Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||
Titolo: | Introduzione dell'articolo 613-bis del c.p. concernente il reato di manipolazione mentale - A.C. 3225 | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 314 | ||
Data: | 23/01/2008 | ||
Organi della Camera: | II-Giustizia |
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Camera dei deputati |
XV LEGISLATURA |
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SERVIZIO STUDI |
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Progetti di legge |
Introduzione dell'articolo 613-bis del c.p. concernente il reato di manipolazione mentale A.C. 3225 |
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n. 314 |
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23 gennaio 2008 |
Dipartimento giustizia
SIWEB
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: GI0278.doc
INDICE
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Necessità dell’intervento con legge
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Rispetto degli altri princìpi costituzionali
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
§ Impatto sui destinatari delle norme
§ Le fattispecie penali astrattamente applicabili a condotte di manipolazione mentale
Contenuto della proposta di legge
§ Art. 1
§ L. 11 agosto 2003, n. 228. Misure contro la tratta di persone.
Giurisprudenza costituzionale
§ Sentenza 8 giugno 1981, n. 96
Lavori parlamentari nella XIV Legislatura
§
A.S. 800, (sen. Meduri
ed altri), Norme per contrastare la manipolazione psicologica
§
Pareri resi alla 2^
Commissione (Giustizia) - 1^ Commissione (Affari costituzionali) Relazione della 2^
Commissione Giustizia Dottrina §
Lemme F., Plagio, in Encicl. giur. Treccani,
Roma, 1990, vol. XXIII. §
Flora G., Il plagio tra realtà e negazione: la
problematica penalistica, in Rivista italiana di diritto e procedura penale,
1990, p. 86. §
Usai A., L’evoluzione del reato di plagio
nell’ordinamento giuridico italiano, in Giustizia penale, 1993, II, p. 706. §
Alfano M., La nuova formulazione dell’art. 600
c.p.: reintroduzione del reato di plagio?, in Giustizia penale, 2004, II, p.
673.
Numero del progetto di legge |
3225 |
Titolo |
Introduzione dell' articolo 613 - bis del codice penale, concernente il reato di manipolazione mentale |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
1 |
Date |
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§ presentazione alla Camera |
7 novembre 2007 |
§ annuncio |
8 novembre 2007 |
§ assegnazione |
16 novembre 2007 |
Commissione competente |
II (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I (Affari costituzionali) |
La proposta di legge A.C. 3225, composta da un solo articolo, novella il codice penale al fine di inserire nella sezione III (dei delitti contro la libertà morale) del capo III (dei delitti contro la libertà individuale) del libro II (dei delitti in particolare) del citato codice il nuovo delitto di Manipolazione mentale (articolo 613-bis).
Come si evince dalla relazione illustrativa della provvedimento, l’intento del proponente è quello di colmare una lacuna prodottasi nell'ordinamento giuridico penale a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 1981, la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'intero articolo 603 c.p., concernente il delitto di plagio.
In particolare, scopo della proposta di legge in esame è quello di offrire una adeguata tutela penale alla libertà di autodeterminazione dell'individuo contro il rischio di possibili manipolazioni mentali realizzate in danno di soggetti che versano in particolari condizioni temporanee o permanenti di fragilità.
A tal fine, il nuovo articolo 613 –bis sanziona con la pena della reclusione da quattro a otto anni chiunque, con violenza o minacce ovvero mediante tecniche di condizionamento della personalità o di suggestione, pone taluno in uno stato di soggezione tale da escludere la capacità di giudizio e la capacità di sottrarsi alle imposizioni altrui, escludendo la libertà di autodeterminazione.
La pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso nell'ambito di un gruppo che promuove o pratica attività finalizzate a creare o a sfruttare la dipendenza psicologica o fisica delle persone che vi partecipano, ovvero se il colpevole ha agito al fine di commettere un reato,
Si tratta di una proposta di legge di iniziativa parlamentare corredata, pertanto, della sola relazione illustrativa.
La proposta di legge in esame, prevedendo l'inserimento nel codice penale di un nuovo delitto, interviene su disposizioni legislative di rango primario (codice penale) e su materia coperta da riserva di legge. Si giustifica, pertanto, l’utilizzo dello strumento legislativo.
La proposta di legge A.C. 3225 novella il codice penale al fine di inserirvi il nuovo articolo 613-bis, concernente il delitto di Manipolazione mentale.
La base giuridica del provvedimento è, pertanto, riconducibile alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’articolo 117, comma 2 lettera i) (giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa) della Costituzione.
Come rilevato in precedenza, scopo del provvedimento in esame è quello di colmare la lacuna prodottasi nell'ordinamento giuridico penale a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 1981, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'intero articolo 603 c.p. il quale sanzionava con la reclusione da 5 a 15 anni il delitto di plagio, consistente nel sottoporre una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione (cfr. quadro normativo).
Nello specifico, la Corte, rilevando un contrasto tra l'articolo 603 c.p. e l'articolo 25 della Costituzione, ha censurato la citata disposizione in considerazione della assoluta indeterminatezza della norma e della sua interpretazione, "potendo essere applicata a qualsiasi fatto che implichi dipendenza psichica di un essere umano da un altro essere umano e mancando qualsiasi sicuro parametro per accertarne l'intensità".
Al riguardo si osserva che l'articolo 25 della Costituzione, nello stabilire il principio in base al quale nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso, ha implicitamente sancito a carico del legislatore, quale corollario del principio di legalità in materia penale, l'obbligo di formulare le norme penali in modo che risulti specificatamente determinato quali condotte siano penalmente illecite; l'obbligo, dunque, di rispettare quel che è comunemente definito in principio di tassatività.
Alla luce delle considerazioni mosse dalla Corte Costituzionale alla formulazione del citato articolo 603 c.p. e rilevata la necessità di prevedere, comunque, una specifica disposizione penale a tutela libertà di autodeterminazione dell'individuo contro il rischio di possibili manipolazioni mentali, la proposta di legge in esame, tende a superare "il delicato problema dello scrimine relativo alle condotte suscettibili di creare condizionamenti della psiche umana, al fine di individuare un impianto normativo che risponda al requisito della tassatività"[1].
La tecnica legislativa utilizzata è quella consistente nell’inserimento di un articolo nel codice penale, pertanto il coordinamento con la normativa vigente è effettuato con la tecnica della novellazione.
Come precisato nella relazione illustrativa, la proposta di legge in esame, attraverso l'inserimento nel codice penale di una nuova fattispecie volta a tutelare la libertà di autodeterminazione dell'individuo al riparo da ogni manipolazione mentale, mira ad assicurare una adeguata tutela penale a quelle persone che "versano in particolari condizioni, temporanee o permanenti, di fragilità" e sono, quindi, suscettibili di "condizionamento di tipo plagiario".
Il termine plagio deriva dal greco “plagium” e viene usato nel linguaggio giuridico, a partire dal III secolo a.C., per designare l'azione di impossessarsi, trattenere o fare oggetto di commercio un uomo libero o uno schiavo altrui[2].
Il codice penale del 1930 contemplava il delitto di plagio
Nella relazione di accompagnamento del progetto di codice penale, il guardasigilli, indicava nel plagio una figura distinta, ma parallela, alla riduzione in schiavitù, affermando che questo reato «consiste nel sottoporre taluno al proprio potere in modo da ridurlo in tale stato di soggezione da sopprimerne totalmente la libertà individuale». E aggiungeva, «lo stato di soggezione suddetto è qui uno stato di fatto. Lo status libertatis, come stato di diritto rimane inalterato, ma la libertà individuale della vittima è soppressa. Tra il colpevole e la vittima si stabilisce, in sostanza, un rapporto tale che il primo acquista sulla seconda completa padronanza e dominio, annientandone la libertà nel suo contenuto integrale, impadronendosi completamente della sua personalità. […] il consenso della vittima non può escludere il reato, non essendo la libertà individuale, nel suo complesso, riferibile alla personalità umana, un diritto disponibile».
Il legislatore intendeva dunque con questa disposizione riferirsi ad una sorta di schiavitù di fatto, in contrapposizione a quella “ di diritto”, prevista negli articoli da 600 a 602. A fronte, però, di intenzioni chiare - volontà di ridurre un uomo libero in una condizione di fatto servile - il legislatore lasciava ambigue le modalità esecutive, penalmente apprezzabili, attraverso le quali un simile risultato poteva essere realizzato[3].
Da subito, dunque, chiamate a dare un’interpretazione all’art. 603 c.p., dottrina e giurisprudenza sono intervenute fornendo risposte che si possono distinguere cronologicamente in due distinti periodi, il primo fra il 1930 e il 1960, il secondo dal 1961 alla sentenza della Corte costituzionale del 1981.
Fino al 1960 i casi di plagio sono stati rarissimi e tutti i processi si sono conclusi con la formula "perché il fatto non sussiste" o "perché il fatto non costituisce reato" o perché il fatto non costituiva il reato di plagio, ma doveva essere diversamente rubricato. Peraltro, in queste prime sentenze, non si dice mai esplicitamente, ma nemmeno esplicitamente si esclude, che le attività con le quali il colpevole raggiungerebbe il risultato espresso nell'art. 603, di totale assoggettamento della vittima e di annientamento della personalità e della volontà di questa, devono essere di natura psichica[4] e non fisica .
Dal canto suo, la dottrina aveva costantemente cercato di interpretare l'art. 603, configurando teoricamente una totale soggezione di fatto del soggetto passivo con soppressione dell'autonomia della vittima, tentando di distinguere la figura del plagio dagli altri delitti contro la libertà individuale e di renderla autonoma rispetto ad essi e soprattutto rispetto al sequestro di persona, di cui all'art. 605 c.p.. Dai commenti all'art. 603, anteriori al 1960, non è dato però ricavare nemmeno approssimativamente le attività con le quali questo stato può concretamente realizzarsi, attraverso quali modalità, e nemmeno stabilire se sia possibile accertare il compimento di questo reato.
E’ la giurisprudenza, a partire dagli anni ’60 ad affermare che la realizzazione del plagio avviene non attraverso l’esplicazione di energia fisica, ma attraverso quella psichica ed a introdurre così il concetto di soggezione psicologica.
La Cassazione penale, nel 1961, affermava che «il delitto di plagio consiste appunto nella instaurazione di un rapporto psichico di assoluta soggezione del soggetto passivo al soggetto attivo, in modo che il primo viene sottoposto al potere del secondo con completa o quasi integrale soppressione della libertà del proprio determinismo» (cfr. sez. I, 26 maggio 1961, Greco).
Chiamata a pronunciarsi sul c.d. caso Braibanti[5], che tanto risalto aveva avuto nella cronaca, la Corte di assise d’appello di Roma, nel 1969, affermò che per la consumazione del plagio «non è richiesta una padronanza fisica sulla persona, ma un dominio psichico, al quale può eventualmente accompagnarsi, ma non necessariamente, una signoria in senso materiale e corporale […]. Nel plagio […] non è il corpo che si piega alla forza fisica, ma sono la mente e l’anima, asservite al volere altrui, svuotate della propria personalità, che non hanno pensieri ed emozioni proprie». Nella sentenza si descrive l'azione psichica del plagiante, affermando che: «L'art. 603 c.p. tutela la libertà nella sua stessa originaria essenza, nei fattori dinamici, nel potere di influsso, nella facoltà di critica e di scelta, di ricerca e di decisione, di coscienza e di volontà. Tali facoltà, che ineriscono all'attività psichica, possono venire lese non solo mediante mezzi fisici che determinino conseguenze organiche, ma anche mediante mezzi psichici che inducano situazioni particolari ed eccezionali, analoghe in certo modo alle neurosi e dipendenti da meccanismi meramente psichici, provocati da un'azione psichica esterna». (cfr. sentenza 28 novembre 1969, Braibanti).
La questione di legittimità costituzionale del reato di plagio fu posta alla Corte costituzionale nel 1978 e fu decisa con sentenza n. 96 del 1981, con la quale la Consulta dichiarò l’incostituzionalità del delitto.
La Corte ha, in primo luogo, ricostruito storicamente l’evoluzione del concetto e del reato di plagio, rilevando come, in passato la fattispecie fosse stata sempre concepita come «un'azione fisica del colpevole e individuata attraverso elementi oggettivi»[6]: il codice penale del 1889, ad esempio, rubricava “plagio” la fattispecie di "riduzione in schiavitù o in altra situazione analoga" che presupponeva pertanto un'azione umana esclusivamente fisica, il cui risultato era quello di porre la vittima in una condizione materiale di dipendenza da altri. La Corte ha rilevato quindi che il codice penale italiano del 1930 usava il termine plagio in un significato del tutto nuovo e diverso da quello dei precedenti codici.
Ripercorse le tappe compiute da dottrina e giurisprudenza e soprattutto sottolineato l’indirizzo che si afferma a partire dal 1969, la Corte definisce la fattispecie come un «reato a condotta libera…che potrebbe essere attuato con mezzi psichici, cioè attraverso un'attività psichica del plagiante esercitata direttamente sul plagiato. L'effetto dell'attività psichica del plagiante dovrebbe essere non già quello di ridurre un individuo in stato d'incapacità d'intendere o di volere (previsto espressamente nell'art. 613 del cod. pen.) bensì quello di ridurre la vittima da persona capace a persona in totale stato di soggezione. Questo totale stato di soggezione indicato dall'art. 603, annienterebbe il determinismo della vittima sostituendo il determinismo del plagiante a quello del plagiato in guisa da ridurre questo ultimo nello stato di cosa che pensa e agisce come pensa e agisce il plagiante. In altre parole sarebbe il plagiante a formare la volontà sua e del plagiato, questi essendo solo un mezzo fisico per compiere le attività volute dal plagiante».
Peraltro, la Corte rilevava che «non si conoscono né sono accertabili i modi con i quali si può effettuare l'azione psichica del plagio né come è raggiungibile il totale stato di soggezione che qualifica questo reato» ed aggiunge che «è estremamente difficile se non impossibile individuare sul piano pratico e distinguere a fini di conseguenze giuridiche - con riguardo ad ipotesi come quella in esame - l'attività psichica di persuasione da quella anche essa psichica di suggestione. Non vi sono criteri sicuri per separare e qualificare l'una e l'altra attività e per accertare l'esatto confine fra esse. L'affermare che nella persuasione il soggetto passivo conserva la facoltà di scegliere in base alle argomentazioni rivoltegli ed è pertanto in grado di rifiutare e criticare, mentre nella suggestione la convinzione avviene in maniera diretta e irresistibile, profittando dell'altrui impossibilità di critica e scelta, implica necessariamente una valutazione non solo dell'intensità dell'attività psichica del soggetto attivo, ma anche della qualità e dei risultati di essa. Quanto all'intensità, dai testi psichiatrici, psicologici e psicoanalitici e dalle ampie descrizioni mediche di condizionamento psichico risulta che ogni individuo è più o meno suggestionabile, ma che non è possibile graduare ed accertare in modo concreto sino a qual punto l'attività psichica del soggetto esternante idee e concetti possa impedire ad altri il libero esercizio della propria volontà. Quanto alla qualità non è acquisito sino a qual punto l'attività del soggetto attivo non riguardi direttive e suggerimenti che il soggetto passivo sia già disposto ad accettare. Quanto alla valutazione dei risultati essa non potrà che essere sintomatica e concludere positivamente o negativamente a seconda che l'attività esercitata sul soggetto passivo porti a comportamenti conformi o a comportamenti devianti rispetto a modelli di etica sociale e giuridica. L'accertamento se l'attività psichica possa essere qualificata come persuasione o suggestione con gli eventuali effetti giuridici a questa connessi, nel caso del plagio non potrà che essere del tutto incerto e affidato all'arbitrio del giudice. Infatti in applicazione dell'art. 603 qualunque normale rapporto sia amoroso, sia di professione religiosa, sia di partecipazione a movimenti ideologici, sia di altra natura, se sorretto da un'aderenza "cieca e totale" di un soggetto ad un altro soggetto e sia considerato socialmente deviante, potrebbe essere perseguito penalmente come plagio»[7].
La Corte conclude dunque per l’illegittimità costituzionale della norma di cui all’art. 603 c.p., per l'indeterminatezza della norma e della sua interpretazione, giungendo a sostenere che giustamente essa «è stata paragonata ad una mina vagante nel nostro ordinamento, potendo essere applicata a qualsiasi fatto che implichi dipendenza psichica di un essere umano da un altro essere umano e mancando qualsiasi sicuro parametro per accertarne l'intensità».
A seguito dell’intervento della Corte costituzionale il delitto di plagio, delineato dall’art. 603 c.p., è stato espunto dal nostro ordinamento. Per sanzionare condotte in senso lato di “manipolazione mentale” è necessario dunque ricorrere a ulteriori disposizioni del codice penale che, come è noto, non si prestano a interpretazioni estensive.
In particolare, la giurisprudenza può ricorrere a seconda dei casi al delitto di circonvenzione di incapace, di sequestro di persona, di violenza privata o, da ultimo, di riduzione in schiavitù.
Analiticamente, il delitto di circonvenzione di persone incapaci, di cui all’art. 643 c.p., ricorre quando «chiunque, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d'infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto, che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 206 a euro 2.065».
La Corte di cassazione, chiamata a interpretare il concetto di infermità o deficienza psichica ha affermato che questo reato «non esige, nel soggetto passivo, un'infermità mentale catalogabile fra le varie forme morbose indicate dalla scienza psichiatrica, ma è sufficiente che la vittima versi in una semplice deficienza psichica che, senza sconfinare nel caso patologico, importi uno stato di menomazione del potere di critica e di indebolimento di quello volitivo, che sia tale da rendere possibile l'altrui opera di suggestione» (Sez. II, sent. n. 6904 del 16 luglio 1983, Cinerario). Ha specificato poi che per il ricorrere di questo delitto «è sufficiente uno stato di menomazione del potere di critica e d'indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l'altrui opera di suggestione o da agevolare l'induzione svolta dal soggetto attivo per raggiungere il suo fine illecito» (cfr. Sez. II, sent. n. 6610 del 27 giugno 1985, Vulcano; ma anche Sez. II, sent. n. 3458 del 1° dicembre 2005, D.G.I.G.D.). La stessa Corte ha sostenuto che per la consumazione del reato occorre che l’agente induca la vittima a compiere un atto avente conseguenze giuridiche dannose «attraverso un'attività di pressione morale, suggestione, spinta e di persuasione e quindi attraverso l'uso di qualsiasi mezzo idoneo a determinare o a rafforzare nel soggetto passivo il consenso al compimento dell'atto giuridico» (cfr. Sez. II, sent. n. 5348 del 28 maggio 1985, Maccagnan). La giurisprudenza non richiede dunque l’uso di mezzi coattivi ma «un'attività apprezzabile di pressione morale, di suggestione o di persuasione, cioè di spinta psicologica, che non può ravvisarsi nella pura e semplice richiesta rivolta al soggetto passivo di compiere un atto giuridico» (cfr. Sez. II, sent. n. 1195 del 28 gennaio 1994, Di Falco).
Questa fattispecie, che la giurisprudenza ha spesso utilizzato per sanzionare condotte di manipolazione mentale richiede però come presupposto il dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto[8] ed è perseguibile sono previa querela di parte, presentata dal soggetto passivo e quindi dalla stessa persona circonvenuta[9].
Più difficile è applicare il delitto di sequestro di persona di cui all’art. 605 c.p., ai sensi del quale è sanzionato con la reclusione da 6 mesi a 8 anni chiunque priva taluno della libertà personale o la fattispecie di violenza privata di cui all’art. 610 c.p. Tale ultima disposizione sanziona con la reclusione fino a 4 anni chiunque «con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare, od omettere qualche cosa».
Maggiormente riconducibile alle condotte di manipolazione mentale appare il delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù, di cui all’art. 600 c.p., soprattutto a seguito della sua recente riforma operata dalla legge 11 agosto 2003, n. 228. L’art. 600 del codice penale sanziona con la reclusione da 8 a 20 anni chiunque (comma 1):
- esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà;
- riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque a prestazioni che ne comportino lo sfruttamento.
La disposizione precisa che la riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità ma anche approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona (comma 2)[10].
1. Nella sezione III del capo III del titolo XII del libro II del codice penale, dopo l'articolo 613 è aggiunto il seguente:
«Art. 613-bis. - (Manipolazione mentale). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minacce ovvero mediante tecniche di condizionamento della personalità o di suggestione, pone taluno in uno stato di soggezione tale da escludere la capacità di giudizio e la capacità di sottrarsi alle imposizioni altrui, escludendo la libertà di autodeterminazione, è punito con la reclusione da quattro a otto anni.
Se il fatto è commesso nell'ambito di un gruppo che promuove o pratica attività finalizzate a creare o a sfruttare la dipendenza psicologica o fisica delle persone che vi partecipano, ovvero se il colpevole ha agito al fine di commettere un reato, le pene di cui al primo comma sono aumentate da un terzo alla metà».
La proposta di legge A.C. 3225 (Pisicchio), che consta di un solo articolo, mira ad introdurre nel codice penale una nuova fattispecie di reato: il delitto di manipolazione mentale (art. 613-bis).
Da un punto di vista sistematico la nuova disposizione è inserita nella sezione III (dei delitti contro la libertà morale) del Capo III (dei delitti contro la libertà individuale) del libro II del codice penale (dei delitti in particolare).
Come si evince dalla relazione di accompagnamento, l’intento del proponente è quello di colmare la lacuna prodotta nell'ordinamento giuridico penale a seguito della citata sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 1981, la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'intero articolo 603 c.p., concernente il delitto di plagio (cfr. quadro normativo).
A tal fine, la proposta di legge in esame, riprendendo in gran parte il lavoro svolto nella XIV legislatura dalla Commissione Giustizia del Senato[11], introduce nel codice penale una nuova specifica disposizione «volta a tutelare la personalità da condizionamenti di tipo plagiario».
In particolare, la proposta inserisce nel codice penale l’art. 613-bis, rubricato manipolazione mentale e conferisce al nuovo delitto le seguenti caratteristiche (comma 1):
- soggetto attivo del reato può essere “chiunque” (reato improprio);
- la condotta consiste nel porre «taluno in uno stato di soggezione tale da escludere la capacità di giudizio e la capacità di sottrarsi alle imposizioni altrui, escludendo la libertà di autodeterminazione». Tale effetto può realizzarsi con le seguenti modalità:
§ con violenza;
§ con minacce;
§ mediante tecniche di condizionamento della personalità;
§ mediante tecniche di suggestione.
- la sanzioneè quella della reclusione da 4 a 8 anni.
Il reato è aggravato (comma 2), e la pena è aumentata da un terzo alla metà, se il fatto è commesso:
- nell’ambito di un gruppo che promuove o pratica attività finalizzate a creare o sfruttare le dipendenza psicologica o fisica delle persone che vi partecipano;
- se il colpevole ha agito al fine di commettere un reato.
N. 3225
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputato PISICCHIO ¾ |
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Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di manipolazione mentale |
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Presentata il 7 novembre 2007
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Onorevoli Colleghi! - Le scienze che studiano la psiche umana hanno approfonditamente analizzato il fenomeno della manipolazione mentale realizzata a danno di soggetti in particolari condizioni - temporanee o permanenti - di fragilità. Il fenomeno, noto alla pubblica opinione come «lavaggio del cervello», implica l'interazione di due soggetti, uno dominante e manipolativo e l'altro debole e soccombente: quest'ultimo subirà la sopraffazione del soggetto dominante percorrendo un itinerario esistenziale che, attraverso fenomeni noti alla psicologia e che vanno dalla «trappola della razionalizzazione» alla «dissonanza cognitiva», lo condurrà a compiere atti che, in condizioni di piena autodeterminazione e consapevolezza, non avrebbe mai compiuto. Atti che possono sfociare nel gesto estremo del suicidio o dell'omicidio. Questo schema, che descrive il dramma dell'adepto delle sette pseudoreligiose sempre più diffuse nel nostro Paese, non trova oggi una fattispecie giuridica idonea a contenerlo dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 1981, che dichiarò incostituzionale l'articolo 603 del codice penale (plagio).
Era stato proprio il codice Rocco nel 1930 ad introdurre, sulla spinta delle nuove frontiere aperte dagli studi di psicologia sociale, la fattispecie di plagio all'articolo 603, che prevedeva la punizione di «chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione». L'Alta Corte «cancellò» il reato nel 1981, criticando l'eccessiva latitudine di discrezionalità che una formulazione così ampia avrebbe potuto concedere al giudice.
Ma alla cancellazione del reato non corrisponde certamente la negazione del plagio sul piano fenomenico. Se, dunque, la fattispecie scomparsa si prestava effettivamente ad obiezioni relative alla sua vaghezza, offrendo il fianco a possibili errori in sede giudiziaria, non si può non riconoscere che nel nostro ordinamento si è aperto da troppi anni un vuoto di tutela della personalità rispetto alle dinamiche plagiarie, vuoto che appare tanto più pericoloso quanto più numerose e drammatiche si presentano le situazioni che la cronaca quotidiana fa emergere denunciando episodi di totale ed illimitata soggezione di persone ad altre, al pari della riduzione in schiavitù, ma senza l'elemento caratterizzante quest'ultima fattispecie, rappresentato dalla costrizione fisica.
L'aspetto più problematico della mancanza di previsione specifica volta a tutelare la personalità da condizionamenti di tipo plagiario è rappresentato dall'impossibilità di adottare in modo soddisfacente l'allargamento delle fattispecie limitrofe più generali, come appunto la riduzione in schiavitù o la circonvenzione di incapace o il sequestro di persona o la violenza privata, fattispecie che evocano una diversa peculiarità dell'oggetto di tutela.
L'urgenza di una nuova fattispecie penale volta a tutelare la libertà di autodeterminazione dell'individuo al riparo da ogni manipolazione volta al compimento di un atto o di un'omissione gravemente pregiudizievole, è stata avvertita anche dal Senato della Repubblica nella passata legislatura, con la discussione e l'approvazione in sede di Commissione Giustizia di un disegno di legge volto a colmare tale vuoto normativo (atto Senato n. 1777), superando in modo coerente con i princìpi costituzionali il delicato problema dello scrimine relativo alle condotte suscettibili di creare condizionamenti della psiche umana, al fine di individuare un impianto normativo che rispondesse al requisito della tassatività.
La presente proposta di legge, che tiene conto del lavoro compiuto dall'altro ramo del Parlamento nella passata legislatura, si propone di colmare un vuoto normativo pericoloso che ha visto negli ultimi anni crescere in modo allarmante casi di manipolazione mentale ad opera di leader di sette pseudoreligiose che aggrediscono soprattutto - ma non solo - le giovani e le giovanissime generazioni. Le associazioni delle famiglie delle vittime delle sette, che ormai riuniscono decine di migliaia di soggetti, hanno da tempo manifestato l'improcrastinabile urgenza di un intervento che metta le autorità di polizia e la magistratura in condizione di contrastare efficacemente fenomeni che oggi possono essere interpretati e colpiti soltanto adottando fattispecie penali limitrofe ma non adeguate.
Per queste ragioni, pertanto, appare necessario colmare una pericolosa lacuna normativa individuando una fattispecie penale che ispiri compiutamente la sua funzione punitiva al principio di legalità. A tali requisiti si informa la proposta di legge che è sottoposta alla vostra attenzione.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. 1. Nella sezione III del capo III del titolo XII del libro II del codice penale, dopo l'articolo 613 è aggiunto il seguente: «Art. 613-bis. - (Manipolazione mentale). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minacce ovvero mediante tecniche di condizionamento della personalità o di suggestione, pone taluno in uno stato di soggezione tale da escludere la capacità di giudizio e la capacità di sottrarsi alle imposizioni altrui, escludendo la libertà di autodeterminazione, è punito con la reclusione da quattro a otto anni. Se il fatto è commesso nell'ambito di un gruppo che promuove o pratica attività finalizzate a creare o a sfruttare la dipendenza psicologica o fisica delle persone che vi partecipano, ovvero se il colpevole ha agito al fine di commettere un reato, le pene di cui al primo comma sono aumentate da un terzo alla metà».
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SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾
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N. 800
DISEGNO DI LEGGE |
d’iniziativa dei senatori
MEDURI, COZZOLINO, CRINÒ, BATTAGLIA Antonio, BEVILACQUA, SEMERARO, D’IPPOLITO, PELLICINI, CURTO, DEMASI, GRILLOTTI, ZAPPACOSTA, GENTILE, DEGENNARO, TREMATERRA e NOCCO
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COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 6 NOVEMBRE 2001.. |
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Norme per contrastare la manipolazione psicologica
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Onorevoli Senatori. – Dai recenti atti terroristici compiuti negli Stati Uniti d’America, dovremmo trarre motivo di riflessione profonda sulle «ragioni» che possono spingere un essere umano a diventare un «kamikaze».
Se l’atto terroristico in se stesso potrebbe avere un suo perverso senso ed una sua diabolica logica (ovviamente e comunque non condivisibili), nell’analisi dei contesti socio-politici ed ambientali in cui esso viene progettato, l’idea stessa di uomini che immolano se stessi è totalmente e incontrovertibilmente contro quell’istinto di conservazione che permea la natura stessa di ogni essere vivente, e quest’idea porta ad un’unica possibile deduzione: i «kamikaze» diventano tali in virtù dell’opera di manipolatori mentali, i quali si servono di tecniche psicologiche subdole e sofisticate, spesso abbinate alla somministrazione di sostanze chimiche (come allucinogeni, droghe, psicofarmaci depersonalizzanti, eccetera), come dimostrano gli studi compiuti da Margareth Singer, G. De Gennaro, M. Gullotta, Jania Lalich e gli scritti di Randall Watters, G. Flick, Ted Patrick.
La Corte Costituzionale, con la sentenza 8 giugno 1981, n.96, rilevando un contrasto tra l’articolo 603 del codice penale («Chiunque sottopone una persona al proprio potere in modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni») e gli articoli 21 e 25 della Costituzione, dichiarò la illegittimità della norma che configurava il delitto di plagio, ponendo così termine all’esistenza di una disposizione che nel cinquantennio del «Codice Rocco» non aveva trovato frequenti occasioni di applicazione.
Si legge nella sentenza: « ...la norma denunciata viola il principio di tipicità di cui all’articolo 25, in quanto appare sfornita nei suoi elementi costitutivi di ogni chiarezza. Il legislatore, prevedendo una sanzione penale per chiunque sottoponga una persona al proprio potere in modo da ridurla in totale stato di soggezione, avrebbe in realtà affidato all’arbitraria determinazione del giudice l’individuazione in concreto degli elementi costitutivi di un reato a dolo generico, a condotta libera e ad evento non determinato. Il pericolo di arbitrio, sotto il profilo della eccessiva dilatazione della fattispecie penale, sarebbe tanto più evidente considerando come il riferimento al “totale stato di soggezione“ può condurre ad un’applicazione della norma a situazioni di subordinazione psicologica del tutto lecite e spesso riconosciute e protette dall’ordinamento giuridico, quali il proselitismo religioso, politico o sindacale. D’altra parte non conferirebbe maggior chiarezza alla determinazione concreta della fattispecie, l’osservazione che la soggezione psichica deve essere “totale“.
... Per quanto riguarda l’articolo 21 della Costituzione, ...la libertà di manifestazione del pensiero incontra un limite nell’interesse dell’integrità psichica della persona, solo in quanto si concretizzi in mezzo di pressione violenta o subdola, quali la minaccia o la frode; ciò stante, l’evento della soggezione psicologica di un soggetto ad altro soggetto, in quanto risultante dall’adesione ai modelli di comportamento da altri proposti, non può costituire illecito senza intaccare il diritto costituzionalmente protetto ...».
Non si vuole in questa sede rimettere in discussione, a tanta distanza di tempo, le decisioni della Corte costituzionale, che rappresentano ormai un punto fermo e immodificabile nel nostro ordinamento giuridico, ma soltanto chiarire che la cancellazione del reato di plagio, così com’era formulato nell’articolo 603 del codice penale, non può essere intesa come negazione del plagio sul piano fenomenico.
Il problema è anzi quanto mai attuale, posto che il plagio e le dinamiche plagiarie costituiscono, oggi più che in passato, una realtà sul piano dei rapporti interpersonali, con concreti rischi nei confronti della libertà individuale ed in particolare nei confronti della salvaguardia dell’identità personale.
Da qualche parte si è più volte tentato di assimilare il plagio alla circonvenzione di incapace.
Giova ricordare che il reato di plagio, nella specifica formulazione, presupponeva un totale ed illimitato stato di soggezione, tanto che si qualificava nei delitti contro la persona (titolo XII del Libro II del codice penale), ovvero tra i delitti contro la libertà individuale (capo III del titolo XII) e, in particolare, tra i delitti contro la personalità individuale (sezione I del capo III sopracitato), al pari della riduzione in schiavitù, della tratta, commercio, alienazione e acquisto di schiavi. Mentre la circonvenzione di incapace (articolo 643 del codice penale) rientra tra i delitti contro il patrimonio ed in particolare tra i delitti contro il patrimonio mediante frode (vedi capo II del titolo XIII, libro II del codice penale), al pari della truffa, dell’insolvenza fraudolenta, dell’usura, dell’appropriazione indebita, della ricettazione eccetera.
Il plagio concerneva i casi di sottoposizione di una persona al proprio potere, mentre le ipotesi riconducibili alla circonvenzione di incapace non configurano un totale ed illimitato stato di soggezione, ma vari meccanismi di coazione della volontà e di cooptazione del consenso, volti a indurre una persona a compiere un atto che comporti qualsiasi effetto giuridico per sè o per altri dannoso.
La necessità di distinguere le due fattispecie scaturisce quanto ai fini e agli effetti, alle diverse situazioni in cui si realizzano condizioni di soggezione psichica, tenendo conto delle situazioni di danno in concreto che ineriscono alle dinamiche plagiarie.
Pur senza alcun rimpianto per la fattispecie abolita dalla Corte costituzionale, che era giuridicamente evanescente ed insostenibile e fonte di possibili errori e abusi in sede giudiziaria, occorre riconoscere che si è realizzato un vuoto di tutela della personalità nei riguardi delle dinamiche descritte.
Questo vuoto normativo è servito, da un lato, a creare nella pubblica opinione la convinzione che il plagio non esista più; dall’altro, a fornire maggiori possibilità ai «manipolatori della mente umana» di continuare a usare e a rafforzare le loro condotte illecite con tutta tranquillità, nella certezza di non correre alcun rischio legale. Tutto ciò spiega il dilagare in Italia di attività, pericolose e devastanti per l’individuo, di singoli od organizzazioni di potere, anche mascherate da pratiche religiose, che con il loro potere continuano a perpetrare in maniera dilagante i meccanismi persuasivi e suggestivi tali da diminuire i poteri di difesa e da condizionare la volontà dei soggetti passivi coinvolti. Tali meccanismi si innescano, infatti, ogni qualvolta ci si trovi in presenza di:
a) un rapporto di prevalenza del soggetto attivo su quello passivo, tale che comporti il totale assorbimento del secondo nella sfera dell’influenza del primo in conseguenza di specifiche e reiterate attività di quest’ultimo;
b) la separazione del soggetto passivo del soggetto dal contesto sociale da lui autonomamente scelto;
c) la previsione e la volizione dell’evento da parte del soggetto attivo.
A nostro parere, infatti, uno stato di soggezione, comunque attuato, comunque subito o cercato dal soggetto passivo, comunque strutturato all’interno (nei rapporti tra agente e soggetto passivo), si risolverebbe pur sempre ed univocamente in una preclusione e in un impedimento alla prosecuzione o instaurazione di rapporti autonomi tra il soggetto passivo e i terzi.
Si dovrebbe, pertanto, garantire che il rapporto tra soggetto attivo e soggetto passivo non diventi talmente assorbente ed esclusivo, da impedire che il soggetto passivo possa, di volta in volta, verificarlo criticamente alla luce di altri rapporti.
Nel lamentare la violazione dell’articolo 25 della Costituzione, la Suprema corte ripetè più volte che, a base del principio invocato, stava in primo luogo «... l’intento di evitare arbitri nell’applicazione di misure limitative di quel bene sommo ed inviolabile costituito dalla libertà personale e che, per effetto di tale principio, onere della legge penale fosse quello di determinare la fattispecie criminosa con connotati precisi in modo che l’interprete, nel ricondurre un’ipotesi concreta alla norma di legge, possa esprimere un giudizio di corrispondenza sorretto da fondamento controllabile».
Concordi con quanto allora stabilito dalla Corte costituzionale, riteniamo che sarebbe opportuno attribuire maggiore valenza alla perizia psichiatrica che, oltre a comportare un primo livello di indagine volto a definire le caratteristiche di personalità della supposta vittima, al fine di dedurne in astratto la sottoposizione a meccanismi plagiari, dovrebbe articolarsi in un successivo livello di indagine, volto ad analizzare il rapporto personale tra supposto autore e supposta vittima.
Un’indagine approfondita si rende, infatti, necessaria per stabilire se si è realizzata o meno una dinamica in virtù della quale la volontà di una persona si è imposta su quella dell’altra, al punto da determinarne le direttive e da costringerla ad agire in contrasto con gli interessi propri e altrui.
La prassi psichiatrico-forense documenta che la valutazione del rapporto interpersonale si qualifica come metodologicamente determinante ai fini di un eventuale giudizio.
Con il presente disegno di legge si vuole prevedere, conferendo un più puntuale contenuto, una norma che contempli e sanzioni allo stesso tempo il reato di manipolazione psicologica.
DISEGNO DI LEGGE 1. Chiunque, mediante violenza, minacce, suggestioni o con qualunque altro mezzo, condizionando e coartando la formazione dell’altrui volontà, pone taluno in uno stato di soggezione tale da escludere o limitare la libertà di agire, la capacità di autodeterminazione e quella di sottrarsi alle imposizioni altrui, è punito con la reclusione da sei a dodici anni. 2. Costituisce aggravante se tramite i mezzi indicati al comma 1, la vittima è indotta a compiere atti lesivi o pericolosi per la propria o per l’altrui integrità fisica o psichica. 3. Se i fatti previsti nei commi 1 e 2 sono commessi in danno di persona minore di anni diciotto, la pena non può essere inferiore a dieci anni di reclusione.
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SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾
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N. 1777
DISEGNO DI LEGGE |
d’iniziativa della senatrice ALBERTI CASELLATI
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COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 16 OTTOBRE 2002. |
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Disposizioni concernenti il reato di manipolazione mentale
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Onorevoli Senatori. – Il 9 aprile 1981, con la sentenza n. 96, la Corte costituzionale espungeva dall’ordinamento giuridico, per contrasto con l’articolo 25 della Costituzione, l’articolo 603 del codice penale che, sotto la rubrica «Plagio», puniva il fatto di chiunque «sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione». La norma infatti, a giudizio della Corte, violava, nella sua vaga e nebulosa formulazione, il principio di tassatività vigente in materia penale e lasciava, per questa via, ampio spazio all’arbitrio del giudice.
In questo modo si concludeva l’esistenza di una fattispecie introdotta solo nel 1930 ad opera del codice Rocco ed ignorata dalle precedenti codificazioni, italiane ed europee: se, infatti, il termine plagium compare nel linguaggio giuridico sin dal III secolo avanti Cristo, esso viene tuttavia impiegato in un significato del tutto diverso da quello poi accolto dal nostro legislatore, indicando l’azione di impossessarsi, trattenere o fare oggetto di commercio un uomo libero o uno schiavo altrui. E proprio questa particolare accezione del termine, costantemente rispettata nella storia, aveva indotto molti compilatori del codice a suggerire di mantenere l’antica denominazione di «plagio» alla riduzione in schiavitù o in condizione analoga (articolo 600 del codice penale), senza introdurre una nuova fattispecie criminale che, usando un termine consacrato da oltre duemila anni nel linguaggio e nell’esperienza legislativa per indicare istituti sino ad allora sconosciuti, avrebbe determinato solo grande confusione.
Alla fine, come abbiamo visto, le resistenze furono vinte e la nuova fattispecie delittuosa venne introdotta: su questa scelta sicuramente influì grandemente l’avvento delle teorie psichiche, che proprio in quell’epoca cominciavano a diffondersi, seppure ancora con grande cautela e diffidenza. Furono infatti tali teorie a far nascere nel legislatore l’interesse per il profilo psicologico del plagio, sebbene sia chiaro che nel 1930 il pericolo di una suggestione ipnotica poteva essere soltanto paventato: in questo senso, l’aver previsto nel corpus del codice la norma contenuta nell’articolo 603 testimonia un notevole sforzo nel cogliere ed anticipare i fenomeni evolutivi sociali da parte del legislatore di allora.
Se, dunque, nel 1930 i tempi non erano ancora sufficientemente maturi per apprestare idonea tutela al bene della libertà morale, e la norma sul plagio cadde sotto la scure della Corte costituzionale, oggi la coscienza sociale si è evoluta al punto che unanimemente si denuncia la necessità di intervenire a colmare il vuoto che quell’abrogazione ha prodotto nel nostro ordinamento, determinando un disequilibrio nel sistema dei delitti chiamati a presidiare il campo della libertà individuale: e ciò perchè manca la previsione di altri fatti di reato destinati a coprire la medesima area di tutela. Nè il problema sembra superabile attraverso il consueto criterio di espansione delle fattispecie limitrofe più generali (come nel caso dell’eliminazione del delitto di ratto a fine di matrimonio rispetto al più generale delitto di sequestro di persona). Ad ostacolare questa soluzione vi è infatti la profonda eterogeneità degli oggetti giuridici tutelati: la libertà morale nel caso del plagio, la libertà personale nel sequestro di persona o nella schiavitù. Differenza che non consente sovrapposizioni, stante l’irriducibilità dei termini coinvolti.
Orbene, lasciare la protezione di momenti essenziali per la vita di tutti alla sola copertura offerta dal delitto di riduzione in schiavitù, o da quelli di sequestro di persona o di violenza privata, significa diminuire in maniera sensibile le garanzie di libertà del singolo.
Oggi si avverte il bisogno di una norma di principio, capace di fungere da presidio di un bene importante e fragile quale risulta essere la libertà psichica, il cosiddetto «libero arbitrio»: bisogna, pertanto, accertare la possibilità di creare una nuova fattispecie penale, verificando preliminarmente se il bene o valore, del quale si pone l’esigenza di tutela, possieda il requisito del rilievo costituzionale, che, solo, giustifica l’intervento della sanzione penale.
In verità non c’è dubbio che l’interesse alla salvaguardia del patrimonio psichico dell’uomo, oltre a trovare implicito riconoscimento negli articoli 2 e 3 della Costituzione, costituisce il necessario presupposto affinchè possano essere effettivamente fruiti tutti quei diritti di libertà e consapevolmente adempiuti i doveri di solidarietà che la Costituzione rispettivamente garantisce ed impone. Si tratta, dunque, di un bene di sicuro rilievo costituzionale.
Il problema di più ardua soluzione, a questo punto, è quello di stabilire quali condotte condizionanti la persona psichica possano in via ipotetica ritenersi meritevoli di considerazione ai fini della costruzione di una norma incriminatrice ossequiosa del principio di tassatività.
Premesso che la formazione e sviluppo della personalità individuale è la risultante anche dei reciproci condizionamenti interpersonali, e che la propaganda delle proprie idee finalizzata all’altrui persuasione è diritto costituzionalmente garantito e non può, quindi, essere di per sè criminalizzata, la condotta delittuosa dovrà assumere i caratteri della vessatorietà o fraudolenza, oltre che quello della continuità, essendo dolosamente indirizzata a determinare nel soggetto passivo uno stato di soggezione tale da deteriorarne la capacità di giudizio e da ottenere, conseguentemente, una situazione di eterodirezione della volontà.
È inoltre utile far ricorso ad un terzo elemento, che si inserisce tra atto di condizionamento e lesione dell’altrui integrità psichica, e che è costituito dal fine su cui deve fondarsi l’agire criminoso. Richiedendo, infatti, per il perfezionarsi del delitto di manipolazione mentale, che la lesione alla libertà del volere sia teleologicamente improntata al compimento, da parte della vittima, di un atto o di un’astensione gravemente pregiudizievoli, si ottiene il risultato di emancipare la lesione dell’altrui integrità psichica dalle strette coordinate dell’ingiusta locupletazione, allontanando, nel contempo, lo spettro dell’indeterminatezza empirica della norma.
È parso, da ultimo, opportuno predisporre un secondo comma che prevede un aggravamento di pena nell’ipotesi in cui i fatti che danno luogo al delitto di manipolazione mentale siano commessi nell’ambito di un gruppo che promuove attività che abbiano per scopo o per effetto di creare o sfruttare la dipendenza psicologica o fisica delle persone che vi partecipano. Questa aggravante è stata suggerita dalle notizie di cronaca, che quotidianamente denunciano i casi di «lavaggio del cervello» subiti da coloro che cadono preda di sette pseudo-religiose che, sfruttando le pulsioni fideistiche dei nuovi adepti, li isolano completamente dalle persone e dalle istituzioni esterne.
In questo caso l’aumento di pena appare giustificato sia in considerazione della maggiore capacità di suggestione che un gruppo organizzato è in grado di esercitare sul singolo, sia in considerazione del fatto che maggiormente censurabile, e dunque meritevole di una sanzione più severa, appare lo sfruttamento che qui viene operato delle istanze religiose della vittima.
È infine appena il caso di sottolineare che del tutto privo di efficacia esimente sarebbe l’eventuale consenso dell’offeso, dovendosi considerare il bene tutelato indisponibile ed essendo, oltretutto, il consenso normalmente viziato da violenza, minaccia, inganno, ecc.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1. 1. Dopo l’articolo 613 del codice penale è inserito il seguente: «Art. 613-bis - (Manipolazione mentale). – Chiunque, con violenza, minacce, mezzi chimici, interventi chirurgici o pratiche psicagogiche di condizionamento della personalità, pone taluno in uno stato di soggezione tale da escludere la capacità di giudizio e la capacità di sottrarsi alle imposizioni altrui, al fine di fargli compiere un atto o determinare un’omissione gravemente pregiudizievoli, è punito con la reclusione da quattro a otto anni. Se il fatto è commesso nell’ambito di un gruppo che promuove attività che abbiano per scopo o per effetto di creare o sfruttare la dipendenza psicologica o fisica delle persone che vi partecipano, le pene di cui al primo comma sono aumentate di un terzo».
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SENATO DELLA REPUBBLICA
¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾
Petizione n. 105
Il sig. Vincenzo Fontana, di Castellammare del Golfo (Trapani), chiede adozione di norme più severe contro le attività tendenti a sfruttare la credulità altrui
GIUSTIZIA (2a)
MARTEDI’ 18 MARZO 2003
196ª Seduta (pomeridiana)
Presidenza del Presidente
Antonino CARUSO
La seduta inizia alle ore 16,10.
IN SEDE REFERENTE
(800) MEDURI ed altri. – Norme per contrastare la manipolazione psicologica
(1777) ALBERTI CASELLATI. – Disposizione concernenti il reato di manipolazione mentale
- e petizione n. 105 ad essi attinente
(Esame congiunto e rinvio)
Riferisce il senatore ZICCONE, il quale, dopo aver ricordato preliminarmente come il problema dell'introduzione nell'ordinamento giuridico di una nuova fattispecie criminosa per tutelare la collettività da ipotesi variamente definite di manipolazione psicologica o mentale sia stato sollevato da più parti, sottolinea che il disegno di legge n.1777 d'iniziativa della senatrice Alberti Casellati individua a tal fine una nuova fattispecie penale con una particolare attenzione, nelle intenzioni, alla formulazione della norma sotto il profilo della compiuta determinazione della medesima. Appare necessario infatti evitare il riproporsi di quelle censure - che si sostanziano nel difetto di tassatività - che la Corte Costituzionale ebbe occasione di rilevare, dichiarando l'illegittimità dell'articolo 603 del codice penale, con riferimento al reato di plagio che con il tema considerato presenta indubbie analogie.
Con molta probabilità - continua il relatore - il tentativo pur apprezzabile non può dirsi del tutto compiuto in quanto si possono ipotizzare dei miglioramenti del testo che vadano nel senso di assicurare quell'indispensabile grado di determinatezza e precisione richiesto. Ed in proposito si possono individuare due linee di possibile intervento, da attuarsi congiuntamente, che si indicano nella necessità di definire attraverso opportuni emendamenti, da un lato, la condotta tipica che appare troppo generica e, dall'altro, il risultato della stessa ed i suoi effetti, con riferimento alla particolare condizione della persona nei confronti della quale i comportamenti sono posti in essere.
Nella stessa direzione del disegno di legge n.1777 si colloca anche il disegno di legge n.800 di iniziativa dei senatori Meduri ed altri, in merito al quale peraltro vanno evidenziati i medesimi profili problematici ai quali si è fatto riferimento per il disegno di legge di iniziativa della senatrice Alberti Casellati.
Il relatore conclude auspicando che le richiamate difficoltà di offrire una precisa formulazione non distolgano comunque dall'obiettivo di colmare al più presto una lacuna dell'ordinamento giuridico che corrisponda ad un’esigenza da più parti avvertita.
Propone infine di congiungere l’esame dei disegni di legge n.1777 e n.800.
Conviene la Commissione.
Interviene la senatrice ALBERTI CASELLATI che si sofferma sulla ratio ispiratrice del disegno di legge n.1777 ricordando che in particolare nel nord Italia – ma il problema non è estraneo al resto del Paese - organizzazioni e sette pseudo religiose carpiscono continuamente la buona fede di intere famiglie senza che le stesse possano fruire di un'adeguata tutela anche di tipo penale.
Non nega che il testo possa presentare problemi di natura tecnico- giuridica sotto il profilo della definizione della fattispecie in quanto, nell’ambito in questione, costituisce un non facile problema, per i caratteri della situazione considerata, l'individuazione di ciò che possa dirsi consentito - perché espressione di libertà - rispetto a ciò che debba ritenersi vietato poiché causa di condizionamento.
Tali difficoltà non appaiono peraltro insormontabili ed esse – sottolinea la senatrice Alberti Casellati - non devono indurre a desistere dall'intervenire su un tema delicato che richiede assoluta necessità di attenzione. Al riguardo, una possibile via potrebbe rinvenirsi nella precisazione normativa del rapporto dinamico che sussiste tra soggetto condizionato e soggetto condizionante. Appare cioè opportuno un intervento redazionale che assicuri, per così dire, una traduzione normativa di tale dinamica.
Conclude l'intervento sottolineando l'importanza che le difficoltà tecnico-giuridiche legate alla formulazione della previsione non facciano passare in secondo piano le esigenze di quelle famiglie che sono oggi disperate, in quanto vittime indifese di quelle situazioni rispetto alle quali la proposta di legge è diretta a fornire una tutela.
Interviene il senatore GUBETTI per sottolineare come il problema sollevato dalla senatrice Alberti Casellati sia reale e riferibile a situazioni concrete numericamente non trascurabili. L'attuale formulazione non consente però di cogliere con esattezza i limiti della fattispecie rispetto, ad esempio, al reato di circonvenzione di incapace e risulta pertanto necessario un intervento diretto a chiarire e specificare i mezzi con i quali si attua il condizionamento della personalità e il concetto di suggestionabilità. Al riguardo suggerisce altresì l'opportunità di approfondimenti tecnici anche avvalendosi della collaborazione di esperti, eventualmente da acquisire mediante lo svolgimento di audizioni.
Resta in ogni caso imprescindibile anche per il senatore Gubetti una formulazione della norma che non offra il fianco a quelle stesse critiche già espresse dalla Corte Costituzionale per il reato di plagio.
Interviene il senatore ZANCAN per esprimere la propria contrarietà al ricorso ad esperti ed audizioni sul tema per le possibili implicazioni connesse all'opinabilità ed alla suggestione di tesi pur autorevoli. Nel merito ritiene che l'iniziativa in cui si sostanzia il disegno di legge appare molto pericolosa in quanto risultano labili i confini della fattispecie, così come delineata, rispetto al reato di circonvenzione di incapace che invece rappresenta una disposizione collaudata, efficace e sorretta da parametri giurisprudenziali soddisfacenti. Quanto ai mezzi che determinano il condizionamento, con riferimento in particolare "alle pratiche psicagogiche", suggerisce una formulazione più chiara la cui portata possa essere compresa con facilità dal cittadino medio.
Interviene il senatore CALVI per sottolineare le incertezze applicative connesse alle formulazioni proposte nei due disegni di legge in titolo, con particolare riferimento, tra l’altro, al rischio di sanzionare anche casi che potrebbero rientrare nell’esercizio della professione di psichiatra.
La senatrice ALBERTI CASELLATI ritiene che il problema da ultimo evidenziato possa trovare agevole soluzione nell'attuale formulazione del disegno di legge n.1777 che dà rilievo alla condotta solo se diretta al fine di far compiere un atto o determinare un'omissione gravemente pregiudizievole.
Il presidente Antonino CARUSO chiede alla Commissione di valutare se, al di là dell'esigenza di un miglioramento del testo, il problema sollevato dall'iniziativa della senatrice Alberti Casellati non sia, come sembra, un problema reale e meritevole di attenzione.
Il senatore CALVI chiede di considerare se le richiamate esigenze possano essere soddisfatte con più efficacia con altri strumenti giuridici di natura non penale.
Il relatore ZICCONE interviene per sottolineare da un lato che le difficoltà tecnico giuridiche emerse sono ben presenti agli stessi proponenti ed ai sostenitori dell'iniziativa e dall'altro per ricordare che il fenomeno esiste, è significativo e non va trascurato. Appare opportuno pertanto uno sforzo per verificare se sia possibile trovare una formulazione che, in quanto immune da censure di illegittimità sotto il profilo della tassatività della fattispecie, possa soddisfare esigenze che appaiono comunque meritevoli di tutela.
Il presidente Antonino CARUSO rinvia infine il seguito dell’esame congiunto.
La seduta termina alle ore 16,30.
GIUSTIZIA (2a)
MERCOLEDI' 3 DICEMBRE 2003
295ª Seduta
Presidenza del Vice Presidente
BOREA
Interviene il sottosegretario per la giustizia Iole Santelli.
La seduta inizia alle ore 15,20.
IN SEDE REFERENTE
(omissis)
(800) MEDURI ed altri. – Norme per contrastare la manipolazione psicologica
(1777) ALBERTI CASELLATI. – Disposizione concernenti il reato di manipolazione mentale
- e petizione n. 105 ad esso attinente.
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)
Riprende l'esame congiunto dei disegni di legge in titolo, sospeso nella seduta pomeridiana del 18 marzo scorso.
Il presidente BOREA, constatato che non vi sono senatori che chiedono di intervenire, dichiara chiusa la discussione generale e propone quale termine per la presentazione degli emendamenti il giorno 27 gennaio 2004, alle ore 20.
Conviene la Commissione.
GIUSTIZIA (2a)
MERCOLEDI' 28 GENNAIO 2004
307a Seduta
Presidenza del Vice Presidente
ZANCAN
Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Iole Santelli.
La seduta inizia alle ore 15,15.
IN SEDE REFERENTE
(800) MEDURI ed altri. – Norme per contrastare la manipolazione psicologica
(1777) ALBERTI CASELLATI. – Disposizione concernenti il reato di manipolazione mentale
- e petizione n. 105 ad esso attinente
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)
Riprende l'esame congiunto dei disegni di legge in titolo, sospeso nella seduta del 3 dicembre 2003.
Il presidente ZANCAN comunica che nella seduta odierna avrà inizio l'esame degli emendamenti riferiti al disegno di legge n.1777 che viene assunto come testo base per il prosieguo dell'esame.
Il presidente ZANCAN illustra poi l'emendamento 1.4 rilevando che, premessa l'estrema delicatezza della materia trattata dal testo in esame che attiene alla definizione di una fattispecie di difficile accertabilità, qual è quella della manipolazione psicologica, si rende indispensabile individuare parametri di concretezza della fattispecie stessa che giustifichino la sanzione penale. In questa prospettiva l'emendamento 1.4 sceglie di modellare la nuova incriminazione rifacendosi alla fattispecie prevista dall'articolo 643 del codice penale in materia di circonvenzione d'incapace, pur tenendo conto della necessità di distinguerla da quest'ultima, nel senso di prevedere un nesso di causalità tra la riduzione in stato di incapacità di intendere e di volere da parte di un soggetto rispetto ad un altro più debole e l'ottenimento di un ingiusto vantaggio.
Segue un intervento del senatore CALVI (DS-U) il quale rileva come siano sempre più diffusi fenomeni che vedono tanti giovani sottratti al contesto civile e condotti, perché fortemente condizionati da suggestioni mistiche o di altro genere, verso altri ambiti nei quali operano delle vere e proprie sette. In relazione a ciò, peraltro, un eventuale intervento legislativo sul piano penale non potrà non tener conto della giurisprudenza costituzionale e, in particolare, della nota sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 1981; occorre in definitiva evitare di affidare all'arbitraria determinazione del giudice l'individuazione degli elementi costitutivi del reato di manipolazione psicologica, tipizzando in maniera compiuta la nuova fattispecie penale.
Il sottosegretario Iole SANTELLI osserva come effettivamente il sistema giuridico italiano sia lacunoso per gli aspetti sanzionatori relativi a coloro che manipolano e condizionano psicologicamente soggetti, in generale, più deboli. La sentenza della Corte costituzionale, citata dal senatore Calvi, suggerisce oggi al legislatore di concentrare la sua attenzione sulle condotte attraverso le quali si concretizza la suddetta soggezione. A suo avviso dovrebbe poi essere previsto un coordinamento delle norme in esame con quelle relative alla circonvenzione di incapace, ponendo nel dovuto rilievo il danno subito dalla vittima piuttosto che il vantaggio indebito dell'autore del reato. Ritiene peraltro opportuno, ai fini di una più corretta tecnica legislativa, inserire le norme proposte all'interno dell'attuale articolo 613 del codice, anzichè prevedere il nuovo articolo 613-bis, e suggerisce infine di considerare attentamente il profilo relativo al consenso del soggetto che subisce la manipolazione.
Il senatore FASSONE (DS-U ), intervenendo in sede di illustrazione degli emendamenti 1.1 e 1.2, ritiene che gli esempi sottoposti all'attenzione della Commissione da quanti sono fin qui intervenuti - che fanno riferimento a forme di condizionamento ed assoggettamento psico-fisico da parte di soggetti che fanno leva su bisogni di carattere mistico o comunque di varia natura delle vittime oltre che su una particolare vulnerabilità delle stesse - meritano adeguata attenzione sotto il profilo penale, trattandosi di un fenomeno preoccupante che non sempre è riconducibile a fattispecie incriminatrici già previste da norme vigente. Si sofferma poi su alcune disposizioni del codice penale che presentano analogie con la fattispecie in esame quali gli articoli 643 - circonvenzione di persone incapaci - e 613 - stato di incapacità procurato mediante violenza - per sottolinearne le differenze con quelli che sono i tratti caratteristici delle situazioni considerate che risultano appunto sfornite di tutela. Riferendosi poi alla nota sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 1981 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 603 del codice penale, richiama l'attenzione su un punto della motivazione che ritiene decisivo e che deve essere tenuto presente in occasione della definizione della nuova fattispecie che presenta forti analogie con la precedente ipotesi di plagio. Rileva in proposito che a sostegno della dichiarazione di incostituzionalità di tale previsione vi sia stata soprattutto l'impossibilità di fatto della determinazione dell'evento previsto dalla norma: ossia la riduzione in totale stato di soggezione. Poiché non sembra infatti possibile, anche nei casi più gravi, parlare di "totale soggezione" ma al più di parziale o rilevante soggezione - in quanto non esiste un soggetto in grado di collocare un'altra persona in uno stato di soggezione assoluta - ne deriva l'impossibilità di applicazione della norma, salvo ipotizzare - ma in via non legittima - una applicazione analogica della stessa. Nel dichiarare quindi la sua disponibilità ad accettare suggerimenti finalizzati ad una migliore formulazione dei suoi emendamenti, richiama l'attenzione su due aspetti che ritiene necessario precisare nella individuazione della nuova fattispecie, ossia l'evento - che nell'emendamento 1.1 indica nella "rilevante diminuzione della propria libertà di autodeterminazione - e la condotta che, nella medesima proposta emendativa è costituita dall'aver posto in essere "un'assidua attività di suggestione".
Modifica infine l'emendamento 1.1 sopprimendo la parola "assoluta".
Segue un breve intervento del senatore BUCCIERO (AN) per il quale l'emendamento 1.1 potrebbe costituire una utile base di lavoro, ma andrebbe modificato al fine di meglio precisare la fattispecie in rispetto ad una esigenza di tassatività della norma.
Ha quindi la parola il presidente ZANCAN che, nel dichiarare la sua preoccupazione per il rischio, che ritiene concreto in relazione ai caratteri della fattispecie, di introdurre una norma non sufficientemente tassativa, concorda con quanto osservato dal sottosegretario Santelli sulla necessità che vi siano "effetti esterni" - quali l'avvenuta determinazione di un grave pregiudizio - come condizione necessaria per ritenere sanzionabile il fatto tipico considerato.
Il senatore BUCCIERO (AN) manifesta perplessità sulla considerazione da ultimo espressa dal Presidente, in quanto potrebbero ben esserci situazioni nelle quali, pur non determinandosi un danno, esista pur sempre una soggezione notevole della persona che dovrebbe meritare la dovuta attenzione e quindi teme che il requisito indicato dal presidente Zancan possa circoscrivere eccessivamente i casi di rilevanza penale.
Il senatore CALVI (DS-U) ritiene che la delicatezza del tema richieda una particolare prudenza, ricordando come la citata sentenza della Corte costituzionale imponga di dar vita ad una norma tassativa, rifuggendo da formulazioni vaghe o comunque generiche, suscettibili di determinare una inammissibile supplenza del giudice nella individuazione della fattispecie penale. Richiama l'attenzione sul fatto che la materia incide fortemente sulla sfera di libertà dei cittadini e coinvolge interessi costituzionalmente tutelati.
Il senatore Massimo BRUTTI (DS-U) manifesta forti perplessità sull'esistenza di ragioni tali da giustificare un intervento normativo quale è quello che i disegni di legge in titolo si propongono di realizzare, specialmente considerando l'eccessiva genericità delle previsioni proposte e i caratteri del fenomeno che difficilmente si prestano alla individuazione di una nuova ipotesi di reato.
Conclude infine evidenziando la contraddizione in cui incorre la maggioranza laddove, da un lato, dà rilevanza disciplinare alla giurisprudenza "creativa" e, dall'altro, introduce nell'ordinamento norme del tutto generiche che per poter essere applicate richiedono inevitabilmente al giudice un intervento di definizione della fattispecie necessariamente proprio di carattere "creativo".
Segue un breve intervento del senatore BUCCIERO (AN) il quale chiede al senatore Brutti di dire con chiarezza se ritiene il problema esistente e, in caso affermativo, di indicare soluzioni precise piuttosto che limitarsi ad evidenziare i difetti dell'attuale formulazione della previsione.
Il senatore CALLEGARO (UDC) ritiene che il Parlamento non possa rimanere insensibile rispetto ad una richiesta di attenzione che proviene dal Paese a fronte di casi indubbiamente allarmanti e, nel far ciò, è convinto che sia possibile individuare in modo sufficientemente preciso la linea di distinzione fra quelle situazioni che sono riconducibili alla nozione di "influenza" - che descrive un fenomeno comune nei rapporti interpersonali - e quelle situazioni che, invece, si caratterizzano per uno stato di soggezione in senso proprio e assai spesso per l'ulteriore connotazione dello sfruttamento patrimoniale. In riferimento a queste ultime ben sarebbe possibile prevedere forme di tutela anche di tipo penalistico.
Il senatore DALLA CHIESA (Mar-DL-U ) sottolinea come la questione sottesa ai disegni di legge in titolo sia indubbiamente delicata e come le problematiche ad essa inerenti non sempre possano essere affrontate utilizzando le fattispecie incriminatrici già esistenti. Né, d'altra parte, di fronte a fenomeni di abuso legati, ad esempio, alla affiliazione a sette religiose o che comunque asseriscono di avere un simile carattere può ritenersi che il consenso dell'interessato valga ad escludere sempre e comunque una rilevanza penale del fatto. Nella concreta esperienza si sono infatti registrati episodi in riferimento ai quali può fondatamente asserirsi che la libertà dell'individuo non può arrivare al punto di legittimare la propria autodistruzione.
Il senatore Luigi BOBBIO (AN) sottolinea la necessità che nella costruzione della nuova fattispecie incriminatrice, oltre a tener conto naturalmente delle indicazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 1981, vengano individuati gli elementi distintivi di una serie di situazioni riscontrabili nell'esperienza contemporanea che la sensibilità comune ritiene inaccettabili, in quanto nelle stesse un soggetto trae ingiustamente profitto dallo stato di soggezione di un'altra persona. In questa prospettiva, ritiene che le indicazioni contenute negli emendamenti 1.1 e 1.2 del senatore Fassone possano rappresentare un'utile base di discussione sulla quale lavorare per pervenire ad un testo complessivamente soddisfacente.
Il presidente ZANCAN rinvia infine il seguito dell'esame congiunto.
EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 1777
Art. 1.
1.1
Fassone
Nel comma 1, all’articolo 613-bis richiamato, sostituire il primo capoverso con il seguente: «Chiunque, salvo che il fatto costituisca un più grave reato, mediante assidua attività di suggestione, instaura con un’altra persona un rapporto di assoluta soggezione psichica, per effetto del quale la edesima viene sottoposta al volere della prima, con rilevante diminuzione della propria libertà di autodeterminazione, è punito con la reclusione da quattro a otto anni».
1.2
Fassone
Nel comma 1, all’articolo 613-bis richiamato, sostituire il primo capoverso con il seguente: «Chiunque, salvo che il fatto costituisca un più grave reato, mediante assidua attività di suggestione, limita grandemente la libertà di auto-determinazione di una persona, così da ridurla in stato di durevole soggezione, è punito con la reclusione da quattro a otto anni».
1.4
Zancan
Nel comma 1, all’articolo 613-bis richiamato, sostituire le parole da: «in uno stato» fino a: «pregiudiziali» con le seguenti: «in uno stato di incapacità di intendere o di volere ottenendo in tal modo un atto o determinando una omissione gravemente pregiudiziale, con proprio o altrui vantaggio».
GIUSTIZIA (2a)
MARTEDI' 17 FEBBRAIO 2004
314a Seduta (pomeridiana)
Presidenza del Presidente
Antonino CARUSO
indi
del Vice Presidente
ZANCAN
La seduta inizia alle ore 14,30.
Interviene il sottosegretario per la giustizia Valentino.
IN SEDE REFERENTE
(omissis)
(800) MEDURI ed altri. – Norme per contrastare la manipolazione psicologica
(1777) ALBERTI CASELLATI. – Disposizione concernenti il reato di manipolazione mentale
- e petizione n. 105 ad essi attinente.
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)
Riprende l'esame congiunto dei disegni di legge in titolo, sospeso nella seduta del 10 febbraio scorso.
Il relatore ZICCONE (FI) presenta - e la Commissione ammette - l'emendamento 1.100 sottolineando come tale proposta emendativa intenda tener conto dei diversi spunti emersi nel corso del dibattito, nella prospettiva di definire la nuova fattispecie incriminatrice in discussione in modo tale da assicurare la necessaria determinatezza della stessa, da un lato, e, dall'altro, fornire una risposta alle esigenze di tutela che la caducazione della norma sul reato di plagio, conseguente alla sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 1981, ha in progresso di tempo evidenziato. Il relatore prosegue sottolineando che gli elementi qualificanti della proposta da lui elaborata vanno individuati nel riferimento alle "tecniche di condizionamento della personalità o di persuasione" - che costituiscono il connotato essenziale della condotta considerata - nonché, soprattutto, nell'evento criminoso che si sostanzia nel porre taluno "in uno stato di durevole soggezione tale da escludere o da limitare grandemente la libertà di autodeterminazione". Per quel che concerne in particolare quest'ultimo aspetto, va sottolineato come l'ipotesi in cui sia grandemente limitata la libertà di autodeterminazione non dovrebbe prestarsi ad obiezioni sotto il profilo della determinatezza della fattispecie se si tiene conto che una valutazione di questo tipo già ricorre nel vigente quadro normativo nel caso del vizio parziale di mente.
Il presidente Antonino CARUSO si chiede se la disposizione del secondo comma del nuovo articolo 613-bis - come proposto con l'emendamento 1.100 - non potrebbe essere integrata con un riferimento anche all'ipotesi in cui il colpevole si è avvalso dell'uso di mezzi di comunicazione di massa.
Il relatore ZICCONE (FI) dichiara di condividere senz'altro la proposta testè avanzata dal Presidente.
Il senatore FASSONE (DS-U) sottolinea che il relatore, con la presentazione dell'emendamento 1.100, ha senz'altro realizzato una valida sintesi delle indicazioni fin qui emerse nel corso del dibattito, rimanendo però a suo avviso alcuni profili sui quali è necessario un ulteriore approfondimento. In particolare, va richiamata con forza l'attenzione sull'esigenza di delimitare i confini della nuova fattispecie incriminatrice in modo da evitare che essa possa finire per ricomprendere fenomeni rispetto ai quali la previsione di un sanzione penale sarebbe del tutto inimmaginabile - si pensi ad esempio alla situazione di una persona i cui comportamenti sono condizionati da una forte suggestione religiosa - e da questo punto di vista, anche alla luce di uno spunto contenuto nella citata sentenza n. 96 del 1981, sembrerebbe preferibile che nell'emendamento 1.100 si facesse riferimento non a "tecniche di persuasione" ma a "tecniche di suggestione".
Un altro profilo su cui sarà indispensabile una particolare attenzione è poi quello concernente il rapporto fra la nuova fattispecie incriminatrice e la figura generale del tentativo.
Il senatore ZANCAN (Verdi-U) riterrebbe auspicabile una diversa impostazione della norma incriminatrice che facesse perno sul concetto di sfruttamento della dipendenza psicologica o fisica della persona che è vittima della condotta delittuosa. Una soluzione di questo tipo sarebbe infatti, a suo avviso, maggiormente rispondente al principio costituzionale di determinatezza delle fattispecie incriminatrici.
Prende quindi la parola il senatore Luigi BOBBIO (AN), il quale, dopo aver sottolineato l'estrema delicatezza della materia oggetto del disegno di legge in titolo ed avere espresso qualche perplessità sulla proposta contenuta nell'emendamento 1.100 per il fatto che la stessa gli appare eccessivamente centrata sulla figura del soggetto passivo della condotta, richiama con forza l'attenzione sull'esigenza di inserire comunque fra gli elementi costitutivi della nuova previsione incriminatrice il riferimento alla nozione di vantaggio "ingiusto", eventualmente anche di tipo non patrimoniale, che dovrà rappresentare il fine perseguito mediante la condotta delittuosa. E' infatti convinto che solo inserendo questo ulteriore elemento sarà possibile circoscrivere adeguatamente i confini della nuova ipotesi incriminatrice ed individuare un soddisfacente punto di equilibrio fra le esigenze di tutela alla medesima sottese e l'irrinunciabile tutela dei diritti di libertà costituzionalmente garantiti.
Il senatore CALLEGARO (UDC), dopo aver osservato che l'indicazione del fine di commettere un reato e quella dello sfruttamento della situazione di dipendenza sono contenute esclusivamente nella definizione dell'ipotesi aggravata, ritiene condivisibile la fattispecie di cui al primo comma del nuovo articolo 613-bis, in quanto tutela un bene meritevole di protezione qual é l'interesse alla libertà di autodeterminazione, indipendentemente da ulteriori specificazioni.
Il relatore ZICCONE (FI), alla luce di alcuni spunti emersi nel corso del dibattito, modifica l'emendamento 1.100 riformulandolo nell'emendamento 1.100 (testo 2).
Ha quindi la parola il senatore FEDERICI (FI) che si chiede se nell'ambito della fattispecie, così come risulta delineata dall'emendamento del relatore, non possano rischiare di essere ricompresse anche tutte quelle situazioni, da ritenersi senza dubbio lecite, che sono tipiche e normali del rapporto tra genitori e figli minori, esprimendo al riguardo una certa preoccupazione per quella che ritiene una possibile lettura dell'emendamento ed invitando ad una riconsiderazione della formulazione dello stesso, alla luce della preoccupazione rappresentata.
Seguono brevi interventi del senatore FASSONE (DS-U) - il quale si chiede se il riferimento da un lato all'impiego di "tecniche di condizionamento della personalità" e dall'altro allo "stato di durevole soggezione", contenuto nell'emendamento del relatore, non siano di per sé sufficienti ad escludere le preoccupazioni espresse dal senatore Federici - del senatore ZANCAN (Verdi-U) - che richiama l'attenzione ancora una volta sulla rilevanza che l'impiego dei mezzi di comunicazione ha nella configurazione della fattispecie in esame - ed infine del senatore Luigi BOBBIO (AN), il quale ritiene che l'accoglimento del suo suggerimento diretto a introdurre nella disposizione, per la configurabilità del reato, l'aver conseguito un vantaggio ingiusto potrebbe anche soddisfare l'esigenza rappresentata dal senatore Federici.
Su proposta del presidente ZANCAN, la Commissione conviene quindi di fissare il termine per la presentazione di eventuali subemendamenti all'emendamento 1.100 (testo 2) a martedì 24 febbraio, alle ore 20.
Il seguito dell'esame congiunto è infine rinviato.
La seduta termina alle ore 16,15.
Emendamenti al disegno di legge n. 1777
1.100
IL RELATORE
Art. 1
Sostituire l'articolo con il seguente:
"Art. 1
Dopo l'articolo 613 del codice penale è inserito il seguente: 'Art. 613-bis. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque mediante tecniche di condizionamento della personalità o di persuasione praticate con mezzi fisici o psicologici, pone taluno in uno stato di durevole soggezione tale da escludere o da limitare grandemente la libertà di autodeterminazione è punito con la reclusione da due a cinque anni.
Se il fatto è commesso nell'ambito di un gruppo che promuove attività finalizzate a creare o sfruttare la dipendenza psicologica o fisica delle persone che vi partecipano, ovvero se il colpevole ha agito al fine di commettere un reato, le pene di cui al primo comma sono aumentate da un terzo alla metà.'."
1.100 (testo 2)
IL RELATORE
Sostituire l'articolo con il seguente:
"Art. 1
Dopo l'articolo 613 del codice penale è inserito il seguente: 'Art. 613-bis. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque mediante tecniche di condizionamento della personalità o di suggestione praticate con mezzi fisici o psicologici, pone taluno in uno stato di soggezione continuativa tale da escludere o da limitare grandemente la libertà di autodeterminazione è punito con la reclusione da due a cinque anni.
Se il fatto è commesso nell'ambito di un gruppo che promuove attività finalizzate a creare o sfruttare la dipendenza psicologica o fisica delle persone che vi partecipano, ovvero se il colpevole ha agito al fine di commettere un reato, le pene di cui al primo comma sono aumentate da un terzo alla metà.'."
GIUSTIZIA (2a)
GIOVEDI' 4 MARZO 2004
321a Seduta (antimeridiana)
Presidenza del Presidente
Antonino CARUSO
La seduta inizia alle ore 8,40.
IN SEDE REFERENTE
(omissis)
(800) MEDURI ed altri. – Norme per contrastare la manipolazione psicologica
(1777) ALBERTI CASELLATI. – Disposizione concernenti il reato di manipolazione mentale
- e petizione n. 105 ad essi attinente.
(Seguito e conclusione dell'esame congiunto)
Riprende l'esame congiunto dei disegni di legge in titolo, sospeso nella seduta pomeridiana del 17 febbraio scorso.
Si prosegue nell'esame degli emendamenti, nonché dei subemendamenti riferiti all'emendamento 1.100 (testo 2) già pubblicato in allegato al resoconto della seduta pomeridiana di martedì 17 febbraio 2004.
Il senatore FASSONE (DS-U) illustra i subemendamenti 1.100 (testo 2)/1, 1.100 (testo 2)/2, 1.100 (testo 2)/4 e 1.100 (testo 2)/6. In merito alla prima di tali proposte il senatore Fassone osserva che essa è volta, sostituendo la parola "fisici" con l'altra "materiali", ad ampliare l'ambito di applicazione della nuova fattispecie anche all'ipotesi in cui siano utilizzati mezzi diversi da quelli fisici, come, ad esempio, quelli chimici. Il subemendamento 1.100 (testo 2)/2 intende invece circoscrivere ulteriormente la portata della norma incriminatrice in questione definendo l'elemento soggettivo del reato in termini di dolo specifico. Infine il subemendamento 1.100 (testo 2)/4 eleva la pena massima prevista da cinque a sei anni soprattutto al fine di rendere possibile, in fase di indagini, il ricorso alle intercettazioni telefoniche.
Il senatore CALLEGARO (UDC) rinuncia a illustrare gli emendamenti 1.100 (testo 2)/3 e 1.100 (testo 2)/5.
Dopo un breve intervento del senatore GUBETTI (FI) - che rispetto al subemendamento 1.100 (testo 2)/1 riterrebbe preferibile si facesse esplicito riferimento all'uso di mezzi chimici - il relatore ZICCONE (FI) esprime parere favorevole sul subemendamento 1.100 (testo 2)/1, non condividendo le considerazioni testé svolte dal senatore Gubetti, mentre si rimette alla Commissione sul subemendamento 1.100 (testo 2)/2, pur manifestando una personale preferenza al mantenimento sul punto della soluzione contenuta nell'emendamento 1.100 (testo 2) in quanto ritiene che la configurazione dell'elemento soggettivo in termini di dolo specifico potrebbe, in taluni casi, implicare eccessive difficoltà sul versante dell'accertamento processuale dei fatti.
Il senatore CALLEGARO (UDC), recependo un suggerimento del senatore ZICCONE (FI), modifica il subemendamento 1.100 (testo 2)/3 nel subemendamento 1.100 (testo 2)/3 (nuovo testo), di contenuto identico al subemendamento 1.100 (testo 2)/4.
Il relatore ZICCONE (FI) esprime quindi parere favorevole sul subemendamento testé riformulato dal senatore Callegaroe sul subemendamento 1.100 (testo 2)/4, nonché sul subemendamento 1.100 (testo 2)/6. Il parere è invece contrario sul subemendamento 1.100 (testo 2)/5.
Dopo che il presidente Antonino CARUSO ha constatato la presenza del numero legale, posto ai voti, è approvato l'emendamento 1.100 (testo 2)/1.
Posto ai voti, è respinto il subemendamento 1.100 (testo 2)/2.
Posto ai voti, è approvato il subemendamento 1.100 (testo 2)/3 (nuovo testo), di contenuto identico al subemendamento 1.100 (testo 2)/4.
Posto ai voti, è respinto il subemendamento 1.100 (testo 2)/5.
Posto ai voti, è approvato il subemendamento 1.100 (testo 2)/6.
Si passa alla votazione dell'emendamento 1.100 (testo 2), modificato dai subemendamenti, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 1777.
Il senatore MEDURI (AN) annuncia il voto favorevole essendo fortemente atteso l'intervento legislativo che la Commissione si accinge a licenziare in prima lettura in sede referente. Ciò premesso, non può però non rilevare come avrebbe preferito che nella nuova norma incriminatrice venissero previste pene più alte in considerazione della significativa gravità dei comportamenti considerati.
Manifesta infine il proprio disappunto per il fatto che la Commissione ha assunto come testo base il disegno di legge n. 1777, nonostante il disegno di legge n. 800, di cui egli è primo firmatario, sia stato presentato precedentemente.
Il presidente Antonino CARUSO fa presente al senatore Meduri che, se anche la Commissione ha preferito assumere, in sede di esame dei disegni in titolo, come testo base il disegno di legge n. 1777, la stessa Commissione poi, di fatto, è pervenuta all'approvazione di un testo che costituisce una completa riscrittura di entrambi i disegni di legge.
Il senatore FASSONE (DS-U) annuncia, per così dire, "provvisoriamente", la sua astensione sul disegno di legge in titolo, in quanto non ritiene sia stata pienamente soddisfatta l'esigenza di delineare la nuova fattispecie incriminatrice in termini coerenti con il principio di determinatezza delle norme penali.
La senatrice ALBERTI CASELLATI (FI) annuncia il voto favorevole ritenendo di grande rilievo un'iniziativa della Commissione che si muove nella prospettiva di colmare un grave vuoto legislativo nell'ambito dell'ordinamento e manifestando, però, perplessità per il fatto che i livelli edittali di pena sono stati, a suo avviso, ridotti in maniera eccessiva rispetto alle proposte originarie.
Il senatore TIRELLI (LP), nell'annunciare anch'egli il voto favorevole, è invece convinto che la Commissione abbia elaborato una soluzione equilibrata, quanto mai opportuna in una materia delicata come quella oggetto dei disegni di legge in titolo.
Il senatore CALLEGARO (UDC) annuncia il voto favorevole manifestando comunque un certo rammarico per la mancata approvazione del subemendamento 1.100 (testo 2)/5.
Posto ai voti, è approvato l'emendamento 1.100 (testo 2), come modificato dal subemendamento.
Risultano conseguentemente preclusi i restanti emendamenti riferiti all'articolo unico del disegno di legge n. 1777.
La Commissione conferisce infine mandato al relatore Zicconea riferire in senso favorevole sul disegno di legge n. 1777, autorizzandolo a proporre in esso l'assorbimento del disegno di legge n. 800 e della petizione n. 105 ad essi attinente, ad effettuare gli interventi di coordinamento formale eventualmente necessari, e a richiedere lo svolgimento della relazione orale.
AFFARI COSTITUZIONALI (1a)
Sottocommissione per i pareri
MARTEDI’ 3 FEBBRAIO 2004
166ª seduta
Presidenza del Presidente
FALCIER
Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gagliardi.
La seduta inizia alle ore 14,30.
(omissis)
(1777) ALBERTI CASELLATI. - Disposizioni concernenti il reato di manipolazione mentale
(800) MEDURI ed altri. - Norme per contrastare la manipolazione psicologica
(Parere alla 2ª Commissione. Esame congiunto. Parere non ostativo con osservazioni)
Il relatore BOSCETTO (FI) illustra i disegni di legge in titolo i quali, con formulazioni di contenuto sostanzialmente analogo, propongono l'introduzione di un nuovo articolo del codice penale volto a sanzionare ipotesi di "manipolazione mentale"; ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 96 del 1981, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 603 del codice penale, il quale prevedeva il reato di plagio, per violazione del principio di tipicità di cui all'articolo 25 della Costituzione. Ritiene che, malgrado quanto dichiarato nelle relazioni ai due disegni di legge e nonostante le sforzo di tipizzare le fattispecie di "manipolazione mentale", i due disegni di legge possano presentare aspetti problematici sotto tale profilo; rileva inoltre che essi individuano fattispecie che, alla luce delle vigenti norme del codice penale, possono essere ricondotte a ipotesi di circonvenzione d'incapace, di riduzione in schiavitù o di violenza privata.
Propone pertanto alla Sottocommissione di esprimere, per quanto di competenza, un parere non ostativo, osservando tuttavia che le disposizioni proposte dai disegni di legge in titolo possono presentare profili problematici quanto al rispetto del principio di tipicità della sanzione penale di cui all'articolo 25 della Costituzione e invitando la Commissione stessa a individuare una formulazione che delinei tale delitto con caratteri di maggiore differenziazione rispetto ad altre ipotesi già attualmente previste dal codice penale. Invita, altresì, la Commissione di merito a valutare l'opportunità di stabilire che le pene previste si applicano salvo che il fatto non costituisca più grave reato e di ridurre le pene previste, ovvero di sancire una migliore modulazione delle stesse.
La Sottocommissione concorda con la proposta del relatore.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾
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TESTO PROPOSTO DALLA 2ª COMMISSIONE PERMANENTE
(GIUSTIZIA)
Comunicato alla Presidenza l’8 marzo 2004
PER IL
DISEGNO DI LEGGE
Disposizioni concernenti il reato di manipolazione mentale (n.1777)
d’iniziativa della senatrice ALBERTI CASELLATI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 16 OTTOBRE 2002
———–
CON ANNESSO TESTO DEL
DISEGNO DI LEGGE
Norme per contrastare la manipolazione psicologica (n.800)
d’iniziativa dei senatori MEDURI, COZZOLINO, CRINÒ, BATTAGLIA Antonio, BEVILACQUA, SEMERARO, D’IPPOLITO VITALE, PELLICINI, CURTO, DEMASI, GRILLOTTI, ZAPPACOSTA, TOFANI, GENTILE, DEGENNARO, TREMATERRA e NOCCO
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 6 NOVEMBRE 2001
———–
del
quale la Commissione propone l’assorbimento
nel disegno di legge n.—1777
NONCHÉ SULLE
PETIZIONI
del signor Vincenzo Fontana (n.105)
PERVENUTA ALLA PRESIDENZA IL 5 NOVEMBRE 2001
———–
E
del signor Franco Friuli
PERVENUTA ALLA PRESIDENZA IL 12 DICEMBRE 2001
———–
PARERE DELLA 1ª COMMISSIONE PERMANENTE
(AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL’INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE)
sui disegni di legge nn.1777 e 800
(Estensore: Boscetto)
3 febbraio 2004
La Commissione, esaminati congiuntamente i disegni di legge, esprime, per quanto di competenza, un parere non ostativo, osservando tuttavia che le disposizioni proposte dai disegni di legge possono presentare profili problematici quanto al rispetto del principio di tipicità della sanzione penale di cui all’articolo 25 della Costituzione e invitando la Commissione stessa a individuare una formulazione che delinei tale delitto con caratteri di maggiore differenziazione rispetto ad altre ipotesi già attualmente previste dal codice penale. Invita, altresì, la Commissione di merito a valutare l’opportunità di stabilire che le pene previste si applicano salvo che il fatto non costituisca più grave reato e di ridurre le pene previste, ovvero di sancire una migliore modulazione delle stesse.
DISEGNO DI LEGGE |
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D’iniziativa della senatrice Alberti Casellati |
Testo proposto dalla Commissione |
—- |
—- |
Art. 1. |
Art. 1. |
1. Dopo l’articolo 613 del codice penale è inserito il seguente: |
1. Dopo l’articolo 613 del codice penale è inserito il seguente: |
«Art. 613-bis - (Manipolazione mentale). – Chiunque, con violenza, minacce, mezzi chimici, interventi chirurgici o pratiche psicagogiche di condizionamento della personalità, pone taluno in uno stato di soggezione tale da escludere la capacità di giudizio e la capacità di sottrarsi alle imposizioni altrui, al fine di fargli compiere un atto o determinare un’omissione gravemente pregiudizievoli, è punito con la reclusione da quattro a otto anni. |
«Art. 613-bis - (Manipolazione mentale). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, mediante tecniche di condizionamento della personalità o di suggestione praticate con mezzi materiali o psicologici, pone taluno in uno stato di soggezione continuativa tale da escludere o da limitare grandemente la libertà di autodeterminazione è punito con la reclusione da due a sei anni. |
Se il fatto è commesso nell’ambito di un gruppo che promuove attività che abbiano per scopo o per effetto di creare o sfruttare la dipendenza psicologica o fisica delle persone che vi partecipano, le pene di cui al primo comma sono aumentate di un terzo». |
Se il fatto è commesso nell’ambito di un gruppo che promuove o pratica attività finalizzate a creare o sfruttare la dipendenza psicologica o fisica delle persone che vi partecipano, ovvero se il colpevole ha agito al fine di commettere un reato, le pene di cui al primo comma sono aumentate da un terzo alla metà». |
|
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DISEGNO DI LEGGE
N. 800
D’iniziativa dei senatori Meduri ed altri
1. Chiunque, mediante violenza, minacce, suggestioni o con qualunque altro mezzo, condizionando e coartando la formazione dell’altrui volontà, pone taluno in uno stato di soggezione tale da escludere o limitare la libertà di agire, la capacità di autodeterminazione e quella di sottrarsi alle imposizioni altrui, è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
2. Costituisce aggravante se tramite i mezzi indicati al comma 1, la vittima è indotta a compiere atti lesivi o pericolosi per la propria o per l’altrui integrità fisica o psichica.
3. Se i fatti previsti nei commi 1 e 2 sono commessi in danno di persona minore di anni diciotto, la pena non può essere inferiore a dieci anni di reclusione.
Presentata dal signor Vincenzo Fontana
Il signor Vincenzo Fontana, di Lama Polesine (Rovigo), chiede l’adozione di norme più severe contro le attività tendenti a sfruttare la credulità altrui.
Presentata dal signor Franco Friuli
Il signor Franco Friuli, di Udine, chiede, a tutela del diritto alla salute, l’adozione di norme che limitino più rigorosamente l’utilizzazione dei mezzi di informazione per la pubblicità di maghi e guaritori.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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RESOCONTO STENOGRAFICO |
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GIOVEDÌ 16 GIUGNO 2005 (Antimeridiana)
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Presidenza del vice presidente SALVI, indi del vice presidente FISICHELLA |
(omissis)
Discussione dei disegni di legge:
(1777) ALBERTI CASELLATI. - Disposizioni concernenti il reato di manipolazione mentale
(800) MEDURI ed altri. - Norme per contrastare la manipolazione psicologica
(Relazione orale)(ore 12,13)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge nn. 1777 e 800.
Il relatore, senatore Ziccone, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.
Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.
ZICCONE, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge oggi all'esame del Senato colma, o per lo meno intende colmare, una lacuna che si era verificata nel nostro ordinamento a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 96 che nel 1981 aveva eliminato il delitto di plagio.
Le ragioni - non sto qui a ricordarle - erano ragioni di contrasto con i princìpi di tipicità e di tassatività delle norme penali. La fattispecie del delitto di plagio è stata considerata dalla Corte costituzionale troppo generica per poter rispondere ai requisiti di tipicità e di legittimità voluti dalla Costituzione italiana.
Questo però ha creato un vuoto legislativo che, nel tempo, è risultato essere sempre più grave e, infatti, in tempi recenti e in modo geometricamente progressivo, sono diventati sempre più frequenti, numerosi ed allarmanti episodi soprattutto di giovani, ma non soltanto giovani, la cui libertà di coscienza e la cui capacità (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente) di orientarsi nel mondo, di essere oggettivamente capaci di esercitare le loro funzioni e il loro libero arbitrio sono state sempre più oggetto di atti violenti, o comunque, attraverso sistemi molto subdoli, rese impossibili o difficili.
Questa piaga, che è stata rilevata da numerosissime associazioni di volontariato che hanno voluto essere ascoltate dalla Commissione giustizia, nella quale il dibattito su questa norma è stato lungo e sotto certi aspetti anche complicato, hanno sottolineato come soprattutto nell'Italia del Nord, ma anche in altre parti d'Italia, venissero organizzate delle vere e proprie sette o pseudo-organizzazioni religiose, ma tali solo dal punto di vista del nome o formale e non anche sostanziale, che per l'appunto finivano con l'irretire molti giovani.
La Commissione ha anche voluto, nelle sue audizioni, conoscere i casi concreti, verificare ciò che si era realizzato al riguardo ed è rimasta colpita dalla circostanza che quei pochi procedimenti penali che erano stati instaurati si erano conclusi con provvedimenti in cui l'autorità giudiziaria segnalava al legislatore la lacuna verificatasi a seguito della sentenza della Corte costituzionale, ma anche che non riusciva a punire (così veniva detto espressamente in questi precedenti giudiziari) perché mancava, per l'appunto, una norma sufficientemente certa, applicabile ai casi esaminati.
Per soddisfare queste esigenze, sono stati presentati numerosi disegni di legge. Il primo dal senatore Meduri, che ha suscitato grande interesse nella Commissione e che ha costituito, in un certo senso, il precedente su cui si è inserito poi il disegno di legge della senatrice Alberti Casellati, il quale, per l'impianto chiaro e già abbastanza orientato alla certezza dei confini della fattispecie, ha costituito l'oggetto di esame principale da parte della Commissione.
Il disegno di legge sostanzialmente opera su vari piani per raggiungere quel minimo di certezza del diritto indispensabile per non ricadere nelle sanzioni della Corte costituzionale e non essere, ad avviso mio e della Commissione, tale da infrangere quel limite minimo di certezza e di tassatività voluto dalla nostra Costituzione. Innanzitutto, per quel che riguarda i mezzi e i modi attraverso cui si produce il risultato, questi ultimi sono espressamente descritti: si deve trattare di violenza, di minacce, di mezzi chimici, di interventi chirurgici o pratiche psicologiche che devono essere tali da produrre un evento, anch'esso specificato e consistente nel condizionamento della personalità che si traduce in uno stato di soggezione tale da escludere la capacità di giudizio e la capacità di sottrarsi alle imposizioni altrui. Infine, è stato anche chiarito che si deve trattare di un evento che produce atti gravemente pregiudizievoli.
La pena prevista, data la gravità del reato, è da quattro a otto anni e poi, da un punto di vista di politica criminale per poter contrastare questo fenomeno, che - lo ripeto - soprattutto in alcune parti d'Italia ha assunto dimensioni allarmanti, si è prevista un'aggravante che stabilisce un aumento delle pene di un terzo nel caso in cui a promuovere queste attività siano stati gruppi che hanno proprio questo scopo e questa funzione.
Questa è la proposta che viene formulata dalla senatrice Alberti Casellati, a cui ha partecipato nella elaborazione in modo molto attivo la Commissione in tutte le sue componenti, sia di maggioranza sia di minoranza. Questo è stato lo sforzo, il tentativo di sottrarre - ripeto - questa norma ad un possibile vaglio di illegittimità costituzionale.
Devo anche dire che, nel corso di questi ultimi mesi, non appena si è conosciuta la presentazione in Senato di questo disegno di legge e la possibilità dell'approvazione dello stesso da parte dell'Aula, sono pervenute decine di messaggi di associazioni e centinaia, se non migliaia, di altri messaggi di persone e di famiglie che, incappate in questa situazione che sconvolge le comunità e le famiglie per la gravità di ciò che si è verificato e che continua a verificarsi, invocavano un rapido esame da parte del Senato.
Ovviamente, come relatore, mi associo a questa richiesta che parte - ripeto - da tanti cittadini e spero che il Senato voglia approvare questo disegno di legge, naturalmente apportando, qualora lo ritenga, quelle modifiche in grado di sconfiggere ulteriormente il pericolo di possibili vagli di illegittimità costituzionale, la sola preoccupazione, questa, che la Commissione ha affrontato.
ZANCAN (Verdi-Un). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, colleghi, malgrado l'orario non favorevole, devo chiedere la vostra attenzione, perché la questione di incostituzionalità che propongo è di estrema serietà, non per le mie parole, ma perché essa germina da una straordinaria sentenza della Corte costituzionale (precisamente la n. 96 del 9 aprile 1981, dovuta alla penna del giudice relatore Edoardo Volterra), nella quale, nell'espungere dal nostro sistema giuridico il reato di plagio, si sono fissati dei criteri assolutamente chiari, precisi, puntuali, di straordinaria esposizione e sostanza.
Noi dobbiamo sempre verificare, in materia di creazione di nuove fattispecie penali, se esse reggano il vaglio di quel principio fondamentale della nostra Carta costituzionale fissato nell'articolo 25, dove - dicendolo in soldoni ed interpretando nella sostanza tale norma - si sancisce che qualsiasi fattispecie penale dalla quale consegua o possa conseguire privazione della libertà personale sia precisata in termini chiari, certi e avvertiti.
Sotto questo profilo, non posso non sottolineare in particolare alcune parole contenute nel testo proposto dalla Commissione (in particolare le seguenti: «tecniche di condizionamento praticate con mezzi psicologici», «stato di soggezione», «tecniche di suggestione»), al fine di verificare se abbiano o meno quella sufficiente determinazione richiesta dalla giurisprudenza costituzionale, e in particolare dalla sentenza che ho citato.
Vedete, signori colleghi, quando le sentenze sono ben scritte, il richiamo non può che essere letterale. In particolare, voglio richiamare quanto affermato nella sentenza n. 96, che raccomando all'attenzione dei colleghi, la quale si esprime in questi termini: «In riferimento all'art. 25 della Costituzione questa Corte ha più volte ripetuto che a base del principio invocato sta in primo luogo l'intento di evitare arbitri nell'applicazione di misure limitative di quel bene sommo ed inviolabile costituito dalla libertà personale. Ritiene quindi la Corte che, per effetto di tale principio, onere della legge penale sia quello di determinare la fattispecie criminosa con connotati precisi in modo che l'interprete, nel ricondurre un'ipotesi concreta alla norma di legge, possa esprimere un giudizio di corrispondenza sorretto» - sentite, signori colleghi, come ci si esprime bene in questa sentenza - «da fondamento controllabile».
Allora, se questo è il parametro di verifica, dobbiamo vedere se a tale parametro di verifica reggono i termini che ho citato.
Quanto sto dicendo riguarda un problema che si era ben posto lo stesso relatore, senatore Ziccone, introducendo il disegno di legge in Commissione, quando sosteneva che appare necessario evitare il riproporsi di quelle censure che circostanziano nel difetto di tassatività che la Corte costituzionale aveva avuto occasione di rilevare.
Quindi, posto questo problema, noi dobbiamo verificare se termini quali quello che ho citato, ovverosia il termine «suggestione» nel testo proposto dalla Commissione, ovvero il termine «stato di soggezione» nel testo proposto dal disegno di legge originario, reggano al vizio di costituzionalità rispetto al principio fondamentale dell'articolo 25 della Costituzione.
Qui, signori colleghi, mi conforta e mi sorregge, in quanto sto dicendo, quella famosissima, fondamentale, illustre sentenza perché, quando la dottrina e l'intelligenza giuridica si associano ad una sostanziale applicazione dei principi, è giusto abusare negli aggettivi.
La Corte costituzionale in quella sentenza afferma che: «situazioni di dipendenza psichica possono anche raggiungere, per periodi più o meno lunghi, gradi elevati, come nel caso del rapporto amoroso, del rapporto fra il sacerdote e il credente, fra il Maestro e l'allievo, fra il medico e il paziente» e prosegue dicendo che: «è estremamente difficile se non impossibile individuare sul piano pratico e distinguere a fini di conseguenze giuridiche - con riguardo ad ipotesi come quella in esame - l'attività psichica di persuasione da quella anche essa psichica di suggestione», il che è letteralmente una critica all'utilizzo del termine «pratica di suggestione», che viene utilizzato nel testo di legge.
Allora qui non abbiamo il richiamo di una sentenza della Corte costituzionale ma abbiamo, ex professo, l'impossibilità di distinguere tra persuasione e suggestione e abbiamo quindi l'impossibilità che un termine quale quello di suggestione entri a far parte, carne e sangue, della fattispecie penale che, ripeto, deve essere avvertita da tutti i cittadini in termini chiari, positivi e determinati.
La Corte costituzionale, nella sentenza che io ho avuto l'onore di fare tessuto del mio discorso, riportando solo parole ben più autorevoli delle mie, su una norma indeterminata quale quella dell'articolo 603 del codice penale - ma vale anche, in utiliter, rispetto alla problematica che si pone con questo testo di legge - termina sostenendo che: «Giustamente essa è stata paragonata ad una mina vagante nel nostro ordinamento, potendo essere applicata a qualsiasi fatto che implichi dipendenza psichica di un essere umano da un altro essere umano».
Allora, va bene la punizione anticipata di fatti di dipendenza, ma bisogna che per questa dipendenza, che diventa una soggezione continuativa (perché certamente non può essere una soggezione temporanea), vengano specificati i mezzi di induzione in questa soggezione attraverso una precisa elencazione di fattispecie che certamente non possono rientrare in quel condizionamento e/o pratiche psicologiche di condizionamento della personalità che non è accettabile come mezzo di definizione di fattispecie di reato perché è assolutamente indeterminato e generico.
Non soltanto, dunque, si vuole introdurre nell'ordinamento un reato a condotta libera, e questo forse su un piano sistematico potrebbe anche essere accettato, ma da questa condotta libera non consegue un risultato precisato e precisabile in termini di certezza. Allora, la condotta libera non può portare ad un risultato imprecisato e imprecisabile: la soggezione è, sul piano penalistico, un qualcosa che non è afferrabile. Deve essere afferrato - ripeto - in termini positivi, perché da essa può discendere quella limitazione del bene assolutamente sacro e sommo che è la libertà personale.
Abbiamo cominciato un percorso in sede di Commissione di cui vorrei ora verificare l'esito. Ebbene, la verifica di tale percorso, sia nel testo del disegno di legge sia in quello proposto dalla Commissione non regge al vaglio di un esame e di una verifica rispetto all'articolo 25 della Costituzione.
Attenzione, non stiamo discutendo di qualcosa che abbia soltanto valenza politica o sociale, ma di qualcosa che ha certamente valenza costituzionale. In sostanza - e chiudo la mia proposizione di eccezione - stiamo discutendo della necessità di verificare se proporre al giudice penale, chiamato ad applicare la legge, qualcosa i cui criteri sfuggano a qualsiasi discrezionalità applicativa e siano quindi prefissati, certi, sicuri sia per il giudice che deve applicare la legge sia per il cittadino italiano a cui sempre dobbiamo fare riferimento.
Per queste ragioni, scusandomi per il tempo utilizzato, ribadisco che la questione non è importante bensì importantissima per quella civiltà che riteniamo debba esistere in materia di valutazione penalistica. (Applausi dal Gruppo Verdi-Un e del senatore Calvi).
PRESIDENTE. Ricordo che, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, nella discussione sulla questione pregiudiziale, può prendere la parola non più di un rappresentante per Gruppo per non più di dieci minuti.
BRUTTI Massimo (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, vorrei esprimere brevemente le ragioni che mi inducono a sostenere una questione pregiudiziale sul disegno di legge al nostro esame; una pregiudiziale che ruota intorno alla valutazione, di cui sono convinto, che la formulazione di questo disegno di legge contraddica il principio di tassatività che deve accompagnare la formulazione delle fattispecie penali.
Ricordo che la sentenza della Corte costituzionale, della quale fu estensore Edoardo Volterra, muoveva proprio dal raffronto tra la vecchia norma penale sul plagio e gli articoli 25 e 21 della Costituzione della Repubblica.
Per la verità, leggendo la norma oggi in discussione e in particolare facendo emergere alcuni aspetti della fattispecie penale qui delineata in forma composita, mi trovo di fronte ad una reintroduzione, con altre parole ma poi non tanto diverse rispetto all'originale, del vecchio reato di plagio del codice penale del 1930.
Infatti, si afferma che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, mediante tecniche di suggestione praticate con mezzi psicologici, pone taluno in uno stato di soggezione continuativa tale da escludere o da limitare grandemente la libertà di autodeterminazione, è punito con la reclusione da due a sei anni. Quindi, si parla di pratiche psicologiche che è difficile individuare nella loro materialità e circoscrivere nella loro oggettività e si parla di uno stato di soggezione continuativa.
Il pensiero europeo da molti secoli ha svolto una riflessione analitica sulle differenze e sulle somiglianze che esistono tra suggestione e persuasione. Anzi, se vogliamo andare alle origini, ossia alla prima rigorosa determinazione della comunicazione sotto la forma del dialogo, con il pensiero di Socrate, quando in sostanza nella cultura occidentale nasce la figura del dialogo (figura che accompagnerà il discorso sociale fino ad oggi), il potere politico che si difende contro le potenzialità eversive del dialogo, assimila la persuasione, della quale Socrate stesso è protagonista nei confronti dei suoi allievi, non solo alla suggestione ma anche alla corruzione. Socrate sarà costretto da una sentenza, alla quale poteva pure sottrarsi ma che invece accetta, a bere la cicuta, essendo nei suoi confronti irrogata la sanzione massima. Ciò in quanto nel dialogo, nella persuasione il potere politico vedeva, in quel momento, non solo una suggestione, una coazione psicologica, ma anche una corruzione.
In realtà, siamo di fronte a due schemi concettuali - la suggestione e la persuasione - che si sovrappongono continuamente nella storia del pensiero europeo. Se sfogliate le pagine dell'Auctor ad Herennium (siamo molto lontani nel tempo), potete vedere che la descrizione delle tecniche argomentative, impiegate soprattutto nel campo giudiziario, non consente una netta distinzione tra le nozioni di persuasione e suggestione. Anzi, nella retorica romana una teoria delle prove prevedeva la distinzione tra probationes artificiales - gli argomenti che tendevano non solo a persuadere, ma, in quanto non erano strumenti razionali, anche ad influenzare e a suggestionare il giudice - e probationes inartificiales, che erano le prove oggettive collocate nella dottrina retorica sullo stesso piano delle prime.
Ebbene, con tutti i tentativi di distinzione analitica che si sono susseguiti, e dei quali ancora oggi possiamo cogliere un'ombra o un riflesso nella enumerazione di ipotesi e di schemi concettuali messi l'uno a fianco all'altro in questa norma, la distinzione tra suggestione e persuasione (cioè tra attività volte ad influenzare l'altro attraverso lo strumento del linguaggio, stabilendo una comunicazione che ha uno spessore psicologico ed emotivo) non giunge mai ad una precisa regolazione di confini. Si passa indistintamente dalla persuasione alla suggestione. Si torna indietro alla persuasione ed è del tutto vano cercare su questa base di immaginare uno stato psicologico che scientificamente non può essere provato ed individuato e che sarebbe quello della soggezione continuativa.
Il fondamento di questa norma è inesistente, nel senso che essa non circoscrive una porzione di realtà definita ed oggettivamente riscontrabile. Essa, in sostanza, non corrisponde al principio di tassatività che deve essere proprio della previsione penale.
Del resto, le argomentazioni che possiamo usare oggi per sostenere la non rispondenza alla Costituzione di questa norma enucleata come prima io stesso ho fatto, ossia sfrondata da una serie di ipotesi allineate insieme ed aggiunte all'ipotesi centrale, assai vaga del rapporto psicologico, si ritrovano pari pari nella sentenza della Corte costituzionale, di cui vi parlavo prima.
Essa, fra l'altro, afferma: "Fra individui psichicamente normali, l'esternazione da parte di un essere umano di idee e di convinzioni su altri esseri umani può provocare l'accettazione delle idee e delle convinzioni così esternate e dar luogo ad uno stato di soggezione psichica nel senso che questa accettazione costituisce un trasferimento su altri del prodotto di un'attività psichica dell'agente e pertanto una limitazione del determinismo del soggetto.
Questa limitazione, come è stato scientificamente individuato ed accertato, può dar luogo a tipiche situazioni di dipendenza psichica che possono anche raggiungere, per periodi più o meno lunghi, gradi elevati, come nel caso del rapporto amoroso, del rapporto fra il sacerdote ed il credente, fra il Maestro e l'allievo, fra il medico e il paziente ed anche dar luogo a rapporti di influenza reciproca. Ma è estremamente difficile se non impossibile individuare sul piano pratico e distinguere a fini di conseguenze giuridiche - con riguardo ad ipotesi come quella in esame - l'attività psichica di persuasione da quella anche essa psichica di suggestione".
Questa difficoltà insuperabile a stabilire confini è una riprova evidente dell'assenza di tassatività della norma di cui stiamo discutendo. Continua la sentenza: "Non vi sono criteri sicuri per separare e qualificare l'una e l'altra attività e per accertare l'esatto confine fra esse. L'affermare che nella persuasione il soggetto passivo conserva la facoltà di scegliere in base alle argomentazioni rivoltegli ed è pertanto in grado di rifiutare e criticare, mentre nella suggestione la convinzione avviene in maniera diretta e irresistibile, profittando dell'altrui impossibilità di critica e scelta, implica necessariamente una valutazione non solo dell'intensità dell'attività psichica del soggetto attivo, ma anche della qualità e dei risultati di essa". Valutazione incerta, sulla base di criteri labili.
Si potrebbe andare avanti. Invito i colleghi alla lettura di questa sentenza che, tra l'altro, contiene uno squarcio di storia giuridica ancora oggi attualissima, e serve a dimostrare quanto la norma in discussione si allontani dai princìpi costituzionali, poiché, per la parte che ho richiamato e cioè per quella ipotesi che fa riferimento ad un esclusivo rapporto sul piano psicologico, ricade sotto gli stessi motivi di censura che erano propri del ricorso avverso la norma disciplinatrice del reato di plagio.
Per queste ragioni, signor Presidente, chiedo ai colleghi di valutare con serenità e di votare a favore della pregiudiziale di incostituzionalità che è stata sollevata.
ZICCONE, relatore. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZICCONE, relatore. Signor Presidente, le eccezioni che sono state avanzate sul piano della legittimità costituzionale sostanzialmente ribadiscono quello che è stato detto poc'anzi e con particolare e colta argomentazione dal senatore Brutti.
Nessuno nega che questa tipologia di reati è sempre delicata e richiede un approfondimento per vedere che cosa è veramente accaduto nella psiche della cosiddetta vittima o persona offesa. Il discorso riguarda la formula trovata dopo attenta considerazione e studio dei precedenti giurisprudenziali e soprattutto della sentenza della Corte costituzionale che è stata richiamata dal collega Brutti, le precisazioni di questa fattispecie e gli eventuali possibili miglioramenti.
Il collega Brutti dispera in ordine al possibile risultato di avere una normativa e una fattispecie che rispondano ai requisiti di tassatività e di legalità; egli risponde sostanzialmente a quelle grida di allarme che vengono dalle stesse sentenze della giurisprudenza in questo modo: si tratta di materia delicata, ove è difficile individuare il limite e, poiché è difficile individuare il limite - mi permetto di banalizzare il discorso del collega - pazienza, avremo gli inconvenienti che si verificano in questo momento.
È proprio questo che la Commissione ha voluto evitare, proprio a questo risultato non si rassegna chi ha proposto e sostenuto il disegno di legge. Possiamo e dobbiamo, anche in riferimento ai progressi della scienza e della psicologia negli ultimi decenni, trovare formulazioni che consentano di non incorrere almeno negli inconvenienti più gravi che si verificano in questo campo. È forse sfuggita la considerazione di un inciso, nel testo originario, che non solo prevede tipologie di comportamento specificamente individuate, ma alla fine parla anche di un risultato psicologico, quello di una soggezione tale da escludere la capacità di giudizio e la capacità di sottrarsi alle imposizioni altrui.
Allora, il discorso qui è molto semplice: la scienza afferma che questi risultati possono essere colti proprio attraverso strumenti e analisi psicologiche. Probabilmente, nella maggior parte di questi procedimenti, se non proprio in tutti, qualora sarà approvata questa legge, avremo la necessità di ricorrere a periti, ad ausiliari del giudice, ma sarà certamente possibile arrivare a queste conclusioni.
Per le ragioni indicate ritengo che debba essere respinta la pregiudiziale di costituzionalità.
PRESIDENTE.Passiamo alla votazione della questione pregiudiziale.
Verifica del numero legale
ZANCAN (Verdi-Un). Attesa l'importanza della decisione, chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE.Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
PAGANO (DS-U). Per quanti volete votare? Ditecelo!
PRESIDENTE. Il Senato non è in numero legale.
Colleghi, la seduta dovrebbe terminare alle ore 14 ma, considerate le sollecitazioni che provengono dalla maggioranza, la Presidenza apprezza le circostanze e rinvia il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.
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826aSEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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GIOVEDÌ 23 GIUGNO 2005 (Antimeridiana)
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Presidenza del presidente PERA, indi del vice presidente DINI |
(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1777) ALBERTI CASELLATI. - Disposizioni concernenti il reato di manipolazione mentale
(800) MEDURI ed altri. - Norme per contrastare la manipolazione psicologica
(Relazione orale)(ore 10,59)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1777 e 800.
Ricordo che nella seduta antimeridiana del 16 giugno il relatore ha svolto la relazione orale, è stata avanzata una questione pregiudiziale dal senatore Zancan sulla cui votazione è mancato il numero legale.
Passiamo dunque alla votazione della questione pregiudiziale.
BOCO (Verdi-Un). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOCO (Verdi-Un). Signor Presidente, le pongo un quesito sui disegni di legge che stiamo per esaminare, prima di passare alla loro votazione, e poi le chiederò anche di verificare la presenza del numero legale.
A proposito della relazione, ho rilevato un fatto singolare che sottopongo alla sua attenzione. Il senatore Ziccone, che è il relatore, ha fatto una relazione, che è stata stampata, che non si riferisce al testo che stiamo per votare, cioè a quello all'esame dell'Aula; egli, infatti, ha svolto una relazione sul testo della senatrice Alberti Casellati e non su quello licenziato dalla Commissione.
Le domando, quindi, se questo fatto singolare possa essere ammesso e attendo la sua decisione.
PRESIDENTE. Senatore Boco, prendo atto di quanto lei ha affermato. Su questo punto l'Aula si esprimerà, ma le ricordo che siamo in fase di votazione.
BOCO (Verdi-Un). Chiedo la verifica del numero legale.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
GARRAFFA (DS-U). Levate tutte quelle tessere! (Il senatore Garraffa si rivolge ai senatori della maggioranza).
PRESIDENTE. Senatore Garraffa, non può sostituirsi ai senatori segretari e alla Presidenza.
Senatore Garraffa, per quale motivo davanti a lei tre luci sono accese? Tolga almeno due tessere.
GARRAFFA (DS-U). Le faccia togliere lei!
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Il numero legale lo fanno quelli! (Il senatore Dalla Chiesa indica i banchi della maggioranza).
PRESIDENTE. Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1777 e 800
PRESIDENTE. Metto ai voti la questione pregiudiziale, presentata dal senatore Zancan.
Non è approvata.
Dichiaro aperta la discussione generale che, come convenuto, avrà luogo nella seduta antimeridiana di martedì prossimo.
Rinvio pertanto il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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828aSEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MARTEDÌ 28 GIUGNO 2005 (Antimeridiana)
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Presidenza del vice presidente SALVI, indi del vice presidente MORO e del vice presidente FISICHELLA
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(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1777) ALBERTI CASELLATI. - Disposizioni concernenti il reato di manipolazione mentale
(800) MEDURI ed altri. - Norme per contrastare la manipolazione psicologica
(Relazione orale) (ore 12,02)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1777 e 800.
Ricordo che nella seduta antimeridiana del 23 giugno è stata respinta una questione pregiudiziale ed è stata dichiarata aperta la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore Brutti Massimo. Ne ha facoltà.
BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, l'articolo 603 del codice penale, promulgato nel 1930, prevedeva e puniva - come è noto - il reato di plagio. Esso fu dichiarato, nel 1981, incostituzionale dalla sentenza n. 96 della Corte.
Ora il provvedimento che stiamo esaminando mira a reintrodurre nel diritto italiano lo stesso reato, con una formulazione appena un po' diversa.
Il Gruppo dei DS è fermamente contrario a questa proposta. Da un lato, noi siamo convinti che la norma, assai vaga nei suoi enunciati, sia in contrasto con l'articolo 25 della Costituzione, essendo la fattispecie delineata priva della necessaria tipicità. Dall'altro lato, crediamo che la norma esprima una non accettabile ingerenza autoritaria nei rapporti interpersonali.
La nozione di plagio è antica e la sua storia è strettamente connessa con la storia della schiavitù. Nel diritto romano il termine plagium indica un crimen, di cui una lex Fabia, fra III e II secolo avanti Cristo, aveva determinato i confini e la pena.
A cinque secoli di distanza, nell'età dei Severi, il giurista Ulpiano, in un libro di istruzioni e regole destinato ai magistrati-funzionari dell'Impero, espone puntualmente il contenuto dell'antica legge, trattandola come attuale. Scrive: «È responsabile in forza della legge Fabia chi abbia celato, incatenato o tenuto in catene, venduto o comprato un cittadino romano oppure uno schiavo che sia stato liberato in Italia, così come è responsabile chi sia stato complice in queste attività (…)». A questi è comminata la pena secondo il primo capo della legge. In base al secondo capo della stessa legge è responsabile chi abbia persuaso il servo altrui a fuggire dal padrone o chi contro il volere del padrone abbia dolosamente celato, venduto o comprato un servo altrui, ed ugualmente sono responsabili i complici.
Le parole «celare», «vincire» (tenere in catene), «emere» (comprare), «vendere», riferite ad un uomo libero, implicano la sua riduzione allo stato di servus. Nelle società premoderne è una condizione giuridicamente definita. Le parole «persuadere», «celare» (nascondere), «emere» (comprare), «vendere» sono riferite invece, nel secondo paragrafo del giurista, ad uno schiavo di cui si appropria l'autore del plagio (per utilizzarlo nel lavoro o per farlo oggetto di negozi giuridici). Anche qui si instaura, sulla base di un atto illecito, un rapporto identico a quello socialmente tipizzato e riconosciuto dai mores (i costumi) come potestas (potere) sul servo.
La repressione penale del crimen è posta a tutela del rapporto di schiavitù e dell'ordine che attorno ad esso si costruisce. Lo schiavo è una cosa diversa dalle altre perché pensa e parla. Io posso sottrarlo al dominus attraverso la persuasione. La sua scelta di fuggire dal dominus, di nascondersi, di venire con me può essere intellettualmente libera, ma costituisce comunque una trasgressione che spezza il rapporto di schiavitù, l'assolutezza del dominium e della potestas. Questo secondo il diritto romano.
Come è stato messo in luce nella sentenza della Corte, che nel 1981 ha fatto cadere l'articolo n. 603, la tradizione romanistica, vale a dire la scienza giuridica dell'Europa continentale che muoveva dai modelli del Corpus iuris civilis, ha continuato, dall'età di mezzo fino alle codificazioni moderne e contemporanee, ad ancorare saldamente la figura del plagio alla schiavitù.
Prima e per lungo tempo, il plagio è stato definito come illecita appropriazione di uno schiavo, o come assoggettamento di un uomo libero, obbligato al lavoro e fatto oggetto di commercio. Poi, dalla fine del '700, il significato di plagio nel linguaggio giuridico e negli enunciati normativi dei codici è cambiato: non più sottrazione di uno schiavo, ma soltanto riduzione dalla libertà in schiavitù.
Con le leggi che progressivamente hanno abolito la condizione servile, a partire dal 1791 in Francia fino alla Convenzione internazionale di Saint Germain del 1919, ed hanno vietato ogni forma schiavistica di produzione, la figura del plagio si è identificata nell'instaurazione di una relazione fattualmente identica a quella dominus-servus, ma ormai sotto ogni profilo illecita; una relazione che viene perseguita sul piano penale.
Questa identificazione tra plagio e riduzione in schiavitù, ben chiara nel codice penale italiano del 1889, cede il passo, nel codice Rocco del 1930, ad una figura inedita, nella quale si punisce chi esercita un potere su una persona con il risultato di assoggettarla a sé, ma senza giungere a qualcosa che rassomigli alla schiavitù. Qui non appare il concetto di riduzione in schiavitù che figura - come vedremo tra un momento - in un'altra norma del codice penale del 1930. Non c'è un dominio sull'altro, tale da dar luogo, come per i servi, alla costrizione, al lavoro coatto, a prestazioni imposte.
«Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione (…)»: queste sono le parole dell'articolo 603, ed esse non si riferiscono più alla schiavitù, ma piuttosto ad una specie di signoria mentale ed emotiva, ad un potere immateriale.
L'innovazione, che non ha precedenti in alcuna legislazione europea, né sembra essere stata ripresa da altri dopo il 1930, è scarsamente illustrata e motivata nella relazione del Guardasigilli al progetto definitivo del codice. Soprattutto, non viene spiegata la differenza tra questa norma e l'articolo 600 del codice penale che riguarda proprio l'imposizione di uno stato servile: «Chiunque riduce una persona in schiavitù, o in una condizione analoga alla schiavitù, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni» (così recitava il vecchio articolo 600).
Ma la differenza si ricava induttivamente. Se la soggezione totale di cui parla l'articolo 603 è cosa diversa da ogni possibile condizione analoga alla schiavitù, individuabile da parte del giudice e su cui egli può fondare una sentenza di condanna secondo l'articolo 600, allora bisogna pensare che questa soggezione, ricollegata invece al termine «plagio» nell'articolo 603, non riguardi casi di costrizione, di imposizione di prestazioni, di obbedienza obbligata, di lavoro coatto, ma piuttosto casi, assai ardui da definire con certezza, di influenza psicologica, di persuasione e di suggestione.
Insomma, la norma, se deve coprire un ambito diverso da quello disegnato nell'articolo 600, non può che applicarsi a relazioni interpersonali diverse dall'antico schema del dominio, nelle quali non si verifica alcuna coazione, ma vi è piuttosto un soggetto che guadagna la fiducia, l'attaccamento, il consenso di un altro. Il plagiato è maggiore di età, è libero, ma c'è un altro individuo che lo sovrasta e - per usare le parole di Alfredo Rocco - «si impadronisce completamente della sua personalità».
È proprio questo il contenuto specifico del reato di plagio, che la dottrina ha cercato di mettere a fuoco, senza superare mai l'incertezza di fondo della norma. Che cosa significa «impadronirsi di una personalità»? La scarsa giurisprudenza in materia ha insistito sull'idea del «dominio psichico» come elemento essenziale della fattispecie, ma non è mai riuscita a chiarire i confini di un dominio senza una coazione esterna e fisica.
Il disegno di legge che discutiamo esplicita questo significato, che è l'unico attribuibile alla norma incriminatrice del codice Rocco. Ripropone l'idea di un potere immateriale illecito; ipotizza la realizzazione, mediante tecniche di condizionamento della personalità o di suggestione praticata anche soltanto con mezzi psicologici, di uno stato di soggezione continuativa, che però non esclude la libertà di autodeterminazione (se la escludesse, infatti, saremmo di fronte ad una condizione analoga alla schiavitù). Alla fine, quindi, la soggezione si identifica in un mero stato psicologico. E tutto ciò viene denominato «manipolazione mentale».
Ma una tipizzazione del comportamento, nonostante l'abbondanza delle parole nel disegno di legge, è ben lontana dall'essere raggiunta. Come distinguere, infatti, la suggestione dalla persuasione? Nella realtà queste due forme di influenza sull'altro sono spesso tutt'uno. E come misurare la soggezione continuativa in cui dovrebbe trovarsi una persona, quando questa non è inferma né è affetta da deficienza psichica e non è stata privata della libertà? La continuità e la somiglianza rispetto all'articolo 603 del vecchio codice, dichiarato incostituzionale, sono del tutto evidenti. La nuova norma è simile alla vecchia ed è ugualmente in contrasto con la Costituzione.
Essa nasce con una pesante ipoteca: è la restaurazione di un potere di ingerenza dello Stato nei rapporti di comunicazione, di fiducia, di affetto, di devozione, di dedizione che si formano liberamente fra persone maggiori di età. Pensiamo alla influenza psicologica che si realizza con l'innamoramento, a quella del sacerdote sul fedele, del maestro sull'allievo, del medico sul paziente, dell'operatore sociale che dirige una comunità di recupero di tossicodipendenti sui giovani che lo seguono.
In ciascuna di queste relazioni la volontà di un soggetto può prevalere su quella dell'altro e possono crearsi fenomeni di suggestione e persuasione, tali da modificare i comportamenti e formare le personalità. Con la norma sulla manipolazione mentale, così come avveniva con quella del 1930 sul plagio (che forse era scritta meglio), lo Stato pretende di controllare e di interdire le forme più spiccate di influenza psicologica nei rapporti interpersonali, che evidentemente considera socialmente dannose e contrarie all'ordine, senza peraltro poter indicare un criterio certo di determinazione.
Non regge l'argomento di chi dice: con questa norma vogliamo colpire alcune cosiddette "sette", che sono in realtà congreghe di malfattori e che puntano a sfruttare per interessi economici e a fini di lucro l'assoggettamento di persone deboli.
Ebbene, le norme idonee a perseguire penalmente i comportamenti di questi gruppi e dei loro capi già esistono. C'è l'articolo 643 del codice penale (circonvenzione di persone incapaci), che in particolare può applicarsi se taluno induce un maggiore di età ad atti dannosi per lui o per altri, abusando della sua infermità o della sua deficienza psichica, anche se questi non sia interdetto né inabilitato. C'è l'articolo 640 (truffa). C'è l'articolo 600, di cui abbiamo già parlato, che prevede e punisce la riduzione in schiavitù o in una condizione analoga alla schiavitù. Questa norma esplicitamente estende l'azione penale a tutti i casi in cui una persona possa definirsi in condizione analoga alla schiavitù (ad esempio perché priva della libertà di locomozione o di corrispondenza con terzi).
Invece, se i reati che ho appena indicato non sono ravvisabili, se c'è soltanto una scelta libera del soggetto che si affilia al gruppo, ogni intervento penale porta con sé il rischio dell'arbitrio. Del resto, perseguendo penalmente chi seduce una persona maggiore di età, non otterremo il risultato di ricondurre questa persona allo stato psicologico, agli affetti, ai vincoli familiari che precedentemente erano i suoi.
Osservo, infine, che uno spazio interpretativo assai ampio rimane aperto in base alla norma dell'articolo 600. Al di là di questa possibile estensione del concetto di schiavitù in via analogica (per cui viene punito chi determina uno stato simile a quello servile), dare al giudice ancora più poteri di controllo nei rapporti interpersonali (attraverso la restaurazione del reato di plagio) significa creare le premesse per soluzioni oscillanti ed arbitrarie.
Né ha senso l'aggravante prevista per la manipolazione mentale commessa nell'ambito di un gruppo, dal momento che il reato a cui essa si riferisce è così sfuggente e indefinito.
Ma soprattutto, collega Ziccone, questo intervento repressivo per fattispecie che sono tutte rimesse all'interpretazione libera del giudicante presuppone un postulato ideologico. Presuppone il principio - autenticamente illiberale - secondo il quale deve essere lo Stato (in questo caso attraverso l'autorità giudiziaria) a stabilire di volta in volta i limiti entro i quali l'individuo libero può manifestare nel rapporto privato, fatto di comunicazioni ed emozioni con un altro individuo, la propria fede in quest'ultimo o nei suoi insegnamenti, il proprio amore, la propria identificazione ideale con l'altro. Così, insomma, lo Stato si fa portatore di una politica dei sentimenti, decide fin dove possano arrivare i rapporti affettivi ed invade con la norma penale la sfera della vita interiore dei singoli.
Noi consideriamo questo disegno di legge un'altra manifestazione della tendenza regressiva e delle pulsioni avverse ai princìpi e al dettato della Costituzione che prevalgono nella maggioranza di centro-destra e che hanno ispirato in questi anni la sua politica del diritto. Alla quale, signor Presidente, noi, con determinazione, ci opponiamo. (Applausi del senatore Castagnetti).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Zancan. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-Un). Lasciatemi dire, cari e pochi colleghi che assistete a questa discussione, che essa, fuor da ogni polemica, è molto più importante, sul piano della filosofia del diritto e sul piano del diritto penale, di quella che affronteremo con ben altri clamori e mediaticità nel pomeriggio di oggi.
La premessa dell'argomentare in questa materia è abbastanza ovvia: la salvaguardia del patrimonio psichico della persona, sia statico che dinamico, è certamente tutelata nell'articolo 2 della Carta costituzionale. Ma come si articola la libertà della persona?
Si articola anche nella volontà e nel desiderio di sottomettersi, nella libertà di sottomettersi ad idee, credenze, fedi e superstizioni perché - come ha scritto Dostoevskij - "La libertà è il bene sommo, ma anche il bene più difficile da sopportare".
Fra noi qualcuno ha certamente conosciuto parenti di malati terminali che hanno avuto desiderio di aiutarli con cure basate sulla superstizione. Questo rientra nella libertà della persona. Lo stesso Dostoevskij, con una espressione che sarà ripresa ed anzi sarà il tessuto di tutta la filosofia del Ventesimo secolo, ha utilizzato la straordinaria espressione secondo cui l'uomo ha diritto anche al disonore.
Fatta questa premessa sull'enorme estensione della manifestazione della libertà umana, dobbiamo affrontare in sede di discussione generale, e poi specificatamente in sede emendativa, il seguente problema: qual è il limite che il deterioramento indotto dalla capacità di autodeterminazione deve raggiungere per imporre la sanzione penale, deterioramento indotto dalla capacità di autodeterminazione.
Presidenza del vice presidente FISICHELLA(ore 12,21)
(Segue ZANCAN). Come ha già giustamente ricordato il collega Brutti, la tutela nella materia che ci occupa è assicurata da una pluralità numerosa e variegata di norme che sono per l'appunto quelle relative alla violenza privata, alla minaccia, al sequestro di persona, alle lesioni personali, alla circonvenzione di incapace, alla riduzione in schiavitù come limite massimo di privazione della libertà e di tutela penale.
Bisogna però prestare attenzione. Specie in materia di circonvenzione di incapace, la interpretazione giurisprudenziale si è ormai allontanata dal ritenere indispensabile, per il verificarsi della fattispecie, la presenza di una interdizione ed inabilitazione.
Ormai secondo la giurisprudenza applicabile è sufficiente qualsiasi sfruttamento della debolezza del soggetto passivo. Se volete, si tratta di una pericolosa genericità. Tuttavia, poiché il reato di circonvenzione di incapace è legato all'ottenimento di un atto di disposizione patrimonialmente vantaggioso e contestualmente svantaggioso per la persona offesa, attraverso questo elemento di fattispecie si garantisce la genericità di quello che può sembrare un troppo dilatato concetto dello sfruttamento della debolezza altrui.
Allora il Senato della Repubblica si accinge a verificare se sia il caso di formare una norma nuova in un campo che - ripeto - è penalisticamente presidiato da una pluralità di norme, interpretate anche estensivamente, come ho già ricordato. Una nuova struttura deve necessariamente rispettare il principio di determinatezza perché, se non lo fa, va a cozzare in modo inesorabile contro l'articolo 25 della Carta costituzionale.
Deve essere dunque una norma determinata, determinata nella comprensibilità da parte del giudice ma soprattutto da parte del cittadino. Su questo proprio non c'è alcuna possibilità di fare passi indietro.
La sentenza n. 96 del 1981, quella straordinaria sentenza cui tutti facciamo riferimento (anche perché straordinario fu il suo relatore, il professor Volterra) scolpisce la determinatezza di comprensibilità con una espressione che non posso non ricordare ai colleghi: deve verificarsi l'intellegibilità del precetto e quest'ultima deve realizzarsi - cito sempre la sentenza - in termini tali che il fenomeno ipotizzato dal legislatore sia effettivamente accertabile dall'interprete in base a criteri razionalmente ammissibili allo stato della scienza e dell'esperienza attuale.
Allora noi abbiamo tracciato il percorso e in termini così precisi, così lucidi, così chiari che non possiamo uscire fuori da questo terreno, tenendo conto che - come ricorda sempre la sentenza n. 96 del 1981 - è estremamente difficile, se non impossibile, distinguere, a fini di conseguenze giuridiche, l'attività psichica di persuasione da quella, anch'essa psichica, di suggestione.
È certo che sono distinguibili la persuasione e la suggestione, ma il problema non è distinguerle; il problema è distinguerle ai fini di conseguenze giuridiche e deve essere una comprensibilità non soltanto da parte del giudice, ma da parte di quei soggetti che sono chiamati a rispondere a una norma penale, sia che essi siano autori della violazione del patto sociale, sia che ne siano vittime. Il precetto deve essere compreso.
Se dunque questi sono i criteri che quella sentenza ha scolpito ormai da quasi 25 anni, come possiamo accettare che nel testo proposto - e cito indifferentemente sia il testo del disegno di legge, sia il testo uscito dall'elaborazione della Commissione - ci possano essere espressioni come: "tecniche di condizionamento della personalità"?
Come possiamo accettare che ci siano espressioni come: "suggestione praticata con mezzi materiali o psicologici? Cosa vuol dire questo, signor relatore? Come lo caliamo nella realtà della vita e poi del giudizio? Come possiamo parlare di una "soggezione continuativa"? Come possiamo parlare di "grave limitazione della libertà di autodeterminazione"? Cosa è comprensibile da tutto questo?
Sono tutti termini che sono utilizzati nel disegno di legge e che non individuano una fattispecie determinata né nei mezzi, né nei fini, né nelle conseguenze, né nella struttura, che sono indispensabili per l'individuazione della fattispecie. Continuo a pensare che nella materia, che pure ha suscitato le preoccupazioni che hanno dato luogo al progetto di legge, la via maestra per una corretta sanzionabilità sia quella della previsione della articolo 643 del codice penale nella interpretazione giurisprudenziale che ho detto.
Insomma, come primo approccio al problema, per concludere, la storia ci insegna che le più gravi compromissioni alla libertà si realizzano proprio in nome della tutela della libertà.
Con l'intento di tutelare la libertà di autodeterminazione questo testo di legge violenta la libertà, attraverso il recupero di una sanzione per fatti che, non incidendo in modo casualmente efficiente rispetto ad atti di disposizione vantaggiosa o svantaggiosa, finiscono per essere una anticipata sanzione, lasciata all'arbitrio interpretativo, non compresa dai cittadini, limitativa in modo violento dello stesso bene della libertà.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fassone. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, il tema affrontato dal disegno di legge in questione è uno dei più delicati dell'intero diritto penale, perché sono in campo diritti di libertà diversamente atteggiati e diversamente esposti a pericolo.
Da un lato c'è il diritto di espressione, di pensiero, di proselitismo religioso e politico, cioè i diritti di quello che potremmo chiamare l'attrattore o il sospetto plagiante, e ci sono anche i diritti di libertà del preteso plagiato, cioè il diritto di scelta religiosa e il diritto di scelta di vita, che magari comprendono aspetti di disciplina assai rigorosi e che quindi ne limitano molto la libertà, ma a seguito di una libera scelta.
Sul versante opposto ci sono i diritti di autodeterminazione del possibile plagiato e sono questi che rendono il mio intervento problematico, anche se sensibile - e molto sensibile - a tutte le considerazioni svolte dai senatori Brutti e Zancan.
Infatti, il problema, che è delicato, come ho detto, non può fare a meno di essere affrontato anche alla luce di alcuni fenomeni sociali nuovi, diffusi e inquietanti, tutti successivi alla nota sentenza della Corte costituzionale del 1981.
Intendo riferirmi alle associazioni parareligiose, che oggi si diffondono e che sono connotate da forti vincoli sugli associati; intendo parlare delle sette sataniche, delle quali le cronache hanno reso noti fenomeni cruenti e raccapriccianti; intendo riferirmi a vari fenomeni di suicidi collettivi, non realizzati per fortuna nel nostro Paese, ma sì in altri Paesi, anche vicini a noi, come in Francia nel 1995, tant'è vero che la Francia, Paese di non sospetta cultura liberale, adottò una legislazione molto penetrante nei confronti di queste sette religiose. E poi in Svizzera, negli Stati Uniti e nella Guiana inglese; cioè fenomeni vasti e preoccupanti, a cui potremmo aggiungere anche le scuole nelle quali si formano i futuri suicidi terroristici, oltre che il grande fenomeno moderno dei maghi e dei guaritori, nei confronti dei quali si indirizza appunto una petizione rivolta a questa Camera.
Dunque bisogna essere attenti su entrambi i fronti, quello del contrasto, se possibile tecnicamente, a questi fenomeni e quello del non tornare indietro, non riportare la legislazione a quel plagio che fu cancellato dal nostro ordinamento un quarto di secolo fa.
A questo riguardo, è stato già ben ricordata dal senatore Brutti l'evoluzione della nozione di plagio, nata sotto ben altro clima e con altri obiettivi, perché nell'accezione romanistica il plagio era appunto la condotta di chi assoggetta un uomo libero o liberto a schiavitù, cioè individuava un vincolo fisico e Marziale adoperava poi la parola in senso figurato, paragonando ad esso la falsa attribuzione a se medesimo di opera letteraria altrui, che è la nozione secondo la quale oggi intendiamo il plagio.
Dunque, il codice penale del 1930 lo affianca ai delitti di schiavitù in senso proprio o fisico, costruendo una forma di schiavitù psichica collaterale e parallela. L'articolo 603 affermava - come ben ricordiamo - che "chiunque sottopone una persona al proprio potere in modo da ridurla in totale stato di soggezione è punito (…)" con quel che segue. Si trattava, dunque, di un reato a condotta libera ed è già, quindi, molto importante, se vogliamo e se tecnicamente l'operazione regge, non connotarlo più come reato a condotta libera.
Perché questo reato è stato dichiarato incostituzionale? La sentenza della Corte del 9 aprile 1981, n. 96, da tutti citata, non sempre analizzata nella sequenza dei suoi passaggi, parte da una considerazione empirica: nella giurisprudenza che si è avuto dal 1930 al 1981 - quindi, nell'arco di mezzo secolo - le vicende giudiziarie sono state poche, ma nessuna ha mai ravvisato il totale stato di soggezione di cui parla l'articolo 603.
Le situazioni più frequentemente portate al vaglio dei giudici, cioè il sottoporre taluno a lavoro obbligatorio, il rapire fanciulli per destinarli all'accattonaggio, il sequestrare donne per farle andare a finire in un harem di Paesi stranieri in cui questa situazione è consentita, anche se realizzate con concomitante azione di sudditanza psichica, ricadevano o nell'articolo 600, sulla riduzione in schiavitù, o comunque non evidenziavano mai un totale stato di soggezione, cioè la riduzione della persona a cosa eterodiretta.
Pertanto, questa empiria nell'uso della norma, nell'inveramento della norma, costringeva la dottrina e la giurisprudenza a parlare di una quasi integrale soppressione della libertà di autodeterminazione. Una importante sentenza della Corte di cassazione del 1961, in effetti, metteva in luce formalmente e con rigore la caratteristica psichica del reato, il quale - secondo il Supremo collegio - consiste nell'instaurazione di un rapporto psichico di assoluta soggezione del soggetto passivo al soggetto attivo in modo che il primo viene sottoposto al potere del secondo con completa o quasi integrale soppressione della libertà del proprio determinismo.
Allora, su questo si è appuntata la censura della Corte costituzionale: se la soggezione integrale non è verificabile e non è realizzabile con mezzi psichici, perché così ci ha detto l'esperienza giudiziaria e così ci dicono anche le cognizioni di psicologia e medicina, allora entriamo nell'indeterminato (e in questo sono fondate le censure); la quasi integrale soggezione apre su un campo a pareti inesistenti, in sostanza. Il reato, che già è a condotta libera e quindi vicino all'indeterminatezza, diventa anche ad evento fluttuante, ad evento non abbastanza definito.
Il nostro ordinamento ne conosce di delitti a condotta libera, tipico e noto a tutti l'omicidio: cagionare la morte di una persona è reato a condotta libera in cui l'attività strumentale può essere la più indefinita possibile, ma è focalizzata da un evento nitido e chiaro; qui, invece, abbiamo una condotta libera e un evento che per effetto della giurisprudenza ha assunto contorni non ben definiti.
Ecco che, allora, è il quasi totale stato di soggezione quella vaghezza che apre sulla difficilissima e forse impossibile distinzione tra suggestione e persuasione. Ecco, allora, le preoccupazioni della Corte, cioè il timore che si profilino situazioni concrete e usuali in cui il rapporto fra due persone è fortemente sbilanciato, per la presenza di un intenso ascendente dell'una sull'altra.
Gli esempi ripetutamente addotti lo testimoniano: il rapporto tra medico e paziente, tra direttore spirituale e persona che gli si affida, tra maestro e discepolo, persino il rapporto amoroso e il rapporto genitoriale possono produrre queste situazioni di forte soggezione che evidentemente nessuno si sogna di punire.
Allora, la conclusione della Corte costituzionale è che appare estremamente difficile, se non impossibile, individuare sul piano pratico e distinguere a fini di conseguenze giuridiche l'attività psichica di persuasione da quella, anch'essa psichica, di suggestione. Questo è stato il percorso che ha condotto la Corte costituzionale a dichiarare illegittimo l'articolo 603.
Allora, forse si potranno lasciare le cose come stanno per non fare un passo indietro. Ciò è possibile: se la tecnica giuridica ci dimostrerà che è troppo elevato il rischio di colpire situazioni che attentano a diritti fondamentali, la coscienza giuridica dovrà fermarsi perché questo rischio prevale sull'esigenza socio-politica di contrastare il fenomeno.
Certamente ciò significa indifferenza a fenomeni che stanno emergendo con diffusione e gravità e verso i quali spesso, ma non sempre, è possibile e sufficiente impiegare gli strumenti normali del codice penale: la truffa (non sempre ci sono le finalità patrimoniali), la circonvenzione di incapace (presuppone che la persona sia già incapace e non che sia resa tale attraverso gli strumenti dell'assoggettamento psichico), e così via. L'esperienza giudiziaria ci ha dimostrato che, in alcuni casi, in effetti manca la norma idonea a raggiungere l'obiettivo di contrasto.
Allora, partendo da un testo che si prestava effettivamente a parecchie critiche, la Commissione ha cercato di lavorare in un modo che non considero ancora soddisfacente. Innanzitutto, ha definito meglio l'evento: quello che era un evento molto labile ed evanescente è stato abbastanza positivamente puntualizzato, riprendendo la stessa formula usata poco tempo fa per la tratta delle persone.
Si è parlato di una specifica relazione tra autore e soggetto passivo, definita dallo stato di soggezione continuativa, e si è individuata meglio la condizione della persona offesa precisando che essa è tale da escludere o limitare grandemente la libertà di autodeterminazione. Sotto questo profilo, lo sforzo è abbastanza accettabile, volendo seguire la Corte costituzionale che ha cancellato quella dizione concretamente impraticabile della soggezione totale.
Quanto alla condotta, la difficoltà è maggiore e, quindi è maggiore l'insoddisfazione. In parte appagante è la nozione delle tecniche di condizionamento perché queste evidentemente non permetteranno mai di considerare punibile una relazione instaurata tra soggetto attivo e soggetto passivo basata semplicemente sull'ascendente, sul carisma, sulla personalità e anche sulla semplice arte retorica.
Pertanto, le tecniche di suggestione puntualizzano già in una certa misura la condotta e ci permettono di essere meno preoccupati a fronte del ritorno indietro. L'insoddisfazione - almeno mia personale - è più elevata sul piano tecnico in relazione al terzo elemento necessario per una puntualizzazione, che è l'elemento psicologico soggettivo. Una puntualizzazione in termini di dolo, così come abbiamo proposto attraverso un emendamento che sarà esaminato quanto prima, dovrebbe migliorare il testo e forse ridurre le preoccupazioni affacciate.
Concludo, signor Presidente, evidenziando che in effetti siamo tutti - me compreso - preoccupati di una certa novellistica a largo raggio con cui la maggioranza sta intervenendo a chiazze sul codice penale, a proposito della legittima difesa in abitazione, dell'oltraggio, della recidiva e in qualche misura anche a proposito di questa materia.
Non siamo, però, insensibili all'esigenza di contrastare i gravi fenomeni sociali evidenziati in premessa. Allora, pur dando atto al relatore di essersi adoperato per disegnare una fattispecie che non ricada pesantemente nei difetti che hanno cagionato la scomparsa del vecchio delitto di plagio (in questo raccogliendo proposte e suggerimenti dell'opposizione), ci auguriamo che il testo del provvedimento possa essere ulteriormente migliorato e rimuova le numerose preoccupazioni che esso, al momento, suscita ancora.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Boco. Ne ha facoltà.
BOCO (Verdi-Un). Signor Presidente, non ho potuto ascoltare tutti i colleghi, essendosi tenuta la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, ma leggerò i loro interventi sul resoconto stenografico. Mi scuso, dunque, per non aver potuto udire la relazione e la parte della discussione generale svolta dai dotti ed esperti colleghi intervenuti prima di me: li avrei voluti ascoltare, proponendo loro e ai molti altri che non sono qui presenti alcune riflessioni da esaminare e da discutere.
Quando si ha all'esame un provvedimento legato a due petizioni, che è stato esaminato dalla Commissione di merito (la Commissione giustizia), e che tocca, a mio avviso, la delicatezza profonda di una materia così difficile ci vorrebbe veramente grande capacità di ascolto, per comprendere appieno le ragioni dei molti che ne possono discutere.
Già con il relatore avevo osservato che pur avendo la sua relazione ben analizzato il disegno di legge n. 1777, di iniziativa della senatrice Alberti Casellati, noi tuttavia abbiamo costruito la fase emendativa su tutt'altro testo; quindi egli, quando potrà intervenire, dovrà svolgere nuovamente la sua analisi.
Signor Presidente,vorrei partire in particolare dal testo e da quanto ha chiesto la 1a Commissione permanente a chi deve poi deliberare e costruire il provvedimento: mi riferisco, in qualità di estensore del parere della 1a Commissione permanente, riportato nello stampato del provvedimento, al senatore Boscetto.
La 1a Commissione permanente, dunque, esprime «un parere non ostativo, osservando tuttavia che le disposizioni proposte dai disegni di legge possono presentare profili problematici quanto al rispetto del principio di tipicità della sanzione penale di cui all'articolo 25 della Costituzione e invitando la Commissione stessa a individuare una formulazione che delinei tale delitto con caratteri di maggiore differenziazione rispetto ad altre ipotesi già attualmente previste dal codice penale».
Mi sembra che il testo proposto dalla Commissione e portato al nostro esame non ponga soluzione a quanto aveva richiesto la 1a Commissione permanente, perché permane una forte indeterminatezza. Sono presenti sullo stampato del provvedimento anche i testi delle due petizioni, che sembrano essere una delle ragioni alla base del provvedimento e di esse intendo dare lettura.
La petizione presentata dal signor Franco Friuli chiede, in tre righe, «a tutela del diritto alla salute, l'adozione di norme che limitino più rigorosamente l'utilizzazione dei mezzi di informazione per la pubblicità di maghi e guaritori». Giusto, giusto.
L'altra petizione è del signor Vincenzo Fontana, che «chiede l'adozione di norme più severe contro le attività tendenti a sfruttare la credulità altrui». Giusto. Ma cosa c'entrano, con questo provvedimento? Cosa rappresenta questo testo di legge per le persone che vengono citate, in quanto le loro petizioni sono stampate nel fascicolo del provvedimento?
Il senatore Fassone, prima di me, ha cercato di collegare il provvedimento anche ad un cammino internazionale. Dunque mi permetterò, cari colleghi, di farlo anch'io, esaminando come altri Paesi costruiscono, pongono questo problema. Perché il legislatore onesto (è ovvio che lo sia) ha il dovere di cercare di interpretare delle istanze, come le petizioni (che non io ho collegato a questo disegno di legge, in quanto stampate e presenti nel fascicolo), armonizzando il disegno di legge a ciò che viene chiesto.
Cosa vogliamo fare? Cosa vogliamo colpire? C'è una legislazione vigente, vi sono le legislazioni di altri Paesi. La manipolazione mentale, o, se lo vogliamo individuare con altri sinonimi, il plagio psicologico: vediamo gli altri Paesi cosa fanno.
Il codice penale spagnolo ha una norma contro "la alterazione o il controllo della personalità": l'articolo 515, n. 3. Una sentenza molto severa del febbraio 1996 in Spagna ha criticato la nozione di controllo della personalità sotto il profilo sia empirico che costituzionale, in un caso in cui era coinvolta l'associazione antisette AIS.
È bene dirsi le cose per decidere insieme, per vedere se rendiamo davvero un servizio alla nostra collettività. È ovvio che in tutti i percorsi internazionali, quando si affronta questo tema troveremo una costante. Queste associazioni combattono le sette e non, a differenza di quanto il signor Friuli chiedeva, i maghi e i guaritori; combattono le truffe. Giusto.
In Spagna questa associazione si chiama AIS, ha un'impostazione aggressivamente laicista, ma gode oggettivamente (questo lo constatiamo su tutti i siti) di appoggi in ambienti politici, soprattutto in Catalogna, se questo interessa i colleghi. Questa associazione ha ripetutamente attaccato l'Opus Dei e ha diffuso e diffonde diversi volumi in cui sostiene che l'Opus Dei usa "l'alterazione o controllo della personalità". Recentemente ha unito agli attacchi all'Opus Dei, sempre in modo pubblico, anche attacchi contro i Legionari di Cristo (mi scuso, non sono di mia conoscenza, ma ci possiamo informare).
Questa è l'evoluzione in Spagna degli ultimi anni. In Francia - citato dal senatore Fassone - un rapporto parlamentare del 1996, «Les Sectes en France», contiene una contestatissima lista di 172 "sette pericolose".
E allora il legislatore italiano, se davvero lo spirito è quello di voler aiutare i nostri concittadini, si assuma la responsabilità di fare la lista dei buoni e dei cattivi. Sento invitare spesso a colpire le sette sataniche, perché in alcuni Paesi l'hanno fatto, ed è lì che trovo le ragioni della violenza e dell'impossibilità di discernere. Il settimanale "La civiltà cattolica" ha combattuto per anni questa lista francese di 172 pericolosissime sette (di cui mi piacerebbe farvi l'elenco), perché essa è stata poi allegato alla valutazione di quella che è la definizione di manipolazione mentale, quindi alla legge del 30 maggio del 2001.
Anche qui vi sono associazioni che combattono le sette, certo, associazioni fortemente laiche. Ebbene, ritroviamo fra le pericolosissime sette da estirpare l'Opus Dei, anche in Francia, la Comunità del rinnovamento dello spirito, e potrei continuare l'elenco, ma è pubblico; qualsiasi legislatore, se volesse ripercorrere queste strade - ci sono leggi in vigore - lo può riscontrare. Di sicuro c'è che la Conferenza episcopale francese ha preso una posizione contrarissima su tutto questo e ha fatto una battaglia per la difesa del diritto a costruire e a portare il proprio messaggio religioso.
Ma andiamo avanti, perché non è finita. In Belgio, sull'onda francese, nel 1997 viene messa in appendice al rapporto parlamentare sulle sette una lista di quelle pericolose; lista molto interessante quella belga, soprattutto per chi vive a Roma: una delle sette che in quel Paese vengono considerate pericolose è la Comunità di S. Egidio, alla quale è in questo momento storico impedito di operare, come a tutte le altre sette ovviamente, in Belgio.
Questa lista è stata pubblicata ed è stata mandata ad albergatori e comunità locali, quale lista degli ospiti non graditi. Alla Comunità di S. Egidio, all'Opus Dei e ad altri è impedita in Belgio l'organizzazione, ad esempio, di un evento pubblico, il prendere una sala a pagamento.
Negli Stati Uniti c'è una politica organizzata contro le sette, ma esistono anche dinamiche estremamente aggressive di organizzazioni contro le sette, ed i nomi ricorrono: Opus Dei, Rinnovamento dello Spirito. Queste pericolosissime sette sono sempre legate (cito solamente quelle che hanno un imprinting più cattolico, ma ce ne sono molte altre) a tutto ciò che viene costruito in un meccanismo di rapporto con la fede, che va da una fede come quella che ho citato, vicina alle nostre interpretazioni di cattolici, a tutte le altre chiese.
Andiamo ancora avanti. In Italia cosa sta avvenendo, mentre si svolge questa discussione, mentre il signor Friuli ci invia una petizione per colpire maghi e guaritori? In Italia una delle associazioni che più si batte a favore del disegno di legge sulla manipolazione mentale, la FAVIS, propaganda sul suo sito il libro di Gordon Urquhart "Le armate del Papa. Focolarini, Neocatecumenali, Comunione e Liberazione. I segreti delle misteriose e potenti nuove sette cattoliche" (è in libreria, si può comprare, per informazioni basta aprire un sito, è edito da Ponte alle Grazie, Firenze 1996), titolo che non fa precisamente mistero di quali gruppi intenda accusare di manipolazione mentale». D'altro canto, è nella nostra memoria collettiva la sentenza della Corte costituzionale del 1981 (l'avete citata, non ho bisogno di ritornare su questo).
Ma vediamo chi invece cerca di dirvi, dotti colleghi: forse stiamo sbagliando strada. Voglio citare alcune pericolose sette le quali dicono che questa non è la strada giusta.
Cito la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, il cui acronimo è FCEI, il cui presidente è Gianni Long. La Commissione delle Chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato «ribadisce la propria preoccupazione sul disegno di legge 1777 all'esame dell'Aula del Senato, che prevede il reato di manipolazione mentale. La formulazione è tale da costituire un pericolo anche per la libertà religiosa. Essa rischia di configurare come reato ogni conversione indotta dalla predicazione e dall'esempio». La Commissione «ritiene che effettivamente esista il pericolo di coartazione della volontà dei singoli mediante tecniche di condizionamento.» (lo ribadisce). «Tuttavia l'indeterminatezza della fattispecie sembra riprodurre gli aspetti che a suo tempo avevano portato alla dichiarazione di incostituzionalità del reato di plagio». La stessa Federazione «nota tra l'altro, che non si prevede come condizione necessaria di punibilità un utile per l'agente, colpendo così ogni forma di convinzione e di trasmissione di pensiero e di fede».
Non ci sono solo le petizioni allegate a questo disegno di legge, ci sono le chiese, le storie, le persone, che cercano di dire al legislatore di combattere le truffe, ma di avere rispetto delle loro idee, della loro fede e della libertà che questo Paese deve tutelare.
Io mi domando (perché è bene in una discussione generale così affollata poter parlare in modo esplicito, è bene dirsi tutto, come si può fare in un'Aula parlamentare): dov'è il problema? Se vogliamo colpire i truffatori, senza citare i famosi cognomi delle truffe televisive, credo che si debba fare uno sforzo insieme. Se però vogliamo colpire alla base il diritto di poter professare la propria fede e di non ripercorrere le strade che ho citato, solo alcune, lascerò il molto che non ho detto alla discussione sulla fase emendativa.
Ma vi sembra corretto e possibile che alla Comunità di Sant'Egidio sia interdetto fare un'assemblea in Belgio? Vi sembra democrazia? E' questo che volete fare, costruire? Dare la possibilità - attraverso una forma come questa, che introduce nel nostro ordinamento l'indeterminatezza - di dire dove finisce il mago X e dove inizia ciò che è possibile?
Un esempio solo: Francesco. Quando, in quel d'Assisi, egli partì, per una sua convinzione folle, e contaminò le menti di ragazzi che lasciarono tutto e con i sandali ai piedi si ritirarono a costruire una delle parti del monachesimo dell'anno Mille, o giù di lì, i genitori di costoro cosa avrebbero detto? Mi hanno plagiato il figlio. Dove c'è, se vogliamo essere onesti, null'altro che la capacità di convinzione, il dire che quei ragazzi avevano il diritto di non portare con sé le loro cose, i loro averi, costruendo la storia dei francescani. Non lo dico provocatoriamente per sostenere che, allora, niente può essere colpito. Però, i parenti di quelle persone avrebbero detto: quel ragazzo pazzo di Assisi ha plagiato mio figlio.
Questa è la storia, questo è il meccanismo che adoperate quando scrivete su un articolo «salvo che il fatto costituisca più grave reato …»; ma non ve lo leggo, perché vedo che in Aula sono presenti coloro che lo hanno elaborato. Ebbene, state dicendo la stessa cosa, ossia che si dà la possibilità di colpire chiunque, ad un certo punto, senza che si possa definire colui che fa una scelta per convinzione. Dov'è il limite in questo? Ci sarà sempre qualcuno che dirà: guardate che la persona è stata aggirata.
Ecco perché la citazione che ho fatto dei "pericolosi", come il presidente Long della Federazione delle Chiese evangeliche, o la ricostruzione di tutte le battaglie che la Chiesa sta conducendo, in Francia come in Belgio, cercano semplicemente di dire che la libertà di culto, la possibilità di professare la propria fede e di costruire il proprio diritto è molto più importante di tutto il resto.
Allora, noi legislatori abbiamo il dovere di rispondere al signor Friuli, benissimo, ma non con questo articolo, perché così reintroducete un omicidio del diritto, estirpate la possibilità di garantire che uno non sia messo alla berlina, ai Franceschi di ieri e a quelli di oggi, se ci fossero: a chiunque.
Non c'è niente di più importante in una democrazia che la libertà, e la libertà di culto appartiene alle grandi famiglie della libertà. Ecco perché combatterò una battaglia democratica, legittima, per cercare non di affossare questo disegno di legge, ma di convincere l'Aula che questa strada è sbagliata. Spero di riuscirci, almeno in parte. (Congratulazioni).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il relatore.
ZICCONE, relatore. Signor Presidente, replicherò molto brevemente. Innanzitutto, non posso non prendere atto del dibattito, che è stato elevato, approfondito, tecnicamente apprezzabile e, direi, moralmente molto suggestivo.
Tutti gli interventi hanno messo in evidenza i due dati che - come ho detto nella relazione - hanno in qualche modo tormentato la Commissione nell'elaborazione e nel tentativo costante di migliorare il testo.
Nel corso del dibattito non si è levata alcuna voce che non abbia colto l'importanza del tema e soprattutto i pericoli e gli inconvenienti reali di un certo vuoto normativo. Come è stato detto in molte sentenze nel tempo (non sono molti i casi in tutto il territorio dello Stato, ma sono prevalenti nel Nord d'Italia), si avverte l'esigenza di trovare un modo attraverso cui combattere e sconfiggere i pericoli evidenti che hanno suscitato tante proteste e accorati appelli.
Dall'altra parte, è certamente un tema assai delicato, trattandosi di libertà, anche quello relativo a chi opera il convincimento sugli altri, alla libertà di autodeterminarsi; mi riferisco al fatto di cogliere un limite, di per sé difficile, tra il convincimento - come è stato detto soprattutto dal collega Brutti - e la persuasione, che sono strumenti fondamentali della nostra civiltà e cultura, e forme di suggestione e violenza, anche soltanto psicologica, che possono arrivare fino alla distruzione della capacità e della libertà di autodeterminazione.
Costante è stato lo sforzo di cogliere questo confine, sforzo forse non ancora ultimato, e di trovare frasi e parole che limitino il più possibile il pericolo di invadenza di quel rapporto interpersonale e privato, che va salvaguardato e che la nostra Costituzione salvaguarda, e l'attività che produce danni sociali rilevanti, varie volte sottolineati.
Ringrazio in modo particolare il collega Fassone per l'intervento tecnicamente molto preciso che ha compiuto e per lo sforzo di trovare concetti il più possibile rigidi, perché non facilmente sconfinanti nell'incertezza e nella genericità, che la Costituzione impedisce in tema di diritto penale. È uno sforzo che ha ottenuto già alcuni risultati.
Non si può affermare che l'espressione «soggezione continuativa tale da escludere o da limitare grandemente la libertà di autodeterminazione» non abbia un significato rilevante. È stata analizzata la sentenza della Corte costituzionale: appartiene alla nostra civiltà. Nessuno in questo dibattito ha criticato tale sentenza. Non esito però a dire che essa rappresenta un momento fondamentale del riconoscimento delle libertà.
È quindi una sentenza da rispettare, alla quale dobbiamo guardare con attenzione. È proprio questo che abbiamo fatto: cercare di cogliere, proprio dai suggerimenti che in qualche modo venivano dalla sentenza della Corte costituzionale, i margini entro cui è possibile raggiungere un sufficiente grado di determinazione e certezza.
La tematica penalistica è costantemente preoccupata di alcune espressioni. Cito, fra le altre, la seguente: «tale da escludere o da limitare grandemente», che è espressione analoga a quelle usate per la capacità di intendere e volere.
La dottrina e la giurisprudenza, per decenni e ancora oggi, continuano a dibattere sull'opportunità di prevedere, oltre all'infermità totale e all'incapacità totale di intendere e di volere, la semi-incapacità. È un dibattito che non riguarda soltanto l'Italia, ma l'intera Europa, e forse anche altra parte del mondo, proprio perché l'espressione «limitare grandemente» non raggiunge quel livello di certezza che però poi finisce con il rendere anche abbastanza ininfluente una norma che si affida a formule assolutamente certe.
Tutto il diritto penale è intriso di concetti la cui determinazione è in qualche misura affidata al giudice. Naturalmente, il compito del legislatore è quello di usare espressioni che limitino il più possibile questa forma di libertà, di apprezzamento del giudice, che non può sconfinare nell'arbitrio.
Sotto questo aspetto, mi meraviglia che in qualche intervento siano state considerate queste espressioni come pericolose per i limiti della certezza del diritto e non altre espressioni, come ad esempio quella «o stati analoghi», che, viceversa, sono molto probabilmente - così come in varie sentenze è stato sottolineato dalla Corte costituzionale - ancora più pericolose circa i limiti della certezza del diritto.
In conclusione, cosa voglio dire e cosa riaffermo? La Commissione con questo testo indiscutibilmente ha apportato limiti di maggiore garanzia e di maggiore certezza rispetto a quella norma che la Corte costituzionale ha considerato illegittima. Se lo scopo è stato completamente raggiunto, questo probabilmente dovrà e potrà essere oggetto di valutazione dell'Aula. Non escludo che il testo possa essere migliorato attraverso ulteriori elementi che possono dare specificazioni maggiori.
Fin da questo momento, a tale proposito, non ho difficoltà a dichiarare che, ad esempio, l'elemento soggettivo, che in molte fattispecie del diritto penale finisce con l'avere anche un significato, oltre che direttamente connesso all'elemento soggettivo anche al comportamento, diventando in qualche modo un limite di certezza per il comportamento, possa giocare questo doppio ruolo. Da un lato, essere elemento soggettivo più specifico; dall'altro lato, attraverso la specificità dell'elemento soggettivo, andare verso forme di comportamenti più vincolati rispetto alla forma libera che però, in qualche misura, trova il suo vero contenuto e il confine proprio nel fatto che, alla fine, si descrive un risultato e un evento che è il vero segno del limite attraverso cui si deve muovere il giudice. E questo limite sta proprio in quella espressione fondamentale: «soggezione continuativa tale da escludere o da limitare grandemente».
Queste non sono espressioni che possono dare luogo agli inconvenienti che sono stati lamentati in qualche intervento. Penso che alcuni esempi che sono stati fatti con riferimento alle religioni non contengano mai il pericolo di sconfinare in illecito penale, attività che alla fine si trasformano, semmai, in una esaltazione della libertà di autodeterminazione dell'individuo.
L'esempio di San Francesco, che abbiamo più volte ripetuto in Commissione sotto questo aspetto, è evidente. Nessuno ha mai pensato che porre in essere atti non consueti, come, ad esempio, considerare il proprio patrimonio poca cosa rispetto ad esigenze spirituali o ideali, significhi compiere atti che qualcuno può non comprendere o qualcun altro addirittura ritenere incomprensibili o psicologicamente non spiegabili.
Diciamo poi un'altra cosa: questi atti normalmente non sono mai stati considerati - e penso che tali non saranno mai considerati da nessuno - atti che si trasformano in una limitazione grande o in una esclusione della capacità di autodeterminazione.
Credo che oggi San Francesco non sarebbe considerato da nessun giudice dello Stato italiano persona incapace di intendere o di volere, o persona che abbia raggiunto il livello dell'incapacità dell'autodeterminazione; egli continuerebbe ad essere considerato un individuo che liberamente ha compiuto una scelta, nella quale ha dato valore ad alcuni beni e ad alcune idee rispetto ad altri, che erano i beni patrimoniali e materiali.
Lo sforzo che è stato fatto, a mio avviso, probabilmente riesce ad evitare i pericoli che sono stati avanzati. Ritengo opportuno che, attraverso la tecnica degli emendamenti, si possa ulteriormente migliorare il testo, nel senso di una maggiore certezza del diritto, soddisfacendo però le esigenze molto forti che sono state avanzate dalla società contemporanea rispetto a tutta una serie di inconvenienti, che sono stati riferiti, con episodi arrivati purtroppo anche a suicidi collettivi o ad altri fatti altrettanto gravi.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
SAPORITO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, desidero intervenire solo per fare alcune precisazioni.
Il Governo, come è noto, pure se è stato accusato da qualche intervento ancora una volta, come espressione della maggioranza parlamentare di centro-destra, di occuparsi di codice penale in maniera inadeguata o punitiva, è estraneo al provvedimento in esame, che è di iniziativa parlamentare e addirittura popolare.
In questo quadro, vogliamo ringraziare i presentatori del disegno di legge ed il relatore, che ha compiuto lo sforzo di trovare quella tipicità e legittimazione della figura di un reato che, voglio ricordarlo, è vero, è stato cancellato dal codice penale, ma esiste nella realtà.
A mio avviso, l'azione nobile del Parlamento e dei parlamentari è quella di individuare norme che in qualche modo vengano incontro alle esigenze che esprime la società.
Mi sembra quindi che alla strada pregiudizialmente contraria di alcuni interventi di qualche collega si contrapponga invece un'iniziativa dialogante, soprattutto da parte del senatore Fassone, che ha detto di aver già preso atto di un miglioramento del testo. Lui ed altri, avendo presentato alcuni emendamenti, scelgono la strada di tentare di costruire questa fattispecie di reato e di delitto in maniera adeguata, per dare una risposta e colmare il vuoto legislativo che la sentenza n. 96 del 1981 ha lasciato nel nostro ordinamento.
Il Governo, infine, prende le distanze, perché non le condivide, da alcune proiezioni assunte nel suo intervento dal senatore Boco, per quanto intelligente si voglia, secondo il quale organizzazioni molto cattoliche come la Opus Dei, i Focolarini, la Comunità di Sant'Egidio, i movimenti catecumenali - e per altre organizzazioni del mondo cattolico che egli ha citato - sono in qualche modo da considerarsi sette.
Il Governo non condivide affatto questa posizione, perché deve ringraziare questi movimenti che nella Chiesa di Roma, nella Chiesa universale mi pare vadano a difesa, come ha detto il relatore, delle libertà degli uomini, soprattutto degli uomini più deboli.
PRESIDENTE. Come convenuto, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
[1] Cfr. relazione illustrativa
[2] Cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 96 del 1981, pt. 3 del Considerato in diritto.
[3] In tema cfr. fra gli altri F. Lemme, Plagio, in Encicl. giur. Treccani, Roma, 1990, vol. XXIII, p. 2.
[4] In questo senso cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 96 del 1981, pt. 10 del Considerato in diritto.
[5] E’ la vicenda di un intellettuale che fu accusato nel 1967 di aver completamente soggiogato, annientandone la personalità, due più giovani amici. Chiamato a rispondere del delitto di plagio, l'imputato era stato condannato in primo grado della Corte di Assise di Roma (14 luglio 1968) a 9 anni di reclusione, successivamente ridotti a sei dalla Corte di Assise in appello (sentenza 28 novembre 1969) ed infine a quattro dalla Corte di cassazione (sentenza 30 settembre 1971).
[6] Cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 96 del 1981, pt. 5 del Considerato in diritto.
[7] Cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 96 del 1981, pt. 13 del Considerato in diritto.
[8] Cfr. Corte di cassazione, Sez. III, sent. n. 48537 del 17 dicembre 2004.
[9] La Corte di cassazione ha affermato infatti che «In tema di circonvenzione di persona incapace, soggetto passivo, e quindi titolare del diritto di querela, è soltanto la persona circonvenuta, e non il terzo che eventualmente subisca un danno o il pericolo di un danno per effetto dell'atto posto in essere dall'incapace. Pertanto, esclusa la punibilità dell'imputato in relazione al fatto compiuto in danno di un congiunto, ai sensi dell'art. 649, primo comma, n. 2, cod. pen., l'imputato stesso non è perseguibile per il medesimo fatto, riguardato nel suo aspetto dannoso nei confronti di altro congiunto (nella specie, fratello non convivente) che, quale danneggiato dal reato, resta unicamente legittimato all'azione civile (cfr. Sez. II, sent. n. 9009 del 27 ottobre 1983, Castiglioni; conforme: Sez. II, sent. n. 8034 del 2 settembre 1997, Vannucchi).
[10] Sulla riconducibilità all’art. 600 c.p. delle fattispecie un tempo definite di plagio si veda M. Alfano, La nuova formulazione dell’art. 600 c.p.: reintroduzione del reato di plagio?, in La giustizia penale, 2004, II, p. 673.
[11] L'iter della citata proposta di legge (A.S. 1777-A), si è arrestato in aula, Al Senato, a conclusione della discussione generale.