Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Introduzione del reato di tortura - A.C. 915 e abb. (2^ edizione)
Riferimenti:
AC n. 915/XV   AC n. 1206/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 11
Data: 05/07/2006
Descrittori:
DIRITTO PENALE   MALTRATTAMENTI E SEVIZIE
REATI CONTRO IL CORPO E L' ONORE     
Organi della Camera: II-Giustizia


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetto di legge

 

 

 

 

 

 

Introduzione del reato di tortura

(A.C. n. 915 e abb.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 11

2^ edizione

 

5 luglio 2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento giustizia

SIWEB

 

 

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file: gi0014.doc


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi1

Struttura e oggetto  1

§      Contenuto  1

§      Relazioni allegate  1

Elementi per l’istruttoria legislativa  1

§      Necessità dell’intervento con legge  1

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  1

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  1

Schede di lettura

§      La proposta di legge A.C. 915  1

§      La proposta di legge A.C. 1206  1

Progetti di legge

§      A.C. 915, (on. Pecorella), Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale in materia di tortura  1

§      A.C. n. 1206, (on. Forgione), Introduzione dell’articolo 593-bis del codice penale concernente  il reato di tortura e altre disposizioni in materia di tortura  1

Normativa di riferimento

§      Codice penale (artt. 7, 581, 582, 606, 607, 608, 609 e 612)1

§      Legge 4 agosto 1955, n. 848. Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952  1

§      Legge 25 ottobre 1977, n. 881. Ratifica ed esecuzione del patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, nonché del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, con protocollo facoltativo, adottati e aperti alla firma a New York rispettivamente il 16 e il 19 dicembre 1966  1

§      Legge 3 novembre 1988, n. 498.  Ratifica ed esecuzione della convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, firmata a New York il 10 dicembre 1984  1

§      Legge 2 gennaio 1989, n. 7.  Ratifica ed esecuzione della convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, con annesso, adottata a Strasburgo il 26 novembre 1987  1

§      Legge 28 agosto 1997, n. 296.  Ratifica ed esecuzione del protocollo n. 11 alla Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fonda- mentali, recante ristrutturazione del meccanismo di controllo stabilito dalla convenzione, fatto a Strasburgo l'11 maggio 1994  1

§      Legge 15 dicembre 1998, n. 467. Ratifica ed esecuzione dei protocolli n. 1 e n. 2 alla Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, fatti a Strasburgo il 4 novembre 1993  1

§      Legge 12 luglio 1999, n. 232. Ratifica ed esecuzione dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale, con atto finale ed allegati, adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma, il 17 luglio 1998  1

Giurisprudenza

Corte Costituzionale

§      Sentenza n. 299/1992  1

§      Sentenza n. 295/2002  1

Iter alla Camera

Esame in sede referente

-       II Commissione (Giustizia)

Seduta del 28 giugno 2006  1

Seduta del 29 giugno 2006  1

Seduta del 4 luglio 2006  1

Lavori preparatori della XIV legislatura

Progetti di legge

§      A.C. 1483, (on. Ruzzante ed altri), Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura  1

§      A.C. 1518, (on. Piscitello), Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale e altre disposizioni concernenti il reato di tortura  1

§      A.C. 1948, (on. Biondi), Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale concernente il reato di tortura  1

§      A.C. 4990, (on. Pecorella e Mormino), Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale in materia di tortura  1

Esame in sede referente

-       II Commissione (Giustizia)

Seduta del 18 aprile 2002  1

Seduta del 23 aprile 2002  1

Seduta del 14 maggio 2002  1

Seduta del 29 maggio 2002  1

Seduta del 12 giugno 2002  1

Seduta del 2 ottobre 2002  1

Seduta del 15 ottobre 2002  1

Seduta del 23 gennaio 2003  1

Seduta del 28 gennaio 2003  1

Seduta del 6 novembre 2003  1

Seduta del 2 dicembre 2003  1

Seduta del 27 gennaio 2004  1

Seduta del 26 maggio 2004  1

Seduta del 30 giugno 2004  1

Seduta del 15 luglio 2004  1

Seduta del 30 luglio 2004  1

Seduta del 16 settembre 2004  1

Seduta del 21 settembre 2004  1

Seduta del 22 settembre 2004  1

Seduta del 23 settembre 2004  1

Seduta del 28 settembre 2004  1

Seduta del 30 settembre 2004  1

Seduta del 27 ottobre 2004  1

Seduta del 4 novembre 2004  1

Seduta del 9 novembre 2004  1

Seduta del 12 novembre 2004  1

Seduta del 9 marzo 2005  1

Seduta del 17 gennaio 2006  1

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alla II Commissione (Giustizia)

-       I Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 23 ottobre 2002  1

Seduta del 10 dicembre 2003  1

-       III Commissione (Affari esteri e comunitari)

Seduta del 24 ottobre 2002  1

-       V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione)

Seduta del 16 gennaio 2003  1

Seduta del 14 gennaio 2004  1

§      Pareri resi all’Assemblea

-       I Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 20 aprile 2004  1

-       V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione)

Seduta del 20 aprile 2004  1

Seduta del 21 aprile 2004  1

Relazione della II Commissione (Giustizia)

§      A.C. 1483-1518-1948-A, (on. Ruzzante ed altri), Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura  1

Esame Assemblea

Seduta del 19 aprile 2004  1

Seduta del 22 aprile 2004  1

Documentazione

§      Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti - adottato il 18 dicembre 2002, entrato in vigore il 22 giugno 2006 Traduzione non ufficiale  1

 

 


Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

915

Titolo

Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale in materia di tortura

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Diritto penale

Iter al Senato

no

Numero di articoli

1

Date

 

§    presentazione alla Camera

26 maggio 2006

§    annuncio

30 maggio 2006

§    assegnazione

13 giugno 2006

Commissione competente

Giustizia

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali) e III Commissione (Affari esteri)

 


 

Numero del progetto di legge

1206

Titolo

Introduzione dell’articolo 593-bis del codice penale concernente il reato di tortura e altre disposizioni in materia di tortura

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Diritto penale

Iter al Senato

no

Numero di articoli

3

Date

 

§    presentazione alla Camera

27 giugno 2006

§    annuncio

3 luglio 2006

§    assegnazione

3 luglio 2006

Commissione competente

Giustizia

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali), III Commissione (Affari esteri) e V Commissione (Bilancio)

 

 

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Le proposte di legge A.C. 915 e A.C. 1206 sono dirette ad introdurre nel codice penale e a disciplinare la fattispecie del delitto di tortura, dettando al contempo alcune norme complementari.

Infatti, nonostante l'Italia abbia reso esecutiva la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, firmata a New York il 10 dicembre 1984 (legge 3 novembre 1988, n. 498), il nostro ordinamento tuttora non contempla il reato di tortura e quindi per reprimere condotte riconducibili a maltrattamenti di questa natura occorre riportarle ai delitti codificati, come lesioni (art. 582 c.p.), violenza privata (art. art. 610 c.p.) e minacce (art. 612 c.p.).

 

Relazioni allegate

Trattandosi di proposte di legge di iniziativa parlamentare i provvedimenti sono corredati della sola relazione illustrativa.

 


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

I progetti di legge sono diretti ad inserire nel codice penale una nuova fattispecie delittuosa: si giustifica pertanto l’utilizzazione dello strumento legislativo anche in forza del principio di legalità di cui all’articolo 25, comma 2, della Costituzione.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

I provvedimenti introducono nel codice penale e disciplinano il reato di tortura. La base giuridica dei progetti di legge appare pertanto riconducibile all’articolo 117, comma 2, lettera l) della Costituzione (giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale;).

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

I provvedimenti introducono nuovi articoli nel codice penale: la tecnica legislativa utilizzata è quella della novellazione.

 

 


Schede di lettura

 


 

 

 

Le proposte di legge A.C. 915 (Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale in materia di tortura), d’iniziativa del deputato Pecorella, e A.C. 1206 (Introduzione dell’articolo 593-bis concernente il reato di tortura e altre disposizioni in materia di tortura), d’iniziativa del deputato Forgione,ripropongono un tema che nella scorsa legislatura ha impegnato la commissione giustizia e l’Assemblea della Camera per circa quattro anni.

Nell’aprile 2002 la commissione giustizia iniziava l’esame, in sede referente, di alcune proposte di legge (A.C. nn. 1483 e abb.) relative all’introduzione nel nostro ordinamento del reato di tortura. A tale proposito va ricordato che nonostante l'Italia abbia reso esecutiva la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, firmata a New York il 10 dicembre 1984 (legge 3 novembre 1988, n. 498), il nostro ordinamento tuttora non contempla il reato di tortura e, quindi, per reprimere condotte riconducibili a maltrattamenti di questa natura occorre riportarle ai delitti codificati, come lesioni (art. 582 c.p.), violenza privata (art. art. 610 c.p.) e minacce (art. 612 c.p.)[1]. Il divieto di tortura è altresì contemplato all’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali siglata a Roma nel 1950 e ratificata dall’Italia con la legge 4 agosto 1955, n. 848, nonché dall’articolo 7 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, firmato a New York nel 1966, e ratificato ai sensi della legge 25 ottobre 1977, n. 881.

L’iter delle proposte di legge citate si articolava (cfr. allegato) nella presentazione da parte del relatore (On. Nino Mormino, FI) di un testo unificato, al quale venivano apportate modifiche mediante l’approvazione di alcuni emendamenti. Giunto all’esame dell’Assemblea, e parzialmente esaminato da quest’ultima, il provvedimento veniva rinviato in commissione, su richiesta unanime del Comitato dei nove, allo scopo di consentirne un più approfondito esame in relazione ad alcuni aspetti problematici. Pertanto, nel maggio 2004 la commissione giustizia riprendeva l’esame in sede referente del provvedimento, al quale veniva in quella sede abbinata la proposta di legge A.C. 4990, d’iniziativa dei deputati Pecorella e Mormino (FI): l’esame, protrattosi fino al gennaio 2006, non si è tuttavia concluso.

 

La proposta di legge A.C. 915

 

La proposta in esame,che riproduce integralmente il contenuto dell’A.C. 5990, presentato ed esaminato nella scorsa legislatura, si compone di un unico articolo diretto ad introdurre nel codice penale la fattispecie del delitto di tortura (art. 613-bis) e a disciplinare contestualmente l’ipotesi di fatto commesso all’estero (art. 613 ter).

La nuova fattispecie di reato è inserita nella Sezione III (Dei delitti contro la libertà morale) del Capo III (Dei delitti contro la libertà individuale) del Titolo XII (Dei delitti contro la persona) del Libro II del codice penale dedicato ai delitti.

La condotta delittuosa prevista dall’art 613-bis c.p. e punita con la reclusione da uno a quindici anni, consiste nell’infliggere ad una persona una tortura fisica o mentale, sottoponendola a patimenti disumani o a sofferenze gravi. Ai fini del perfezionamento del reato è tuttavia necessario che l’agente commetta il fatto allo scopo di ottenere informazioni o confessioni dalla vittima o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale (dolo specifico).

Il nuovo art. 613-bis, che riproduce parzialmente il contenuto dell’art. 1.1 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1994, prevede che il reato di tortura possa essere commesso da chiunque, qualificandolo, di conseguenza, come reato comune.

 

Va ricordato che il fatto incriminato si qualifica come reato comune nei casi in cui soggetto attivo può essere chiunque, e come reato proprio qualora la fattispecie incriminatrice richieda il possesso di particolari requisiti o qualità in capo al soggetto attivo[2].

In proposito va menzionato che la fattispecie di tortura contemplata nella Convenzione configura, invece, un reato proprio, cioè un reato che può essere commesso esclusivamente da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisce a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito[3].

Va peraltro segnalato che la formulazione originaria delle proposte di legge (A.C. 1483 ed abb) presentate ed esaminate nel corso della XIV legislatura, e del testo unificato presentato dal relatore, contenevano il riferimento alla tipologia di reato proprio: soltanto la proposta di legge A.C. 5990, successivamente abbinata, configurava come reato comune la fattispecie delittuosa di nuova introduzione.

 

La pena sopraindicata (reclusione da uno a quindici anni) può essere aumentata se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima e raddoppiata se dal fatto è derivata la morte della vittima (comma 2).

Il comma 3 del citato articolo 613-bis prevede una speciale causa di esclusione della punibilità del reato, nell’ipotesi in cui le sofferenze o i patimenti, in cui si sostanzia la tortura, siano inflitti come conseguenza di condotte o sanzioni legittime ad esse connesse o dalle stesse cagionate.

 

Le cause di esclusione della punibilità sono circostanze in presenza delle quali un fatto, pur corrispondente alla fattispecie astratta di reato, non è punibile in virtù di una norma giuridica che lo impone o lo consente. Benché il codice penale faccia riferimento esclusivamente alle circostanze che escludono la pena (art. 59), in dottrina, tali circostanze sono ricondotte comunemente a tre categorie dogmatiche: le cause di giustificazione (che escludono l’illiceità del fatto), le cause di esclusione della colpevolezza (che lasciando integra l’antigiuridicità del fatto, escludono la colpevolezza dell’agente) e le cause di non punibilità in senso stretto (che, pur lasciando sussistere sia l’antigiuridicità sia la colpevolezza dell’agente, impediscono l’applicazione della pena sulla base di una valutazione di opportunità).

 

Il comma 4, inoltre, esclude il riconoscimento dell'immunità diplomatica per i cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per tortura da una autorità giudiziaria straniera, ovvero da parte di un tribunale internazionale.

 

Le immunità diplomatiche sono particolari limiti alla potestà di governo, che, riferite agli agenti diplomatici accreditati presso lo Stato, accompagnano il personale diplomatico durante il periodo di permanenza sul territorio estero per l’esercizio delle funzioni. Esse comprendono l'inviolabilità personale e domiciliare e l'immunità dalla giurisdizione penale, civile e fiscale. Le immunità si estendono a tutto il personale diplomatico delle missioni (ministri, consiglieri, segretari di legazione) nonché alle famiglie degli agenti.

Inoltre, la Convenzione di Vienna del 18 aprile 1961, entrata in vigore nel 1965 e ratificata da numerosi Stati, estende le immunità al personale tecnico ed amministrativo della missione diplomatica, con esclusione degli impiegati che sono cittadini dello Stato territoriale. Le immunità spettano, inoltre, sulla base del diritto internazionale consuetudinario, ai Capi di Stato, di governo e ai ministri degli esteri, quando si recano all'estero in visita ufficiale.

 

La disposizione sancisce che, nell’ipotesi di cittadini stranieri imputati o condannati per tortura da una autorità giudiziaria straniera, ovvero da un tribunale internazionale, il cittadino straniero è estradato verso lo Stato che ha avviato nei suoi confronti il procedimento, ovvero che lo ha condannato, ovvero - in caso di tribunale internazionale - che è competente ai sensi della vigente normativa internazionale.

 

Il nuovo art. 613-ter, introdotto nel codice penale dalla proposta di legge in esame, disciplina l’ipotesi del delitto di tortura commesso all’estero. In particolare, la norma prevede che sia punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commetta il delitto di tortura descritto all’art. 613-bis in territorio estero.

In tali casi, trova applicazione l’art. 7, numero 5 del codice penale, il quale prevede che sia punito, secondo la legge italiana, il cittadino o lo straniero che abbia commesso reati per i quali speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge italiana. Come evidenziato nella relazione illustrativa della proposta di legge, tale previsione si giustifica in forza della gravità del delitto di tortura, e del principio di universalità, secondo il quale per i delicta juris gentium (tra i quali rientra anche la tortura) si applica la legge nazionale anche quando il fatto è commesso all’estero.

 

La proposta di legge A.C. 1206

 

La proposta di legge A.C. 1206, che riproduce parzialmente il contenuto dei progetti di legge AC 1483 (Ruzzante e altri), AC 1518 (Piscitello) e AC 1948 (Biondi), presentati ed esaminati nella scorsa legislatura, si compone di tre articoli diretti, rispettivamente, ad introdurre nel codice penale la fattispecie del delitto di tortura di cui al nuovo articolo art. 593-bis (articolo 1), ad impedire che ai condannati o imputati all'estero per tale reato sia riconosciuta l'immunità diplomatica (articolo 2) e ad istituire un apposito fondo per le vittime della tortura (articolo 3).

 

In particolare, l'articolo 1 è diretto ad inserire nel codice penale l'articolo 593-bis (Tortura).

Diversamente da quanto previsto dalla proposta di legge A.C. 915, la nuova fattispecie di reato è inserita in chiusura del Capo I (Dei delitti contro la vita e l'incolumità individuale) del Titolo XII (Dei delitti contro la persona) del Libro II del codice penale.

La condotta delittuosa prevista dall’art 593-bis consiste nell'infliggere ad una persona, con qualsiasi atto, lesioni o sofferenze, fisiche o mentali.Analogamente alla formulazione contenuta nella proposta di legge A.C. 915, anche la proposta A.C. 1206 richiede, ai fini del perfezionamento del reato, che il fatto sia commesso al fine di ottenere dalla vittima o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o su di una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su ragioni di discriminazione (dolo specifico).

A differenza di quanto previsto dall’A.C. 915, la proposta di legge in esame prevede che soggetto attivo del reato sia soltanto un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio Conseguentemente, la nuova fattispecie delittuosa, in analogia alla previsione di cui all’art. 1.1 della Convenzione delle Nazioni Unite del 1984, si configura come reato proprio.

 

Ai sensi dell'art. 357, comma 1, del codice penale sono pubblici ufficiali coloro che esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Il secondo comma dello stesso articolo chiarisce che è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi. La giurisprudenza ritiene che la qualifica di pubblico ufficiale deve essere riconosciuta a quei soggetti che, pubblici dipendenti o semplici privati, quale che sia la loro posizione soggettiva, possono e debbono, nell’ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico, formare e manifestare la volontà della pubblica amministrazione oppure esercitare, indipendentemente da formali investiture, poteri autoritativi, deliberativi o certificativi, disgiuntamente e non cumulativamente considerati (Corte di Cassazione sez. un. n. 7958 dell’11 luglio 1992). A titolo esemplificativo, rientrano nella categoria dei pubblici ufficiali: gli agenti e gli ufficiali di polizia, i notai, gli agenti di cambio, i giudici (pubblica funzione giudiziaria), i membri del Parlamento (pubblica funzione legislativa), i ministri (pubblica funzione amministrativa), il privato che esegua l'arresto in flagranza, il medico del servizio sanitario nazionale, i consiglieri comunali e regionali; i cancellieri dei tribunali, l’ufficiale giudiziario.

L'articolo 358 del codice penale definisce invece la figura degli incaricati di pubblico servizio. Agli effetti della legge penale, rientrano in tale categoria coloro che, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio, ossia un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima (poteri autoritativi e di certificazione). Non rientrano, invece, in tale categoria lo svolgimento di semplici mansioni d’ordine e la prestazione di opera meramente materiale. Il pubblico servizio è dunque attività di carattere intellettivo, caratterizzata, quanto al contenuto, dalla mancanza dei poteri autoritativi e certificativi propri della pubblica funzione, con la quale è solo in rapporto di accessorietà o complementarietà (Corte di Cassazione sez. un. n. 7958 dell’11 luglio 1992). A titolo esemplificativo, sono incaricati di pubblico servizio il conducente di mezzi di pubblico trasporto, il farmacista, l’addetto alla riscossione dei pedaggi autostradali, il coadiutore giudiziario (in quanto svolge un pubblico servizio regolato da norme di diritto pubblico, ma non ha poteri autoritativi né certificativi), il custode di beni dello Stato.

 

La pena consiste nella reclusione da quattro a dieci anni (art. 593-bis, primo comma) e può essere aumentata se dalla tortura è derivata una lesione personale e raddoppiata se è derivata la morte della vittima (secondo comma). Pertanto, a differenza di quanto stabilito dalla proposta A.C. 915, viene ridotto il divario legislativo tra il minimo ed il massimo edittale, anche in considerazione della giurisprudenza della Corte costituzionale, che in più occasioni ha affermato che il principio di legalità richiede anche che l'ampiezza del divario tra il minimo ed il massimo della pena non ecceda il margine di elasticità necessario a consentire l'individualizzazione della pena secondo i criteri di cui all'art. 133 e che manifestamente risulti non correlato alla variabilità delle fattispecie concrete e delle tipologie soggettive rapportabili alla fattispecie astratta. Altrimenti la predeterminazione legislativa della misura della pena diverrebbe soltanto apparente ed il potere conferito al giudice si trasformerebbe da potere discrezionale in potere arbitrario[4] .

Il citato articolo 593-bis prevede che sia punito con la stessa pena il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che istiga altri alla tortura, o che si sottrae volontariamente all’impedimento del fatto, o che vi acconsente tacitamente (terzo comma). Nel riprendere il contenuto dell’art. 1.1. della Convenzione internazionale del 1984, si configurano, pertanto, tre ipotesi distinte:

§         l’istigazione alla tortura,

§         il volontario mancato impedimento della tortura,

§         il consenso tacito alla tortura.

Anche in questo caso, si tratta di reati propri, commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio.

Il quarto comma dell’art. 593-bis prevede, inoltre, una speciale causa di esclusione della punibilità del reato, nell’ipotesi in cui il fatto costituisca oggetto di obbligo legale. Al riguardo, si segnala che la scriminante in questione differisce da quella disciplinata dalla proposta di legge A.C. 915 (art. 613-bis, comma 3), che prescrive l’esclusione della punibilità nell’ipotesi in cui siano inflitte sofferenze o patimenti, come conseguenza di condotte o sanzioni legittime ad esse connesse o dalle stesse cagionate.

Dalla formulazione letterale della proposta di legge A.C 1206, pertanto, la causa di esclusione della punibilità ivi contemplata (quarto comma dell’articolo 593 bis)  sembrerebbe avere una portata più ampia.

 

L'articolo 2,analogamente a quanto previsto dalla della proposta di legge A.C. 915, stabilisce che il Governo italiano non può assicurare l’immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in un altro Paese o da un tribunale internazionale (comma 1).

In tali ipotesi, il cittadino straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia (comma 2).

 

L'articolo 3 istituisce un fondo per le vittime dei reati di tortura, destinato ad assicurare un equo risarcimento alle vittime per una completa riabilitazione (comma 1). Il fondo è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e la relativa dotazione è determinata annualmente dalla legge finanziaria.

Si prevede altresì che, qualora dalle torture derivi la morte della vittima, sia corrisposto, presumibilmente a carico dello stesso fondo, un equo risarcimento agli eredi (comma 2).

Il comma 3 contempla la costituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di una Commissione per la riabilitazione delle vittime della tortura con il compito di gestire il relativo fondo. La composizione ed il funzionamento di tale Commissione nonché i criteri e le modalità per l’erogazione dei risarcimenti, sono definiti con un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Al riguardo, si ricorda che anche le proposte di legge A.C. 1483 e A.C. 1528, presentate nella scorsa legislatura, istituivano il predetto fondo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, mentre la proposta A.C. 1948 lo incardinava presso il Ministero della Giustizia.

 

Si segnala che la proposta di legge A.C. 1206 non reca una esatta quantificazione dell’onere finanziario relativo all’istituzione del suddetto fondo ed al funzionamento della Commissione di cui al comma 3.

 

L’articolo 11-ter, primo comma, della legge 5 agosto 1978, n. 468, concernente la “Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio”, stabilisce che“in attuazione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indica espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime.

 

 


Progetti di legge

 


N. 915

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato Gaetano PECORELLA

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Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale in materia di tortura

 

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Presentata il 26 maggio 2006

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è volta ad introdurre nell'ordinamento italiano il delitto di tortura, secondo quanto previsto dalla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1984.

Sotto un profilo meramente giuridico, con la presente proposta di legge non si intende dare esecuzione a tale Convenzione, in quanto questa è stata già resa esecutiva in Italia dalla legge 3 novembre 1988, n. 498. Tuttavia, il legislatore in quella occasione non ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di tortura, poiché ha ritenuto che alla fattispecie della tortura, così come descritta dall'articolo 1 della Convenzione, potessero essere comunque ricondotti alcuni reati già previsti dalle norme penali vigenti. Ai sensi dell'articolo 1 della Convenzione contro la tortura, il crimine della tortura consiste in «qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore e sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persone ha commesso o è sospettata aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito».

In ogni parte del mondo continuano a registrarsi ogni giorno sconcertanti episodi che vedono uomini farsi carnefici di altri uomini. Abbiamo tutti l'obbligo morale di capire se tutti questi episodi possano rientrare nella sfera dell'illecito penale così come questa è delineata dal nostro ordinamento e, in caso positivo, se siano puniti adeguatamente. In alcuni casi, ad esempio, si tratta di comportamenti disumani, degradanti della dignità umana, che tuttavia non sono riconducibili alla nozione di violenza o di minaccia elaborata dalla nostra giurisprudenza. Ciò significa che vi è una zona grigia della nozione di tortura comunemente accolta che non trova riscontro nelle nostre norme penali.

Preso atto di tale zona grigia, la presente proposta di legge mira a colmare una lacuna del nostro ordinamento che si traduce in una violazione della già ratificata Convenzione ONU del 1984. Pertanto, si introduce nel codice penale il delitto di tortura, punendo chiunque infligge ad una persona una tortura fisica o mentale, sottoponendola a patimenti disumani o a gravi sofferenze allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale. Considerato che la nozione di tortura è comunemente condivisa, proprio per evitare il rischio di lasciare altre zone grigie, si è ritenuto opportuno costruire la nuova fattispecie utilizzando sia i cosiddetti «elementi descrittivi della fattispecie», cioè quegli elementi che traggono il loro significato direttamente dalla realtà dell'esperienza sensibile, sia i cosiddetti «elementi normativi», il cui significato, invece, è desumibile da una norma alla quale si rinvia implicitamente (articolo 1 della Convenzione ONU del 1984). Il delitto è punito con la reclusione da uno a quindici anni. Si prevede, inoltre, salvo che il fatto costituisca più grave reato, un aumento di pena se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima. La pena è raddoppiata se dalle violenze perpetrate consegue la morte.

Per evitare che il reato di tortura si presti a strumentalizzazioni, si prevede espressamente che il fatto non sia punibile se sono inflitte sofferenze o patimenti come conseguenza di condotte o sanzioni legittime ad esse connesse o dalle stesse cagionate.

La gravità del delitto di tortura rende opportuno inserire tale delitto tra quelli che ai, sensi dell'articolo 7, numero 5), del codice penale sono puniti dalla legge italiana indipendentemente dal luogo ove sono commessi o dalla nazionalità del reo o della vittima. Tale disposizione si fonda sul principio di universalità, per cui per i delicta juris gentium, tra i quali rientra anche la tortura, si applica la legge nazionale anche quando il fatto è commesso all'estero. Si prevede, pertanto, che per il delitto di tortura vi sia da parte della giurisdizione italiana una competenza extraterritoriale assoluta.

Sempre di rilevanza internazionale è la disposizione secondo la quale non può essere assicurata l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura da una autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale. In tali casi, lo straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti a un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

1. Dopo l'articolo 613 del codice penale sono inseriti i seguenti:

«Art. 613-bis. - (Delitto di tortura). - È punito con la reclusione da uno a quindici anni chiunque infligge ad una persona una tortura fisica o mentale, sottoponendola a patimenti disumani o a sofferenze gravi, allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena è aumentata se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima; è raddoppiata se ne deriva la morte.

Il fatto non è punibile se sono inflitte sofferenze o patimenti come conseguenza di condotte o sanzioni legittime ad esse connesse o dalle stesse cagionate.

Non può essere assicurata l'immunità diplomatica per il delitto di tortura ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati da una autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale. In tali casi lo straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti a un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.

 

Art. 613-ter. - (Fatto commesso all'estero). - È punito secondo la legge italiana, ai sensi dell'articolo 7, numero 5), il cittadino o lo straniero che commette nel territorio estero il delitto di tortura di cui all'articolo 613-bis».

 

 


N. 1206

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato FORGIONE

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Introduzione dell’articolo 593-bis del codice penale concernente  il reato di tortura e altre disposizioni in materia di tortura

 

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Presentata il 27 giugno 2006

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ONOREVOLI COLLEGHI ! — La proibizione della tortura e di altre forme di pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, costituisce oggetto di molteplici convenzioni internazionali ratificate anche dal nostro Paese, nonché di esplicita previsione costituzionale.

La Convenzione delle Nazioni Unite approvata dall’Assemblea generale il 10 dicembre 1984 e ratificata dall’Italia ai sensi della legge 3 novembre 1988, n. 498, all’articolo 1 definisce il crimine della tortura come «qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o e` sospettata aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito». All’articolo 4 si prevede che ogni Stato parte vigili affinché tutti gli atti di tortura vengano considerati quali trasgressioni nei confronti del proprio diritto penale. Lo stesso vale per il tentativo di praticare la tortura. Nasce così un obbligo giuridico internazionale, ad oggi inadempiuto dal nostro Paese, ossia l’introduzione del reato di tortura nel codice penale, più volte sollecitato sia dal Comitato sui diritti umani istituito dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 19 dicembre 1966, ratificato ai sensi della legge n. 881 del 1977, sia dal Comitato istituito dalla stessa Convenzione contro la tortura, il quale, nell’esame dei vari rapporti periodici sull’Italia, ha sottolineato come fosse necessario supplire a tale lacuna normativa.

La proibizione della tortura e` anche esplicitamente prevista all’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fonda-mentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’articolo 7 del citato Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966. In sede europea dal 1989 opera, a seguito di apposita Convenzione, il predetto Comitato contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, le cui visite periodiche nelle carceri e nelle stazioni di polizia dei Paesi firmatari la Convenzione costituiscono il più efficace deterrente contro ogni tentazione di violazione dei diritti fondamentali delle persone private della libertà personale. Per chiudere il quadro internazionale di riferimento, esiste anche una Convenzione interamericana contro la tortura, mentre la Carta africana la proibisce espressamente.

L’esplicita previsione del reato di tortura, oltre che a corrispondere a un obbligo giuridico internazionale, costituisce un forte messaggio simbolico in chiave preventiva. Significa chiarire con nettezza quali sono i limiti dell’esercizio della forza e quali sono i limiti dell’esercizio dei pubblici poteri rispetto ad esigenze investigative o di polizia.

Alcune questioni devono essere preliminarmente affrontate per meglio chiarire l’ambito di azione di una legge che intende introdurre il reato di tortura nel nostro ordinamento penale. E’ difficile esplicitare esaustivamente il contenuto del reato di tortura. Proprio per evitare operazioni ermeneutiche che ne ridimensionino la portata, e` necessario procedere ad una elencazione casistica, seppure non omnicomprensiva, delle fattispecie che possono essere configurate quali episodi di tortura. Una prima distinzione e` tra forme di tortura fisica (pestaggi sistematici e non, molestie sessuali, shock elettrici, torture con gettiti di acqua, mutilazioni) e forme di tortura psicologica (ingiurie verbali, minacce di morte, costrizione alla nudità integrale, costrizione ad assistere alla tortura o alla morte di altri detenuti, minacce trasversali, ispezioni improvvise e senza mandato, sorveglianza continua durante l’espletamento di attività lavorativa, perdita del lavoro o della possibilità di continuare gli studi al termine del periodo di detenzione).

Questa prima elencazione, frutto di un’analisi della giurisprudenza internazionale, evidenzia come la tortura possa essere non solo inflizione di sofferenza fisica, ma anche di sofferenza psicologica. E nel nostro ordinamento oggi e` certamente insufficiente la mera previsione del reato di minaccia di cui all’articolo 612 del codice penale.

La definizione di tortura presente all’interno della stessa Convenzione delle Nazioni Unite, essendo ripresa nella pro-posta di legge, richiede alcuni chiarimenti. Essa e` primariamente intesa a tutelare i detenuti, ossia le persone in stato di detenzione legale. Destinatario del crimine di tortura e` anche colui che si trova in uno stato di detenzione illegale o di fatto (ad esempio ricovero forzato in un ospedale psichiatrico). In tale senso si e` espresso il Comitato sui diritti umani che ha interpretato la proibizione della tortura prevista all’articolo 7 del citato Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici quale strumento di protezione non solo delle persone condannate o arrestate, ma anche degli allievi nelle scuole e dei malati negli ospedali. Ogni definizione di tortura, pertanto, non deve essere confinata alle sole ipotesi di violenze nei luoghi di detenzione. In prospettiva e` quindi auspicabile che l’ambito applicativo si estenda sino a ricomprendere episodi di violenza sessuale posti in essere da pubblici ufficiali o di lavoro forzato a danno di minori. Il concetto di tortura deve essere riempito di contenuti dettati dalle circostanze politiche e dal momento storico.

Altra questione riguarda l’autore del reato. Non e` necessario che il pubblico ufficiale sia autore diretto della tortura; e` sufficiente che ne sia istigatore, complice consenziente o mero soggetto acquiescente alla commissione del crimine. Pertanto un cittadino comune utilizzato o impiegato da un pubblico ufficiale per commettere violenza fisica o psicologica nei confronti di un altro cittadino, in stato di detenzione o no, per le finalità descritte con precisione nella norma, commette il reato di tortura. Vi deve essere un nesso di casualità diretto tra l’istigazione e l’atto compiuto, nesso che non viene meno nei casi in cui il privato cittadino vada oltre il mandato conferitogli. Deve rispondere di tortura anche il pubblico ufficiale tacitamente consenziente alla commissione di atti di tortura compiuti da soggetti privati o che si sottrae volontariamente all’obbligo di impedire un atto di tortura. La rielaborazione della nozione di tortura deve spingersi sino a ricomprendere tutte quelle ipotesi in cui gruppi para-legali (ad esempio «squadroni della morte» o gruppi armati non dello Stato) fruiscono dell’incoraggiamento, anche indiretto, dello Stato per intraprendere azioni dirette a sopprimere gli oppositori politici.

Deve essere tenuto in debito conto, inoltre, il ruolo che il sesso e il genere possono giocare nella identificazione degli atti di tortura. Non può essere tralasciato come ben diversi siano i rischi cui una donna e` soggetta durante un interrogatorio rispetto ad un uomo, così come differenti sono le condizioni di detenzione affinché si configuri un trattamento non rispettoso della dignità della persona.

Infine, la tortura non include, ovvia-mente, le sofferenze derivanti dall’asso-ciazione di una sanzione legale o ad essa inerente o accessoria.

Per tutte queste ragioni e` importante prevedere l’introduzione del reato di tortura nel nostro codice penale. Non possono essere ritenuti sufficienti gli articoli 606 (arresto illegale), 607 (indebita limitazione di libertà personale), 608 (abuso di autorità contro arrestati o detenuti), 609 (perquisizione e ispezione personali arbitrarie) del codice penale, sia per la non severità della sanzione, sia per la non incisività del contenuto.

Dall’altro lato, nei reati di percosse (articolo 581 del codice penale) e di lesione personale (articolo 582 del codice penale) manca la specificità dell’elemento soggettivo, tipico, invece, della tortura.

L’introduzione del reato di tortura costituisce quindi un adeguamento della normativa interna a quella sovranazionale, colma le lacune del diritto interno (gli atti di tortura che non provocano lesioni gravi sono oggi punibili solo a querela di parte e rischiano quindi l’impunita`, così come le sottili torture psicologiche non rientranti nel novero delle lesioni personali), costituisce norma di chiusura dell’ordinamento a garanzia dei diritti umani di tutti i cittadini.

La presente proposta di legge, che riprende una proposta elaborata dall’associazione Antigone, introduce il reato di tortura nel codice penale nell’ambito dei delitti contro la persona (e, precisamente, a chiusura del capo concernente i delitti contro la vita e l’incolumita` individuale) prevedendo la procedibilita` di ufficio, pene particolarmente severe – in quanto si attenta ai diritti umani fondamentali –, l’obbligo di negare l’immunita` diplomatica a chiunque si sia macchiato di reati di tortura anche all’estero, nonche´ l’istituzione di un fondo ad hoc per la riabilitazione delle vittime della tortura.

 


 

 


 


proposta di legge

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ART. 1.

 

1. Dopo l’articolo 593 del capo I del titolo XII del libro II del codice penale e` aggiunto il seguente:

« ART. 593-bis. – (Tortura). – Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che infligge a una persona, con qualsiasi atto, lesioni o sofferenze, fisiche o mentali, al fine di ottenere segnatamente da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o e` sospettata di aver commesso, di intimorirla o di fare pressione su di lei o su di una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su ragioni di discriminazione, e` punito con la reclusione da quattro a dieci anni.

La pena e` aumentata se dal fatto deriva una lesione personale; e` raddoppiata se dal fatto deriva la morte.

Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che istiga altri alla commissione del fatto o che si sottrae volontariamente all’impedimento del fatto o che vi acconsente tacitamente.

Qualora il fatto costituisca oggetto di obbligo legale l’autore non e` punibile ».

 

ART. 2.

1. Il Governo italiano non puo` assicurare l’immunita` diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in un altro Paese o da un tribunale internazionale.

2. Nei casi di cui al comma 1 il cittadino straniero e` estradato verso lo Stato nel quale e` in corso il procedimento penale o e` stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti a un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.

 

 

ART. 3.

 

1.    E` istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo per le vittime dei reati di tortura, destinato ad assicurare un equo risarcimento al fine di una completa riabilitazione delle vittime, la cui dotazione e` stabilita annualmente in sede di legge finanziaria.

2.    In caso di morte della vittima, derivante dall’atto di tortura, gli eredi hanno diritto a un equo risarcimento.

3.    E` istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, la Commissione per la riabilitazione delle vittime della tortura, che ha il compito di gestire il fondo di cui al comma 1. La composizione e il funzionamento della Commissione, nonché i criteri e le modalita` per l’erogazione dei risarcimenti di cui ai commi 1 e 2, sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

 


 

SIWEB

Iter alla Camera

 


Esame in sede referente

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 28 giugno 2006. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti e Daniela Melchiorre.

La seduta comincia alle 15.30

Introduzione nell'ordinamento di disposizioni penali in materia di tortura.

C. 915 Pecorella.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Pino PISICCHIO, presidente relatore, osserva che la proposta di legge in esame è diretta ad introdurre anche nell'ordinamento italiano il delitto di tortura, rendendo più efficace l'attuazione della Convenzione di New York delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984, che l'Italia ha ratificato con la legge 3 novembre 1988, n. 498.

In occasione di tale ratifica, il legislatore non valutò necessaria, ai fini della piena attuazione della Convenzione, l'introduzione nel nostro ordinamento di una specifica fattispecie penale volta a punire il delitto di tortura. A questa conclusione si pervenne ritenendo che le condotte riconducibili alla definizione di tortura sancita dall'articolo 1.1 della Convenzione fossero comunque riferibili a fattispecie penali già previste dalla legge italiana, come, ad esempio, quelle dirette a punire, anche in maniera eventualmente aggravata, l'omicidio, le lesioni, le percosse, la violenza privata o le minacce. Non si ritenne, quindi, necessario accompagnare la ratifica con norme di attuazione interna.

Secondo la proposta di legge in esame, la scelta del legislatore del 1988 deve essere rivista. La legislazione vigente, infatti, non punirebbe tutte le condotte riconducibili alla nozione di tortura così come intesa, non soltanto dalla Convenzione di New York, ma anche dal cosiddetto comune sentire. In tale nozione rientrerebbero anche alcuni comportamenti disumani e degradanti della dignità umana che non sarebbero riconducibili alla nozione di violenza o di minaccia elaborata dalla nostra giurisprudenza. Tra queste nozioni e quella di tortura vi sarebbe una zona grigia che sostanzialmente si tradurrebbe in una violazione della Convenzione ONU del 1984, ratificata dall'Italia nel 1988.

La proposta di legge in esame riproduce integralmente una proposta presentata nella XIV legislatura dagli onorevoli Pecorella e Mormino, rispettivamente il Presidente della Commissione giustizia ed il relatore di una serie di proposte di legge in materia di tortura, il cui esame in Commissione giustizia si è protratto, sia pure con delle pause di riflessione, per oltre quattro anni. La proposta fu presentata per superare una situazione di stallo che si era venuta a creare tra i gruppi nel tentativo di individuare una definizione adeguata del delitto di tortura, dopo che l'Assemblea , su richiesta unanime della Commissione, aveva rinviato in Commissione il testo unificato approvato in sede referente, a seguito dell'approvazione da parte dell'Assemblea di un emendamento che rischiava di ridurre eccessivamente la portata del testo stesso. La conclusione della legislatura non consentì di risolvere in tempo utile tutte le questioni connesse alla introduzione nel nostro ordinamento di una fattispecie penale in materia di tortura.

Osserva che, in effetti, non è un compito semplice pervenire ad una formulazione della fattispecie del delitto di tortura che, da un lato, sia pienamente conforme alla definizione di tortura della Convenzione od a ciò che può essere considerata la comune nozione di tortura e, dall'altro, consenta di definire in termini sufficientemente precisi gli aspetti tipici della nuova ipotesi di reato con specifico riferimento ai soggetti attivi e passivi, alla natura ed ai contenuti delle condotte perseguibili ed alle finalità cui esse siano indirizzate. Il lavoro della Commissione nella scorsa legislatura fu lungo, impegnativo e sofferto anche perché - come evidenziò il relatore del provvedimento, l'onorevole Mormino nella illustrazione all'Assemblea del testo approvato dalla Commissione in sede referente - vi era «la consapevolezza che le situazioni tipiche descritte nella fattispecie avrebbero potuto subire effetti distorti nel momento della loro applicazione a causa di una interpretazione tendenzialmente estensiva che avrebbe potuto determinare il rischio di colpire soggetti o condotte ovvero riguardare fatti che nell'esercizio di poteri pubblici istituzionali dovrebbero essere ritenuti legittimi o contenuti in termini effettivi di rispetto della legalità».

La proposta di legge è stata formulata sulla base della definizione di tortura  sancita dall'articolo 1.1 della Convenzione di New York, che sembra essere comprensiva anche di tutte quelle situazioni che rientrano nella nozione di tortura così come comunemente intesa. Secondo la convenzione, «per tortura si intende qualsiasi atto mediante il quale siano intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenza forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata aver commesso, di intimorirla o far pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze risultanti unicamente da sanzioni legittime, inerenti a tali sanzioni o da esse cagionate».

L'articolo 1 riprende sostanzialmente tale definizione introducendo nel codice penale l'articolo 613-bis. Ai sensi di questo articolo, è punito con la reclusione da uno a quindici anni chiunque infligge ad una persona una tortura fisica o mentale, sottoponendola a patimenti disumani o a sofferenze gravi, allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena è aumentata se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima; è raddoppiata se ne deriva la morte. Così come previsto nella Convenzione, si precisa che il fatto non è punibile se sono inflitte sofferenze o patimenti come conseguenza di condotte o sanzioni legittime ad esse connesse o dalle stesse cagionate.

La fattispecie consistente nell'infliggere ad una persona una tortura fisica o mentale ruota intorno a due elementi: quello materiale della sottoposizione di una persona a patimenti disumani o sofferenze gravi, che possono essere indifferentemente fisici che mentali, e quello psicologico della finalità della condotta (dolo specifico) volta ad ottenere informazioni o confessioni anche riguardo a terze persone o a punire una persona per gli atti compiuti o sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale.

Dalla definizione di tortura della Convenzione, quella della proposta di legge in esame si differenzia tuttavia parzialmente, in primo luogo sotto il profilo del soggetto attivo del reato. Mentre la prima configura un reato proprio, cioè un reato che può essere commesso esclusivamente da «un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisce a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito», la seconda, invece, configura un reato comune, in quanto il reato può essere commesso da chiunque. La portata della nozione di tortura della proposta di legge sarebbe dunque anche più ampia di quella della Convenzione. Si tratta di una scelta che, se è vero che rischia di ampliare eccessivamente la fattispecie di tortura fino a ricomprendervi anche ipotesi che forse sono estranee alla comune nozione di tortura, ha il pregio di ridurre sensibilmente quella area grigia del diritto penale che, in alcuni casi, finisce nel tradursi in una vera situazione di impunità. Su questo punto la Commissione potrà riflettere. Dovrà chiedersi se dalla circostanza che il soggetto attivo del reato non debba essere necessariamente un pubblico ufficiale od un incaricato di pubblico servizio possa derivare come conseguenza la possibilità di far rientrare nella fattispecie di tortura anche il caso in cui i patimenti disumani o le sofferenze gravi siano finalizzati ad ottenere dalla vittima informazioni circa un fatto attinente esclusivamente alla sua sfera privata ovvero a punire la medesima per avere commesso tale fatto. Si pensi, ad esempio,  ad un coniuge che punisca l'altro coniuge con patimenti disumani a causa di una presunta relazione extraconiugale ovvero per farlo confessare. Questo è un caso di tortura che forse non è riconducibile al comune sentire, ma che verrebbe punito dal nuovo articolo 613-bis del codice penale. La Commissione, in sostanza, deve chiedersi se il delitto di tortura debba sostanziarsi comunque in un abuso dell'esercizio dei pubblici poteri ovvero se possa esaurirsi anche nell'ambito strettamente privato dei soggetti coinvolti. Nel primo caso, i soggetti passivi del reato verrebbero individuati unicamente in tutti coloro che possono trovarsi sottoposti all'esercizio del potere pubblico in una condizione, anche temporanea od occasionale, di limitazione della libertà, della quale si può illecitamente abusare al fine di ottenere informazioni o confessioni su fatti o atti commessi da loro stessi o da persone da loro diverse.

Si ricorda, comunque, che la configurazione del reato come reato comune è dettata dalla esigenza di punire anche le c.d. zone grigie, come possono essere le condotte di squadre paramilitari. È evidente che la scelta a favore della ipotesi del reato comune deve essere accompagnata da un impegno rigoroso nel circoscrivere la condotta e l'elemento soggettivo del reato in maniera tale che ad esso non siano riconducibili fattispecie del tutto estranee alla nozione di tortura.

In ordine alla descrizione della condotta e della finalità (c.d. dolo specifico) della medesima, sarà la Commissione a valutare l'opportunità di apportarvi eventuali modifiche od integrazioni. Per ora mi limiterò a sottoporre alla Commissione uno spunto di riflessione sulla determinatezza, sotto il profilo del principio di legalità, della formulazione della disposizione relativa alla sottoposizione di un soggetto a «patimenti disumani o a sofferenze gravi». Occorre al riguardo chiedersi quando un patimento o una sofferenza possano considerarsi rispettivamente disumani o gravi.

Uno dei punti più delicati è quello relativo alla esclusione della punibilità del reato, nell'ipotesi in cui le sofferenze o i patimenti, in cui si sostanzia la tortura, siano inflitti come conseguenza di condotte o sanzioni legittime ad esse connesse o dalle stesse cagionate. Come si è già rilevato, vi è l'esigenza di evitare che la previsione del delitto di tortura si presti a letture strumentali che potrebbero essere a danno di coloro che lecitamente compiono attività di indagine giudiziaria o curano il trattamento di persone detenute. Al fine di evitare tale rischio, la proposta di legge precisa che «il fatto non è punibile se sono inflitte sofferenze o patimenti come conseguenza di condotte o sanzioni legittime ad esse connesse o dalle stesse cagionate». Nella scorsa legislatura, furono espresse (in particolare, dall'on. Buemi) forti perplessità su una formulazione della scriminante in tal senso, in quanto questa avrebbe potuto ridurre sostanzialmente la portata applicativa della nuova ipotesi delittuosa. Si evidenziava che il delitto di tortura in Italia non avrebbe trovato applicazione per casi di tortura del tipo di quelli che si sono verificati in alcuni paesi latino-americani negli anni 70-80, quanto piuttosto per quei casi limite in cui la condotta delittuosa sia posta in essere proprio in occasione di «condotte, misure o sanzioni legittime». Secondo tale tesi, la disposizione si sarebbe dovuta formulare in maniera tale da poter applicare la norma sul delitto di tortura anche in caso di grave abuso nella applicazione in concreto di una misura coercitiva prevista dalla legge. A tale proposito, veniva fatto l'esempio della carcerazione preventiva utilizzata strumentalmente al solo fine di ottenere informazioni o confessioni da parte del destinatario della misura. Il presidente della Commissione, onorevole Pecorella, ed il relatore, on. Mormino, condivisero le preoccupazioni appena richiamate. Il relatore, pertanto, ritiene si sarebbe potuto prevedere che «le disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano al dolore od alle sofferenze risultanti unicamente da sanzioni legittime, inerenti a tali sanzioni o da esse cagionati».

Per quanto riguarda la pena, la proposta di legge prevede che il reato sia punito con la reclusione da 1 a 15 anni. È vero che è stato fissato un limite minimo tale da consentire una sua ragionevole commisurazione rispetto alla entità dei fatti meno rilevanti ed un limite massimo che tenga conto della abituale gravità ed odiosità delle condotte e dei valori lesi che riguardano i diritti fondamentali e le libertà della persona e che sono state previste ipotesi di aggravamento nel caso che dalle torture inflitte dovessero derivare lesioni gravi o, addirittura, la morte del soggetto passivo del reato. Ma è pur vero che si finisce coll'attribuire al giudice una discrezionalità nel fissare in concreto la pena tanto ampia da far nascere dei dubbi sotto il profilo del principio di legalità. Si ricorda, infatti, che la Corte costituzionale ha più volte ribadito che la previsione in una legge di un margine eccessivo tra il minimo ed il massimo edittale può tradursi in una violazione del principio secondo cui la pena è determinata dalla legge e fissata in concreto dal giudice.

Al quarto comma dell'articolo introdotto nel codice penale, si prevede espressamente il diniego di ogni «immunità diplomatica» nei confronti di cittadini stranieri già condannati o sottoposti a procedimento penale per il delitto di tortura da autorità giudiziarie straniere o da un tribunale internazionale. Di costoro si prevede l'estradizione. Si tratta di una disposizione che si occupa del versante internazionale del fenomeno della tortura, escludendo che l'immunità diplomatica possa essere usata in Italia come uno scudo da parte di criminali che hanno commesso o sono accusati di aver commesso atti di tortura nel loro Paese.

La proposta di legge, infine, introduce nel codice penale anche un articolo (articolo 613-ter) avente ad oggetto il caso in cui il delitto di tortura previsto dall'articolo 613-bis sia stato commesso all'estero. È una ipotesi diversa da quella che abbiamo appena decritto, in quanto l'esclusione dell'immunità si riferisce al caso in cui la condanna o l'imputazione sia conseguenza dell'applicazione di una disposizione appartenente ad un ordinamento diverso da quello italiano.

Con l'articolo 613-ter, in ragione della gravità del delitto di tortura, è sembrato opportuno inserire il delitto di tortura tra quelli che ai, sensi dell'articolo 7, numero 5), del codice penale sono puniti dalla legge italiana indipendentemente dal luogo ove sono commessi o dalla nazionalità del reo o della vittima. Tale disposizione si fonda sul principio di universalità, secondo il quale ai delicta juris gentium, tra i quali rientra anche la tortura, si applica la legge nazionale anche quando il fatto sia commesso all'estero. Si prevede, pertanto, che per il delitto di tortura vi sia da parte della giurisdizione italiana una competenza extraterritoriale assoluta.

Giulia BONGIORNO (AN) dopo aver ricordato che la giurisprudenza della Corte costituzionale è oramai costante nel considerare lesive del principio di legalità le disposizioni di legge che, come la proposta di legge in esame, attribuiscono al giudice una eccessiva discrezionalità nel determinare la pena, prevedendo un ampio margine tra il limite minimo e quello massimo della pena, evidenzia come la previsione del limite minimo della reclusione di un anno sia inadeguata a sanzionare fatti di estrema gravità, come quelli descritti dalla nuova fattispecie penale del delitto di tortura. A tale proposito, sottolinea l'esigenza di fissare un limite minimo di pena che almeno escluda la possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena. Ritiene che possa corrispondere alla gravità dei fatti che, con l'introduzione del delitto di tortura, si intendono punire, fissare a tre anni il limite minimo della pena, fissando, invece, ad otto anni il limite massimo.

Francesco FORGIONE (RC-SE) nell'annunciare di aver presentato una proposta di legge volta ad introdurre il delitto di tortura nel codice penale, sottolinea che questa punisce tale delitto con la pena minima di tre anni di reclusione.

Pino PISICCHIO, presidente relatore, assicura che tale proposta di legge sarà abbinata alla proposta in esame non appena verrà assegnata alla Commissione Giustizia.

Manlio CONTENTO (AN) ritiene che dalla finalità, da lui condivisa, di conformare la fattispecie penale del delitto di tortura a quella descritta dalla Convenzione di New York del 1983 debba derivare come conseguenza l'inasprimento del limite minimo di pena previsto dalla proposta di legge in esame. Sempre al fine di attuare correttamente la citata Convenzione occorrerebbe limitare l'ascrivibilità del delitto di tortura ai soli pubblici ufficiali ed incaricati di pubblico servizio.

Edmondo CIRIELLI (AN) condivide l'esigenza espressa dal relatore di formulare una fattispecie che sia sufficientemente determinata ai sensi del principio di legalità. A tale proposito, esprime perplessità sulla formulazione ancora insoddisfacente del delitto di tortura contenuta nella proposta di legge in esame. Condivide, invece, la scelta di configurare il delitto di tortura come reato comune, in quanto altrimenti si rischierebbe di lasciare impunite talune figure non riconducibili direttamente ai soli pubblici ufficiali od incaricati di pubblico servizio.

Pino PISICCHIO, presidente relatore, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 29 giugno 2006. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti e Daniela Melchiorre.

La seduta comincia alle 13.40.

Introduzione nell'ordinamento di disposizioni penali in materia di tortura.

C. 915 Pecorella.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 28 giugno 2006.

Gaetano PECORELLA (FI) preliminarmente dichiara di condividere alcuni dei rilievi espressi dal relatore nella seduta di ieri sulla proposta di legge da lui presentata. In particolare, ritiene, conformemente al principio di legalità, che sia opportuno ridurre la differenza tra la pena minima e quella massima, che la proposta di legge individua rispettivamente in uno ed in quindici anni di reclusione.

In ragione della gravità dei fatti che si intendono punire con la introduzione nell'ordinamento del delitto di tortura, dichiara altresì di essere d'accordo con  l'onorevole Bongiorno circa l'opportunità di aumentare la pena minima della reclusione da un anno a tre anni.

Non condivide, invece, le perplessità emerse nel corso della seduta di ieri in ordine alla configurazione del delitto di tortura come reato comune. Osserva che, qualora si ritenesse di considerare come soggetto attivo del delitto di tortura le sole figure di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, non sarebbero ricomprese nella nuova fattispecie penale quelle ipotesi di tortura compiuta da soggetti appartenenti a squadre paramilitari. In questi casi, che in realtà sono quelli in cui più frequentemente si configurano ipotesi di tortura, non troverebbe aapplicazione la nuova ipotesi di reato.

Non ritiene fondati i rilievi sul terzo comma dell'articolo 613-bis, di cui all'articolo 1 della sua proposta di legge, secondo il quale il fatto non è punibile se sono inflitte sofferenze o patimenti come conseguenza di condotte o sanzioni legittime ad esse connesse o dalle stesse cagionate. Tali rilievi non tengono conto che il riferimento alla legittimità delle sanzioni è fatto sulla base non solamente del diritto interno, ma anche alla luce dello ius gentium.

Paolo GAMBESCIA (Ulivo), invita a riflettere sulla ratio del provvedimento in esame, in riferimento alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla medesima materia. Nel focalizzare la distinzione tra l'ascrivibilità del reato ad un soggetto pubblico ovvero ad un soggetto privato, evidenzia come, nell'ottica dell'adeguamento al diritto internazionale, la dimensione privata non possa essere esclusa. Cita a titolo d'esempio i fenomeni criminosi connessi allo sfruttamento della prostituzione, la cui cronaca spesso descrive trattamenti disumani equiparabili alla tortura. Entrambe le fattispecie sarebbero quindi da prevedere in sede penale. Quanto all'entità della pena, condivide le osservazioni già svolte dall'onorevole Bongiorno, che considera peraltro dettate anche dal buon senso, in quanto alla gravità del reato non può non corrispondere una pena conseguente. Non concorda invece con l'onorevole Pecorella circa l'esimente di non punibilità per torture effettuate sulla base di condotte o sanzioni legittime. Tale esimente a suo avviso contrasterebbe con la ratio del provvedimento, volta proprio ad evitare conseguenze gravi anche a seguito di atti legittimi. Occorrerebbe, quindi, una formulazione meno generica, anche per restringere i margini di discrezionalità che poi inevitabilmente ricadrebbero sull'autorità giudiziaria. Sottolinea, al riguardo, che un simile criterio dovrebbe essere adottato dalla Commissione per tutta la legislatura.

Giulia BONGIORNO (AN) ribadisce le perplessità già espresse in merito all'entità della pena ed esprime apprezzamento per le considerazioni svolte dall'onorevole Pecorella. Rileva l'assenza di disposizioni sulla competenza nel testo della proposta di legge e propone, trattandosi di un crimine contro l'umanità, di individuarla nella corte d'assise e non nel tribunale, ovviamente alla luce di una diversa quantificazione della pena stessa.

Federico PALOMBA (IdV) si domanda se alle due finalità già indicate nel provvedimento - vale a dire l'ottenimento di informazioni o confessioni ovvero la punizione per atti compiuti per motivi discriminatori - non sia il caso di aggiungere una terza e più ampia fattispecie indipendente dalle connessioni soggettive e collegata al semplice fatto ad esempio per altri motivi abietti. Manifesta poi perplessità in ordine al terzo comma dell'articolo 1 sulla non punibilità nell'eventualità di condotte o sanzioni legittime.

Gaetano PECORELLA (FI) rammenta come il codice penale punisca già molte fattispecie che non appare necessario ricondurre al reato di tortura. Nel ribadire l'opportunità del collegamento finalistico, rammenta che il provvedimento fa riferimento altresì al principio di universalità. A titolo di esempio, fa presente che anche la detenzione potrebbe assumere caratteri disumani, ma che sarebbe assai difficile  perseguirla se non in presenza di un vincolo funzionale.

Manlio CONTENTO (AN) nel richiamarsi alla Convenzione ONU in materia, segnala la correttezza dell'esenzione in caso di condotte o sanzioni legittime, nel cui caso non si rileverebbe alcun fatto punibile. Considera perciò da preservare un simile principio, pur dichiarandosi aperto ad una diversa formulazione.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) rileva come la discussione stai riprendendo temi già affrontati nell'esame del provvedimento svoltosi nella precedente legislatura. Ritiene che il cuore della questione sia proprio rappresentato dall'individuabilità del reato di tortura nei casi in cui sia la conseguenza di condotte o sanzioni legittime. Cita al riguardo l'esempio della carcerazione preventiva e si domanda se ci sia la volontà e la capacità di andare in tale direzione. Altrimenti - a suo avviso - si resterebbe sul terreno delle affermazioni di principio, mentre nel nostro Paese si corrono realmente i rischi indicati.

Pino PISICCHIO, presidente relatore, rileva una forte volontà convergente, nonostante alcuni punti di criticità da superare per giungere ad un testo condiviso. Rifacendosi agli interventi degli onorevoli Contento, Gambescia e Bongiorno, concorda sull'opportunità di incidere sulle cosiddette zone grigie e di limitare i margini di incertezza. Apprezza il richiamo dell'onorevole Buemi al dibattito già avvenuto nella scorsa legislatura ma, pur all'insegna della continuità istituzionale, sottolinea l'importanza del contributo dei nuovi membri della Commissione. Chiede, pertanto, ai colleghi di pronunciarsi sui modi di prosecuzione dell'esame ed in particolare sull'eventualità o meno di procedere in comitato ristretto.

Francesco FORGIONE (RC-SE) ribadisce che un'altra proposta di legge sulla stessa materia è stata da lui presentata, anche se non risulta ancora assegnata.

Pino PISICCHIO, presidente relatore, avverte che l'assegnazione di tale proposta di legge è stata sollecitata e potrebbe avere luogo martedì prossimo. L'abbinamento sarà poi immediato.

Gaetano PECORELLA (FI), propone di concludere la discussione generale e di fissare un termine per gli emendamenti, anche perché nella precedente legislatura il testo era già giunto in Aula.

Paolo GAMBESCIA (Ulivo), nell'ottica di seguire la via più sollecita e produttiva, come auspicato dallo stesso onorevole Pecorella, evidenzia l'opportunità di una soluzione intermedia, incaricando un comitato ristretto non di proseguire la discussione, ma di lavorare direttamente sul testo, anche in correlazione con la proposta in corso di assegnazione dell'onorevole Forgione.

Carlo LEONI (Ulivo) raccomanda di esaminare anche la proposta Forgione prima di decidere sulla programmazione dei lavori, pur condividendo in linea generale il percorso indicato dall'onorevole Pecorella.

Federico PALOMBA (IdV) condivide l'esigenza di procedere speditamente nell'esame e propone di prendere in considerazione nella prossima seduta l'altra proposta di legge preannunciata e quindi di decidere conseguentemente.

Pino PISICCHIO, presidente relatore, ritiene opportuno conclusivamente dedicare un'altra seduta all'esame preliminare, rinviando altresì a tale occasione l'ulteriore definizione della programmazione dei lavori. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.10.


 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 4 luglio 2006. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti, Luigi Manconi e Daniela Melchiorre.

La seduta comincia alle 14.30.

(omissis)

Introduzione nell'ordinamen-to di disposizioni penali in materia di tortura.

C. 915 Pecorella.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato il 29 giugno 2006.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore, avverte che alla proposta di legge C. 915 Pecorella è stata abbinata la proposta di legge C. 1206, a firma dell'onorevole Forgione, assegnata ieri alla Commissione Giustizia.

La proposta di legge a firma dell'onorevole Forgione, che riprende una proposta elaborata dall'associazione Antigone, oltre ad introdurre nel codice penale il delitto, così come la proposta di legge presentata dall'onorevole Pecorella, istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo per le vittime dei reati di tortura, destinato ad assicurare un «equo risarcimento» al fine di una completa riabilitazione delle vittime. Le differenze con la proposta di legge presentata dall'onorevole Pecorella attengono, tuttavia, anche alla formulazione della fattispecie del delitto di tortura. In primo luogo, la proposta C. 1206 Forgione introduce il nuovo delitto di tortura nell'ambito dei delitti contro la vita e l'incolumità individuale, mentre la proposta di legge C. 915 Pecorella introduce tale delitto nell'ambito dei delitti contro la libertà morale.

Per quanto riguarda la formulazione della fattispecie, la proposta C. 1206 Forgione configura il delitto come reato proprio, in quanto questo può essere commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio. Nella relazione di accompagnamento si specifica che per la realizzazione del reato non è comunque necessario che il soggetto pubblico sia autore diretto della tortura, essendo sufficiente che ne sia istigatore, complice consenziente, ovvero soggetto acquiescente della commissione del crimine. Il fatto può essere commesso anche da un privato cittadino, purchè vi sia un nesso di causalità diretto tra l'istigazione da parte del soggetto pubblico e l'atto compiuto, nesso che, secondo il proponente della proposta di legge, non verrebbe meno nei casi in cui il privato cittadino vada oltre il mandato conferitogli. Nella relazione si sottolinea l'esigenza che risponda del delitto di tortura anche il pubblico ufficiale tacitamente consenziente alla commissione di atti di tortura compiuti da soggetti privati o che si sottrae volontariamente all'obbligo di impedire un atto di tortura. Inoltre, si specifica nella relazione che la formulazione del delitto di tortura «deve spingersi sino a ricomprendere tutte quelle ipotesi in cui gruppi para-legali (...) fruiscono dell'incoraggiamento, anche indiretto, dello Stato per intraprendere azioni dirette a sopprimere gli oppositori politici.

Circa la individuazione degli elementi specifici della condotta di tortura, la proposta di legge C. 1206 Forgione tiene conto della definizione di tortura contenuta nella Convenzione di New York del 1984. Si è, pertanto, proceduto a una elencazione casistica, che il proponente non considera omnicomprensiva delle fattispecie configurabili quali episodi di tortura. In primo luogo, è distinta la tortura fisica da quella psicologica. La condotta è qualificata dal dolo specifico, cioè dalla finalità in ragione della quale sono inflitte ad una persona, con qualsiasi atto, lesioni o sofferenze fisiche o mentali. Nella relazione di accompagnamento si evidenzia come la fattispecie del delitto di tortura sia «primariamente intesa a tutelare i detenuti, ossia le persone in stato di detenzione legale». Tuttavia, si precisa che vittima di tortura è anche chi si trova in uno stato di detenzione illegale o di fatto, in quanto ogni definizione di tortura «non deve essere confinata alle sole ipotesi di violenze nei luoghi di detenzione».

Osserva che anche la proposta di legge C. 1206 Forgione, come la proposta C. 915 Pecorella, prevede che la tortura non include le sofferenze derivanti dall'applicazione di una sanzione legale ad essa inerente o accessoria, mentre esclude l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in un altro paese o da un tribunale internazionale.

Richiamando la prevista istituzione di un fondo per le vittime dei reati di tortura, la quale è accompagnata dalla istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di una commissione per la riabilitazione delle vittime della tortura, rileva, a parte ogni considerazione sul merito di tale scelta, la mancata previsione nella proposta di legge della necessaria disposizione volta ad assicurare la copertura finanziaria dell'istituzione del fondo e della Commissione per la riabilitazione per le vittime della tortura.

Mario PEPE (FI) si domanda se sia il caso di mettere nelle mani dei giudici italiani un altro reato da perseguire. Nel rammentare che la Commissione ha all'ordine del giorno una proposta di legge relativa all'attuazione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, fa presente che l'articolo 3 dell'omonima Convenzione sancisce il divieto di tortura e pertanto invita l'onorevole Forgione a presentare piuttosto un emendamento in tale sede.

Francesco FORGIONE (RC-SE) ricorda all'onorevole Mario Pepe che la prima proposta di legge sul reato di tortura reca la firma dell'onorevole Pecorella, capogruppo in Commissione della sua parte politica.

Pino PISICCHIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.30.

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Lavori preparatori della XIV legislatura

 


Progetti di legge

 


N. 1483

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati RUZZANTE, VIOLANTE, FINOCCHIARO, ABBONDANZIERI, ADDUCE, ALBONETTI, AMICI, ANGIONI, BANDOLI, BANTI, ROBERTO BARBIERI, BATTAGLIA, BELLINI, BENVENUTO, GIOVANNI BIANCHI, BIELLI, BIMBI, BOGI, BOLOGNESI, BONITO, BOVA, BUEMI, BULGARELLI, BURLANDO, CALZOLAIO, CAMO, CAPITELLI, CARBONELLA, CARBONI, CARLI, CAZZARO, CENNAMO, CENTO, CHIAROMONTE, CHITI, CIALENTE, CORDONI, MAURA COSSUTTA, CRISCI, DAMIANI, DE BRASI, ALBERTA DE SIMONE, DI SERIO D'ANTONA, DIANA, DUCA, DUILIO, FILIPPESCHI, FRANCESCHINI, FRANCI, FUMAGALLI, GAMBALE, GAMBINI, GASPERONI, GIACCO, GIACHETTI, GIULIETTI, GRIGNAFFINI, GRILLINI, INNOCENTI, LABATE, LEONI, LETTIERI, LION, LOIERO, LUCA', LUCIDI, LUMIA, MACCANICO, MAGNOLFI, MANZINI, MARAN, MARCORA, RAFFAELLA MARIANI, MARIOTTI, MARONE, MARTELLA, MAZZARELLO, MOLINARI, MONTECCHI, MOSELLA, MOTTA, MUSSI, NESI, NIEDDU, NIGRA, OLIVERIO, OTTONE, PANATTONI, PASETTO, PECORARO SCANIO, PINOTTI, PISA, PISCITELLO, PREDA, QUARTIANI, ROCCHI, ROTUNDO, RUGGERI, RUGGHIA, SANDI, SASSO, SCIACCA, SEDIOLI, SERENI, SINISCALCHI, SPINI, SQUEGLIA, TIDEI, TOCCI, TOLOTTI, TRUPIA, VERNETTI, VIANELLO, VILLETTI, ZANELLA, ZANOTTI

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Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura

 

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Presentata il2 agosto 2001

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Onorevoli Colleghi! - La tortura è ancora largamente praticata in molte parti del mondo per estorcere confessioni, per umiliare, per terrorizzare, per manifestare un segno di potenza. Sulle donne è usata anche per umiliare sessualmente. Il torturato diventa una cosa, i suoi organi diventano il tramite del dolore proprio e della potenza distruttiva dell'altro. Il corpo diventa nemico.

Non sono mancati casi di tortura applicata al corpo di un parente, quali la moglie, il marito, il figlio o la figlia, al fine di far scattare nel soggetto un senso di colpa che induca a rispondere alle domande.

Molti torturati che sopravvivono non riescono più a superare il trauma per tutta la vita.

Si può torturare anche attraverso il terrore, come quando si simula la fucilazione o si compiono i preparativi per l'inflizione di un dolore, ad esempio la preparazione di elettrodi.

I torturatori si giustificano in vari modi: è necessario acquisire notizie che potrebbero salvare vite umane, sventare attentati, bloccare un'organizzazione criminale; ovvero adducendo quale motivo la particolare efferatezza di crimini commessi dal prigioniero e la conseguente "moralità di una punizione". Si leggono queste "pseudoragioni" nelle interviste, ad esempio, dei generali francesi che comandarono le truppe di occupazione durante la campagna d'Algeria.

Nell'esperienza prevalente la tortura è usata da un potere ufficiale ed è frutto di un abuso di potere su un prigioniero o su un detenuto. E' significativo che il diritto a non subire tortura fa parte, negli accordi internazionali, di un gruppo ristretto di diritti che non possono essere soggetti a limitazioni. Ma proprio la presenza del divieto di tortura in tante convenzioni internazionali è il segno che essa continua ad essere praticata. I rapporti delle Nazioni Unite ci dicono che nella maggior parte dei casi i diritti umani sono conculcati proprio dagli Stati cui appartengono le vittime. Anche per questo in un'apposita conferenza delle Nazioni Unite conclusasi a Roma il 17 luglio 1988 si è approvata l'istituzione della Corte penale internazionale competente a giudicare gravi reati quando questi non siano perseguiti nei Paesi ove sono stati commessi. La Corte rappresenta di per sé un traguardo di civiltà giuridica anche se le ratifiche necessarie per la sua entrata in vigore sono ancora insufficienti.

L'Italia non prevede uno specifico delitto di tortura e i fatti che la integrano possono essere puniti solo se generano lesioni; inoltre, le lesioni guaribili entro venti giorni sono perseguibili solo a querela di parte ed è difficile che chi abbia subìto torture si senta poi libero di denunciarle soprattutto se, come spesso accade, non ha testimoni né prove.

Nel momento in cui si è voluto affrontare l'ipotesi di introdurre anche nel nostro ordinamento il reato di tortura, ci si è posti il problema di una sua precisa ed esauriente definizione. A tale fine ci ha sostenuto la storia, gli scritti dei grandi illuministi (Verri, Beccaria, Voltaire, Manzoni), le letture recenti (ad esempio, La Question di Henri Alleg, sulla guerra di Algeria, o La Confessione di Arthur London, in cui il dirigente politico cecoslovacco descrive gli orribili metodi con cui i servizi di sicurezza del suo Paese torturavano i dissidenti politici negli anni cinquanta); ci sono state di grande aiuto anche le sentenze della Corte europea sui diritti dell'uomo (ad esempio quelle sulle cosiddette "tecniche di aiuto all'interrogatorio", usate dagli inglesi nell'Irlanda del Nord), o il rapporto della Commissione europea sui diritti dell'uomo nella Grecia durante il regime dei colonnelli. Ci è sembrato evidente che la tortura fosse qualunque violenza o coercizione, fisica o psichica, esercitata su una persona per estorcerle una confessione o informazioni, o per umiliarla, punirla o intimidirla. Nella tortura la disumanità è deliberata: una persona compie volontariamente contro un'altra atti che non solo feriscono quest'ultima nel corpo o nell'anima, ma ne offendono la dignità umana. Nella tortura c'è, insomma, "l'intenzione di umiliare, offendere e degradare l'altro, di ridurlo a cosa (...)". Così Antonio Cassese nelle sue memorie di presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, delle pene e trattamenti inumani o degradanti.

La tortura, così come il genocidio, è considerata crimine contro l'umanità dal diritto internazionale. La proibizione della tortura e di altre forme di trattamento o punizione crudele, inumana o degradante costituisce oggetto di molteplici convenzioni internazionali ratificate anche dal nostro Paese.

La Convenzione ONU approvata dall'Assemblea generale il 10 dicembre 1984 e resa esecutiva dall'Italia con legge 3 novembre 1988, n. 498, all'articolo 1 definisce il crimine della tortura come "qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore e sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona una informazioni, o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persone ha commesso o è sospettata aver commesso, di intimorirla o di fare pressione su di lei o di intimorire o di fare pressione su una terza persona, o qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito". All'articolo 4 si prevede che ogni Stato parte vigili affinché tutti gli atti di tortura vengano considerati quali trasgressioni nei confronti del proprio diritto penale. Lo stesso vale per il tentativo di praticare la tortura. Nasce così un obbligo giuridico internazionale ad oggi inadempiuto dal nostro Paese, ossia l'introduzione del reato di tortura nel codice penale, più volte sollecitato sia dal Comitato sui diritti umani istituito dal Patto sui diritti civili e politici che dal Comitato istituito dalla stessa Convenzione sulla tortura, il quale nell'esame dei due rapporti periodici sull'Italia ha sottolineato come fosse necessario supplire a tale lacuna normativa. La proibizione della tortura è anche esplicitamente prevista all'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva con legge n. 848 del 1955, ed all'articolo 7 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966, reso esecutivo con legge n. 881 del 1977.

In sede europea dal 1989 opera, a seguito di apposita Convenzione, il predetto Comitato per la prevenzione della tortura, delle pene e trattamenti inumani o degradanti, le cui visite periodiche nelle carceri e nelle stazioni di polizia dei Paesi firmatari la Convenzione costituiscono il più efficace deterrente contro ogni tentazione di violazione dei diritti fondamentali delle persone private della libertà personale. Per chiudere il quadro internazionale di riferimento, esiste anche una Convenzione interamericana contro la tortura, mentre la Carta africana la proibisce espressamente. La esplicita previsione del reato di tortura, oltre che a corrispondere un obbligo giuridico internazionale, costituisce un forte messaggio simbolico in chiave preventiva. Significa chiarire con nettezza quali sono i limiti dell'esercizio della forza e quali sono i limiti dell'esercizio dei pubblici poteri rispetto ad esigenze investigative o di polizia. Alcune questioni devono essere preliminarmente affrontate per meglio chiarire l'ambito di azioni di una legge che intende introdurre il reato di tortura nel nostro ordinamento penale.

E' difficile esplicitare esaustivamente il contenuto del reato di tortura. Proprio per evitare operazioni ermeneutiche che ne ridimensionino la portata, è necessario procedere ad una elencazione casistica, seppure non omnicomprensiva, della fattispecie che possono essere configurate quali episodi di tortura. Una prima distinzione è tra forme di tortura fisica (pestaggi sistematici e non, molestie sessuale, shock elettrici, torture con gettiti di acqua, mutilazioni) e forme di tortura psicologica (ingiure verbali, minacce di morte, costrizione alla nudità integrale, costrizione ad assistere alla tortura o alla morte di altri detenuti, minacce trasversali, ispezioni improvvise e senza mandato, sorveglianza continua durante l'espletamento di attività lavorativa, perdita del lavoro o della possibilità di continuare gli studi al termine del periodo di detenzione). Questa prima elencazione, frutto di un'analisi della giurisprudenza internazionale, evidenzia come la tortura possa essere non solo inflizione di sofferenza fisica ma anche di sofferenza psicologica. E nel nostro ordinamento oggi è certamente insufficiente la mera previsione del reato di minaccia di cui all'articolo 612 del codice penale.

La definizione di tortura presente all'interno della stessa Convenzione ONU, essendo ripresa nella proposta di legge, richiede alcuni chiarimenti. Essa è primariamente intesa a tutelare i detenuti, ossia le persone in stato di detenzione legale. Destinatario del crimine di tortura è anche colui che si trova in uno stato di detenzione illegale o di fatto (ad esempio il ricovero forzato in un ospedale psichiatrico). In tale senso si è espresso il Comitato sui diritti umani che ha interpretato la proibizione della tortura prevista al citato articolo 7 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici quale strumento di protezione non solo delle persone condannate o arrestate, ma anche degli allievi nelle scuole e dei malati negli ospedali. Ogni definizione di tortura, pertanto, non deve essere confinata alle sole ipotesi di violenze nei luoghi di detenzione. In prospettiva è quindi auspicabile che l'ambito applicativo si estenda sino a ricomprendere episodi di violenza sessuale posti in essere da pubblici ufficiali o di lavoro forzato a danno di minori. Il concetto di tortura deve essere riempito di contenuti dettati dalle circostanze politiche e dal momento storico.

Altra questione riguarda l'autore del reato. Non è necessario che il pubblico ufficiale sia autore diretto della tortura; è sufficiente che ne sia istigatore, complice conseziente o mero soggetto acquiesciente alla commissione del crimine. Pertanto un cittadino comune utilizzato o impiegato da un pubblico ufficiale per commettere violenza fisica o psicologica nei confronti di un altro cittadino, in stato di detenzione o non, per le finalità descritte con precisione nella norma, commette il reato di tortura. Vi deve essere un nesso di causalità diretto tra l'istigazione e l'atto compiuto; nesso che non viene meno nei casi in cui il privato cittadino vada oltre il mandato conferitogli. Deve rispondere di tortura anche il pubblico ufficiale tacitamente conseziente alla commissione di atti di tortura compiuti da soggetti privati o che si sottrae volontariamente all'obbligo di impedire un atto di tortura.

La rielaborazione della nozione di tortura deve spingersi sino a ricomprendere tutte quelle ipotesi in cui gruppi para-legati (ad esempio "squadroni della morte" o gruppi armati non dello Stato) fruiscono dell'incoraggiamento, anche indiretto, dello Stato per intraprendere azioni dirette a sopprimere gli oppositori politici.

Deve essere tenuto in debito conto, inoltre, il ruolo che il sesso ed il genere possono giocare nella identificazione degli atti di tortura. Non può essere tralasciato come ben diversi siano i rischi a cui una donna è soggetta durante un interrogatorio rispetto ad un uomo, così come differenti sono le condizioni di detenzione perché si configuri un trattamento non rispettoso della dignità della persona.

Infine, la tortura non include, ovviamente, le sofferenze derivanti dall'applicazione di una sanzione legale o ad essa inerente o accessoria.

Per tutte queste ragioni è importante prevedere l'introduzione del reato di tortura nel nostro codice penale. Non possono essere ritenuti sufficienti gli articoli 606 (arresto illegale), 607 (indebita limitazione di libertà personale), 608 (abuso di autorità contro arrestati o detenuti), 609 (perquisizione e ispezione personali arbitrarie) del codice penale, sia per la non severità della sanzione, sia per la non incisività del contenuto. Dall'altro lato nei reati di percosse (articolo 581 del codice penale) e di lesioni personali (articolo 582 del codice penale) manca la specificità dell'elemento soggettivo, tipico, invece, della tortura.

L'introduzione del reato di tortura costituisce quindi un adeguamento della normativa interna a quella sovranazionale, colma le lacune del diritto interno (gli atti di tortura che non provocano lesioni gravi sono oggi punibili solo a querela di parte e rischiano quindi l'impunità, così come le sottili torture psicologiche non rientranti nel novero delle lesioni personali), costituisce norma di chiusura dell'ordinamento a garanzia dei diritti umani di tutti i cittadini.

La proposta di legge che introduce il reato di tortura nel codice penale nell'ambito dei delitti contro la persona (e precisamente a chiusura del capo I del titolo XII del libro II, concernente i delitti contro la vita e l'incolumità individuale) prevede la procedibilità di ufficio, pene particolarmente severe visto che si attenta ai diritti umani fondamentali, l'obbligo di negare l'immunità diplomatica a chiunque si sia macchiato di reati di tortura anche all'estero, nonché l'istituzione di un fondo per la riabilitazione delle vittime della tortura.

 



 


proposta di legge

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Art. 1.

1. Al capo I del titolo XII del libro II del codice penale, dopo l'articolo 593 è inserito il seguente:

 

"Art. 593-bis.- (Tortura).- Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che infligge ad una persona, con qualsiasi atto, lesioni o sofferenze, fisiche o mentali, al fine di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimorirla o di fare pressione su di lei o su di una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su ragioni di discriminazione, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.

La pena è aumentata se ne deriva una lesione personale. E' raddoppiata se ne deriva la morte.

Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che istiga altri alla commissione del fatto, o che si sottrae volontariamente all'impedimento del fatto, o che vi acconsente tacitamente".

 

Art. 2.

1. Il Governo italiano non può assicurare l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in un altro Paese o da un tribunale internazionale.

2. Nei casi di cui al comma 1 il cittadino straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento avanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.

 

Art. 3.

1. E' istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo per le vittime dei reati di tortura per assicurare un risarcimento finalizzato ad una completa riabilitazione.

2. In caso di morte della vittima, derivante dall'atto di tortura, gli eredi hanno diritto ad un equo risarcimento.

3. E' istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, la Commissione per la riabilitazione delle vittime della tortura che ha il compito di gestire il fondo di cui al comma 1. La composizione e il funzionamento della Commissione sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

4. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in lire 10 miliardi per ciascuno degli anni 2002, 2003 e 2004, si provvede, per gli anni 2002 e 2003, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 


N. 1518

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato PISCITELLO

¾

 

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale e

altre disposizioni concernenti il reato di tortura

 

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Presentata il 9 agosto 2001

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Onorevoli Colleghi! - La tortura, cosi come il genocidio, è considerata crimine contro l'umanità dal diritto internazionale. La proibizione della tortura e di altre forme di trattamento o punizione crudele, inumana o degradante costituisce oggetto di molteplici convenzioni internazionali ratificate anche dal nostro Paese.

La Convenzione ONU approvata dall'Assemblea generale il 10 dicembre 1984 e resa esecutiva dall'Italia con legge 3 novembre 1988, n. 498, all'articolo 1 definisce il crimine della tortura come "qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un pubblico ufficiale o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito". All'articolo 4 si prevede che ogni Stato parte vigili affinché tutti gli atti di tortura vengano considerati quali trasgressioni nei confronti del proprio diritto penale. Lo stesso vale per il tentativo di praticare la tortura. Nasce così un obbligo giuridico internazionale ad oggi inadempiuto dal nostro Paese, ossia l'introduzione del reato di tortura nel codice penale, più volte sollecitato sia dal Comitato sui diritti umani istituito dal Patto sui diritti civili e politici che dal Comitato istituito dalla stessa Convenzione sulla tortura, il quale nell'esame dei due rapporti periodici sull'Italia ha sottolineato come fosse necessario supplire a tale lacuna normativa. La proibizione della tortura è anche esplicitamente prevista all'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva con legge n. 848 del 1955, ed all'articolo 7 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966, reso esecutivo con legge n. 881, del 1977. In sede europea dal 1989 opera, a seguito di apposita Convenzione, il predetto Comitato per la prevenzione della tortura, delle pene e trattamenti inumani o degradanti le cui visite periodiche nelle carceri e nelle stazioni di polizia dei Paesi firmatari la Convenzione costituiscono il più efficace deterrente contro ogni tentazione di violazione dei diritti fondamentali delle persone private della libertà personale. Per chiudere il quadro internazionale di riferimento esiste anche una Convenzione interamericana contro la tortura, mentre la Carta africana la proibisce espressamente.

La esplicita previsione del reato di tortura, oltre che a corrispondere ad un obbligo giuridico internazionale, costituisce un forte messaggio simbolico in chiave preventiva. Significa chiarire con nettezza quali sono i limiti dell'esercizio della forza e quali sono i limiti dell'esercizio dei pubblici poteri rispetto ad esigenze investigative o di polizia.

Alcune questioni devono essere preliminarmente affrontate per meglio chiarire l'ambito di azione di una legge che intende introdurre il reato di tortura nel nostro ordinamento penale. E' più difficile esplicitare esaustivamente il contenuto del reato di tortura. Proprio per evitare operazioni ermeneutiche che ne ridimensionino la portata, è necessario procedere ad una elencazione casistica, seppure non omnicomprensiva, delle fattispecie che possono essere configurate quali episodi di tortura. Una prima distinzione è fra forme di tortura fisica (pestaggi sistematici e non, molestie sessuali, shock elettrici, torture con gettiti di acqua, mutilazioni) e forme di tortura psicologica (ingiurie verbali, minacce di morte, costrizione alla nudità integrale, costrizione ad assistere alla tortura o alla morte di altri detenuti, minacce trasversali, ispezioni improvvise e senza mandato, sorveglianza continua durante l'espletamento di attività lavorativa, perdita del lavoro o della possibilità di continuare gli studi al termine del periodo di detenzione). Questa prima elencazione, frutto di un'analisi della giurisprudenza internazionale, evidenzia come la tortura possa essere non solo inflizione di sofferenza fisica ma anche di sofferenza psicologica. E nel nostro ordinamento oggi è certamente insufficiente la mera previsione del reato di minaccia di cui all'articolo 612 del codice penale.

La definizione di tortura presente all'interno della stessa Convenzione ONU, essendo ripresa nella proposta di legge, richiede alcuni chiarimenti. Essa è primariamente intesa a tutelare i detenuti, ossia le persone in stato di detenzione legale. Destinatario del crimine di tortura è anche colui che si trova in uno stato di detenzione illegale o di fatto (ad esempio ricovero forzato in un ospedale psichiatrico). In tale senso si è espresso il Comitato sui diritti umani che ha interpretato la proibizione della tortura prevista al citato articolo 7 del Patto relativo ai diritti civili e politici quale strumento di protezione non solo delle persone condannate o arrestate, ma anche degli allievi nelle scuole e dei malati negli ospedali. Ogni definizione di tortura, pertanto, non deve essere confinata alle sole ipotesi di violenze nei luoghi di detenzione. In prospettiva è quindi auspicabile che l'ambito applicativo si estenda sino a ricomprendere episodi di violenza sessuale posti in essere da pubblici ufficiali o di lavoro forzato a danno di minori. Il concetto di tortura deve essere riempito di contenuti dettati dalle circostanze politiche e dal momento storico.

Altra questione riguarda l'autore del reato. Non è necessario che il pubblico ufficiale sia autore diretto della tortura; è sufficiente che ne sia istigatore, complice consenziente o mero soggetto acquiesciente alla commissione del crimine. Pertanto un cittadino comune utilizzato o impiegato da un pubblico ufficiale per commettere violenza fisica o psicologica nei confronti di un altro cittadino, in stato di detenzione o non, per le finalità descritte con precisione nella norma, commette il reato di tortura. Vi deve essere un nesso di causalità diretto tra l'istigazione e l'atto compiuto; nesso che non viene meno nei casi in cui il privato cittadino vada oltre il mandato conferitogli. Deve rispondere di tortura anche il pubblico ufficiale tacitamente consenziente alla commissione di atti di tortura compiuti da soggetti privati o che si sottrae volontariamente all'obbligo di impedire un atto di tortura.

La rielaborazione della nozione di tortura deve spingersi sino a ricomprendere tutte quelle ipotesi in cui gruppi para-legali (ad esempio "squadroni della morte" o gruppi armati non dello Stato) fruiscono dell'incoraggiamento, anche indiretto, dello Stato per intraprendere azioni dirette a sopprimere gli oppositori politici.

Deve essere tenuto in debito conto, inoltre, il ruolo che il sesso ed il genere possono giocare nella identificazione degli atti di tortura. Non può essere tralasciato come ben diversi siano i rischi a cui una donna è soggetta durante un interrogatorio rispetto ad un uomo, cosi come differenti sono le condizioni di detenzione perchè si configuri un trattamento non rispettoso della dignità della persona.

Infine, la tortura non include, ovviamente, le sofferenze derivanti dall'applicazione di una sanzione legale o ad essa inerente o accessoria.

Per tutte queste ragioni è importante prevedere l'introduzione del reato di tortura nel nostro codice penale. Non possono essere ritenuti sufficienti gli articoli 606 (arresto illegale), 607 (indebita limitazione di libertà personale), 608 (abuso di autorità contro arrestati o detenuti), 609 (perquisizione e ispezione personali arbitrarie) del codice penale, sia per la non severità della sanzione, sia per la non incisività del contenuto. Dall'altro lato nei reati di percosse (articolo 581 del codice penale) e di lesioni personali (articolo 582 del codice penale) manca la specificità dell'elemento soggettivo, tipico, invece, della tortura.

L'introduzione del reato di tortura costituisce quindi un adeguamento della normativa interna a quella sovranazionale, colma le lacune del diritto interno (gli atti di tortura che non provocano lesioni gravi sono oggi punibili solo a querela di parte e rischiano quindi l'impunità, così come le sottili torture psicologiche non rientranti nel novero delle lesioni personali), costituisce norma di chiusura dell'ordinamento a garanzia dei diritti umani di tutti i cittadini.

Onorevoli colleghi, la proposta di legge elaborata da Amnesty International per sanare un vuoto normativo inaccettabile in un Paese democratico è un atto dovuto nel confronti della comunità internazionale.



 


proposta di legge

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Art. 1.

1. Al capo I del titolo XII del libro II del codice penale, dopo l'articolo 593 è inserito il seguente:

 

"Art. 593-bis. (Tortura).- Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che infligge ad una persona, con qualsiasi atto, lesioni o sofferenze, fisiche o mentali, al fine di ottenere segnatamente da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso, di intimorirla o di fare pressione su di lei o su di una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su ragioni di discriminazione, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.

La pena è aumentata se ne deriva una lesione personale. E' raddoppiata se ne deriva la morte.

Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che istiga altri alla commissione del fatto, o che si sottrae volontariamente all'impedimento del fatto, o che vi acconsente tacitamente".

 

Art. 2.

1. Il Governo italiano non può assicurare l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in un altro Paese o da un tribunale internazionale.

2. Nei casi di cui al comma 1 il cittadino straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.

 

Art. 3.

1. E' istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo per le vittime dei reati di tortura per assicurare un risarcimento finalizzato ad una completa riabilitazione.

2. In caso di morte della vittima, derivante dall'atto di tortura, gli eredi hanno diritto ad un equo risarcimento.

3. E' istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, la Commissione per la riabilitazione delle vittime della tortura che ha il compito di gestire il fondo di cui al comma 1. La composizione e il funzionamento della Commissione sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

4. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in lire 10 miliardi per ciascuno degli anni 2002 e 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


N. 1948

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato BIONDI

¾

 

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale concernente il reato di tortura

 

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Presentata il 13 novembre 2001

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Onorevoli Colleghi! - All'inizio del ventunesimo secolo sono ancora migliaia gli uomini che continuano la terribile pratica della tortura. Negli ultimi tre anni in oltre 150 Paesi le Forze di polizia locali hanno commesso torture e maltrattamenti e in più di ottanta casi tali pratiche hanno provocato decessi. In 50 Paesi nel mondo vengono torturati i minori. La tortura avviene anche laddove vige la democrazia; essa è praticata nelle carceri così come nelle abitazioni private e colpisce persone di tutte le estrazioni sociali. Il diritto internazionale la considera illegale e 119 Paesi hanno ratificato il principale trattato che la mette al bando. In particolare, per quanto concerne l'Europa, il 26 novembre 1987 è stata approvata la convenzione per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti, resa esecutiva dall'Italia con legge n. 7 del 1989.

Spesso l'odio razziale e la discriminazione sessuale sono alla base di atti di tortura e di maltrattamenti. In diversi Paesi le donne subiscono mutilazioni genitali e punizioni corporali in nome della religione e della tradizione.

Ritengo che l'applicazione di norme specifiche costituirà un segnale positivo dell'intenzione dei governi di porre fine alla tortura e di operare a livello mondiale per la sua abolizione.

In Italia il codice penale non prevede il reato di tortura, e ciò impedisce un'efficace azione per contrastarla. E' giunto, quindi, il momento di inserire nel nostro codice penale delle norme specifiche per la prevenzione e la repressione dell'ignobile reato di tortura, praticata da chi opera per conto dello Stato. Questa lacuna persiste nonostante i ripetuti richiami di organismi internazionali come il Comitato ONU contro la tortura. Ciò non consente, attualmente, di infliggere la pena adeguata per questi atti disumani, non degni della nostra cultura e della nostra civilità. Come legislatori siamo chiamati, quindi, ad allineare le garanzie giuridiche del nostro Paese a quelle internazionali.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

1. Dopo l'articolo 593 del codice penale è inserito il seguente:

 

"Art. 593-bis.- (Tortura).- Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che infligge ad una persona, con qualsiasi atto, lesioni o sofferenze, fisiche o mentali, al fine di ottenere segnatamente da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso, di intimorirla o di fare una pressione su di essa o su una terza persona, ovvero per qualsiasi altro motivo fondato la discrimini, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.

La pena è aumentata se dalla condotta di cui al primo comma derivi una lesione personale. E' raddoppiata se ne deriva la morte.

Alla stessa pena di cui ai commi primo e secondo soggiace il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che istiga altri alla commissione del fatto o che si sottrae all'impedimento del fatto o che vi acconsente tacitamente".

 

Art. 2.

1. Non può essere assicurata l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro Paese o da un tribunale internazionale.

2. Nei casi di cui al comma 1 il cittadino straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.

 

Art. 3.

1. E' istituito presso il Ministero della giustizia un fondo per le vittime dei reati di tortura per assicurare un risarcimento finalizzato ad una completa riabilitazione.

2. In caso di morte della vittima, derivante dall'atto di tortura, gli eredi hanno diritto ad un equo risarcimento.

3. E' istituita presso il Ministero della giustizia la commissione per la riabilitazione delle vittime della tortura che ha il compito di gestire il fondo di cui al comma 1. La composizione e il funzionamento della commissione sono disciplinati con decreto del Ministro della giustizia.

4. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 5.200.000 euro per ciascuno degli anni 2002, 2003 e 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


N. 4990

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati PECORELLA e MORMINO

¾

 

Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale in materia di tortura

 

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Presentata l'11 maggio 2004

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Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge è volta ad introdurre nell'ordinamento italiano il delitto di tortura, secondo quanto previsto dalla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1984.

Sotto un profilo meramente giuridico, con la presente proposta di legge non si intende dare esecuzione a tale convenzione, in quanto questa è stata già resa esecutiva in Italia dalla legge 3 novembre 1988, n. 498. Tuttavia, il legislatore in quella occasione non ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di tortura, poiché ha ritenuto che alla fattispecie della tortura, così come descritta dall'articolo 1 della Convenzione, potessero essere comunque ricondotti alcuni reati già previsti dalle norme penali vigenti. Ai sensi dell'articolo 1 della Convenzione contro la tortura, il crimine della tortura consiste in "qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore e sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni, o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persone ha commesso o è sospettata aver commesso, di intimorirla o di fare pressione su di lei o di intimorire o di fare pressione su una terza persona, o qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito".

In ogni parte del mondo continuano a registrarsi ogni giorno sconcertanti episodi che vedono uomini farsi carnefici di altri uomini. Abbiamo tutti l'obbligo morale di capire se tutti questi episodi possano rientrare nella sfera dell'illecito penale così come questa è delineata dal nostro ordinamento e, in caso positivo, se siano puniti adeguatamente. In alcuni casi, ad esempio, si tratta di comportamenti disumani, degradanti della dignità umana, che tuttavia non sono riconducibili alla nozione di violenza o di minaccia elaborata dalla nostra giurisprudenza. Ciò significa che vi è una zona grigia della nozione di tortura comunemente accolta che non trova riscontro nelle nostre norme penali.

Preso atto di tale zona grigia, la presente proposta di legge mira a colmare una lacuna del nostro ordinamento che si traduce in una violazione della già ratificata Convenzione del 1984. Pertanto, si introduce nel codice penale il delitto di tortura, punendo chiunque infligge ad una persona una tortura fisica o mentale, sottoponendola a patimenti disumani o a gravi sofferenze allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale. Considerato che la nozione di tortura è comunemente condivisa, proprio per evitare il rischio di lasciare altre zone grigie, si è ritenuto opportuno costruire la nuova fattispecie utilizzando sia i cosiddetti elementi descrittivi della fattispecie, cioè quegli elementi che traggono il loro significato direttamente dalla realtà dell'esperienza sensibile, sia i cosiddetti elementi normativi, il cui significato, invece, è desumibile da una norma alla quale si rinvia implicitamente (articolo 1 della Convenzione ONU del 1984). Il delitto è punito con la reclusione da 1 a 15 anni. Si prevede, inoltre, salvo che il fatto costituisca più grave reato, un aumento di pena se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima. La pena è raddoppiata se dalle violenze perpetrate consegue la morte.

Per evitare che il reato di tortura si presti a strumentalizzazioni, si prevede espressamente che il fatto non sia punibile se sono inflitte sofferenze o patimenti come conseguenza di condotte o sanzioni legittime ad esse connesse o dalle stesse cagionate.

La gravità del delitto di tortura rende opportuno inserire tale delitto tra quelli che ai, sensi dell'articolo 7, primo comma, numero 5), del codice penale sono puniti dalla legge italiana indipendentemente dal luogo ove sono commessi o dalla nazionalità del reo o della vittima. Tale disposizione si fonda sul principio di universalità, per cui per i delicta juris gentium, tra i quali rientra anche la tortura, si applica la legge nazionale anche quando il fatto è commesso all'estero. Si prevede, pertanto, che per il delitto di tortura vi sia da parte della giurisdizione italiana una competenza extraterritoriale assoluta.

Sempre di rilevanza internazionale è la disposizione secondo la quale non può essere assicurata l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura da una autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale. In tali casi, lo straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.



 


proposta di legge

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Art. 1.

1. Dopo l'articolo 613 del codice penale sono inseriti i seguenti:

 

"Art. 613-bis (Delitto di tortura). E' punito con la reclusione da uno a quindici anni chiunque infligge ad una persona una tortura fisica o mentale, sottoponendola a patimenti disumani o a sofferenze gravi, allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena è aumentata se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima; è raddoppiata se ne deriva la morte.

Il fatto non è punibile se sono inflitte sofferenze o patimenti come conseguenza di condotte o sanzioni legittime ad esse connesse o dalle stesse cagionate.

Non può essere assicurata l'immunità diplomatica per il delitto di tortura ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati da una autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale. In tali casi lo straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.

Art. 613-ter. (Fatto commesso all'estero). E' punito secondo la legge italiana, ai sensi dell'articolo 7, primo comma, numero 5), il cittadino o lo straniero che commette nel territorio estero il delitto di tortura, di cui all'articolo 613-bis".

 


Esame in sede referente

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 18 aprile 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Jole Santelli.

 

La seduta comincia alle 8.20.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi.

(Esame e rinvio).

 

La Commissione inizia l'esame.

Nino MORMINO (FI), relatore, illustra i provvedimenti in esame, che prevedono l'introduzione, nel codice penale, dell'articolo 593-bis concernente il reato di tortura. Tale delitto viene inserito nell'ambito dei delitti contro la persona, e precisamente a chiusura del capo I del titolo XII del libro II, concernente i delitti contro la vita e l'incolumità individuale. Osserva che tale collocazione non appare adeguata, essendo preferibile inserire il reato fra i delitti contro la personalità individuale, ed in particolare nel capo III, che prevede i delitti contro la libertà morale, essendo proprio quest'ultimo il valore aggredito dal reato.

La formulazione del testo impone inoltre una valutazione dell'ambito di applicazione della norma, in quanto forme estensive di interpretazione ne consentirebbero l'applicazione a qualsiasi forma di pressione di carattere morale. Vi è quindi il rischio che anche le azioni condotte nel corso di procedimenti giudiziari o di investigazioni di polizia allo scopo di ottenere informazioni o confessioni configurino ipotesi di reato di tortura. Non è quindi consigliabile lasciare senza indirizzo l'ampia portata applicativa della norma, sulla quale appare altresì necessaria un'approfondita discussione.

Gaetano PECORELLA, presidente, fa presente che la proposta di legge configura il recepimento della norma di cui all'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che proibisce ogni forma di tortura ed invita altresì a riflettere sul problema della competenza a giudicare in ordine a questo tipo di reato.

Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 23 aprile 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 14.

 (omissis)

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi.

(Seguito dell'esame e rinvio).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 18 aprile 2002.

Gaetano PECORELLA, presidente, ribadisce la necessità di approfondire la problematica connessa alla possibilità di mettere sotto accusa pubblici ufficiali anche appartenenti a paesi stranieri, nonché la questione relativa alla competenza a giudicare in merito; invita altresì a riflettere anche sull'utilizzo di una terminologia piuttosto inconsueta nel linguaggio penalistico.

Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi.

(Seguito dell'esame e rinvio).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 23 aprile 2002.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che il relatore ha presentato una proposta di testo unificato (vedi allegato 2).

Nino MORMINO (FI), relatore, dopo aver ricordato che nella proposta di testo unificato il reato di tortura è stato collocato tra i delitti contro la libertà morale previsti nel capo III del codice penale, illustra la proposta di testo unificato. Ai fini della determinazione della fattispecie, ritiene preferibile che la condotta sia descritta in maniera tale che risulti evidente che gli atti posti in essere dal soggetto attivo siano oggettivamente idonei a raggiungere l'obiettivo da questi prefissato.

Evidenzia in particolare che nel testo proposto è stata configurata un'ipotesi aggravante qualora dai comportamenti in questione siano derivate lesioni personali; sottolinea altresì che nel testo è dato particolare risalto all'elemento della volontà delle vittime sotto il profilo della libertà morale e della libera determinazione. Si sofferma quindi sull'entità delle sanzioni previste che, rispetto alle proposte presentate, vedono invariato in dieci anni il massimo della reclusione e ridotto a tre il minimo, nonché sul diritto al risarcimento per le vittime dei reati di tortura commessi da pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio appartenente allo Stato italiano.

Giovanni KESSLER (DS-U) condivide la distinzione tra il mero delitto di tortura e la tortura aggravata da lesioni, mentre manifesta perplessità in ordine alla descrizione della fattispecie, la cui complessità rischia di determinare difficoltà interpretative. Esprime altresì rilievi critici sulla dettagliata casistica contenuta all'articolo 1 della proposta di testo unificato, che giudica inutile ed inopportuna, soprattutto perché impone una sorta di giudizio di «idoneità» delle sofferenze inflitte a configurare la fattispecie di delitto di tortura. Propone dunque di adottare la definizione di delitto di tortura contenuta nello statuto della Corte penale internazionale secondo la quale «chiunque procura ad una persona di cui abbia il controllo o la custodia gravi dolori o sofferenze fisiche o psichiche, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Non si considerano tortura i dolori e le sofferenze derivanti esclusivamente dalla legittima detenzione in quanto tale o che siano ad essa inscindibilmente connessi».

Enrico BUEMI (Misto-SDI), nell'osservare che il comportamento da sanzionare non è adeguatamente definito, sottolinea la necessità di non circoscrivere troppo la fattispecie del delitto di tortura, dando nel contempo forte pregnanza alle norme sanzionatorie.

Gaetano PECORELLA, presidente, dopo aver ricordato che l'articolo 3 della legge n. 498 del 1988 di ratifica della Convenzione internazionale di New York prevede la punibilità del reato di tortura se il fatto sia stato commesso all'estero, invita a non voler introdurre due diverse fattispecie di delitto a seconda che il reato sia stato commesso in Italia o all'estero.

Paventa altresì il rischio che le norme in esame possano essere utilizzate strumentalmente da imputati o da detenuti che si sentano legittimati a sporgere denuncia di tortura; invita dunque a considerare attentamente le conseguenze che possono derivare da un uso strumentale della normativa, che pure è stata sollecitata da tutti i gruppi politici e da associazioni come Amnesty International, anche perché la pena prevista consiste nella reclusione fino ad un massimo di dieci anni.

Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.



ALLEGATO 2

 

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura (C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi).

 

TESTO UNIFICATO ELABORATO DAL RELATORE

 

 


ART. 1.

1. Dopo l'articolo 613 del codice penale è inserito il seguente:

Art. 613-bis. Il Pubblico Ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che infligge ad una persona con qualsiasi atto sofferenze fisiche o mentali tali da ottenere, contro la libera volontà del soggetto, informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso, ovvero usa gli stessi mezzi per punirla per fatti da essa commessi o che è sospettata di avere commesso ed altresì per ogni altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

La pena è aumentata se ne deriva una lesione personale. È raddoppiata se ne deriva la morte.

Alla stessa pena soggiace il Pubblico Ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che si sottrae all'obbligo di impedire la consumazione del fatto.

ART. 2.

1. Non può essere assicurata l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro Paese o da un tribunale internazionale.2. Nei casi di cui al comma 1 il cittadino straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.

ART. 3.

1. È istituito presso il Ministero della giustizia un fondo per le vittime dei reati di tortura commessi da pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio appartenente allo Stato italiano e comunque in danno di cittadini italiani per assicurare un risarcimento finalizzato ad una completa riabilitazione.

2. In caso di morte della vittima, derivante dall'atto di tortura, gli eredi hanno diritto ad un equo risarcimento.

3. È istituita presso il Ministero della giustizia la commissione per la riabilitazione delle vittime della tortura che ha il compito di gestire il fondo di cui al comma 1. La composizione e il funzionamento della commissione sono disciplinati con decreto del Ministro della giustizia.

4. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 5.200.000 euro per ciascuno degli anni 2002, 2003 e 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nel l'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.



II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 29 maggio 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giuseppe Valentino.

La seduta comincia alle 8.15.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi.

(Seguito dell'esame e rinvio - Adozione del testo base).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 14 maggio 2002.

Nino MORMINO (FI), relatore, propone di adottare come testo base per il seguito dell'esame il testo unificato elaborato dal relatore, di cui ha dato conto nella seduta precedente (vedi Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 14 maggio 2002).

La Commissione delibera di adottare come testo base il testo unificato predisposto dal relatore.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, fissa il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 18 di martedì 4 giugno. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta..



II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 12 giugno 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giuseppe Valentino.

La seduta comincia alle 15.05.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 29 maggio 2002.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che sono stati presentati emendamenti (vedi allegato 7).

Nino MORMINO (FI), relatore, in relazione alle preoccupazioni espresse che le norme in esame possano prestarsi ad interpretazioni estensive nel senso della loro applicabilità ai pubblici ufficiali, osserva che esse sono da ritenersi infondate, in quanto il legittimo esercizio delle funzioni da parte di questi ultimi rientra pienamente nell'ambito del principio di legalità e di correttezza dei comportamenti. Esprime quindi parere contrario sull'emendamento Pisapia 2.1, pur comprendendone le finalità garantiste. Raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.1, che ha uno scopo meramente sistematico, in quanto volto ad inserire nel codice penale una norma di carattere sostanziale già prevista nel testo ed a sopprimere il comma 2 dell'articolo 1 del testo unificato in quanto superfluo, dovendo ritenersi applicabili i principi generali vigenti in materia di estradizione.

La Commissione approva l'emendamento 1.1 del relatore.

Gaetano PECORELLA, presidente, constatando l'assenza del presentatore dell'emendamento Pisapia 2.1, fa presente che si intende che vi abbia rinunciato.

Assicura quindi che il testo unificato, come modificato dall'emendamento approvato, sarà trasmesso alle Commissioni per l'espressione dei pareri di competenza e rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.30.



ALLEGATO 7

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura (C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi).

 

EMENDAMENTI

 

 

 

 


ART. 1.

Dopo il comma 3 aggiungere il seguente:

4. non può essere assicurata l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro paese o da un tribunale internazionale.

Conseguentemente sopprimere l'articolo 2.

1. 1.Il Relatore.

ART. 2.

Al comma 2 dopo le parole: ai sensi della normativa internazionale vigente in materia aggiungere il seguente periodo: si applicano gli articoli 697 e seguenti del codice di procedura penale in tema di estradizione per l'estero.

2. 1.Pisapia.

 


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 2 ottobre 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA indi del vicepresidente Nino MORMINO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per il lavoro e le politiche sociali Grazia Sestini e per la giustizia Jole Santelli.

La seduta comincia alle 14.10.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 12 giugno 2002.

Nino MORMINO, presidente relatore, prospetta la necessità di una più dettagliata tipizzazione della condotta inerente al reato di tortura, che dovrebbe avere carattere di violenza o minaccia allo scopo di ottenere informazioni o confessioni. Si sofferma altresì sull'opportunità di distinguere le sanzioni a seconda che il reato si configuri come abuso di potere da parte di un pubblico ufficiale, per il quale la reclusione dovrebbe andare da 3 a 10 anni, oppure che sia stato commesso per motivi di discriminazione razziale, politica o religiosa, per il quale la reclusione dovrebbe andare da 1 a 5 anni. Appare inoltre opportuno aumentare la pena nel caso in cui dal reato in esame derivino lesioni gravi o gravissime o addirittura la morte, nonché sottrarre alla copertura di qualunque tipo di immunità i cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro paese o da un tribunale internazionale.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) osserva che in determinati paesi le accuse di tortura vengono utilizzate strumentalmente contro eventuali antagonisti politici; sarebbe pertanto opportuno introdurre nella norma ulteriori elementi di controllo da parte del sistema giudiziario italiano.

Nino MORMINO, presidente relatore, fa presente che la questione è riconducibile alle regole generali vigenti in materia di estradizione.

Sergio COLA (AN) evidenzia la necessità di esplicitare meglio la fattispecie in cui il soggetto attivo del reato sia un pubblico ufficiale rispetto a quella riferita a qualunque altra persona.

Nino MORMINO, presidente relatore, preso atto della necessità di approfondire le questioni emerse dal dibattito, fissa il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 12 di lunedì 14 ottobre. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 15 ottobre 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 12.50.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 2 ottobre 2002.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che è stato presentato un emendamento (vedi allegato 2) al testo unificato in esame, adottato il 14 maggio 2002 e modificato il 12 giugno 2002. L'emendamento pertanto è da riferirsi al testo risultante dall'emendamento già approvato.

Sottolinea quindi la particolare delicatezza della materia, dovendosi stabilire un confine, talvolta labile, tra l'applicazione di misure particolarmente dure e vere e proprie forme di tortura.

Nino MORMINO (FI), relatore, illustrando l'emendamento 1.2, sottolinea l'opportunità di operare una distinzione tra la condotta illegale del pubblico ufficiale  finalizzata ad ottenere informazioni o confessioni e quella di chi pone in essere la stessa condotta al fine di punire una persona per gli atti da lei compiuti oppure per motivi di discriminazione razziale, politica o religiosa. Osserva altresì che l'emendamento è diretto ad eliminare dal testo unificato il comma che prevede sanzioni per il pubblico ufficiale che si sottragga all'obbligo di impedire la consumazione del fatto.

Gaetano PECORELLA, presidente, osserva che, in effetti, tale fattispecie può essere ricondotta all'articolo 40 del codice penale, secondo il quale non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Anna FINOCCHIARO (DS-U), nel concordare con il presidente, osserva che diversamente si introdurrebbe una sorta di reato omissivo che potrebbe prestarsi ad applicazioni estensive.

Sottolinea quindi la necessità di punire l'intento discriminatorio anche con riferimento a motivazioni di carattere sessuale, oltre che razziale, politico o religioso.

Francesco BONITO (DS-U) condivide le osservazioni del deputato Finocchiaro.

Anna FINOCCHIARO (DS-U), al fine di definire meglio la fattispecie del delitto, propone di precisare che la minaccia si riferisce ad un danno ingiusto.

Nino MORMINO (FI) relatore, si dichiara favorevole all'introduzione dei riferimenti al danno ingiusto ed alla discriminazione di ordine sessuale e riformula l'emendamento 1.2 (vedi allegato 2).

La Commissione approva l'emendamento 1.2 del relatore (seconda formulazione).

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che il testo del provvedimento sarà inviato alle Commissioni per l'espressione dei pareri di competenza.

Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.



ALLEGATO 2

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura (C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi).

 

ULTERIORI EMENDAMENTI DEL RELATORE

 

 

 

 


L'articolo è sostituito dal seguente:

1. Dopo l'articolo 613 del codice penale è inserito il seguente:

Art. 613-bis (Delitto di tortura). Il Pubblico Ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, con violenza o minaccia, infligge ad una persona sottoposta alla sua autorità sofferenze fisiche o mentali allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

Colui che arbitrariamente commette i fatti di cui al primo comma, per punire una persona per gli atti da lei compiuti o che è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica o religiosa, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

La pena è aumentata se ne deriva una lesione grave o gravissima. È raddoppiata se ne deriva la morte.

Non può essere assicurata alcuna immunità ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro paese o da un tribunale internazionale.

1.2.Il Relatore.

ART. 1.

L'articolo è sostituito dal seguente:

1.Dopo l'articolo 613 del codice penale è inserito il seguente:

Art. 613-bis (Delitto di tortura). Il Pubblico Ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, con violenza o minaccia di un danno ingiusto, infligge ad una persona sottoposta alla sua autorità sofferenze fisiche o mentali allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti da lei compiuti o che è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

La pena è aumentata se ne deriva una lesione grave o gravissima. È raddoppiata se ne deriva la morte.

Non può essere assicurata alcuna immunità ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura da una autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale.

1.2. (seconda formulazione).Il Relatore.


 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 23 gennaio 2003. - Presidenza del vicepresidente Pier Paolo CENTO.

La seduta comincia alle 13.35.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 15 ottobre 2002.

Pier Paolo CENTO, presidente, ricorda che la Commissione ha adottato un testo unificato dei provvedimenti in esame che, così come modificato dagli emendamenti approvati, è stato trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione del parere. Mentre la Commissione affari costituzionali e la Commissione affari esteri hanno espresso il parere, la Commissione bilancio ha ritenuto opportuno di sottoporre alla Commissione giustizia una serie di perplessità sull'articolo 2 del testo unificato inerente alla istituzione presso il Ministero della giustizia di un fondo per le vittime dei reati di tortura. In particolare, è stato evidenziato che la formulazione di tale articolo non consente una valutazione conclusiva sulla congruità della clausola di copertura finanziaria, poiché non risulta inequivocabilmente chiarita la funzione del fondo. Ciò in particolare sotto il profilo del rapporto che si verrebbe ad instaurare tra la prestazione del fondo, che secondo il testo del provvedimento è volto ad «assicurare un risarcimento finalizzato ad una completa riabilitazione» delle vittime dei reati di tortura, e la corresponsione del risarcimento alla persona lesa che la pubblica amministrazione dovesse essere condannata a versare dal giudice civile.

La Commissione bilancio prospetta quindi diverse eventualità. Secondo la prima, la prestazione erogata dal fondo potrebbe intendersi aggiuntiva rispetto a quella derivante dall'eventuale risarcimento dei danni in via giurisdizionale e da questa completamente indipendente. In tal caso, gli oneri derivanti dall'istituzione del fondo sarebbero ulteriori rispetto alla legislazione vigente e dovrebbero essere coperti secondo le modalità previste dalla legislazione contabile. Ove ciò fosse, secondo la Commissione bilancio emergerebbero alcuni profili problematici di carattere finanziario.

Un'altra eventualità potrebbe essere quella che il ricorso al fondo costituisca una mera procedura amministrativo-contabile sostitutiva di quella attualmente prevista per l'erogazione del risarcimento dei danni in via giurisdizionale. In tale ipotesi sarebbe sufficiente la mera autorizzazione al ministro dell'economia e delle finanze ad apportare le variazioni contabili necessarie per trasferire al fondo dai pertinenti capitoli una quota delle somme già stanziate in bilancio per risarcire i danni (ne esistono in ogni stato di previsione) connessi a lesioni recate a terzi da pubblici dipendenti in relazione a fatti riconducibili a quelli rientranti nel nuovo reato. Occorre, quindi, risolvere tale questione interpretativa.

A ciò si aggiunga che il ministro della giustizia ha comunicato il 17 gennaio scorso che «indipendentemente dal merito del provvedimento, pur apprezzandone lo spirito e le finalità,» è costretto a rappresentare che appare impossibile per il Ministero della giustizia assumere l'onere finanziario previsto dall'articolo 2 del testo.

Segnala inoltre che la Commissione affari costituzionali e la Commissione affari  esteri hanno formulato una serie di rilievi sulle altre parti del testo che la Commissione dovrà valutare attentamente. Risulta, pertanto, evidente la necessità di riflettere sull'opportunità di mantenere nel testo la previsione della istituzione del fondo di cui all'articolo 2 e di riformulare la fattispecie delittuosa di cui all'articolo 1.

Lamenta infine l'assenza del rappresentante del Governo, il quale peraltro è chiamato in causa anche nel parere espresso dalla Commissione bilancio, auspicandone la presenza ed il contributo nel prosieguo dell'iter del provvedimento, come più volte sollecitato anche in altre occasioni.

Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.


 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 28 gennaio 2003 - Presidenza del vicepresidente Pier Paolo CENTO.

La seduta comincia alle 11.40.

 (omissis)

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 23 gennaio 2003.

Edmondo CIRIELLI (AN) concorda sulla necessità di definire il reato di tortura nel codice penale in linea con quanto stabilito nella Convenzione di New York. Osserva tuttavia che la definizione del reato non è in linea con quella contenuta in tale Convenzione, risultando omesso l'aggettivo «grave» ed il riferimento alle sanzioni lecite, con il risultato di stabilire una condotta indeterminata che si presta ad interpretazioni arbitrarie. Viceversa, in base ai principi di civiltà dell'ordinamento giuridico, nessuno può essere punito per un fatto che non sia previsto come reato dalla legge penale. Invita dunque a riflettere sulla lacunosità e l'indeterminatezza della definizione di tale fattispecie di reato, che condizioneranno l'orientamento del suo gruppo al momento del voto.

Francesco BONITO (DS-U), preso atto delle dichiarazioni del deputato Cirielli, non ne condivide la censura riferita ad una tipizzazione eccessivamente generica del reato di tortura, dichiarandosi tuttavia disposto ad approfondire la questione.

Pier Paolo CENTO, presidente, ritiene che i rilievi emersi potranno essere valutati al momento dell'esame degli emendamenti, per la cui presentazione fissa il termine alle ore 16 di martedì 11 febbraio 2003. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.


 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 6 novembre 2003 - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 15.30.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 28 gennaio 2003.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che sono stati presentati emendamenti (vedi allegato 2).

Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.



ALLEGATO 2

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura (C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi).

EMENDAMENTI

 

 


Subemendamenti all'emendamento 1.50 del relatore.

Al comma 1 le parole o l'incaricato di pubblico servizio che infligge sono sostituite dalle seguenti: , l'incaricato di pubblico servizio, il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati o i consulenti tecnici indicati nell'articolo 391-bis del codice di procedura penale che infliggono.

0.1.50.3. Cirielli.

Dopo le parole o l'incaricato di pubblico servizio sono aggiunte le seguenti: , ovvero dal difensore, dal sostituto, dagli investigatori privati autorizzati o dai consulenti tecnici indicati nell'articolo 391-bis del codice di procedura penale.

0.1.50.7. Cirielli.

Al comma 1 sopprimere le seguenti parole: da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettato di aver commesso.

0.1.50.1. Pisapia.

Le parole è punito con la reclusione da tre a dieci anni sono sostituite dalle seguenti è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

0.1.50.4. Cirielli.

Dopo le parole è punito con la reclusione da tre a dieci anni sono aggiunte le seguenti: Salvo che la sofferenza risulti esclusivamente da, o sia inerente o incidentale rispetto a sanzioni lecite.

0.1.50.5. Cirielli.

Sostituire il terzo comma con il seguente: salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena è aumentata se ne deriva una lesione grave o gravissima, e raddoppiata se ne deriva la morte.

0.1.50.2. Pisapia.

Sostituire il terzo comma con il seguente: Se dal fatto deriva una lesione personale grave si applica la reclusione da quattro a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a vent'anni».

0.1.50.6. Cirielli.

ART. 1.

Sostituirlo con il seguente:

1. Dopo l'articolo 613 del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 613-bis - (Delitto di tortura). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, con violenza o minaccia, infligge  ad una persona sottoposta alla sua autorità sofferenze fisiche o mentali allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

Chi arbitrariamente commette gli stessi fatti di cui al comma precedente al fine di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, la pena è raddoppiata se ne deriva la morte; è aumentata se ne deriva una lesione grave o gravissima».

2. Non può essere assicurata l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura da una autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale.

3. Nei casi di cui al comma 1, lo straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.

1. 50. Il relatore.

Sostituirlo con il seguente:

1. Dopo l'articolo 613 del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 613-bis - (Delitto di tortura). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, con violenze o minacce gravi e reiterate, infligge ad una persona sottoposta alla sua autorità sofferenze fisiche o mentali allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

Qualora i fatti di cui al comma precedente sono commessi al fine di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, la pena è raddoppiata se ne deriva la morte; è aumentata se ne deriva una lesione grave o gravissima».

2. Non può essere assicurata l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura da una autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale.

3. Nei casi di cui al comma 1, lo straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.

1. 50. (seconda formulazione). Il relatore.

L'articolo 1 è sostituito dal seguente:

1. Dopo l'articolo 613 del codice pensale è inserito il seguente:

«Art. 613-bis - (Delitto di tortura). - Il p.u. o l'incaricato di pubblico servizio che, con violenza o minaccia di un danno ingiusto, infligge ad una persona sottoposta alla sua autorità sofferenze fisiche o psicologiche allo scopo di ottenerne informazioni o confessioni ovvero allo scopo di illecitamente punirla, è punito con la reclusione da 3 a 10 anni.

2. Alla stessa pena soggiace il p.u, o l'incaricato di pubblico servizio che istiga altri alla commissione del fatto o che si sottrae volontariamente all'impedimento del fatto, o che vi acconsente tacitamente.

3. Non può essere assicurata alcuna immunità ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura da una autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale.

1. 32. Finocchiaro, Bonito, Lucidi.

Dopo le parole: ad una persona con qualsiasi atto è aggiunta la seguente: gravi.

1. 34. Cirielli.

Dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:

«6. Lo Stato nei casi in cui provvede ad erogazioni con il fondo di cui al comma 1 si rivale nei confronti dei responsabili.

2. 31. Cirielli.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 2 dicembre 2003. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Jole Santelli e Giuseppe Valentino.

La seduta comincia alle 13.40.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato da ultimo nella seduta del 6 novembre.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che nella precedente seduta sono stati presentati emendamenti e subemendamenti (vedi Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 6 novembre 2003) al testo unificato predisposto dal relatore (vedi Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 14 maggio 2003).

Nino MORMINO (FI), relatore, illustrando la seconda formulazione del suo emendamento 1.50, della quale raccomanda l'approvazione, ricorda che, oltre a prevedere la soppressione dell'articolo 2, le principali novità consistono nell'introduzione del concetto della reiterazione delle violenze e delle minacce al fine di ottenere informazioni o confessioni, che comportano la pena della reclusione da tre a dieci anni; qualora tali forme di tortura siano poste in essere per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale, il reato è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Con riferimento al complesso delle proposte modificative presentate, esprime parere favorevole sul subemendamento Pisapia 0.1.50.2; invita a ritirare i subemendamenti Cirielli 0.1.50.3, 0.1.50.7, 0.1.50.4, 0.1.50.5, 0.1.50.6, il subemendamento Pisapia 0.1.50.1, nonché gli emendamenti Finocchiaro 1.32 e Cirielli 1.34 e 2.31, esprimendo diversamente parere contrario.

Ritenendo opportuno affrontare in maniera organica la questione relativa al risarcimento del danno alle vittime dei reati, che costituisce oggetto di un'apposita proposta di legge attualmente all'esame della Commissione giustizia, preannuncia la presentazione di un emendamento volto a sopprimere dal testo l'articolo 3, relativo all'istituzione di un fondo particolare per le vittime dei reati di tortura.

Il sottosegretario Jole SANTELLI si associa ai pareri espressi dal relatore.

Gaetano PECORELLA, presidente, constatata l'assenza del deputato Cirielli, avverte che si intende abbia rinunciato alle proposte modificative che recano la sua firma.

La Commissione approva il subemendamento Pisapia 0.1.50.1.

Niccolò GHEDINI (FI), con riferimento all'emendamento 1.50 del relatore (seconda formulazione), osserva che il delitto di tortura, la cui condotta è di particolare gravità, viene punito in maniera più leggera rispetto al reato di violenza privata di cui all'articolo 610 del codice penale.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) manifesta perplessità sul concetto di reiterazione delle violenze e delle minacce gravi finalizzate ad estorcere una confessione, ritenendo preferibile riferirsi a prolungate sofferenze fisico-mentali. Osserva altresì di non ravvisare una giustificazione logica alla base del diverso trattamento sanzionatorio previsto nel primo e nel secondo comma dell'emendamento 1.5 (seconda formulazione) del relatore.

Nino MORMINO (FI), relatore, sottolinea la necessità di una tipizzazione del delitto di tortura che non dia adito a problemi interpretativi in ordine alla natura del reato. La distinzione operata nei due commi, nel primo caso è diretta a disciplinare un comportamento attivo basato su violenze o minacce gravi e reiterate, mentre nel secondo caso disciplina l'ipotesi della sottoposizione passiva della persona offesa al delitto di tortura per motivi di carattere discriminatorio. In questo secondo caso si dichiara disponibile a riformulare la norma elevando la pena della reclusione attualmente prevista da un minimo di due ad un massimo di sei anni.

Aurelio GIRONDA VERALDI (AN) osserva che la minaccia reiterata è cosa diversa dalla minaccia che si protrae nel tempo: propone dunque di usare gli aggettivi reiterate e persistenti con riferimento  alle violenze ed alle minacce gravi di cui al primo comma dell'emendamento in esame.

Gaetano PECORELLA, presidente, suggerisce di definire preliminarmente in maniera più dettagliata il concetto di tortura, in modo da poter fare riferimento, nelle norme successive, ad una condotta già chiaramente delineata.

Francesco BONITO (DS-U), nel concordare con il presidente, osserva che la tortura è caratterizzata dal prolungamento della sofferenza inflitta allo scopo di ottenere qualcosa; pertanto la reiterazione dovrebbe essere riferita alla pressione esercitata per determinate finalità.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) ritiene che il delitto di tortura dovrebbe essere sanzionato nella stessa misura, qualunque sia la finalità per la quale il reato è commesso, senza perciò graduare diversamente la pena della reclusione.

Giuliano PISAPIA (RC), non condivide la proposta del relatore tesa a distinguere, a livello di pena, i casi di tortura finalizzati ad ottenere, contro la libera volontà del soggetto, informazioni e confessioni ed i casi di tortura determinati da qualsiasi forma di discriminazione. Insiste quindi affinché la Commissione, di fronte a condotte così gravi, mantenga l'equiparazione di pena fra le due fattispecie previste dal testo. Tale pena deve essere adeguata alla gravità della condotta e delle conseguenze per l'effetto di tale reato, indipendentemente dai motivi che hanno determinato il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio ad avere comportamenti sempre inaccettabili o inammissibili e che, in uno Stato di diritto, debbono avere una adeguata sanzione penale.

Gaetano PECORELLA, presidente, invita a valutare l'ipotesi di equiparare la pena prevista per le due ipotesi contenute, rispettivamente, nel primo e nel secondo comma.

Aurelio GIRONDA VERALDI (AN) dichiara il proprio favore verso tale ipotesi e propone di affidare al giudice la valutazione delle aggravanti e delle attenuanti.

Vittorio MESSA (AN) si dichiara favorevole ad uniformare la sanzione prevista per entrambe le ipotesi.

Nino MORMINO (FI), relatore, preso atto dell'orientamento emerso dal dibattito, presenta una terza formulazione del suo emendamento 1.50 (vedi allegato 1), dove si elimina l'aggettivo «reiterate» riferito alle violenze ed alle minacce gravi e si unifica la fattispecie del delitto di tortura prevedendo una pena che va da un minimo di uno ad un massimo di dieci anni.

La Commissione approva l'emendamento 1.50 del relatore (terza formulazione), risultando così precluso l'emendamento Finocchiaro 1.32.

Nino MORMINO (FI), relatore, presenta l'emendamento 3.50, interamente soppressivo dell'articolo 3 (vedi allegato 1).

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva l'emendamento 3.50 del relatore.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che il testo unificato, come modificato dagli emendamenti approvati, sarà trasmesso alle Commissioni per l'espressione dei pareri di competenza.



ALLEGATO 1

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura (C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi).

EMENDAMENTI

 

 

 


ART. 1.

Sostituirlo con il seguente:

1. Dopo l'articolo 613 del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 613-bis. - (Delitto di tortura). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, con violenze o minacce gravi, infligge ad una persona sottoposta alla sua autorità sofferenze fisiche o mentali allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale, è punito con la reclusione da uno a dieci anni.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena è aumentata se ne deriva una lesione grave o gravissima; è raddoppiata se ne deriva la morte».

2. Non può essere assicurata l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura da una autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale.

3. Nei casi di cui al comma 1, lo straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.

1. 50. (terza formulazione)Il Relatore.

ART. 3.

Sopprimerlo.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 27 gennaio 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 14.30.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e 1948 Biondi.

(Seguito esame e conclusione).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 2 dicembre 2003.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che sono pervenuti i pareri delle Commissioni I e V, entrambi favorevoli, sul testo da ultimo elaborato dalla Commissione nella seduta del 2 dicembre 2003.

Nino MORMINO (FI), relatore, rappresenta l'opportunità di apportare ulteriori correttivi al testo elaborato dalla Commissione, che attuano alcune delle disposizioni contenute nel testo della Convenzione contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, firmata a New York il 10 dicembre 1984. In particolare, al comma 2 andrebbe precisato che il delitto di tortura richiede l'intenzionalità dell'agente; al comma 4 andrebbero specificati i casi di esclusione di punibilità nel caso di sofferenze risultanti da sanzioni legittime. Infine al comma 5 sarebbe opportuno precisare che la mancata concessione dell'immunità diplomatica riguarda esclusivamente il delitto di tortura.

Gaetano PECORELLA, presidente, suggerisce al relatore di rinviare ulteriori modifiche al testo all'esame in Assemblea, in modo da non ritardare ulteriormente l'iter del provvedimento.

Nino MORMINO (FI), relatore, concorda con la proposta del presidente.

La Commissione delibera di conferire mandato al relatore, onorevole Mormino, di riferire favorevolmente all'Assemblea. Delibera altresì di essere autorizzata a riferire oralmente.

Gaetano PECORELLA, presidente, si riserva di nominare i componenti del Comitato dei nove sulla base della designazione dei rispettivi gruppi.


 

 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 26 maggio 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Jole Santelli.

La seduta comincia alle 15.30.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Esame e rinvio).

La Commissione comincia l'esame.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che nella seduta del 27 aprile 2004 l'Assemblea ha deliberato il rinvio in Commissione del testo unificato C. 1483-1518-1948/A, su richiesta unanime del Comitato dei nove. La Commissione, pertanto, riprende l'esame del testo approvato il 27 gennaio 2004, a conclusione della precedente fase dell'esame in sede referente, ferma restando l'esclusione delle parti che sono state già oggetto di esame da parte dell'Assemblea. A tale proposito ricorda che nella seduta del 22 aprile 2004 l'Assemblea ha approvato gli emendamenti 1.100 e 1.101 della Commissione e Lussana 1.4.

Avverte che alle proposte di legge esaminate nel corso della precedente fase in sede referente è stata abbinata la proposta di legge C. 4990.

Per quanto attiene al contenuto del provvedimento in esame, ricorda che a seguito dell'approvazione dell'emendamento 1.4 degli onorevoli Lussana e Guido Giuseppe Rossi, la fattispecie del delitto di tortura è risultata incerta. L'emendamento in questione faceva riferimento soltanto al reiterarsi delle minacce, mentre il testo risultante dell'approvazione dello stesso portava a ritenere che la tortura si verificasse solo in presenza di reiterate violenze o reiterate minacce. Il Comitato dei nove, riunitosi successivamente, ha valutato che, effettivamente, la volontà che si intendeva esprimere non era corrispondente al risultato che poi obiettivamente si è verificato. Peraltro, ci si è accorti che quell'emendamento, che sembrava stravolgere il testo, in realtà aggiungeva ben poco. Infatti, la stessa Commissione, nel testo approvato in sede referente, aveva utilizzato l'espressione al plurale (parlando di violenze o minacce), mentre nel nostro ordinamento (ad esempio, in caso di estorsione o violenza privata), quando è sufficiente un solo atto per realizzare il reato, è fatto riferimento espressamente ad una violenza o ad una minaccia. Quindi osserva che tutto il dibattito che è nato attorno a quell'emendamento forse non aveva poi tanta ragione di essere.

Inoltre, ci si è accorti di un altro aspetto che merita un ulteriore approfondimento, essendo forse quello più importante. Vi sono situazioni in cui è praticabile la tortura anche a prescindere dall'uso di violenza o minaccia. Si pensi a chi venga rinchiuso in una stanza in cui vi sono animali con cui è difficile convivere (come può talvolta accadere) o magari per molti giorni al buio. Questa situazione non configura né una violenza né una minaccia, ma certamente determina una condizione di grave sofferenza.

Quindi, all'unanimità, il Comitato dei nove ha ritenuto di chiedere all'Assemblea di rinviare il provvedimento in Commissione per poterci lavorare nella serena collaborazione di tutti i gruppi politici, al fine di produrre un provvedimento assolutamente avanzato sul piano della civiltà giuridica.

Il rinvio in Commissione servirà, quindi, a formulare la norma incriminatrice del delitto di tortura in maniera tale da estendere l'ambito della illiceità penale a tutte quelle condotte che sono riconducibili alla nozione di tortura generalmente riconosciuta.

Nessun altro chiedendo di intervenire rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta e propone di sospendere la seduta per esaminare in sede legislativa la proposta di legge C. 2665, in materia di procedimenti correttivi delle sentenze.

< P>La Commissione concorda.

Gaetano PECORELLA, presidente, sospende la seduta.

 



II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 30 giugno 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Iole Santelli.

La seduta comincia alle 15.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame rinviato da ultimo nella seduta del 26 maggio 2004.

Gaetano PECORELLA (FI) osserva che l'approvazione del provvedimento in esame e quindi l'introduzione della fattispecie del reato di tortura appare urgente e ormai improcrastinabile, anche in considerazione dell'accorato e autorevole appello del Santo Padre. Anche gli avvenimenti di attualità internazionale spingono in tale direzione, ricordando a tal proposito il recente orientamento della Corte Suprema degli Stati Uniti secondo cui anche i detenuti per motivo di terrorismo internazionale hanno diritto a che siano rispettate le garanzie fondamentali in materia sia processuale che detentiva.

Nino MORMINO (FI), relatore, ricorda che l'esame del provvedimento ha conosciuto un empasse a seguito dell'approvazione dell'emendamento che ha introdotto il requisito della reiterazione delle violenze. Ciò ha determinato una situazione «imbarazzante» per il Parlamento, con la mancata introduzione del reato di tortura nell'ordinamento giuridico e con le inevitabili conseguenze dal punto di vista politico e giornalistico. Tuttavia ritiene che, nonostante il clamore suscitato, la questione sia stata sovradimensionata a causa di un emendamento che ha determinato più che altro un equivoco e quindi una conseguenza nemmeno del tutto voluta. Il  problema da risolvere attiene alla definizione normativa della fattispecie del reato di tortura, che può interessare tanto paesi civili e democratici quanto paesi in guerra o comunque interessati da conflitti in cui non vengono osservate le più elementari garanzie relative alla libertà personale e all'integrità fisica. Emerge quindi l'esigenza di adottare una definizione utile a ricomprendere tali diverse situazioni, senza trascurarne nessuna, e in ogni caso facendo salva la non punibilità per le condotte legittime attuate nell'ambito dei poteri alle autorità riconosciuti.

Nonostante tutti gli sforzi che costruttivamente potranno essere compiuti, non esclude che il testo a cui si giungerà in sede di approvazione possa lasciare insoluti, dal punto di vista interpretativo, alcuni nodi problematici. Tuttavia ritiene che sia prevalente la necessità di giungere quanto prima all'introduzione nel codice penale della fattispecie del reato di tortura.

Ritiene che sulla falsariga della proposta di legge C. 4990 potrebbe giungersi all'approvazione di un testo condiviso ed idoneo a punire tutte le condotte meritevoli di essere sanzionate. Tuttavia ritiene che, al primo comma dell'articolo 613-bis del codice penale (nel testo della citata proposta di legge) sarebbe opportuno apportare una modifica formale nel senso di anteporre l'inciso «sottoponendola a patimenti disumani o a sofferenze gravi» rispetto alle parole «infligge ad una persona una tortura fisica o mentale».

Guido Giuseppe ROSSI (LNFP) esprime perplessità sul fatto che la proposta di legge C. 4990, che potrebbe costituire la falsariga per l'approvazione del testo finale, non configuri più il delitto di tortura come reato proprio del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, estendendolo a «chiunque infligge ad una persona una tortura fisica o mentale». Ritiene quindi che andrebbe attentamente valutata l'opportunità di restringere, dal punto di vista soggettivo, la fattispecie di reato, che trova il suo fondamento nell'opportunità di sanzionare condotte attuate nell'ambito di poteri autoritativi pubblici.

Sergio COLA (AN) osserva che la formulazione del delitto di tortura adottato dalla proposta C.4990, per quanto riguarda la tipizzazione soggettiva, non corrisponde letteralmente alla previsione dell'articolo 1 della Convenzione contro la tortura, che si riferisce espressamente alle condotte attuate da «un'agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito». Tuttavia ritiene che la ratio della proposta C. 4990 sia la stessa della Convenzione, intendendo appunto ricomprendere nell'ambito del delitto dì tortura le condotte che, seppur non attuate da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, siano comunque adottate su istigazione di tali soggetti o comunque con il loro consenso espresso o tacito, al fine per esempio di carpire informazioni o confessioni da parte della vittima della tortura.

Carolina LUSSANA (LNFP), parlando a titolo personale, dichiara di essere favorevole alla nuova definizione del delitto di tortura di cui alla proposta C. 4990 poiché, pur non essendo più configurato come reato proprio, i confini della fattispecie risultano ben delineati e tipizzati dagli elementi oggettivi e psichici necessari per configurare il delitto di tortura.

Aurelio GIRONDA VERALDI (AN) dichiara di condividere la proposta C. 4990 poiché le condotte da sanzionare potrebbero essere commesse, in alcuni casi limite, anche da soggetti che formalmente non possono essere definiti pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio.

Gaetano PECORELLA, presidente, osserva che l'intento della definizione della fattispecie adottata dalla sua proposta C. 4990 è quello di cercare di ricomprendere anche alcuni casi limite, quali le torture compiute non direttamente da un pubblico ufficiale. Tali situazioni potrebbero verificarsi in particolare in quei paesi che non godano di un sistema avanzato dal punto di vista delle garanzie fondamentali, in cui non è peregrino immaginare  che poteri coercitivi siano esercitati da soggetti non legittimamente investiti o comunque per conto di pubbliche autorità da soggetti all'uopo assoldati. In ogni caso, se dovesse prevalere un orientamento difforme rispetto a tale scelta, esprime la propria disponibilità per un'eventuale precisazione dell'ambito soggettivo di applicazione della fattispecie del delitto.

Francesco BONITO (DS-U) ritiene che la configurazione come reato proprio servirebbe a rendere la norma più pregnante anche dal punto di vista simbolico.

Nino MORMINO (FI), relatore, ribadisce il proprio parere favorevole per la definizione del delitto di tortura adottato dalla proposta n. 4990, che cerca di ricomprendere comportamenti che potrebbero essere attuati da soggetti non configurabili come pubblici ufficiali, in particolare in quei paesi caratterizzati da instabilità, laddove è più difficile individuare univocamente una legittima autorità. Tuttavia ritiene che potrebbe introdursi un'aggravante specifica nel caso in cui il reato sia commesso da pubblici ufficiali.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.


 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 15 luglio 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 11.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame rinviato il 30 giugno 2004.

Nino MORMINO (FI), relatore, ricorda che nell'ultima seduta il presidente ha sottoposto alla Commissione una formulazione della fattispecie del reato di tortura secondo quanto previsto dalla proposta di legge C. 4990. Secondo tale formulazione, il reato di tortura verrebbe commesso da chiunque infligga ad una persona una tortura fisica o mentale. In tal modo tale reato non verrebbe configurato come reato proprio.

Francesco BONITO (DS-U) si dichiara tendenzialmente favorevole alla configurazione del reato in esame come delitto proprio, onde evitare eccessive generalizzazioni della fattispecie criminale. Chiede il rinvio del provvedimento ad altra seduta per poter meglio approfondire tale questione.

Nino MORMINO (FI), relatore, invita tutti i gruppi ad esprimersi sulla questione in esame al fine di addivenire ad un testo il più condiviso possibile.

Gaetano PECORELLA, presidente, rileva che l'estensione soggettiva anche a soggetti diversi dai pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio sarebbe motivata dall'esigenza di poter punire il delitto in questione anche se commesso all'estero ovvero in Stati i cui ordinamenti definiscono il pubblico ufficiale in maniera diversa da quanto previsto dalle leggi italiane. Inoltre, in alcuni Pesi stranieri, le condotte riconducibili alla nozione comunemente accolta del reato di tortura sono commesse per conto dello Stato da soggetti privati che appartengono a «squadre paramilitari». È importante che la definizione che si darà al reato di tortura comprenda anche tali soggetti.

Francesco BONITO (DS-U) rileva di essersi dichiarato favorevole alla delimitazione soggettiva del reato in esame ai soli pubblici ufficiali o incaricati di pubblico esercizio, in quanto storicamente tale delitto è stato configurato all'interno del rapporto tra chi esercita una potestà e chi la subisce. Inoltre evidenzia che una simile generalizzazione potrebbe determinare problemi interpretativi relativi al rapporto tra la normativa in esame e quella di altri delitti, quali ad esempio quello delle lesioni personali. In relazione all'osservazione avanzata dal presidente, ritiene che si potrebbero introdurre dei criteri secondo i quali il giudice italiano possa valutare se il soggetto attivo del reato sia qualificabile secondo la nozione di pubblico ufficiale.

Giovanni KESSLER (DS-U) nell'associarsi alle considerazioni avanzate dal deputato Bonito, ritiene sarebbe opportuno qualificare il reato di tortura con riferimento allo stato di custodia legittima in cui viene a trovarsi la vittima, come peraltro è previsto dallo Statuto della Corte penale internazionale. In tal modo tale reato si configurerebbe se compiuto da pubblico ufficiale, da esercente pubblico servizio e da chiunque abbia in legittima custodia un soggetto.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Venerdì 30 luglio 2004. - Presidenza del presidente Nino MORMINO.

La seduta comincia alle 15.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame rinviato da ultimo il 15 luglio 2004.

Nino MORMINO, presidente e relatore, ricorda che nelle scorse sedute la discussione ha avuto ad oggetto la configurazione della tortura come reato proprio o comune. Ricorda altresì che quale relatore aveva proposto di estendere la configurabilità del reato di tortura a chiunque avesse posto in essere i comportamenti illeciti previsti. Infine rileva che l'onorevole Bonito aveva invece ritenuto opportuno delimitare soggettivamente il reato in esame ai soli pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio. Invita pertanto gli altri commissari a esprimersi sul punto.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) rileva che qualora il reato di tortura fosse previsto come reato comune, sarebbe eccessivamente generica la configurazione delittuosa. Ritiene pertanto opportuno configurare tale reato come riferito ai soli pubblici ufficiali, incaricati di pubblico servizio e, qualora si voglia estendere ulteriormente la fattispecie, agli appartenenti alle «squadre armate». Rileva infatti che storicamente tale delitto è stato configurato all'interno di un rapporto tra chi esercita un pubblico potere e chi ne è vittima.

Nino MORMINO, presidente e relatore, rileva che, quale alternativa al testo proposto, potrebbe essere presa in considerazione la definizione dell'autore del reato indicata nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984, cioè «un agente della funzione pubblica» o «ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale». Evidenzia comunque la difficoltà di trasporre tale previsione nell'ordinamento giuridico nazionale.

Precisa comunque che, se l'orientamento maggioritario della Commissione fosse nel senso di ritornare all'opzione del reato proprio, non avrebbe problemi ad accedere a tale scelta. Del resto i fatti che la fattispecie del reato di tortura sono già sanzionate a vario titolo dall'ordinamento penale vigente (lesioni, maltrattamento, ecc.).

L'obiettivo principale del provvedimento si concreta nella necessità di prevedere un reato specifico di tortura, di valenza anche simbolica, per adeguarsi in maniera ancora più compiuta alla normativa patrizia internazionale.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) rileva che la definizione indicata nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984 non possa essere trasferita de plano nell'ordinamento italiano. Sottolinea altresì che tale nozione sembra comunque far riferimento ad una fattispecie limitata  ai soggetti esercenti poteri pubblici. Ritiene preferibile configurare il reato in esame come reato proprio, anche poiché in tale maniera potrebbe essere più semplice distinguere tale fattispecie, da altre previste dal Codice penale quali ad esempio il sequestro di persona, la violenza privata e così via. Quale alternativa propone di delimitare il reato in esame ai soli illeciti compiuti dai pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, per poi prevedere che qualora i comportamenti incriminati siano posti in essere da soggetti diversi possa essere applicata una diversa pena.

Luigi VITALI (FI) ritiene preferibile delimitare il reato in esame ai soli comportamenti posti in essere dai pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio.

Nino MORMINO, presidente relatore, annuncia che presenterà delle proposte emendative che tengano conto degli orientamenti emersi nel dibattito in Commissione. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.


 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 16 settembre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 13.25.

 

 

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 30 luglio 2004.

Nino MORMINO (FI), relatore, ricorda che nell'ultima seduta i membri della Commissione avevano espresso pressochè unanimemente la preferenza per la configurazione del reato di tortura quale delitto proprio ascrivibile esclusivamente ai pubblici ufficiali ed agli incaricati di pubblico servizio. Ricorda infatti gli interventi a tal proposito svolti dall'onorevole Guido Giuseppe Rossi, dall'onorevole Bonito e seppur con qualche distinguo dall'onorevole Cola. Rileva che configurare il delitto di tortura come proprio rispecchierebbe maggiormente il dettato dell'articolo 1 della Convenzione di New York del 1984, ai sensi del quale il reato di tortura può essere compiuta da un pubblico ufficiale o altra persona che svolga una funzione ufficiale.

Sergio COLA (AN) rileva che le perplessità avanzate circa la configurazione del reato di tortura come reato proprio riferibile ai soli pubblici ufficiali ed incaricati di pubblico servizio siano state superate da successivi colloqui con il relatore.

Gaetano PECORELLA (FI), presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 21 settembre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 13.10.

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 16 settembre 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che nell'ultima seduta il relatore ha proposto alla Commissione di adottare, in vista dell'esame da parte dell'Assemblea, la formulazione del delitto di tortura contenuta nella proposta di legge C. 4990 trasformandolo in reato proprio, per cui la condotta dovrebbe essere compiuta da chi riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.

Ricorda altresì che l'Assemblea, prima di rinviare il testo in Commissione, ha già approvato alcuni emendamenti relativi alla definizione di tortura contenuta nel testo già approvato dalla Commissione in sede referente, per cui sarebbe opportuno che i gruppi raggiungano un accordo sulla nuova formulazione da dare alla nuova fattispecie del delitto di tortura.

Nino MORMINO (FI), relatore, avverte che alcuni gruppi non si sono ancora espressi in maniera definitiva sulla nuova formulazione da dare al delitto di tortura.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 22 settembre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il Sottosegretario di Stato per la Giustizia Jole Santelli.

La seduta comincia alle 14.55.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 21 settembre 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che nella seduta precedente il relatore si era riservato di proporre una nuova formulazione del delitto di tortura, apportando correttivi concordati possibilmente con esponenti dei gruppi dell'opposizione.

Nino MORMINO (FI), relatore, propone di formulare la fattispecie del delitto di tortura, sulla base di quella contenuta nella proposta di legge C. 4990, tuttavia modificandola nel senso di configurare il delitto come reato proprio del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio e di sostituire, al primo comma dell'articolo 1 della citata proposta, il riferimento ai «patimenti disumani o a sofferenze gravi» con il seguente: «gravi sofferenze fisiche o mentali».

Ritiene inoltre che al terzo comma dello stesso articolo 613-bis sarebbe opportuno eliminare le parole: «ad esse connesse o dalle stesse cagionate» e sarebbe inoltre opportuno sostituire le parole: «se sono inflitte sofferenze o patimenti come» con le seguenti: «se le sofferenze sono».

Conseguentemente la formulazione dell'articolo 613-bis, volto ad introdurre il delitto di tortura nel codice penale, sarebbe la seguente: «Art. 613-bis (Delitto di tortura). È punito con la reclusione da uno a quindici anni il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che infligge ad una persona una tortura sottoponendola a gravi sofferenze fisiche o mentali, allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena è aumentata se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima; è raddoppiata se ne deriva la morte.

Il fatto non è punibile se le sofferenze sono conseguenza di condotte, misure o sanzioni legittime.

Art. 613-ter. (Fatto commesso all'estero). È punito secondo la legge italiana, il cittadino o lo straniero che commette nel territorio estero il delitto di tortura, di cui all'articolo 613-bis, in danno del cittadino italiano».

Giovanni KESSLER (DS-U) concorda con le modifiche proposte dal relatore, che costituiscono correttivi opportuni dal punto di vista della formulazione della norma.

Tuttavia invita a considerare che appare eccessiva la forbice tra il limite minimo e massimo edittale della pena (variabile da uno a quindici anni). Se si considerano poi anche le attenuanti e le aggravanti, si potrebbe andare da una semplice pena pecuniaria sino ad una pena detentiva di circa trenta anni. Ritiene che nell'ordinamento non ci siano esempi similari di discrezionalità per il giudice nell'applicazione della pena in concreto per uno stesso delitto, invitando a soffermarsi  su possibili profili di illegittimità costituzionale per indeterminatezza dell'entità della pena.

Suggerisce pertanto di prevedere una pena detentiva variabile da due a dieci anni nella previsione edittale.

Pierluigi MANTINI (MARGH-U) premettendo di concordare con le osservazioni dell'onorevole Kessler, suggerisce inoltre di sopprimere la scriminante di cui al terzo comma dell'articolo 613-bis di cui alla proposta C.4990. Altrimenti si rischierebbe di legittimare una forma di tortura per così dire istituzionale.

Nino MORMINO (FI), relatore, pur ritenendo ragionevoli le osservazioni dell'onorevole Mantini, replica che la previsione di cui al terzo comma dell'articolo 613-bis è volta ad evitare che siano puniti e quantomeno incriminati per il delitto di tortura pubblici ufficiali che siano accusati di aver inflitto sofferenze a seguito di condotte o sanzioni legittimamente inflitte nell'esercizio delle proprie funzioni.

Pierluigi MANTINI (MARGH-U) ribadisce le perplessità sulla scriminante relativa alle condotte o sanzioni legittime e invita ad un approfondimento, suggerendo un rinvio dell'esame del provvedimento.

Gaetano PECORELLA, presidente, in attesa degli approfondimenti sulla formulazione del delitto di tortura, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.


 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 23 settembre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA indi del vicepresidente Nino MORMINO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la Giustizia Jole Santelli.

La seduta comincia alle 13.35.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 22 settembre 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che nella seduta di ieri il relatore aveva proposto una nuova formulazione del delitto di tortura, su cui era emersa la necessità di approfondire le problematiche relative al limite edittale della pena, alla non punibilità per gli atti legittimi del pubblico ufficiale e all'applicazione del delitto per i fatti commessi all'estero.

Nino MORMINO (FI), relatore, con riferimento al terzo comma dell'articolo 613-bis, suggerisce di adottare una formulazione che meglio precisi l'ipotesi di non configurazione della fattispecie del delitto di tortura nel caso di condotte o sanzioni legittime. Pertanto il terzo comma sarebbe così formulato: «Le disposizioni di cui al primo comma non si applicano se le  sofferenze sono conseguenza di condotte, misure o sanzioni legittime».

Per quanto riguarda il fatto commesso all'estero ritiene che sarebbe opportuno precisare che è punibile chi commette il reato di tortura nel territorio estero «in danno di cittadino italiano».

Riguardo alla questione dell'entità della pena edittale, condividendo le perplessità relative alla eccessiva discrepanza tra limite minimo e limite massimo, suggerisce di prevedere una pena variabile da tre a dodici anni.

Vincenzo SINISCALCHI (DS-U), dopo un'attenta riflessione sulla proposta del relatore, manifesta perplessità relative al rischio di introdurre una «norma bandiera» poco confacente al contesto attuale e quindi poco incisiva.

Il motivo dell'introduzione di uno specifico delitto di tortura è dettato dalla necessità di colpire determinate condotte allorché ci sia il quid pluris della particolare finalità di ottenere informazioni o confessioni. Pertanto non condivide l'utilizzo dell'aggettivo «gravi» con riferimento alle sofferenze fisiche o mentali. Oltre a dubbi di carattere tecnico-giuridico, non riscontrandosi precedenti che richiedono il presupposto della gravità per integrare il reato, ritiene che si attribuisce un'eccessiva discrezionalità in sede interpretativa per l'individuazione del reato in questione.

Né si può addurre come giustificazione il testo della Convenzione di New York poiché, in primo luogo, tale Convenzione utilizza una differente espressione (severe), che non può essere tradotto automaticamente in «gravi». Inoltre il testo della Convenzione rappresenta una dichiarazione di principio e non un articolato di legge immediatamente precettivo.

Manifesta perplessità anche sulla parola «mentali», ritenendo preferibile usare invece l'aggettivo «psichiche». «Mentali» induce l'interprete a far riferimento ad elementi rilevanti più sul piano razionale che sul piano sensoriale.

Condivide invece pienamente la formulazione relativamente al dolo specifico e quindi alla finalità del delitto.

Relativamente all'ipotesi di non punibilità di cui al terzo comma per condotte o sanzioni legittime, ritiene che bisognerebbe adottare una formula più chiara e meglio delimitata, altrimenti il testo si presterebbe nel concreto ad abusi da parte delle autorità.

Giuliano PISAPIA (RC) condivide l'opportunità di sopprimere il riferimento alla gravità delle sofferenze fisiche o mentali, poiché il reato appare caratterizzato dalla particolare finalità delle condotte. Ritiene che un giusto bilanciamento potrebbe essere individuato nella soppressione del requisito della gravità delle sofferenze e nella contestuale diminuzione a due anni del limite minimo di reclusione, rispetto ai tre anni suggeriti dal relatore.

Per quanto riguarda il fatto commesso all'estero, ritiene che andrebbe precisato se l'autore del reato debba essere un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio secondo l'ordinamento interno o, al contrario, secondo l'ordinamento in cui il fatto è commesso.

Aurelio GIRONDA VERALDI (AN) ritiene preferibile una pena della reclusione variabile da due a dieci anni.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) condivide l'opportunità di eliminare il requisito della gravità, quanto meno per le sofferenze mentali.

Esprime perplessità di metodo per quanto riguarda il procedimento che si intende adottare per l'approvazione del testo. Ritiene poco condivisibile intervenire su parti già approvate dall'Assemblea.

Erminia MAZZONI (UDC) afferma, a nome del proprio gruppo, di aver completamente superato le riserve sulla configurazione della tortura come reato proprio. Condivide la proposta dell'onorevole Gironda Veraldi sul minimo di pena di due  anni, ma riterrebbe opportuno fissare il massimo a dodici anni.

Per quanto riguarda la non punibilità per condotte o sanzioni legittime, condivide l'ultima proposta del relatore, mentre per quanto riguarda il fatto commesso all'estero, associandosi alle osservazioni dell'onorevole Pisapia, riterrebbe opportuno precisare che l'autore del reato debba essere un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.

Carolina LUSSANA (LNFP) esprime apprezzamento relativamente allo sforzo del relatore per arrivare ad una formulazione condivisa, pur non nascondendo qualche perplessità su alcuni aspetti.

In primo luogo ritiene preferibile utilizzare la definizione della Convenzione con riferimento ad «altra persona che agisce a titolo ufficiale» rispetto alla definizione di «incaricato di pubblico servizio».

Per quanto riguarda la finalità della discriminazione riterrebbe opportuno eliminare le parole «razziale, politica, religiosa o sessuale».

Per quanto riguarda l'entità della pena suggerisce di conservare il limite previsto dal testo licenziato dalla Commissione, variabile da uno a dieci anni. Al limite si potrebbe pensare di innalzare solamente il limite minimo portandolo a due anni.

Esprime inoltre contrarietà rispetto alla proposta di soppressione del requisito della gravità con riferimento alle sofferenze fisiche o mentali.

Giovanni KESSLER (DS-U), con riferimento col fatto commesso all'estero condivide la relazione proposta dal relatore considerando inutile la precisazione che debba trattarsi di pubblico ufficiale stante il rinvio all'articolo 613-bis.

Per quanto riguarda la scriminante degli atti legittimi suggerisce di apportare una correzione di carattere formale per evitare dubbi interpretativi sostituendo il riferimento al comma 1 con il riferimento ai commi precedenti. In tal modo si eviterebbe che la non punibilità non sia estesa alla fattispecie aggravata.

Non condivide la proposta di soppressione del riferimento alla gravità delle sofferenze, per evitare di introdurre una norma in bianco affidando eccessiva discrezionalità all'interprete. Del resto ciò rispetta lo spirito della Convenzione che intende punire col delitto di tortura i trattamenti crudeli, inumani, degradanti. Il delitto di tortura dovrebbe essere riservato alle condotte più gravi, poiché le altre possono rientrare nelle fattispecie delle lesioni, delle molestie o dell'ingiuria.

Condivide l'opportunità di prevedere la non punibilità nel caso di condotte o sanzioni legittime, altrimenti la fattispecie del delitto di tortura potrebbe essere usata strumentalmente per ostacolare il lavoro delle pubbliche autorità.

Infine, per quanto riguarda l'entità della pena, ribadisce di ritenere ragionevole ed equilibrata una reclusione variabile da due a dieci anni.

Nino MORMINO (FI), presidente e relatore, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.20.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 28 settembre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA

La seduta comincia alle 14.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 23 settembre 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che nella seduta del 22 settembre scorso il relatore ha illustrato una proposta di formulazione della fattispecie del delitto di tortura. Nel corso di tale seduta e della seduta del giorno successivo, i componenti della Commissione hanno proposto al relatore una serie di modifiche, volte a raggiungere un consenso unanime tra i gruppi circa la nuova fattispecie del delitto di tortura.

Nino MORMINO (FI), relatore, rileva che gran parte degli interventi svolti nel corso della seduta del 23 settembre scorso - anziché essere volti a risolvere le questioni che hanno portato a rinviare in Commissione il testo - hanno posto questioni che in realtà erano state già risolte dalla Commissione in occasione del primo esame in sede referente.

Rispetto alle proposte da lui formulate nelle sedute del 22 e 23 settembre, ritiene che sia opportuno precisare la durata della pena della reclusione, fissandola da tre a dodici anni, chiarire che la causa di giustificazione, relativa alle ipotesi in cui le sofferenze siano conseguenze di condotte, misure o sanzioni legittime, si riferisce anche alla fattispecie aggravata ed, infine, limitare l'applicazione all'estero della norma penale italiana ai casi in cui il reato di tortura, commesso a danno di un italiano, sia compiuto da un pubblico ufficiale o da incaricato di pubblico servizio.

Ritiene, pertanto, che il codice penale possa essere così modificato, al fine di introdurvi la fattispecie del delitto di tortura: «Dopo l'articolo 613 del codice penale sono inseriti i seguenti: «Art. 613-bis (Delitto di tortura). È punito con la reclusione da tre a dodici anni il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che infligge ad una persona una tortura sottoponendola a gravi sofferenze fisiche o mentali, allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena è aumentata se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima; è raddoppiata se ne deriva la morte.

Le disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano se le sofferenze sono conseguenza di condotte, misure o sanzioni legittime.

Art. 613-ter. (Fatto commesso all'estero). È punito secondo la legge italiana il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, cittadino o straniero che commette nel territorio estero il reato di tortura di cui all'articolo 613-bis in danno di cittadino italiano».

Gaetano PECORELLA, presidente, invita i rappresentanti dei gruppi in Commissione ad esprimersi sulla proposta formulata dal relatore.

Francesco BONITO (DS-U), intervenendo a nome del gruppo dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo, dichiara di condividere la proposta del relatore, il quale ha accolto la richiesta del suo gruppo di aumentare il minimo della pena e di ridurre l'ambito discrezionale del giudice nel fissare la pena in concreto.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 


 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 30 settembre 2004. - Presidenza del vicepresidente Nino MORMINO.

La seduta comincia alle 14.30.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 28 settembre 2004.

Nino MORMINO, presidente e relatore, ricorda che nell'ultima seduta ha presentato alla Commissione un'ulteriore formulazione del delitto di tortura, che riprende molte delle osservazioni e considerazioni emerse dal lungo dibattito in commissione. Ricorda altresì l'importanza che si arrivi alla formulazione di un testo ampiamente condiviso.

Luigi VITALI (FI), nell'apprezzare il lavoro svolto dal relatore, esprime a nome del proprio gruppo condivisione sul testo predisposto.

Aurelio GIRONDA VERALDI (AN) dichiara di condividere la proposta formulata dal relatore.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) si riserva di valutare la proposta del relatore.

Nino MORMINO, presidente e relatore, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.


 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 27 ottobre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 15.30.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 30 settembre 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che nelle precedenti sedute si è svolto un dibattito sulla proposta del relatore di una nuova formulazione del fattispecie del delitto di tortura, sulla quale è opportuno verificare se vi sia una condivisione da parte di tutti i gruppi. In particolare ricorda che i gruppi Forza Italia e DS hanno già espresso la loro condivisione sulla proposta del relatore.

Giuliano PISAPIA (RC) esprime dissenso sull'ultimo testo presentato dal relatore in relazione al riferimento in esso contenuto alla gravità delle sofferenze inflitte alla vittima del reato.

Nino MORMINO (FI), relatore, ricorda che si era trovato un accordo in Commissione  sul punto sottolineato dal deputato Pisapia.

Giuliano PISAPIA (RC), data la delicatezza della questione anche sotto il profilo regolamentare, considerato che la proposta del relatore sostanzialmente si traduce in una modifica di una disposizione già approvata dall'Assemblea, si riserva di esprimere la posizione del gruppo nella prossima seduta.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.


 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 4 novembre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il Ministro per le pari opportunità Stefania Prestigiacomo.

La seduta comincia alle 13.20.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 27 ottobre 2004.

Nino MORMINO (FI), relatore, ricorda che nel corso della seduta del 22 settembre scorso ha formulato un'ipotesi di definizione del reato di tortura, sulla quale si sarebbero dovuti esprimere tutti i rappresentanti dei gruppi in Commissione.

Gaetano PECORELLA, presidente, assicura il relatore che solleciterà i rappresentati dei gruppi affinché si esprimano sollecitamente sulla ipotesi di reato di tortura formulata il 22 settembre scorso.

Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

 


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 9 novembre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 14.15.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 4 novembre 2004

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che nella seduta del 22 settembre 2004 il relatore ha presentato una nuova proposta di formulazione della fattispecie del delitto di tortura, sul quale alcuni gruppi hanno già espresso la loro condivisione nelle sedute suuccessive.

Carolina LUSSANA (LNFP) dichiara, a nome del proprio gruppo, la sostanziale condivisione del testo predisposto dal relatore. Esprime tuttavia perplessità sulla entità della pena, che ritiene più opportuno sia fissata nel minimo in due anni e nel massimo in dieci anni.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) esprime, a nome del proprio gruppo, condivisione sul testo predisposto dal relatore.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.


 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Venerdì 12 novembre 2004. - Presidenza del vicepresidente Nino MORMINO.

La seduta comincia alle 14.25.

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 9 novembre 2004

Nino MORMINO, presidente e relatore, ricorda che nella seduta del 22 settembre 2004 il relatore ha presentato una nuova proposta di formulazione della fattispecie del delitto di tortura, sul quale alcuni gruppi hanno già espresso la loro condivisione nelle sedute successive.

In particolare ricorda che nelle sedute precedenti i gruppi di Forza Italia e dei DS hanno espresso la loro condivisione al testo, mentre nell'ultima seduta anche il gruppo della Lega, nonostante le perplessità avanzate sull'entità della pena, ed il gruppo misto si sono dichiarati favorevoli alla fattispecie del delitto di tortura formulata dal relatore.

Sergio COLA (AN) a nome del proprio gruppo esprime condivisione sulla impostazione del testo presentato dal relatore.

Nino MORMINO, presidente e relatore, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.30.



II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 9 marzo 2005. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 14.25.

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella

(Seguito esame e rinvio)

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 12 novembre 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che il relatore ha proposto nella seduta del 28 settembre 2004 una formulazione della fattispecie del reato di tortura che diverge da quella risultante dagli emendamenti approvati dall'Assemblea il 22 aprile 2004, prima del rinvio del provvedimento in Commissione.

Per quanto la proposta del relatore sia stata condivisa all'unanimità da parte dei rappresentanti in Commissione dei gruppi, questa non può trovare accoglimento da parte della Commissione. In caso contrario, infatti, verrebbe superata dalla Commissione una deliberazione dell'Assemblea, il che è inammissibile.

Ritiene, tuttavia, che non si possa non tenere conto che oramai sono trascorsi all'incirca undici mesi da quando l'Assemblea ha approvato alcuni emendamenti al testo, e che in Commissione si è registrata l'unanimità dei gruppi su una nuova definizione del reato di tortura.

Propone, pertanto, di chiedere al Presidente della Camera di valutare l'opportunità di sottoporre alla Conferenza dei Presidenti dei gruppi la questione di una eventuale modifica da parte dell'Assemblea delle disposizioni da essa già esaminate, nel senso di conformarle a quanto è condiviso da tutti i gruppi.

La Commissione concorda.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.


 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 17 gennaio 2006. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Jole Santelli.

La seduta comincia alle 14.50.

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 9 marzo 2005.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che, nella seduta del 9 marzo 2005, la Commissione aveva concordato che il Presidente della Commissione chiedesse al Presidente della Camera di valutare l'opportunità di sottoporre alla Conferenza dei Presidenti dei gruppi la questione di una eventuale modifica da parte dell'Assemblea delle disposizioni da essa già esaminate relative al testo unificato in oggetto, nel senso di conformarle a quanto condiviso da tutti i gruppi.

Successivamente, nel corso di riunioni dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, sono emerse da parte dei rappresentanti di alcuni gruppi talune perplessità sulla definizione del delitto di tortura.

Nella riunione della Conferenza dei Presidenti di gruppo dell'11 gennaio 2006, è stato espresso un orientamento favorevole, del quale il Presidente della Camera lo ha informato con propria lettera dell'11 gennaio scorso, affinché il testo unificato delle proposte di legge C. 1483 ed abbinate venga trasferito in sede legislativa. In quella sede, alcuni gruppi si sono comunque riservati un eventuale successivo ritiro del proprio assenso alla luce del testo che sarà concretamente definito in sede di Commissione. Pertanto, ritiene opportuno sottoporre nuovamente la questione alla Commissione per verificare se sussistano, al momento, le condizioni per pervenire alla formulazione di un testo condiviso tra i gruppi.

Ricorda che il testo sul quale si era inizialmente raggiunto un accordo tra i gruppi era del seguente tenore: «Dopo l'articolo 613 del codice penale sono inseriti i seguenti: "Art. 613-bis (Delitto di tortura). È punito con la reclusione da tre a dodici anni il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che infligge ad una persona una tortura sottoponendola a gravi sofferenze fisiche o mentali, allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena è aumentata se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima; è raddoppiata se ne deriva la morte.

Le disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano se le sofferenze sono conseguenza di condotte, misure o sanzioni legittime.

Art. 613-ter. (Fatto commesso all'estero). È punito secondo la legge italiana il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, cittadino o straniero che commette nel territorio estero il reato di tortura di cui all'articolo 613-bis in danno di cittadino italiano"».

Enrico BUEMI (Misto-RosanelPugno) esprime forti perplessità sulla parte della ipotesi di fattispecie del delitto di tortura, secondo la quale il reato non sussisterebbe nel caso in cui le sofferenze siano conseguenza di condotte, misure o sanzioni legittime. Ritiene che una disposizione in tal senso possa di fatto ridurre sostanzialmente la portata applicativa della nuova ipotesi delittuosa. Questa, infatti, in Italia non troverebbe certamente applicazione per casi di tortura come quelli che si sono verificati in alcuni paesi latino-americani, come ad esempio il Cile, negli anni settanta, quanto piuttosto per quei casi limite in cui la condotta delittuosa sia posta in essere proprio in occasione di «condotte, misure o sanzioni legittime». La nuova disposizione dovrà essere formulata in maniera tale da escludere che il nuovo delitto di tortura non possa mai essere applicato in relazione all'applicazione di una misura coercitiva prevista dalla legge. In alcuni casi, come ad esempio quello della carcerazione preventiva, queste sono applicate strumentalmente al solo fine di ottenere informazioni o confessioni da parte del destinatario della misura. Ritiene, quindi, che la clausola in esame debba essere riscritta in maniera non così assoluta come quella della ipotesi appena descritta dal presidente.

Nino MORMINO (FI), relatore, dichiara di condividere le osservazioni del deputato Buemi. Ritiene opportuno sostituire la disposizione relativa alle sofferenze conseguenti di condotte, misure o sanzioni legittime con una disposizione che sia formulata sulla base di quanto previsto dalla convenzione delle Nazioni Unite del 1984. In particolare, si dovrebbe prevedere che «le disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano al dolore od alle sofferenze risultanti unicamente da sanzioni legittime, inerenti a tali sanzioni o da essa cagionati».

Gaetano PECORELLA, presidente, dichiara di essere d'accordo con il deputato Buemi e con il relatore. Assicura che la nuova ipotesi di formulazione del delitto di tortura, così come precisata nella seduta odierna, sarà sottoposta ai rappresentanti dei gruppi, per verificare la sussistenza della possibilità di approvare il provvedimento prima della conclusione della legislatura.

Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.


 

 


Esame in sede consultiva

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 23 ottobre 2002. - Presidenza del presidente Pierantonio ZANETTIN. - Interviene il sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali Giampaolo Dozzo.

La seduta comincia alle 8.40.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

Testo unificato C. 1483 ed abb.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazione).

Il Comitato inizia l'esame.

Sesa AMICI (DS-U), relatore, illustra il contenuto del testo unificato, come risultante dagli emendamenti approvati dalla II Commissione il 15 ottobre scorso, che è diretto ad introdurre nel codice penale la nuova fattispecie (articolo 613-bis) del delitto di tortura, escludendo al contempo che possa essere riconosciuta l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro paese o da un tribunale internazionale, nonché ad istituire, presso il Ministero della giustizia, un fondo per le vittime dei reati di tortura.

Rilevata l'opportunità, al fine di specificare ulteriormente la fattispecie prevista dall'articolo 1 del testo unificato in esame, di sostituire il termine «persona sospettata» con altro termine giuridicamente più qualificante, quale «persona indiziata», propone di esprimere parere favorevole con osservazione (vedi allegato 2).

Nitto Francesco PALMA (FI) dichiara di astenersi sulla proposta di parere del relatore.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.



ALLEGATO 2

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura (Testo unificato C. 1483 ed abb.).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

 

 

 


La I Commissione,

esaminato il testo unificato delle proposte di legge A.C. 1483 ed abbinate concernente l'introduzione del reato di tortura;

rilevato che le disposizioni recate dal suddetto testo unificato sono riconducibili alla materia «ordinamento civile e penale» che l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato;

ritenuto che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente osservazione,

al fine di specificare ulteriormente la fattispecie prevista dall'articolo 1 del testo unificato in esame, valuti la Commissione l'opportunità di sostituire il termine «persona sospettata» con altro termine giuridicamente più qualificante, quale «persona indiziata».


 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 10 dicembre 2003. - Presidenza del presidente Pierantonio ZANETTIN.

La seduta comincia alle 13.50.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

Nuovo testo unificato C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazione).

Il Comitato inizia l'esame.

Sesa AMICI (DS-U), relatore, illustra l'ulteriore nuovo testo unificato delle proposte di legge A.C. 1483 ed abbinate concernente l'introduzione del reato di tortura.

Preso atto che la II Commissione non ha recepito l'osservazione contenuta nel parere già espresso il 23 ottobre 2002 con la quale, al fine di specificare ulteriormente la fattispecie prevista dall'articolo 1 del testo unificato in esame, si invitava la Commissione a valutare l'opportunità di sostituire il termine «persona sospettata» con altro termine giuridicamente più qualificante quale «persona indiziata», ribadisce l'osservazione già formulata.

Rilevato altresì che nell'ulteriore nuovo testo la previsione dell'esclusione del riconoscimento dell'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimenti penali o condannati per i reati di tortura in altro Paese o da un tribunale internazionale, non è più contenuta nel corpo del nuovo articolo 613-bis del codice penale che introduce il delitto di tortura, bensì in un autonomo comma 2, propone di esprimere parere favorevole con l'osservazione che, al fine di chiarire ulteriormente l'esatta portata normativa del comma 2, correlato tra l'altro con il successivo comma 3, valuti la Commissione di merito l'opportunità di specificare che l'immunità diplomatica non può essere assicurata ai cittadini stranieri riguardo il reato di tortura (vedi allegato 2).

Il Comitato approva la proposta di parere del relatore.


 

ALLEGATO 2

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura (C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

 

 

 


La I Commissione,

esaminato l'ulteriore nuovo testo unificato delle proposte di legge A.C. 1483 ed abbinate concernente l'introduzione del reato di tortura;

preso atto che l'osservazione contenuta nel parere già espresso il 23 ottobre 2002 con la quale, al fine di specificare ulteriormente la fattispecie prevista dall'articolo 1 del testo unificato in esame, si invitava la Commissione a valutare l'opportunità di sostituire il termine «persona sospettata» con altro termine giuridicamente più qualificante quale «persona indiziata»;

ribadita quindi l'osservazione già formulata nel parere del 23 ottobre 2002;

rilevato altresì che nell'ulteriore nuovo testo la previsione dell'esclusione del riconoscimento dell'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimenti penali o condannati per i reati di tortura in altro Paese o da un tribunale internazionale, non è più contenuta nel corpo del nuovo articolo 613-bis del codice penale che introduce il delitto di tortura bensì in un autonomo comma 2;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente osservazione,

al fine di chiarire ulteriormente l'esatta portata normativa del comma 2, correlato tra l'altro con il successivo comma 3, valuti la Commissione l'opportunità di specificare che l'immunità diplomatica che non può essere assicurata ai cittadini stranieri riguarda il reato di tortura.



III COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari esteri e comunitari)

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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 24 ottobre 2002. - Presidenza del vicepresidente Umberto RANIERI.

La seduta comincia alle 14.30.

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni).

La Commissione inizia l'esame.

Gennaro MALGIERI (AN), relatore, illustra il contenuto del testo unificato delle proposte di legge, teso ad introdurre nel nostro ordinamento una norma incriminatrice speciale per la punibilità delle fattispecie riconducibili alla tortura. La legge si rende necessaria per aderire alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, firmata a New York il 10 dicembre 1984 e ratificata dal nostro paese con la legge 3 novembre 1988, n. 498. Al riguardo, richiama il contenuto dell'articolo 1.1 della suddetta Convenzione, che precisa che ai fini della Convenzione stessa si intende per tortura «ogni atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenza forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimorirla o di far  pressione su di lei o di intimorire o far pressione su una terza persona o per qualsiasi motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitti da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze che risultino esclusivamente da sanzioni legittime, inerenti a tali sanzioni o da esse cagionate».

Osserva che questo passo della Convenzione delle Nazioni Unite appare riprodotto quasi integralmente nel comma 1 dell'articolo 1 del testo unificato, che delinea la fattispecie del delitto di tortura. Il soggetto attivo può essere solo un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, e la condotta incriminata è quella dell'infliggere ad una persona sottoposta all'autorità di tali soggetti sofferenze fisiche o mentali, allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti da essa compiuti o che è sospettata di aver compiuto, ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale.

Il comma 3 dell'articolo 1 prevede che non possa essere assicurata alcuna immunità agli stranieri che siano imputati o condannati per tortura in un altro paese, ovvero da parte di un tribunale internazionale. Inoltre, ai sensi del comma 2, il cittadino straniero imputato o condannato per tortura deve essere estradato verso lo Stato che ha avviato nei suoi confronti il procedimento, ovvero che lo ha condannato, ovvero - in caso di tribunale internazionale - che è stato individuato dalla normativa internazionale.

L'articolo 2, comma 1 prevede l'istituzione presso il Ministero della giustizia di un fondo per le vittime dei reati di tortura. Tale fondo ha lo scopo di assicurare un risarcimento finalizzato ad una completa riabilitazione delle vittime ed è gestito dalla Commissione per la riabilitazione delle vittime della tortura di cui al comma 2 del medesimo articolo 2.

Per quanto riguarda la concreta operatività del fondo, è previsto che la tortura debba essere stata posta in essere da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio appartenente allo Stato italiano e comunque in danno di cittadini italiani, specificazione, quest'ultima, che genera qualche perplessità.

Alla luce delle considerazioni espresse, formula conclusivamente una proposta di parere favorevole con condizioni (vedi allegato1).

Valdo SPINI (DS-U), nell'esprimere apprezzamento per la relazione svolta, concorda sulla proposta avanzata dal relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con condizioni formulata dal relatore.

La seduta termina alle 14.40.



ALLEGATO 1

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello e C. 1948 Biondi.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

 

 

 


La III Commissione,

esaminato per quanto di competenza il testo unificato delle proposte di legge AC 1483, AC 1518 e AC 1948, recante «Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura»;

condivisa l'opportunità di introdurre nell'ordinamento penalistico una norma incriminatrice speciale per perseguire e reprimere con maggior efficacia condotte riconducibili alla nozione di tortura;

ritenuto che tale introduzione consentirebbe anche una più agevole applicazione degli impegni assunti internazionalmente dall'Italia con la firma della Convenzione delle Nazioni unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani e degradanti, firmata a New York il 10 dicembre 1984 e ratificata dall'Italia con la legge 3 novembre 1988, n. 498;

rammentato che la materia delle immunità diplomatiche è disciplinata dalla Convenzione di Vienna del 18 aprile 1961, ratificata dall'Italia con la legge 9 settembre 1967, n. 804;

osservato pertanto che anche nella materia delle immunità diplomatiche l'Italia ha assunto precisi obblighi internazionali;

ritenuto che di fronte a reati che offendono la natura umana in quanto di più intimo essa possieda - quale quello che si intende introdurre con il testo unificato in esame - la nozione di cittadinanza abbia scarso significato quale discrimine per l'erogazione di prestazioni risarcitorie;

osservato che i principi della Costituzione italiana in materia di uguaglianza, tutela e salvaguardia dei diritti della persona rafforzano e confermano la precedente considerazione,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:

con riferimento al comma 3 dell'articolo 1, è necessario accertare gli effetti concreti delle interferenze tra la disciplina pattizia e la generalizzata esclusione dalle immunità ivi prevista;

all'articolo 2, al comma 1, siano soppresse le parole «e comunque in danno di cittadini italiani».



V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio, tesoro e programmazione)

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Giovedì 16 gennaio 2003. - Presidenza del presidente Gaspare GIUDICE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Vito Tanzi.

La seduta comincia alle 14.20.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

Testo unificato C. 1483 e abb.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e rinvio).

Il Comitato inizia l'esame.

Gaspare GIUDICE, presidente, sostituendo il relatore in ragione dell'esigenza di esprimere tempestivamente il parere richiesto, illustra la proposta di legge riguardante la disciplina del reato di tortura. Le norme prevedono l'inserimento nel codice penale di un nuovo articolo (articolo 613-bis c.p.) con cui viene introdotto e perseguito il reato di tortura (articolo 1); nonché l'istituzione di un fondo, presso il Ministero della giustizia, per il risarcimento delle vittime dei reati di tortura (articolo 2, comma 1) e di una apposita Commissione per la sua gestione. L'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni è valutato in 5,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2002, 2003 e 2004.

Soffermandosi sui profili di carattere finanziario di competenza della Commissione bilancio, osserva in premessa che il provvedimento non è corredato di relazione tecnica, pertanto non si dispone dei dati e degli elementi informativi necessari per valutare la congruità dell'onere quantificato nella clausola di copertura finanziaria. Fa quindi presente che la norma non appare conforme a quanto prescrive la legge n. 246 del 2002, in quanto non è chiaro se l'onere stimato debba essere considerato come limite massimo di spesa ovvero se sul Fondo possano gravare obbligazioni in misura superiore alla valutazione dell'onere contenuta nella clausola di copertura. In quest'ultimo caso, infatti, occorrerebbe la prescrizione di una clausola di salvaguardia. Rileva inoltre che la previsione, al comma 1 dell'articolo 3, della «completa riabilitazione» del soggetto danneggiato sembra configurare il risarcimento in termini di diritto soggettivo, che per sua natura non può trovare limitazioni nell'ambito di un tetto di spesa. La norma non chiarisce peraltro quale sia la dotazione annua del fondo e se e in quale misura dal funzionamento della commissione da istituirsi presso il Ministero della giustizia possano derivare spese a carico del bilancio dello Stato.

Evidenzia che la formulazione dell'articolo 2 non consente una valutazione conclusiva sulla congruità della clausola di copertura finanziaria: non risulta infatti inequivocamente chiarita la funzione del fondo per le vittime dei reati di usura di cui al comma 1. Ciò in particolare sotto il profilo del rapporto che si verrebbe ad instaurare tra la prestazione del fondo, che secondo il testo del provvedimento è volto ad «assicurare un risarcimento finalizzato ad una completa riabilitazione» delle vittime dei reati di tortura, e la corresponsione del risarcimento alla persona lesa che la pubblica amministrazione dovesse essere condannata a versare dal  giudice civile (ciò che già avviene a legislazione vigente, con imputazione a carico degli ordinari stanziamenti di bilancio preordinati allo scopo). Appare possibile in proposito prospettare diverse eventualità.

La prestazione erogata dal fondo potrebbe intendersi aggiuntiva rispetto a quella derivante dall'eventuale risarcimento dei danni in via giurisdizionale e da questa completamente indipendente. In tal caso, gli oneri derivanti dall'istituzione del fondo sarebbero ulteriori rispetto alla legislazione vigente e dovrebbero essere coperti secondo le modalità previste dalla legislazione contabile.

Ove ciò fosse, emergerebbero alcuni profili problematici. L'autorizzazione di spesa e la clausola di copertura finanziaria, poiché incidono sul trascorso esercizio finanziario, debbono essere riformulate con riferimento al triennio 2003-2005; l'accantonamento utilizzato, sebbene privo di un'apposita voce programmatica, presenterebbe per altro la necessaria capienza nel bilancio 2003-2005, tuttavia, in quanto l'autorizzazione di spesa e la relativa clausola di copertura finanziaria risultano limitate ad un solo triennio, esse non appaiono coerenti con il carattere permanente degli oneri derivanti dal provvedimento. Poiché la disposizione reca un'unica autorizzazione di spesa che riguarda complessivamente sia gli oneri relativi all'istituzione del Fondo per le vittime dei reati di tortura sia quelli inerenti alla costituzione ed al funzionamento della commissione per la riabilitazione delle vittime della tortura, ai fini dell'applicazione delle procedure di controllo della spesa previste dall'articolo 11-ter, commi 6-bis e 7 della legge n. 468 del 1978, come modificata dalla legge n. 246 del 2002, appare necessario evidenziare una specifica autorizzazione di spesa per ogni disposizione onerosa. Inoltre, al risarcimento erogato dal fondo, poiché finalizzato alla completa riabilitazione della vittima del reato, potrebbe corrispondere un vero e proprio diritto soggettivo; in tal caso risulterebbe necessario introdurre una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni di spesa, in quanto la spesa relativa alla soddisfazione di tale diritto, poiché obbligatoria e quantificata sulla base di stime tecnico-finanziarie, non potrebbe essere delimitata nell'ambito di un tetto di spesa.

Nell'ipotesi che il ricorso al fondo costituisca invece una mera procedura amministrativo-contabile sostitutiva di quella attualmente prevista per l'erogazione del risarcimento dei danni in via giurisdizionale - ipotesi che appare per altro di difficile praticabilità stante l'assenza di disposizioni circa il rapporto tra ricorso al fondo e giudizio civile - sarebbe sufficiente la mera autorizzazione al ministro dell'economia e delle finanze ad apportare le variazioni contabili necessarie per trasferire al fondo dai pertinenti capitoli una quota delle somme già stanziate in bilancio per risarcire i danni (ne esistono in ogni stato di previsione) connessi a lesioni recate a terzi da pubblici dipendenti in relazione a fatti riconducibili a quelli rientranti nel nuovo reato. Ovviamente l'ammontare di tali risorse dovrebbe essere individuato con apposita relazione tecnica. In tal caso, potrebbe revocarsi in dubbio la stessa necessità della copertura finanziaria. La pubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 28 della Costituzione, risponde già del danno causato dai propri dipendenti in via primaria, salva l'azione di rivalsa nei confronti dei dipendenti medesimi; i8l risarcimento dei danni è dunque già dovuto dallo Stato a legislazione vigente per il reato di lesioni personali. Con l'introduzione del nuovo reato, il danno potrà comunque essere liquidato in separata sede dal giudice civile in misura integrale, secondo i princìpi previsti dalla legislazione vigente, sia pure in connessione ad una diversa fattispecie penale. Il provvedimento in esame non prevederebbe dunque, in tal caso, un ristoro maggiore del danneggiato rispetto a quello attualmente consentito.

Ritiene opportuno sottoporre tali considerazioni alla Commissione di merito, al  fine di consentire l'opportuna riformulazione del testo.

Il sottosegretario Vito TANZI concorda con il relatore.

Gaspare GIUDICE, presidente relatore, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.


 


V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio, tesoro e programmazione)

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 14 gennaio 2004. - Presidenza del presidente Gaspare GIUDICE, indi del Vicepresidente Ettore PERETTI. - Interviene il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Gianluigi Magri.

La seduta comincia alle 10.10

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

Nuovo testo C. 1483 e abb.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole)

Il Comitato inizia l'esame.

Gaspare GIUDICE, presidente, in sostituzione del relatore, ricorda che il provvedimento, concernente l'introduzione nel codice penale del reato di tortura, è già stato esaminato dal Comitato permanente per i pareri nella seduta del 16 gennaio 2003. In quell'occasione, il Comitato ha ritenuto opportuno di sottoporre alla Commissione giustizia una serie di rilievi in merito alla formulazione dell'articolo 2 del testo unificato recante l'istituzione presso il Ministero della giustizia di un fondo per le vittime dei reati di tortura. La Commissione giustizia ha inviato, in data 4 dicembre 2003, un nuovo testo del provvedimento dal quale è stato integralmente espunto l'articolo 2.

Pertanto, il nuovo testo non appare presentare profili problematici dal punto di vista finanziario.

Il sottosegretario Gianaluigi MAGRI concorda.

Gaspare GIUDICE, presidente, propone, quindi, che il Comitato esprima parere favorevole.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.


 

 

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 20 aprile 2004. - Presidenza del presidente Pierantonio ZANETTIN.

La seduta comincia alle 13.30.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.

C. 1483/A

(Parere all'Assemblea).

(Esame emendamenti e conclusione - Parere).

Sesa AMICI (DS-U) relatore, fa presente che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili problematici in ordine alla ripartizione delle competenze legislative tra lo Stato e le regioni di cui all'articolo 117 della Costituzione. Formula quindi la seguente proposta di parere:

«sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1».

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere.


 

 


V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio, tesoro e programmazione)

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 20 aprile 2004. - Presidenza del presidente Gaspare GIUDICE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Daniele Molgora.

La seduta comincia alle 12.05.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il delitto di tortura.

C. 1483 e abb.-A

(Parere all'Assemblea).

(Esame e conclusione - Parere favorevole - Parere su emendamenti)

Il Comitato inizia l'esame.

Gioacchino ALFANO (FI), relatore, ricorda che il provvedimento, con il quale si dispone l'inserimento nel codice penale del reato di tortura, è stato già esaminato dal Comitato permanente per i pareri, da ultimo, nella seduta del 14 gennaio 2004. In quella occasione, il Comitato ha espresso un parere favorevole sul nuovo testo del provvedimento elaborato dalla Commissione giustizia. Tale Commissione, nella seduta del 27 gennaio 2004, ha concluso l'esame del provvedimento senza apportare ulteriori modificazioni al testo.

Comunica che, in data 19 aprile 2004, l'Assemblea ha trasmesso il fascicolo n. 1 degli emendamenti, che tuttavia non presentano profili problematici dal punto di vista finanziario.

Conclusivamente, formula la seguente proposta di parere:

«Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

PARERE FAVOREVOLE

sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.»

Il sottosegretario Daniele MOLGORA concorda con la proposta di parere.

Il Comitato approva la proposta di parere.


 


V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio, tesoro e programmazione)

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 21 aprile 2004. - Presidenza del presidente Gaspare GIUDICE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Daniele Molgora.

La seduta comincia alle 9.15.

(omissis)

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il delitto di tortura.

C. 1483 e abb.-A.

(Parere all'Assemblea).

(Parere su emendamenti).

Il Comitato inizia l'esame

Gaspare GIUDICE, presidente, in sostituzione del relatore, comunica che, in data 21 aprile 2004, l'Assemblea ha trasmesso ulteriori emendamenti riferiti al testo A del provvedimento. Tali emendamenti non sembrano presentare profili problematici dal punto di vista finanziario.Chiede al rappresentante del Governo se ci sono osservazioni al riguardo.

Il sottosegretario Daniele MOLGORA fa presente che il Governo non ha nulla da osservare per quanto riguarda gli effetti finanziari degli ulteriori emendamenti presentati.

Gaspare GIUDICE, presidente, formula la seguente proposta di parere:

«Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 2, non compresi nel fascicolo n. 1.»

Il Comitato approva la proposta di parere.

 


 

 


Relazione della II Commissione (Giustizia)

 


N. 1483 - 1518 - 1948-A

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

 

RELAZIONE DELLA II COMMISSIONE PERMANENTE

(GIUSTIZIA)

 

PROPOSTE DI LEGGE

 

n. 1483, d'iniziativa dei deputati RUZZANTE, VIOLANTE, FINOCCHIARO, ABBONDANZIERI, ADDUCE, ALBONETTI, AMICI, ANGIONI, BANDOLI, BANTI, ROBERTO BARBIERI, BATTAGLIA, BELLINI, BENVENUTO, GIOVANNI BIANCHI, BIELLI, BIMBI, BOGI, BOLOGNESI, BONITO, BOVA, BUEMI, BULGARELLI, BURLANDO, CALZOLAIO, CAMO, CAPITELLI, CARBONELLA, CARBONI, CARLI, CAZZARO, CENNAMO, CENTO, CHIAROMONTE, CHITI, CIALENTE, CORDONI, MAURA COSSUTTA, CRISCI, DAMIANI, DE BRASI, ALBERTA DE SIMONE, DI SERIO D'ANTONA, DIANA, DUCA, DUILIO, FILIPPESCHI, FRANCESCHINI, FRANCI, FUMAGALLI, GAMBALE, GAMBINI, GASPERONI, GIACCO, GIACHETTI, GIULIETTI, GRIGNAFFINI, GRILLINI, INNOCENTI, LABATE, LEONI, LETTIERI, LION, LOIERO, LUCA', LUCIDI, LUMIA, MACCANICO, MAGNOLFI, MANZINI, MARAN, MARCORA, RAFFAELLA MARIANI, MARIOTTI, MARONE, MARTELLA, MAZZARELLO, MOLINARI, MONTECCHI, MOSELLA, MOTTA, MUSSI, NESI, NIEDDU, NIGRA, OLIVERIO, OTTONE, PANATTONI, PASETTO, PECORARO SCANIO, PINOTTI, PISA, PISCITELLO, PREDA, QUARTIANI, ROCCHI, ROTUNDO, RUGGERI, RUGGHIA, SANDI, SASSO, SCIACCA, SEDIOLI, SERENI, SINISCALCHI, SPINI, SQUEGLIA, TIDEI, TOCCI, TOLOTTI, TRUPIA, VERNETTI, VIANELLO, VILLETTI, ZANELLA, ZANOTTI

 

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale,

concernente il reato di tortura

 

Presentata il 2 agosto 2001

 

 


NOTA: La II Commissione permanente (Giustizia), il 27 gennaio 2004, ha deliberato di riferire favorevolmente sul testo unificato delle proposte di legge nn. 1483, 1518 e 1948. In pari data la Commissione ha chiesto di essere autorizzata a riferire oralmente. Per il testo delle proposte di legge si vedano i relativi stampati.

 

n. 1518, d'iniziativa del deputato PISCITELLO

 

 

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale e

altre disposizioni concernenti il reato di tortura

 

Presentata il 9 agosto 2001

 

n. 1948, d'iniziativa del deputato BIONDI

 

Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale

concernente il reato di tortura

 

Presentata il 13 novembre 2001

 

(Relatore: MORMINO)


TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

 

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale concernente il delitto di tortura

 


Art. 1.

 

1. Dopo l'articolo 613 del codice penale è inserito il seguente:

 

"Art. 613-bis (Delitto di tortura). Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, con violenze o minacce gravi, infligge ad una persona sottoposta alla sua autorità sofferenze fisiche o mentali allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale, è punito con la reclusione da uno a dieci anni.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena è aumentata se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima; è raddoppiata se ne deriva la morte".

 

2. Non può essere assicurata l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura da una autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale.

3. Nei casi di cui al comma 2, lo straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.


 


Esame Assemblea

 


 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

452.

 

Seduta di lunedì 19 aprile 2004

 

presidenza del vicepresidente Alfredo Biondi

 

 


Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Ruzzante ed altri; Piscitello; Biondi: Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale concernente il delitto di tortura (1483-1518-1948) (ore 19,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge: Ruzzante ed altri; Piscitello; Biondi: Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale concernente il delitto di tortura.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1483 ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Il relatore, onorevole Mormino, ha facoltà di svolgere la relazione.

NINO MORMINO, Relatore. Presidente, vedo il suo sguardo smarrito a causa dell'ora...

PRESIDENTE. In realtà, ho un po' di febbre...

NINO MORMINO, Relatore. Cercherò, allora, di guadagnarmi meriti annunciando che mi limiterò a rinviare alla relazione che ho predisposto. Sottolineo la convergenza ampia e sostanziale su un testo difficile, che abbiamo provveduto ad elaborare attraverso lunghe tappe di rifacimenti continui. Credo, grazie anche all'approvazione degli emendamenti che saranno presentati in aula, che dovrebbe ottenere il consenso non solo della maggioranza, ma anche dell'opposizione. Ritengo, quindi, che si possa introdurre nel nostro ordinamento questa fattispecie tanto richiesta. Si dà così seguito ad una Convenzione delle Nazioni Unite del 1984, già recepita dalla legge n. 498 del 1988.

I termini delle questioni introdotte con questo progetto di legge sono indicati, sia pure sommariamente ma comunque in maniera sufficientemente completa - visto che la proposta è costituita da un solo articolo - nella relazione che ho predisposto.

Chiedo quindi che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente sulla base dei consueti criteri.

Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. L'ora ci induce ad una rapida discussione generale. Ricordo che stiamo discutendo una proposta di legge di iniziativa del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, primo firmatario Ruzzante e secondo firmatario Violante, successivamente sottoscritta da deputati di gran parte del gruppo e da molti altri colleghi del centrosinistra.

Certo, discutere nel 2004 l'inserimento del reato di tortura nel nostro ordinamento la dice in verità assai lunga sul ritardo che occorre riscontrare in settori importanti della legge positiva, laddove, appunto, si interviene in tema di diritti che hanno particolare importanza e rilevanza sociali. Questo dovrebbe ammonire il legislatore nazionale, spesso distratto da questioni forse di natura assai particolare e, comunque, lontano dai grandi ideali che, invece, dovrebbero sempre animare le forze politiche che alimentano l'attività normativa dei Parlamenti.

Nel nostro ordinamento non esiste, come noto, un reato tipico di tortura. Come ha ricordato il relatore, una Convenzione dell'ONU del 1984, resa esecutiva nel 1988 nel nostro paese con la legge n. 498, ha definito il crimine di tortura, peraltro rimandando ai singoli Stati nazionali gli interventi per inserire negli ordinamenti tale fattispecie di reato.

Il reato di tortura assume una grande importanza culturale, teorica ed ideale, in quanto tende a definire il rapporto tra la forza espressa dalle istituzioni ed i cittadini. Sotto questo aspetto, si affronta una problematica di grandissimo interesse per le moderne democrazie, giacché vi è fortissimo e alto il dibattito al fine di individuare i limiti entro cui si può esercitare legittimamente la forza della pubblica amministrazione. Fino a quale punto l'esercizio di tale forza possa definirsi legittimo e dove invece diventa illegittimo è questione che rimanda ad un dibattito giuridico, culturale e appunto per questo assume una grande rilevanza politica. È chiaro che i comportamenti oggi riconducibili alla nozione di tortura sono, per più versi, perseguibili attraverso una serie di norme. Peraltro occorre riconoscere che l'attuale disciplina penalistica del nostro ordinamento (il codice penale innanzitutto, ma non solo esso) di per sé non appare idonea a coprire tutte le ipotesi in cui l'uso della forza da parte dei poteri costituiti, ove travalichi certi limiti, possa essere comunque colpito dalla sanzione normativa.

Esiste poi l'obbligo internazionale, da troppo tempo dimenticato, e per questo l'intervento legislativo, opportunamente ispirato dal collega Ruzzante e da tanti altri colleghi, appare quanto mai opportuno.

Ci auguriamo che quanto prima si passi dalla discussione generale al seguito dell'esame del provvedimento, sul quale il relatore ha svolto un ottimo lavoro, perché non sempre è stato facile ricondurre a definizioni giuridiche e tecniche concetti culturali molto precisi.

Il lavoro è stato effettuato con il contributo di tutti e mi auguro vivamente, anche grazie agli emendamenti preannunciati, comunque sempre nell'ottica e nella direzione di pervenire ad un risultato positivo, che quanto prima il Parlamento possa approvare la proposta di legge.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Il Parlamento adempie ad un obbligo internazionale contratto  dal nostro paese sin dal 1984 e introduce il delitto di tortura come reato autonomo e come ipotesi specifica nel nostro ordinamento.

Il lavoro sapiente del relatore fa sì che l'articolo 1 della Convenzione in questione trovi finalmente attuazione nell'ordinamento giuridico penale italiano.

Auspichiamo che questa formula, ovviamente più estensiva rispetto a quelle previgenti, venga interpretata in maniera prudente e saggia, anche se dobbiamo augurarci che questo delitto, che dovrebbe appartenere alla preistoria degli ordinamenti, non trovi mai applicazione nel nostro paese. Salutiamo con favore il lavoro svolto dal nostro Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1483 ed abbinate)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Avverto che la trattazione dei restanti punti dell'ordine del giorno avrà luogo nella seduta di domani; lo schema recante la ripartizione dei relativi tempi di esame sarà pubblicato in calce al resoconto della seduta odierna.




TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO NINO MORMINO SUL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE NN. 1483-1518-1948

 

 


NINO MORMINO, Relatore. Il testo unificato del quale ci occupiamo risponde alle esigenze, fortemente sentite e sollecitate, di introdurre nel nostro ordinamento una norma specifica che serva ad individuare e perseguire il reato di tortura, rendendo, in tal modo, direttamente efficace il contenuto della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura firmata a New York il 10 dicembre 1984.

Nonostante la predetta Convenzione sia stata ratificata con la legge 3 novembre 1988, n. 498, il nostro ordinamento non contempla ancora una fattispecie che persegua le condotte attraverso le quali essa si realizza.

Allo stato della legislazione del nostro paese, l'ipotesi di simili condotte poteva essere inquadrata in fattispecie normative in qualche modo ad esse riferibili.

La particolare connotazione delle situazioni che sotto il profilo dell'individuazione dei soggetti attivi, dei comportamenti nonché dei valori violati vengono ricondotte alla tortura, intesa nel senso in cui comunemente è stata definita da numerose convenzioni internazionali che hanno ad oggetto la tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, richiede, tuttavia, la introduzione nel nostro codice penale di una specifica fattispecie normativa.

Nell'esaminare le diverse proposte di legge avanzate in proposito e nell'intento di far convergere le indicazioni contenute in ciascuna di esse, si è tentato di raggiungere una formulazione del testo da proporre all'Assemblea che consentisse di definire, in primo luogo, in termini sufficientemente precisi gli aspetti tipici della nuova ipotesi di reato con speciale riferimento ai soggetti attivi e passivi, alla natura ed ai contenuti delle condotte perseguibili ed alle finalità cui esse siano indirizzate.

Ciò ha comportato, malgrado la limitata estensione materiale del testo formato da un unico articolo, una lunga, impegnativa e sofferta elaborazione, tenuto conto che le situazioni tipiche descritte nella fattispecie avrebbero potuto subire effetti distorti nel momento della loro applicazione a causa di una interpretazione tendenzialmente estensiva che avrebbe potuto determinare il rischio di colpire soggetti o condotte ovvero riguardare fatti che nell'esercizio di poteri pubblici istituzionali dovrebbero essere ritenuti legittimi o contenuti in termini effettivi di rispetto della legalità.

Tale avvertita preoccupazione presente nello sforzo propositivo di tutte le forze politiche, egualmente impegnate a collaborare alla migliore formulazione della norma, ha portato, dopo numerosi tentativi, a predisporre il testo che oggi perviene all'esame dell'Assemblea in larga misura condiviso rispetto sia alla sua collocazione sistematica sia alla sua struttura ed ai suoi contenuti, da emendare su alcuni punti che sono stati ritenuti meritevoli di particolare attenzione.

Si è, in primo luogo, ritenuto opportuno collocare la nuova ipotesi di reato, piuttosto che tra i delitti contro la vita e la incolumità personale (e cioè nel capo I del titolo XII del libro II del codice penale, così come previsto nelle originarie proposte di legge), tra quelli previsti contro la libertà individuale (capo III del titolo XII) e più precisamente tra quelli (collocati nella sezione III) «contro la libertà morale» delle persone, ritenendo che tali fossero i valori fondamentali da tutelare.

Sotto il profilo soggettivo, il delitto ha carattere di reato proprio essendo attribuibile a soggetti specificamente individuati e, cioè, a coloro che, secondo la stessa Convenzione di New York vengono indicati come «agenti della funzione pubblica», qualità che nel nostro ordinamento può essere riferita alle figure giuridiche del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.

Per quanto riguarda i soggetti passivi del reato, essi sono stati individuati in tutti coloro che possono trovarsi sottoposti all'esercizio del potere pubblico in una condizione, anche temporanea od occasionale, di limitazione della libertà, della quale si può illecitamente abusare al fine di ottenere informazioni o confessioni su fatti o atti commessi da loro stessi o da persone da loro diverse.

Nella formulazione testuale si è ritenuto opportuno mantenere, nonostante l'osservazione contenuta nel parere della I Commissione, anziché il termine suggerito di «persona indiziata», quello di «persona sospettata» (peraltro indicata nel testo della Convenzione di New York) giacché la storia e la esperienza degli abusi da perseguire ha spesso presentato casi drammatici di intervento su soggetti del tutto incolpevoli destinatari proprio di semplici «sospetti» che si è cercato di concretizzare attraverso forme illecite di pressione e di costrizione illegittimamente praticata.

Tuttavia è sembrato opportuno, per la essenziale esigenza di fissare dei limiti il più possibile precisi al contenuto della norma, indicare esplicitamente gli aspetti della «intenzionalità» della condotta, della «gravità» delle sofferenze fisiche o mentali alle quali i soggetti passivi possono essere sottoposti e della natura di «violenze o minacce» come strumento del comportamento coattivo.

È stato, comunque, ritenuto utile specificare, al di là della ordinaria discriminazione di ogni responsabilità penalmente configurabile rispetto all'«esercizio  di un diritto o adempimento di un dovere» tenuto conto proprio dei rischi di una applicazione estensiva della norma, precisare, al comma 4, l'esclusione dell'applicazione della stessa nei casi in cui si tratti di «sofferenze risultanti unicamente da condotte o sanzioni legittime ed a quelle ad esse inerenti o dalle stesse cagionate».

Rispetto al contenuto delle originarie proposte di legge, si è poi ritenuto, come frutto di una unanime opinione, di dovere specificamente indicare tra le finalità delle condotte anche il carattere discriminatorio di natura «razziale, politica, religiosa o sessuale» spesso manifestatosi negli abusi dell'esercizio dei pubblici poteri.

Sotto il profilo della sanzione, pur fissando un limite minimo tale da consentire una sua ragionevole commisurazione rispetto alla entità dei fatti meno rilevanti, si è ritenuto di corrispondere alla determinazione unanime della pena contenuta nelle originarie proposte di legge, tenuto conto della abituale gravità ed odiosità delle condotte e dei valori lesi che riguardano i diritti fondamentali e le libertà della persona, prevedendo ipotesi di aggravamento nel caso che dalle torture inflitte dovessero derivare lesioni gravi o, addirittura, la morte del soggetto passivo del reato.

Al comma 5, è stato esplicitamente previsto il diniego di ogni «immunità diplomatica», nei confronti di cittadini stranieri sia che essi siano stati già condannati per il delitto di tortura da autorità giudiziarie straniere o da un tribunale internazionale, ma anche nel caso che essi siano ancora sottoposti a procedimento penale, prevedendo, nel successivo comma 6, la loro estradizione.

Con la legge che ci accingiamo ad approvare e che confidiamo possa trovare l'unanime consenso dell'Assemblea, assolviamo così ad un obbligo verso l'opinione universalmente condivisa di dovere lottare contro ogni abuso, del quale purtroppo ancora oggi si fa largo esercizio nel mondo, specie in realtà drammatiche nelle quali si manifestano crescenti conflitti civili, sociali e militari; abuso che infligge ai diritti fondamentali dell'individuo limitazioni che si pongono contro il profondo sentimento di tutti, volto al rifiuto di ogni forma di violenza e di prevaricazione.


 


 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

455.

 

Seduta di lunedì 22 aprile 2004

 

presidenza del vicepresidente ALFREDO BIONDI

indi  DEL VICEPRESIDENTE  MARIO CLEMENTE MASTELLA

 

 


Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Ruzzante ed altri; Piscitello; Biondi: Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale concernente il delitto di tortura (1483-1518-1948) (ore 12,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Ruzzante ed altri; Piscitello; Biondi: Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale concernente il delitto di tortura.

Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) e la V Commissione (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (vedi l'allegato A - A.C. 1483 sezioni 1 e 2).

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1483 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del testo unificato e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 1483 sezione 3).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

NINO MORMINO, Relatore. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.100 mentre esprime parere contrario sull'emendamento Lussana 1.5. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.101; esprime parere contrario sull'emendamento Lussana 1.4, parere favorevole sull'emendamento Finocchiaro 1.1; raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.102 ed esprime infine parere contrario sull'emendamento Lussana 1.6.

La Commissione invita poi i presentatori a ritirare l'emendamento Finocchiaro 1.2, altrimenti il parere è contrario. Il parere è contrario anche sugli emendamenti Lussana 1.7 e 1.10, favorevole sull'emendamento Lussana 1.11, contrario sugli emendamenti Lussana 1.8 e 1.9. Raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.103.

Infine, la Commissione esprime parere favorevole sul subemendamento Kessler 0.1.105.1 e raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.105. Invita quindi i presentatori a ritirare l'emendamento Finocchiaro 1.3, altrimenti il parere è contrario e raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.104.

PRESIDENTE. Il Governo?

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.100 della Commissione.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, svolgerò una dichiarazione di voto con riferimento a tutti gli emendamenti, sui quali il gruppo di Rifondazione comunista esprimerà un voto contrario. Infatti, tali proposte emendative tendono a snaturare completamente questo importante provvedimento, o creando situazioni di assoluta impunità rispetto a comportamenti inaccettabili in uno Stato democratico o, addirittura, ponendosi in contrasto con la Convenzione contro la tortura, sottoscritta e ratificata dal nostro paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, intervengo anch'io per annunciare il voto contrario della componente dei Verdi del gruppo Misto sulle proposte emendative presentate, che stravolgono il testo che era stato oggetto di una discussione e di una elaborazione complessa, rischiando di portare l'Italia, anche sotto questo punto di vista, fuori dalle convenzione internazionali.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 della Commissione, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 375

Votanti 232

Astenuti 143

Maggioranza 117

Hanno votato 216

Hanno votato no 16).

Prendo atto che l'onorevole Titti De Simone ha erroneamente espresso un voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.

Avverto che l'emendamento Lussana 1.5 è precluso.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.101 della Commissione, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 370

Votanti 354

Astenuti 16

Maggioranza 178

Hanno votato 337

Hanno votato no 17).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Lussana 1.4.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, il nostro emendamento è volto a delimitare meglio il senso dell'articolo aggiungendo anche l'elemento della reiterazione. Infatti, essendo la tortura un reato particolarmente grave, indotto anche dalle minacce, riteniamo che queste ultime, oltre ad essere gravi, debbano essere anche reiterate.

PRESIDENTE. Vi è una riformulazione dell'emendamento Lussana 1.4. Onorevole Lussana?

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, l'emendamento era stato presentato in quanto in Commissione abbiamo discusso più volte in ordine a come determinare la fattispecie della tortura.

La formulazione adottata dalla Commissione, ad avviso del mio gruppo, evidenzia una fattispecie ancora non sufficientemente determinata. È vero che si richiamano le convenzioni internazionali, ma definire la tortura semplicemente attraverso la previsione di violenze e minacce può dare adito ad interpretazioni che potrebbero creare problemi.

Per tale motivo avevamo previsto l'inserimento dell'elemento della reiterazione, al fine di evitare che l'esercizio di una singola minaccia potesse essere interpretato come tortura; dunque, non condivido la riformulazione.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, avverto che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 1.101 della Commissione, l'emendamento Lussana 1.4 deve intendersi modificato nel senso che dopo la parola: «minacce» sia aggiunta la seguente: «reiterate».

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Messa. Ne ha facoltà

VITTORIO MESSA. Il gruppo di Alleanza Nazionale è d'accordo con questa precisazione per le ragioni che sono già state esposte, che comunque vale la pena ripercorrere rapidamente. Stiamo parlando di un delitto nuovo e molto grave; quindi, perché possa configurarsi la fattispecie di tortura durante un interrogatorio, è necessario che le eventuali minacce, che possano causare lesioni di carattere mentale, siano quantomeno reiterate. Alleanza nazionale voterà a favore dell'emendamento Lussana 1.4.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Bisogna far presente che l'introduzione della parola «reiterate» modifica sostanzialmente il delitto di tortura. Significa che è consentita la tortura attraverso minacce gravi per ottenere informazioni, se queste non sono reiterate. Quindi, si può torturare una volta ma non molte volte di seguito. Su questo invito alla ragionevolezza l'aula affinché sia data piena attuazione ad una convenzione, che risale al 1984, e, avvalendomi del parere favorevole della Commissione, invito l'aula a sostenere il parere e il voto contrario.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lussana 1.4 nel testo corretto, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 379

Votanti 377

Astenuti 2

Maggioranza 189

Hanno votato 201

Hanno votato no 176).

Prendo atto che il deputato Benvenuto ha espresso erroneamente un voto favorevole mentre ne avrebbe voluto esprimere uno contrario.

PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. È evidente che l'approvazione di questo emendamento stravolge anche l'accordo che era stato raggiunto in sede di Comitato dei nove. Vorrei anche ricordare al relatore e al Presidente, affinché resti agli atti, che il presidente della Commissione aveva espresso parere contrario su questo emendamento e ha dato invece indicazione di voto favorevole.

ELIO VITO. Il Presidente ha detto «parere contrario»!

PIERO RUZZANTE. Credo che sia assolutamente grave e debba restare agli atti che il relatore, il presidente della Commissione, il gruppo di Forza Italia (che aveva espresso, coerentemente con l'opposizione, un parere contrario sull'emendamento 1.4 Lussana) hanno invece modificato opinione, dando indicazione di voto favorevole. Affermare che il reato di tortura può essere attuato, purché non reiteratamente, credo si descriva da sé. Siamo di fronte ad un fatto davvero incredibile. Sono mesi ed anni che associazioni come Amnesty International si stanno battendo su questi temi; sono oltre 200 gli enti locali, le regioni, le province e i comuni che hanno aderito alla campagna per l'introduzione del reato contro la tortura, con amministrazioni rette anche dal centrodestra. Ci sono decine di parlamentari, in quest'aula, che hanno firmato appelli per l'approvazione della legge e la Camera ha approvato un emendamento dove si prevede che vi è reato di tortura solo in presenza di una reiterazione. È scandaloso (Commenti)!

RENZO INNOCENTI. È una vergogna!

PIERO RUZZANTE. Noi abbandoniamo l'aula di fronte ad un atteggiamento che riteniamo ingiusto ed illegittimo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione comunista - Applausi polemici dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).

GIUSEPPE FANFANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FANFANI. Colleghi della maggioranza, non so se vi rendete conto di quello che state facendo.

Rilevo la scarsa correttezza con la quale si è proceduto, in quanto simili proposte avrebbero dovuto essere formulate in Commissione. Abbiamo concordemente redatto un testo, sulla base delle sollecitazioni di Amnesty International e degli organismi che si sono occupati della tortura; lo abbiamo valutato correttamente, con il contributo sia della maggioranza sia dell'opposizione; abbiamo pesato le parole.

Il testo è scaturito dalla proposta unitaria del relatore, che ha riscritto il testo base e ci ha prospettato la sua proposta, e tutti noi, pesando le parole... (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana - Il deputato Ruzzante si avvicina al banco del Comitato dei nove).

ANDREA GIBELLI. Questo non è un circo! Vai al tuo posto (Commenti del deputato Cento)! Vai al tuo posto!

RENZO INNOCENTI. È una vergogna!

PRESIDENTE. Onorevole Gibelli...! Onorevole Gibelli...! Perché interviene mentre sta parlando un collega, l'onorevole Fanfani, che non disturba mai nessuno? Prosegua, onorevole Fanfani. Invito a rispettare chi ha il diritto di parola!

GIUSEPPE FANFANI. La ringrazio, signor Presidente, e colgo l'occasione per scusarmi con i membri della Giunta per le autorizzazioni, poiché questa mattina sono stato intemperante: ho sbattuto la porta e me ne sono andato!

PRESIDENTE. Ogni tanto dorme anche Omero!

GIUSEPPE FANFANI. Comprendo quindi pienamente chi ha sangue nelle vene!

Richiamo l'attenzione sul fatto che stiamo agendo in modo irrazionale, forse su un'onda emotiva, in quanto contraddiciamo il lavoro serio svolto dal relatore. Il provvedimento è stato guidato per mano sia dal presidente Pecorella sia dal relatore Mormino, nel tentativo di pervenire a un testo che potesse rispondere all'esigenza di individuare le caratteristiche del delitto di tortura. Infatti, ciascuno ha in mente cosa sia la tortura, ma quando si tratta di darne una definizione sorgono difficoltà. Il relatore ha dunque sottoposto alla Commissione il testo che è stato licenziato.

In secondo luogo, vi rendete conto che saremmo l'unico paese del consesso internazionale a recepire la Convenzione di New York in questo modo, introducendo nella definizione della tortura il limite derivante dalla necessità che le violenze, le minacce e gli atti intimidatori siano reiterati nel tempo? In tal modo, il concetto di tortura viene stravolto, viene introdotta una qualificazione che renderà pressoché impossibile la sua individuazione e, soprattutto, si determina un'inconcepibile discrasia del sistema.

Ritengo opportuno il rinvio del provvedimento in Commissione e vi invito ad un atto di buonsenso in tale direzione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

GAETANO PECORELLA, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, debbo dare atto che la scelta della Commissione, come peraltro è stato detto (Commenti)... Colleghi, se posso parlare...!

Dunque, debbo dare atto che la scelta della Commissione, come è stato detto, è stata nel senso di esprimere parere contrario sull'emendamento. È stata assunta, all'interno della Casa delle libertà, una decisione politica, che purtroppo, a mio avviso, è intervenuta tardivamente, ma della quale non abbiamo potuto non prendere atto, perché una maggioranza ha, o dovrebbe avere, una sua compattezza.

Ritengo che l'attuale formulazione del testo faccia riferimento non soltanto alla reiterazione delle minacce, ma anche alla reiterazione delle violenze, e ciò non sarebbe accettabile. Credo pertanto opportuno - al fine di introdurre una distinzione tra le minacce, che se non reiterate potrebbero non avere alcuna effettiva incidenza e non costituire una persecuzione, e la violenza, che anche se non reiterata integrerebbe al contrario tale fattispecie - che il provvedimento sia rinviato in Commissione, per chiarire in modo inequivoco che la reiterazione si può riferire esclusivamente alle minacce e non anche alle violenze (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

NINO MORMINO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NINO MORMINO, Relatore. Signor Presidente, in un'aula di giustizia il mio intervento sarebbe stato definito di «legittima difesa» e, per la verità, tale vuole essere. Infatti, coloro che hanno lavorato - ormai da quasi due anni - alla redazione di questo testo si sono preoccupati soprattutto della formulazione della norma che, tendenzialmente, si presta anche ad una interpretazione estensiva, attraverso la quale si può raggiungere il risultato di sanzionare condotte o comportamenti che dovrebbero, viceversa, essere ritenuti legittimi. Difatti, in molti casi siamo stati costretti a riformulare il testo, preoccupandoci del significato, non solo concreto ma anche letterale, di alcuni termini che via via andavamo usando.

Tutto questo lavoro ha generato una serie di emendamenti e subemendamenti sui quali era stato raggiunto un generale accordo.

Il problema in questione era stato ampiamente dibattuto ed anche il sottoscritto aveva convenuto su alcuni aspetti problematici originati dal mantenimento del termine «reiterate».

Come ha fatto presente il Presidente, questa mattina è sorto un problema particolarmente difficile da risolvere in maniera tempestiva. Debbo dire però che non è nostra intenzione compromettere il significato, il valore e l'effetto di una norma di legge così tanto sollecitata. Ad un certo momento era stato anche deciso di trasferire il provvedimento in sede legislativa, in presenza di un accordo generalizzato.

Quindi, data la volontà di rendere al più presto effettivo ed efficace questo testo, sono dell'opinione che quest'ultimo si possa ridiscutere. Comunque, penso che la reiterazione debba essere esclusivamente riferita agli atti che possono anche essere contestuali e non differiti; si tratta di una soluzione difficile da prendere sul piano della formulazione della norma.

MAURA COSSUTTA. Così lo giustificate!

NINO MORMINO, Relatore. Noi siamo pronti a ricevere un ulteriore contributo e, in questo senso, sono d'accordo con il presidente Pecorella di ridiscutere in Commissione l'emendamento in questione, sul quale abbiamo già espresso la nostra opinione.

PIER PAOLO CENTO. Di che cosa stiamo parlando?

VALERIO CALZOLAIO. Lo avete votato!

PIER PAOLO CENTO. Vi dovete vergognare!

ANNA FINOCCHIARO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi chiedo come si possa tornare indietro rispetto ad un voto espresso dall'Assemblea; non credo che in questo il Comitato ristretto possa aiutarci.

L'interpretazione sofisticata che è stata data a questo emendamento dall'onorevole Mormino non credo abbia alcuna possibilità di divenire moneta corrente nella riconoscibilità di questo reato (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani). Intendo solamente intrattenervi, raccontando un episodio citato anche in un libro.

Quando alcuni anni fa la democrazia non era ancora arrivata in Salvador, vi era un'opposizione al regime dittatoriale di Duarte. C'era una donna, una resistente - anzi, una comandante della resistenza -, che venne catturata e poi torturata per giorni.

Lei racconta nel suo libro, e mi ha anche raccontato personalmente nel corso di un lungo colloquio ufficiale - perché mi ero recata in Salvador come delegata dell'ONU per un programma di sviluppo dei diritti umani -, che durante quei giorni di tortura - lei, fra l'altro, fu presa gravemente ferita, e dunque si trattò di una tortura subita da una persona che aveva un braccio rotto e che era in gravissime condizioni di salute -, l'episodio più grave fu rappresentato non dalle minacce fisiche e dalle torture fisiche che le vennero inflitte, ma dalla minaccia, avvenuta una sola volta, ad opera di uno dei suoi aguzzini, di far assistere alle torture fisiche che le infliggevano il figlio, che allora aveva 3 anni e mezzo.

Allora, vi prego di non giocare con le parole (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo)! Cerchiamo di avere rispetto del tema serissimo che stiamo affrontando, e non perché dobbiate avere solo rispetto, visto che non ne avete quasi mai (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo) per gli accordi politici che raggiungete, sia in Assemblea sia in Commissione, anche con l'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)! Abbiate rispetto delle migliaia di persone che, in ogni parte del mondo, vengono torturate fisicamente o con minacce gravi, anche se pronunciate una sola volta (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

GIOVANNI RUSSO SPENA. Fascisti!

ANNA FINOCCHIARO. È un fatto, quello verificatosi in quest'aula, di cui credo, fortunatamente, non vi rendiate ancora conto; non vi rendete conto di quanto esso sia grave e di quanto danneggi noi tutti, anche di fronte all'opinione pubblica internazionale (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani)!

GIULIANO PISAPIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, credo che dopo le parole pronunciate dall'onorevole Finocchiaro vi sia poco da aggiungere. Vorrei solo dire al relatore e al presidente della II Commissione che la gravità dell'approvazione dell'emendamento Lussana 1.4 è che si legittima addirittura la tortura, perché una minaccia di stupro diventa non punibile se non è reiterata più volte! La minaccia di stupro rappresenta una delle offese più gravi che possano essere rivolte alla democrazia ed alla cultura, che dovrebbe essere parte integrante del Parlamento - ma purtroppo così non è! -, di uno Stato di diritto e di chi vuole rappresentare i cittadini ed i loro diritti!

Credo che, a fronte dell'approvazione del citato emendamento, dando atto al relatore che il testo base garantiva veramente che non accadessero cose che non possono e non devono accadere e che, soprattutto, non possono e non devono rimanere impunite in qualsiasi democrazia, oggi non sia più possibile procedere ulteriormente. Avete stravolto il testo e lo avete fatto con una deliberata volontà - purtroppo devo dirlo, anche se con tristezza  - politica: ciò è ancor più grave, perché significa che un accordo politico vince sulla democrazia e sulla tutela dei cittadini!

In questo caso, infatti, non si tratta solo di garantismo, ma di tutela dei diritti umani, da parte di tutti! Ritengo, pertanto, che il rinvio in Commissione sia veramente indispensabile, anche se non può essere utile poiché, a fronte dell'approvazione dell'emendamento Lussana 1.4, il provvedimento in esame è veramente finito, ed allora sarà sicuramente una diversa maggioranza, nella prossima legislatura, ad approvarlo (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PIER PAOLO CENTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, credo che oggi la maggioranza di centrodestra abbia imposto alla Camera una delle pagine più vergognose su temi rilevanti come la tortura e la tutela dei diritti civili degli uomini e delle donne di questo paese, e non solo, di fronte a tale strumento.

D'altra parte, non potevamo aspettarci di meglio da questa maggioranza di centrodestra, da questo Governo, da questi leghisti e da questo partito, che «esprime» il ministro della giustizia Castelli (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana), che stava alla caserma di Bolzaneto e che faceva parte dello stesso Governo che ha coperto le torture che ci sono state, in questo paese, durante il G8 di Genova (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)...

CAROLINA LUSSANA. Vergognati!

STEFANO STEFANI. Tu eri il torturatore!

PIER PAOLO CENTO. ... che ha coperto le torture che in questo paese ci sono state durante il G8 di Genova!

STEFANO STEFANI. Siete voi i torturatori!

PIER PAOLO CENTO. Ce lo ricordiamo tutti e sappiamo perché avete votato a favore dell'emendamento in questione. Lo avete votato perché a Genova, quando sono avvenute le torture alla scuola Diaz, quando c'erano le torture alla caserma di Bolzaneto, voi stavate dalla parte di chi torturava, e non dalla parte dei diritti (Proteste dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!

MARCO ZACCHERA. Non puoi dire una cosa simile!

PIER PAOLO CENTO. Questa è la verità! Questa è la vergogna che voi oggi esprimete in quest'aula con questo voto! Questa è la verità (Reiterate proteste dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi!

PIER PAOLO CENTO. Allora, credo che non sia in alcun modo possibile pensare di riprendere in Commissione l'esame di un provvedimento che è stato modificato in maniera così radicale da risultare, ormai, completamente stravolto ed in aperto contrasto con la Carta costituzionale. Dal punto di vista regolamentare, un provvedimento siffatto non è emendabile neanche in Commissione.

Assumetevi la responsabilità di avere affossato, in quest'aula, una proposta di civiltà sostenuta da decine e decine di associazioni! Assumetevi la responsabilità di aver fatto diventare l'Italia, con il voto che avete espresso poc'anzi, simile più alle dittature sudamericane che ad un paese libero! Vi dovete vergognare! Vi dovete vergognare di ciò che avete fatto! Ve ne dovete vergognare! Ne porterete la responsabilità! State con i torturatori e coprite le torture: di ieri, di oggi e di domani (Vive, reiterate proteste dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)MARCO ZACCHERA. No, signor Presidente, questo è inaccettabile! Si può dire tutto, signor Presidente, ma non questo!

GUGLIELMO ROSITANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUGLIELMO ROSITANI. Signor Presidente, dopo l'intervento dell'onorevole Cento, sarei tentato, in verità, di rinunciare ma, poiché si tratta di un problema di coscienza, desidero che della mia posizione rimanga una testimonianza agli atti.

Mi auguro che la Commissione riveda l'aspetto che ha suscitato questo clamore perché, in caso contrario, moralmente e politicamente, non esprimerò più, sul provvedimento al nostro esame, quel voto favorevole che avrei espresso per disciplina di partito: io sono contro ogni tipo di tortura!

Se permarrà qualche equivoco al riguardo, dichiaro fin d'ora che non esprimerò un voto favorevole. Qualora, invece, la Commissione riuscisse a chiarire l'aspetto in questione, sarei l'uomo più felice di questo mondo!

UGO INTINI. Chiedo di parlare.

ANDREA RONCHI. No, Presidente, l'avevo chiesto prima io!

PRESIDENTE. Onorevole Ronchi, in questi casi, interviene un deputato per gruppo.

ANDREA RONCHI. Ma io ho chiesto di parlare a titolo personale.

PRESIDENTE. In questo caso, non rileva, onorevole Ronchi.

Ha facoltà di parlare, onorevole Intini.

UGO INTINI. Signor Presidente, ci accingevamo ad approvare, con il concorso di tutti, un provvedimento liberale che aveva come obiettivo la cancellazione di ogni possibilità di tortura. Invece, finiamo per ottenere l'obiettivo opposto: a tenore dell'emendamento che è stato in precedenza approvato, in sostanza, la tortura è permessa purché non sia reiterata! Aggiungo, sperando che la Commissione ne tenga conto nell'elaborare un nuovo testo, che anche le minacce reiterate sono una forma di tortura.

Signor Presidente, allarma tutto il contesto in cui ciò è accaduto: molte espressioni di pensiero del ministro della giustizia vanno nella direzione dell'autoritarismo e dell'intolleranza, come dimostrano anche le proposte da lui avanzate in materia di legittima difesa. Pertanto, faccio appello anche alle forze liberali del Polo affinché sia evitata al nostro paese una deriva autoritaria ed estremista in materia di giustizia (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-socialisti democratici italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.

GIACOMO BAIAMONTE. Chiedo di parlare.

ELIO VITO. Presidente, c'è prima il collega Antonio Leone!

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, onorevole Antonio Leone.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, desidero riportare il dibattito ad un'atmosfera di maggiore pacatezza, anche alla luce del fatto che, se dovessimo accedere alle tesi esposte da coloro che sono intervenuti in ordine all'interpretazione da dare alla disposizione approvata, potrebbero essere accusati di tortura, sulla base del tipo di intervento da loro svolto, proprio gli onorevoli Finocchiaro e Cento.

Dico questo (e non è una battuta) perché non è possibile stralciare la ratio della norma, anche a seguito dell'approvazione dell'emendamento Lussana 1.4, per affermare che noi siamo con i torturatori e che siamo contro i poliziotti! Questo è inaccettabile da parte di chi ha portato avanti l'iter di questo provvedimento  e intende concluderlo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)! È inaccettabile questo tipo di atteggiamento!

Entrando nel merito, bene ha fatto il presidente Pecorella a fornire dei chiarimenti. Bisogna sottoporre all'attenzione dell'Assemblea la ratio legislativa e giuridica del testo, altrimenti le strumentalizzazioni non avranno termine. All'articolo 1 («Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che con violenza o minacce gravi infligge ad una persona sottoposta alla sua autorità sofferenze fisiche o mentali [...]») è stato presentato l'emendamento Lussana 1.4 che chiedeva di aggiungere, dopo le parole: «minacce gravi», le seguenti: «e reiterate» (tra l'altro credo che il termine «gravi» sia sparito dalla dizione).

La reiterazione però si riferisce soltanto alle minacce e non alle violenze! Perché compiere strumentalizzazioni, dare un'interpretazione completamente diversa alla norma e sostenere che chi ha votato quell'emendamento e chi intende concludere l'iter di questo provvedimento è un torturatore ed è contro i poliziotti, che, con una semplice minaccia, invece potrebbero passare per torturatori? Ritengo di non dover aggiungere altro. Vorrei invitare il collega Cento, che ha rivolto insulti alla maggioranza, ad andare a verificare a Cuba e in altri paesi cosa sia la tortura! Non è qui (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)! Non ci venisse a fare lezione in quest'aula, il collega Cento!

Riconduciamo, dunque, nell'ambito della razionalità ciò che è accaduto oggi e portiamo a compimento questo iter, anche con il rinvio del provvedimento in Commissione per un chiarimento definitivo su ciò che si è verificato.

Il gruppo di Forza Italia è favorevole al rinvio del provvedimento in Commissione affinché sia chiarita la posizione, non del gruppo di Forza Italia, ma dell'intera Casa delle libertà (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Onorevole Ronchi, le devo dire, poiché è giusto fare dei chiarimenti in modo che nessuno abbia a dolersi delle azioni della Presidenza, che, in merito all'oggetto della deliberazione, vi sono stati interventi per dichiarazione di voto sul rinvio del provvedimento in Commissione, proposto dal presidente Pecorella.

In questi casi il regolamento prevede che si dia la parola ad un oratore contro e ad uno a favore. Ho consentito tuttavia che intervenisse un deputato per gruppo. Per il suo gruppo, onorevole Ronchi, ha chiesto di parlare, prima di lei, il collega Rositani.

GUGLIELMO ROSITANI. Ho parlato per fatto personale!

PRESIDENTE. Nei casi di specie, sebbene sia giusto tutelare la «personalità», il parlamentare interviene per esprimersi sulla proposta di rinvio in Commissione del provvedimento. Mi dispiace, onorevole Ronchi, ma non posso darle la parola su questo punto, come non posso darla a nessun altro parlamentare dei gruppi che si sono già espressi.

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, mi rivolgo a lei e vorrei che mi prestasse attenzione.

PRESIDENTE. Certo che l'ascolto!

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, so che le creerò qualche problema...

PRESIDENTE. Ne ho tanti di problemi nella vita: uno più, uno meno...

ANTONIO BOCCIA. A mio avviso, Presidente, lei non avrebbe dovuto porre in votazione l'emendamento in questione. Le chiederò, dunque, di annullare la votazione.

Precedentemente è stato approvato l'emendamento 1.101 della Commissione, recante, nella prima parte, la soppressione della parola «gravi». Quindi, il successivo emendamento, volto ad aggiungere le parole «e reiterate», non ha più una sua logica, perché è venuta meno la connessione con la parola «gravi».

Presidente, se lei non annullerà il voto su questo emendamento e leggerà il testo che ne risulterà, si accorgerà di una incongruenza: («Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, con violenze o minacce e reiterate (...)») si renderà conto che, da un punto di vista letterale, la frase non significa assolutamente niente. Mi consentirà di dire, Presidente, che la lettera della norma, a causa dell'approvazione di quell'emendamento, risulterà assolutamente incomprensibile. Viene meno la parola «gravi» alla quale la congiunzione era riferita; la congiunzione «e» deve essere collegata ad un altro aggettivo, visto che quello previsto precedentemente non c'è più.

Presidente, vorrei chiederle in proposito una riflessione - se necessario, anche più ponderata nel tempo -, perché sono fermamente convinto che l'Assemblea non avrebbe dovuto votare questo emendamento, visto che l'approvazione di quello precedente lo rendeva di fatto inammissibile.

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, invece le rispondo subito, per la storia, la cronaca e per gli atti parlamentari. Io ho spinto la mia insolita diligenza fino a rileggere l'emendamento, nel quale la congiunzione «e» non c'è più. Io ho solo detto - lei può consultare il resoconto stenografico - «reiterate», senza la congiunzione «e».

ANTONIO BOCCIA. Ma vale l'emendamento!

PRESIDENTE. Il testo stampato ha una certa formulazione, ma quando io l'ho sottoposto all'Assemblea, ho precisato la sola parola «reiterate». (Commenti del deputato Boccia). Glielo dico io! Mi creda sulla parola; ho qui il documento davanti agli occhi. Le sto dando la spiegazione e le dico che la sua è un'interpretazione causidica - mi scusi se glielo dico - da piccola pretura (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)! «Reiterate» minacce vuol dire più minacce, se non sbaglio.

NINO MORMINO, Relatore. Chiedo di parlare

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NINO MORMINO, Relatore. Signor Presidente, aggiungo un motivo per la sospensione dell'esame e per un rinvio al Comitato dei nove. Noi abbiamo lavorato su questo testo preoccupandoci anche della collocazione dei termini, spostando la parola «gravi» nella seconda parte della frase. Ci siamo preoccupati anche di questo, tanto forte era la nostra intenzione di formulare un testo che potesse essere il più condiviso possibile. Effettivamente, il fatto di mettere la parola «gravi» dopo le parole «sottoposta alla sua autorità» e non più dopo le parole «con violenze o minacce», vista la formulazione testuale dell'emendamento appena approvato, creerebbe la difficoltà interpretativa e oggettiva che il collega aveva rilevato.

È una questione sulla quale possiamo discutere. Riteniamo che sia opportuno salvare un testo e preparare una norma che tutti noi abbiamo la consapevolezza essere assolutamente necessaria e in riferimento alla quale non vogliamo tutelare l'abuso di nessuno, bensì dar corso ad una disposizione che proviene da una Convenzione che risale al 1984 e che è stata recepita nel 1988 e della quale, peraltro, nessuno fino a questo momento si era preoccupato fosse concretamente inserita nel nostro ordinamento (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

Noi ci siamo preoccupati di farlo, con la ferma intenzione di lottare contro la tortura, non solo nel nostro paese ma nel mondo. Pertanto non possiamo accettare di sentirci dire, ora, che siamo dei «torturatori» o tentiamo di proteggere i torturatori.

I colleghi che hanno lavorato con noi lo sanno, sotto il profilo sia della concretezza sia della buona fede che abbiamo messo nel formulare questa proposta.

Si è certamente verificato un problema che noi riteniamo possa essere rivisto e risolto in una riflessione comune e, nel meccanismo del regolamento parlamentare, si può ancora, secondo la nostra opinione, tentare una rielaborazione, anche nella fase della discussione in aula. Noi ci rifiutiamo di pensare che tale difficoltà terminologica, forse con riflessi oggettivi (che mi rifiuto di accettare come sconvolgenti rispetto al testo), non si possa superare.

Non possiamo accettare che questa norma, sulla quale lavoriamo da due anni, da tutti sollecitata, da tutti voluta e condivisa, da tutti sentita, possa rimanere lettera morta ed essere rimandata a chissà quando e a chissà dove. Sono pertanto dell'opinione che...

PRESIDENTE. Onorevole Mormino, qual è dunque la sua proposta precisa?

NINO MORMINO, Relatore. La proposta è convocare il Comitato dei nove, per approfondire questa particolare questione...

PRESIDENTE. Quindi, non è una proposta di rinvio in Commissione?

NINO MORMINO, Relatore. No, signor Presidente. È di rinvio al Comitato dei nove, per consentire gli opportuni approfondimenti al fine di recuperare un testo che possa essere da tutti condiviso.

SERGIO COLA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SERGIO COLA. Signor Presidente, per la verità, non sono riuscito a comprendere una reazione che ha solamente connotazioni di carattere politico...

PRESIDENTE. La Camera dei deputati è un organo politico...

SERGIO COLA. ...pervenute, tra l'altro, ad un'esasperazione inammissibile e, soprattutto, contro lo spirito dell'emendamento.

Per ricollegarmi all'intervento dell'onorevole Boccia, mi pare che sia chiaro che l'emendamento Lussana 1.4 si riferiva alle minacce e non anche alle violenze.

È chiaro che l'emendamento approvato in precedenza ha creato problemi ed equivoci. Che l'emendamento fosse fondato - e lo ritengo tale - non credo possa essere assolutamente messo in discussione da interventi, a volte, scomposti. Un conto, infatti, è fare una minaccia, operare una pressione di carattere psicologico, un altro è mettere in atto una violenza. È chiaro che se il termine «reiterato» fosse riferito anche alla violenza, si tratterebbe di un fatto gravissimo, inammissibile: avrebbero ragione coloro che sono intervenuti.

Quando si opera una specificazione, questa non è compiuta assolutamente a favore o contro le persone da torturare, ma al fine di tutelare tutt'altro tipo di persone che, di fronte ad un magistrato cui piace la teoria evolutiva del diritto e la sua applicazione, potrebbero trovarsi in situazioni di una certa gravità.

Non è senza significato che quest'argomento è stato oggetto, in Commissione, di una discussione piuttosto accesa. Non è senza significato che si affronta, nel medesimo provvedimento, un altro problema (di cui avrebbero dovuto discutere sia il sottoscritto sia l'onorevole Mormino, per cercare una soluzione): quello delle sofferenze mentali, senza alcun tipo di specificazione.

È chiaro che, a fronte della gravità del reato, bisogna anche porre contrappesi legislativi, che non consentano di trasmodare, né in un senso né in un altro.

Quindi, assolutamente non vedo lo scandalo e, a fronte dell'interpretazione autentica dell'onorevole Rossi, fatta propria anche dall'onorevole Messa e, soprattutto, a fronte dall'equivoco che si è creato dopo l'approvazione dell'emendamento  della Commissione, la proposta di convocare il Comitato dei nove potrebbe essere risolutiva, perché farebbe ritornare la serenità mettendo da parte la demagogia e consentirebbe di risolvere la questione a livello tecnico.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, mi sembra che sia gli interventi che hanno preceduto la votazione dell'emendamento Lussana 1.4, sia le precisazioni fornite successivamente in termini di interpretazione autentica (che ripeteremo in sede di Comitato dei nove) sottolineino in maniera evidente come l'aggettivo «reiterate» si riferisse solo alle minacce.

Concordo sul fatto che, durante l'esame del provvedimento, lei aveva posto il problema della congiunzione «e», che forse nel caos dell'Assemblea non è stato recepito nella giusta maniera. Ritengo, dunque, che i due elementi congiunti, ossia l'interpretazione autentica ed il coordinamento formale, consentano di dare una soluzione razionale a quanto avvenuto in Assemblea. Ciò dal punto di vista tecnico.

Per quanto riguarda il punto di vista politico, occorre svolgere alcune considerazioni. Innanzitutto, a mio avviso, è stata rivolta un'offesa all'Assemblea. Ricordo che quest'ultima è sovrana, i deputati sono eletti senza vincolo di mandato e, all'interno della stessa, essi possono esprimere liberamente la propria opinione, a prescindere dal parere formulato dalla Commissione su un determinato emendamento. Questa è una regola fondamentale della democrazia parlamentare. È successo tantissime volte che l'Assemblea abbia espresso un voto difforme rispetto alle indicazioni della Commissione o al parere del relatore, e penso che questo sia un aspetto positivo e giusto del nostro sistema parlamentare. Pertanto, l'attacco furioso e scomposto portato avanti da diversi esponenti dell'opposizione, a mio avviso, è stato un'offesa al Parlamento.

La seconda considerazione che vorrei svolgere riguarda il fatto che le leggi che vengono approvate su pressione esterna (qualcuno ha citato Amnesty International e Zapping)....

PIERO RUZZANTE. Duecento consigli comunali (Commenti del deputato Luciano Dussin)!

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Ruzzante, per fortuna, in questo paese le leggi le fa il Parlamento! Né Zapping, né Amnesty International...

PIERO RUZZANTE. Cento deputati del centrodestra!

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. ...e penso che, anche questo, sia un elemento molto positivo per la libertà e la democrazia di questo paese. Questo è il secondo aspetto che voglio sottoporre all'attenzione dell'Assemblea.

Vorrei anche sottolineare che, rispetto a tali temi, si scatena il totalitarismo ideologico, ossia il parlamentare non è più libero di proporre emendamenti all'Assemblea e di farli approvare. Nel momento in cui ciò avviene, vi è la scomunica ideologica e ideale. Ritengo che ciò comporti un'assoluta violazione dei principi democratici, che presenta tratti di un totalitarismo che, forse, nel DNA politico di alcuni esponenti dell'opposizione non è stato ancora del tutto cancellato.

Un'altra considerazione riguarda le affermazioni rese dal collega Cento. Sappiamo che, venti giorni fa, un presidente di gruppo della maggioranza, per aver espresso una considerazione politica, è stato espulso da quest'aula per cinque giorni. Ebbene, oggi un deputato di questa Assemblea ha accusato il Governo di questa Repubblica - invito l'Ufficio di Presidenza ed il Presidente Casini ad ascoltare le registrazioni - di essere un Governo di torturatori. Ciò è stato detto in quest'aula! Ritengo che vi debbano essere delle conseguenze, perché altrimenti c'è qualcosa che non funziona a proposito della libera espressione consentita in questa sede. O si  accetta il principio - che io condivido - della totale libertà d'espressione in quest'aula o non si possono operare discriminazioni di questo tipo.

Tra l'altro, le opinioni espresse dall'onorevole Cè e dal collega Dario Galli non sono affatto paragonabili a ciò che è stato detto dall'onorevole Cento, dal punto di vista del disprezzo nei confronti delle istituzioni. Il Governo di questa Repubblica è stato accusato di essere un Governo di torturatori! Su ciò vorrei richiamare la sua attenzione, Presidente.

Vi è poi l'elemento rappresentato dalla strumentalizzazione politica: è ovvio che quella della sinistra è una reazione elettorale, totalmente politica ed ideologica. Non si vuole arrivare al merito della questione, ma si vuole accusare, come al solito, il Governo di centrodestra di essere un Governo di torturatori e quant'altro.

Penso che questo debba essere respinto al mittente, soprattutto per la buona fede di quei cittadini che ci stanno ascoltando.

Spero anche che, almeno una volta, i mezzi di informazione siano in grado di offrire un'informazione corretta e coerente rispetto a ciò che è avvenuto in aula. È stato approvato un emendamento che definiva in maniera migliore, a nostro avviso, e oggettivamente con buon senso, un reato molto delicato, perché stiamo parlando di tortura. L'esempio portato dalla collega Finocchiaro è il tipico esempio politico ed ideologico. Noi, per fortuna, siamo un paese appartenente all'Unione europea e le situazioni che si sono verificate in precedenza evidentemente sono assolutamente strumentali.

Penso pertanto che troveremo sicuramente all'interno del Comitato dei nove l'intesa per risolvere quanto è accaduto in aula. Tuttavia l'Assemblea è sovrana e siamo in una Repubblica democratica parlamentare.

A mio avviso, inoltre, chi presiede questo tipo di istituzione deve essere garante e, mi si consenta il termine, «guardiano» rispetto a tali situazioni. Quanto è avvenuto in quest'aula si prospetta realmente come un tipico esempio di chi concepisce l'esercizio di un potere in maniera autoritaria e totalitaria (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Vorrei brevemente riepilogare la situazione. È stata ritirata la proposta di rinvio in Commissione. Il relatore propone, in luogo di questa, un ulteriore approfondimento in seno al Comitato dei nove. Questa è dunque la proposta che porrei in votazione, sulla quale è possibile dare la parola ad un oratore contro e ad uno a favore.

GAETANO PECORELLA, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che l'ampio dibattito abbia chiarito la situazione. Avevamo il problema di definire il riferimento dell'espressione «e reiterate» alle sole minacce. Crediamo che questo possa farsi in sede di Comitato dei nove e, conseguentemente, chiediamo di sospendere in questo momento l'esame del provvedimento in modo che il Comitato possa, sulla base dell'emendamento che presenterà il relatore, chiarire questo aspetto del problema.

Chiediamo pertanto soltanto di sospendere l'esame del provvedimento.

PRESIDENTE. Prima di decidere in merito, vorrei precisare, avendo ascoltato le cose dette dai colleghi, il profilo relativo ai doveri della Presidenza.

In una Repubblica parlamentare, con un Parlamento che svolge il ruolo che costituzionalmente gli compete, le espressioni che sono adoperate in aula sono spesso non particolarmente calibrate. L'essenziale è che queste non siano insultanti, anche nei riguardi delle istituzioni, a partire dal Governo e dallo stesso Parlamento.

Ritengo pertanto che un'autodisciplina nell'espressione delle proprie opinioni debba essere tenuta presente. Naturalmente, non so se questo debba valere sul piano disciplinare o deontologico.

Vorrei però dire che probabilmente chi presiede in questo momento l'Assemblea ha, come gli altri, il diritto di non voler essere considerato un torturatore, dal momento che, da solo, sono firmatario di una delle proposte di legge in materia.

Quindi, sinceramente, i colleghi che hanno tante facoltà e facondia nell'esprimere le proprie opinioni potrebbero stare attenti e indirizzare meglio i loro epiteti. Dico ciò senza intento censorio, che non mi compete. Si tratta soltanto della valutazione di un vecchio parlamentare che è stato qui tanti anni, anche in condizioni molto difficili, senza che si arrivasse ad accusare i Governi di compiere ciò che i Governi non hanno fatto e i Parlamenti dimostrano di voler affrontare con grande serietà e serenità, pur nella differenza delle opinioni.

ELIO VITO. Bravo, Presidente!

MICHELE SAPONARA. Bravo, Presidente!

GIANNICOLA SINISI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. La Margherita ha già parlato!

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, intervengo sulla richiesta formulata dal presidente della Commissione di sospendere l'esame del provvedimento per effettuare un approfondimento nel Comitato dei nove. Temo che, ad onta di tutte le interpretazioni e di tutte le discussioni fatte, la lettera della legge sia assolutamente inequivoca. Essa afferma che, per effetto degli emendamenti approvati, bisogna trattare del caso di violenze o minacce reiterate che provocano gravi sofferenze fisiche. Questa è la lettera della legge che abbiamo approvato: in merito, credo non si possano fare discussioni di sorta, tanto meno nel Comitato dei nove.

A questo punto, la posizione della Margherita, che ha partecipato ai lavori senza presentare emendamenti perché ha ritenuto proficuo il dialogo instauratosi con il relatore, deve necessariamente mutare. Infatti, non solo non siamo d'accordo sul fatto che si possa discutere della reiterazione delle violenze, ma non siamo affatto d'accordo nemmeno sul fatto che si possa discutere della reiterazione delle minacce che provocano gravi sofferenze fisiche o mentali.

Mi auguro si comprenda come questo provvedimento, ad onta delle cose dette, abbia urtato la suscettibilità di molti. Ritengo insufficiente una breve sospensione dell'esame del testo unificato per un ulteriore esame dello stesso in sede di Comitato dei nove. Gli effetti degli emendamenti formulati sono di tale rilevanza e gravità che non può essere semplicemente un piccolo momento di riflessione a superare, probabilmente con qualche rimedio un po' azzardato, il senso assolutamente inequivoco della norma. Per effetto di tale provvedimento, oggi si potrà violentare o minacciare almeno un poco, domani si potrà violentare mai e, probabilmente, minacciare ogni tanto.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Sei in malafede dicendo questo!

GIANNICOLA SINISI. Caro collega Rossi, sto semplicemente leggendo quello che è emerso...

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Sei in malafede dicendo questo!

GIANNICOLA SINISI. Ho compreso il ragionamento...

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Sei in malafede dicendo questo! E ti do anche del mascalzone! Sei un mascalzone...

GIANNICOLA SINISI. Presidente, se il collega Rossi insiste, ...

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. ... da un Governo di «torturatori».

GIANNICOLA SINISI. ... la sua sarà una minaccia reiterata! Dopo di che dovremo valutarla come delitto di tortura nei miei confronti (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Vi prego, dopo aver fatto un pasticcio così enorme, non cadete nel ridicolo e nell'insulto!

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Sei tu che stai insultando!

GIANNICOLA SINISI. Collega Rossi, quello che stai dicendo non ha nessun senso!

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. L'intenzione del nostro emendamento è chiara!

GIANNICOLA SINISI. Non sto discutendo delle intenzioni, ma della lettera della legge che adesso ho letto e che, a mio avviso, è assolutamente inequivoca. Non sto discutendo né la tua buona fede, né quella dei tuoi colleghi. Sto solo dicendo che quanto ho letto non è rimediabile in sede di Comitato dei nove perché è un grande pasticcio! Dunque, se si vuole rimediare, bisognerà ragionare con i tempi dovuti, nel luogo dovuto, se vogliamo salvaguardare la dignità del Parlamento che, non soltanto agli occhi dell'opposizione ma del mondo intero, non può apparire come un Parlamento che vuole che si possa minacciare almeno un poco (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Ovviamente, Presidente, non voglio entrare nel merito degli aspetti regolamentari di quest'Assemblea, con riferimento a certi tipi di dichiarazioni. Preciso però che il Governo considera il Parlamento come il luogo più democratico delle nostre istituzioni e quindi non accetta con un sorriso certi eccessi verbali, anche contro l'esecutivo stesso, ma si augura piuttosto che si pensi prima di pronunciare certe affermazioni (ormai però ci siamo abituati, dopo quasi tre anni di legislatura).

Visto che questo è un provvedimento di iniziativa parlamentare, nei confronti del quale il Governo è d'accordo, chiederei all'Assemblea di approvare una norma che permetta al magistrato di applicarla, evitando che debba poi interpretarla, visto quello che è emerso nel corso di questa discussione. Rinnovo quindi all'Assemblea l'invito ad approvare una norma che sia applicabile. Alla luce di ciò, il Governo ritiene pertanto opportuno che l'esame del provvedimento sia sospeso, affinché il Comitato dei nove possa esaminarne i vari aspetti problematici.

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. La ringrazio, Presidente. Dirò all'Assemblea quanto ho detto a lei. Mentre il collega Sinisi esprimeva le sue opinioni, è stato rivolto - siamo alle solite - nei suoi confronti un apprezzamento negativo, con una parola offensiva, che assolutamente conferma il nostro giudizio su certi atteggiamenti della Lega e sul modo con il quale usa fare politica. In questo caso, Presidente, mi consenta di chiedere alla Presidenza di spendere una parola per un giudizio, perché se continuano questi episodi poi non ci si deve lamentare se, per difendere l'onorabilità dei colleghi, bisogna fare uso di altri sistemi.

Chiedo allora all'Ufficio di Presidenza di esaminare questo caso e di adottare i prescritti provvedimenti.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Boccia. Il deputato segretario mi dice che ha sentito quello che è stato detto: due offese reiterate - se vogliamo utilizzare questo termine - e specifiche. Io non le ho sentite e non sono quindi potuto intervenire  sul momento. Naturalmente l'Ufficio di Presidenza esaminerà, con l'attenzione che deve, tutto ciò che è avvenuto in quest'aula e, se dovrà, adotterà i provvedimenti che saranno necessari nei confronti di chi ha utilizzato espressioni poco calibrate, e nel caso che lei ha ricordato, anche scortesi verso le persone che stavano in quel momento parlando.

Rinvio pertanto il seguito del dibattito ad altra seduta.



Allegato A

 

PROPOSTE DI LEGGE: RUZZANTE ED ALTRI; PISCITELLO; BIONDI: INTRODUZIONE DELL'ARTICOLO 613-BIS DEL CODICE PENALE CONCERNENTE IL DELITTO DI TORTURA (1483-1518-1948)

 

 


(A.C. 1483 - Sezione 1)

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1, nonché su quelli contenuti nel fascicolo n. 2.

 

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

PARERE FAVOREVOLE

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

NULLA OSTA

sugli emendamenti nel fascicolo n. 1.

 

(A.C. 1483 - Sezione 3)

ARTICOLO UNICO DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.

1. Dopo l'articolo 613 del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 613-bis (Delitto di tortura). Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, con violenze o minacce gravi, infligge ad una persona sottoposta alla sua autorità sofferenze fisiche o mentali allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale, è punito con la reclusione da uno a dieci anni.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena è aumentata se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima; è raddoppiata se ne deriva la morte».

2. Non può essere assicurata l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura da una autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale.

3. Nei casi di cui al comma 2, lo straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO UNICO DEL TESTO UNIFICATO

ART. 1.

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, premettere le parole: Il delitto di tortura è punito con la reclusione da sei mesi a dieci anni. Commette il delitto di tortura.

Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere le parole: , è punito con la reclusione da uno a dieci anni.

1. 100. La Commissione.

(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, sostituire le parole: violenze o minacce gravi con la seguente: torture.

1. 5. Lussana, Guido Giuseppe Rossi.

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, sopprimere la parola: gravi.

Conseguentemente, al medesimo comma, dopo le parole: sottoposta alla sua autorità aggiungere la seguente: gravi.

1. 101. La Commissione.

(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, dopo la parola: minacce aggiungere la seguente: reiterate.

1. 4. Lussana, Guido Giuseppe Rossi.

(Testo corretto nel corso della seduta)

(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, sostituire la parola: infligge con le seguenti: cagiona un danno ingiusto infliggendo.

1. 1. Finocchiaro, Bonito, Kessler, Ruzzante.

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, dopo la parola: infligge aggiungere la seguente: intenzionalmente.

1. 102. La Commissione.

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, sopprimere le parole: o mentali.

1. 6. Lussana, Guido Giuseppe Rossi.

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, dopo la parola: mentali aggiungere le seguenti: che non derivino soltanto dall'applicazione o dall'esecuzione di misure o sanzioni legittime.

1. 2. Finocchiaro, Bonito, Kessler, Ruzzante.

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, sopprimere le parole da: ovvero per motivi di discriminazione fino a: sessuale.

1. 7. Lussana, Guido Giuseppe Rossi.

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, sostituire le parole: da uno a dieci anni con le seguenti: da sei mesi a cinque anni.

1. 10. Lussana, Guido Giuseppe Rossi.

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, sostituire le parole: da uno con le seguenti: da sei mesi.

1. 11. Lussana, Guido Giuseppe Rossi.

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, sostituire le parole: dieci anni con le seguenti: cinque anni.

1. 8. Lussana, Guido Giuseppe Rossi.

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, sostituire le parole: dieci anni con le seguenti: sette anni.

1. 9. Lussana, Guido Giuseppe Rossi.

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, secondo comma, sostituire le parole: dal fatto con le seguenti: dalla tortura.

1. 103. La Commissione.

Subemendamento all'emendamento della Commissione 1. 105

All'emendamento 1.105 della Commissione, sostituire le parole da: di condotte fino alla fine dell'emendamento con le seguenti: esclusiva di condotta o sanzioni legittime o siano ad esse inscindibilmente connesse.

0. 1. 105. 1. Kessler, Ruzzante, Finocchiaro, Bonito.

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, dopo il secondo comma aggiungere il seguente:

La punibilità per i fatti previsti dal presente articolo è esclusa se le sofferenze sono conseguenza di condotte o sanzioni legittime ad esse connesse o dalle stesse cagionate.

1. 105. La Commissione.

Al comma 1, capoverso Art. 613-bis, dopo il secondo comma aggiungere il seguente:

«Il delitto non si estingue per prescrizione».

1. 3. Finocchiaro, Bonito, Kessler, Ruzzante.

Al comma 2, dopo le parole: immunità diplomatica aggiungere le seguenti: per il delitto di tortura.

1. 104. La Commissione.


 

 


Documentazione

 


 

Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti
 (adottato il 18 dicembre 2002, entrato in vigore il 22 giugno 2006)
(Traduzione non ufficiale)

 

Preambolo

 

Gli Stati Parti al presente Protocollo

Riaffermando che la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti sono vietati e costituiscono gravi violazioni dei diritti umani,

Convinti che ulteriori misure sono necessarie allo scopo di raggiungere le finalità della Convenzione contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (d’ora innanzi: “la Convenzione”) e rafforzare la protezione delle persone private della libertà rispetto alla tortura e alle altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti,

Ricordando che gli articoli 2 e 16 della Convenzione obbligano ogni Stato Parte ad adottare misure effettive per prevenire gli atti di tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti che abbiano luogo in ogni territorio sottoposto alla sua giurisdizione,

Riconoscendo che gli Stati hanno la principale responsabilità per l’attuazione di detti articoli e che il rafforzamento della protezione delle persone private della libertà e per il pieno rispetto dei loro diritti umani è responsabilità comune di tutti i membri e che gli organismi internazionali di attuazione sono complementari e di sostegno rispetto alle misure prese a livello nazionale,

Ricordando che l’effettiva prevenzione della tortura e delle altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti richiede misure nel campo dell’educazione e una combinazione di vari provvedmenti in ambito legislativo, amministrativo, giudiziario ecc.,

Ricordando altresì che la Conferenza mondiale sui diritti umani ha dichiarato con forza che le iniziative volte a sradicare la tortura dovrebbero innanzitutto e prioritariamente concentrarsi sulla prevenzione e che la stessa Conferenza ha rivolto un appello per l’adozione di un protocollo opzionale alla Convenzione, allo scopo di istituire un sistema preventivo di visite regolari nei luoghi di detenzione,

Convinti che la protezione contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti delle persone private della libertà può essere rafforzata da mezzi non giudiziari di carattere preventivo, basati su visite sistematiche nei luoghi di detenzione,

hanno concordato quanto segue:

 

Parte I – Principi generali

Articolo 1

Lo scopo del presente Protocollo è l’istituzione di un sistema di visite regolari svolte da organismi indipendenti nazionali e internazionali nei luoghi in cui le persone sono private della libertà, al fine di prevenire la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

Articolo 2

1. E’ istituito un Sottocomitato sulla prevenzione della tortura e delle altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (d’ora innanzi: “il Sottocomitato sulla prevenzione”) in seno al Comitato contro la tortura per svolgere le funzioni definite nel presente Protocollo.

2. Il Sottocomitato sulla prevenzione svolge la sua attività nel quadro della Carta delle Nazioni Unite e guidato dai fini e dai principi in essa contenuti, nonché dalle norme delle Nazioni Unite concernenti il trattamento delle persone private della libertà.

3. Il Sottocomitato sulla prevenzione è guidato altresì dai principi di riservatezza, imparzialità, non selettività, universalità e obiettività.

4. Il Sottocomitato sulla prevenzione e gli Stati Parti cooperano per l’attuazione del presente Protocollo.

Articolo 3

Ciascuno Stato Parte istituirà, nominerà e manterrà operativo a livello nazionale uno o più organismi con poteri di visita per la prevenzione della tortura e delle altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (d’ora innanzi: “meccanismi nazionali di prevenzione”).

Articolo 4

1. Ciascuno Stato Parte, in accordo con il presente Protocollo, autorizza le visite da parte degli organismi di cui ai precedenti artt. 2 e 3 in tutti i luoghi posti sotto la sua giurisdizione e il suo controllo in cui delle persone sono o possono essere private della libertà, in virtù di un ordine dell’autorità pubblica oppure nel quadro di indagini da essa condotte o con il consenso o l’acquiescenza di una pubblica autorità (d’ora innanzi: “luoghi di detenzione”). Tali visite saranno condotte allo scopo di rafforzare, laddove necessario, la protezione delle suddette persone contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

2. Ai fini del presente Protocollo, per privazione della libertà si intende ogni forma di detenzione o imprigionamento o collocazione di una persona in un luogo sotto custodia che non le sia consentito lasciare volontariamente, su ordine di un’autorità giudiziaria, amministrativa o di altro tipo.

 

Parte II – Il Sottocomitato sulla prevenzione

Articolo 5

1. Il Sottocomitato sulla prevenzione è formato da dieci membri. Dopo la cinquantesima ratifica o adesione al presente Protocollo, il numero dei membri del Sottocomitato sarà portato a 25.

2. I membri del Sottocomitato sulla prevenzione sono scelti tra persone di alta levatura morale, comprovata esperienza professionale nel campo dell’amministrazione della giustizia, particolarmente in diritto penale, amministrazione penitenziaria o di polizia, o negli altri ambiti connessi al trattamento delle persone private della libertà.

3. Nella composizione del Sottocomitato sulla prevenzione è prestata dovuta attenzione ad un’equa distribuzione geografica e alla rappresentazione delle diverse tradizioni culturali e dei diversi sistemi giuridici degli Stati Parti.

4. Tra i componenti del Sottocomitato sulla prevenzione dovrà anche esserci una bilanciata rappresentanza di genere, secondo i principi di eguaglianza e non discriminazione.

5. Non ci può essere più di un componente del Sottocomitato sulla prevenzione cittadino dello stesso Stato.

6. I membri del Sottocomitato sulla prevenzione svolgono le loro funzioni a titolo personale, sono indipendenti e imparziali e disposti ad operare secondo efficienza.

Articolo 6

1. Ciascuno Stato Parte può nominare, ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo, fino a due candidati in possesso delle qualità e dei requisiti di cui all’art. 5. Nel presentare le candidature verranno fornite informazioni dettagliate circa le qualifiche dei candidati.

2.

a) I candidati saranno cittadini di Stati Parti del presente Protocollo;

b) se vengono avanzate due candidature, almeno una delle persone nominate deve essere cittadino dello Stato Parte che li nomina;

c) non possono essere nominati come candidati due persone dello stesso Stato Parte;

d) prima di nominare un cittadino di un altro Stato Parte, uno Stato Parte deve cercare e ottenere il consenso di quello Stato.

3. Almeno cinque mesi prima della data della riunione degli Stati Parti durante la quale si terranno le elezioni dei membri del Sottocomitato sulla prevenzione, il Segretario Generale delle Nazioni Unite invierà una lettera agli Stati Parti invitandoli a sottoporre le candidature entro tre mesi. Il Segretario Generale sottopone la lista, in ordine alfabetico, di tutte le persone nominate, indicando gli Stati Parti che hanno proposto le candidature.

Articolo 7

1. I membri del Sottocomitato sulla prevenzione sono eletti nel modo seguente:

a) Considerazione prioritaria è data al rispetto dei requisiti e ai criteri di cui al precedente art. 5;

b) la prima elezione si terrà entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente Protocollo;

c) gli Stati Parti eleggono i membri del Sottocomitato sulla prevenzione a scrutinio segreto;

d) le elezioni dei membri del Sottocomitato sulla prevenzione si terranno ogni due anni alla riunione degli Stati Parti convenuta dal Segretario Generale delle Nazioni Unite. A tali riunioni il quorum richiesto è rappresentato dai due terzi degli Stati Parti; saranno elette le persone che avranno ottenuto il maggior numero di voti e la maggioranza assoluta dei rappresentanti degli Stati Parti presenti e votanti.

2. Se nel corso delle elezioni due cittadini di uno Stato Parte risultano suscettibili di fare parte del Sottocomitato sulla prevenzione, sarà membro del Sottocomitato sulla prevenzione quello dei due che avrà ricevuto il maggior numero di voti. Se i voti sono alla pari si seguirà la seguente procedura:

a) se solo uno dei candidati è stato nominato dallo Stato Parte di cui è cittadino, costui o costei entrerà a far parte del Sottocomitato contro la prevenzione;

b) se entrambi i candidati sono stati nominati dagli Stati Parti di cui hanno la cittadinanza, si svolgerà una votazione separata a scrutinio segreto che determinerà quale dei due candidati diventerà membro del Sottocomitato sulla prevenzione;

c) se nessuno dei candidati è stato nominato dallo Stato Parte di cui egli o ella è cittadino, sarà svolta una votazione separata a scrutinio segreto per determinare quale candidato entrerà a comporre il Sottocomitato sulla prevenzione.

Articolo 8

Se un membro del Sottocomitato sulla prevenzione è deceduto o dà le dimissioni o per qualunque altra causa non può più svolgere le sue funzioni, lo Stato Parte che lo aveva candidato nominerà un’altra persona in possesso delle qualifiche e dei requisiti di eleggibilità di cui all’art. 5, tenendo in considerazione la necessità di mantenere un equilibrio tra le varie materie rappresentate nel Sottocomitato sulla prevenzione. Tale persona resterà in carica fino alla successiva riunione degli Stati Parti, con l’approvazione della maggioranza degli Stati Parti. Tale approvazione sarà considerata data salvo che la metà o più degli Stati Parti risponda negativamente entro sei settimane dal momento in cui sono informati dal Segretario Generale delle Nazioni Unite della proposta di nomina.

Articolo 9

I membri del Sottocomitato sulla prevenzione sono eletti per un mandato di quattro anni. Potranno essere rieletti per una volta, se ricandidati. Per metà dei membri eletti alla prima votazione il termine scadrà alla fine del secondo anno; immediatamente dopo la prima elezione i nomi dei membri il cui termine scade anticipatamente saranno estratti a sorte dal Presidente della riunione di cui all’art. 7.1 d).

Articolo 10

1. Il Sottocomitato sulla prevenzione elegge i propri funzionari per un mandato di due anni. Essi possono essere rieletti.

2. Il Sottocomitato sulla prevenzione adotta il proprio regolamento di procedura. Esso contiene, tra l’altro, le seguenti norme:

a) il Sottocomitato sulla prevenzione funzionerà con un quorum rappresentato dalla metà dei suoi componenti;

b) le decisioni del Sottocomitato sulla prevenzione saranno prese con la maggioranza dei voti dei suoi membri;

c) il Sottocomitato sulla prevenzione tiene le sue riunioni in camera di consiglio.

3. Il Segretario Generale della Nazioni Unite convoca la prima riunione del Sottocomitato sulla prevenzione. Dopo tale prima riunione il Sottocomitato sulla prevenzione si riunirà con la scadenza stabilita dal regolamento di procedura. Il Sottocomitato sulla prevenzione e il Comitato contro la tortura si riuniscono in contemporanea almeno una volta l’anno.

 

Parte III – Funzioni del Sottocomitato sulla prevenzione

Articolo 11

Il Sottocomitato sulla prevenzione ha il compito di:

a) visitare i luoghi descritti all’art. 4 e formulare raccomandazioni agli Stati Parti in merito alla protezione delle persone private della libertà nei confronti della tortura e delle altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti;

b) rispetto ai meccanismi nazionali di prevenzione esso ha il compito di:

i) consigliare e assistere gli Stati Parti, se necessario, nella fase della loro costituzione;

ii) mantenere contatti diretti e, se necessario, confidenziali, con i meccanismi nazionali di prevenzione e offrire loro formazione e assistenza tecnica allo scopo di rafforzare le loro capacità;

iii) consigliare e assistere i meccanismi nazionali di prevenzione nel valutare le esigenze e i mezzi necessari a rafforzare la protezione delle persone private della libertà rispetto alla tortura e alle altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.;

iv) rivolgere raccomandazioni e osservazioni agli Stati Parti al fine di rafforzare le capacità e le funzioni dei meccanismi nazionali di prevenzione della tortura e delle altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti;

v) cooperare per la prevenzione della tortura in generale con gli organi e i meccanismi pertinenti delle Nazioni Unite, nonché con le istituzioni o organizzazioni internazionali, regionali e nazionali che lavorano per il rafforzamento della protezione di ogni persona contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

Articolo 12

Per consentire al Sottocomitato sulla prevenzione di svolgere il proprio mandato come previsto all’art. 11, gli Stati Parti si impegnano a:

a) ricevere il Sottocomitato sulla prevenzione nei loro territori e garantirgli l’accesso ai luoghi di detenzione, come definiti all’art. 4 del presente Protocollo;

b) fornire ogni informazione rilevante che il Sottocomitato sulla prevenzione dovesse richiedere per valutare le necessità e i provvedimenti da adottare per rafforzare la protezione delle persone private della libertà verso la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti

c) incoraggiare e favorire contatti tra il Sottocomitato sulla prevenzione e i meccanismi nazionali di prevenzione;

d) prendere in esame le raccomandazioni del Sottocomitato sulla prevenzione e entrare in dialogo con esso circa le possibili misure di attuazione.

Articolo 13

1. Il Sottocomitato sulla prevenzione stabilirà, inizialmente sulla base di un sorteggio, un programma di visite regolari agli Stati Parti al fine di adempiere al suo mandato, come stabilito all’art. 11.

2. Dopo debite consultazioni, il Sottocomitato sulla prevenzione notifica agli Stati Parti il proprio programma, affinché essi possano, senza ritardo, prendere le necessarie misure pratiche perché la visita possa avere luogo.

3) Le visite sono condotte da almeno due membri del Sottocomitato sulla prevenzione. I membri del Sottocomitato sulla prevenzione possono essere accompagnati, se del caso, da esperti di provata esperienza professionale e competenti nelle materie di cui tratta il presente Protocollo; tali esperti sono tratti da un albo predisposto sulla base di proposte avanzate dagli Stati Parti, dall’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e dal Centro delle Nazioni Unite per la prevenzione del crimine internazionale. Nel predisporre l’albo, gli Stati Parti interessati propongono non più di cinque esperti nazionali. Lo Stato Parte in questione può opporsi all’inclusione nella visita di uno specifico esperto, nel qual caso il Sottocomitato sulla prevenzione ne proporrà un altro.

4. Se il Sottocomitato sulla prevenzione lo ritiene opportuno, esso può proporre una breve visita di verifica (follow-up) dopo una visita regolare.

Articolo 14

1. Allo scopo di permettere al Sottocomitato sulla prevenzione di adempiere al proprio mandato, gli Stati Parti del presente Protocollo si impegnano ad assicurargli:

a) accesso illimitato ad ogni informazione circa il numero di persone private della libertà nei luoghi di detenzione come definiti dall’art. 4, nonché sul numero di tali luoghi e sulla loro dislocazione;

b) accesso illimitato ad ogni informazione circa il trattamento di tali persone e circa le loro condizioni di detenzione;

c) salvo quanto stabilito al successivo paragrafo 2, accesso illimitato a tutti i luoghi di detenzione, alle loro strutture e servizi annessi;

d) la possibilità di avere colloqui riservati con le persone private della libertà, senza testimoni, direttamente o tramite un interprete se ritenuto necessario, nonché con qualunque altra persona che il Sottocomitato sulla prevenzione ritenga possa fornire informazioni rilevanti;

e) la libertà di scegliere i luoghi che intende visitare e le persone con cui avere un colloquio.

2. Possono essere formulate obiezioni alla visita in un particolare luogo di detenzione solo sulla base di ragioni impellenti e cogenti riguardanti la difesa nazionale, la scurezza pubblica, il verificarsi di un disastro naturale odi gravi disordini nel luogo oggetto della visita che impedisca temporaneamente di compiere la visita stessa. L’esistenza di uno stato di emergenza dichiarato dallo Stato Parte non può in quanto tale essere invocata dallo Stato stesso come una ragione per fare obiezione alla visita.

Articolo 15

Nessuna autorità o funzionario pubblico può ordinare, applicare, permettere o tollerare una sanzione contro una persona o un’organizzazione per aver comunicato al Sottocomitato sulla prevenzione o ai suoi delegati qualunque informazione, vera o falsa; tale individuo o organizzazione non subirà alcun altro tipo di pregiudizio.

Articolo 16

1. Il Sottocomitato sulla prevenzione trasmette le proprie raccomandazioni e osservazioni per via confidenziale allo Stato Parte e, se del caso, ai meccanismi nazionali di prevenzione.

2. Il Sottocomitato sulla prevenzione pubblica il suo rapporto, insieme con eventuali commenti dello Stato Parte interessato, ogni qual volta ciò gli sia richiesto dallo Stato Parte. Se lo Stato Parte rende pubblico parte del rapporto, il Sottocomitato sulla prevenzione ha facoltà di pubblicarlo in tutto o in parte. Tuttavia, nessun dato personale dovrà essere reso pubblico senza l’espresso consenso della persona interessata.

3. Il Sottocomitato sulla prevenzione presenta al Comitato contro la tortura un rapporto annuale, pubblico, sulle proprie attività.

4. Se lo Stato Parte rifiuta di cooperare con il Sottocomitato sulla prevenzione, come disposto dagli artt. 12 e 14, o rifiuta di prendere misure per migliorare la situazione alla luce delle raccomandazioni del Sottocomitato sulla prevenzione, il Comitato contro la tortura può, su richiesta del Sottocomitato sulla prevenzione, decidere, a maggioranza dei suoi membri e dopo che allo Stato Parte è data la possibilità di far conoscere la propria posizione, di emettere una dichiarazione pubblica sulla questione o di pubblicare il rapporto del Sottocomitato sulla prevenzione.

 

Parte IV – Meccanismi nazionali di prevenzione

Articolo 17

Ciascuno Stato Parte mantiene, costituisce o crea, al massimo entro un anno dall’entrata in vigore del presente Protocollo o dal momento della sua ratifica o adesione, uno o più meccanismi nazionali indipendenti di prevenzione della tortura a livello interno. Possono essere qualificati quali meccanismi nazionali di prevenzione ai fini del presente Protocollo anche organismi istituiti a livello locale, purché rispondano ai requisiti fissati dal presente Protocollo.

Articolo 18

1. Gli Stati Parti garantiscono l’indipendenza funzionale dei meccanismi nazionali di prevenzione, nonché l’indipendenza del personale di cui essi si avvalgono.

2. Gli Stati Parti adottano i provvedimenti necessari per assicurare che gli esperti che compongono i meccanismi nazionali di prevenzione abbiano le competenze e le conoscenze professionali richieste. Essi dovranno sforzarsi di raggiungere un equilibro tra i generi i fare in modo che vi siano rappresentate adeguatamente le minoranze etniche e gli altri gruppi minoritari presenti nel paese.

3. Gli Stati Parti si impegnano a mettere a disposizione dei meccanismi nazionali di prevenzione le risorse necessarie al loro funzionamento.

4. Nell’istituire i meccanismi nazionali di prevenzione, gli Stati Parti terranno in debita considerazione i Principi relativi allo status delle istituzioni nazionali per i diritti umani.

Articolo 19

Ai meccanismi nazionali di prevenzione saranno garantiti almeno i seguenti poteri:

a) sottoporre a regolare esame il trattamento di cui sono oggetto le persone private della libertà nei luoghi di detenzione, come definiti al precedente art. 4, allo scopo di rafforzare, se necessario, la protezione loro prestata verso la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti;

b) formulare raccomandazioni alle autorità competenti al fine di migliorare il trattamento e le condizioni in cui versano e persone private della libertà e di prevenire la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, tenendo nella dovuta considerazione le norme in materia adottate dalle Nazioni Unite;

c) sottoporre proposte e osservazioni relativamente alla legislazione in vigore e ai progetti di legge.

Articolo 20

Allo scopo di mettere i meccanismi nazionali di prevenzione in condizione di espletare il loro mandato, gli Stati Parti del presente Protocollo si impegnano a garantire loro:

a) accesso ad ogni informazione circa il numero di persone private della libertà nei luoghi di detenzione come definiti dall’art. 4, nonché sul numero di tali luoghi e sulla loro dislocazione;

b) accesso ad ogni informazione circa il trattamento di tali persone e circa le loro condizioni di detenzione;

d) la possibilità di avere colloqui riservati con le persone private della libertà, senza testimoni, direttamente o tramite un interprete se ritenuto necessario, nonché con qualunque altra persona che i meccanismi nazionali di prevenzione ritengano possa fornire informazioni rilevanti;

e) la libertà di scegliere i luoghi che intendono visitare e le persone con cui avere un colloquio.

f) il diritto ad avere contatti con il Sottocomitato sulla prevenzione, di trasmettergli informazioni e di avere incontri con esso.

Articolo 21

1. Nessuna autorità o funzionario pubblico può ordinare, applicare, permettere o tollerare una sanzione contro una persona o un’organizzazione per aver comunicato ai meccanismi nazionali di prevenzione qualunque informazione, vera o falsa; tale individuo o organizzazione non subirà alcun altro tipo di pregiudizio.

2. Le informazioni riservate raccolte dai meccanismi nazionali di prevenzione sono protette. Nessun dato personale può essere reso pubblico senza il consenso espresso dell’interessato.

Articolo 22

Le autorità competenti dello Stato Parte esaminano le raccomandazioni dei meccanismi nazionali di prevenzione e entreranno in dialogo con loro circa le possibili misure di attuazione.

Articolo 23

Gli Stati Parti del presente Protocollo si impegnano a pubblicare e a diffondere i rapporti annuali elaborati dai meccanismi nazionali di prevenzione.

 

Parte V – Dichiarazione

Articolo 24

1. Alla ratifica, gli Stati Parti possono avanzare una dichiarazione per posporre l’attuazione degli obblighi derivanti dalle Parti III o IV del presente Protocollo.

2. La dilazione non potrà essere superiore a tre anni. Sulla base di adeguate rappresentazioni avanzate dallo Stato Parte e previa consultazione con il Sottocomitato sulla prevenzione, il Comitato contro la tortura può estendere tale periodo di altri due anni.

 

Parte VI – Disposizioni finanziarie

Articolo 25

1. Le spese affrontate dal Sottocomitato sulla prevenzione per la operatività del presente Protocollo sono a carico delle Nazioni Unite.

2. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite metterà a disposizione il personale e le strutture necessarie per consentire al Sottocomitato sulla prevenzione di svolgere con effettività le funzioni attribuitele dal presente Protocollo.

Articolo 26

1. E’ costituito un fondo speciale, nel rispetto delle procedure in materia di competenza dell’Assemblea Generale, da gestire secondo i regolamenti finanziari e le norme delle Nazioni Unite, allo scopo di sostenere l’attuazione delle raccomandazioni adottate dal Sottocomitato sulla prevenzione a seguito della visita effettuata presso uno Stato Parte, nonché per realizzare programmi formativi rivolti ai meccanismi nazionali di prevenzione.

2. Il fondo speciale può essere finanziato attraverso contributi volontari forniti da governi, organizzazioni intergovernative e non-governative e altri enti pubblici o privati.

 

Parte VII – Disposizioni finali

Articolo 27

1. Il presente Protocollo è aperto alla firma di ogni Stato che ha firmato la Convenzione.

2. Il presente Protocollo è soggetto a ratifica da parte di ogni Stato che abbia ratificato o aderito alla Convenzione. Lo strumento di ratifica è depositato presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite.

3. Il presente Protocollo è aperto all’adesione da parte di ogni Stato che abbia ratificato o aderito alla Convenzione.

4. L’adesione ha effetto con il deposito dello strumento di adesione presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite.

5. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite deve informare tutti gli Stati che hanno firmato il presente Protocollo o che vi hanno aderito del deposito di ciascuno strumento di ratifica o di adesione.

Articolo 28

1. Il presente Protocollo entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo alla data di deposito presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite del ventesimo strumento di ratifica o adesione.

2. Per ciascuno Stato che ratifica il presente Protocollo o che vi aderisce dopo il deposito presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite del ventesimo strumento di ratifica o di adesione, il presente Protocollo entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo a quello in cui è avvenuto il deposito del suo strumento di ratifica o di adesione.

Articolo 29

Le disposizioni del presente Protocollo si estendono all’intero territorio di uno Stato federale, senza alcuna limitazione o eccezione.

Articolo 30

Non sono ammesse riserve al presente Protocollo.

Articolo 31

Le disposizioni del presente Protocollo non pregiudicano gli obblighi degli Stati Parti ai sensi di convenzioni regionali istitutive di un sistema di visita nel luoghi di detenzione. Il Sottocomitato sulla prevenzione e gli organismi istituiti sulla base di tali convenzioni regionali sono invitati a consultarsi reciprocamente e a cooperare allo scopo di evitare le duplicazioni e promuovere in modo efficace gli obiettivi del presente Protocollo.

Articolo 32

Le disposizioni dei presente Protocollo non producono effetti sugli obblighi degli Stati Parti delle quattro convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 e dei relativi Protocolli addizionali dell’8 giugno 1977, né pregiudicano la possibilità di cui ogni Stato Parte può avvalersi di autorizzare il Comitato internazionale della Croce Rossa a visitare luoghi di detenzione in situazioni non regolate dal diritto internazionale umanitario.

Articolo 33

1. Ogni Stato Parte può denunciare il presente Protocollo in qualsiasi momento con una notificazione scritta indirizzata al Segretario Generale delle Nazioni Unite. Quest’ultimo deve informarne gli altri Stati Parti del presente Protocollo e della Convenzione. La denuncia produce i suoi effetti dopo un anno dalla data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

2. La denuncia non produce l’effetto di liberare lo Stato Parte dagli obblighi derivanti dal presente Protocollo relativi ad atti o situazioni che si siano verificati precedentemente alla data in cui la denuncia è divenuta effettiva, o relativamente ad azioni che il Sottocomitato sulla prevenzione ha deciso o può decidere di intraprendere nei confronti dello Stato in questione; la denuncia inoltre non pregiudica in nessun modo la continuazione della considerazione di questioni sottoposte al Sottocomitato sulla prevenzione precedentemente alla data in cui la denuncia produce effetti.

3. Successivamente alla data in cui la denuncia da parte di uno Stato Parte è divenuta effettiva, il Sottocomitato sulla prevenzione non prenderà in esame alcuna nuova questione riguardante quello Stato.

Articolo 34

l. Ogni Stato Parte al presente Protocollo potrà proporre un emendamento e depositare la sua proposta presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite. Il Segretario Generale comunicherà la proposta di emendamento agli Stati Parti del presente Protocollo domandando loro di fargli conoscere se sono favorevoli alla organizzazione di una conferenza di Stati Parti in vista dell’esame della proposta e della sua messa ai voti. Se, nei quattro mesi successivi alla data di tale comunicazione, almeno un terzo degli Stati Parti si pronuncia a favore dello svolgimento di detta conferenza, il Segretario Generale organizzerà la conferenza sotto gli auspici delle Nazioni Unite. Ogni emendamento adottato dalla maggioranza dei due terzi degli Stati Parti presenti e votanti alla conferenza sarà sottoposto dal Segretario Generale all’accettazione di tutti gli Stati Parti.

2. Un emendamento adottato in base alle disposizioni del paragrafo l del presente articolo entrerà in vigore allorché i due terzi degli Stati Parti al presente Protocollo lo avranno accettato, in conformità alla procedura prevista dalle loro rispettive costituzioni.

3. Quando gli emendamenti entreranno in vigore, essi saranno cogenti per gli Stati Parti che li abbiano accettati, gli altri Stati Parti rimanendo vincolati dalle disposizioni del presente Protocollo e da ogni emendamento anteriore che avranno accettato.

Articolo 35

I membri del Sottocomitato sulla prevenzione e i componenti dei meccanismi nazionali di prevenzione godono dei privilegi ed immunità necessarie per l’esercizio indipendente delle loro funzioni. I membri del Sottocomitato sulla prevenzione godranno dei privilegi e immunità di cui all’art. 22 della Convenzione sui privilegi e immunità delle Nazioni Unite del 13 febbraio 1946, secondo quanto previsto dall’art. 23 di detta Convenzione.

Articolo 36

Allorché conducono una visita in uno Stato Parte, i membri del Sottocomitato sulla prevenzione, senza pregiudizio delle norme e delle finalità del presente Protocollo, nonché dei privilegi ed immunità di cui godono, sono tenuti a:

a) rispettare le leggi e i regolamenti dello Stato in cui si svolge la visita;

b) astenersi da ogni azione o attività incompatibile con il carattere imparziale e la natura internazionale delle loro funzioni.

Articolo 37

l. Il presente Protocollo, i cui testi arabo, cinese, francese, inglese, russo e spagnolo fanno ugualmente fede, sarà depositato presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite.

2. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite provvederà a trasmettere a tutti gli Stati una copia autenticata conforme del presente Protocollo.

 

 



[1]    Tra gli atti internazionali più recenti relativi alla tortura va ricordato Il “Protocollo facoltativo della Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti”, adottato il 18 dicembre 2002, entrato in vigore il 22 giugno 2006, sottoscritto ma non ratificato dall’Italia.

[2]    Cfr. G. Fiandaca E. Musco, “Diritto penale”, Parte generale, pp. 138 e ss.

[3] Ai sensi dell'art. 1.1 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura del 1984, "per tortura si intende qualsiasi atto mediante il quale siano intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenza forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata aver commesso, di intimorirla o far pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze risultanti unicamente da sanzioni legittime, inerenti a tali sanzioni o da esse cagionate”.

[4] Cfr. sentenza n. 299 del 1992 e n. 295 del 2002