Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa - Schema di D.Lgs. n. 108 (art. 1, co. 5, 5-bis e 6, L. 80/2005)
Riferimenti:
SCH.DEC 108/XV   D.Lgs. 12-SET-07 n. 169
Serie: Atti del Governo    Numero: 95
Data: 04/07/2007
Descrittori:
CONCORDATO PREVENTIVO   FALLIMENTO
LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA   LIQUIDAZIONE DI IMPRESE
Organi della Camera: II-Giustizia
Altri riferimenti:
L n. 80 del 14-MAG-05     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Atti del Governo

Disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa

Schema di D.Lgs. n. 108

(art. 1, co. 5, 5-bis e 6, L. 80/2005)

 

 

 

 

n. 95

 

 

4 luglio 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento giustizia

SIWEB

 

 

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File: GI0186.doc

 

 


INDICE

Scheda di sintesi

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni e pareri allegati6

Elementi per l’istruttoria legislativa  7

§      Conformità con la norma di delega  7

§      Competenze legislative costituzionalmente definite  8

§      Impatto sui destinatari delle norme  8

§      Formulazione del testo  8

Schede di lettura

§      Decreto correttivo di riforma delle procedure concorsuali13

Testo a fronte  47

Normativa di riferimento

§      Costituzione della Repubblica (artt. 76, 87)173

§      Codice civile (artt. 1706, 2407, 2495, 2496, 2645-bis, 2764, 2775-bis)174

§      Codice di procedura civile (artt. 133, 327)178

§      R.D. 16 marzo 1942, n. 267. Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa  179

§      D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114. Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59 (art. 5)317

§      L. 14 maggio 2005 n. 80. Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali.320

§      D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122. Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della L. 2 agosto 2004, n. 210 (art. 5)325

§      D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell'articolo 1, comma 5, della L. 14 maggio 2005, n. 80  326

§      L. 12 luglio 2006 n. 228. Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 12 maggio 2006, n. 173, recante proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l'esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione (art. 1)393

Giurisprudenza costituzionale

§      Sentenza 5 aprile-14 aprile 2006, n. 154  397

 

 


Scheda di sintesi

per l’istruttoria legislativa

 


 

Dati identificativi

Numero dello schema di decreto legislativo

108

Titolo

Disposizioni integrative e correttive del decreto 16 marzo 1942, n. 267, nonché al decreto legislativo n. 5 del 2006 in materia di disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell’articolo 1, commi 5, 5-bis e 6 della legge n. 80 del 2005

Norma di delega

Legge n. 80 del 2005 (art. 1, comma 5-bis)

Settore d’intervento

Diritto fallimentare

Numero di articoli

22

Date

 

§       presentazione

19 giugno 2007

§       assegnazione

25 giugno 2007

§       termine per l’espressione del parere

25 luglio 2007

§       scadenza della delega

16 luglio 2007

Commissione competente

II Commissione (Giustizia) e V Commissione (Bilancio)

Rilievi di altre Commissioni

No

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Lo schema di decreto legislativo in esame, composto da 22 articoli, è stato adottato in attuazione della delega conferita al Governo con la legge n. 80 del 2005, di conversione del decreto legge 14 marzo 2005 n. 35[1],il cui comma 5-bis dell'articolo 1[2] ha previsto che entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo adottato nell'esercizio della delega di cui al comma 5[3], il Governo possa adottare specifiche disposizioni correttive e integrative.

 

A tal fine, il provvedimento in esame contiene sia modifiche puntuali al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, recante la cd. legge fallimentare(articoli da 1 a 18), sia disposizioni di carattere interpretativo e temporale (articoli 19, 20 e 22), sia, da ultimo, una novella alla legge n. 114 del 1998, recante la Riforma della disciplina relativa al settore del commercio.

 

Nello specifico, l'articolo 1 dello schema in esame novella, anzitutto, il Titolo I della legge fallimentare, riguardante Disposizioni generali, introducendo rilevanti novità in materia di assoggettabilità alla disciplina del fallimento e del concordato preventivo.

 

I successivi articoli da 2 ad 11 intervengono, invece, su diversi Capi del Titolo II della legge fallimentare, concernente la disciplina del fallimento.

 

In particolare, larticolo 2 novella talune disposizioni del Capo I in materia di dichiarazione di fallimento.

L’articolo 3, introduce, invece, modifiche al Capo II concernente gli organi preposti al fallimento.

Il successivo articolo 4 novella il Capo III, in materia di effetti del fallimento, mentre l’articolo 5 introduce modifiche al Capo IV, concernente la custodia e l’amministrazione delle attività fallimentari.

 

Gli articoli 6 e 7 recano, poi, rispettivamente, modifiche ai Capi V e VI in materia di accertamento del passivo e i diritti mobiliari di terzi e l'esercizio provvisorio e della liquidazione dell'attivo.

L’articolo 8 novella talune disposizioni contenute nel Capo VII, riguardante la ripartizione dell’attivo, mentre il successivo articolo 9 reca modifiche al Capo VIII in materia di cessazione della procedura fallimentare.

L'articolo 10 apporta diverse modifiche agli articoli 142 e 144 della legge fallimentare, dedicati all'istituto della esdebitazione ed inseriti all'interno del Capo IX rubricato con riferimento al citato istituto.

L'articolo 11, novella, poi, il successivo Capo X riguardante il fallimento delle società  con particolare riferimento all'articolo 147 in materia di Società con soci a responsabilità illimitata.

 

I successivi articolo da 12 a 17, novellano, poi, il Titolo III della legge fallimentare, riguardante il Concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione.

 

In particolare, l'articolo 12, composto da cinque commi, interviene, sul Capo I concernente l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, mentre l'articolo 13 novella, a sua volta, l'articolo 168 della legge fallimentare, inserito all'interno del Capo II (Degli effetti dell’ammissione al concordato preventivo).

Il successivo articolo 14 reca modifiche agli articoli 173 e 175 della legge fallimentare, attualmente collocati, rispettivamente, all'interno del Capo III (Dei provvedimenti immediati), e Capo IV (Della deliberazione della proposta di concordato).

L'articolo 15 novella, invece, l'articolo 177 della legge fallimentare, concernente la Maggioranza per l'approvazione del concordato ed inserito all'interno del Capo IV (Della deliberazione del concordato preventivo), mentreil successivo articolo 16, composto da cinque commi, interviene, sul Capo V, relativo alla omologazione e all''esecuzione del concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione di debiti.

Il successivo articolo 17 interviene, invece, sull'articolo 186 della legge fallimentare, concernente la risoluzione e l'annullamento del concordato ed inserito all'interno del Capo VI (Dell'esecuzione, della risoluzione e dell'annullamento del concordato preventivo) della legge fallimentare.

 

Il successivo articolo 18 composto da sei commi, interviene, invece, sul Titolo V  della legge fallimentare, in materia di liquidazione coatta amministrativa.

 

L'articolo 19 reca, poi, una norma interpretativa dell'articolo 150 del decreto legislativo n. 5 del 2006, adottato in attuazione della citata delega prevista dal comma 5 dell'articolo 1 della legge n. 80 del 2005, al fine di chiarire che i procedimenti per la dichiarazione di fallimento pendenti in qualsiasi grado alla data del 15 luglio 2006, nonché le procedure fallimentari in corso alla medesima data, sono definite secondo la legge anteriore.

 

Il successivo articolo 20 reca, a sua volta, una disposizione transitoria in materia di esdebitazione al fine di estendere la possibilità di ricorso a tale istituto anche alle procedure fallimentari pendenti antecedentemente alla data di entrata in vigore decreto legislativo n. 5 del 2006 che per primo lo ha disciplinato.

 

L'articolo 21 sopprime, poi, la lettera a) dell'articolo 5, comma 2 del citato decreto legislativo n. 114 del 1998 che attualmente vieta l'iscrizione nel registro delle imprese dei soggetti dichiarati falliti, fino alla pronuncia della sentenza di riabilitazione.

 

L'articolo 22 reca, da ultimo, disposizioni transitorie concernenti lo schema di decreto legislativo in esame.

Relazioni e pareri allegati

Allo schema di decreto legislativo in esame sono allegati la relazione illustrativa del Governo, l’analisi di impatto regolamentare e l’analisi tecnico normativa.

 


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Conformità con la norma di delega

Come già anticipato, lo schema di decreto legislativo attua la delega conferita al Governo con la legge n. 80 del 2005, di conversione del decreto legge 14 marzo 2005 n. 35,il cui comma 5-bis dell'articolo 1 ha previsto che entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo adottato nell'esercizio della delega di cui al comma 5, il Governo possa adottare disposizioni correttive e integrative, nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi di cui al comma 6 e con la procedura di cui al medesimo comma 5.

 

In relazione ai citati criteri direttivi si segnala che la tecnica normativa prescelta consiste nella enunciazione di tre “principi-base”, delineati nelle lettere a), b) e c), ad alcuni dei quali segue una ulteriore enumerazione di principi direttivi, per così dire, di “secondo” e “terzo grado”.

 

Tra i citati  “principi-base” il comma 6 annovera:

§       “modificare la disciplina del fallimento” secondo i principi di “secondo grado” enumerati nel prosieguo della lettera a), numeri da 1) a 14, ad esempio valorizzando il ruolo del comitato dei creditori, specificando le competenze professionali dei curatori, intervenendo sulla disciplina dell’azione revocatoria, privilegiando la continuazione dell’esercizio dell’impresa, modificando la disciplina del concordato fallimentare ed introducendo ex novo l’istituto dell’esdebitazione, ecc…);

§       prevedere l’abrogazione dell’amministrazione controllata (lettera b);

§       prevedere che i crediti di rivalsa verso il cessionario previsti dalle norme relative all’imposta sul valore aggiunto, se relativi alla cessione di beni mobili, abbiano privilegio sulla generalità dei mobili del debitore con lo stesso grado del privilegio generale di cui agli articoli 2752 e 2753 del codice civile, cui tuttavia è posposto (lettera c);

 

     Per quanto riguarda, invece la procedura prevista dal citato comma 5, si segnala che ai sensi di tale comma i decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro della giustizia e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive, e successivamente trasmessi al Parlamento, ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal primo periodo del presente comma o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni.

Competenze legislative costituzionalmente definite

Come rilevato, il provvedimento in esame incide sulla disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali contenuta nel R.D. 16 marzo 1942, n. 267. La base giuridica del provvedimento è da ricondurre alla previsione della materia giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa nell’ambito della potestà legislativa attribuita in via esclusiva allo Stato, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera l), della Costituzione.

Coordinamento con la normativa vigente

La tecnica della novellazione è direttamente utilizzata da tutti gli articoli dello schema di decreto legislativo in esame, ad eccezione degli articoli 19, 21 e 22 recanti autonome disposizioni di carattere interpretativo e temporale.

Impatto sui destinatari delle norme

Come evidenziato nella analisi di impatto della regolazione allegata allo schema di decreto legislativo, il provvedimento in esame fa presumere un evidente impatto sull’amministrazione della giustizia civile, sui cittadini, sulle imprese e, più in generale su tutti gli operatori del diritto che partecipano a vario titolo alle procedure concorsuali o come liberi professionisti in ausilio o difesa delle parti o come ausiliari dell'autorità giudiziaria.

Formulazione del testo

In relazione alla formulazione del comma 3 dell'articolo 12, nella parte in cui prevede che "contro la sentenza è proponibile reclamo a norma dell’articolo 18", da un punto di vista meramente formale, appare opportuno specificare che ci si riferisce alla sentenza che dichiara il fallimento.

 

Con riferimento all'articolo 14, si segnala che la novella all'articolo 175 della legge fallimentare andrebbe più correttamente spostata all'interno del successivo articolo 15 dello schema di decreto legislativo in esame, concernente le modifiche al Capo IV del titolo III della legge fallimentare. Al riguardo, si osserva, infatti, che la rubrica dell'articolo 14 dello schema di decreto legislativo reca "Modifiche al Titolo III, Capo III, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267", mentre la rubrica dell'articolo 15 reca " Modifiche al Titolo III, Capo IV, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

 

Sempre con riferimento alla formulazione dell'articolo 14 dello schema di decreto legislativo in esame, nella parte in cui prevede che "all’esito del procedimento, che si svolge nelle forme di cui all’articolo 15, il tribunale provvede con decreto" appare opportuno specificare che ci si riferisce al provvedimento di revoca dell'ammissione al concordato preventivo.

 

Da ultimo, si segnala che erroneamente la rubrica dell’articolo 18 fa riferimento al Titolo V, Capo VI della legge fallimentare. Tale legge, infatti, al Titolo V non prevede ulteriori ripartizioni.

 


Schede di lettura

 


Decreto correttivo di riforma delle procedure concorsuali

La materia delle procedure concorsuali, disciplinate dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (cd. legge fallimentare),recante la disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) è stata significativamente innovata nel corso della scorsa legislatura, anche alla luce di numerose sentenze della Corte Costituzionale intervenute su alcune norme del citato R.D. 267/42.

 

Al riguardo, vanno innanzitutto menzionate le modifiche che alla legge fallimentare sono state introdotte ad opera del decreto legge 14 marzo 2005 n. 35[4](cd. decreto competitività),convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80; in particolare il decreto legge, all’articolo 2, commi 1 e 2, ha dettato alcune urgenti disposizioni in ordine all’istituto della revocatoria ed alla procedura di concordato preventivo.

 

Quanto all’istituto della revocatoria fallimentare, esso viene ridisciplinato sotto due aspetti:

§       sono precisati i presupposti per l’esercizio dell’azione;

§       è inserito un regime di esenzioni dalla revocatoria;

La revisione della disciplina relativa agli atti soggetti a revocatoria giudiziale promossa dal curatore riguarda sia gli atti c.d. “anormali” che quelli “normali”.

Per gli atti anormali, quelli cioè per i quali lo stato di insolvenza si presume, le novità normative sono essenzialmente due ed attengono:

§       al limite temporale previsto per la revocatoria fallimentare, che è stato sensibilmente ridotto[5].

§       al limite della sproporzionefra la prestazione a carico del fallito e quella a carico della controparte: a seguito della novella non è richiesta una generica “notevole” sproporzione, ma una sproporzione di “oltre un quarto” fra le prestazioni in sinallagma.

 

Per quanto concerne invece gli atti normali, quelli cioè per i quali è il curatore a dover provare che il terzo conosceva lo stato di insolvenza quando l’atto fu compiuto, oltre alla previsione un limite temporale inferiore al quale risalire ai fini di una possibile revocatoria (sei mesi), la novella prevede un ampliamento della categoria, che comprende ora anche agli atti costitutivi di un diritto di prelazione per debiti di terzi.

Il nuovo testo prevede poi una serie di atti che sono espressamente sottratti alla revocatoria fallimentare.

Con riguardo agli effetti della revocatoria, la novella introduce due importanti novità:

§         la precisazione che in alcune particolari ipotesi tipizzate (come quella dei pagamenti avvenuti tramite gli intermediari specializzati) la revocatoria ha effetto nei confronti del destinatario della prestazione e non dell’intermediario;

§         l’introduzione di casi nei quali il terzo non deve restituire tutto qualora venga provata dal curatore la sua conoscenza dello stato di insolvenza, ma una somma pari alla differenza fra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, e l’ammontare residuo delle stesse, alla data di apertura del concorso. Questa limitazione è prevista come applicabile ai soli atti estintivi di rapporti continuativi o reiterati.

 

In materia di concordato preventivo, la novella modifica il titolo III del R.D. 267/1942, aggiungendo un nuovo istituto: quello degli “accordi di ristrutturazione”.

Inoltre sostituisce i requisiti di meritevolezza per l’accesso al concordato con un piano che può essere proposto ai creditori e che può prevedere:

§       la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma;

§       l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore;

§       la suddivisione dei creditori in classi;

§       trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi differenti.

Quanto alla disciplina della domanda di accesso al concordato, si prevede che con il relativo ricorso il debitore debba presentare :

§         una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;

§         uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;

§         l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;

§         il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.

Il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista di cui all'articolo 28 che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo.

In relazione al ruolo del Tribunale nella fase di ammissione al concordato preventivo, il nuovo testo prevede esso svolga un ruolo di verifica della completezza e della regolarità della documentazione (non più un giudizio sulla ammissibilità). In caso di presenza di diverse classi di creditori, la valutazione avrà ad oggetto anche la correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi.

Viene fissato, inoltre, un termine più ampio - non superiore ai quindici giorni (non più otto) – entro il quale il ricorrente deve depositare in cancelleria, su ordine del Tribunale, la somma che si presume necessaria per l’intera procedura. Qualora la stessa non venga depositata il commissario (non più il tribunale) provvede alla dichiarazione di fallimento.

Con il nuovo sistema introdotto dalla conversione del decreto legge anche l’approvazione del concordato da parte dei creditori ha subito delle modifiche. Per l’ammissione diviene necessario il voto favorevole non della maggioranza dei creditori votanti, ma della maggioranza dei crediti ammessi al voto. Qualora, inoltre siano previste diverse classi di creditori, il concordato verrà approvato qualora riporti il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto per ciascuna classe di appartenenza.

E’ prevista altresì la possibilità che il tribunale, verificate le prescritte maggioranze, approvi il concordato anche se vi è il dissenso di uno o più classi di creditori. Tale valutazione dell’organo giudicante potrà essere operata preliminarmente qualora ricorrano entrambe le seguenti condizioni:

§         la maggioranza delle classi abbia approvato la proposta;

§         i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare comunque soddisfatti, in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Nell’ambito del nuovo concordato è previsto che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, abbiano diritto al voto solo qualora rinuncino alla prelazione. In questo modo, e solo ai fini del concordato verranno assimilati ai creditori chirografari.

Innovazioni sono previste anche in tema di procedura.

Diviene il tribunale (al posto del giudice delegato) l’organo competente alla fissazione dell’udienza di comparizione, che si svolgerà in camera di consiglio con la partecipazione del debitore, del commissario, e degli eventuali creditori dissenzienti. Questi soggetti legittimati dovranno costituirsi almeno dieci giorni prima con una memoria che conterà tutte le deduzioni, eccezione e le istanze istruttorie. Qualora il debitore non si costituisca, non potrà presenziare all’udienza. Tuttavia il tribunale, anche di ufficio, potrà assumere, eventualmente delegando uno dei componenti del collegio, tutte le informazioni e le prove che riterrà necessarie per la formazione di un proprio convincimento.

Nello stesso termine il commissario giudiziale depositerà il proprio parere che dovrà essere motivato. L’ approvazione del concordato, secondo le modalità di cui all’art. 177, avverrà con decreto motivato che sarà comunicato al debitore ed al commissario. Sarà lo stesso commissario a darne notizia ai creditori. E’ previsto anche il deposito da parte del debitore delle eventuali somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irripetibili.

 

Infine la novella introduce un nuovo istituto: l’accordo di ristrutturazione dei debiti. Il legislatore consente al debitore di depositare un accordo raggiunto con quei creditori che rappresentino almeno il sessanta per cento dei crediti. Dovrà essere altresì depositata una relazione redatta da un esperto che garantisca la attuabilità e la idoneità dell’accordo ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei. L’accordo diviene efficace trascorsi trenta giorni dalla pubblicazione nel registro delle imprese qualora ne i creditori né ogni altro interessato vi si oppongano. Il decreto di omologa è reclamabile entro quindici giorni dalla sua pubblicazione.

 

Il comma 2-bis ha previsto che alcune delle norme poste dall’articolo 2 (comma 1, lettere d), e), f), g), h) ed i)) siano applicabili anche ai procedimenti di concordato preventivo pendenti e non ancora omologati alla data del 17 marzo 2005 (giorno di entrata in vigore del decreto-legge).Conseguentemente, alle procedure di concordato preventivo in corso alla data indicata, sono risultate applicabili le disposizioni che modificano il titolo III (ora denominato Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione) del R.D 267/1942.

Esse sostituiscono i requisiti di meritevolezza per l’accesso al concordato con un piano che può essere proposto ai creditori e che può prevedere:

§       la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma;

§       l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore;

§       la suddivisione dei creditori in classi;

§       trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi differenti.

 

Nel corso del dibattito per la conversione del decreto-legge, è stata inserita nel disegno di legge di conversione, attraverso la presentazione di un emendamento governativo, una delega al Governo per una riforma organica e coerente di tutta la materia delle procedure concorsuali (art. 1, comma 5).

L’indicazione dei principi e criteri direttivi cui si sarebbe dovuto informare il Governo è contenuta nel successivo comma 6.

 

Come già anticipato, la tecnica normativa prescelta consiste nella enunciazione di tre “principi-base”, delineati nelle lettere a), b) e c), ad alcuni dei quali segue una ulteriore enumerazione di principi direttivi.

Tra i citati principi cardine il comma 6 annovera:

§       “modificare la disciplina del fallimento” secondo i principi enumerati nel prosieguo della lettera a), numeri da 1) a 14, ad esempio valorizzando il ruolo del comitato dei creditori, specificando le competenze professionali dei curatori, intervenendo sulla disciplina dell’azione revocatoria, privilegiando la continuazione dell’esercizio dell’impresa, modificando la disciplina del concordato fallimentare ed introducendo ex novo l’istituto dell’esdebitazione, ecc…);

§       prevedere l’abrogazione dell’amministrazione controllata (lettera b);

§       prevedere che i crediti di rivalsa verso il cessionario previsti dalle norme relative all’imposta sul valore aggiunto, se relativi alla cessione di beni mobili, abbiano privilegio sulla generalità dei mobili del debitore con lo stesso grado del privilegio generale di cui agli articoli 2752 e 2753 del codice civile, cui tuttavia è posposto (lettera c);

 

Sulla base della citata delega è stato quindi emanato il decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 (Riforma organica delle procedure concorsuali), che interviene in profondità sulla legge fallimentare di cui al R.D. 16 marzo 1942, n. 267.

Per quanto riguarda il contenuto del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, va ricordato che esso si suddivide in diciotto capi e ben 153 articoli.

 

I principali profili di novità dell’intervento riguardano:

§         l’estensione dei soggetti esonerati dall’applicabilità dell’istituto del fallimento; l’accelerazione delle procedure applicabili alle controversie relative;

§         la valorizzazione del ruolo e dei poteri del curatore fallimentare e del comitato dei creditori (a fronte del ridimensionamento di quelli del giudice delegato);

§         la conservazione delle componenti positive dell’impresa (beni produttivi e livelli occupazionali);

§         l’introduzione della disciplina dell’esdebitazione, cioè la liberazione del debitore dai debiti residui nei confronti dei creditori in taluni casi di buona condotta;

§         la riduzione delle ipotesi di incapacità del fallito allo scopo di agevolarne il reinserimento sociale.

La riforma, coerentemente con la normativa comunitaria, realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti, e riconduce al concordato preventivo la disciplina della transazione in sede fiscale per insolvenza o assoggettamento a procedure concorsuali.

Il Capo I contiene le modifiche del Titolo I della legge fallimentare, e, segnatamente, degli articoli 1, 3 e 4.

Il Capo II contiene le modifiche del Titolo II, Capo I, della legge fallimentare, in particolare degli articoli da sei a ventidue.

Il Capo III contiene le modifiche del Capo II del Titolo II della legge fallimentare, in particolare degli articoli da 23 a 41. Questo Capo, dedicato agli organi della procedura di fallimento, modifica in misura rilevante la normativa previgente, sia con riferimento alla specificazione di competenze dettagliate per ciascuno degli organi, sia per una diversa allocazione dei poteri e delle rispettive competenze.

Il Capo IV modifica il Capo III del titolo II della legge fallimentare dedicato agli effetti del fallimento e segnatamente gli articoli da 42 a 83-bis.

Le modifiche del titolo in commento risentono degli stringenti limiti della delega che non hanno permesso di intervenire, oltre i necessari coordinamenti, sulla sezione II relativa agli effetti del fallimento per i creditori e alla sezione III, quest’ultima peraltro oggetto di novella da parte del decreto legge 35/2005, convertito nella legge 80/2005, relativo agli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli dei creditori.

Il Capo V contiene le modifiche del Capo IV del Titolo II della legge fallimentare e, segnatamente, degli articoli da 84 a 90. Esso disciplina la custodia e l’amministrazione delle attività fallimentari. Tenuto conto dell’evoluzione normativa europea e, in particolare,  delle più recenti leggi in materia di insolvenza entrate in vigore in Spagna e Germania, nonché del criterio di delega che consente una nuova allocazione dei poteri e delle competenze degli organi delle procedure fallimentari, è emersa l’esigenza di contemplare nuove norme dirette a regolare il quomodo della acquisizione dei beni all’attivo da destinare al soddisfacimento dei creditori.

Il Capo VI contiene le modifiche del Capo V del Titolo II della legge fallimentare e, segnatamente, degli articoli da 92 a 103, relativi all’accertamento del passivo e dei diritti reali mobiliari di terzi. In esecuzione del principio di delega, che impone di abbreviare i tempi della procedura al fine di realizzare il massimo grado di economia dei mezzi giudiziari e di semplificare le modalità di presentazione delle domande, è stata rivisitata la disciplina dell’accertamento del passivo e delle correlate impugnazioni, puntando su un modello unitario di procedimento, nel contesto del quale siano ben distinguibili i ruoli delle parti (creditori istanti e  curatore) e del giudice delegato, e sia ben definito il sistema delle impugnazioni, sulla base di una serie di principi esattamente definiti.

Il Capo VII contiene le modifiche del Capo VI sulla liquidazione dell’attivo, del Titolo II della legge fallimentare, in particolare, degli articoli da 104 a 110.

Coerentemente con l’impostazione della delega verso una semplificazione ed una maggiore efficienza della procedura, il decreto legislativo ha tenuto conto, in materia di liquidazione e ripartizione dell’attivo, delle prassi già poste in essere da alcuni tribunali che da tempo adottano soluzioni liquidatorie che privilegiano la rapidità e duttilità delle operazioni di cessione, cercando di superare le farraginose e poco efficienti norme sulle vendite, modellate sul sistema delle esecuzioni coattive individuali. Sono quindi state adottate nuove scelte per quanto attiene alla ridefinizione dei ruoli del giudice delegato, del curatore e del comitato dei creditori e dell’individuazione dei più opportuni adempimenti procedurali improntati a semplicità e rapidità; sostanzialmente la scelta è stata quella di una minore giurisdizionalizzazione del procedimento, in cui il curatore diviene il vero motore della procedura ed al giudice viene riservata una funzione di controllo sulla regolarità della stessa e di organo preposto alla soluzione dei conflitti endoconcorsuali.

Il Capo VIII contiene le modifiche del Capo VII, relativo alla ripartizione dell’attivo, del titolo II della legge fallimentare, in particolare, degli articoli da 110 a 117.

Anche la disciplina di tale aspetto è stata improntata al principio della speditezza ed economicità, essendo stata prevista la pronta distribuzione dei ricavati man mano che si realizzano.

Il Capo IX modifica il Capo VIII della legge fallimentare, ed, in particolare la sezione I dedicata alla chiusura del fallimento (articoli da 118 a 123), e la sezione II dedicata al concordato fallimentare (articoli da 124 a 141). Anche se l’impianto della legge è stato conservato, sono state previste ulteriori ipotesi specifiche di chiusura ed è stato introdotto il reclamo innanzi alla Corte d’appello del decreto che respingeva la richiesta di chiusura.

Il Capo X modifica la sezione II del Capo IX del Titolo II della legge fallimentare che viene ex novo rubricata della esdebitazione, e, segnatamente, degli articoli da 142 a 145. L’istituto della esdebitazione, pur ispirato a categorie già presenti nella normativa europea od americana, costituisce un assoluta novità per il sistema italiano e consiste nella incentivante liberazione del debitore persona fisica dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti integralmente, seppure in presenza di certe condizioni. L’obbiettivo è quello di recuperare l’attività economica del fallito per permettergli un nuovo inizio, una volta azzerate tutte le posizioni debitorie. Vengono stabilite alcune particolari condizioni per poter accedere a tale istituto, che è stato strutturato in modo tale da evitare che, nella applicazione pratica, possa incentivare distorsioni nei comportamenti del debitore insolvente.

Il Capo XI contiene le modifiche della sezione II del Capo X , rubricata del fallimento delle società, del Titolo II della legge fallimentare e, segnatamente, degli articoli da 146 a 153.

Il Capo XII contiene le modifiche del Capo IX del Titolo II della legge fallimentare, rubricato ex novo dei patrimoni destinati ad uno specifico affare e, segnatamente, degli articoli da 155 a 159.

Il Capo XIII contiene le modifiche al Capo I del titolo III della legge fallimentare rubricato dell’ammissione alla procedura di concordato fallimentare, e, segnatamente, degli articoli 164 e 166.

Il Capo XIV contiene le modifiche al Capo II del titolo III della legge fallimentare, rubricato degli effetti dell’ammissione al concordato preventivo e, segnatamente, degli articoli 167 e 169.

Il Capo XV contiene le modifiche al Capo V del titolo III della legge fallimentare rubricato ex novo dell’omologazione e dell’esecuzione del concordato preventivo.

Il Capo XVI contiene l’abrogazione del titolo IV della legge fallimentare, rubricato dell’amministrazione controllata.

Il Capo XVII contiene modifiche al titolo V della legge fallimentare, rubricato della liquidazione coatta amministrativa e, segnatamente, degli articoli 195 e 213.

Il Capo XVIII, infine, contiene la disciplina transitoria, le abrogazioni e l’entrata in vigore del decreto legislativo. 


 

Il contenuto dello schema di decreto legislativo

L’articolo 1 dello schema in esame novella, anzitutto, l’art. 1 della legge fallimentare introducendo rilevanti novità in materia di assoggettabilità alla disciplina del fallimento e del concordato preventivo.

 

Al riguardo, la modifica proposta è volta a modificare l'area della fallibilità così come definita dalla riforma introdotta dal D.Lgs. 5/2006, entrata in vigore il 16 luglio 2006 e ciò in quanto, come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, "l’eccessiva riduzione dell’area della fallibilità venutasi a determinare a seguito della novella del 2006, spesso ha impedito di assoggettare alla procedura fallimentare ed alle conseguenti sanzioni penali imprenditori di rilevanti dimensioni in grado di raggiungere elevati livelli di indebitamento, con conseguente danno, sia per i numerosi creditori insoddisfatti, che per l’economia in generale".

 

Nello specifico, le modifiche introdotte riguardano, in particolare:

§         l’eliminazione della nozione di “piccolo imprenditore”;

§         l’individuazione dei soggetti esonerati dal fallimento e dal concordato preventivo mediante la contemporanea sussistenza dei seguenti requisiti:

1)      avere avuto, nei tre esercizi precedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale non superiore a 300.000 euro;

2)      aver realizzato, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi non superiori a 200.000 euro;

3)      avere un indebitamento attuale non superiore a 500.000 euro.

 

In questo modo, si legge nella citata relazione illustrativa del Governo, si superano i contrasti interpretativi sorti riguardo all’individuazione dei criteri di qualificazione delle nozioni di piccolo imprenditore (art. 2083 del cod. civ.), da una parte, e di imprenditore non piccolo (art. 1. L.F.), dall’altra, concetti entrambi contemplati dall’articolo 1 della legge fallimentare, come modificato dall'articolo in esame

 

L’art. 1 riformula, poi, l’art. 3 della legge fallimentare escludendo dall’ammissione all’amministrazione controllata le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, assoggettabili, quindi, al solo concordato preventivo.

 

L’articolo 2 dello schema di decreto legislativo novella numerose disposizioni in materia di “dichiarazione di fallimento” (Capo I, titolo II, della legge fallimentare)

Una prima modifica all’art. 9-bis, recante disposizioni in materia di incompetenza, è volta a definire meglio l'ambito di applicazione della citata disposizione riguardante tutti i provvedimenti, e, quindi, non più solamente, la sentenza, che pronunciano su questioni attinenti alla competenza.

 

Con la successiva novella all’art. 10 (Fallimento dell'imprenditore che ha cessato l'esercizio dell'impresa) è precisato, poi, che, nel caso di impresa individuale o nel caso di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, spetta al solo creditore, ovvero al PM la facoltà di dimostrare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività da cui decorre il termine di un anno per la dichiarazione di fallimento.

La modifica dell’art. 14 è volta, poi, a precisare che l’imprenditore che chiede il fallimento deve, tra le altre cose, depositare in tribunale l’indicazione dei ricavi lordi non degli ultimi tre anni ma degli ultimi tre esercizi. Nello stesso senso, l’art. 15 viene emendato al fine di fornire al tribunale più stringenti elementi di valutazione ai fini della dichiarazione di fallimento: in particolare, si prevede, al quarto comma che il tribunale disponga che l’imprenditore debba depositare i bilanci degli ultimi tre esercizi nonché la possibilità – per lo stesso tribunale - di richiedere informazioni urgenti. A fini di accelerazione della procedura, il nuovo quinto comma concede al giudice la possibilità, in caso di abbreviazione dei termini e di particolare urgenza, di comunicare con ogni mezzo idoneo il ricorso e la data di fissazione dell’udienza. E,’ infine, aumentata l’entità degli accertati debiti scaduti e non pagati che provoca la dichiarazione di fallimento: tale cifra deve ora essere inferiore a 30.000 euro (il limite attuale è di 25.000).

La modifica dell’art. 16 (Sentenza dichiarativa di fallimento) introduce ex novo la previsione che la sentenza del tribunale possa prevedere - oltre quello ordinario di 120 giorni – in caso di procedura molto complessa, un ulteriore termine di 180 giorni dal deposito della sentenza per stabilire la convocazione dell’adunanza in cui si procederà all’esame dello stato passivo.

Viene, poi, riformulato l’art. 18 della legge fallimentare, attualmente rubricato come “appello” (contro la sentenza dichiarativa del fallimento) e di cui si propone, in coerenza con le modifiche apportate a tale articolo, la diversa rubrica "reclamo".

Al riguardo, come si legge nella citata relazione illustrativa del provvedimento "a sostituzione dell’<<appello>> con il <<reclamo>> è coerente con il rito camerale, adottato non solo per la decisione di primo grado, ma anche per la fase di gravame: il reclamo è, infatti, il mezzo tipico di impugnazione dei provvedimenti pronunciati in camera di consiglio, quale che ne sia la forma".

Rispetto all’attuale formulazione dell' art. 18, sono, poi, precisati i contenuti del ricorso il quale deve contenere:

1)      l’indicazione della corte d’appello competente;

2)      le generalità dell'impugnante e l'elezione del domicilio nel comune in cui ha sede la corte d’appello;

3)      l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione, con le relative conclusioni;

4)      l'indicazione dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.

Si allungano, inoltre, da 45 a 60 giorni (dal deposito del ricorso) i termini utili per la fissazione dell’udienza di comparizione e vengono, dettati precisi termini; in particolare, tra la data della notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non minore di 30 giorni; la costituzione delle parti resistenti deve avvenire almeno dieci giorni prima della udienza, eleggendo il domicilio nel comune in cui ha sede la corte d’appello. La costituzione si effettua mediante il deposito in cancelleria di una memoria contenente l’esposizione delle difese in fatto e in diritto, nonché l'indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti. Analoghe sono le modalità e i termini d’intervento di qualunque altro interessato

All'udienza, si prevede, poi, che il collegio possa assumere d’ufficio i mezzi di prova necessari anche, eventualmente delegando un suo componente. Oltre alla precisazione che spetta alla cancelleria notificare alle parti interessate la sentenza che revoca il fallimento o che rigetta ilo reclamo, la nuova norma prevede un termine di 30 gg. per la presentazione dell’eventuale ricorso per cassazione. Ultima novità è la reclamabilità (ora non prevista) del decreto del tribunale che liquida le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto reclamabile davanti alla corte d’appello.

 

La novella dell’art. 19 della legge chiarisce che la competenza a decidere sulla sospensione della liquidazione dell’attivo in pendenza di reclamo è della corte d’appello. Ulteriori novelle riguardano, infine, l’abrogazione dell’art. 20 della legge fallimentare (che disciplina le modalità di prosecuzione del giudizio in caso di morte del fallito durante il giudizio di opposizione) nonchè la modifica dell’art. 22, che aumenta da 15 a 30 giorni il termine, per il creditore ricorrente o il PM, per proporre reclamo contro il decreto che respinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento.

 

L’articolo 3 del provvedimento in esame introduce modifiche al titolo II, Capo II, della legge fallimentare (Degli organi preposti al fallimento).

Al riguardo, si segnala, in primo luogo, che  è anzitutto soppresso il comma 2 dell’art. 24 della legge fallimentare il quale prevede che alle controversie di competenza del tribunale fallimentare si applicano gli articoli da 737 a 742 del codice di procedura civile, ossia le disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio.

 

In relazione alla citata soppressione, la relazione illustrativa del Governo precisa che "la modifica viene a correggere una grave disarmonia, non giustificabile con particolari esigenze della procedura. Le predette controversie, infatti, sono cause aventi ad oggetto diritti soggettivi, che si svolgono al di fuori della procedura, nei confronti di terzi estranei al fallimento, i quali verrebbero privati delle garanzie dei due gradi di cognizione piena, di cui possono di regola usufruire tutti i soggetti dell’ordinamento".

 

In secondo luogo, poi, all’art. 25, comma 1, n. 6) il termine avvocati è sostituito,con quello più ampio di difensori, per coordinare la norma con la disciplina dei giudizi tributari dove difendono anche professionisti diversi dagli avvocati.

La riformulazione dell’art. 26 mira, poi, in particolare, a rimodellare il procedimento di reclamo contro i decreti del giudice delegato e del tribunale secondo lo schema del rito in camera di consiglio. Oltre a disporre la titolarità dello stesso tribunale nel disporre le modalità pubblicitarie, viene disciplinata la fase introduttiva del gravame secondo il modello del rito del lavoro; è precisato che nel ricorso con cui si propone il reclamo deve essere contenuta, a pena di decadenza, l’indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti mentre, a fine di speditezza, risultano abbreviati e precisati diversi termini procedurali.

La novella all’art. 32, in conformità con il mutato assetto degli organi della procedura, assegna, poi, al comitato dei creditori anziché al giudice delegato il compito di autorizzare il curatore alla delega di specifiche operazioni.

In relazione, poi, alla novella prevista al successivo articolo 34 (Deposito delle somme riscosse) scopo dell'intervento è quello di non immobilizzare necessariamente le somme riscosse dal curatore permettendone un eventuale investimento, pur garantendo l’integrità del capitale iniziale.

La successiva novella all’art. 35 (Integrazione dei poteri del curatore) prevede che il curatore, nella formulazione della richiesta al comitato dei creditori, possa formulare le proprie conclusioni sulla convenienza degli atti indicati dalla norma e degli altri, eventuali, di straordinaria amministrazione, mentre la novella all’art. 37-bis è volta a stabilire, invece, che solo al termine dell’adunanza per l’esame dello stato passivo e prima che lo stesso venga dichiarato esecutivo i creditori presenti possano chiedere la sostituzione del curatore e nuove designazioni di membri del comitato dei creditori; il tribunale, inoltre, dispone la sostituzione del curatore solo “valutate le ragioni della richiesta” da parte dei creditori.

L’art. 41 della legge fallimentare è, a sua volta, integrato allo scopo di garantire maggior funzionalità al comitato dei creditori prevedendo nuove ipotesi di surrogabilità delle funzioni del comitato dei creditori da parte del giudice delegato; si prevede, inoltre, che ai membri del comitato dei creditori si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni normative in materia di responsabilità dei sindaci espressamente previste dal primo e dal terzo comma dell'art. 2407 e che spetti al curatore, durante lo svolgimento della procedura fallimentare la legittimazione a proporre azioni di responsabilità nei confronti dei componenti del comitato dei creditori,

 

L’articolo 4 del provvedimento in esame novella il titolo II del Capo III della legge fallimentare (Degli effetti del fallimento).

 

La novella all’art. 48 è finalizzata, in particolare, a circoscrivere all’imprenditore fallito, persona fisica, l’obbligo di consegna della propria corrispondenza inerente i rapporti compresi nel fallimento, mentre in relazione alla corrispondenza diretta al fallito che non sia persona fisica si prevede che questa venga consegnata al curatore.

 

Al riguardo, nella relazione illustrativa del provvedimento si precisa che tale modifica si giustifica per il fatto che, solo nei riguardi del fallito che sia persona fisica ha senso salvaguardare il diritto alla riservatezza nella corrispondenza. La corrispondenza diretta ad una persona fisica in qualità di legale rappresentante di una società non può avere, per definizione, carattere personale e non ha quindi senso adottare misure idonee a salvaguardare la riservatezza della corrispondenza.

 

L’integrazione prevista all’art. 52 della legge è, invece, finalizzata all’accertamento (secondo la disciplina stabilita dal Capo V della legge stessa) anche dei crediti per i quali non risultino possibili azioni esecutive e cautelari individuali.

Per quanto riguarda, poi, la modifica prevista all’art. 53 questa  assume valore di semplice coordinamento con le nuove disposizioni su modalità di vendita e liquidazione dell’attivo di cui al nuovo art. 107, mentre la successiva novella riguardante l’art. 67 (Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie) esclude dall’azione revocatoria i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’articolo 2645 bis del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta disposizione, (in quanto sia  trascorso un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo ovvero tre anni senza che sia avvenuta la trascrizione del contratto definitivo).

Inoltre, sempre con riferimento all’art. 67 della legge fallimentare si precisa che ai fini dell’esonero dalla revocatoria, il piano sulla cui base sono stati eseguiti atti, pagamenti e concesse garanzie sui beni del debitore deve essere stato redatto da specifici professionisti di particolare competenza. Sempre in tema di revocatoria, la novella all’art. 70 specifica, poi, che tra i rapporti continuativi e reiterati revocabili sono compresi i rapporti di conto corrente.

 

La successiva modifica all'art. 72 della legge fallimentare, in materia di rapporti pendenti,precisa, poi, che il contratto traslativo si considera ineseguito o non compiutamente eseguito (ai fini del subentro del curatore nel rapporto) quando non si è ancora realizzato alcun effetto reale.

Inoltre, tornando alla formulazione previgente il D.Lgs 5/2006, si stabilisce  che se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti, ove nei confronti di una di esse vrnga dichiarato il fallimento non spetta alcun risarcimento al contraente di buona fede (salvo il suo diritto da far velare nel passivo fallimentare).

Allo stesso art. 72 è aggiunta, poi, una specifica disposizione derogatoria della disciplina generale a tutela del promissario acquirente di una casa di prima abitazione, oggetto di preliminare di vendita trascritto.

L’art. 72-bis (Fallimento del venditore e contratti relativi ad immobili da costruire) è stato, inoltre, riformulato sopprimendo la norma sul fallimento del venditore, considerata superflua alla luce dalla regola generale per la quale il contratto traslativo si intende eseguito quando si è verificato l’effetto reale ed inoltre eliminando la norma sul privilegio del promissorio acquirente in quanto ripetizione della medesima regola già contenuta nell’articolo precedente. Viene, inoltre, soppresso il riferimento alle crisi d’impresa, considerato estraneo alla materia fallimentare.

La modifica all’art. 72-quater (Locazione finanziaria) è volta, poi, a precisare che in caso di scioglimento del contratto di leasing l’impresa locatrice fa valere i suoi diritti nel fallimento, purchè abbia disposto del bene recuperato secondo valori di mercato.

L’art. 73 viene, poi, riformulato in quanto, come si legge nella relazione illustrativa, la disposizione vigente, estesa a tutte le fattispecie di vendita a termine o a rate, non risulta sistematicamente compatibile con la disciplina dei rapporti pendenti.

 

Al riguardo, la relazione governativa osserva, altresì, che allo stato "la tutela del venditore non fallito in tali contratti (tutela esplicantesi nell’obbligo del curatore che subentra nel contratto di versare il prezzo per l’intero) si giustifica soltanto nella ipotesi in cui non sia avvenuto il passaggio della proprietà, il che richiede l’apposizione della clausola sul riservato dominio. Qualora la proprietà fosse stata trasferita prima del fallimento il contratto sarebbe da considerarsi eseguito; nel patrimonio del venditore residuerebbe un mero credito da far valere nei confronti del fallimento secondo le regole del concorso".

 

Anche l’art. 74 della legge fallimentare, attualmente rubricato "Contratto di somministrazione" e già novellato dal D.Lgs 5/2006 per ovviare a rilevanti problemi applicativi e d’interpretazione, viene riscritto come contratto ad esecuzione continuata o periodica e ciò al fine di consentirne un’applicazione più ampia in ambito fallimentare.

In relazione poi al successivo art. 79, si propone di modificarne il contenuto al fine di inserirvi le disposizioni del vigente art. 80-bis, relative all’affitto d’azienda (norma ora, conseguentemente, abrogata); come precisato nella relazione illustrativa, lo spostamento ha ragioni sistematiche in quanto la disciplina dell’art. 79 (Possesso del fallito a titolo precario) è ora in gran parte prevista dall’art. 103, collocato nella più opportuna sede, relativa all’accertamento del passivo (Capo V).

Anche l’art. 80, relativo agli effetti del fallimento del locatore nel contratto di leasing immobiliare è stato novellato prevedendo il possibile recesso del curatore subentrante quando il contratto sia superiore a 4 anni (dalla dichiarazione di fallimento); a favore del conduttore si prevede, in tal caso, la corresponsione di un equo indennizzo.

 

L’articolo 5 dello schema di decreto introduce talune modifiche agli articoli 88 e 89, inseriti nel titolo II, Capo IV, del RD 267/1942 (Della custodia e dell’amministrazione delle attività fallimentari).

La prima modifica, all’art. 88 (Presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore), specifica che in caso di possesso da parte del fallito di beni immobili o beni comunque registrati, l’estratto della sentenza dichiarativa del fallimento, notificata dal curatore, deve essere trascritta (e non, come ora, annotata) nei pubblici registri. La modifica dell’art. 88 risponde, invece, a pure esigenze di sintassi.

 

L’articolo 6 del provvedimento in esame reca modifiche al titolo II, Capo V della legge fallimentare (Dell’accertamento del passivo e dei diritti mobiliari di terzi).

Nello specifico, dall’art. 93 (Domanda di ammissione al passivo)è eliminato l’obbligo, per il creditore che chiede di essere ammesso al passivo fallimentare, di indicare nel ricorso depositato presso il tribunale, oltre che il titolo di prelazione del credito e la descrizione del bene cui la prelazione si riferisce, anche la graduazione del credito (che discende direttamente dalla legge ed è effettuato in sede di riparto). Per gli stessi motivi, è abrogato il secondo comma dell’art. 96.

Una seconda modifica interviene sull’art. 93 eliminando l’obbligo di depositare, almeno 15 giorni prima dell’udienza per l’esame dello stato passivo del fallimento, i documenti non presentati con la domanda di ammissione al passivo. Al riguardo, si osserva, infatti, che il successivo articolo 95 (Progetto di stato passivo e udienza di discussione) concede ai creditori di depositare documenti integrativi fino all’udienza di verificazione del passivo; la modifica, si legge nella relazione illustrativa del provvedimento in esame, risponde ad esigenze di economia processuale essendo volta ad evitare che, a fronte delle conclusioni del curatore, il creditore eventualmente escluso debba necessariamente impugnare il decreto che rende esecutivo lo stato passivo.

Per quanto riguarda, poi, l’art. 96 (Formazione ed esecutività dello stato passivo) viene precisato che il decreto del giudice delegato che decide sulla domanda di ammissione al passivo deve essere (sempre) succintamente motivato. La norma attuale stabilisce, invece, come necessaria tale motivazione solo se la domanda proposta è contestata dal curatore.

Notevoli modifiche sono introdotte, poi, all’art. 99 della legge, relativo al procedimento d’impugnazione del decreto di esecutività dello stato passivo.

Il nuovo testo omologa tale procedimento – così afferma la relazione allo schema in esame - “ad uno schema uniforme di rito camerale fallimentare” opportunamente adattato.

In particolare, in relazione al contenuto del ricorso si segnalano le seguenti novità:

1)      l’elezione del domicilio dell’impugnante va fatta nel comune ove ha sede il tribunale, anziché in un comune sito nel suo circondario (analogo obbligo è stabilito per la parte resistente, cfr. comma 5);

2)      devono essere indicate le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio (come già previsto per il resistente, nella memoria difensiva, cfr. comma 5).

E’ precisato, poi, che il relatore venga nominato dal presidente del tribunale entro 5 giorni dal deposito del ricorso e che l’udienza di comparizione sia fissata non oltre 60 giorni dal deposito dello stesso. Il ricorrente, entro 10 gg. dalla comunicazione del decreto di esecutività dello stato passivo, deve notificare l’impugnazione, insieme al decreto che fissa l’udienza, al curatore, al fallito e all’eventuale controinteressato. L’assunzione dei mezzi di prova all’udienza sono ora indistintamente assumibili d’ufficio da parte del tribunale, che decide sull’opposizione, impugnazione o revocazione con decreto motivato entro 60 gg. dall’udienza. Resta confermata la possibilità di presentare ricorso in  Cassazione, mentre è aumentato da 20 a 30 gg, decorrente dall'udienza, il termine di pronuncia in via provvisoria del tribunale (decreto motivato non reclamabile).

La novella all’art. 101 della legge fallimentare mira, poi, a disciplinare più compiutamente le cd. domande tardive di crediti: al riguardo, è infatti, aggiunta una disposizione che prevede che il giudice delegato fissi ogni 4 mesi un’udienza per l’esame delle domande tardive, fatta salva la sussistenza di motivi d’urgenza.  La successiva modifica apportata all’art. 102 (Previsioni di insufficiente realizzo) rende, poi, obbligatorio da parte del curatore allegare anche il parere del comitato dei creditori, alla istanza presentata dal medesimo curatore al tribunale affinchè non si dia luogo al procedimento di accertamento del passivo.

 

L’articolo 7 dello schema di decreto legislativo reca, poi, modifiche al titolo II, Capo VI della legge fallimentare (Dell’esercizio provvisorio e della liquidazione dell’attivo).

Le modifiche di maggior conto riguardano, in particolare,  l'art. 104-ter relativo al programma di liquidazione. Una prima novità prevede che il curatore debba sottoporre il programma non più all’approvazione del giudice delegato bensì a quella del comitato dei creditori. Viene, poi, definito il programma come “l’atto di pianificazione e indirizzo” in relazione alle modalità e ai termini previsti per la liquidazione dell’attivo. Per quel che concerne il contenuto, è specificato che il curatore debba indicare non solo le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare ma anche una previsione sul loro possibile esito. Viene, inoltre precisato, il rapporto tra il programma di liquidazione e la sua approvazione: se quest’ultima spetta al comitato dei creditori è il giudice delegato che, invece, ne autorizza i singoli atti o operazioni in esso inclusi e riceve comunicazione dell’approvazione stessa.

L’art. 7 in esame, poi, unifica in un’unica sezione II la disciplina della vendita dei beni, sia mobili che immobili (la nuova rubrica è. così, “Della vendita dei beni”) introducendo una modifica testuale della rubrica dell’art. 107.

La stessa norma è novellata in particolare con la previsione che il giudice delegato possa, come nel rito esecutivo ordinario, provvedere direttamente alla vendita di beni mobili, immobili e mobili registrati in luogo del curatore; tale ultimo intervento estende, in particolare, detta disciplina anche ad autoveicoli, navi ed aeromobili. Di conseguenza, è abrogato l’art. 108-bis,che per navi, galleggianti ed aeromobili vede la vendita di tali beni disciplinata dal codice della navigazione.

La modifica all’art. 108, relativa alle cancellazioni delle iscrizioni, pignoramenti, sequestri ed ogni altro vincolo sui beni venduti, ha natura di coordinamento con la novella appena citata dell’art. 107.

 

L’articolo 8 del provvedimento novella disposizioni contenute nel titolo II, Capo VII, della legge fallimentare (Della ripartizione dell’attivo).

In relazione all’art. 110 il contenuto è integrato con un periodo che chiarisce come il privilegio di cui godono i crediti non sottoponibili ad azioni esecutive e cautelari vale sono in ambito processuale (ovvero la prosecuzione dell’esecuzione in pendenza di fallimento) ma non in quello sostanziale: infatti, tali crediti – al pari degli altri - sono inseriti nel progetto di ripartizione dell’attivo.

La stessa norma elimina, poi, l’obbligo per il giudice delegato, prima del deposito in cancelleria, di sentire il comitato dei creditori sul progetto di ripartizione presentato dal curatore; lo stesso art. 110 prevede, infatti, la possibilità per ogni creditore di proporre reclamo una volta presa visione del progetto.

Un’ulteriore modifica all’art. 110 è volta, poi, a precisare che il reclamo dei creditori sul progetto va proposto al giudice delegato; il riferimento all’art. 36 della legge (reclamo contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori) anziché all’art. 26 (reclamo contro i decreti del giudice delegato e del tribunale) sottolinea la paternità del curatore del progetto di ripartizione.

Dopo un modifica testuale dell’art. 111 (Ordine di distribuzione delle somme) volta ad esigenze di precisione lessicale, viene abrogato il comma 2 dell’art. 111-bis (Disciplina dei crediti prededucibili), ritenuto sostanzialmente una duplicazione rispetto al contenuto del comma 1 della stessa norma; è, inoltre, precisato che nella soddisfazione dei crediti prededucibili[6] va tenuto conto dell’ordine di graduazione delle rispettive cause di prelazione. E’, infine, stabilito, eliminando l’attuale limite massimo dei 25.000 euro, che l’eventuale integrale soddisfazione da parte del curatore dei crediti prededucibili (liquidi, esigibili e non contestati) sorti durante il fallimento (in caso, ciò sia possibile al di fuori del riparto per sufficienza dell’attivo) deve comunque essere sempre autorizzato dal comitato dei creditori o dal giudice delegato.

L’ultima disposizione della legge fallimentare novellata dall’art. 8 è l’art. 115, relativo al pagamento ai creditori, cui è apportata un’integrazione volta ad estendere la disciplina per le cessioni dei crediti ammessi anche alla eventuale surrogazione del creditore di cui all’art. 1201 c.c.

 

L’articolo 9 dello schema di decreto in esame reca modifiche al titolo II, Capo VIII (Della cessazione della procedura fallimentare) del RD 267/1942.

 

Per quanto riguarda, in particolare, la chiusura del fallimento, il comma 1 modifica l’art. 118 e prevede che in caso di fallimento di società, il curatore debba chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese quando l’attivo è già stato ripartito, ovvero quando non sono possibili ripartizioni o pagamenti di crediti prededucibili per mancanza di attivo.

E’, inoltre, limitata ai casi di assenza di debiti sociali la chiusura automatica del fallimento della società che determini anche la chiusura del fallimento dei soci illimitatamente responsabili ex art. 147.

All’art. 119 è, poi, aggiunto un nuovo periodo volto prevedere che il decreto di chiusura del fallimento, oltre a poter essere reclamato nelle forme disciplinate dall’art. 26, possa – in caso di esito negativo - essere anche soggetto a ricorso per Cassazione. Il ricorso per Cassazione dovrà essere proposto nel termine di 30 giorni dalla notificazione o comunicazione del decreto della Corte d’appello al curatore, al fallito, al comitato dei creditori al reclamante o all’intervenuto nel procedimento.

 

La novella prevista all'art. 120 è volta, poi, a precisare che con la chiusura del fallimento, oltre a cessare gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito ed a decadere gli organi preposti al fallimento, vengono meno anche le incapacità personali del fallito.

 

Le successive modifiche previste dall’art. 9 in esame riguardano il concordato fallimentare.

La prima interessa l’art. 124 della legge fallimentare, la cui principale novità consiste nella possibilità che possa essere lo stesso fallito a proporre il concordato prima del decorso semestrale dalla dichiarazione di fallimento (e di due anni dal decreto di esecutività del passivo); viene, tuttavia precisata, in tal caso, la condizione della tenuta della contabilità da parte del fallito. E’ stabilito, inoltre, che la relazione giurata sul valore di mercato da attribuire al cespite o credito oggetto della garanzia possa essere operata – oltre che dai revisori contabili e società di revisione – anche da professionisti con i requisiti per la nomina a curatore (art. 28, lett. a) e b)). Le ulteriori modifiche testuali dell’art. 124 rispondono all’esigenza di chiarire che la disciplina del concordato è identica per tutti i proponenti, creditori e non.

All’art. 125, relativo all’esame della proposta di concordato, è anzitutto introdotto il riferimento alle garanzie offerte, così colmando una carenza dell’attuale disciplina che non prevede il concordato fallimentare con garanzia. La nuova normachiarisce che la valutazione sul merito della proposta di concordato spetta al comitato dei creditori, residuando al giudice delegato una valutazione formale sulla sua ritualità; con la proposta vanno comunicati ai creditori sia il parere del curatore che del comitato dei creditori ed i creditori vanno informati che una mancata risposta nei termini è considerata come assenso sul concordato. E’, infine, precisato che la proposta che contenga condizioni differenziate per classi di creditori va sottoposta al giudizio del tribunale “prima di essere comunicata ai creditori”.

In tale ultima ipotesi (ovvero previsione di diverse classi di creditori) l’art. 128 della legge è modificato per rendere più agevole l’approvazione del concordato: mentre la vigente disciplina necessita, a tal fine, dell’approvazione della maggioranza dei crediti ammessi al voto in ogni classe, con la novella basta, infatti, tale voto favorevole nel maggior numero di classi. L’ulteriore modifica dell’art. 128 assume natura di coordinamento.

Per quanto riguarda l’art. 129 della legge fallimentare, relativo al giudizio di omologazione, la novella prevede, anzitutto, che la comunicazione al proponente dell’approvazione della proposta mira a far chiedere a questi l’omologazione del concordato; inoltre, in accordo con la novella all’art. 125, ovvero la valorizzazione del ruolo del comitato dei creditori, sarà conseguentemente quest’ultimo, e non il curatore, a depositare presso il tribunale la relazione finale motivata col suo parere definitivo sul concordato. In caso di opposizioni, è prevista la possibile assunzione di mezzi istruttori da parte del tribunale, anche mediante delega di uno dei membri dell’ufficio giudiziario.

Per quanto riguarda, poi, la citata ipotesi di concordato fallimentare approvato nel maggior numero di classi di creditori (art. 128, comma 2), anche in caso di dissenso sulla proposta da parte di un creditore appartenente a classe dissenziente, l’omologazione del concordato da parte del tribunale sarà possibile quando il collegio valuti che il concordato posa comunque soddisfare il credito “in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili”.

Con il nuovo art. 131, l’art. 9 del provvedimento in esame modifica il procedimento di reclamo avverso il decreto di omologazione del concordato sulla base del schema del rito camerale fallimentare. Dopo la precisazione che il termine di 30 gg. per l’impugnazione decorre non dalla comunicazione bensì dalla notificazione del decreto ad opera della cancelleria del tribunale, è stabilito che il ricorso contenga i requisiti dell’analoga impugnazione avverso la sentenza dichiarativa del fallimento (v. ante, nuovo art. 18, legge fallimentare). E’ fissato un breve termine di 5 giorni dal deposito del ricorso per la designazione del relatore da parte del presidente della corte d’appello, precisando a tal fine l’uso dello strumento del decreto. Viene precisato che “le altre parti” alle quali va notificato il ricorso, con il decreto di fissazione dell’udienza, se non sono i reclamanti, si identificano nel fallito, nel proponente e negli opponenti.

La fase introduttiva del giudizio di reclamo è, anche, in tal caso come per gli altri riti in camera di consiglio, modellata sul rito del lavoro; le disposizioni dettate sono, quindi, identiche a quelle del citato art. 18 e dell’art. 99 (impugnazione del decreto che rende esecutivo lo stato passivo fallimentare), al cui commento si fa rinvio. Anche in tal caso, viene precisato, che la corte d’appello può delegare un suo componente all’assunzione di mezzi  di prova; analoga precisazione riguarda il decreto motivato della corte che decide sul reclamo, che deve essere notificato alle parti a cura della cancelleria. E’ infine specificato che i 30 gg. per l’eventuale ricorso in cassazione decorrono dalla citata notificazione.

Con la novella all’art. 137 è precisato, in linea con l’opzione di abolire le iniziative d’ufficio del tribunale, che i soli creditori possono chiedere la risoluzione del concordato per mancata costituzione delle garanzie o mancato adempimento degli obblighi da parte del proponente. Mentre il richiamo all’art. 15 della legge fallimentare è funzionale al richiamo allo schema del rito camerale, con un’ulteriore modifica testuale si precisa che la forma della pronuncia, reclamabile, che risolve il concordato riaprendo il fallimento è quella della sentenza.

 

L'articolo 10 apporta talune novelle agli articoli 142 e 144 della legge fallimentare, dedicati all'istituto della esdebitazione[7] ed inseriti all'interno del Capo IX della legge fallimentare.

 

In particolare la prima modifica incide sulla attuale disposizione normativa concernente i casi in cui è escluso il ricorso all'istituto della esdebitazione (art. 142, comma 3, lettera a)) al fine di ricomprebndervi le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all'esercizio dell'impresa.

 

Come si legge nella relazione illustrativa dello schema di decreto in esame la ratio di tale modifica deve essere individuata nella necessità di individuare più appropriatamente taluni debiti per i quali l'esdebitazione non è ragionevolmente giustificabile: sono quelli derivanti da " rapporti estranei all'esercizio dell'impresa", anziché da rapporti "non compresi nel fallimento ai sensi dell'articolo 46", espressione questa attualmente presente nel citato articolo 142.

 

La seconda modifica concerne, poi, il successivo articolo 144 concernente gli effetti dell'esdebitazione nei confronti dei creditori concorsuali non concorrenti.

Al riguardo, fermo restando il principio generale previsto dal citato articolo 144 in base al quale il decreto di accoglimento della domanda di esdebitazione produce effetti anche nei confronti dei creditori anteriori alla apertura della procedura di liquidazione che non hanno presentato la domanda di ammissione al passivo, la modica proposta è volta a specificare che in tale caso, l’esdebitazione opera per la sola eccedenza alla percentuale attribuita nel concorso ai creditori di pari grado.

 

Il successivo articolo 11, novella, poi, l' articolo 147 della legge fallimentare, rubricato "Società con soci a responsabilità illimitata".

In particolare, la modifica proposta concerne il solo comma 6 del citato articolo 147, che attualmente prevede la possibilità di appellare la sentenza del tribunale che dichiara il fallimento dei soci illimitatamente responsabili.

Al riguardo, l'articolo 11 dello schema di decreto legislativo in esame prevede la sostituzione dell' "appello" con il "reclamo" e ciò in conseguenza della citata modifica prevista dal comma 6 dell'articolo 2 dello schema di decreto legislativo in esame che, novellando l'articolo 18 della legge fallimentare, ha previsto la possibilità di reclamo, anziché l'appello, contro la sentenza che dichiara il fallimento.

 

Il successivo articolo 12, composto da cinque commi, interviene sul Titolo III (Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione), Capo I (Dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo), della legge fallimentare.

 

In particolare, il comma 1 interviene sull'articolo 160 della legge fallimentare riguardante le condizioni per l'ammissione alla procedura.

 

Nello specifico la modifica che si intende apportare è volta a prevedere la possibilità che la proposta di concordato preventivo contempli il pagamento in percentuale dei creditori privilegiati, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di vendita, considerato:

1)      il valore di mercato attribuibile al cespite, ovvero;

2)      al reddito oggetto della garanzia indicato nella relazione giurata di un esperto o di un revisore contabile o di una società di revisione designati dal tribunale.

 

Come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, scopo della novella proposta è quello di incentivare il ricorso all'istituto del concordato preventivo eliminando, altresì, una illogica diversità di disciplina rispetto al concordato fallimentare.

 

Il successivo comma 2 dell'articolo 12, interviene, invece, sull'articolo 161 della legge fallimentare concernente la "Domanda di concordato", al fine di apportarvi due modifiche.

 

La prima riguarda, in particolare, i requisiti che deve possedere il  professionista incaricato di effettuare la relazione da allegare alla domanda di ammissione alla procedura di concordato.

Attraverso il rinvio alle lettere a) e b) dell'articolo 28 della legge fallimentare, in materia di Requisiti per la nomina a curatore, si prevede, infatti, che la citata relazione venga predisposta da:

 

1)      avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti (lettera a));

2)      studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale caso, all'atto dell'accettazione dell'incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura (lettera b));

 

In relazione alla modifica in esame si osserva che il testo vigente rinvia genericamente all'articolo 28 contemplando, quindi la possibilità che la citata relazione venga predisposta, oltre che dai soggetti sopra indicati anche da coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento (lettera c)).

 

La seconda modifica prevista all'articolo 161 della legge fallimentare è volta, invece, a prevedere che la domanda di concordato venga comunicata al Pubblico ministero.

 

In relazione alla formulazione di questa norma si segnala che l'espressione "la domanda di concordato è comunicata al pubblico ministero" andrebbe sostituita con seguente: "La domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo è comunicata al Pubblico ministero".

 

Il successivo comma 3 dell'articolo 12 apporta talune modifiche all'articolo 162 della legge fallimentare in materia di "Inammissibilità della domanda".

 

Al riguardo, le modifiche proposte consistono nel prevedere:

 

1)      la possibilità, da parte del Tribunale, in sede di esame della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, di concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti;

2)      l'obbligo per il Tribunale di sentire il debitore in camera di consiglio nel caso in cui riscontri che non ricorrono le condizioni di ammissibilità alla procedura di concordato preventivo e prima della relativa dichiarazione di inammissibilità;

 

Il comma in esame esclude, poi, che il Tribunale, avendo dichiarato inammissibile la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, possa d'ufficio dichiarare il fallimento del debitore, come attualmente previsto dal comma 2 dell'articolo 162 della legge fallimentare, stabilendo, al riguardo, che in questi casi il fallimento può essere dichiarato solamente su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero.

 

In questo caso, nei confronti della sentenza che dichiara il fallimento è prevista espressamente la possibilità di presentare reclamo deducendo anche motivi attinenti all'ammissibilità della proposta di concordato.

 

In sintesi, quindi, resta invariato il principio previsto dall'attuale comma 1 dell'articolo 162 della legge fallimentare in base al quale non è soggetto a reclamo il provvedimento che dichiara inammissibile la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo. Viene, però concessa la possibilità di presentare reclamo, deducendo anche motivi attinenti all'ammissibilità della proposta di concordato, nei confronti della sentenza del Tribunale che dichiari il fallimento del debitore successivamente alla valutazione di inammissibilità della domanda di ammissione al concordato preventivo.

 

In relazione alla formulazione del comma 3 dell'articolo 12, nella parte in cui prevede che "contro la sentenza è proponibile reclamo a norma dell’articolo 18", da un punto di vista meramente formale, appare opportuno specificare che ci si riferisce alla sentenza che dichiara il fallimento.

 

Il successivo comma 4 dell'articolo 12 incide sull'articolo 163 della legge fallimentare in materia di ammissione alla procedura di concordato preventivo.

 

Al riguardo, oltre ad una modifica di carattere formale volta a precisare che Il tribunale dichiara aperta la procedura di concordato preventivo nel caso in cui non abbia dichiarato inammissibile la relativa domanda, il comma in esame prevede espressamente l'importo della somma che il ricorrente è tenuto a depositare nella cancelleria del tribunale una volta aperta la procedura di concordato preventivo.

 

Nello specifico il comma in esame, sostituendo l'attuale generica formulazione secondo la quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma che si che si presume necessaria per l'intera procedura, stabilisce, viceversa che tale somma è pari:

1)      al 50 per cento delle spese che si presumono necessarie per l'intera procedura, ovvero

2)      la diversa minor somma, non inferiore al 20 per cento di tali spese, che sia determinata dal giudice.

 

Su proposta del commissario giudiziale, il giudice delegato può disporre che le somme riscosse vengano investite secondo quanto previsto dall’articolo 34, primo comma della medesima legge fallimentare.

 

Al riguardo, si segnala che ai sensi del comma 1 del citato articolo 34 le somme riscosse a qualunque titolo dal curatore sono depositate entro il termine massimo di dieci giorni dalla corresponsione sul conto corrente intestato alla procedura fallimentare aperto presso un ufficio postale o presso una banca scelti dal curatore.

 

Da ultimo, il comma 5 dell'articolo 12 incide sull'articolo 17 della legge fallimentare concernente la pubblicità del decreto che dichiara la aperta la procedura di concordato preventivo.

 

Al riguardo, la modifica proposta è volta a specificare che tale pubblicazione è effettuate dal cancelliere a norma dell'articolo 17 della medesima legge fallimentare.

 

Il citato articolo 17 reca disposizioni in materia di "Comunicazione e pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento". Ai sensi del comma 1 del citato articolo entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, la sentenza che dichiara il fallimento è notificata, su richiesta del cancelliere, ai sensi dell'articolo 137 del codice di procedura civile al debitore, eventualmente presso il domicilio eletto nel corso del procedimento previsto dall'articolo 15, ed è comunicata per estratto, ai sensi dell'articolo 136 del codice di procedura civile, al curatore ed al richiedente il fallimento. L'estratto deve contenere il nome del debitore, il nome del curatore, il dispositivo e la data del deposito della sentenza. Ai sensi del successivo comma 2 la sentenza è altresì annotata presso l'ufficio del registro delle imprese ove l'imprenditore ha la sede legale e, se questa differisce dalla sede effettiva, anche presso quello corrispondente al luogo ove la procedura è stata aperta. Da ultimo il comma 3 prevede che a tale fine, il cancelliere, entro il termine di cui al primo comma, trasmette, anche per via telematica, l'estratto della sentenza all'ufficio del registro delle imprese indicato nel citato comma 2.

 

L'articolo 13 dello schema di decreto legislativo in esame novella, a sua volta, l'articolo 168 della legge fallimentare, inserito all'interno del Capo II (Degli effetti dell’ammissione al concordato preventivo), Titolo III (Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione), della medesima legge.

 

Nello specifico, la modifica proposta è volta a stabilire il principio in base al quale i creditori per titolo o causa anteriore al decreto di omologazione del concordato preventivo non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore dalla data della presentazione del ricorso e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, anziché fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato, come attualmente previsto dal comma novellato.

 

Il successivo articolo 14 reca modifiche agli articoli 173 e 175 della legge fallimentare, attualmente collocati, rispettivamente, all'interno del Capo III (Dei provvedimenti immediati), e Capo IV (Della deliberazione della proposta di concordato) Titolo III (Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione), della medesima legge.

 

Da un punto di vista meramente formale si segnala che la novella all'articolo 175 della legge fallimentare andrebbe più correttamente spostata all'interno del successivo articolo 15 dello schema di decreto legislativo in esame, concernente le modifiche al Capo IV del titolo III della legge fallimentare.

A tal fine si osserva, infatti, che la rubrica dell'articolo 14 dello schema di decreto legislativo reca " Modifiche al Titolo III, Capo III, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267", mentre la rubrica dell'articolo 15 reca " Modifiche al Titolo III, Capo IV, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

 

In particolare il comma 1 dell'articolo 14 incide sull'attuale formulazione dell'articolo 173, attualmente rubricato "Dichiarazione del fallimento nel corso della procedura" e di cui si propone la nuova rubrica "Revoca dell’ammissione al concordato e dichiarazione del fallimento nel corso della procedura".

 

Al riguardo, si prevede, in primo luogo, che il commissario giudiziale, ove accerti che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, ne riferisca immediatamente al Tribunale, anziché al giudice delegato, come attualmente previsto dal comma 1 del citato articoli 173 L.f.

 

A seguito della citata comunicazione il Tribunale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori.

 

Si prevede, poi, che:

 

1)      il citato procedimento si svolga secondo la procedura indicata all'articolo 15 della legge fallimentare;

 

Tale articolo disciplina il procedimento per la dichiarazione di fallimento specificando che esso si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalità previste per i procedimenti in camera di consiglio.

 

2)      la revoca dell'ammissione al concordato venga disposta dal  Tribunale con decreto;

3)      ove ne ricorrano i presupposti indicati dagli articoli 1 e 5 L.f, su istanza del creditore o del Pubblico ministero, Il Tribunale dichiara il fallimento del debitore, con sentenza reclamabile ai sensi del citato articolo 18.

 

In relazione alla formulazione dell'articolo 14 dello schema di decreto legislativo in esame, nella parte in cui prevede che "all’esito del procedimento, che si svolge nelle forme di cui all’articolo 15, il tribunale provvede con decreto" appare opportuno specificare che ci si riferisce al provvedimento di revoca dell'ammissione  al concordato preventivo.

 

Il comma 2 dell'articolo 14 novella, a sua volta, l'articolo 175 della legge fallimentare, concernente la "Discussione della proposta di concordato", al fine di specificare che la proposta di concordato non può più essere modificata dopo l’inizio delle operazioni di voto.

 

Il successivo articolo 15 modifica l'articolo 177 della legge fallimentare, concernente la "Maggioranza per l'approvazione del concordato" attualmente collocato all'interno del Capo IV (Della deliberazione del concordato preventivo), Titolo III (Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione), della medesima legge.

 

Al riguardo, il comma 1 prevede, in primo luogo, la soppressione della prevista facoltà riconosciuta al Tribunale di approvare il concordato nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi ha approvato la proposta di concordato e qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.

 

In secondo luogo, poi, in relazione all'attuale previsione di cui al comma 2 dell'articolo 177 e secondo la quale i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto di prelazione, il medesimo comma 1 dell'articolo 15 dello schema di decreto in esame prevede che tale principio operi solamente se la proposta di concordato preveda l'integrale pagamento  dei relativi crediti.

Inoltre, è, altresì, soppresso l'inciso, anch'esso contemplato dal medesimo comma 2 dell'articolo 177, secondo il quale la rinunzia parziale non può essere inferiore alla terza parte dell’intero credito fra capitale ed accessori.

Da ultimo, il comma 1 dell'articolo 15 dello schema di decreto in esame specifica espressamente che i creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai creditori chirografari per la parte residua del credito.

 

Al riguardo, la relazione illustrativa dello schema di provvedimento in esame precisa che tale previsione si rende necessaria al fine di chiarire la sorte dei crediti privilegiati nel caso in cui la proposta concordataria ne preveda il pagamento in percentuale, adottando, al riguardo una soluzione già in vigore relativamente al concordato fallimentare

 

Il comma 2 dell'articolo 15, interviene, da ultimo, sull'articolo 178 della legge fallimentare riguardante le "Adesioni alla proposta di concordato".

 

Al riguardo, le modifiche previste consistono:

 

1)      nel prevede che il cancelliere annoti in calce al verbale dell'adunanza dei creditori anche le adesioni pervenute per telefax o per posta elettronica nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale;

 

2)      nel sopprimere l'attuale inciso previsto dal comma 4 dell'articolo 178 L.f in base al quale le adesioni sono valutate agli effetti del computo della maggioranza dei crediti solamente se il concordato è stato approvato dalla maggioranza dei creditori votanti nell’adunanza, senza che tale maggioranza abbia raggiunto i due terzi della totalità dei crediti.

 

In relazione alla citata modifica la relazione illustrativa del provvedimento osserva che la medesima è in linea con gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti, che, ai fini del compito delle maggioranze prevedono che si debba tener conto dei voti pervenuti nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale di adunanza dei creditori.

 

Il successivo articolo 16 dello schema di decreto legislativo in esame , composto da cinque commi, interviene, invece, sul  Titolo III (Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione), Capo V (Dell'omologazione e dell'esecuzione del concordato preventivo. Degli accordi di ristrutturazione di debiti) della legge fallimentare.

 

Nello specifico, mentre il comma 1, apporta una modifica di coordinamento all'articolo 179 della legge fallimentare, riguardante, la mancata approvazione del concordato, il successivo comma 2 novella in più parti l'articolo 180 della legge fallimentare, riguardante il giudizio di omologazione.

 

Al riguardo, le modifiche consistono, in primo luogo, nel prevedere l'obbligo:

1)      nei confronti del giudice delegato, di riferire immediatamente al Tribunale dell'avvenuta approvazione del concordato;

2)      nei confronti del Tribunale di disporre la pubblicazione del provvedimento di approvazione del concordato ai sensi del già richiamato articolo 17 della legge fallimentare 

 

In secondo luogo, nel caso in cui non vi siano opposizioni, il medesimo comma 2 dell'articolo 16 dello schema di decreto legislativo in esame prevede che il Tribunale:

 

1)      Verifichi la regolarità della procedura;

2)      verifichi l'esito della votazione;

3)      omologhi il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame.

 

Viceversa, nel caso in cui vengano proposte opposizioni la modifica proposta dal citato comma 2 dell'articolo 16 è volta a prevedere la possibilità del Tribunale di omologare, comunque, il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.

 

Da ultimo, il comma in esame innova l'attuale formulazione dell'articolo 180 L.f. prevedendo che nel caso in cui sia respinto il concordato, il Tribunale, all'esito del procedimento di omologazione, può dichiarare il fallimento, sempre che vi sia una specifica istanza di uno dei creditori che  partecipano alla procedura, ovvero del Pubblico ministero.

 

Il successivo comma 3 dell'articolo 16 dello schema di decreto legislativo in esame interviene sull'articolo 182 della legge fallimentare, al fine di inserirvi quattro nuovi commi destinati, come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, a dettare una più completa e razionale disciplina della liquidazione dei beni ceduti ai creditori con il concordato, garantendo che le operazioni liquidatorie si svolgano correttamente ed efficacemente nell'interesse dei creditori.

 

In primo luogo il nuovo comma 1-bis prevede che ai liquidatori si applichino gli articoli  28, 29, 37, 38, 39 e 116 della legge fallimentare, concernenti, rispettivamente i requisiti per la nomina a curatore fallimentare, l'accettazione da parte del curatore, la revoca e la responsabilità del curatore, il compenso e il rendiconto del curatore.

 

Ai sensi del successivo nuovo comma 1-ter, si applicano al comitato dei creditori, in quanto compatibili, gli articoli 40 e 41 della legge fallimentare , concernenti, in particolare la nomina e le funzioni del citato comitato.

Al riguardo, il medesimo nuovo comma 1-ter  precisa che alla sostituzione dei membri del comitato provvede in ogni caso il tribunale.

 

Al medesimo comitato dei creditori  il nuovo comma 1-quater affida, poi, il compito di autorizzare le vendite di aziende e rami di aziende, beni immobili e altri beni iscritti in pubblici registri, nonché le cessioni di attività e passività dell’azienda e di beni o rapporti giuridici individuali in blocco.

 

Da ultimo, l'ultima modifica apportata all'articolo 182 della legge fallimentare è volta a prevedere espressamente l'applicabilità alla fattispecie  contemplata da tale norma delle disposizioni previste dagli articolo 105 e 108 della medesima legge che, in tema di fallimento, disciplinano, rispettivamente, la vendita dell'azienda, di rami, di beni e rapporti in blocco e i poteri del giudice delegato.

 

Il successivo comma 4 dell'articolo 16 dello schema di decreto legislativo in esame interviene sull'articolo 182-bis della legge fallimentare, in materia di "Accordi di ristrutturazione dei debiti".

 

In particolare, il comma in esame, oltre ad una modifica di carattere formale precisa, in primo luogo, i requisiti che deve possedere l'esperto chiamato a redigere la relazione sulla attuabilità dell'accordo, richiamando, al riguardo quanto previsto dalle già illustrate lettere a) e b) dell'articolo 28 della legge fallimentare, in materia di Requisiti per la nomina a curatore.

 

In secondo luogo, poi, il medesimo comma 4 prevede l'inserimento di un nuovo comma all'articolo 182-bis L.f, al fine di prevedere la possibilità, da parte del Tribunale, nel corso del procedimento omologatorio e su richiesta dell'imprenditore di  sospendere azioni esecutive o cautelari già intraprese, ovvero inibire l'avvio di azioni esecutive o cautelari, ove ritenga che l'istanza sia funzionale alla attuazione dell'accordo e in particolare alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei.

Al riguardo, il medesimo comma 4 precisa, altresì, che i citati provvedimenti del Tribunale:

1)      possono essere adottati per un periodo di tempo non superiore a sessanta giorni dalla data di deposito di provvedimento;

2)      il periodo della sospensione ordinata dal tribunale non può essere computato ai fini di eventuali decadenze;

3)      nel periodo fissato dal tribunale nei procedimenti cautelari possono tuttavia essere compiute attività istruttorie

 

Da ultimo il comma 5 dell'articolo 16 sostituisce l'attuale formulazione dll'articolo 183 della legge fallimentare attualmente rubricato "L'appello contro la sentenza di omologazione" e di cui si propone la nuova rubrica "Reclamo".

 

La disposizione in esame, coordinandosi con talune delle precedenti modifiche illustrate, è volta a:

 

1)      sostituire con il "reclamo" l'"appello", attualmente previsto quale mezzo di impugnazione delle decisioni che omologano o respingono il concordato:

2)      a sostituire la parola sentenza con decreto in relazione al provvedimento del Tribunale che omologa o respinge il concordato.

3)      a prevedere la possibilità di presentare reclamo contro la sentenza dichiarativa del fallimento nel caso sopra richiamato in cui questa sia pronunciata ai sensi dell'articolo 180 della legge fallimentare, riguardante il giudizio di omologazione del concordato preventivo.

 

Il successivo articolo 17 dello schema di decreto legislativo in esame, interviene, invece, sull'articolo 186 della legge fallimentare, concernente la risoluzione e l'annullamento del concordato ed inserito all'interno del Titolo III (Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione), Capo VI (Dell'esecuzione, della risoluzione e dell'annullamento del concordato preventivo) della legge fallimentare.

 

Al riguardo, come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, particolarmente innovativa è la disposizione secondo la quale il concordato non può essere risolto se l’inadempimento ha scarsa importanza.

 

In secondo luogo, poi, è previsto che l'eventuale richiesta di risoluzione del concordato venga proposta entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato.

 

Il successivo articolo 18 dello schema di decreto legislativo in esame, composto da sei commi, interviene, invece, sul Titolo V (Della liquidazione coatta amministrativa), Capo VI della legge fallimentare.

 

Da un punto di vista formale si segnala che erroneamente la rubrica dell’articolo 18 fa riferimento al Titolo V, Capo VI della legge fallimentare. Tale legge, infatti, al Titolo V non prevede ulteriori ripartizioni.

 

Nello specifico, mentre il comma 1 sostituisce, all'articolo 195 della legge fallimentare in materia di accertamento giudiziario dello stato d'insolvenza anteriore alla liquidazione coatta amministrativa, la parola "appello" con la parola "reclamo", il successivo comma 2 novella il successivo articolo 209 della legge fallimentare al fine di richiamare le nuove disposizioni in materia di accertamento dello stato passivo.

 

Il successivo comma 3 prevede l'abrogazione dell'articolo 211 della legge fallimentare recante disposizioni in materia di Società con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci.

 

Al riguardo si segnala che ai sensi del citato articolo 211 nella liquidazione di una società con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci, il commissario liquidatore, dopo il deposito nella cancelleria del tribunale dell'elenco previsto dall'art. 209, comma primo, previa autorizzazione dell'autorità che vigila sulla liquidazione, può chiedere ai soci il versamento delle somme che egli ritiene necessarie per l'estinzione delle passività. Si osservano per il rimanente le disposizioni dell'art. 151, sostituiti ai poteri del giudice delegato quelli del presidente del tribunale e al curatore il commissario liquidatore ed escluso il reclamo a norma dell'art. 26.

 

Il successivo comma 4, interviene, invece, sull'articolo 213 della legge fallimentare, in materiali Chiusura della liquidazione, onde recepire, come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, le statuizioni della Corte Costituzionale che con la sentenza n. 154 del 14 aprile 2006 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 213, comma secondo, nella parte in cui fa decorrere, nei confronti dei creditori ammessi, il termine perentorio di venti giorni per proporre contestazioni avverso il piano di riparto, totale, o parziale, dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della notizia dell'avvenuto deposito a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento ovvero con altra modalità prevista dalla legge.

Al riguardo, la modifica proposta è volta a prevedere che dell’avvenuto deposito, a cura del commissario liquidatore, del bilancio finale della liquidazione con il conto della gestione e il piano di riparto tra i creditori, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza, venga data comunicazione ai creditori ammessi al passivo ed ai creditori prededucibili nelle forme previste dall’articolo 26, terzo comma, della legge fallimentare[8]e ne venga, altresì, data notizia mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale e nei giornali designati dall’autorità che vigila sulla liquidazione.

 

Il successivo comma 5 interviene sull'articolo 214 della legge fallimentare, riguardante il concordato.

 

Al riguardo, è in primo luogo soppresso il riferimento al fatto che la proposta di concordato deve indicare le condizioni e le eventuali garanzie.

In secondo luogo, viene stabilito che:

 

1)      la proposta di concordato venga comunicata dal commissario a tutti i creditori ammessi al passivo nelle forme previste dal già citato artico 26, terzo comma, e pubblicata mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale e deposito presso l’ufficio del registro delle imprese.

2)      I creditori e gli altri interessati possono presentare nella cancelleria le loro opposizioni nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dalla comunicazione fatta dal commissario per i creditori e dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie di cui al secondo comma per ogni altro interessato.

 

Da ultimo il comma 6 dell'articolo 18 novella l'articolo 215 della legge fallimentare in materia di Risoluzione e annullamento del concordato.

 

Al riguardo, oltre alla soppressione dell'inciso secondo il quale non è soggetta a gravame la sentenza che pronuncia la risoluzione del concordato nel caso in cui il concordato non sia eseguito, la nuova formulazione dell'articolo 215 della legge fallimentare richiama espressamente l'applicabilità alla fattispecie contemplata da tale norma dei commi da 1 a 6 del citato artico 137 della legge fallimentare.

 

Il successivo articolo 19 dello schema di decreto legislativo  reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 150 del citato decreto legislativo n. 5 del 2006, al fine di chiarire che in relazione ai procedimenti per la dichiarazione di fallimento pendenti in qualsiasi grado alla data del 15 luglio 2006, nonché le procedure fallimentari in corso alla medesima data, sono definite secondo la legge anteriore.

In relazione, poi, ai fallimenti dichiarati o riaperti con sentenza successiva al 15 luglio 2006 e alle domande di concordato fallimentare presentate a partire dalla data del 16 luglio 2006 il medesimo articolo 19 prevede che trovino applicazione le norme del decreto legislativo n. 5 del 2006.

 

Il successivo articolo 20 reca, a sua volta, una disposizione transitoria in materia di esdebitazione al fine di estendere la possibilità di ricorso a tale istituto anche alle procedure fallimentari pendenti antecedentemente alla data di entrata in vigore decreto legislativo n. 5 del 2006 che per primo lo ha disciplinato.

 

L'articolo 21 sopprime, poi, la lettera a) dell'articolo 5, comma 2 del citato decreto legislativo n. 114 del 1998 che attualmente vieta l'iscrizione nel registro delle imprese dei soggetti dichiarati falliti, fino alla pronuncia della sentenza di riabilitazione.

 

L'articolo 22 reca disposizioni transitorie concernenti il decreto legislativo in esame.

 

 


Testo a fronte

 


Normativa vigente

Schema d.lgs. n. 108

 

 

 

 

R.D. 16 marzo 1942, n. 267.
Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa

 

 

 

 

 

 

Art. 1
(Modifiche al Titolo I, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

TITOLO I

 

Disposizioni generali.

 

 

 

Art. 1

Art. 1

Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo.

Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo.

Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale, esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori.

Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici.

Ai fini del primo comma, non sono piccoli imprenditori gli esercenti un'attività commerciale in forma individuale o collettiva che, anche alternativamente:

Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:

a) hanno effettuato investimenti nell'azienda per un capitale di valore superiore a euro trecentomila;

a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;

b) hanno realizzato, in qualunque modo risulti, ricavi lordi calcolati sulla media degli ultimi tre anni o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, per un ammontare complessivo annuo superiore a euro duecentomila.

b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;

 

c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.

I limiti di cui alle lettere a) e b) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni, con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenute nel periodo di riferimento.

I limiti di cui alle lettere a) b e c) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della Giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT del prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento.

 

 

 

 

Art. 3

Art. 3

Liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo e amministrazione controllata.

Liquidazione coatta amministrativa e concordato preventivo

Se la legge non dispone diversamente, le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa possono essere ammesse alla procedura di concordato preventivo e di amministrazione controllata, osservate per le imprese escluse dal fallimento le norme del settimo comma dell'art. 195.

Se la legge non dispone diversamente, le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa possono essere ammesse alla procedura di concordato preventivo, osservate per le imprese escluse dal fallimento le norme del settimo comma dell’articolo 195.

 

 

 

 

 

Art. 2
(Modifiche al Titolo II, Capo I, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

TITOLO II

 

Del fallimento.

 

 

 

Capo I

 

Della dichiarazione di fallimento

 

 

 

Art. 9-bis

Art. 9-bis

Disposizioni in materia di incompetenza.

Disposizioni in materia di incompetenza.

La sentenza che dichiara l'incompetenza è trasmessa in copia al tribunale dichiarato incompetente, il quale dispone con decreto l'immediata trasmissione degli atti a quello competente. Allo stesso modo provvede il tribunale che dichiara la propria incompetenza.

Il provvedimento che dichiara l’incompetenza è trasmesso in copia al tribunale dichiarato incompetente, il quale dispone con decreto l'immediata trasmissione degli atti a quello competente. Allo stesso modo provvede il tribunale che dichiara la propria incompetenza.

Il tribunale dichiarato competente, entro venti giorni dal ricevimento degli atti, se non richiede d'ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell'articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la prosecuzione della procedura fallimentare, provvedendo alla nomina del giudice delegato e del curatore.

Identico.

Restano salvi gli effetti degli atti precedentemente compiuti.

Identico.

Qualora l'incompetenza sia dichiarata all'esito del giudizio di cui all'articolo 18, l'appello, per le questioni diverse dalla competenza, è riassunto, a norma dell'articolo 50 del codice di procedura civile, dinanzi alla corte di appello competente.

Identico.

Nei giudizi promossi ai sensi dell'articolo 24 dinanzi al tribunale dichiarato incompetente, il giudice assegna alle parti un termine per la riassunzione della causa davanti al giudice competente ai sensi dell'articolo 50 del codice di procedura civile e ordina la cancellazione della causa dal ruolo.

Identico.

 

 

 

 

Art. 10

Art. 10

Fallimento dell'imprenditore che ha cessato l'esercizio dell'impresa.

Fallimento dell'imprenditore che ha cessato l'esercizio dell'impresa.

Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo.

Identico.

In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà di dimostrare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività da cui decorre il termine del primo comma.

In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà per il creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività da cui decorre il termine del primo comma.

 

 

 

 

Art. 14

Art. 14

Obbligo dell'imprenditore che chiede il proprio fallimento.

Obbligo dell'imprenditore che chiede il proprio fallimento.

L'imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti ovvero l'intera esistenza dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata. Deve inoltre depositare uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l'elenco nominativo dei creditori e l'indicazione dei rispettivi crediti, l'indicazione dei ricavi lordi per ciascuno degli ultimi tre anni, l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l'indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.

L'imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti ovvero l'intera esistenza dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata. Deve inoltre depositare uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l'elenco nominativo dei creditori e l'indicazione dei rispettivi crediti, l'indicazione dei ricavi lordi per ciascuno degli ultimi tre esercizi, l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l'indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.

 

 

 

 

Art. 15

Art. 15

Istruttoria prefallimentare.

Procedimento per la dichiarazione di fallimento

Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio.

Identico.

Il tribunale convoca, con decreto apposto in calce al ricorso, il debitore ed i creditori istanti per il fallimento; nel procedimento interviene il pubblico ministero che ha assunto l'iniziativa per la dichiarazione di fallimento.

Identico.

Il decreto di convocazione è sottoscritto dal presidente del tribunale o dal giudice relatore se vi è delega alla trattazione del procedimento ai sensi del quinto comma. Tra la data della notificazione, a cura di parte, del decreto di convocazione e del ricorso, e quella dell'udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni liberi.

Il decreto di convocazione è sottoscritto dal presidente del tribunale o dal giudice relatore se vi è delega alla trattazione del procedimento ai sensi del sesto comma. Tra la data della notificazione, a cura di parte, del decreto di convocazione e del ricorso e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni.

Il decreto contiene l'indicazione che il procedimento è volto all'accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e fissa un termine non inferiore a sette giorni prima dell'udienza per la presentazione di memorie ed il deposito di documenti e relazioni tecniche. In ogni caso, il tribunale dispone, con gli accertamenti necessari, che l'imprenditore depositi una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata.

Il decreto contiene l’indicazione che il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e fissa un termine non inferiore a sette giorni prima dell’udienza per la presentazione di memorie e il deposito di documenti e relazioni tecniche. In ogni caso, il tribunale dispone che l’imprenditore depositi i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, nonché una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata; può richiedere eventuali informazioni urgenti.

I termini di cui al terzo e quarto comma possono essere abbreviati dal presidente del tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza.

I termini di cui al terzo e quarto comma possono essere abbreviati dal presidente del tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza. In tali casi, il presidente del tribunale può disporre che il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza siano portati a conoscenza delle parti con ogni mezzo idoneo, omessa ogni formalità non indispensabile alla conoscibilità degli stessi.

Il tribunale può delegare al giudice relatore l'audizione delle parti. In tal caso, il giudice delegato provvede, senza indugio e nel rispetto del contraddittorio, all'ammissione ed all'espletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d'ufficio.

Il tribunale può delegare al giudice relatore l’audizione delle parti. In tal caso, il giudice delegato provvede all’ammissione ed all’espletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio.

Le parti possono nominare consulenti tecnici.

Identico.

Il tribunale, ad istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell'impresa oggetto del provvedimento, che hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l'istanza.

Identico.

Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro venticinquemila. Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 1.

Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila. Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 1

 

 

 

 

Art. 16

Art. 16

Sentenza dichiarativa di fallimento.

Sentenza dichiarativa di fallimento.

La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio.

 

Con la sentenza il tribunale:

Il tribunale dichiara il fallimento con sentenza, con la quale:

1) nomina il giudice delegato per la procedura;

1) identico;

2) nomina il curatore;

2) identico;

3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell'elenco dei creditori, entro tre giorni, se non è stato ancora eseguito a norma dell'articolo 14;

3) identico;

4) stabilisce il luogo, il giorno e l'ora dell'adunanza in cui si procederà all'esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sentenza;

4) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui si procederà all’esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sentenza, ovvero centottanta giorni in caso di particolare complessità della procedura;

5) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del fallito, il termine perentorio di trenta giorni prima dell'adunanza di cui al numero precedente per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione.

5) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del fallito, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza di cui al numero 4 per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione.

La sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell'articolo 133, primo comma, del codice di procedura civile. Gli effetti nei riguardi dei terzi si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese ai sensi dell'articolo 17, secondo comma.

Identico.

 

 

 

 

Art. 18

Art. 18

Appello.

Reclamo.

Contro la sentenza che dichiara il fallimento può essere proposto appello dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi entro trenta giorni presso la corte d'appello.

Contro la sentenza che dichiara il fallimento può essere proposto reclamo dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi nella cancelleria della corte d’appello nel termine perentorio di trenta giorni.

 

Il ricorso deve contenere:

1) l'indicazione della corte d’appello competente;

2) le generalità dell'impugnante e l'elezione del domicilio nel comune in cui ha sede la corte d’appello;

3) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione, con le relative conclusioni;

4) l'indicazione dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.

L'appello non sospende gli effetti della sentenza impugnata, salvo quanto previsto dall'articolo 19, primo comma.

Il reclamo non sospende gli effetti della sentenza impugnata, salvo quanto previsto dall'articolo 19, primo comma.

Il termine per l'appello decorre per il debitore dalla data della notificazione della sentenza a norma dell'articolo 17 e, per tutti gli altri interessati, dalla data della iscrizione nel registro delle imprese ai sensi del medesimo articolo. In ogni caso, si applica la disposizione di cui all'articolo 327, primo comma, del codice di procedura civile.

Il termine per il reclamo decorre per il debitore dalla data della notificazione della sentenza a norma dell'articolo 17 e per tutti gli altri interessati dalla data della iscrizione nel registro delle imprese ai sensi del medesimo articolo. In ogni caso, si applica la disposizione di cui all'articolo 327, primo comma, del codice di procedura civile.

Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, fissa con decreto, da comunicarsi al ricorrente, l'udienza di comparizione entro quarantacinque giorni dal deposito del ricorso, assegnando termine al ricorrente non superiore a dieci giorni dalla comunicazione per la notifica del ricorso e del decreto alle parti e al curatore, nonché un termine alle parti resistenti non superiore a cinque giorni prima dell'udienza per il deposito di memorie.

Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore, e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro sessanta giorni dal deposito del ricorso.

Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato, a cura del reclamante, al curatore e alle altre parti entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto.

 

Tra la data della notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.

Le parti resistenti devono costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza, eleggendo il domicilio nel comune in cui ha sede la corte d’appello.

La costituzione si effettua mediante il deposito in cancelleria di una memoria contenente l’esposizione delle difese in fatto e in diritto, nonché l'indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.

L’intervento di qualunque interessato non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti con le modalità per queste previste.

All'udienza il collegio, sentite le parti presenti in contraddittorio tra loro ed assunti, anche d'ufficio, i mezzi di prova necessari ai fini della decisione, provvede con sentenza, emessa ai sensi dell'articolo 281-sexies del codice di procedura civile. In caso di particolare complessità, la corte può riservarsi di depositare la motivazione entro quindici giorni.

All'udienza, il collegio, sentite le parti, assume, anche d’ufficio, nel rispetto del contraddittorio, tutti i mezzi di prova che ritiene necessari, eventualmente delegando un suo componente.

La corte provvede sul ricorso con sentenza.

La sentenza che revoca il fallimento è notificata al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se non opponente, e deve essere pubblicata, comunicata ed iscritta a norma dell'articolo 17.

La sentenza che revoca il fallimento è notificata, a cura della cancelleria, al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se non reclamante, e deve essere pubblicata a norma dell'articolo 17.

La sentenza che rigetta l'appello è notificata al ricorrente.

La sentenza che rigetta il reclamo è notificata al reclamante a cura della cancelleria.

 

Il termine per proporre il ricorso per cassazione è di trenta giorni dalla notificazione.

Se il fallimento è revocato, restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.

Identico.

Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto non soggetto a reclamo.

Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto reclamabile ai sensi dell’articolo 26.

 

 

 

 

Art. 19

Art. 19

Sospensione della liquidazione dell'attivo.

Sospensione della liquidazione dell'attivo.

Proposto l'appello, il collegio, su richiesta di parte, ovvero del curatore, può, quando ricorrono gravi motivi, sospendere, in tutto o in parte, ovvero temporaneamente, la liquidazione dell'attivo.

Proposto l'appello, la corte d’appello, su richiesta di parte, ovvero del curatore, può, quando ricorrono gravi motivi, sospendere, in tutto o in parte, ovvero temporaneamente, la liquidazione dell'attivo.

Se è proposto ricorso per cassazione i provvedimenti di cui al primo comma o la loro revoca sono chiesti alla Corte di appello.

Abrogato.

L'istanza si propone con ricorso. Il presidente, con decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti dinanzi al collegio in camera di consiglio. Copia del ricorso e del decreto sono notificate alle altre parti ed al curatore.

Identico.

 

 

 

 

Art. 20

 

Morte del fallito durante il giudizio di opposizione.

Abrogato

Se il fallito muore durante il giudizio di opposizione, il giudizio prosegue in confronto delle persone indicate nell'art. 12, osservate le disposizioni degli artt. 299 e seguenti del codice di procedura civile.

Abrogato.

 

 

 

 

Art. 22

Art. 22

Gravami contro il provvedimento che respinge l'istanza di fallimento.

Gravami contro il provvedimento che respinge l'istanza di fallimento.

Il tribunale, che respinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento, provvede con decreto motivato, comunicato a cura del cancelliere alle parti.

Identico.

Entro quindici giorni dalla comunicazione, il creditore ricorrente o il pubblico ministero richiedente possono proporre reclamo contro il decreto alla Corte d'appello che, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Il debitore non può chiedere in separato giudizio la condanna del creditore istante alla rifusione delle spese ovvero al risarcimento del danno per responsabilità aggravata ai sensi dell'articolo 96 del codice di procedura civile.

Entro trenta giorni dalla comunicazione, il creditore ricorrente o il pubblico ministero richiedente possono proporre reclamo contro il decreto alla corte d'appello che, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Il debitore non può chiedere in separato giudizio la condanna del creditore istante alla rifusione delle spese ovvero al risarcimento del danno per responsabilità aggravata ai sensi dell'articolo 96 del codice di procedura civile.

Il decreto della Corte di appello è comunicato a cura del cancelliere alle parti del procedimento di cui all'articolo 15.

Il decreto della corte d’appello è comunicato a cura del cancelliere alle parti del procedimento di cui all'articolo 15.

Se la Corte d'appello accoglie il reclamo del creditore ricorrente o del pubblico ministero richiedente, rimette d'ufficio gli atti al tribunale, per la dichiarazione di fallimento, salvo che, anche su segnalazione di parte, accerti che sia venuto meno alcuno dei presupposti necessari.

Se la corte d'appello accoglie il reclamo del creditore ricorrente o del pubblico ministero richiedente, rimette d'ufficio gli atti al tribunale, per la dichiarazione di fallimento, salvo che, anche su segnalazione di parte, accerti che sia venuto meno alcuno dei presupposti necessari.

I termini di cui agli articoli 10 e 11 si computano con riferimento al decreto della Corte d'appello.

I termini di cui agli articoli 10 e 11 si computano con riferimento al decreto della corte d'appello.

 

 

 

 

 

Art. 3
(Modifiche al Titolo II, Capo II, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

Capo II

 

Degli organi preposti al fallimento

 

 

 

Sezione I

 

Del tribunale fallimentare

 

 

 

Art. 24

Art. 24

Competenza del tribunale fallimentare.

Competenza del tribunale fallimentare.

Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano, qualunque ne sia il valore.

Identico.

Salvo che non sia diversamente previsto, alle controversie di cui al primo comma si applicano le norme previste dagli articoli da 737 a 742 del codice di procedura civile. Non si applica l'articolo 40, terzo comma, del codice di procedura civile.

Abrogato.

 

 

 

 

Sezione II

 

Del giudice delegato

 

 

 

Art. 25

Art. 25

Poteri del giudice delegato.

Poteri del giudice delegato.

Il giudice delegato esercita funzioni di vigilanza e di controllo sulla regolarità della procedura e:

Identico:

1) riferisce al tribunale su ogni affare per il quale è richiesto un provvedimento del collegio;

1) identico;

2) emette o provoca dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio, ad esclusione di quelli che incidono su diritti di terzi che rivendichino un proprio diritto incompatibile con l'acquisizione;

2) identico;

3) convoca il curatore e il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge e ogni qualvolta lo ravvisi opportuno per il corretto e sollecito svolgimento della procedura;

3) identico;

4) su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l'eventuale revoca dell'incarico conferito alle persone la cui opera è stata richiesta dal medesimo curatore nell'interesse del fallimento;

4) identico;

5) provvede, nel termine di quindici giorni, sui reclami proposti contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori;

5) identico;

6) autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto. L'autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati e per i giudizi deve essere rilasciata per ogni grado di essi. Su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l'eventuale revoca dell'incarico conferito agli avvocati nominati dal medesimo curatore;

6) autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto. L'autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati e per i giudizi deve essere rilasciata per ogni grado di essi. Su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l'eventuale revoca dell'incarico conferito ai difensori nominati dal medesimo curatore;

7) su proposta del curatore, nomina gli arbitri, verificata la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge;

7) identico;

8) procede all'accertamento dei crediti e dei diritti reali e personali vantati dai terzi, a norma del capo V.

8) identico;

Il giudice delegato non può trattare i giudizi che abbia autorizzato, né può far parte del collegio investito del reclamo proposto contro i suoi atti.

Identico.

I provvedimenti del giudice delegato sono pronunciati con decreto motivato.

Identico.

 

 

 

 

Art. 26

Art. 26

Reclamo contro i decreti del giudice delegato e del tribunale.

Reclamo contro i decreti del giudice delegato e del tribunale.

Salvo che non sia diversamente disposto, contro i decreti del giudice delegato e del tribunale, può essere proposto reclamo al tribunale o alla corte di appello, che provvedono in camera di consiglio.

Salvo che sia diversamente disposto, contro i decreti del giudice delegato e del tribunale, può essere proposto reclamo al tribunale o alla corte di appello, che provvedono in camera di consiglio.

Il reclamo è proposto dal curatore, dal fallito, dal comitato dei creditori e da chiunque vi abbia interesse.

Identico.

Il reclamo è proposto nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla comunicazione o dalla notificazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato dei creditori e per chi ha chiesto o nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento; per gli altri interessati, il termine decorre dall'esecuzione delle formalità pubblicitarie disposte dal giudice delegato. La comunicazione integrale del provvedimento fatta dal curatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, telefax o posta elettronica con garanzia dell'avvenuta ricezione in base al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, equivale a notificazione.

Il reclamo è proposto nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla comunicazione o dalla notificazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato dei creditori e per chi ha chiesto o nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento; per gli altri interessati, il termine decorre dall'esecuzione delle formalità pubblicitarie disposte dal giudice delegato o dal tribunale, se quest’ultimo ha emesso il provvedimento. La comunicazione integrale del provvedimento fatta dal curatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, telefax o posta elettronica con garanzia dell'avvenuta ricezione in base al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, equivale a notificazione.

Indipendentemente dalla previsione di cui al terzo comma, il reclamo non può proporsi decorsi novanta giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria.

Indipendentemente dalla previsione di cui al terzo comma, il reclamo non può più proporsi decorso il termine perentorio di novanta giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria.

Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento.

Identico.

Il reclamo si propone con ricorso che deve contenere l'indicazione del tribunale o della corte di appello competente, del giudice delegato e della procedura fallimentare; le generalità del ricorrente e l'elezione del domicilio in un comune sito nel circondario del tribunale competente; la determinazione dell'oggetto della domanda; l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa il reclamo e le relative conclusioni; l'indicazione specifica, a pena di decadenza, dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.

Il reclamo si propone con ricorso che deve contenere:

1) l'indicazione del tribunale o della corte di appello competente, del giudice delegato e della procedura fallimentare;

2) le generalità del ricorrente e l'elezione del domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito;

3) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa il reclamo, con le relative conclusioni;

4) l'indicazione dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.

 

 

Il presidente del collegio nomina il giudice relatore e fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti in camera di consiglio, assegnando al reclamante un termine per la notifica al curatore ed ai controinteressati del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza. Tra la notifica e l'udienza devono intercorrere non meno di dieci giorni liberi e non più di venti; il resistente, almeno cinque giorni prima dell'udienza fissata, deposita memoria difensiva contenente l'indicazione dei documenti prodotti.

Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore, e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro quaranta giorni dal deposito del ricorso.

Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato, a cura del reclamante, al curatore ed ai controinteressati entro cinque giorni dalla comunicazione del decreto.

Tra la data della notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non minore di quindici giorni.

Il resistente deve costituirsi almeno cinque giorni prima dell'udienza, eleggendo il domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale o la corte d’appello, e depositando una memoria contenente l’esposizione delle difese in fatto e in diritto, nonché l'indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.

Nel medesimo termine e con le medesime forme devono costituirsi gli interessati che intendono intervenire nel giudizio.

L’intervento di qualunque interessato non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione della parte resistente, con le modalità per questa previste.

Nel corso dell'udienza il collegio, sentiti il reclamante, il curatore e gli eventuali controinteressati, assume, anche d'ufficio, le informazioni ritenute necessarie, eventualmente delegando uno dei suoi componenti.

All'udienza il collegio, sentite le parti, assume anche d’ufficio i mezzi di prova, eventualmente delegando un suo componente.

Entro trenta giorni dall'udienza di convocazione delle parti, il collegio provvede con decreto motivato con il quale conferma, modifica o revoca il provvedimento reclamato.

Entro trenta giorni dall'udienza di comparizione delle parti, il collegio provvede con decreto motivato, con il quale conferma, modifica o revoca il provvedimento reclamato.

 

 

 

 

Sezione III

 

Del curatore

 

 

 

Art. 28

Art. 28

Requisiti per la nomina a curatore.

Requisiti per la nomina a curatore.

Possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore:

Identico:

a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti;

a) identica;

b) studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale caso, all'atto dell'accettazione dell'incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura;

b) identica;

c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento.

c) identica

Nel provvedimento di nomina, il tribunale indica le specifiche caratteristiche e attitudini del curatore.

Abrogato.

Non possono essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell'impresa durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento.

Identico.

 

 

 

 

Art. 32

Art. 32

Esercizio delle attribuzioni del curatore.

Esercizio delle attribuzioni del curatore.

Il curatore esercita personalmente le funzioni del proprio ufficio e può delegare ad altri specifiche operazioni, previa autorizzazione del giudice delegato. L'onere per il compenso del delegato, liquidato dal giudice, è detratto dal compenso del curatore.

Il curatore esercita personalmente le funzioni del proprio ufficio e può delegare ad altri specifiche operazioni, previa autorizzazione del comitato dei creditori, con esclusione degli adempimenti di cui agli artt. 89, 92, 97 e 104 ter. L'onere per il compenso del delegato, liquidato dal giudice, è detratto dal compenso del curatore.

Il curatore può essere autorizzato dal comitato dei creditori, a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite, compreso il fallito, sotto la sua responsabilità. Del compenso riconosciuto a tali soggetti si tiene conto ai fini della liquidazione del compenso finale del curatore.

Identico.

 

 

 

 

Art. 33

Art. 33

Relazione al giudice.

Relazione al giudice e rapporti riepilogativi.

Il curatore, entro sessanta giorni dalla dichiarazione di fallimento, deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del fallimento, sulla diligenza spiegata dal fallito nell'esercizio dell'impresa, sulla responsabilità del fallito o di altri e su quanto può interessare anche ai fini dell'istruttoria penale.

Il curatore, entro sessanta giorni dalla dichiarazione di fallimento, deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del fallimento, sulla diligenza spiegata dal fallito nell'esercizio dell'impresa, sulla responsabilità del fallito o di altri e su quanto può interessare anche ai fini delle indagini preliminari in sede penale.

Il curatore deve inoltre indicare gli atti del fallito già impugnati dai creditori, nonché quelli che egli intende impugnare. Il giudice delegato può chiedere al curatore una relazione sommaria anche prima del termine suddetto.

Identico.

Se si tratta di società, la relazione deve esporre i fatti accertati e le informazioni raccolte sulla responsabilità degli amministratori e degli organi di controllo, dei soci e, eventualmente, di estranei alla società.

Identico.

Il giudice delegato ordina il deposito della relazione in cancelleria, disponendo la segretazione delle parti relative alla responsabilità penale del fallito e di terzi ed alle azioni che il curatore intende proporre qualora possano comportare l'adozione di provvedimenti cautelari, nonché alle circostanze estranee agli interessi della procedura e che investano la sfera personale del fallito. Copia della relazione, nel suo testo integrale, è trasmessa al pubblico ministero.

Identico.

Il curatore, ogni sei mesi successivi alla presentazione della relazione di cui al primo comma, redige altresì un rapporto riepilogativo delle attività svolte, con indicazione di tutte le informazioni raccolte dopo la prima relazione, accompagnato dal conto della sua gestione. Copia del rapporto è trasmessa al comitato dei creditori, unitamente agli estratti conto dei depositi postali o bancari relativi al periodo. Il comitato dei creditori o ciascuno dei suoi componenti possono formulare osservazioni scritte. Altra copia del rapporto è trasmessa, assieme alle eventuali osservazioni, per via telematica all'ufficio del registro delle imprese, nei quindici giorni successivi alla scadenza del termine per il deposito delle osservazioni nella cancelleria del tribunale.

Identico.

 

 

 

 

Art. 34

Art. 34

Deposito delle somme riscosse.

Deposito delle somme riscosse.

Le somme riscosse a qualunque titolo dal curatore sono depositate entro il termine massimo di dieci giorni dalla corresponsione sul conto corrente intestato alla procedura fallimentare aperto presso un ufficio postale o presso una banca scelti dal curatore.

Le somme riscosse a qualunque titolo dal curatore sono depositate entro il termine massimo di dieci giorni dalla corresponsione sul conto corrente intestato alla procedura fallimentare aperto presso un ufficio postale o presso una banca scelti dal curatore. Su proposta del curatore il comitato dei creditori può autorizzare che le somme riscosse vengano in tutto o in parte investite con strumenti diversi dal deposito in conto corrente, purché sia garantita l’integrità del capitale.

La mancata costituzione del deposito nel termine prescritto è valutata dal tribunale ai fini della revoca del curatore.

Identico.

Se è prevedibile che le somme disponibili non possano essere immediatamente destinate ai creditori, su richiesta del curatore e previa approvazione del comitato dei creditori, il giudice delegato può ordinare che le disponibilità liquide siano impiegate nell'acquisto di titoli emessi dallo Stato.

Identico.

Il prelievo delle somme è eseguito su copia conforme del mandato di pagamento del giudice delegato.

Identico.

 

 

 

 

Art. 35

Art. 35

Integrazione dei poteri del curatore.

Integrazione dei poteri del curatore.

Le riduzioni di crediti, le transazioni, i compromessi, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, la cancellazione di ipoteche, la restituzione di pegni, lo svincolo delle cauzioni, l'accettazione di eredità e donazioni e gli atti di straordinaria amministrazione sono effettuate dal curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori.

Identico.

 

Nel richiedere l’autorizzazione del comitato dei creditori, il curatore formula le proprie conclusioni anche sulla convenienza della proposta.

Se gli atti suddetti sono di valore superiore a cinquantamila euro e in ogni caso per le transazioni, il curatore ne informa previamente il giudice delegato, salvo che gli stessi siano già stati approvati dal medesimo ai sensi dell'articolo 104-ter.

Se gli atti suddetti sono di valore superiore a cinquantamila euro e in ogni caso per le transazioni, il curatore ne informa previamente il giudice delegato, salvo che gli stessi siano già stati autorizzati dal medesimo ai sensi dell'articolo 104-ter comma ottavo.

Il limite di cui al secondo comma può essere adeguato con decreto del Ministro della giustizia.

Identico.

 

 

 

 

Art. 37-bis

Art. 37-bis

Sostituzione del curatore e dei componenti del comitato dei creditori.

Sostituzione del curatore e dei componenti del comitato dei creditori.

In sede di adunanza per l'esame dello stato passivo, i creditori presenti, personalmente o per delega, che rappresentano la maggioranza dei crediti allo stato ammessi, possono effettuare nuove designazioni in ordine ai componenti del comitato dei creditori nel rispetto dei criteri di cui all'articolo 40, nonché chiedere la sostituzione del curatore indicando al tribunale le ragioni della richiesta e un nuovo nominativo. Il tribunale provvede alla nomina dei soggetti designati dai creditori salvo che non siano rispettati i criteri di cui agli articoli 28 e 40.

Conclusa l’adunanza per l’esame dello stato passivo e prima della dichiarazione di esecutività dello stesso, i creditori presenti, personalmente o per delega, che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi, possono effettuare nuove designazioni in ordine ai componenti del comitato dei creditori nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 40, nonché chiedere la sostituzione del curatore indicando al tribunale le ragioni della richiesta e un nuovo nominativo. Il tribunale, valutate le ragioni della richiesta di sostituzione del curatore, provvede alla nomina dei soggetti designati dai creditori salvo che non siano rispettati i criteri di cui agli articoli 28 e 40.

Dal computo dei crediti, su istanza di uno o più creditori, sono esclusi quelli che si trovino in conflitto di interessi.

Identico.

Nella stessa adunanza, i creditori che rappresentano la maggioranza di quelli allo stato ammessi, indipendentemente dall'entità dei crediti vantati, possono stabilire che ai componenti del comitato dei creditori sia attribuito, oltre al rimborso delle spese di cui all'articolo 41, un compenso per la loro attività, in misura non superiore al dieci per cento di quello liquidato al curatore.

Nella stessa adunanza, i creditori che rappresentano la maggioranza di quelli ammessi, indipendentemente dall'entità dei crediti vantati, possono stabilire che ai componenti del comitato dei creditori sia attribuito, oltre al rimborso delle spese di cui all'articolo 41, un compenso per la loro attività, in misura non superiore al dieci per cento di quello liquidato al curatore.

 

 

 

 

Sezione IV

 

Del comitato dei creditori

 

 

 

Art. 41

Art. 41

Funzioni del comitato.

Funzioni del comitato.

Il comitato dei creditori vigila sull'operato del curatore, ne autorizza gli atti ed esprime pareri nei casi previsti dalla legge, ovvero su richiesta del tribunale o del giudice delegato, succintamente motivando le proprie deliberazioni.

Identico.

Il presidente convoca il comitato per le deliberazioni di competenza o quando sia richiesto da un terzo dei suoi componenti.

Identico.

Le deliberazioni del comitato sono prese a maggioranza dei votanti, nel termine massimo di quindici giorni successivi a quello in cui la richiesta è pervenuta al presidente. Il voto può essere espresso in riunioni collegiali ovvero per mezzo telefax o con altro mezzo elettronico o telematico, purché sia possibile conservare la prova della manifestazione di voto.

Identico.

In caso di inerzia, di impossibilità di funzionamento del comitato o di urgenza, provvede il giudice delegato.

In caso di inerzia, di impossibilità di costituzione per insufficienza di numero o indisponibilità dei creditori, o di funzionamento del comitato o di urgenza, provvede il giudice delegato.

Il comitato ed ogni componente possono ispezionare in qualunque tempo le scritture contabili e i documenti della procedura ed hanno diritto di chiedere notizie e chiarimenti al curatore e al fallito.

Identico.

I componenti del comitato hanno diritto al rimborso delle spese, oltre all'eventuale compenso riconosciuto ai sensi e nelle forme di cui all'articolo 37-bis, terzo comma.

Identico.

Ai componenti del comitato dei creditori si applica, in quanto compatibile, l'articolo 2407 del codice civile. L'azione di responsabilità può essere proposta anche durante lo svolgimento della procedura.

Ai componenti del comitato dei creditori si applica, in quanto compatibile, l’articolo 2407, primo e terzo comma, del codice civile.

L’azione di responsabilità può essere proposta dal curatore durante lo svolgimento della procedura. Con il decreto di autorizzazione il giudice delegato sostituisce i componenti del comitato dei creditori nei confronti dei quali ha autorizzato l’azione.

 

 

 

 

 

Art. 4
(Modifiche al Titolo II, Capo III, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

Capo III

 

Degli effetti del fallimento

 

 

 

Sezione I

 

Degli effetti del fallimento per il fallito

 

 

 

Art. 48

Art. 48

Corrispondenza diretta al fallito.

Corrispondenza diretta al fallito.

L'imprenditore del quale sia stato dichiarato il fallimento, nonché gli amministratori o i liquidatori di società o enti soggetti alla procedura di fallimento sono tenuti a consegnare al curatore la propria corrispondenza di ogni genere, inclusa quella elettronica, riguardante i rapporti compresi nel fallimento.

Il fallito persona fisica è tenuto a consegnare al curatore la propria corrispondenza di ogni genere, inclusa quella elettronica, riguardante i rapporti compresi nel fallimento.

 

La corrispondenza diretta al fallito che non sia persona fisica è consegnata al curatore.

 

 

 

 

Sezione II

 

Degli effetti del fallimento per i creditori

 

 

 

Art. 52

Art. 52

Concorso dei creditori.

Concorso dei creditori.

Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito.

Identico.

Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell'articolo 111, primo comma, n. 1), nonché ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni della legge.

Identico.

 

Le disposizioni del secondo comma si applicano anche ai crediti esentati dal divieto di cui all’articolo 51.

 

 

 

 

Art. 53

Art. 53

Creditori muniti di pegno o privilegio su mobili.

Creditori muniti di pegno o privilegio su mobili.

I crediti garantiti da pegno o assistiti da privilegio a norma degli articoli 2756 e 2761 del codice civile possono essere realizzati anche durante il fallimento, dopo che sono stati ammessi al passivo con prelazione.

Identico.

Per essere autorizzato alla vendita il creditore fa istanza al giudice delegato, il quale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, stabilisce con decreto il tempo della vendita, disponendo se questa debba essere fatta ad offerte private o all'incanto, e determinando le modalità relative.

Per essere autorizzato alla vendita il creditore fa istanza al giudice delegato, il quale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, stabilisce con decreto il tempo della vendita, determinandone le modalità a norma dell’articolo 107.

Il giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, se è stato nominato, può anche autorizzare il curatore a riprendere le cose sottoposte a pegno o a privilegio, pagando il creditore, o ad eseguire la vendita nei modi stabiliti dal comma precedente.

Identico.

 

 

 

 

Sezione III

 

Degli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori (99)

 

 

 

Art. 67

Art. 67

Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie.

Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie.

Sono revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore:

Identico:

1) gli atti a titolo oneroso compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso;

1) identico;

2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;

2) identico;

3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti;

3) identico;

4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.

4) identico;

Sono altresì revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.

Identico.

Non sono soggetti all'azione revocatoria:

Identico:

a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso;

a) identica;

b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;

b) identica;

c) le vendite a giusto prezzo d'immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado;

c) le vendite ed i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’articolo 2645 bis del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta disposizione, conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado;

d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell'articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;

d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano redatto da un professionista che abbia i requisiti previsti dall’articolo 28, lettere a) e b) che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell'articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;

e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata, nonché dell'accordo omologato ai sensi dell'articolo 182-bis;

e) identica;

f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito;

f) identica;

g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo.

g) identica;

Le disposizioni di questo articolo non si applicano all'istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario; sono salve le disposizioni delle leggi speciali.

Identico.

 

 

 

 

Art. 70

Art. 70

Effetti della revocazione.

Effetti della revocazione.

La revocatoria dei pagamenti avvenuti tramite intermediari specializzati, procedure di compensazione multilaterale o dalle società previste dall’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, si esercita e produce effetti nei confronti del destinatario della prestazione.

Identico.

Colui che, per effetto della revoca prevista dalle disposizioni precedenti, ha restituito quanto aveva ricevuto è ammesso al passivo fallimentare per il suo eventuale credito.

Identico.

Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d’insolvenza, e l’ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso. Resta salvo il diritto del convenuto d’insinuare al passivo un credito d’importo corrispondente a quanto restituito.

Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di rapporti di conto corrente bancario o comunque rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d’insolvenza, e l’ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso. Resta salvo il diritto del convenuto d’insinuare al passivo un credito d’importo corrispondente a quanto restituito.

 

 

 

 

Sezione IV

 

Degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti

 

 

 

Art. 72

Art. 72

Rapporti pendenti.

Rapporti pendenti.

Se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l’esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente Sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo.

Se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l’esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente Sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto.

Il contraente può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.

Identico.

La disposizione di cui al primo comma si applica anche al contratto preliminare salvo quanto previsto nell’articolo 72-bis.

Identico.

In caso di scioglimento, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento.

In caso di scioglimento, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento senza che gli sia dovuto risarcimento del danno.

L’azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente spiega i suoi effetti nei confronti del curatore, fatta salva, nei casi previsti, l’efficacia della trascrizione della domanda; se il contraente intende ottenere con la pronuncia di risoluzione la restituzione di una somma o di un bene, ovvero il risarcimento del danno, deve proporre la domanda secondo le disposizioni di cui al Capo V.

Identico.

Sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento.

Identico.

Qualora l’immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile e il curatore, ai sensi del precedente comma, scelga lo scioglimento del contratto, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all’articolo 2775-bis del codice civile, a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.

In caso di contratto preliminare di vendita immobiliare trascritto ai sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile, sciolto il contratto l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all'articolo 2775-bis del codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.

 

Le disposizioni di cui al primo comma non si applicano al contratto preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645 bis del codice civile avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado.

 

 

 

 

Art. 72-bis

Art. 72-bis

Fallimento del venditore e contratti relativi ad immobili da costruire.

Contratti relativi ad immobili da costruire.

In caso di fallimento del venditore, se la cosa venduta è già passata in proprietà del compratore, il contratto non si scioglie.

Soppresso.

Qualora l’immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile e il curatore, a norma dell’articolo 72, scelga lo scioglimento del contratto, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno. All’acquirente spetta il privilegio di cui all’articolo 2775-bis del codice civile, a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.

Soppresso.

In caso di situazione di crisi del costruttore ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 2 agosto 2004, n. 210, il contratto si intende sciolto se, prima che il curatore comunichi la scelta tra esecuzione o scioglimento, l’acquirente abbia escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore, dandone altresì comunicazione al curatore. In ogni caso, la fideiussione non può essere escussa dopo che il curatore ha comunicato di voler dare esecuzione al contratto.

I contratti di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122 si sciolgono se, prima che il curatore comunichi la scelta tra esecuzione o scioglimento, l’acquirente abbia escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore, dandone altresì comunicazione al curatore. In ogni caso, la fideiussione non può essere escussa dopo che il curatore ha comunicato di voler dare esecuzione al contratto.

 

 

 

 

Art. 72-quater

Art. 72-quater

Locazione finanziaria.

Locazione finanziaria.

Al contratto di locazione finanziaria si applica, in caso di fallimento dell’utilizzatore, l’articolo 72. Se è disposto l’esercizio provvisorio dell’impresa il contratto continua ad avere esecuzione salvo che il curatore dichiari di volersi sciogliere dal contratto.

Identico.

In caso di scioglimento del contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse si applica l’articolo 67, terzo comma, lettera a).

In caso di scioglimento del contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso avvenute a valori di mercato rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse si applica l’articolo 67, terzo comma, lettera a).

Il concedente ha diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza fra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene.

Identico.

In caso di fallimento delle società autorizzate alla concessione di finanziamenti sotto forma di locazione finanziaria, il contratto prosegue; l’utilizzatore conserva la facoltà di acquistare, alla scadenza del contratto, la proprietà del bene, previo pagamento dei canoni e del prezzo pattuito.

Identico.

 

 

 

 

Art. 73

Art. 73

Vendita a termine o a rate.

Vendita con riserva di proprietà.

In caso di fallimento del compratore, se il prezzo deve essere pagato a termine o a rate, il curatore può subentrare nel contratto con l’autorizzazione del comitato dei creditori; il venditore può chiedere cauzione a meno che il curatore paghi immediatamente il prezzo con lo sconto dell’interesse legale.

Nella vendita con riserva di proprietà, in caso di fallimento del compratore, se il prezzo deve essere pagato a termine o a rate, il curatore può subentrare nel contratto con l'autorizzazione del comitato dei creditori; il venditore può chiedere cauzione a meno che il curatore paghi immediatamente il prezzo con lo sconto dell'interesse legale. Qualora il curatore si sciolga dal contratto, il venditore deve restituire le rate di prezzo già riscosse, salvo il diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa.

Nella vendita a rate con riserva della proprietà il fallimento del venditore non è causa di scioglimento del contratto.

Il fallimento del venditore non è causa di scioglimento del contratto.

 

 

 

 

Art. 74

Art. 74

Contratto di somministrazione.

Contratti ad esecuzione continuata o periodica.

Nelle vendite a consegne ripartite e nel contratto di somministrazione si applicano le disposizioni dell’articolo 72, primo e secondo comma.

Soppresso.

Se il curatore subentra, deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati.

Se il curatore subentra in un contratto ad esecuzione continuata o periodica deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati.

 

 

 

 

Art. 79

Art. 79

Possesso del fallito a titolo precario.

Contratto di affitto d’azienda

Se le cose delle quali il fallito deve la restituzione non si trovano più in suo possesso dal giorno della dichiarazione di fallimento e il curatore non può riprenderle, l'avente diritto può far valere nel passivo il credito per il valore che la cosa aveva alla data della dichiarazione del fallimento.

Se il possesso della cosa è cessato dopo l'apposizione dei sigilli, l'avente diritto può chiedere l'integrale pagamento del valore della cosa e il credito è regolato a norma dell'articolo 111, primo comma, n. 1).

Sono salve le disposizioni dell'art. 1706 del codice civile.

Il fallimento non è causa di scioglimento del contratto di affitto d’azienda, ma entrambe le parti possono recedere entro sessanta giorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. L’indennizzo dovuto dalla curatela è regolato dall’articolo 111, n. 1.

 

 

 

 

Art. 80

Art. 80

Contratto di locazione di immobili.

Contratto di locazione di immobili.

Il fallimento del locatore non scioglie il contratto di locazione d'immobili e il curatore subentra nel contratto.

Identico.

In caso di fallimento del conduttore, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l'anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. Il credito per l'indennizzo è regolato dall'articolo 111, primo comma, n. 1), e dall'articolo 2764 del codice civile.

Qualora la durata del contratto sia complessivamente superiore a quattro anni dalla dichiarazione di fallimento, il curatore ha, entro un anno dalla dichiarazione di fallimento, la facoltà di recedere dal contratto corrispondendo al conduttore un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. Il recesso ha effetto decorsi quattro anni dalla dichiarazione di fallimento.

In caso di fallimento del conduttore, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati.

Il credito per l’indennizzo è soddisfatto in prededuzione ai sensi dell’articolo 111, n. 1 con il privilegio dell'articolo 2764 del codice civile.

 

 

 

 

Art. 80-bis

 

Contratto di affitto d'azienda.

Abrogato

Il fallimento non è causa di scioglimento del contratto di affitto d'azienda, ma entrambe le parti possono recedere entro sessanta giorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. L'indennizzo dovuto dalla curatela è regolato dall'articolo 111, primo comma, n. 1).

Abrogato.

 

 

 

Art. 5
(Modifiche al Titolo II, Capo IV, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

Capo IV

 

Della custodia e dell'amministrazione delle attività fallimentari

 

 

 

Art. 88

Art. 88

Presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore.

Presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore.

Il curatore prende in consegna i beni di mano in mano che ne fa l'inventario insieme con le scritture contabili e i documenti del fallito.

Identico.

Se il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia annotato nei pubblici registri.

Se il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia trascritto nei pubblici registri.

 

 

 

 

Art. 89

Art. 89

Elenchi dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari e bilancio.

Elenchi dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari e bilancio.

Il curatore, in base alle scritture contabili del fallito e delle altre notizie che può raccogliere, deve compilare l'elenco dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e diritti di prelazione, nonché l'elenco di tutti coloro che vantano diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari, su cose in possesso o nella disponibilità del fallito, con l'indicazione dei titoli relativi. Gli elenchi sono depositati in cancelleria.

Il curatore, in base alle scritture contabili del fallito e alle altre notizie che può raccogliere, deve compilare l'elenco dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e diritti di prelazione, nonché l'elenco di tutti coloro che vantano diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari, su cose in possesso o nella disponibilità del fallito, con l'indicazione dei titoli relativi. Gli elenchi sono depositati in cancelleria.

Il curatore deve inoltre redigere il bilancio dell'ultimo esercizio, se non è stato presentato dal fallito nel termine stabilito, ed apportare le rettifiche necessarie e le eventuali aggiunte ai bilanci e agli elenchi presentati dal fallito a norma dell'art. 14.

Identico.

 

 

 

Art. 6
(Modifiche al Titolo II, Capo V, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Capo V

 

Dell'accertamento del passivo e dei diritti reali mobiliari dei terzi

 

 

 

Art. 93

Art. 93

Domanda di ammissione al passivo.

Domanda di ammissione al passivo.

La domanda di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, si propone con ricorso da depositare presso la cancelleria del tribunale almeno trenta giorni prima dell'udienza fissata per l'esame dello stato passivo.

Identico.

Il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte e può essere spedito, anche in forma telematica o con altri mezzi di trasmissione purché sia possibile fornire la prova della ricezione.

Identico.

Il ricorso contiene:

Identico:

1) l'indicazione della procedura cui si intende partecipare e le generalità del creditore;

1) identico;

2) la determinazione della somma che si intende insinuare al passivo, ovvero la descrizione del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione;

2) identico;

3) la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda;

3) identico;

4) l'eventuale indicazione di un titolo di prelazione, anche in relazione alla graduazione del credito, nonché la descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita, se questa ha carattere speciale;

4) l'eventuale indicazione di un titolo di prelazione, nonché la descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita, se questa ha carattere speciale;

5) l'indicazione del numero di telefax, l'indirizzo di posta elettronica o l'elezione di domicilio in un comune nel circondario ove ha sede il tribunale, ai fini delle successive comunicazioni. È facoltà del creditore indicare, quale modalità di notificazione e di comunicazione, la trasmissione per posta elettronica o per telefax ed è onere dello stesso comunicare al curatore ogni variazione del domicilio o delle predette modalità.

5) identico.

Il ricorso è inammissibile se è omesso o assolutamente incerto uno dei requisiti di cui ai nn. 1), 2) o 3) del precedente comma. Se è omesso o assolutamente incerto il requisito di cui al n. 4), il credito è considerato chirografario.

Identico.

Se è omessa l'indicazione di cui al n. 5), tutte le comunicazioni successive a quella con la quale il curatore dà notizia della esecutività dello stato passivo, si effettuano presso la cancelleria.

Identico.

Al ricorso sono allegati i documenti dimostrativi del diritto del creditore ovvero del diritto del terzo che chiede la restituzione o rivendica il bene.

Identico.

I documenti non presentati con la domanda devono essere depositati, a pena di decadenza, almeno quindici giorni prima dell'udienza fissata per l'esame dello stato passivo.

Abrogato.

Con la domanda di restituzione o rivendicazione, il terzo può chiedere la sospensione della liquidazione dei beni oggetto della domanda.

Identico.

Il ricorso può essere presentato dal rappresentante comune degli obbligazionisti ai sensi dell'articolo 2418, secondo comma, del codice civile, anche per singoli gruppi di creditori.

Identico.

Il giudice ad istanza della parte può disporre che il cancelliere prenda copia dei titoli al portatore o all'ordine presentati e li restituisca con l'annotazione dell'avvenuta domanda di ammissione al passivo.

Identico.

 

 

 

 

Art. 95

Art. 95

Progetto di stato passivo e udienza di discussione.

Progetto di stato passivo e udienza di discussione.

Il curatore esamina le domande di cui all'articolo 93 e predispone elenchi separati dei creditori e dei titolari di diritti su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, rassegnando per ciascuno le sue motivate conclusioni. Il curatore può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonché l'inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione.

Identico.

Il curatore deposita il progetto di stato passivo nella cancelleria del tribunale almeno quindici giorni prima dell'udienza fissata per l'esame dello stato passivo, dandone comunicazione ai creditori, ai titolari di diritti sui beni ed al fallito, ed avvertendoli che possono esaminare il progetto e presentare osservazioni scritte sino a cinque giorni prima della udienza.

Il curatore deposita il progetto di stato passivo nella cancelleria del tribunale almeno quindici giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo. I creditori, i titolari di diritti sui beni ed il fallito possono esaminare il progetto e presentare osservazioni scritte e documenti integrativi fino all’udienza.

All'udienza fissata per l'esame dello stato passivo, il giudice delegato, anche in assenza delle parti, decide su ciascuna domanda, nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d'ufficio ed a quelle formulate dagli altri interessati. Il giudice delegato può procedere ad atti di istruzione su richiesta delle parti, compatibilmente con le esigenze di speditezza del procedimento.

Identico.

Il fallito può chiedere di essere sentito.

Identico.

Delle operazioni si redige processo verbale.

Identico.

 

 

 

 

Art. 96

Art. 96

Formazione ed esecutività dello stato passivo.

Formazione ed esecutività dello stato passivo.

Il giudice delegato, con decreto, accoglie in tutto o in parte ovvero respinge o dichiara inammissibile la domanda proposta ai sensi dell'articolo 93. Il decreto è succintamente motivato se sussiste contestazione da parte del curatore sulla domanda proposta. La dichiarazione di inammissibilità della domanda non ne preclude la successiva riproposizione.

Il giudice delegato, con decreto succintamente motivato, accoglie in tutto o in parte ovvero respinge o dichiara inammissibile la domanda proposta ai sensi dell'articolo 93. La dichiarazione di inammissibilità della domanda non ne preclude la successiva riproposizione.

Con il provvedimento di accoglimento della domanda, il giudice delegato indica anche il grado dell'eventuale diritto di prelazione.

Abrogato.

Oltre che nei casi stabiliti dalla legge, sono ammessi al passivo con riserva:

Identico:

1) i crediti condizionati e quelli indicati nell'ultimo comma dell'articolo 55;

1) identico;

2) i crediti per i quali la mancata produzione del titolo dipende da fatto non riferibile al creditore, salvo che la produzione avvenga nel termine assegnato dal giudice;

2) identico;

3) i crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in giudicato, pronunziata prima della dichiarazione di fallimento. Il curatore può proporre o proseguire il giudizio di impugnazione.

3) identico.

Se le operazioni non possono esaurirsi in una sola udienza; il giudice ne rinvia la prosecuzione a non più di otto giorni, senza altro avviso per gli intervenuti e per gli assenti.

Identico.

Terminato l'esame di tutte le domande, il giudice delegato forma lo stato passivo e lo rende esecutivo con decreto depositato in cancelleria.

Identico.

Il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte dal tribunale all'esito dei giudizi di cui all'articolo 99, producono effetti soltanto ai fini del concorso.

Identico.

 

 

 

 

Art. 99

Art. 99

Procedimento.

Procedimento.

Le impugnazioni di cui all'articolo precedente si propongono con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale entro trenta giorni dalla comunicazione di cui all'articolo 97 ovvero in caso di revocazione dalla scoperta del fatto o del documento.

Identico.

Il ricorso deve contenere:

Identico:

1) l'indicazione del tribunale, del giudice delegato e del fallimento;

1) identico;

2) le generalità dell'impugnante e l'elezione del domicilio in un comune sito nel circondario del tribunale che ha dichiarato il fallimento;

2) le generalità dell'impugnante e l'elezione del domicilio nel comune ove ha sede il tribunale che ha dichiarato il fallimento;

3) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l'impugnazione e le relative conclusioni;

3) identico;

4) l'indicazione specifica, a pena di decadenza, dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.

4) a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonché l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.

Il tribunale fissa l'udienza in camera di consiglio, assegnando al ricorrente un termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza alla parte nei confronti della quale la domanda è proposta, al curatore ed al fallito. Tra la notifica e l'udienza devono intercorrere almeno trenta giorni liberi.

Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore, e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro sessanta giorni dal deposito del ricorso.

Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato, a cura del ricorrente, al curatore, al fallito e all’eventuale controinteressato entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto.

Tra la data della notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.

Il giudice delegato non può far parte del collegio.

(v. infra comma 9)

La parte nei confronti della quale la domanda è proposta deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata, depositando memoria difensiva contenente, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché l'indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.




Nel medesimo termine e con le medesime forme devono costituirsi i creditori che intendono intervenire nel giudizio.

Le parti resistenti devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza, eleggendo il domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale.

La costituzione si effettua mediante il deposito in cancelleria di una memoria difensiva contenente, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché l'indicazione specifica dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.

L’intervento di qualunque interessato non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti con le modalità per queste previste.

 

Il giudice delegato non può far parte del collegio.

Nel corso dell'udienza, il tribunale assume, in contraddittorio tra le parti, i mezzi di prova ammessi, anche delegando uno dei suoi componenti.

Il tribunale, se necessario, può assumere informazioni anche d'ufficio e può autorizzare la produzione di ulteriori documenti.

Il fallito può chiedere di essere sentito.

All'udienza il tribunale, sentite le parti, assume anche d’ufficio i mezzi di prova, eventualmente delegando un suo componente.

Il tribunale ammette con decreto in tutto o in parte, anche in via provvisoria, le domande non contestate dal curatore o dai creditori intervenuti. Qualora il tribunale non abbia pronunciato in via definitiva, provvede con decreto motivato non reclamabile entro venti giorni dall'udienza.

Il decreto è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre ricorso per cassazione.

Entro sessanta giorni dall’udienza di comparizione delle parti, il collegio provvede in via definitiva sull’opposizione, impugnazione o revocazione con decreto motivato. Il decreto è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre ricorso per cassazione.

Qualora il tribunale pronunci in via provvisoria, provvede con decreto motivato non reclamabile entro trenta giorni dall'udienza.

 

 

 

 

Art. 101

Art. 101

Domande tardive di crediti.

Domande tardive di crediti.

Le domande di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, depositate in cancelleria oltre il termine di trenta giorni prima dell'udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono considerate tardive; in caso di particolare complessità della procedura, il tribunale, con la sentenza che dichiara il fallimento, può prorogare quest'ultimo termine fino a diciotto mesi.

Identico.

Il procedimento di accertamento delle domande tardive si svolge nelle stesse forme di cui all'articolo 95. Il curatore dà avviso a coloro che hanno presentato la domanda, della data dell'udienza. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 93 a 99.

Il procedimento di accertamento delle domande tardive si svolge nelle stesse forme di cui all'articolo 95. Il giudice delegato fissa per l’esame delle domande tardive un’udienza ogni quattro mesi, salvo che sussistano motivi d’urgenza. Il curatore dà avviso a coloro che hanno presentato la domanda, della data dell'udienza. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 93 a 99.

Il creditore ha diritto di concorrere sulle somme già distribuite nei limiti di quanto stabilito nell'articolo 112. Il titolare di diritti su beni mobili o immobili, se prova che il ritardo è dipeso da causa non imputabile, può chiedere che siano sospese le attività di liquidazione del bene sino all'accertamento del diritto.

Identico.

Decorso il termine di cui al primo comma, e comunque fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo fallimentare, le domande tardive sono ammissibili se l'istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile.

Identico.

 

 

 

 

Art. 102

Art. 102

Previsione di insufficiente realizzo.

Previsione di insufficiente realizzo.

Il tribunale, con decreto motivato da adottarsi prima dell'udienza per l'esame dello stato passivo, su istanza del curatore depositata almeno venti giorni prima dell'udienza stessa, corredata da una relazione sulle prospettive della liquidazione, e sentiti il comitato dei creditori ed il fallito, dispone non farsi luogo al procedimento di accertamento del passivo relativamente ai crediti concorsuali se risulta che non può essere acquisito attivo da distribuire ad alcuno dei creditori che abbiano chiesto l'ammissione al passivo, salva la soddisfazione dei crediti prededucibili e delle spese di procedura.

Il tribunale, con decreto motivato da adottarsi prima dell'udienza per l'esame dello stato passivo, su istanza del curatore depositata almeno venti giorni prima dell'udienza stessa, corredata da una relazione sulle prospettive della liquidazione, e dal parere del comitato dei creditori, sentito il fallito, dispone non farsi luogo al procedimento di accertamento del passivo relativamente ai crediti concorsuali se risulta che non può essere acquisito attivo da distribuire ad alcuno dei creditori che abbiano chiesto l'ammissione al passivo, salva la soddisfazione dei crediti prededucibili e delle spese di procedura.

Il tribunale dispone in conformità a quanto previsto nel primo comma anche se la condizione di insufficiente realizzo emerge nel corso delle eventuali udienze successive a quella fissata ai sensi dell'articolo 16.

Identico.

Il curatore comunica il decreto di cui al primo comma ai creditori che abbiano presentato domanda di ammissione al passivo ai sensi degli articoli 93 e 101, i quali, nei quindici giorni successivi, possono presentare reclamo alla corte di appello, che provvede con decreto in camera di consiglio, sentito il reclamante, il curatore, il comitato dei creditori ed il fallito.

Identico.

 

 

 

 

Art. 103

Art. 103

Procedimenti relativi a domande di rivendica e restituzione.

Procedimenti relativi a domande di rivendica e restituzione.

Ai procedimenti che hanno ad oggetto domande di restituzione o di rivendicazione, si applica il regime probatorio previsto nell'articolo 621 del codice di procedura civile. Se il bene non è stato acquisito all'attivo della procedura, il titolare del diritto, anche nel corso dell'udienza di cui all'articolo 95, può modificare l'originaria domanda e chiedere l'ammissione al passivo del controvalore del bene alla data di apertura del concorso. Se il curatore perde il possesso della cosa dopo averla acquisita, il titolare del diritto può chiedere che il controvalore del bene sia corrisposto in prededuzione.

Identico.

 

Sono salve le disposizioni dell’articolo 1706 del codice civile.

 

 

 

 

 

Art. 7
(Modifiche al Titolo II, Capo IV, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

Capo VI

 

Dell'esercizio provvisorio e della liquidazione dell'attivo

 

 

 

Sezione I

 

Disposizioni generali

 

 

 

Art. 104-ter

Art. 104-ter

Programma di liquidazione.

Programma di liquidazione.

Entro sessanta giorni dalla redazione dell'inventario, il curatore predispone un programma di liquidazione da sottoporre, acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori, all'approvazione del giudice delegato.

Entro sessanta giorni dalla redazione dell'inventario, il curatore predispone un programma di liquidazione da sottoporre all’approvazione del comitato dei creditori.

Il programma deve indicare le modalità e i termini previsti per la realizzazione dell'attivo, specificando:

Il programma costituisce l’atto di pianificazione e di indirizzo in ordine alle modalità e ai termini previsti per la realizzazione dell'attivo, e deve specificare:

a) l'opportunità di disporre l'esercizio provvisorio dell'impresa, o di singoli rami di azienda, ai sensi dell'articolo 104, ovvero l'opportunità di autorizzare l'affitto dell'azienda, o di rami, a terzi ai sensi dell'articolo 104-bis;

a) identica;

b) la sussistenza di proposte di concordato ed il loro contenuto;

b) identica;

c) le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare;

c) le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare ed il loro possibile esito;

d) le possibilità di cessione unitaria dell'azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti giuridici individuabili in blocco;

d) identica;

e) le condizioni della vendita dei singoli cespiti.

e) identica.

Il curatore può essere autorizzato dal giudice delegato ad affidare ad altri professionisti alcune incombenze della procedura di liquidazione dell'attivo.

Identico.

Il comitato dei creditori può proporre al curatore modifiche al programma presentato. L'approvazione del programma di liquidazione tiene luogo delle singole autorizzazioni eventualmente necessarie ai sensi della presente legge per l'adozione di atti o l'effettuazione di operazioni inclusi nel programma.

Il comitato dei creditori può proporre al curatore modifiche al programma presentato.

Per sopravvenute esigenze, il curatore può presentare, con le modalità di cui ai commi primo, secondo e terzo, un supplemento del piano di liquidazione.

Identico.

Prima della approvazione del programma, il curatore può procedere alla liquidazione di beni, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori se già nominato, solo quando dal ritardo può derivare pregiudizio all'interesse dei creditori.

Identico.

Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può non acquisire all'attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente. In questo caso, il curatore ne dà comunicazione ai creditori i quali, in deroga a quanto previsto nell'articolo 51, possono iniziare azioni esecutive o cautelari sui beni rimessi nella disponibilità del debitore.

Identico.

 

Il programma approvato è comunicato al giudice delegato che autorizza l’esecuzione degli atti a esso conformi.

 

 

 

 

 

 

 

Sezione II

 

Della vendita dei beni

 

 

Art. 105

Art. 105

Vendita dell'azienda, di rami, di beni e rapporti in blocco.

Vendita dell'azienda, di rami, di beni e rapporti in blocco.

La liquidazione dei singoli beni ai sensi degli articoli seguenti del presente capo è disposta quando risulta prevedibile che la vendita dell'intero complesso aziendale, di suoi rami, di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori.

Identico.

La vendita del complesso aziendale o di rami dello stesso è effettuata con le modalità di cui all'articolo 107, in conformità a quanto disposto dall'articolo 2556 del codice civile.

Identico.

Nell'àmbito delle consultazioni sindacali relative al trasferimento d'azienda, il curatore, l'acquirente e i rappresentanti dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell'acquirente e le ulteriori modifiche del rapporto di lavoro consentite dalle norme vigenti.

Identico.

Salva diversa convenzione, è esclusa la responsabilità dell'acquirente per i debiti relativi all'esercizio delle aziende cedute, sorti prima del trasferimento.

Identico.

Il curatore può procedere altresì alla cessione delle attività e delle passività dell'azienda o dei suoi rami, nonché di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco, esclusa comunque la responsabilità dell'alienante prevista dall'articolo 2560 del codice civile.

Identico.

La cessione dei crediti relativi alle aziende cedute, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell'iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede al cedente.

Identico.

I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestate o comunque esistenti a favore del cedente, conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario.

Identico.

Il curatore può procedere alla liquidazione anche mediante il conferimento in una o più società, eventualmente di nuova costituzione, dell'azienda o di rami della stessa, ovvero di beni o crediti, con i relativi rapporti contrattuali in corso, esclusa la responsabilità dell'alienante ai sensi dell'articolo 2560 del codice civile ed osservate le disposizioni inderogabili contenute nella presente sezione. Sono salve le diverse disposizioni previste in leggi speciali.

Identico.

Il pagamento del prezzo può essere effettuato mediante accollo di debiti da parte dell'acquirente solo se non viene alterata la graduazione dei crediti

Identico.

 

 

 

 

Sezione II

Soppressa

Della vendita dei beni mobili

(v. sopra)

 

 

Art. 106

Art. 106

Vendita dei crediti, dei diritti e delle quote, delle azioni, mandato a riscuotere.

Cessione dei crediti, dei diritti e delle quote, delle azioni, mandato a riscuotere.

Il curatore può cedere i crediti, compresi quelli di natura fiscale o futuri, anche se oggetto di contestazione; può altresì cedere le azioni revocatorie concorsuali, se i relativi giudizi sono già pendenti.

Identico.

Per la vendita della quota di società a responsabilità limitata si applica l'articolo 2471 del codice civile.

Identico.

In alternativa alla cessione di cui al primo comma, il curatore può stipulare contratti di mandato per la riscossione dei crediti.

Identico.

 

 

 

 

Sezione III

Soppressa

Della vendita dei beni immobili

(v. sopra)

 

 

Art. 107

Art. 107

Modalità delle vendite.

Modalità delle vendite.

Le vendite e gli altri atti di liquidazione sono effettuati dal curatore, tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati.

Le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione sono effettuati dal curatore tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati.

 

Il curatore può prevedere nel programma di liquidazione che le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dal giudice delegato secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili.

Per i beni immobili, prima del completamento delle operazioni di vendita, è data notizia mediante notificazione da parte del curatore, a ciascuno dei creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio.

Per i beni immobili e gli altri beni iscritti nei pubblici registri, prima del completamento delle operazioni di vendita, è data notizia mediante notificazione da parte del curatore, a ciascuno dei creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio.

Il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d'acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto.

Identico.

Degli esiti delle procedure, il curatore informa il giudice delegato ed il comitato dei creditori, depositando in cancelleria la relativa documentazione.

Identico.

Se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tale caso si applicano le disposizione del codice di procedura civile; altrimenti su istanza del curatore il giudice dell'esecuzione dichiara l'improcedibilità dell'esecuzione, salvi i casi di deroga di cui all'articolo 51.

Identico.

Con regolamento del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti specializzati e degli operatori esperti dei quali il curatore può avvalersi ai sensi del primo comma, nonché i mezzi di pubblicità e trasparenza delle operazioni di vendita.

Identico.

 

 

 

 

Art. 108

Art. 108

Poteri del giudice delegato.

Poteri del giudice delegato.

Il giudice delegato, su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati, previo parere dello stesso comitato dei creditori, può sospendere, con decreto motivato, le operazioni di vendita, qualora ricorrano gravi e giustificati motivi ovvero, su istanza presentata dagli stessi soggetti entro dieci giorni dal deposito di cui al quarto comma dell'articolo 107, impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato.

Identico.

Per i veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico e per i beni immobili, una volta eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, il giudice delegato ordina, con decreto, la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo.

Per i beni immobili e gli altri beni iscritti in pubblici registri, una volta eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, il giudice delegato ordina, con decreto, la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo.

 

 

 

 

Art. 108-bis

 

Modalità della vendita di navi, galleggianti ed aeromobili.

Abrogato

La vendita di navi, galleggianti ed aeromobili iscritti nei registri indicati dal codice della navigazione è eseguita a norma delle disposizioni dello stesso codice, in quanto applicabili.

Abrogato.

 

 

 

 

 

Art. 8
(Modifiche al Titolo II, Capo VII, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

Capo VII

 

Della ripartizione dell'attivo

 

 

 

Art. 110

Art. 110

Progetto di ripartizione.

Progetto di ripartizione.

Il curatore, ogni quattro mesi a partire dalla data del decreto previsto dall'articolo 97 o nel diverso termine stabilito dal giudice delegato, presenta un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle occorrenti per la procedura.

Il curatore, ogni quattro mesi a partire dalla data del decreto previsto dall'articolo 97 o nel diverso termine stabilito dal giudice delegato, presenta un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle occorrenti per la procedura. Nel progetto sono collocati anche i crediti per i quali non si applica il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui all’articolo 51.

Il giudice, sentito il comitato dei creditori, ordina il deposito del progetto di ripartizione in cancelleria, disponendo che tutti i creditori, compresi quelli per i quali è in corso uno dei giudizi di cui all'articolo 98, ne siano avvisati con lettera raccomandata con avviso di ricevimento o altra modalità telematica, con garanzia di avvenuta ricezione in base agli articoli 8, comma 2, 9, comma 4, e 14 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

Il giudice ordina il deposito del progetto di ripartizione in cancelleria, disponendo che tutti i creditori, compresi quelli per i quali è in corso uno dei giudizi di cui all'articolo 98, ne siano avvisati con lettera raccomandata con avviso di ricevimento o altra modalità telematica, con garanzia di avvenuta ricezione in base agli articoli 8, comma 2, 9, comma 4, e 14 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

I creditori, entro il termine perentorio di quindici giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al secondo comma, possono proporre reclamo contro il progetto di riparto nelle forme di cui all'articolo 26.

I creditori, entro il termine perentorio di quindici giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al secondo comma, possono proporre reclamo al giudice delegato contro il progetto di riparto ai sensi dell’articolo 36.

Decorso tale termine, il giudice delegato, su richiesta del curatore, dichiara esecutivo il progetto di ripartizione. Se sono proposti reclami, il progetto di ripartizione è dichiarato esecutivo con accantonamento delle somme corrispondenti ai crediti oggetto di contestazione. Il provvedimento che decide sul reclamo dispone in ordine alla destinazione delle somme accantonate.

Identico.

 

 

 

 

Art. 111

Art. 111

Ordine di distribuzione delle somme.

Ordine di distribuzione delle somme.

Le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo sono erogate nel seguente ordine:

Identico:

1) per il pagamento dei crediti prededucibili;

1) identico;

2) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l'ordine assegnato dalla legge;

2) identico;

3) per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell'ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso, compresi i creditori indicati al n. 2, qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non soddisfatti da questa.

3) identico.

Sono considerati debiti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge; tali debiti sono soddisfatti con preferenza ai sensi del primo comma n. 1).

Sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge; tali debiti sono soddisfatti con preferenza ai sensi del primo comma n. 1).

 

 

 

 

Art. 111-bis

Art. 111-bis

Disciplina dei crediti prededucibili.

Disciplina dei crediti prededucibili.

I crediti prededucibili devono essere accertati con le modalità di cui al capo V, con esclusione di quelli non contestati per collocazione e ammontare, anche se sorti durante l'esercizio provvisorio, e di quelli sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione di compensi dei soggetti nominati ai sensi dell'articolo 25; in questo ultimo caso, se contestati, devono essere accertati con il procedimento di cui all'articolo 26.

Identico.

Per i crediti prededucibili sorti dopo l'adunanza di verificazione dello stato passivo ovvero dopo l'udienza alla quale essa sia stata differita, si provvede all'accertamento ai sensi del secondo comma dell'articolo 101.

Abrogato.

I crediti prededucibili vanno soddisfatti per il capitale, le spese e gli interessi con il ricavato della liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, secondo un criterio proporzionale, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti. Il corso degli interessi cessa al momento del pagamento.

I crediti prededucibili vanno soddisfatti per il capitale, le spese e gli interessi con il ricavato della liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, tenuto conto delle rispettive cause di prelazione, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti. Il corso degli interessi cessa al momento del pagamento.

I crediti prededucibili sorti nel corso del fallimento che sono liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e per ammontare, possono essere soddisfatti ai di fuori del procedimento di riparto se l'attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti. Il pagamento deve essere autorizzato dal comitato dei creditori ovvero dal giudice delegato se l'importo è superiore a euro 25.000,00; l'importo può essere aggiornato ogni cinque anni con decreto del Ministro della giustizia in base agli indici ISTAT sul costo della vita.

I crediti prededucibili sorti nel corso del fallimento che sono liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e per ammontare, possono essere soddisfatti ai di fuori del procedimento di riparto se l'attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti. Il pagamento deve essere autorizzato dal comitato dei creditori ovvero dal giudice delegato.

Se l'attivo è insufficiente, la distribuzione deve avvenire secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge.

Identico.

 

 

 

 

Art. 115

Art. 115

Pagamento ai creditori.

Pagamento ai creditori.

Il curatore provvede al pagamento delle somme assegnate ai creditori nel piano di ripartizione nei modi stabiliti dal giudice delegato, purché tali da assicurare la prova del pagamento stesso.

Identico.

Se prima della ripartizione i crediti ammessi sono stati ceduti, il curatore attribuisce le quote di riparto ai cessionari, qualora la cessione sia stata tempestivamente comunicata, unitamente alla documentazione che attesti, con atto recante le sottoscrizioni autenticate di cedente e cessionario, l'intervenuta cessione. In questo caso, il curatore provvede alla rettifica formale dello stato passivo.

Se prima della ripartizione i crediti ammessi sono stati ceduti, il curatore attribuisce le quote di riparto ai cessionari, qualora la cessione sia stata tempestivamente comunicata, unitamente alla documentazione che attesti, con atto recante le sottoscrizioni autenticate di cedente e cessionario, l'intervenuta cessione. In questo caso, il curatore provvede alla rettifica formale dello stato passivo. Le stesse disposizioni si applicano in caso di surrogazione del creditore.

 

 

 

 

 

Art. 9
(Modifiche al Titolo II, Capo VIII, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

Capo VIII

 

Della cessazione della procedura fallimentare

 

 

 

Sezione I

 

Della chiusura del fallimento

 

 

 

Art. 118

 

Casi di chiusura.

 

Salvo quanto disposto nella sezione seguente per il caso di concordato, la procedura di fallimento si chiude:

Identico:

1) se nel termine stabilito nella sentenza dichiarativa di fallimento non sono state proposte domande di ammissione al passivo;

1) identico;

2) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione;

2) identico;

3) quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo;

3) identico;

4) quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura. Tale circostanza può essere, accertata con la relazione o con i successivi rapporti riepilogativi di cui all'articolo 33 (185).

4) identico;

Ove si tratti di fallimento di società il curatore ne chiede la cancellazione dal registro delle imprese. La chiusura della procedura di fallimento della società determina anche la chiusura della procedura estesa ai soci ai sensi dell'articolo 147, salvo che nei confronti del socio non sia stata aperta una procedura di fallimento come imprenditore individuale.

Nei casi di chiusura di cui ai numeri 3 e 4), ove si tratti di fallimento di società il curatore ne chiede la cancellazione dal registro delle imprese.La chiusura della procedura di fallimento della società nei casi di cui ai numeri 1) e 2) determina anche la chiusura della procedura estesa ai soci ai sensi dell'articolo 147, salvo che nei confronti del socio non sia stata aperta una procedura di fallimento come imprenditore individuale.

 

 

 

 

Art. 119

Art. 119

Decreto di chiusura.

Decreto di chiusura.

La chiusura del fallimento è dichiarata con decreto motivato del tribunale su istanza del curatore o del debitore ovvero di ufficio, pubblicato nelle forme prescritte nell'art. 17.

Identico.

Quando la chiusura del fallimento è dichiarata ai sensi dell'articolo 118, primo comma, n. 4), prima dell'approvazione del programma di liquidazione, il tribunale decide sentiti il comitato dei creditori ed il fallito.

Identico.

Contro il decreto che dichiara la chiusura o ne respinge la richiesta è ammesso reclamo a norma dell'articolo 26.

Contro il decreto che dichiara la chiusura o ne respinge la richiesta è ammesso reclamo a norma dell'articolo 26. Contro il decreto della corte d’appello il ricorso per cassazione è proposto nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dalla notificazione o comunicazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato dei creditori e per chi ha proposto il reclamo o è intervenuto nel procedimento; dal compimento della pubblicità di cui all’articolo 17 per ogni altro interessato.

 

Il decreto di chiusura acquista efficacia quando è decorso il termine per il reclamo, senza che questo sia stato proposto, ovvero quando il reclamo è definitivamente rigettato.

Con i decreti emessi ai sensi del primo e del terzo comma del presente articolo, sono impartite le disposizioni esecutive volte ad attuare gli effetti della decisione. Allo stesso modo si provvede a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di revoca del fallimento o della definitività del decreto di omologazione del concordato fallimentare.

Identico.

 

 

 

 

Art. 120

Art. 120

Effetti della chiusura.

Effetti della chiusura.

Con la chiusura cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e decadono gli organi preposti al fallimento.

Con la chiusura cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e le conseguenti incapacità personali e decadono gli organi preposti al fallimento.

Le azioni esperite dal curatore per l'esercizio di diritti derivanti dal fallimento non possono essere proseguite.

Identico.

I creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi, salvo quanto previsto dagli articoli 142 e seguenti.

Identico.

Il decreto o la sentenza con la quale il credito è stato ammesso al passivo costituisce prova scritta per gli effetti di cui all'articolo 634 del codice di procedura civile.

Identico.

 

 

 

 

Art. 121

Art. 121

Casi di riapertura del fallimento.

Casi di riapertura del fallimento.

Nei casi preveduti dai nn. 3 e 4 dell'articolo 118, il tribunale, entro cinque anni dal decreto di chiusura, su istanza del debitore o di qualunque creditore, può ordinare che il Fallimento già chiuso sia riaperto, quando risulta che nel patrimonio del fallito esistano attività in misura tale da rendere utile il provvedimento o quando il fallito offre garanzia di pagare almeno il dieci per cento ai creditori vecchi e nuovi.

Identico.

Il tribunale, con sentenza in camera di consiglio, se accoglie l'istanza:

Identico:

1) richiama in ufficio il giudice delegato ed il curatore o li nomina di nuovo;

1) identico;

2) stabilisce i termini previsti dai numeri 4) e 5) del secondo comma dell'articolo 16, eventualmente abbreviandoli non oltre la metà; i creditori già ammessi al passivo nel fallimento chiuso possono chiedere la conferma del provvedimento di ammissione salvo che intendano insinuare al passivo ulteriori interessi.

2) identico.

La sentenza può essere appellata a norma dell'articolo 18.

La sentenza può essere reclamata a norma dell'articolo 18.

La sentenza è pubblicata a norma dell'art. 17.

Identico.

Il giudice delegato nomina il comitato dei creditori, tenendo conto nella scelta anche dei nuovi creditori.

Identico.

Per le altre operazioni si seguono le norme stabilite nei capi precedenti.

Identico.

 

 

 

 

Sezione II

 

Del concordato

 

 

 

Art. 124

Art. 124

Proposta di concordato.

Proposta di concordato.

La proposta di concordato può essere presentata da uno o più creditori o da un terzo, anche prima del decreto che rende esecutivo lo stato passivo, purché i dati contabili e le altre notizie disponibili consentano al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori del fallito da sottoporre all'approvazione del giudice delegato. Essa non può essere presentata dal fallito, da società cui egli partecipi o da società sottoposte a comune controllo, se non dopo il decorso di sei mesi dalla dichiarazione di fallimento e purché non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo.

La proposta di concordato può essere presentata dal fallito, da uno o più creditori o da un terzo, anche prima del decreto che rende esecutivo lo stato passivo, purché sia stata tenuta la contabilità ed i dati risultanti da essa e le altre notizie disponibili consentano al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori del fallito da sottoporre all’approvazione del giudice delegato.

La proposta può prevedere:

Identico:

a) la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei;

a) identico;

b) trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse, indicando le ragioni dei trattamenti differenziati dei medesimi;

b) identico;

c) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l'attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito.

c) identico.

La proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di prelazione non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di vendita, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile al cespite o al credito oggetto della garanzia indicato nella relazione giurata di un esperto o di un revisore contabile o di una società di revisione designati dal tribunale. Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può aver l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione.

La proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di prelazione non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di vendita, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile al cespite o al credito oggetto della garanzia indicato nella relazione giurata di un professionista che abbia i requisiti previsti dall’articolo 28, lettere a) e b) o di un revisore contabile o di una società di revisione designati dal tribunale. Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può aver l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione.

La proposta presentata da un terzo può prevedere la cessione, oltre che dei beni compresi nell'attivo fallimentare, anche delle azioni di pertinenza della massa, purché autorizzate dal giudice delegato, con specifica indicazione dell'oggetto e del fondamento della pretesa. Il terzo può limitare gli impegni assunti con il concordato ai soli creditori ammessi al passivo, anche provvisoriamente, e a quelli che hanno proposto opposizione allo stato passivo o domanda di ammissione tardiva al tempo della proposta. In tale caso, verso gli altri creditori continua a rispondere il fallito, fermo quanto disposto dagli articoli 142 e seguenti in caso di esdebitazione.

La proposta presentata da uno o più creditori o da un terzo può prevedere la cessione, oltre che dei beni compresi nell'attivo fallimentare, anche delle azioni di pertinenza della massa, purché autorizzate dal giudice delegato, con specifica indicazione dell'oggetto e del fondamento della pretesa. Il proponente può limitare gli impegni assunti con il concordato ai soli creditori ammessi al passivo, anche provvisoriamente, e a quelli che hanno proposto opposizione allo stato passivo o domanda di ammissione tardiva al tempo della proposta. In tale caso, verso gli altri creditori continua a rispondere il fallito, fermo quanto disposto dagli articoli 142 e seguenti in caso di esdebitazione.

 

 

 

 

Art. 125

Art. 125

Esame della proposta e comunicazione ai creditori.

Esame della proposta e comunicazione ai creditori.

La proposta di concordato è presentata con ricorso al giudice delegato, il quale chiede il parere del comitato dei creditori e del curatore, con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione.

La proposta di concordato è presentata con ricorso al giudice delegato, il quale chiede il parere del curatore, con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione ed alle garanzie offerte.

Qualora la proposta contenga condizioni differenziate per singole classi di creditori, essa deve essere sottoposta, con i pareri di cui al primo comma, al giudizio del tribunale, che verifica il corretto utilizzo dei criteri di cui all'articolo 124, secondo comma, lettere a) e b), tenendo conto della relazione resa ai sensi dell'articolo 124, terzo comma.

(v. infra, comma 3)

Una volta espletati tali adempimenti preliminari, il giudice delegato, acquisito il parere favorevole del curatore, ordina che la proposta venga comunicata ai creditori, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione. Nel medesimo provvedimento il giudice delegato fissa un termine non inferiore a venti giorni né superiore a trenta, entro il quale i creditori devono far pervenire nella cancelleria del tribunale eventuali dichiarazioni di dissenso. Se le proposte sono più di una, devono essere portate in votazione contemporaneamente.

Una volta espletato tale adempimento preliminare, il giudice delegato, acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori, valutata la ritualità della proposta, ordina che la stessa, unitamente al parere del curatore e del comitato dei creditori venga comunicata ai creditori, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione ed informandoli che la mancata risposta sarà considerata come voto favorevole. Nel medesimo provvedimento il giudice delegato fissa un termine non inferiore a venti giorni né superiore a trenta, entro il quale i creditori devono far pervenire nella cancelleria del tribunale eventuali dichiarazioni di dissenso.

(v. sopra, comma 2)

Qualora la proposta contenga condizioni differenziate per singole classi di creditori essa, prima di essere comunicata ai creditori, deve essere sottoposta, con i pareri di cui al primo e secondo comma, al giudizio del tribunale che verifica il corretto utilizzo dei criteri di cui all’articolo 124, secondo comma, lettere a) e b) tenendo conto della relazione resa ai sensi dell’articolo 124, terzo comma.

Se la società fallita ha emesso obbligazioni o strumenti finanziari oggetto della proposta di concordato, la comunicazione è inviata agli organi che hanno il potere di convocare le rispettive assemblee, affinché possano esprimere il loro eventuale dissenso. Il termine previsto dal terzo comma è prolungato per consentire l'espletamento delle predette assemblee.

Identico.

 

 

 

 

Art. 128

Art. 128

Approvazione del concordato.

Approvazione del concordato.

Il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto.

Identico.

Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto nelle classi medesime.

Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se, nel maggior numero delle classi, la proposta riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentano, in ciascuna di esse, la maggioranza dei crediti ammessi al voto.

I creditori che non fanno pervenire il loro dissenso nel termine fissato dal giudice delegato si ritengono consenzienti.

Identico.

La variazione del numero dei creditori ammessi o dell'ammontare dei singoli crediti, che avvenga per effetto di una sentenza emessa successivamente alla scadenza del termine fissato dal giudice delegato per le votazioni, non influisce sul calcolo della maggioranza.

La variazione del numero dei creditori ammessi o dell'ammontare dei singoli crediti, che avvenga per effetto di un provvedimento emesso successivamente alla scadenza del termine fissato dal giudice delegato per le votazioni, non influisce sul calcolo della maggioranza.

 

 

 

 

Art. 129

Art. 129

Giudizio di omologazione.

Giudizio di omologazione.

Decorso il termine stabilito per le votazioni, il curatore presenta al giudice delegato una relazione sul loro esito.

Identico.

Se la proposta è stata approvata, il giudice delegato dispone che ne sia data immediata comunicazione al proponente, al fallito e ai creditori dissenzienti e fissa un termine non inferiore a quindici giorni e non superiore a trenta giorni per la proposizione di eventuali opposizioni, anche da parte di qualsiasi altro interessato, e per il deposito della relazione conclusiva del curatore; se la proposta di concordato è stata presentata dal curatore, la relazione è redatta e depositata dal comitato dei creditori. Analogamente si procede se sussiste la maggioranza per somma e per classi di cui al settimo comma e il proponente richiede che il tribunale proceda all'approvazione del concordato.

Se la proposta è stata approvata, il giudice delegato dispone che il curatore ne dia immediata comunicazione al proponente, affinché richieda l’omologazione del concordato, al fallito e ai creditori dissenzienti e, con decreto da pubblicarsi a norma dell’articolo 17, fissa un termine non inferiore a quindici giorni e non superiore a trenta giorni per la                                                                                                                                                                                                                                           proposizione di eventuali opposizioni, anche da parte di qualsiasi altro interessato, e per il deposito da parte del comitato dei creditori di una relazione motivata col suo parere definitivo; se il comitato non provvede nel termine, la relazione è redatta e depositata dal curatore nei sette giorni successivi.

L'opposizione e la richiesta di omologazione si propongono con ricorso a norma dell'articolo 26.

Identico.

Se nel termine fissato non vengono proposte opposizioni, il tribunale, verificata la regolarità della procedura e l'esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame.

Identico.

Se sono state proposte opposizioni ovvero se è stata presentata la richiesta di omologazione, si procede ai sensi dell'articolo 26, quinto, sesto, settimo e ottavo comma, in quanto compatibili.


(v. infra comma 7)

Se sono state proposte opposizioni, il Tribunale assume i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti di ufficio, anche delegando uno dei componenti del collegio. Nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’articolo 128, se un creditore appartenente ad una classe dissenziente contesta la convenienza della proposta,il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possarisultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.

Il tribunale provvede con decreto motivato pubblicato a norma dell'articolo 17.

Identico.

Quando sono previste diverse classi di creditori, il tribunale, riscontrato il raggiungimento della maggioranza di cui all'articolo 128, primo comma, primo periodo, può omologare il concordato nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi ha approvato la proposta di concordato e qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.

Soppresso (v. sopra comma 5)

Al fine di quanto previsto dal settimo comma, le classi di creditori non ammessi al voto ai sensi del secondo comma dell'articolo 127 sono considerate favorevoli ai soli fini del requisito della maggioranza delle classi.

Soppresso

 

 

 

 

Art. 131

Art. 131

Reclamo.

Reclamo.

Il decreto del tribunale è reclamabile dinanzi alla corte di appello che pronuncia in camera di consiglio.

Identico.

Il reclamo è proposto con ricorso da depositare presso la cancelleria della corte d'appello nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del decreto.

Il reclamo è proposto con ricorso da depositarsi nella cancelleria della corte d'appello nel termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione del decreto fatta dalla cancelleria del tribunale.

 

Esso deve contenere i requisiti prescritti dall’articolo 18, secondo comma, numeri 1), 2), 3) e 4).

Il presidente designa il relatore e fissa l'udienza di comparizione delle parti entro sessanta giorni dal deposito, assegnando al ricorrente un termine perentorio non inferiore a dieci giorni dalla comunicazione del decreto per la notifica del ricorso e del decreto al curatore e alle altre parti; assegna altresì alle parti resistenti termine perentorio per il deposito di memorie non inferiore a trenta giorni.

Il curatore dà immediata notizia agli altri creditori del deposito del reclamo e dell'udienza fissata.

Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore, e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro sessanta giorni dal deposito del ricorso.

Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato, a cura del reclamante, entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto, al curatore e alle altre parti, che si identificano, se non sono reclamanti, nel fallito, nel proponente e negli opponenti.

Tra la data della notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.

Le parti resistenti devono costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza, eleggendo il

domicilio nel comune in cui ha sede la corte d’appello.

La costituzione si effettua mediante il deposito in cancelleria di una memoria contenente l’esposizione delle difese in fatto e in diritto, nonché l'indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.

L’intervento di qualunque interessato non può aver luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti, con le modalità per queste previste.

All'udienza il collegio, nel contraddittorio delle parti, assunte anche d'ufficio tutte le informazioni e le prove necessarie, provvede con decreto motivato.

All'udienza, il collegio, sentite le parti, assume, anche d’ufficio, i mezzi di prova, eventualmente delegando un suo componente.

La corte provvede con decreto motivato.

Il decreto, comunicato al debitore e pubblicato a norma dell'articolo 17, può essere impugnato entro il termine di trenta giorni avanti la corte di cassazione.

Il decreto è pubblicato a norma dell’articolo 17 e notificato alle parti, a cura della cancelleria, ed è impugnabile con ricorso per cassazione entro trenta giorni dalla notificazione.

 

 

 

 

Art. 137

Art. 137

Risoluzione del concordato.

Risoluzione del concordato.

Se le garanzie promesse non vengono costituite in conformità del concordato o se il proponente non adempie regolarmente agli obblighi derivanti dal concordato e dal decreto di omologazione, il curatore e il comitato dei creditori devono riferirne al tribunale. Questo procede a norma dell'articolo 26 sesto, settimo e ottavo comma. Al procedimento partecipa anche l'eventuale garante. Nello stesso modo provvede il tribunale su ricorso di uno o più creditori o anche d'ufficio.

Se le garanzie promesse non vengono costituite o se il proponente non adempie regolarmente gli obblighi derivanti dal concordato, ciascun creditore può chiederne la risoluzione.

Si applicano le disposizioni dell’articolo 15 in quanto compatibili.

Al procedimento è chiamato a partecipare anche l'eventuale garante.

Il decreto che risolve il concordato riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutivo.

La sentenza che risolve il concordato riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutiva.

Il decreto è reclamabile ai sensi dell'articolo 131.

La sentenza è reclamabile ai sensi dell’articolo 18.

Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto nel concordato.

Identico.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti dal proponente o da uno o più creditori con liberazione immediata del debitore.

Non possono proporre istanza di risoluzione i creditori del fallito verso cui il terzo, ai sensi dell'articolo 124, non abbia assunto responsabilità per effetto del concordato.

Identico.

 

 

 

 

Art. 138

Art. 138

Annullamento del concordato.

Annullamento del concordato.

Il concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio del debitore, quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo. Non è ammessa alcuna altra azione di nullità. Si procede a norma dell'articolo 137.

Identico.

Il decreto che annulla il concordato riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutivo. Esso è reclamabile ai sensi dell'articolo 131.

La sentenza che annulla il concordato riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutiva. Essa è reclamabile ai sensi dell’articolo 18.

Il ricorso per l'annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto nel concordato.

Identico.

 

 

 

 

 

Art. 10
(Modifiche al Titolo II, Capo IX, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

Capo IX

 

Della esdebitazione

 

 

 

Art. 142

 

Esdebitazione.

 

Il fallito persona fisica è ammesso al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti a condizione che:

Identico:

1) abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all’accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;

1) identico;

2) non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;

2) identico;

3) non abbia violato le disposizioni di cui all’articolo 48;

3) identico;

4) non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta;

4) identico;

5) non abbia distratto l’attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito;

5) identico;

6) non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione. Se è in corso il procedimento penale per uno di tali reati, il tribunale sospende il procedimento fino all’esito di quello penale.

6) identico.

L’esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali.

Identico.

Restano esclusi dall’esdebitazione:

Identico:

a) gli obblighi di mantenimento e alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti non compresi nel fallimento ai sensi dell’articolo 46;

a) gli obblighi di mantenimento e alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa;

b) i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale nonché le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti.

b) identica.

Sono salvi i diritti vantati dai creditori nei confronti di coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso.

Identico.

 

 

 

 

Art. 143

Art. 143

Procedimento di esdebitazione.

Procedimento di esdebitazione.

Il tribunale, con il decreto di chiusura del fallimento o su ricorso del debitore presentato entro l’anno successivo, verificate le condizioni di cui all’articolo 142 e tenuto altresì conto dei comportamenti collaborativi del medesimo, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, dichiara inesigibili nei confronti del debitore già dichiarato fallito i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente.

Identico.

Contro il decreto che provvede sul ricorso, il debitore, i creditori non integralmente soddisfatti, il pubblico ministero e qualunque interessato possono proporre reclamo a norma dell’articolo 26.

Identico.

 

 

 

 

Art. 144

Art. 144

Esdebitazione per i crediti concorsuali non concorrenti.

Esdebitazione per i crediti concorsuali non concorrenti.

Il decreto di accoglimento della domanda di esdebitazione produce effetti anche nei confronti dei creditori anteriori alla apertura della procedura di liquidazione che non hanno presentato la domanda di ammissione al passivo; in tale caso, l’esdebitazione opera per la sola eccedenza rispetto a quanto i creditori avrebbero avuto diritto di percepire nel concorso.

Il decreto di accoglimento della domanda di esdebitazione produce effetti anche nei confronti dei creditori anteriori alla apertura della procedura di liquidazione che non hanno presentato la domanda di ammissione al passivo; in tale caso, l’esdebitazione opera per la sola eccedenza alla percentuale attribuita nel concorso ai creditori di pari grado.

 

 

 

 

 

Art. 11
(Modifiche al Titolo II, Capo X, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

Capo X

 

Del fallimento delle società

 

 

 

Art. 147

Art. 147

Società con soci a responsabilità illimitata.

Società con soci a responsabilità illimitata.

La sentenza che dichiara il fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili.

Identico.

Il fallimento dei soci di cui al comma primo non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati. La dichiarazione di fallimento è possibile solo se l’insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilità illimitata.

Identico.

Il tribunale, prima di dichiarare il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, deve disporne la convocazione a norma dell’articolo 15.

Identico.

Se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi.

Identico.

Allo stesso modo si procede, qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile.

Identico.

Contro la sentenza del tribunale è ammesso appello a norma dell’articolo 18.

Contro la sentenza del tribunale è ammesso reclamo a norma dell’articolo 18.

In caso di rigetto della domanda, contro il decreto del tribunale l’istante può proporre reclamo alla corte d’appello a norma dell’articolo 22.

Identico.

 

 

 

 

 

Art. 12
(Modifiche al Titolo III, Capo I, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

TITOLO III

 

Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione.

 

Capo I

 

Dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo

 

 

 

Art. 160

Art. 160

Condizioni per l'ammissione alla procedura.

Condizioni per l'ammissione alla procedura.

L'imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere:

Identico:

a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l'attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito;

a) identica;

b) l'attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; possono costituirsi come assuntori anche i creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato;

b) identica;

c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei;

c) identica;

d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.

d) identica.

 

La proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di prelazione non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di vendita, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile al cespite o al reddito oggetto della garanzia indicato nella relazione giurata di un esperto o di un revisore contabile o di una società di revisione designati dal tribunale. Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione.

Ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza.

Identico.

 

 

 

 

Art. 161

Art. 161

Domanda di concordato.

Domanda di concordato.

La domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo è proposta con ricorso, sottoscritto dal debitore, al tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale; il trasferimento della stessa intervenuto nell'anno antecedente al deposito del ricorso non rileva ai fini della individuazione della competenza.

Identico.

Il debitore deve presentare con il ricorso:

Identico:

a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;

a) identica;

b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;

b) identica;

c) l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;

c) identica;

d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.

d) identica.

Il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista di cui all'articolo 28 che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo.

Il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista che abbia i requisiti previsti nel precedente articolo 28, lettere a) e b) che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo.

Per la società la domanda deve essere approvata e sottoscritta a norma dell'articolo 152.

Identico.

 

La domanda di concordato è comunicata al pubblico ministero.

 

 

 

 

Art. 162

Art. 162

Inammissibilità della domanda.

Inammissibilità della domanda.

 

Il Tribunale può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti.

Il tribunale, sentito il pubblico ministero e occorrendo il debitore, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta se non ricorrono le condizioni previste dal primo comma dell'art. 160 o se ritiene che la proposta di concordato non risponde alle condizioni indicate nel secondo comma dello stesso articolo.

In tali casi il tribunale dichiara d'ufficio il fallimento del debitore.

Il Tribunale, se all’esito del procedimento verifica che non ricorrono le condizioni di cui al primo ed al secondo comma dell’articolo 160, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta di concordato. In tali casi il tribunale, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5 dichiara il fallimento del debitore.

 

Contro la sentenza è proponibile reclamo a norma dell’articolo 18. Con il reclamo possono farsi valere anche motivi attinenti all’ammissibilità della proposta di concordato.

 

 

 

 

Art. 163

Art. 163

Ammissione alla procedura.

Ammissione alla procedura.

Il tribunale, verificata la completezza e la regolarità della documentazione, con decreto non soggetto a reclamo, dichiara aperta la procedura di concordato preventivo; ove siano previste diverse classi di creditori, il tribunale provvede analogamente previa valutazione della correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi.

Il tribunale, ove non abbia provveduto a norma dell’articolo 162, commi primo e secondo, con decreto non soggetto a reclamo, dichiara aperta la procedura di concordato preventivo; ove siano previste diverse classi di creditori, il tribunale provvede analogamente previa valutazione della correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi.

Con il provvedimento di cui al primo comma, il tribunale:

Identico:

1) delega un giudice alla procedura di concordato;

1) identico;

2) ordina la convocazione dei creditori non oltre trenta giorni dalla data del provvedimento e stabilisce il termine per la comunicazione di questo ai creditori;

2) identico;

3) nomina il commissario giudiziale osservate le disposizioni degli articoli 28 e 29;

3) identico;

4) stabilisce il termine non superiore a quindici giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma che si presume necessaria per l'intera procedura.

4) stabilisce il termine non superiore a quindici giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma pari al 50 per cento delle spese che si presumono necessarie per l'intera procedura, ovvero la diversa minor somma, non inferiore al 20 per cento di tali spese, che sia determinata dal giudice. Su proposta del commissario giudiziale, il giudice delegato può disporre che le somme riscosse vengano investite secondo quanto previsto dall’articolo 34, primo comma.

Qualora non sia eseguito il deposito prescritto, il commissario giudiziale provvede a norma dell'articolo 173, quarto comma.

Qualora non sia eseguito il deposito prescritto, il commissario giudiziale provvede a norma dell'articolo 173, primo comma.

 

 

 

 

Art. 166

Art. 166

Pubblicità del decreto.

Pubblicità del decreto.

Il decreto è pubblicato, a cura del cancelliere, mediante affissione all'albo del tribunale e comunicato in via telematica per la iscrizione all'ufficio del registro delle imprese. Il tribunale può, inoltre, disporne la pubblicazione in uno o più giornali, da esso indicati.

Il decreto è pubblicato, a cura del cancelliere, a norma dell’articolo 17 mediante affissione all'albo del tribunale e comunicato in via telematica per la iscrizione all'ufficio del registro delle imprese. Il tribunale può, inoltre, disporne la pubblicazione in uno o più giornali, da esso indicati.

Se il debitore possiede beni immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, si applica la disposizione dell'articolo 88, secondo comma.

Identico.

 

 

 

 

 

Art. 13
(Modifiche al Titolo III, Capo II, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

Capo II

 

Degli effetti dell’ammissione al concordato preventivo

 

 

 

Art. 168

Art. 168

Effetti della presentazione del ricorso.

Effetti della presentazione del ricorso.

Dalla data della presentazione del ricorso e fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore.

Dalla data della presentazione del ricorso e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore.

Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano.

Identico.

I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall’articolo precedente.

Identico.

 

 

 

 

 

Art. 14
(Modifiche al Titolo III, Capo III, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

Capo III

 

Dei provvedimenti immediati

 

 

 

Art. 173

Art. 173

Dichiarazione del fallimento nel corso della procedura.

Revoca dell’ammissione al concordato e dichiarazione del fallimento nel corso della procedura.

Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve darne immediata notizia al giudice delegato, il quale, fatte le opportune indagini, promuove dal tribunale la dichiarazione di fallimento.

Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori.

 

All’esito del procedimento, che si svolge nelle forme di cui all’articolo 15, il tribunale provvede con decreto e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza, reclamabile a norma dell’articolo 18.

Il fallimento è dichiarato anche se il debitore durante la procedura di concordato compie atti non autorizzati a norma dell’art. 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato.

Le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche se il debitore durante la procedura di concordato compie atti non autorizzati a norma dell'articolo 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l'ammissibilità del concordato.

 

 

 

 

 

Art. 15
(Modifiche al Titolo III, Capo IV, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

Capo IV

 

Della deliberazione del concordato preventivo

 

 

 

Art. 175

Art. 175[9]

Discussione della proposta di concordato.

Discussione della proposta di concordato.

Nell’adunanza dei creditori il commissario giudiziale illustra la sua relazione e le proposte definitive del debitore.

Identico.

 

La proposta di concordato non può più essere modificata dopo l’inizio delle operazioni di voto.

Ciascun creditore può esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibile o accettabile la proposta di concordato e sollevare contestazioni sui crediti concorrenti.

Identico.

Il debitore ha facoltà di rispondere e contestare a sua volta i crediti, e ha il dovere di fornire al giudice gli opportuni chiarimenti.

Identico.

 

 

 

 

Art. 177

Art. 177

Maggioranza per l’approvazione del concordato.

Maggioranza per l’approvazione del concordato.

Il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto nella classe medesima.

Il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto.

Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se, nel maggior numero delle classi, la proposta riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentano, in ciascuna di esse, la maggioranza dei crediti ammessi al voto.

Il tribunale, riscontrata in ogni caso la maggioranza di cui al primo comma, può approvare il concordato nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi ha approvato la proposta di concordato e qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.

Soppresso.

I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto di prelazione. La rinuncia può essere anche parziale, purché non inferiore alla terza parte dell’intero credito fra capitale ed accessori.

Qualora i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla prelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono assimilati ai creditori chirografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato.

I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l’integrale pagamento, non hanno diritto al voto se non rinunciano in tutto od in parte al diritto di prelazione. Qualora i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla prelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono equiparati ai creditori chirografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato.

 

I creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell’articolo 160, la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito.

Sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta di concordato.

Identico.

 

 

 

 

Art. 178

Art. 178

Adesioni alla proposta di concordato.

Adesioni alla proposta di concordato.

Nel processo verbale dell’adunanza dei creditori sono inseriti i voti favorevoli e contrari dei creditori con l’indicazione nominativa dei votanti e dell’ammontare dei rispettivi crediti.

Identico.

Il processo verbale è sottoscritto dal giudice delegato, dal commissario e dal cancelliere.

Identico.

Se nel giorno stabilito non è possibile compiere tutte le operazioni, la loro continuazione viene rimessa dal giudice ad un’udienza prossima, non oltre otto giorni, senza bisogno di avviso agli assenti.

Identico.

Le adesioni, pervenute per telegramma o per lettera nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale, sono annotate dal cancelliere in calce al medesimo. Se il concordato è stato approvato dalla maggioranza dei creditori votanti nell’adunanza, senza che tale maggioranza abbia raggiunto i due terzi della totalità dei crediti, le adesioni sono valutate agli effetti del computo della maggioranza dei crediti.

Le adesioni, pervenute per telegramma o per lettera o per telefax o per posta elettronica nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale, sono annotate dal cancelliere in calce al medesimo e sono considerate ai fini del computo della maggioranza dei crediti.

 

 

 

 

 

Art. 16
Modifiche al Titolo III, Capo V, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

Capo V

 

Dell'omologazione e dell'esecuzione del concordato preventivo. Degli accordi di ristrutturazione di debiti

 

 

 

Art. 179

Art. 179

Mancata approvazione del concordato.

Mancata approvazione del concordato.

Se nei termini stabiliti non si raggiungono le maggioranze richieste negli artt. 177 e 178, il giudice delegato ne riferisce immediatamente al tribunale, che deve provvedere a norma dell'art. 162, secondo comma.

Se nei termini stabiliti non si raggiungono le maggioranze richieste dal primo e dal secondo comma dell’articolo 177, il giudice delegato ne riferisce immediatamente al tribunale, che deve provvedere a norma dell'art. 162, secondo comma.

 

 

 

 

Art. 180

Art. 180

Approvazione del concordato e giudizio di omologazione.

Giudizio di omologazione.

Il tribunale fissa un'udienza in camera di consiglio per la comparizione del debitore e del commissario giudiziale. Dispone che il provvedimento venga affisso all'albo del tribunale, e notificato, a cura del debitore, al commissario giudiziale e agli eventuali creditori dissenzienti.

Se il concordato è stato approvato a norma del primo e del secondo comma dell’articolo 177, il giudice delegato riferisce al tribunale il quale fissa un'udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale, disponendo che il provvedimento venga pubblicato a norma dell’articolo 17 e notificato, a cura del debitore, al commissario giudiziale e agli eventuali creditori dissenzienti.

Il debitore, il commissario giudiziale, gli eventuali creditori dissenzienti e qualsiasi interessato devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata, depositando memoria difensiva contenente le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché l'indicazione dei mezzi istruttori e dei documenti prodotti. Nel medesimo termine il commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere.

Il debitore, il commissario giudiziale, gli eventuali creditori dissenzienti e qualsiasi interessato devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata. Nel medesimo termine il commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere.

 

 

Se non sono proposte opposizioni, il tribunale, verificata la regolarità della procedura e l'esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame.

Il tribunale, nel contraddittorio delle parti, assume anche d'ufficio tutte le informazioni e le prove necessarie, eventualmente delegando uno dei componenti del collegio per l'espletamento dell'istruttoria.

Il tribunale, se la maggioranza di cui al primo comma dell'articolo 177 è raggiunta, approva il concordato con decreto motivato. Quando sono previste diverse classi di creditori, il tribunale, riscontrata in ogni caso la maggioranza di cui al primo comma dell'articolo 177, può approvare il concordato nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi ha approvato la proposta di concordato e qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.

Se sono state proposte opposizioni, il Tribunale assume i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti di ufficio, anche delegando uno dei componenti del collegio. Nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’articolo 177 se un creditore appartenente ad una classe dissenziente contesta la convenienza della proposta, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.

Il decreto è comunicato al debitore e al commissario giudiziale, che provvede a darne notizia ai creditori, ed è pubblicato e affisso a norma dell'articolo 17.

Il tribunale provvede con decreto motivato comunicato al debitore e al commissario giudiziale, che provvede a darne notizia ai creditori. Il decreto è pubblicato a norma dell'articolo 17 ed è provvisoriamente esecutivo.

Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal tribunale, che fissa altresì le condizioni e le modalità per lo svincolo.

Identico.

 

Il tribunale, se respinge il concordato, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui gli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore, con separata sentenza, emessa contestualmente al decreto.

 

 

 

 

Art. 182

Art. 182

Provvedimenti in caso di cessione di beni.

Provvedimenti in caso di cessione di beni.

Se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone diversamente, il tribunale nomina nella sentenza di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione.

Se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone diversamente, il tribunale nomina nel decreto di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione.

 

Si applicano ai liquidatori gli articoli 28, 29, 37, 38, 39 e 116 in quanto compatibili.

Si applicano al comitato dei creditori gli articoli 40 e 41 in quanto compatibili. Alla sostituzione dei membri del comitato provvede in ogni caso il tribunale.

Le vendite di aziende e rami di aziende, beni immobili e altri beni iscritti in pubblici registri, nonché le cessioni di attività e passività dell’azienda e di beni o rapporti giuridici individuali in blocco devono essere autorizzate dal comitato dei creditori.

Si applicano gli articoli da 105 a 108-ter in quanto compatibili.

 

 

 

 

Art. 182-bis

Art. 182-bis

Accordi di ristrutturazione dei debiti.

Accordi di ristrutturazione dei debiti.

Il debitore può depositare, con la dichiarazione e la documentazione di cui all'articolo 161, un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un esperto sull'attuabilità dell'accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei.

L’imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all'articolo 161, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista che abbia i requisiti previsti nell’articolo 28, lettere a) e b) sull'attuabilità dell'accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei.

 

Con il ricorso, l’imprenditore può chiedere la protezione del proprio patrimonio da iniziative cautelari e azioni esecutive di terzi estranei all'accordo. Il tribunale, se ritiene che l'istanza sia funzionale alla attuazione dell'accordo e in particolare alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei, può stabilire, per un tempo non superiore a sessanta giorni dalla data di deposito di provvedimento, la sospensione delle azioni esecutive o cautelari già intraprese, nonché l'inibizione di azioni esecutive o cautelari da intraprendere. Il periodo della sospensione ordinata dal tribunale non può essere computato ai fini di eventuali decadenze. Nel periodo fissato dal tribunale nei procedimenti cautelari e in quello di cui all'articolo 15 possono tuttavia essere compiute attività istruttorie.

L'accordo è pubblicato nel registro delle imprese; i creditori ed ogni altro interessato possono proporre opposizione entro trenta giorni dalla pubblicazione.

Identico.

Il tribunale, decise le opposizioni, procede all'omologazione in camera di consiglio con decreto motivato.

Il tribunale con decreto motivato omologa, ovvero respinge o dichiara inammissibile la domanda.

Il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello ai sensi dell'articolo 183, in quanto applicabile, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese.

Identico.

L'accordo acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione nel registro delle imprese.

Identico.

 

 

 

 

Art. 183

Art. 183

Appello contro la sentenza di omologazione.

Reclamo.

Contro la sentenza che omologa o respinge il concordato possono appellare gli opponenti e il debitore entro quindici giorni dall'affissione.

L'atto di appello è notificato al debitore, al commissario giudiziale e alle parti costituite in giudizio.

La sentenza è pubblicata a norma dell'art. 17 ed il termine per ricorrere per cassazione decorre dalla data dell'affissione.

 

Contro il decreto del tribunale può essere proposto reclamo alla corte di appello, la quale pronuncia in camera di consiglio.

Con lo stesso reclamo è impugnabile la sentenza dichiarativa di fallimento, contestualmente emessa a norma dell’articolo 180, settimo comma.

 

 

 

 

 

Art. 17
(Modifiche al Titolo III, Capo VI, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

Capo VI

 

Dell'esecuzione, della risoluzione e dell'annullamento del concordato preventivo

 

 

 

Art. 186

Art. 186

Risoluzione e annullamento del concordato.

Risoluzione e annullamento del concordato.

Si applicano al concordato preventivo le disposizioni degli artt. 137 e 138, intendendosi sostituito al curatore il commissario giudiziale.

Nel caso di concordato mediante cessione dei beni a norma dell'art. 160, comma secondo, n. 2, questo non si risolve se nella liquidazione dei beni si sia ricavata una percentuale inferiore a quaranta per cento.

Con la sentenza che risolve o annulla il concordato il tribunale dichiara il fallimento.

Ciascuno dei creditori può richiedere la risoluzione del concordato per inadempimento.

Il concordato non si può risolvere se l’inadempimento ha scarsa importanza.

Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato.

Le disposizioni che precedono non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore.

Si applicano le disposizioni degli articoli 137 e 138, in quanto compatibili, intendendosi sostituito al curatore il commissario giudiziale.

 

 

 

 

 

Art. 18
(Modifiche al Titolo V, Capo VI
[10], del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)

TITOLO V

 

Della liquidazione coatta amministrativa.

 

 

 

Art. 195

Art. 195

Accertamento giudiziario dello stato d'insolvenza anteriore alla liquidazione coatta amministrativa.

Accertamento giudiziario dello stato d'insolvenza anteriore alla liquidazione coatta amministrativa.

Se un'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa con esclusione del fallimento si trova in stato di insolvenza, il tribunale del luogo dove l'impresa ha la sede principale, su richiesta di uno o più creditori, ovvero dell'autorità che ha la vigilanza sull'impresa o di questa stessa, dichiara tale stato con sentenza. Il trasferimento della sede principale dell'impresa intervenuto nell'anno antecedente l'apertura del procedimento, non rileva ai fini della competenza.

Identico.

 

 

 

Con la stessa sentenza o con successivo decreto adotta i provvedimenti conservativi che ritenga opportuni nell'interesse dei creditori fino all'inizio della procedura di liquidazione.

Identico.

Prima di provvedere il tribunale deve sentire il debitore, con le modalità di cui all'articolo 15, e l'autorità governativa che ha la vigilanza sull'impresa.

Identico.

La sentenza è comunicata entro tre giorni, a norma dell'articolo 136 del codice di procedura civile, all'autorità competente perché disponga la liquidazione. Essa è inoltre notificata, affissa e resa pubblica nei modi e nei termini stabiliti per la sentenza dichiarativa di fallimento.

Identico.

Contro la sentenza predetta può essere proposto appello da qualunque interessato, a norma degli articoli 18 e 19.

Contro la sentenza predetta può essere proposto reclamo da qualunque interessato, a norma degli articoli 18 e 19.

Il tribunale che respinge il ricorso per la dichiarazione d'insolvenza provvede con decreto motivato. Contro il decreto è ammesso reclamo a norma dell'articolo 22.

Identico.

Il tribunale provvede su istanza del commissario giudiziale alla dichiarazione d'insolvenza a norma di questo articolo quando nel corso della procedura di concordato preventivo di un'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento, si verifica la cessazione della procedura e sussiste lo stato di insolvenza. Si applica in ogni caso il procedimento di cui al terzo comma.

Identico.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano agli enti pubblici.

Identico.

 

 

 

 

Art. 209

Art. 209

Formazione dello stato passivo.

Formazione dello stato passivo.

Salvo che le leggi speciali stabiliscano un maggior termine, entro novanta giorni dalla data del provvedimento di liquidazione, il commissario forma l'elenco dei crediti ammessi o respinti e delle domande indicate nel secondo comma dell'art. 207 accolte o respinte, e le deposita nella cancelleria del luogo dove l'impresa ha la sede principale, dandone notizia con raccomandata con avviso di ricevimento a coloro la cui pretesa non sia in tutto o in parte ammessa. Col deposito in cancelleria l'elenco diventa esecutivo.

Identico.

Le opposizioni, a norma dell'art. 98, e le impugnazioni, a norma dell'art. 100, sono proposte entro quindici giorni dal deposito, con ricorso al presidente del tribunale osservate le disposizioni del secondo comma dell'art. 93.

Il presidente del tribunale nomina un giudice per l'istruzione e per i provvedimenti ulteriori. Sono osservate le disposizioni degli artt. da 98 a 103, in quanto applicabili, sostituiti al giudice delegato il giudice istruttore e al curatore il commissario liquidatore.

Le impugnazioni, le domande tardive di crediti e le domande di rivendica e di restituzione sono disciplinate dagli articoli 98, 99, 101 e 103, sostituiti al giudice delegato il giudice istruttore ed al curatore il commissario liquidatore.

Soppresso.

Restano salve le disposizioni delle leggi speciali relative all'accertamento dei crediti chirografari nella liquidazione delle imprese che esercitano il credito.

Identico.

 

 

 

 

Art. 211

 

Società con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci.

Abrogato

Nella liquidazione di una società con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci, il commissario liquidatore, dopo il deposito nella cancelleria del tribunale dell'elenco previsto dall'art. 209, comma primo, previa autorizzazione dell'autorità che vigila sulla liquidazione, può chiedere ai soci il versamento delle somme che egli ritiene necessarie per l'estinzione delle passività. Si osservano per il rimanente le disposizioni dell'art. 151, sostituiti ai poteri del giudice delegato quelli del presidente del tribunale e al curatore il commissario liquidatore ed escluso il reclamo a norma dell'art. 26.

Abrogato.

 

 

 

 

Art. 213

Art. 213

Chiusura della liquidazione.

Chiusura della liquidazione.

Prima dell'ultimo reparto ai creditori, il bilancio finale della liquidazione con il conto della gestione e il piano di reparto tra i creditori, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza, devono essere sottoposti all'autorità, che vigila sulla liquidazione, la quale ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale e liquida il compenso al commissario. Dell'avvenuto deposito è data notizia mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale e nei giornali che siano designati dall'autorità che vigila sulla liquidazione.

Prima dell'ultimo riparto ai creditori, il bilancio finale della liquidazione con il conto della gestione e il piano di riparto tra i creditori, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza, devono essere sottoposti all'autorità, che vigila sulla liquidazione, la quale ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale e liquida il compenso al commissario. Dell’avvenuto deposito, a cura del commissario liquidatore, è data comunicazione ai creditori ammessi al passivo ed ai creditori prededucibili nelle forme previste dall’articolo 26, terzo comma, ed è data notizia mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale e nei giornali designati dall’autorità che vigila sulla liquidazione.

Nel termine di venti giorni dall'inserzione nella Gazzetta Ufficiale, gli interessati possono proporre, con ricorso al tribunale, le loro contestazioni. Esse sono comunicate, a cura del cancelliere, all'autorità che vigila sulla liquidazione, al commissario liquidatore e al comitato di sorveglianza, che nel termine di venti giorni possono presentare nella cancelleria del tribunale le loro osservazioni. Il presidente del tribunale nomina un giudice per l'istruzione e per i provvedimenti ulteriori a norma dell'art. 189 del codice di procedura civile.

Gli interessati possono proporre le loro contestazioni con ricorso al tribunale nel termine perentorio di venti giorni, decorrente dalla comunicazione fatta dal commissario a norma del primo comma per i creditori e dalla inserzione nella Gazzetta Ufficiale per ogni altro interessato. Le contestazioni sono comunicate, a cura del cancelliere, all’autorità che vigila sulla liquidazione, al commissario liquidatore e al comitato di sorveglianza, che nel termine di venti giorni possono presentare nella cancelleria del tribunale le loro osservazioni. Il tribunale provvede con decreto in camera di consiglio. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 26.

Decorso il termine indicato senza che siano proposte osservazioni, il bilancio, il conto di gestione e il piano di reparto si intendono approvati, e il commissario provvede alle ripartizioni finali tra i creditori. Si applicano le norme dell'art. 117, e se del caso degli artt. 2494 e 2495 del codice civile.

Decorso il termine senza che siano proposte contestazioni, il bilancio, il conto di gestione e il piano di riparto si intendono approvati, e il commissario provvede alle ripartizioni finali tra i creditori. Si applicano le norme dell'articolo 117, e se del caso degli articoli 2495 e 2496 del codice civile.

 

 

 

 

Art. 214

Art. 214

Concordato.

Concordato.

Dopo il deposito dell'elenco previsto dall'art. 209 l'autorità che vigila sulla liquidazione, su parere del commissario liquidatore, sentito il comitato di sorveglianza può autorizzare l'impresa in liquidazione a proporre al tribunale un concordato, osservate le disposizioni dell'art. 152, se si tratta di società.

L’autorità che vigila sulla liquidazione, su parere del commissario liquidatore, sentito il comitato di sorveglianza, può autorizzare l’impresa in liquidazione, uno o più creditori o un terzo a proporre al tribunale un concordato, a norma dell’articolo 124, osservate le disposizioni dell’articolo 152, se si tratta di società.

La proposta di concordato deve indicare le condizioni e le eventuali garanzie. Essa è depositata nella cancelleria del tribunale col parere del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza e pubblicata nelle forme disposte dall'autorità che vigila sulla liquidazione. Entro trenta giorni dal deposito gli interessati possono presentare nella cancelleria le loro opposizioni che vengono comunicate al commissario.

La proposta di concordato è depositata nella cancelleria del tribunale col parere del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza, comunicata dal commissario a tutti i creditori ammessi al passivo nelle forme previste dall’articolo 26, terzo comma, e pubblicata mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale e deposito presso l’ufficio del registro delle imprese.

I creditori e gli altri interessati possono presentare nella cancelleria le loro opposizioni nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dalla comunicazione fatta dal commissario per i creditori e dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie di cui al secondo comma per ogni altro interessato.

Il tribunale, sentito il parere dell'autorità che vigila sulla liquidazione, decide sulla proposta di concordato, tenendo conto delle opposizioni, con sentenza in camera di consiglio. La sentenza che approva il concordato è pubblicata a norma dell'art. 17 e nelle altre forme che sono stabilite dal tribunale.

Il tribunale, sentito il parere dell’autorità che vigila sulla liquidazione, decide sulle opposizioni e sulla proposta di concordato con decreto in camera di consiglio. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 129, 130 e 131.

 

Gli effetti del concordato sono regolati dall’articolo 135.

Contro la sentenza, che approva o respinge il concordato, l'impresa in liquidazione, il commissario liquidatore e gli opponenti possono appellare entro quindici giorni dall'affissione. La sentenza è pubblicata a norma del comma precedente e il termine per il ricorso in cassazione decorre dall'affissione.

Soppresso.

Il commissario liquidatore con l'assistenza del comitato di sorveglianza sorveglia l'esecuzione del concordato.

Identico.

 

 

 

 

Art. 215

Art. 215

Risoluzione e annullamento del concordato.

Risoluzione e annullamento del concordato.

Se il concordato non è eseguito, il tribunale, su ricorso del commissario liquidatore o di uno o più creditori, pronuncia, con sentenza in camera di consiglio e non soggetta a gravame, la risoluzione del concordato. Si applicano le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'art. 137.

Se il concordato non è eseguito, il tribunale, su ricorso del commissario liquidatore o di uno o più creditori, pronuncia, con sentenza in camera di consiglio, la risoluzione del concordato. Si applicano le disposizioni dei commi dal secondo al sesto dell'articolo 137.

Su richiesta del commissario o dei creditori il concordato può essere annullato a norma dell'art. 138.

Identico.

Risolto o annullato il concordato, si riapre la liquidazione amministrativa e l'autorità che vigila sulla liquidazione adotta i provvedimenti che ritiene necessari.

Identico.

 

 


 



[1]    Il decreto legge reca: Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali

[2]    Aggiunto dall'articolo 1, comma 3 della legge 12 luglio 2006, n. 5.

[3]    Sulla base della citata norma di delega è stato quindi emanato il decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 (Riforma organica delle procedure concorsuali), che è intervenuto in profondità sulla legge fallimentare di cui al R.D. 16 marzo 1942, n. 267.

[4]    Il decreto legge reca: Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali

[5]    In particolare, sono revocati:

§       gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;

§       i pagamenti di debiti pecuniari, scaduti ed esigibili, effettuati con mezzi anormali di pagamento, sempre se compiuti nell’anno anteriore al fallimento;

§       i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituite sempre nell’anno anteriore, per debiti preesistenti non scaduti;

§       i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituite entro sei mesi anteriori alla dichiarazione.

[6]    Si tratta dei crediti primi nell’ordine di distribuzione dell’attivo; sono tali quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione del fallimento (spese della curatela, spese sostenute da altri nell’interresse di tutti i creditori, spese fatte dallo stesso fallito).

[7]    Per la descrizione di questo istituto cfr. precedente paragrafo "Decreto correttivo di riforma delle procedure concorsuali".

[8]    In materia di Reclamo contro i decreti del giudice delegato e del tribunale.

[9]    Si rileva che la modifica all’art. 175 della legge fallimentare, attualmente inserito nel Capo IV del titolo III della legge fallimentare, è prevista dall’art. 14, comma 2, dello schema di decreto legislativo. Al riguardo si osserva che tale modifica andrebbe più correttamente collocata all'interno del successivo articolo 15: infatti, l’art. 14 prevede modifiche al Titolo III, Capo III del regio decreto, mentre l’art. 175 è collocato all’interno del Titolo III, Capo IV. Per questa ragione nel testo a fronte la novella all’art. 175 è stata posizionata all’articolo 15 dello schema di decreto.

[10]   Si rileva che erroneamente la rubrica dell’articolo 18 dello schema di decreto legislativo fa riferimento al Titolo V, Capo VI della legge fallimentare. Tale legge, infatti, al Titolo V non prevede ulteriori partizioni.