativa.

Si ricorda, al riguardo, che gli incentivi per l’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, previsti dalla L. 223/1991, sono i seguenti :

§         a) ai sensi dell’articolo 25, comma 9, in caso di conclusione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un lavoratore in mobilità, è concesso al datore di lavoro il beneficio della riduzione della relativa contribuzione a suo carico, che viene equiparata, per i primi 18 mesi, a quella dovuta per gli apprendisti dipendenti da aziende non artigiane;

§         b) ai sensi dell’articolo 8, comma 2, in caso di stipulazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato per una durata non superiore a 12 mesi, viene riconosciuto, per l’intero periodo, il medesimo beneficio di cui alla precedente lett. a). Il beneficio è concesso per ulteriori 12 mesi qualora, nel corso del suo svolgimento, tale contratto venga trasformato a tempo indeterminato[20].

Pensionamento anticipato dei soggetti che svolgono lavori usuranti

Il comma 3 reca una delega per una apposita disciplina relativa al pensionamento anticipato dei soggetti che svolgono lavori usuranti.

 

La normativa sui benefici previdenziali per i lavoratori che svolgono attività usuranti è stata introdotta nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 374/1993[21], in attuazione di una delega prevista dall'articolo 3, comma 1, lett. f), della L. 421/1992[22].

Secondo l'articolo 1 del D.Lgs. 374/1993 sono considerati particolarmente usuranti i lavori "per il cui svolgimento è richiesto un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee".

Le attività particolarmente usuranti sono individuate dalla tabella A allegata al medesimo decreto. In particolare, tale tabella comprende le seguenti attività:

§         lavoro notturno continuativo;

§         lavori alle linee di montaggio con ritmi vincolati;

§         lavori in galleria, cava o miniera;

§         lavori espletati direttamente dal lavoratore in spazi ristretti: all'interno di condotti, di cunicoli di servizio, di pozzi, di fognature, di serbatoi, di caldaie;

§         lavori in altezza: su scale aree, con funi a tecchia o parete, su ponti a sbalzo, su ponti a castello installati su natanti, su ponti mobili a sospensione (a questi lavori sono assimilati quelli svolti dal gruista, dall'addetto alla costruzione di camini e dal copritetto);

§         lavori in cassoni ad aria compressa;

§         lavori svolti dai palombari;

§         lavori in celle frigorifere o all'interno di ambiente con temperatura uguale o inferiore a 5 gradi centigradi;

§         lavori ad alte temperature: addetti ai forni e fonditori nell'industria metallurgica e soffiatori nella lavorazione del vetro cavo;

§         autisti di mezzi rotabili di superficie;

§         marittimi imbarcati a bordo;

§         personale addetto ai reparti di pronto soccorso, rianimazione, chirurgia d'urgenza;

§         trattoristi;

§         addetti alle serre e fungaie;

§         lavori di asportazione dell'amianto da impianti industriali, da carrozze ferroviarie e da edifici industriali e civili.

La tabella può essere modificata con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro (attualmente: Ministro dell’economia e delle finanze), sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

E’ necessario peraltro evidenziare che la normativa vigente (articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 374/1993) distingue due tipi di attività usuranti: al primo periodo fa riferimento a quelle particolarmente usuranti elencate nella tabella A; nel secondo periodo fa riferimento (sempre nell’ambito delle attività particolarmente usuranti) ad un sottoinsieme più ristretto di attività considerate (ancora) più usuranti "anche sotto il profilo delle aspettative di vita e dell'esposizione al rischio professionale di particolare intensità", prevedendo per tale sottoinsieme benefici ancora maggiori. Il sottoinsieme è stato individuato espressamente dal decreto del Ministro del lavoro, di concerto con i Ministri del tesoro, della sanità e per la funzione pubblica del 19 maggio 1999 (cfr. infra).

Ai lavoratori prevalentemente occupati, a decorrere dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 374 del 1993 (8 ottobre 1993), in attività particolarmente usuranti è consentito di anticipare il pensionamento, mediante abbassamento del limite di età pensionabile nella misura di due mesi per ogni anno di attività; la riduzione non può comunque superare un totale di 60 mesi (articolo 2, comma 1, primo periodo, D.Lgs. 374/93).

Fermo restando il requisito minimo di un anno di attività usurante continuata, il beneficio è frazionabile in giornate sempreché, in ciascun anno, il periodo di attività lavorativa svolta abbia avuto una durata di almeno centoventi giorni (articolo 2, comma 2, D.Lgs. 374 del 1993)[23].

E’ poi prevista, esclusivamente per i lavoratori impegnati in attività caratterizzate da una maggiore gravità dell'usura (come detto individuate dall’articolo 2 del D.M. 19 maggio 1999), la riduzione del limite di anzianità contributiva, ai fini del pensionamento di anzianità, di un anno ogni dieci di occupazione nelle medesime attività, fino ad un massimo di 24 mesi complessivamente considerati (articolo 2, comma 1, secondo periodo, del D.Lgs. 374 del 1993, introdotto dall’articolo 1, comma 35, della L. 335 del 1995)[24] .

Sono comunque fatti salvi i trattamenti di miglior favore previsti dai singoli ordinamenti pensionistici, ove questi prevedano anticipazioni dei limiti di età pensionabile in dipendenza delle attività particolarmente usuranti[25] (articolo 2, comma 3, D.Lgs. 374 del 1993).

Il riconoscimento dei benefici previdenziali presuppone peraltro l’individuazione, ai sensi dell’articolo 3 del medesimo D:Lgs. 374, come modificato dall’articolo 1, comma 34, della legge di riforma del sistema pensionistico (L. 335 del 1995), delle mansioni particolarmente usuranti all’interno delle categorie di lavori usuranti di cui alla Tabella A, nonché delle modalità di copertura dei relativi oneri.

Tale individuazione è rimessa a successivi decreti ministeriali - distinti per i lavoratori del settore privato, per i lavoratori autonomi assicurati presso l'INPS e per i lavoratori del settore pubblico - da emanarsi su proposta delle organizzazioni sindacali. La copertura degli oneri deve avvenire attraverso una aliquota contributiva definita secondo criteri attuariali riferiti all'anticipo dell'età pensionabile; per i lavoratori pubblici deve inoltre essere rispettato il limite delle risorse finanziarie preordinate ai rinnovi dei contratti di lavoro.

In particolare, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 374 del 1993, per i lavoratori del settore privato l’individuazione delle mansioni particolarmente usuranti è rimesso ad un decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro del tesoro, su proposta congiunta delle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative a livello nazionale.

In caso di mancata formulazione delle proposte da parte delle organizzazioni sindacali è previsto un potere sostitutivo del Ministro del lavoro (articolo 3, comma 3, D.Lgs. 374 del 1993).

L'articolo 59, comma 11, della L. 27 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), ha ulteriormente modificato la procedura per l'individuazione delle mansioni usuranti, stabilendo che i criteri per tale individuazione fossero stabiliti con un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio, della sanità e della funzione pubblica e per gli affari regionali, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, su parere di una commissione tecnico-scientifica, composta da non più di venti componenti, costituita con carattere paritetico da rappresentanti delle amministrazioni interessate e delle organizzazioni maggiormente rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori.

In attuazione dell’articolo 59, comma 11, della L. 449 del 1997 è stato emanato il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 19 maggio 1999, (pubblicato sulla G.U. n. 208 del 4 settembre 1999).

Il decreto ministeriale 19 maggio 1999 ha determinato, all’articolo 1, i criteri cui le organizzazioni sindacali devono attenersi ai fini dell'individuazione delle mansioni particolarmente usuranti e della determinazione delle aliquote contributive (articolo 1, comma 1).

Si tratta, in particolare, dei seguenti criteri:

-      l'attesa di vita al compimento dell'età pensionabile;

-      la prevalenza della mansione usurante:

-      la mancanza di possibilità di prevenzione;

-      la compatibilità fisico-psichica in funzione dell'età;

-      l'elevata frequenza degli infortuni, con particolare riferimento alle fasce di età superiori ai cinquanta anni;

-      l'età media della pensione di invalidità;

-      il profilo ergonomico;

-      l'esposizione ad agenti chimici, fisici, biologici, individuati secondo la normativa di prevenzione vigente.

E’ esplicitamente ribadito che gli oneri sono a totale carico delle categorie interessate.

E’ fissato un termine per la formulazione delle proposte delle organizzazioni sindacali e datoriali. In particolare si prevede che le organizzazioni sindacali e datoriali formulino congiuntamente apposite proposte entro e non oltre cinque mesi dalla data di pubblicazione del decreto ministeriale nella Gazzetta Ufficiale. Decorso infruttuosamente il predetto termine, si prevede l’applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, come riformulato dall'articolo 1, comma 34, della L. 8 agosto 1995, n. 335: viene pertanto ribadito il potere sostitutivo del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro del tesoro, sentita una commissione tecnico-scientifica, che è tenuta formulare il relativo parere entro e non oltre cinque mesi dalla data della sua costituzione (articolo 1, comma 2, D.M. 19/5/99).

L’articolo 3, comma 4 del D.Lgs. 374 del 1993 prevede inoltre una disciplina particolare per la copertura degli oneri relativi a “determinate mansioni in ragione delle caratteristiche di maggiore gravità dell'usura che esse presentano anche sotto il profilo dell'incidenza della stessa sulle aspettative di vita, dell'esposizione al rischio professionale di particolare intensità, delle peculiari caratteristiche dei rispettivi ambiti di attività con riferimento particolare alle componenti socio-economiche che le connotano”: si tratta sostanzialmente del sottoinsieme più ristretto di attività considerate (ancora) più usuranti di cui al secondo periodo dell’articolo 2, comma 1. Per tali oneri è rimesso ad un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro del tesoro, sentita una commissione tecnico scientifica, il riconoscimento di un concorso dello Stato, in misura non superiore al 20 per cento.

Si consideri che, in attuazione dell’articolo 3, comma 4 del D. Lgs. 374 del 1993, l’articolo 2 del decreto ministeriale 19 maggio 1999 ha individuato direttamente, nell'ambito delle attività elencate nella citata tabella A allegata al d.lgs. n. 374 del 1993, le “mansioni particolarmente usuranti in ragione delle caratteristiche di maggiore gravità dell'usura che esse presentano”, di cui all’articolo 2, comma 1, secondo periodo.

Le mansioni sono le seguenti:

§         «lavori in galleria, cava o miniera»: mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuità;

§         «lavori nelle cave»: mansioni svolte dagli addetti alle cave di materiale di pietra e ornamentale;

§         «lavori nelle gallerie»: mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento con carattere di prevalenza e continuità;

§         «lavori in cassoni ad aria compressa»;

§         «lavori svolti dai palombari»;

§         «lavori ad alte temperature»: mansioni che espongono ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali, a titolo esemplificativo, quelle degli addetti alle fonderie di 2ª fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti ad operazioni di colata manuale;

§         «lavorazione del vetro cavo»: mansioni dei soffiatori nell'industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio;

§         «lavori espletati in spazi ristretti», con carattere di prevalenza e continuità ed in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuativamente all'interno di spazi ristretti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture;

§         «lavori di asportazione dell'amianto»: mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità.

Per tali mansioni, come già previsto dall’articolo 3, comma 4, del D.Lgs. 374/1993, è ribadito il concorso dello Stato alla copertura degli oneri, in misura non superiore al 20 per cento, nell’ambito delle risorse già preordinate dalla legge di riforma del sistema pensionistico (L. 335/95).

Si attribuisce alle organizzazioni sindacali e datoriali il compito di formulare congiuntamente, entro il termine di cinque mesi dalla pubblicazione del decreto, le proposte per la determinazione delle aliquote contributive relative alle mansioni individuate dal comma 1; inoltre, anche in questo caso, in mancanza delle proposte delle organizzazioni sindacali e datoriali si prevede il potere sostitutivo del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro del tesoro, sentita una commissione tecnico scientifica (articolo 2, comma 3).

L'applicazione della normativa in materia di attività usuranti ha subito, dalla data di emanazione del D.Lgs 374 del 1993, notevoli ritardi. Difatti sino ad oggi, non essendo stata completata la procedura di cui all’articolo 1, comma 2 e all’articolo 2, comma 3 del D.M. 19 maggio 1999, non sono stati ancora emanati i provvedimenti attuativi necessari per individuare le mansioni particolarmente usuranti e determinare le aliquote contributive per la copertura dei conseguenti oneri, in modo da rendere concretamente operativi “a regime” i benefici previdenziali previsti dall’articolo 2 del D.Lgs. 374/1993.

In considerazione di tale situazione la L. 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), all’articolo 78, commi 8, 11, 12 e 13, ha previsto una disciplina transitoria (i cui effetti si sono già esauriti), “in attesa della definizione, tra le parti sociali, dei criteri di attuazione della normativa di cui al più volte richiamato D.Lgs. 374”[26].

In base a tale disciplina, il beneficio della riduzione dei requisiti di età anagrafica e contributiva è stato riconosciuto ai lavoratori che:

§         per il periodo successivo all’8 ottobre 1993 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 374/1993) avevano svolto prevalentemente le mansioni particolarmente usuranti, per le caratteristiche di maggior gravità dell’usura che queste presentano, individuate dal citato articolo 2 del D.M. 19 maggio 1999;

§         potevano far valere entro il 31 dicembre 2001 i requisiti per il pensionamento di anzianità o di vecchiaia, utilizzando le riduzioni di età pensionabile e di anzianità contributiva previste dalla normativa sui lavori usuranti.

In attuazione dell'articolo 78, comma 11, della citata L. 388/2000 (finanziaria per il 2001), è stato emanato il D.M. 17 aprile 2001 che detta le disposizioni per ottenere il riconoscimento dei benefici previdenziali di riduzione dei requisiti anagrafici e di anzianità contributiva relativi alle mansioni particolarmente usuranti[27]. Pertanto i lavoratori che hanno maturato il diritto alla pensione entro il 31 dicembre 2001 hanno potuto avvalersi dei benefici previsti dal citato D.Lgs. 374/1993[28].

Allo stato attuale, quindi, essendo ormai esauriti gli effetti di tale disciplina transitoria e in mancanza dei provvedimenti attuativi necessari per rendere concretamente operativi “a regime” i benefici previdenziali previsti dall’articolo 2 del D.Lgs. 374/1993, i lavoratori interessati non possono concretamente godere dei benefici previsti per lo svolgimento di lavori usuranti.

In particolare la delega, da esercitare entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, è volta a concedere ai lavoratori dipendenti impegnati in lavoro o attività connotate da un particolare indice di stress psico-fisico (cfr. infra), che maturano i requisiti pensionistici a decorrere dal 1° gennaio 2008, la possibilità di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico.

Per l’esercizio della delega vengono dettati i seguenti principi e criteri direttivi.

Per quanto riguarda il beneficio pensionistico attribuito, si dispone (lettera a)) che debba essere previsto un requisito anagrafico minimo ridotto di 3 anni e, comunque, almeno pari a 57 anni di età, fermi restando il requisito minimo di anzianità contributiva pari a 35 anni e la disciplina relativa alla decorrenza del pensionamento (cd. “finestre”).

Per quanto riguarda i soggetti beneficiari, si dispone (lettera b)) che possano usufruire del pensionamento anticipato quattro diverse categorie di soggetti:

§         i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti di cui all’articolo 2 del D.M. 19 maggio 1999 (cfr. supra);

§         i lavoratori subordinati notturni, così come definiti dal D.Lgs. 66 del 2003[29];

Si ricorda che l’articolo 1, comma 2, lettera e), del richiamato D.Lgs. 66/2003 definisce come “lavoratore notturno”:

1) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;

2) qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dalla contrattazione collettiva. In difetto di disciplina da parte della contrattazione collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro part-time.

§           i lavoratori addetti alla cd. “linea catena” che, nell’ambito di un processo produttivo in serie, svolgano lavori caratterizzati dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale;

§           conducenti di veicoli pesanti adibiti a servizi pubblici di trasporto di persone.

Viene tuttavia precisato (lettera c)) che i lavoratori, per usufruire dei benefici pensionistici in questione, non solamente devono svolgere le attività di cui alla precedente lettera b) al momento dell’accesso al trattamento pensionistico di anzianità ma devono aver svolto le medesime attività per un certo periodo di tempo e in particolare:

§         nel periodo transitorio, per un arco di tempo minimo di 7 anni negli ultimi 10 anni di attività lavorativa;

§         a regime, per un arco di tempo almeno pari alla metà della vita lavorativa.

Il legislatore delegato, inoltre, deve individuare la documentazione e gli elementi di prova di data certa volti a dimostrare il possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi nonché disciplinare il relativo procedimento di accertamento, anche tramite verifica ispettiva (lettera d)).

La successiva lettera e) contempla la necessità di prevedere sanzioni amministrative in misura non inferiore a 500 euro e non superiore a 2000 euro e altre misure di carattere sanzionatorio nell’ipotesi di omissione da parte del datore di lavoro degli adempimenti relativi agli obblighi di comunicazione ai competenti uffici della pubblica amministrazione dell’articolazione dell’attività produttiva ovvero dell’organizzazione dell’orario di lavoro aventi le caratteristiche di cui alla precedente lettera b) (cfr supra), relativamente, rispettivamente, alla c.d.”linea catena” ed al lavoro notturno.

Secondo la medesima lettera e) il legislatore delegato deve prevedere inoltre, fermo restando quanto previsto dall’articolo 484 c.p. (concernente la falsità in registri e notificazioni) e le altre ipotesi di reato previste dalla legislazione vigente in caso di comunicazioni mendaci, anche relativamente ai presupposti del conseguimento dei benefici, una sanzione pecuniaria fino al 200% delle somme indebitamente percepite.

Si consideri che quest’ultima fattispecie sanzionatoria sembrerebbe diretta ai casi di dichiarazioni non veritiere al fine di usufruire dei benefici previdenziali previsti per i lavoratori che svolgono attività usuranti.

La norma inoltre dispone che, nella specificazione dei criteri per la concessione dei benefici pensionistici in questione, deve essere assicurata la coerenza con il limite massimo delle risorse finanziarie di uno specifico Fondo, la cui dotazione finanziaria è pari a 83 milioni di euro per l’anno 2009, 200 milioni di euro per l’anno 2010, 312 milioni di euro per l’anno 2011, 350 milioni di euro per l’anno 2012, 383 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013 (lettera f)).

Si dispone inoltre (lettera g)) che, allorché dovesse verificarsi uno scostamento rispetto alle risorse finanziarie appositamente stanziate, il Ministro del lavoro ne informa tempestivamente il Ministro dell’economia ai fini dell’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della L. 468 del 1978 (apposita relazione al Parlamento e conseguenti iniziative legislative).

 

Può essere utile ricordare che, rispetto alle disposizioni di cui ai commi 1-3, la relazione tecnica allegata al ddl originario evidenziava i seguenti effetti per la finanza pubblica, con riferimento al periodo decennale 2008-2017[30] (dati in mln di euro).

 

Decorrenza dei trattamenti pensionistici (“finestre”)

Il comma 4 attribuisce al Governo il compito, previa verifica del rispetto del principio dell’invarianza finanziaria, di stabilire, entro il 31 dicembre 2011, la disciplina della decorrenza dei trattamenti pensionistici a regime (cd. “finestre”) per i lavoratori che accedono al pensionamento di anzianità anticipato con 40 anni di contribuzione e al pensionamento di vecchiaia con una età pari o superiore a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne.

Si osserva che non è esplicitato tramite quale strumento normativo il Governo debba dare attuazione a tale previsione.

Il comma 5, in attesa della definizione del nuovo regime delle decorrenze pensionistiche di cui al comma precedente, stabilisce transitoriamente le decorrenze per coloro che accedono al pensionamento anticipato di anzianità con 40 anni di contributi e al pensionamento di vecchiaia con i requisiti stabiliti dai rispettivi ordinamenti, i quali, sulla base di quanto stabilito dal comma in esame, conseguono il diritto alla decorrenza della pensione entro la fine del 2011.

Si prevede al riguardo, alla lettera a), che i lavoratori dipendenti, qualora siano in possesso dei requisiti per accedere al pensionamento anticipato di anzianità con 40 anni di anzianità contributiva, possono accedere al pensionamento sulla base delle decorrenze stabilite dall’articolo 1, comma 29, della L. 335/1995.

Si ricorda che tale disposizione prevede che, i lavoratori in possesso dei requisiti stabiliti dalla stessa L. 335/1995 per il pensionamento di anzianità (tra cui rientra il caso di coloro che possiedono una anzianità contributiva di almeno 40 anni indipendentemente dall’età anagrafica):

§         entro il 31 marzo, possono accedere al pensionamento al 1° luglio dello stesso anno, solamente se in possesso di una età anagrafica pari almeno a 57 anni;

§       entro il 30 giugno, possono accedere al pensionamento al 1° ottobre dello stesso anno, solamente se in possesso di una età anagrafica pari almeno a 57 anni;

§       entro il 30 settembre, possono accedere al pensionamento al 1° gennaio dell’anno successivo;

§       entro il 31 dicembre, possono accedere al pensionamento al 1° aprile dell’anno successivo.

Pertanto, in base a tale disciplina, i lavoratori in possesso di una anzianità contributiva pari almeno a 40 anni, se maturano tale requisito per il pensionamento entro il terzo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo; se invece lo maturano entro il quarto trimestre, possono accedere al pensionamento a decorrere dal 1° aprile dell’anno successivo.

 

Si ricorda che invece la L. 243 del 2004 ha modificato in senso restrittivo, a decorrere dal 1° gennaio 2008, la disciplina della decorrenza del pensionamento (cd. “finestre”), per i lavoratori, di età inferiore a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne, che hanno diritto alla pensione di anzianità o alla pensione di vecchiaia liquidata con il sistema contributivo. Rispetto alla disciplina valida sino al 31 dicembre 2007, per i lavoratori che hanno diritto alla pensione di anzianità, le “finestre” di uscita vengono portate da quattro a due, mentre per i lavoratori cui si applica esclusivamente il sistema contributivo, le “finestre” di uscita sono introdotte ex novo.

La modifica non riguarda il personale del comparto scuola, al quale continua ad applicarsi la specifica disciplina previgente[31].

Le seguenti tabelle pongono a confronto la disciplina precedente con la disciplina introdotta dalla L. 243/2004.

 

LAVORATORI DIPENDENTI

 

Data di maturazione

dei requisiti

 

Decorrenza della pensione di anzianità in base alla normativa precedente

(articolo 1, comma 29, L. 335 del 1995)

 

Decorrenza della pensione di anzianità in base alla L. 243 del 2004

(applicabile anche alle pensioni liquidate con il solo sistema contributivo)

Entro il 31 marzo

1° luglio

(con almeno 57 anni di età)

 

1° gennaio

(con almeno 57 anni di età)

Entro il 30 giugno

1° ottobre

(con almeno 57 anni di età)

Entro il 30 settembre

1° gennaio

1° luglio

Entro il 31 dicembre

1° aprile

Per i lavoratori che maturano i requisiti pensionistici con almeno 57 anni di età, mentre in base alla disciplina di cui all’articolo 1, comma 29, della L. 335/1995, l’intervallo massimo tra la maturazione dei requisiti e la decorrenza della pensione è di sei mesi (nell’ipotesi di maturazione nel primo giorno del trimestre), nella disciplina introdotta dalla L. 243/2004 (che si applica dal 1° gennaio 2008) tale intervallo diventa di dodici mesi.

Per i lavoratori che maturano i requisiti con meno di 57 anni di età (che possiedono quindi almeno 40 anni di anzianità contributiva), in base alla disciplina introdotta dalla L. 243/2004, la finestra è poi sostanzialmente unica, potendo costoro aspettare per la decorrenza della pensione fino a diciotto mesi.


 

LAVORATORI AUTONOMI

(artigiani, commercianti e coltivatori diretti)

 

Data di maturazione

dei requisiti

 

Decorrenza della pensione di anzianità in base alla normativa precedente

(articolo 59, comma 8, L. 449 del 1997)

 

Decorrenza della pensione di anzianità in base alla L. 243/2004

(applicabile anche alle pensioni liquidate con il solo sistema contributivo)

Entro il 31 marzo

1° ottobre

 

1° luglio

dell’anno successivo

Entro il 30 giugno

1° gennaio

Entro il 30 settembre

1° aprile

1° gennaio

del secondo anno successivo

Entro il 31 dicembre

1° luglio

Anche per i lavoratori autonomi i tempi di attesa – più lunghi che per i dipendenti - risultano raddoppiati: l’intervallo massimo tra la maturazione dei requisiti e decorrenza della pensione (nell’ipotesi di maturazione nel primo giorno del trimestre) passa da nove mesi a diciotto mesi.

Pertanto, con la disposizione di cui alla lettera a) del comma 5 in esame, per i lavoratori dipendenti con almeno 40 anni di anzianità contributiva, si introduce in via transitoria (sino al 31 dicembre 2011) una disciplina più favorevole per quanto riguarda la decorrenza del trattamento pensionistico rispetto a quella precedentemente prevista dalla L. 243/2004 a partire dal 1° gennaio 2008. Difatti, mentre in base alla disciplina di cui alla L. 243/2004 tali lavoratori potevano accedere al pensionamento al 1° luglio dell’anno successivo rispetto all’anno in cui maturavano i requisiti per il pensionamento (quindi potevano usufruire di una sola “finestra”), invece con la disciplina di cui alla legge in esame i medesimi lavoratori, se maturano il requisito per il pensionamento entro il terzo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo, se invece maturano il medesimo requisito entro il quarto trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento a decorrere dal 1° aprile dell’anno successivo (pertanto possono usufruire di due “finestre”).

La lettera b) invece introduce ex novo una disciplina transitoria (sino al 31 dicembre 2011) delle decorrenze del trattamento pensionistico per i lavoratori dipendenti che accedono al pensionamento di vecchiaia.

Si ricorda che, in base alla vigente normativa, non sono previste disposizioni sulla decorrenza del pensionamento per i lavoratori che accedano al pensionamento con un’età almeno pari a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne (requisiti anagrafici richiesti per il pensionamento di vecchiaia). Tali lavoratori possono accedere al pensionamento non appena maturano il prescritto requisito anagrafico.

In particolare, la lettera b) prevede quattro “finestre” per la decorrenza delle pensioni di vecchiaia per i lavoratori dipendenti.

Si dispone quindi che, i lavoratori dipendenti che siano in possesso dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia:

§      entro il primo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° luglio dello stesso anno;

§      entro il secondo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° ottobre dello stesso anno;

§      entro il terzo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° gennaio dell’anno successivo;

§      entro il quarto trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° aprile dell’anno successivo.

La lettera c) reca invece la disciplina transitoria (sino al 31 dicembre 2011) della decorrenza del pensionamento per i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali degli artigiani, dei commercianti e dei coltivatori diretti, che accedono al pensionamento anticipato di anzianità con 40 anni di anzianità contributiva e al pensionamento di vecchiaia con i requisiti stabiliti dai rispettivi ordinamenti.

Si ricorda che la L. 243/2004, anche per tali lavoratori autonomi, ha modificato in senso restrittivo, a decorrere dal 1° gennaio 2008, la disciplina della decorrenza del pensionamento (cd. finestre), poiché, rispetto alla disciplina di cui all’articolo 1, comma 29, della L. 335/1995 (valida sino al termine del 2007), per i lavoratori che hanno diritto alla pensione di anzianità, le “finestre” di uscita sono state portate da quattro a due, mentre per i lavoratori cui si applica esclusivamente il sistema contributivo, le “finestre” di uscita sono state introdotte ex novo (cfr. amplius supra).

Il provvedimento in esame, per tali lavoratori autonomi, stabilisce quattro “finestre” per la decorrenza del trattamento pensionistico.

Si prevede infatti che i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali degli artigiani, dei commercianti e dei coltivatori diretti, relativamente al pensionamento anticipato di anzianità con 40 anni di anzianità contributiva e al pensionamento di vecchiaia con i requisiti stabiliti dai rispettivi ordinamenti, se in possesso dei requisiti per il pensionamento:

§      entro il primo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° ottobre dello stesso anno;

§      entro il secondo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° gennaio dell’anno successivo;

§      entro il terzo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° aprile dell’anno successivo.

§      entro il quarto trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° luglio dell’anno successivo.

Infine, la lettera d) dispone che per il personale del comparto scuola si applica la disciplina di cui all’articolo 59, comma 9, della L. 449 del 1997[32].

 

Si ricorda che tale disposizione prevede che per il personale del comparto scuola, ai fini dell'accesso al trattamento pensionistico, la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell'anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell'anno.

 

Si consideri che dalla disposizione di cui al comma 5 in esame la relazione tecnica allegata al ddl originario afferma che conseguono i seguenti effetti finanziari (valori in mln di euro):

 

2008

2009

2010

2011

2012

270

126

-383

-272

0

 

Estensione dell’obiettivo dell’elevazione dell’età media di accesso alla pensione

Infine, il comma 6 reca una delega al Governo finalizzata a estendere l’obiettivo dell’elevazione dell’età media di accesso alla pensione:

 

§         ai «regimi pensionistici armonizzati secondo quanto previsto dall’articolo 2, commi 22 e 23, della legge 8 agosto 1995, n. 335»;

I commi 22 e 23 dell’articolo 2 della legge n. 335 del 1995 hanno previsto – mediante un’apposita delega legislativa al governo - l’estensione del principio di armonizzazione dei sistemi previdenziali ad alcuni fondi e regimi speciali, nonché a particolari attività lavorative.

In particolare, il comma 22 ha previsto l’estensione del principio di armonizzazione ai sistemi pensionistici sostitutivi dell’A.G.O. operanti presso l’INPS e l’INPDAP, ai regimi previdenziali operanti presso l’ENPALS, ed alle forme pensionistiche in favore delle categorie di personale non statale i cui trattamenti sono comunque a carico del bilancio dello Stato.

I principi e criteri direttivi posti a base della norma delegante hanno disposto:

a)    la determinazione delle basi contributive e pensionabili, con la contestuale ridefinizione delle aliquote contributive, tenuto conto dell’esigenza di equilibrio della gestione, di commisurazione delle prestazioni previdenziali agli oneri contributivi ed alla salvaguardia delle prestazioni previdenziali in rapporto con quelle assicurate;

b)    la revisione del sistema di calcolo delle prestazioni;

c)    la revisione dei requisiti di accesso alle prestazioni, secondo criteri di flessibilità;

d)    l’armonizzazione dell’insieme delle prestazioni con riferimento alla disciplina vigente nell’A.G.O., salvaguardando le normative speciali motivate da effettive e rilevanti peculiarità professionali e lavorative dei settori interessati.

In attuazione della delega prevista dal comma 22 sono stati armonizzati i seguenti regimi:

Regimi sostitutivi operanti presso l’INPS:

·       Fondo speciale di previdenza per i dipendenti dall'Enel e dalle aziende elettriche private. (D.Lgs. 16 settembre 1996, n.562)[33];

·       Fondo speciale di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia in concessione (D.Lgs. 4 dicembre 1996, n. 658)[34];

·       Fondo speciale di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea (D.Lgs. 24 aprile 1997, n. 164);

·       Fondo per gli iscritti all'Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti di aziende industriali (D.Lgs. 24 aprile 1997, n. 181)[35].

Regimi operanti presso l’INPDAP

L’INPDAP è stato istituito con l’articolo 4 del D.Lgs. 479 del 1994[36] con il compito di svolgere le funzioni che, alla data del 18 febbraio 1993, erano affidate ai seguenti enti che venivano contestualmente soppressi:

1)    Ente nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti statali (ENPAS),

2)    Istituto nazionale per l'assistenza ai dipendenti degli enti locali (INADEL),

3)    Ente nazionale di previdenza per i dipendenti da enti di diritto pubblico (ENPDEDP),

4)    Cassa per le pensioni per i dipendenti degli enti locali (CPDEL),

5)    Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI),

6)    Cassa per le pensioni ai sanitari (CPS)

7)    Cassa per le pensioni agli ufficiali giudiziari e ai coadiutori (CPUG),

Il medesimo articolo 4 (comma 5) del D.Lgs. 479/1994 ha previsto inoltre che con successivo provvedimento legislativo sarebbe stata disciplinata l’assunzione da parte dell’INPDAP dei compiti di erogazione del trattamenti pensionistici e di fine rapporto spettanti ai dipendenti statali, mediante l’istituzione di apposite gestioni autonome.

Successivamente l’articolo 2, comma 1 della legge 8 agosto 1995, n. 335 ha istituito presso l’INPDAP, a decorrere dal 1° gennaio 1996, la gestione separata dei trattamenti pensionistici dei dipendenti statali e delle altre categorie di personale aventi titolo ad analogo trattamento pensionistico.

Regimi operanti presso l’ENPALS

Fondo per i lavoratori dello spettacolo (D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 182).

Inoltre, il comma 23 dell’articolo 2 della L. 335/1995 ha attribuito una delega al Governo volta a modificare i requisiti di accesso al pensionamento per alcune particolari categorie di lavoratori che, in relazione alla natura dell’attività svolta, non possono essere compresi nella disciplina generale.

In attuazione di tale delega sono stati armonizzati i seguenti regimi:

·         Fondo per gli sportivi professionisti presso l’ENPALS (D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 166)

·         Trattamenti pensionistici, erogati dalle forme pensionistiche diverse da quelle dell'A.G.O., per il personale degli enti che svolgono le loro attività nelle materie di cui all'articolo 1 del D.Lgs.C.P.S. 17 luglio 1947, n. 691[37] (D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 563)

·         Trattamenti personale dipendente dall'Ente nazionale assistenza al volo (D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 149)

·         Trattamenti pensionistici del personale militare, delle Forze di polizia[38] e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego[39] (D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 165).

 

§         agli altri regimi e gestioni pensionistiche per cui siano previsti requisiti diversi da quelli vigenti nell’assicurazione generale obbligatoria (AGO).

Tra questi sono esplicitamente compresi, in primo luogo, i lavoratori di sottosuolo in miniere, cave o torbiere, che hanno cessato la loro prestazione lavorativa a seguito della chiusura definitiva di tali attività (art. 78, comma 23, della L. 388 del 2000).

Si ricorda che l’articolo 78, comma 23, della L. 388/2000 (legge finanziaria 2001) ha previsto un sistema più favorevole di calcolo dell’anzianità per i lavoratori di sottosuolo in miniere, cave o torbiere che hanno cessato la loro prestazione lavorativa a seguito della chiusura definitiva di tali attività senza aver maturato i benefici già previsti dall’articolo 18 della L. 30 aprile 1969, n. 153 (per i quali sono necessari almeno 15 anni di lavoro in sotterraneo).

E’ inoltre compreso il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate (D.Lgs. 195 del 1995) nonchè del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (L. 1570 del 1941[40]), ivi compresi i dirigenti.

La delega deve essere esercitata entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge, tenendo comunque conto delle peculiarità ed esigenze di ciascun settore di attività e, in particolare, per le Forze armate e per le Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, delle specificità dei rispettivi comparti, della condizione militare e della trasformazione organizzativa in atto nelle Forze armate.

 

Infine, si ricorda che una delega analoga era contenuta al comma 10 dell’articolo 1 della L. 243 del 2004, ma il relativo termine è scaduto senza il Governo abbia dato attuazione alla stessa delega.

 


Razionalizzazione del sistema degli enti previdenziali
(commi 7-11)

 


7. I criteri previsti dalla normativa vigente per il riordino e la riorganizzazione, in via regolamentare, degli enti pubblici sono integrati, limitatamente agli enti previdenziali pubblici, dalla possibilità di prevedere, a tal fine, modelli organizzativi volti a realizzare sinergie e conseguire risparmi di spesa anche attraverso gestioni unitarie, uniche o in comune di attività strumentali.

8. Ai fini di cui al comma 7, il Governo presenta, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, un piano industriale volto a razionalizzare il sistema degli enti previdenziali e assicurativi e a conseguire, nell’arco del decennio, risparmi finanziari per 3,5 miliardi di euro.

9. Fino all’emanazione dei regolamenti di cui al comma 7, i provvedimenti di carattere organizzatorio e di preposizione ad uffici di livello dirigenziale degli enti previdenziali pubblici resisi vacanti sono condizionati al parere positivo delle amministrazioni vigilanti e del Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, finalizzato alla verifica della coerenza dei provvedimenti con gli obiettivi di cui al comma 7.

10. Fatto salvo quanto previsto al comma 11, a decorrere dal 1° gennaio 2011 l’aliquota contributiva riguardante i lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima è elevata di 0,09 punti percentuali. Con effetto dalla medesima data sono incrementate in uguale misura le aliquote contributive per il finanziamento delle gestioni pensionistiche dei lavoratori artigiani, commercianti e coltivatori diretti, mezzadri e coloni iscritti alle gestioni autonome dell’INPS, nonchè quelle relative agli iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Le aliquote contributive per il computo delle prestazioni pensionistiche sono incrementate, a decorrere dalla medesima data, in misura corrispondente alle aliquote di finanziamento.

11. In funzione delle economie rivenienti dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 7 e 8, da accertarsi con il procedimento di cui all’ultimo periodo del presente comma, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sono corrispondentemente rideterminati gli incrementi delle aliquote contributive di cui al comma 10, a decorrere dall’anno 2011. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definite le modalità per l’accertamento delle economie riscontrate in seguito all’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 7 e 8, rispetto alle previsioni della spesa a normativa vigente degli enti previdenziali pubblici quali risultanti dai bilanci degli enti medesimi.


 

 

I commi da 7 a 11 dell’articolo 1 recano disposizioni in materia di razionalizzazione del sistema degli enti previdenziali.

 

In particolare, al comma 7 si stabilisce che i criteri previsti dalla normativa vigente per il riordino e la riorganizzazione, in via regolamentare, degli enti pubblici, sono integrati, limitatamente agli enti previdenziali pubblici, dalla possibilità di prevedere, a tal fine, modelli organizzativi volti a realizzare sinergie e conseguire risparmi di spesa anche attraverso gestioni unitarie, uniche o in comune di attività strumentali.

 

Si ricorda, in proposito, che i commi da 634 a 641 dell’articolo 2 della L. 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) hanno delineato una nuova procedura per addivenire alla soppressione o razionalizzazione degli enti pubblici statali volta, come i precedenti interventi in materia, a conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, a ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche e ad incrementare l’efficienza e migliorare la qualità dei servizi[41].

In particolare, il comma 634 autorizza, per le finalità sopra indicate, l’emanazione di uno o più regolamenti di delegificazione[42] ai quali è direttamente affidato il compito di procedere al riordino, alla trasformazione o alla soppressione e messa in liquidazione degli enti ed organismi pubblici statali, nonché di strutture amministrative pubbliche statali[43]. Per l’adozione dei regolamenti, è previsto il termine di 180 giorni dall’entrata in vigore della legge finanziaria. I regolamenti in questione devono essere adottati – secondo un procedimento analogo a quello già dettato dall’art. 28 (e successive modificazioni) della legge finanziaria 2002 – su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e del Ministro per l’attuazione del programma di Governo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro interessato, sentite le organizzazioni sindacali per quanto riguarda i riflessi sulla destinazione del personale.

La disposizione in esame provvede quindi ad individuare i “princìpi e criteri direttivi” cui devono attenersi i regolamenti:

§         (lett. a)) fusione degli enti, organismi e strutture pubbliche comunque denominate che svolgono attività analoghe o complementari, con conseguente riduzione della spesa complessiva e corrispondente riduzione del contributo statale di funzionamento;

§         (lett. b)) trasformazione degli enti ed organismi pubblici che non svolgono funzioni e servizi di rilevante interesse pubblico in soggetti di diritto privato ovvero soppressione e messa in liquidazione degli stessi;

§         (lett. c)) fusione, trasformazione o soppressione degli enti che svolgono attività in materie devolute alla competenza legislativa regionale ovvero attività relative a funzioni amministrative conferite alle regioni o agli enti locali;

§         (lett. d)) razionalizzazione degli organi di indirizzo amministrativo, di gestione e consultivi, nonché riduzione del numero dei componenti degli organi collegiali in misura non inferiore al 30 per cento ma compatibile con la funzionalità degli stessi;

§         (lett. e)) limitazione della responsabilità finanziaria dello Stato per gli enti soppressi o liquidati all’attivo della singola liquidazione;

§         (lett. f)) abrogazione delle disposizioni legislative che prescrivono il finanziamento, diretto o indiretto, a carico del bilancio dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche, degli enti ed organismi pubblici soppressi e posti in liquidazione o trasformati in soggetti di diritto privato;

§         (lett. g)) trasferimento delle funzioni degli enti soppressi all’amministrazione con “preminente competenza” nella materia.

Il comma 635 prevede che gli schemi di regolamento siano trasmessi al Parlamento perché sia acquisito il parere della Commissione bicamerale per la semplificazione della legislazione. Il parere deve essere reso dalla Commissione entro trenta giorni dalla data di trasmissione degli schemi – con possibilità di una proroga di venti giorni – decorsi i quali il parere si intende espresso favorevolmente.

Con il comma 636, inoltre, è stata introdotta una norma “di chiusura”, prevedendo che una serie di enti e organismi, elencati nell’allegato A alla legge finanziaria, siano soppressi ex lege ove, alla scadenza del termine di 180 giorni per l’adozione dei regolamenti, non risultino oggetto di alcun intervento di razionalizzazione. Le funzioni degli enti soppressi ex lege dovranno essere attribuite – con regolamenti di delegificazione adottati con le procedure sopra descritte – all’amministrazione con competenza “primaria” nella materia. Sempre con regolamento di delegificazione è previsto si disponga in ordine alla destinazione delle risorse finanziarie, strumentali e di personale degli enti soppressi[44].

Il successivo comma 637 prevede che con D.P.C.M., entro sei mesi dalla scadenza del termine per l’adozione dei regolamenti di razionalizzazione, si debba provvedere in ordine alla destinazione delle risorse finanziarie, strumentali e di personale degli enti soppressi per intervento del Governo. Il comma 638 prevede quindi che sugli schemi di D.P.C.M. di cui sopra sia acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, da rendere entro trenta giorni dalla trasmissione dell’atto. Scaduto il termine, i decreti possono comunque essere adottati.

Inoltre, il comma 639 stabilisce l’irrilevanza ai fini fiscali di tutti gli atti connessi alle “operazioni di trasformazione”, mentre il comma 640 prevede l’abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2008, della previgente disciplina in tema di razionalizzazione degli enti pubblici, di cui all’articolo 28 della legge finanziaria 2002, facendone comunque salvi i relativi commi 7, 9, 10 e 11[45] e i regolamenti già emanati ai sensi di quell’articolo.

Infine, il comma 641 stabilisce le economie di spesa, in termini di miglioramento dell’indebitamento netto, che deve essere conseguito dall’attuazione delle disposizioni in esame nonché di quella di cui al successivo comma 642 (che prevede la liquidazione di convitti nazionali ed istituti pubblici di educazione femminile).

 

Il successivo comma 8 attribuisce al Governo, ai fini di cui al precedente comma, il compito di presentare, entro un mese dalla data di entrata in vigore della L. 247/2007 (cioè entro il 1° febbraio 2008), un piano industriale volto alla razionalizzazione del sistema degli enti previdenziali e assicurativi in modo da conseguire risparmi di spesa per un importo di 3,5 miliardi di euro nell’arco del decennio.

 

Il comma 9 dispone poi che, nelle more dell’emanazione dei regolamenti di delegificazione indicati al comma 7, i provvedimenti di carattere organizzatorio e di preposizione ad uffici di livello dirigenziale degli enti previdenziali pubblici resisi vacanti sono condizionati al parere positivo (che assume quindi natura vincolante) delle amministrazioni vigilanti e della Presidenza del Consiglio (Dipartimento per le riforme e innovazione nella pubblica amministrazione), finalizzato alla verifica della coerenza del provvedimento agli obiettivi di razionalizzazione, riordino, trasformazione o fusione degli enti medesimi.

 

Il comma 10 (fatta salva la previsione di cui al successivo comma 11, cfr. infra) prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2011, un innalzamento nella misura di 0,09 punti percentualidelle aliquote contributive di finanziamento relative:

§      all'assicurazione generale obbligatoria (AGO) ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, con riferimento agli iscritti lavoratori dipendenti e per la quota a carico dei medesimi lavoratori;

§      alle gestioni pensionistiche degli artigiani, degli esercenti attività commerciali e dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni iscritti alle rispettive gestioni speciali dell’INPS;

§      alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995[46].

Inoltre, si prevede che, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2011, le aliquote contributive per il computo delle prestazioni pensionistiche siano incrementate in misura corrispondente alle aliquote di finanziamento.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 769, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006) ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2007, l’innalzamento di 0,3 punti percentuali dell’aliquota contributiva di finanziamento per gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, per la quota a carico del lavoratore[47]. La norma precisa comunque che l’aliquota contributiva totale, data dalla somma della quota a carico del lavoratore (anche considerando l’aumento di 0,3 punti) e di quella a carico del datore di lavoro, non possa essere superiore al 33%. A seguito dell’incremento dello 0,3% disposto dal citato comma 769, l’aliquota pensionistica complessiva per il FPLD sarà pari al 33%, di cui il 9,19% a carico del lavoratore[48].

 

Inoltre, l’articolo 1, comma 768, della legge finanziaria per il 2007 ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2007, l’innalzamento delle aliquote contributive pensionistiche per il finanziamento delle gestioni speciali presso l’INPS dei lavoratori artigiani e commercianti.Tali aliquote sono stabilite in misura pari al 19,50% a decorrere dal 1° gennaio 2007 e al 20% a decorrere dal 1° gennaio 2008.

 

Per quanto concerne la previgente disciplina relativa alla gestione speciale degli artigiani, fino al 30 giugno 1990 (data di entrata in vigore della L. 233 del 1990, recante la riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi), il sistema di contribuzione prevedeva:

-       un contributo "capitario" annuo, in cifra fissa, dovuto da ogni assicurato;

-       un contributo "aggiuntivo" in percentuale, dovuto dal solo titolare d’azienda.

A decorrere dal 1° luglio 1990 si è passati al versamento di un contributo unico a percentuale, calcolato sul reddito annuo imponibile IRPEF, che dal 1° gennaio 1993 è formato dalla totalità dei redditi d’impresa prodotti nello stesso anno al quale il contributo si riferisce (articolo 3-bis del D.L. 384 del 1992, convertito dalla L. 438 del 1992, recante misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali)[49].

Con effetto dal 1° gennaio 1998, ai sensi dell’articolo 59, comma 15, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), l'aliquota contributiva del 15%, in vigore fino al 31 dicembre 1997, è stata elevata di 0,8 punti percentuali. Il medesimo articolo disponeva poi che l'aliquota contributiva, dal 1° gennaio 1999, fosse elevata ogni anno di 0,2 punti fino a raggiungere l'aliquota “a regime” del 19% nel 2014.

Per quanto concerne la previgente disciplina relativa alla gestione speciale degli esercenti attività commerciali, la dinamica della contribuzione ricalca in maniera analoga quanto su detto riguardo alla gestione speciale degli artigiani.

Con effetto dal 1° gennaio 1998, ai sensi dell’articolo 59, comma 15, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) l’aliquota contributiva del 15,39%, in vigore fino al 31 dicembre 1997, è stata elevata di 0,8 punti percentuali. Il medesimo articolo disponeva poi che l'aliquota contributiva, dal 1° gennaio 1999, fosse elevata ogni anno di 0,2 punti fino a raggiungere l’aliquota “a regime” del 19% nel 2014.

 

Infine, si ricorda che l’articolo 1, comma 770, della legge finanziaria 2007 ha previsto l’adeguamento delle aliquote contributive pensionistiche relative ai lavoratori iscritti alla gestione separata presso l’INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995.In particolare, a decorrere dal 1° gennaio 2007 è stato disposto:

§         l’incremento al 23% dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995 dagli iscritti che non siano assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie;

§         l’incremento al 16% dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995 dai rimanenti iscritti rispetto a quelli di cui sopra (cioè dai soggetti già titolari di pensione o dai soggetti già assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie).[50]

Viene corrispondentemente incrementata la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche.[51]

 

L'ordinamento pensionistico italiano è strutturato in un regime previdenziale generale, costituito dall'Assicurazione Generale obbligatoria per l'invalidità, vecchiaia e superstiti (A.G.O.), gestita dall'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), che copre la maggior parte dei lavoratori dipendenti e dei lavoratori autonomi, ed in altre forme pensionistiche, anche esse obbligatorie per legge, che fanno capo ad enti diversi oppure sono - in qualche caso - confluite nell'INPS, dando vita a gestioni speciali.

L'Assicurazione generale obbligatoria (A.G.O.)

Il regime generale amministrato dall'INPS si articola a sua volta in varie gestioni.

La principale è il Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD) al quale fa capo la maggior parte dei lavoratori dipendenti.

Nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti sono confluite anche, con evidenza contabile separata, le seguenti gestioni:

§       ex-Fondo per i lavoratori dipendenti dei pubblici esercizi di telefonia in concessione (L. 4 dicembre 1956, n. 1450; D.Lgs. 4 dicembre 1996, n. 658 per l'armonizzazione all'A.G.O.)

§       ex-Fondo per i lavoratori dipendenti dell'ENEL e delle aziende elettriche private (L. 31 marzo 1956, n. 293; D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 562 per l'armonizzazione all'A.G.O.)[52];

§       ex-INPDAI[53] (L. 27 dicembre 1953, n. 967);

§       ex-Fondo per i dipendenti del settore dei pubblici servizi di trasporto (R.D. 30 settembre 1920, n. 1538) [54].

Nell’ambito dell’assicurazione generale obbligatoria operano poi le seguenti ulteriori gestioni:

a)       gestione speciale per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni;

b)       gestione speciale per gli artigiani[55];

c)       gestione speciale per gli esercenti attività commerciali[56];

d)       gestione separata INPS per titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto (e altri lavoratori parasubordinati), professionisti non assicurati presso una cassa di previdenza e associati in partecipazione[57];

e)       gestione speciale per i dipendenti degli enti pubblici creditizi[58].

Le gestioni sostitutive

Le gestioni pensionistiche sostitutive, anche esse obbligatorie per legge, si sostituiscono appunto al regime generale e sono state costituite al fine di garantire un miglior trattamento pensionistico per determinate categorie professionali.

Istituite per legge, in genere con la denominazione di "fondi", esse sono dotate di personalità giuridica propria e comunque di autonomia patrimoniale rispetto all'INPS.

Alcuni fondi sostitutivi sono però gestiti (pur sostituendo, in quanto tali, l'A.G.O.) direttamente dall'INPS.

Si tratta dei fondi relativi al seguente personale:

§      Fondo personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea (L. 13 luglio 1965, n. 859; D.Lgs. 24 aprile 1997, n. 164 per l'armonizzazione all'A.G.O.);

§      Fondo per il personale già addetto alla gestione delle imposte di consumo (R.D. 30 aprile 1936, n. 1138);

§      Fondo per il personale delle Ferrovie dello Stato S.p.A.[59];

§      Fondo Dazieri;

§      Fondo speciale ad esaurimento per gli spedizionieri doganali[60].

Tra gli enti gestori di fondi sostitutivi si ricordano inoltre:

§      l'ENPALS (D.Lgs.C.P.S. 16 luglio 1947, n. 708), a tutela dei lavoratori dello spettacolo e, successivamente, anche degli sportivi professionisti;

§      gli enti gestori di forme di previdenza per i liberi professionisti, alcuni istituiti con provvedimenti legislativi ad hoc e privatizzati ai sensi del D.Lgs. n. 509/1994, altri istituiti più recentemente, ai sensi del D.Lgs. 103 del 1996.

Per quanto riguarda in particolare gli enti gestori di forme di previdenza per i liberi professionisti, occorre ricordare che le Casse di previdenza cui sono iscritti coloro che esercitano attività professionali sono state privatizzate nell’ambito del riordino generale degli enti previdenziali disposto con l’articolo 1, commi da 32 a 38 della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

In attuazione della delega conferita da tale ultima disposizione, è stato emanato il D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, recante "Attuazione della delega conferita dall'articolo 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza", che ha disposto la trasformazione in associazione o fondazione, con decorrenza dal 1° gennaio 1995, dei seguenti enti:

§      Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense;

§      Cassa di previdenza tra dottori commercialisti;

§      Cassa nazionale previdenza e assistenza geometri;

§      Cassa nazionale previdenza e assistenza architetti ed ingegneri liberi professionisti;

§      Cassa nazionale del notariato;

§      Cassa nazionale previdenza e assistenza ragionieri e periti commerciali;

§      Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio (ENASARCO);

§      Ente nazionale di previdenza e assistenza consulenti del lavoro (ENPACL);

§      Ente nazionale di previdenza e assistenza medici (ENPAM);

§      Ente nazionale di previdenza e assistenza farmacisti (ENPAF);

§      Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari (ENPAV);

§      Ente nazionale di previdenza e assistenza per gli impiegati dell'agricoltura (ENPAIA);

§      Fondo di previdenza per gli impiegati delle imprese di spedizione e agenzie marittime (FASC);

§      Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI);

§      Opera nazionale assistenza orfani sanitari italiani (ONAOSI).

Benché con qualche ritardo rispetto al termine inizialmente stabilito (1° gennaio 1995), tutti gli enti elencati hanno proceduto, nel corso del 1995 e nei primi mesi del 1996, alla trasformazione in associazione o fondazione di diritto privato. Solo l’ENPAF ha perfezionato il processo di privatizzazione nel novembre 2000 (DM 7/11/2000).

Successivamente, il comma 25 dell’articolo 2 della L. 335 del 1995 ha delegato il Governo ad emanare norme volte ad assicurare tutela previdenziale in favore dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione, senza vincolo di subordinazione, il cui esercizio è subordinato all'iscrizione ad appositi albi o elenchi. In attuazione di tale norma è stato emanato il D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103, recante norme in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione.

In attuazione del D.Lgs. 103 del 1996 sono stati istituiti i seguenti enti con personalità giuridica di diritto privato:

·       Ente nazionale di previdenza e assistenza psicologi (ENPAP);

·       Ente nazionale di previdenza e assistenza periti industriali (EPPI);

·       Ente nazionale di previdenza e assistenza infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d’infanzia (IPASVI);

·       Ente nazionale di previdenza e assistenza biologi (ENPAB);

·       Ente nazionale di previdenza e assistenza pluricategoriale per agronomi forestali, attuari, chimici e geologi (EPAB).

Le gestioni esclusive

Le gestioni pensionistiche esclusive derivano la loro origine dalla volontà legislativa di sottrarre all’obbligo dell’iscrizione al regime generale alcune categorie di soggetti, a causa delle particolari caratteristiche del datore di lavoro (pubblico) e dello speciale rapporto di lavoro instaurato tra questi ed il personale dipendente.

La previdenza dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche è attualmente gestita dall'Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell'Amministrazione pubblica (INPDAP), istituito con l’articolo 4 del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 479.

L'Istituto svolge i compiti che le disposizioni vigenti al 18 febbraio 1993 affidavano all'Ente nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti statali (ENPAS), all'Istituto nazionale per l'assistenza ai dipendenti degli enti locali (INADEL), all'Ente nazionale di previdenza per i dipendenti da enti di diritto pubblico (ENPDEDP), alla Cassa per le pensioni per i dipendenti degli enti locali (CPDEL), alla Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI), alla Cassa per le pensioni ai sanitari (CPS) e alla Cassa per le pensioni agli ufficiali giudiziari e ai coadiutori (CPUG), amministrate dalla Direzione generale degli istituti di previdenza del Ministero del tesoro.

Con effetto dal 1°gennaio 1996 è stata poi istituita presso l'INDPAP, ai sensi dell'articolo 2 della L. 335 del 1995, la gestione separata dei trattamenti pensionistici ai dipendenti dello Stato (GPDS).

Nel regime esclusivo rientrano altresì i dipendenti della ex Amministrazione delle Poste e telecomunicazioni (trasformata prima in Ente Poste Italiane, a seguito della trasformazione in ente pubblico economico operata dalla L. 71 del 1994, e quindi in s.p.a.), i cui trattamenti pensionistici sono tuttora amministrati, con una gestione autonoma, dall'Istituto Postelegrafonici (IPOST), ente di diritto pubblico istituito con D.P.R. 542 del 1953[61].

Le gestioni esonerative

Le gestioni pensionistiche esonerative rappresentavano anche esse forme previdenziali alternative al regime generale[62]: l'esonero determinava un distacco temporaneo e provvisorio dall'A.G.O., potendo i fondi pensione esonerati trasformarsi in un secondo momento (come per molti è avvenuto) in fondi integrativi della pensione di base, previo trasferimento dei propri assicurati nel regime obbligatorio gestito dall'INPS. Tali gestioni, presenti soprattutto nel settore creditizio, avevano natura privata, e si ponevano in alternativa rispetto al regime generale gestito dall'INPS. Analogamente a quanto già operato nei confronti delle gestioni esclusive dei c.d. Banchi meridionali (Napoli e Sicilia), il D.Lgs. 20 novembre 1990, n. 357, ha soppresso tali fondi, trasferendoli nel regime dell'assicurazione generale obbligatoria, costituendo allo scopo una gestione speciale presso il FPLD dell'INPS.

Le gestioni integrative

Sempre con riferimento alle gestioni previdenziali pubbliche, un cenno a parte va infine fatto alle forme di previdenza integrative esistenti, cioè quei fondi che forniscono una integrazione alla pensione obbligatoria erogata dall'INPS (o da altri istituti), nonché altre prestazioni, di carattere anche creditizio ed assistenziale.

Tra queste vanno rammentati il Fondo per gli impiegati delle esattorie ed imposte dirette, il Fondo per i dipendenti del gas e la Gestione speciale dei lavoratori delle miniere, cave e torbiere, tutti costituiti presso l'INPS.

 

Infine, il comma 11 stabilisce che, con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, sono individuate le modalità per l’accertamento delle economie conseguite a seguito dell’attuazione delle misure di razionalizzazione degli enti previdenziali pubblici di cui ai precedenti commi 7 e 8, rispetto alle previsioni della spesa a normativa vigente degli enti previdenziali pubblici come risultanti dai bilanci degli stessi enti.

Si dispone quindi che, tenendo conto delle economie di spesa così accertate, con decreto del Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro del lavoro, sono corrispondentemente rideterminati gli incrementi delle aliquote contributive di cui al comma 10, previsti a decorrere dall'anno 2011.

 

La relazione tecnica al ddl originario afferma che, dalla disposizione di cui all’attuale comma 10, sulla base di un monte redditi complessivo stimato in circa 566.000 mln di euro nel 2011, derivano le seguenti maggiori entrate contributive (dati in mln di euro, impatto in termini di indebitamento netto delle PA):

 

2008

2009

2010

2011

al lordo effetti fiscali[63]

0

0

0

509

al netto effetti fiscali

0

0

0

393


Coefficienti di trasformazione (commi 12-16)

 


12. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è costituita una Commissione composta da dieci esperti, di cui due indicati dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, due indicati dal Ministero dell’economia e delle finanze, sei indicati dalle organizzazioni dei lavoratori dipendenti e autonomi e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con il compito di proporre, entro il 31 dicembre 2008, modifiche dei criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, nel rispetto degli andamenti e degli equilibri della spesa pensionistica di lungo periodo e nel rispetto delle procedure europee, che tengano conto:

a) delle dinamiche delle grandezze macroeconomiche, demografiche e migratorie che incidono sulla determinazione dei coefficienti medesimi;

b) dell’incidenza dei percorsi lavorativi, anche al fine di verificare l’adeguatezza degli attuali meccanismi di tutela delle pensioni più basse e di proporre meccanismi di solidarietà e garanzia per tutti i percorsi lavorativi, nonchè di proporre politiche attive che possano favorire il raggiungimento di un tasso di sostituzione al netto della fiscalità non inferiore al 60 per cento, con riferimento all’aliquota prevista per i lavoratori dipendenti;

c) del rapporto intercorrente tra l’età media attesa di vita e quella dei singoli settori di attività.

13. La Commissione di cui al comma 12 inoltre valuta nuove possibili forme di flessibilità in uscita collegate al sistema contributivo, nel rispetto delle compatibilità di medio-lungo periodo del sistema pensionistico. Dalla costituzione e dal funzionamento della Commissione non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Ai componenti della Commissione non sono corrisposti indennità, emolumenti o rimborsi spese.

14. In fase di prima rideterminazione dei coefficienti di trasformazione di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in applicazione dei criteri di cui all’articolo 1, comma 11, della medesima legge, la Tabella A allegata alla citata legge n. 335 del 1995 è sostituita, con effetto dal 1° gennaio 2010, dalla Tabella A contenuta nell’Allegato 2 alla presente legge.

15. All’articolo 1, comma 11, della legge 8 agosto 1995, n. 335, le parole da: «il Ministro del lavoro» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, è rideterminato ogni tre anni il coefficiente di trasformazione previsto al comma 6».

16. Il Governo procede con cadenza decennale alla verifica della sostenibilità ed equità del sistema pensionistico con le parti sociali.


 

Allegato 2

Tabella A

COEFFICIENTI DI TRASFORMAZIONE

Divisori

Età

Valori

22,627

57

4,419%

22,035

58

4,538%

21,441

59

4,664%

20,843

60

4,798%

20,241

61

4,940%

19,635

62

5,093%

19,024

63

5,257%

18,409

64

5,432%

17,792

65

5,620%

tasso di sconto = 1,5%

 

 

 

I commi da 12 a 16 dell’articolo 1 recano una disciplina volta a modificare i criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione per il calcolo delle pensioni con il sistema contributivo di cui all’articolo 1, comma 6, della L. 335 del 1995[64].

Nell’ambito del sistema contributivo di calcolo della pensione, il coefficiente di trasformazione è il valore al quale si moltiplica il montante individuale dei contributi al fine di ottenere l’importo attualizzato della pensione annua, in altri termini è la percentuale per la quale si moltiplicano i contributi accumulati in tutta la vita lavorativa al fine di determinare l'importo dell’assegno pensionistico.

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 1, comma 11, della L. 335/1995, ha stabilito il principio della revisione decennale dei coefficienti di trasformazione di cui al precedente comma 6.

In particolare, si prevede (comma 12) la costituzione, con apposito decreto, di una Commissione composta da dieci esperti, di cui due indicati dal Ministero del lavoro, due indicati dal Ministero dell’economia, sei indicati dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, con il compito di proporre, entro il 31 dicembre 2008, modifiche dei criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione, nel rispetto degli andamenti e degli equilibri della spesa pensionistica di lungo periodo e nel rispetto delle procedure previste a livello europeo.

Tali modifiche devono tener conto:

§         delle dinamiche delle grandezze macroeconomiche, demografiche e migratorie che influiscono sulla determinazione degli stessi coefficienti (lettera a));

§         dell’incidenza dei percorsi lavorativi, anche ai fini di verificare l’adeguatezza degli attuali meccanismi di tutela delle pensioni più basse e di proporre appositi meccanismi di solidarietà e garanzia per tutti i percorsi lavorativi, nonché di proporre politiche attive del lavoro che possano favorire il raggiungimento di un tasso di sostituzione pensionistico (al netto delle imposte) non inferiore al 60%, con riferimento all’aliquota relativa ai lavoratori dipendenti (lettera b));

§         del rapporto intercorrente tra l’attesa media di vita e quella dei singoli settori di attività (lettera c)).

Si rimette inoltre (comma 13) alla citata Commissione la valutazione di nuove possibili forme di flessibilità in uscita collegate al sistema contributivo di calcolo della pensione, nel rispetto delle compatibilità di medio-lungo periodo della spesa pensionistica.

Viene inoltre precisato che dall’istituzione e dal funzionamento della Commissione non debbano derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che ai componenti della Commissione non debbano essere corrisposti indennità, emolumenti o rimborsi spese.

Il comma 14 dispone, in fase di prima rideterminazione dei coefficienti di trasformazione, la sostituzione della Tabella A allegata alla L. 335 del 1995 con la nuova Tabella A di cui all’Allegato n. 2 alla legge in esame, a decorrere dal 1° gennaio 2010.

Si consideri che il valore dei coefficienti di trasformazione corrispondente alle varie età anagrafiche viene ridotto: per esempio, il coefficiente più basso (previsto per l’età di 57 anni) passa dal 4,720% al 4,419%, mentre il coefficiente più altro (previsto per l’età di 65 anni) passa dal 6,136% al 5,620%.

Il comma 15 modifica la disciplina relativa alle modalità di rideterminazione dei coefficienti di trasformazione, novellando l’articolo 1, comma 11, della L. 335 del 1995.

L’articolo 1, comma 11, della L. 335/1995 dispone che il Ministro del lavoro, sulla base degli andamenti demografici e dell'andamento effettivo del tasso di variazione del PIL rispetto all’andamento dei redditi soggetti a contribuzione previdenziale, provvede con cadenza decennale alla rideterminazione dei coefficienti di trasformazione, sentito il Nucleo di valutazione della spesa previdenziale, di concerto con il Ministro del tesoro, sentite le competenti Commissioni parlamentari e le organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative a livello nazionale.

A seguito della modifica in questione viene notevolmente semplificato il procedimento per la rideterminazione dei coefficienti di trasformazione e ridotta la periodicità della stessa rideterminazione.

Si dispone infatti che a tale rideterminazione – sempre sulla base degli andamenti demografici e dell'andamento effettivo del tasso di variazione del PIL rispetto all’andamento dei redditi soggetti a contribuzione previdenziale - si provveda, con cadenza triennale, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Infine, ai sensi del comma 16, il Governo deve procedere ogni dieci anni, con le parti sociali, alla verifica della sostenibilità ed equità del sistema pensionistico.

 

Per quanto attiene agli attuali commi 14 e 15, la relazione tecnica al ddl originario sottolinea che “dalla disposizione in esame, per effetto della riduzione del periodo temporale intercorrente tra due consecutive rideterminazioni dei coefficienti (da dieci a tre anni) conseguono nel medio-lungo periodo economie per la finanza pubblica (gli effetti del differimento al 2010 della decorrenza del primo aggiornamento sono di fatto già stati scontati negli andamenti tendenziali). Tali economie, contenute all’inizio del periodo di previsione e crescenti nel tempo, sono valutabili nell’ordine di 0,1 punti percentuali di PIL a partire dal 2030-2035 e sono inglobate nella valutazione sugli effetti di medio-lungo periodo in termini di spesa pensionistica in rapporto al PIL successivamente rappresentata con riferimento al complesso delle disposizioni di modifica del sistema pensionistico del provvedimento in esame”.


Contributo di solidarieta’ per gli iscritti ed i pensionati dei fondi speciali (commi 17-18)

 


17. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, recanti norme finalizzate all’introduzione di un contributo di solidarietà a carico degli iscritti e dei pensionati delle gestioni previdenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti e del Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea, allo scopo di determinare in modo equo il concorso dei medesimi al riequilibrio del predetto Fondo.

18. Nell’esercizio della delega di cui al comma 17, il Governo si atterrà ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) previsione di un contributo limitato nell’ammontare e nella durata;

b) ammontare della misura del contributo in rapporto al periodo di iscrizione antecedente l’armonizzazione conseguente alla legge 8 agosto 1995, n. 335, e alla quota di pensione calcolata in base ai parametri più favorevoli rispetto al regime dell’assicurazione generale obbligatoria.


 

Il comma 17 dell’articolo 1 reca una delega, da esercitare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame, volta all'introduzione di un contributo di solidarietà a carico degli iscritti e dei pensionati delle gestioni previdenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti e del Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea, allo scopo di determinare in modo equo il concorso dei medesimi al riequilibrio del predetto Fondo[65].

 

Si ricorda che con il D.Lgs. 164/1997[66], si è provveduto a dare attuazione della delega conferita dall'articolo 2, comma 22, della L. 335/1995[67], in materia di regime pensionistico per gli iscritti al Fondo speciale di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea.

Più specificamente, l’articolo 2 del menzionato D.Lgs. 164/1997 ha disposto i criteri di calcolo del trattamento pensionistico, in attuazione della parte della disciplina di delega (articolo 2, comma 22, lettera b), della L. 335/1995) che ha previsto la revisione del sistema di calcolo delle prestazioni secondo i principi dettati dalla medesima L. 335/1995 all’articolo 1, commi 6-16. A tal fine l'articolo in esame individua la normativa pensionistica applicabile ai lavoratori iscritti al Fondo in oggetto a seconda dell'anzianità dell'iscrizione stessa.

In particolare, il comma 1 specifica - conformemente al comma 13 del citato articolo 1 della L. 335/1995 - che per i lavoratori iscritti al Fondo speciale in oggetto, aventi un’anzianità contributiva di almeno 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, il trattamento pensionistico è calcolato esclusivamente secondo il sistema retributivo[68], con applicazione dell'articolo 1, comma 17[69], della citata L. 335/1995 che aumenta i periodi temporali di riferimento sui quali computare la retribuzione pensionabile per i lavoratori con la predetta anzianità contributiva.

Successivamente, nell’ambito del decreto legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 3 dicembre 2004, n. 291, l’articolo 1-quater ha recato modifiche alla normativa inerente al Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea (cd. Fondo volo), di cui al D.Lgs. 164/1997.

In particolare, le modifiche principali introdotte dal citato articolo 1-quater concernono:

a)      il tetto di pensione (comma 1). Il citato comma infatti prevede che, in attesa dell’armonizzazione tra le varie gestioni pensionistiche prevista nei principi di delega contenuti nella legge 23 agosto 2004, n. 243, per i soggetti iscritti al Fondo in precedenza richiamato, di cui all’articolo 2, comma 1, del citato D.Lgs. 164 del 1997, l’importo complessivo del trattamento pensionistico non può eccedere l’80% della retribuzione pensionabile individuale determinata ponderando le retribuzioni pensionabili relative a ciascuna quota di pensione con le rispettive percentuali di rendimento attribuite. Precedentemente a tale modifica la misura della pensione non poteva superare il limite massimo di retribuzione pensionabile corrispondente alla media delle retribuzioni percepite nell'anno solare precedente a quello di decorrenza della pensione dai dipendenti di pari qualifica dell'interessato in servizio nell'azienda di navigazione aerea maggiormente rappresentativa ridotta del 10% dal 1° luglio 1997 e del 20% dal 1° gennaio 2000. La pensione, inoltre, non poteva essere inferiore a quella che sarebbe spettata all'interessato applicando la normativa in vigore nell'assicurazione generale obbligatoria;

b)      l’inclusione dell’intera indennità di volo per le anzianità maturate fino al 31 dicembre 1997, con effetto dal 1° gennaio 1998, al fine di eliminare il contenzioso in atto (comma 2). Al riguardo, il comma in esame stabilisce, fornendo un’interpretazione autentica, che l’articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 164, si interpreta nel senso che, per la determinazione della retribuzione pensionabile relativa alle quote di pensione maturate con il metodo retributivo fino al 31 dicembre 1997, si tiene conto dell’intero importo dell’indennità di volo;

c)       l’abolizione della facoltà di capitalizzare, per l’iscritto al Fondo volo che ha maturato il diritto alla pensione di anzianità una quota della pensione a decorrere dal 1°gennaio 2005, attraverso l’abrogazione dell’articolo 34 della legge 13 luglio 1965, n. 859 (comma 3).

 

Nel successivo comma 18 si definiscono i principi e i criteri direttivi che il Governo dovrà seguire nell’adottare i decreti legislativi.

In primo luogo (lettera a)) si dispone che il contributo in questione dovrà essere limitato nell'ammontare e nella durata. Inoltre (lettera b)), l’ammontare dell’importo del contributo dovrà essere rapportata al periodo di iscrizione precedente all'armonizzazione attuata ai sensi della L. 335 del 1995 nonché alla quota di pensione calcolata in base ai parametri più favorevoli rispetto al regime dell'assicurazione generale obbligatoria (AGO).

 

Al riguardo, la relazione tecnica al ddl originario afferma che gli effetti finanziari conseguenti possono essere valutati e scontati solo in sede di concreta attuazione della delega legislativa medesima.


Sospensione dell’indicizzazione delle pensioni superiori a otto volte il minimo (comma 19)

 


19. Per l’anno 2008, ai trattamenti pensionistici superiori a otto volte il trattamento minimo INPS, la rivalutazione automatica delle pensioni, secondo il meccanismo stabilito dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non è concessa. Per le pensioni di importo superiore a otto volte il predetto trattamento minimo e inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica, l’aumento di rivalutazione per l’anno 2008 è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato.


 

Il comma 19 dell’articolo 1 reca disposizioni concernenti i trattamenti pensionistici superiori a otto volte i trattamenti minimi INPS, prevedendo che, per il 2008, a tali trattamenti pensionistici non viene concessa la rivalutazione automatica delle pensioni calcolata secondo il meccanismo previsto dall’articolo 34, comma 1, della L. 448 del 1998 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999)[70].

Viene precisato, tuttavia, che per le pensioni di importo superiore a otto volte il trattamento minimo ma inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica, l’aumento di rivalutazione per l’anno 2008 spetta comunque sino alla concorrenza del medesimo limite come maggiorato[71].

 

Ai sensi del citato art. 34, comma 1, della L. 448/1998, a decorrere dal 1° gennaio 1999, il meccanismo di rivalutazione delle pensioni (cd. “perequazione automatica”) si applica tenendo conto dell'importo complessivo dei diversi trattamenti pensionistici eventualmente percepiti dal medesimo soggetto. L'aumento della rivalutazione automatica dovuto in applicazione di tale norma viene attribuito, su ciascun trattamento, in misura proporzionale all'ammontare del trattamento da rivalutare rispetto all'ammontare complessivo.

 

Più in generale, si ricorda che l’istituto della perequazione automatica costituisce il meccanismo di adeguamento della misura dei trattamenti delle forme pensionistiche obbligatorie, allo scopo di agganciare l'importo dei trattamenti pensionistici all'andamento della dinamica congiunturale (riferibile sia a quella del costo della vita che a quella salariale e retributiva) verificatosi in periodi successivi alla liquidazione delle pensioni.

L'adeguamento della misura dei trattamenti pensionistici viene effettuato, a decorrere dal 1° gennaio 1994, sulla base della disciplina dettata dall'art. 11 del D.Lgs. 503/1992[72], e successive modifiche ed integrazioni; tale normativa si applica sia ai trattamenti dell'assicurazione generale obbligatoria, che a quelli delle forme di previdenza sostitutive ed esclusive.

La perequazione, ai sensi del citato art. 11 del D.Lgs. 503/1992, si calcola sulla base del solo adeguamento al costo della vita, con cadenza annuale ed effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo[73]: all'importo della pensione si applica la percentuale di variazione determinata rapportando il valore medio dell'indice ISTAT, relativo all'anno precedente il mese di decorrenza dell'aumento, all'analogo valore medio relativo all'anno precedente.

La rivalutazione è peraltro differenziata a seconda delle diverse fasce d'importo del trattamento pensionistico:

§      100% per la fascia fino a tre volte il trattamento minimo INPS[74];

§      90% per la fascia compresa fra tre e cinque volte il parametro anzidetto;

§      75% per la fascia eccedente.

In base all’art. 59, comma 13, della Legge 27 dicembre 1997, n. 449 (collegato per il 1998) e all’art. 69, comma 2 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001) la rivalutazione, limitatamente agli anni 1999-2000, è stata ulteriormente ridotta (30%) per le fasce di importo comprese tra cinque e otto volte il trattamento minimo, e non trova applicazione per le fasce di importo superiori a tale ultimo limite.

L'art. 34 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (collegato per il 1999), come già detto, ha poi disposto che a decorrere dal 1° gennaio 1999 il meccanismo di perequazione automatica operi tenendo conto dell'importo complessivo dei diversi trattamenti pensionistici eventualmente percepiti dallo stesso soggetto.

Il citato art. 11 del D.Lgs. n. 503/1992, al comma 2, ipotizza peraltro anche una diversa, eventuale modalità di perequazione, legata all'effettivo andamento dell'economia, stabilendo che "ulteriori aumenti possano essere stabiliti con legge finanziaria in relazione all'andamento dell'economia", tenendo comunque conto dell'obiettivo di stabilizzare la spesa pensionistica in rapporto al PIL ai sensi dell'art. 3, comma 1, della legge di delega 421/1992[75]. L'art. 1, comma 33, della L. 335/1995 ha poi aggiunto un ulteriore periodo all’art. 11 del D.Lgs. 503/1992 con il quale si dispone che, a decorrere dal 2009, gli aumenti di cui sopra vengano stabiliti "nel limite di un punto percentuale della base imponibile a valere sulle fasce di pensione fino a dieci milioni annui[76]".

Si ricorda infine che l’art. 5, comma 6, del D.L. 81/2007[77] ha introdotto, per il triennio 2008-2010, un miglioramento del meccanismo di perequazione per i trattamenti pensionistici di importo compreso tra tre e cinque volte il trattamento minimo mensile vigente nell’A.G.O., prevedendo che per tali trattamenti pensionistici si applichi una rivalutazione automatica pari al 100% dell’indice ISTAT che misura il costo della vita.

 

Si consideri, infine, che la relazione tecnica allegata al ddl originario sottolinea, con riferimento all’attuale comma 19, che sulla base dei seguenti parametri:

 

§         monte pensioni (pensioni previdenziali) stimato 2007: 212,3 mld di euro;

§         tasso di inflazione in linea con quanto previsto da DPEF 2008-2011;

§         quota percentuale del monte pensioni (pensioni previdenziali) relativo a trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 8 volte il trattamento minimo INPS (sulla base dei dati del Casellario dei pensionati INPS al 31 dicembre 2005): circa 7,7%;

 

derivano le seguenti economie (dati in mln di euro):

 

 

2008

2009

2010

al lordo effetti fiscali[78]

238

239

239

al netto effetti fiscali

135

136

136


Benefici previdenziali per esposizione all'amianto (commi 20-22)

 


20. Ai fini del conseguimento dei benefìci previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono valide le certificazioni rilasciate dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) ai lavoratori che abbiano presentato domanda al predetto Istituto entro il 15 giugno 2005, per periodi di attività lavorativa svolta con esposizione all’amianto fino all’avvio dell’azione di bonifica e, comunque, non oltre il 2 ottobre 2003, nelle aziende interessate dagli atti di indirizzo già emanati in materia dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

21. Il diritto ai benefìci previdenziali previsti dall’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, per i periodi di esposizione riconosciuti per effetto della disposizione di cui al comma 20, spetta ai lavoratori non titolari di trattamento pensionistico avente decorrenza anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge.

22. Le modalità di attuazione dei commi 20 e 21 sono stabilite con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.


 

I commi da 20 a 22 dell’articolo 1 intervengono in materia di benefici previdenziali per i lavoratori che, in relazione allo svolgimento della prestazione lavorativa, siano stati esposti all’amianto.

In particolare, il comma 20 riconosce validità, ai fini del conseguimento dei benefici previdenziali previsti dall’art. 13, comma 8, della L. 257 del 1992[79] e successive modificazioni, alle certificazioni rilasciate dall’INAIL in favore dei lavoratori che hanno presentato domanda entro il 15 giugno 2005, relativamente ai periodi di attività lavorativa svolta con esposizione all’amianto sino al momento di avvio dell’azione di bonifica e, ad ogni modo, non oltre il 2 ottobre 2003, nell’ambito delle aziende individuate dagli atti di indirizzo rivolti all’INAIL già emanati al riguardo dal Ministro del lavoro.

 

Per quanto riguarda la disciplina dei rischi derivanti dalle attività lavorative che comportano l’esposizione ad amianto, si ricorda che l’articolo 13, commi 6, 7 e 8, della L. 257/1992, e successive modificazioni, concede un beneficio previdenziale a determinate categoria di lavoratori che durante l’attività lavorativa siano stati esposti all’amianto.

Tale beneficio consiste nell’applicazione, ai periodi di contribuzione obbligatoria relativi all’esposizione all’amianto, di un coefficiente di moltiplicazione ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche. In particolare:

·         ai periodi di prestazione lavorativa nelle miniere e nelle cave di amianto si applica il coefficiente di 1,5 (comma 6);

·         al periodo di esposizione all’amianto, nel caso di contrazione di malattia professionale documentata dall’INAIL a causa della medesima esposizione, si applica il coefficiente di 1,5 (comma 7);

·         all’intero periodo di esposizione all’amianto soggetto alla relativa assicurazione INAIL, purché di durata superiore a 10 anni, si applica il coefficiente di 1,25 (comma 8), utile solamente ai fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime. Si ricorda tuttavia che, sino al 1° ottobre 2003 (cioè sino al giorno antecedente all’entrata in vigore del D.L. 269 del 2003), era invece previsto un coefficiente pari all’1,5 che si applicava anche ai fini della maturazione del diritto di accesso alla pensione (cfr. infra).

 

L’applicazione della disposizione di cui all’articolo 13, comma 8, della L. 257/1992 (nella formulazione vigente prima della modifica introdotta dal già citato decreto-legge n. 269 del 2003) ha dato luogo a notevoli problemi interpretativi per l’individuazione dei relativi beneficiari. Sul punto è intervenuto il Ministero del lavoro, il quale, nel corso della XIII legislatura, ha istituito un apposito tavolo tecnico ed ha emanato circa 150 atti di indirizzo rivolti all’INAIL con i quali sono state individuate le singole aziende, e i singoli reparti all’interno delle stesse, alle quali si ritiene applicabile il citato articolo 13, comma 8, della L. 257/1992. Sulla base di tali atti di indirizzo, l’INAIL ha poi rilasciato ai lavoratori interessati le certificazioni attestanti il diritto al beneficio e alcuni lavoratori hanno iniziato a percepire il trattamento pensionistico. Diversi datori di lavoro hanno però ritenuto che tali atti di indirizzo comportassero una disparità di trattamento sia all’interno di una stessa azienda, sia tra diverse aziende, per cui si è cerato un notevole contenzioso. Per risolvere il contenzioso è intervenuto quindi l’articolo 18, comma 8, della L. 31 luglio 2002, n. 179, il quale ha confermato la validità delle certificazioni rilasciate dall’INAIL antecedentemente alla data di entrata in vigore della medesima L. 179/2002 sulla base degli atti di indirizzo emessi dal Ministero del lavoro per l’individuazione dei lavoratori che hanno diritto ai benefici previdenziali sopra illustrati. Scopo della norma è stato dunque quello di dare certezza ai lavoratori che hanno ricevuto dall’INAIL le suddette certificazioni.

L’articolo 47 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269[80], convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, come detto, ha modificato in pejus la disciplina concernente i benefici previdenziali, riducendo la misura del coefficiente di moltiplicazione dei periodi contributivi a favore dei lavoratori esposti all’amianto da 1,5 a 1,25, con decorrenza dal 1° ottobre 2003. Il nuovo coefficiente inoltre deve applicarsi, con la medesima decorrenza, soltanto per la determinazione della misura del trattamento previdenziale e non anche per la maturazione dei requisiti di accesso alla pensione (i cosiddetti requisiti minimi contributivi). Quindi, mentre per le ipotesi di cui ai commi 6 e 7 dell’articolo 13 della L. 257/1992, il coefficiente resta pari a 1,5 ed ha effetto solo per la maturazione del diritto, per la fattispecie relativa all’esposizione all’amianto per un periodo di esposizione superiore a 10 anni, il valore del coefficiente viene ridotto a 1,25, ed è valido solo ai fini della determinazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche.

L’articolo 47 del D.L. 269 del 2003 ha inoltre previsto che le nuove misure si applicassero anche ai lavoratori a cui fossero state rilasciate le certificazioni dall'INAIL relative all'esposizione all'amianto sulla base degli atti di indirizzo emanati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali prima dell'entrata in vigore del D.L. 269 del 2003, ovvero prima del 1° ottobre 2003[81]. Sono comunque fatte salve le disposizioni previgenti per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del richiamato D.L. 269, il diritto alla pensione anche con i benefici previdenziali riconosciuti per l’esposizione all’amianto, nonché coloro che alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legge, fruiscano dei trattamenti di mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento.

Tale articolo peraltro ha inteso estendere la rivalutazione del periodo di esposizione all’amianto ai fini pensionistici anche ai lavoratori non coperti dall’assicurazione obbligatoria gestita dall’INAIL. Si prevede infatti che il beneficio viene riconosciuto in favore dei lavoratori (tutti i lavoratori, anche quelli non assicurati presso l’INAIL) che siano stati esposti (per un periodo superiore a 10 anni) all'amianto "in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno". Resta fermo che tali limiti non concernono i soggetti per i quali sia stata accertata una malattia professionale a causa dell’esposizione all’amianto, secondo quanto previsto dal testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. La sussistenza dell'esposizione all'amianto e la sua durata devono essere accertate e certificate dall'INAIL.

È stato disposto l’obbligo, infine, per i lavoratori che intendano ottenere il riconoscimento dei benefìci, di presentare domanda alla sede INAIL di residenza entro 180 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale contenente le modalità di attuazione dell’articolo in oggetto[82], a pena di decadenza del diritto agli stessi benefici.

Sulla materia in esame è intervenuto in seguito l’articolo 3, comma 132, della L. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004) che ha provveduto a ripristinare le disposizioni concernenti i benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto, di cui all’articolo 13, comma 8, della L. 257/1992, vigenti anteriormente al 2 ottobre 2003 - data di entrata in vigore del D.L. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla L. 326/2003, che ne aveva modificato la disciplina - a favore dei lavoratori che abbiano maturato il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della L. 257/1992 o presentato domanda di riconoscimento all’INAIL entro il 2 ottobre 2003 ovvero abbiano ottenuto sentenze favorevoli per le cause già avviate entro la medesima data.

Il suddetto articolo 3, comma 132, inoltre, precisa che restano valide le certificazioni già rilasciate dall’INAIL.

Pertanto, per il combinato disposto dell’articolo 47, comma 6-bis del D.L. 269/2003 e dall’articolo 3, comma 132, della L. 350/2003, le disposizioni previgenti al D.L. 269/2003 continuano ad applicarsi in favore dei lavoratori che, alla data del 2 ottobre 2003, alternativamente:

-      abbiano già ottenuto il riconoscimento, in sede giudiziaria o amministrativa, del beneficio previdenziale in oggetto;

-      abbiano già presentato domanda all’INAIL per il rilascio del certificato attestante lo svolgimento di attività lavorative con esposizione ultradecennale all’amianto;

-      abbiano già maturato il diritto alla pensione anche con contributi riconosciuti per lavorazioni esposte all’amianto ;

-      abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento;

-      siano percettori di trattamenti di mobilità.

In questi casi la misura del coefficiente di moltiplicazione per il periodo di esposizione all’amianto è ancora pari a 1,5 e vale sia per il raggiungimento del diritto sia per la determinazione della misura della pensione.

Si consideri inoltre che con l’articolo 3, comma 133, della citata L. 350/2003 i benefici previdenziali previsti dalla L. 257/1992 a favore dei lavoratori esposti all’amianto sono stati estesi – a decorrere dal 2004 – anche ai lavoratori dello stabilimento ex ACNA di Cengio che siano stati esposti al rischio chimico da cloro, nitro e ammine, indipendentemente dal periodo di esposizione al rischio.

Le modalità di attuazione delle disposizioni recate dal D.L. 269/2003 sono state quindi stabilite con il D.M. 27 ottobre 2004 che ha previsto una disciplina a doppio binario, distinguendo tra i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 sono stati esposti all’amianto per periodi lavoratori non soggetti all’assicurazione obbligatoria gestita dall’INAIL e quelli che, invece, sono stati esposti all’amianto per periodi lavorativi soggetti all’assicurazione INAIL e che hanno maturato, sempre alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali[83].

Pertanto per i lavoratori non soggetti all’assicurazione INAIL si applica il disposto dell’art. 47 del citato D.L. 269/2003 e, pertanto, la maggiorazione di un anno di contribuzione si verifica ogni quattro anni di contribuzione anziché ogni due (coefficiente pari a 1,25 anziché 1,50).

I lavoratori soggetti all’assicurazione INAIL devono presentare domanda all’INAIL (entro il 15 giugno 2005) solo nel caso in cui non lo abbiano già fatto. A questi soggetti si applica la disciplina previgente al D.L. 269/2003.

Il decreto ministeriale precisa infine che l’anzianità complessiva utile ai fini pensionistici, conseguita con l’attribuzione dei benefici previdenziali derivanti dall’esposizione all’amianto, non può comunque risultare superiore a 40 anni, ovvero al limite massimo stabilito dai regimi pensionistici di appartenenza (qualora sia inferiore a 40 anni).

 

Giova segnalare ancora che l’articolo 1, comma 567, della L. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) detta una disciplina particolare per quanto riguarda le competenze alla certificazione dell’esposizione all’amianto per i lavoratori marittimi assicurati presso l’IPSEMA.

Si prevede quindi che, per i lavoratori marittimi, la sussistenza e la durata dell’esposizione all’amianto siano accertate e certificate dall’IPSEMA e non più, come prevedeva la normativa previgente[84], dall’INAIL, con la precisazione che comunque restano valide le domande di certificazione già presentate all’INAIL, secondo quanto previsto dal decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell’economia del 27 ottobre 2004, in attuazione dell’articolo 47 del D.L. 269/2003[85].

Inoltre si ricorda che con il D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 257 si èprovveduto[86] al recepimento della direttiva 2003/18/CE relativa alla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall'esposizione all'amianto durante il lavoro.

Il menzionato decreto legislativo, al fine di dare attuazione alla normativa comunitaria, ha provveduto ad inserire nel D.Lgs. 626 del 1994 il nuovo Titolo VI-bis con cui (fermo restando quanto previsto dalla L. 257 del 1992) viene introdotta una nuova disciplina relativa alla protezione dai rischi derivanti dall'esposizione all'amianto, provvedendo contestualmente ad abrogare il Capo III del D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277, recante la precedente disciplina in materia.

 

In sostanza, il comma in esame riconosce i benefici pensionistici di cui all’art. 13, comma 8 della L. 257 del 1992 ai lavoratori dipendenti da aziende già interessate dagli atti di indirizzo emanati dal Ministero del lavoro, sulla base delle certificazioni rilasciate dall’INAIL ai medesimi lavoratori (purché abbiano presentato la relativa domanda entro il 15 giugno 2005) per i periodi di lavoro svolto con esposizione all’amianto fino all’avvio dell’intervento di bonifica e comunque non oltre il 2 ottobre 2003.

 

Il successivo comma 21 stabilisce che, relativamente ai periodi di esposizione all’amianto riconosciuti per effetto della disposizione di cui al comma 20, il diritto ai benefici previdenziali previsti dall’articolo 13, comma 8, della L. 257 del 1992 spetta solamente ai lavoratori che non siano già titolari di trattamento pensionistico con decorrenza antecedente alla data di entrata in vigore del provvedimento.

 

Infine, il comma 22 affida ad un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, che deve essere emanato entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, l’individuazione delle modalità di attuazione delle norme in esame.

 

La relazione tecnica allegata al ddl originario stima l’onere complessivo nel primo decennio di applicazione delle disposizioni in esame - sull’ipotesi che le stesse disposizioni produrranno un ulteriore periodo di riconoscimento per tutti i lavoratori che hanno già avuto il “riconoscimento amianto” - secondo i dati riportati nella seguente tabella:

 

Esposizione già riconosciuta

Totale

N. beneficiari

Onere cumulato (mln di euro)

Minore di 10 anni

1.676

-202,0

10 anni ed oltre

2.732

-103,0

TOTALE

4.408

-305,0

 

La seguente tabella, inoltre, evidenzia gli oneri disaggregati per anno.

1° anno 2008

2° anno 2009

3° anno 2010

4° anno 2011

5° anno 2012

6° anno 2013

7° anno 2014

8° anno 2015

9° anno 2016

10° anno 2017

-18

-21

-24

-29

-34

-39

-42

-33

-33

-32

 

In particolare, l’onere è costituito:

§         dall’intero importo di pensione per il periodo di anticipo rispetto ai requisiti ordinari derivante dal riconoscimento della maggiore anzianità contributiva corrispondente ai periodi di esposizione;

§         dal solo maggior importo di pensione corrispondente alla maggiore anzianità contributiva, per tutto il periodo residuo di godimento della pensione.

 

Conseguentemente, gli oneri della disposizione in esame risultano essere i seguenti (dati in mln di euro):

 

2008

2009

2010

-18

-21

-42


Rivalutazione indennizzi per danno biologico (commi 23 e 24)

 


23. In attesa dell’introduzione di un meccanismo di rivalutazione automatica degli importi indicati nella «tabella indennizzo danno biologico», di cui all’articolo 13, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, una quota delle risorse di cui all’articolo 1, comma 780, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, accertate in sede di bilancio 2007 dall’INAIL, fino ad un massimo di 50 milioni di euro, è destinata all’aumento in via straordinaria delle indennità dovute dallo stesso INAIL a titolo di recupero del valore dell’indennità risarcitoria del danno biologico di cui al citato articolo 13 del decreto legislativo n. 38 del 2000, tenendo conto della variazione dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati ed operai accertati dall’ISTAT, delle retribuzioni di riferimento per la liquidazione delle rendite, intervenuta per gli anni dal 2000 al 2007.

24. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono determinati i criteri e le modalità di attuazione del comma 23.


 

I commi 23 e 24 dell’articolo 1 intervengono in materia di rivalutazione degli indennizzi per danno biologico erogati dall’INAIL, al fine di prevedere un recupero del potere di acquisto dei medesimi indennizzi, considerato che la normativa vigente non prevede un meccanismo di adeguamento automatico dell’importo monetario di tali indennizzi.

In particolare, al comma 23 si stabilisce che, nelle more dell'introduzione di un meccanismo di rivalutazione automatica degli importi indicati nella «tabella indennizzo danno biologico», di cui all'articolo 13, comma 2, lettera a), del D.Lgs 38 del 2000[87], una quota delle risorse indicate all'articolo 1, comma 780 della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007), accertate in sede di bilancio 2007 dall'INAIL, fino ad un massimo di 50 milioni di euro, è destinata all'aumento in via straordinaria delle indennità dovute dallo stesso Istituto assicuratore a titolo di recupero del valore dell'indennità risarcitoria del danno biologico.

Tale aumento viene corrisposto tenendo conto della variazione dei prezzi al consumo accertati dall'ISTAT intervenuta per gli anni dal 2000 al 2007.

 

La relazione tecnica al ddl originario afferma che la disposizione di cui al comma in esame non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, “in quanto è finanziata mediante il ricorso, previo atto di accertamento, ad una quota delle risorse di cui all’articolo 1, comma 780, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, accertate in sede di bilancio consuntivo per l’anno 2007 dell’INAIL”.

 

Il comma 24, infine, affida la determinazione dei criteri e delle modalità di attuazione dell’articolo in esame ad un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell'economia.

 

L’articolo 1, commi da 779 a 781, della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007) ha previsto una riduzione dei premi dovuti dalle imprese iscritte alla gestione separata artigianato dell'assicurazione obbligatoria INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38.

In particolare, il comma 780 dispone che, a decorrere dal 2008, con riferimento alla gestione separata artigianato presso l’INAIL, i premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro siano ridotti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa delibera dell’INAIL, per un importo non superiore a 300 milioni di euro per il 2008, a valere sull’incremento del complessivo gettito contributivo INAIL ove superiore al tasso di variazione nominale del PIL per l’anno 2007.

 

Si consideri che in caso di infortunio e malattia professionale, al lavoratore spettano le prestazioni assicurative stabilite dalla legge e consistenti in prestazioni di natura sanitaria (ad es. visite mediche, fornitura di apparecchi di protesi) e prestazioni di natura economica, cioè un trattamento economico erogato dall’INAIL e collegato direttamente alle conseguenze dell’infortunio o della malattia professionale.

Nel caso in cui l’infortunio abbia determinato uno stato di inabilità temporanea assoluta, il datore di lavoro è obbligato a corrispondere la retribuzione per i primi quattro giorni (il 100% della retribuzione il primo giorno e il 60% i tre giorni successivi) mentre l’INAIL provvede per il periodo successivo (60% della retribuzione per i primi 90 giorni e il 75% per i giorni successivi).

Oltre all’indennità per l’inabilità temporanea assoluta, l’INAIL eroga prestazioni per inabilità permanente (cd. rendita diretta), sia assoluta (si ha quando a seguito di infortunio o malattia professionale il lavoratore perde completamente la capacità per tutta la vita) sia parziale (nel caso in cui l’attitudine al lavoro diminuisca in parte, sempre per tutta la vita). In quest’ultimo caso, l’indennità erogata a favore del soggetto interessato varia in relazione alla percentuale di inabilità ottenuta[88].

Si consideri tuttavia che il D.Lgs. 38/2000, recante la riforma dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, ha introdotto l’indennizzabilità del danno biologico di origine lavorativa, qualora l’infortunio abbia causato un’invalidità di carattere permanente. Per danno biologico si intende la lesione all'integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona. Le prestazioni per il ristoro del danno biologico sono determinate in misura indipendente dalla capacità di produzione del reddito del danneggiato.

Pertanto tale nuova disciplina, prendendo in considerazione, ai fini dell’indennizzabilità, il danno alla sfera personale del soggetto nel suo complesso, ha comportato il superamento della precedente disciplina basata sull’erogazione di una rendita diretta per la perdita totale o parziale della sola capacità lavorativa.

Conseguentemente, la disciplina relativa alla rendita diretta si applica agli infortuni sul lavoro verificatisi e alle malattie professionali denunciate fino alla data del 25 luglio 2000 (entrata in vigore del D.Lgs. 38/2000), mentre dopo la medesima data si applica la nuova disciplina del risarcimento del danno biologico.

L’indennizzo del danno biologico, che viene quantificato senza tener conto della retribuzione del lavoratore infortunato, viene erogato: in forma capitale per gradi di invalidità pari o superiori al 6% ed inferiori al 16%; sotto forma di rendita per gradi di invalidità pari o superiori al 16%. Non è invece previsto alcun indennizzo del danno biologico per gradi di invalidità inferiori al 6%.

Le prestazioni per danno biologico sono calcolate sulla base di 3 specifiche tabelle (“Tabella delle menomazioni”, “Tabella indennizzo danno biologico” e “Tabella dei coefficienti”) contenute nel D.M. 12 luglio 2000.

La Tabella delle menomazioni contienetutte le menomazioni derivanti da lesioni e/o da malattie, comprendendovi gli aspetti dinamico-relazionali. Il grado di menomazione accertato con tale tabella costituisce la base di calcolo sia per l’indennizzo del danno biologico in capitale o in rendita sia per la determinazione dell’ulteriore quota di rendita per l’indennizzo delle conseguenze patrimoniali.

La Tabella indennizzo danno biologico contiene le misure del risarcimento economico del danno biologico dal 6 % al 100 %. In questa tabella l’indennizzo è:

§         slegato dal reddito, non tiene cioè conto dalla retribuzione dell’assicurato, dal momento che la menomazione produce lo stesso nocumento alla persona per tutti gli individui;

§         crescente all’aumentare della gravità della menomazione in misura più che proporzionale sia in termini assoluti che relativi;

§         variabile in funzione dell’età e del sesso, dal momento che decresce al crescere dell’età e prende in considerazione la maggiore speranza di vita femminile.

La Tabella dei coefficienti serve a calcolarela percentuale di retribuzione da prendere in considerazione per la determinazione dell’ulteriore quota di rendita che risarcisce le conseguenze patrimoniali derivanti, presuntivamente, dall’invalidità pari o superiore al 16 %.


Ammortizzatori sociali (commi 25-29)

 


25. Per i trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° gennaio 2008 la durata dell’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali, di cui all’articolo 19, primo comma, del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, e successive modificazioni, è elevata a otto mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni e a dodici mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni. È riconosciuta la contribuzione figurativa per l’intero periodo di percezione del trattamento nel limite massimo delle durate legali previste dal presente comma. La percentuale di commisurazione alla retribuzione della predetta indennità è elevata al 60 per cento per i primi sei mesi ed è fissata al 50 per cento per i successivi due mesi e al 40 per cento per gli ulteriori mesi. Gli incrementi di misura e di durata di cui al presente comma non si applicano ai trattamenti di disoccupazione agricoli, ordinari e speciali, nè all’indennità ordinaria con requisiti ridotti di cui all’articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160. L’indennità di disoccupazione non spetta nelle ipotesi di perdita e sospensione dello stato di disoccupazione disciplinate dalla normativa in materia di incontro tra domanda e offerta di lavoro.

26. Per i trattamenti di disoccupazione non agricola in pagamento dal 1° gennaio 2008 la percentuale di commisurazione alla retribuzione dell’indennità ordinaria con requisiti ridotti di cui all’articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, è rideterminata al 35 per cento per i primi 120 giorni e al 40 per cento per i successivi giorni fino a un massimo di 180 giorni. Per i medesimi trattamenti, il diritto all’indennità spetta per un numero di giornate pari a quelle lavorate nell’anno stesso e comunque non superiore alla differenza tra il numero 360, diminuito delle giornate di trattamento di disoccupazione eventualmente goduto, e quello delle giornate di lavoro prestate.

27. Con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno, a partire dal 2008, gli aumenti di cui all’ultimo periodo del secondo comma dell’articolo 1 della legge 13 agosto 1980, n. 427, e successive modificazioni e integrazioni, sono determinati nella misura del 100 per cento dell’aumento derivante dalla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.

28. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare la materia degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito.

29. La delega di cui al comma 28 è esercitata nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) graduale armonizzazione dei trattamenti di disoccupazione e creazione di uno strumento unico indirizzato al sostegno del reddito e al reinserimento lavorativo dei soggetti disoccupati senza distinzione di qualifica, appartenenza settoriale, dimensione di impresa e tipologia di contratti di lavoro;

b) modulazione dei trattamenti collegata all’età anagrafica dei lavoratori e alle condizioni occupazionali più difficili presenti nelle regioni del Mezzogiorno, con particolare riguardo alla condizione femminile;

c) previsione, per i soggetti che beneficiano dei trattamenti di disoccupazione, della copertura figurativa ai fini previdenziali calcolata sulla base della retribuzione;

d) progressiva estensione e armonizzazione della cassa integrazione ordinaria e straordinaria con la previsione di modalità di regolazione diverse a seconda degli interventi da attuare e di applicazione anche in caso di interventi di prevenzione, protezione e risanamento ambientale che determinino la sospensione dell’attività lavorativa;

e) coinvolgimento e partecipazione attiva delle aziende nel processo di ricollocazione dei lavoratori;

f) valorizzazione del ruolo degli enti bilaterali, anche al fine dell’individuazione di eventuali prestazioni aggiuntive rispetto a quelle assicurate dal sistema generale;

g) connessione con politiche attive per il lavoro, in particolare favorendo la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, l’occupazione, soprattutto giovanile e femminile, nonchè l’inserimento lavorativo di soggetti appartenenti alle fasce deboli del mercato, con particolare riferimento ai lavoratori giovani e a quelli in età più matura al fine di potenziare le politiche di invecchiamento attivo;

h) potenziare i servizi per l’impiego, in connessione con l’esercizio della delega di cui al comma 30, lettera a), al fine di collegare e coordinare l’erogazione delle prestazioni di disoccupazione a percorsi di formazione e inserimento lavorativo, in coordinamento con gli enti previdenziali preposti all’erogazione dei relativi sussidi e benefìci anche attraverso la previsione di forme di comunicazione informatica da parte degli enti previdenziali al Ministero del lavoro e della previdenza sociale dei dati relativi ai lavoratori percettori di trattamento di sostegno al reddito.


 

I commi da 25 a 29 dell’articolo 1 recano disposizioni in materia di ammortizzatori sociali.

Più specificamente, si interviene in materia di:

§         indennità ordinaria di disoccupazione, elevando sia la durata temporale della stessa, sia la percentuale di commisurazione alla retribuzione (comma 25);

§         indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti, rideterminando la percentuale di commisurazione alla retribuzionee riparametrando il diritto all’indennità stessain relazione alle giornate lavorative(comma 26);

§         misura degli aumenti annuali dell’integrazione salariale straordinaria corrisposta sia agli operai sia agli impiegati sospesi dal lavoro, disponendo il recupero integrale dell’inflazione ai fini degli aumenti annuali dell’integrazione salariale straordinaria (comma 27);

§         riforma degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno al reddito, da attuarsi mediante delega legislativa (commi 28 e 29).

Indennità ordinaria di disoccupazione

Il comma 25 dispone, per i trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° gennaio 2008, con riferimento alle indennità ordinarie di disoccupazione, un incremento sia della durata che della misura del trattamento.

 

L'indennità ordinaria di disoccupazione è relativa, in linea di principio, a tutti i dipendenti privati. Essa ha, tuttavia, un ambito di applicazione residuale rispetto al più favorevole trattamento di mobilità.

L'indennità ordinaria di disoccupazione è liquidata in presenza di un'anzianità assicurativa pari ad almeno 2 anni nonché di un anno di contribuzione nel biennio precedente la data di cessazione del rapporto di lavoro (articolo 19, comma 1, del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636). I lavoratori precari e stagionali, fermo restando il requisito assicurativo di 2 anni, maturano il diritto all'indennità anche con lo svolgimento di 78 giornate lavorative nell'anno (articolo 7 del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito dalla L. 20 maggio 1988, n. 160, e articolo 1 del D.L. 29 marzo 1991, n. 108, convertito dalla L. 1° giugno 1991, n. 169) .

L'articolo 34, commi 5 e 6, della L. 23 dicembre 1998, n. 448[89], ha escluso dall'ambito di applicazione dell'istituto i dipendenti il cui rapporto di lavoro sia cessato per dimissioni, successivamente al 31 dicembre 1998 .

L'indennità è corrisposta per un periodo massimo di 180 giorni (articolo 31 della L. 29 aprile 1949, n. 264). Nel caso di licenziamento per giusta causa, tuttavia, il periodo massimo è ridotto di 30 giorni (articolo 76, comma 3, del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827). La durata della prestazione è stata elevata a 9 mesi per i soggetti di età pari o superiore a 50 anni dall'articolo 78, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

La misura dell'indennità ordinaria di disoccupazione, a seguito dell'aumento disposto con l'articolo 78, comma 19, della L. 23 dicembre 2000, n. 388[90], è pari al 40% della retribuzione media soggetta a contribuzione degli ultimi 3 mesi[91].

L'aliquota contributiva relativa all'istituto in esame è pari, in genere, all'1,61% ed è interamente a carico del datore di lavoro.

Il periodo di godimento dell'indennità ordinaria di disoccupazione è riconosciuto utile ai fini previdenziali; tuttavia, riguardo alla pensione di anzianità, esso viene considerato solo per la determinazione della misura e non per il conseguimento del requisito contributivo.

Successivamente, con l’articolo 13, comma 2, lettera a), del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, è stato previsto, per gli anni 2005 e 2006, un aumento sia della durata che della misura del trattamento delle indennità ordinarie di disoccupazione. Più specificamente, la durata è stata incrementata da 180 giorni a 7 mesi per i soggetti di età inferiore a 50 anni e da 9 a 10 mesi per i lavoratori di età pari o superiore a 50 anni. Inoltre è stata ristrutturata la misura percentuale dell'indennità ordinaria di disoccupazione, ai sensi della relativa disciplina pari al 40%, in relazione al tempo di godimento. In particolare, l’indennità è pari al 50% per i primi 6 mesi; al 40% per i successivi tre mesi; al 30% per il periodo ulteriore. Tuttavia, gli aumenti della durata non danno luogo ad un corrispondente ampliamento della contribuzione figurativa, che rimane confermata per il periodo di percezione del trattamento nel limite massimo di 6 mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a 50 anni e di 9 mesi per quelli con età pari o superiore a 50 anni. Inoltre sono esclusi dall'ambito di applicazione degli incrementi di durata e di misura i trattamenti di disoccupazione agricoli (ordinari e speciali) e le indennità ordinarie di disoccupazione liquidate con requisiti ridotti.

Da ultimo, l’articolo 1, comma 1167, della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha esteso gli incrementi della durata e della misura dell’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali disposti dal richiamato articolo 13, comma 2, lettera a) del citato D.L. 35/2005, ai trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° gennaio 2007. In sostanza, tale disposizione ha introdotto “a regime” gli incrementi in questione, che invece il citato D.L. 35/2005 aveva previsto per un periodo limitato in relazione ai trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° aprile 2005 al 31 dicembre 2006.

 

Gli incrementi di misura e di durata di cui al presente comma non si applicano ai trattamenti di disoccupazione agricoli, ordinari e speciali, né all'indennità ordinaria con requisiti ridotti di cui all'articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160. L'indennità di disoccupazione non spetta nelle ipotesi di perdita e sospensione dello stato di disoccupazione disciplinate dalla normativa in materia di incontro tra domanda e offerta di lavoro.

 

Più specificamente:

§      la durata dell’indennità è incrementata da 7 ad 8 mesi per i soggetti di età inferiore a 50 anni e da 10 a 12 mesi per i lavoratori di età pari o superiore a 50 anni;

§      è riconosciuta la contribuzione figurativa per l’intero periodo di percezione del trattamento nel limite massimo delle durate legali previste dal comma in esame;

§      viene incrementata la misura percentuale dell'indennità ordinaria di disoccupazione, rispetto a quanto disposto dal D.L. 35/2005, analizzato in precedenza. In relazione al periodo di godimento, l’indennità è pari:

o        al 60% per i primi 6 mesi (in luogo del 50%);

o        al 50% per i successivi due mesi (in luogo del 40% per i successivi tre mesi);

o        al 40% per il periodo ulteriore (in luogo del 30%).

 

Lo stesso comma precisa inoltre che sono esclusi dall'ambito di applicazione degli incrementi di durata e di misura da esso previsti i trattamenti di disoccupazione agricoli (ordinari e speciali) e l’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti.

 

Per quanto riguarda i trattamenti di disoccupazione agricoli, ordinari e speciali, cfr. infra la scheda relativa all’articolo 1, commi 55-57.

 

L’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti, di cui all’articolo 7, comma 3, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito dalla L. 20 maggio 1988, n. 160, caratterizzata appunto da un requisito contributivo inferiore a quello normale, costituisce una fattispecie particolare di indennità di disoccupazione rivolta soprattutto ai lavoratori occupati saltuariamente e ai lavoratori stagionali.

Più specificamente, il richiamato articolo 7, comma 3, dispone che hanno diritto all'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti i lavoratori che, in assenza di 52 settimane di contribuzione nell’ultimo biennio, abbiano prestato effettivamente nell'anno precedente almeno 78 giornate di lavoro per le quali siano stati versati o siano dovuti i contributi per la assicurazione obbligatoria (fermo restando il requisito di 2 anni di anzianità assicurativa). I citati lavoratori hanno diritto alla indennità in questione per un numero di giornate pari a quelle lavorate nell'anno stesso, e comunque non superiore alla differenza tra il numero 312, diminuito delle giornate di trattamento di disoccupazione eventualmente goduto, e quello delle giornate di lavoro prestate[92]. L'indennità giornaliera non può superare il 30% della retribuzione media giornaliera, nei limiti di un importo massimo mensile lordo di euro 830,77, elevato a 998,50 euro per i lavoratori che possono far valere una retribuzione lorda mensile superiore a 1.826,07 euro.

Ai fini del prescritto requisito delle 78 giornate di lavoro effettivo, la Corte di Cassazione, con sentenza 6 febbraio 1998, n. 1262, ha specificato che sono rilevanti tutte le giornate facenti parte del periodo complessivamente considerato come lavorativo, per le quali sussiste l’obbligo di contribuzione. Devono essere considerate quindi, come evidenziato nella circolare INPS n. 273 del 31 dicembre 1998, anche le giornate di assenza per festività, ferie, riposi ordinarie compensativi, maternità, malattia e situazioni assimilabili, retribuite e coperte da contribuzione obbligatoria.

 

Infine, viene precisato che l'indennità di disoccupazione non spetta nei casi di perdita e sospensione dello stato di disoccupazione previsti dalla normativa sull'incontro tra domanda e offerta di lavoro.

 

Si ricorda che la normativa statale nella suddetta materia è posta dal D.Lgs. 181/2000[93].

Al riguardo, l’articolo 4 del richiamato D.Lgs. 181/2001, così come modificato dall’articolo 5 del D.Lgs. 297/2002[94], ha disposto che sono le regioni a stabilire i criteri per l'adozione da parte dei servizi competenti di procedure uniformi in materia di accertamento dello stato di disoccupazione, sulla base dei seguenti principi:

§         conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione;

§       perdita dello stato di disoccupazione in caso di mancata presentazione senza giustificato motivo alla convocazione del servizio competente nell'ambito delle misure di prevenzione della disoccupazione di lunga durata;

§       perdita dello stato di disoccupazione in caso di rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro a tempo pieno ed indeterminato o determinato o di lavoro temporaneo, con durata del contratto a termine o, rispettivamente, della missione, in entrambi i casi superiore almeno a 8 mesi (4 mesi se si tratta di giovani), nell'ambito dei bacini, distanza dal domicilio e tempi di trasporto con mezzi pubblici, stabiliti dalle regioni;

§       sospensione dello stato di disoccupazione in caso di accettazione di un'offerta di lavoro a tempo determinato o di lavoro temporaneo di durata inferiore a 8 mesi (4 mesi se si tratta di giovani).

 

Riguardo all’attuale comma 25, la relazione tecnica allegata al ddl originario evidenzia che, sulla base di specifici parametri, dalle disposizioni in esame, derivano i seguenti oneri (dati in mln di euro):

 

 

2008

2009

2010

In termini di PA

-405

-418

-447

In termini di SNF(*)

-624

-656

-692

(*) In termini di SNF gli oneri per contribuzione figurativa rilevano interamente nei singoli anni in cui è effettuato all’INPS il trasferimento a copertura delle anzianità contributive maturate. In termini di PA i maggiori oneri si registrano nel tempo (in particolare gradualmente nel periodo successivo al triennio in esame) allorché i soggetti beneficiari accedono effettivamente al pensionamento.

Indennità di disoccupazione con requisiti ridotti

Il successivo comma 26 ridetermina l’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti, di cui all’articolo 7, comma 3, del D.L. 86 del 1988[95] (cfr. supra).

 

In particolare, si prevede che per i trattamenti di disoccupazione non agricola in pagamento dal 1° gennaio 2008, la percentuale di commisurazione alla retribuzione dell’indennità ordinaria con requisiti ridotti è rideterminata (in luogo del 30% attualmente previsto) al 35% per i primi 120 giorni e al 40% per i successivi giorni fino a un massimo di 180 giorni. Per i medesimi trattamenti, il diritto all’indennità spetta per un numero di giornate pari a quelle lavorate nell'anno stesso e comunque non superiore alla differenza tra il numero 360, diminuito delle giornate di trattamento di disoccupazione eventualmente goduto, e quello delle giornate di lavoro prestate.

 

 

 

 

 

 

Con riferimento all’attuale comma 26, la relazione tecnica allegata al ddl originario afferma che, considerata, con riferimento ai trattamenti di disoccupazione in esame, una previsione di spesa a normativa vigente di circa 750 mln di euro per l’anno 2008, conseguono i seguenti oneri (valori in mln di euro):

 

2008

2009

2010

-176

-185

-193

Integrazione salariale

Il successivo comma 27 ridetermina, con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno a partire dal 2008, la misura degli aumenti annuali dell’integrazione salariale straordinaria corrisposta sia agli operai sia agli impiegati sospesi dal lavoro, di cui all’ultimo periodo del secondo comma dell’articolo 1 (rectius: articolo unico) della L. 427 del 1980[96].

 

L’articolo unico della L. 427/1980, al primo comma, prevede, nei casi di intervento straordinario della Cassa integrazione guadagni, che agli impiegati sospesi dal lavoro sia corrisposta una integrazione salariale pari all'80% della retribuzione che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate.

Ai sensi del secondo comma, l'importo di integrazione salariale sia per gli operai sia per gli impiegati, calcolato tenendo conto dell'orario di ciascuna settimana indipendentemente dal periodo di paga, non può comunque superare:

a)            l'importo mensile di euro 644,55 (lit. 1.248.021);

b)            l'importo mensile di euro 774,69 (lit. 1.500.000) quando la retribuzione di riferimento per il calcolo dell'integrazione medesima, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, sia superiore ad euro 1.394,43 (lit. 2.700.000) mensili. Detti importi massimi vanno comunque rapportati alle ore di integrazione autorizzate.

Lo stesso comma stabilisce altresì che, con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno, a decorrere dal 1995, gli importi di integrazione salariale di cui alle precedenti lettere a) e b), nonché la retribuzione mensile di riferimento di cui alla medesima lettera b), sono incrementati nella misura dell'80% dell'aumento derivante dalla variazione annuale dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati

 

In particolare, con il comma in esame, gli incrementi dell’integrazione salariale straordinaria e della retribuzione mensile di riferimento vengono stabiliti nella misura del 100% (in luogo dell’80% attualmente previsto) dell'aumento derivante dalla variazione annuale dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.

 

Con riferimento all’attuale comma 27, la relazione tecnica allegata al ddl originario sottolinea che da tale disposizione derivano, sulla base di una valutazione prudenziale, i seguenti oneri (valori in mln di euro):

 

2008

2009

2010

-1

-2

-3

 

In sintesi, dal complesso delle norme di cui ai commi da 25 a 27, conseguono i seguenti oneri (valori in mln di euro):

 

 

 

2008

2009

2010

Comma 25

In termini di PA

-405

-418

-447

Comma 25

In termini di SNF

-624

-656

-692

Comma 26

In termini di PA e di SNF

-176

-185

-193

Comma 27

In termini di PA e di SNF

-1

-2

-3

TOTALE

In termini di PA

-582

-605

-643

TOTALE

In termini di SNF

-801

-843

-888

Riforma degli ammortizzatori sociali

Il comma 28 delega il Governo ad adottare, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare la materia degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito. L’emanazione dei decreti legislativi deve avvenire sentite le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, in conformità all’articolo 117 della Costituzione ed agli Statuti delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, e alle relative norme di attuazione, garantendo altresì l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere ed alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati.

 

Ai sensi del successivo comma 29, la delega deve essere esercitata nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

§      graduale armonizzazione dei trattamenti di disoccupazione e creazione di uno strumento unico indirizzato al sostegno del reddito e al reinserimento lavorativo dei soggetti disoccupati senza distinzione di qualifica (lettera a));

§      modulazione dei trattamenti collegata all’età anagrafica dei lavoratori ed alle condizioni occupazionali più difficili presenti nelle Regioni del Mezzogiorno, con particolare riguardo alla condizione femminile (lettera b));

§      previsione per i soggetti che beneficiano dei trattamenti di disoccupazione della copertura figurativa ai fini previdenziali calcolata sulla base della retribuzione (lettera c));

§      progressiva estensione ed armonizzazione della cassa integrazione ordinaria e straordinaria con la previsione di modalità di regolazione diverse a seconda degli interventi da attuare e di applicazione anche in caso di interventi di prevenzione, protezione e risanamento ambientale che determinino la sospensione dell’attività lavorativa (lettera d));

§      coinvolgimento e partecipazione attiva delle aziende nel processo di ricollocazione dei lavoratori (lettera e));

§      valorizzazione del ruolo degli enti bilaterali, anche al fine dell’individuazione di eventuali prestazioni aggiuntive rispetto a quelle assicurate dal sistema generale, in una prospettiva di universalizzazione degli strumenti di integrazione al reddito, prevedendo la possibilità di erogazione di trattamenti sostitutivi analoghi a quelli di cui alla lettera d), nonché di eventuali coperture supplementari(lettera f));

§      connessione con politiche attive per il lavoro, in particolare favorendo la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, l’occupazione, soprattutto femminile e giovanile, nonché l’inserimento lavorativo di soggetti appartenenti alle fasce deboli del mercato del lavoro, con particolare riferimento ai lavoratori in età più matura nonché ai giovani, al fine di potenziare le politiche di invecchiamento attivo (lettera g));

 

§      potenziare i servizi per l’impiego, in connessione con l’esercizio della delega di cui al precedente comma 30, lettera a), al fine di collegare e coordinare l’erogazione delle prestazioni di disoccupazione a percorsi di formazione ed inserimento lavorativo, in coordinamento con gli enti previdenziali preposti all’erogazione dei relativi sussidi e benefici anche attraverso la previsione di forme di comunicazione informatica da parte degli enti previdenziali al Ministero del lavoro e della previdenza sociale dei dati relativi ai lavoratori percettori di trattamento di sostegno al reddito (lettera h)).


Delega al Governo in materia di mercato del lavoro
(commi 30-33)

 


30. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di:

a) servizi per l’impiego;

b) incentivi all’occupazione;

c) apprendistato.

31. Nell’esercizio della delega di cui al comma 30, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) potenziamento dei sistemi informativi e di monitoraggio per una velocizzazione e semplificazione dei dati utili per la gestione complessiva del mercato del lavoro;

b) valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e agenzie private, tenuto conto della centralità dei servizi pubblici, al fine di rafforzare le capacità d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, prevedendo, a tal fine, la definizione dei criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei soggetti che operano sul mercato del lavoro e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego;

c) programmazione e pianificazione delle misure relative alla promozione dell’invecchiamento attivo verso i lavoratori e le imprese, valorizzando il momento formativo;

d) promozione del patto di servizio come strumento di gestione adottato dai servizi per l’impiego per interventi di politica attiva del lavoro;

e) revisione e semplificazione delle procedure amministrative.

32. Nell’esercizio della delega di cui al comma 30, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) incrementare i livelli di occupazione stabile;

b) migliorare, in particolare, il tasso di occupazione stabile delle donne, dei giovani e delle persone ultracinquantenni, con riferimento, nell’ambito della Strategia di Lisbona, ai benchmark europei in materia di occupazione, formazione e istruzione, così come stabiliti nei documenti della Commissione europea e del Consiglio europeo;

c) ridefinire, ai fini di cui alle lettere a) e b), la disciplina del contratto di inserimento nel rispetto dei divieti comunitari di discriminazione diretta e indiretta, in particolare dei divieti di discriminazione per ragione di sesso e di età, per espressa individuazione, nell’ambito dei soggetti di cui alla lettera b), degli appartenenti a gruppi caratterizzati da maggiore rischio di esclusione sociale;

d) prevedere aumenti contributivi per i contratti di lavoro a tempo parziale con orario inferiore alle dodici ore settimanali al fine di promuovere, soprattutto nei settori dei servizi, la diffusione di contratti di lavoro con orario giornaliero più elevato;

e) prevedere, nell’ambito del complessivo riordino della materia, incentivi per la stipula di contratti a tempo parziale con orario giornaliero elevato e agevolazioni per le trasformazioni, anche temporanee e reversibili, di rapporti a tempo pieno in rapporti a tempo parziale avvenute su richiesta di lavoratrici o lavoratori e giustificate da comprovati compiti di cura;

f) prevedere specifiche misure volte all’inserimento lavorativo dei lavoratori socialmente utili.

33. In ordine alla delega di cui al comma 30, lettera c), da esercitare previa intesa con le regioni e le parti sociali, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) rafforzamento del ruolo della contrattazione collettiva nel quadro del perfezionamento della disciplina legale della materia;

b) individuazione di standard nazionali di qualità della formazione in materia di profili professionali e percorsi formativi, certificazione delle competenze, validazione dei progetti formativi individuali e riconoscimento delle capacità formative delle imprese, anche al fine di agevolare la mobilità territoriale degli apprendisti mediante l’individuazione di requisiti minimi per l’erogazione della formazione formale;

c) con riferimento all’apprendistato professionalizzante, individuazione di meccanismi in grado di garantire la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e l’attuazione uniforme e immediata su tutto il territorio nazionale della relativa disciplina;

d) adozione di misure volte ad assicurare il corretto utilizzo dei contratti di apprendistato.


 

I commi da 30 a 33 dell’articolo 1 recano deleghe legislative, da esercitare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge in esame, in conformità all’art. 117 della Costituzione e agli Statuti delle regioni a Statuto speciale, garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sull’intero territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche in considerazione delle differenze di genere e delle condizioni degli immigrati, finalizzate al riordino della normativa in materia di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato.

Per quanto riguarda la delega relativa al riordino della disciplina in materia di servizi per l’impiego (comma 30, lettera a)), vengono stabiliti dal comma 31 i seguenti principi e criteri direttivi:

§      potenziamento dei sistemi informativi e di monitoraggio per una maggiore rapidità e semplificazione dei dati utili per la gestione complessiva del mercato del lavoro (lettera a));

§      valorizzazione delle sinergie tra collocamento pubblico e collocamento privato, tenuto conto della centralità dei servizi pubblici, al fine di rafforzare le capacità d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, individuando a tal fine i criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei soggetti operanti sul mercato del lavoro nonché i livelli essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego (lettera b));

§      programmazione delle misure relative all’incentivazione dell’invecchiamento attivo verso i lavoratori e le aziende, valorizzando il momento formativo(lettera c));

§      promozione del patto di servizio come strumento adottato dai servizi per l’impiego per interventi di politica attiva del lavoro (lettera d));

§      revisione e semplificazione delle procedure amministrative (lettera e)).

 

Si ricorda che il D.Lgs. 276/2003[97], in attuazione della legge delega n. 30/2003, interviene sulla vigente normativa relativa al mercato del lavoro e ai contratti di lavoro, al fine di accrescere le possibilità di occupazione soprattutto dei soggetti a rischio di esclusione sociale. Per raggiungere tale obiettivo, vengono riformati strumenti già esistenti o ne vengono introdotti di nuovi.

In primo luogo la riforma delinea la nuova organizzazione del mercato del lavoro e la relativa disciplina legale, in modo da realizzare un sistema efficace e coerente di strumenti volti a garantire trasparenza ed efficienza al mercato del lavoro ed a migliorare le capacità di inserimento professionale dei disoccupati e di quanti sono in cerca di prima occupazione, con particolare riguardo alle fasce più deboli. Nell’ottica di tali obiettivi sono da inquadrare sia il nuovo regime autorizzatorio e di accreditamento regionale, sia la “Borsa continua del lavoro”, che, insieme con gli strumenti per agevolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro introdotti dal D.Lgs. 297/2002[98] con particolare riferimento ai servizi pubblici per l’impiego, riformano parzialmente l’organizzazione del collocamento (pubblico e privato), pur mantenendo salve le funzioni amministrative delle province previste dal D.Lgs. n. 469/1997 e confermate dall’articolo 1, comma 1, lettera e) della legge n. 30/2003.

Per realizzare tali obiettivi pertanto:

§         viene identificato un unico regime di autorizzazione per i soggetti che svolgono attività di somministrazione di lavoro, intermediazione, ricerca e selezione del personale, ricollocazione professionale;

§         vengono precisati i criteri per il rilascio dell’autorizzazione, i criteri e le modalità di revoca dell’autorizzazione stessa, nonché ogni altro profilo relativo alla organizzazione e alle modalità di funzionamento dell’albo delle agenzie del lavoro;

§         vengono stabiliti i principi generali per la definizione dei regimi di accreditamento regionali degli operatori pubblici o privati che forniscono servizi al lavoro nell’ambito dei sistemi territoriali di riferimento;

§         viene ridefinito il regime di trattamento dei dati relativi all’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, nel rispetto della legge 31 dicembre 1996, n. 675, recante disposizioni a tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali;

§         vengono identificate forme di politiche attive del lavoro mediante il coinvolgimento di cooperative sociali, con convenzioni tra i servizi per il collocamento dei disabili e le associazioni rappresentative dei lavoratori, dei datori di lavoro e delle stesse cooperative sociali;

§         a garanzia dell’effettivo godimento del diritto al lavoro, viene costituita la Borsa continua nazionale del lavoro, quale sistema informatico aperto e trasparente di incontro tra domanda e offerta di lavoro imperniato su una rete di nodi regionali[99];

§         si prevedono sanzioni penali o amministrative per l’abusivo o irregolare esercizio dell’attività di somministrazione o di intermediazione.

In sostanza, con i menzionati decreti legislativi n. 297/2002 e n. 276/2003 si è portato a compimento quanto già iniziato nel 1997. In quel momento, si era inteso porre rimedio alla perdita di efficacia del sistema pubblico di collocamento con il decentramento delle funzioni pubbliche in materia di collocamento e di politiche attive del lavoro alle Regioni e agli enti locali, anche al fine di ricondurle unitariamente in capo al soggetto pubblico più idoneo a rispondere alle effettive esigenze dei mercati locali del lavoro. Pertanto si era data attuazione al principio di sussidiarietà verticale: la Regione è stata individuata quale ente delegatario delle competenze in materia di collocamento e politiche attive del lavoro ad esse è stata attribuita la funzione di regolamentare la materia e programmare e coordinare gli interventi; la gestione del collocamento pubblico viene affidato alle province, a cui potrà essere affidata anche la concreta gestione delle politiche attive del lavoro; allo Stato rimangono principalmente compiti di coordinamento normativo e informativo del sistema.

Il legislatore ha dovuto attenersi alla nuova ripartizione di competenze legislative disposta dal nuovo articolo 117 della Costituzione, che ha previsto per la materia “tutela e sicurezza del lavoro” (in cui possono sostanzialmente farsi rientrare il collocamento pubblico, le politiche attive del lavoro e più in generale la regolazione del mercato del lavoro) una competenza concorrente tra Stato e Regioni.

Alla luce di tale quadro costituzionale, con i su menzionati decreti legislativi sono state attuate riforme che, come sopra già detto, potranno contribuire a raggiungere un maggiore livello di trasparenza ed efficienza del mercato del lavoro, anche tramite:

§         una configurazione sempre più come servizio orientato al mercato del collocamento pubblico (ferma restando la valenza pubblicistica dell’attività svolta, con particolare riferimento all’inserimento dei lavoratori svantaggiati e dei lavoratori disabili);

§         la realizzazione di una politica di e-government, tramite l’implementazione di una rete informatica di collegamento tra tutti gli operatori del mercato (Borsa continua del lavoro);

§         la liberalizzazione dell’attività di intermediazione, allargando la platea dei soggetti legittimati all’attività di intermediazione e eliminando il requisito dell’oggetto sociale esclusivo per le società di lavoro temporaneo.

 

Il D.Lgs. 297/2002, modificando il D.Lgs. 181/2000[100]che già aveva introdotto una disciplina per il miglioramento dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, ha ulteriormente contribuito all’obiettivo di ridisegnare l’organizzazione e i compiti del collocamento pubblico, non più inteso come mera “funzione pubblica” ma piuttosto come servizio di tipo promozionale e orientato al mercato. A tal fine sono stati ridefiniti i principi fondamentali in materia di “revisione e razionalizzazione delle procedure di collocamento” (cui deve attenersi la legislazione regionale), introducendo strumenti più efficaci per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro tramite la valorizzazione dei mezzi informatici. Inoltre, si è proceduto alla ridefinizione dello stato di disoccupazione e della perdita, cancellazione e sospensione dello stesso.

Il D.Lgs. 297/2002 pone un’attenzione particolare alla disoccupazione giovanile e alle strategie per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro dei disoccupati ed inoccupati di lunga durata. Al fine di rendere più efficiente e moderno il sistema del collocamento, si prevede la tenuta e l’aggiornamento informatizzati della scheda anagrafica e della scheda professionale dei lavoratori, nuovi strumenti che sostituiscono le liste di collocamento e il libretto di lavoro; inoltre, si introducono modalità per rendere più complete e tempestive le comunicazioni dei datori di lavoro relative all’assunzione e alle variazioni del rapporto.

Il provvedimento provvede, come detto, anche alla definizione dello stato di disoccupazione, nonché alla perdita e sospensione dello stesso. La condizione di disoccupato deve essere attestata dal soggetto stesso mediante una sua presentazione personale al centro territoriale per l’impiego, per dichiarare la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. Gli stessi servizi competenti provvedono a verificare l’effettiva permanenza dello stato di disoccupazione. Il soggetto disoccupato, in attesa di una nuova occupazione, deve rendersi disponibile ad attività formative, pena la perdita dello status di disoccupato. Alle Regioni viene demandato il compito di dettare gli indirizzi, per i servizi competenti, relativi all’accertamento dello stato di disoccupazione.

Si può quindi dire che il D.Lgs. 297/2002 ha anticipato la riforma dell’organizzazione del mercato del lavoro di cui al D.Lgs. 276/2003 per quanto riguarda il “tassello” del collocamento pubblico, assumendo una valenza complementare rispetto allo stesso D.Lgs. 276/2003, che invece ha riformato più in generale l’organizzazione del mercato del lavoro e il collocamento (sia pubblico sia privato).

 

Per quanto riguarda la liberalizzazione dell’attività di intermediazione, il D.Lgs. 469/1997 aveva già prefigurato una qualche forma di liberalizzazione del collocamento, prevedendo che anche soggetti privati potessero gestire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Tuttavia tale disciplina presentava delle rigidità che di fatto rendevano difficile la coesistenza e la “competizione” tra pubblico e privato, determinate principalmente dall’entità del capitale sociale e dalla esclusività dell’oggetto sociale per le società di intermediazione autorizzate, requisiti che indubbiamente penalizzavano le realtà più piccole.

Il D.Lgs. 276/2003, invece, realizza in maniera più compiuta il dualismo pubblico-privato, dando così attuazione non solamente al principio di sussidiarietà verticale ma finalmente anche a quello di sussidiarietà orizzontale.

A tal fine da una parte si realizza un allargamento della platea dei soggetti legittimati all’attività di intermediazione nel mercato del lavoro, sia pubblici sia privati: associazioni non riconosciute, enti o organismi bilaterali costituiti da associazioni dei datori e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale o territoriale nonché consulenti del lavoro, università ed istituti di scuola secondaria di secondo grado. Si tratta di soggetti che devono aver ottenuto un'apposita autorizzazione, differenziata in funzione del tipo di attività svolta o della natura giuridica dell'intermediario. Per quanto concerne le università e le scuole, si tratta di attività che esse in parte già svolgono attraverso l’avvio degli studenti ad esperienze di formazione nei luoghi di lavoro.

Dall’altra si elimina il requisito dell’oggetto sociale esclusivo per i soggetti privati, per cui le società di somministrazione di lavoro potranno svolgere anche attività di vera e propria intermediazione. Ciò contribuirà sicuramente affinché tali soggetti privati, sia per la dimensione aziendale, sia per la diffusione sul territorio nazionale, sia per la possibilità di abbinare in maniera sinergica l’attività di somministrazione a quella di intermediazione, possano effettivamente competere con i servizi pubblici per l’impiego nell’attività di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro.

In definitiva, la trasformazione del ruolo del collocamento pubblico (ferma restando la “funzione pubblicistica” svolta nei confronti dei “lavoratori svantaggiati”), configurato sempre più come servizio market-oriented per aiutare i soggetti interessati nella ricerca di un lavoro, dopo la riforma del 2003, si abbina alla maggiore liberalizzazione dei servizi per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, con probabili benefici per i soggetti in cerca di lavoro e per la funzionalità e l’efficienza del mercato del lavoro.

Il comma 32 detta i principi e criteri direttivi relativi all’attuazione della delega relativa agli incentivi all’occupazione (comma 30, lettera b)), facendo riferimento:

§      all’incremento dei livelli di occupazione stabile (lettera a));

§      al miglioramento del tasso di occupazione stabile delle donne, dei giovani e dei soggetti ultracinquantenni con riferimento, nell’ambito della Strategia di Lisbona, ai benchmarks europei in materia di occupazione, formazione ed istruzione, così come stabiliti nei documenti della Commissione europea e del Consiglio europeo (lettera b));

§      alla ridefinizione della disciplina del contratto di inserimento, effettuata nel rispetto dei divieti comunitari di discriminazione diretta ed indiretta, in particolare dei divieti di discriminazione per ragione di sesso e di età, per espressa individuazione, nell’ambitodelle donne, dei giovani e dei soggetti ultracinquantenni, degli appartenenti a gruppi caratterizzati da maggiore rischio di esclusione sociale (lettera c));

§      alla previsione di aumenti contributivi per i contratti di lavoro part-time con orario inferiore alle 12 ore settimanali al fine di incentivare la diffusione di contratti di lavoro con orario giornaliero più elevato (lettera d));

§      alla previsione di incentivi per la stipula di contratti part-time con orario giornaliero elevato ed agevolazioni per le trasformazioni, anche temporanee e reversibili, di rapporti a tempo pieno in rapporti part-time avvenute su domanda di lavoratrici o lavoratori per adempiere a comprovati compiti di cura familiare (lettera e));

§      alla previsione di appositi interventi per favorire l’inserimento lavorativo dei lavoratori socialmente utili (lettera f)).

Il successivo il comma 33 elenca i principi e criteri direttivi relativi all’attuazione della delega per il riordino della normativa in materia di apprendistato (comma 30, lettera c)), da esercitare previa intesa con le regioni e le parti sociali, prevedendo:

§      il rafforzamento del ruolo dei contratti collettivi, nel quadro del perfezionamento della disciplina legale della materia (lettera a));

§      l’individuazione di standard nazionali di qualità della formazione, anche con la finalità di agevolare la mobilità territoriale degli apprendisti mediante l’individuazione di requisiti minimi per l’erogazione della formazione formale (lettera b));

§      l’individuazione, con riferimento all’apprendistato professionalizzante, di meccanismi capaci di garantire la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e l’ uniforme e immediata attuazione della relativa disciplina sull’intero territorio nazionale (lettera c));

§      adozione di strumenti diretti a garantire il corretto utilizzo dei contratti di apprendistato (lettera d)).

 

L'apprendistato è uno speciale rapporto di lavoro riguardante ogni settore di attività, in forza del quale l'imprenditore è obbligato ad impartire all'apprendista assunto alle sue dipendenze la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato.

Si ricorda che modifiche rilevanti alla disciplina dell’apprendistato sono stati introdotti dal già menzionato D.Lgs 276/2003, adottato in attuazione della delega di cui alla L. 30/2003.

Prima dell’intervento di riforma, la disciplina in materia di apprendistato era dettata dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25[101], e dal regolamento di esecuzione approvato con DPR 30 dicembre 1956, n. 1668, come modificata dall’articolo 16 della legge n. 196/1997 (c.d. “legge Treu”).

In base a tale previgente disciplina, per instaurare un rapporto di apprendistato il datore di lavoro doveva ottenere l'autorizzazione dell'ispettorato del lavoro territorialmente competente, precisando le condizioni della prestazione richiesta agli apprendisti, il genere di addestramento al quale saranno adibiti e la qualifica che essi potranno conseguire al termine del rapporto. Il numero degli apprendisti in un'azienda non poteva superare il 100% delle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso l'azienda stessa. Rilevanti agevolazioni contributive erano concesse al datore di lavoro, subordinatamente alla partecipazione degli apprendisti alle iniziative di formazione esterna all’azienda.

Riguardo ai limiti di età, in base alla disciplina previgente al D.Lgs. 276/2003, potevano essere assunti come apprendisti i giovani che avevano compiuto i 16 anni (ovvero 14 anni con adempimento dell’obbligo scolastico, fino alla modifica della disciplina sui limiti di età per l'adempimento di quest’ultimo) e non superato i 24 anni, ovvero a 26 nelle aree svantaggiate (articolo 16 della L. 196/1997). Per i portatori di handicap i suddetti limiti di età erano elevati di due anni. Si prevedeva che la durata dell’apprendistato venisse stabilita dai contratti collettivi di lavoro e comunque non potesse essere inferiore a 18 mesi, né superiore a 4 anni.

Una delle novità già introdotte dall'articolo 16 della L. 196/1997 è rappresentata dalla figura del tutore che, ai sensi del successivo DM 28 febbraio 2000, ha il compito di affiancare l'apprendista per trasmettergli le competenze necessarie all'esercizio dell'attività lavorativa e per favorire l'integrazione tra le attività formative esterne all'azienda e la formazione sul luogo di lavoro. Il tutore collabora con la struttura di formazione esterna ed è chiamato ad esprimere le proprie valutazioni sulle competenze acquisite dall'apprendista ai fini delle attestazioni di competenza del datore di lavoro.

 

In seguito il D.Lgs. 276/2003, riformando la disciplina dell’apprendistato, ha previsto (articolo 47) l’introduzione di tre differenti tipologie di contratto di apprendistato, a seconda della qualità e del livello della formazione insita nel rispettivo rapporto:

§         il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;

§         il contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale;

§         il contratto di apprendistato per percorsi di alta formazione[102].

Viene precisato che, nelle more della regolamentazione del contratto di apprendistato ai sensi del D.Lgs. 276/2003, continua ad applicarsi la già vigente normativa in materia.

 

Con riferimento al rapporto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, si prevede (articolo 48) che possono essere assunti con contratto di apprendistato di questo tipo i giovani e gli adolescenti che abbiano compiuto quindici anni di età. La normativa previgente (articolo 16, comma 1, della legge n. 196/1997) prevedeva come età minima sedici anni.

Tale tipologia di contratto di apprendistato potrà concorrere a garantire il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione ai sensi della normativa vigente.

La durata massima del contratto in esame è fissata in tre anni ed è finalizzata al conseguimento di una qualifica professionale. La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti, nonché del bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l’impiego e dai soggetti privati accreditati. Invece la normativa previgente prevedeva che la durata dell’apprendistato fosse fissata dai contratti collettivi nazionali e, comunque, sempre in coerenza con le finalità formative, non potesse essere inferiore a 18 mesi e superiore a 4 anni.

La regolamentazione del contratto di apprendistato in questione è rimessa ad una intesa da raggiungere tra Regioni, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative. Tale intesa deve comunque rispettare una serie di criteri direttivi fissati dalla legge (articolo 48, comma 3).

 

Il D.Lgs. 276/2003 prevede (articolo 49) che possono essere assunti con contratto di apprendistato professionalizzante, per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali, i soggetti di età compresa tra diciotto e ventinove anni.

Tuttavia per i soggetti in possesso di una qualifica conseguita ai sensi della legge n. 53/2003[103] il limite minimo di età è ridotto a diciassette anni.

E’ rimesso ai contratti collettivi stabilire la durata del contratto di apprendistato professionalizzante, che in ogni caso non può essere inferiore a due anni e superiore a sei anni.

La regolamentazione dell’apprendistato professionalizzante è rimessa alle Regioni, d’intesa con le organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano regionale, nel rispetto di principi e criteri direttivi per la maggior parte coincidenti con quelli previsti per l’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione. Se ne differenzia per il fatto di non fare riferimento alla qualifica professionale e per il fatto di prevedere un monte ore di formazione di almeno 120 ore per anno.

Si ribadisce che il numero degli apprendisti presso ciascuna azienda non può superare il numero dei lavoratori specializzati e qualificati ma, se tali lavoratori mancano o sono meno di tre, è consentita comunque l’assunzione di tre apprendisti.

 

Per quanto riguarda invece l’apprendistato per l’acquisizione di un diploma universitario, per percorsi di alta formazione, nonché per la specializzazione tecnica superioredi cui all’articolo 69 della legge n. 144/1999, si prevede (articolo 50) che possono essere assunti come apprendisti soggetti tra 18 e 29 anni; il limite di età minimo si abbassa a 17 anni per i soggetti in possesso di una qualifica professionale.

La disciplina e la durata del rapporto di apprendistato in esame è rimessa alle Regioni, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro, le università e le altre istituzioni formative.

 

Più in generale, il D.Lgs. 276/2003 dispone (articolo 51) che la qualifica professionale conseguita attraverso il contratto di apprendistato costituisce credito formativo per il proseguimento nei percorsi di istruzione, e istruzione e formazione professionale.

Inoltre, si prevede (articolo 53) che la categoria di inquadramento dell’apprendista non potrà essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante ai lavoratori addetti a mansioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al cui conseguimento è finalizzato il contratto.

Altre misure, che confermano quanto già previsto dalla disciplina previgente, sono indirizzate ad incentivare l’occupazione giovanile escludendo gli apprendisti dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi di lavoro per l'applicazione di particolari normative ed istituti.

Inoltre, in attesa della riforma del sistema degli incentivi all’occupazione, si confermano gli attuali incentivi contributivi per l’utilizzazione del rapporto di apprendistato (cfr. infra). Tuttavia l’effettiva spettanza degli stessi sarà soggetta alla verifica che la formazione sia effettivamente e regolarmente svolta. In caso di inadempimento nella erogazione della formazione da parte del datore di lavoro, sono previste specifiche sanzioni pecuniarie a carico del medesimo.

Si dispone altresì che resta ferma la disciplina previdenziale e assistenziale prevista dalla L. 25/1955, e successive modificazioni e integrazioni[104].

L’articolo 21 della richiamata L. 25/1955 stabilisce, al riguardo, che per gli apprendisti l'applicazione delle norme sulla previdenza e assistenza sociale obbligatoria si estende alle seguenti forme:

§         assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, per gli appartenenti alle categorie per le quali è previsto l'obbligo di tale assicurazione;

§         assicurazione contro le malattie, prevista dalla L. 11 gennaio 1943, n. 138, per determinate prestazioni;

§         assicurazione contro l'invalidità e vecchiaia;

§         assicurazione contro la tubercolosi, prevista dal R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827.

 

Per quanto riguarda la contribuzione previdenziale ed assicurativa relativa al rapporto di apprendistato, si consideri che la normativa è stata sempre improntata ad un atteggiamento di agevolazione, prevedendo obblighi contributivi in misura inferiore rispetto alla generalità dei rapporti di lavoro dipendente.

Bisogna al riguardo distinguere tra la quota di contribuzione a carico dei datori di lavoro rispetto a quella a carico degli apprendisti. Mentre la disciplina relativa a quest’ultima è rimasta sostanzialmente immutata sino ad oggi[105], la disciplina relativa alla quota di contribuzione a carico del datore di lavoro ha subito una rilevante modifica a seguito della legge finanziaria per il 2007.

Difatti, nella normativa previgente alla legge finanziaria 2007 (valida per i periodi contributivi sino al 31 dicembre 2006) i contributi previdenziali ed assicurativi per gli apprendisti a carico dei datori di lavoro erano previsti in misura estremamente ridotta. In particolare, i contributi settimanali a carico del datore di lavoro erano stabiliti in misura fissa e ammontavano, per il 2006, a 2,98 euro (2,89 euro nei casi in cui non era previsto l’obbligo dell'assicurazione INAIL)[106].

Successivamente, l’articolo 1, comma 773, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006), ha rideterminato, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, le aliquote contributive dovute dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani, nella misura complessiva del 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.

Al fine di rendere più graduale l’impatto dell’incremento della contribuzione per le aziende di minori dimensioni, inoltre, si prevede che, per i datori di lavoro che occupano complessivamente meno di 10 dipendenti, la suddetta aliquota complessiva del 10% a loro carico relativa agli apprendisti è ridotta di 8,5 punti percentuali per i contributi maturati nel primo anno di contratto e di 7 punti percentuali per i contributi maturati nel secondo anno di contratto. Resta fermo il livello di aliquota del 10% per i contributi maturati negli anni successivi al secondo.

Lo stesso comma ha inoltre disposto che la ripartizione del predetto contributo tra le gestioni previdenziali sia stabilita con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007 (cioè entro il 28 febbraio 2007)[107].

Ancora, viene prevista l’applicazione della rideterminazione contributiva stabilita dal comma in esame anche alle contribuzioni erogate in misura pari a quelle degli apprendisti (come, per esempio, nel caso di assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità).

Contestualmente, con riferimento ai periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, si dispone la cessazione, per le regioni, dell’obbligo del pagamento delle somme occorrenti per le assicurazioni in favore degli apprendisti artigiani di cui all’articolo 16 della L. 21 dicembre 1978, n. 845[108] .

Infine, è stato disposta, a decorrere dal 1° gennaio 2007, l’estensione delle disposizioni in materia di indennità giornaliera di malattia secondo la disciplina generale prevista per i lavoratori subordinati, ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato ai sensi del D.Lgs. 276 del 2003. Si prevede che la relativa contribuzione sia stabilita con lo stesso decreto che provvede alla ripartizione del contributo, in precedenza richiamato[109].


finanziamento delle attività di formazione professionale
(comma 34)

 


34. Per il finanziamento delle attività di formazione professionale di cui all’articolo 12 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54, è autorizzata, per ciascuno degli anni 2008 e 2009, la spesa di 10 milioni di euro. A tale onere si provvede a carico del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, che viene incrementato mediante corrispondente riduzione, per ciascuno degli anni 2008 e 2009, dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 1, comma 1161, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Per i periodi successivi si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.


 

Il comma 34 reca disposizioni in materia di finanziamento delle attività di formazione professionale.

In particolare, il comma autorizza, per il 2008 e il 2009, per il finanziamento delle attività di formazione professionale di cui all'articolo 12 del D.L. 791 del 1981[110], una spesa pari a 10 milioni di euro.

A tale onere si provvede a carico del Fondo per l'occupazione, che viene incrementato mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista per gli anni 2008 e 2009 dall'articolo 1, comma 1161, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006). Per i periodi successivi si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della L. 468 del 1978[111].

 

Il citato comma 1161 ha demandato ad un decreto di natura regolamentare del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze[112], la definizione delle modalità di stipulazione ed i contenuti degli accordi di solidarietà tra generazioni, i requisiti di accesso al relativo finanziamento e le modalità di ripartizione delle risorse destinate all’attuazione dei medesimi accordi, nel limite complessivo di 3 milioni di euro per l’anno 2007 e di 82,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

 

La richiamata lettera d) del comma 3 dell’articolo 11 della L. 468 del 1978 prevede la legge finanziaria contiene, tra l’altro, la determinazione, in apposita tabella (Tabella C), della quota da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale per le leggi di spesa permanente, di natura corrente e in conto capitale, la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria.


Disposizioni in tema di occupazione delle persone con disabilità (commi 35-38)


35. L’articolo 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118, è sostituito dal seguente:

«Art. 13. - (Assegno mensile). – 1. Agli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso, a carico dello Stato ed erogato dall’INPS, un assegno mensile di euro 242,84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l’assegnazione della pensione di cui all’articolo 12.

2. Attraverso dichiarazione sostitutiva, resa annualmente all’INPS ai sensi dell’articolo 46 e seguenti del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, il soggetto di cui al comma 1 autocertifica di non svolgere attività lavorativa. Qualora tale condizione venga meno, lo stesso è tenuto a darne tempestiva comunicazione all’INPS».

36. Il comma 249 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è abrogato.

37. La legge 12 marzo 1999, n. 68, è così modificata:

a) l’articolo 12 è sostituito dal seguente:

«Art. 12. - (Convenzioni di inserimento lavorativo temporaneo con finalità formative). – 1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 9, 11 e 12-bis, gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro privati soggetti agli obblighi di cui all’articolo 3, le cooperative sociali di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, le imprese sociali di cui al decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, i disabili liberi professionisti, anche se operanti con ditta individuale, nonchè con i datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo di assunzione previsto dalla presente legge, di seguito denominati soggetti ospitanti, apposite convenzioni finalizzate all’inserimento temporaneo dei disabili appartenenti alle categorie di cui all’articolo 1 presso i soggetti ospitanti, ai quali i datori di lavoro si impegnano ad affidare commesse di lavoro. Tali convenzioni, non ripetibili per lo stesso soggetto, salvo diversa valutazione del comitato tecnico di cui al comma 3 dell’articolo 6 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall’articolo 6 della presente legge, non possono riguardare più di un lavoratore disabile, se il datore di lavoro occupa meno di 50 dipendenti, ovvero più del 30 per cento dei lavoratori disabili da assumere ai sensi dell’articolo 3, se il datore di lavoro occupa più di 50 dipendenti.

2. La convenzione è subordinata alla sussistenza dei seguenti requisiti:

a) contestuale assunzione a tempo indeterminato del disabile da parte del datore di lavoro;

b) computabilità ai fini dell’adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 3 attraverso l’assunzione di cui alla lettera a);

c) impiego del disabile presso i soggetti ospitanti di cui al comma 1 con oneri retributivi, previdenziali e assistenziali a carico di questi ultimi, per tutta la durata della convenzione, che non può eccedere i dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi da parte degli uffici competenti;

d) indicazione nella convenzione dei seguenti elementi:

1) l’ammontare delle commesse che il datore di lavoro si impegna ad affidare ai soggetti ospitanti; tale ammontare non deve essere inferiore a quello che consente ai soggetti ospitanti di applicare la parte normativa e retributiva dei contratti collettivi nazionali di lavoro, ivi compresi gli oneri previdenziali e assistenziali, e di svolgere le funzioni finalizzate all’inserimento lavorativo dei disabili;

2) i nominativi dei soggetti da inserire ai sensi del comma 1;

3) la descrizione del piano personalizzato di inserimento lavorativo.

3. Alle convenzioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 11, comma 7.

4. Gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro privati soggetti agli obblighi di cui all’articolo 3 e con le cooperative sociali di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, apposite convenzioni finalizzate all’inserimento lavorativo temporaneo dei detenuti disabili»;

b) dopo l’articolo 12 è inserito il seguente:

«Art. 12-bis. - (Convenzioni di inserimento lavorativo). – 1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 9, 11 e 12 gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro privati tenuti all’obbligo di assunzione di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), di seguito denominati soggetti conferenti, e i soggetti di cui al comma 4 del presente articolo, di seguito denominati soggetti destinatari, apposite convenzioni finalizzate all’assunzione da parte dei soggetti destinatari medesimi di persone disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario, ai quali i soggetti conferenti si impegnano ad affidare commesse di lavoro. Sono fatte salve le convenzioni in essere ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

2. La stipula della convenzione è ammessa esclusivamente a copertura dell’aliquota d’obbligo e, in ogni caso, nei limiti del 10 per cento della quota di riserva di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), con arrotondamento all’unità più vicina.

3. Requisiti per la stipula della convenzione sono:

a) individuazione delle persone disabili da inserire con tale tipologia di convenzione, previo loro consenso, effettuata dagli uffici competenti, sentito l’organismo di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall’articolo 6 della presente legge, e definizione di un piano personalizzato di inserimento lavorativo;

b) durata non inferiore a tre anni;

c) determinazione del valore della commessa di lavoro non inferiore alla copertura, per ciascuna annualità e per ogni unità di personale assunta, dei costi derivanti dall’applicazione della parte normativa e retributiva dei contratti collettivi nazionali di lavoro, nonchè dei costi previsti nel piano personalizzato di inserimento lavorativo. È consentito il conferimento di più commesse di lavoro;

d) conferimento della commessa di lavoro e contestuale assunzione delle persone disabili da parte del soggetto destinatario.

4. Possono stipulare le convenzioni di cui al comma 1 le cooperative sociali di cui all’articolo 1, comma 1, lettere a) e b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, e loro consorzi; le imprese sociali di cui all’articolo 2, comma 2, lettere a) e b), del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155; i datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo di assunzione di cui all’articolo 3, comma 1. Tali soggetti devono essere in possesso dei seguenti requisiti:

a) non avere in corso procedure concorsuali;

b) essere in regola con gli adempimenti di cui al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni;

c) essere dotati di locali idonei;

d) non avere proceduto nei dodici mesi precedenti l’avviamento lavorativo del disabile a risoluzioni del rapporto di lavoro, escluse quelle per giusta causa e giustificato motivo soggettivo;

e) avere nell’organico almeno un lavoratore dipendente che possa svolgere le funzioni di tutor.

5. Alla scadenza della convenzione, salvo il ricorso ad altri istituti previsti dalla presente legge, il datore di lavoro committente, previa valutazione degli uffici competenti, può:

a) rinnovare la convenzione una sola volta per un periodo non inferiore a due anni;

b) assumere il lavoratore disabile dedotto in convenzione con contratto a tempo indeterminato mediante chiamata nominativa, anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 7, comma 1, lettera c); in tal caso il datore di lavoro potrà accedere al Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili, di cui all’articolo 13, comma 4, nei limiti delle disponibilità ivi previste, con diritto di prelazione nell’assegnazione delle risorse.

6. La verifica degli adempimenti degli obblighi assunti in convenzione viene effettuata dai servizi incaricati delle attività di sorveglianza e controllo e irrogazione di sanzioni amministrative in caso di inadempimento.

7. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentita la Conferenza unificata, saranno definiti modalità e criteri di attuazione di quanto previsto nel presente articolo»;

c) l’articolo 13 è sostituito dal seguente:

«Art. 13. - (Incentivi alle assunzioni). – 1. Nel rispetto delle disposizioni del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, e successive modifiche e integrazioni, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee n. L 337 del 13 dicembre 2002, le regioni e le province autonome possono concedere un contributo all’assunzione, a valere sulle risorse del Fondo di cui al comma 4 e nei limiti delle disponibilità ivi indicate:

a) nella misura non superiore al 60 per cento del costo salariale, per ogni lavoratore disabile che, assunto attraverso le convenzioni di cui all’articolo 11 con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, abbia una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79 per cento o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni, ovvero con handicap intellettivo e psichico, indipendentemente dalle percentuali di invalidità;

b) nella misura non superiore al 25 per cento del costo salariale, per ogni lavoratore disabile che, assunto attraverso le convenzioni di cui all’articolo 11 con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, abbia una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67 per cento e il 79 per cento o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria di cui alle tabelle citate nella lettera a);

c) in ogni caso l’ammontare lordo del contributo all’assunzione deve essere calcolato sul totale del costo salariale annuo da corrispondere al lavoratore;

d) per il rimborso forfetario parziale delle spese necessarie alla trasformazione del posto di lavoro per renderlo adeguato alle possibilità operative dei disabili con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50 per cento o per l’apprestamento di tecnologie di telelavoro ovvero per la rimozione delle barriere architettoniche che limitano in qualsiasi modo l’integrazione lavorativa del disabile.

2. Possono essere ammesse ai contributi di cui al comma 1 le assunzioni a tempo indeterminato. Le assunzioni devono essere realizzate nell’anno antecedente all’emanazione del provvedimento di riparto di cui al comma 4. La concessione del contributo è subordinata alla verifica, da parte degli uffici competenti, della permanenza del rapporto di lavoro o, qualora previsto, dell’esperimento del periodo di prova con esito positivo.

3. Gli incentivi di cui al comma 1 sono estesi anche ai datori di lavoro privati che, pur non essendo soggetti agli obblighi della presente legge, hanno proceduto all’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori disabili con le modalità di cui al comma 2.

4. Per le finalità di cui al presente articolo è istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, per il cui finanziamento è autorizzata la spesa di lire 40 miliardi per l’anno 1999 e seguenti, euro 37 milioni per l’anno 2007 ed euro 42 milioni a decorrere dall’anno 2008, annualmente ripartito fra le regioni e le province autonome proporzionalmente alle richieste presentate e ritenute ammissibili secondo le modalità e i criteri definiti nel decreto di cui al comma 5.

5. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, sono definiti i criteri e le modalità per la ripartizione delle disponibilità del Fondo di cui al comma 4.

6. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede mediante corrispondente utilizzo dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 29-quater del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, e successive modifiche e integrazioni. Le somme non impegnate nell’esercizio di competenza possono esserlo in quelli successivi.

7. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

8. Le regioni e le province autonome disciplinano, nel rispetto delle disposizioni introdotte con il decreto di cui al comma 5, i procedimenti per la concessione dei contributi di cui al comma 1.

9. Le regioni e le province autonome, tenuto conto di quanto previsto all’articolo 10 del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, comunicano annualmente, con relazione, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale un resoconto delle assunzioni finanziate con le risorse del Fondo di cui al comma 4 e sulla durata della permanenza nel posto di lavoro.

10. Il Governo, ogni due anni, procede ad una verifica degli effetti delle disposizioni del presente articolo e ad una valutazione dell’adeguatezza delle risorse finanziarie ivi previste».

38. Con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge, è abrogato l’articolo 14 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.


 

I commi da 35 a 38 dell’articolo 1 intervengono in materia di occupazione delle persone affette da disabilità.

In particolare, vengono introdotte modifiche con riferimento alle seguenti fattispecie:

§         assegno mensile per i mutilati e gli invalidi civili, di cui all’articolo 13 della L. 118/1971[113] (commi 35 e 36);

§         misure per favorire le assunzioni di soggetti disabili, di cui agli articoli 12 e 13 della L. 68/1999[114] (commi 37 e 38).

Assegno mensile per i mutilati e gli invalidi civili

I commi 35 e 36 provvedono a modificare la disciplina del richiamato assegno mensile, di cui all’articolo 13 della L. 118 del 1971, in modo da semplificarne le procedure di erogazione.

 

Il richiamato articolo 13 ha istituito l'assegno mensile di assistenza, precisando, al primo comma, che esso spetta ai mutilati ed invalidi civili, di età compresa fra i 18 e i 65 anni, nei confronti dei quali fosse stata accertata una riduzione della capacità lavorativa superiore ai due terzi (cioè in sostanza pari almeno al 67%). Successivamente il D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, all’articolo 9, ha elevato la percentuale di invalidità minima al 74%[115].

Pertanto, oltre a quelli anagrafici, ai fini della fruizione dell’assegno sono richiesti i seguenti requisiti:

§         essere cittadino italiano residente in Italia, o essere straniero titolare di carta di soggiorno;

§         avere il riconoscimento di un'invalidità dal 74% al 99%;

§         disporre di un reddito annuo personale non superiore ad euro 4.171,44;

§         essere incollocati al lavoro[116].

L'assegno è incompatibile con l'erogazione di altre pensioni di invalidità erogate da altri organismi (quali, ad esempio, l’INPS o l’INPDAP). E' inoltre incompatibile con pensioni di invalidità di guerra, lavoro e servizio. Dopo i 65 anni di età l'assegno viene trasformato in pensione sociale.

Infine, il secondo comma prevedeva che l’assegno potesse essere revocato, su segnalazione degli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione[117], qualora risultasse che i beneficiari non accedessero a posti di lavoro adatti alle loro condizioni fisiche.

 

Il nuovo testo dell’articolo 13 della L. 118 del 1971, così come novellato dal comma in esame, rispetto al testo previgente:

§         esplicita (recependo testualmente quanto previsto dal menzionato articolo 9 del D.Lgs. 509/1988) che la riduzione della capacità lavorativa dei soggetti interessati deve essere pari o superiore al 74% (comma 1);

§         prevede (si tratta della modifica più rilevante) la possibilità di autocertificare, attraverso dichiarazione sostitutiva, resa annualmente all’INPS ai sensi dell’articolo 47 e seguenti del testo unico di cui al D.P.R. 445 del 2000[118], da parte dei soggetti interessati, di non svolgere attività lavorativa. Qualora tale condizione venga meno, gli stessi soggetti sono tenuti a darne comunicazione tempestivamente all’INPS (comma 2).

Il nuovo testo dell’articolo 13 non reca più, invece, la previsione relativa alla revoca dell’assegno nel caso in cui i soggetti beneficiari non accedessero ai posti di lavoro adatti alle loro condizioni fisiche.

 

Conseguentemente a quanto disposto dal nuovo comma 2 dell’articolo 13 (possibilità di autocertificare di non svolgere alcuna attività lavorativa), il successivo comma 36 provvede ad abrogare l’articolo 1, comma 249 della L. 662 del 1996[119], facendo venir meno l’obbligo di presentare agli uffici preposti una dichiarazione relativa alla permanenza dell’iscrizione nelle liste speciali del collocamento obbligatorio.

 

I commi 248-259 dell’articolo 1 della richiamata L. 662 del 1996 recano disposizioni concernenti i trattamenti assistenziali di invalidità civile, al fine di potenziare ulteriormente le funzioni di verifica in materia.

In particolare, il comma 249, abrogato dalla disposizione in esame, prevedeva, a carico degli invalidi civili titolari dell'assegno mensile di cui al più volte richiamato articolo 13 della L. 118 del 1971, un obbligo di presentare alla Prefettura, al Comune o all'Unità Sanitaria Locale territorialmente competente, entro il 31 marzo di ciascun anno, un’autocertificazione relativa alla permanenza dell’iscrizione nelle liste speciali del collocamento per le assunzioni obbligatorie, di cui all'articolo 19 della L. 482/1968[120].

Si consideri inoltre che, ai sensi del comma 251, la mancata presentazione della dichiarazione di cui al comma 249 entro il termine stabilito comportava l'immediata verifica della sussistenza delle condizioni di cui al medesimo comma 249[121].

 

La relazione tecnica allegata al ddl originario afferma che dalle disposizioni di cui ai commi 35 e 36 non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Misure per l’inserimento lavorativo ed agevolazioni per l’assunzione di soggetti disabili

Il comma 37 apporta alcune modifiche alla L. 68 del 1999[122], in modo da rendere più efficaci le misure per l’inserimento o il reinserimento lavorativo delle persone con disabilità.

In particolare:

§         si sostituisce l’articolo 12, relativo alle convenzioni di inserimento lavorativo temporaneo (lettera a));

§         si inserisce un nuovo articolo 12-bis, concernente le convenzioni di inserimento lavorativo (lettera b));

§         si sostituisce l’articolo 13, relativo alle agevolazioni per le assunzioni (lettera c)).

 

Il comma 37, lettera a), provvede a sostituire interamente l’articolo 12 della L. 68/1999, che prevede apposite convenzioni finalizzate all’inserimento lavorativo temporaneo delle persone disabili presso determinati soggetti.

 

Ferme restando le disposizioni concernenti le richieste di avviamento al lavoro e le convenzioni aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali, di cui, rispettivamente, agli articoli 9[123] e 11[124] della stessa L. 68/1999, il testo precedente del richiamato articolo 12 (al comma 1) prevedeva la facoltà, da parte degli uffici competenti, di stipulare, con i datori di lavoro privati soggetti agli obblighi di assunzione o e di riserva di posti di cui all'articolo 3, con le cooperative sociali di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della L. 381/1991[125], e con i disabili liberi professionisti, anche se operanti con ditta individuale, apposite convenzioni finalizzate all'inserimento temporaneo dei disabili appartenenti alle categorie individuate all’articolo 1 della L. 68/1999[126] presso le cooperative sociali stesse, ovvero presso i menzionati liberi professionisti, ai quali i datori di lavoro si impegnano ad affidare commesse di lavoro. Tali convenzioni, non ripetibili per lo stesso soggetto, salvo diversa valutazione del comitato tecnico avente compiti relativi alla valutazione delle residue capacità lavorative, alla definizione degli strumenti e delle prestazioni atti all'inserimento e alla predisposizione dei controlli periodici sulla permanenza delle condizioni di inabilità, di cui al comma 3 dell’articolo 6 del D.Lgs. 469/ 1997[127], non possono riguardare più di un lavoratore disabile, se il datore di lavoro occupa meno di 50 dipendenti, ovvero più del 30 per cento dei lavoratori disabili da assumere ai sensi dell'articolo 3, se il datore di lavoro occupa più di 50 dipendenti.

La convenzione è subordinata alla sussistenza dei seguenti requisiti (comma 2):

a)    contestuale assunzione a tempo indeterminato del disabile da parte del datore di lavoro;

b)    copertura dell'aliquota d'obbligo di cui all'articolo 3 attraverso l'assunzione di cui alla lettera a);

c)    impiego del disabile presso la cooperativa sociale ovvero presso il libero professionista di cui al comma 1, con oneri retributivi, previdenziali e assistenziali a carico di questi ultimi, per tutta la durata della convenzione, che non può eccedere i dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi da parte degli uffici competenti;

d)    indicazione nella convenzione dei seguenti elementi:

1)       l'ammontare delle commesse che il datore di lavoro si impegna ad affidare alla cooperativa ovvero al libero professionista di cui al comma 1; tale ammontare non deve essere inferiore a quello che consente alla cooperativa stessa ovvero al libero professionista di cui al comma 1 di applicare la parte normativa e retributiva dei contratti collettivi nazionali di lavoro, ivi compresi gli oneri previdenziali e assistenziali, e di svolgere le funzioni finalizzate all'inserimento lavorativo dei disabili;

2)       i nominativi dei soggetti da inserire ai sensi del precedente comma 1;

3)       l'indicazione del percorso formativo personalizzato.

Ai sensi del comma 3, è prevista l’applicazione, alle convenzioni in oggetto, in quanto compatibili, delle disposizioni dell'articolo 11, comma 7, della L. 68/1999 relative al contenuto delle convenzioni di integrazione lavorativa per l'avviamento di disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario[128].

Infine (comma 4), è prevista la facoltà, per gli uffici competenti, di stipulare con i datori di lavoro privati soggetti agli obblighi di assunzione o e di riserva di posti, e con le cooperative sociali, apposite convenzioni finalizzate all'inserimento lavorativo temporaneo dei detenuti disabili.

 

Rispetto al testo attualmente vigente, il nuovo testo dell’articolo 12 (la cui rubrica assume la denominazione di “Convenzioni di inserimento lavorativo temporaneo con finalità formative”) dispone un ampliamento della tipologia dei soggetti presso i quali, sulla base di apposite convenzioni, avviene l’inserimento lavorativo temporaneo con finalità formative delle persone con disabilità.

In particolare, tra tali soggetti (denominati soggetti ospitanti), vengono ricomprese anche le imprese sociali di cui al D.Lgs. 155 del 2006[129] e i datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo di assunzione previsto dalla L. 68/1999 (sembrerebbe trattarsi, in sostanza, dei datori di lavoro privati che occupano meno di 15 dipendenti).

 

Il D.Lgs 155/2006 ha attuato la delega contenuta nella L. 13 giugno 2005, n. 118, che ha conferito al Governo il compito di adottare, entro un anno dalla sua entrata in vigore, uno o più decreti legislativi recanti - ad integrazione delle norme dell’ordinamento civile - la disciplina organica delle imprese sociali, vale a dire le “organizzazioni private senza scopo di lucro che esercitano in via stabile e principale un’attività economica di produzione o di scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale”.

In particolare, l’articolo 1, comma 1, fornisce la nozione di impresa sociale, riprendendola testualmente da quella contenuta nella L. 118/2005, che fa riferimento a quelle organizzazioni private senza scopo di lucro che esercitano in via stabile e principale un’attività economica di produzione e scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale. Il comma 2 esclude dal novero di impresa sociale le amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. 165/2001 e le organizzazioni i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l’erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci, associati o partecipi. Il successivo articolo 2 stabilisce i settori nei quali i beni e servizi prodotti o scambiati possano essere considerati di utilità sociale[130]. Particolari disposizioni, inoltre, sono previste per gli enti ecclesiastici e agli enti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese.

Pere quanto attiene, più specificamente, la materia del lavoro, il comma 2 dell’articolo 2 consente, inoltre, l’acquisizione della qualifica di impresa sociale a quelle organizzazioni che, indipendentemente dallo svolgimento delle attività indicate nel precedente comma 1, esercitano attività di impresa ai fini dell’inserimento lavorativo di soggetti rientranti in particolari categorie alla luce della normativa comunitaria in materia di aiuti di stato all’occupazione (lavoratori svantaggiati ai sensi dell’articolo 2, par. 1, lettera f), del regolamento CE n. 2204/2002 e lavoratori disabili ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento CE n. 2204/2002).

La percentuale di lavoratori rientranti in tali categorie – la cui particolare situazione deve essere attestata da documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione - deve comunque essere non inferiore al 30% dei lavoratori impiegati a qualunque titolo nell’impresa.

Oltre a ciò, l’articolo 12 stabilisce l’obbligo di prevedere, nei regolamenti aziendali o negli atti costitutivi, forme di coinvolgimento dei lavoratori e delle attività, mentre il successivo articolo 14 dispone che il trattamento economico e normativo applicabile ai lavoratori dell’impresa sociale non può essere inferiore a quello previsto dai contratti e accordi collettivi; è ammessa anche, entro certi limiti, la prestazione di attività di volontariato, salve regole particolari per gli enti ecclesiastici.

L’articolo 16, infine, attribuisce al Ministero del lavoro una funzione di controllo sul rispetto delle norme del provvedimento da parte delle imprese sociali; in caso di accertata violazione di specifiche norme o di mancata ottemperanza alla regolarizzazione del comportamento nel caso di violazione delle altre disposizioni, viene disposta la perdita della qualifica di impresa sociale con conseguente cancellazione dal registro delle imprese. Le determinazioni e i compiti del Ministero del lavoro vengono assunte e svolti sentita l’Agenzia per le ONLUS.

 

La relazione tecnica al ddl originario afferma che dalle disposizioni di cui all’attuale comma 37, lettera a), non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il comma 37, lettera b), provvede a introdurre nella L. 68/1999 il nuovo articolo 12-bis, concernente apposite convenzioni di inserimento lavorativo che gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro privati soggetti agli obblighi di assunzione o di riserva di posti, denominati soggetti conferenti, e con i soggetti di cui al comma 4 dell’articolo in oggetto (cioè le cooperative sociali e loro consorzi, le imprese sociali, i datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo di assunzione), definiti soggetti destinatari.

Più specificamente (comma 1 del nuovo articolo 12-bis) tali convenzioni sono finalizzate all'assunzione da parte dei soggetti destinatari medesimi di persone disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario, ai quali i soggetti conferenti si impegnano ad affidare commesse di lavoro.

Vengono fatte salve le convenzioni in essere ai sensi dell’articolo 14 del D.Lgs. 276 del 2003 (di cui peraltro il comma 38 della L. 247 del 2007 dispone l’abrogazione a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge, cioè dal 1° gennaio 2008: cfr. infra).

 

Si ricorda che l’articolo 14 del D.Lgs. 276/2003 prevedeva la stipula di apposite convenzioni quadro da parte dei servizi regionali di cui all’art. 6, comma 1, della L. 68/1999 (competenti in merito alla programmazione, all’attuazione, alla verifica degli interventi volti a favorire l'inserimento lavorativo dei soggetti disabili nonché all’avviamento lavorativo, alla stipula delle convenzioni e all'attuazione del collocamento mirato) con le associazioni sindacali dei datori e dei prestatori di lavoro e le cooperative sociali ed i relativi consorzi, aventi come oggetto il conferimento di commesse di lavoro alle cooperative sociali da parte delle imprese associate o aderenti (comma 1).

La convenzione quadro doveva disciplinare una serie di aspetti, tra cui i criteri di individuazione dei lavoratori da inserire al lavoro, la promozione e lo sviluppo delle commesse a favore delle cooperative sociali, i limiti percentuali massimi di copertura della quota d’obbligo relativa all’assunzione di disabili da realizzare tramite le convenzioni (comma 2).

Venivano inoltre disciplinate le modalità di computo dei lavoratori disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento, di cui fosse avvenuto l’inserimento lavorativo nelle cooperative sociali ai sensi dei commi 1 e 2, ai fini dell’assolvimento da parte delle imprese conferenti le commesse degli obblighi relativi al collocamento obbligatorio (comma 3).

 

La stipula della convenzione è ammessa esclusivamente a copertura dell’aliquota d’obbligo e, in ogni caso, nei limiti del 10% della quota di riserva di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), della stessa L. 68 del 1999 (pari al 7% dei lavoratori occupati, per le imprese che occupano più di 50 dipendenti), con arrotondamento all’unità più vicina (comma 2 del nuovo articolo 12-bis).

Requisiti per la stipula della convenzione sono (comma 3 del nuovo articolo 12-bis):

a)      individuazione delle persone disabili da inserire con tale tipologia di convenzione, previo loro consenso, effettuata dagli uffici competenti, sentito il comitato tecnico all’interno della commissione provinciale per le politiche del lavoro, di cui all’articolo 6, comma 3, del D.Lgs. 469 del 1997[131], e definizione di un piano personalizzato di inserimento lavorativo.

b)      durata non inferiore a 3 anni;

c)      determinazione del valore della commessa di lavoro non inferiore alla copertura, per ciascuna annualità e per ogni unità di personale assunta, dei costi derivanti dall’applicazione della parte normativa e retributiva dei contratti collettivi nazionali di lavoro, nonché dei costi previsti nel piano personalizzato di inserimento lavorativo. È  consentito il conferimento di più commesse di lavoro;

d)      conferimento della commessa di lavoro e contestuale assunzione delle persone disabili da parte del soggetto destinatario.

Ai sensi del comma 4 del nuovo articolo 12-bis, possono stipulare le convenzioni richiamate in precedenza le cooperative sociali e loro consorzi; le imprese sociali che esercitano attività di impresa al fine dell'inserimento lavorativo di soggetti che siano lavoratori svantaggiati e lavoratori disabili, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettere a) e b), della L. 155 del 2006[132], i datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo di assunzione ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della L. 68 del 1999.

Tali soggetti devono essere in possesso dei seguenti requisiti:

§      non avere in corso procedure concorsuali (comma 4, lettera a));

§      essere in regola con gli adempimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui al D.Lgs. 626/1994 (comma 4, lettera b));

§      essere dotati di locali idonei (comma 4, lettera c));

§      non avere proceduto nei 12 mesi precedenti l’avviamento lavorativo del disabile a risoluzioni del rapporto di lavoro, esclusi quelli per giusta causa e giustificato motivo soggettivo (comma 4, lettera d));

§      avere nell’organico almeno un lavoratore dipendente che possa svolgere le funzioni di tutor (comma 4, lettera e)).

 

Alla scadenza della convenzione è prevista (comma 5 del nuovo articolo 12-bis), salvo il ricorso ad altri istituti previsti dalla L. 68/1999, la possibilità, per il datore di lavoro committente, previa valutazione degli uffici competenti, di:

§      rinnovare la convenzione una sola volta per un periodo non inferiore a due anni (comma 5, lettera a));

§      assumere il lavoratore disabile dedotto in convenzione con contratto a tempo indeterminato mediante chiamata nominativa, anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 7, comma 1, lettera c)[133]; in tal caso il datore di lavoro potrà accedere al Fondo Nazionale per il diritto al lavoro dei disabili, di cui al successivo articolo 13, comma 4, nei limiti delle disponibilità ivi previste, con diritto di prelazione nell’assegnazione delle risorse (comma 5, lettera b)).

La verifica degli adempimenti degli obblighi assunti in convenzione viene effettuata (comma 6 del nuovo articolo 12-bis) dai servizi incaricati delle attività di sorveglianza e controllo e irrogazione di sanzioni amministrative in caso di inadempimento.

Infine, si dispone che le modalità e i criteri di attuazione di quanto previsto nel nuovo articolo 12-bis siano definiti (comma 7 del nuovo articolo 12-bis) con decreto del Ministro del lavoro, da emanarsi entro 120 giorno dalla data di entrata in vigore della legge in esame, sentita la Conferenza unificata.

 

Si consideri che riguardo alle disposizioni di cui all’attuale comma 37, lettera b), la relazione tecnica allegata al ddl originario afferma che “considerato che l’accesso ai benefici per le assunzioni è comunque previsto nei limiti delle risorse del Fondo nazionale disabili, dalla disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

 

Il comma 37, lettera c), provvede a sostituire l’articolo 13 della L. 68 del 1999, concernente le agevolazioni per le assunzioni (la nuova rubrica assume la denominazione di “Incentivi alle assunzioni”).

 

Il testo previgente dell’articolo 13 prevedeva che attraverso le convenzioni di integrazione lavorativa di cui al precedente articolo 11, gli uffici competenti potessero concedere (comma 1) ai datori di lavoro privati, sulla base dei programmi presentati e nei limiti delle disponibilità del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili:

§       la fiscalizzazione totale, per la durata massima di otto anni, dei contributi previdenziali ed assistenziali relativi ad ogni lavoratore disabile che, assunto in base alla L. 68/1999, avesse una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al D.P.R: 915/1978 (T.U. in materia di pensioni di guerra). La medesima fiscalizzazione, inoltre, veniva concessa in relazione ai lavoratori con handicap intellettivo e psichico, assunti sempre in base alla L. 68/1999, indipendentemente dalle percentuali di invalidità, previa definizione da parte delle regioni di criteri generali che consentano di contenere gli oneri a tale titolo nei limiti del 10% della quota di loro competenza a valere sulle risorse annue a valere sul richiamato Fondo per il diritto al lavoro dei disabili e con indicazione delle modalità di utilizzo delle risorse eventualmente non impiegate;

§       la fiscalizzazione, nella misura del 50%, per la durata massima di 5 anni, dei contributi previdenziali ed assistenziali relativi ad ogni lavoratore disabile che, assunto in base alla L. 68/1999, avesse una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67% e il 79%, o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria di cui alle tabelle allegate al richiamato D.P.R. 915/1978;

§       il rimborso forfetario parziale delle spese necessarie alla trasformazione del posto di lavoro per renderlo adeguato alle possibilità operative dei disabili con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50% o per l'apprestamento di tecnologie di tele-lavoro ovvero per la rimozione delle barriere architettoniche che limitano in qualsiasi modo l'integrazione lavorativa del disabile.

Le richiamate agevolazioni erano estese (comma 2) anche ai datori di lavoro che, pur non essendo soggetti agli obblighi della presente legge, procedevano all'assunzione di disabili.

Era inoltre stabilito che il datore di lavoro che, attraverso le convenzioni di integrazione lavorativa, assicurava alle persone disabili la possibilità di svolgere attività di tirocinio finalizzata all'assunzione, per un periodo fino ad un massimo di 12 mesi, rinnovabili per una sola volta, assolveva per la medesima durata l’obbligo di assunzione (comma 3). In tal caso il datore di lavoro era tenuto ad assicurare i tirocinanti contro gli infortuni sul lavoro (mediante convenzioni con l'INAIL) e per la responsabilità civile. I relativi oneri erano posti a carico del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, istituito dal successivo comma 4[134].

Le agevolazioni previste dall’articolo in oggetto erano sottoposte a verifica, dopo cinque anni, da parte degli uffici competenti, al fine della prosecuzione delle agevolazioni stesse (comma 5).

Si disponeva quindi che i criteri e le modalità della ripartizione tra le regioni della disponibilità del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili nonché la disciplina dei procedimenti per la concessione delle agevolazioni di cui al precedente comma 1 fosse stabilita con apposito decreto ministeriale (comma 8).

Infine, era prevista, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della L. 68/1999, una verifica governativa degli effetti delle disposizioni dello stesso articolo 13 ed una valutazione dell'adeguatezza delle risorse finanziarie appositamente previste.

 

Rispetto al testo vigente, il nuovo articolo 13 riscrive sostanzialmente la disciplina relativa agli incentivi alle assunzioni, prevedendo in sostanza la concessione al datore di lavoro di un contributo per l’assunzione di persone disabili volto a coprire una parte del costo salariale di tali lavoratori.

In particolare, al comma 1 si prevede la facoltà, per le regioni e le province autonome, di concedere un contributo all’assunzione, nel rispetto delle disposizioni del Regolamento (CE) n. 2204/2002 (relativo agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione) e a valere sulle risorse del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili:

§         nella misura non superiore al 60% del costo salariale, per ogni lavoratore disabile che, assunto attraverso le convenzioni di cui al richiamato articolo 11 della L. 68/1999 con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, abbia una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al D.P.R. 915 del 1978 (T.U. in materia di pensioni di guerra) ovvero con handicap intellettivo e psichico, indipendentemente dalle percentuali di invalidità (lettera a));

§         nella misura non superiore al 25% del costo salariale, per ogni lavoratore disabile che, assunto attraverso le medesime convenzioni con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, abbia una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67% e il 79% o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria di cui alle richiamate tabelle del D.P.R. 915 del 1978 (lettera b));

§         per il rimborso forfetario parziale delle spese necessarie alla trasformazione del posto di lavoro per renderlo adeguato alle possibilità operative dei disabili con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50% o per l’apprestamento di tecnologie di telelavoro ovvero per la rimozione delle barriere architettoniche che limitano in qualsiasi modo l’integrazione lavorativa del disabile (lettera d).

Viene inoltre precisato che in ogni caso l’ammontare lordo del contributo all’assunzione deve essere calcolato sul totale del costo salariale annuo da corrispondere al lavoratore (lettera c)).

 

Il Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione del 5 dicembre 2002, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione, all’articolo 4, pone le condizioni che devono essere soddisfatte dai regimi di aiuti a favore della creazione di posti di lavoro e da qualsiasi aiuto accordabile nell'ambito di tali regimi (paragrafo 1).

In particolare, il paragrafo 2 stabilisce che quando i posti di lavoro sono creati in regioni e in settori non ammessi a beneficiare degli aiuti a finalità regionale ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato, al momento della concessione dell'aiuto, l'intensità lorda dell'aiuto (cioè l'importo dell'aiuto espresso in percentuale dei costi da sostenere) non deve superare:

§         il 15% per le piccole imprese;

§         il 7,5% per le medie imprese.

Inoltre, il paragrafo 3 dispone che nel caso in cui i posti di lavoro siano creati in regioni e in settori ammessi a beneficiare degli aiuti a finalità regionale in virtù dell'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato, al momento della concessione dell'aiuto, l'intensità netta dell'aiuto non debba superare il massimale corrispondente degli aiuti all'investimento a finalità regionale, fissato nella mappa in vigore all'epoca della concessione dell'aiuto, approvata dalla Commissione per ogni Stato membro.

Per le piccole e medie imprese, salvo che non sia disposto altrimenti dalla citata mappa, il richiamato massimale è maggiorato di:

§         10 punti percentuali al lordo, nelle regioni di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), purché l'intensità totale netta dell'aiuto non superi il 30%; oppure

§         15 punti percentuali al lordo, nelle regioni di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), purché l'intensità totale netta dell'aiuto non superi il 75%.

Rispetto al massimale per gli aiuti regionali, la maggiorazione si applica solo a condizione che il contributo del beneficiario non sia inferiore al 25% del finanziamento ottenuto e se i posti di lavoro sono mantenuti all'interno della regione ammissibile agli aiuti.

Infine, qualora i posti di lavoro siano creati nella produzione, trasformazione o commercializzazione di prodotti di cui all'allegato I del trattato in aree considerate come zone svantaggiate a norma del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, si applicano i massimali maggiorati o, se del caso, i massimali più elevati previsti da detto regolamento.

Il successivo paragrafo 4 prevede che i massimali di cui ai precedenti paragrafi 2 e 3 si applichino ad un'intensità di aiuto calcolata in percentuale dei costi salariali connessi ai posti di lavoro creati per un periodo di 2 anni, alle seguenti condizioni:

§         i posti di lavoro creati devono rappresentare un incremento netto del numero di dipendenti sia dello stabilimento che dell'impresa interessati, rispetto alla media dei dodici mesi precedenti;

§         i posti di lavoro creati devono essere conservati per un periodo minimo di tre anni o di due anni nel caso delle PMI; e

§         i lavoratori assunti per coprire i nuovi posti di lavoro creati non devono aver mai lavorato prima o devono aver perso o essere in procinto di perdere l'impiego precedente.

Infine, il paragrafo 5 dispone che, in caso di aiuti alla creazione di posti di lavoro concessi nell'ambito di regimi esentati a norma dell’articolo in oggetto, è consentito un aiuto supplementare per l'assunzione di un lavoratore svantaggiato o disabile conformemente ai successivi articoli 5 o 6, concernenti, rispettivamente, l’assunzione di lavoratori svantaggiati o disabili, e i costi aggiuntivi legati all'occupazione di lavoratori disabili.

Riguardo i lavoratori svantaggiati o disabili, l’articolo 5 del Regolamento in oggetto appunto stabilisce le condizioni che devono essere soddisfatte dai regimi di aiuti a favore dell'occupazione di lavoratori svantaggiati e disabili da parte delle imprese e da qualsiasi aiuto accordabile nell'ambito di simili regimi (paragrafo 1).

Più specificamente, il paragrafo 2 stabilisce il divieto, per l’intensità lorda di tutti gli aiuti relativi all'occupazione dei lavoratori svantaggiati o disabili, calcolata in percentuale dei costi salariali su un periodo di un anno successivo all'assunzione, di superare il 50% per i lavoratori svantaggiati o il 60% per i lavoratori disabili.

Il paragrafo 3 precisa che quando l'assunzione non rappresenta un incremento netto del numero di lavoratori dello stabilimento in questione, il posto o i posti ricoperti devono essersi resi vacanti a seguito di dimissioni volontarie, di pensionamento per raggiunti limiti d'età, di riduzione volontaria dell'orario di lavoro o di licenziamenti per giusta causa e non a seguito di licenziamenti per riduzione del personale. Inoltre, fatto salvo il caso di licenziamento per giusta causa, al lavoratore o ai lavoratori deve essere garantita la continuità dell'impiego per almeno 12 mesi.

 

Infine, l’articolo 6 pone le condizioni da soddisfare per i regimi di aiuti a favore dell'occupazione di lavoratori disabili e per qualsiasi aiuto accordabile nell'ambito di simili regimi (paragrafo 1).

Al riguardo, il paragrafo 2 evidenzia il divieto, per l’aiuto, cumulato con qualsiasi aiuto concesso a norma dell'articolo 5, di superare il livello necessario a compensare la minore produttività dovuta agli handicap del lavoratore o dei lavoratori, e per ciascuno dei costi relativi all'adattamento dei locali, al tempo di lavoro impiegato dalle persone addette esclusivamente ad assistere il lavoratore o i lavoratori disabili, nonché all'adattamento o all'acquisto di apparecchiature utilizzate dai lavoratori disabili, che rappresentino costi aggiuntivi rispetto a quelli che il beneficiario dell'aiuto avrebbe sostenuto se avesse occupato lavoratori non portatori di handicap, per il periodo in cui il lavoratore o i lavoratori disabili sono effettivamente occupati.

Inoltre, nel caso in cui il beneficiario dell'aiuto sia un datore di “lavoro protetto”, l'aiuto può coprire, ma non superare, i costi relativi alla costruzione, all'installazione o all'ampliamento dello stabilimento di cui trattasi e tutti i costi amministrativi e di trasporto derivanti dall'occupazione dei lavoratori disabili.

Infine, al paragrafo 3 si precisa che i regimi esentati in virtù dell’articolo 6 devono subordinare gli aiuti alla condizione che il beneficiario conservi la documentazione che consenta di verificare che gli aiuti concessi soddisfano le disposizioni dello stesso articolo e del successivo articolo 8, paragrafo 4[135].

 

Come precisato dal successivo comma 2, possono essere ammesse ai contributi in questione le assunzioni a tempo indeterminato, a condizione che siano realizzate nell’anno antecedente all’emanazione del provvedimento di riparto del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili. La concessione del contributo é inoltre subordinata alla verifica, da parte degli uffici competenti, della permanenza del rapporto di lavoro o, qualora previsto, dell’esperimento del periodo di prova con esito positivo.

I medesimi incentivi, ai sensi del comma 3, sono concessi anche ai datori di lavoro privati che, pur non essendo soggetti agli obblighi sulle assunzioni obbligatorie dei disabili di cui alla L. 68/1999, hanno proceduto all’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori disabili con le modalità di cui al precedente comma 2.

Ai sensi del comma 4, la dotazione del già istituito Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, è annualmente ripartita fra le regioni e le province autonome proporzionalmente alle richieste presentate e ritenute ammissibili secondo le modalità ed i criteri definiti da un decreto del Ministro del lavoro, da emanarsi, ai sensi del comma 5, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame, di concerto con il Ministro dell’economia, sentita la Conferenza unificata.

Il comma 8 prevede che le regioni e le province autonome disciplinino, nel rispetto delle disposizioni introdotte con il decreto richiamato in precedenza, i procedimenti per la concessione dei contributi di cui al comma 1.

Inoltre, il comma 9 stabilisce l’obbligo, per le regioni e le province autonome, tenuto conto di quanto previsto all’articolo 10 Regolamento (CE) n. 2204/2002, di comunicare annualmente con relazione, al Ministero del lavoro, un resoconto (che deve riguardare anche la durata della permanenza nel posto di lavoro) delle assunzioni finanziate con le risorse del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili.

Si dispone quindi, al comma 10, con una periodicità biennale, il Governo procede ad una verifica degli effetti delle disposizioni dell’articolo 13 in esame nonché ad una valutazione dell’adeguatezza delle risorse finanziarie previste.

 

Si consideri che, con riferimento alle disposizioni dell’attuale comma 37, lettera c), la relazione tecnica al ddl originario affermava che “considerato che viene confermata l’attuale dotazione finanziaria del Fondo disabili, dalla disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

 

Infine, il comma 38 del testo in esame, a fini di coordinamento legislativo, con effetto dall’entrata in vigore della L. 247 del 2007, abroga l’articolo 14 del D.Lgs. 276 del 2003, concernente la stipula di apposite convenzioni quadro da parte dei competenti uffici regionali con le associazioni sindacali dei datori e dei prestatori di lavoro e le cooperative sociali ed i relativi consorzi, aventi ad oggetto il conferimento di commesse di lavoro alle cooperative sociali da parte delle imprese associate o aderenti (cfr. amplius supra).


Disposizioni in materia di lavoro a termine (commi 39-43)

 


39. All’articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, è premesso il seguente comma:

«01. Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato».

40. All’articolo 5 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 2, dopo le parole: «inferiore a sei mesi» sono inserite le seguenti: «nonchè decorso il periodo complessivo di cui al comma 4-bis,»;

b) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:

«4-bis. Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi del comma 2. In deroga a quanto disposto dal primo periodo del presente comma, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonchè nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato.

4-ter. Le disposizioni di cui al comma 4-bis non trovano applicazione nei confronti delle attività stagionali definite dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive modifiche e integrazioni, nonchè di quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative.

4-quater. Il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine.

4-quinquies. Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali ha diritto di precedenza, rispetto a nuove assunzioni a termine da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali.

4-sexies. Il diritto di precedenza di cui ai commi 4-quater e 4-quinquies può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro rispettivamente sei mesi e tre mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso e si estingue entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro».

41. L’articolo 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, è così modificato:

a) le lettere c) e d) del comma 7 sono sostituite dalle seguenti:

«c) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;

d) con lavoratori di età superiore a 55 anni»;

b) sono abrogati i commi 8, 9 e 10;

c) al comma 4 sono premesse le seguenti parole: «In deroga a quanto previsto dall’articolo 5, comma 4-bis,».

42. All’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, le parole: «all’articolo 5, commi 3 e 4» sono sostituite dalle seguenti: «all’articolo 5, commi 3 e seguenti».

43. In fase di prima applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 40 a 42:

a) i contratti a termine in corso alla data di entrata in vigore della presente legge continuano fino al termine previsto dal contratto, anche in deroga alle disposizioni di cui al comma 4-bis dell’articolo 5 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, introdotto dal presente articolo;

b) il periodo di lavoro già effettuato alla data di entrata in vigore della presente legge si computa, insieme ai periodi successivi di attività ai fini della determinazione del periodo massimo di cui al citato comma 4-bis, decorsi quindici mesi dalla medesima data.


 

I commi da 39 a 43 dell’articolo 1 recano disposizioni in materia di contratti di lavoro a tempo determinato, disciplinati dal D.Lgs. 368 del 2001[136].

 

Il D.Lgs. 368/2001 che, in attuazione della delega di cui alla L. 29 dicembre 2000, n. 422 (legge comunitaria per il 2000), ha recepito la direttiva 1999/70/CE sul contratto di lavoro a tempo determinato, ha introdotto una disciplina del lavoro a termine che ha innovato in maniera rilevante la disciplina previgente, di cui si è prevista contestualmente l’abrogazione.

 

In particolare, vengono apportate alcune modifiche:

§         all’articolo 1 del citato D.Lgs. 368 del 2001, che stabilisce in quali casi può stipularsi il contratto di lavoro a tempo determinato (comma 39);

§      all’articolo 5 del D.Lgs. 368 del 2001, concernente la successione dei contratti di lavoro e la continuazione del rapporto di lavoro oltre la scadenza del termine pattuito (comma 40);

§      all’articolo 10 dello stesso D.Lgs. 368 del 2001, concernente le esclusioni dal campo di applicazione del provvedimento stesso e le discipline specifiche (comma 41).

Inoltre, viene introdotta una disciplina transitoria relativa alla prima fase di applicazione delle disposizioni in esame (comma 43).

Possibilità di apposizione del termine

Il comma 39, aggiungendo il nuovo comma 01 all’articolo 1 del D.Lgs. 368 del 2001, reintroduce espressamente nell’ordinamento il principio secondo cui il rapporto di lavoro subordinato “di norma” debba essere instaurato a tempo indeterminato.

In sostanza la disposizione reintroduce il rapporto regola/eccezione tra contratto di lavoro a tempo indeterminato e contratto di lavoro a tempo determinato. Da ciò sembrano derivare significativi effetti sul piano interpretativo-sistematico per la disciplina in esame.

 

L’articolo 1 del D.Lgs. 368/2001 definisce sia le condizioni oggettive in presenza dei quali è consentita l'apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato sia i requisiti di forma da rispettare.

Rispetto alla normativa precedente, vengono ampliati i casi in cui è consentita l'apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato, facendo venir meno la “tipizzazione” prevista dalla precedente disciplina (peraltro già “temperata” dall’attribuzione alla contrattazione collettiva della facoltà di individuare a sua volta ulteriori causali giustificative).

Difatti la nuova disciplina introdotta dal provvedimento consente la stipulazione dei contratti a termine per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo (comma 1).

La norma si integra con l’individuazione espressa all’articolo 3 dei casi in cui è vietato il ricorso al contratto di lavoro a termine e con la previsione di cui all’articolo 10, commi 7 e 8 che attribuisce alla contrattazione collettiva il compito di stabilire i limiti quantitativi di utilizzazione di tale forma contrattuale, salvo nei casi espressamente indicati come esenti da limiti quantitativi.

Si consideri che in dottrina sono state avanzate interpretazioni non univoche sulle novità introdotte dal richiamato D.Lgs. 368/2001. Volendo schematizzare, possono individuarsi due tesi contrapposte. Secondo una prima interpretazione, volta a ridimensionare l’impatto della nuova disciplina, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 368 del 2001 non sarebbe venuto meno il principio di regola/eccezione tra contratto a tempo indeterminato e contratto a termine, per cui l’apposizione del termine dovrebbe ancora rispettare sia il requisito dell’oggettività sia quello della temporaneità; invece secondo una diversa tesi, dovendo l’apposizione del termine rispettare il solo criterio dell’oggettività, si delineerebbe un cambiamento di impostazione che inverte la logica posta a base della normativa previgente (che vietava i contratti a termine, salvo nei casi espressamente ammessi), per cui si trasformerebbe in regola quella che è stata finora un'eccezione (peraltro, in progressivo ampliamento[137]). Secondo tale ultima interpretazione, pertanto, con l’entrata in vigore del D.Lgs. 368/2001 sarebbe venuto meno il principio secondo cui il rapporto di lavoro si reputa “di norma” a tempo indeterminato, dando parità di status giuridico alle due forme contrattuali.

La giurisprudenza invece ha adottato una linea interpretativa più omogenea. Difatti l’orientamento giurisprudenziale maggioritario ritiene che il D.Lgs. 368 del 2001 - da interpretare anche alla luce della disciplina comunitaria a cui ha dato attuazione -, non abbia determinato il venir meno del principio per cui il contratto di lavoro “di norma” si reputa a tempo indeterminato e quindi l’apposizione del termine costituisce una deroga a tale principio. Tale linea interpretativa è stata adottata dalla prevalente giurisprudenza di merito[138] (cfr. infra), mentre non si è ancora formata una giurisprudenza di legittimità in materia dal momento che le pronunce della Corte di Cassazione finora emesse si riferiscono a fattispecie concrete soggette ancora alla disciplina precedente al D.Lgs. 368 del 2001; peraltro la medesima linea interpretativa emerge, sia pure in via incidentale, da una isolata pronuncia della giurisprudenza di legittimità.[139]

La giurisprudenza di merito maggioritaria, partendo dal principio della eccezionalità del contratto di lavoro a termine, ha sostenuto che l’apposizione del termine richiede che le ragioni giustificative siano connotate non solamente dal requisito della oggettività, ma anche da quello della temporaneità. Pertanto sarebbe legittimo stipulare un contratto di lavoro a termine solamente per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che assumano un carattere oggettivo e temporaneo[140]. Inoltre la giurisprudenza prevalente sostiene che l’apposizione del termine richiede che nel contratto scritto si indichino in maniera specifica e circostanziata le ragioni giustificative[141], per cui una indicazione generica o comunque carente di tali ragioni comporterebbe inevitabilmente l’inefficacia della clausola relativa al termine e conseguentemente il rapporto di lavoro dovrebbe essere considerato ex tunc a tempo indeterminato[142]. Oltre all’onere di indicare nel contratto in maniera specifica e circostanziata le ragioni giustificative, al datore di lavoro spetterebbe la prova della ricorrenza delle medesime ragioni[143] nonché (come statuito da alcune sentenze) del nesso causale tra tali ragioni e la conclusione del contratto a tempo determinato nel caso specifico[144]; in mancanza di tale prova si determinerebbe la già menzionata conseguenza dell’inefficacia del termine per cui il contratto sarebbe da considerare ex tunc a tempo indeterminato.

Si deve inoltre considerare che la disciplina del D.Lgs. 368/2001 non si applica, in tutto o in parte, ai rapporti di lavoro instaurati con particolari categorie di lavoratori o in determinati settori (dirigenti amministrativi e tecnici; trasporto aereo e settore postale, agricoltura), soggetti a una disciplina specifica ai sensi dello stesso decreto legislativo o di norme vigenti di cui non è prevista l'abrogazione.

Per quanto riguarda i requisiti di forma, l’articolo 1 dispone che l'apposizione del termine deve risultare, direttamente o indirettamente, da atto scritto, che specifichi le ragioni che la giustificano. In caso contrario - mancanza dell'atto scritto ovvero dell'indicazione delle ragioni giustificative -, il termine non ha efficacia e quindi il rapporto si deve ritenere a tempo indeterminato (comma 2). Il datore di lavoro deve consegnare al lavoratore - entro 5 giorni lavorativi - copia dell'atto scritto (comma 3). L'atto scritto non è necessario in caso di rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni (comma 4).

Successione dei contratti

Come detto, il comma 40 novella l’articolo 5 del D.Lgs. 368 del 2001, concernente la successione dei contratti di lavoro e la continuazione del rapporto di lavoro oltre la scadenza del termine pattuito[145].

 

Si ricorda che l’articolo 5 del D.Lgs 368/2001, al comma 1, dispone il diritto a favore del dipendente, in caso di continuazione del rapporto di lavoro dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato ai sensi del precedente dell'articolo 4[146], ad una maggiorazione retributiva, pari al 20% fino al decimo giorno successivo e al 40% per i giorni ulteriori.

Peraltro, ai sensi del comma 2, il contratto si reputa a tempo indeterminato qualora la prosecuzione del rapporto di lavoro superi il ventesimo giorno, per i contratti di durata inferiore a sei mesi, ovvero il trentesimo giorno, negli altri casi. La "trasformazione" del rapporto decorre dallo scadere di tali termini, cioè non retroattivamente.

In caso di stipulazione di un nuovo contratto a termine con lo stesso lavoratore, l’articolo 5 fissa intervalli temporali tra i successivi rapporti, il cui mancato rispetto determina la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato. Più specificamente:

-      qualora la riassunzione avvenga entro 10 giorni, per i contratti fino a sei mesi, o 20 giorni, negli altri casi, dalla scadenza del precedente rapporto, lo stesso si reputa a tempo indeterminato dalla stipulazione del secondo contratto (comma 3);

-      infine, in caso di due assunzioni successive a termine, il rapporto si considera a tempo indeterminato dalla stipulazione del primo contratto: in questo caso, a differenza delle precedenti situazioni, la trasformazione opera retroattivamente (comma 4).

 

Il comma 40 dell’articolo in esame, in primo luogo, introduce una disciplina volta a limitare la possibilità di prevedere continui rinnovi dei contratti a tempo determinato con lo stesso lavoratore, in modo da evitare un uso improprio dello strumento del lavoro a termine.

Si consideri al riguardo che, ai sensi della normativa previgente, il datore di lavoro non incontrava limiti nella stipulazione di successivi contratti a termine con lo stesso lavoratore, purché stipulasse il successivo contratto dopo l’intervallo temporale (10 giorni o 20 giorni a seconda della durata del contratto precedente) previsto dall’articolo 5, comma 3, del D.Lgs. 368 del 2001.

Invece il comma 40, inserendo il nuovo comma 4-bis all’articolo 5 del D.Lgs. 368/2001, stabilisce che, ferma restando la disciplina della successione di contratti contenuta nei commi precedenti del medesimo articolo 5, se per effetto della successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra il datore di lavoro e il lavoratore superi complessivamente i 36 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro viene considerato a tempo indeterminato, ai sensi del precedente comma 2, a decorrere dal superamento del predetto periodo (quindi non retroattivamente) (comma 4-bis, primo periodo).

 

Lo stesso comma, peraltro, in deroga a quanto disposto nel primo periodo, prevede (comma 4-bis, secondo periodo) la possibilità di stipula di un ulteriore contratto a termine fra gli stessi soggetti. Tale contratto può stipularsi per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato.

Spetta alle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con appositi avvisi comuni, stabilire la durata dell’ulteriore contratto (comma 4-bis, terzo periodo).

Nel caso in cui la su indicata procedura relativa alla stipula non sia rispettata, nonché in caso di superamento del termine stabilito nello stesso contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato (comma 4-bis, quarto periodo).

 

Con il nuovo comma 4-ter si prevede tuttavia la non applicazione delle disposizioni di cui al precedente comma per determinate categorie di lavoratori. In particolare, le richiamate disposizioni non si applicano:

§         alle attività stagionali, così come definite dal D.P.R. 1525/1963[147];

§         alle attività che saranno eventualmente individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative.

 

La deroga relativa alle attività stagionali è connessa alle particolari modalità di svolgimento di tali attività, che per loro stessa natura si concentrano in determinati periodi dell’anno e quindi hanno necessità di avvalersi di una quantità notevolmente maggiore di personale proprio nei periodi in cui si verificano tali picchi produttivi.

Invece, la previsione della possibilità per la contrattazione collettiva di individuare ulteriori attività che possono derogare alla disciplina in questione è volta a rendere più “elastica” tale disciplina, rimettendo alla valutazione delle parti sociali se anche per altri settori produttivi sia giustificata una esenzione dall’applicazione della medesima.

 

Con il nuovo comma 4-quater si garantisce al lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso lo stesso datore di lavoro, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi, il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a tempo determinato.

Ai sensi del successivo nuovo comma 4-sexies, il lavoratore può avvalersi del diritto di precedenza in questione purché manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro a termine; il diritto di precedenza, peraltro, si estingue entro un anno dalla data di cessazione dello stesso rapporto di lavoro.

Si evidenzia che la disciplina relativa alla precedenza nelle assunzioni introdotta dalla L. 247 del 2007 sostituisce la più restrittiva disciplina previgente, contenuta nei commi 9 e 10 dell’articolo 10 del D.Lgs. 368/2001 (che vengono conseguentemente abrogati: cfr. infra).

 

Il comma 9 del citato articolo 10 affidava alla contrattazione collettiva il compito di individuare un diritto di precedenza nell'assunzione a termine presso la stessa azienda e con la medesima qualifica in favore dei soggetti che abbiano avuto un rapporto a termine per prestazioni di natura stagionale o per intensificazione dell'attività lavorativa in determinati periodi dell'anno[148], mentre il comma 10 dello stesso articolo precisava che il diritto di precedenza si estingueva entro un anno dalla cessazione del rapporto e che il lavoratore doveva manifestare la volontà di avvalersene entro tre mesi dalla cessazione del rapporto.

 

In sostanza, il comma 4-quater introdotto dalla legge in esame, rispetto alla previgente disciplina, è volto ad estendere in maniera generalizzata, indipendentemente dalla natura delle prestazioni o dal settore produttivo, il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato presso la stessa impresa, prevedendo ope legis la possibilità di fruire di tale diritto di precedenza (per le assunzioni effettuate entro i successivi 12 mesi) per tutti i lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa con contratto a tempo determinato, con riferimento alle medesime mansioni a cui si riferisce l’assunzione, per un periodo superiore a sei mesi.

Pertanto, rispetto alla previgente disciplina, ai sensi del combinato disposto dei commi 4-quater e 4-sexies introdotti dalla legge in esame:

§         si dispone che il diritto di precedenza opera direttamente e non solamente qualora lo preveda la contrattazione collettiva;

§         si estende il diritto di precedenza a tutti i lavoratori a tempo determinato (che abbiano prestato l’attività lavorativa presso lo stesso datore di lavoro per almeno sei mesi e che manifestino la propria volontà in tal senso entro sei mesi dalla cessazione del rapporto a termine), a prescindere dalla tipologia di prestazioni e da settore produttivo dell’azienda.

 

Inoltre, con il nuovo comma 4-quinquies si prevede, in favore del lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali, il diritto di precedenza in relazione alle eventuali nuove assunzioni a termine poste in essere dallo stesso datore di lavoro per le stesse attività stagionali.

Si consideri che ai sensi del successivo nuovo comma 4-sexies, il lavoratore può avvalersi del diritto di precedenza in questione purché manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto a termine; il diritto di precedenza, peraltro, si estingue entro un anno dalla data di cessazione dello stesso rapporto di lavoro.

Esclusioni dal campo di applicazione

Il successivo comma 41 interviene a modificare l’articolo 10 del D.Lgs. 368 del 2001, concernente, come accennato in precedenza, le esclusioni dal campo di applicazione della disciplina recata dal medesimo decreto legislativo e le discipline specifiche.

In primo luogo, vengono sostituite le lettere c) e d) del comma 7 del richiamato articolo 10 concernenti l’esenzione da limiti quantitativi dei contratti a termine conclusi in specifici settori (comma 41, lettera a)).

 

L’articolo 10 del D.Lgs. 368/2001, come in precedenza riportato, concerne le esclusioni[149] e le normative specifiche relative al campo di applicazione della disciplina in oggetto.

In particolare, il comma 7 demanda ai contratti collettivi nazionali la definizione dei limiti quantitativi - anche non uniformi - di utilizzazione dei contratti a termine stipulati ai sensi del precedente articolo 1, comma 1. Nel testo previgente, erano in ogni caso esenti da limitazioni quantitative i contratti conclusi:

§         nella fase di avvio di nuove attività per i periodi definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici (lettera a));

§         per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità, ivi comprese le attività già previste nell'elenco allegato al DPR 1525/1963 (lettera b));

§         per l'intensificazione dell'attività lavorativa in determinati periodi dell'anno (lettera c));

§         per specifici spettacoli, ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi, in occasione della conclusione di un periodo di tirocinio o stage, con lavoratori di età superiore ai cinquantacinque anni, o conclusi quando l'assunzione abbia luogo per l'esecuzione di un'opera o di un servizio definiti o predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario o occasionale (lettera d)).

 

Rispetto al testo previgente, il nuovo testo del comma 7 in sostanza elimina dai casi di esenzione da limitazioni quantitative:

§         i contratti conclusi per l'intensificazione dell'attività lavorativa in determinati periodi dell'anno;

§         i contratti a tempo determinato stipulati a conclusione di un periodo di tirocinio o di stage, allo scopo di facilitare l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, o conclusi quando l'assunzione abbia luogo per l'esecuzione di un'opera o di un servizio definiti o predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario o occasionale.

 

Con un’altra modifica, allo stesso articolo 10 del D.Lgs. 368 del 2001, si dispone l’abrogazione del commi 8, concernente ulteriori esenzioni dalla disciplina dei limiti quantitativi per i contratti a termine, nonché dei commi 9 e 10, relativi al riconoscimento di un diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato per i lavoratori a termine operanti in determinate attività (comma 41, lettera b))

 

Si ricorda che, ai sensi del comma 8, erano esenti da limitazioni quantitative i contratti a termine non rientranti nelle categorie di cui al precedente comma 7, di durata non superiore a 7 mesi, compresa l'eventuale proroga, ovvero di durata non superiore alla maggiore durata stabilita dalla contrattazione collettiva con riferimento a situazioni di difficoltà occupazionale per specifiche aree geografiche. L’esclusione dai limiti quantitativi non si applicava ai singoli contratti stipulati, per i periodi temporali in precedenza richiamati, per lo svolgimento di prestazioni identiche a quelle che hanno formato oggetto di un precedente contratto scaduto da meno di 6 mesi.

Il comma 9 affidava alla contrattazione collettiva il compito di individuare un diritto di precedenza nell'assunzione a termine presso la stessa azienda e con la medesima qualifica in favore dei soggetti che avessero avuto un rapporto a termine per prestazioni di natura stagionale o per intensificazione dell'attività lavorativa in determinati periodi dell'anno[150], mentre il comma 10 precisava che il diritto di precedenza si estingueva entro un anno dalla cessazione del rapporto e che il lavoratore doveva manifestare la volontà di avvalersene entro tre mesi dalla cessazione del rapporto.

 

Si evidenzia che l’abrogazione dei commi 9 e 10 dell’articolo 10 del D.Lgs. 368 del 2001 è consequenziale alla nuova disciplina del diritto di precedenza nelle assunzioni introdotta con il nuovo comma 4-quater (cfr. supra).

 

Un’altra modifica, allo stesso articolo 10 del D.Lgs. 368 del 2001, questa volta di carattere prettamente formale, interviene sul comma 4, al fine di precisare che la facoltà di stipulare contratti a tempo determinato con i dirigenti costituisce una deroga alla disciplina del limite alla durata complessiva dei rapporti a termine di cui al nuovo comma 4-bis dell’articolo 5 del medesimo D.Lgs. 368 del 2001 (comma 41, lettera c)).

 

Il comma 4, appunto, prevede la facoltà di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato, purché di durata non superiore a 5 anni, con i dirigenti. Questi ultimi possono comunque possono comunque recedere da tali contratti trascorso un triennio e in osservanza della disposizione dell'articolo 2118 c.c., concernente il recesso dal contratto a tempo indeterminato. Tali rapporti sono esclusi dal campo di applicazione del D.Lgs. 368/2001, salvo per quanto concerne le previsioni di cui agli articoli 6 e 8 concernenti, rispettivamente, il principio di non discriminazione e i criteri di computo.

Altre disposizioni

Il successivo comma 42 provvede ad una modifica di coordinamento formale intervenendo sull’articolo 22, comma 2, del D.Lgs. 276 del 2003[151], recante disposizioni sulla fattispecie di somministrazione di lavoro a tempo determinato. Tale modifica è consequenziale all’introduzione dei commi da 4-bis a 4-sexies nell’articolo 5 del D.Lgs. 368 del 2001 (cfr. supra).

 

Il contratto di somministrazione di lavoro, introdotto dal D.Lgs. 276/2003 (Titolo III), può essere concluso da ogni soggetto (utilizzatore) che si rivolga ad altro soggetto (somministratore) a ciò autorizzato dal Ministero del lavoro.

Il contratto di somministrazione in sostanza sostituisce il contratto di fornitura di lavoro interinale (la cui disciplina viene contestualmente abrogata). Pertanto le agenzie di somministrazione hanno preso il posto delle vecchie agenzie di lavoro temporaneo.

La normativa previgente alla L. 247/2007 prevedeva che il contratto di somministrazione potesse essere concluso a termine o a tempo indeterminato. Tuttavia, come vedremo in seguito, la somministrazione a tempo indeterminato è stata abolita dall’articolo 1, comma 46, della medesima L. 247/2007 (cfr. infra, la relativa scheda).

La somministrazione a tempo indeterminato era uno strumento contrattuale inedito per l'Italia, ma molto diffuso negli Stati Uniti fin dai primi anni ’80. Con tale istituto sostanzialmente si introduceva anche nell’ordinamento italiano il cosiddetto leasing di manodopera (staff leasing), grazie al quale le aziende potevano "affittare" la forza-lavoro anche a tempo indeterminato e non solo a termine. Invece, con il contratto di fornitura di lavoro interinale di cui alla L. 196/1997, l’impresa fornitrice metteva a disposizione dell’impresa utilizzatrice un lavoratore solamente per esigenze lavorative di carattere temporaneo.

Si consideri tuttavia che l’articolo 20 del D.Lgs. 276/2003 prevedeva una tassativa elencazione delle attività per le quali è legittima la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, in presenza di ragioni di carattere tecnico, organizzativo o produttivo. Si trattava in particolare delle seguenti attività:

§         servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la progettazione e manutenzione di reti intranet e extranet, siti internet, sistemi informatici, sviluppo di software applicativo, caricamento dati;

§         servizi di pulizia, custodia, portineria;

§         servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e di trasporto e movimentazione di macchinari e merci;

§         gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché servizi di economato;

§         attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale;

§         attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale;

§         gestione di call-center, nonché avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1 di cui al regolamento (CE) n. 1260/1999 del 21 giugno 1999 del Consiglio, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali;

§         costruzioni edilizie all'interno degli stabilimenti, per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive, con specifico riferimento all'edilizia e alla cantieristica navale, le quali richiedano più fasi successive di lavorazione, l'impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell'impresa.

 

La somministrazione a tempo indeterminato era inoltre lecita in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative.

Nel caso della somministrazione a tempo determinato, invece, viene superata la precedente impostazione restrittiva che rendeva possibile la fornitura di lavoro temporaneo solamente nel casi previsti tassativamente dalla legge o dalla contrattazione collettiva. Pertanto la somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa ogniqualvolta ricorrano ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore. Si affida alla contrattazione collettiva il compito dell’eventuale individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato.

L’articolo 20, inoltre, elenca una serie di fattispecie nelle quali è vietata l’utilizzazione del contratto di somministrazione:

§         nel caso di sostituzione di lavoratori in sciopero;

§         salva diversa previsione dei contratti collettivi, nel caso di unità produttive che nei sei mesi precedenti abbiano effettuato licenziamenti collettivi[152] o presso cui sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori con analoghe mansioni;

§         nel caso di aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del D.lgs. 626/1994[153].

 

Il successivo articolo 21 dispone che il contratto di somministrazione deve essere concluso in forma scritta (ad substantiam) e deve contenere una serie di elementi (per esempio, numero dei lavoratori interessati e loro mansioni, durata, motivi di interesse aziendale, luogo, orario e trattamento economico, assunzione reciproca degli obblighi contrattuali). La mancanza della forma scritta o la mancata indicazione di alcuni elementi essenziali determina la nullità del contratto di somministrazione, con la conseguenza che i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.

Per quanto concerne in generale il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore, per i contratti di lavoro a tempo indeterminato, l’articolo 22 conferma l’applicazione della disciplina civilistica e delle leggi speciali vigenti, mentre per i contratti di lavoro a tempo determinato si applicano le disposizioni del D.Lgs. 368 del 2001 in materia di lavoro a tempo determinato

Nell’ipotesi di somministrazione a tempo determinato, nel caso in cui il prestatore sia stato assunto dall’agenzia di somministrazione con contratto stipulato a tempo indeterminato, nel medesimo è precisato l’ammontare dell’indennità mensile di disponibilità, corrisposta dal somministratore per i periodi in cui il lavoratore rimane in attesa di assegnazione. La misura di tale indennità è fissata dal contratto collettivo e comunque non può essere inferiore alla misura prevista con decreto ministeriale. Si precisa che l’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo (quindi non concorre alla determinazione della tredicesima mensilità o al trattamento di fine rapporto).

All’articolo 23, oltre a prevedersi un obbligo in solido tra somministratore ed utilizzatore per quanto riguarda la corresponsione ai lavoratori dei trattamenti retributivi e dei contributi previdenziali, si prevedono alcune tutele per i lavoratori dal punto di vista economico e retributivo, della sicurezza sul lavoro e dell’esercizio del potere disciplinare riservato al somministratore.

L’articolo 24 dispone che ai lavoratori delle imprese di somministrazione si applicano i diritti sindacali di cui allo Statuto dei lavoratori, alla stregua di tutti i lavoratori subordinati a tempo indeterminato. Il lavoratore può esercitare liberamente, anche presso l’utilizzatore, le libertà sindacali e può partecipare alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici.

Ai lavoratori che dipendono da uno stesso somministratore ma lavorano presso diversi utilizzatori compete uno specifico diritto di riunione secondo la normativa vigente, con le modalità stabilite dalla contrattazione.

Inoltre l’utilizzatore è tenuto a comunicare alle rappresentanze sindacali aziendali il numero e i motivi dei contratti di somministrazione conclusi, la durata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati. In mancanza delle r.s.a. tale comunicazione va indirizzata alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano sindacale.

L’articolo 25 pone a carico del somministratore il versamento degli oneri contributivi (previdenziali ed assistenziali), nonché quelli relativi all’assicurazione contro gli infortuni. A tal fine il somministratore viene inquadrato nel settore terziario, tranne nel caso in cui i lavoratori prestino la loro opera nel settore agricolo o nel lavoro domestico dove sono applicate le discipline di settore.

Per quanto concerne la responsabilità civile per i danni arrecati a terzi nell’esercizio dell’attività lavorativa, ai sensi dell’articolo 2049 del c.c., l’articolo 26precisa che ne risponde il soggetto utilizzatore, poiché esercita nel concreto il potere direttivo nei confronti del lavoratore.

In caso di somministrazione irregolare di lavoro, ovvero quando non siano state rispettate le condizioni per la stipula del contratto di somministrazione (cfr. articolo 20) o non siano state indicati alcuni elementi che configurano il rapporto di lavoro, l’articolo 27stabilisce che il lavoratore possa adire le vie legali per richiedere l’instaurazione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore con decorrenza fin dall’inizio della somministrazione. Il giudizio dovrà riguardare solo l’accertamento della irregolarità del contratto, senza entrare nel merito delle scelte organizzative o produttive.

Nell’eventualità di somministrazione di lavoro fraudolenta con l’intento di eludere disposizioni legislative o contrattuali inderogabili, l’articolo 28 prevede – oltre alle sanzioni pecuniarie indicate all’articolo 18 del D.Lgs. 276/2003 – l’irrogazione di una sanzione pecuniaria di 20 euro, a carico sia del somministratore sia dell’utilizzatore, per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.

 

Disciplina transitoria

Infine, il comma 43 reca una disciplina transitoria valida durante la fase di prima applicazione delle disposizioni di cui all’articolo in esame, volta a permettere una graduale applicazione delle nuove disposizioni.

Più specificamente, si prevede:

§         una clausola di salvaguardia per i contratti a termine già in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, per cui rimane salvo fino alla sua scadenza il termine di durata previsto in tali contratti anche in deroga alla nuova disciplina relativa al limite massimo di durata del complesso dei rapporti a termine con uno stesso datore di lavoro di cui al comma 4-bis dell’articolo 5 (cfr. supra);

§         che il periodo di lavoro già effettuato alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame si computi, insieme ai periodi successivi di lavoro, ai fini della determinazione del periodo massimo di cui allo stesso comma 4-bis, solamente decorsi 15 mesi dalla medesima data di entrata in vigore del provvedimento.

 

Si consideri infine che, secondo la relazione tecnica allegata al ddl originario, dagli attuali commi da 39 a 43 non derivano oneri per la finanza pubblica.


Norme in materia di lavoro a tempo parziale (comma 44)

 


44. Al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, come da ultimo modificato dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modifiche:

a) all’articolo 3, comma 7:

1) nel primo periodo, le parole: «le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono, nel rispetto di quanto previsto dal presente comma e dai commi 8 e 9,» sono sostituite dalle seguenti: «i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono, nel rispetto di quanto previsto dai commi 8 e 9,» e la parola: «concordare» è sostituita dalla seguente: «stabilire»;

2) nel terzo periodo, le parole da: «I contratti collettivi» fino alla parola: «stabiliscono:» sono sostituite dalle seguenti: «I predetti contratti collettivi stabiliscono:»;

b) all’articolo 3, il comma 8 è sostituito dal seguente:

«8. L’esercizio, ove previsto dai contratti collettivi di cui al comma 7 e nei termini, condizioni e modalità ivi stabiliti, da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa, nonchè di modificare la collocazione temporale della stessa, comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese fra le parti, di almeno cinque giorni lavorativi, nonchè il diritto a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme fissate dai contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 3»;

c) all’articolo 8, il comma 2-ter è abrogato;

d) l’articolo 12-bis è sostituito dal seguente:

«Art. 12-bis. - 1. I lavoratori del settore pubblico e del settore privato affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l’azienda unità sanitaria locale territorialmente competente, hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale od orizzontale. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno a richiesta del lavoratore. Restano in ogni caso salve disposizioni più favorevoli per il prestatore di lavoro.

2. In caso di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonchè nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che assuma connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, alla quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, ai sensi di quanto previsto dalla tabella di cui al decreto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1992, è riconosciuta la priorità della trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

3. In caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore agli anni tredici o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, è riconosciuta la priorità alla trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale»;

e) dopo l’articolo 12-bis è inserito il seguente:

«Art. 12-ter. - (Diritto di precedenza). – 1. Il lavoratore che abbia trasformato il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale ha diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di quelle equivalenti a quelle oggetto del rapporto di lavoro a tempo parziale».


 

Il comma 44 dell’articolo 1 reca modifiche ad alcuni profili della disciplina in materia di lavoro a tempo parziale di cui al D.Lgs. 61 del 2000[154], e successive modificazioni.

 

Si ricorda che il rapporto di lavoro a tempo parziale è regolato dal citato D.Lgs. 61/2000, recante "Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES".

Il rapporto di lavoro a tempo parziale è un rapporto di durata inferiore rispetto a quello a tempo pieno (il quale ha una durata di 40 ore settimanali o quella inferiore fissata dai contratti collettivi di lavoro). Non è invece richiesta una durata minima dell'orario lavorativo (articolo 1 del D.Lgs. 61/2000).

Sono previsti diversi modalità di prestazione lavorativa a tempo parziale:

§         orizzontale: orario giornaliero ridotto rispetto a quello a tempo pieno;

§         verticale: attività lavorativa giornaliera di durata normale, ma limitata a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese, o, al massimo, dell'anno;

§         misto: corrispondente ad una combinazione delle due modalità precedenti.

 

Rilevanti modifiche alla disciplina sulla normativa relativa al lavoro a tempo parziale sono state introdotte dal D.Lgs. 276/2003[155], in modo da:

§         agevolare il ricorso a prestazioni di lavoro supplementare (straordinario) nei rapporti di lavoro a tempo parziale orizzontale;

§         agevolare il ricorso a forme flessibili ed elastiche di lavoro, nei rapporti di lavoro a tempo parziale verticale e misto, a fronte di una maggiorazione retributiva;

§         estendere le forme flessibili ed elastiche anche ai contratti a tempo parziale a tempo determinato;

§         prevedere norme, anche di natura previdenziale, che agevolino l’utilizzo di contratti a tempo parziale da parte dei lavoratori anziani al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione giovanile, anche part-time.

 

Un’importante innovazione introdotta dal D.Lgs. 276/2003 riguardava le prestazioni supplementari rispetto all’orario di lavoro concordato nel part-time orizzontale.

Veniva confermato che spettava ai contratti collettivi stabilire il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili e le relative causali. Tuttavia veniva eliminata la previsione secondo cui, in attesa delle discipline della contrattazione colettiva, il ricorso al lavoro supplementare era ammesso nella misura massima del 10 per cento della durata del lavoro a tempo parziale riferita a periodi non superiori ad un mese e da utilizzare nell’arco di più di una settimana. In sostanza, in mancanza di una disciplina ad hoc della contrattazione collettiva, il datore di lavoro poteva accordarsi con il lavoratore per la prestazione di lavoro supplementare senza un tetto prestabilito per legge, sino a raggiungere eventualmente l’orario normale di lavoro di cui all’articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 66/2003[156].

Inoltre si confermava quanto previsto dalla previgente normativa, cioè che spettava alla contrattazione collettiva stabilire le conseguenze, in termini di maggiorazione retributiva, derivanti dall’utilizzazione del lavoro supplementare. Tuttavia, con l’abrogazione del comma 6 dell’articolo 3 del D.Lgs. 61/2000, veniva eliminata la previsione secondo cui, nel caso in cui la contrattazione collettiva nulla disponesse al riguardo, si applicava la maggiorazione del 50 per cento della retribuzione.

Inoltre veniva eliminata la disposizione secondo cui lo svolgimento di lavoro supplementare in via non meramente occasionale poteva, qualora lo prevedesse la contrattazione collettiva, conferire al lavoratore il diritto a richiedere il consolidamento di tale lavoro supplementare, in tutto o in parte, nel proprio orario di lavoro.

Un’altra importante novità era costituita dal fatto che l’effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiedeva il consenso del lavoratore interessato solamente qualora non fosse prevista e regolamentata dal contratto collettivo. Si consideri che invece la normativa previgente al D.Lgs. 276/2003 richiedeva in ogni caso il consenso del lavoratore (principio di volontarietà), con l’importante precisazione che il rifiuto del lavoratore di svolgere lavoro supplementare non poteva costituire infrazione disciplinare né tanto meno motivo di licenziamento. Ne conseguiva che il datore di lavoro poteva solo proporre l’effettuazione di lavoro supplementare, ma l’obbligo di esecuzione dello stesso sorgeva soltanto nel momento in cui il lavoratore avesse accettato la proposta stessa. Invece, con la modifica introdotta dal D.Lgs. 276/2003, perché il datore di lavoro potesse richiedere prestazioni di lavoro supplementare non era più necessario il consenso del lavoratore, che poteva essere sostituito da una previsione in tal senso dei contratti collettivi. Inoltre si confermava che il rifiuto del lavoratore di prestare lavoro supplementare non poteva integrare in alcun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento, ma veniva eliminata la previsione secondo cui il rifiuto non costituiva illecito disciplinare. Ne derivava che il lavoratore, nel caso in cui si rifiutava di svolgere lavoro supplementare richiesto dal datore di lavoro sulla base della contrattazione collettiva, poteva incorrere in una sanzione disciplinare.

Con le modifiche introdotte dal D.Lgs. 276/2003, veniva inoltre modificata la disciplina delle “clausole elastiche” e delle “clausole flessibili”.

In particolare, con la nuova formulazione del comma 7 dell’articolo 3 del D.Lgs. 61/2000, si disponeva che le parti del contratto di lavoro a tempo parziale potevano concordare “clausole flessibili” relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione stessa. L’autonomia contrattuale delle parti incontrava un limite esclusivamente nell’eventuale previsione, nei contratti collettivi, di condizioni e modalità per la modifica della collocazione temporale della prestazione lavorativa. Si consideri che invece il testo previgente del D.Lgs. 61/2000 attribuiva un ruolo “autorizzatorio” alla contrattazione collettiva, nel senso che le “clausole flessibili” dovevano necessariamente essere previste e regolamentate dalla contrattazione collettiva (anche decentrata). Pertanto, con la modifica della disposizione in questione operata dal D.Lgs. 276/2003, si indeboliva in proposito il ruolo della contrattazione collettiva, il cui intervento diventava eventuale e volto esclusivamente a porre condizioni e limiti all’autonomia contrattuale individuale.

Si prevedeva inoltre che nei rapporti di lavoro a tempo parziale verticali o misti potevano essere stabilite anche “clausole elastiche” relative alla variazione in aumento della prestazione lavorativa. Si trattava di una novità rispetto al D.Lgs. 61/2000, come successivamente modificato, che riconosceva legittimità solamente alle clausole flessibili relative alla collocazione temporale della prestazione lavorativa.

Anche per le “clausole elastiche” spettava alla contrattazione collettiva porre condizioni e modalità (e i limiti massimi di variabilità) in relazione alle quali il datore di lavoro può variare in aumento la durata della prestazione lavorativa.

Riformulando il comma 8 dell’articolo 3 del D.Lgs. 61/2000, si dispone che l’utilizzazione da parte del datore di lavoro delle clausole flessibili o delle clausole elastiche richiedeva, nei confronti del lavoratore, un preavviso di almeno due giorni lavorativi, peraltro derogabile dalle parti, nonché il diritto a specifiche compensazioni, nella misura stabilita dai contratti collettivi. Invece il precedente testo del comma 8 dell’articolo 3 prevedeva un preavviso di almeno 10 giorni e il diritto ad una maggiorazione retributiva.

Rispetto alla previgente disciplina, era stata eliminata la possibilità di denunciare il patto in questione, secondo specifiche modalità. Pertanto, con l’eliminazione della possibilità di denuncia, il lavoratore, una volta firmato il patto scritto relativo alle clausole elastiche o flessibili, non avrebbe potuto più sottrarsi alla richiesta del datore di lavoro di variazione della collocazione temporale della prestazione o di variazione della durata della prestazione, anche se fossero subentrati gravi motivi di salute o di carattere familiare.

Con la riforma del D.Lgs. 276/2003 si era provveduto inoltre a riformulare l’articolo 5 del D.Lgs. 61/2000, nel senso soprattutto di ridurre alcuni obblighi del datore di lavoro.

In primo luogo, relativamente al comma 1, si prevedeva che la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale sarebbe dovuto avvenire su accordo delle parti risultante da atto scritto, convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente per territorio. Si consideri che, rispetto alla normativa previgente, veniva eliminata la possibilità, in alternativa alla convalida, dell’assistenza di un sindacalista nella redazione dell’atto scritto[157].

Di notevole rilievo la modifica relativa al comma 2 dell’articolo 5. Si disponeva infatti che il contratto individuale potesse prevedere, nel caso di assunzione di personale a tempo pieno, un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attività presso unità produttive site nello stesso ambito comunale. Si consideri che invece la normativa previgente prevedeva ex lege il diritto di precedenza in favore dei lavoratori a tempo parziale di trasformare il loro rapporto a tempo pieno in caso di nuove assunzioni. Pertanto un diritto stabilito ex lege veniva “degradato” ad una mera possibilità di previsione contrattuale individuale. Del resto tale modifica appariva rispettosa della delega, potendo rientrare nel principio di delega di cui alla lettera e) dell’articolo 3 della L. 30/2003, che autorizzava l’abrogazione o integrazione di ogni disposizione in contrasto con l’obiettivo della incentivazione del lavoro a tempo parziale, naturalmente nel rispetto della normativa comunitaria[158].

Il comma 4 dell’articolo 5, nel testo introdotto dal DLgs. 276/2003, rinvia ad una futura riforma del sistema degli incentivi all’occupazione per la concessione di incentivi economici all’utilizzo del lavoro a tempo parziale.

Si consideri che invece il previgente comma 4 dell’articolo 5 prevedeva la possibilità di concedere agevolazioni contributive per l’utilizzo del contratto a tempo indeterminato e parziale ad incremento degli organici esistenti, affidando tale compito ad un decreto del Ministro del lavoro. All’uopo era stato emanato il D.M. 12 aprile 2000, che riconosceva, per i contratti di lavoro a tempo indeterminato e parziale stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ed entro il 30 giugno 2000, per la durata di un triennio, una riduzione dell'aliquota contributiva a carico dei datori di lavoro privati imprenditori e non imprenditori e degli enti pubblici economici dovuta all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, a condizione che i contratti stessi fossero stipulati con soggetti privi di occupazione, ad incremento degli organici esistenti calcolati con riferimento alla media degli occupati nei dodici mesi precedenti la stipula dei contratti medesimi, pari:

a)    a 7 punti percentuali, con orario di lavoro settimanale pari o superiore a 20 ore e non superiore a 24 ore;

b)    a 10 punti percentuali, con un orario di lavoro settimanale superiore a 24 ore e non superiore a 28 ore. La misura della riduzione di cui alla lettera b) era incrementata di 3 punti percentuali nel caso che l'orario di lavoro settimanale previsto fosse superiore alle 28 ore, ma non superiore comunque a 32 ore.

I benefici di cui al decreto ministeriale in questione, riguardando i contratti stipulati entro il 31 dicembre 2000, non sono più operativi.

 

La riforma di cui al D.Lgs. 276/2003 ha disposto inoltre l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 6 del D.Lgs. 61/2000.

Si consideri che l’articolo 6, comma 1, dispone che, qualora si renda necessario accertare la consistenza dell’organico, i lavoratori a tempo parziale sono computati in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno.

Invece il previgente comma 2 dell’articolo 6 prevedeva un’eccezione a tale principio, disponendo che i lavoratori a tempo parziale si computassero come unità intere ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al Titolo III della L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori), relative all’attività sindacale.

Pertanto con la modifica in questione si è eliminata tale eccezione, unificando in criterio di computo dei lavoratori a tempo parziale[159].

La riforma ha soppresso inoltre il previgente articolo 7 del D.Lgs. 61/2000, secondo cui le modalità di applicazione del medesimo decreto legislativo ai rapporti di lavoro del settore agricolo dovevano essere determinate dai contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi[160].

Si consideri infine che il D.Lgs. 276/2003 ha disposto la soppressione della previsione, di cui all’articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 61/2000, secondo cui il datore di lavoro era tenuto a dare comunicazione dell'assunzione a tempo parziale alla direzione provinciale del lavoro competente per territorio mediante invio di copia del contratto entro trenta giorni dalla stipulazione dello stesso.

 

In primo luogo, la disposizione in esame introduce (lettere a), b) e c)) una serie di modifiche all’articolo 3 del D.Lgs. 61 del 2000, con riferimento alle “clausole flessibili” (relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione di lavoro a tempo parziale) ed alle “clausole elastiche” (relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa nei rapporti di lavoro a tempo parziale verticali o misti), disciplinate dai commi da 7 a 9 del medesimo articolo 3.

Si ricorda che il previgente testo del comma 7 dell’articolo 3 del D.Lgs. 61 del 2000, così come sostituito dal D.Lgs. 276 del 2003, disponeva che le parti del contratto individuale di lavoro a tempo parziale potessero concordare autonomamente le “clausole flessibili” e le “clausole elastiche”, mentre l’autonomia contrattuale delle parti incontrava un limite esclusivamente nell’eventuale previsione, nei contratti collettivi, di condizioni e modalità per la modifica della collocazione temporale della prestazione lavorativa, di condizioni e modalità per la variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa nonché di limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa.

Invece con le modifiche introdotte dalla disposizione in esame (lettera a)), per quanto riguarda sia le “clausole flessibili” sia le “clausole elastiche”, si attribuisce un ruolo “autorizzatorio” alla contrattazione collettiva, nel senso che tali clausole possono essere previste e regolamentate solamente dalla contrattazione collettiva (e quindi non più autonomamente dalle parti del contratto individuale di lavoro).

Si dispone infatti che spetta alla contrattazione collettiva stabilire eventualmente “clausole flessibili” relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa, nonché (nel part-time di tipo verticale o misto) “clausole elastiche” relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa. Nel caso in cui i contratti collettivi addivenissero all’introduzione di tali clausole, peraltro, i medesimi contratti collettivi stabiliscono le condizioni e modalità per la modifica della collocazione temporale della prestazione lavorativa, di condizioni e modalità per la variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa nonché di limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa.

In sostanza, con la modifica introdotta alla disciplina delle “clausole flessibili” e delle “clausole elastiche”, tali clausole possono essere introdotte e disciplinate esclusivamente dalla contrattazione collettiva e non più autonomamente dalle parti del singolo contratto individuale di lavoro.

 

La lettera b) interviene sul comma 8 dell’articolo 3 del D.Lgs. 61 del 2000.

Si ricorda che il previgente testo del comma 8 prevedeva che l’utilizzazione da parte del datore di lavoro delle “clausole flessibili” o delle “clausole elastiche” richiedeva, nei confronti del lavoratore, un preavviso di almeno due giorni lavorativi, peraltro derogabile dalle parti, nonché il diritto a specifiche compensazioni, nella misura stabilita dai contratti collettivi.

Rispetto al testo previgente, in primo luogo viene introdotta dalla disposizione in esame una modifica di coordinamento, consequenziale alla modifiche disposte al comma 7 del medesimo articolo dalla su considerata lettera a), precisandosi che il datore di lavoro può avvalersi delle clausole flessibili o le clausole elastiche solamente nel caso in cui tale utilizzazione sia “autorizzata” dalla contrattazione collettiva e comunque attenendosi ai termini, condizioni e modalità stabilite dai contratti collettivi.

Inoltre, con una modifica più sostanziale, si allunga la durata del preavviso in favore del lavoratore, prevedendosi che tale preavviso deve essere di almeno cinque giorni lavorativi.

 

Infine, con la disposizione di cui alla lettera c),si dispone l’abrogazione del comma 2-ter dell’articolo 8 del D.Lgs. 61 del 2000. Tale abrogazione appare consequenziale alla modifiche disposte al comma 7 del medesimo articolo 8 dalla su considerata lettera a).

Si ricorda infatti che il citato comma 2-ter disponeva che, in assenza di contratti collettivi, il datore di lavoro e il prestatore di lavoro potevano concordare direttamente l'adozione di clausole elastiche o flessibili.

 

La lettera d)è volta a sostituire il testo dell’articolo 12-bis del D.Lgs 61 del 2000, recante disposizioni in materia di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale per i lavoratori affetti da patologie oncologiche.

Nella nuova formulazione dell’articolo 12-bis, viene sostanzialmente confermata, al comma 1, la norma di cui al precedente testo del medesimo articolo, che prevede il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale (verticale od orizzontale), per quei lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una apposita commissione medica. L’unica modifica consiste nella precisazione che la norma è diretta sia ai lavoratori del settore pubblico sia a quelli del settore privato.

 

Al medesimo articolo 12-bis vengono inoltre aggiunti due ulteriori commi, con i quali si prevede la priorità della trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale nelle seguenti fattispecie:

§         al comma 2, nei casi di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che assuma connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della L. 104 del 1992[161], con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, secondo quanto previsto dalla nuova tabella indicativa delle percentuali d'invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti di cui al D.M. 5 febbraio 1992[162];

 

Si ricorda che il nostro ordinamento riconosce ai lavoratori che forniscono assistenza a determinati soggetti portatori di handicap con caratteristiche di gravità specifiche fattispecie di permessi lavorativi o di congedi, retribuiti o meno.

In particolare, l’articolo 33 del D.Lgs. 151/2001[163] dispone che la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre di minore con handicap in situazione di gravità accertata abbiano diritto al prolungamento fino a tre anni del congedo parentale di cui all’articolo 32 del medesimo decreto, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati (comma 1). In alternativa al prolungamento del congedo possono essere fruiti i riposi retribuiti di due ore giornaliere di cui all'articolo 42, comma 1, dello stesso D.Lgs. 151/2001, che a sua volta richiama l’articolo 33 della L. 104/1992 (comma 2). Il richiamato articolo 33, comma 2, della L. 104/1992 prevede appunto che la lavoratrici madre o, in alternativa, il lavoratore padre possano chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.

Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino, ai sensi dell’articolo 33, comma 3, della L. 104/1992 (richiamato dall’articolo 42 del D.Lgs. 151/2001), la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre di minore con handicap in situazione di gravità, nonché i soggetti che assistano una persona con handicap in situazione di gravità, parente o affine entro il terzo grado, convivente, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile coperti da contribuzione figurativa, fruibili anche in maniera continuativa, a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno.

Ai sensi dell’articolo 4 della L 53/2000[164], la lavoratrice e il lavoratore titolari di rapporto di lavoro subordinato pubblico o privato, hanno diritto ad un permesso retribuito di 3 giorni lavorativi all'anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado o del convivente. In alternativa, nei casi di documentata grave infermità, il lavoratore e la lavoratrice possono concordare con il datore di lavoro diverse modalità di espletamento dell'attività lavorativa (comma 1). Inoltre, i dipendenti titolari di rapporto di lavoro subordinato pubblico o privato, possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, fra i quali rientrano specifiche patologie[165], un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni nell’arco della vita lavorativa. Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo non è computato nell'anzianità di servizio né ai fini previdenziali; il lavoratore può procedere al riscatto, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria (comma 2).

Infine l’articolo 42, comma 5, del citato D.Lgs. 151/2001 dispone che la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità di cui all'articolo 3, comma 3, della L. 104/1992, e che abbiano titolo a fruire dei benefici di cui all'articolo 33, comma 1, dello stesso D.Lgs. 151/2001 e all'articolo 33, commi 2 e 3, della richiamata L. 104/1992, per l'assistenza del figlio, hanno diritto a fruire del congedo di cui all’articolo 4, comma 2, della L. 53/2000 (previsto a favore dei lavoratori che abbiano gravi documentati motivi familiari: cfr. supra)), cioè un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni, entro 60 giorni dalla richiesta. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa; l'indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di lire 70 milioni annue (pari a euro 36.151,98 annui) per il congedo di durata annuale.

 

§         al comma 3, in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice con figlio convivente di età non superiore agli anni tredici o con figlio convivente portatore di handicap secondo quanto previsto all’art. 3 della L. 104 del 1992.

 

La L. 104/1992, nel dettare i principi dell'ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza della persona portatrice di handicap, all’articolo 3 individua quest’ultima come colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione (comma 1).

Si riconosce alla persona portatrice di handicap il diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative (comma 2)

Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità (comma 3).

Vengono previsti numerosi interventi, con priorità per le persone con handicap in situazione di gravità, volti all’assistenza nonché all’inserimento ed integrazione sociale e lavorativa del disabile, rendendo effettivo il riconoscimento di una serie di diritti, quali il diritto all’educazione ed all’istruzione.

Tra l’altro, la persona maggiorenne con handicap in situazione di gravità, ai sensi dell’articolo 33, comma 6, della L. 104/1992, può usufruire alternativamente di due ore di permesso giornaliero retribuito o di tre giorni di permesso mensile retribuito, ha diritto a scegliere ove possibile la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede senza il suo consenso.

 

Infine, con la disposizione di cui alla lettera e), viene aggiunto al D.Lgs. 61 del 2000, dopo l’articolo 12-bis, il nuovo articolo 12-ter, con il quale si prevede il diritto di precedenza per il lavoratore che abbia trasformato il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro part-time, nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di quelle equivalenti a quelle oggetto del rapporto di lavoro part-time.


Abrogazione dell'istituto del lavoro intermittente (comma 45)

 


45. Gli articoli da 33 a 40 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono abrogati.


 

Il comma 45 dell’articolo 1 abroga gli articoli da 33 a 40 del D.Lgs. 276 del 2003[166], che disciplinavano il c.d. lavoro intermittente (o a chiamata).

 

Il D.Lgs. 276/2003, in attuazione del principio di delega di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a) della L. 30/2003, aveva introdotto il nuovo istituto del lavoro intermittente (o a chiamata), definito (dall’articolo 33) come il contratto di lavoro (anche a tempo determinato) mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa secondo determinate modalità e in determinate limiti (stabiliti dal successivo articolo 34).

Il lavoro a chiamata è una formula contrattuale nota nei mercati del lavoro anglosassoni (job on call). In Italia, già prima dell’introduzione della relativa disciplina da parte del D.Lgs. 276/2003, era stato effettuato senza successo – da parte di una importante industria – un tentativo di introdurlo attraverso un accordo ad hoc con le organizzazioni sindacali[167].

Ai sensi dell’articolo 34, spettava ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale individuare le possibilità di conclusione di contratti di lavoro intermittente.

Si prevedeva tuttavia che il contratto di lavoro intermittente potesse essere in ogni caso utilizzato, nel caso di lavoratori con meno di 25 anni di età ovvero con più di 45 anni di età, anche se pensionati.

Il comma 3 elencava una serie di fattispecie nelle quali non poteva utilizzarsi il contratto in esame:

§       nel caso di sostituzione di lavoratori in sciopero;

§       salva diversa previsione dei contratti collettivi, nel caso di unità produttive che nei sei mesi precedenti avessero effettuato licenziamenti collettivi o presso cui fosse operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessassero lavoratori con analoghe mansioni;

§       nel caso di aziende che non avessero effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. 626/1994[168].

L’articolo 35 si occupava della forma del contratto e delle comunicazioni. Il contratto, da redigere in forma scritta ad probationem, doveva contenere i seguenti elementi:

§       indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, previste dall’articolo 34 che consentono la stipulazione del contratto;

§       luogo e la modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo;

§       il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista, nei limiti di cui al successivo articolo 36;

§       indicazione delle forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della prestazione;

§       i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;

§       le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.

Nell’indicare gli elementi di cui sopra, le parti dovevano naturalmente attenersi alle previsioni dei contratti collettivi (comma 2).

Inoltre il datore di lavoro era tenuto ad informare annualmente (a meno che i contratti collettivi non contessero “previsioni più favorevoli”) le rappresentanze sindacali aziendali, ove presenti, sull’andamento del ricorso al lavoro intermittente(comma 3)[169].

L’articolo 36 disciplinava specificamente il caso in cui fosse espressamente garantita, da parte del lavoratore, la disponibilità allo svolgimento di prestazioni di carattere intermittente su richiesta del datore di lavoro. In tal caso nel contratto di lavoro doveva essere prevista la misura della indennità mensile di disponibilità, stabilità dai contratti collettivi. Veniva in ogni caso previsto un limite minimo, stabilito con decreto del Ministro del lavoro, sentite le associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative (comma 1). In attuazione di tale disposizione era stato emanato il D.M. 10 marzo 2004[170], il quale prevedeva che la misura dell'indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali lo stesso garantisce la disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione, fosse determinata nel 20% della retribuzione prevista dal CCNL applicato.

L’articolo 36 del D.Lgs. 276/2003 prevedeva inoltre che sull’indennità di disponibilità i contributi previdenziali fossero versati per l’effettivo ammontare, senza considerare eventuali minimali contributivi (comma 2) e che l’indennità fosse esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo (indennità di disoccupazione, trattamento di fine rapporto, ecc.) (comma 3).

Nel caso di malattia o altro impedimento alla chiamata, il lavoratore avrebbe dovuto informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento. In tale periodo di temporanea impossibilità non spettava l’indennità di disponibilità (comma 4).

Nel caso in cui il lavoratore non si fosse attivato tempestivamente, avrebbe perso il diritto all’indennità di disponibilità per quindici giorni, salva diversa previsione del contratto individuale di lavoro (comma 5).

Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata del datore di lavoro poteva determinare la risoluzione del contratto, la perdita dell’indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto, nonché il risarcimento del danno (comma 6).

L’articolo 37 si occupava del lavoro intermittente per particolari periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno, con una disposizione che presentava elementi di non univoca interpretazione. In particolare si prevedeva che in tali casi l’indennità di disponibilità fosse corrisposta al prestatore di lavoro solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro.

L’articolo 38 delineava lo status economico-giuridico del lavoratore intermittente. In particolare:

§       al lavoratore veniva garantito, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo non inferiore rispetto a quello dei lavoratori subordinati, a parità di mansioni;

§       era prevista la ridefinizione del trattamento economico-giuridico, in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita;

§       per tutto il periodo in cui il lavoratore restava disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, non era titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati (malattia, anzianità, trattamento di fine rapporto), a parte l’indennità di disponibilità.

L’articolo 39 precisava che il prestatore di lavoro intermittente non era computato nell’organico dell’impresa ai fini dell’applicazione di disposizioni di legge o di contratto collettivo, fatta eccezione per quelle relative alla materia dell’igiene e della sicurezza sul lavoro. In sostanza con tale disposizione si voleva evitare che l’utilizzo di tale forma di lavoro potesse essere disincentivata dal computo del lavoratore intermittente nell’organico dell’impresa, con il conseguente superamento del limite numerico di dipendenti da cui deriva l’applicazione di una serie di istituti lavoristici e previdenziali.

Infine, l’articolo 40 era volto a rendere possibile la concreta utilizzazione dello schema contrattuale del lavoro intermittente anche nel caso in cui la contrattazione collettiva non intervenisse a determinare i casi e i limiti di utilizzabilità di tale schema contrattuale. In tale caso era previsto che, decorsi cinque mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo, il Ministro del lavoro, su richiesta delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative o delle associazioni datoriali firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro, individuava in via provvisoria, con decreto, i casi di ammissibilità del lavoro intermittente. In attuazione di tale disposizione era stato emanato il D.M. 23 ottobre 2004[171]. Tale decreto ammetteva la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al R.D. 2657/1923[172].

 

Dalla disposizione in esame, secondo la relazione tecnica allegata al ddl originario, non derivano oneri per la finanza pubblica.


Abolizione dell'istituto della somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (comma 46)

 


46. È abolito il contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato di cui al titolo III, capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni.


 

Il comma 46 dell’articolo 1 dispone l’abolizione del contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato disciplinato dal Titolo III, Capo I, del D.Lgs 276 del 2003.

 

Il contratto di somministrazione di lavoro, introdotto come detto dal D.Lgs. 276/2003, può essere concluso da ogni soggetto (utilizzatore) che si rivolga ad altro soggetto (somministratore) a ciò autorizzato dal Ministero del lavoro.

Il contratto di somministrazione in sostanza sostituisce il contratto di fornitura di lavoro interinale (la cui disciplina viene contestualmente abrogata). Pertanto le agenzie di somministrazione hanno preso il posto delle vecchie agenzie di lavoro temporaneo.

La normativa previgente alla L. 247/2007 prevedeva che il contratto di somministrazione potesse essere concluso a termine o a tempo indeterminato.

La somministrazione a tempo indeterminato era uno strumento contrattuale inedito per l'Italia, ma molto diffuso negli Stati Uniti fin dai primi anni ’80. Con tale istituto sostanzialmente si introduceva anche nell’ordinamento italiano il cosiddetto leasing di manodopera (staff leasing), grazie al quale le aziende potevano "affittare" la forza-lavoro anche a tempo indeterminato e non solo a termine. Invece, con il contratto di fornitura di lavoro interinale di cui alla L. 196/1997, l’impresa fornitrice metteva a disposizione dell’impresa utilizzatrice un lavoratore solamente per esigenze lavorative di carattere temporaneo.

Si consideri tuttavia che l’articolo 20 del D.Lgs. 276/2003 prevedeva una tassativa elencazione delle attività per le quali è legittima la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, in presenza di ragioni di carattere tecnico, organizzativo o produttivo. Si trattava in particolare delle seguenti attività:

§         servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la progettazione e manutenzione di reti intranet e extranet, siti internet, sistemi informatici, sviluppo di software applicativo, caricamento dati;

§         servizi di pulizia, custodia, portineria;

§         servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e di trasporto e movimentazione di macchinari e merci;

§         gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché servizi di economato;

§         attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale;

§         attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale;

§         gestione di call-center, nonché avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1 di cui al regolamento (CE) n. 1260/1999 del 21 giugno 1999 del Consiglio, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali;

§         costruzioni edilizie all'interno degli stabilimenti, per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive, con specifico riferimento all'edilizia e alla cantieristica navale, le quali richiedano più fasi successive di lavorazione, l'impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell'impresa.

 

La somministrazione a tempo indeterminato era inoltre lecita in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative.

Nel caso della somministrazione a tempo determinato, invece, viene superata la precedente impostazione restrittiva che rendeva possibile la fornitura di lavoro temporaneo solamente nel casi previsti tassativamente dalla legge o dalla contrattazione collettiva. Pertanto la somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa ogniqualvolta ricorrano ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore. Si affida alla contrattazione collettiva il compito dell’eventuale individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato.

L’articolo 20, inoltre, elenca una serie di fattispecie nelle quali è vietata l’utilizzazione del contratto di somministrazione:

§         nel caso di sostituzione di lavoratori in sciopero;

§         salva diversa previsione dei contratti collettivi, nel caso di unità produttive che nei sei mesi precedenti abbiano effettuato licenziamenti collettivi[173] o presso cui sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori con analoghe mansioni;

§         nel caso di aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del D.lgs. 626/1994[174].

 

Il successivo articolo 21 dispone che il contratto di somministrazione deve essere concluso in forma scritta (ad substantiam) e deve contenere una serie di elementi (per esempio, numero dei lavoratori interessati e loro mansioni, durata, motivi di interesse aziendale, luogo, orario e trattamento economico, assunzione reciproca degli obblighi contrattuali). La mancanza della forma scritta o la mancata indicazione di alcuni elementi essenziali determina la nullità del contratto di somministrazione, con la conseguenza che i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.

Per quanto concerne in generale il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore, per i contratti di lavoro a tempo indeterminato, l’articolo 22 conferma l’applicazione della disciplina civilistica e delle leggi speciali vigenti, mentre per i contratti di lavoro a tempo determinato si applicano le disposizioni del D.Lgs. 368 del 2001 in materia di lavoro a tempo determinato

Nell’ipotesi di somministrazione a tempo determinato, nel caso in cui il prestatore sia stato assunto dall’agenzia di somministrazione con contratto stipulato a tempo indeterminato, nel medesimo è precisato l’ammontare dell’indennità mensile di disponibilità, corrisposta dal somministratore per i periodi in cui il lavoratore rimane in attesa di assegnazione. La misura di tale indennità è fissata dal contratto collettivo e comunque non può essere inferiore alla misura prevista con decreto ministeriale. Si precisa che l’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo (quindi non concorre alla determinazione della tredicesima mensilità o al trattamento di fine rapporto).

All’articolo 23, oltre a prevedersi un obbligo in solido tra somministratore ed utilizzatore per quanto riguarda la corresponsione ai lavoratori dei trattamenti retributivi e dei contributi previdenziali, si prevedono alcune tutele per i lavoratori dal punto di vista economico e retributivo, della sicurezza sul lavoro e dell’esercizio del potere disciplinare riservato al somministratore.

L’articolo 24 dispone che ai lavoratori delle imprese di somministrazione si applicano i diritti sindacali di cui allo Statuto dei lavoratori, alla stregua di tutti i lavoratori subordinati a tempo indeterminato. Il lavoratore può esercitare liberamente, anche presso l’utilizzatore, le libertà sindacali e può partecipare alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici.

Ai lavoratori che dipendono da uno stesso somministratore ma lavorano presso diversi utilizzatori compete uno specifico diritto di riunione secondo la normativa vigente, con le modalità stabilite dalla contrattazione.

Inoltre l’utilizzatore è tenuto a comunicare alle rappresentanze sindacali aziendali il numero e i motivi dei contratti di somministrazione conclusi, la durata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati. In mancanza delle r.s.a. tale comunicazione va indirizzata alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano sindacale.

L’articolo 25 pone a carico del somministratore il versamento degli oneri contributivi (previdenziali ed assistenziali), nonché quelli relativi all’assicurazione contro gli infortuni. A tal fine il somministratore viene inquadrato nel settore terziario, tranne nel caso in cui i lavoratori prestino la loro opera nel settore agricolo o nel lavoro domestico dove sono applicate le discipline di settore.

Per quanto concerne la responsabilità civile per i danni arrecati a terzi nell’esercizio dell’attività lavorativa, ai sensi dell’articolo 2049 del c.c., l’articolo 26precisa che ne risponde il soggetto utilizzatore, poiché esercita nel concreto il potere direttivo nei confronti del lavoratore.

In caso di somministrazione irregolare di lavoro, ovvero quando non siano state rispettate le condizioni per la stipula del contratto di somministrazione (cfr. articolo 20) o non siano state indicati alcuni elementi che configurano il rapporto di lavoro, l’articolo 27stabilisce che il lavoratore possa adire le vie legali per richiedere l’instaurazione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore con decorrenza fin dall’inizio della somministrazione. Il giudizio dovrà riguardare solo l’accertamento della irregolarità del contratto, senza entrare nel merito delle scelte organizzative o produttive.

Nell’eventualità di somministrazione di lavoro fraudolenta con l’intento di eludere disposizioni legislative o contrattuali inderogabili, l’articolo 28 prevede – oltre alle sanzioni pecuniarie indicate all’articolo 18 del D.Lgs. 276/2003 – l’irrogazione di una sanzione pecuniaria di 20 euro, a carico sia del somministratore sia dell’utilizzatore, per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.


Tipologie specifiche di lavoro nei settori del turismo e dello spettacolo (commi 47-50)

 


47. Al fine di contrastare il possibile ricorso a forme di lavoro irregolare o sommerso per sopperire ad esigenze di utilizzo di personale per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo nel settore del turismo e dello spettacolo, i relativi contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale possono prevedere la stipula di specifici rapporti di lavoro per lo svolgimento delle predette prestazioni durante il fine settimana, nelle festività, nei periodi di vacanze scolastiche e per ulteriori casi, comprese le fattispecie già individuate ai sensi dell’articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368.

48. I contratti collettivi di cui al comma 47 disciplinano, in particolare:

a) le condizioni, i requisiti e le modalità dell’effettuazione della prestazione connesse ad esigenze oggettive e i suoi limiti massimi temporali;

b) il trattamento economico e normativo spettante, non inferiore a quello corrisposto ad altro lavoratore per le medesime mansioni, riproporzionato alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita;

c) la corresponsione di una specifica indennità di disponibilità nel caso sia prevista una disponibilità del lavoratore a svolgere, in un arco temporale definito, la prestazione.

49. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori di cui al comma 47, sono definite le modalità per lo svolgimento in forma semplificata degli adempimenti amministrativi concernenti l’instaurazione, la trasformazione e la cessazione di rapporti di lavoro di cui ai commi da 47 a 50, nonchè criteri e disposizioni specifiche per disciplinare in particolare i profili previdenziali dell’eventuale indennità di cui al comma 48.

50. Decorsi due anni dall’emanazione delle disposizioni contrattuali di cui al comma 47, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale procede con le organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi alla loro verifica, con particolare riferimento agli effetti in termini di contrasto del lavoro sommerso e di promozione del lavoro regolare nei settori interessati.


 

I commi da 47 a 50 dell’articolo 1 istituiscono una disciplina relativa alle prestazioni di carattere discontinuo nel settore del turismo e dello spettacolo.

Tale disciplina, al fine di contrastare il possibile ricorso a forme di lavoro irregolare o sommerso per sopperire ad esigenze di utilizzo di personale per lo svolgimento di prestazioni nei settori richiamati, prevede la facoltà di instaurare, nei relativi contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, specifici rapporti di lavoro per lo svolgimento delle predette prestazioni durante il fine settimana, nelle festività, nei periodi di vacanza scolastiche e per ulteriori casi, comprese le fattispecie già individuate ai sensi dell’articolo 10, comma 3, del D.Lgs. 368 del 2001[175] (comma 47).

 

Il richiamato articolo 10 tratta delle fattispecie escluse dal campo di applicazione del D.Lgs. 368/2001. In particolare il comma 3 ammette l'assunzione diretta di manodopera, nei settori del turismo e dei pubblici esercizi, per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni (cd. “lavoro extra e di surroga”), determinata dai contratti collettivi stipulati con i sindacati locali o nazionali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare l'avvenuta assunzione ai servizi per l'impiego entro 5 giorni. Viene precisato infine che tali rapporti sono appunto esclusi dal campo di applicazione del D.Lgs. 368/2001.

 

Ai sensi del successivo comma 48, i contratti collettivi in precedenza richiamati disciplinano, in particolare:

§         le condizioni, i requisiti e le modalità dell’effettuazione della prestazione connesse ad esigenze oggettive ed i suoi limiti massimi temporali (lettera a));

§         il trattamento economico e normativo spettante, non inferiore a quello corrisposto ad altro lavoratore per le medesime mansioni, riproporzionato alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita (lettera b));

§         la corresponsione di una specifica indennità di disponibilità nel caso sia prevista una disponibilità del lavoratore a svolgere, in un arco temporale definito, la prestazione (lettera c)).

 

Le modalità per lo svolgimento in forma semplificata degli adempimenti amministrativi concernenti l’instaurazione, la trasformazione e la cessazione dei rapporti di lavoro in oggetto, sono definite, ai sensi del comma 49, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori in precedenza richiamate. Lo stesso decreto disciplina altresì i criteri e le disposizioni specifiche riguardanti, in particolare, i profili previdenziali dell’eventuale indennità di disponibilità in precedenza richiamata.

Al riguardo, si segnala che la disposizione in esame non stabilisce il termine entro il quale il previsto decreto debba essere emanato.

 

Infine, il comma 50 prevede una verifica, da parte del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, delle disposizioni della contrattazione collettiva in precedenza richiamate, decorsi due anni dall’emanazione delle stesse, con particolare riferimento agli effetti in termini di contrasto al lavoro sommerso e di promozione del lavoro regolare nei settori interessati .


Interventi per il settore dell'edilizia (commi 51-53)

 


51. Il comma 5 dell’articolo 29 del decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 341, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«5. Entro il 31 maggio di ciascun anno il Governo procede a verificare gli effetti determinati dalle disposizioni di cui al comma 1, al fine di valutare la possibilità che, con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro il 31 luglio dello stesso anno, sia confermata o rideterminata per l’anno di riferimento la riduzione contributiva di cui al comma 2. Decorsi trenta giorni dalla predetta data del 31 luglio e sino all’adozione del menzionato decreto, si applica la riduzione determinata per l’anno precedente, salvo conguaglio da parte degli istituti previdenziali in relazione all’effettiva riduzione accordata ovvero nel caso di mancata adozione del decreto stesso entro e non oltre il 15 dicembre dell’anno di riferimento».

52. In caso di rapporto di lavoro a tempo parziale, il datore di lavoro nel settore edile comunica all’Istituto nazionale della previdenza sociale l’orario di lavoro stabilito.

53. All’articolo 5, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Non sono inoltre tenuti all’osservanza dell’obbligo di cui all’articolo 3 i datori di lavoro del settore edile per quanto concerne il personale di cantiere e gli addetti al trasporto del settore».


 

I commi da 51 a 53 dell’articolo 1 recano disposizioni concernenti interventi per il settore dell’edilizia.

Il comma 51, in particolare, modifica il comma 5 dell’articolo 29 del D.L. 244 del 1995[176], concernente la retribuzione minima imponibile ai fini previdenziali ed assistenziali nel settore edile.

 

Il citato articolo 29, al comma 1, stabilisce che, a decorrere dal 1° luglio 1995, i datori di lavoro esercenti attività edile, anche se in economia, operanti sul territorio nazionale e individuati da specifici codici ISTAT 1991, assolvono la contribuzione previdenziale ed assistenziale su di una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all'orario di lavoro normale stabilito dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale e dai relativi contratti integrativi territoriali di attuazione, con esclusione delle assenze per malattia, infortuni, scioperi, sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, con intervento della cassa integrazione guadagni, di altri eventi indennizzati e degli eventi per i quali il trattamento economico è assolto mediante accantonamento presso le casse edili[177].

Lo stesso comma prevede altresì la possibilità di individuare altri eventi con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro (attualmente: Ministro dell’economia e delle finanze), sentite le organizzazioni sindacali richiamate.

Sempre lo stesso comma, infine, stabilisce che restano ferme le disposizioni in materia di retribuzione imponibile dettate dall'articolo 12 della L. 153/1969[178], in materia di minimali di retribuzione ai fini contributivi, e quelle di cui all'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989[179].

Il successivo comma 2 dispone che sull'ammontare delle contribuzioni previdenziali ed assistenziali diverse da quelle di pertinenza del FPLD, dovute all'INPS e all'INAIL, per gli operai occupati con un orario di lavoro di 40 ore settimanali, a carico dei datori di lavoro di cui al precedente comma 1, si applica, sino al 31 dicembre 1996, una riduzione pari al 9,50%. Tale agevolazione si cumula con gli sgravi degli oneri sociali per il Mezzogiorno e con l'esonero previsto dall'articolo 2, comma 4, del D.L. 22 marzo 1993, n. 71, convertito dalla L. 20 maggio 1993, n. 151[180], sino a concorrenza di quanto dovuto ai singoli fondi e gestioni.

In ogni caso, ai sensi del comma 3, ai datori di lavoro di cui al comma 1, gli sgravi contributivi per il Mezzogiorno e le riduzioni contributive per fiscalizzazione degli oneri sociali, comprese quelle di cui al comma 2, non possono essere riconosciuti per i lavoratori non denunciati alle casse edili.

Il comma 5, infine, stabiliva che il Governo, entro il 31 marzo di ciascun anno e sino al 31 dicembre 2006, verificasse gli effetti determinati dalle disposizioni relative alle modalità di contribuzione previdenziale ed assistenziale di cui al comma 1, al fine di valutare la possibilità che con apposito decreto ministeriale fosse confermata o rideterminata per l'anno di riferimento la riduzione contributiva di cui al comma 2[181].

 

Il nuovo testo del comma 5, introdotto dalla disposizione in esame, è volto ad introdurre un più efficace meccanismo relativo alla eventuale proroga della riduzione contributiva di cui al comma 2.

In primo luogo, rispetto alla normativa previgente, viene modificato il termine entro cui il Governo procede a verificare gli effetti determinati dalle disposizioni relative alle modalità di assolvimento della contribuzione previdenziale ed assistenziale di cui al comma 1, fissandolo al 31 maggio (e non più al 31 marzo) di ciascun anno.

Inoltre, viene stabilito un termine (31 luglio dello stesso anno) entro cui adottare l’eventuale decreto ministeriale consequenziale a tale verifica, volto a confermare o rideterminare per l’anno di riferimento la menzionata riduzione contributiva.

Si dispone quindi che, se non dovesse essere adottato entro un certo termine (30 giorni dalla predetta data del 31 luglio) il decreto ministeriale con cui eventualmente confermare o rideterminare per l’anno di riferimento la riduzione retributiva, allora continua ad applicarsi temporaneamente, nelle more dell’adozione di tale decreto, una riduzione pari a quella determinata per l’anno precedente, salvo conguaglio finale da parte degli istituti previdenziali (rectius: previdenziali ed assicuratori) in base all’effettivo ammontare della riduzione concessa ovvero nel caso di mancata adozione del medesimo decreto ministeriale entro il 15 dicembre dell’anno di riferimento.

 

Il successivo comma 52 prevede l’obbligo, per il datore di lavoro nel settore edile, in caso di instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo parziale, di comunicare all’INPS l’orario di lavoro stabilito.

 

Il comma 53, infine, novellando l’articolo 5, comma 2, della L. 68/1999[182], esonera dall’obbligo di assunzione di determinate categorie di lavoratori disabili, di cui all’articolo 3 della stessa L. 68 del 1999, i datori di lavoro del settore edile, per quanto concerne il personale di cantiere e gli addetti al trasporto del settore[183].

 

Il richiamato articolo 5 della L. 68/1999 reca disposizioni concernenti le esclusioni, gli esoneri parziali e i contributi esonerativi a favore dei datori di lavoro per quanto attiene l’obbligo di assunzione obbligatoria di soggetti disabili di cui all’articolo 3 della stessa L. 68/1999.

In particolare, ai sensi del comma 2, le esenzioni dall’obbligo di assunzione di determinate categorie di lavoratori disabili, spettano:

§         ai datori di lavoro pubblici e privati che operano nel settore del trasporto aereo, marittimo e terrestre, per quanto concerne il personale viaggiante e navigante;

§         ai datori di lavoro pubblici e privati del solo settore degli impianti a fune, in relazione al personale direttamente adibito alle aree operative di esercizio e regolarità dell'attività di trasporto;

§         ai datori di lavoro pubblici e privati che operano nel settore dell'autotrasporto, per quanto concerne il personale viaggiante. Tale esclusione ha lo scopo espresso di consentire al comparto dell'autotrasporto nazionale di svolgere il servizio in modo competitivo nonché di favorire un maggiore grado di sicurezza nella circolazione stradale, ai sensi del comma 1 dell'articolo 1 della L. 454/1997[184].

 

La relazione tecnica allegata al ddl originario stima che dalle disposizioni in esame non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, “considerato che la concessione del beneficio rimane comunque condizionata alla preventiva verifica del corrispondente aumento del gettito (vale a dire l’aumento della base imponibile tale da compensare la riduzione stessa) e che la possibilità di mantenere la riduzione contribuiva dell’anno precedente (nelle more dell’eventuale adozione del decreto ministeriale di conferma o rideterminazione della riduzione stessa) fa comunque salvo l’eventuale conguaglio, entro l’anno di riferimento, da parte degli Istituti previdenziali”.


competenza alla irrogazione delle sanzioni amministrative relative all’impiego di lavoro irregolare (comma 54)

 


54. All’articolo 36-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, dopo il comma 7 è inserito il seguente:

«7-bis. L’adozione dei provvedimenti sanzionatori amministrativi di cui all’articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, relativi alle violazioni constatate prima della data di entrata in vigore del presente decreto, resta di competenza dell’Agenzia delle entrate ed è soggetta alle disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, ad eccezione del comma 2 dell’articolo 16».


 

Il comma 54 dell’articolo 1 reca disposizioni in materia di competenza alla irrogazione delle sanzioni amministrative relative all’impiego di lavoro irregolare.

In particolare, con la disposizione in esame si introduce un nuovo comma, il 7-bis, all’articolo 36-bisdel D.L. 223 del 2006[185].

 

Il richiamato articolo 36-bis del D.L. 223/2006 ha dettato una serie di misure per contrastare il lavoro sommerso e per promuovere la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro con particolare riferimento al settore dell’edilizia.

In particolare il comma 1 del citato art. 36-bis dispone che, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l’esecuzione dei lavori di cui all’art. 5, comma 1, lettera e) del D.Lgs. 494/1996[186], nonché le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla vigente normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione dell’INPS e dell’INAIL, può disporre la sospensione dei lavoro nell’ambito dei cantieri  edili allorché venga riscontrato l’impiego di personale non assunto regolarmente, poiché non risultante dalla documentazione obbligatoria relativa i lavoratori, in una misura almeno pari al 20 per cento dei lavoratori regolarmente assunti occupati nel cantiere. Lo stesso provvedimento di sospensione dei lavori può essere adottato nel caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di durata massima dell’orario di lavoro, di riposo giornaliero e di riposo settimanale, di cui agli artt. 4, 7 e 9 del D.Lgs. 66/2003[187], e successive modificazioni.

Si dispone altresì che gli uffici del Ministero del lavoro informino con tempestività gli uffici del Ministero delle infrastrutture dell’adozione del provvedimento di sospensione dei lavori, al fine dell’emanazione da parte di questi ultimi di un provvedimento di interdizione alla contrattazione con le PP.AA. e alla partecipazione a gare pubbliche.

Ai sensi del comma 2 del medesimo art. 36-bis la revoca della sospensione dei lavori è condizionato al ripristino della situazione di rispetto sostanziale della disciplina da parte del datore di lavoro. Ciò richiede, nel caso di impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie, la regolare assunzione degli stessi; nel caso di reiterate violazioni alla disciplina relativa all’orario di lavoro, l’accertamento del ripristino delle relative tutele.

Inoltre, i successivi commi del medesimo articolo prevedono le seguenti ulteriori misure:

§         viene disposto che il personale occupato nei cantieri edili venga dotato, a decorrere dal 1° ottobre 2006, di apposita tessera di riconoscimento;

§         si introduce, per i datori di lavoro del settore edile, un obbligo di comunicare l’assunzione di nuovi lavoratori il giorno antecedente all’instaurazione dei relativi rapporti;

§         si limita ai datori di lavoro del settore edile in possesso dei requisiti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva la possibilità di usufruire delle agevolazioni contributive previste dall’art. 29 del D.L. 244/1995[188].

 

Vengono poi introdotte, al comma 7, modifiche alla disciplina delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per il caso di impiego di personale non risultante dalle scritture o dai documenti obbligatori.

In particolare il comma 7 prevede modifiche all’art. 3 del D.L. 12/2002[189], recante Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro irregolare.

In primo luogo (lettera a)) viene riformulato il comma 3 dello stesso art. 3, relativo alle sanzioni amministrative pecuniarie previste per il caso di impiego di personale non risultante dalle scritture o dai documenti obbligatori.

Al fine di rendere più efficace, in termini di deterrenza, la previsione sanzionatoria relativa all’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, il comma 3 prevede la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo.

Inoltre, con la stessa finalità di rendere più rigorosa la disciplina sanzionatoria nel caso di utilizzazione di “lavoro nero”, si prevede che l’importo delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore impiegato irregolarmente non può essere inferiore a 3.000 euro, a prescindere dalla durata della prestazione lavorativa accertata.

La lettera b) del medesimo comma 7, novellando il comma 5 dell’art. 3 del D.L. 12/2002, provvede ad attribuire la competenza all’irrogazione della sanzione amministrativa per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio[190]. Si consideri che invece la previgente formulazione del comma 5 attribuiva al competenza in questione all’Agenzia delle entrate.

 

Il nuovo comma 7-bis prevede che l'adozione dei provvedimenti sanzionatori amministrativi di cui all'articolo 3 del D.L. 12 del 2002, relative alle violazioni constatate prima della entrata in vigore del D.Lgs. 223 del 2006, rimane di competenza dell'Agenzia delle entrate, in luogo della Direzione provinciale del lavoro.

In sostanza, la disposizione è volta a distinguere la competenza sulla irrogazione delle sanzioni amministrative relative all’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie a seconda del momento della constatazione delle medesime violazioni. Per le violazioni constatate prima dell’entrata in vigore del D.L. 223/2206 la competenza viene attribuita all’Agenzia delle entrate, mentre per le violazioni constatate successivamente all’entrata in vigore del D.L. 223/2206 la competenza spetta alla Direzione provinciale del lavoro.

Il comma 7-bis, inoltre, dispone che tale adozione di sanzioni effettuata dall’Agenzia delle entrate sia soggetta alle disposizioni del D.Lgs. 472 del 1997[191], relativo alle sanzioni amministrative comminate per violazioni tributarie, ad eccezione del comma 2 dell'articolo 16 dello stesso D.Lgs. 472.

 

L’articolo 16 del D.Lgs. 472/1997 disciplina il procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie. Il comma 2, in particolare, stabilisce l’obbligo di corredare la notifica con l’indicazione, a pena di nullità, dei fatti attribuiti al trasgressore, degli elementi probatori, delle norme applicate, dei criteri che ritiene di seguire per la determinazione delle sanzioni e della loro entità nonché dei minimi edittali previsti dalla legge per le singole violazioni. Inoltre, se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal trasgressore, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.

 

Si consideri infine che il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248[192], in corso di conversione presso il Senato (A.S. 2013, approvato dalla Camera), all’articolo 7, comma 1, dispone la proroga al 30 giugno 2008 del termine per la notifica dei provvedimenti sanzionatori amministrativi di cui all'articolo 3 del D.L. 12 del 2002, relativi alle violazioni constatate fino al 31 dicembre 2002[193].


Riforma della normativa in materia di disoccupazione agricola
(commi 55-57)

 


55. Per gli operai agricoli a tempo determinato e le figure equiparate, l’importo giornaliero dell’indennità ordinaria di disoccupazione di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modifiche e integrazioni, nonchè dei trattamenti speciali di cui all’articolo 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, e all’articolo 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, è fissato con riferimento ai trattamenti aventi decorrenza dal 1° gennaio 2008 nella misura del 40 per cento della retribuzione indicata all’articolo 1 del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, ed è corrisposto per il numero di giornate di iscrizione negli elenchi nominativi, entro il limite di 365 giornate del parametro annuo di riferimento.

56. Ai fini dell’indennità di cui al comma 55, sono valutati i periodi di lavoro dipendente svolti nel settore agricolo ovvero in altri settori, purchè in tal caso l’attività agricola sia prevalente nell’anno ovvero nel biennio cui si riferisce la domanda.

57. Ai fini del raggiungimento del requisito annuo di 270 contributi giornalieri, valido per il diritto e la misura delle prestazioni pensionistiche, l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) detrae dall’importo dell’indennità di cui al comma 55 spettante al lavoratore, quale contributo di solidarietà, una somma pari al 9 per cento della medesima per ogni giornata indennizzata sino ad un massimo di 150 giornate. Ai fini dell’accredito figurativo utile per la pensione di anzianità restano confermate le norme vigenti.


 

I commi da 55 a 57 dell’articolo 1 recano disposizioni di riforma della normativa in materia di disoccupazione agricola, al fine di rendere omogenee le discipline relative all’indennità ordinaria di disoccupazione e ai trattamenti speciali di disoccupazione per i lavoratori agricoli, con riferimento alla misura e alla durata delle provvidenze erogate.

In particolare, si prevede (comma 55) che per gli operai agricoli a tempo determinato e a tempo indeterminato e le figure equiparate, l’importo giornaliero dell’indennità ordinaria di disoccupazione di cui all'articolo 7, comma 1, del D.L. 86/1988[194], nonché dei trattamenti speciali di disoccupazione per i lavoratori agricoli di cui all’articolo 25 della L. 457 del 1972[195] e all’articolo 7 della L. 37 del 1977[196], per quanto riguarda i trattamenti che decorrono dal 1° gennaio 2008:

§         sia stabilito nella misura del 40% della retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del D.L. 338 del 1989[197], cioè la retribuzione prevista dai contratti collettivi o, se superiore, quella effettivamente spettante in base al contratto individuale di lavoro;

§         sia corrisposto per il numero di giornate di iscrizione negli elenchi nominativi.

 

Per quanto riguarda, in generale, l’istituto dell’indennità ordinaria di disoccupazione cfr. supra la scheda relativa ai commi 25-29 dell’articolo 1 (Interventi in materia di ammortizzatori sociali).

Tale istituto si applica anche, con alcune disposizioni particolari, al settore agricolo, che è stato tuttavia escluso dai miglioramenti introdotti con la L. 388/2000 (legge finanziaria 2001), incidenti sia sulla durata sia sull’importo dell’indennità ordinaria di disoccupazione.

Più in dettaglio, si consideri che l'articolo 1 del D.P.R. 1049/1970[198], sostituendo il comma 1, lett. a), della L. 264/1949[199], ha esteso l’istituto dell’indennità ordinaria di disoccupazione agli operai agricoli, sempre che risultino iscritti negli elenchi nominativi di rilevamento da almeno un anno oltre che per quello per il quale è richiesta l'indennità ed abbiano conseguito nell'anno precedente ed in quello in corso un accredito complessivo di almeno 102 contributi giornalieri. A tal fine, l'articolo 3 dello stesso D.P.R. 1049/1970 consente il cumulo con i periodi lavorativi prestati in attività non agricole.

Per gli operai agricoli, la durata della corresponsione dell'indennità è pari alla differenza tra il numero di 270 giorni ed il numero delle giornate di effettiva occupazione prestate nell'anno, comprese quelle per attività agricole in proprio o coperte da indennità di malattia, infortunio, maternità, e sino al massimo di 180 giornate previste per la generalità dei lavoratori (articolo 32, comma 1, lettera a), della L. 264/1949, nel testo sostituito dall'articolo 1 del D.P.R. 1049/1970).

La misura dell’indennità per gli operai agricoli è pari al 30% della retribuzione di cui all'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989, cioè la retribuzione prevista dai contratti collettivi o, se superiore, quella effettivamente spettante in base al contratto individuale di lavoro.

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 01 del D.L. 2/2006[200], ai commi 4 e 5, ha provveduto ad unificare il regime di calcolo dei contributi previdenziali e delle prestazioni temporanee per tutte le categorie dei lavoratori agricoli (quindi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per i lavoratori a tempo determinato), facendo venir meno la disciplina di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 146/1997[201] (cfr. infra). In particolare, l’articolo 01, commi 4 e 5, del D.L. 2/2006, dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2006, come base per il calcolo dei contributi previdenziali e delle prestazioni temporanee, per tutte le categorie di lavoratori agricoli, sia assunta - come previsto per la generalità dei lavoratori dall'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989, n. 338 - la retribuzione effettivamente spettante in base al contratto individuale di lavoro o, se superiore, quella prevista dai contratti collettivi.

Si consideri che invece, prima della disciplina introdotta dal citato articolo 01, era prevista una distinta disciplina, nel settore agricolo, per i lavoratori a tempo indeterminato (OTI) e per i lavoratori a tempo determinato (OTD)[202].

In base a tale precedente disciplina, già era previsto che per i lavoratori a tempo indeterminato (OTI) la retribuzione da assumere ai fini contributivi era quella individuata secondo le modalità ordinarie valide per tutti i lavoratori dipendenti, corrispondente alla retribuzione effettivamente spettante in base ai contratti collettivi od individuali, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989.

Invece per i lavoratori a tempo determinato (OTD) la precedente disciplina prevedeva un sistema di calcolo dei contributi e delle prestazioni temporanee basato su valori imponibili giornalieri convenzionali. Si consideri tuttavia che, già prima dell’uniformazione disposta dall’articolo 01 del D.L. 2/2006, l’articolo 4 del D.Lgs. 146/1997 aveva previsto, nella prospettiva di un graduale superamento di tale sistema, che, a decorrere dal 1° gennaio 1998, il salario medio convenzionale determinato per il 1996 con D.M. 1° luglio 1996 sulla base delle rilevazioni relative al 1995, restasse cristallizzato, ai fini della contribuzione e delle prestazioni temporanee (malattia, maternità, indennità antinfortunistiche), fino a quando il suo importo non fosse superato, per le singole qualifiche, da quello spettante nelle singole province in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative. Da tale momento la retribuzione imponibile ai fini contributivi sarebbe stata determinata secondo le modalità ordinarie per tutti i lavoratori dipendenti, ovvero, come sopra detto, in base alla retribuzione effettiva, come previsto dall'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989.

 

Per gli operai agricoli a tempo determinato è previsto anche l'istituto del trattamento speciale di disoccupazione di cui all’articolo 25 della L. 8 agosto 1972, n. 457 e all’articolo 7 della L. 16 febbraio 1977, n. 37.

In particolare, ai sensi del richiamato articolo 7 della L. 37/1977 è dovuto, a decorrere dal 1° gennaio 1977, ai lavoratori agricoli a tempo determinato che risultino iscritti negli elenchi nominativi per un numero di giornate di lavoro non inferiore a 101 e non superiore a 150 giornate di lavoro[203], un trattamento speciale di disoccupazione, pari al 40% della retribuzione prevista dai contratti collettivi o, se superiore, di quella effettivamente spettante in base al contratto individuale di lavoro[204]. Tale trattamento è erogato in luogo dell'indennità di disoccupazione loro spettante ai sensi del D.P.R. 1049/1970. Il trattamento speciale è corrisposto per il periodo massimo di 90 giorni nell'anno, osservando le norme vigenti in materia di assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori agricoli

L’articolo 25 della citata L. 457/1972 stabilisce invece che ai lavoratori agricoli a tempo determinato, che abbiano effettuato nel corso dell'anno solare almeno 151 giornate di lavoro, è dovuto, in luogo dell'indennità di disoccupazione loro spettante per lo stesso periodo ai sensi del citato D.P.R. 1049/1970, un trattamento speciale pari al 66% della retribuzione[205] richiamata in precedenza. Anche in questo caso il trattamento speciale è corrisposto per un periodo massimo di 90 giorni nell'anno, osservando le norme vigenti in materia di assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori agricoli.

 

In sostanza, la norma in esame dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2008, una revisione della normativa relativa ai trattamenti di disoccupazione per i lavoratori agricoli, finalizzata a rendere omogenee, per quanto riguarda la misura e la durata delle provvidenze erogate, le differenti discipline attualmente previste (per l’indennità ordinaria di disoccupazione e i trattamenti speciali di disoccupazione per i lavoratori agricoli).

A tal fine viene prevista un’unica misura dei trattamenti di disoccupazione in agricoltura, pari al 40% della retribuzione, mentre attualmente sono previste, come detto, diverse aliquote a seconda del tipo di prestazione: 30% per l’indennità di disoccupazione ordinaria; 40% o 66%, a seconda del numero di giornate di lavoro prestate, per i trattamenti speciali di disoccupazione.

Inoltre, per tutti i trattamenti di disoccupazione si prevede un unico parametro a cui è ancorata la durata dell’erogazione dei trattamenti (iscrizione negli elenchi nominativi, cioè giornate di lavoro effettuate).

Il comma 56 dispone che, ai fini della corresponsione dei trattamenti di disoccupazione per i lavoratori agricoli, sono valutati non solamente i periodi di lavoro subordinato svolti nel settore agricolo, ma anche quelli svolti in altri settori produttivi a condizione che l’attività agricola sia prevalente nel corso dell’anno o del biennio al quale si riferisce la domanda.

Il successivo comma 57 dispone che, al fine del raggiungimento del requisito annuo di 270 contributi giornalieri, valido per il diritto e la misura dei trattamenti pensionistici, dall’importo dei trattamenti di disoccupazione sia trattenuto dall’INPS un contributo di solidarietà pari al 9% del medesimo importo per ogni giornata indennizzata sino ad un “tetto” di 150 giornate.

Infine, viene precisato che resta confermata la vigente disciplina relativa alla contribuzione figurativa utile per la pensione di anzianità. Tale disciplina dispone che, ai fini del diritto e della misura dei trattamenti pensionistici, siano computate anche le giornate di disoccupazione, nei limiti previsti per la corresponsione dei trattamenti di disoccupazione.

La relazione tecnica allegata al ddl originario, sulla base dei seguenti parametri:

§       spesa per disoccupazione ordinaria agricola (trattamenti al 30%): circa 230 mln annui (soggetti interessati: circa 185.000). Per effetto della normativa proposta si prevede un incremento di 1/3 di tale spesa per prestazione e per quota parte di tali soggetti vi è pure un onere per maggiore contribuzione figurativa;

§       spesa per disoccupazione speciale agricola (trattamenti al 40%): circa 370 mln annui (soggetti interessati: circa 210.000). Per effetto della normativa proposta si prevede un incremento di circa il 22% di tale spesa, per effetto di un aumento medio di giornate percepite da circa 90 (a legislazione vigente) a circa 110;

§       soggetti interessati circa 175.000. Per tali soggetti il maggior onere deriva da un aumento delle giornate erogate (da circa 90 a circa 160), a fronte di una riduzione, non compensativa, dell’importo medio giornaliero (da circa 34 euro a circa 20,7 euro);

§       trattenuta applicata sui trattamenti quale contributo di solidarietà: 9% nel limite di 150 giornate,

 

stima che dalle disposizioni in esame derivano i seguenti maggiori oneri (dati in mln di euro):

 

 

2008

2009

2010

Oneri totali (in termini di SNF), inglobanti effetti contributo 9% su prestazioni (*)

-150

-150

-151

Oneri totali (in termini di PA), inglobanti effetti contributo 9% su prestazioni

-90

-90

-91

- di cui per maggiori prestazioni

-205

-205

-206

- di cui contributo 9% su prestazioni

+115

+115

+115

- di cui per contribuzione figurativa (effetti in termini di SNF) (*)

-60

-60

-60

(*) In termini di SNF gli oneri per contribuzione figurativa rilevano interamente nei singoli anni in cui è effettuato all’INPS il trasferimento a copertura delle anzianità contributive maturate. In termini di PA i maggiori oneri si registrano nel tempo (in particolare gradualmente nel periodo successivo al triennio in esame) allorché i soggetti beneficiari accedono effettivamente al pensionamento


Incentivi per nuove assunzioni in agricoltura (commi 58-59)

 


58. In via sperimentale, per l’anno 2008, nel rispetto di quanto disposto dai regolamenti (CE) n. 1/2004 della Commissione, del 23 dicembre 2003, e n. 1857/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, i datori di lavoro agricolo hanno diritto ad un credito d’imposta complessivo per ciascuna giornata lavorativa ulteriore rispetto a quelle dichiarate nell’anno precedente pari a 1 euro ovvero a 0,30 euro, rispettivamente nelle zone di cui all’obiettivo «convergenza» e nelle zone di cui all’obiettivo «competitività regionale e occupazionale», come individuate dal regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006.

59. Il Governo, all’esito della sperimentazione, sentite le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative delle categorie interessate, procede alla verifica delle disposizioni di cui al comma 58, anche al fine di valutarne l’eventuale estensione, compatibilmente con gli andamenti programmati di finanza pubblica, alla restante parte del territorio nazionale.


 

Il comma 58 dell’articolo 1 concede, in via sperimentale, per l’anno 2008, incentivi per nuove assunzioni in agricoltura, attraverso l’attribuzione ai datori di lavoro agricoli di un credito d’imposta complessivo per ciascuna giornata di lavoro ulteriore rispetto a quelle dichiarate nell’anno precedente.

Il credito d’imposta è pari a 1 euro nelle zone di cui all’obiettivo “convergenza” (4 regioni del sud, precisamente Sicilia, Calabria, Campania e Puglia) ed a 0,30 euro nelle zone di cui all’obiettivo “competitività regionale e occupazionale” (circoscrizioni comunali individuate dalla Carta europea degli aiuti a finalità regionale), come individuate dal Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell’11 luglio 2006.

 

Il comma in esame richiama inoltre il rispetto della disciplina comunitaria in materia di aiuti di stato contenuta nei seguenti regolamenti:

a)             nel regolamento CE n. 1/2004,della Commissione, del 23 dicembre 2003, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese attive nel settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

Tale regolamento individua le condizioni rispettando le quali i regimi di aiuto a favore delle piccole e media imprese del settore agricolo sono considerati automaticamente compatibili con il mercato comune e pertanto esentati dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato. Le categorie di aiuti disciplinati sono: gli investimenti nelle aziende agricole, la conservazione di paesaggi e fabbricati tradizionali, il trasferimento di fabbricati agricoli nell'interesse pubblico, gli investimenti nel settore della trasformazione e commercializzazione, gli aiuti all'insediamento di giovani agricoltori, gli aiuti al prepensionamento, gli aiuti all'avviamento per la costituzione di associazioni o unioni di produttori, gli aiuti per il pagamento di premi assicurativi, gli aiuti per la ricomposizione fondiaria, gli aiuti intesi a promuovere la produzione e la commercializzazione di prodotti agricoli di qualità, le prestazioni di assistenza tecnica nel settore agricolo, gli aiuti alle imprese che operano nel settore zootecnico, altri tipi particolari di aiuto stabiliti in taluni regolamenti del Consiglio.

Si segnala che tale regolamento era applicabile fino al 31 dicembre 2006.

b)             nel regolamento CE n. 1857/2006, della Commissione, del 15 dicembre 2006 , relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese attive nella produzione di prodotti agricoli e recante modifica del regolamento (CE) n. 70/2001 ed applicabile dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013, in sostituzione del precedente regolamento n. 1/2004.

Tale nuovo regolamento, che si applica agli aiuti trasparenti concessi alle piccole e medie imprese agricole (aziende agricole) attive nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli, mentre non si applica, a differenza del precedente regolamento, agli aiuti concessi in relazione alle spese per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, ha stabilito che gli aiuti di Stato esentati a norma del regolamento (CE) n. 1/2004 dovranno continuare a essere esentati se rispettano tutte le condizioni del nuovo regolamento n. 1857/2006. Sostanzialmente il nuovo regolamento del 2006 ha sostituito il precedente che era scaduto il 31 dicembre 2006 e prevede in aggiunta alle ipotesi ivi contemplate, anche aiuti relativi alle fitopatie ed epizoozie e alle infestazioni parassitarie ed aiuti per le perdite dovute ad avversità atmosferiche.

 

Il successivo comma 59 prevede che il Governo, all’esito della sperimentazione, sentite le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative delle categorie interessate, proceda alla verifica delle disposizioni agevolative di cui al precedente comma 58 anche al fine di valutarne l’eventuale estensione, compatibilmente con gli andamenti programmati di finanza pubblica, alla restante parte del territorio nazionale.

 

La relazione tecnica allegata al ddl originario, dalle disposizioni in esame, stima minori entrate valutate prudenzialmente in 10 mln di euro per il 2008.


Interventi in materia di sicurezza sul lavoro (commi 60-61)


60. Al fine di promuovere la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, con effetto dal 1° gennaio 2008, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) applica, alle condizioni di seguito elencate, una riduzione in misura non superiore al 20 per cento dei contributi dovuti per l’assicurazione dei lavoratori agricoli dipendenti dalle imprese con almeno due anni di attività e comunque nei limiti di 20 milioni di euro annui, le quali:

a) siano in regola con tutti gli obblighi in tema di sicurezza e igiene del lavoro previsti dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, e dalle specifiche normative di settore, nonchè con gli adempimenti contributivi e assicurativi;

b) abbiano adottato, nell’ambito di piani pluriennali di prevenzione, misure per l’eliminazione delle fonti di rischio e per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro;

c) non abbiano registrato infortuni nel biennio precedente alla data della richiesta di ammissione al beneficio o siano state destinatarie dei provvedimenti sanzionatori di cui all’articolo 5 della legge 3 agosto 2007, n. 123.

61. Al primo comma dell’articolo 3 della legge 15 giugno 1984, n. 240, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Limitatamente all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, le disposizioni del primo periodo si applicano anche ai dipendenti con contratto di lavoro a tempo determinato».


 

Il comma 60 dell’articolo 1 è volto a prevedere una incentivazione ad osservare la normativa relativa alla salute e sicurezza dei lavoratori nel settore agricolo, caratterizzato da un’alta percentuale di infortuni sul lavoro, prevedendo una riduzione dei premi assicurativi per le imprese agricole che possano dimostrare il rispetto di tale disciplina.

 

In particolare, si prevede che l’INAIL applichi, a far data dal 1° gennaio 2008, nei limiti di 20 milioni di euro annui, una riduzione in misura non superiore al 20% dei contributi dovuti per l’assicurazione dei lavoratori agricoli dipendenti dalle imprese con almeno due anni di attività che posseggano i seguenti requisiti:

§      siano in regola con tutti gli obblighi previsti dal D.Lgs 626 del 1994[206] in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, e dalle specifiche normative di settore nonché con gli adempimenti contributivi ed assicurativi;

§      abbiano adottato misure per l’eliminazione delle fonti di rischio e per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro nell’ambito di specifici piani pluriennali di prevenzione;

§      non abbiano registrato infortuni nel biennio precedente alla data della richiesta di ammissione al beneficio e non siano stati destinatari dei provvedimenti sanzionatori di cui all’articolo 5 della L. 123 del 2007[207].

 

Si ricorda che il citato articolo 5 della L. 123/2007, al fine di contrastare il lavoro sommerso e promuovere la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, provvede ad estendere, a tutti i settori produttivi, i poteri di sospensione dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni (compresa la partecipazione a gare pubbliche) già precedentemente previsti dall’articolo 36-bis, commi 1 e 2, del D.L. 223/2006 nei casi di violazioni di una certa gravità della disciplina relativa alla regolarità delle assunzioni e all’orario di lavoro che avvengano nel settore dell’edilizia.

Più in dettaglio, il comma 1 del citato articolo 5 prevede che, fermo restando quanto previsto dall’articolo 36-bis del D.L. 223/2006, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, può disporre la sospensione di un’attività imprenditoriale allorché venga riscontrato l’impiego di personale non assunto regolarmente, poiché non risultante dalla documentazione obbligatoria relativa i lavoratori, in una misura almeno pari al 20 per cento dei lavoratori regolarmente assunti occupati nel cantiere[208].

Lo stesso provvedimento di sospensione dell’attività può essere adottato nel caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di durata massima dell’orario di lavoro, di riposo giornaliero e di riposo settimanale, di cui agli articolo 4, 7 e 9 del D.Lgs. 66 del 2003, e successive modificazioni.

Rispetto all’articolo 36-bis del D.L. 223 del 2006, viene inoltre aggiunta un’ulteriore fattispecie che può giustificare l’adozione di un provvedimento di sospensione dell’attività, relativa a gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

Il comma 1, inoltre, dispone che gli uffici del Ministero del lavoro comunicano l’adozione del provvedimento di sospensione dei lavori alle competenti amministrazioni, al fine dell’emanazione da parte di queste ultime di un provvedimento di interdizione alla contrattazione con le PP.AA. e alla partecipazione a gare pubbliche.

La norma inoltre dispone che il provvedimento di interdizione debba avere di norma durata pari a quella del provvedimento di sospensione; tuttavia potrebbe essere prevista una ulteriore interdizione per un periodo non inferiore al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni.

Il comma 2 prevede che la revoca della sospensione dei lavori è condizionato al ripristino della situazione di rispetto sostanziale della disciplina da parte del datore di lavoro e al pagamento di una sanzione. Più in dettaglio, si richiede:

nel caso di impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie, la regolare assunzione degli stessi;

nei casi di reiterate violazioni alla disciplina relativa all’orario di lavoro o di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, l’accertamento del ripristino delle relative tutele;

inoltre, il pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva rispetto alle sanzioni già previste dall’ordinamento vigente, pari ad un quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate.

 

Viene espressamente fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative previste dalle norme vigenti (comma 3).

Il comma 5 provvede quindi ad introdurre una nuova lettera b-bis) all’articolo 36-bis, comma 2, del D.L. 223/2006, in modo da prevedere anche nell’ambito di tale fattispecie il pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva, pari ad un quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate, come condizione per poter beneficiare della revoca della sospensione dell’attività.

Inoltre, il comma 4 dispone che l’importo delle sanzioni amministrative aggiuntive il cui pagamento è condizione per la revoca della sospensione dell’attività, integra la dotazione del Fondo per l’occupazione ed è specificamente destinato al finanziamento degli interventi di contrasto al lavoro sommerso individuati con l’apposito decreto ministeriale di cui all’articolo 1, comma 1156, lettera g), della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007)[209].

Infine, il comma 6 dispone che i poteri e gli obblighi (relativi alla sospensione delle attività non in regola) assegnati ai sensi del comma 1 al personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sono estesi al personale ispettivo delle ASL, nell'ambito dei compiti istituzionali delle ASL e nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali già disponibili, limitatamente all'accertamento di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. In tale caso, per la revoca del provvedimento di sospensione da parte del personale ispettivo delle ASL, si applica la disciplina di cui al comma 2, lettere b) e c) (cfr. supra).

 

La relazione tecnica allegata al ddl originario sottolinea che dalla disposizione in esame derivano le eseguenti minori entrate contributive (dati in mln di euro):

 

2008

2009

2010

-20

-20

-20

 

Il comma 61 introduce un periodo alla fine del primo comma dell’articolo 3 della L. 15 giugno 1984, n. 240[210]

 

Si ricorda che l’articolo 1 della L. 240/1984 dispone che, ai fini dell'applicazione della disciplina sulle assicurazioni sociali obbligatorie e sugli assegni familiari, le imprese cooperative e loro consorzi, che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici propri o dei loro soci ricavati dalla coltivazione dei fondi, dalla silvicoltura e dall'allevamento di animali, sono inquadrati nei settori dell'industria o del commercio, qualora per l'esercizio di tali attività ricorrano normalmente ed in modo continuativo ad approvvigionamenti dal mercato di prodotti agricoli e zootecnici in quantità prevalente rispetto a quella complessivamente trasformata, manipolata e commercializzata.

L’articolo 2, al primo comma, dispone che, qualora invece non ricorra la condizione di cui all'articolo 1, le imprese cooperative e loro consorzi, menzionati nel medesimo articolo, sono inquadrati, ai fini previdenziali, nel settore dell'agricoltura.

Tuttavia l’articolo 3, al primo comma, prevede una parziale deroga rispetto a quanto disposto dall’articolo 2, stabilendo che, nei confronti delle imprese cooperative e loro consorzi di cui al medesimo articolo 2, che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici, ma con riferimento ai soli dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, si applicano le disposizioni del settore dell'industria, sia agli effetti della contribuzione che delle prestazioni, limitatamente alla CIG, ordinaria e straordinaria, alla cassa unica assegni familiari e all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

Al secondo comma dell’articolo 3 viene precisato che le aliquote contributive a carico delle imprese e dei lavoratori di cui al comma precedente sono parificate a quelle dovute dalle imprese industriali e dai lavoratori dipendenti da tali imprese, limitatamente agli istituti previsti dallo stesso comma (CIG, ordinaria e straordinaria, cassa unica assegni familiari e assicurazione contro gli infortuni sul lavoro).

 

Con la novella disposta dal comma 61 si prevede che, limitatamente all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, la norma di cui al primo comma dell’articolo 3 della L. 240 del 1984 si applica anche ai lavoratori subordinati con contratto a tempo determinato.

In sostanza, la disposizione è volta a prevedere l’applicazione, nei confronti delle imprese cooperative e loro consorzi di cui all’articolo 2 della L. 240/1984 che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici, ai soli fini dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, delle disposizioni del settore dell’industria anche con riferimento ai lavoratori subordinati con contratto a termine.


Finanziamento della formazione in agricoltura (commi 62-64)

 


62. A decorrere dal 1° gennaio 2008, l’aliquota contributiva per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, di cui all’articolo 11, ultimo comma, del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, è ridotta di 0,3 punti percentuali; l’importo derivante dalla riduzione di 0,3 punti percentuali della predetta aliquota contributiva è destinato al finanziamento delle iniziative di formazione continua dirette ai lavoratori dipendenti del settore agricolo.

63. I datori di lavoro che aderiscono ai Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, istituiti ai sensi del comma 1 dell’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, effettuano l’intero versamento contributivo, pari al 2,75 per cento delle retribuzioni, all’INPS che, dedotti i costi amministrativi e secondo le modalità operative di cui al comma 3 dell’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, provvede bimestralmente al trasferimento dello 0,30 per cento al Fondo paritetico interprofessionale indicato dal datore di lavoro.

64. Resta fermo per i datori di lavoro che non aderiscono ai Fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua l’obbligo di versare all’INPS l’intero contributo di cui al comma 63. In tal caso, la quota dello 0,30 per cento di cui al comma 62 segue la stessa destinazione del contributo integrativo previsto dall’articolo 25, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni.


 

Il comma 62 dell’articolo 1 riduce, a decorrere dal 1° gennaio 2008, la contribuzione relativa all’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria dovuta dai datori di lavoro agricoli. In particolare si prevede che la relativa aliquota contributiva, prevista dall’articolo 11, ultimo comma, del D.L. 402/1981[211], è ridotta di 0,3 punti percentuali (cioè dal 2,75% al 2,45%).

Peraltro, l’importo risultante dalla riduzione della medesima aliquota (0,3%) continua ad essere a carico dei datori di lavoro ed è utilizzato per il finanziamento delle iniziative di formazione continua rivolte ai lavoratori subordinati del settore agricolo.

Il comma 63 dispone quindi che i datori di lavoro che aderiscono ai Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, istituiti ai sensi dell’articolo 118, comma 1, della L. 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), devono effettuare l’intero versamento dei contributi in questione, pari al 2,75% delle retribuzioni soggette all'obbligo contributivo, all’INPS, che, una volta dedotti i costi amministrativi, provvede ogni due mesi al trasferimento dell’importo relativo allo 0,3% al Fondo paritetico indicato dal datore di lavoro.

Ai sensi del comma 64, infine, anche i datori di lavoro che non aderiscono ai Fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua sono obbligati comunque a versare all’INPS l’intero contributo del 2,75%; nel caso in questione, la suddetta quota dello 0,3% per il finanziamento delle iniziative di formazione continua segue la medesima destinazione dell’addizionale contributiva prevista dall’articolo 25, quarto comma, della L. 845 del 1978[212] per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria (anche essa pari allo 0,30% delle retribuzioni soggette all'obbligo contributivo).

 

Si consideri che, per andare incontro alla domanda di formazione continua, in modo da raggiungere un incremento complessivo dell’attività di formazione e soprattutto per agevolare quei soggetti che avevano difficoltà ad accedervi, sono stati introdotti i Fondi paritetici interprofessionali, istituiti dall’articolo 118 della L. 388/2000 (legge finanziaria 2001).

Tale disciplina ha subito significative modifiche, soprattutto per quanto riguarda i meccanismi di finanziamento e gli aspetti procedurali, con le leggi finanziarie per gli anni 2003 e 2005.

A seguito di tali modifiche, i fondi interprofessionali sono costituiti, sulla base di accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, per i settori economici dell’industria, agricoltura, terziario ed artigianato (salva la possibilità che gli stessi accordi prevedano la costituzione di fondi anche per settori diversi), con la finalità di promuovere lo sviluppo della formazione continua dei lavoratori attraverso il finanziamento di piani formativi aziendali, settoriali, territoriali e individuali presentati dalle imprese aderenti ai Fondi stessi. I fondi sono attivati previa autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale esercita altresì la vigilanza sulla gestione. L'autorizzazione è subordinata alla verifica della conformità dei criteri di gestione, degli organi, delle strutture di funzionamento e della professionalità dei gestori rispetto alle finalità dei fondi.

I Fondi paritetici, oltre alle risorse stanziate dallo Stato, si finanziano mediante il versamento dell’addizionale contributiva dello 0,30% di cui all’articolo 25, quarto comma, della L. 845/1978 - addizionale destinata, in via generale, al finanziamento del sistema della formazione professionale - da parte delle imprese che, liberamente, decidono di aderire[213]; ciascuna impresa può aderire ad un solo Fondo per i lavoratori e ad uno solo per i dirigenti[214].

I Fondi paritetici sono entrati nella fase concretamente operativa, cominciando a svolgere l’attività in favore dei lavoratori e delle imprese, a partire dalla fine dell’anno 2004, dopo la fase di definizione delle regole e della conclusione delle necessarie intese tra i soggetti pubblici coinvolti. Ciò è avvenuto, come già detto, sulla base di una disciplina in parte diversa rispetto a quella introdotta dalla legge finanziaria per il 2001, a causa delle modifiche introdotte dall’articolo 48 della L. 289/2002 (legge finanziaria 2003) e dall’articolo 1, comma 151, della L. 311/2004 (legge finanziaria 2005).

Si evidenzia in particolare che la legge finanziaria per il 2005, anche per eliminare i dubbi interpretativi che erano emersi, ha introdotto modifiche alla disciplina dei Fondi paritetici, con riferimento eminentemente ai profili del finanziamento dei fondi nonché, in generale, alla destinazione del gettito proveniente dalla suddetta addizionale. In particolare si è previsto che le entrate derivanti dall'addizionale contributiva sono trasferite per l’intero ammontare – detratti i soli costi amministrativi - da parte dell'INPS al fondo indicato dal datore di lavoro[215]. Inoltre, è stato prolungato di 12 mesi (da 24 a 36 mesi) il periodo entro il quale i Fondi possono spendere le risorse(192 milioni di euro) messe a disposizione dal Ministero del lavoro per favorire la fase di start up.

 

La relazione tecnica allegata al ddl originario evidenzia che sulla base dei seguenti parametri:

§      gettito a normativa vigente del contributo di disoccupazione (2,75%): circa 130 mln di euro su base annua;

§      quota soggetta a diversa destinazione: 0,3 punti percentuali,

dalle disposizioni in esame derivano le seguenti minori entrate contributive (in mln di euro):

 

2008

2009

2010

-14

-15

-15


Riordino delle provvidenze in caso di calamità naturali
(comma 65)

 


65. Il comma 6 dell’articolo 21 della legge 23 luglio 1991, n. 223, è sostituito dal seguente:

«6. Ai lavoratori agricoli a tempo determinato che siano stati per almeno cinque giornate, come risultanti dalle iscrizioni degli elenchi anagrafici, alle dipendenze di imprese agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, ricadenti nelle zone delimitate ai sensi dell’articolo 1, comma 1079, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e che abbiano beneficiato degli interventi di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, è riconosciuto, ai fini previdenziali e assistenziali, in aggiunta alle giornate di lavoro prestate, un numero di giornate necessarie al raggiungimento di quelle lavorative effettivamente svolte alle dipendenze dei medesimi datori di lavoro nell’anno precedente a quello di fruizione dei benefìci di cui al citato articolo 1 del decreto legislativo n. 102 del 2004. Lo stesso beneficio si applica ai piccoli coloni e compartecipanti familiari delle aziende che abbiano beneficiato degli interventi di cui all’articolo 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 102 del 2004».


 

Il comma 65 dell’articolo 1 interviene con modifiche sulla disciplina relativa alle provvidenze per i lavoratori agricoli in caso di calamità naturali di cui all’articolo 21, comma 6, della L. 223 del 1991[216], al fine di circoscriverne il campo di applicazione.

 

L’articolo 21, comma 6, della L. 223/1991 prevede che agli operai agricoli a tempo determinato iscritti negli elenchi anagrafici dei comuni dichiarati colpiti da eccezionale calamità o avversità atmosferica siano rimasti privi di occupazione in conseguenza degli eventi medesimi, è riconosciuto, ai fini previdenziali e assistenziali, in aggiunta alle giornate di lavoro prestate, il numero di giornate necessarie al raggiungimento del numero di giornate riconosciute nell'anno precedente. Tale beneficio viene concesso a condizione che i destinatari abbiano prestato nell'anno interessato alla provvidenza almeno cinque giornate di lavoro. Lo stesso diritto alle prestazioni previdenziali ed assistenziali è esteso a favore dei piccoli coloni e compartecipanti familiari delle aziende colpite dalle predette avversità.

 

In base alla nuova formulazione del richiamato articolo 21, comma 6, della L. 223 del 1991 prevista dalla disposizione in esame, in primo luogo viene circoscritto l’ambito soggettivo di applicazione della norma.

 

Si prevede, infatti, che il beneficio in questione è destinato solamente ai lavoratori agricoli a tempo determinato che abbiano prestato per almeno cinque giornate la propria attività per imprese agricole che possiedano i seguenti requisiti:

 

§         ricadono nelle aree colpite da avversità atmosferiche eccezionali delimitate ai sensi dell’articolo 1, comma 1079, della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007);

 

L’articolo 1, comma 1079, della L. 296/2006 rimette alle regioni il compito di provvedere alla delimitazione delle aree colpite da avversità atmosferiche eccezionali ai fini del riconoscimento del trattamento di integrazione salariale spettante ai lavoratori agricoli.

 

§         abbiano beneficiato degli interventi di cui all’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 102/2004[217];

 

L’articolo 1 del D.Lgs. 102/2004 ha istituito il Fondo di solidarietà nazionale (FSN), con l'obiettivo di promuovere principalmente interventi di prevenzione per far fronte ai danni alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole ed alle infrastrutture agricole, nelle zone colpite da calamità naturali o eventi eccezionali.

Ai sensi del comma 3, il FSN attua in particolare le seguenti tipologie di intervento: misure rivolte ad incentivare la stipula di contratti assicurativi contro i danni della produzione e delle strutture; interventi compensativi, esclusivamente nel caso di danni a produzioni e strutture non inserite nel Piano assicurativo agricolo annuale, finalizzati alla ripresa economica e produttiva delle imprese agricole che hanno subito danni a causa di calamità naturali o eventi eccezionali; interventi di ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola, tra cui quelle irrigue e di bonifica, compatibilmente con le esigenze primarie delle imprese agricole.

 

Si evidenzia che invece, ai sensi della disciplina previgente, potevano usufruire del beneficio in questione tutti i lavoratori agricoli che avessero prestato nell'anno interessato al medesimo beneficio almeno cinque giornate di lavoro (a prescindere dalle caratteristiche dell’impresa nei cui confronti fossero state prestate tali giornate lavorative).

 

Le modifiche introdotte dal comma 65, inoltre, delimitano l’entità del beneficio attribuito, prevedendo che, ai fini previdenziali ed assistenziali, in aggiunta alle giornate di lavoro prestate, è riconosciuto un numero di giornate necessarie al raggiungimento delle giornate lavorative effettivamente prestate alle dipendenze delle stesse imprese agricole nell’anno precedente a quello di fruizione degli interventi di cui al menzionato articolo 1 del D.Lgs. 102 del 2004.

Si evidenzia che invece la normativa previgente, in maniera più ampia, attribuiva ai medesimi fini, in aggiunta alle giornate di lavoro effettivamente svolte, un numero di giornate lavorative necessarie al raggiungimento del numero di giornate riconosciute nell’anno precedente.

 

Infine, la disposizione in esame, riprendendo sostanzialmente quanto già attualmente previsto, precisa che fruiscono del beneficio in questione anche i piccoli coloni e compartecipanti familiari delle imprese che abbiano beneficiato degli interventi di cui al menzionato articolo 1 del D.Lgs. 102/2004.

 

La relazione tecnica allegata al ddl originario sottolinea che dalla disposizione in esame derivano effetti positivi per la finanza pubblica, al momento tuttavia non puntualmente quantificabili (stante anche l’aleatorietà con la quale si verificano gli eventi in questione), a seguito della contrazione della platea delle imprese agricole colpite da calamità.


Compensazione degli aiuti comunitari con i contributi previdenziali dovuti dalle imprese agricole (comma 66)

 


66. Il secondo e il terzo periodo del comma 16 dell’articolo 01 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, aggiunti dall’articolo 4-bis del decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 2007, n. 46, sono sostituiti dai seguenti: «A tale fine, in sede di pagamento degli aiuti comunitari, gli organismi pagatori sono autorizzati a compensare tali aiuti con i contributi previdenziali dovuti dall’impresa agricola beneficiaria, già scaduti alla data del pagamento degli aiuti medesimi, compresi gli interessi di legge a qualsiasi titolo maturati e le somme dovute a titolo di sanzione. A tale fine l’Istituto previdenziale comunica in via informatica i dati relativi ai contributi previdenziali scaduti contestualmente all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, a tutti gli organismi pagatori e ai diretti interessati, anche tramite i Centri autorizzati di assistenza agricola (CAA) istituiti ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, e successive modificazioni. In caso di contestazioni, la legittimazione processuale passiva compete all’Istituto previdenziale».


 

Il comma 66 dell’articolo 1 reca disposizioni relative alla compensazione degli aiuti comunitari con i contributi previdenziali dovuti dalle imprese agricole, modificando le relative disposizioni dell’articolo 01, comma 16 (secondo e terzo periodo) del D.L. 2 del 2006[218], introdotte dall’articolo 4-bis del D.L. 10 del 2007[219].

 

Si ricorda che il primo periodo del richiamato comma 16 dell’articolo 01 del D.L. 2/2006, così come riformulato dall’articolo 1-bis, comma 2, del D.L. 173/2006[220], stabilisce che per le imprese agricole le disposizioni contenute nell'articolo 10, comma 7, del D.L. 203/2005[221] e nell'articolo 1, comma 553, della L. 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), che impongono la presentazione del documento unico di regolarità contributiva (D.U.R.C) di cui all’articolo 2, comma 2, del D.L. 210/2002[222], per accedere ai benefici e alle sovvenzioni comunitari, si applichino limitatamente ai contributi dovuti per le prestazioni lavorative effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2006.

Il successivo articolo 4-bis del D.L. 10/2007, aggiungendo due periodi alla fine del richiamato articolo 01, comma 16, del D.L. 2/2006, ha disposto che, in sede di pagamento degli aiuti comunitari, gli organismi pagatori possano procedere alla compensazione di tali aiuti con i contributi previdenziali dovuti dall’impresa agricola beneficiaria, comunicati dal competente istituto previdenziale all’AGEA tramite strumenti informatici. Viene precisato, inoltre, che, qualora dovessero sorgere contestazioni sull’effettuazione di tale procedura di compensazione, la legittimazione processuale passiva compete all’Istituto previdenziale.

Si consideri che, in base alle disposizioni in questione, per le imprese agricole, l’essere non completamente in regola con il versamento dei contributi previdenziali (e quindi la mancata certificazione della regolarità contributiva) non impedisce in assoluto di accedere agli aiuti comunitari bensì solamente la decurtazione in maniera corrispondente degli aiuti comunitari.

 

Inoltre, per quanto concerne il D.U.R.C., si ricorda che l’articolo 2 del D.L. 210/2002, recando disposizioni che traspongono sostanzialmente sul piano normativo i contenuti dell’avviso comune tra le parti sociali siglato il 24 luglio 2002, con lo scopo di favorire l’emersione dell’economia sommersa, ha previsto un obbligo di certificazione della regolarità contributiva tramite la presentazione del documento unico di regolarità contributiva (D.U.R.C)[223]. In particolare, il comma 1 di tale articolo ha stabilito che le imprese le quali risultino affidatarie di un appalto pubblico siano tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva, a pena di revoca dell'affidamento. Il comma 1-bis aggiunge che la certificazione di regolarità deve essere presentata anche dalle imprese che gestiscono sevizi ed attività in convenzione o concessione con l’ente pubblico. Infine il comma 2 reca una misura di semplificazione procedurale, con la previsione della stipula di una convenzione da parte di INPS e INAIL ai fini del rilascio del D.U.R.C.

Inoltre, l’articolo 10, comma 7, del D.L. 203/2005 ha previsto che, per accedere ai benefici e alle sovvenzioni comunitari, le imprese di tutti i settori sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva (D.U.R.C.) di cui all’articolo 2, comma 2, del richiamato D.L. 210/2002.

L’articolo 1, comma 553, della L. 266/2005 (legge finanziaria 2006), con una disposizione simile a quella sopra considerata, ha disposto che le imprese di tutti i settori sono tenute a presentare il D.U.R.C. di cui all’articolo 2, comma 2, del D.L. 210/2002 per poter accedere ai benefici e alle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti.

Per quanto riguarda la normativa relativa al D.U.R.C si segnalano, inoltre, le seguenti disposizioni:

·         l’articolo 39-septies del D.L. 273/2005[224], che dispone una validità temporale pari a tre mesi del documento unico di regolarità contributiva di cui all’articolo 3, comma 8, del citato D.Lgs. 494/1996;

·         l’articolo 36-bis, comma 8, del D.L. 223/2006[225], che prevede che possono usufruire delle agevolazioni previste dall’articolo 29 del D.L. 244/1995, relative alla contribuzione previdenziale delle imprese del settore edile, esclusivamente i datori di lavoro del settore edile in possesso dei requisiti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva anche da parte delle Casse edili;

·         l’articolo 1, commi 1175 e 1176 della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), che ha introdotto una disciplina più generale relativa al DURC, al fine di estenderne l’applicazione anche a settori e situazioni ulteriori rispetto a quelli già tenuti a certificare la regolarità contributiva tramite la presentazione di tale documento. Pertanto si dispone che, a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici previsti dalla normativa in materia di lavoro e di previdenza sociale sono riservati ai datori di lavoro che rispettino tutte le seguenti condizioni: siano in possesso del DURC; rispettino gli altri obblighi previsti dalla legislazione vigente; rispettino gli accordi e i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Si ricorda, infine, che l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) è stata istituita con D.L.gs. 165/1999[226], successivamente modificato ed integrato dal D.Lgs. 188/2000[227], cui si sono aggiunte le novelle recate dal D.L. 381/2001[228]. Con tali norme è stata disposta la soppressione dell’A.I.M.A., la sua messa in liquidazione e l’istituzione dell'AGEA stessa.

In base al riferito quadro legislativo all’Agenzia competono attività e funzioni diverse, sia in adempimento di disposizioni comunitarie, che in attuazione delle linee d’indirizzo e d’intervento delle autorità nazionali. In ogni caso l’Agenzia opera sulla base degli indirizzi del Ministro per le politiche agricole, e, per quanto attiene la realizzazione della politica interna, è anche necessaria l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

 

Più specificamente, sostituendo il secondo ed il terzo periodo del richiamato comma 16 dell'articolo 01 del D.L. 2 del 2006, rispetto alla disciplina previgente, si precisa che la compensazione degli aiuti comunitari con i contributi previdenziali dovuti dall’impresa agricola beneficiaria riguardi i contributi già scaduti alla data del pagamento degli aiuti medesimi, compresi gli interessi di legge a qualsiasi titolo maturati e le somme dovute a titoli di sanzioni.

Inoltre, si dispone che la comunicazione in via informatica dei dati relativi ai contributi previdenziali scaduti debba essere inoltrata contestualmente non solamente all’AGEA ma anche a tutti gli organismi pagatori ed ai diretti interessati, anche tramite i Centri autorizzati di assistenza agricola (CAA) di cui all’articolo 3-bis del D.Lgs. 165 del 1999.

Resta fermo, infine, che, in caso di contestazioni, la legittimazione processuale passiva compete all'Istituto previdenziale.

 

Dalla disposizione in esame, secondo la relazione tecnica allegata al ddl originario, non derivano oneri per la finanza pubblica.


Fondo per sgravio su retribuzione di secondo livello
(commi 67-69)


67. Con effetto dal 1° gennaio 2008 è abrogato l’articolo 2 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135. È istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, un Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello con dotazione finanziaria pari a 650 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008-2010. In via sperimentale, con riferimento al triennio 2008-2010, è concesso, a domanda da parte delle imprese, nel limite delle risorse del predetto Fondo, uno sgravio contributivo relativo alla quota di retribuzione imponibile di cui all’articolo 12, terzo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153, costituita dalle erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali, ovvero di secondo livello, delle quali sono incerti la corresponsione o l’ammontare e la cui struttura sia correlata dal contratto collettivo medesimo alla misurazione di incrementi di produttività, qualità e altri elementi di competitività assunti come indicatori dell’andamento economico dell’impresa e dei suoi risultati. Il predetto sgravio è concesso sulla base dei seguenti criteri:

a) l’importo annuo complessivo delle erogazioni di cui al presente comma ammesse allo sgravio è stabilito entro il limite massimo del 5 per cento della retribuzione contrattuale percepita;

b) con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla lettera a), lo sgravio sui contributi previdenziali dovuti dai datori di lavoro è fissato nella misura di 25 punti percentuali;

c) con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla lettera a), lo sgravio sui contributi previdenziali dovuti dai lavoratori è pari ai contributi previdenziali a loro carico sulla stessa quota di erogazioni di cui alla lettera a).

68. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di attuazione del comma 67, anche con riferimento all’individuazione dei criteri di priorità sulla base dei quali debba essere concessa, nel rigoroso rispetto dei limiti finanziari previsti, l’ammissione al beneficio contributivo, e con particolare riguardo al monitoraggio dell’attuazione, al controllo del flusso di erogazioni e al rispetto dei tetti di spesa. Ai fini del monitoraggio e della verifica di coerenza dell’attuazione del comma 67 con gli obiettivi definiti nel «Protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l’equità e la crescita sostenibili» del 23 luglio 2007 e delle caratteristiche della contrattazione di secondo livello aziendale e territoriale, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un Osservatorio presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale con la partecipazione delle parti sociali. L’eventuale conferma dello sgravio contributivo per gli anni successivi al 2010 è subordinata alla predetta verifica ed effettuata, in ogni caso, compatibilmente con gli andamenti programmati di finanza pubblica. A tale fine è stabilito uno specifico incremento del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, per 650 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011.

69. È abrogata la disposizione di cui all’articolo 27, comma 4, lettera e), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797.


 

I commi da 67 a 69 dell’articolo 1, contestualmente all’abrogazione della normativa che stabiliva l’esclusione, ai fini contributivi, sia dalla retribuzione imponibile sia dalla retribuzione pensionabile, dei compensi erogati sulla base di previsioni della contrattazione collettiva di secondo livello a titolo di premio di produttività (cfr. infra), istituiscono un Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello.

In particolare, il comma 67 istituisce il citato Fondo, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, con una dotazione finanziaria pari a 650 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008-2010. Si prevede pertanto, in via sperimentale, sempre con riferimento al triennio 2008-2010, nel limite delle risorse del medesimo Fondo, la concessione di uno sgravio contributivo relativo alla quota di retribuzione imponibile di cui all'articolo 12, terzo comma, della L. 153/1969[229], costituita dalle erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali, ovvero di secondo livello, caratterizzate da:

§      incertezza della corresponsione o dell'ammontare;

§      correlazione, stabilita dal contratto medesimo, tra la struttura della quota di retribuzione e la misurazione di incrementi di produttività, qualità, nonché altri elementi di competitività, assunti come indicatori dell'andamento economico dell'impresa e dei suoi risultati.

 

Il predetto sgravio, fruibile dietro apposita domanda da parte delle imprese, è concesso sulla base dei seguenti criteri:

§      importo annuo complessivo delle erogazioni in oggetto ammesse allo sgravio entro il limite massimo del 5% della retribuzione contrattuale percepita (comma 67, lettera a));

§      determinazione dello sgravio, con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla precedente lettera a), nella misura di 25 punti percentuali (comma 67, lettera b));

§      determinazione dello sgravio, sempre con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla predente lettera a), in misura pari ai contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro sulla stessa quota di erogazioni di cui alla lettera a) (comma 67, lettera c)).

 

Il comma 68 dispone quindi che le modalità di attuazione della norma recata dal precedente comma 67 sono stabilite con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, anche con riferimento all’individuazione dei criteri di priorità sulla base dei quali debba essere concessa, nel rigoroso rispetto dei limiti finanziari previsti, l’ammissione al beneficio contributivo, e con particolare riguardo al monitoraggio dell’attuazione, al controllo del flusso di erogazioni e al rispetto dei tetti di spesa.

Lo stesso comma 68, inoltre, istituisce un Osservatorio, presso il Ministero del lavoro, con la partecipazione delle parti sociali, ai fini del monitoraggio e della verifica di coerenza dell’attuazione del comma 67 con gli obiettivi definiti nel “Protocollo sul welfare”, nonché delle caratteristiche della contrattazione di secondo livello aziendale e territoriale, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.

L’eventuale conferma dello sgravio contributivo per gli anni successivi al 2010 è subordinata alla predetta verifica ed effettuata, comunque, compatibilmente con gli andamenti programmati di finanza pubblica. A tal fine è stabilito uno specifico incremento del Fondo per l’occupazione, pari a 650 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011.

 

Contestualmente all’introduzione della disciplina in esame per lo sgravio contributivo sulle retribuzioni di secondo livello, si dispone l’abrogazione, dal 1° gennaio 2008:

§      dell’articolo 2 del D.L. 67 del 1997[230], concernente il regime contributivo delle erogazioni previste dai contratti di secondo livello a titolo di premio di produttività (comma 1, primo periodo).

 

Il richiamato articolo 2 del D.L. 67/1997 escludeva dalla retribuzione imponibile di cui all'articolo 12, terzo comma, della citata L. 153/1969[231], nonché dalla retribuzione pensionabile di cui all'ultimo comma del medesimo articolo[232], le erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali, ovvero di secondo livello, delle quali sono incerti la corresponsione o l'ammontare e la cui struttura sia correlata dal contratto collettivo medesimo alla misurazione di incrementi di produttività, qualità ed altri elementi di competitività assunti come indicatori dell'andamento economico dell'impresa e dei suoi risultati (comma 1)[233].

Inoltre, agli effetti dell'esclusione dalla retribuzione imponibile, l'importo annuo complessivo delle erogazioni di cui al comma 1 era stabilito entro il limite massimo del 3% della retribuzione contrattuale percepita, nell'anno solare di riferimento, dai lavoratori che ne fruiscono (comma 2).

Le richiamate erogazioni erano assoggettate ad un contributo di solidarietà del 10%, a carico del datore di lavoro, in favore delle gestioni pensionistiche alle quali erano iscritti i lavoratori, escludendo le erogazioni destinate alle forme pensionistiche complementari (comma 3).

Il regime contributivo per le erogazioni previste dai contratti collettivi di secondo livello si applicava anche ai fini della determinazione della retribuzione soggetta a contribuzione nelle forme pensionistiche sostitutive dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, gestita dall’INPS (comma 4).

Tale regime contributivo invece non si applicava qualora risultasse che ai lavoratori fossero stati attribuiti, nell'anno solare di riferimento, trattamenti economici e normativi inferiori a quelli stabiliti dal contratto collettivo nazionale di lavoro (comma 5).

Infine, erano previste (comma 7) apposite sanzioni per il datore di lavoro che avesse indebitamente beneficiato del regime contributivo in questione. In particolare, oltre al versamento dei contributi evasi, il datore era tenuto al pagamento delle sanzioni civili ed amministrative previste dalla normativa vigente. Veniva fatta salva l'eventuale responsabilità penale ove il fatto costituisca reato.

 

§      dell’articolo 27, comma 4, lettera e), del D.P.R. 797 del 1955[234], relativo anch’esso al regime contributivo delle erogazioni previste dai contratti di secondo livello a titolo di premio di produttività (comma 3);

 

Tale disposizione, con riferimento alla determinazione del reddito da lavoro dipendente ai fini contributivi, prevedeva che sono esclusi dalla base imponibile, nei limiti ed alle condizioni stabilite dal richiamato articolo 2 del D.L. 67/1997, le erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali, ovvero di secondo livello, delle quali sono incerti la corresponsione o l'ammontare e la cui struttura sia correlata dal contratto collettivo medesimo alla misurazione di incrementi di produttività, qualità ed altri elementi di competitività assunti come indicatori dell'andamento economico dell'impresa e dei suoi risultati.

 

Si consideri che le richiamate disposizioni di cui all’art. 2 del D.L. 67 del 1997 e all’art. 27, comma 4, lettera e), del D.P.R. 797 del 1955 prevedevano l’esclusione (entro determinati limiti), ai fini contributivi, sia dalla retribuzione imponibile sia dalla retribuzione pensionabile, dei compensi erogati sulla base di previsioni della contrattazione collettiva di secondo livello come premio di produttività.

Invece, con l’abrogazione di tali disposizioni, i compensi erogati a titolo di premio di produttività saranno interamente imponibili ai fini previdenziali e quindi concorreranno anche al calcolo delle prestazioni pensionistiche.

 

La relazione tecnica allegata al ddl originario evidenzia che, tenuto conto:

§      del venir meno degli oneri a legislazione vigente, pari a circa 500 mln di euro annui, come da bilancio consuntivo INPS 2006, per l’inclusione con effetto dal 1° gennaio 2008 nella base imponibile ai fini contributivi delle quote di erogazioni di secondo livello precedentemente escluse (a seguito di soppressione delle disposizioni di cui all’articolo 2, commi 1, 2 e 4 del D.L. 67 del 997);

§      del venir meno delle entrate, a legislazione vigente, del gettito del contributo di solidarietà di cui all’articolo 2, comma 3 del D.L. n. 67 del 1997;

§      di uno stanziamento annuo di 650 mln di euro per la concessione, nei limiti del predetto importo, di sgravi contributivi sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori con riferimento alle erogazioni di secondo livello secondo i criteri sopra descritti,

 

dalle disposizioni in esame conseguono i seguenti effetti di onerosità per la finanza pubblica (dati in mln di euro):

 

2008

2009

2010

-310

-310

-310

 


Detassazione della retribuzione di risultato (comma 70)

 


70. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, sono emanate disposizioni finalizzate a realizzare, per l’anno 2008, la deducibilità ai fini fiscali ovvero l’introduzione di opportune misure di detassazione per ridurre l’imposizione fiscale sulle somme oggetto degli sgravi contributivi sulla retribuzione di secondo livello di cui al comma 67, entro il limite complessivo di 150 milioni di euro per il medesimo anno.


 

Il comma 70 dell’articolo 1 rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, l’emanazione di disposizioni finalizzate a realizzare, per l’anno 2008, la deducibilità ai fini fiscali, ovvero l’introduzione di opportune misure di detassazione, per ridurre l’imposizione fiscale sulle somme oggetto degli sgravi contributivi sulla retribuzione di secondo livello di cui al precedente articolo 21, entro il limite complessivo di 150 milioni di euro per il medesimo anno.

 

La relazione tecnica allegata al ddl originario sottolinea che dalla disposizione in esame derivano le seguenti minori entrate:

 

2008

2009

2010

-150

0

0


Soppressione della contribuzione aggiuntiva su lavoro straordinario (comma 71)

 


71. A decorrere dal 1° gennaio 2008 il contributo di cui all’articolo 2, comma 19, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, è soppresso.


 

Il comma 71 dell’articolo 1 prevede che, a far data dal 1° gennaio 2008, sia soppresso il contributo di cui all’articolo 2, comma 19, della L. 549 del 1995[235], a carico delle imprese nel caso di utilizzazione di lavoro straordinario.

 

Si rammenta che la L. 549/1995, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, al comma 19 dell’articolo 2 prevedeva che l'esecuzione di lavoro straordinario comportava, a carico delle imprese con più di 15 dipendenti, il versamento, a favore del Fondo prestazioni temporanee dell’INPS, di un contributo pari al 5 per cento della retribuzione relativa alle ore di lavoro straordinario compiute. Per le imprese industriali tale misura è elevata al 10 per cento per le ore eccedenti le 44 ore e al 15 per cento, indipendentemente dal numero dei lavoratori occupati, per quelle eccedenti le 48 ore.

Più specificamente, si consideri che soltanto le imprese che ricorrono al lavoro straordinario erano tenute al versamento di una contribuzione aggiuntiva (cfr. anche la circolare del Ministero del lavoro 10 luglio 1996, n. 100) con esclusione, quindi, degli studi professionali, le associazioni culturali, politiche o sindacali, le associazioni di volontariato e gli enti senza fine di lucro.

Per quanto sopra, ai soli fini della contribuzione aggiuntiva, si considerava lavoro straordinario quello effettuato oltre:

-          le 40 ore settimanali, in regime di orario settimanale;

-          la media di 40 ore settimanali, quando si adotta un orario plurisettimanale in base ai contratti collettivi nazionali ovvero, in applicazione di questi ultimi, in base ai contratti collettivi di livello inferiore. In tal caso il periodo di riferimento non può superare i dodici mesi.

Il contributo non era dovuto:

-          per le prestazioni rese dal personale direttivo;

-          nel caso di ricorso alla flessibilità dell’orario in base ad accordi collettivi o regolamenti aziendali;

-          in ipotesi particolari, come ad esempio: lavori discontinui o di semplice attesa o custodia, lavorazioni per le quali è possibile superare l’orario legale di lavoro, prestazioni di commessi viaggiatori o piazzisti, operai agricoli a tempo determinato, giornalisti professionisti, praticanti, pubblicisti o poligrafici (circolare INPS 23 gennaio 1997 n. 13; Lett. Circ. Min. lav. 21 novembre 1996 n. 5/27319/70/OR).

Si ricorda, altresì, che la contribuzione aggiuntiva era dovuta in misura differenziata in base alla classificazione (industriale o non) dell’impresa e al numero dei dipendenti occupati, come evidenziato dalla tabella sotto riportata.

 

Imprese

Dimensione occupazionale         Lavoro straordinario             Contributo aggiuntivo

Più di 15 dipendenti                     oltre le 40 ore e fino alle 44 ore settimanali       5% della retribuzione ordinaria

Più di 15 dipendenti                     oltre le 44 ore e fino alle 48 ore settimanali     10% della retribuzione ordinaria

Irrilevante                                                  oltre le 48 ore settimanali                    15% della retribuzione ordinaria

Imprese non industriali

Dimensione occupazionale         Lavoro straordinario             Contributo aggiuntivo

Più di 15 dipendenti                                     oltre le 40 ore settimanali                   5% della retribuzione ordinaria

 

La relazione tecnica allegata al ddl originario sottolinea che dalla disposizione in esame derivano le seguenti minori entrate contributive (dati in mln di euro, impatto in termini di indebitamento netto delle PA):

 

 

2008

2009

2010

al lordo effetti fiscali[236]

-170

-175

-180

al netto effetti fiscali

-170

-101

-136


Norme in materia di accesso dei giovani al credito (commi 72-74)

 


72. Al fine di consentire ai soggetti di età inferiore a 25 anni, ovvero a 29 se laureati, di accedere a finanziamenti agevolati per sopperire alle esigenze scaturenti dalla peculiare attività lavorativa svolta, ovvero per sviluppare attività innovative e imprenditoriali, a decorrere dal 1° gennaio 2008 sono istituiti, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, i seguenti Fondi:

a) Fondo credito per il sostegno dell’attività intermittente dei lavoratori a progetto iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e che non risultino assicurati presso altre forme obbligatorie, al fine di consentire in via esclusiva ai lavoratori medesimi di accedere, in assenza di contratto, ad un credito fino a 600 euro mensili per dodici mesi con restituzione posticipata a ventiquattro o trentasei mesi, in grado di compensare cadute di reddito collegate ad attività intermittenti;

b) Fondo microcredito per il sostegno all’attività dei giovani, al fine di incentivarne le attività innovative, con priorità per le donne;

c) Fondo per il credito ai giovani lavoratori autonomi, per sostenere le necessità finanziarie legate al trasferimento generazionale delle piccole imprese, dell’artigianato, del commercio e del turismo, dell’agricoltura e della cooperazione e l’avvio di nuove attività in tali ambiti.

73. La complessiva dotazione iniziale dei Fondi di cui al comma 72 è pari a 150 milioni di euro per l’anno 2008.

74. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dello sviluppo economico e per le politiche giovanili e le attività sportive, da emanarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza unificata, sono disciplinate le modalità operative di funzionamento dei Fondi di cui al comma 72.


 

I commi da 72 a 74 dell’articolo 1 recano disposizioni per favorire l’accesso dei giovani al credito.

In particolare, per consentire ai soggetti di età inferiore a 25 anni (ovvero 29 se laureati) di accedere a finanziamenti agevolati per sopperire alle esigenze scaturenti dalle peculiari caratteristiche del lavoro svolto ovvero per sviluppare attività innovative ed imprenditoriali, si prevede l’istituzione, dal 1° gennaio 2008, dei seguenti Fondi:

§      Fondo credito per il sostegno dell’attività intermittente dei lavoratori a progetto iscritti alla gestione separata presso l’INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995 e che non risultino assicurati presso altre forme di previdenza obbligatorie, per consentire in via esclusiva agli stessi soggetti di poter fruire, in assenza di un rapporto di lavoro, di un credito fino a 600 euro mensili per 12 mesi con restituzione posticipata a 24 o 36 mesi, utile a compensare la discontinuità dei compensi di natura lavorativa derivante dallo svolgimento di attività intermittenti;

 

Si ricorda che sono iscritti obbligatoriamente alla predetta gestione separata INPS i seguenti soggetti:

§      professionisti: si tratta dei soggetti che percepiscono redditi che derivano, come disposto dall'articolo 53, comma 1, del T.U.I.R., dall'esercizio per professione abituale, anche se non esclusiva, di attività di lavoro autonomo. L'attività di cui trattasi non deve, comunque, essere condotta in forma di impresa commerciale. Rientrano, pertanto, in tale categoria e sono tenuti al pagamento del contributo previdenziale:

-            professionisti iscritti in albi senza cassa di previdenza ma titolari di partita IVA;

-            professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza ma non iscritti a quest'ultima;

-            professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza, in relazione ai redditi professionali non assoggettati a contribuzione presso la cassa stessa;

-            professionisti senza albo e senza cassa (si pensi alle professioni di consulente di informatica, esperto in marketing, traduttori o interpreti, ecc.);

§      collaboratori coordinati e continuativi: secondo quanto disposto dall'articolo 53, comma 2, del citato T.U.I.R., si considerano rapporti di collaborazione coordinata e continuativa quei rapporti aventi per oggetto la prestazione di attività, non rientranti nell'oggetto dell'arte o della professione esercitata dal contribuente ai sensi del comma 1 dello stesso articolo, che, pur avendo contenuto intrinsecamente artistico o professionale, vengono svolte a favore di un soggetto, senza vincolo di subordinazione, e sono inserite in un rapporto unitario e continuativo, con retribuzione periodica prestabilita.

Rientrano, ad esempio, in tale categoria le seguenti specifiche figure:

-       amministratori, sindaci o revisori di società, associazioni ed altri enti;

-       membri di commissione e collegi;

-       soggetti che collaborano a giornali, riviste, enciclopedie e simili, tranne i casi in cui si rientri nel diritto d'autore;

-       amministratori di condominio;

§      venditori porta a porta: sono i soggetti incaricati delle vendite a domicilio (come definiti dall'articolo 36 della L. 11 giugno 1971, n. 426, recante la disciplina del commercio). Per effetto dell'articolo 44, comma 2, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, dal 1° gennaio 2004 devono essere iscritti alla Gestione separata, come pure gli esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, solo qualora il reddito annuo sia superiore a € 5.000;

§      titolari di borse di studio: per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca (L. 3 agosto 1998, n. 315, articolo 1); per il sostegno della mobilità internazionale degli studenti ed assegni per attività di tutorato o didattico-integrative, propedeutiche o di recupero (D.L. 105 del 2003, convertito dalla L. 170 del 2003);

§      pensionati: coloro che, pur in quiescenza, svolgono le attività sopradescritte; sono tenuti alla contribuzione alla Gestione separata in relazione ai soli redditi percepiti a seguito dell'esercizio di dette attività[237];

§      lavoratori dipendenti: sono naturalmente soggetti alla contribuzione in questione anche i lavoratori dipendenti, sia privati che pubblici, che percepiscono compensi che non sono già assoggettati a contribuzione previdenziale obbligatoria.

§      associati in partecipazione: per effetto del comma 157 dell'articolo 1 della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

 

Si ricorda altresì che il D.Lgs 276/2003 ha introdotto una specifica disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative[238] (lavoro a progetto), finalizzata a superare gli abusi che hanno condotto all’uso talvolta improprio di tale strumento contrattuale per eludere la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.

A tal fine si stabilisce (articolo 61), creando in questo modo la nuova figura del lavoratore a progetto, l’obbligo di ricondurre i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso, determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.

Da tale previsione sono escluse le prestazioni meramente occasionali, cioè i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivo per lo svolgimento della prestazione sia superiore a 5 mila euro. Pertanto vengono fissati due criteri alternativi, uno correlato alla durata della prestazione nei confronti dello stesso committente, l’altro correlato all’ammontare del corrispettivo, che servono a distinguere le prestazioni meramente occasionali dalle collaborazioni coordinate e continuative vere e proprie, che vengono disciplinate dalle disposizioni sul lavoro a progetto. Sono inoltre escluse dal campo di applicazione della disciplina del lavoro a progetto anche le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi. Viene inoltre fatta salva la particolare disciplina del contratto di agenzia.

Nel caso in cui i richiamati rapporti siano instaurati senza individuare uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, vengono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato fin dalla data di costituzione del rapporto (articolo 69, comma 1).

La determinazione del progetto e di tutti gli elementi accessori è lasciata alla contrattazione. Il contratto, infatti, che deve essere redatto in forma scritta ad probationem, deve contenere, tra gli altri, l’indicazione della durata della prestazione lavorativa e del progetto, o programma, di lavoro o delle fasi di esso, nonché il corrispettivo e le relative modalità di pagamento e le forme di coordinamento del lavoratore, che in ogni caso non devono essere tali da pregiudicare l’autonomia del collaboratore stesso. Lo stesso contratto, infine, deve prevedere forme di tutela e di sicurezza della salute del collaboratore di progetto (articolo 62)[239].

 

§         Fondo microcredito per il sostegno all’attività dei giovani, al fine di incentivarne le attività innovative, con priorità per le donne;

§         Fondo per il credito ai giovani lavoratori autonomi, per sostenere le necessità finanziarie legate al trasferimento generazionale delle piccole imprese, dell’artigianato, del commercio e del turismo, dell’agricoltura e della cooperazione e l’avvio di nuove attività in tali settori.

 

La complessiva dotazione iniziale dei Fondi ammonta a 150 milioni di euro per l’anno 2008.

 

Infine, l’individuazione delle modalità operative di funzionamento dei Fondi è affidata ad un decreto interministeriale, da emanarsi entro centoottanta giorni dall’entrata in vigore della legge in esame, sentita la Conferenza Unificata.

 

La relazione tecnica allegata al ddl originario sottolinea che dalla disposizione in esame derivano i seguenti oneri:

 

2008

2009

2010

-150

0

0

 


Integrazione di emolumenti per assegni e contratti di ricerca
(comma 75)

 


75. Allo scopo di provvedere all’integrazione degli emolumenti spettanti ai titolari degli assegni e dei contratti di ricerca di cui all’articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, in servizio presso le università statali e gli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca e iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il fondo di finanziamento ordinario delle predette università statali ed enti pubblici di ricerca è incrementato di 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.


 

Il comma 75 dell’articolo 1 stanzia apposite risorse per l’integrazione dei compensi spettanti ai titolari degli assegni e dei contratti per attività di ricerca di cui all’art. 51, comma 6, della L. 449 del 1997[240], che prestino la propria opera presso le università statali e gli enti pubblici di ricerca e iscritti alla gestione separata presso l’INPS di cui all’art. 2, comma 26, della L. 335 del 1995[241].

A tal fine si incrementa di 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 il fondo di finanziamento ordinario delle università statali ed enti pubblici di ricerca.

 

L’art. 51, comma 6, della L. 449/1997 autorizza le università, gli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, alcune istituzioni di ricerca, l'ENEA e l'ASI, nonché il Corpo forestale dello Stato, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio, a conferire assegni per la collaborazione ad attività di ricerca a dottori di ricerca o laureati in possesso di curriculum scientifico professionale idoneo per lo svolgimento di attività di ricerca, con esclusione del personale di ruolo presso gli enti su indicati.

Gli assegni hanno durata non superiore a quattro anni e possono essere rinnovati nel limite massimo di otto anni con lo stesso soggetto, ovvero di quattro anni se il titolare ha percepito la borsa per il dottorato di ricerca. Il titolare dell’assegno in servizio presso amministrazioni pubbliche può essere collocato in aspettativa non retribuita.

I medesimi enti su elencati possono altresì stipulare, per specifiche prestazioni previste da programmi di ricerca, appositi contratti di prestazione d’opera (lavoro autonomo), compatibili anche con rapporti di lavoro subordinato presso amministrazioni statali ed enti pubblici e privati.

La relazione tecnica allegata al ddl originario sottolinea che dalla disposizione in esame derivano i seguenti oneri per la finanza pubblica:

 

2008

2009

2010

2011

-8

-8

-8

0

 


Totalizzazione dei contributi assicurativi e riscatto della durata dei corsi universitari di studio ai fini pensionistici
(commi 76-78)

 


76. In attesa di una complessiva riforma dell’istituto della totalizzazione dei contributi assicurativi che riassorba e superi la ricongiunzione dei medesimi, sono adottate, a decorrere dal 1° gennaio 2008, le seguenti modifiche legislative:

a) all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, le parole: «di durata non inferiore a sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «di durata non inferiore a tre anni»;

b) all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184, sono soppresse le parole: «che non abbiano maturato in alcuna delle predette forme il diritto al trattamento previdenziale».

77. All’articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 4 è inserito il seguente:

«4-bis. Gli oneri da riscatto per periodi in relazione ai quali trova applicazione il sistema retributivo ovvero contributivo possono essere versati ai regimi previdenziali di appartenenza in unica soluzione ovvero in 120 rate mensili senza l’applicazione di interessi per la rateizzazione. Tale disposizione si applica esclusivamente alle domande presentate a decorrere dal 1° gennaio 2008»;

b) dopo il comma 5 sono inseriti i seguenti:

«5-bis. La facoltà di riscatto di cui al comma 5 è ammessa anche per i soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza che non abbiano iniziato l’attività lavorativa. In tale caso, il contributo è versato all’INPS in apposita evidenza contabile separata e viene rivalutato secondo le regole del sistema contributivo, con riferimento alla data della domanda. Il montante maturato è trasferito, a domanda dell’interessato, presso la gestione previdenziale nella quale sia o sia stato iscritto. L’onere dei periodi di riscatto è costituito dal versamento di un contributo, per ogni anno da riscattare, pari al livello minimo imponibile annuo di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233, moltiplicato per l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell’assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti. Il contributo è fiscalmente deducibile dall’interessato; il contributo è altresì detraibile dall’imposta dovuta dai soggetti di cui l’interessato risulti fiscalmente a carico nella misura del 19 per cento dell’importo stesso.

5-ter. In deroga a quanto previsto dall’articolo 1, comma 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335, i periodi riscattati ai sensi dei commi da 5 a 5-bis sono utili ai fini del raggiungimento del diritto a pensione».

78. Agli oneri derivanti dall’attuazione dei commi 76 e 77, pari a 200 milioni di euro a decorrere dal 2008, si provvede a valere sulle risorse del Fondo di cui all’articolo 5, comma 8, del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127.


 

I commi da 76 a 78 dell’articolo 1 recano disposizioni relative alla totalizzazione dei contributi assicurativi e al riscatto della durata dei corsi universitari ai fini pensionistici.

 

In particolare, il comma 76 attua una serie di misure relative alla totalizzazione dei periodi assicurativi, a decorrere dal 1° gennaio 2008, in attesa di una riforma complessiva del medesimo istituto.

 

Il meccanismo della totalizzazione dei periodi assicurativi si basa su presupposti completamente diversi rispetto a quelli della ricongiunzione. Infatti, nel caso della totalizzazione, non si dà luogo all’unificazione delle posizioni assicurative e al conseguente trasferimento di contributi da una forma all’altra, bensì ogni gestione eroga in via autonoma all’assicurato - in possesso del requisito dell’età pensionabile, nonché di quello dell’anzianità contributiva in virtù di una fictio iuris (sommando, cioè, i periodi maturati presso le diverse gestioni) - una quota di pensione in relazione ai contributi versati e secondo il proprio ordinamento.

La riforma della disciplina della totalizzazione dei periodi assicurativi è stata attuata, sulla base della delega[242] della L. 243/2004[243], con il D.Lgs. 42/2006[244]

Tale riforma è volta ad estendere, per gli assicurati ai quali si applichi, almeno pro-quota, il sistema di calcolo retributivo della pensione (cfr. infra, invece, per quanto riguarda il cumulo dei periodi assicurativi per i soggetti i cui trattamenti pensionistici sono liquidati esclusivamente con il sistema contributivo), la possibilità di cumulare gratuitamente le varie quote di pensione maturate presso differenti gestioni pensionistiche, senza doversi avvalere dell’istituto oneroso della ricongiunzione.

Sulla base di una pronuncia della Corte Costituzionale[245], l’istituto della totalizzazione era stato introdotto in via generale nel nostro ordinamento dall’articolo 71 della legge finanziaria per il 2001 (L. 388/2000)[246], in modo da colmare il vuoto normativo che penalizzava i lavoratori che, avendo più volte cambiato lavoro e avendo pertanto versato i contributi in più gestioni, non raggiungevano i requisiti per la pensione di vecchiaia in nessuna delle gestioni. Precedentemente il lavoratore poteva solamente ricorrere alla ricongiunzione, in genere molto onerosa, o chiedere la restituzione dei contributi versati.

La disciplina introdotta dalla legge finanziaria 2001, tuttavia, limitava la possibilità di cumulare i periodi assicurativi esclusivamente con riferimento alla pensione di vecchiaia, peraltro escludendo coloro che possedessero i requisiti per conseguire la pensione in uno dei fondi in cui fossero accreditati i contributi.

La nuova disciplina della totalizzazione, introdotta dal D.Lgs. 42/2006, si applica a partire dal 1° gennaio 2006. Viene disposta l’abrogazione delle disposizioni di cui all’articolo 71 della L. 388/2000 e del relativo regolamento di attuazione emanato con D.M. 7 febbraio 2003, n. 57. Viene peraltro fatta salva sia la disciplina previgente, qualora più favorevole, per le domande presentate in data anteriore all’entrata in vigore del provvedimento, sia le altre disposizioni in vigore in materia di cumulo dei periodi assicurativi.

La riforma rende possibile la totalizzazione sia alle pensioni di vecchiaia sia a quelle di anzianità.

Destinatari delle disposizioni in esame sono i soggetti, che non siano già titolari di trattamento pensionistico autonomo, iscritti a due o più forme di assicurazione presso le seguenti gestioni previdenziali:

§         assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti (A.G.O.) presso l’INPS, nonché alle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima;

§         enti previdenziali privati, disciplinati dal D.Lgs. 509/1994[247], e dal D.Lgs. 103/1996[248];

§         gestione separata, istituita presso l’INPS ai sensi dell’articolo 2, comma 26, della legge 335/1995;

§         Fondo di previdenza del clero e dei ministri di culto delle confessioni diverse da quella cattolica.

La totalizzazione, al fine del conseguimento di un’unica pensione, permette il cumulo di tutti i periodi di contribuzione, con esclusione dei periodi assicurativi la cui durata sia inferiore a sei anni: in tal caso per i soggetti interessati può operare l’istituto della ricongiunzione.

L’esercizio del diritto alla totalizzazione è subordinato alle seguenti condizioni:

§         20 anni di anzianità contributiva e 65 anni anagrafici, ovvero 40 anni di anzianità contributiva, indipendentemente dall’età anagrafica;

§         possesso degli altri requisiti richiesti dagli enti previdenziali di appartenenza per l’accesso alla pensione di vecchiaia;

§         richiesta di totalizzare tutti i periodi assicurativi per intero.

Viene inoltre specificato che l’eventuale domanda di restituzione dei contributi, presentata in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto legislativo, preclude la possibilità di chiedere la totalizzazione dei periodi assicurativi.

La riforma prevede la possibilità di totalizzazione anche per le pensioni di inabilità ed per quelle in favore dei superstiti. Il diritto ai trattamenti viene conseguito rispettivamente secondo i requisiti richiesti dall’ente previdenziale al quale il lavoratore era iscritto al verificarsi dello stato invalidante ovvero al momento del decesso. In quest’ultimo caso il testo specifica che il diritto alla totalizzazione può essere esercitato solo per i decessi avvenuti dopo l’entrata in vigore del provvedimento in esame.

Per quanto concerne le modalità inerenti l’esercizio del diritto alla totalizzazione, siprevede che il procedimento sia promosso dall’ultimo ente previdenziale al quale il lavoratore risulta essere stato iscritto, previa presentazione della domanda da parte del soggetto interessato o del suo avente causa. Viene inoltre ribadita la preclusione della totalizzazione nel caso in cui sia stata accettata la ricongiunzione dei periodi assicurativi. Si consente la possibilità di recesso dalla ricongiunzione, comunque entro 2 anni dalla data di entrata in vigore della nuova disciplina, con conseguente restituzione delle somme versate a titolo di ricongiunzione, maggiorate degli interessi legali. Il recesso opera solo nel caso in cui la ricongiunzione sia stata chiesta in data anteriore all’entrata in vigore del decreto legislativo ed il relativo procedimento non sia stato ancora definito, a seguito del pagamento integrale delle rate.

Nel disciplinare le modalità di liquidazione del trattamento pensionistico derivante dalla totalizzazione, si prevede che l’importo della pensione unica venga fissato con ripartizione in quota a carico di ciascuna gestione previdenziale ed in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati.

La liquidazione delle quote a carico degli enti previdenziali pubblici viene calcolata secondo il metodo contributivo, ai sensi del D.Lgs. 180/1997[249], con rivalutazione delle retribuzioni fino al momento della presentazione della domanda di totalizzazione.

Per gli enti previdenziali privatizzati ai sensi del D.Lgs. 509/1994, la nuova disciplina prevede l’applicazione del sistema di calcolo contributivo in base ai seguenti parametri:

§         ai fini della determinazione del montante contributivo si considerano i contributi soggettivi versati, compresi quelli versati a titolo di riscatto; sono esclusi i contributi versati a titolo integrativo e di solidarietà;

§         sui contributi sarà calcolato un tasso annuo di capitalizzazione pari al 90% della media quinquennale del tasso di rendimento del patrimonio netto investito con riferimento al quinquennio precedente. Viene in ogni caso garantito un tasso minimo di capitalizzazione pari all’1,50% annuo;

§         il montante individuale così ottenuto sarà poi moltiplicato per il coefficiente di trasformazione relativo all’età del soggetto al momento del pensionamento;

§         l’ammontare della pensione viene poi maggiorato in relazione all’anzianità contributiva maturata presso l’ente previdenziale, applicando la relazione matematica prevista all’allegato 1 del citato decreto legislativo.

Il meccanismo di calcolo è volto a compensare, ai fini dell’importo della pensione, il fatto che per i liberi professionisti le aliquote contributive sono molto più basse di quelle vigenti per i lavoratori dipendenti e per gli artigiani e commercianti. Pertanto si prevede una soglia minima del tasso di capitalizzazione, per consentire di elevare l’importo della prestazione e ridurre quindi la differenza rispetto all’importo calcolato con il metodo retributivo, con particolare beneficio per le anzianità contributive più elevate. Inoltre, la formula di calcolo di cui all’allegato 1 permette di “correggere” l’importo calcolato con il metodo contributivo, avvicinandolo gradualmente all’importo di pensione che sarebbe derivato utilizzando il metodo vigente per l’ente previdenziale (generalmente retributivo).

Con esclusivo riferimento agli enti previdenziali privatizzati, si prevede una “clausola di salvaguardia” per coloro che abbiano maturato, nella gestione pensionistica, un requisito contributivo uguale o superiore a quello minimo richiesto ai fini della pensione di vecchiaia: in tal caso si applica il sistema di calcolo della pensione previsto dall’ente previdenziale di appartenenza.

La misura dei trattamenti a carico degli enti previdenziali privati costituiti ai sensi del D.Lgs. 103/1996 (gestioni previdenziali per i professionisti iscritti ad appositi elenchi) viene determinata secondo i rispettivi ordinamenti[250].

Le quote di pensione sono reversibili ai superstiti nei limiti previsti dalle singole gestioni. Si prevede inoltre un sistema di “conversione” dei periodi di iscrizione nelle varie gestioni a fini di uniformità.

Per quanto riguarda la rivalutazione automatica delle pensioni derivanti dalla totalizzazione, si dispone che essa sia calcolata sull’importo complessivo con oneri a carico delle gestioni interessate.

Il pagamento dei trattamenti previdenziali derivanti dalla totalizzazione sarà effettuato dall’INPS che, a tal fine, stipulerà apposite convenzioni con gli altri enti previdenziali, fermo restando che l’onere dei singoli trattamenti sarà a carico di questi ultimi, ciascuno in relazione alla propria quota ed in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizioni maturati. Il trattamento decorrerà dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda di totalizzazione; per la pensione ai superstiti la decorrenza sarà a partire dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso del dante causa.

Il D.Lgs. 42/2006 prevede inoltre, per i professionisti iscritti a gestioni previdenziali private costituite ai sensi del D.Lgs. 103/1996, la possibilità di avvalersi della ricongiunzione, ai sensi della L. 45/1990[251]. Viene peraltro escluso l’onere del versamento della riserva matematica in quanto incompatibile con il calcolo della pensione secondo il metodo contributivo.

 

Il comma in esame, in primo luogo (lettera a)), novellando l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 42 del 2006, riduce la durata minima che devono presentare i periodi assicurativi per poter essere cumulati e così amplia la possibilità di usufruire dell’istituto della totalizzazione. Si prevede infatti che sono cumulabili i periodi assicurativi di durata non inferiore a tre anni (mentre la vigente normativa richiede una durata minima di sei anni).

 

Inoltre, novellando l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 184 del 1997[252], si modifica la disciplina relativa al cumulo dei periodi assicurativi per i soggetti i cui trattamenti pensionistici sono liquidati esclusivamente con il sistema contributivo (lettera b)).

 

Si ricorda che il cumulo dei periodi assicurativi, per i soggetti i cui trattamenti pensionistici sono liquidati esclusivamente con il sistema contributivo, è disciplinato dall’articolo 1 del D.Lgs. 184/1997, in attuazione della delega conferita dall’articolo 1, comma 39, della L. 335/1995.

La disciplina in questione attribuisce al lavoratore iscritto a due o più gestioni previdenziali, che non abbia maturato in alcuna delle predette gestioni il diritto al trattamento pensionistico, la possibilità di cumulare i periodi assicurativi per il perfezionamento dei requisiti per la pensione di vecchiaia, indipendentemente dalla durata dell’iscrizione presso ogni singola gestione previdenziale. A tali lavoratori spettano le quote di pensione relative alle posizioni assicurative costituite nelle rispettive gestioni previdenziali, calcolate ciascuna con le norme applicabili per ogni singola gestione.

Inoltre si prevede che gli enti privatizzati gestori delle forme di previdenza obbligatoria a favore di liberi professionisti, possono riconoscere al professionista il computo dei periodi contributivi non coincidenti posseduti presso altre forme di previdenza obbligatoria al solo fine del conseguimento dei requisiti contributivi previsti dall'ordinamento giuridico di appartenenza per il diritto a pensione e non per la misura di quest'ultima.

 

Con la modifica in esame, al fine di poter cumulare i periodi assicurativi, viene eliminato il requisito di non aver maturato in alcuna delle predette gestioni il diritto al trattamento pensionistico.

 

Il comma 77 reca modifiche alla disciplina relativa al riscatto della durata dei corsi universitari di studio di cui all’articolo 2 del D.Lgs. 184 del 1997, in modo da rendere meno oneroso e più conveniente il riscatto della durata dei corsi di studio universitario.

 

L’articolo 2 del D.Lgs. 184/1997attribuisce la facoltà di riscattare la durata dei corsi legali di studio universitario a seguito dei quali siano stati conseguiti i rispettivi diplomi a tutti gli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (AGO) e agli iscritti ai fondi sostitutivi ed esclusivi della medesima assicurazione nonché agli iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995.

L'onere del riscatto è determinato con le disposizioni che disciplinano la liquidazione della pensione con il sistema retributivo o con quello contributivo, tenuto conto della collocazione temporale dei periodi oggetto di riscatto.

 

In primo luogo, aggiungendo il comma 4-bis all’articolo 2 del D.Lgs. 184 del 1997, si dispone che gli oneri del riscatto, con esclusivo riferimento alle domande presentate a decorrere dal 1° gennaio 2008, possono essere versati alle gestioni previdenziali di appartenenza in unica soluzione oppure in 120 rate mensili senza che si faccia luogo all’applicazione di interessi per la dilazione (lettera a)).

Si evidenzia che, rispetto alla normativa vigente, viene ampliato il periodo di rateizzazione e si eliminano gli interessi per la dilazione.

 

Con un'altra modifica, si aggiungono due ulteriori commi alla fine dell’articolo 2 del D.Lgs. 184 del 1997 (lettera b)).

 

Con il nuovo comma 5-bis, si introduce una norma volta a permettere il riscatto della durata dei corsi universitari di studio anche per i soggetti che non abbiano ancora iniziato l’attività lavorativa e quindi non iscritti ad alcuna gestione previdenziale. In tal modo si introduce una possibilità di riscatto meno onerosa rispetto alla normativa vigente, in ragione delle particolari modalità di calcolo del contributo per il riscatto (cfr. infra).

Si dispone che nel caso in questione il contributo da riscatto è versato all’INPS e rivalutato secondo la disciplina del sistema contributivo, avendo come riferimento la data della domanda di riscatto; il montante contributivo maturato viene trasferito, su richiesta dell’interessato, presso la forma di previdenza alla quale sia iscritto o sia stato iscritto.

Si dispone inoltre che l’onere del riscatto è costituito dal versamento di un contributo, per ogni anno che si intende riscattare, pari al livello minimo imponibile annuo ai fini del versamento dei contributi previdenziali dovuti alle gestioni degli artigiani e degli esercenti attività commerciali, moltiplicato per l’aliquota di computo dei trattamenti pensionistici dell’AGO per i lavoratori dipendenti.

 

Si ricorda che l’art. 1, comma 3, della L. 233/1990[253], prevede che il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali dovuti alle gestioni degli artigiani e degli esercenti attività commerciali da ciascun iscritto è stabilito nella misura del minimale annuo di retribuzione che si ottiene moltiplicando per 312 il minimale giornaliero stabilito per gli operai del settore artigianato e commercio.

 

Viene precisato che il contributo per il riscatto è deducibile fiscalmente dall’interessato e detraibile nella misura del 19% dall’imposta dovuta dai soggetti di cui l’interessato è fiscalmente a carico.

 

Con il nuovo comma 5-ter, invece, derogando all’articolo 1, comma 7, della L. 335 del 1995, si introduce nel caso di riscatto con l’applicazione del sistema contributivo una disciplina più favorevole per quanto riguarda il computo dei periodi riscattati ai fini del pensionamento.

 

Si ricorda che la citata disposizione prevede, tra l’altro, che, per le pensioni liquidate esclusivamente con il sistema contributivo, ai fini della maturazione di anzianità contributive pari o superiori a 40 anni, non concorrono le anzianità derivanti dal riscatto di periodi di studio e dalla prosecuzione volontaria dei versamenti contributivi.

 

Con il nuovo comma 5-ter si dispone quindi che, per le pensioni liquidate esclusivamente con il sistema contributivo, i periodi riscattati sono utili per la maturazione di anzianità contributive pari o superiori a 40 anni ai fini del raggiungimento del diritto al trattamento pensionistico.

 

Il comma 78 provvede, infine, alla copertura finanziaria, disponendo che agli oneri derivanti dai commi 76 e 77, pari a 200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008, si provvede riducendo in maniera corrispondente le risorse del Fondo di cui all’articolo 5, comma 8, del D.L. 81 del 2007[254].

 

Si ricorda che la richiamata disposizione istituisce, a decorrere dal 2008, un Fondo per il finanziamento, nel limite complessivo di 267 milioni di euro per l’anno 2008, di 234 milioni di euro per l’anno 2009 e di 200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010, di misure agevolative relative al riscatto degli anni del corso legale di laurea e alla totalizzazione dei periodi assicurativi maturati presso diverse gestioni previdenziali, rivolte, in particolare, ai soggetti per i quali si applichi in maniera integrale il metodo contributivo di calcolo della pensione, ai fini di migliorare la misura dei relativi trattamenti pensionistici.

 

Riguardo alle norme relative alla totalizzazione dei periodi assicurativi (attuale comma 76), la relazione tecnica allegata al ddl originario evidenzia che conseguono sia minori entrate contributive per ricongiunzione, relativamente ai soggetti che optano per la totalizzazione, sia un incremento di oneri pensionistici. In sintesi, l’effetto complessivo (in mln di euro) sarà il seguente:

 

2008

2009

2010

Maggiori oneri pensionistici al lordo fisco

-50

-109

-133

Maggiori oneri pensionistici al netto fisco

-43

-92

-112

Minori entrate per ricongiunzione al lordo fisco

-140

-76

-50

Minori entrate per ricongiunzione al lordo fisco

-107

-58

-38

Effetto complessivo al lordo fisco

-190

-185

-183

Effetto complessivo al netto fisco

-150

-150

-150

Copertura mediante riduzione Fondo art. 5 DL 81/2007 per il riscatto dei corsi di laurea

150

150

150

Effetto complessivo sui saldi di finanza pubblica

0

0

00

 

Riguardo alle norme relative al riscatto della durata dei corsi universitari di studio ai fini pensionistici (attuale comma 77), la medesima relazione tecnica evidenzia che conseguono minori entrate cui viene assicurata copertura per 50 mln di euro su base annua a valere sulle risorse, già previste a legislazione vigente, del Fondo di cui all’articolo 5, comma 8, del D.L. n. 81 del 2007.

Le minori entrate per la finanza pubblica sono state valutate sulla base delle seguenti ipotesi:

§      a) minori entrate per le nuove domande di riscatto che a normativa vigente avrebbero beneficiato di una minore possibilità di rateizzazione e maggiore onere per riduzione del tasso di interesse per rateizzazione;

§      b) maggiori entrate per effetto della previsione di un incremento di circa 12.000 domande di riscatto all’anno, di cui 6.500 per effetto della rateizzazione più vantaggiosa e circa 5.500 per effetto della possibilità di detrazione fiscale dell’onere annuo fisso di circa 4.500 euro da parte dei soggetti per i quali risulta fiscalmente a carico il giovane laureato non iscritto ad alcuna forma obbligatoria di previdenza, il quale non abbia ancora iniziato l’attività lavorativa;

§      c) minori entrate fiscali per effetto dell’estensione della deducibilità e detraibilità fiscale per i soggetti indicati alla lettera b) (ipotesi di 5.500 soggetti all’anno, per un valore medio di anni di laurea ipotizzato in 4).

Nel dettaglio gli effetti stimati sono i seguenti (valori assoluti in mln di euro):

 

 

2008

2009

2010

2011

2012

Ip. a)

-20

-57

-95

-132

-165

Ip. b)

13

39

66

93

121

Ip. c)

-1

-2

-4

-5

-6

Totale

-8

-20

-33

-44

-50

 

Viene precisato che per gli anni successivi la stratificazione delle maggiori entrate risulta essere in grado di compensare gli effetti derivanti dall’incremento del periodi di rateizzazione degli oneri di riscatto rispetto alla legislazione vigente.

Inoltre, in considerazione dell’aleatorietà della stima dell’incremento delle domande di riscatto e delle conseguenti maggiori entrate (di cui all’ipotesi b)), viene assicurata sin dal 2008 la copertura dell’onere a regime, pari a 50 mln di euro annui.

Gli effetti sui saldi di finanza pubblica risultano quindi essere i seguenti:

 

 

2008

2009

2010

2011

2012

Minori entrate

-50

-50

-50

-50

-50

Copertura mediante fondo per riscatto laurea ex art. 5 DL 81/2007

+50

+50

+50

+50

+50

Effetto complessivo

0

0

0

0

0

 


Interventi in materia di previdenza per gli iscritti alla gestione separata INPS e alla gestione separata INPGI (commi 79 e 80)

 


79. Con riferimento agli iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che non risultino assicurati presso altre forme obbligatorie, l’aliquota contributiva pensionistica e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche è stabilita in misura pari al 24 per cento per l’anno 2008, in misura pari al 25 per cento per l’anno 2009 e in misura pari al 26 per cento a decorrere dall’anno 2010. Con effetto dal 1° gennaio 2008 per i rimanenti iscritti alla predetta gestione l’aliquota contributiva pensionistica e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche sono stabilite in misura pari al 17 per cento.

80. Nel rispetto dei princìpi di autonomia previsti dall’articolo 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani provvede all’approvazione di apposite delibere intese a:

a) coordinare il regime della propria gestione separata previdenziale con quello della gestione separata di cui al comma 79, modificando conformemente la struttura di contribuzione, il riparto della stessa tra lavoratore e committente, nonchè l’entità della medesima, al fine di pervenire, secondo princìpi di gradualità, a decorrere dal 1° gennaio 2011, ad aliquote non inferiori a quelle dei collaboratori iscritti alla gestione separata di cui al comma 79;

b) prevedere forme di incentivazione per la stabilizzazione degli iscritti alla propria gestione separata in analogia a quanto disposto dall’articolo 1, commi 1202 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, stabilendo le relative modalità.


 

I commi 79 e 80 dell’articolo 1 recano disposizioni in materia previdenziale rispettivamente per gli iscritti alla gestione separata INPS e alla gestione separata INPGI.

 

In primo luogo, il comma 79 prevede l’adeguamento delle aliquote contributive pensionistiche relative ai lavoratori iscritti alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995, in modo da assicurare a tali lavoratori un trattamento pensionistico più consistente.

 

Si ricorda che sono iscritti obbligatoriamente alla Gestione separata INPS i seguenti soggetti:

§      professionisti: si tratta dei soggetti che percepiscono redditi che derivano, come disposto dall'articolo 53, comma 1, del T.U.I.R., dall'esercizio per professione abituale, anche se non esclusiva, di attività di lavoro autonomo. L'attività di cui trattasi non deve, comunque, essere condotta in forma di impresa commerciale. Rientrano, pertanto, in tale categoria e sono tenuti al pagamento del contributo previdenziale:

-       professionisti iscritti in albi senza cassa di previdenza ma titolari di partita IVA;

-       professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza ma non iscritti a quest'ultima;

-       professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza, in relazione ai redditi professionali non assoggettati a contribuzione presso la cassa stessa;

-       professionisti senza albo e senza cassa (si pensi alle professioni di consulente di informatica, esperto in marketing, traduttori o interpreti, ecc.);

§      collaboratori coordinati e continuativi: secondo quanto disposto dall'articolo 53, comma 2, del citato T.U.I.R., si considerano rapporti di collaborazione coordinata e continuativa quei rapporti aventi per oggetto la prestazione di attività, non rientranti nell'oggetto dell'arte o della professione esercitata dal contribuente ai sensi del comma 1 dello stesso articolo, che, pur avendo contenuto intrinsecamente artistico o professionale, vengono svolte a favore di un soggetto, senza vincolo di subordinazione, e sono inserite in un rapporto unitario e continuativo, con retribuzione periodica prestabilita.

Rientrano, ad esempio, in tale categoria le seguenti figure:

-       amministratori, sindaci o revisori di società, associazioni ed altri enti;

-       membri di commissione e collegi;

-       soggetti che collaborano a giornali, riviste, enciclopedie e simili, tranne i casi in cui si rientri nel diritto d'autore;

-       amministratori di condominio;

§      venditori porta a porta: sono i soggetti incaricati delle vendite a domicilio (come definiti dall'articolo 36 della L. 11 giugno 1971, n. 426, recante la disciplina del commercio). Per effetto dell'articolo 44, comma 2, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, dal 1° gennaio 2004 devono essere iscritti alla Gestione separata, come pure gli esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, solo qualora il reddito annuo sia superiore a € 5.000;

§      titolari di borse di studio: per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca (L. 3 agosto 1998, n. 315, articolo 1); per il sostegno della mobilità internazionale degli studenti ed assegni per attività di tutorato o didattico-integrative, propedeutiche o di recupero (D.L. 105 del 2003, convertito dalla L. 170 del 2003);

§      pensionati: coloro che, pur in quiescenza, svolgono le attività sopradescritte; sono tenuti alla contribuzione alla Gestione separata in relazione ai soli redditi percepiti a seguito dell'esercizio di dette attività[255];

§      lavoratori dipendenti: sono naturalmente soggetti alla contribuzione in questione anche i lavoratori dipendenti, sia privati che pubblici, che percepiscono compensi che non sono già assoggettati a contribuzione previdenziale obbligatoria.

§      associati in partecipazione: per effetto del comma 157 dell'articolo 1 della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

 

In particolare il comma in esame dispone:

 

§      l’incremento al 24% per il 2008, al 25% per il 2009 e al 26% a decorrere dal 2010 dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995 dagli iscritti che non siano assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie;

§      l’incremento al 17% a decorrere dal 1° gennaio 2008 dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995 dai rimanenti iscritti rispetto a quelli di cui sopra (cioè dai soggetti già titolari di pensione o dai soggetti già assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie).

 

Viene corrispondentemente incrementata la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche.

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 1, comma 770 della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) ha già stabilito, a decorrere dal 2007, un incremento delle aliquote contributive pensionistiche relative agli iscritti alla gestione separata in questione, nella misura del 23% per gli iscritti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie, e del 16% per gli iscritti già titolari di pensione o già assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie.

 

Si consideri, inoltre, che il comma 10 della legge in esame (alla cui scheda si rinvia per maggiori dettagli) prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2011, un innalzamento nella misura di 0,09 punti percentuali, delle aliquote contributive di finanziamento e per il computo delle prestazioni pensionistiche relative, tra le altre, alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, con riferimento agli iscritti che non risultino assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie.

 

Per quanto attiene al comma 79, la relazione tecnica allegata al ddl originario considera separatamente gli effetti finanziari relativi ai lavoratori non iscritti ad altre forme pensionistiche rispetto a quelli relativi ai rimanenti iscritti alla Gestione separata INPS.

Per quanto riguarda i lavoratori non iscritti ad altre forme pensionistiche, sulla base dei seguenti parametri:

o        la stima dei redditi dei richiamati lavoratori è pari a circa 17 mld di euro nel 2008. Tale importo, secondo la relazione tecnica, deriva da una stima prudenziale dovuta principalmente al fatto che non si è considerato alcun sviluppo incrementale rispetto ai dati 2006, ritenendo che tale sviluppo sia stato in parte assorbito dagli effetti degli articoli 61-69 del D.Lgs. 276 del 2003, concernenti il lavoro a progetto, e da effetti comportamentali conseguenti agli incrementi di aliquota deliberati da successivi provvedimenti;

o        le aliquote contributive risultano essere le seguenti:

 

2008

2009

2010

Aliquota contributiva pensionistica vigente

23,0%

23,0%

23,0%

Aliquota contributiva pensionistica disposizione in esame

24,0%

25,0%

26,0%

o        l’aliquota fiscale risulta essere pari al 25,

 

conseguono le seguenti maggiori entrate contributive (dati in mln di euro, impatto in termini di indebitamento netto delle PA):

 

 

2008

2009

2010

al lordo effetti fiscali[256]

170

340

510

al netto effetti fiscali

153

258

382

 

La stessa relazione, inoltre, evidenzia che dagli incrementi delle aliquote di computo delle prestazioni pensionistiche conseguono effetti di maggior spesa molto contenuti nel breve periodo, da considerarsi inglobati nelle valutazioni prudenziali in precedenza riportate. Nel medio-lungo periodo, sempre secondo la relazione, l’incremento della spesa pensionistica è valutabile nell’ordine dello 0,01% del PIL dal 2040 e crescente fino allo 0,02% del PIL nel 2050.

 

Per quanto riguarda invece i rimanenti iscritti alla Gestione separata INPS, sulla base dei seguenti parametri:

-       la stima del monte redditi di tali lavoratori risulta pari, per il 2008, a ca. 10,7 mld di euro;

-       l’aliquota pari al 17% dal 2008,

conseguono le seguenti maggiori entrate (importi in mln di euro, impatto in termini di indebitamento netto delle PA):

 

 

2008

2009

2010

Entrate contributive al lordo effetti fiscali

107

107

109

Entrate contributive al netto effetti fiscali

90

69

79

Maggiori oneri per maggiori prestazioni

0

-1

-2

Effetto complessivo al netto effetti fiscali

90

68

77

 

Dalle disposizioni del comma 79, quindi, sempre secondo la relazione tecnica, derivano complessivamente i seguenti effetti (importi in mln di euro, impatto in termini di indebitamento netto delle PA): 

 

 

2008

2009

2010

al lordo effetti fiscali

277

446

617

al netto effetti fiscali

243

326

459

 

Il successivo comma 80 reca disposizioni concernenti la gestione separata previdenziale dell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI).

 

L'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani "Giovanni Amendola", già riconosciuto con il R.D. 25 marzo 1926, n. 838, è stato istituito con la L. 1564/1951[257], e con la L. 1122/1955[258], di consolidamento tecnico-amministrativo.

L’INPGI è una fondazione dotata di personalità giuridica di diritto privato incaricata di pubbliche funzioni a norma dell'art. 38 della Costituzione, con autonomia gestionale, organizzativa e contabile, ai sensi dell'articolo 1 del D.Lgs. 509/1994 (recante disciplina della trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza)[259].

L'INPGI gestisce, in regime sostitutivo e con regolamentazione autonoma, tutte le forme assicurative obbligatorie di previdenza ed assistenza a favore dei giornalisti praticanti, professionisti e pubblicisti titolari di rapporti di lavoro dipendente, stipulati in base al CNLG, ed autonomo. L'ente è retto dallo Statuto e dal Regolamento[260].

All'Ordine dei giornalisti appartengono i giornalisti professionisti e i pubblicisti, iscritti nei rispettivi elenchi dell'albo. Presso ogni Consiglio dell'Ordine regionale o interregionale, è istituito l'albo dei giornalisti che hanno la loro residenza nel territorio compreso nella circoscrizione del Consiglio. L'albo è ripartito in due elenchi, l'uno dei professionisti, l'altro dei pubblicisti[261].

Ai sensi del D.Lgs. 103/1996, a decorrere dal 1° gennaio 1996, i giornalisti professionisti e pubblicisti iscritti negli appositi elenchi di categoria ed i praticanti giornalisti iscritti nell'apposito Registro che esercitano attività autonoma di libera professione senza vincolo di subordinazione, anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa ancorché svolgano contemporaneamente attività di lavoro subordinato, sono obbligatoriamente iscritti alla gestione previdenziale separata dell'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani. Sono inoltre obbligatoriamente iscritti presso l'INPGI i giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti, i quali esercitino attività di natura giornalistica alle dipendenze della Pubblica Amministrazione e i cui rapporti di lavoro siano regolati dal contratto nazionale giornalistico.

L'INPGI gestisce l'assicurazione IVS, l'assicurazione contro la disoccupazione, il Fondo di garanzia TFR, il contributo di mobilità e gli assegni familiari dei giornalisti.

A queste si aggiungono la previdenza integrativa, l'addizionale previdenza integrativa, il contributo solidarietà e l'assicurazione infortuni. L'onere contributivo è ripartito tra datore di lavoro e lavoratore. In base alla delibera n. 116 del Consiglio di amministrazione dell'INPGI dell’11 maggio 2004, la contribuzione complessiva spettante all'INPGI, dal 1° gennaio 2005, è pari al 31,23% della retribuzione imponibile. Di questa percentuale, il 22,54% è a carico dell'azienda e l' 8,69% è a carico del giornalista[262].

 

La seguente tabella evidenzia le varie fattispecie contributive.

 

Assicurazioni

Datore (%)

Lavoratore (%)

Totale (%)

IVS

20,28

8,69

28,97

DS

1,61

=

1,61

TFR

0,30

=

0,30

Mobilità

0,30

=

0,30

ANF

0,05

=

0,05

TOTALE

22,54

8,69

31,23

 

Sono inoltre dovute le seguenti contribuzioni:

§       aliquota aggiuntiva FLPD: a decorrere dal 1° gennaio 1993, sulla quota di retribuzione eccedente la prima fascia di retribuzione pensionabile (ai sensi dell’articolo 7 del Regolamento), è dovuta in favore di tutti i regimi pensionistici dei dipendenti pubblici e privati che prevedano aliquote contributive a carico del lavoratore inferiori al 10%, un'aliquota aggiuntiva al FPLD dell'1% a carico del lavoratore (articolo 3-ter del D.L. 384/1992[263]);

§       contributo infortuni: istituito nel 1955, a decorrere dal 1° settembre 2003, il contributo, per ogni giornalista professionista e praticante di cui all'art. 38 del CCNL, già pari ad euro 6,71 mensili, è elevato ad euro 11,88 mensili. Tale aumento riguarda tutti i giornalisti iscritti all'INPGI, ad eccezione di coloro i quali hanno un rapporto di lavoro regolato dal CCNL giornalistico AER-Anti e Corallo/FNSI (circolare 30 settembre 2003, n. 8).

§       contributo apprendisti: per i giornalisti dipendenti da aziende editoriali ai quali si applichi la normativa contributiva prevista per gli apprendisti, i contributi settimanali (senza quota INAIL), al netto del contributo di maternità, sono pari (per il 2006) a 2,88 euro[264];

§       fondo integrativo di previdenza (a carico del datore di lavoro): 1,50% (questo contributo non è dovuto per i giornalisti praticanti, per i giornalisti pubblicisti e per i giornalisti professionisti con contratto a termine);

§       addizionale Fondo integrativo (a carico del datore di lavoro): 0,35% (questo contributo non è dovuto per i giornalisti praticanti, per i giornalisti pubblicisti e per i giornalisti professionisti con contratto a termine)[265];

§       contributo di solidarietà: ai sensi del D.L. 103/1991[266] (articolo 9 bis), è pari al 10% ed è dovuto sia sull'importo dell'1,50% per il Fondo Integrativo, sia sugli importi CASAGIT a carico Azienda e su altre somme eventualmente corrisposte[267].

 

In particolare, si prevede che nell’ambito dei principi di autonomia di cui al D.Lgs. 509/1994, l’INPGI debba approvare apposite delibere intese:

 

§      al coordinamento del regime della propria gestione separata previdenziale con quello della gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, modificando conformemente la struttura di contribuzione, il riparto della stessa tra lavoratore e committente, nonché l’entità della medesima, al fine di pervenire, secondo principi di gradualità, a decorrere dal 1° gennaio 2011, ad aliquote non inferiori a quelle dei collaboratori iscritti alla gestione separata INPS (comma 80, lettera a));

§      alla previsione di forme di incentivazione per la stabilizzazione degli iscritti alla propria gestione separata in analogia a quanto disposto dall’articolo 1, commi 1202 e ss. della L. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), stabilendo le relative modalità (comma 80, lettera b)).

 

I commi 1202-1210 dell’articolo 1 della L. 296/2006, in attesa di una modifica della disciplina in materia di totalizzazione e ricongiunzione dei periodi assicurativi, sono volti a promuovere la “trasformazione” di rapporti di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.), anche a progetto, in rapporti di lavoro subordinato e a favorire il corretto utilizzo dei medesimi rapporti di collaborazione[268].

Più in dettaglio si dispone:

§         che i datori di lavoro che intendono procedere alla suddetta trasformazione dei rapporti di lavoro sono tenuti – anche per garantire un utilizzo corretto dei rapporti di co.co.co – a stipulare entro il 30 aprile 2007[269] appositi accordi aziendali o territoriali, se nelle aziende non siano presenti le rappresentanze sindacali unitarie o aziendali, con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative (comma 1202);

§         che gli accordi sottoscritti promuovono la trasformazione dei rapporti di co.co.co. in rapporti di lavoro subordinato. Al riguardo si prevede che i lavoratori, a seguito dell’accordo, sottoscrivono appositi atti di conciliazione individuale ai sensi degli articoli 410 e 411 c.c. e che i contratti di lavoro subordinato stipulati a tempo indeterminato godono dei benefici previsti dalla legislazione vigente[270] (comma 1203);

§         che le parti possono stabilire, anche mediante accordi interconfederali, misure volte a prevedere condizioni più favorevoli per i lavoratori che continuano ad essere utilizzati con rapporti di co.co.co. (comma 1204);

§         che la validità degli atti di conciliazione è subordinata all’adempimento dell’obbligo da parte del datore di lavoro del versamento alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995, a titolo di contributo straordinario finalizzato al miglioramento del trattamento previdenziale, di una somma pari alla metà della quota di contribuzione a carico dei committenti per i periodi pregressi di svolgimento del rapporto di co.co.co., per ciascun lavoratore interessato alla trasformazione del medesimo rapporto (comma 1205);

§         che i datori di lavoro sono tenuti a depositare presso l’INPS gli atti di conciliazione insieme ai contratti stipulati con i lavoratori e all’attestazione del versamento di un terzo di quanto complessivamente dovuto a titolo di contributo straordinario integrativo alla gestione separata INPS. La parte rimanente del contributo deve essere versata in trentasei rate mensili. Il Ministero del lavoro, di concerto con il Ministero dell’economia, approva gli accordi stipulati con riferimento alla possibilità di integrare la posizione contributiva del lavoratore interessato presso la gestione separata INPS nella misura massima occorrente per il raggiungimento del livello contributivo previsto nel FPLD (comma 1206);

§         che gli atti di conciliazione producono gli effetti degli artt. 410 e 411 c.c. con riferimento ai diritti di natura retributiva, contributiva e risarcitoria relativi al periodo pregresso e che il regolare versamento del contributo straordinario integrativo determina l’estinzione dei reati previsti dalle leggi speciali in materia di versamenti di contributi o premi e di imposte sui redditi, nonché di obbligazioni per sanzioni amministrative e per ogni altro onere accessorio connesso alla denuncia e il versamento di contributi e premi. Per effetto degli atti di conciliazione è precluso ogni accertamento di natura fiscale e contributiva per i pregressi periodi di lavoro prestato come co.co.co. dai lavoratori interessati dalla trasformazione del rapporto (comma 1207);

§         che possono avvalersi della procedura di trasformazione dei rapporti di lavoro anche i datori di lavoro che siano stati destinatari di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali non definitivi concernenti la qualificazione del rapporto di lavoro. Comunque per accedere alla procedura di trasformazione dei rapporti di lavoro il datore di lavoro deve stabilizzare tutti i lavoratori per i quali sussistono le stesse condizioni dei lavoratori oggetto di accertamenti ispettivi. Gli effetti di tali provvedimenti sono comunque sospesi, dopo la presentazione dell’istanza, fino al completo assolvimento degli obblighi contributivi e procedurali di cui ai commi 1205 e 1206 (comma 1208);

§         che è autorizzata la spesa di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 ai fini dell’attuazione delle disposizioni in esame (comma 1209)[271];

§         che i rapporti di lavoro subordinato instaurati a seguito della trasformazione del rapporto di lavoro dei co.co.co. debbano avere una durata non inferiore a 24 mesi (comma 1210).

 

Per quanto attiene al comma 80, la relazione tecnica allegata al ddl originario precisa quanto segue:

§      la disposizioni di armonizzazione delle aliquote contributive può determinare maggiori entrate contributive, i cui effetti positivi però non possono essere scontati nel provvedimento, in quanto derivanti dalla autonoma scelta dell’INPGI in questo senso;

§      l’incentivazione per la stabilizzazione degli iscritti alla gestione separata presso l’INPGI, che si concretizza nel passaggio da rapporti di co.co.co. e di lavoro a progetto in rapporti di lavoro subordinato attraverso la stipula di determinati accordi, appare subordinata all’adempimento del versamento del contributo i solidarietà da parte del datore di lavoro, per una somma pari alla metà della quota di contribuzione a carico dei committenti. In questo senso la disposizione può determinare minori entrate per l’INPGI, valutate dallo stesso Ente in un importo massimo di circa 32 mln di euro per il 2008. Inoltre, non si scontano in questo calcolo gli effetti positivi connessi all’ampliamento della base imponibile a fini contributivi e alla maggiore aliquota contributiva applicabile ai lavoratori subordinati.

 

Pertanto si avranno i seguenti effetti finanziari:

 

2008

2009

2010

-32

0

0

 


Riordino della normativa in materia di occupazione femminile
(comma 81)

 


81. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, del Ministro per i diritti e le pari opportunità e del Ministro delle politiche per la famiglia, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di occupazione femminile, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) previsione, nell’ambito dell’esercizio della delega in tema di riordino degli incentivi di cui al comma 30, lettera b), di incentivi e sgravi contributivi mirati a sostenere i regimi di orari flessibili legati alle necessità della conciliazione tra lavoro e vita familiare, nonchè a favorire l’aumento dell’occupazione femminile;

b) revisione della vigente normativa in materia di congedi parentali, con particolare riferimento all’estensione della durata di tali congedi e all’incremento della relativa indennità al fine di incentivarne l’utilizzo;

c) rafforzamento degli istituti previsti dall’articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53, con particolare riferimento al lavoro a tempo parziale e al telelavoro;

d) rafforzamento dell’azione dei diversi livelli di governo e delle diverse amministrazioni competenti, con riferimento ai servizi per l’infanzia e agli anziani non autosufficienti, in funzione di sostegno dell’esercizio della libertà di scelta da parte delle donne nel campo del lavoro;

e) orientamento dell’intervento legato alla programmazione dei Fondi comunitari, a partire dal Fondo sociale europeo (FSE) e dal Programma operativo nazionale (PON), in via prioritaria per l’occupazione femminile, a supporto non solo delle attività formative, ma anche di quelle di accompagnamento e inserimento al lavoro, con destinazione di risorse alla formazione di programmi mirati alle donne per il corso della relativa vita lavorativa;

f) rafforzamento delle garanzie per l’applicazione effettiva della parità di trattamento tra donne e uomini in materia di occupazione e di lavoro;

g) realizzazione, anche ai fini di cui alla lettera e), di sistemi di raccolta ed elaborazione di dati in grado di far emergere e rendere misurabili le discriminazioni di genere anche di tipo retributivo;

h) potenziamento delle azioni intese a favorire lo sviluppo dell’imprenditoria femminile;

i) previsione di azioni e interventi che agevolino l’accesso e il rientro nel mercato del lavoro delle donne, anche attraverso formazione professionale mirata con conseguente certificazione secondo le nuove strategie dell’Unione europea;

l) definizione degli adempimenti dei datori di lavoro in materia di attenzione al genere.


 

Il comma 81 dell’articolo 1 delega il Governo ad adottare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, del Ministro per i diritti e le pari opportunità e del Ministro delle politiche per la famiglia, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di occupazione femminile. L’emanazione dei decreti legislativi avviene sentite le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, in conformità all’articolo 117 della Costituzione ed agli Statuti delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, e alle relative norme di attuazione, garantendo altresì l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

 

I decreti legislativi devono attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

§      previsione, nell’ambito dell’esercizio della delega in tema di riordino degli incentivi di cui al precedente articolo 9, comma 1, lettera b), di incentivi e sgravi contributivi mirati a sostenere i regimi di orari flessibili legati alle necessità della conciliazione tra lavoro e vita familiare, nonché a favorire l’aumento dell’occupazione femminile (comma 81, lettera a));

§      revisione della disciplina vigente in materia di congedi parentali, con particolare riguardo all’estensione della durata di tali congedi e all’incremento del trattamento economico dei medesimi in modo da incentivare l’utilizzo di questi importanti strumenti (comma 81, lettera b));

§      rafforzamento degli istituti previsti dall’articolo 9 della L. 53 del 2000[272], con particolare riferimento al lavoro a tempo parziale e al telelavoro (comma 81, lettera c)).

L’articolo 9 della L. 53/2000 reca disposizioni concernenti determinate misure a sostegno della flessibilità dell’orario di lavoro. In particolare, il comma 1, al fine di promuovere e incentivare azioni volte a conciliare tempi di vita e tempi di lavoro, nell'ambito del Fondo delle politiche per la famiglia di cui all'articolo 19 del D.L. 223/2006[273], destina annualmente una quota individuata con decreto del Ministro delle politiche per la famiglia, al fine di erogare contributi, di cui almeno il 50% destinati ad imprese fino a 50 dipendenti, in favore di aziende, A.S.L. e aziende ospedaliere che applichino accordi contrattuali che prevedano azioni positive per le finalità di cui allo stesso comma 1, ed in particolare:

o        progetti articolati per consentire alla lavoratrice madre o al lavoratore padre, anche quando uno dei due sia lavoratore autonomo, ovvero quando abbiano in affidamento o in adozione un minore, di usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, tra cui part-time, telelavoro e lavoro a domicilio, orario flessibile in entrata o in uscita, banca delle ore, flessibilità sui turni, orario concentrato, con priorità per i genitori che abbiano bambini fino a dodici anni di età o fino a quindici anni, in caso di affidamento o di adozione, ovvero figli disabili a carico (comma 1, lettera a));

o        programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori dopo il periodo di congedo (comma 1, lettera b));

o        progetti che consentano la sostituzione del titolare di impresa o del lavoratore autonomo, che benefici del periodo di astensione obbligatoria o dei congedi parentali, con altro imprenditore o lavoratore autonomo (comma 1, lettera c));

o        interventi ed azioni comunque volti a favorire la sostituzione, il reinserimento, l'articolazione della prestazione lavorativa e la formazione dei lavoratori con figli minori o disabili a carico ovvero con anziani non autosufficienti a carico (comma 1, lettera d));

 

§      rafforzamento dell’azione dei diversi livelli di governo e delle diverse amministrazioni competenti, con riferimento ai servizi per l’infanzia e agli anziani non autosufficienti, in funzione di sostegno dell’esercizio della libertà di scelta da parte delle donne nel campo del lavoro (comma 81, lettera d));

 

§         orientamento dell’intervento legato alla programmazione dei Fondi comunitari, a partire dal Fondo sociale europeo (FSE) e dal Programma operativo nazionale (PON), in via prioritaria per l’occupazione femminile, a supporto non solo delle attività formative ma anche di quelle di accompagnamento ed inserimento al lavoro, con destinazione di risorse alla formazione di programmi mirati alle donne per il corso della relativa vita lavorativa (comma 81, lettera e));

 

§         rafforzamento delle garanzie per l’applicazione effettiva della parità di trattamento tra donne e uomini in materia di occupazione e di lavoro (comma 81, lettera f));

 

§         realizzazione, anche ai fini di cui alla precedente lettera f), di sistemi di raccolta ed elaborazione di dati in grado di far emergere e rendere misurabili le discriminazioni di genere anche di tipo retributivo (comma 81, lettera g));

 

§         potenziamento delle azioni intese a favorire lo sviluppo dell’imprenditoria femminile. (comma 81, lettera h));

 

§         previsione di azioni ed interventi che agevolino l’accesso ed il rientro nel mercato del lavoro delle donne, anche mediante una formazione professionale mirata con conseguente certificazione secondo le nuove strategie in ambito comunitario (comma 1, lettera i));

 

§         definizione degli adempimenti dei datori di lavoro in materia di attenzione al genere (comma 1, lettera l)).


Modifica all'articolo 8 del decreto legislativo 5 dicembre 2005,
n. 252 (comma 82)

 


82. All’articolo 8, comma 12, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, le parole: «Il finanziamento delle forme pensionistiche complementari può essere altresì attuato delegando» sono sostituite dalle seguenti: «Per i soggetti destinatari del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 565, anche se non iscritti al fondo ivi previsto, sono consentite contribuzioni saltuarie e non fisse. I medesimi soggetti possono altresì delegare».


 

Il comma 82 dell’articolo 1 reca disposizioni in materia di finanziamento delle forme pensionistiche complementari, novellando il comma 12 dell’articolo 8 del D.Lgs. 252 del 2005[274].

 

Si ricorda, in primo luogo, che la nuova disciplina in materia di previdenza complementare introdotta dal D.Lgs. 252/2005 è entrata in vigore dal 1° gennaio 2007, poiché l’articolo 1, comma 749, della legge finanziaria 2007 ha anticipato di un anno la decorrenza della vigenza della medesima disciplina rispetto alla data inizialmente prevista (fissandola quindi al 1° gennaio 2007 anziché al 1° gennaio 2008).

L’articolo 8 del D.Lgs. 252/2005 ha innovato profondamente la disciplina del finanziamento delle forme pensionistiche complementari, rispetto alle disciplina di cui all’articolo 8 del D.Lgs. 124/1993[275].

In primo luogo si prevede che il finanziamento delle forme pensionistiche complementari possa essere attuato mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro o del committente, nonché attraverso il conferimento del TFR maturando.

Una novità di notevole rilievo è costituita dalla previsione per cui il conferimento del TFR maturando alle forme pensionistiche complementari avviene secondo modalità esplicite o tacite. In particolare, è stato introdotto l’istituto del silenzio-assenso: il conferimento del TFR a forme pensionistiche complementari ha luogo solo se il lavoratore non decida diversamente, in maniera espressa, entro sei mesi dalla data di prima assunzione. Per i lavoratori già assunti al momento dell’entrata in vigore del D.Lgs. 252/2005, i sei mesi decorrono dall’entrata in vigore dello stesso decreto. Nel caso in cui decida in maniera esplicita per il conferimento del T.F.R., il lavoratore ha inoltre facoltà di scegliere, sempre entro sei mesi, la forma pensionistica complementare cui destinarlo.

Nel caso di conferimento tacito (silenzio-assenso), a decorrere dal mese successivo alla scadenza prevista, il datore di lavoro trasferisce il T.F.R. maturando dei propri dipendenti alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, salvo sia intervenuto un diverso accordo aziendale che preveda la destinazione del T.F.R. ai fondi istituiti o promossi dalle regioni, ai fondi pensione chiusi previsti dalla contrattazione collettiva, ai fondi pensione aperti, oppure ai fondi istituiti da regolamenti di enti o aziende. Tale accordo deve essere notificato dal datore di lavoro al lavoratore, in modo diretto e personale.

In caso di presenza di più forme pensionistiche previste dai contratti o accordi collettivi, il T.F.R. è trasferito, salvo diverso accordo aziendale, a quella alla quale abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell’azienda. Infine, nel caso in cui non siano applicabili i criteri precedenti, il datore di lavoro trasferisce il TFR maturando alla forma pensionistica complementare residuale istituita presso l’INPS.

Specifiche disposizioni riguardano i lavoratori iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993, per i quali era già previsto un diverso regime, concernente la possibilità di aderire alle forme pensionistiche complementari attraverso il conferimento parziale del T.F.R.

In particolare, ai richiamati soggetti, nel caso in cui risultino già iscritti a forme pensionistiche complementari in regime di contribuzione definita alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, è consentito scegliere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, o dalla data di nuova assunzione, se successiva, se mantenere il residuo T.F.R. maturando presso il proprio datore di lavoro, ovvero conferirlo (ciò vale anche nel caso in cui non esprimano alcuna volontà) alla forma complementare collettiva alla quale gli stessi abbiano già aderito.

Nel caso in cui non risultino iscritti a forme pensionistiche complementari alla stessa data, è consentito scegliere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, se mantenere il T.F.R. maturando presso il proprio datore di lavoro, ovvero conferirlo, nella misura già fissata dagli accordi o contratti collettivi, ovvero, qualora detti accordi non prevedano il conferimento del TFR, nella misura non inferiore al 50%, con possibilità di incrementi successivi, ad una forma pensionistica complementare.

Nel caso in cui tali soggetti non esprimano alcuna volontà, si applicano i criteri di trasferimento del T.F.R. su decritti con riferimento al conferimento tacito.

Si consideri inoltre che il previgente comma 12 dell’articolo 8 del D.Lgs. 252/2005 prevedeva una particolare forma di finanziamento delle forme pensionistiche complementari, ispirandosi sostanzialmente ad una disciplina già comunque presente nel D.Lgs. 124/1993 (comma 1-bis dell’articolo 8[276]). Tuttavia, mentre nella disciplina recata dal D.Lgs. 124/1993 tale particolare forma di finanziamento delle forme pensionistiche complementari era destinata esclusivamente ai soggetti che possono iscriversi al “Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari” (cd. “Fondo per le casalinghe”) di cui al D.Lgs. 565/1996[277], anche se non iscritti, invece il comma 12 dell’articolo 8 del D.Lgs. 252/2005 estendeva la medesima forma di finanziamento a tutti i soggetti aderenti alle forme pensionistiche complementari[278].

In particolare, il medesimo comma 12 prevedeva che il finanziamento delle forme pensionistiche complementari può essere attuato anche delegando il centro servizi o l’azienda emittente la carta di credito o di debito al versamento, con cadenza trimestrale, al fondo pensione dell’importo relativo agli abbuoni accantonati a seguito di acquisti effettuati tramite moneta elettronica o altro mezzo di pagamento presso i centri vendita convenzionati. Affinché le operazioni possano considerarsi regolari, è obbligatoria la coincidenza tra il soggetto che conferisce la delega al centro convenzionato con il titolare della posizione aperta presso la forma pensionistica complementare.

 

In particolare il comma in esame, novellando il primo periodo del comma 12 dell’articolo 8 del D.Lgs. 252 del 2005, in sostanza ripristina la medesima disciplina già contenuta nel citato comma 1-bis dell’articolo 8 del D.Lgs. 124/1993. Pertanto, la menzionata particolare forma di finanziamento delle forme pensionistiche complementari viene nuovamente destinata esclusivamente ai soggetti che possono iscriversi al cd. “Fondo per le casalinghe” di cui al D.Lgs. 565 del 1996, anche se non iscritti. Inoltre, si reintroduce la previsione secondo cui i medesimi soggetti possono effettuare contribuzioni saltuarie e non fisse alle forme di previdenza complementare a cui aderiscono.


Maternità a rischio (comma 83)

 


83. All’articolo 1, comma 791, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: «17 e 22» sono sostituite dalle seguenti: «7, 17 e 22». Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono rideterminate le aliquote contributive di cui al citato articolo 1, comma 791, lettera b), della legge n. 296 del 2006.

 


Il comma 83 dell’articolo 1 reca alcune modifiche all’articolo 1, comma 791, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006), il quale ha a sua volta modificato l’articolo 64, comma 2, del D.Lgs. 151 del 2001[279], concernente la tutela della maternità per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995[280] che non risultino iscritte ad altre forme pensionistiche obbligatorie[281].

 

Più specificamente, il richiamato comma 791 è volto ad estendere alle lavoratrici inscritte alla Gestione separata INPS la tutela più ampia sotto il profilo temporale nonché sotto il profilo del trattamento economico e normativo prevista per le lavoratrici dipendenti in caso di maternità.

In primo luogo si prevede che resta ferma l’applicazione della disciplina di cui al D.M. 4 aprile 2002, per quanto riguarda l’estensione agli iscritti alla Gestione separata INPS della tutela della maternità nelle forme e con le modalità previste per il lavoro dipendente. Si ricorda che il D.M. in questione, in attuazione dell'articolo 80, comma 12, della L. 388/2000, disciplina la corresponsione e alla misura dell’indennità di maternità, dell’indennità di paternità e dell’indennità di adozione o affidamento (oltre che degli assegni familiari) ai medesimi soggetti.

In sostanza il comma in esame, con la modifica introdotta al citato articolo 64, comma 2, del D.Lgs. 151/200, attribuisce alla disciplina di cui al D.M. 4 aprile 2002 una valenza “a regime”. Si evidenzia che, per quanto riguarda l’indennità di maternità, tale disciplina ricalca sostanzialmente, quanto alla durata e alla misura, quanto previsto per i lavoratori dipendenti dal combinato disposto degli articolo 16 e 22 del D.Lgs. 151/2001.

Inoltre, aggiungendo alla fine dell’articolo 64, comma 2, del D.Lgs. 151 del 2001 un ulteriore periodo, si dispone che con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, sia disciplinato l’ambito dell’estensione alle lavoratrici in oggetto della tutela più ampia prevista per le lavoratrici dipendenti dagli articoli 17 e 22 del D.Lgs. 151/2001[282], rispettivamente per quanto riguarda l’anticipazione temporale dell’astensione obbligatoria per maternità (con diritto alla relativa indennità) e il trattamento economico e normativo connesso al congedo di maternità. Viene precisato che l'estensione alla categoria di lavoratrici in esame di tale più ampia tutela avviene nei limiti delle risorse provenienti da una specifica aliquota contributiva, da definire con il medesimo decreto ministeriale.

 

In particolare il comma in esame, novellando la lettera b) del comma 791 della L. 296 del 2006, amplia l’ambito dell’estensione alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS che non risultino iscritte ad altre forme pensionistiche obbligatorie della tutela più ampia prevista per le lavoratrici dipendenti in caso di maternità.

Più specificamente, oltre all’applicazione delle disciplina di cui agli articoli 17 e 22 del D.Lgs. 151 del 2001, si prevede anche l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 7 dello stesso decreto legislativo, relative a particolari categorie di lavori considerati vietati per le lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio.

Il richiamato articolo 7 del D.Lgs. 151/2001, infatti, dispone il divieto di adibire le lavoratrici, durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio, al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri[283].

Si prevede lo spostamento della lavoratrice ad altre mansioni per il periodo per il quale è previsto il divieto. Si prevede altresì lo spostamento ad altre mansioni anche nei casi in cui i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, accertino che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna. Nel caso in cui la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, il servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio, può disporre l'interdizione dal lavoro per tutto il periodo di riferimento.

In ogni caso, la lavoratrice adibita a mansioni inferiori a quelle abituali conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originale.

 

Il comma in esame dispone quindi che con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, siano rideterminate le aliquote contributive di cui alla lettera b) del comma 791 della L. 296 del 2006, relative al finanziamento dell’estensione alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS che non risultino iscritte ad altre forme pensionistiche obbligatorie della tutela più ampia prevista per le lavoratrici dipendenti in caso di maternità (cfr. supra).


Indennità di disoccupazione per i lavoratori sospesi (comma 84)

 


84. In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, per l’anno 2008, le indennità ordinarie di disoccupazione di cui all’articolo 13, commi 7 e 8, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono riconosciute, nel limite di 20 milioni di euro e anche in deroga ai primi due periodi dell’articolo 13, comma 10, del citato decreto-legge n. 35 del 2005, esclusivamente in base ad intese stipulate in sede istituzionale territoriale tra le parti sociali, recepite entro il 31 marzo 2008 con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che individua, altresì, l’ambito territoriale e settoriale cui appartengono le imprese che sospendono i lavoratori e il numero dei beneficiari, anche al fine del rispetto del limite di spesa di cui al presente comma.


 

Il comma 84 dell’articolo 1 reca disposizioni in materia di indennità ordinaria di disoccupazione per i lavoratori sospesi in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori, ovvero dovute alle situazioni temporanee di mercato.

 

Si ricorda che disposizioni in materia di indennità ordinaria di disoccupazione, volte ad elevare sia la durata temporale della stessa, sia la percentuale di commisurazione alla retribuzione, sono contenute nel precedente comma 25 della legge in esame, alla cui scheda si rimanda.

 

In particolare, il comma in esame prevede che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, per l’anno 2008, le indennità ordinarie di disoccupazione di cui all’articolo 13, commi 7 e 8, del D.L. 35/2005[284] (previste per i lavoratori sospesi in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori, ovvero dovute alle situazioni temporanee di mercato), siano riconosciute, nel limite di venti milioni di euro ed anche in deroga ai primi due periodi dell’articolo 13, comma 10, dello stesso D.L. 35 del 2005 (che pongono limiti alla durata massima degli interventi di sostegno al reddito in questione), esclusivamente in base ad intese stipulate in sede istituzionale territoriale tra le parti sociali, recepite entro il 31 marzo 2008 con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Con lo stesso decreto sono altresì individuati l’ambito territoriale e settoriale cui appartengono le imprese che sospendono i lavoratori ed il numero dei beneficiari, anche al fine del rispetto dei limiti di spesa in precedenza richiamato.

 

I commi da 7 a 12 dell’articolo 13 del richiamato D.L. 35/2005 hanno introdotto alcune limitazioni all'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali relativa ai lavoratori sospesi in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori, ovvero dovute alle situazioni temporanee di mercato, ed all’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti relativa ai dipendenti del settore dell’artigianato sospesi per le medesime ragioni su indicate.

In particolare, il comma 7 conferma per i lavoratori sospesi in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori, ovvero dovute alle situazioni temporanee di mercato - ferme restando le norme di cui ai successivi commi da 9 a 12 - l'attribuzione dell'indennità con requisiti normali, secondo la disciplina propria di quest'ultima, come modificata dal precedente comma 2, lettera a). Viene, tuttavia, introdotto un limite di spesa, pari a 48 milioni di euro annui, ivi inclusi gli oneri per il riconoscimento della contribuzione figurativa, dell’assegno per il nucleo familiare e quelli conseguenti gli incrementi di cui al precedente comma 2, lettera a).

Il successivo comma 8 ha riconosciuto l'indennità con requisiti ridotti per i soli dipendenti del settore dell'artigianato sospesi per le medesime ragioni su citate, confermando, sotto tale profilo limitativo, l'applicazione sin qui seguita.

Si introduce, tuttavia:

-        un limite di spesa, pari a 6 milioni di euro annui;

-        la condizione della sussistenza di un intervento integrativo, pari almeno a 20 punti percentuali[285], a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva oppure dello svolgimento, a cura degli stessi enti ed in favore dei lavoratori in oggetto, di attività di formazione e qualificazione professionale, di durata non inferiore a 120 ore.

Il comma 10 dell’articolo 13, infine, ha introdotto un limite di durata, pari a 65 giornate annue, per ciascuno dei trattamenti di cui ai precedenti commi 7 e 8. Per l'indennità con requisiti normali, è stato disposto altresì la cessazione nei casi in cui il lavoratore abbia goduto, sempre nel periodo di un anno immediatamente precedente, di 65 giornate di prestazione.

 

In sostanza, l’articolo in esame è volto a prevedere, per l’anno 2008, nel limite di 20 milioni di euro, la possibilità di concedere le indennità ordinarie di disoccupazione previste dall’art. 13, commi 7 e 8, del D.L. 35 del 2005 per i lavoratori sospesi, anche in deroga ai limiti stabiliti dal medesimo articolo 13, nei primi due periodi del comma 10, relativamente alla durata massima degli interventi di sostegno al reddito in questione.

 

Secondo la relazione tecnica allegata al ddl originario, il limite di spesa di 20 milioni di euro opera solamente per il 2008 ed esclusivamente in base alle intese stipulate tra le parti sociali recepite entro il 30 marzo 2008. Quindi, dalla disposizioni conseguono i seguenti oneri:

2008

2009

2010

-20

0

0


Modifiche alla disciplina in materia di fornitura di lavoro portuale temporaneo (comma 85-89)

 


85. Il comma 15 dell’articolo 17 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, è sostituito dal seguente:

«15. Per l’anno 2008 ai lavoratori addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle imprese e agenzie di cui ai commi 2 e 5 e per i lavoratori delle società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera b), è riconosciuta un’indennità pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile d’integrazione salariale straordinaria previsto dalle vigenti disposizioni, nonchè la relativa contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare, per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro, nonchè per le giornate di mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al programma, con le giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia risultato disponibile. Detta indennità è riconosciuta per un numero di giornate di mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di 26 giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ciascun mese, incrementato del numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità. L’erogazione dei trattamenti di cui al presente comma da parte dell’Istituto nazionale della previdenza sociale è subordinata all’acquisizione degli elenchi recanti il numero, distinto per ciascuna impresa o agenzia, delle giornate di mancato avviamento al lavoro predisposti dal Ministero dei trasporti in base agli accertamenti effettuati in sede locale dalle competenti autorità portuali o, laddove non istituite, dalle autorità marittime».

86. Le disposizioni di cui al comma 85 hanno efficacia successivamente all’entrata in vigore delle disposizioni relative alla proroga degli strumenti per il reddito dei lavoratori – ammortizzatori sociali, recate dalla legge finanziaria per l’anno 2008, a valere sulle risorse a tal fine nella stessa stanziate, nel limite massimo di 12 milioni di euro per l’anno 2008.

87. All’articolo 21 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, la parola: «trasformarsi» è sostituita dalla seguente: «costituirsi»;

b) ai commi 4, 7 e 8, la parola: «trasformazione», ovunque ricorre, è sostituita dalla seguente: «costituzione»;

c) dopo il comma 8 è aggiunto il seguente:

«8-bis. Per favorire i processi di riconversione produttiva e per contenere gli oneri a carico dello Stato derivanti dall’attuazione del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, nei porti, con l’esclusione di quelli indicati all’articolo 4, comma 1, lettere b) e c), ove sussistano imprese costituite ai sensi del comma 1, lettera b), e dell’articolo 17, il cui organico non superi le quindici unità, le stesse possono svolgere, in deroga a quanto previsto dall’articolo 17, altre tipologie di lavori in ambito portuale e hanno titolo preferenziale ai fini del rilascio di eventuali concessioni demaniali relative ad attività comunque connesse ad un utilizzo del demanio marittimo, definite con decreto del Ministro dei trasporti».

88. Il decreto di cui al comma 8-bis dell’articolo 21 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, introdotto dal comma 87, è emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

89. Il comma 13 dell’articolo 17 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, è sostituito dal seguente:

«13. Le autorità portuali, o, laddove non istituite, le autorità marittime, inseriscono negli atti di autorizzazione di cui al presente articolo, nonchè in quelli previsti dall’articolo 16 e negli atti di concessione di cui all’articolo 18, disposizioni volte a garantire un trattamento normativo ed economico minimo inderogabile ai lavoratori e ai soci lavoratori di cooperative dei soggetti di cui al presente articolo e agli articoli 16, 18 e 21, comma 1, lettera b). Detto trattamento minimo non può essere inferiore a quello risultante dal vigente contratto collettivo nazionale dei lavoratori dei porti, e suoi successivi rinnovi, stipulato dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori, comparativamente più rappresentative a livello nazionale, dalle associazioni nazionali di categoria più rappresentative delle imprese portuali di cui ai sopracitati articoli e dall’Associazione porti italiani (Assoporti)».


 

I commi da 85 a 89 dell’articolo 1 recano modifiche alla disciplina relativa alla fornitura di lavoro portuale temporaneo di cui all’articolo 17 della L. 84 del 1994[286], al fine di rendere più efficaci gli strumenti di sostegno al reddito in favore dei medesimi lavoratori.

 

In particolare, al comma 85, viene modificata la disciplina relativa alle modalità di retribuzione delle giornate di mancato avviamento al lavoro dei lavoratori portuali addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo di cui al comma 15 dell’articolo 17 citato.

 

Si ricorda che il comma 15 dell’articolo 17 della L. 84/1994 prevede che le organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative regolano le modalità di retribuzione delle giornate di mancato avviamento al lavoro dei lavoratori impiegati presso le imprese o le agenzie di fornitura di lavoro temporaneo, sulla base delle disposizioni dell'articolo 2, comma 28, della L: 23 dicembre 1996, n. 662 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1997) in materia di misure per il perseguimento di politiche attive di sostegno del reddito e dell'occupazione, e che, se ricorrono le condizioni dettate dall'articolo 1 del D.M. 27 novembre 1997, n. 477, il Ministro del lavoro di concerto con quello dell’economia emana i regolamenti previsti dal citato articolo 2, comma 28, della L. 662/1996.

 

Si consideri al riguardo che l'articolo 2, comma 28, della L. 662/1996, ha previsto che, con uno o più regolamenti adottati dal Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro del tesoro (ora dell'economia e delle finanze), entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge (1° gennaio 1997), siano definite misure di sostegno del reddito e dell'occupazione nell'ambito di processi di ristrutturazione aziendale e per fronteggiare crisi di enti ed aziende pubblici e privati erogatori di servizi di pubblica utilità, nonché per le categorie e i settori d'impresa tuttora non ricompresi nel sistema degli ammortizzatori sociali. Si prescrive al riguardo la consultazione preventiva delle organizzazioni sindacali e l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari.

In particolare, le lettere da a) ad f) definiscono i principi e i criteri direttivi per l'attuazione dell'intervento. Alla contrattazione collettiva deve essere demandata la costituzione di appositi fondi, finanziati mediante un contributo sulla retribuzione non inferiore allo 0,50%, rispetto a cui si può prevedere una partecipazione dei lavoratori con una quota non superiore al 25% del contributo stesso (lettera a) e lettera c)). Alla contrattazione collettiva è demandata, parimenti, la definizione degli specifici trattamenti e dei relativi criteri, entità e modalità, nell'ambito delle risorse disponibili e con determinazione degli importi al lordo dei relativi contributi figurativi (lett. b). Nel caso di ricorso al trattamento, è obbligatoria una contribuzione addizionale, non superiore a tre volte l’importo di quella ordinaria (lettera d)). Si prevede, inoltre, la costituzione presso l'INPS di appositi fondi gestiti con le parti sociali. La lettera f) prevede, infine, per il 1997 il conseguimento di maggiori entrate contributive nette, pari almeno a 150 miliardi.

 

Si consideri altresì che con il D.M. 27 novembre 1997, n. 477, è stato adottato, ai sensi dell'articolo 2, comma 28, della L. 662/1996, un regolamento-quadro ai fini della definizione di un sistema di ammortizzatori sociali per gli enti ed aziende erogatori di servizi di pubblica utilità nonché per le categorie attualmente sprovviste; tale disciplina è da considerarsi propedeutica, come afferma la relazione governativa, "all'adozione di specifici regolamenti per ciascuno degli ambiti che verranno individuati dalla contrattazione collettiva nazionale". La concreta definizione degli strumenti di intervento è infatti rinviata a singoli regolamenti da emanare con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro del tesoro[287], sempre in base all'articolo 2, comma 2, della L. 662 del 1996.

 

La nuova formulazione del comma 15 dell’articolo 17 della L. 84 del 1994 introduce invece un diverso meccanismo per il sostegno del reddito dei lavoratori portuali addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto a tempo indeterminato nelle imprese o agenzie di fornitura di lavoro temporaneo.

Si prevede, infatti, che per l’anno 2008, a tali lavoratori, per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro, sia riconosciuta un’indennità pari ad un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile di integrazione salariale straordinaria, oltre che la relativa contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare.

Tale indennità spetta quindi per un numero di giornate di mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di 26 giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ogni mese, incrementato dal numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità.

Viene comunque precisato che l’INPS procede all’erogazione delle provvidenze in questione solamente previa acquisizione degli elenchi predisposti dal Ministero dei trasporti recanti il numero delle giornate di mancato avviamento al lavoro distintamente per ciascuna impresa o agenzia di fornitura di lavoro temporaneo.

 

Il comma 86 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni del comma precedente, precisando che ad essi si provveda utilizzando le risorse destinate dalla legge finanziaria per il 2008 alla proroga degli strumenti per il sostegno del reddito dei lavoratori - ammortizzatori sociali, nel limite massimo di 12 milioni di euro per l’anno 2008.

 

A tal fine, il medesimo comma 86 in esame subordina l’efficacia delle disposizioni del comma precedente all’entrata in vigore delle norme contenute nella legge finanziaria per il 2008 concernenti appunto la proroga degli strumenti per il sostegno del reddito dei lavorati – ammortizzatori sociali (articolo 2, commi 521-530, della legge n. 244 del 2007).

 

Si consideri, a tale riguardo, che tutte le disposizioni della legge finanziaria per il 2008 entrano in vigore il 1° gennaio 2008, ai sensi dell’articolo 3, comma 164 (fatta eccezione per alcune disposizioni specificamente richiamate, che entrano in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della legge finanziaria).

Peraltro anche la L. 247 del 2007 in esame entra in vigore il 1° gennaio 2008, ai sensi del comma 94 della medesima legge (cfr. la relativa scheda).

 

Si ricorda che l’articolo 2, commi 521-530, della richiamata L. 244/2007 (legge finanziaria per il 2008) reca disposizioni in materia di concessione o proroga di ammortizzatori sociali.

Più in particolare, il comma 521, primo periodo, riprendendo di fatto analoghe disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 155, della L. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), nell’articolo 1, comma 410, della L. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) e nell’articolo 1, comma 1190, della L. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), prevede che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2008, il Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell'economia, possa concedere, anche in deroga alla normativa vigente, trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità) alle seguenti condizioni:

§       la concessione è subordinata alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree regionali, ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori coinvolti nei medesimi programmi;

§       tali programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa entro il 15 giugno 2008 che recepiscono intese già stipulate in sede istituzionale territoriale e inviati al Ministero del lavoro entro il 20 maggio 2008.

 

Il secondo periodo del comma 521 autorizza la proroga dei trattamenti di cassa integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale già concessi ai sensi della disciplina temporanea posta dal richiamato articolo 1, comma 1190, della L. 296/2006.

Pertanto il Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell'economia, può concedere una proroga o un'ulteriore proroga dei suddetti trattamenti, a condizione che i piani di gestione delle eccedenze (già definiti in specifici accordi conclusi in sede governativa) abbiano comportato una riduzione, nella misura pari ad almeno il 10%, del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti alla data del il 31 dicembre 2007.

Il comma 522 precisa che l’importo dei trattamenti corrisposti in base a tali provvedimenti ministeriali di proroga, viene ridotto nella misura del 10% nel caso di prima proroga, del 30% nel caso di seconda proroga e del 40% nell'ipotesi di ulteriori proroghe.

Per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 521 e 522 – riguardanti pertanto sia i casi di concessione sia quelli di proroga dei menzionati trattamenti - viene stanziato un importo complessivo di spesa pari a 460 milioni di euro, di cui 20 milioni in favore del settore agricolo, a carico del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del D.L. 148/1993[288].

Il successivo comma 523 prevede la possibilità di concede, anche per l’anno 2008, nel limite massimo di 45 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione, il trattamento di CIGS e il trattamento di mobilità ai lavoratori subordinati delle imprese del commercio con più di 50 dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo con più di 50 dipendenti e delle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti.

Il comma 524 prevede, per il 2008, il rifinanziamento degli interventi di proroga fino a 24 mesi del trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale nel caso di cessazione dell’attività dell’intera azienda, di un settore di attività, di uno o più stabilimenti o parte di essi, di cui all’articolo 1, comma 1, del D.L. 249/2004[289], destinando a tale finalità 30 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione.

Il comma 525 proroga dal 31 dicembre 2007[290] al 31 dicembre 2008 la possibilità di iscrizione nelle liste di mobilità per i lavoratori delle piccole imprese - di quelle aventi, cioè, meno di 15 dipendenti - licenziati per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro, prevista dall’art. 1, comma 1, primo periodo del D.L. 4/1998[291]. Si consideri che il diritto all'iscrizione è riconosciuto ai soli fini dei benefici contributivi conseguenti all'eventuale rioccupazione, con esclusione, cioè, dell'indennità di mobilità. Il beneficio in questione è concesso per il 2008 nel limite massimo di spesa di 45 milioni di euro, tramite l’utilizzazione di una quota corrispondente della dotazione del Fondo per l'occupazione .

Infine, i commi da 526 a 530, al fine di favorire il reinserimento lavorativo per alcune categorie di lavoratori iscritti alla gestione separata presso l’INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995 (tra cui, per esempio, i collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto), che non risultino assicurati presso altre forme di previdenza obbligatoria, prevedono l’attivazione, in via sperimentale per l’anno 2008, nei limiti complessivi di spesa di 40 milioni di euro per l’anno 2008, di appositi percorsi di formazione e riqualificazione professionale, nell’ambito dei quali prevedere anche l’erogazione in favore dei partecipanti di una prestazione economica sotto forma di voucher.

 

Il comma 87 è volto a novellare l’articolo 21 della citata L. 84 del 1994, che dispone la trasformazione delle compagnie e dei gruppi portuali in società o cooperative e detta la disciplina relativa a tale trasformazione.

 

In particolare si ricorda che il citato articolo 21, al comma 1, ha previsto l’obbligo, per le compagnie ed i gruppi portuali, di trasformarsi, entro il 18 marzo 1995:

a)       in una società secondo i tipi previsti dalla disciplina civilistica, per l'esercizio in condizioni di concorrenza delle operazioni portuali;

b)       in una società o una cooperativa secondo i tipi previsti dalla disciplina civilistica, per la fornitura di servizi, nonché, fino al 31 dicembre 1996, mere prestazioni di lavoro in deroga al divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro;

c)       in una società secondo i tipi previsti nel libro quinto, titoli V e VI, del codice civile, avente lo scopo della mera gestione, sulla base dei beni già appartenenti alle compagnie e gruppi portuali disciolti.

 

Si stabilisce inoltre, al comma 2, che, scaduto il termine di cui al comma 1 senza che le compagnie ed i gruppi portuali abbiano realizzato quanto previsto dal successivo comma 6 (cfr. infra), le autorizzazioni e le concessioni ad operare in ambito portuale, comunque rilasciate, decadono.

Ai sensi del comma 3, le società e le cooperative di cui al comma 1 hanno l'obbligo di incorporare tutte le società e le cooperative costituite su iniziativa dei membri delle compagnie o dei gruppi portuali prima della data di entrata in vigore della L. 84/1994, nonché di assumere gli addetti alle compagnie o gruppi alla medesima data. Le società o cooperative di cui al comma 1, devono avere una distinta organizzazione operativa e distinti organi sociali.

Il comma 4 dispone poi che le società derivanti dalla trasformazione succedono alle compagnie ed ai gruppi portuali in tutti i rapporti patrimoniali e finanziari.

 Inoltre, ai sensi del comma 5, qualora se ne verificassero le condizioni, ai dipendenti addetti tecnici ed amministrativi delle compagnie portuali, che non siano transitati in continuità di rapporto di lavoro nelle nuove società di cui al comma 1, è data facoltà di costituirsi in imprese secondo la disciplina dell’articolo in esame. Si precisa che alle società costituite da addetti si applica quanto previsto nei commi successivi per le società costituite dai soci delle compagnie

Viene quindi disposto, al comma 6, che entro la data di cui al comma 1, le compagnie ed i gruppi portuali possono procedere, secondo la disciplina vigente in materia, alla fusione con compagnie operanti nei porti viciniori, anche al fine di costituire nei porti di maggior traffico un organismo societario in grado di svolgere attività di impresa.

Il comma 7 stabilisce che le Autorità portuali nei porti già sedi di enti portuali e l'autorità marittima nei restanti porti provvedono a disporre la messa in liquidazione delle compagnie e gruppi portuali che entro la data del 18 marzo 1995 non abbiano adottato la delibera di trasformazione secondo le modalità di cui al comma 1 ed effettuato il deposito dell'atto per l'omologazione al tribunale competente, precisando che nei confronti di tali compagnie non potranno essere attuate le misure in favore del settore portuale e delle imprese navalmeccaniche ed armatoriali. di cui all'articolo 1, comma 2, lettera c), del D.L. 287/1995[292].

Infine, al comma 8, si dispone che, sino alla data di iscrizione nel registro delle imprese, continuano ad applicarsi, nei confronti delle compagnie e gruppi portuali che abbiano in corso le procedure di trasformazione ai sensi del comma 6, le disposizioni di cui al comma 8 dell'articolo 27 concernenti il funzionamento degli stessi, nonché le disposizioni relative alla vigilanza ed al controllo attribuite all'Autorità portuale, nei porti già sedi di enti portuali ed all'autorità marittima nei restanti porti.

 

In primo luogo, le lettere a) e b), nelle parti del testo del citato articolo 21 in cui ricorre, provvedono a sostituire il riferimento all’istituto della trasformazione con quello all’istituto della costituzione.

La lettera c), invece, aggiunge alla fine dell’articolo 21 il nuovo comma 8-bis, in base al quale, al fine di favorire i processi di riconversione produttiva e per contenere gli oneri per la finanza pubblica derivanti dall’attuazione del D.L. 148 del 1993[293], nei porti, con esclusione dei porti di categoria II, classe I (porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica internazionale) e di categoria II, classe II (porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica nazionale), qualora siano presenti imprese costituite ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera b) (cfr. supra) e dell’articolo 17, il cui organico non sia superiore alle 15 unità, le medesime potranno svolgere, in deroga a quanto stabilito dal medesimo articolo 17 (che reca disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo), anche altre tipologie di lavori in ambito portuale e beneficeranno di un titolo preferenziale per l’esercizio di eventuali concessioni demaniali relative ad attività comunque attinenti all’utilizzo del demanio marittimo, definite con decreto del Ministro dei trasporti.

 

Ai sensi del comma 88, tale decreto ministeriale deve essere emanato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame.

 

Infine, il comma 89 è volto a sostituire il comma 13 dell’articolo 17 della più volte richiamata L. 84 del 1994.

 

L’articolo 17 reca la disciplina della fornitura di lavoro temporaneo alle imprese autorizzate all'esecuzione delle operazioni portuali e dei servizi portuali.

Si prevede che le autorità portuali o, laddove non istituite, le autorità marittime, autorizzano l'erogazione delle prestazioni di fornitura di lavoro portuale temporaneo da parte di una impresa, la cui attività deve essere esclusivamente rivolta alla fornitura di lavoro temporaneo per l'esecuzione delle operazioni e dei servizi portuali, da individuare secondo una procedura accessibile ad imprese italiane e comunitarie. Detta impresa, che deve essere dotata di adeguato personale e risorse proprie con specifica caratterizzazione di professionalità nell'esecuzione delle operazioni portuali, non deve esercitare direttamente o indirettamente le attività relative alle operazioni portuali e ai servizi portuali, né deve essere detenuta direttamente o indirettamente da una o più imprese che svolgono tali attività, e neppure deve detenere partecipazioni anche di minoranza in una o più imprese che svolgono tali attività, impegnandosi, in caso contrario, a cedere dette attività e partecipazioni prima del rilascio dell'autorizzazione.

Il comma 13, in particolare, prevede che le autorità portuali o, laddove non istituite, le autorità marittime inseriscono negli atti di autorizzazione relativi alla fornitura di lavoro temporaneo di cui al all’articolo in esame, nonché negli atti di autorizzazione di cui all'articolo 16 (esecuzione di lavori portuali e di sevizi portuali) e negli atti di concessione di cui all'articolo 18 (concessione le aree demaniali e le banchine comprese nell'ambito portuale per l'espletamento delle operazioni portuali), disposizioni volte a garantire ai lavoratori e ai soci lavoratori di cooperative un trattamento normativo e retributivo minimo inderogabile. Si dispone quindi che, ai suddetti fini, il Ministero dei trasporti, di concerto con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, promuove specifici incontri fra le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale, le rappresentanze delle imprese, dell'utenza portuale e delle imprese derivanti dalla trasformazione in società delle compagnie e gruppi portuali, e l'associazione fra le autorità portuali, diretti a determinare la stipula di un contratto collettivo di lavoro unico nazionale di riferimento. Viene inoltre precisato che fino alla stipula di tale contratto le predette parti stabiliscono a livello locale i trattamenti normativi e retributivi di riferimento per l'individuazione del minimo inderogabile.

 

Pertanto, nella nuova formulazione del citato comma 13:

§         viene confermata sostanzialmente la norma di cui al primo periodo, che prevede l’inserimento, da parte delle autorità portuali o delle autorità marittime, negli atti di autorizzazione e di concessione, di disposizioni volte a garantire ai lavoratori e ai soci lavoratori di cooperative un trattamento normativo e retributivo minimo inderogabile;

§         viene invece modificata la norma di cui al secondo periodo, prevedendosi quindi che il trattamento normativo ed economico minimo inderogabile per i lavoratori e i soci lavoratori non potrà essere inferiore a quello risultante dal vigente contratto collettivo nazionale dei lavoratori dei porti, come successivamente rinnovato, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, dalle associazioni nazionali di categoria più rappresentative delle imprese portuali e dall’Associazione Porti Italiani – Assoporti.


Procedura per l'emanazione dei decreti legislativi
(commi 90 e 91)

 


90. Gli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi della presente legge, ciascuno dei quali deve essere corredato della relazione tecnica di cui all’articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, sono deliberati in via preliminare dal Consiglio dei Ministri, sentiti le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello nazionale, nonchè, relativamente agli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi del comma 6, gli organismi a livello nazionale rappresentativi del personale militare e delle forze di polizia a ordinamento civile. Su di essi è acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sulle materie di competenza. Tali schemi sono trasmessi alle Camere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro trenta giorni dalla data di assegnazione dei medesimi schemi. Le Commissioni possono chiedere ai Presidenti delle Camere una proroga di venti giorni per l’espressione del parere, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia o per il numero degli schemi trasmessi nello stesso periodo all’esame delle Commissioni. Qualora i termini per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega, o successivamente, quest’ultimo è prorogato di sessanta giorni. Il predetto termine è invece prorogato di venti giorni nel caso in cui sia concessa la proroga del termine per l’espressione del parere. Decorso il termine di cui al terzo periodo, ovvero quello prorogato ai sensi del quarto periodo, senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Entro i trenta giorni successivi all’espressione dei pareri, il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni ivi eventualmente formulate con riferimento all’esigenza di garantire il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti, che sono espressi entro trenta giorni dalla data di trasmissione.

91. Disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi di cui al comma 90 possono essere adottate entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti medesimi, nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi previsti dalla presente legge e con le stesse modalità di cui al comma 90. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni correttive e integrative, il Governo è delegato ad adottare i decreti legislativi recanti le norme eventualmente occorrenti per il coordinamento dei decreti emanati ai sensi della presente legge con le altre leggi dello Stato e l’abrogazione delle norme divenute incompatibili.

 


I commi 90 e 91 dell’articolo 1 disciplinano la procedura per l’emanazione dei decreti legislativi da adottare ai sensi della legge in esame.

 

Il comma 90, in particolare,disponeche tutti gli schemi di decreti legislativi che verranno adottati ai sensi della legge in esame, ciascuno dei quali corredato da apposita relazione tecnica sugli effetti finanziari delle disposizioni in esso contenute, vengano deliberati in via preliminare dal Consiglio dei ministri sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello nazionale, nonché, relativamente agli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi del comma 6 (recante una delega finalizzata ad estendere l’obiettivo dell’elevazione dell’età media di accesso al pensionamento anche ai regimi pensionistici armonizzati e agli altri regimi e gestioni pensionistiche per cui siano previsti requisiti diversi da quelli vigenti nell’assicurazione generale obbligatoria: cfr. amplius la relativa scheda), gli organismi a livello nazionale rappresentativi del personale militare e delle forze di polizia a ordinamento civile.

Sugli schemi così deliberati è prevista l’acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sulle materie di competenza.

Si dispone quindi che tali schemi siano trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, da rendere entro 30 giorni dall’assegnazione. Le Commissioni parlamentari hanno la possibilità di chiedere una proroga di 20 giorni per l'espressione del parere, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia o per il numero degli schemi trasmessi nello stesso periodo all'esame delle stesse Commissioni.

Qualora i termini per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari scadano nei 30 giorni che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega, o successivamente, quest'ultimo è prorogato di sessanta giorni. Il predetto termine è invece prorogato di 20 giorni nel caso in cui sia concessa la proroga del termine per l'espressione del parere.

Decorso il termine stabilito ai fini dell’espressione del parere (30 giorni dall’assegnazione), ovvero quello eventualmente prorogato (30 giorni dall’assegnazione più ulteriori 20 giorni), senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque emanati.

 

Infine, si dispone che, entro i 30 giorni successivi all’espressione dei pareri, il Governo, qualora non intenda conformarsi alle condizioni eventualmente formulate nei medesimi pareri con riferimento all’esigenza di garantire il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione (relativo alla copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi), deve ritrasmettere alle Camere i testi, corredati dai necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle competenti Commissioni, che devono essere espressi entro 30 giorni dalla data della trasmissione.

 

Il comma 91 reca l’autorizzazione ad adottare disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi in questione entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore dei medesimi decreti, nel rispetto dei principi e criteri direttivi previsti dalla legge in esame e con le stesse modalità procedurali stabilite dal comma 90. Il medesimo comma reca altresì una delega al Governo, da esercitare entro 18 mesi dall’entrata in vigore delle disposizioni correttive e integrative, volta ad adottare i decreti legislativi recanti le norme eventualmente occorrenti per il coordinamento dei decreti emanati ai sensi della legge in esame con le altre leggi dello Stato e l'abrogazione delle norme divenute incompatibili.


Copertura finanziaria ed entrata in vigore (commi 92-94)

 


92. Le disposizioni di cui alla presente legge, le quali determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica pari a 1.264 milioni di euro per l’anno 2008, a 1.520 milioni di euro per l’anno 2009, a 3.048 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e a 1.898 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012, hanno efficacia solo successivamente all’entrata in vigore delle disposizioni relative all’istituzione del Fondo per il finanziamento del Protocollo del 23 luglio 2007 della presente legge, recate dalla legge finanziaria per l’anno 2008. Agli oneri di cui al precedente periodo si provvede a valere sulle risorse di cui al citato Fondo entro i limiti delle medesime.

93. Dall’emanazione dei decreti legislativi attuativi delle deleghe previste dai commi 28 e 29, da 30 a 33 e 81 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

94. Fatto salvo quanto previsto ai commi 86 e 92, la presente legge entra in vigore il 1° gennaio 2008.

 


 

Il comma 92 dell’articolo 1 reca la copertura finanziaria dei maggiori oneri derivanti dalle disposizioni recate dal provvedimento in esame.

 

In particolare, il comma quantifica tali oneri in:

-        1.264 milioni di euro per l’anno 2008;

-        1.520 milioni di euro per l’anno 2009;

-        3.048 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011;

-        1.898 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012[294].

 

La copertura finanziaria di tali oneri è posta a valere sulle risorse stanziate nell’apposito Fondo per il finanziamento del “Protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l’equità e la crescita sostenibili” del 23 luglio 2007, istituito dall’articolo 2, comma 508, della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007), entro il limite delle medesime risorse.

 

A tal fine, il primo periodo del comma 92 subordina l’efficacia delle disposizioni recate dal provvedimento in esame all’entrata in vigore delle norme della legge finanziaria per il 2008 che recano l’istituzione del Fondo per il finanziamento del Protocollo del 23 luglio 2007 (articolo 2, comma 508, legge n. 244 del 2007), a valere sulle cui risorse è posta la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal provvedimento in esame.

 

Si consideri, a tale riguardo, che tutte le disposizioni della legge finanziaria per il 2008 entrano in vigore il 1° gennaio 2008, ai sensi dell’articolo 3, comma 164 (fatta eccezione per alcune disposizioni specificamente richiamate, che entrano in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della legge finanziaria).

Peraltro anche la L. 24 del 2007 in esame entra in vigore il 1° gennaio 2008, ai sensi del comma 94 della medesima legge (cfr. infra).

 

La dotazione del Fondo stabilita dalla legge finanziaria risulta capiente ai suddetti fini, in quanto risulta paria 1.264 milioni di euro per il 2008, 1.520 milioni per il 2009, e a 3.048 milioni per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e 1.898 milioni di euro annui a decorrere dal 2012 (coincidendo quindi con gli oneri quantificati dal comma 92 in esame).

 

Si ricorda che il comma 508 dell’art. 2 della legge finanziaria ha istituito il Fondo prevedendo esplicitamente che esso fosse destinato alla “copertura finanziaria di specifico provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica per il triennio 2008-2010 e recante le disposizioni attuative del predetto Protocollo”, quale è il provvedimento in esame.

 

Si consideri, infine, che il comma 78 reca una specifica clausola di copertura finanziaria con riferimento alle disposizioni di cui ai precedenti commi 76 e 77 (relative alla totalizzazione dei contributi assicurativi e al riscatto della durata dei corsi universitari ai fini pensionistici), riducendo in maniera corrispondente ai relativi oneri (200 mln di euro) le risorse del Fondo di cui all’articolo 5, comma 8, del D.L. 81 del 2007 (cfr. la relativa scheda).

Inoltre, il comma 86 reca una specifica clausola di copertura finanziaria con riferimento alla disposizione di cui al precedente comma 85 (strumenti di sostegno al reddito in favore dei lavoratori portuali addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo), a valere sulle le risorse destinate dalla legge finanziaria per il 2008 alla proroga degli strumenti per il sostegno del reddito dei lavoratori - ammortizzatori sociali, nel limite massimo di 12 mln di euro per l’anno 2008 (cfr. la relativa scheda).

Pertanto la copertura finanziaria di cui al comma 92 in esame riguarda tutte le disposizioni recate dal provvedimento in esame ad eccezione della disposizione di cui ai commi 76 e 77 (per le quali provvede in maniera specifica il comma 78) e al comma 85 (per le quali provvede in maniera specifica il comma 86).

 

Ai sensi del comma 93, dall’emanazione dei decreti legislativi attuativi delle deleghe previste dai commi 28 e 29, da 30 a 33 e 81 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Si tratta delle deleghe legislative in materia di ammortizzatori sociali, di mercato del lavoro e di occupazione femminile (si rinvia alle relative schede di lettura).

 

Infine, il comma 94 dispone l’entrata in vigore della legge in esame al 1° gennaio 2008, fatto salvo quanto previsto dalle norme di copertura finanziaria di cui ai commi 86 e 92 per quanto riguarda l’efficacia delle disposizioni recate dal provvedimento in esame (cfr. supra).

 


Allegato


Protocollo su previdenza, lavoro e competitivita’
per l’equita’ e la crescita sostenibili
23 luglio 2007


1) PREMESSA

L’azione di Governo si concentra sulla priorità di promuovere una crescita economica duratura, equilibrata e sostenibile, sia dal punto di vista finanziario che sociale. In questo contesto, crescita e equità possono essere letti come obiettivi che si rinforzano a vicenda.

Una sostenuta crescita economica, infatti, genera risorse che possono essere utilizzate per interventi miranti a sviluppare una maggiore competitività del sistema paese, generare occupazione di qualità, assicurare equità e pari opportunità per tutti i cittadini.

D’altra parte, maggiore equità e inclusione sociale, oltre a essere obiettivi meritevoli di per se, permettono di mobilitare le risorse e le capacità disponibili nella nostra società, anche quelle a volte considerate marginali, per dare un contributo allo sviluppo economico e sociale del Paese.

Questi principi si concretizzano, in maniera trasversale, in diversi interventi che vanno dalla sfera della previdenza, al mercato del lavoro, alla competitività, all’inclusione sociale. Il Governo e le parti sociali convengono sulla necessità di affrontare in maniera organica e coerente questi temi, per sfruttare le sinergie derivanti dal rafforzamento del binomio crescita e equità.

In uno scenario mondiale, caratterizzato da crescente concorrenza, diventa essenziale un sistema paese in grado di competere adeguatamente. Il capitale umano, la riqualificazione professionale, la capacità di innovare diventano fattori sempre più importanti per migliorare la qualità dell’occupazione e la produttività.

D’altra parte, bisogna ridefinire il nostro sistema di welfare affinché i lavoratori siano accompagnati e dotati degli strumenti necessari per affrontare i cambiamenti e cogliere nuove opportunità. In questa prospettiva, il Governo e le parti sociali convengono sulla necessità di ridefinire gli ammortizzatori sociali per sostenere i lavoratori in difficoltà e, allo stesso tempo, favorire processi formativi mirati a conseguire una ricollocazione adeguata e evitare la marginalizzazione.

Allo stesso tempo, i cambiamenti demografici, rendono essenziale la partecipazione di tutte le risorse disponibili per contribuire alla crescita del paese. È dunque necessario aumentare la partecipazione femminile, dei giovani e dei lavoratori al di sopra dei 50 anni al mercato del lavoro.

Nonostante i miglioramenti registrati sul fronte dell’occupazione, rimaniamo ancora distanti dagli obiettivi di Lisbona, e il nostro paese è ancora caratterizzato da forti disparità.

Il Governo e le parti sociali concordano sull’attenzione particolare che va rivolta ai soggetti “deboli” del mercato del lavoro. Ai giovani, che sono i più coinvolti da forme di lavoro discontinuo bisogna offrire migliori opportunità di impiego stabile e prospettive previdenziali. L’occupazione femminile, oltre che incentivata da una migliore attuazione dei principi di pari opportunità, va sostenuta anche da un’adeguata offerta di servizi per l’infanzia e per la cura degli anziani.

I lavoratori al di sopra dei 50 anni debbono essere attivamente coinvolti in programmi di riqualificazione con possibilità concrete di reimpiego.

Questi interventi vanno accompagnati da un forte rilancio della produttività, fattore che ha registrato un andamento critico negli ultimi anni nel nostro sistema economico. A questo proposito, il Governo interverrà su costo del lavoro con misure specifiche sugli incrementi salariali di secondo livello collegati alla produttività, migliorando e ampliando le iniziative intraprese in passato.

Il Governo e le Parti sociali danno atto dell’impegno straordinario destinato complessivamente a queste azioni, che insieme a quelle in materia pensionistica, determinano una redistribuzione delle risorse volte a aumentare l’inclusione sociale, la partecipazione al mercato del lavoro e la produttività.


2) PREVIDENZA

Incremento delle “pensioni basse”

Il provvedimento ha lo scopo di incrementare pensioni di natura sia previdenziale che assistenziale.

 

Esso si basa sui seguenti punti:

 

1. potenziamento del sistema di rivalutazione ai prezzi delle pensioni previdenziali per le fasce comprese da tre volte e fino a cinque volte il minimo dall’attuale 90% al 100% della variazione dei prezzi. Tale modifica, agendo sugli scaglioni di pensione a prescindere dalla pensione complessiva, estende i benefici anche sulle fasce delle pensioni più alte. Il numero di coloro che beneficiano totalmente della nuova indicizzazione è di circa 2.820.000 persone, mentre coloro che avendo pensioni più alte hanno un beneficio parziale ammontano a poco meno di 920.000 persone;

2. incremento delle maggiorazioni sociali delle pensioni sociali, assegni sociali, invalidi civili, ciechi e sordomuti secondo lo schema previsto dall’articolo 38, legge n. 448/2001 con età pari o superiore a 70 anni (60 anni per gli invalidi civili totali, sordomuti e ciechi assoluti) al fine di assicurare un reddito individuale mensile complessivo pari a 580 euro mensili dal 1° gennaio 2008 (il limite reddituale cumulato con il coniuge rimane stabilito secondo lo schema previsto da medesimo articolo 38). Si stima che i soggetti interessati siano circa 290.000 (di cui circa 20.000 derivanti dall’estensione della platea per effetto dell’incremento dei limiti reddituali, per i quali il beneficio è fino a concorrenza del reddito);

3. dal 2008, introduzione di una nuova somma aggiuntiva (permane in vigore la somma aggiuntiva di cui all’articolo 70 della legge n. 388/2000) per individui con età pari o superiore a 64 anni, concessa ai pensionati previdenziali a condizione che il soggetto non possieda redditi complessivi pari o superiori a 1,5 volte il TM (8.504,73 euro annui per l’anno 2007). Ai fini della determinazione del reddito individuale, si tiene conto dei redditi di qualsiasi natura, compresi i redditi esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, eccetto quelli derivanti dall'assegno per il nucleo familiare ovvero degli assegni familiari, del reddito della casa di abitazione e i trattamenti di fine rapporto comunque denominati e le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata. L’assegno aggiuntivo non costituisce reddito ai fini fiscali e ai fini della corresponsione di prestazioni previdenziali ed assistenziali[295].


Tale somma aggiuntiva è concessa assieme alla tredicesima mensilità ed è così articolata:

 

Lavoratori dipendenti

Lavoratori autonomi

Somma aggiuntiva annua

anni di contribuzione

anni di contribuzione

(euro)

Fino a 15

Fino a 18

0,8 x S = 336

Sopra 15 fino a 25

Sopra 18 fino a 28

S = 420

Oltre 25

Oltre 28

1,2 x S = 504

 

Nel caso in cui il beneficiario sia titolare di solo trattamento ai superstiti, l’anzianità contributiva è considerata al 60%. Nel caso di titolarità di pensione diretta e di pensione ai superstiti si tiene conto solo dell’anzianità relativa alla pensione diretta.

I benefici, concessi in relazione alla situazione reddituale complessiva del soggetto, si applicano interamente fino a un limite di reddito uguale a 1,5 volte il TM. Sopra tale limite l’aumento è corrisposto in misura pari alla differenza tra la somma aggiuntiva e la cifra eccedente il limite stesso, per evitare una modifica delle posizioni reddituali di partenza (clausola di salvaguardia). Considerando un soggetto con più di 64 anni titolare di sola pensione previdenziale con oltre 25 anni di anzianità, assumendo di distribuire la somma aggiuntiva in 13 mensilità, il complessivo disposto in esame arriva a concedere benefici, nel 2008, a soggetti fino a pensioni mensili di circa 693 euro (fino a oltre 740 euro se beneficiario di ANF).

Coloro che beneficeranno della nuova somma aggiuntiva sono in complesso circa 3.050.000.

4. Nel 2007 è concessa la somma aggiuntiva di cui al punto 3 agli stessi beneficiari, con rideterminazione del valore S a 327 euro.

In sintesi, gli effetti delle misure sopra elencate riguarderanno nel 2008 circa 7.080.000 persone di cui:

-     2.820.000 godranno di una indicizzazione piena della pensione fino ai limiti di 5 volte il TM;

-     920.000, che percepiscono pensioni più elevate, avranno un effetto parziale dall’aumento dell’indicizzazione, limitato agli scaglioni da 3 a 5 volte il TM;

-     290.000 con pensioni assistenziali avranno un incremento fino a 580 euro mensili;

-     3.050.000 con pensioni previdenziali, reddito personale fino a 1,5 volte il TM ed età pari o maggiore a 64 anni avranno un incremento medio mensile di circa 29 euro.

 


Di seguito si rappresentano gli effetti finanziari:

 

 

(valori in mln di euro)

 

2007

2008

2009

2010

1) Incremento maggiorazioni sociali pensioni e assegni sociali secondo schema art. 38 legge 448/2001, al fine di garantire al pensionato solo un reddito di 580 euro mensili dal 2008

 

-44

-44

-44

2) introduzione di una nuova somma aggiuntiva (permane in vigore la somma aggiuntiva di cui all’articolo 70 della legge n. 388/2000) concessa a condizione che il soggetto non possieda redditi complessivi pari o superiori a 1,5 volte il TM e con età pari o superiore a 64 anni in funzione degli anni di contribuzione

-900

-1.156

-1.156

-1.156

Per triennio 2008-2010, passaggio dal 90% al 100% per le fasce di importo comprese tra 3 e 5 volte il minimo - al netto degli effetti fiscali indotti

 

-33

-66

-100

Totale oneri intervento su pensioni "basse"

-900

-1.233

-1.266

-1.300

 

 

Il Governo si impegna inoltre ad attuare la previsione di cui all’art. 11 comma 2 del decreto legislativo 503 del 1992 relativo alla possibilità di stabilire con la Legge Finanziaria ulteriori aumenti delle pensioni rispetto a quelli assicurati dalla perequazione automatica in relazione all’andamento dell’economia e tenuto conto degli obiettivi di stabilizzazione del rapporto tra spesa previdenziale e Pil. A tal fine sarà istituito un apposito tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

Accesso al pensionamento anticipato

 

Accesso al pensionamento anticipato (a partire dal 1° gennaio 2008)

 

Requisito minimo per l'accesso al pensionamento con 35 anni di contributi versati

 

Lavoratori dipendenti

 

Lavoratori autonomi

Data

Anni

Quota

Anni

Quota

01-gen-08

58

 

59

 

01-lug-09

59

95

60

96

01-gen-11

60

96

61

97

01-gen-13

61

97

62

98

 

 

Con decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, da emanarsi entro il 31 dicembre 2012, potrà essere stabilito il differimento della decorrenza dei requisiti anagrafici previsti dal 1° gennaio 2013 qualora sulla base di specifica verifica da effettuarsi entro il 30 settembre 2012, gli effetti finanziari derivanti dalle modifiche previste dalla presente tabella ai requisiti di accesso al pensionamento di anzianità, risultassero di misura tale da assicurare quelli programmati con riferimento ai requisiti di accesso al pensionamento indicati a regime dal 2013.

Lavori usuranti

 

Pensioni e Lavori usuranti

 

Interventi

Miliardi di € nel decennio 2008-2017

Revisione dello “scalone”

7,48

Fondo lavori usuranti

2,52

Totale interventi

10

Fondi di copertura

Miliardi di € nel decennio 2008-2017

Enti previdenziali (con *clausola di salvaguardia)

3,5

Aumento di aliquote contributive per gestione separata parasubordinati (dal 1 gennaio 2008 un punto all'anno fino a 3 punti)

3,6

Aumento aliquote contributive per gestione separata parasubordinati non esclusivi (dal 1 gennaio 2008 aumento di 1 punto)

0,8

Sospensione per un anno indicizzazione pensioni superiori a 8 volte il minimo 1,4

1,4

Armonizzazione fondi speciali

0,7

Totale fonti di copertura

10

Disciplina dei lavori usuranti, particolarmente faticosi e pesanti.

Per quanto riguarda i lavori usuranti sono state individuate risorse massime disponibili su base annua pari mediamente a 252 milioni di euro, che riguarderanno circa 5.000 lavoratori all’anno e che, sommate alle risorse per lo scalone, determinano una cifra complessiva nel decennio 2008-2017 di 10 miliardi di Euro.

L’ipotesi conclusiva, che sarà definita da una Commissione appositamente costituita da Governo e parti sociali e che concluderà i suoi lavori entro il mese di settembre 2007, prevede:

- i lavoratori impegnati nelle attività previste dal decreto del Ministro del Lavoro del 1999 (decreto Salvi);

- lavoratori considerati notturni secondo i criteri definiti dal dlgs. 66/2003;

- lavoratori addetti a linea catena individuati sulla base di questi tre criteri;

􀂃 lavoratori dell’industria addetti a produzioni di serie;

􀂃 lavoratori vincolati all’osservanza di un determinato ritmo produttivo collegato a lavorazioni o a misurazioni di tempi di produzione con mansioni organizzate in sequenza di postazioni;

􀂃 lavoratori che ripetono costantemente lo stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale, che si spostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall’organizzazione del lavoro o della tecnologia. Sono esclusi gli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali e al controllo di qualità;

- conducenti di mezzi pubblici pesanti.

 

Coloro che risultano nelle condizioni suddette al momento del pensionamento di anzianità possono conseguire su domanda, entro i limiti sopra definiti, il diritto a pensione con requisito anagrafico ridotto di tre anni rispetto a quello previsto (con il requisito minimo di 57 anni) purché abbiano svolto tale attività a regime per almeno la metà del periodo di lavoro complessivo o (nel periodo transitorio) almeno 7 anni negli ultimi 10 di attività lavorativa.

Le ulteriori determinazioni saranno affidate alla Commissione Governo – parti sociali già richiamata nel presente paragrafo.

La Commissione di cui sopra, appositamente costituita, definirà le ipotesi tecniche sulla base della rigorosa osservanza dei tetti numerici e di risorse indicati, al fine di consentire che gli oneri connessi con il riconoscimento delle agevolazioni alla platea dei beneficiari siano coerenti con la somma stanziata.

Razionalizzazione Enti

Il Governo si impegna a presentare entro il 31 dicembre2007 un piano industriale volto a razionalizzare il sistema degli enti previdenziali e assicurativi, e a conseguire, nell'arco del decennio, risparmi finanziari per 3,5 miliardi di Euro.

Tale piano individuerà le sinergie tra i vari enti (sedi, acquisti, sistemi informatici, uffici legali) al fine di produrre nel breve periodo i risparmi sopra evidenziati e sarà oggetto di confronto con le organizzazioni sindacali.

 

 

* Clausola di salvaguardia A partire dal 2011, esclusivamente come elemento di garanzia, è previsto un aumento dello 0,09% dell'aliquota di tutte le retribuzioni soggette a contribuzione (lavoratori dipendenti, parasubordinati e autonomi). Tale incremento non verrà attivato solo nel caso in cui il processo di razionalizzazione degli enti previdenziali ed assicurativi assicuri con certezza il conseguimento di risparmi medi annui in grado di garantire l'obiettivo indicato nel capoverso precedente.

 


Finestre pensionistiche

 

 

Interventi

Miliardi di € nel decennio 2008-2017

Ripristino 4 finestre per periodo da determinare (40 anni contributi)

3,7

Sono altresì salvaguardati:

- 5.000 lavoratori in mobilità (oltre i 16.000 già autorizzati con normativa precedente)

- I lavoratori che siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 20 luglio 2007

 

0,3

Totale interventi

4

Fonti di copertura

Miliardi di € nel decennio 2008-2017

Finestre vecchiaia

4

Totale fonti di copertura

4

 

 

Finestre pensionistiche

La Commissione costituita in materia di lavori usuranti ha anche lo scopo di esaminare la possibilità di inserire, nell'ambito dei dispositivi che regolano le pensioni di vecchiaia, per uomini e donne, finestre di uscita verso la pensione. Tale Commissione dovrà completare i suoi lavori entro il medesimo termine del mese di settembre 2007.

L'argomento delle finestre pensionistiche, attraverso il loro passaggio a 4, sarà affrontato per quei lavoratori che hanno totalizzato 40 anni di contributi pensionistici al fine di ridurre gli attuali tempi di attesa per il pensionamento, anche con riferimento agli anni di applicazione.

I due interventi sulle finestre sopra descritti dovranno essere predisposti in modo tale da avere complessivamente un saldo finanziario nullo.

Coefficienti di trasformazione

Le parti convengono che l’adeguamento dei coefficienti di trasformazione è elemento inderogabile del sistema contributivo, di cui all’art.1, comma 6 della Legge 8 agosto 1995 n. 335.

1. E’ istituita una Commissione composta di esperti nominati dal Governo e dalle parti sociali più rappresentative con il compito di verificare e proporre modifiche entro il 31/12/2008 dei seguenti elementi dell’attuale regime pensionistico contributivo, nel rispetto degli andamenti e degli equilibri della spesa pensionistica di lungo periodo, nel rispetto delle procedure europee:

- le dinamiche delle grandezze macroeconomiche, demografiche e migratorie che influiscono sugli attuali coefficienti;

- l’incidenza dei percorsi lavorativi discontinui, anche alla luce delle modifiche apportate dal Governo, al fine di verificare l’adeguatezza degli attuali meccanismi di tutela delle pensioni più basse e di proporre meccanismi di solidarietà e di garanzia (che potrebbero portare indicativamente il tasso di sostituzione al netto della fiscalità ad un livello non inferiore al 60%), facendo salvo l’equilibrio finanziario dell’attuale sistema pensionistico;

- il rapporto intercorrente tra l’età media attesa di vita e quella dei singoli settori di attività;

2. In questo ambito, in fase di prima rideterminazione dei coefficienti di trasformazione di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in applicazione dei criteri di cui all’articolo 1, comma 11, della medesima legge, la Tabella A allegata alla citata legge n. 335 del 1995 è sostituita, con effetto dal 1° gennaio 2010, dalla Tabella A aggiornata (vedi allegato 1).

3. La cadenza temporale per l’applicazione dei coefficienti diventa di 3 anni. Sarà compiuta una verifica decennale della sostenibilità ed equità del sistema generale.

4. L’aggiornamento dei coefficienti viene effettuato con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.

5. Nelle more dell’eventuale modifica legislativa sulla base delle proposte della Commissione restano ferme le disposizioni di cui alla vigente normativa salvo le modifiche di cui ai punti 3 e 4.

 

La Commissione valuterà anche nuove possibili forme di flessibilità in uscita collegate al sistema contributivo, nel rispetto delle compatibilità di lungo periodo del sistema pensionistico.

Misure previdenziali per i giovani

Tale ambito riguarda tutti gli interventi che miglioreranno in futuro la prestazione pensionistica modificando alcune situazioni connesse alle evoluzioni del mercato del lavoro che penalizzano soprattutto i giovani.

 

Tali misure descritte dettagliatamente nella parte sui giovani sono :

 

Interventi in materia di previdenza per i lavoratori dipendenti con carriere discontinue

La copertura figurativa piena, prevista nella riforma degli ammortizzatori, commisurata alla retribuzione percepita, consentirà ai lavoratori dipendenti con contratti a termine di colmare i vuoti contributivi e di aumentare le prestazioni pensionistiche future.

 

 

 

Interventi in materia di cumulo di tutti i periodi contributivi (totalizzazione)

In previsione di una più ampia riforma della totalizzazione che riassorba e superi la ricongiunzione, si attueranno interventi immediati che assicureranno ai lavoratori l’utilizzabilità dei contributi versati.

 

Interventi in materia di riscatto della laurea

Saranno predisposti interventi relativi alle norme di riscatto della laurea con l’obiettivo sia di renderlo conveniente sotto il profilo previdenziale sia di ridurne l’onere.

 

Interventi in materia di previdenza per i parasubordinati

Sarà previsto un aumento graduale dell’aliquota dei parasubordinati, finalizzato a rafforzare la posizione pensionistica dei giovani parasubordinati.

Interventi previdenziali per i lavoratori immigrati extracomunitari

Il Governo si impegna a verificare la possibilità di intervenire, nel rispetto delle compatibilità finanziarie, sul regime pensionistico-previdenziale dei lavoratori immigrati extracomunitari, in primo luogo attraverso l’ampliamento del ricorso a specifici regimi convenzionali con i paesi di provenienza, e in subordine sul piano normativo.

Cumulo tra redditi da lavoro e pensione

In relazione alle modifiche introdotte dal presente accordo ai requisiti d’accesso ai trattamenti pensionistici, il Governo si impegna altresì ad approfondire gli effetti dell’attuale regime di cumulo tra redditi da lavoro e pensione al fine sia di incentivare la permanenza in attività di lavoro sia di contrastare lavoro sommerso e irregolare da parte dei pensionati favorendone trasparenti e regolari condizioni di attività.

Applicazione di un contributo di solidarietà per gli iscritti e i pensionati dei fondi speciali

Le gestioni confluite nel FPLD (ex Fondi speciali e INPDAI) e Fondo Volo presentano situazioni economiche e patrimoniali particolarmente deficitarie, a fronte di regimi pensionistici che hanno pro quota beneficiato di regole di maggior favore rispetto a quelle adottate per il FPLD.

L’introduzione di un contributo di solidarietà a carico dei pensionati e degli attivi in relazione ai benefici conseguenti alle regole dei rispettivi fondi di provenienza ha la funzione di chiamare a concorrere i soggetti che hanno beneficiato o beneficeranno di tali trattamenti di maggior favore. In altri termini, si tratta di un contributo, limitato nell’ammontare e nella durata, che naturalmente non ha la funzione di riequilibrio dei forti disavanzi generati dalla gestione, la cui quota assolutamente prevalente rimane pertanto a carico della solidarietà generale nell’ambito dell’AGO.

Per distribuire il predetto concorso al riequilibrio finanziario in modo equo, occorre fare riferimento, per gli iscritti attivi e per i pensionati, alla durata delle contribuzioni nei rispettivi fondi nei periodi di tempo antecedenti l’armonizzazione conseguenti alla legge 335/95, ovvero per i periodi che garantiscono di beneficiare di una quota di pensione calcolata in base a parametri più favorevoli.

Il contributo di solidarietà, che non ha carattere permanente, sarà posto a carico dei dipendenti in attività e dei pensionati. La definizione dei criteri è demandata alla già citata Commissione tra Governo e parti sociali avente l’obiettivo di definire ipotesi in materia di lavori usuranti e di “finestre pensionistiche”.

Interventi diversi

Aumento di un punto dell’aliquota contributiva per gli iscritti alla gestione separata con altre coperture previdenziali con corrispondente aumento delle pensioni.

Interventi di solidarietà

Per concorrere solidaristicamente al finanziamento degli interventi si prevederà il blocco della perequazione per il solo 2008, per le pensioni superiori a otto volte il minimo.


3) AMMORTIZZATORI SOCIALI

La riforma punta al rafforzamento degli ammortizzatori sociali ed alla estensione delle tutele per coloro che ne sono privi. L’appartenenza settoriale, la dimensione di impresa e la tipologia dei contratti di lavoro non saranno un elemento di esclusione. La riforma riguarda tre ambiti più un’area di indirizzo programmatico in cui dovrà essere definito un set di strumenti per il sostegno al lavoro delle persone ultracinquantenni il cui tasso di attività resta tra i più bassi dell’Unione europea. A conferma dell’attenzione verso quest’area prioritaria è prevista la predisposizione di un Piano nazionale per l’invecchiamento attivo.

La riforma degli ammortizzatori sociali dovrà essere accompagnata da un generale miglioramento, in stretto raccordo con Regioni e Province, delle politiche attive del lavoro da perseguire attraverso il potenziamento delle reti dei Servizi per l’impiego, l’offerta di percorsi di formazione, aggiornamento e riqualificazione della forza lavoro, la rimodulazione degli incentivi economici finalizzati all’inserimento lavorativo. Per dare maggiore efficacia alla combinazione tra politiche attive e sostegni monetari, occorre rendere effettiva la perdita della tutela in caso d’immotivata non partecipazione ai programmi di reinserimento al lavoro o di non accettazione di congrue opportunità lavorative. La partecipazione attiva ai programmi di inserimento lavorativo, requisito essenziale di una politica di “welfare to work”, può essere sostenuta da schemi che prevedano un “patto di servizio” da stipulare tra i centri per l’impiego e le persone in cerca di lavoro.

Le politiche attive ed i servizi per l’impiego dovranno focalizzare la loro attenzione anche su altri soggetti deboli del mercato del lavoro ed avere particolare riguardo alle politiche che aiutino l’aumento del tasso di occupazione delle donne.

Il progetto di riforma

Le proposte di riforma, di seguito illustrate, saranno attuate nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica.

Trattamento di disoccupazione

L’ipotesi prevede una progressiva armonizzazione degli attuali istituti di disoccupazione ordinaria e di mobilità, con la creazione di uno strumento unico indirizzato al sostegno del reddito e al reinserimento lavorativo delle persone disoccupate.

La modulazione dei trattamenti andrà collegata all’età anagrafica dei lavoratori e alle condizioni occupazionali più difficili presenti nelle Regioni del Mezzogiorno, con particolare riguardo alla condizione femminile. Tutti i trattamenti, in coerenza con la normativa comunitaria, offriranno la piena copertura figurativa a fini previdenziali calcolata sulle retribuzioni, con evidenti vantaggi in termini di trattamento pensionistico dei lavoratori interessati.

Integrazione al reddito

In una prospettiva di universalizzazione degli strumenti la riforma, pur prevedendo specificità di funzionamento, dovrà tendere alla progressiva estensione e unificazione della cassa integrazione ordinaria e straordinaria con forme di regolazione basate sulle finalità sostanzialmente diverse che hanno le due attuali casse. La prima tipologia è quella degli interventi a seguito di eventi congiunturali negativi e la seconda è volta ad affrontare problemi strutturali ed eventuali eccedenze di mano d’opera.

Si ritiene che debba essere attivata tutta la gamma di azioni che potrebbe accrescere il coinvolgimento e la partecipazione attiva delle aziende nel processo di ricollocazione dei lavoratori, avendo come principali riferimenti il territorio, gli strumenti di concertazione tra le parti sociali e la capacità di mobilitare in modo programmato risorse da una pluralità di fonti.

Il disegno di riforma prevede una realizzazione graduale in funzione delle risorse finanziarie disponibili che potranno essere integrate, anche per facilitarne la piena attuazione, dal concorso solidaristico del sistema delle imprese.

Nel disegno di riforma è incluso un forte ruolo degli Enti bilaterali sia allo scopo di provvedere eventuali coperture supplementari sia per esercitare un più capillare controllo sul funzionamento di questi strumenti nel caso di applicazioni estese soprattutto alle aziende di minori dimensioni ed alle aziende dell’artigianato.

Tutta la tematica della riforma sarà oggetto di concertazione. Si ritiene che la rilevanza della riforma richieda una sede permanente di confronto e di verifica con le parti sociali per valutarne gli effetti e apportare eventuali modifiche ed integrazioni anche ai fini dell’avvio delle successive fasi del processo riformatore.

Interventi immediati

Il Governo stanzierà una quota dell’extragettito, pari a circa 700 milioni di euro, in direzione di un primo intervento sugli ammortizzatori sociali. La prima fase del progetto di riforma degli ammortizzatori intende effettuare interventi migliorativi delle indennità di disoccupazione che riguardano tutti i lavoratori, in particolare i giovani. Gli interventi si articoleranno in:

- un miglioramento dell’indennità ordinaria di disoccupazione in riferimento al livello, alla durata e all’attuale profilo a “scalare”;

- un aumento delle indennità di disoccupazione a requisiti ridotti, con profilo che incentivi i contratti a termine più lunghi;

- un aumento della copertura previdenziale mediante il riconoscimento di contributi figurativi correlati alla retribuzione di riferimento piena e non solo all’indennità percepita.

Quanto agli interventi in materia di connessione tra ammortizzatori sociali e politiche attive per il lavoro finalizzate a costruire nuove opportunità di occupazione, si potenzieranno i Servizi per l’impiego collegando e coordinando l’erogazione delle prestazioni di disoccupazione a percorsi di formazione e di inserimento lavorativo. Risorse, da reperire nell’ambito del riordino degli incentivi o indirizzando a tal fine le risorse comunitarie della programmazione 2007-2013, potranno essere destinate ad agevolare la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, a favorire l’occupazione femminile e l’inserimento lavorativo delle fasce deboli, compresi i lavoratori in età più matura al fine di potenziare le politiche di invecchiamento attivo. Per perseguire questi obiettivi è necessario un efficace coordinamento tra Ministero del Lavoro e Regioni, d’intesa con le parti sociali, con particolare riguardo ai profili di sistema (definizione di standard nazionali, sistema informativo, formazione degli operatori, ecc.) valorizzando le sinergie con gli enti previdenziali.

Il primo intervento di riforma degli ammortizzatori sociali è il miglioramento delle tutele economiche in caso di disoccupazione non agricola per i soggetti più deboli:

a) la durata della indennità di disoccupazione con requisiti pieni verrà portata a 8 mesi per gli infracinquantenni e a 12 mesi per gli over 50;

b) l’importo della indennità di disoccupazione con requisiti pieni sarà portato al 60% dell’ultima retribuzione per i primi 6 mesi, al 50% dal 7° all’8° mese, al 40% per gli eventuali mesi successivi mantenendo in vigore gli attuali massimali;

c) l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti calcolata sui redditi da lavoro dell’anno precedente passerà dall’attuale 30 al 35% per i primi 120 giorni e al 40% per i successivi per una durata massima di 180 giorni;

d) al fine di garantire una piena copertura previdenziale, la contribuzione figurativa verrà assicurata per l’intero periodo di godimento delle indennità, con riferimento alla retribuzione già percepita;

e) si aumenterà la perequazione relativa ai tetti delle indennità dall’80% al 100% dell’inflazione.

 


4) MERCATO DEL LAVORO

Servizi per l’impiego

La strategia di riforma poggia su integrazioni e modifiche del decreto legislativo 276/2003 e sul potenziamento dei servizi pubblici che sono uno snodo fondamentale della riforma degli ammortizzatori sociali in senso proattivo.

L’operatività dei servizi pubblici per l’impiego sarà rafforzata anche con l’avvio a regime del sistema informativo, la comunicazione preventiva di assunzione e la revisione delle procedure amministrative.

Le procedure di trasmissione dei dati utili alla gestione complessiva del mercato del lavoro tra tutti i soggetti della rete dei servizi pubblici saranno velocizzate e semplificate.

Le risorse finanziarie per tali interventi saranno reperite all’interno dei finanziamenti comunitari del PON-FSE.

La compresenza dei servizi pubblici e di agenzie private, anche no profit, è un’opportunità da ampliare per rafforzare le capacità d’incontro tra domanda e offerta di lavoro. A questo riguardo si procederà ad una verifica dei risultati concreti derivanti dall’applicazione dei diversi modelli a livello territoriale. La certificazione dello stato di disoccupazione resta una prerogativa dei servizi pubblici.

Si procederà, inoltre, d’intesa con le parti sociali, ad una verifica dei risultati conseguiti attraverso il regime delle autorizzazioni al fine di perfezionarne il meccanismo.

Il Masterplan dei servizi per l’impiego dovrà prevedere precisi impegni riguardo alla gamma ed alla qualità dei servizi da erogare ai lavoratori ed alle imprese anche con riferimento ai modi ed ai tempi di effettiva fruizione. Governo, Regioni e Parti sociali convengono sulla necessità di migliorare il raccordo a livello territoriale tra l’azione dei centri per l’impiego e quella dei soggetti preposti alla programmazione formativa.

Incentivi all’occupazione

Per conseguire più elevati tassi di “buona” occupazione occorre riorganizzare l’intero sistema degli incentivi, in gran parte pensato in tempi lontani e rapportato ad un mercato del lavoro profondamente diverso dall’attuale.

Il Governo s’impegna a rivedere il sistema degli incentivi e ad orientarli, tenendo conto dei risultati conseguiti e dei profili di efficienza e di equità, rispetto alle nuove priorità : l’occupazione delle donne, dei giovani, dei lavoratori ultra-cinquantenni. In questo stesso quadro si procederà anche a ridefinire la disciplina del contratto d’inserimento.

Apprendistato

L’apprendistato, unico contratto di lavoro a causa mista, richiede un riordino d’intesa con le Regioni e le parti sociali, in quanto si è determinato un inestricabile intreccio tra competenze dello Stato (in parte rinviate alla contrattazione collettiva) e competenze delle Regioni in materia.

In particolare, con riferimento all’apprendistato professionalizzante, si procederà a :

• rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva, nel quadro di un perfezionamento della disciplina legale della materia;

• definire standard nazionali dei profili professionali e dei percorsi formativi, anche al fine di agevolare la mobilità geografica degli apprendisti;

• fissare, nel rispetto delle competenze regionali, standard nazionali di qualità della formazione (soggetti e organismi accreditati/autorizzati, certificazione degli esiti formativi, riconoscimento di crediti).

Il Governo e le parti sociali, al fine di valorizzare appieno l’apprendistato, valuteranno opportuni provvedimenti rivolti a contrastarne l’utilizzo improprio.

Contratto a termine

La direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, da una parte, indica il contratto di lavoro a tempo indeterminato come “la forma comune dei rapporti di lavoro” e, dall’altra, chiede che vengano prevenuti “gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti a tempo determinato”.

L’orientamento del Governo è pertanto quello di intervenire con alcuni correttivi su questo specifico aspetto della disciplina vigente:

- qualora a seguito di successione di contratti per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, ogni eventuale successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti dovrà essere stipulato presso la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio, con l’assistenza di un rappresentante dell’organizzazione sindacale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. In caso di mancato rispetto della procedura indicata, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato.

- la limitazione temporale di cui al punto precedente non si applicherà ai rapporti di lavoro dei dirigenti e dei lavoratori da somministrare ai sensi degli artt. 20 e ss. del d.lgs. n. 276 del 2003 e successive modifiche.

- il lavoratore, che nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi, ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine. Lo stesso principio si applica alle assunzioni a tempo determinato nelle attività stagionali;

- le assunzioni a termine per attività stagionali, per ragioni sostitutive e quelle connesse alle fasi di avvio di attività d’impresa sono escluse da limiti massimi percentuali ove fissati dai contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi.


Lavoro a tempo parziale

La riforma intende porre fine alle problematiche tecnico-giuridiche connesse ad un testo legislativo a doppia versione per il lavoro pubblico e per quello privato.

In particolare per il lavoro privato si ritiene che occorra:

- prevedere per i lavoratori che abbiano trasformato il loro rapporto a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, il diritto di precedenza rispetto alle assunzioni a tempo pieno per le stesse mansioni o per mansioni equivalenti;

- attribuire ai contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi la facoltà di introdurre clausole elastiche e flessibili e di disporne la relativa disciplina; stabilire comunque la necessità dell’accordo individuale per il lavoratore o la lavoratrice che abbiano concluso contratti a tempo parziale motivati da comprovati compiti di cura;

- prevedere aumenti contributivi per i contratti di lavoro a tempo parziale con orario inferiore alle 12 ore settimanali al fine di promuovere, soprattutto nei settori dei servizi, la diffusione di contratti di lavoro più consistenti;

- nell’ambito del riordino della materia, introdurre incentivi per i contratti a tempo parziale “lungo” ed agevolazioni per le trasformazioni, anche temporanee e reversibili, di rapporti a tempo pieno in rapporti a tempo parziale avvenute su richiesta di lavoratrici o lavoratori e giustificate da comprovati compiti di cura.

Staff leasing e lavoro a chiamata

L’orientamento del Governo è quello di procedere all’abrogazione delle norme previste dal D.Lgs. 276/03 concernenti il lavoro a chiamata (art. 33-40); si attiverà un tavolo di confronto con le parti sociali per esaminare ipotesi di part-time che rispondano a esigenze di attività di breve durata per lavoratori ed imprese. Per le disposizioni relative al contratto commerciale di somministrazione a tempo indeterminato, lasciando inalterata (ed anzi favorendo con incentivi da determinare) la facoltà per le Agenzie di lavoro di assumere lavoratori a tempo indeterminato, si costituirà un tavolo di confronto con le Parti sociali.

Lavoro a progetto

Oltre alle misure previste in questa sede in materia previdenziale e ad eventuali ulteriori interventi normativi, si proseguirà nelle azioni rivolte a contrastare l’elusione della normativa di tutela del lavoro subordinato, ponendo particolare attenzione alle collaborazioni svolte da lavoratori, anche titolari di partita IVA, che esercitino la propria attività per un solo committente e con un orario di lavoro predeterminato.

Lavoro occasionale di tipo accessorio

Questa tipologia contrattuale sarà limitata ai piccoli lavori di tipo occasionale a favore delle famiglie, in limiti predeterminati di ore utilizzabili per singola famiglia.

Si avvierà una sperimentazione di questo istituto anche in agricoltura, entro limiti predeterminati in grado di evitare che questo strumento si ponga come alternativa al lavoro subordinato.

Disabili

La III Relazione al Parlamento ha evidenziato una difficile applicazione dell’art. 12 della legge 68 ai fini dell’occupazione delle persone con disabilità tramite apposite Convenzioni con le cooperative sociali o con disabili liberi professionisti (n. 10 nel 2004 e n. 112 nel 2005), ed anche l’art. 14 del D.Lgs. n. 276 del 2003, come risulta dai recenti dati statistici, non ha fornito i risultati sperati ai fini dell’inserimento lavorativo dei disabili.

Si procederà pertanto alla “riscrittura”, con alcuni correttivi, dell’art. 12 della legge 68/99 e la cancellazione dell’art. 14 del D.lgs. 276/2003, salvaguardando peraltro alcuni risultati positivi della sperimentazione effettuata sul predetto art. 14, quali ad esempio le “buoni prassi” adottate a livello locale ed il dialogo partecipato con i soggetti attivi nel territorio (Convenzioni quadro).

Si intende semplificare e sveltire, come da richiesta delle Regioni, la procedura delle agevolazioni alle assunzioni previste dall’art. 13 della legge 68/99.

Si intende considerare non più necessaria, come da richiesta delle Regioni, la dimostrazione dello stato di disoccupazione per il riconoscimento dell’assegno di invalidità civile parziale ai soggetti con grave disabilità.

Agricoltura

Si procederà alla riforma della normativa in materia di indennità di disoccupazione, anche prevedendo un contributo a carico dei lavoratori. La normativa sarà definita al tavolo di confronto già avviato, tenuto conto delle compatibilità finanziarie definite e delle relative risorse assegnate.

Appalti

Il Governo seguirà con particolare attenzione l’evolversi delle iniziative legislative avviate in sede di disciplina degli appalti (con le disposizioni introdotte in sede di decreti correttivi alla relativa disciplina e con il disegno di legge in materia di riordino delle norme in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro), al fine di assicurare il pieno rispetto della normativa in materia di lavoro ed evitare che la concorrenza si sviluppi a danno delle stesse regole in materia di lavoro.

Si estenderà anche al committente la regola, attualmente riguardante solo il rapporto appaltatore/subappaltatore, secondo cui la responsabilità solidale viene meno se il committente verifichi, acquisendo la relativa documentazione prima del pagamento del corrispettivo, che gli obblighi connessi con le prestazioni di lavoro concernenti l’opera, la fornitura o il servizio affidati sono stati correttamente eseguiti.


Edilizia

Nel settore dell’edilizia, il Governo concorda sulla necessità evidenziata dalle parti sociali del settore di rendere strutturale l’agevolazione contributiva dell’11,50% per favorire la diffusione del contratto a tempo pieno e a tempo indeterminato, in considerazione dei positivi effetti prodotti in tale direzione dalla norma fin qui adottata in via sperimentale.

Cooperazione

Con riguardo, infine, al settore cooperativo, si intende intervenire in materia di cooperative “spurie” e “dumping” contrattuale anche in considerazione delle proposte comuni elaborate dalle centrali cooperative e dai sindacati. Si intende, poi, assicurare l’applicazione dell’istituto della revisione all’intero universo cooperativo, prevedendo la necessità dell’ispezione revisionale per l’aggiudicazione degli appalti pubblici. Si proseguirà il confronto con le parti sociali già avviato al tavolo di concertazione.


5) COMPETITIVITA’

Sgravi del costo del lavoro per incentivare la produttività di secondo livello

Il Governo attuerà una riduzione del costo del lavoro legata alla contrattazione di secondo livello, al fine di sostenere la competitività e di migliorare la retribuzione di premio di risultato. Gli interventi riguarderanno anche la pensionabilità di tali aumenti per i lavoratori.

Il Governo emanerà norme al fine di:

- attuare uno sgravio sul costo del lavoro delle imprese che erogano tali aumenti pari ad una percentuale dell’erogazione corrisposta e fino ad un tetto massimo della retribuzione;

- restituire ai lavoratori i contributi previdenziali a loro carico pagati sul premio di risultato e fino ad un tetto massimo della retribuzione;

- rendere pensionabile tutta la retribuzione di risultato così agevolata.

La nuova disciplina sarà così definita:

• verrà abrogata l’attuale normativa sulla decontribuzione, pertanto le retribuzioni erogate a titolo di premio di risultato risulteranno interamente imponibili ai fini previdenziali e saranno pensionabili;

• si prevederà per il triennio 2008-2010, nel limite delle risorse stanziate in apposito Fondo, uno sgravio contributivo articolato nel modo seguente:

- le imprese riceveranno uno sgravio contributivo nella misura fissa del 25% dell’erogazione ammessa allo sgravio;

- i lavoratori riceveranno uno sgravio contributivo pari ai contributi previdenziali a loro carico calcolati sul premio di risultato ammesso all’agevolazione (con conguaglio immediato in busta paga);

• il tetto del premio ammesso allo sgravio sarà pari al 5% della retribuzione annua (oggi 3%);

• i trattamenti sui quali applicare tale sgravio dovranno avere le medesime caratteristiche attualmente previste dalla legge che ha introdotto tali sgravi (essere previsti dai contratti collettivi di secondo livello sia aziendali che territoriali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, essere incerti a priori nella corresponsione o nell'ammontare e la cui entità sia correlata dal contratto collettivo medesimo alla misurazione di incrementi di produttività, qualità ed altri elementi di competitività assunti come indicatori dell'andamento economico dell'impresa e dei suoi risultati); al fine di evitare abusi e comportamenti elusivi, l’intervento sarà accompagnato da una precisa casistica delle tipologie di accordi ammessi allo sgravio e da una riorganizzazione e rafforzamento delle procedure di controllo;

• per attuare tale sgravio sarà costituito un Fondo triennale nel quale confluiranno tutte le risorse nette attualmente utilizzate per la decontribuzione a carico dello Stato e presenti nel bilancio dell’Inps incrementate di 160 milioni di euro per anno (100 dei quali destinati alla contrattazione aziendale di secondo livello e 60 alla contrattazione territoriale), pari a 480 milioni di euro nel triennio;

• con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, saranno stabilite le modalità di attuazione dello sgravio, con particolare riguardo al monitoraggio degli accordi, al controllo del flusso di erogazioni e al rispetto dei tetti di spesa;

• verrà costituito un Osservatorio presso il Ministero del Lavoro, con la partecipazione delle parti sociali, il quale produrrà un rapporto annuale sull’andamento degli accordi di produttività qui agevolati. Sarà oggetto del monitoraggio sia la coerenza dell’attuazione della normativa con gli obiettivi definiti in questo accordo sia le caratteristiche della contrattazione di secondo livello aziendale e territoriale;

• lo sgravio sarà definito per il triennio 2008 - 2010 e confermato in esito alla valutazione di cui al punto precedente, compatibilmente con gli andamenti programmati di finanza pubblica ;

• nel caso in cui le risorse del Fondo si rivelino insufficienti rispetto alle richieste, il Governo avvierà una verifica con le parti sociali.

Detassazione del premio di risultato

Il Governo stanzierà, nella prossima legge finanziaria, un importo pari a 150 milioni di Euro per il 2008 per detassare una quota delle risorse contrattate per i premi di risultato. A questo proposito verrà costituita una Commissione tra Governo e parti sociali con l'obiettivo di definire le modalità tecniche di implementazione entro il 15 settembre 2007.

Straordinari

E’ abolita la contribuzione aggiuntiva sugli straordinari introdotta dalla Legge 28 dicembre 1995, n. 549 (art. 2 commi 18-21).

 


6) GIOVANI

Le misure che riguardano i giovani sono un investimento per il futuro. Questo protocollo dedica particolare attenzione ai giovani sia con specifiche proposte che con mirate caratterizzazioni delle diverse misure .

In particolare, l’adozione di misure solidaristiche a favore dei lavoratori con carriere discontinue, in un quadro di rafforzamento del sistema pensionistico, garantirà ai giovani pensioni adeguate.

Un sistema del welfare e delle tutele riformato nella direzione qui indicata è il presupposto per una politica di sviluppo che sia in grado di offrire una prospettiva di buona occupazione ai giovani.

Accompagneranno tali misure alcuni interventi destinati a supportare iniziative occupazionali anche in attività di lavoro autonomo.

Misure a sostegno del reddito dei lavoratori con carriere discontinue e in disoccupazione

Sotto questo profilo la riforma degli ammortizzatori sociali (descritta in altra parte) sarà concentrata, nella prima fase di applicazione, sulle forme di lavoro dove si collocano in particolare i giovani e le donne (ad esempio lavoro a termine e tipologie interessate dall’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti).

Misure per il reddito e l’occupazione

Si istituiranno fondi di rotazione per consentire l’accesso al credito alimentati da un finanziamento non ricorrente, pari a circa 150 milioni nel triennio 2008-2010.

 

1) Fondo credito per il sostegno dell’attività intermittente dei parasubordinati. Tale fondo consentirà ai parasubordinati in via esclusiva, di accedere, in assenza di contratto, ad un credito a tasso di interesse zero - o molto basso – in grado di compensare cadute di reddito collegate ad attività intermittenti, “anticipando” in tal modo futuri redditi (il fondo potrà erogare un credito fino a 600 euro mensili per 12 mesi con restituzione posticipata a 24 o 36 mesi).

 

2) Fondo microcredito per il sostegno all’attività dei giovani e in particolare delle donne. Tale fondo incentiverà le attività innovative dei giovani, con priorità per le donne, riprendendo e migliorando l’esperienza dei prestiti d’onore, finalizzando tali crediti.

 

3) Fondo per il credito ai giovani lavoratori autonomi. Il fondo sosterrà le necessità finanziarie legate al trasferimento generazionale delle piccole imprese, dell’artigianato, del commercio e del turismo, dell’agricoltura e della cooperazione e l’avvio di nuove attività in tali ambiti, a condizioni particolarmente favorevoli.

 

Per sostenere i giovani ricercatori e tener conto della situazione determinatasi all’interno delle Università in relazione agli incrementi dell’aliquota contributiva sui parasubordinati, sarà aumentato l’importo degli assegni di ricerca.

Misure previdenziali

Tale ambito riguarda tutti gli interventi che miglioreranno in futuro la prestazione pensionistica modificando alcune situazioni connesse alle evoluzioni del mercato del lavoro che penalizzano soprattutto i giovani.

Interventi in materia di previdenza per i lavoratori dipendenti con carriere discontinue

La copertura figurativa piena, prevista nella riforma degli ammortizzatori, commisurata alla retribuzione percepita, consentirà ai lavoratori dipendenti con contratti a termine di colmare i vuoti contributivi e di aumentare le prestazioni pensionistiche future.

Interventi in materia di cumulo di tutti i periodi contributivi (totalizzazione)

In previsione di una più ampia riforma della totalizzazione che riassorba e superi la ricongiunzione, si attueranno interventi immediati che assicureranno ai lavoratori l’utilizzabilità dei contributi versati.

 

Per i giovani che sono nel sistema contributivo: sarà predisposto un meccanismo di utilizzazione dei contributi versati in qualsiasi fondo, per un’unica pensione, rimuovendo le previsioni che limitano la possibilità di cumulare i versamenti contributivi sia per il conseguimento del requisito di accesso al pensionamento sia per l’ammontare della pensione.

 

Per i lavoratori nel sistema retributivo o misto: si ridurrà dagli attuali sei a tre anni il limite minimo di anzianità contributiva richiesto per cumulare i contributi nelle varie gestioni pensionistiche.

Interventi in materia di riscatto della laurea

Saranno predisposti interventi relativi alle norme di riscatto della laurea con l’obiettivo sia di renderlo conveniente sotto il profilo previdenziale sia di ridurne l’onere.

 

Per i giovani che sono nel sistema contributivo: si stabilirà sia la totale computabilità dei periodi riscattati ai fini del raggiungimento dei requisiti contributivi per l’accesso alle prestazioni pensionistiche sia la possibilità di chiedere il riscatto del corso legale di studi universitari ancor prima di iniziare l’attività lavorativa mediante il pagamento di un contributo per ogni anno da riscattare, definito dalla legge. Il pagamento potrà essere dilazionato senza interessi fino a dieci anni e sarà contabilizzato nel montante contributivo con riferimento alla data di versamento. Inoltre si prevederà la possibilità di detrarre a fini fiscali, dal reddito dei genitori o del soggetto di cui si è fiscalmente a carico, il costo dei contributi riscattati, nel caso in cui il giovane non abbia ancora un reddito personale tassabile.

 

Per quanto riguarda coloro che sono nel sistema retributivo o misto: si uniformeranno le diverse modalità di rateizzazione del contributo di riscatto del corso di studi universitari attualmente in vigore nei diversi regimi pensionistici, consentendone il pagamento – oltre che in unica soluzione – in 120 rate mensili (dalle 48 o 60 attuali), senza l’applicazione di interessi di rateizzazione (a differenza di quanto oggi viene previsto dall’Inps o per i dipendenti degli enti locali). In relazione al sistema di calcolo retributivo e misto avuto riguardo alle loro caratteristiche, verranno applicate le tabelle attuariali secondo la vigente normativa.

Interventi in materia di previdenza per i parasubordinati

Sarà previsto un aumento graduale dell’aliquota dei parasubordinati, finalizzato a rafforzare la posizione pensionistica dei giovani parasubordinati.

 

 


7) DONNE

La partecipazione delle donne al mercato del lavoro è una risorsa determinante per la competitività e la crescita del Paese ed in particolare per il Mezzogiorno, dove nel 2006 il tasso di occupazione femminile era ancora al 24,2%. Per il nostro Paese, il raggiungimento dell’obiettivo di Lisbona sia in termini complessivi sia in riferimento alle donne e agli ultra-cinquantenni, dipende sostanzialmente dalla capacità che avremo di aumentare il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Anche se vi è stato un considerevole aumento di donne sul mercato del lavoro nell’ultimo decennio, a testimonianza di una aumentata offerta di lavoro delle donne, specie delle più giovani e istruite, occorre moltiplicare gli sforzi e potenziare gli strumenti. L’aumento dell’occupazione femminile è legato ovviamente alle prospettive di sviluppo, ma è altrettanto forte il legame con gli assetti collettivi e culturali della società e con gli assetti del welfare e dei servizi. Per questo l’intervento di potenziamento e di ammodernamento del welfare per le donne è la condizione necessaria per raggiungere gli obiettivi di una società con un livello di occupazione adeguato alle sfide demografiche ed economiche del futuro.

 

Il governo, che ha già operato con la finanziaria e sta operando attualmente al fine di conciliare vita familiare, lavoro di cura e maternità con strumenti innovativi, si impegna a definire una cornice organica nella quale ricondurre le varie iniziative sulla questione femminile in rapporto a welfare e occupazione.

 

Il Governo e le Parti sociali concordano sulla necessità di proseguire negli interventi già avviati con la Legge finanziaria per il 2007 con una maggiore riduzione del cuneo fiscale per l’assunzione a tempo indeterminato di donne nelle aziende del Mezzogiorno e di mettere in atto una serie di misure per favorire l’integrazione delle donne nel mercato del lavoro.

 

Nel quadro del riordino complessivo degli incentivi e degli sgravi contributivi, che inizierà con la prossima finanziaria, si definiranno sgravi mirati a sostenere i regimi di orari flessibili legati alle necessità della conciliazione tra lavoro e vita familiare e gli interventi saranno definiti di concerto con le parti sociali e attuati progressivamente; si potenzieranno gli attuali strumenti disponibili come l’articolo 9 della legge 53; si incentiverà l’uso del part time.

 

Inoltre:

- si rafforzerà, con i ministeri competenti, l’iniziativa connessa ai servizi per l’infanzia e agli anziani non autosufficienti come elemento centrale per sostenere le libere scelte delle donne nel campo del lavoro.

- si definirà una priorità di utilizzo a favore delle giovani donne per l’accesso al Fondo microcredito che verrà istituito per incentivare le attività innovative dei giovani.

- si orienterà l’intervento legato alla programmazione dei Fondi comunitari, a partire dal FSE e dal Pon alla priorità donne, utilizzando il FSE a supporto non solo di attività formative, ma anche di accompagnamento e di inserimento al lavoro. In questo ambito si destinerà una quota di risorse destinate alla formazione per i programmi mirati alle donne durante l’intero percorso della vita;

si adotteranno sistemi di raccolta ed elaborazione dei dati in grado di fare emergere e rendere misurabili le discriminazioni di genere, anche di tipo retributivo.

 

Gli interventi suddetti dovranno essere compatibili con gli equilibri programmati di finanza pubblica.

 

 

 

Allegato 1

 

 

Tabella – Coefficienti di trasformazione aggiornati

Legge n. 33/ 1995 – Tabella A) rideterminata

 

 

Età

 

coefficiente

rideterminato (*)%

57

4,419

58

4,538

59

4,664

60

4,798

61

4,940

62

5,093

63

5,257

64

5,432

65

5,620

 

 (*) Coefficienti di trasformazione aggiornati secondo le procedure contenute nella “Relazione tecnica” esaminata dal Nucleo di Valutazione della Spesa Previdenziale nella delibera n°9 del 26/07/2006 (in allegato alla presente Tabella).

 



[1]“    Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”.

[2]    L. 23 agosto 2004, n. 243, “Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria”.

[3]    L. 8 agosto 1995, n. 335, “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”.

[4]    L. 27 dicembre 1997, n. 449, “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”. Tale legge ha previsto, tra l’altro, modifiche ai requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità stabiliti dalla L. 335/1995.

[5]    A seguito della riforma del sistema pensionistico attuata dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, la disciplina sul trattamento pensionistico di anzianità è applicabile solo ai lavoratori già occupati alla data del 31 dicembre 1995. Inoltre, a tali lavoratori, per il calcolo della pensione (sia di anzianità sia di vecchiaia):

§       continua ad applicarsi il sistema retributivo, se al 31 dicembre 1995 avevano un’anzianità contributiva di almeno 18 anni;

§       si applica il sistema misto, se alla predetta data avevano un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni: in tal caso la pensione è liquidata in parte con il sistema retributivo (per la quota corrispondente alle anzianità maturate prima 31 dicembre 1995) in parte con il sistema contributivo (per la quota corrispondente alle anzianità maturate successivamente).

Gli stessi lavoratori possono comunque optare per la liquidazione della pensione esclusivamente con le regole del sistema contributivo, purché abbiano un’anzianità contributiva di almeno 15 anni, di cui almeno 5 maturati sotto la vigenza del sistema medesimo, quindi dal 1° gennaio 1996 in poi (articolo 1, comma 23, della L. 335/1995). I criteri di computo della pensione per coloro che esercitano tale facoltà sono stati dettati dal D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 180.

Invece per i lavoratori non ancora occupati alla data del 31 dicembre 1995 e quindi iscritti per la prima volta a forme di previdenza obbligatoria in data successiva - a cui come detto non si applica la disciplina relativa al trattamento pensionistico di anzianità - la pensione (di vecchiaia) è calcolata integralmente con il sistema contributivo.

[6]     Invece a regime, a decorrere dal 2008, il diritto alla pensione di anzianità è riconosciuto, a prescindere dall'età anagrafica, in presenza di 40 anni di anzianità contributiva.

[7]     Ai sensi dell’articolo 1, comma 6, della L. 335/1995, l’importo della pensione annua con il sistema contributivo si determina moltiplicando il montante individuale dei contributi per un coefficiente di trasformazione che varia (da 4,72% a 6,136%) a seconda dell'età dell'assicurato al momento del pensionamento. Si consideri al riguardo che la legge in esame, all’articolo 1, comma 14 (alla cui scheda si rimanda), sostituendo la Tabella A allegata alla L. 335/1995, prevede la rideterminazione dei coefficienti di trasformazione per il calcolo delle pensioni con il sistema contributivo con decorrenza dal 1° gennaio 2010.

[8]     Ai fini del computo di tale anzianità - ai sensi dell’articolo 1, comma 7, secondo periodo, della L. 335/1995 - non concorrono le anzianità derivanti dal riscatto di periodi di studio (cfr. tuttavia la deroga prevista dall’articolo 1, comma 77, della L. 247/2007) e dalla prosecuzione volontaria dei versamenti contributivi e la contribuzione accreditata per i periodi di lavoro precedenti il raggiungimento del diciottesimo anno di età è moltiplicata per 1,5.

[9]    L’accesso al pensionamento con il sistema contributivo nel periodo 2008-2013, prima di entrare nella disciplina a regime, sembra un’ipotesi difficilmente applicabile, trattandosi di lavoratori che hanno iniziato a versare contributi nel 1996 ed essendo richiesta un’anzianità contributiva di 35 anni. La norma potrebbe comunque applicarsi a coloro che, pur rientrando nel sistema retributivo o misto, decidano di optare per il calcolo della pensione secondo il sistema contributivo (che peraltro sarebbe fortemente penalizzante, dal momento che con gli stessi requisiti si può accedere alla pensione di anzianità).

[10]   D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 195, “Attuazione dell'art. 2 della L. 6 marzo 1992, n. 216, in materia di procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate”.

[11]   La L. 27 dicembre 1941, n. 1570 (“Nuove norme per l'organizzazione dei servizi antincendi”), ad eccezione di alcuni specifici articoli, è stata abrogata dal D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139 (“Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della L. 29 luglio 2003, n. 229”).

[12]   Si ricorda che tale personale, in considerazione della specificità del rapporto di impiego, consegue il diritto alla pensione di anzianità – oltre che secondo la disciplina generale della L. 335 del 1995 - al raggiungimento della massima anzianità contributiva prevista dagli ordinamenti di appartenenza ed in corrispondenza dell'età anagrafica di 53 anni (articolo 6 del D.Lgs. 165 del 1997).

[13]   L. 23 luglio 1991, n. 223, “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”.

[14]   Il riferimento alla mobilità di cui all’art. 7, comma 2, della L. 223/1991– sia pure solo con riferimento al periodo in cui si ha diritto all’indennità - lascerebbe intendere che la disposizione è applicabile solo ai lavoratori che usufruiscono di questo tipo di mobilità (cioè sostanzialmente ai lavoratori delle aree del Mezzogiorno).

[15]   L. 23 dicembre 1996, n. 662, “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”.

[16]   “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”.

[17]   Si tratta sostanzialmente delle imprese rientranti nel campo di applicazione della CIGS.

[18]    Il contributo d’ingresso, previsto dall’articolo 4, comma 3, della L. 223 del 1991, è pari ad una mensilità di massimale lordo CIGS per ogni lavoratore che si intende licenziare. Tale versamento costituisce una anticipazione di quanto dovuto complessivamente all’INPS per la procedura di mobilità. Difatti, ai sensi dell’articolo 5 della L. 223/1991, nel corso della procedura il datore di lavoro è tenuto a versare, per ciascun lavoratore licenziato e beneficiario dell’indennità di mobilità, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento iniziale netto di mobilità spettante al lavoratore in 30 rate mensili, se il licenziamento è avvenuto dopo la utilizzazione della CIGS. Nel caso di riduzione del personale senza aver utilizzato prima la CIGS, il contributo complessivo è invece pari a nove volte il trattamento iniziale netto di mobilità. Comunque l’importo da pagare da parte del datore di lavoro è ridotto a tre volte il trattamento netto di mobilità nel caso in cui la messa in mobilità avviene previo accordo sindacale.

Si ricorda inoltre che è esonerata dal versamento delle residue rate del contributo d’ingresso dovuta l’azienda che procuri ai lavoratori offerte di lavoro a tempo indeterminato aventi determinate caratteristiche (Circ. INPS n. 171/2001).

[19]   In particolare, ai sensi dell’articolo 16 della L. 223 del 1991, i lavoratori collocati in mobilità hanno diritto alla relativa indennità a condizione che, avendo un rapporto di lavoro a carattere continuativo e comunque non a termine, possano vantare un’anzianità aziendale di almeno 12 mesi, di cui almeno 6 di lavoro effettivamente prestato, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività, infortuni, astensione per maternità e congedi parentali

[20]   In entrambi i casi lo sgravio contributivo non riguarda i premi INAIL, che restano quindi dovuti per intero.

[21]   D.Lgs. 11 agosto 1993, n. 374, “Attuazione dell'art. 3, comma 1, lettera f), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, recante benefici per le attività usuranti”.

[22]   L. 23 ottobre 1992, n. 421, “Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale”.

[23]    Per tali lavoratori, inoltre, i limiti di età introdotti dalla legge di riforma del sistema pensionistico per l'accesso alla pensione di anzianità nel regime retributivo sono ridotti fino al massimo di un anno (articolo 1, comma 36, della l. 335/95).

[24]    Per quanto riguarda invece le pensioni che saranno liquidate esclusivamente con il nuovo sistema contributivo, i lavoratori impegnati in lavori particolarmente usuranti  hanno facoltà di optare tra una più elevata pensione (mediante applicazione di un coefficiente di trasformazione del montante contributivo maggiorato, rispetto all'età anagrafica all'atto del pensionamento, di un anno per ogni sei anni di occupazione nelle attività usuranti) o un anticipo, in proporzione corrispondente e fino al massimo di un anno, del diritto al conseguimento della pensione di vecchiaia (articolo 1, comma 37, della L. 335 del 1995).

[25]    A tale riguardo, si segnala che la L. 3 gennaio 1960, n. 5, prevede, all'articolo 1, che i lavoratori delle miniere, cave e torbiere possano andare in pensione a 55 anni, purché siano stati addetti complessivamente, anche se con discontinuità, per almeno 15 anni a lavori di sotterraneo. L'articolo 25 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, dispone invece che il servizio prestato dagli operai dello Stato addetti ai lavori insalubri (come definiti da ultimo dal decreto del Ministro della Sanità del 19 novembre 1981) o ai polverifici, sia maggiorato di un quarto.

[26]    In tal senso, l’articolo 78, comma 8, della L. 23 dicembre 2000, n. 388.

[27]    D.M. 17 aprile 2001, Attuazione dell'articolo 78, della L. 23 dicembre 2000, n. 388 (Finanziaria 2001). Benefìci in favore dei lavoratori che risultino aver svolto prevalentemente mansioni particolarmente usuranti per le caratteristiche di maggior gravità dell'usura. La materia è stata successivamente oggetto della circolare INPS n. 115 del 25 maggio 2001 e, per i lavoratori iscritti al Fondo speciale dipendenti della Ferrovie dello Stato Spa, della circolare INPS n. 161 del 10 agosto 2001.

[28]    In base ad una rilevazione effettuata dall’INPS nel mese di maggio 2003, i lavoratori che hanno usufruito del beneficio sono stati 416 (di cui 407 hanno fruito dell’anticipo rispetto ai requisiti di vecchiaia e 9 dell’anticipo rispetto ai requisiti di anzianità).

[29]    D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, “Attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro”.

[30]   In via di sintesi, la stessa relazione tecnica evidenzia che la metodologia e le relative basi tecniche sopra indicate hanno condotto ad una stima di un maggior numero complessivo di pensioni (al 31 dicembre di ciascun anno), per effetto delle disposizioni in esame (commi da 1 a 3), pari a circa 6.200 per l’anno 2008, 29.000 nel 2009, 75.000 nel 2010, 91.000 nel 2011, 71.000 nel 2012, 57.000 nel 2013, 16.000 nel 2014, e a circa 50.000 negli anni 2015-2017.

[31]    Si ricorda che l’articolo 59, comma 9, della L. 449/1997, prevede che per il personale del comparto scuola, ai fini dell'accesso al trattamento pensionistico, la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell'anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell'anno.

[32]   L. 27 dicembre 1997, n. 449, “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”.

[33]    Ora confluito nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD) con evidenza contabile separata.

[34]    Ora confluito nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD) con evidenza contabile separata.

[35]    Si ricorda che l’INPDAI è stato soppresso dall’articolo 42 della L. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), con conseguente trasferimento delle strutture, delle funzioni e del personale all’INPS (FPLD) con evidenza contabile separata.

[36]    Il D.Lgs. 479/1994 è stato emanato in attuazione della delega conferita dall’articolo 1, comma 2, della L. 537 del 1993 in materia di riordino e soppressione di enti pubblici di previdenza ed assistenza.

[37]      L’articolo 1 del D.Lgs.C.P.S. 691 del 1947 ha istituito il Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio (CICR), al quale spetta l'alta vigilanza in materia di tutela del risparmio, in materia di esercizio della funzione creditizia e in materia valutaria.

[38]    L’articolo 1 del D.Lgs. 165/1997 specifica che le disposizioni si applicano anche all'Arma dei carabinieri, al Corpo della guardia di finanza, nonché al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile.

[39]    L’articolo 9, comma 1, del D.Lgs. 165/1997 specifica che le disposizioni si applicano a: magistrati ordinari, amministrativi e contabili; avvocati e procuratori dello Stato; personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, a partire, rispettivamente, dalle qualifiche di segretario di legazione e di vice consigliere di prefettura; dirigenti generali, nonché professori e ricercatori universitari.

[40] La L. 27 dicembre 1941, n. 1570 (“Nuove norme per l'organizzazione dei servizi antincendi”), ad eccezione di alcuni specifici articoli, è stata abrogata dal D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139 (“Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della L. 29 luglio 2003, n. 229”).

[41]    Il tema della razionalizzazione degli enti pubblici nazionali ha formato oggetto nel tempo di diversi interventi legislativi. La disposizione in esame ha un immediato precedente nell’articolo 1, comma 482 e ss., della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006), che a sua volta ha disposto in materia apportando diverse modificazioni alla disciplina previgente, recata dall’articolo 28 della legge finanziaria per il 2002 (L. 448 del 2001).

[42]   Da emanare con D.P.R. ai sensi dell’art. 17, co. 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

[43]  La norma in esame limita pertanto il proprio ambito oggettivo all’area statale, mentre la finanziaria 2007 si riferiva in maniera più ampia a “enti ed organismi pubblici”, nonché a “strutture amministrative pubbliche”.

 

[44]   L’elenco di cui all’Allegato A contempla un totale di 11 enti. Si tratta dei seguenti enti:

            Unione italiana di tiro a segno (UITS), istituita con regio decreto-legge 16 dicembre 1935, n. 2430, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 1936, n. 1143;

            Unione nazionale ufficiali in congedo d'Italia (UNUCI), istituita con regio decreto-legge 9 dicembre 1926, n. 2352, convertito dalla legge 12 febbraio 1928, n. 261;

            Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia (EIPLI), istituito con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 18 marzo 1947, n. 281, ratificato, con modificazioni, dalla legge 11 luglio 1952, n. 1005;

            Ente irriguo umbro toscano, istituito con legge 18 ottobre 1961, n. 1048;

            Unione accademica nazionale (UAN), istituita con regio decreto 18 novembre 1923, n. 2895;

            Fondazione “Il Vittoriale degli Italiani”, istituita con regio decreto-legge 17 luglio 1937, n. 1447, convertito dalla legge 27 dicembre 1937, n. 2254;

            Opera nazionale per i figli degli aviatori (ONFA), istituita con regio decreto 21 agosto 1937, n. 1585;

            Ente opere laiche palatine pugliesi, istituito con regio decreto-legge 23 gennaio 1936, n. 359, convertito dalla legge 14 maggio 1936, n. 1000;

            Istituto nazionale di beneficenza “Vittorio Emanuele III”;

            Pio istituto elemosiniere;

            Comitato per la partecipazione italiana alla stabilizzazione, ricostruzione e sviluppo dei Balcani – Unità tecnico-operativa, istituiti con legge 21 marzo 2001, n. 84 (artt. 1 e 2).

[45] Il comma 7 stabilisce che tutti gli atti connessi alle operazioni di trasformazione non rilevano ai fini fiscali. Il comma 9 dispone che i bilanci consuntivi delle Autorità indipendenti sono annualmente pubblicati in allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze. Il comma 10 stabilisce che l’esenzione fiscale degli atti di trasformazione si applica anche agli atti connessi alle operazioni di trasformazione effettuate dalle regioni e dalle province autonome. Il comma 11 prevede che gli enti competenti, nell’esercizio delle funzioni e dei compiti in materia di approvvigionamento idrico primario per uso plurimo e per la gestione delle relative infrastrutture, opere ed impianti, possono avvalersi degli enti preposti al prevalente uso irriguo della risorsa idrica attraverso apposite convenzioni e disciplinari tecnici.

[46]   L. 8 agosto 1995, n. 335, “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”.

[47]   L’aliquota contributiva stabilita per il finanziamento del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), sino al 31 dicembre 2006, era pari complessivamente al 32,70%, di cui l'8,89% a carico del lavoratore.

[48]    Si consideri che, ai sensi della normativa vigente, è prevista un’aliquota aggiuntiva dell’1% a carico del lavoratore da applicare sulla prima fascia di retribuzione pensionabile, qualora l'aliquota IVS a carico del lavoratore sia inferiore al 10%. Inoltre, in caso di appartenenza ad imprese rientranti nel campo si applicazione della CIGS, al contributo a carico del lavoratore si deve aggiungere un’ulteriore aliquota dello 0,30%.

[49]    Poiché non è possibile conoscere in anticipo l’effettiva entità dei redditi che verranno prodotti nel corso dell’anno, il versamento contributivo viene effettuato sulla base dei redditi d’impresa dichiarati nell’anno precedente. L’anno successivo verrà, poi, effettuato un versamento a conguaglio tra l’importo versato in acconto sul reddito d’impresa assunto in via provvisoria e quello da versare in base al reddito effettivamente prodotto.

[50]   Per il 2006, l’aliquota contributiva per la gestione separata INPS era pari al 17,70% (più il contributo dello 0,50% per la malattia, l’assegno familiare e la maternità) per i soggetti non titolari di pensione né assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie, fino al limite di reddito di € 39.297,01; sui compensi eccedenti il predetto limite di reddito tale aliquota era maggiorata di un punto percentuale (pertanto era pari al 18,70%), fermo restando il contributo per la malattia, l’assegno familiare e la maternità.

Per il medesimo anno, l’aliquota contributiva prevista per i soggetti assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie era pari al 10,00%, mentre quella prevista per i pensionati titolari di pensione diretta era pari al 15,00%.

[51]   La circolare INPS n. 7 dell’11 gennaio 2007, emanata in relazione alle disposizioni in esame, chiarisce che rimane dovuta, “per i soggetti privi di altra tutela previdenziale obbligatoria, l’ulteriore aliquota contributiva pari allo 0,50%, stabilita dall’articolo 59, comma 16, della L. 449 del 1997, per il finanziamento dell’onere derivante dalla estensione agli stessi della tutela relativa alla maternità, agli assegni per il nucleo familiare e alla malattia, anche in caso di non degenza ospedaliera, così come disposto dall’articolo 1, comma 788 della citata legge finanziaria 2007”.

Dalla stessa circolare viene evidenziato pertanto che, a decorrere dal 1° gennaio 2007, con riferimento alla contribuzione alla Gestione separata:

-     per tutti i soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie si applica l’aliquota del 23,50% (23% per IVS più 0,50% di aliquota aggiuntiva);

-     per i soggetti già titolari di pensione o iscritti ad altra forma pensionistica obbligatoria si applica l’aliquota del 16%.

[52]    I Fondi per il personale telefonico ed elettrico sono stati soppressi dall'articolo 41 della legge finanziaria per il 2000 (L. 23 dicembre 1999, n. 488): i lavoratori iscritti sono stati pertanto trasferiti all'A.G.O.

[53]    L’INPDAI è stato soppresso dall’articolo 42 della Legge 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), con conseguente trasferimento delle strutture, delle funzioni e del personale all’INPS (FPLD) con evidenza contabile separata.

[54]    Il fondo è stato soppresso, con confluenza nel FPLD dell'INPS, con il D.Lgs. 29 giugno 1996, n. 414.

[55]   Si ricorda che la legge 4 luglio 1959, n. 463, ha istituito presso l'INPS, con decorrenza 1° gennaio 1959, una apposita Gestione speciale cui sono tenuti ad iscriversi gli artigiani ed i loro familiari, se coadiuvanti. Tale Gestione, ai sensi dell’articolo 31 della L. 88 del 1989, a decorrere dal 1° gennaio 1989, ha assunto la denominazione di "Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani". Sono iscritti alla Gestione speciale i titolari e i contitolari di imprese artigiane, nonché i familiari coadiuvanti; sono considerati familiari i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.

[56]   La L. 22 luglio 1966, n. 613, ha istituito presso l’INPS, con decorrenza 1° gennaio 1965, una apposita Gestione speciale assicurativa cui sono tenuti ad iscriversi gli esercenti attività commerciali. Tale Gestione, a partire dal 1° gennaio 1989, ai sensi della L. 89/1988, ha assunto la denominazione di "Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali”. Sono iscritti alla Gestione speciale, previo possesso di determinati requisiti, principalmente i seguenti soggetti: titolari di aziende che esercitano attività commerciali e turistiche; soggetti che lavorano come ausiliari del commercio (agenti e rappresentanti di commercio iscritti nell’apposito albo; agenti aerei, marittimi, raccomandatari; agenti delle librerie di stazione; propagandisti e procacciatori di affari, commissionari di commercio, mediatori iscritti negli appositi elenchi delle Camere di Commercio, titolari degli istituti di informazione); familiari coadiutori che lavorano prevalentemente ed abitualmente nell’azienda commerciale.

[57]    La gestione è stata istituita dall'articolo 2, commi da 26 a 32, della L. 335 del 1995.

[58]    Gestione istituita dal decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 357, che ha soppresso i regimi esclusivi o integrativi che operavano per i dipendenti degli enti pubblici creditizi.

[59]    Con decorrenza dal 1° aprile 2000, ai sensi dell’articolo 43, comma 1, della Legge 488 del 1999, il Fondo Pensioni del personale della Ferrovie dello Stato, istituito con la legge 9 luglio 1908, n. 418, è stato soppresso ed è stato istituito presso l’INPS l’apposito Fondo speciale al quale sono iscritti obbligatoriamente, con effetto dalla stessa data del 1° aprile 2000, i dipendenti dalla Ferrovie dello Stato Spa., nonché gli ex dipendenti della stessa Società, trasferiti in base a particolari norme di legge alle dipendenze di altre amministrazioni, enti o società, che si sono avvalsi della facoltà di opzione per il mantenimento, anche durante il nuovo rapporto di lavoro, dell’iscrizione al citato Fondo pensioni (cfr. Circolare INPS 157 del 1° agosto 2001). Per espressa disposizione contenuta nel comma 3 del citato articolo 43 della legge 488/99 per le prestazioni in essere e per quelle da liquidare a carico del Fondo speciale, si fa riferimento alle norme del Testo Unico approvato con il D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in materia di trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato.

[60]    Il Fondo, soppresso dal 1° gennaio 1998 ai sensi della L. 230 del 1997, continua a gestire le pensioni in essere alla data del 31.12.1997. Gli spedizionieri doganali sono ora iscritti alla gestione separata ex articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995 o al FLPD, in relazione al rapporto di lavoro instaurato.

[61]    Nel regime esclusivo rientravano altresì le forme previdenziali per il personale del Banco di Napoli, del Banco di Sicilia, ora soppresse ad opera del D.P.R. 20 novembre 1990, n. 357 (emanato in attuazione della legge 30 luglio 1990, n. 218 sulla c.d. privatizzazione degli enti creditizi di diritto pubblico), che ha disposto l'iscrizione all'INPS del personale assicurato.

[62]    I fondi esonerativi erano retti secondo il criterio della capitalizzazione: le pensioni, cioè, erano liquidate utilizzando i contributi accantonati e capitalizzati nel tempo. Dotati di personalità giuridica propria, tali fondi erano sottoposti alla vigilanza del Ministero del lavoro.

[63]   Si ricorda che l'importo al lordo del fisco non tiene conto dell'effetto indotto sulle entrate fiscali prodotto dall'incremento dell'aliquota contributiva. Infatti, i maggiori contributi versati costituiscono voci deducibili dal reddito imponibile sia dei committenti sia dei beneficiari e comportano, pertanto, un minor carico fiscale per gli interessati. Tale importo è dipendente dall'aliquota marginale di colui che sostiene l'onere, in caso di imponibile IRPEF, ovvero dall'aliquota IRPEG (ora IRES) se il committente è una persona giuridica.

[64]   L. 8 agosto 1995, n. 335, “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”.

[65]   Nella relazione illustrativa del ddl originario viene evidenziato che il contributo di solidarietà in questione è finalizzato a concorrere a finanziare le misure relative alla modifica dei requisiti per il diritto al trattamento pensionistico di anzianità e il pensionamento anticipato per gli addetti ad attività usuranti.

[66]   D.Lgs. 24 aprile 1997, n. 164, “Attuazione della delega conferita dall'articolo 2, comma 22, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di regime pensionistico per gli iscritti al Fondo speciale di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea”.

[67]   L. 8 agosto 1995, n. 335, “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”.

[68]    In base a tale sistema, nel regime previdenziale del Fondo in esame, si applica l'articolo 24, comma 1, della Legge 13 luglio 1965, n. 865, che fa riferimento alla media delle retribuzioni percepite negli ultimi cinque anni di attività lavorativa. Ai fini del computo della misura della pensione, inoltre, l'art. 9, comma 1 della Legge 31 ottobre 1988, n. 480, prevede l'applicazione, agli anni di servizio riconosciuti utili, di un coefficiente di rendimento pari al 2,50% annuo.

      Successivamente l’articolo 3 del D.Lgs. n. 503 del 1992 ha operato una distinzione tra i soggetti che alla data del 31 dicembre 1992 avessero maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 15 anni e gli altri lavoratori. Tale distinzione corrisponde esattamente a quella derivante dal limite dei 18 anni di anzianità alla data del 31 dicembre 1995.

      Per essi, ai sensi del citato art. 3, comma 3, come modificato dall’art. 1, comma 17, della L. n. 335 del 1995, il periodo di riferimento per il calcolo della retribuzione pensionabile viene esteso progressivamente da 5 a 10 anni; nella fase transitoria, è prevista una maggiorazione pari al 50% del numero di settimane intercorrenti tra il 1° gennaio 1993 e il 1° gennaio 1996 (ovvero la data, se anteriore, della decorrenza del trattamento, con arrotondamento per difetto) nonché del 66,6% del numero di settimane intercorrenti tra il 1° gennaio 1996 e la data di decorrenza, qualora quest’ultima sia successiva (sempre con arrotondamento per difetto).

      Riguardo alla rivalutazione delle retribuzioni, il criterio previgente nel regime in esame è costituito dall'articolo 24, comma 4, che prevede un adeguamento in misura corrispondente alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati fino all’anno precedente la decorrenza della pensione. Tale criterio, a decorrere dal 1992, va integrato con quanto prevede l'articolo 7, comma 4, del citato D.Lgs. 503 del 1992 che dispone una maggiorazione di un punto percentuale annuo dello stesso tasso di variazione dell’indice.

[69]   In particolare, il comma in oggetto stabilisce che, con decorrenza dal 1° gennaio 1996, per i casi regolati dagli articoli 3, comma 3, e 7, comma 3, del citato D.Lgs. 503 del 1992, l'incremento delle settimane di riferimento delle retribuzioni pensionabili, già previsto nella misura del 50%, è sostituito dalla misura del 66,6% del numero delle settimane intercorrenti tra il 1° gennaio 1996 e la data di decorrenza della pensione, con arrotondamento per difetto.

[70]   L. 23 dicembre 1998, n. 448, “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo”.

[71]   Nella relazione illustrativa al ddl originario viene posto in rilievo che la misura in esame è finalizzata a concorrere in maniera solidaristica al finanziamento delle modifiche alla disciplina delle pensioni di anzianità.

[72]   D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, “Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della L. 23 ottobre 1992, n. 421”.

[73]    Secondo la modifica disposta dall'art. 14 della Legge 23 dicembre 1994, n. 724. La decorrenza era originariamente fissata, dall'art. 11 citato, al 1° novembre dell'anno di riferimento.

[74]    Per l'anno 2007 il trattamento minimo INPS è pari a 436,14 euro mensili (5.669,82 euro annui).

[75]    L. 23 ottobre 1992, n. 421, “Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale”.

[76]    Corrispondenti a 5.164,57 euro annui.

[77]   D.L 2 luglio 2007, n. 81, “Disposizioni urgenti in materia finanziaria”, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2007, n. 127.

[78]   Si ricorda che l'importo al lordo del fisco non tiene conto dell'effetto indotto sulle entrate fiscali prodotto dall'incremento dell'aliquota contributiva. Infatti, i maggiori contributi versati costituiscono voci deducibili dal reddito imponibile sia dei committenti sia dei beneficiari e comportano, pertanto, un minor carico fiscale per gli interessati. Tale importo è dipendente dall'aliquota marginale di colui che sostiene l'onere, in caso di imponibile IRPEF, ovvero dall'aliquota IRPEG (ora IRES) se il committente è una persona giuridica.

[79]   L. 27 marzo 1992, n. 257, “Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto”.

 

[80]   “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici.” (pubblicato nella G.U. 2 ottobre 2003, n. 229).

[81]    Il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, è stato pubblicato nella G.U. del 2 ottobre 2003.

[82]   Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

[83]   Il Decreto precisa anche che per “periodo di esposizione all’amianto” si intende il periodo di attività effettivamente svolta ed indica anche tutte le attività lavorative che comportano esposizione all’amianto.

[84]    Articolo 3 del D.M. 27 ottobre 2004.

[85]   Anche se la norma non lo dispone espressamente, è da ritenersi che anche per l’accertamento e la certificazione da parte dell’IPSEMA valgono le disposizioni procedurali di cui all’articolo 3 del su citato D.M. 27 ottobre 2004, dal medesimo decreto riferite all’INAIL.

[86]   in base alla delega prevista dall’articolo 1 della L. 62 del 2005 (legge comunitaria 2004).

[87]   D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, “Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell'articolo 55, comma 1, della L. 17 maggio 1999, n. 144”.

[88]    Una volta accertata l’indennizzabilità della malattia professionale, l’INAIL provvede al massimo entro 20 giorni dall’evento a liquidare all’infortunato l’indennità per inabilità temporanea assoluta. Nel caso in cui, dopo la guarigione, residuino postumi che determinano un’inabilità permanente indennizzabile, l’INAIL comunica il diritto alle relative prestazioni.

[89]   Provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999.

[90]   Legge finanziaria per il 2002.

[91]   L’istituto in esame si applica anche, con alcune disposizioni particolari, al settore agricolo, che è stato tuttavia escluso dai miglioramenti introdotti con la legge n. 388/2000 incidenti sia sulla durata sia sull’importo dell’indennità ordinaria di disoccupazione.

[92]   Merita ricordare, inoltre, che l’articolo 3, comma 4, del D.L. 29 marzo 1991, n,. 108, convertito dalla L. 1° giugno 1991, n. 169 , ha disposto un’interpretazione autentica del richiamato articolo 7, comma 3. Tale comma ha infatti disposto che il richiamato comma 3 s'interpreta nel senso che il diritto alle prestazioni ivi previste sussiste anche nei confronti di quei lavoratori che, pur in possesso del requisito dell'anno di contribuzione nel biennio, hanno erroneamente avanzato domanda entro i termini e secondo le modalità previsti per l'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti, anziché entro i termini e secondo le modalità previsti per l'indennità con requisiti normali di cui al R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827 , convertito dalla L. 6 aprile 1936, n. 1155.

[93]   D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, “Disposizioni per agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, lettera a), della L. 17 maggio 1999, n. 144”.

[94]   D.Lgs. 19 dicembre 2002, n. 297, “Disposizioni modificative e correttive del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, recante norme per agevolare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, lettera a) della L. 17 maggio 1999, n. 144”.

[95]   D.L. 21 marzo 1988, n. 86, “Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di mercato del lavoro, nonché per il potenziamento del sistema informatico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale”, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 maggio 1988, n. 160.

[96]   L. 13 agosto 1980, n. 427, “Modifica della disciplina dell'integrazione salariale straordinaria relativa alle categorie operaie e impiegatizie”.

[97]    D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”. Il D.Lgs 276/2003, entrato in vigore il 24 ottobre 2003, è stato successivamente modificato dal D.Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251, “Disposizioni correttive del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, in materia di occupazione e mercato del lavoro”.

[98] D.Lgs. 19 dicembre 2002, n. 297, “Disposizioni modificative e correttive del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, recante norme per agevolare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, lettera a) della L. 17 maggio 1999, n. 144”.

[99]   La Borsa continua nazionale del lavoro, disciplinata dagli artt. 15 e 16 del D.Lgs n. 276/2003, è un portale su rete telematica finalizzato a favorire una maggiore efficienza e trasparenza del mercato del lavoro, facilitando l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. Gli operatori autorizzati o accreditati, pubblici o privati, hanno infatti l'obbligo di conferire a tale archivio elettronico i dati acquisiti dalle persone in cerca di lavoro, in base alle indicazioni rese dai lavoratori stessi e a quelle fornite dalle imprese che offrono impiego. E’ previsto che la Borsa continua operi: a livello nazionale, per la definizione degli standard tecnici nazionali e dei flussi informativi di scambio, l’integrazione dei sistemi regionali e la definizione dell’insieme delle informazioni che permettano la massima efficacia e trasparenza del processo di incontro tra domanda e offerta di lavoro; a livello regionale per la realizzazione dell’integrazione dei sistemi pubblici e privati presenti sul territorio, la definizione e la realizzazione del modello di servizi al lavoro e la cooperazione alla definizione degli standard nazionali di intercomunicazione. Viene inoltre previsto il monitoraggio statistico dei dati inseriti, anche al fine di valutare l’efficacia delle politiche attive del lavoro con particolare riguardo verso le categorie di lavoratori svantaggiati, e la predisposizione di un Rapporto annuale al Parlamento da parte del Ministro del lavoro.

[100]  D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, “Disposizioni per agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, lettera a), della L. 17 maggio 1999, n. 144.”

[101] “Disciplina dell'apprendistato”.

[102]Viene inoltre confermata la norma in base alla quale il numero degli apprendisti presso ciascuna azienda non può superare il numero dei lavoratori specializzati e qualificati, prevedendosi tuttavia che, se tali lavoratori mancano o sono meno di tre, è consentita comunque l’assunzione di tre apprendisti.

[103]  “Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.”

[104]In attuazione delle disposizioni del Titolo VI, Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003 è stata emanata da parte del Ministero del lavoro la circolare 14 ottobre 2004, n. 40, “Nuovo contratto di apprendistato”.

[105][105] L’aliquota contributiva a carico dell'apprendista è quella stabilita per la generalità dei lavoratori dipendenti, meno 3 punti percentuali. Dal 1° gennaio 2007, tenendo conto dell'aumento dello 0,30% della contribuzione a carico dei lavoratori dipendenti disposto dall’articolo 1, comma 769, della legge finanziaria 2007, l’aliquota contributiva a carico dell’apprendista si attesta nella misura del 5,84%.

[106] Cfr. circolare INPS 8 febbraio 2006, n. 18.

[107] La ripartizione del contributo - con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007 - è stata effettuata dal D.M. 28 marzo 2007. In particolare, la ripartizione è la seguente: FPLD: 9,01%; CUAF: 0,11%; Malattia: 0,53%; Maternità: 0,05%; INAIL: 0.30%.

[108]Il terzo comma del richiamato articolo 16 dispone che le regioni stipulano con gli istituti assicuratori convenzioni per il pagamento delle somme occorrenti per le assicurazioni in favore degli apprendisti artigiani.

[109]Il già menzionato D.M. 28 marzo 2007, come detto, ha stabilito la contribuzione dovuta a decorrere dal 1° gennaio 2007 per l'indennità giornaliera di malattia nella misura di 0,53 punti percentuali.

[110]D.L. 22 dicembre 1981, n. 791, “Disposizioni in materia previdenziale”, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1982, n. 54

[111]L. 5 agosto 1978, n. 468, “Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio”.

[112]Tale decreto non risulta essere stato ancora emanato.

[113]L. 30 marzo 1971, n. 118, “Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili”.

[114]L. 12 marzo 1999, n. 68, “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”.

[115]L'innalzamento tuttavia è decorso dall'entrata in vigore delle tabelle percentuali di invalidità di cui al D.M. 5 febbraio 1992, cioè dal 1992.

[116] L’importo dell’assegno per il 2007 è pari a 242,84 euro per 13 mensilità.

[117]Attualmente: direzioni provinciali del lavoro.

[118]D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa. (Testo A)”.

[119] L. 23 dicembre 1996, n. 662 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1997).

[120]L. 2 aprile 1968, n. 482, “Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private”.

[121] Il comma 252 invece stabilisce, in caso di falsa dichiarazione o certificazione, l’obbligo del titolare del beneficio alla restituzione di tutte le somme indebitamente percepite, oltre agli interessi legali maturati sulle stesse.

[122]L. 12 marzo 1999, n. 68, “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”.

[123]Ai sensi del citato articolo 9, i datori di lavoro devono presentare agli uffici competenti la richiesta di assunzione entro 60 gg. dal momento in cui sono obbligati all'assunzione dei lavoratori disabili. In caso di impossibilità di avviare lavoratori con la qualifica richiesta, o con altra concordata con il datore di lavoro, gli uffici competenti avviano lavoratori di qualifiche simili, secondo l'ordine di graduatoria e previo addestramento o tirocinio da svolgere anche attraverso le modalità previste dal successivo articolo 12. La richiesta di avviamento al lavoro si intende presentata anche attraverso l'invio agli uffici competenti dei prospetti informativi da parte dei datori di lavoro. Da tali prospetti devono risultare il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero ed i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva, nonché i posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavoratori interessati dalle agevolazioni.

[124]Ai sensi del richiamato articolo 11, gli uffici competenti possono stipulare con il datore di lavoro convenzioni aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali di cui alla L. 68/1999. In particolare, nella convenzione, che può essere stipulata anche con datori di lavoro che non sono obbligati alle assunzioni ai sensi della L. 68/1999, sono stabiliti i tempi e le modalità delle assunzioni che il datore di lavoro si impegna ad effettuare. Oltre ai tempi e alle modalità, le convenzioni di integrazione lavorativa devono:

a) indicare dettagliatamente le mansioni attribuite al lavoratore disabile e le modalità del loro svolgimento;

b) prevedere le forme di sostegno, di consulenza e di tutoraggio da parte degli appositi servizi regionali o dei centri di orientamento professionale e degli organismi di cui all'articolo 18 della L. 104 del 1992, al fine di favorire l'adattamento al lavoro del disabile;

c) prevedere verifiche periodiche sull'andamento del percorso formativo inerente la convenzione di integrazione lavorativa, da parte degli enti pubblici incaricati delle attività di sorveglianza e controllo.

[125]L. 8 novembre 1991, n. 381, “Disciplina delle cooperative sociali”.

[126]Le categorie sono le seguenti:

o         persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45% accertata;

o         persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 3%, accertata dall’INAIL in base alle disposizioni vigenti;

o         persone non vedenti o sordomute, di cui alla L. 27 maggio 1970, n. 382, e alla L. 26 maggio 1970, n. 381;

o         persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all'ottava categoria di cui alle tabelle annesse al T.U. delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915.

Per tali categorie, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori nella seguente misura:

a) 7% dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti;

b) 2 lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;

c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.

[127] D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, “Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

[128]L’art. 11, comma 7, della L. 68/1999 prevede che, oltre a stabilire i tempi e le modalità delle assunzioni che il datore di lavoro si impegna ad effettuare, le convenzioni di integrazione lavorativa devono:

§          indicare dettagliatamente le mansioni attribuite al lavoratore disabile e le modalità del loro svolgimento;

§          prevedere le forme di sostegno, di consulenza e di tutoraggio da parte degli appositi servizi regionali o dei centri di orientamento professionale e degli organismi di cui all'articolo 18 della L. 104/1992, al fine di favorire l'adattamento al lavoro del disabile;

§          prevedere verifiche periodiche sull'andamento del percorso formativo inerente la convenzione di integrazione lavorativa, da parte degli enti pubblici incaricati delle attività di sorveglianza e controllo.

[129]D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, “Disciplina dell'impresa sociale, a norma della L. 13 giugno 2005, n. 118”.

[130]fIn particolare, si fa riferimento ai seguenti settori:

•     assistenza sociale, ai sensi della L. 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del  sistema integrato di interventi e servizi sociali);

•     assistenza sanitaria, per l’erogazione delle prestazioni di cui al D.P.C.M. 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli di assistenza) e successive modificazioni;

•     assistenza socio-sanitaria, ai sensi del D.P.C.M. del 14 febbraio 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie);

•     educazione, istruzione e formazione, ai sensi della L. 28 marzo 2003, n. 53 (Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale);

•     tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ai sensi della L. 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione), con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;

•     valorizzazione del patrimonio culturale, ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137);

•     turismo sociale (articolo 7, comma 10, della L. 29 marzo 2001, n. 135, recante “Riforma della legislazione nazionale del turismo”);

•     formazione universitaria e post-universitaria;

•     ricerca ed erogazione di servizi culturali;

•     formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica ed al successo scolastico e formativo;

•     servizi strumentali alle imprese sociali, resi da enti composti in misura superiore al settanta per cento da organizzazioni che esercitano un’impresa sociale.

[131]D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, “Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

[132]Si tratta dei

a)     lavoratori svantaggiati ai sensi dell'articolo 2, primo paragrafo 1, lettera f), punti i), ix) e x), del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione;

b)     lavoratori disabili ai sensi dell'articolo 2, primo paragrafo 1, lettera g), del citato regolamento (CE) n. 2204/2002.

[133] Si ricorda che, in base a tale disposizione, ai fini delle assunzioni obbligatorie delle persone disabili, i datori di lavoro che occupano più di 50 dipendenti possono effettuare assunzioni per chiamata nominativa per il 60% delle stesse assunzioni obbligatorie)

[134]Si ricorda che l’articolo 1, comma 1162, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006) ha incrementato la dotazione annua del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, precedentemente corrispondente a 60 miliardi di lire annui, portandola a 37 milioni di euro per il 2007 e a 42 milioni di euro annui a decorrere dal 2008.

[135]Tale paragrafo prevede che, in deroga ai paragrafi 2 e 3, gli aiuti concessi nell'ambito di regimi esentati in virtù degli articoli 5 e 6 del regolamento (CE) n. 2204/2002 possano essere cumulati con altri aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del Trattato o con altre misure di sostegno comunitario in relazione agli stessi costi, compresi gli aiuti nell'ambito di regimi esentati dall'articolo 4 del regolamento stesso che rispettino i paragrafi 2 e 3, a condizione che tale cumulo non dia luogo ad un'intensità di aiuto lorda superiore al 100% dei costi salariali per ciascun periodo di occupazione dei lavoratori considerati. Restano inoltre impregiudicati eventuali massimali d'intensità d'aiuto più bassi, fissati conformemente alla disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato alla ricerca e sviluppo.

[136]D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, “Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES”.

[137]  Lo schema strettamente tassativo delineato dalla legge n. 230/1962 era stato nel corso degli anni reso progressivamente più flessibile, da una parte "ampliandolo" con l'introduzione di nuove specifiche "causali" previste dalla legge, dall'altra attribuendo alla contrattazione collettiva la generale facoltà di individuarne a sua volta di ulteriori.

[138]Cfr. tra le altre: Trib. Milano, 31 ottobre 2003; Trib. Milano, 13 novembre 2003; Trib. Firenze, 5 febbraio 2004; Trib. Marsala, 27 gennaio 2005.

[139] Si tratta della sentenza Cass. civ. Sez. lavoro 21 maggio 2002, n. 7468, relativa ad un caso concreto soggetto alla disciplina previgente, abrogata dal D.Lgs. 368 del 2001. Nelle motivazioni la Corte, in via incidentale, osserva che la tendenza della legislazione italiana verso una progressiva ampliamento della possibilità di apposizione del termine al contratto di lavoro ha condotto all’emanazione del D.Lgs. 368 del 2001, che elimina la tipizzazione normativa dei casi in cui era possibile stipulare il contratto a termine prevedendo che l’apposizione del termine è consentita per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. Tuttavia la Corte ritiene che la tendenza in questione, anche dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina, incontra un limite nella direttiva comunitaria 1999/70/CE e nell’accordo-quadro CES-UNICE-CEEP ad essa allegato, in cui si afferma tra l’altro che “i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento” (punto n. 6 delle Considerazioni generali). Pertanto la sentenza ritiene che le disposizioni del D.Lgs. 368 del 2001, in particolare quelle che richiedono che l’apposizione del termine risulti da atto scritto e sia specificamente motivata (articolo 1, comma 2) e che “sanzionano” la prosecuzione del rapporto oltre il termine e la riassunzione a termine entro un breve lasso di tempo (articolo 5, commi da 2 a 4), sarebbero ispirate dal principio per cui “il termine costituisce deroga d’un generale sottinteso principio: il contratto di lavoro subordinato, per sua natura, non è a termine”.

[140]Cfr. tra le altre: App. Milano, 29 aprile 2004; App. Bari, 20 luglio 2005.

[141]Cfr. tra le altre: Trib. Milano, 21 aprile 2004; Trib. Firenze, 23 aprile 2004.

[142]Cfr. tra le altre: Trib. Milano, 15 ottobre 2003; Trib. Milano, 8 gennaio 2004; Trib. Firenze, 20 luglio 2004; Trib. Milano, 14 ottobre 2004; Trib. Bologna, 2 dicembre 2004; Trib. Roma, 12 gennaio 2005; Trib. Monza, 18 gennaio 2005; Trib. Marsala, 27 gennaio 2005; Trib. Roma, 3 febbraio 2005.

[143]Cfr. tra le altre: Trib. Firenze, 5 febbraio 2004; Trib. Milano, 25 novembre 2004; Trib. Roma, 12 gennaio 2005.

[144]Cfr. tra le altre: Trib. Milano, 15 ottobre 2003; Trib. Milano, 31 ottobre 2003; Trib. Milano, 13 novembre 2003; App. Milano, 9 dicembre 2003; App. Milano, 29 aprile 2004; App. Bari, 20 luglio 2005.

[145]Può essere utile ricordare che le norme dell'articolo 5 già contenute nel testo precedente alla novella in esame riproducono la normativa previgente al D.Lgs. 368/2001 (articolo 2, comma 2, della L. 230/1962, nel testo sostituito dall'articolo 12 della L. 196/1997), con modifiche di carattere prevalentemente formale, tra cui particolare rilievo assume la diversa formulazione del comma 3 rispetto al terzo periodo dell'articolo 2, comma 2, della L. 230/1962. Tali modifiche chiariscono che la disciplina applicabile ai contratti di durata esattamente uguale a 6 mesi - in relazione ai casi di successione di contratti - è la stessa prevista per quelli di durata inferiore . Carattere sostanziale ha invece la modifica introdotta con l'inciso presente nel comma 4, che definisce le "assunzioni successive a termine" come "quelle effettuate senza soluzione di continuità".

Va ricordato, inoltre, che il D.Lgs 368/2001 è stato adottato in Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES. Nell’accordo allegato alla direttiva richiamata, alla clausola 5 in materia di misure di prevenzione degli abusi, si richiede che la disciplina interna preveda, alternativamente o cumulativamente: ragioni obiettive per la giustificazione dei rinnovi; la durata massima dei rapporti successivi; il numero massimo di rinnovi. Tali misure devono essere adottate tenendo conto delle esigenze di settori o di categorie specifiche di lavoratori. Inoltre, sempre secondo la direttiva richiamata, la normativa interna deve stabilire, "se del caso", la nozione di contratti "successivi" e i casi in cui i rapporti si debbano considerare a tempo indeterminato.

[146]Tale articolo stabilisce che il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solamente nel caso in cui la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi, la durata complessiva del rapporto a termine non può in ogni modo essere superiore ai tre anni

[147]D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525, “Elenco che determina le attività a carattere stagionale di cui all'art. 1, comma secondo, lettera a), della legge 18 aprile 1962, n. 230, sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato”.

[148]I lavoratori assunti in base al suddetto diritto di precedenza non concorrono a determinare la base di computo per il calcolo della percentuale di riserva di cui all'articolo 25, comma 1, della L. 23 luglio 1991, n. 223.

[149]Sono esclusi dal campo di applicazione i contratti di lavoro temporaneo, i contratti di formazione e lavoro (attualmente contratti di inserimento), i rapporti di apprendistato, nonché le tipologie contrattuali legate a fenomeni di formazione attraverso il lavoro. Sono inoltre esclusi i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell'agricoltura e gli operai a tempo determinato, così come definiti dall'articolo 12, comma 2, del D.L. 375/1993 (commi 1 e 2).

[150]I lavoratori assunti in base al suddetto diritto di precedenza non concorrono a determinare la base di computo per il calcolo della percentuale di riserva di cui all'articolo 25, comma 1, della L. 23 luglio 1991, n. 223.

[151]D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”.

[152]La norma fa riferimento agli artt. 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro.

[153]D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE e 2003/18/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro

[154]D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, “Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES”.

[155] D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”.

[156] D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, “Attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro”.

[157] La convalida, da parte della direzione provinciale del lavoro, finalizzata ovviamente a garantire la genuinità del consenso del lavoratore alla trasformazione del rapporto, sembra però costituire una mera formalità burocratica, dato che non si prevede più, come era invece nell’articolo 5 della L. 863/1984, la necessità di sentire il lavoratore interessato.

[158] Si ricorda che, nel caso di violazione, da parte del datore di lavoro, del diritto di preferenza in capo ai lavoratori a tempo parziale, si era ammessa in passato (prima del D.Lgs. 61/2001), nel silenzio della vecchia normativa, la richiesta al giudice di una sentenza che tenga luogo del contratto (a tempo pieno), ex articolo 2932 c.c.. Adesso dispone l’articolo 8, comma 3, del D.Lgs. 61/2000, che attribuisce al lavoratore pretermesso un risarcimento del danno pari alla differenza tra l’importo della retribuzione percepita, e quella che gli sarebbe spettata nel caso di conversione a tempo pieno, nei sei mesi successivi alla suddetta conversione.

[159]La modifica in questione ha dato applicazione al principio di delega di cui all’articolo 3, lettera f) della L. 30/2003.

[160]Si dava così applicazione al criterio di delega di cui alla lettera g) dell’articolo 3 della legge delega, volto alla integrale estensione al settore agricolo della disciplina del lavoro a tempo parziale.

[161]L. 5 febbraio 1992, n. 104 “Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”.

[162]Decreto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992, “Approvazione della nuova tabella indicativa delle percentuali d'invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti”.

[163]D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53”.

[164]L 8 marzo 2000, n. 53, “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”.

[165] Le patologie devono riguardare non il richiedente, bensì i componenti della propria famiglia anagrafica, i soggetti di cui all'articolo 433 c.c. anche se non conviventi, nonché i portatori di handicap, parenti o affini entro il terzo grado, anche se non conviventi.

[166]D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”.

[167]  Il tentativo è stato effettuato dalla Zanussi. L'azienda e alcune organizzazioni sindacali (con l’esclusione della Cgil) fecero un accordo ad hoc per introdurre in fabbrica il lavoro a chiamata, o job on call. Furono i lavoratori a bocciare quell'intesa rifiutando la sperimentazione. Cfr. “Il Sole 24ore” del 30/07/2002: Debutta il contratto a chiamata.

[168]  D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE e 2003/18/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”. Si ricorda che l’articolo 4 di tale decreto legislativo prevede un procedimento che trova il suo momento fondamentale nell’obbligo del datore di lavoro di effettuare la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori. La valutazione dei rischi va effettuata tenendo conto delle caratteristiche essenziali dell’azienda e in particolare: della natura dell’azienda, della scelta delle attrezzature, delle sostanze e dei preparati chimici utilizzati, della sistemazione dei luoghi di lavoro. Inoltre è da prendere in considerazione l’eventualità di lavoratori esposti a rischi particolari, diversi da quelli cui è esposta la generalità dei lavoratori. La valutazione dei rischi deve essere effettuata in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Una volta effettuata la valutazione dei rischi il datore di lavoro è tenuto a formalizzarne il risultato in uno specifico documento. Vi è l’obbligo di custodire tale documento presso l’azienda e quello di rielaborare la valutazione e di redigere il conseguente documento in caso di modifiche del processo produttivo che siano significative per la sicurezza. Il datore di lavoro deve altresì custodire, presso l’azienda, una cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria. Per le piccole e medie aziende è previsto che siano definite procedure standardizzate per gli adempimenti documentali in questione, in relazione alla natura dei rischi e alla dimensione dell’azienda.

[169]  Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 19 della L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori) le rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori, nell’ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva. Caratteristica essenziale dell’articolo 19 è che esso non dà una definizione di r.s.a, né prevede una struttura rigida della stessa, ma tipizza piuttosto una categoria, nella quale possono rifluire una molteplicità di strutture associative di lavoratori.

[170]  “Indennità mensile di disponibilità da corrispondere al lavoratore nell'àmbito del contratto di lavoro intermittente, ai sensi dell'articolo 36 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276.”

[171]  “Individuazione, in via provvisoriamente sostitutiva, della contrattazione collettiva dei casi di ricorso al lavoro intermittente, ai sensi dell'articolo 40 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276.”

[172]  R.D. 6 dicembre 1923, n. 2657, “Approvazione della tabella indicante le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia alle quali non è applicabile la limitazione dell'orario sancita dall'articolo 1° del decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692”.

[173]La norma fa riferimento agli artt. 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro.

[174]D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE e 2003/18/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro

[175]D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, “Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES”.

[176]D.L. 23 giugno 1995, n. 244, “Misure dirette ad accelerare il completamento degli interventi pubblici e la realizzazione dei nuovi interventi nelle aree depresse”, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1995, n. 341.

[177]Ai sensi del successivo comma 4, le disposizioni dell’articolo in oggetto trovano applicazione alle società cooperative di produzione e lavoro esercenti attività edile anche per i soci lavoratori delle stesse, ma non operano per le imprese impiantistiche del settore metalmeccanico, di cui all'articolo 2-bis del D.L. 19 gennaio 1991, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 marzo 1991, n. 89.

[178]L. 30 aprile 1969, n. 153, “Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale”. Si ricorda che il richiamato articolo 12 della L. 153/1969 ha sostituito gli articoli 1 e 2 del D.Lgt. 1° agosto 1945, n. 692, poi recepiti negli articoli 27 e 28 del D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, e l'articolo 29 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. Infine, lo stesso articolo 12 è stato sostituito dall'articolo 6 del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314. Tali norme stabiliscono che costituiscono redditi di lavoro dipendente ai fini contributivi quelli di cui all'articolo 49, comma 1, del TUIR (D.P.R. 917/1986), maturati nel periodo di riferimento, e cioè quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato lavoro dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro. Lo stesso articolo dispone altresì che costituiscono redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati, nonché le somme dei crediti di lavoro, di cui all'articolo 429, ultimo comma, c.p.c.

[179]D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, “Disposizioni urgenti in materia di evasione contributiva, di fiscalizzazione degli oneri sociali, di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamento dei patronati”, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 dicembre 1989, n. 389. Il richiamato comma 1 dell’articolo 1, in particolare, ha stabilito che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo stesso.

[180]D.L. 22 marzo 1993, n. 71, “Disposizioni in materia di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di fiscalizzazione degli oneri sociali”, convertito dalla L. 20 maggio 1993, n. 151. Il richiamato comma 4 dell’articolo 2 prevede un esonero dal versamento del contributo per le prestazioni del S.S.N. di cui all’articolo 10, comma 1, della L. 67/1988, in misura pari a 0,40 punti percentuali, per le imprese edili operanti sul territorio nazionale di cui a determinati  codici ISTAT 1991, a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 1993 e sino a tutto il periodo di paga in corso al 31 dicembre 1993. Da tale esonero sono escluse le imprese impiantistiche del settore metalmeccanico, di cui all’articolo 2-bis del D.L. 18/1991.

[181] Si ricorda che con D.M. 13 febbraio 1997 è stata disposta, per il periodo 1° gennaio 1997-31 dicembre 1998, la conferma e l'elevazione alla misura dell'11,50% della riduzione contributiva di cui al comma 2. Con successivi decreti è stata poi confermata, anno per anno, la misura dell'11,50% della medesima riduzione contributiva; da ultimo, per l'anno 2006, ha provveduto in tal senso il D.M. 5 marzo 2007.

[182]L. 12 marzo 1999, n. 68, “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”.

[183]Si ricorda che disposizioni in materia di occupazione delle persone con disabilità sono contenute nei precedenti commi 35-38 dell’articolo 1, alla cui scheda si rimanda.

[184]L. 23 dicembre 1997, n. 454, “Interventi per la ristrutturazione dell'autotrasporto e lo sviluppo dell'intermodalità”. Ai sensi del richiamato articolo 1, comma 1, tale legge ha appunto come finalità quella di permettere al comparto dell'autotrasporto nazionale di evolvere verso forme e modalità di servizio più evolute e competitive e di incrementare il trasporto combinato (a tal fine, la medesima legge intende favorire la ristrutturazione del sistema dell'autotrasporto italiano attraverso un complesso di interventi volti ad incentivare le aggregazioni tra imprese, nonché la riduzione delle imprese monoveicolari), oltre a quella di favorire un maggiore grado di sicurezza nella circolazione stradale e un minore impatto ambientale in ottemperanza alle relative normative dell'Unione europea.

[185] D.L. 4 luglio 2006, n. 223, “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.

[186] D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, “Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili”.

[187] D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, “Attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro”.

[188] D.L. 23 giugno 1995, n. 244, “Misure dirette ad accelerare il completamento degli interventi pubblici e la realizzazione dei nuovi interventi nelle aree depresse”, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1995, n. 341.

[189] D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2002, n. 73.

[190] La norma precisa che non è applicabile, nella irrogazione della sanzione amministrativa in questione, la procedura di diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. 124/2004.

[191]D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, “Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della L. 23 dicembre 1996, n. 662”.

[192]"Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria”.

[193]La disposizione è motivata dalla necessità di attribuire un congruo lasso di tempo all’Agenzia delle entrate per irrogare le sanzioni amministrative pecuniarie previste per il caso di impiego di personale non risultante dalle scritture o dai documenti obbligatori, con riguardo alle violazioni constatate nell’anno 2002.

Difatti, ai sensi del combinato disposto dei commi 54 e 94 della L. 247/2007, a decorrere dal 1° gennaio 2008, gli uffici dell’Agenzia delle entrate devono procedere all’irrogazione delle sanzioni in questione, anche con riferimento alle violazioni constatate nell’anno 2002, sulla base della disciplina del citato D.Lgs. 472/1997, relativo alle sanzioni amministrative comminate per violazioni tributarie. Sennonché l’articolo 20 del medesimo decreto legislativo prevede che l’atto di irrogazione di sanzioni debba essere notificato entro il termine (previsto a pena di decadenza) del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione.

Pertanto, poiché, in base a tale disciplina, per le violazioni constatate nell’anno 2002, i relativi provvedimenti sanzionatori devono essere notificati entro il termine del 31 dicembre 2007, l’art. 7, comma 1, del D.L. 248/2007, prorogando tale termine al 30 giugno 2008, è volto a garantire all’Agenzia delle entrate la possibilità di perfezionare il procedimento di irrogazione delle sanzioni relative alle violazioni constatate entro il 31 dicembre 2002, procedimento che altrimenti rischia in alcuni casi di non poter essere concluso per il maturare della decadenza.

[194]D.L. 21 marzo 1988, n. 86, “Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di mercato del lavoro, nonché per il potenziamento del sistema informatico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale”, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 maggio 1988, n. 160.

[195] L. 8 agosto 1972, n. 457, “Miglioramenti ai trattamenti previdenziali ed assistenziali nonché disposizioni per la integrazione del salario in favore dei lavoratori agricoli”.

[196] L. 16 febbraio 1977, n. 37, “Ulteriori miglioramenti delle prestazioni previdenziali nel settore agricolo”.

[197] D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, “Disposizioni urgenti in materia di evasione contributiva, di fiscalizzazione degli oneri sociali, di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamento dei patronati”, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 dicembre 1989, n. 389.

[198] D.P.R. 3 dicembre 1970, n. 1049, “Norme in materia di assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori agricoli”.

[199] L. 29 aprile 1949, n. 264, “Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati”.

[200]D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, “Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa”, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 marzo 2006, n. 81

[201] D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, “Attuazione della delega conferita dall'articolo 2, comma 24, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di previdenza agricola”.

[202]Al riguardo si consideri che l’articolo 12 del D.Lgs. 11 agosto 1993, n. 375, ha individuato, ai fini previdenziali, due categorie di operai agricoli:

-        i lavoratori a tempo indeterminato (OTI), nella quale sono compresi coloro che abbiano svolto, entro i 12 mesi dall’assunzione, almeno 180 giornate di effettivo lavoro con diritto alla trasformazione del rapporto a tempo indeterminato;

-        i lavoratori a tempo determinato (OTD), assunti per l’esecuzione di lavori di breve durata, stagionali o saltuari, oppure per fasi lavorative o per la sostituzione di operai assenti con diritto alla conservazione del posto.

[203]  Ai sensi della Circolare INPS 10 marzo 1958, n. 458, il requisito deve essere raggiunto con le sole giornate agricole.

[204] Si ricorda che, per i lavoratori a tempo determinato (OTD), la precedente disciplina prevedeva un sistema di calcolo dei contributi e delle prestazioni temporanee basato su valori imponibili giornalieri convenzionali. Tale disciplina, come detto, è stata abolita, a decorrere dal 1° gennaio 2006, dall’articolo 01, commi 4 e 5, del D.L. 2/2006 (cfr. supra).

[205]  Misura così incrementata dall’articolo 6 della L. 37/1977. Originariamente il richiamato articolo 25 prevedeva una misura pari al 60% della retribuzione.

[206] D.Lgs 19 settembre 1994, n. 626, “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.

[207]L. 3 agosto 2007, n. 123, “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”.

[208]In considerazione della finalità del comma 1, la sospensione dei lavori da parte del personale ispettivo pare prevista, per quanto riguarda la prima fattispecie di violazione, nel caso in cui il personale non sia stato regolarmente assunto e quindi sia utilizzato “in nero”, per cui non risulta registrato nelle scritture o altra documentazione obbligatoria. Non sembra quindi che la disposizione sia volta a sanzionare mere irregolarità o inadempimenti formali.

[209]La lettera g) del medesimo comma 1156, in particolare, prevede che il Ministro del lavoro, con proprio decreto, dispone annualmente di una quota delle risorse del Fondo per l’occupazione per il finanziamento di interventi strutturali volti a migliorare la capacità di azione istituzionale e l’informazione dei lavoratori in materia di lotta al lavoro irregolare, promozione dell’occupazione, tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, iniziative in materia di protezione sociale e in altri ambiti di competenza del Ministero del lavoro.

[210]L. 15 giugno 1984, n. 240, “Norme previdenziali e assistenziali per le imprese cooperative e loro dipendenti che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici”.

[211] D.L. 29 luglio 1981 n. 402, “Contenimento della spesa previdenziale e adeguamento delle contribuzioni”, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 settembre 1981, n. 537.

[212] L. 21 dicembre 1978, n. 845, “Legge-quadro in materia di formazione professionale”.

[213]  Le suddette norme di finanziamento hanno trovato applicazione a decorrere dal 2004, mentre per il precedente triennio 2001-2003 era prevista una disciplina transitoria, che contemplava una progressiva attribuzione ai fondi delle risorse stanziate ai sensi dei commi 10 e 12 dell'articolo 118 della legge 388/2000, e successive modificazioni.

[214]  Le procedure di adesione ai Fondi sono state indicate con la Circolare INPS n. 71 del 2 aprile 2003.

[215]  E’ stato quindi, soppresso il limite massimo - pari a circa 103,291 milioni di euro - fissato dalla precedente disciplina sulla quota dei due terzi dell'addizionale.

[216] L. 23 luglio 1991, n. 223, “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”.

[217] D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 102, “Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera i), della L. 7 marzo 2003, n. 38”.

[218] D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, “Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa”, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 marzo 2006, n. 81

[219] D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, “Disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari ed internazionali”, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 aprile 2007, n. 46.

[220]  D.L. 12 maggio 2006, n. 173, “Proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare e legislativa”,convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2006, n. 228.

[221]  D.L. 30 settembre 2005, n. 203, “Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248.

[222]  D.L. 25 settembre 2002, n. 210, “Disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale”, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 novembre 2002, n. 266.

[223]  Una previsione della certificazione di regolarità contributiva tramite il documento unico di regolarità contributiva era già contenuta nel D.Lgs. 494/1996, recante “Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili”. In particolare l’articolo 3, comma 8, prevede che il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa, è tenuto a chiedere un certificato di regolarità contributiva e che tale certificato può essere rilasciato, oltre che dall'INPS e dall'INAIL, per quanto di rispettiva competenza, anche dalle casse edili le quali stipulano una apposita convenzione con i predetti istituti al fine del rilascio di un documento unico di regolarità contributiva.

[224]  D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, “Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti”,convertito con modificazioni dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51.

[225]  D.L. 4 luglio 2006, “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”,convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.

[226]  D.L.gs. 27 maggio 1999, n. 165, "Soppressione dell'AIMA e istituzione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59", in attuazione anche del D.Lgs. 4 giugno 1997, n. 143 di conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'Amministrazione centrale.

[227]  D.Lgs. 15 giugno 2000, n. 188, “Disposizioni correttive e integrative del D.Lgs. 27 maggio 1999, n. 165, recante soppressione dell'AIMA e istituzione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59".

[228]  D.L. 22 ottobre 2001, n. 381, "Disposizioni urgenti concernenti l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), l'anagrafe bovina e l'Ente irriguo umbro-toscano", convertito, con modificazioni, dalla L. 21 dicembre 2001, n. 441.

[229] L. 30 aprile 1969, n. 153, “Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale”.

[230]D.L. 25 marzo 1997, n. 67, “Disposizioni urgenti per favorire l'occupazione”, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 maggio 1997, n. 135.

[231]Si ricorda che il richiamato articolo 12 ha sostituito gli articoli 1 e 2 del D.Lgt. 1° agosto 1945, n. 692, poi recepiti negli articoli. 27 e 28 del D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, e l'articolo 29 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. Infine, lo stesso articolo 12 è stato sostituito dall'articolo 6 del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314. Tali norme stabiliscono che costituiscono redditi di lavoro dipendente ai fini contributivi quelli di cui all'articolo 49, comma 1, del TUIR (D.P.R. 917/1986), maturati nel periodo di riferimento, e cioè quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato lavoro dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro. Lo stesso articolo dispone altresì che costituiscono redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati, nonché le somme dei crediti di lavoro, di cui all'articolo 429, ultimo comma, c.p.c.

[232]Tale comma dispone che la retribuzione imponibile è presa a riferimento per il calcolo delle prestazioni a carico delle gestioni di previdenza e di assistenza sociale interessate.

[233]Ai sensi del comma 6 dell’articolo 12 in oggetto, ai fini dell'applicazione del regime contributivo previsto, i contratti in oggetto sono depositati presso l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione (attualmente: direzione provinciale del lavoro), entro 30 giorni dalla data della loro stipulazione, a cura del datore di lavoro o dell'associazione alla quale egli aderisce. Infine, i contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della L. 153/1969 dovevano essere depositati entro 30 giorni da quest'ultima data.

[234]D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, “Approvazione del testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari”.

[235] L. 28 dicembre 1995, n. 549, “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”.

[236]Si ricorda che l'importo al lordo del fisco non tiene conto dell'effetto indotto sulle entrate fiscali prodotto dall'incremento dell'aliquota contributiva. Infatti, i maggiori contributi versati costituiscono voci deducibili dal reddito imponibile sia dei committenti sia dei beneficiari e comportano, pertanto, un minor carico fiscale per gli interessati. Tale importo è dipendente dall'aliquota marginale di colui che sostiene l'onere, in caso di imponibile IRPEF, ovvero dall'aliquota IRPEG (ora IRES) se il committente è una persona giuridica.

[237]  Nei confronti dei soggetti pensionati ultrasessantacinquenni che svolgono attività rientranti tra quelle per le quali è previsto il versamento del contributo in parola, vige la sola facoltà e non l'obbligo di versamento. L'obbligo sussiste, invece, per coloro che hanno un'età compresa fra i 60 e i 65 anni, i quali possono, comunque, chiedere il rimborso dei contributi versati, qualora, al compimento del 65° anno di età, non abbiano maturato il diritto ad alcuna prestazione pensionistica (D.M. 2 maggio 1996, n. 282, articolo 4).

[238]  Come è noto, l’attività di collaborazione coordinata e continuativa consiste in prestazioni d’opera prevalentemente personali, svolte senza vincolo di subordinazione in un rapporto unitario e continuativo, senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita. Le collaborazioni coordinate e continuative, infatti, non rientrano nelle tradizionali tipologie del lavoro subordinato e di quello autonomo. Tali rapporti, pur non svolgendosi alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro (secondo la definizione del prestatore di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 c.c.), hanno caratteristiche di continuità e di coordinamento rispetto alla complessiva attività del committente cui i lavoratori prestano la propria collaborazione. Allo stesso tempo, sono accomunati al lavoro autonomo da caratteristiche specifiche, quali la mancanza sia di un legame diretto tra retribuzione e disponibilità temporale del lavoratore, sia della tendenziale esclusività del rapporto.

[239] Si consideri che la disciplina del lavoro a progetto non si applica al settore pubblico, poiché l’art. 1 del D.Lgs. 276/2003 dispone espressamente che la disciplina introdotta dal medesimo decreto non si applica alle amministrazioni pubbliche e al relativo personale.

[240] L. 27 dicembre 1997, n. 449, “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”.

[241] L. 8 agosto 1995, n. 335, “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”.

[242]  Articolo 1, commi 1, lettera d), e 2, lettera o).

[243] L. 23 agosto 2004, n. 243, “Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria”.

[244]  D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 42, “Disposizioni in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi”. Il D.Lgs. 42/2006, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri nella seduta del 19 gennaio 2006, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n 39 del 16 febbraio 2006, ed è entrato quindi in vigore il 3 marzo 2006.

[245]  Corte Costituzionale, sentenza 5 marzo 1999, n. 61, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 della legge n. 45/1990, "nella parte in cui non prevedono, in favore dell'assicurato che non abbia maturato il diritto ad un trattamento pensionistico in alcuna delle gestioni nelle quali è, o è stato iscritto, in alternativa alla ricongiunzione, il diritto di avvalersi dei periodi assicurativi pregressi".

[246]  La disciplina di dettaglio è stata emanata con il regolamento di attuazione di cui al decreto ministeriale n. 57 del 2003.

[247] D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, “Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza”. Si ricorda che il D.Lgs. 509/94 ha previsto la privatizzazione degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza per i liberi professionisti

[248] D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103, “Attuazione della delega conferita dall'art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione”.

[249]  D.Lgs. 30 aprile 1997 n. 180, “Attuazione della delega conferita dall'articolo 1, comma 24, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di opzione per la liquidazione del trattamento pensionistico esclusivamente con le regole del sistema contributivo”.

      Si ricorda che tale sistema si applica in maniera integrale ai soggetti privi di anzianità contributiva alla data del 1° gennaio 1996 (articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995) nonché, appunto, ai soggetti, già iscritti a forme pensionistiche obbligatorie alla suddetta data, che in base all'articolo 1, comma 23, della stessa legge n. 335/1195, abbiano optato in tal senso. L'esercizio dell'opzione è subordinato al conseguimento di un'anzianità contributiva pari o superiore a 15 anni, di cui almeno 5 maturati successivamente al 31 dicembre 1995.

[250]  Si ricorda che il D.Lgs. 103/1996 ha esteso la copertura previdenziale per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a tutti i liberi professionisti iscritti ad albi per cui non esistevano forme autonome di previdenza. In particolare, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, dello stesso decreto legislativo, ai fini della determinazione delle prestazioni si applica il sistema di calcolo contributivo, previsto dall'articolo 1 della L. 8 agosto 1995, n. 335, con aliquota di finanziamento non inferiore a quella di computo.

[251] L. 5 marzo 1990, n. 45, “Norme per la ricongiunzione dei periodi assicurativi ai fini previdenziali per i liberi professionisti”.

[252] D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 184, “Attuazione della delega conferita dall'articolo 1, comma 39, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di ricongiunzione, di riscatto e di prosecuzione volontaria ai fini pensionistici”.

[253] L. 2 agosto 1990, n. 233, “Riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi”.

[254] D.L. 2 luglio 2007, n. 81, “Disposizioni urgenti in materia finanziaria”, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2007, n. 127.

 

[255]  Nei confronti dei soggetti pensionati ultrasessantacinquenni che svolgono attività rientranti tra quelle per le quali è previsto il versamento del contributo in parola, vige la sola facoltà e non l'obbligo di versamento. L'obbligo sussiste, invece, per coloro che hanno un'età compresa fra i 60 e i 65 anni, i quali possono, comunque, chiedere il rimborso dei contributi versati, qualora, al compimento del 65° anno di età, non abbiano maturato il diritto ad alcuna prestazione pensionistica (D.M. 2 maggio 1996, n. 282, articolo 4).

[256]Si ricorda che l'importo al lordo del fisco non tiene conto dell'effetto indotto sulle entrate fiscali prodotto dall'incremento dell'aliquota contributiva. Infatti, i maggiori contributi versati costituiscono voci deducibili dal reddito imponibile sia dei committenti sia dei beneficiari e comportano, pertanto, un minor carico fiscale per gli interessati. Tale importo è dipendente dall'aliquota marginale di colui che sostiene l'onere, in caso di imponibile IRPEF, ovvero dall'aliquota IRPEG (ora IRES) se il committente è una persona giuridica.

[257] L. 20 dicembre 1951, n. 1564, “Previdenza ed assistenza dei giornalisti”.

[258] L. 9 novembre 1955, n. 1122, “Disposizioni varie per la previdenza e assistenza sociale attuate dall'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola»”.

[259]D.Lgs. 30 giugno 1994 n. 509, “Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza”. Il D.Lgs. 509/1994, ha stabilito - a decorrere dal 1° gennaio 1995 - la trasformazione delle casse ed enti previdenziali indicati nell’allegato A dello stesso provvedimento (si tratta in sostanza delle gestioni previdenziali per i liberi professionisti iscritti ad albi) in associazioni o fondazioni di diritto privato, con deliberazione dei competenti organi di ciascuno di essi, a condizione che non usufruiscano di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario. Gli enti trasformati continuano a sussistere come enti senza scopo di lucro e assumono la personalità giuridica di diritto privato; essi continuano a svolgere le attività previdenziali e assistenziali in essere riconosciute a favore delle categorie di lavoratori e professionisti per le quali sono stati originariamente istituiti, ferma restando la obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione. Agli stessi enti non sono consentiti finanziamenti pubblici diretti o indiretti, con esclusione di quelli connessi con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali. Agli enti previdenziali privatizzati, che sono iscritti in un apposito albo presso il Ministero del lavoro, è riconosciuta autonomia gestionale, organizzativa e contabile. Gli enti sono comunque sottoposti ad un rilevante potere di vigilanza del Ministero del lavoro, del Ministero dell’economia e degli altri Ministeri competenti; e’ inoltre previsto un controllo generale sulla gestione delle assicurazioni obbligatorie da parte della Corte dei conti, che riferisce annualmente al Parlamento.

Successivamente, il D.Lgs. 103/1996 ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 1996, l’istituzione di forme di tutela previdenziale obbligatoria per i soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione senza vincolo di subordinazione iscritti in appositi albi o elenchi che ancora ne fossero sprovvisti. La disciplina recata dal medesimo decreto legislativo trova applicazione anche nei confronti dei soggetti, appartenenti alle categorie professionali richiamate, che esercitano attività libero-professionale, ancorché contemporaneamente svolgano attività di lavoro dipendente. Ai sensi dell’articolo 3 del medesimo decreto legislativo, gli enti rappresentativi a livello nazionale delle categorie iscritte ad albi od elenchi avrebbero potuto scegliere alternativamente tra le seguenti forme di gestione previdenziale obbligatoria:

-        partecipazione ad un ente pluricategoriale avente configurazione di diritto privato secondo il modello di cui al D.Lgs. 509/1994;

-        costituzione di un ente di categoria, avente la medesima configurazione di diritto privato;

-        inclusione della categoria professionale per la quale essi sono istituiti, in una delle forme di previdenza obbligatorie già esistenti per altra categoria professionale similare comprese tra quelle di cui al D.Lgs. 509/1994;

-        inclusione della categoria nella gestione separata INPS di cui all'art. 2, comma 26, della L. 335/1995.

Si prevedeva inoltre che, nel caso di mancata decisione da parte degli enti esponenziali a livello nazionale della categoria professionale entro un certo termine, i soggetti appartenenti alla medesima categoria venivano iscritti alla citata gestione separata INPS di cui all'art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995.

[260]Il Regolamento dell'INPGI prevede l'iscrizione obbligatoria al fondo per tutti i giornalisti professionisti, iscritti all'Albo, che prestino con continuità e vincolo di dipendenza la loro opera (anche all'estero) in favore di soggetti privati e pubblici (editori di giornali, agenzie di informazione per la stampa, uffici ed agenzie di stampa.

[261]Si ricorda che sono considerati giornalisti professionisti coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista; sono considerati praticanti coloro che sono ammessi a svolgere, per un periodo non superiore a 16 mesi, la pratica giornalistica in uno degli organismi previsti dall'articolo 34 della L. 69 del 1963 (cioè quotidiani, servizi giornalistici della radio o della televisione, agenzie quotidiane di stampa a diffusione nazionale e periodici a diffusione nazionale). I praticanti giornalisti sono iscritti nell'apposito Registro. Infine, sono pubblicisti coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi. Sono obbligatoriamente iscritti all'INPGI i giornalisti professionisti ed i pubblicisti iscritti all'Albo negli appositi elenchi e i praticanti giornalisti iscritti nell'apposito Registro.

[262]Circolare INPGI n. 32 del 4 novembre 2004.

[263] D.L. 19 settembre 1992, n. 384, “Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali”, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 novembre 1992, n. 438.

[264] Si ricorda, tuttavia, che l’articolo 1, comma 773, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006), ha rideterminato, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, le aliquote contributive dovute dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani, nella misura complessiva del 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali (cfr. amplius la scheda relativa al comma 33).

[265]Dal 1° luglio 1998 al 30 giugno 2008, in aggiunta all'aliquota prevista per il Fondo integrativo di previdenza pari all'1,50%, le aziende sono tenute a versare un'addizionale dello 0,35% prevista dal paragrafo 5 dell'Accordo tra FNSI e FIEG del 4 giugno 1998

[266] D.L. 29 marzo 1991, n. 103, “Disposizioni urgenti in materia previdenziale”, convertito, con modificazioni, dalla L. 1° giugno 1991, n. 166.

[267]Il contributo di solidarietà è dovuto anche sul versamento dell'1% effettuato dal datore di lavoro, ex articolo 6 dell'Accordo tra FNSI e FIEG del 4 giugno 1998, a favore del "Fondo di previdenza complementare dei giornalisti italiani.

[268]Si evidenzia che i contratti di lavoro subordinato conclusi per avvalersi delle disposizioni in esame non devono necessariamente essere stipulati a tempo indeterminato. Ciò si desume, oltre che dall’ultimo periodo del comma 1203 - che prevede la spettanza dei benefici previsti dalla vigente normativa nel caso in cui i contratti di lavoro siano stipulati a tempo indeterminato – anche e soprattutto dal comma 1210, secondo cui i rapporti di lavoro subordinato instaurati a seguito della “trasformazione” del rapporto di lavoro dei collaboratori devono avere una durata non inferiore a 24 mesi.

[269] Si consideri che il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria”, in corso di conversione presso il Senato (A.S. 2013, approvato dalla Camera), all’articolo 7, comma 2-bis, proroga tale termine al 30 settembre 2008.

[270] La disposizione è volta a precisare che la trasformazione dei rapporti di co.co.co. (anche a progetto) in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato va assimilata alla instaurazione ex novo di un rapporto di lavoro del medesimo tipo, con la conseguenza della spettanza dei relativi benefici previsti dalla normativa vigente.

[271]Tale autorizzazione di spesa è stata ridotta (di 25 milioni di euro per l’anno 2008 e di 30 milioni di euro per l’anno 2009) dall'articolo 2, comma 519, della L. 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008).

 

 

[272]L. 8 marzo 2000, n. 53, “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”.

[273] D.L. 4 luglio 2006, n. 223, “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”.

[274]D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”.

[275] D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, “Disciplina delle forme pensionistiche complementari, a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera v), della L. 23 ottobre 1992, n. 421”.

[276] Il menzionato comma 1-bis è stato aggiunto dall'articolo 17 del D.Lgs. 47/2000 e successivamente modificato dall'articolo 78, comma 14, della L. 388/2000 (legge finanziaria 2001).

[277] D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 565, “Attuazione della delega conferita dall'art. 2, comma 33, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di riordino della disciplina della gestione «Mutualità pensioni» di cui alla L. 5 marzo 1963, n. 389”.

[278] Inoltre, il menzionato comma 12 non conteneva più la previsione secondo cui i soggetti destinatari del D.Lgs. 565/1996, anche se non iscritti al “Fondo per le casalinghe”, possono effettuare contribuzioni saltuarie e non fisse alle forme di previdenza complementare a cui aderiscono.

[279]  D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53”.

[280] L. 8 agosto 1995, n. 335, “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”.

[281]Si ricorda che l’articolo 59, comma 16 (quarto periodo) della L. 27 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) ha previsto, dal 1° gennaio 1998, l’estensione della tutela relativa alla maternità ai soggetti iscritti alla Gestione separata INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995 che non risultino iscritti ad altre forme pensionistiche obbligatorie.

Più in dettaglio tale disposizione ha previsto, con effetto dal 1° gennaio 1998, per i soggetti iscritti alla Gestione separata INPS che non risultano iscritti ad altre forme obbligatorie di previdenza, il versamento di un'ulteriore aliquota contributiva, pari a 0,5 punti percentuali, per il finanziamento dell'onere derivante dall'estensione ai medesimi soggetti della tutela relativa alla maternità e agli assegni al nucleo familiare. A tal fine, si demandava a un decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi di concerto con il, Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (attualmente: Ministro dell’economia e delle finanze) la disciplina di tale estensione nei limiti delle risorse derivanti dalla suddetta aliquota contributiva. In seguito, l'articolo 51, comma 1, della L. 488 del 1999 (legge finanziaria per il 2000), ha previsto, tra l'altro, l'estensione agli iscritti alla predetta Gestione separata INPS della tutela contro il rischio di malattia in caso di degenza ospedaliera, nei limiti delle risorse derivanti dal citato contributo dello 0,5% ed in relazione al reddito individuale.

Successivamente, l'articolo 80, comma 12, della L. 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) ha disposto una interpretazione autentica del citato comma 16, quarto periodo, dell'articolo 59 della L. 449/1997, nel senso che l'estensione ivi prevista della tutela relativa alla maternità e agli assegni al nucleo familiare avviene nelle forme e con le modalità previste per il lavoro dipendente.

In seguito l’articolo 64 del D.Lgs. 151/2001, per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS non iscritte ad altre forme obbligatorie di previdenza, ha confermato che, ai sensi del comma 12 dell'articolo 80 della L. 388/2000, l'estensione della tutela relativa alla maternità avviene nelle forme e con le modalità previste per il lavoro dipendente. A tal fine prevedeva che, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (attualmente: Ministro del lavoro e della previdenza sociale), di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, fosse disciplinata tale estensione nei limiti delle risorse rivenienti dallo specifico gettito contributivo. Inoltre si disponeva che, fino ad eventuali modifiche apportate con il predetto decreto, continuasse a trovare applicazione il D.M. 4 aprile 2002, emanato in attuazione dell'articolo 80, comma 12, della L. 388/2000.

Il citato D.M. 4 aprile 2002 dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 1998, alle madri lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS, tenute al versamento della contribuzione dello 0,5 per cento di cui al richiamato articolo 59, comma 16, della L. 449/1997, è corrisposta un'indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto ed i tre mesi successivi alla data stessa. Dal beneficio restano escluse le lavoratrici iscritte ad altre forme previdenziali obbligatorie e le pensionate. L'indennità è corrisposta alle lavoratrici in favore delle quali, nei dodici mesi precedenti i due mesi anteriori alla data del parto, risultino attribuite almeno tre mensilità della predetta contribuzione, ed è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.

Per quanto riguarda la misura dell’indennità, il citato D.M. prevede che essa è determinata in misura pari all'80 per cento del reddito relativo al periodo indennizzabile, derivante da attività di collaborazione coordinata e continuativa o libero professionale, considerando i dodici mesi precedenti l'inizio del periodo indennizzabile.

Il citato D.M. disciplina anche la corresponsione, ai soggetti iscritti alla gestione separata INPS, dell’indennità di paternità, dell’indennità di adozione o affidamento e degli assegni familiari.

[282]L’articolo 17 del D.Lgs. 151/2001 dispone che, in determinate ipotesi, l’astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice in caso di maternità (fermo restando il diritto alla relativa indennità) sia anticipata rispetto ai termini ordinariamente previsti dall’articolo 16 del D.Lgs. 151/2001, che prevede tale astensione durante i due mesi precedenti alla data presunta del parto e i tre mesi successivi al parto.

In particolare l’articolo 17 dispone che l’astensione obbligatoria dal lavoro è anticipata a tre mesi dalla data presunta del parto nell’ipotesi di lavori gravosi o pregiudizievoli in relazione all'avanzato stato di gravidanza. Inoltre, con provvedimento de servizi ispettivi del Ministero del lavoro, può essere disposto il divieto di adibire al lavoro la lavoratrice in stato di gravidanza anche prima che cominci a decorrere il periodo di astensione obbligatoria, nelle seguenti ipotesi:

   gravi complicanze della gravidanza o preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;

   condizioni di lavoro o ambientali ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;

   impossibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni nei casi previsti dal D.Lgs. 151/2001, cioè qualora la lavoratrice sia addetta a lavori pericolosi, faticosi ed insalubri o qualora i risultati della valutazione dei rischi riveli un pericolo per la salute della medesima.

Si ricorda inoltre che l’articolo 22 del D.Lgs. 151/2001 prevede la corresponsione di un'indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità, comprensivo sia del periodo di astensione obbligatoria ordinariamente previsto dal citato articolo 16 sia del periodo di anticipazione dell’astensione obbligatoria nei casi previsti dal citato articolo 17. Il medesimo articolo prevede che i periodi di congedo di maternità siano computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie e siano considerati come attività lavorativa ai fini della progressione nella carriera. Viene precisato inoltre che le ferie e le assenze spettanti ad altro titolo non devono essere utilizzate contemporaneamente ai periodi di astensione obbligatoria per maternità.

[283]I lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono quelli indicati dall'articolo 5 del D.P.R. 25 novembre 1976, n. 1026 (riportato nell’Allegato A del D.Lgs. 151/2001). Spetta al Ministro del lavoro, di concerto con i Ministri della salute e della solidarietà sociale, sentite le parti sociali, provvedere ad aggiornare l'elenco dei medesimi lavori. Si tratta, a titolo d’esempio, di particolari lavori industriali, di quelli che espongono alla silicosi e all'asbestosi, nonché alle radiazioni ionizzanti, quelli di manovalanza pesante.

[284] D.L. 14 marzo 2005, n. 35, “Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”.

[285]Tale misura percentuale si applica naturalmente sulla stessa base di calcolo dell'indennità di disoccupazione in oggetto.

[286]L. 28 gennaio 1994, n. 84, “Riordino della legislazione in materia portuale”.

[287] Attualmente: Ministro dell’economia e delle finanze.

[288]  D.L. 20 maggio 1993, n. 148, “Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione”, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236.

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 8, del suddetto D.L. n. 148/1993, le somme del Fondo per l'occupazione non impegnate in ciascun esercizio finanziario possono esserlo in quello successivo.

[289] D.L. 5 ottobre 2004 n. 249, “Interventi urgenti in materia di politiche del lavoro e sociali”, convertito, con modificazioni, nella L. 3 dicembre 2004, n. 291.

[290]  Il termine era stato a sua volta prorogato al 31 dicembre 2007, da ultimo, dall'art. 1, comma 1211, della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

[291]  D.L. 20 gennaio 1998, n. 4, “Disposizioni urgenti in materia di sostegno al reddito, di incentivazione all'occupazione e di carattere previdenziale”, convertito, con modificazioni, nella L.20 marzo 1998, n. 52.

[292] D.L. 13 luglio 1995 n. 287, “Misure straordinarie ed urgenti in favore del settore portuale e delle imprese navalmeccaniche ed amatoriali”, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1995, n. 343.

[293] D.L. 20 maggio 1993, n. 148, “Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione”, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236.

[294] Per quanto concerne la copertura di oneri pluriennali, si ricorda che la relazione tecnica allegata al disegno di legge del provvedimento in esame (A.C. 3178) sottolineava come, ai fini della copertura di oneri di durata pluriennale con un profilo crescente nel tempo, la giurisprudenza costituzionale (sentenze Corte Costituzionale n. 384/1991 e n. 25/1993) - ripresa e confermata più volte dalla Corte dei Conti - abbia sancito che, mentre per gli esercizi considerati nel bilancio triennale è necessaria una puntuale indicazione delle risorse finanziarie disponibili, per quelli successivi la previsione delle risorse, destinate a far fronte ai relativi oneri, deve risultare in modo ragionevole e credibile. Tale credibilità e ragionevolezza si realizza quando sussiste un equilibrio tra onere coperto nell'anno di massima esposizione compreso nel bilancio triennale ed onere a regime negli esercizi successivi. Pertanto dall’anno 2012 è assicurata la copertura dell’onere massimo per il periodo successivo al triennio (tenuto conto degli sviluppi pluriennali sia delle voci di costo sia delle voci di maggiori entrate).

[295]  Con esclusione di quota necessaria a neutralizzare incremento di cui al punto 2 per le pensioni previdenziali.