Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Istituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori. Schema di D.Lgs. n. 117 (articoli 27, co. 1-2, e 44 L. n. 262/2005)
Riferimenti:
SCH.DEC 117/XV     
Serie: Atti del Governo    Numero: 103
Data: 23/07/2007
Organi della Camera: VI-Finanze
Altri riferimenti:
L n. 262 del 28-DIC-05     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Atti del Governo

 

 

 

 

 

Istituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori

Schema di D.Lgs. n. 117
(articoli 27, co. 1-2, e
44 L. n. 262/2005)

 

 

 

 

 

 

 

n. 103

 

 

23 luglio 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato redatto con la collaborazione del dipartimento Giustizia

 

 

Nell'ambito della collaborazione fra i Servizi studi della Camera e del Senato, il presente dossier, predisposto dal Servizio studi della Camera, viene distribuito contestualmente alle competenti Commissioni dei due rami del Parlamento

 

 

Dipartimento Finanze

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: FI0142.doc

 


I N D I C E

 

Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto. 4

§      Contenuto. 4

§      Relazioni e pareri allegati5

Elementi per l’istruttoria legislativa. 6

§      Conformità con la norma di delega. 6

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite. 6

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali6

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico. 6

§      Impatto sui destinatari delle norme. 7

§      Formulazione del testo. 7

Schede di lettura

§      La norma di delega. 11

§      Quadro normativo. 16

§      Articolo 1 (Definizioni)25

§      Articolo 2 (Camera di conciliazione e arbitrato)28

§      Articolo 3 (Indennizzo)30

§      Articolo 4 (Conciliazione stragiudiziale)32

§      Articolo 5 (Arbitrato amministrato dalla CONSOB)36

§      Articolo 6 (Clausola compromissoria)39

§      Articolo 7 (Legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori e degli utenti)40

§      Articolo 8 (Fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori)41

§      Articolo 9 (Norme finali)45

Schema di decreto legislativo n. 117

§      Istituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori47

Normativa di riferimento

§      Codice di procedura civile (artt. 806-832)69

§      D.L. 8 aprile 1974, n. 95 Disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari (art. 1)107

§      D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della L. 6 febbraio 1996, n. 52 (artt. 1, co. 1, lettera r); 6, 59)109

§      D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della L. 3 ottobre 2001, n. 366 (artt. 19, 34-36, 38-40)112

§      D.M. 23 luglio 2004, n. 223 Regolamento recante approvazione delle indennità spettanti agli organismi di conciliazione a norma dell'articolo 39 del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5  117

§      D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della L. 29 luglio 2003, n. 229 (artt. 137, 140)120

§      L. 23 dicembre 2005, n. 266 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006) (art. 1, comma 343)123

§      L. 28 dicembre 2005, n. 262  Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (artt. 27, co. 1-2, 44)124

§      D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell'articolo 1, comma 2, della L. 14 maggio 2005, n. 80. 126

 


 

Scheda di sintesi
per l'istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero dello schema di decreto legislativo

117

Titolo

Istituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori

Norma di delega

artt. 27, co. 1-2 e 44, L. 262/2005

Settore d’intervento

Tutela dei consumatori, borsa e settore mobiliare

Numero di articoli

9

Date

 

§       presentazione

10 luglio 2007

§       assegnazione

10 luglio 2007

§       termine per l’espressione del parere

20 agosto 2007

§       scadenza della delega

10 ottobre 2007

Commissione competente

VI Finanze

Rilievi di altre Commissioni

V Bilancio

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

L’articolo 1 definisce le categorie di soggetti (investitori e intermediari) ai quali si applicano le disposizioni del Capo I.

L’articolo 2 prevede l'istituzione, presso la CONSOB, di una apposita Camera di conciliazione volta ad amministrare le procedure di conciliazione e arbitrato relative alle controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari ed aventi per oggetto la violazione da parte degli stessi intermediari degli obblighi di correttezza e trasparenza espressamente richiamati nei rapporti contrattuali conclusi con gli investitori.

L’articolo 3 stabilisce che, ove al termine della procedura di conciliazione o di arbitrato risulti un effettivo inadempimento da parte dell'intermediario, l'arbitro o il collegio arbitrale possono riconoscere un indennizzo a favore dell'investitore per il ristoro delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dal predetto inadempimento.

L’articolo 4 disciplina il procedimento di conciliazione stragiudiziale.

L’articolo 5 reca disposizioni concernenti la procedura di arbitrato amministrato dalla CONSOB.

L’articolo 6 stabilisce che la clausola compromissoria inserita nei contratti con un intermediario è vincolante solo nei confronti di quest’ultimo.

L’articolo 7 salvaguarda il diritto delle associazioni dei consumatori e degli utenti ad agire in giudizio a tutela degli interessi collettivi.

L’articolo 8 istituisce il Fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori, destinato all’indennizzo dei danni patrimoniali causati dalla violazione di norme del Testo unico delle norme in materia di intermediazione finanziaria. La gestione del Fondo è attribuita alla CONSOB. Il Fondo è finanziato mediante il versamento della metà degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrigate per le violazioni sopra indicate. Il Fondo, in conseguenza dell’erogazione dell’indennizzo, è surrogato nei diritti del soggetto danneggiato e può rivalersi nei confronti del responsabile delle violazioni.

L’articolo 9 individua il termine per l’emanazione dei decreti di attuazione da parte della CONSOB e attribuisce alla stessa CONSOB l’onere di provvedere alla copertura delle spese di amministrazione delle procedure di conciliazione e arbitrato, stabilendo che dal decreto in esame non dovranno derivare oneri per la finanza pubblica.

Relazioni e pareri allegati

Allo schema sono allegati la relazione illustrativa del Governo, la relazione tecnica sugli effetti finanziari delle disposizioni proposte e l’analisi tecnico-normativa.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Conformità con la norma di delega

Lo schema di decreto legislativo dà attuazione alla delega conferita dall’articolo 27, commi 1 e 2, della legge 28 dicembre 2005, n. 262, recante Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari.

Alcune osservazioni sulla conformità con la normativa di delega sono contenute nelle schede di lettura dei singoli articoli dello schema.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le disposizioni dello schema di decreto riguardano la tutela del risparmio attribuita alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, nonché la giurisdizione e le norme processuali, ai sensi della lettera l), dello stesso articolo 117, secondo comma.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Lo schema in esame dà attuazione all’articolo 47, primo comma, della Costituzione, il quale afferma che la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

Gli articoli 2, comma 5, (camera di conciliazione e arbitrato) 3, comma 2, (indennizzo) e 8, comma 6, (Fondo di garanzia) prevedono l’emanazione di regolamenti di attuazione da parte della CONSOB. I regolamenti dovranno essere emanati entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.

L’attribuzione di tale potestà regolamentare è conforme alle previsioni della norma di delega [articolo 27, comma 1, lettera e) e comma 2, lettera g)].

Coordinamento con la normativa vigente

Il testo in esame non interviene sulla normativa vigente

Impatto sui destinatari delle norme

Lo schema di decreto legislativo in esame impone adempimenti alla CONSOB per rendere operanti le procedure di conciliazione e arbitrato, il sistema di indennizzo e il Fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori.

Formulazione del testo

Alcune osservazioni sulla formulazione del testo sono contenute nelle schede di lettura dei singoli articoli dello schema.

 


Schede di lettura


La norma di delega

 

I primi due commi dell’articolo 27 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, recante Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari, conferiscono al Governo la delega per l’emanazione di decreti legislativi nelle materie di seguito indicate.

L’articolo 44 della stessa legge disciplina la procedura per l’esercizio delle deleghe legislative previste dalla legge medesima: gli schemi, corredati dal relazione tecnica, devono essere trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. Le Commissioni parlamentari hanno quaranta giorni di tempo, decorrenti dalla data di trasmissione, per l’espressione del parere. Decorso inutilmente tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque adottati. Qualora il termine previsto per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato di novanta giorni.

I decreti legislativi avrebbero dovuto essere emanati entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della citata legge n. 262 del 2005, ovvero entro il 12 luglio 2007. In considerazione della circostanza che lo schema in esame è stato trasmesso alle Camere in data 11 luglio 2007 e che il termine per l’espressione del parere da parte delle Commissioni scade il 20 agosto 2007, ovvero successivamente alla scadenza del termine per l’esercizio della delega, il termine per l’emanazione del decreto legislativo è prorogato di novanta giorni e scade il 10 ottobre 2007.

 

Per quanto riguarda il contenuto della delega, si ricorda che l’articolo 27, al comma 1, prevede l’istituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato e di un sistema di indennizzo in favore degli investitori e dei risparmiatori, “in materia di servizi d’investimento”.

 

Ai sensi dell’articolo 1, comma 5, del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, recante Testo unico delle norme in materia di intermediazione finanziaria – TUF, per «servizi di investimento» si intendono le seguenti attività, quando hanno per oggetto strumenti finanziari[1]:

§       negoziazione per conto proprio;

§       negoziazione per conto terzi;

§       collocamento, con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente;

§       gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi;

§       ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione.

 

Nel dettaglio, si prevede che le procedure di conciliazione e di arbitrato debbano svolgersi in contraddittorio, secondo criteri di efficienza, rapidità ed economicità, dinnanzi alla CONSOB.

Al riguardo si prevede che si debba tener conto di quanto disposto dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, recante norme in tema di definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366.

 

Secondo l’articolo 1 del richiamato decreto, che delinea il cosiddetto “processo societario”, si osservano le disposizioni dello stesso decreto in tutte le controversie, incluse quelle connesse a norma degli articoli 31, 32, 33, 34, 35 e 36 del codice di procedura civile, relative a:

§       rapporti societari, ivi compresi quelli concernenti le società di fatto, l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i liquidatori e i direttori generali delle società, delle mutue assicuratrici e delle società cooperative nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l'incarico e nei confronti dei terzi danneggiati;

§       trasferimento delle partecipazioni sociali, nonché ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti;

§       patti parasociali, anche diversi da quelli disciplinati dall'articolo 2341-bis del codice civile, e accordi di collaborazione di cui all'articolo 2341-bis, ultimo comma, del codice civile;

§       rapporti in materia di intermediazione mobiliare da chiunque gestita, servizi e contratti di investimento, ivi compresi i servizi accessori, fondi di investimento, gestione collettiva del risparmio e gestione accentrata di strumenti finanziari, vendita di prodotti finanziari, ivi compresa la cartolarizzazione dei crediti, offerte pubbliche di acquisto e di scambio, contratti di borsa;

§       materie di cui al testo unico delle legge in materia bancaria e creditizia (D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385), quando la relativa controversia è promossa da una banca nei confronti di altra banca ovvero da o contro associazioni rappresentative di consumatori o camere di commercio;

§       credito per le opere pubbliche.

 

Restano ferme tutte le norme sulla giurisdizione. Spettano esclusivamente alla Corte d'appello tutte le controversie di cui agli articoli 145 del TUB e 195 del TUF.

Salvo che nelle controversie di cui alla lettera e), il tribunale giudica in composizione collegiale. Nelle azioni promosse da o contro associazioni rappresentative dei consumatori e dalle camere di commercio il tribunale giudica in composizione collegiale anche se relative alle materie di cui alla lettera e). Per ciò che non sia diversamente disciplinato, si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili.

 

Oggetto delle procedure sono le controversie insorte fra i risparmiatori o gli investitori, esclusi gli investitori professionali, e le banche o gli altri intermediari finanziari circa l’adempimento degli obblighi d’informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con la clientela.

Si prevede poi la corresponsione di un indennizzo a favore dei risparmiatori e degli investitori, esclusi gli investitori professionali, da parte delle banche o degli intermediari finanziari responsabili, nei casi in cui, mediante le suddette procedure, la CONSOB abbia accertato l’inadempimento degli obblighi sopra indicati. E’ comunque fatta salva l’applicazione delle sanzioni previste per la violazione dei medesimi obblighi.

Viene in ogni caso salvaguardato l’esercizio del diritto d’azione dinnanzi agli organi della giurisdizione ordinaria, anche per il risarcimento del danno in misura maggiore rispetto all’indennizzo che viene riconosciuto. Viene altresì prevista, in particolare, la salvaguardia in ogni caso del diritto ad agire avanti agli organi della giurisdizione ordinaria per le azioni di cui all'articolo 3 della legge 30 luglio 1998, n. 281.

 

Il contenuto del richiamato articolo 3 della legge n. 281 del 1998, dopo l’abrogazione disposta dal decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (“Codice del consumo”), è ora compreso negli articoli 139 e 140 dello stesso decreto legislativo.

Essi prevedono che le associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale inserite nell’elenco tenuto presso il Ministero delle attività produttive ai sensi dell'articolo 137 dello stesso decreto, sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti, nelle materie contemplate dal codice medesimo, dalle leggi 6 agosto 1990, n. 223, e 30 aprile 1998, n. 122, concernenti l'esercizio delle attività televisive, nonché dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 541, e dalla legge 14 ottobre 1999, n. 362, concernente la pubblicità dei medicinali per uso umano. Eguale legittimazione spetta agli organismi pubblici indipendenti nazionali e alle organizzazioni riconosciuti in altro Stato dell'Unione europea e inseriti nell'elenco degli enti legittimati a proporre azioni inibitorie a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, nei confronti di atti o comportamenti lesivi per i consumatori del proprio Paese, posti in essere, in tutto o in parte, nel territorio italiano.

Questi soggetti possono richiedere al giudice competente:

-        di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti;

-        di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate;

-        di ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale oppure locale nei casi in cui la pubblicità del provvedimento può contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate.

Gli stessi soggetti, prima del ricorso al giudice, possono promuovere la procedura di conciliazione dinanzi alla camera di commercio competente per territorio a norma dell'articolo 2, comma 4, lettera a), della legge 29 dicembre 1993, n. 580, nonché agli altri organismi di composizione extragiudiziale per la composizione delle controversie in materia di consumo, previsti dal codice. La procedura è in ogni caso definita entro sessanta giorni. Il processo verbale di conciliazione, sottoscritto dalle parti e dal rappresentante dell’organismo adito, è depositato per l'omologazione nella cancelleria del tribunale del luogo nel quale si è svolto il procedimento di conciliazione. Il tribunale, in composizione monocratica, accertata la regolarità formale del processo verbale, lo dichiara esecutivo con decreto. Il verbale di conciliazione omologato costituisce titolo esecutivo.

In ogni caso l'azione in discorso può essere proposta solo dopo che siano decorsi quindici giorni dalla data in cui le associazioni abbiano richiesto al soggetto da esse ritenuto responsabile, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, la cessazione del comportamento lesivo degli interessi dei consumatori e degli utenti.

In caso di inadempimento degli obblighi stabiliti dal provvedimento reso nel giudizio, ovvero previsti dal verbale di conciliazione, il giudice, anche su domanda dell'associazione che ha agito in giudizio, dispone il pagamento di una somma di denaro da 516 euro a 1.032 euro, per ogni giorno di ritardo, in rapporto alla gravità del fatto. Tale somma è versata all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze al Fondo da istituire nell'àmbito di apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero delle attività produttive, per finanziare iniziative a vantaggio dei consumatori.

Nei casi in cui ricorrano giusti motivi di urgenza, l'azione inibitoria si svolge a norma degli articoli da 669-bis a 669-quaterdecies del codice di procedura civile. Fatte salve le norme sulla litispendenza, sulla continenza, sulla connessione e sulla riunione dei procedimenti, si prevede che comunque le presenti disposizioni non precludono il diritto ad azioni individuali dei consumatori che siano danneggiati dalle medesime violazioni.

 

La lettera e) del comma 1 demanda infine alla CONSOB, sentita la Banca d’Italia, la potestà di emanare disposizioni regolamentari per l’attuazione delle disposizioni di cui al medesimo comma.

 

Il comma 2 delega il Governo ad adottare - senza che ciò comporti oneri aggiuntivi per la finanza pubblica - uno o più decreti legislativi per l’istituzione di un fondo di garanzia per gli investitori e i risparmiatori, secondo una serie di princìpi e criteri direttivi.

In particolare, il fondo dovrà esser destinato all’indennizzo, nei limiti delle disponibilità del fondo stesso, dei danni patrimoniali, causati dalla violazione, accertata con sentenza passata in giudicato, delle norme che disciplinano le attività di cui alla parte II del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998 (TUF), relative agli obblighi nei confronti della clientela, detratti l’ammontare dell’indennizzo eventualmente erogato al soggetto danneggiato e gli importi dallo stesso già avuti a titolo di risarcimento.

Nei limiti dell’ammontare dell’indennizzo erogato, per il fondo dovrà prevedersi:

-       la surrogazione nei diritti dell’indennizzato;

-       la facoltà di rivalsa nei riguardi della banca o dell’intermediario finanziario responsabile.

Si prevede poi che il fondo venga finanziato esclusivamente con il versamento della metà degli importi delle sanzioni irrogate per la violazione delle norme che disciplinano le attività di cui alla parte II del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998 (TUF), relative agli obblighi nei confronti della clientela.

 

Alla CONSOB viene attribuita:

-       la gestione del fondo;

-       la potestà di emanare disposizioni di attuazione;

-       la legittimazione ad agire in giudizio in rappresentanza del fondo, con facoltà di farsi rappresentare in giudizio dall'Avvocatura dello Stato o anche da propri funzionari.

Sarà il legislatore delegato a individuare, poi, i soggetti che possono fruire dell’indennizzo da parte del fondo, escludendo comunque gli investitori professionali, e a determinare la misura massima dell’indennizzo.

 


Quadro normativo

1. La normativa in materia di tutela dei consumatori, legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori e composizione extragiudiziale delle controversie.

La protezione degli interessi dei consumatori - non contemplata in via diretta dalla nostra Costituzione - trova riconoscimento nell’art. 153 par. 1 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea, che ha previsto a tal fine che “…la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto all'informazione, all'educazione e all'organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi”. Analoga disposizione è stata adottata dal Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa(art. III-235).

 

Originariamente, il trattato di Roma del 1957 non conteneva basi giuridiche specifiche per la protezione dei consumatori. Tuttavia, già ben prima del riconoscimento formale sancito dall'ex articolo 129 A, la Comunità non aveva tralasciato questo settore: ad esempio si possono menzionare la direttiva del 1979 relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi delle derrate alimentari, basata sull'ex articolo 235 del trattato CE (ora articolo 308) e la direttiva del 1984 relativa alla pubblicità ingannevole e quella del 1985 sulla protezione dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dai locali commerciali, fondate sull'ex articolo 100 (ora articolo 94) dello stesso trattato.

A partire dall'Atto unico europeo e dall'inserimento dell'articolo 100 A nel trattato CE (ora divenuto articolo 95) le proposte della Commissione relative al ravvicinamento delle legislazioni che hanno per oggetto il mercato interno devono basarsi su un livello elevato di protezione dei consumatori. Questo articolo è il fondamento di tutta una serie di provvedimenti legislativi: dalle direttive relative a viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso (1990) e fino alle clausole vessatorie nei contratti stipulati con i consumatori (1993). A questa abbondante produzione legislativa ha fatto seguito, con la Conferenza intergovernativa che ha portato al trattato sull'Unione europea, l'inserimento nel trattato CE di un titolo specifico dedicato alla protezione dei consumatori.

Da quel momento gli sforzi della Comunità per realizzare un elevato livello di protezione dei consumatori hanno subito un'accelerazione. Attraverso azioni specifiche, la Comunità si adopera per assicurare la protezione della salute e degli interessi economici dei consumatori. Nel 1998 ad esempio è stata emanata una direttiva in materia d'indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (la prima direttiva basata sull'ex articolo 129 A, ora articolo 153), nel 1997 una direttiva con cui si è voluto modificare quella sulla pubblicità ingannevole (del 1984) allo scopo di disciplinare anche la pubblicità comparativa e, infine, una direttiva del 1997 relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (queste due ultime direttive sono fondate sull'ex articolo 100 A, ora articolo 95).

 

Tali indicazioni hanno trovato nel corso degli anni attuazione progressiva: ad esempio, con particolare riferimento alla disciplina dei contratti del consumatori, si veda la legge comunitaria per il 1994 (legge 6 febbraio 1996, n. 52), il cui articolo 25, dando attuazione alla direttiva CEE n. 93/13 del Consiglio in tema di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, era intervenuto sulla normativa concernente i contratti per adesione, novellando il codice civile mediante l’aggiunta al capo XIV, del titolo II, del libro IV, di un capo XIV-bis, rubricato “Dei contratti del consumatore” (articoli da 1469-bis a 1469-sexies).

Per quanto riguarda specificamente la materia della legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori si segnala l’articolo 1469-sexies c.c., ai sensi del quale il giudice, dietro richiesta delle associazioni dei consumatori o dei professionisti e delle camere di commercio, poteva concedere una inibitoria dell’uso attuale e futuro delle condizioni di cui si sia accertata la vessatorietà.

 

Successivamente, la legge 30 luglio 1998, n. 281 (Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti) ha introdotto, in armonia con i principi consolidati a livello comunitario, una disciplina organica della tutela degli interessi dei consumatori riconoscendo il potere inibitorio delle associazioni dei consumatori (la legittimazione ad agire).

La nuova disciplina ha previsto l'attribuzione alle associazioni dei consumatori iscritte nell'apposito elenco istituito presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi, indipendentemente dalla segnalazione di un cittadino e dunque dall'esigenza di tutelare una singola posizione individuale.

In particolare, l’art. 3 della legge 218/1998 introduceva una forma di tutela processuale collettiva degli interessi dei consumatori modellata su quella dell’art. 1469-sexies, basata quindi sulla inibitoria.

Sia la disciplina prevista dal codice civile che quella di cui alla successiva legge 281/1998 sono ora pressoché integralmente abrogate a seguito del loro assorbimento all’interno del cd. Codice del consumo (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206).

Il Codice fa assumere un autonomo rilievo al diritto dei consumatori nell’ambito dell’ordinamento civile, con la finalità di unificare in un unico testo, coordinare e semplificare numerose disposizioni che la stratificazione normativa aveva reso poco leggibili ed efficaci. Nell’ambito dell’armonizzazione con le direttive comunitarie in materia, il Codice ha provveduto a rivedere taluni aspetti problematici, disciplinando molteplici settori: l’etichettatura, la sicurezza generale dei prodotti, la pubblicità ingannevole e le clausole abusive, le vendite a domicilio, le vendite a distanza, i contratti turistici e la multiproprietà, le garanzie dei beni di consumo e la tutela giudiziale.

Nel Codice del consumo, entrato in vigore il 23 ottobre 2005, sono infatti confluite tutte le disposizioni in materia di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti.

La residua disciplina dei contratti del consumatore all’interno del codice civile si limita attualmente al solo articolo 1469-bis, che precisa l’applicabilità ai contratti del consumatore delle norme generali sui contratti, ove non derogate dal codice del consumo a da altre più favorevoli per il consumatore[2].

Per quel che qui interessa, mentre gli artt. 33-38 del Codice del consumo riprendono sostanzialmente le corrispondenti abrogate norme del codice civile relative ai contratti del consumatore ed alla inibitoria per clausole vessatorie (art. 37), assume particolare rilievo la disciplina dettata dalla Parte V del Codice (Associazioni dei consumatori e accesso alla giustizia, artt. 136-141).

Il D.Lgs. 206/2005 conferma (Titolo I) l’istituzione presso il Ministero delle attività produttive (ora dello sviluppo economico) del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti nonché dell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale,l’iscrizione nel quale è subordinata a specifici requisiti formali e di rappresentatività (artt. 136 e 137)[3].

Il titolo II (Azioni inibitorie e accesso alla giustizia) riguarda più specificamente la tutela giudiziale del consumatore, all’interno della quale non trova tuttavia ancora posto una tutela di tipo risarcitorio.

Il Codice riprende, infatti, sostanzialmente, pur novellandola in alcuni punti, il contenuto della legge 281/1998 (art. 3) che già prevedeva la sola tutela di tipo preventivo-inibitorio.

Ai sensi dell’articolo 139, la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi è riservata soltanto alle associazioni dei consumatori e degli utenti “ufficiali” cioè quelle che, in possesso dei requisiti previsti, siano inserite nel citato elenco presso il ministero[4].

Peraltro, il successivo articolo 140 non preclude il diritto ad azioni individuali dei consumatori (comma 9) danneggiati dalle violazioni ma, con la finalità di evitare contrasti di giudicati, opportunamente fa salva la disciplina sulla litispendenza, sulla continenza, sulla connessione e sulla riunione dei procedimenti: tenendo presente la miriade di soggetti che possono trovarsi nella medesima situazione, tale richiamo serve ad evitare che, almeno in concomitanza, possano venirsi a creare opposti precedenti nelle identiche questioni

Si rileva come l’azione individuale (oltre a non prevedere l’azione eventuale degli “utenti”[5], ma solo dei consumatori) sia possibile solo a danno sofferto, escludendo quindi una tutela preventiva di tipo cautelare.

La procedura dell’azione inibitoria, illustrata dallo stesso articolo 140, stabilisce che quest’ultima può essere, anzitutto, proposta solo dopo che siano trascorsi 15 giorni dalla richiesta - da parte delle associazioni, a mezzo di raccomandata A/R - al soggetto ritenuto responsabile, di cessazione del comportamento lesivo degli interessi dei consumatori e degli utenti (comma 5).

Peraltro, il comma 2, con chiaro intento deflattivo della giustizia, prevede un tentativo di conciliazione precontenzioso che le associazioni legittimate possono esperire presso la camera di commercio; questo procedimento deve comunque definirsi entro sessanta giorni[6].

Per quanto riguarda le azioni esperibili, esclusa, come accennato, la possibilità di avviare un’azione risarcitoria di qualsiasi tipo, il D.Lgs. 206/2005 estende, come già la legge 281/1998, la procedura inibitoria per clausole vessatorie già delineata dal previgente art. 1469-sexies del codice civile (ed ora dettata dall’art. 37 del Codice del consumo).

In base alla nuova disciplina, la tutela non viene più concessa soltanto per specifiche violazioni, ma ogni qual volta i diritti fondamentali (specificati all’articolo 2 del Codice) vengano violati, o semplicemente se ne teme la violazione (non a caso il comma 8 dell’articolo 140 prevede, nei casi di urgenza, un ricorso in sede cautelare ex artt. 669-bis-669-quaterdecies, c.p.c., cui corrisponde nel merito, l’avvio di un procedimento ordinario di cognizione).

Vengono quindi tipizzati i rimedi che possono essere chiesti al giudice (art. 140, comma 1):

a)   l’azione inibitoria viene ammessa in linea generale e non soltanto nei confronti di atti, ma anche di comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti;

b)   il giudice può anche adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate. A un giudizio di accertamento si affianca dunque e si aggiunge un provvedimento di condanna;

c)   il giudice - nei casi in cui tale pubblicità possa contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate - può quindi ordinare la pubblicazione del provvedimento.

Con il provvedimento che definisce il giudizio, il giudice fissa un termine per adempiere agli obblighi stabiliti, disponendo, in caso di inadempimento, il pagamento a favore del bilancio dello Stato di una somma da 516 a 1.032 euro per ogni giorno di ritardo. Innovando rispetto a quanto previsto dalla legge 281/1998, viene previsto, in caso di mancata soddisfazione degli obblighi assunti col verbale di conciliazione, che le parti possano rivolgersi al tribunale che, con procedimento camerale, accerta l’inadempimento disponendo il pagamento delle dette somme di denaro (comma 7).

Il comma 10 dell’art. 140 chiarisce che l’azione inibitoria proponibile, per vessatorietà delle clausole (art. 37) dalle associazioni dei consumatori di cui all’art. 137 del Codice (le sole associazioni dei consumatori ed utenti iscritte nell’elenco presso il ministero), si esercita ai sensi dello stesso art. 140 sia con riguardo alla procedura che all’ambito dei provvedimenti ottenibili (non solo propriamente inibitori, ma anche ripristinatori, oltre che l’applicazione delle misure coercitive e la già prevista pubblicazione del provvedimento).

Il comma 11 dell’art. 140 fa, comunque, salva la giurisdizione del giudice amministrativo nelle controversie in materia di servizi pubblici; analoga salvaguardia è apprestata dal comma 12 in relazione alla competenza esclusiva dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per le procedure di conciliazione obbligatoria previste dalla legge 249/1997.

L’art. 1, comma 1,della legge 249/1997 stabilisce che per le controversie che possono insorgere fra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze oppure tra soggetti autorizzati o destinatari di licenze tra loro, individuate con provvedimenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo di conciliazione da ultimare entro trenta giorni dalla proposizione dell'istanza all'Autorità. A tal fine, i termini per agire in sede giurisdizionale sono sospesi fino alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione.

L’articolo 141 del D.Lgs. 206/2005 prevede, infine, la possibilità di attivare forme di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, tra professionista e consumatore (anche per via telematica), allo scopo di deflazionare il carico di contenzioso pendente ed agevolare la rapida soluzione delle controversie.

Rimane fermo che, qualunque sia l’esito della risoluzione extragiudiziale, il singolo consumatore può comunque adire il giudice competente (comma 5).

Va segnalato come tale disposizione abbia dato luogo a non pochi dubbi in relazione alla possibilità, in tal modo, di rendere vana la portata processuale dell’omologazione ed esecutività del verbale di conciliazione nonché la stessa procedura stragiudiziale.

2. La normativa in materia di conciliazione.

La struttura del fenomeno conciliativo è assai semplice: essa, infatti, coinvolge due soggetti in lite tra loro ed un terzo avente il compito di mediare e cooperare al fine di addivenire ad una soluzione della controversia.

La conciliazione si sviluppa, quindi, lungo un procedimento che trae origine dalla volontà delle parti e si risolve, quantomeno tendenzialmente, in un atto conciliativo. Tale ultimo elemento, unitamente alla struttura testé delineata, ha indotto la dottrina a inquadrare, nell’ambito dell’attività negoziale gli atti conciliativi, pur precisando che il negozio autonomo di conciliazione non è figura a sé stante ma un modo della composizione tra le parti, ossia un negozio generico di composizione della lite che si sostanzia in diverse tipologie negoziali (quali, ad esempio, la transazione, la rinuncia, il riconoscimento).

D’altro canto, si sono pure registrate in dottrina voci difformi dall’impostazione prevalente come sopra illustrata, dirette piuttosto a dare una lettura del fenomeno conciliativo in termini di decisione del terzo resa operante dall’accettazione delle parti (una sorta di arbitrato irrituale a posteriori, quindi). Tale interpretazione si basa peraltro sul dato testuale di cui all’articolo 88 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, che definisce l’atto di conciliazione come una convenzione conclusa tra le parti per effetto della conciliazione.

Nel procedimento di cui trattasi, deve porsi in particolare evidenza la presenza dell’organo di conciliazione, in quanto elemento qualificante e indefettibile per definire come tale la conciliazione stessa; l’organo di cui trattasi, infatti, mette in rilievo la necessità di un fattore istituzionale ai fini della qualificazione procedimentale della conciliazione, che non si risolve, quindi, in un fatto empirico.

Se la struttura dell’istituto in esame risulta come sopra particolarmente lineare e semplice, il modello descritto ha tuttavia fatto registrare nella prassi una nutrita serie di variabili, relative al soggetto investito della funzione conciliativa (organi giurisdizionali, amministrativi, esponenziali, collettivi) e alla relazione tra conciliazione e tutela giurisdizionale (il tentativo di conciliazione può essere compreso nel processo ovvero dar luogo ad un autonomo procedimento, variamente calibrato in relazione allo stato e al grado di un eventuale connesso o successivo procedimento giurisdizionale).

Al riguardo occorre distinguere, infatti, tra conciliazione giudiziaria (nella quale il compito di operare il tentativo di conciliazione è affidato ad un organo giurisdizionale) ed extragiudiziaria (ove tale compito è invece assegnato ad organismi e soggetti estranei allo svolgimento della funzione giudiziaria).

Altre distinzioni, peraltro già sopra accennate, sono quelle tra tentativo di conciliazione preventivo o successivo (a seconda che sia esperito prima o durante un processo) e tra tentativo facoltativo (quando la sua promozione è frutto di spontanea determinazione delle parti o del giudice chiamato a dirimere la controversia) e obbligatorio (che si ha quando l’esperimento del tentativo di conciliazione è onere posto in capo alla parte interessata per procedere – in caso di esperimento infruttuoso – in sede giudiziaria).

 

Appare opportuno rammentare a questo punto che il codice di procedura civile, all’articolo 322, disciplina l’istituto della conciliazione in sede non contenziosa, fornendone la descrizione. Con tale nozione il codice di rito intende il procedimento di fronte al giudice di pace che si conclude con un processo verbale di conciliazione, che ha valore di titolo esecutivo, ai sensi dell’articolo 185 del medesimo c.p.c., se la controversia rientra nella controversia del giudice di pace. Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio.

Il citato articolo 185 del c.p.c. si riferisce, invece, al tentativo di conciliazione esperito in corso di causa. Ai sensi del comma 2 di tale articolo il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento dell’istruzione e della conciliazione si forma il processo verbale. Anche in questo caso, analogamente a quanto previsto dall'articolo 88 delle disposizioni di attuazione del codice di rito, la legge usa l’espressione “convenzione conclusa” per indicare l’accordo raggiunto tra le parti in sede di conciliazione. Il processo verbale costituisce titolo esecutivo.

Il citato articolo 88 disp. att. del codice di rito disciplina, inoltre, le fattispecie in cui la conciliazione avviene tra procuratori non autorizzati, disponendo che in tal caso il giudice ne prende atto nel verbale fissando un’udienza per la comparizione delle parti ai fini della formazione del processo verbale. Se le parti non risiedono nella circoscrizione del giudice, questi può autorizzare a ratificare la convenzione conclusa dai procuratori con dichiarazione ricevuta dal cancelliere della pretura della loro residenza ovvero da un notaio se il luogo di residenza non è sede di pretura, fissando all’uopo un termine. La dichiarazione di ratifica è unita al processo verbale d’udienza contenente la convenzione.

 

L’attività di conciliazione è stata negli ultimi tempi al centro di un serrato dibattito non solo giuridico, ma anche istituzionale e sociale.

Per il primo degli aspetti rammentati occorre anzitutto far presente che il divieto di istituire giudici speciali previsto dall’articolo 102 della Costituzione determina l’impossibilità per il legislatore ordinario di istituire attività conciliative suscettibili di oltrepassare la pura mediazione per svolgere, invece, un ruolo decisionale in caso di inutile esperimento del tentativo conciliativo. Al riguardo deve rammentarsi che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 127 del 1997, ha ritenuto in contrasto con la Costituzione la previsione di arbitrati obbligatori.

Peraltro occorre tener anche presente l’assoluta tutela giurisdizionale accordata dall’articolo 24 della Costituzione al diritto di azione, in riferimento al quale è stato più volte osservato che l’istituzione di tentativi di conciliazione preventivi ed obbligatori non può comunque tradursi in una compressione arbitraria del diritto di agire in giudizio.

In ordine, invece, agli ulteriori e distinti aspetti accennati, occorre far presente che, al di là di impostazioni tendenti a sottolineare esclusivamente la funzione deflazionistica della conciliazione sui carichi di lavoro degli organi giurisdizionali ordinari, la dottrina ha individuato nelle procedure di conciliazione consensuale delle liti uno strumento di efficienza del sistema, efficienza basata non solo su una migliore economia processuale ma anche inquadrata in una prospettiva di giustizia coesistenziale, nell’ambito della quale la conciliazione viene da taluno ritenuta una sorta di terapia sociale più idonea di quella praticata dai giudici.

3. La normativa in materia di arbitrato.

L’arbitrato, invece, è uno strumento privato di soluzione delle liti, alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria.

In base all’articolo 806 del c.p.c., infatti, le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili.

Al riguardo, si rammenta che ai sensi dell’articolo 1966 del codice civile, non possono essere transatti i diritti indisponibili; si tratta di quei diritti riconosciuti ad un soggetto per soddisfare, oltre al suo diretto interesse, anche un interesse ultraindividuale (come, ad esempio, quelli relativi allo status familiae).

Le controversie individuali di lavoro di cui all'articolo 409 c.p.c., possono formare oggetto di transazione solamente nei casi previsti dalla legge o nei contratti collettivi di lavoro.

Negli ultimi anni l’arbitrato ha conosciuto un periodo di grande utilizzazione, anche per effetto della celerità della procedura in relazione ai tempi ordinariamente necessari per lo svolgimento di un processo. Il legislatore, in parte prendendo atto di tale situazione, ha recentemente novellato l’istituto con la con il decreto legislativo n. 40 del 2 febbraio 2006, emanato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 80/2005.

Il citato decreto legislativo ha introdotto importanti innovazioni in materia di arbitrato, conformemente alle indicazioni di delega relative ad una “razionalizzazione” dell’istituto.

Tra i principi più significativi della nuova disciplina della materia va ricordata l’introduzione della facoltà delle parti di prevedere espressamente la convenzione di arbitrato sia in materia contrattuale che non contrattuale, nonché di ricorrere, per la composizione del contenzioso, all’arbitrato irrituale, specificamente disciplinato mediante l’introduzione di specifiche disposizioni nel corpo del codice di procedura civile; viene poi contestualmente rafforzata la volontà delle parti mediante la previsione dell’annullabilità del lodo contrattuale pronunziato in violazione della domande e delle regole stabilite dalle parti stesse.

Viene poi definita una disciplina specifica diretta ad assicurare l’indipendenza e l’ imparzialità degli arbitri, la loro responsabilità, e l’istruzione probatoria.

 

L’arbitrato, infine, si distingue dall’arbitraggio (v. art. 1349 c.c.), nel quale un terzo determina uno degli elementi necessari del negozio, con ciò integrando un negozio incompleto con equo apprezzamento ovvero, se autorizzato, secondo il mero arbitrio.

 


Articolo 1
(Definizioni)

 

Nel presente capo si intendono per:

a)       investitori; gli investitori diversi dai clienti professionali di cui all'articolo 6, commi 2-quinquies e 2-sexies, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

b)       intermediari, i soggetti abilitati alla prestazione di servizi e attività di investimento di cui all'articolo 1, comma 1, lett. r) del decreto legislativo 24 febbraio 1998; n. 58.

 

 

L’articolo 1 contiene la definizione di investitori e intermediari ai fini dell’applicazione delle successive disposizioni del Capo I, relativo alle procedure di conciliazione e arbitrato presso la CONSOB e al sistema di indennizzo, in attuazione del comma 1 dell’articolo 27 della legge n. 262 del 2005.

 

Gli investitori sono gli investitori diversi dai clienti professionali di cui all’articolo 6, commi 2-quinquies e 2-sexies, del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, recante Testo unico delle norme in materia di intermediazione finanziaria – TUF.

 

Al riguardo si osserva che nel nostro ordinamento, e in particolare nel TUF, non è presente una definizione generale di investitore. Si potrebbe forse che ritenere che gli investitori siano i soggetti che possiedono prodotti finanziari, come definiti dall’articolo 1, comma 1, lettera u),del TUF[7], ma in tal caso risulterebbero esclusi da tale ambìto i titolari di depositi bancari e postali non rappresentati da strumenti finanziari.

 

La disposizione in esame esclude espressamente dall’applicazione delle norme del Capo I i clienti professionali di cui articolo 6, commi 2-quinquies e 2-sexies, del TUF. Tali commi non sono presenti nella vigente versione del citato articolo 6. La relazione illustrativa allo schema in esame afferma che il testo della norma tiene conto delle modifiche che saranno apportate al TUF in ragione della prossima attuazione della delega per il recepimento della Direttiva 2004/39/CE (c.d. direttiva MIFID).[8]

Si evidenzia a tal proposito che in data 16 luglio 2007 è stato presentato al Parlamento lo schema di decreto legislativo per il recepimento della citata direttiva 2004/39/CE[9], il quale prevede all’articolo 2, comma 2, lettera e), l’introduzione dei nuovi commi 2-quinquies e 2-sexies all’articolo 6 del TUF. Il primo di tali commi prevede che la CONSOB, sentita la Banca d’Italia, individua con regolamento i criteri di identificazione dei clienti professionali privati e i soggetti considerati tali di diritto. Il nuovo comma 2-sexies stabilisce che il Ministero dell’economia e delle finanze, sentite la Banca d’Italia e la CONSOB, individua, con regolamento, i criteri di identificazione dei clienti professionali pubblici e i soggetti considerati tali di diritto.

 

Si segnala infine che la norma di delega [articolo 27 cit., comma 1, alinea e lettere a) e b)] prevede che le procedure di conciliazione arbitrato e il sistema di indennizzo debbano essere istituiti in favore degli investitori e dei risparmiatori, con esclusione degli investitori professionali. Andrebbe chiarito, in considerazione della sopra ricordata mancanza di una precisa identificazione della categoria degli investitori, se nella disposizione in esame siano compresi, oltre agli investitori, anche i risparmiatori.[10]

 

Gli intermediari sono i soggetti abilitati alla prestazione dei servizi e attività di investimento, individuati dall’articolo 1, comma 1, lettera r), del TUF.

Dal combinato disposto della citata lettera r) e delle altre definizioni contenute nell’articolo 1, comma 1, del TUF, discende che i soggetti che rientrano nella categoria di intermediari ai sensi dell’articolo in esame sono[11]:

-        le banche autorizzate all'esercizio dei servizi di investimento;

-        gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco di cui all’articolo 107 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, recante Testo unico delle norme in materia bancaria e creditizia - TUB;

-        le società di intermediazione mobiliare – SIM: imprese, diverse dalle banche a dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco di cui all'articolo 107 del TUB, autorizzate a svolgere servizi di investimento, con sede legale e direzione generale in Italia;

-        le imprese di investimento: imprese, diverse dalle banche, autorizzate a svolgere servizi di investimento, con sede legale e direzione generale in Italia o in altri Stati membri[12];

-        le società di gestione del risparmio – SGR: società per azioni con sede legale e direzione generale in Italia autorizzate a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio[13];

-        le società di gestione armonizzate: società, con sede legale e direzione generale in uno Stato membro diverso dall'Italia, autorizzate a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio;

-        le società di investimento a capitale variabile – SICAV: società per azioni a capitale variabile, con sede legale e direzione generale in Italia, aventi ad oggetto esclusivo l'investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l'offerta al pubblico di proprie azioni.

 

 


Articolo 2
(Camera di conciliazione e arbitrato)

 


1. E’ istituita una Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob per l'amministrazione, in conformità al pre­sente decreto, dei procedimenti di concilia­zione e di arbitrato per la risoluzione di controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori.

2. La Camera di conciliazione e arbitrato svolge la propria attività avvalen­dosi di strutture e risorse individuate dalla Consob.

3. La Camera di conciliazione e arbitrato istituisce un elenco di conciliatori e arbitri, scelti fra persone di comprovata imparzialità, indipendenza, professionalità e onorabilità.

4. La Camera di conciliazione e arbitrato può avvalersi di organismi di conciliazione iscritti nel registro previsto dall'articolo 38, comma 2, del decreto legi­slativo 17 gennaio 2003, n. 5. L'organismo di conciliazione applica il regolamento di procedura e le indennità di cui all'articolo 4 del presente decreto.

5. La Consob definisce con regola­mento, sentita la Banca d'Italia:

a)       l'organizzazione della Camera di conciliazione e arbitrato;

b)       le modalità di nomina dei componenti dell'elenco dei conciliatori e degli arbitri, prevedendo anche forme di consultazione delle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all'articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e delle categorie interessate, nel rispetto del principio dell'equilibrio di genere;

c)       i requisiti di imparzialità, indipendenza, professionalità e onorabilità dei com­ponenti dell'elenco dei conciliatori e degli arbitri;

d)       la periodicità dell'aggiornamento dell'e­lenco dei conciliatori e degli arbitri;

e)       le altre funzioni attribuite alla Camera di conciliazione e arbitrato;

f)         le norme per i procedimenti di con­ciliazione e di arbitrato;

g)       le altre norme di attuazione del pre­sente Capo.


 

 

L'articolo 2 dello schema di decreto legislativo in esame, composto da cinque commi e rubricato Camera di conciliazione e arbitrato, prevede l'istituzione, presso la CONSOB, di una apposita Camera di conciliazione volta ad amministrare le procedure di conciliazione e arbitrato relative alle eventuali controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari ed aventi per oggetto la violazione da parte degli stessi intermediari degli obblighi di correttezza e trasparenza espressamente richiamati nei rapporti contrattuali conclusi con gli investitori (per l'analisi degli istituti relativi alla conciliazione e all'arbitrato si rinvia al paragrafo relativo al quadro normativo).

 

In particolare, i commi da 2 a 5 dell'articolo in esame contengono disposizioni di carattere prevalentemente organizzativo.

 

Nello specifico il comma 2 attribuisce alla CONSOB il compito di individuare le strutture e le risorse a disposizione della Camera di conciliazione, mentre il successivo comma 3 prevede l'istituzione, da parte della citata struttura deputata alla conciliazione, di un apposito elenco di conciliatori e arbitri da scegliere tra persone di comprovata imparzialità, indipendenza, professionalità e onorabilità.

 

Il comma 4 del provvedimento in esame prevede, comunque, la possibilità da parte della istituenda Camera di conciliazione di avvalersi di altri organismi di conciliazione iscritti al registro previsto dall'articolo 38 del decreto legislativo n. 5 del 2003.

 

Al riguardo, si ricorda che il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 definisce i procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366. In particolare, ai sensi del comma 1 del sopra richiamato articolo 38, gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire un tentativo di conciliazione delle controversie nelle specifiche materie indicate dall'articolo 1 del medesimo decreto. Tali organismi devono essere iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia.

 

Da ultimo, il comma 5 dell'articolo 2 definisce l'ambito della potestà regolamentare della CONSOB, la quale, ai sensi dell’articolo 27, comma 1, lettera e), detta disposizioni di attuazione della disciplina. A tal fine è previsto, come richiesto dalla legge delega, l’acquisizione del parere della Banca d'Italia.

 

Al riguardo, si osserva che il contenuto del citato regolamento risulta essere, rispetto alle previsioni della legge delega, particolarmente ampio in quanto spetta alla CONSOB il compito di definire, tra l'altro, l'organizzazione della Camera di conciliazione e arbitrato, le modalità di nomina dei componenti dell'elenco dei conciliatori e degli arbitri e il relativo aggiornamento periodico, i requisiti degli arbitri e dei conciliatori, nonché forme di consultazione delle categorie interessate e delle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all'articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, ovvero le sole associazioni dei consumatori ed utenti iscritte nell’elenco presso il Ministero dello Sviluppo economico.

 

Il medesimo comma 5 attribuisce, altresì, al citato regolamento della CONSOB il compito di definire le disposizioni riguardanti i procedimenti di conciliazione ed arbitrato.

 


Articolo 3
(Indennizzo)

 


1. Nel caso in cui risulti, a seguito dell'esperimento delle procedure di cui all'articolo 5, l'inadempimento dell'interme­diario agli obblighi di cui all'art. 2, comma 1, l'arbitro o il collegio arbitrale possono riconoscere un indennizzo a favore dell'investitore per il ristoro delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dal predetto inadempimento.

2. La Consob con regolamento, sentita la Banca d'Italia, determina i criteri in base ai quali viene stabilito l'indennizzo di cui al comma 1.

3. Il concíliatore tiene conto dei criteri di cui al comma 2 nella proposta conciliativa. Le parti sono in ogni caso libere di assu­mere autonome determinazioni volontarie.

4. E' fatto salvo il diritto dell'investitore di adire l'autorità giudiziaria ordinaria, anche per il riconoscimento del risarci­mento del maggior danno subito in conse­guenza dell'inadempimento, oltre all'inden­nizzo già stabilito.

5. Il lodo arbitrale con il quale viene disposto l'indennizzo di cui al comma 1 acquista efficacia a seguito del visto di regolarità formale della Consob, ferma l'applicabilità dell'articolo 825 del codice di procedura civile


 

 

L'articolo 3 dello schema di decreto legislativo in esame, composto da cinque commi, reca disposizioni in materia di Indennizzo.

 

In particolare, il comma 1 di tale articolo stabilisce il principio generale in base al quale, ove al termine della procedura di conciliazione o di arbitrato prevista dal precedente articolo 2 risulti un effettivo inadempimento da parte dell'intermediario degli obblighi di correttezza e trasparenza, espressamente richiamati nei rapporti contrattuali conclusi con gli investitori, l'arbitro o il collegio arbitrale possono riconoscere un indennizzo a favore dell'investitore per il ristoro delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dal predetto inadempimento.

 

Al riguardo, il successivo comma 2 assegna alla CONSOB il compito di determinare i criteri in base ai quali stabilire il citato indennizzo, mentre il comma 3 specifica, che il conciliatore dovrà tenerne conto in sede di definizione del relativo importo.

 

Resta, comunque, ferma la possibilità dell'investitore di adire l'autorità giudiziaria ordinaria, anche per il riconoscimento del risarcimento del maggior danno subito in conseguenza dell'inadempimento, oltre all'indennizzo già stabilito (comma 4).

 

Al riguardo, si ricorda che, ai sensi del citato articolo 1223 di cui al Libro IV (Delle obbligazioni) del Titolo I (Delle obbligazioni in generale) del Capo III (Dell’inadempimento delle obbligazioni) del codice civile, il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere tanto la perdita subita dal creditore (danno emergente) quanto il mancato guadagno (lucro cessante), in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.

 

Da ultimo, il comma 5 specifica che requisito di efficacia del lodo arbitrale che definisce l'indennizzo da assegnare a favore dell'investitore è il visto di regolarità formale della CONSOB, ferma restando l'applicabilità dell'articolo 825 del codice di procedura civile

 

L'articolo 825 c.p.c. stabilisce il principio in base al quale la parte che intende fare eseguire il lodo nel territorio della Repubblica ne propone istanza depositando il lodo in originale, o in copia conforme, insieme con l'atto contenente la convenzione di arbitrato, in originale o in copia conforme, nella cancelleria del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato. Il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto. Il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione o annotazione, in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a trascrizione o annotazione la sentenza avente il medesimo contenuto.

 


Articolo 4
(Conciliazione stragiudiziale)

 


1. Gli investitori possono attivare la procedura dì conciliazione presentando, anche personalmente, istanza alla Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob.

2. L'istanza di conciliazione non può essere presentata qualora:

a)      la controversia sia stata già portata su istanza dell'investitore, ovvero su istanza dell'intermediario a cui l'investitore abbia aderito, all'esame di altro organismo di conciliazione;

b)      non sia stato presentato reclamo all'in­termediario ovvero non siano decorsi più di novanta giorni dalla sua presen­tazione senza che l'intermediario abbia comunicato all'investitore le proprie determinazioni.

3. Il regolamento di cui all'articolo 2, comma 5, lett. f), disciplina il regolamento di procedura nel rispetto dei principi di riservatezza, imparzialità, celerità e di garanzia del contraddittorio, fatta salva la possibilità di sentire le parti separata­mente.

4. In ogni caso il procedimento deve essere concluso nel termine massimo di 60 giorni.

5. Si applicano gli articoli 39, commi 1 e 2 e l'articolo 40, commi 2, 3, 4, 5, 6 e 8, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5.

6. Le dichiarazioni rese dalle parti nel procedimento di conciliazione non possono essere utilizzate nel procedimento san­zionatorio nei confronti dell'intermediario avanti l'Autorità di vigilanza competente per l'irrogazione delle sanzioni ammini­strative previste per le medesime viola­zioni.

7. Con il predetto regolamento sono determinate le modalità di nomina del conciliatore per la singola controversia e il compenso a questi spettante, i criteri in base ai quali la Camera di conciliazione e arbitrato può designare un diverso organi­smo di conciliazione, nonché l'importo posto a carico degli utenti per la fruizione del servizio di conciliazione stragiudiziale nel rispetto dei limiti indicati nel regolamento di cui all'articolo 39, comma 3, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5.


 

 

L'articolo 4 reca disposizioni riguardanti il procedimento di Conciliazione stragiudiziale.

 

Al riguardo, il comma 1 precisa, in primo luogo, che la procedura di conciliazione prende avvio con la presentazione di apposita istanza alla Camera di conciliazione e arbitrato.

Tale istanza, non può essere presentata qualora la controversia sia stata già portata all'esame di altro organismo di conciliazione su istanza dell'investitore o dell'intermediario a cui l'investitore abbia aderito.

L'istanza di conciliazione non potrà essere, altresì, presentata nel caso in cui non sia stato presentato reclamo all'intermediario, ovvero non siano decorsi più di novanta giorni dalla sua presentazione senza che l'intermediario abbia comunicato all'investitore le proprie determinazioni (comma 2).

 

In relazione alla formulazione della norma in esame andrebbe valutata l'opportunità di specificare i requisiti dell’istanza di ammissione.

 

Per quanto riguarda, poi, il procedimento di conciliazione l’articolo 4 richiama espressamente le disposizioni sulla conciliazione stragiudiziale nelle controversie societarie previste dagli articoli 39 e 40 del D.Lgs. 5/2003.

 

Al riguardo, come già rilevato, si ricorda che il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 definisce i procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366. In particolare, il comma 4, dell'articolo 12 della citata legge delega 366/2001 ha delegato il Governo a prevedere forme di conciliazione delle controversie civili in materia societaria anche dinanzi ad organismi istituiti da enti privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza e che siano iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della Giustizia. Tale previsione è stata attuata dagli artt. 38 e ss. del D.Lgs. 5/2003, dedicati, appunto, alla conciliazione stragiudiziale.

L'articolo 38 prevede, infatti, che organismi di conciliazione possano essere costituiti presso enti pubblici o privati, e che questi possano, su istanza della parte interessata, tentare la conciliazione delle controversie nelle materie di cui all'articolo 1 del decreto (v. ante).

La costituzione degli organismi di conciliazione risulterà dall'iscrizione in un apposito registro tenuto dal Ministero della giustizia (comma 1); contestualmente dovrà essere depositato anche il regolamento di procedura e le tabelle delle indennità spettanti agli organismi di conciliazione costituiti da enti privati (comma 3). Per queste ultime l'articolo 38 prevede l'approvazione a norma dell'articolo 39.

Entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo, il Ministro della giustizia emana un regolamento con il quale disciplina i criteri e le modalità di iscrizione nel registro, la formazione dell'elenco e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti.

L'articolo 39 si propone l'obiettivo di rendere economicamente vantaggioso il ricorso alla procedura di conciliazione, attraverso le seguenti misure:

-        esenzione dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura per tutti i provvedimenti attinenti al procedimento di conciliazione.

-        esenzione dall'imposta di registro per il verbale di conciliazione, entro il valore di 25.000 euro.

-        deducibilità dei costi di conciliazione dalle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle persone giuridiche.

Quanto alle indennità spettanti agli organismi di conciliazione costituiti da enti pubblici, l'articolo in commento prevede che il loro ammontare minimo e massimo, nonché il criterio di calcolo, siano stabiliti con regolamento del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia; l'ammontare sarà poi rivalutato, in base agli indici ISTAT, ogni 3 anni.

Anche gli organismi di conciliazione istituiti presso enti pubblici dovranno quindi depositare il regolamento di procedura e le tabelle delle indennità all'atto dell'iscrizione nel registro.

Le caratteristiche principali del procedimento di conciliazione sono delineate nel successivo articolo 40.

Anzitutto, la disposizione prevede che i regolamenti di procedura - da depositarsi all'atto dell'iscrizione nel registro - debbano prevedere:

§       la riservatezza del procedimento. A tal fine si dispone che le dichiarazioni rese dalle parti nel corso del procedimento non possano essere utilizzate nell'eventuale giudizio promosso a seguito dell'insuccesso del tentativo di conciliazione (salvo che ai fini della valutazione del comportamento delle parti per la condanna alle spese);

§       l'imparzialità e l'idoneità del conciliatore allo svolgimento sollecito dell'incarico.

Il procedimento si apre con un'istanza di conciliazione, proposta agli appositi organismi di cui al precedente art. 38. Dal momento della comunicazione alle altre parti l'istanza produce su prescrizione e decadenza gli stessi effetti della domanda giudiziale. In caso di fallimento del tentativo di conciliazione, però, la domanda giudiziale dovrà essere proposta entro il medesimo termine di decadenza (che sarà calcolato dal deposito del verbale che dà atto del fallimento della conciliazione).

Il procedimento di conciliazione, che si chiude con un verbale nel quale devono essere indicati gli estremi dell'iscrizione nel registro tenuto presso il Ministero della giustizia, può avere i seguenti esiti:

-        esito positivo. Ai sensi del comma 8 viene redatto separato processo verbale, sottoscritto dalle parti e dal conciliatore. Tale verbale - omologato dal Presidente del Tribunale - costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione in forma specifica o l'iscrizione di ipoteca giudiziale.

-        esito negativo. Il procedimento si conclude con una proposta rispetto alla quale ciascuna delle parti è chiamata ad esprimere la propria posizione nonché le condizioni in presenza delle quali sarebbe disposta a conciliare. Di tutto ciò si dà atto a verbale. Sempre con verbale il conciliatore darà eventualmente atto della mancata adesione di una parte al tentativo di conciliazione. Della condotta della parte nel corso del tentativo di conciliazione terrà conto il giudice dell'eventuale successivo giudizio, ai fini della decisione sulle spese processuali.

Inoltre, sempre laddove la controversia approdi davanti al giudice, se il contratto ovvero lo statuto della società prevedano una clausola di conciliazione e il tentativo non è stato esperito, questi, su istanza della parte interessata, dispone la sospensione del procedimento e fissa un termine (da 30 a 60 giorni) per il deposito dell'istanza di conciliazione. Solo successivamente il processo potrà essere riassunto, se il tentativo non riesce.

In ogni caso però, la causa di sospensione si intende cessata decorsi 6 mesi dal provvedimento di sospensione.

 

Il medesimo articolo 4 prevede altresì che:

 

1.      il procedimento di conciliazione si concluda entro sessanta giorni (comma 4);

In relazione alla formulazione di questa disposizione, al fine di evitare eventuali dubbi interpretativi, sarebbe opportuno precisare da quale momento inizia a decorrere il citato termine.

 

2.      le dichiarazioni rese dalle parti nel procedimento di conciliazione non possono essere utilizzate nel procedimento sanzionatorio avviato nei confronti dell'intermediario avanti all'Autorità di vigilanza competente per l'irrogazione delle sanzioni amministrative previste per le medesime violazioni (comma 6).

 

Da ultimo, il comma 7, assegna al medesimo regolamento della CONSOB indicato dal precedente comma 5 dell'articolo 2, il compito di determinare:

1.       le modalità di nomina del conciliatore per la singola controversia;

2.       il compenso spettante al conciliatore

3.       criteri in base ai quali la Camera di conciliazione e arbitrato può designare un diverso organismo di conciliazione;

4.       l’importo posto a carico degli utenti per la fruizione del servizio di conciliazione stragiudiziale nel rispetto dei limiti indicati nel regolamento di cui all'articolo 39, comma 3, del citato decreto legislativo n. 5 del 2003.

 


Articolo 5
(Arbitrato amministrato dalla CONSOB)

 


1. Il regolamento di cui all'articolo 2, comma 5, lett. f) disciplina altresì la procedura di arbitrato amministrato dalla Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob per la risoluzione delle controversie di cui all'articolo 2 del presente decreto, tenendo conto degli artt. 34, 35, 36 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, in quanto applicabili, nonché degli articoli 806 e seguenti del codice di procedura civile, fermo in ogni caso il rispetto del contraddittorio.

2. Il regolamento prevede una procedura semplificata per il riconosci­mento dell'indennizzo di cui all'articolo 3 comma 1, anche con lodo non definitivo, ferma restando l'applicazione dei commi 4 e 5 del medesimo articolo 3.

3. La Consob determina altresì le modalità di nomina del collegio arbitrale o dell'arbitro unico, i casi di incompatibilità, ricusazione e sostituzione degli arbitri, la responsabilità degli arbitri e gli onorari ad essi dovuti, oltre che le tariffe per il servizio di arbitrato dovute alla Camera di conciliazione e arbitrato.

4. L'arbitrato amministrato dalla Came­ra di conciliazione e arbitrato presso la Consob ha natura rituale ed è ispirato a criteri di economicità, rapidità ed efficienza. II lodo è sempre impugnabile per viola­zione di norme di diritto.


 

 

L’articolo 5 reca disposizioni concernenti la procedura di arbitrato amministrato dalla CONSOB.

 

Come in precedenza rilevato (cfr. quadro normativo), l’arbitrato è uno strumento privato di soluzione delle liti, alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria.

La disciplina in oggetto, sulla base della delega di cui l'articolo 1, comma 2 e 3, lett. b), della legge 14 maggio 2005, n. 80[14], è stata notevolmente riformata dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40[15]. La novella, che ha inteso razionalizzare la disciplina dell'arbitratocontenuta nel codice processuale civile (artt. da 806 a 838), è, nella sostanza, ispirata ad un rafforzamento dell’autonomia negoziale con una rilevante estensione dei poteri dispositivi delle parti in causa.

Tra i principi più significativi della nuova disciplina va ricordata l’introduzione della facoltà delle parti di prevedere espressamente la convenzione di arbitrato sia in materia contrattuale che non contrattuale, nonché di ricorrere, per la composizione del contenzioso, all’arbitrato irrituale, prima non previsto ed ora specificamente disciplinato dal codice di procedura civile (art. 808-ter); viene poi contestualmente rafforzata la volontà delle parti mediante la previsione dell’annullabilità del lodo contrattuale pronunziato in violazione della domande e delle regole stabilite dalle parti stesse. Viene inoltre definita una disciplina specifica diretta ad assicurare l’indipendenza e l’ imparzialità degli arbitri, la loro responsabilità, e l’istruzione probatoria.

L’arbitrato si distingue in arbitrato rituale (gli arbitri decidono una lite con provvedimento destinato ad assumere efficacia di sentenza) ed irrituale (gli arbitri compongono la lite mediante una determinazione contrattuale che le parti, con disposizione scritta, si impegnano a considerare espressione della loro volontà).

Oltre all’arbitrato ad hoc, deciso secondo le modalità concordate dalle parti, si prevede il cd. arbitrato amministrato, con cui le parti possono fare rinvio ad un regolamento arbitrale precostituito (artt. 832, e ss. c.p.c.) da enti ed organismi associativi (es. Camere di commercio). In caso di contrasto tra le previsioni della convenzione di arbitrato ed il regolamento, prevale la convenzione.

 

Al riguardo, il comma 1 dell'articolo in esame affida al citato regolamento della CONSOB, indicato al precedente articolo 2, comma 5, il compito di definire la procedura di arbitrato, tenendo conto degli artt. 34, 35 e 36 del D.Lgs. 5/2003.

Tale richiamo comporta, quindi, l’osservanza delle disposizioni sull’arbitrato nelle controversie societarie, comunque sostanzialmente conformi alle norme sull’arbitrato ordinario di cui artt. 806 e ss. c.p.c. (e del quale, pure, è richiamata l’osservanza).

L’art. 34 (Oggetto ed effetti di clausole compromissorie statutarie) prevede che gli atti costitutivi delle società, ad eccezione di quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio a norma dell' articolo 2325-bis del codice civile, possono, mediante clausole compromissorie, prevedere la devoluzione ad arbitri di alcune ovvero di tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale. La clausola deve prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società. Ove il soggetto designato non provveda, la nomina è richiesta al presidente del tribunale del luogo in cui la società ha la sede legale. La clausola è vincolante per la società e per tutti i soci, inclusi coloro la cui qualità di socio è oggetto della controversia. Gli atti costitutivi possono prevedere che la clausola abbia ad oggetto controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero nei loro confronti e, in tale caso, essa, a seguito dell'accettazione dell'incarico, è vincolante per costoro. Non possono essere oggetto di clausola compromissoria le controversie nelle quali la legge preveda l'intervento obbligatorio del pubblico ministero. Le modifiche dell'atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole compromissorie, devono essere approvate dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale. I soci assenti o dissenzienti possono, entro i successivi novanta giorni, esercitare il diritto di recesso

L’art. 35 (Disciplina inderogabile del procedimento arbitrale) stabilisce che la domanda di arbitrato proposta dalla società o in suo confronto è depositata presso il registro delle imprese ed è accessibile ai soci. Nel procedimento arbitrale promosso a seguito della clausola compromissoria di cui all'articolo 34, l'intervento di terzi a norma dell' articolo 105 del codice di procedura civile nonché l'intervento di altri soci a norma degli articoli 106 e 107 dello stesso codice è ammesso fino alla prima udienza di trattazione. Si applica l' articolo 820, comma secondo, del codice di procedura civile. Nel procedimento arbitrale non si applica l' articolo 819, primo comma, del codice di procedura civile; tuttavia il lodo è sempre impugnabile, anche in deroga a quanto previsto per l'arbitrato internazionale dall' articolo 838 del codice di procedura civile, a norma degli articoli 829, primo comma, e 831 dello stesso codice. Le statuizioni del lodo sono vincolanti per la società. La devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell' articolo 669-quinquies del codice di procedura civile, ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell'efficacia della delibera. I dispositivi dell'ordinanza di sospensione e del lodo che decide sull'impugnazione devono essere iscritti, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese.

L’art. 36 (Decisione secondo diritto) prevede che anche se la clausola compromissoria autorizza gli arbitri a decidere secondo equità ovvero con lodo non impugnabile, gli arbitri debbono decidere secondo diritto, con lodo impugnabile anche a norma dell' articolo 829, secondo comma, del codice di procedura civile quando per decidere abbiano conosciuto di questioni non compromettibili ovvero quando l'oggetto del giudizio sia costituito dalla validità di delibere assembleari. Tale previsione si applica anche al lodo emesso in un arbitrato internazionale.

 

Ai sensi del medesimo articolo 5, il citato regolamento della CONSOB dovrà, altresì, stabilire una procedura semplificata per il riconoscimento dell’indennizzo di cui all’articolo 3, comma 1, anche con lodo non definitivo, per il ristoro delle conseguenze derivanti dall’inadempimento dell’intermediario, fermo restando il diritto dell’investitore di adire il giudice ordinario per il riconoscimento del maggior danno.

 

Lo stesso regolamento della CONSOB definisce poi le modalità di nomina dell’arbitro unico o del collegio arbitrale, nonché le disposizioni ad essi inerenti (onorari, ricusazione, sostituzione, responsabilità). A tutela dell’investitore, infine, è precisato che l’arbitrato amministrato presso la CONSOB ha sempre natura rituale e che è ammessa l’impugnazione del lodo (presso la corte d’appello) per violazione delle regole di diritto; in tale ultimo caso, la corte d’appello, se annulla il lodo, decide nel merito la controversia, salvo che le parti non abbiano deciso diversamente nella convenzione di arbitrato o in accordo successivo.

 


Articolo 6
(Clausola compromissoria)

 

1. La clausola compromissoria inserita nei contratti, stipulati con gli investitori, relativi ai servizi e attività di investimento, compresi quelli accessori, nonché i contratti di gestione collettiva del risparmio, è vincolante solo per l'intermediario, a meno che quest'ultimo non provi che sia frutto di una trattativa diretta.

 

 

L’articolo 6, sempre a tutela dell’investitore, stabilisce che la clausola compromissoria inserita nei contratti con l’intermediario (con cui si stabilisce il ricorso all’arbitrato in caso di controversie) è vincolante solo nei confronti di quest’ultimo; tale vincolo non sussiste se l’intermediario provi che la clausola sia “frutto di una trattativa diretta”. L’investitore può, quindi, scegliere se ricorrere all’arbitrato o adire invece il giudice ordinario.

 

In relazione alla clausola compromissoria si segnala che 808 del codice di procedura civile prevede che le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di convenzione d'arbitrato.

 


Articolo 7
(Legittimazione ad agire delle associazioni
dei consumatori e degli utenti)

 

1. E' fatta salva la legittimazione delle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all'articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 ad agire ai sensi dell'articolo 140 del medesimo decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.

 

 

L’articolo 7, in attuazione dell’art. 27, comma 1, lett. d) della citata legge 262/2005 (Cfr. quadro normativo), prevede la salvaguardia del diritto delle associazioni dei consumatori e degli utenti (inserite nell'elenco di cui all'articolo 137 del D.Lgs. 206/205[16], Codice del consumo) ad agire in giudizio a tutela degli interessi collettivi richiedendo al tribunale (art. 140):

a)      di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti;

b)      di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate;

c)      di ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale oppure locale nei casi in cui la pubblicità del provvedimento può contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate.

 


Articolo 8
(Fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori)

 


1. E' istituito il Fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori di cui all'articolo 27, comma 2, della legge 28 dicembre 2005, n. 262, d'ora in poi denominato Fondo, destinato all'indenniz­zo dei danni patrimoniali causati dalla violazione, accertata con sentenza passata in giudicato, o con lodo arbitrale non più impugnabile, delle norme che disciplinano le attività di cui alla parte II del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

2. La gestione del Fondo è attribuita alla Consob.

3. Il Fondo è surrogato nei diritti del soggetto danneggiato, limitatamente al­l'ammontare dell'indennizzo erogato, e può rivalersi nei confronti della banca o dell'intermediario responsabile.

4. La Consob è legittimata ad agire in giudizio, in rappresentanza del Fondo, per la tutela dei diritti e l'esercizio dell'azione di rivalsa di cui al comma precedente; a tal fine la Consob ha facoltà di farsi rappresentare in giudizio a norma dell'articolo 1, decimo comma, del decreto legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216 e successive modificazioni, ovvero anche da propri funzionari.

5. Il Fondo è finanziato esclusivamente con il versamento della metà degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate per la violazione delle norme di cui al comma 1.

6. La Consob con regolamento:

a)       individua i soggetti che possono fruire dell'indennizzo da parte del Fondo, escludendo comunque i clienti professionali di cui all'articolo 6, commi 2-quinquies e 2-sexies, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

b)       definisce i criteri di determinazione dell'indennizzo, fissandone anche la misura massima; dall'indennizzo così determinato sono detratte tutte le somme percepite per la medesima violazione dal soggetto danneggiato a titolo di risarcimento del danno ovvero l'indennizzo di cui all'articolo 3 del presente decreto;

c)       disciplina le modalità di richiesta dell'indennizzo, prevedendo comunque che è consentito l'accesso al Fondo solo dopo l'inutile esperimento delle procedure esecutive nei confronti della banca o dell'intermediario responsa­bile;

d)       emana le ulteriori disposizioni per l'attuazione del presente articolo.


 

 

L’articolo 8 disciplina il Fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori, in attuazione dell’articolo 27, comma 2, del legge n. 262 del 2005.

 

Il comma 1 istituisce il Fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori, specificando che lo stesso è destinato all’indennizzo dei danni patrimoniali causata dalla violazione delle norme che disciplinano le attività di cui alla Parte II del TUF.[17]

La Parte II del TUF, che comprende gli articoli da 5 a 60-bis compresi, contiene la disciplina degli intermediari, con specifico riferimento ai seguenti aspetti:

-        vigilanza;

-        esponenti aziendali e partecipanti al capitale;

-        autorizzazione e svolgimento dei servizi di investimento;

-        operatività transfrontaliera;

-        offerta fuori sede;

-        gestione collettiva del risparmio;

-        provvedimenti ingiuntivi e crisi.

Per ottenere l’indennizzo è necessario che la sopra indicata violazione sia stata accertata con sentenza passata in giudicato o con lodo arbitrale non più impugnabile. Inoltre, secondo quanto previsto dal successivo comma 6, lettera c), dovranno essere state inutilmente esperite le procedure esecutive nei confronti della banca o dell’intermediario responsabile.

Al riguardo si segnala come la normativa di delega [articolo 27, comma 2, lettera a), della legge n. 262 del 2005] preveda la destinazione del Fondo all’indennizzo di danni accertati da sentenza passata in giudicato. Non vi è invece alcun riferimento né a lodi arbitrali non impugnabili, i quali potrebbero peraltro essere equiparati alle sentenza definitive, né al previo esperimento delle procedure esecutive.

 

La gestione del Fondo di garanzia è attribuita alla CONSOB (comma 2).

 

Il Fondo di garanzia è surrogato nei diritti del soggetto danneggiato e, nei limiti dell’importo che ha erogato a titolo di indennizzo, può rivalersi nei confronti della banca o dell’intermediario responsabile (comma 3).

 

Il comma 4 stabilisce che la CONSOB è legittimata ad agire in giudizio, in rappresentanza del Fondo di garanzia, per l’esercizio dell’azione di rivalsa di cui al comma 3 e per la tutela dei diritti del Fondo stesso. Per la rappresentanza in giudizio, la CONSOB può avvalersi dell’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’articolo 1, decimo comma, del D.L. 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, o di propri funzionari.

 

Il Fondo di garanzia è finanziato esclusivamente con il versamento di metà degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate per la violazione delle disposizioni che disciplinano le attività di cui alla Parte II del TUF (comma 5).

La relazione tecnica allegata allo schema di decreto in esame chiarisce che il finanziamento del Fondo di garanzia non comporta oneri a carico della finanza pubblica in quanto l’articolo 39, comma 3, della legge n. 262 del 2005, anche in considerazione di tale destinazione, ha provveduto a quintuplicare l’importo delle ricordate sanzioni pecuniarie.

 

Il comma 6 demanda alla CONSOB l’emanazione di un apposito regolamento con il quale:

a)             sono individuati i soggetti che possono fruire dell’indennizzo da parte del Fondo, fermo restando che dovranno essere esclusi da tale ambìto i clienti professionali di cui all’articolo 6, commi 2-quinquies e 2-sexies del TUF.

Al riguardo si osserva come l’articolo 27, comma 2, lettera g), della legge n. 262 del 2005, demanda alla CONSOB unicamente l’adozione di disposizioni attuative, fra le quali non sembra rientrare l’individuazione dei soggetti destinatari dell’indennizzo.

Si richiamano inoltre le osservazioni relative all’individuazione della categoria dei clienti professionali, svolte in relazione all’articolo 1.

b)             sono definiti i criteri di determinazione dell’indennizzo da parte del Fondo; è fissata la misura massima dell’indennizzo.

La lettera b) precisa che comunque dall’importo determinato in base ai criteri definiti dal regolamento della CONSOB dovranno essere detratte le somme percepite dal soggetto danneggiato a titolo di risarcimento del danno e quelle ottenute come indennizzo dall’intermediario, ai sensi del precedente articolo 3.

c)             sono disciplinate le modalità di richiesta dell’indennizzo di cui al presente articolo 8, prevedendo comunque che tale richiesta è ammessa solo successivamente all’inutile esperimento delle procedure esecutive nei confronti della banca o dell’intermediario responsabile;

Come già indicato a proposito del comma 1 dell’articolo in esame, la necessità dell’infruttuoso esperimento della procedura esecutiva non è prevista dalla norma di delega.

d)             sono emanate le ulteriori disposizioni per l’attuazione dell’articolo 9 in esame.

 

La relazione illustrativa chiarisce che il Fondo di garanzia di cui al presente articolo 8 non interferisce con quanto previsto dall’articolo 1, comma 343, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), né con il sistema di indennizzo a tutela degli investitori di cui all’articolo 59 del TUF.

Il citato articolo 1 della legge n. 266 del 2005, ai commi 343-345, prevede la costituzione di un fondo, alimentato dall'importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti come dormienti all'interno del sistema bancario nonché del comparto assicurativo e finanziario, destinato ad indennizzare i risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito, compresi i risparmiatori che hanno sofferto il predetto danno in conseguenza del default dei titoli obbligazionari della Repubblica argentina.

Successivamente la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), ai commi 420 e 1276 dell’articolo 1, ha previsto ulteriori destinazioni per le risorse del fondo alimentato dalle somme giacenti sui c.d. conti dormienti:

-        il comma 420 stabilisce che il 20 per cento delle suddette somme sia versata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato[18] al fine di consentire una riduzione del debito pubblico, con un conseguente risparmio di interessi. La somma corrispondente a tale risparmio di interessi dovrà poi essere versata al Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici, istituito dall’articolo 1, comma 417, della stessa legge n. 296 del 2006, finalizzato alla realizzazione di piani straordinari per l’assunzione a tempo indeterminato di personale già assunto o utilizzato attraverso tipologie contrattuali non a tempo indeterminato.

-        il comma 1276 prevede l’utilizzazione di 250.000 euro annui degli importi del fondo alimentato dai conti c.d. dormienti per il riconoscimento di una medaglia d’onore ai cittadini italiani deportati ed internati nei lager nazisti nell’ultimo conflitto mondiale.

Si segnala infine che in data 5 giugno 2007 il Consiglio dei ministri ha approvato il regolamento di attuazione del citato comma 345; il regolamento è in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

L’articolo 59 del TUF subordina l’esercizio dei servizi di investimento all'adesione a un sistema di indennizzo a tutela degli investitori riconosciuto dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB.

 


Articolo 9
(Norme finali)

 

1. La Consob emana i regolamenti previsti dal presente decreto entro dodici mesi dall'entrata in vigore del decreto medesimo.

2. Dall'attuazione del presente decreto non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La Consob provvede alla copertura delle spese di amministrazione delle procedure di conciliazione ed arbitrato di cui al Capo I con risorse autonome, oltre che con gli importi posti a carico degli utenti delle procedure medesime.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 9 dispone che i regolamenti previsti dagli articoli 2, comma 5, (camera di conciliazione e arbitrato) 3, comma 2, (indennizzo) e 8, comma 6, (Fondo di garanzia) dovranno essere emanati dalla CONSOB entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.

 

Il comma 2, conformemente a quanto previsto dall’articolo 27, comma 1, alinea, e comma 2, alinea, della legge n. 262 del 2005, stabilisce che dall’attuazione del decreto legislativo in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

In particolare si prevede che le spese di amministrazione delle procedure di conciliazione e arbitrato, disciplinate dal Capo I del decreto legislativo, saranno coperte dalla CONSOB con proprie risorse e con gli importi posti a carico degli utenti delle procedure, i quali saranno determinati dal regolamento della CONSOB, in conformità alle indicazioni dell’articolo 4, comma 7.

 

Si osserva che sarebbe corretto inserire il presente articolo 9 in un apposito Capo III, in quanto lo stesso non si riferisce esclusivamente al Capo II, all’interno del quale è posto, ma al decreto legislativo nel suo complesso.

 

 

 


Schema di decreto legislativo n. 117

Istituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori


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[1]     Si segnala che in data 16 luglio 2007 è stato presentato alle Camere lo schema di decreto legislativo n. 119, avente ad oggetto il recepimento della direttiva 2004/39/CE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari (c.d. direttiva MiFID). In data 18 luglio 2007, la Commissione finanze della Camera e la Commissione Finanze e tesoro del Senato hanno iniziato l’esame del provvedimento.

      Il citato schema n. 119 modifica alcuni articoli del TUF, tra i quali anche l’articolo 1, comma 5. In seguito all’eventuale emanazione del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2004/39/CE, rientreranno nella definizione di servizi e attività di investimento, oltre a quelle sopra indicate: tutte le gestioni di portafogli, non solo quelle su base individuale, la consulenza in materia di investimenti e la gestione di sistemi multilaterali di negoziazione.

[2]     Della legge 281/1998 sono fatte salve le sole disposizioni di cui all'articolo 7, con riferimento alle attività promozionali del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti di cui all'articolo 136 e alle agevolazioni di cui all'articolo 138.

[3]     L'articolo 137 fissa i seguenti requisiti di iscrizione all’elenco presso il ministero:

a)       avvenuta costituzione, per atto pubblico, da almeno tre anni e possesso di uno statuto che sancisca un ordinamento a base democratica e preveda come scopo esclusivo la tutela dei consumatori e degli utenti, senza fine di lucro;

b)       tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente con l’indicazione delle quote versate direttamente all’associazione per gli scopi statutari;

c)       numero di iscritti non inferiore allo 0,5 per mille della popolazione nazionale e presenza sul territorio di almeno cinque regioni o province autonome, con un numero di iscritti non inferiore allo 0,2 per mille degli abitanti di ciascuna di esse;

d)       elaborazione di un bilancio annuale delle entrate e delle uscite con indicazione delle quote versate dagli associati e tenuta dei libri contabili, conformemente alle norme vigenti in materia di contabilità delle associazioni non riconosciute;

e)       svolgimento di un'attività continuativa nei tre anni precedenti;

f)         assenza di condanne, passate in giudicato, subite dai suoi rappresentanti legali in relazione all’attività dell’associazione medesima.

Il Ministro dell’industria provvede annualmente all’aggiornamento dell’elenco ed a comunicarlo alla Commissione europea.

[4]     Inoltre, il comma 2 dell’articolo 139 consente l’azione a tutela degli interessi collettivi anche agli organismi pubblici indipendenti e alle organizzazioni riconosciuti in un altro Stato dell’Unione europea.

[5]     Se non si tratta di una svista del legislatore, rimediabile in via interpretativa, la norma può risultare preclusiva del diritto dell’utente di ricevere servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.

[6]     Ove la conciliazione riesca, il relativo verbale, con le sottoscrizioni di cui al comma 3 dell'articolo 3, sarà esecutivo dopo l'omologazione da parte del tribunale in composizione monocratica.

[7]     Il citato articolo 1, comma 1, lettera u), del TUF, stabilisce che sono prodotti finanziari gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria. Non costituiscono invece prodotti finanziari i depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari, né i mezzi di pagamento (comma 4 dello stesso articolo 1).

      Il comma 2 del citato articolo stabilisce che si considerano strumenti finanziari:

-        le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali;

-        le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali;

-        gli strumenti finanziari, negoziabili sul mercato dei capitali, previsti dal codice civile;

-        le quote di fondi comuni di investimento;

-        i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;

-        qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli strumenti sopra indicati e i relativi indici;

-        i contratti «futures» su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

-        i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

-        i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi di interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

-        i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti sopra indicati e i relativi indici, nonché i contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

-        le combinazioni di contratti o di titoli sopra indicati.

[8]     La delega per il recepimento della direttiva 2004/39/CE è contenuta nell’articolo 1 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004), mentre i princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva sono contenuti nell’articolo 9-bis della stessa legge, il quale è stato introdotto dall’articolo 10 della legge 6 febbraio 2007, n. 13 (legge comunitaria 2006). Da ultimo, l’articolo 1 della legge 20 giugno 2007, n. 77, ha prorogato il termine per il recepimento della direttiva al 30 settembre 2007.

[9]     Schema n. 119. L’esame dello schema è stato avviato in data 18 luglio 2007. Il termine per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari è fissato al 25 agosto 2007.

[10]    Si segnala che il Capo II del presente schema, relativo al Fondo di garanzia, conformemente alla propria disposizione di delega (articolo 27, comma 2, della legge n. 262 del 2005), si applica sia ai risparmiatori che agli investitori, anche se l’individuazione delle due categorie viene demandata ad un regolamento della CONSOB (si veda la scheda di lettura dell’articolo 8 del presente schema).

[11]    La nuova versione dell’articolo 1 del TUF che risulterà dall’eventuale emanazione decreto legislativo di cui al citato schema n. 119, esclude dai soggetti di cui al comma 1, lettera r), le banche e le imprese di investimento comunitarie prive di succursali in Italia.

[12]    In tal caso la sede legale e la direzione generale devono essere situate nello stesso Stato membro.

[13]    Il servizio di gestione collettiva del risparmio si realizza attraverso:

1.       la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni d'investimento e l'amministrazione dei rapporti con i partecipanti;

2.       la gestione del patrimonio di OICR, di propria o altrui istituzione, mediante l'investimento avente ad oggetto strumenti finanziari, crediti, o altri beni mobili o immobili.

[14]    Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali.

[15]    Recante “Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell'articolo 1, comma 2, della L. 14 maggio 2005, n. 80”.

[16]    L’art. 137 prevede, presso il Ministero delle attività produttive, l’istituzione dell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale. L’iscrizione nell’elenco è soggetta a specifici requisiti di cui debbono essere in possesso le associazioni.

[17]    Si segnala che l’eventuale emanazione del decreto legislativo di cui al già citato schema n. 119 comporterà la modifica di molti articoli contenuti nella Parte II del TUF.

[18]    Istituito dall’articolo 2 della legge 27 ottobre 1993, n. 432.